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Foronomia 179 10. Foronomia 10.1. Luci a battente e stramazzi La foronomia studia l’efflusso da fori (detti luci o bocche) praticati sul fondo o su una parete di un serbatoio o di un canale. La corrente liquida che si determina nell’efflusso viene detta “vena effluente”, “vena liquida” o “getto”. Una prima cassificazione è fatta in base alla posizione della luce (Figura 10-1). Le luci a battente sono quelle il cui contorno è interamente posto al disotto del pelo libero del liquido nel serbatoio o nel canale, mentre vengono dette luci a stramazzo, quelle realizzate in modo che il fluido lambisca solo una parte del contorno della luce stessa. In questo caso pertanto la corrente che tracima è caratterizzata da una superficie superiore a contatto con l’atmosfera. Figura 10-1 Si definisce battente, b, la differenza di quota tra il pelo libero a monte della luce e il punto più elevato del contorno della luce. Risulta chiaro che il battente esiste solo nel caso di luci a battente.

Foronomia_11ottobre

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Foronomia

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10. Foronomia

10.1. Luci a battente e stramazzi

La foronomia studia l’efflusso da fori (detti luci o bocche) praticati sul fondo o

su una parete di un serbatoio o di un canale. La corrente liquida che si determina

nell’efflusso viene detta “vena effluente”, “vena liquida” o “getto”.

Una prima cassificazione è fatta in base alla posizione della luce (Figura

10-1). Le luci a battente sono quelle il cui contorno è interamente posto al

disotto del pelo libero del liquido nel serbatoio o nel canale, mentre vengono

dette luci a stramazzo, quelle realizzate in modo che il fluido lambisca solo una

parte del contorno della luce stessa. In questo caso pertanto la corrente che

tracima è caratterizzata da una superficie superiore a contatto con l’atmosfera.

Figura 10-1

Si definisce battente, b, la differenza di quota tra il pelo libero a monte

della luce e il punto più elevato del contorno della luce. Risulta chiaro che il

battente esiste solo nel caso di luci a battente.

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Dispense di Idraulica

180

Le luci si distinguono in luci in parete sottile, quando presenta uno “spigolo

vivo”, ossia un bordo affilato da cui la vena effluente si distacchi nettamente

vincendo l’adesione e in parete grossa: quando la vena aderisce parzialmente o

totalmente ai contorni della luce.

L’efflusso da tutte le luci in parete sottile è caratterizzato da un particolare

fenomeno detto contrazione della vena effluente. La curvatura delle traiettorie

lungo le quali le masse fluide muovono nel serbatoio determina un

avvicinamento delle traiettorie e quindi, a valle della sezione della luce, una

contrazione della corrente, cui corrisponde un’accelerazione delle masse fluide

stesse.

L’efflusso si distingue in libero se il livello idrico a valle non influenza la

luce e rigurgitato (parzialmente o totalmente) se il livello idrico a valle

influenza parzialmente o totalmente la luce.

Le ipotesi usate per la definizione delle leggi dell'efflusso, ovvero del

legame funzionale che permette di valutare la portata defluente, sono

usualmente: liquido perfetto e moto permanente.

10.1.1 Luci a battente

Il carico sulla luce, h, rappresenta la differenza di altezza geodetica tra il piano

dei carichi idrostatici relativo e il baricentro del foro.

Altra definizione propria delle luci a battente ne descrive la dimensione

caratteristica D (ad esempio il diametro per luce circolare) rispetto al carico. Se

risulta D<<h si parla di luce di piccole dimensioni.

La forma della vena che fuoriesce è influenzata, oltre che dalle dimensioni

e dalla forma del foro, dalla presenza dell’accelerazione di gravità e dell’inerzia.

L’inerzia tende a far esaurire il fenomeno della contrazione mentre

l’accelerazione della gravità, come si vedrà successivamente, gioca ruoli diversi

a seconda che il getto sia verticale o no.

