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Febbraio

Febbraio

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Raccolta di poesie by Versinvena

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Febbraio

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In copertina: “Sole nascente” – Pellizza da Volpedo (1868-1907)

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Autori vari

Febbraio Poesie

A cura di Leda Moncalieri e Roberta D’Aquino

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Introduzione

Il Febbraio che ci regalano i nostri amici è un mese che si definisce attraverso le sue apparenti contraddizioni, i suoi bruschi cambi di tempo ed umore, in una circolarità di dicotomie che rimanda direttamente alla massima, quella morte/rinascita che è il leitmotiv di tutte le poesie della raccolta. Una silloge che parte, come per impulso irrefrenabile, dai versi di Leda e del suo Febbraio, che “non ha più la

faccia dei primi amori” ma “Resta bozza tra nascite e una morte che ricomincia/

una pausa di vinile” diventa nucleo, bozzolo, raccolta di sentimenti e di pensieri, di ricordi ma anche di futuro. Una poesia in cui il tempo diventa sospensione, nell’attesa speranzosa di un sole tutto nuovo.

“Febbraio è il confine fra le maschere e la pioggia” è quello che sostiene Roberta e poco dopo è Sebastiano che rimpalla con “e febbraio stecca negli acuti e raggomitola le spalle/ e non si cura della solitudine”, ma perché? Forse è nel “reclamerà Febbraio l’istante fra amore e fine” di Mirella la risposta?

Il secondo mese dell’anno ci viene descritto come saturnino, incline al travestimento, carnevalesco nel senso alto e tragico del significato, di chi muta per non morire, mosso dal terrore di essere fissato a un’etichetta, in un personaggio e con questo destinato a scomparire, e allora ecco che i bruschi cambi di tempo sono meri fondali scenografici necessari alla recita della vita nei suoi vari aspetti, gioiosi e luttuosi, da non intendere necessariamente contrapposti, qui piuttosto si gioca di sovrapposizioni, di scarti polari fra posizioni inconciliabili eppure dialettiche, come ben sottolinea Mirella nel verso sopra riportato; è sempre la stessa poetessa a consigliarci come avvicinarci ad accogliere la narrazione di questo mese “arriveremo, poi, a raccontarci acque/ e fuochi sulle colline, in braccio a chiglie/ adagiate alla risacca, come conchiglie sparse/ di una vita sola” Febbraio non è il mese che invita alla condivisione, chiama ognuno di noi all’ascolto interiore, ad accordare i propri sentimenti alle sue repentine variazioni per sperimentarci nella nostra interezza, volubili come un acquazzone, dipendenti dalla direzione del vento come i panni stesi nella poesia di Francesca, indecisi fra positivo e negativo come nella danza ritmata dalle nerbate nel testo presentatoci da Rosario. A completare il quadro non mancano le illustrazioni, puntuali nell’accompagnare le poesie senza ad esse sovrapporsi.

Per concludere cosa ci rimane dopo questo piccolo viaggio insieme? Sicuramente un senso di liberazione dalle contraddizioni che ci tormentano, confuse e sparpagliate per l’anima, qui attraverso il medium della natura le troviamo ricomposte in un senso, e sentiamo sotto pelle che non sono più meri accidenti di cui sarebbe meglio liberarsi, ma correnti di forza sotterranea che ci preparano al mutamento/rinascita, e allora come Sebastiano “vicini ai silenzi del rosmarino, già rossi in viso/ noi, apriamo le finestre”.

