25
FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE Röcken (Lùtzen-Sassonia), 15 ottobre 1844 – Weimar (Turingia), 25 agosto 1900 BIOGRAFIA: elementi da tener presenti: - infanzia - insegnamento a Basilea - amicizie importanti: Schopenhauer, Wagner, Overbeck, Lou Salomé - malattia - soggiorni in Svizzera, Italia e Francia - aggravarsi della malattia e morte N. si colloca fuori dai principali movimenti filosofici della sua epoca, quali il romanticismo e il positivismo, anche se nella sua opera si possono riscontrare elementi romantici. Egli sostiene di non essere un uomo, ma una dinamite, poiché si sentiva come il distruttore di tutto ciò che è razionale e di tutti i valori. Quella di N. va considerata una filosofia della crisi poiché, con la distruzione di tutti i valori egli vuole giungere ad un mondo senza trascendenza; egli infatti nei suoi scritti critica soprattutto Platone, che ha introdotto l'idea di trascendente. FASI E PERIODI DEL FILOSOFARE DI NIETZSCHE L’opera di N. rappresenta un PENSIERO IN DIVENIRE, tuttavia, si è soliti individuare nel suo lavoro alcune tappe che, quindi, vanno lette come FASI TRANSITORIE e non come rigide scansioni. 1. Scritti giovanili del periodo wagneriano-schopenhaueriano - fase giovanile - coincide con gli anni dell’insegnamento a Basilea. È caratterizzata dalla lettura di Schopenhauer e dall’amicizia con Wagner. N. da’ la sua “risposta” al pessimismo di Schopenhauer: un atteggiamento di entusiastica accettazione dell’essere nella globalità dei suoi aspetti. La nascita della tragedia. 2. Scritti intermedi del periodo “illuministico” o “geneologico” - fase intermedia - filosofia del mattino. É caratterizzata dal distacco da Wagner e Schopenhauer e dall’assunzione di un’attitudine scettica e relativistica, dall’atteggiamento di accettazione e affermazione disincantata della vita. Umano, troppo umano - La gaia scienza 3. Scritti del meriggio o di Zarathustra (fase di Zarathustra - filosofia del meriggio); Così parlò Zarathustra. Zarathustra rappresenta il “grande meriggio” della riflessione di N.: egli annuncia alla folla gli insegnamenti fondamentali per un’umanità nuova. 1

FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHERöcken (Lùtzen-Sassonia), 15 ottobre 1844 – Weimar (Turingia), 25 agosto 1900

BIOGRAFIA: elementi da tener presenti:- infanzia- insegnamento a Basilea - amicizie importanti: Schopenhauer, Wagner, Overbeck, Lou Salomé - malattia - soggiorni in Svizzera, Italia e Francia- aggravarsi della malattia e morte

N. si colloca fuori dai principali movimenti filosofici della sua epoca, quali il romanticismo e il positivismo, anche se nella sua opera si possono riscontrare elementi romantici. Egli sostiene di non essere un uomo, ma una dinamite, poiché si sentiva come il distruttore di tutto ciò che è razionale e di tutti i valori. Quella di N. va considerata una filosofia della crisi poiché, con la distruzione di tutti i valori egli vuole giungere ad un mondo senza trascendenza; egli infatti nei suoi scritti critica soprattutto Platone, che ha introdotto l'idea di trascendente.

FASI E PERIODI DEL FILOSOFARE DI NIETZSCHEL’opera di N. rappresenta un PENSIERO IN DIVENIRE, tuttavia, si è soliti individuare nel suo lavoro alcune tappe che, quindi, vanno lette come FASI TRANSITORIE e non come rigide scansioni.

1. Scritti giovanili del periodo wagneriano-schopenhaueriano - fase giovanile - coincide con gli anni dell’insegnamento a Basilea. È caratterizzata dalla lettura di Schopenhauer e dall’amicizia con Wagner. N. da’ la sua “risposta” al pessimismo di Schopenhauer: un atteggiamento di entusiastica accettazione dell’essere nella globalità dei suoi aspetti. La nascita della tragedia.

2. Scritti intermedi del periodo “illuministico” o “geneologico” - fase intermedia - filosofia del mattino. É caratterizzata dal distacco da Wagner e Schopenhauer e dall’assunzione di un’attitudine scettica e relativistica, dall’atteggiamento di accettazione e affermazione disincantata della vita. Umano, troppo umano - La gaia scienza

3. Scritti del meriggio o di Zarathustra (fase di Zarathustra - filosofia del meriggio); Così parlò Zarathustra. Zarathustra rappresenta il “grande meriggio” della riflessione di N.: egli annuncia alla folla gli insegnamenti fondamentali per un’umanità nuova.

4. Scritti del tramonto o degli ultimi anni (fase finale o filosofia del martello); Al di là del bene e del male; Il crepuscolo degli idoli; L’Anticristo; Ecce homo. Violentissimo atto d’accusa di N. contro le peggiori “menzogne dell’occidente”: la morale e il Cristianesimo; per N. occorre distruggere ciò che resta della civiltà occidentale e porre le basi di una nuova umanità.