Le leggi di efflusso valide per le luci a battente vengono ricavate tramite

l’applicazione del teroema di Bernoulli, a patto poi di tarare sperimentalmente

alcuni coefficienti.

10.1.1 Luci a stramazzo

Nei processi di efflusso delle luci a stramazzo si osserva il cosiddetto fenomeno

di chiamata allo sbocco che consiste in un abbassamento del pelo libero in un

tratto posto a monte della sezione iniziale dello stramazzo. La sezione subito a

monte di tale tratto rappresenta una sezione indisturbata e quindi l’ultima

sezione di corrente gradualmente variata. Si definisce carico sullo stramazzo, il

dislivello geodetico tra il pelo libero nella sezione a monte della chiamata allo

sbocco e il punto più elevato dello stramazzo.

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Foronomia

181

Le leggi di efflusso valide per le luci a stramazzo vengono generalmente

ricavate adattando la legge dell’efflusso per le luci a battente e tarando

sperimentalmente i coefficienti che in essa compaiono. Tale logica appare

arbitraria ma i numerosissimi lavori sperimentali mostrano la validità della

legge di efflusso. Come si vedrà successivamente, l’unico stramazzo che

permette una dimostrazione rigorosa da un punto teorico è quello a larga soglia.

Gli stramazzi trovano largo uso come misuratori di portata nelle correnti a

superficie libera.

10.2. Luce a battente sul fondo di un serbatoio

Si ipotizzi di praticare una luce circolare a spigolo vivo (parete sottile) al fondo

di un serbatoio determinando un efflusso libero in atmosfera. Il serbatoio sia

infinitamente grande lateralmente oppure venga alimentato da una portata pari a

quella effluente dalla luce: in questi due casi il pelo libero può considerarsi a

quota invariabile nel tempo e quindi il fenomeno stazionario avendo fissato in

questo modo le condizioni al contorno. Si consideri il carico sulla luce

sufficientemente grande in modo che il processo di efflusso non determini

depressioni sul pelo libero.

Figura 10-2

Nel suo percorso dall’interno verso l’esterno, una particella posta in

prossimità del fondo e caratterizzata quindi da una traiettoria orizzontale, non

può improvvisamente distaccarsi dallo spigolo e assumere direzione di moto

verticale tramiten un brusco cambio di direzione: la deviazione della traiettoria

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Dispense di Idraulica

182

da orizzontale a verticale avverrà tramite un graduale cambio di direzione che

comporta una contrazione della vena a valle del foro.

Si chiama “sezione contratta”, la prima sezione dopo la luce in cui i filetti

fluidi si presentano sensibilmente rettilinei e paralleli e quindi la corrente risulta

gradualmente variata. In questa sezione si ha una distribuzione idrostatica delle

pressioni ed essendo la sezione contratta, in questo caso, orizzontale (z=cost)

anche la pressione risulterà costante e pari al valore assunto sul contorno della

vena ovvero in tutta la sezione contratta si ha pressione nulla. Tale risultato è

stato anche confermato dai rilievi sperimentali.

Si consideri (Figura 10-2) un punto B della sezione contratta e una

traiettoria passante per esso. Si scelga inoltre su tale traiettoria un punto A, a

grande distanza dalla luce, per il quale in considerazione delle basse velocità

che si realizzano nel serbatoio, si possa considerare trascurabile la velocità e, di

conseguenza, l’altezza cinetica. Nell’ipotesi di fluido perfetto e moto

stazionario, il teorema di Bernoulli si scrive:

g

Vz

pz B

B

A

A2

2

+=+γ

(10-1)

e cioè

g

Vh B

B2

2

+−= δ (10-2)

Essendo la distanza della sezione contratta dal fondo dell’ordine del

diametro della luce e quindi molto minore del carico sulla luce, si ottiene

l’espressione della velocità detta torricelliana:

ghVB 2= (10-3)