Leonardo

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Introduzione alle immagini "Non è la verità vera che io debbo rappresentare nel quadro, ma la verità ideale. Il conflitto di queste due verità nella mente dell'artista che produce l'opera fa sì che questa resti incompleta. L'artista che, cercando la verità, volesse starsi troppo attaccato al vero, perde lo scopo suo, non lo raggiunge. E' nel sacrificio del vero reale che si raggiunge la verità ideale". (Giuseppe Pellizza da Volpedo) Tutto volto al comporre, al riunire, all’appartenere, questo febbraio in cui nascono “Le Betulle”. Il febbraio delle transizioni, dei mosaici interiori. Delle atmosfere che si compongono tessera dopo tessera tra paesaggi marini ed agresti, tra circoli interiori sul punto di schiudersi e geometrie, che delineano campiture d’ombra, di luce. E allora, la scelta per illustrare le pagine del nostro nuovo libro virtuale, cade sulle opere di un pittore divisionista. Così da creare una sorta di argomento parallelo che si fonda tramite le immagini, con la nostra poesia. La preferenza a Pellizza da Volpedo, è stata dettata dalla curiosità per un autore di cui conosciamo essenzialmente un’opera famosissima. Per cui tutto il resto della sua produzione rimane all’ombra di un grande capolavoro di fama mondiale. Durante le ricerca delle immagini ci chiedevamo se saremmo riuscite a trovarne abbastanza per accompagnare tutte le nostre poesie. La ricerca è stata una scoperta, e continua ad esserlo. La produzione di Pellizza, oltre al suo famosissimo “Il quarto stato” è davvero sorprendente e ricca di atmosfere bucoliche ed agresti, cariche di silenzi e di spiritualità. La bellezza delle opere, la freschezza dei temi e l’aria resa tremula dalla tecnica divisionista non cessano di affascinarmi. Nell’indice ho accompagnato le immagini non con trafiletti critici, ma con le mie sensazioni percettive.

Leda

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Poesie

“E' solo vanità di una stagione:

tu lasciati cullare senza speme,

passano l'ore, tu non ci pensare,

tranquillo e quieto cogli un'emozione.”

Stefano Toschi

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Febbraio non ha più la faccia dei primi amori, con le mani dietro la schiena e un gesso d’intonaco grigiastro per graffiare, tono su tono il muro. Resta bozza tra nascite e una morte che ricomincia una pausa di vinile, mentre mi parli – quanto sei bella Leda- vestita di viola e l’orlo sulle cosce, i lacci in vita È duttile febbraio, porto di compleanni, autunno fuori posto propagato alle finestre. Per gli innamoramenti non ha foglie, ma anime su punteruoli, mentre te ne stai piatto nella circostanza Con la mano ai vecchi documenti, sfondi di chierici e calesse e gruppi di parole. “Il vetro rotto, la zampogna. Il ballatoio deve avere il sole” Febbraio stira tutte le camicie fino a un certo punto perché non c’è domani che ti aspetti seriamente, se non il tempo dei bambini

Leda

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"L'albero doloroso": Idillio primaverile (1896-1901), olio su tela

Il Febbraio di Leda è un mese spigoloso,

fuori posto, che tra nevischio e carte

ingiallite mantiene sottilmente una

speranza. La chiusa, infatti, che può

apparire sconfortante, porta in sé una

riflessione che ci conduce a vita nuova: il

tempo dei bambini ed una veranda che

”deve avere il sole”. (Roberta)

Febbraio che alza il velo dei ricordi, che

soffia sui rimpianti e sulle gonne, come

un sipario tra ciò che eravamo e oggi.

Memorie che ritrovano la vita sulle cose,

come istantanee che non sanno scolorire

di bellezza. Come canti che sforano il

futuro, anche se è "duttile febbraio" e

"non c'è domani che ti aspetti... se non il

tempo dei bambini" e lì ci ritroviamo

tutti. (Mirella)

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Febbraio passa sulle rive come un piccolo

vento che non piega i vetri dove muoiono le falene e gli entusiasmi

del ragazzo sempreverde. Vibra dei fuochi di S. Agata e delle illusioni

senza armonie dei percorsi malandati

come quegli occhi senza più colore, come le punte dei combattimenti.

Ah se ci fosse spazio prima del debito d’aprile, se ci fosse luna

senza cosce bianche o secchi melograni

per lasciare con fierezza ogni garanzia e anche tu, Leda viola e

lacci, a rimandarmi scolaretto ‘61, sui nuovi libri… nuovi libri…

Nessuna risposta in quegli intonaci, solo graffi e cenci

e piccole, molto piccole gemme incastonate

nell’avorio della dignità, palandrana che ci copre appena, che non sfugge

ai principi della concorrenza,

della geniale sopravvivenza.

A febbraio il circolare s’apre a tutte le risacche

e rientra il tempo gravido d’incompreso vero amore

Sebastiano

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Vecchio mulino a Volpedo (1903), olio su tela

Le ispirazioni si propagano da un autore all’altro

e così, malinconicamente, si ritorna al passato,

all’infanzia e all’adolescenza, con i suoi primi,

indimenticabili amori e a quelli nuovi, ancora

gravidi d’attesa. (Roberta)

Nei rimpianti ancora ci appartiene la nostra

storia, colma di ferite e "piccole gemme

incastonate nell'avorio della dignità" e così è

febbraio che incalza il vento, dove i fuochi

bruciano la pelle e lì, in un tempo circolare, solo

tracce "d'incompreso vero amore"

Come non riconoscersi in questi frammenti di

malinconia? (Mirella)

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Febbraio è il confine tra le maschere e la pioggia

e nelle sembianze colorate della gioia si diverte

giocando all'inganno. Nasconde allora quella bozza di poesia

che nei semi di un prato nuovo è già pronta a ritornare

Febbraio raggomitola le spalle

-la brevità si nutre dell'amore- e scioglie

mantelli stesi a terra, proprio come linee d'altri volti

vòlti ai fiumi, agli innamoramenti repentini

Quali mani ora si tendono, sgretolando i gessi che scrissero ti amo

su muri rattrappiti e ora cadenti, se ogni scritta non manent

e vale poco meno di un respiro

Roberta

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Passeggiata amorosa (1901-1902), olio su tela

Forse nella brevità dei giorni, febbraio consuma

presto le tracce dell'amore.

"nelle sembianze colorate della gioia si diverte/

giocando all'inganno" ed è in questa poesia che

s' annidano i ricordi e la malinconia di qualcosa

che sempre sfugge dalle mani di chi sa che

anche se febbraio passa in fretta ci saranno

sempre gessi a scrivere sul muro "ti amo".

(Mirella)

Amore e vita sono fugaci e vivono di caldo e

freddo, come Febbraio. Ah, gli "innamoramenti

repentini" i gessi che si "sgretolano" dopo aver

scritto "ti amo" che svaniscono... "Quali mani

ora si tendono", quali ancora verranno?...

Quelle che forse non passano come nuvole di

cielo e restano con noi. (Clodia)

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Febbraio stecca negli acuti e rimpicciolisce i sogni

rimettendo in gioco la memoria, quella senza scrupoli,

con le mani in tasca e nessuna remora

I ti amo cancellano i ti amo con spugnette appese al collo

da sempre

lungo i salti con rimbalzo degli amori più infiniti…

e Febbraio stecca negli acuti e raggomitola le spalle - finto serio

che sa di fritto - e non si cura della solitudine.

Nunzia piangeva, era Febbraio sotto i limoni e i bagnasciuga

e nessuno ricorda il perché

Altro rimase, altro passò come il tempo che sparisce

Sebastiano

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La piazza di Volpedo, olio su tela

Febbraio, mese ingannatore dell'uomo. "Stecca

gli acuti, rimpicciolisce i sogni". O forse no,

non inganna, è colui che toglie il velo alle

illusioni invernali in attesa di quelle

primaverili, è il medico giusto, quello non

pietoso, "non si cura della solitudine", egli sa

che una stagione finisce e se ne apre un'altra:

"altro passò come il tempo che sparisce".

Come un amore intensamente breve finisce in

fretta ma non si dimentica, "e nessuno ricorda

il perché". (Clodia)

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Finirà febbraio, noncurante

di un tempo tutto perso, d’una luna sghemba

dove a una tomba degna d’orizzonte, fu l’apertura sul costone

a rendere respiro agli anni occlusi, e fiori, e sete

e voci

diventare adulte

ed altre stanche, amate voci

silenzi amati su

per gli angoli operai

I fermi alle clavicole aspetteranno ancora

gli abiti succinti, la spalla che cade e quell’odore di pane

quando ce ne staremo fuori a raccontarci

dallo svettare d’aceri fino

a litigarsi l’alba

Non diserto notti a licenziare

acque su acque, croci sull’orgoglio

approdi sconvenienti d’anni ammanettati a tacche sugli arbusti

e luci inclini del sapermi

verande e rosmarino

Tu, che m'imprimi dormiveglia ai tarli

d’immagine scomposta e misticanze

che pendono dai treni

Leda

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"Il fiore spinoso": Prato fiorito, olio su tavoletta

Come una chiave persa, un sorriso

abbandonato all’angolo del –non stato- ha il

sapore di qualcosa lasciato a metà, mese

indefinito e indefinibile, appende cartelloni

stanchi, montagne di momenti, scritte

d’occasioni, odor di sensazioni. Soffoca pendii,

arrende arrese, costringe la riservatezza

d’anni e tutto è una partenza, fazzoletto

bianco e se non un addio è una chiamata

persa. (Francesca)

Febbraio, vita e morte della vita. Notti passate a

raccontarsi dallo svettare d’aceri fino

a litigarsi l’alba, a fare bilanci di esistenza

insieme, con quel "tu" che c'è ancora, che

"imprime dormiveglia" ai tarli della coscienza.