Tale valore, denominato velocità torricelliana, rappresenta il valore della

velocità in tutta la sezione contratta, essendo il punto B generico. Esso è stato

ricavato in alcune ipotesi semplificative e, in particolare, in quella di fluido

perfetto che ne sovrastima il valore. Si è soliti quindi correggere il valore

torricelliano moltiplicandolo per un coefficiente correttivo, Cv, denominato

“coefficiente di velocità“ e che sperimentalmente, per le luci a spigolo vivo, è

risultato pari a 0,98-0,99. Ciò significa che il valore torricelliano risulta

superiore a quello effettivo dell’uno-due per cento, valore esiguo che testimonia

la vferidicità delle ipotesi fatte.

La portata può quindi scriversi come

ghCQ c 2vσ= (10-4)

dove σc rappresenta l’area della sezione contratta.

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Foronomia

183

Definendo il “coefficiente di contrazione“, Cc, il rapporto tra l’area della

sezione contratta e quella della sezione della luce σ, la portata può scriversi

ghCCQ c 2v σ= (10-5)

Infine, introducendo il coefficiente di efflusso µ, come prodotto tra quello

di contrazione e quello di velocità si ha l’espressione della portata effluente:

ghQ 2µσ= (10-6)

Il coefficiente di efflusso è riportato nei testi tecnici in funzione della forma

della luce e del carico sulla stessa. Per le luci a spigolo vivo di piccole

dimensioni, esso è posto generalmente pari 0,6.

Può essere interessante osservare la distribuzione della pressione nel fluido

nel piano della luce. Le pressioni si riducono progressivamente fino allo

spigolo, dove la pressione è nulla in quanto pari a quella atmosferica, per poi

incrementarsi nuovamente fino in asse alla luce per effetto della curvatura delle

traiettorie, dove si raggiunge un valore di altezza piezometrica pari a 0,6h.

Figura 10-3

10.3. Luce a battente sulla parete verticale di un serbatoio

Si ipotizzi di praticare una luce circolare a spigolo vivo (parete sottile) sulla

parete verticale di un serbatoio determinando un efflusso libero in atmosfera

(Figura 10-4). Anche qui si ipotizzi il serbatoio il fenomeno stazionario e la luce

di piccole dimensioni.

In questo caso il processo di contrazione, per effetto dell’ortogonalità tra

accelerazione di gravità e inerzia, non comporta la formazione di una sezione di

corrente lineare dove la pressione sia distribuita idrostaticamente.

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Dispense di Idraulica

184

Figura 10-4

La prova di ciò sta nel fatto che una qualunque sezione verticale, è

caratterizzata da punti a contatto con l’atmosfera (p=0) e a quota geodetica

diversa: ciò prova che la pressione non risulta distribuita idrostaticamente

(schema a sinistra di Figura 10-5). Se si osserva però il fenomeno dall’alto

(schema a destra di Figura 10-5) si può ritenere che a partire da una determinata

sezione il processo di contrazione si sia esaurito. Tale sezione, σc, viene ancora

denominata contratta ma in questo caso non è caratterizzata da distribuzione

idrostatica delle pressioni.

Figura 10-5

Dall’ingradimento della vena effluente di Figura 10-5, si può allora

affermare che nella sezione contratta i filetti presentano curvature solo nel piano

zx; con riferimento alla terna intrinseca la binormale coincide pertanto con

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Foronomia

185

l’asse orizzontale y. Ciò significa che lungo y la quota piezometrica risulta

costante, ed essendo la pressione nulla alle estremità a contatto con l’atmosfera,

la pressione è nulla su ogni segmento orizzontale. La pressione si può quindi

ritenere nulla in tutti punti, come è stato anche provato sperimentalmente. La

sintesi di tale ragionamento è che quindi le masse fluide si muovono senza

pesare su quelle inferiori ovvero come gravi ognuno di essi lanciati

singolarmente.