Mese di raccoglimento e di slancio per il futuro,

pur se con le "luci inclini" dell'ormai "sapersi".

(Clodia)

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Finirà febbraio e degli occhi reclamerà

la sete, noncurante di voci, spighe

a crescere sul ventre

si farà traccia fino a cogliere dell'altro

tutto ciò che non ha fine

a rigare querce con le unghie per non mentirsi

le carezze, coi rami bianchi stesi attorno alle parole

ai canti d'oltremare

le lingue sussurrate, impigliate nelle gonne

in lacci di risate

reclamerà febbraio l'istante

tra amore e fine, sillabando mani calde

nel cadere le promesse, come semi

e solchi rinnovati

arriveremo, poi, a raccontarci acque

e fuochi sulle colline, in braccio a chiglie

adagiate alla risacca, come conchiglie sparse

di una vita sola

Mirella

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Panni al sole (1894), olio su tela

La poesia di Mirella è un canto sereno e

luminoso, è come un abbraccio di “rami bianchi

stesi intorno alle parole”, un’immersione in

un’acqua tiepida, alla temperatura del

paradiso… (Leda)

Febbraio pretende che si tenga fede alle

promesse date e prese nell'inverno, è un mese

spietato di revisione. E se cadranno le mani e le

promesse saranno semi per i solchi nuovi. E

allora "fuochi" accesi ancora, approdi di

speranza, "conchiglie sparse di una vita sola"

perché una ne abbiamo, noi nel mare. e anche -

aggiungo - da soli. (Clodia)

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Oh febbraio, scivolato così in fretta

e sulla sedia mille panni da stendere

Fermati ancora un poco sulle ginocchia

su queste occhiaie al sapore di nicotina

Apriti febbraio che non c'è festa

se non quella del santo abbandonato, riciclato

dimenticato. Domani forse ci sarà un giorno nuovo

uno dall'aspetto folle e una pagina da strappare

ma sei ancora qui mio febbraio, nelle suole

di fango e zuppa fritta, nelle sciarpe lavorate

dalla mamma, in quell' ecciù che non va via

Francesca

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Mammine (1892), olio su tela

Quanta malinconia si respira in queste parole,

Nell’ancorarsi ad un mese grigio, nel non volere

che vada via, nonostante gli “ecciù”, nonostante

il fango e una festa mancata. E’ forse il desiderio

di sentire ancora il calore di una sciarpa fatta

dalle mani amorevoli di una madre? (Roberta)

Febbraio è breve e ancora legato alla stagione

inclemente: "i panni" non asciugano e sono lì,

sulla sedia, in attesa del sole. "Apriti", dammi la

luce e una festa da celebrare anche se "sei

ancora qui mio Febbraio, nelle suole di fango" e

negli odori che non vanno via perché le finestre

sono chiuse al freddo. E quell'"ecciù" infantile,

eco della mamma che lavora sciarpe per la

"bimba" è un sentirsi temporaneamente piccoli e

indifesi in attesa della crescita primaverile.

(Clodia)

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E' finito febbraio!

Ora scivola dentro lo strabico marzo

dal ventre profuso e trapuntato a sfarzo

- finirà anch'esso non molto in lontananza -

prima però avrà disciolte le danze

tra scudisciate strianti tra i nembi

e non è detto che non mi serri

assopito in queste stesse stanze

ad ingugitar visioni:

Ho visto gli occhi tuoi

a cavalcioni di un lupo

ed agnelli e agnelle poi

scivolare in un imbuto cupo

Visioni di temporale a marzo:

le mammole flettersi in bui corridoi

e sui prati spruzzate di quarzo

In larghe vedute di giada sfarinata

tra peste di flaccidi buoi

a traino di scarni scheletri d'annata

Sfocati dagherrotipi occhi di ieri

bianco fumo che scorre in voi

e il mondo è solo il più fragile dei bicchieri

sguardo fantasmagorico in un pazzo Bolscioi!

Se tornerò aprilante con voi

sarà un evento da discuterne

col senno di poi ...

Rosario

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Alberi e nubi a Villa Borghese

Di febbraio non avverte mancanza, apre le

porte a marzo, ma appare proiettato più verso

aprile e sembra inerzia quella che lo spinge a

illudersi di visioni, a volte macabre, dove è il

sole a lasciarci le penne. Niente è certo e tutto

ha i colori dell’animo, ogni mese. (Francesca)

Febbraio ha portato visioni oniriche,

mescolanza di ricordi che hanno fatto male.

Adesso quegli sprazzi di dolore sono "sfocati

dagherrotipi", "bianco fumo" che ricorda come

il mondo sia più fragile del vetro di un bicchiere

e pazzo e allucinante. Quindi non si sa dopo la

giostra invernale se si resterà illesi nell'Aprile

incombente... E' necessario averne il senno,

quello "di poi"... (Clodia)

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Continuerà a finire come sempre questo febbraio

retroguardia della neve, con le guance stanche

di luci e coriandoli. Nulla penderà dalle cime né

dagli anulari quando cadranno gli ultimi ventotto

-Seguiamoci, amore, sulle rotte delle api, nei nettari golosi

del millefiori acceso aprendo varchi nelle cartapeste…

prendiamo le corde per tutte le giunture

luna e sole e poi ancora luna-

Verso le unghia s’aprono i compleanni, nei pacchetti d’ametista

e rose, senza dolcetti o…boschi di betulle

ma pece germogliata da freddi persistenti. Rincorre l’anatra

le linee dei canti nei cieli neutri di questo mezzogiorno

-Vicini al silenzio dei rosmarini, già rossi in viso

noi, apriamo le finestre-

Sebastiano

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Statua a Villa Borghese (1906)

Febbraio non lascia il segno, fintamente

imponente, non ha la forza e del negativo manca

di molto l’incisività. Ammette mani legate e vive

di fuochi fatui alitati da santi. Sa di rimpianto, di

nostalgia? di quello che niente potrà più essere.

Sa di cornice dagli angoli sfilettati, di ciabatte

d’epoca, di clown senza maschera. (Francesca)

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Se scivola acquazzoni e le falangi

sembrano tegole di vetro, grondaie

a raccogliere desideri dell'ultimo del mese,

rimane compimento dell'inverno

Febbraio, così corto, con la febbre delle utopie

pronte a esplodere negli schizzi azzurri

del rosmarino che profuma le finestre

Attacchiamoci -allora- alla cima di un frusciare

una carrozza ci porterà lontano dal bianco

delle nevi, nel rinverdire dei sassi, nelle sabbie

lievi, ai rimessaggi che trasudano catrame

e hai macchie nere in viso, residui

di un carnevale strascicato

Così se ne andrà (o ce ne andremo noi)

deposto lo sferruzzare di lane nei cassetti

Febbraio con le luci accese delle cinque e orizzonti

rannicchiati sulle nocche

Roberta

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Strada nuova a Volpedo (1903), olio su tela

Come un’amazzone la si vede a cavalcioni e il

mezzo è il purosangue dell’ispirazione, un

incrocio al limite sul muso che ciondola fra i

due assi d’oro: da una parte le festività

colorate, dall’altra i luoghi comuni

/Carnevale- marzo pazzo/ è veloce, quasi

impercettibile. Arrotola lacrime, conservando

maniche d'amore da stendere sulla prossima

pergamena da incorniciare e una promessa è

sempre ripartenza da raccogliere. (Francesca)

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Indice delle opere

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Il sole o Il sole nascente (1904), olio su tela,

155x155 cm, Roma, Galleria Nazionale d'Arte

Moderna

Ecco il comporsi del sole attraverso l’aria, il colorarla di sé, l’apparire sulla linea dell’orizzonte a

incavarla della sua sfericità. Dall’esasperazione del bianco si insinuano tratteggi di luce che vibrano

verso l’esterno della tela. Il bagliore non acceca la percezione della natura attorno.

Idillio primaverile (1896-1901), olio su tela,

diametro cm 99,5, collezione privata

Luce, controluce si insinuano tra il girotondo dei bambini. Da loro prende il suo punto di origine

l’albero , come dall’albero le gemme. La vita e il ciclo della vita.