Applicando il teorema di Bernoulli in modo analogo a quanto fatto per la

luce posta sul fondo del serbatoio, si ottiene

g

Vz

pz B

BA

A2

2

+=+γ

(10-7)

e cioè

( )BB zHgV −= 2 (10-8)

Ciò significa che, mentre per la luce posta sul fondo di un serbatoio la

velocità si mantiene costante in tutta la sezione contratta, in questo caso a rigore

la velocità varia da punto a punto al variare della quota geodetica zB. Il

diagramma delle velocità è pertanto quello parabolico riportato in Figura 10-4.

Chiaramente a parità di diametro della luce, maggiore è il carico tanto più

lineare risulta il diagramma di velocità relativo alla sola sezione contratta. Per

luci di piccole dimensioni appare quindi naturale valutare la velocità media

nella sezione contratta come:

ghV 2= (10-9)

Con lo stesso ragionamento fatto per la luce su fondo orizzontale si giunge

alla seguente espressione della portata

ghQ 2µσ= (10-10)

mostrando che pur essendo concettualmente differenti, i due schemi di luce a

battente di piccole dimensioni hanno in comune la stessa formula per l'efflusso:

in tale formula compare quindi il carico senza specificare il tipo di luce.

Se la luce presenta un diametro non più trascurabile rispetto al carico, la

velocità nella sezione contratta non può più essere considerata costante. Per il

calcolo della portata occorre pertanto risolvere l’integrale:

( ) ( ) dzgzzlzQ

z

z

22

1

∫= µ (10-11)

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Dispense di Idraulica

186

dove l(z) è la profondità della luce alla generica quota z, z1 e z2 sono

rispettivamente le quota del punto più depresso e di quello in sommita del

contorno della luce.

Nel caso di luce a spigolo vivo scolpita su parete posta tra due serbatoi

contenenti liquido con quote di pelo libero rispettivamente pari a H1 e H2,

l’efflusso dipende anche dalle condizioni di valle e viene quindi denominato

efflusso rigurgitato (Figura 10-6).

Figura 10-6

In questo caso si si parla ancora di sezione contratta con distribuzione

idrostatica delle pressioni che coincide con quella del liquido circostante di

valle. Si può quindi scrivere

g

Vpz

pz BB

BA

A2

2

++=+γγ

(10-12)

ovvero

g

VHH B

2

2

21 += (10-13)

Esplicitando la velocità in B, si ha:

( )212 HHgVB −= (10-14)

La portata può quindi scriversi come:

( )212 HHgQ −= µσ (10-15)

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Foronomia

187

10.4. Luce a battente posta sul fondo di un canale

Si consideri il caso di luce rettangolare di profondità, b, realizzata tramite

l’apertura di una paratoia piana innalzata di a rispetto al fondo orizzonatale di

un canale largo anch’esso b (Figura 10-7).

Figura 10-7

Considerando un livello a monte della paratoia invariabile nel tempo,

l’applicazione del teorema di Bernoulli porta a scrivere:

g

Vpz

pz BB

BA

A2

2

++=+γγ

(10-16)

ovvero

g

VaCH B

c2

2

+= (10-17)

La velocità del punto B si scrive quindi

( )aCHgV cB −= 2 (10-18)

ottenendo per la portata la seguente espressione

( )aCHgQ c−= 2µσ (10-19)

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Dispense di Idraulica

188

10.5. Tubo addizionale esterno

Il tubo addizionale esterno si realizza applicando all’esterno del serbatoio un

tubo dello stesso diametro della luce, di lunghezza compresa tra 2 e 5 volte il

diametro stesso (Figura 10-8).

Figura 10-8

Possono essere osservate due diverse condizioni di deflusso:

• a pieno sbocco con la corrente che impegna tutta la sezione del tubo (schema

a sinistra di Figura 10-8). La vena che fuoriesce dal tubo addizionale si

presenta generalmente opaca a testimonianza della presenza in esse di

bollicine d’aria;

• a sbocco libero (schema a destra di Figura 10-8) in cui la vena si distacca dal

contorno della luce senza toccare il tubo: il fenomeno d’efflusso coincide

quindi con quello che si osserva nelle luci a battente su parete verticale a

spigolo vivo.

Il fenomeno dell’efflusso a pieno sbocco è stato affrontato per primo da

Venturi che, ammettendo l’esistenza di una sezione contratta all’interno del

tubo addizionale e misurando in corrispondenza di essa una depressione pari a

3/4 h (con h carico sulla luce, Figura 10-9), giunse ad una formula per l’efflusso

dalla struttura analoga a quella relativa alle luci a battente in parete sottile.

Figura 10-9

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Foronomia

189

Considerando infatti, nelle ipotesi di fluido perfetto e moto stazionario, una

generica traiettoria e due punti di essa A e B, rispettivamente a grande distanza

dal foro e in corrispondenza della sezione contratta, si può scrivere

g

Vpz

pz BB

BA

A2

2

++=+γγ

(10-20)

ovvero per quanto misurato da Venturi e considerando come piano di

riferimento delle quote quello passante per il baricentro del foro:

g

Vhh B

24

3 2

+−= (10-21)

Poiché il punto B è un punto generico della sezione contratta, la sua

velocità coincide con quella media e quindi si può scrivere

=

+= hghhgV

4

72

4

32 (10-22)

che passando alla portata diventa

=

= hgChgQ cc

4

72

4

72 σσ (10-23)

Ipotizzando che nella sezione in cui si realizza la massima depressione, si

formi una sezione contratta pari a quella che si avrebbe nell’efflusso libero

(Cc=0,61), si può scrivere:

ghhgQ 282,04

7261,0 σσ ≅

= (10-24)

in cui la portata effluente da una luce con tubo addizionale esterno è calcolabile

con la formula precedentemente ricavata nel caso di efflusso libero ma con un

coefficiente di efflusso maggiore.

In Figura 10-9 sono anche tracciate la lineaa dei carichi e la piezometrica.

La prima mostra che il carico si mantiene costante fino alla sezione contratta

(trascurando le piccole perdite di tipo continuo) mentre subito a valle il carico si

riduce di una quantità pari alla meta dell’altezza cinetica. Ovviamente nella

sezione di sbocco la linea dei carichi dovrà trovarsi innalzata rispetto al

baricentro di una quantità pari all’altezza cinetica della corrente. La linea

piezometrica invece è caratterizzata dal fatto che nella sezione contratta dovrà

portarsi allo stesso livello del menisco del piezometro posizionato nella sezione

contratta stessa.

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Dispense di Idraulica

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Le considerazioni sinora fatte sono valide nel caso di depressione nella

sezione contratta minori, in valore assoluto, del valore massimo pari a 10.33 m,

ovvero per carichi h sulla luce minori di 13.77 m (10.33*4/3 m). Per valori del

carico maggiori di 13.77 m, la (10-21) diventa

g

Vh B

233.10

2

+−= (10-25)

e la (10-24) diventa

( )33.10261,0 += hgQ σ (10-26)

In definitiva quindi il legame tra il carico h e la portata defluente a pieno

sbocco in un tubo addizionale esterno è descritto dal grafico di Figura 10-10.

Figura 10-10

Il passaggio da efflusso libero a efflusso a pieno sbocco avviene creando

una chiusura idraulica (ad esempio ponendo un ostacolo per qualche istante in

prossimità della sezione di sbocco del tubo addizionale).

Il passaggio inverso da efflusso a pieno sbocco a efflusso libero avviene

aumentando il carico h a valori tali da far allungare la zona in depressione fino a

portarla in prossimità dello sbocco, permettendo quindi un ingresso di aria a

pressione atmosferica.

10.6. Reazione d’efflusso

Le pressioni lungo la parete della luce si discostano dalla distribuzione

idrostatica per effetto dell’incremento di velocità che si manifesta lungo la

traiettoria verticale prossima alla parete. Il massimo scostamento si osserva in