Vecchio mulino a Volpedo (1903), olio su

tela, cm 44,5x64, collezione privata

Lo studio delle chiuse, delle condotte d'acqua consentono la ricerca dei tagli d’ombra e di luce tra gli

incastri architettonici, tra i primi piani e la profondità di campo.

Passeggiata amorosa (1901-1902), olio su

tela, diametro cm 100, Ascoli Piceno,

Pinacoteca civica

Quasi che l’amore si faccia largo, spartisca la vegetazione per formulare il proprio cammino. Nel

gesto di lei la forza per indicarlo, la torsione del capo di lui per acconsentire. Un’immagine di

complicità, tra gli equilibri della natura.

La piazza di Volpedo (1888)

È il silenzio che si fa intercapedine tra i caseggiati e il cielo. È l’attesa che suoni la campana per

l’adunanza domenicale e viva il vociare tra i vicoli.

Prato fiorito (c.1900/1903) Le distanze, gli spazi che intercorrono tra perimetri di varia natura. Quasi che il desiderio di

avvicinarsi costringa fuori dagli schemi circolari del dipinto. Un cerchio che non include, ma esclude.

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Panni al sole (1894) olio su tela, cm

87x131 collezione privata

Il giallo-sole abbraccia parallelismi, incidenze, punti di fuga. Delimita la dimensione orizzontale senza

insinuarsi in quella verticale. E il primo piano è tutto un profumo e la sua ombra.

Mammine (1892)

olio su tela; 213 x 203

collezione privata

Atmosfera di vita campestre, in cui la massima incidenza della luce corrisponde alla purezza e

all’innocenza dei personaggi che ne sono illuminati, e dei loro gesti. Nello sfondo è ombra, la fatica

della vita dei campi. Il controluce è l’incerto; il muro, la protezione della casa.

Alberi e nubi a Villa Borghese L’albero diventa geroglifico, segno inequivocabile di appartenenza e contrasto, di staticità e di volo.

Di punti fermi e di libertà di espansione.

Statua a Villa Borghese (1906)

E’ un ripopolare la scena di gemme, di squarci d'azzurro, quasi un reimpastare ciò che l’inverno ha

irrigidito come pietra. E l’attesa che i luoghi rivivano la loro animazioni.

Strada nuova a Volpedo (1903), olio su

tela, cm 62,7x46,4, Bari, Pinacoteca

provinciale

Solitudine sulla strada nuova, ma dentro le mura la vita, che alimenta il verde delle fronde che

traboccano. E il simbolo dell'unione: il ponte, che lascia la percezione dell’esistenza di un segreto, di

una complicità.

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Indice

Introduzione a cura di Leonardo Sultato - Nihil

Introduzione alle immagini a cura di Leda Moncalieri

Poesie di:

Leda Moncalieri - Lunasepolta

Sebastiano A. Patanè - Al_quatar

Roberta D’Aquino - Maredinotte

Mirella Crapanzano - Ecat Mel

Francesca Coppola - Francesca Coppola

Rosario Albano - _RA_

Opere di Pellizza da Volpedo

Indice delle opere: Leda Moncalieri

Contributi ai testi: Francesca Coppola, Clodia, Mirella Crapanzano, Roberta D’Aquino, Leda Moncalieri

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versinvena.freeforumzone.leonardo.it

Le Betulle, vol. I – Febbraio contaminazioni poetiche

Una produzione Versinvena 2010

Tutti i diritti riservati

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versinvena.freeforumzone.leonardo.it

“L’idea di una collana di poesie nasce dal desiderio di un progetto comune che coinvolga tutti i partecipanti del forum. Ecco

perché abbiamo scelto il nome di questa pianta: le betulle vengono piantate sempre in gruppo, si stagliano verso l’alto,

raccogliendo la luce ed i colori provenienti dal cielo, così come dovrebbe fare il poeta, cibandosi d’aria e di libertà.

Per la collana “Le Betulle” il forum di Versinvena produrrà un libricino a scadenza mensile in cui viaggeranno in parallelo

poesie nate a cascata dalle suggestioni di altre poesie presenti sul forum e immagini che, di volta in volta, snoccioleranno un

argomento differente.

Sarà un viaggio sempre nuovo e multisensoriale, fatto di emozioni, cultura e curiosità.”

Roberta

Sa