IL PERIODO GIOVANILE

A. NIETZSCHE: “MAESTRO DEL SOSPETTO”Anche N., come Marx, è considerato “maestro del sospetto”, per la sua radicale critica alla cultura e alla storia occidentale. N. critica la PRETESA DI VALIDITÀ DELLA RAGIONE e della RICERCA DEL FONDAMENTO, pretesa assolutistica, attribuita alla ragione, dalla civiltà occidentale.⇒MENZOGNE VITALI.La RAGIONE è solo un’esigenza vitale necessaria per vincere il sentimento della paura esistenziale, un mezzo per dare sicurezza ad un uomo debole e malato. ⇒VOLONTÀ DI VERITÀ

1

Page 2: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

È necessario uno SMASCHERAMENTO (Gianni Vattimo, 1936) per dimostrare che ciò che viene considerato originario è in realtà solo un PRODOTTO. Smascherare allora significa prendere congedo dai fondamentali prodotti della razionalità cioè METAFISICA, MORALE e RELIGIONE che per N. sono solo “prodotti della paura”; esse non sono espressioni originarie dell’uomo, ma appunto prodotti derivati di un uomo malato, impaurito, quale quello occidentale. Lo smascheramento non può essere solo annunciato: se sono contestati tutti i prodotti della civiltà occidentale, la CONTESTAZIONE non può essere un’altra teoria, ma un ATTO PRATICO. Esso è rappresentato dall’uscita dalla teoria e l’INGRESSO NELLA VITA, NELLA FORZA, NELLA POTENZA luoghi originari dell’essere umano. A. 1. MENZOGNE MILLENARIE. Lo stesso N. presenta il proprio filosofare come «una scuola di sospetto» critica e demistificatrice. La tesi sostenuta da N. indica LA «DEBOLEZZA» COME RISULTATO, DIRETTAMENTE PROPORZIONALE, ALL’ANSIA DI «CERTEZZA», OSSIA ALLA VOLONTÀ DI VERITÀ. In altri termini, secondo N., gli uomini, per poter sopportare l’impatto con il caos e l’irrazionalità del mondo, hanno costruito una serie di «certezze» (metafisiche, religiose, morali ecc.), che, ad uno sguardo profondo, si rivelano soltanto come delle necessità di sopravvivenza, ovvero come delle «menzogne vitali». Esse, per N., hanno solo un’utilità empirica. Ad es. la metafisica «si può definire come la scienza che tratta degli errori fondamentali dell’uomo, però come se fossero verità fondamentali». Analogamente, ogni religione «è nata dalla paura e dal bisogno e si è insinuata nell’esistenza fondandosi su errori della ragione» (Umano, troppo umano). La ragione tranquillizza, la religione da’ sicurezza, la morale (i valori) non ha alcun fondamento, l’uomo agisce solo spinto dall’istinto di conservazione e di piacere.Il rifiuto di queste menzogne, che il filosofo ha il compito di mettere a nudo, rappresenta il banco di prova del passaggio dall’uomo all’oltreuomo: «Quanta verità può sopportare, quanta verità può osare un uomo? Questa è diventata la mia vera unità di misura, sempre più» (Ecce homo). Alla base dev’esserci una LOTTA PER LA VITA, una vita che è, nella sua essenza, violenza e brutalità.

A. 2. VOLONTÀ DI VERITÀ. N. usa l’espressione “volontà di verità” in chiave polemica. Con essa N. intende la ricerca tradizionale di una verità assoluta e «il desiderio di un mondo permanente». In altri termini, «La presunta “verità” della quale la filosofia si è considerata, di volta in volta, indagatrice, depositaria, profeta, non è altro – dal punto di vista di N. – che la volontà di conferire un significato assoluto, non smentibile, definitivo, ad una realtà che, di per se, si presenta invece come caoticità inesauribile, irriducibile a qualsivoglia forma per mezzo della quale la ragione pretenda di catturarla».

B. DIONISIACO E APOLLINEO. N. attraverso la passione verso l'antico mondo greco, scopre il carattere essenzialmente caotico e disordinato della realtà e intese la stessa vita come forza primordiale che consuma e distrugge tutto . Il mondo appare a N. come governato da una volontà cieca: la vita è dolore ed è priva di senso (pessimismo di Schopenhauer → rinuncia al mondo), ma ad essa non bisogna rispondere con rinuncia e disperazione, ma con l’ACCETTAZIONE CORAGGIOSA DEL DOLORE; bisogna rinunciare alle consolazioni metafisico-religiose e affermare con coraggio e VITALISTICAMENTE tutta l’irrazionalità caotica dell’esistenza. OCCORRE VOLERE LA VITA. N. propone come modello a questa risposta, il modello dell’artista romantico (Wagner) che ATTRAVERSO L’ARTE COGLIE L’ESSENZA DELLA VITA.Nel 1871 scrive, “La nascita della tragedia", opera che analizza i due impulsi di base dello spirito greco e, al tempo stesso, i due impulsi che stanno alla base dell’arte: il DIONISIACO E l’ APOLLINEO. Essi simboleggiano due atteggiamenti antitetici: Apollo, dio solare, rappresenta l’equilibrio, l’armonia, la razionalità, l’ordine; Dioniso,

2

Page 3: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

orgiastico dio della natura, è il dio della passione, della sregolatezza, dell'arbitrio... rappresenta l’irrazionalità, il caos, il disordine... La via di Apollo è speculativa, spinge a cercare spiegazioni ed elaborare teorie, costruisce sistemi con cui cerca di esprimere il senso ultimo delle cose secondo misura e proporzione. La via di Dioniso è l'esatto contrario: l'accettazione ebbra della vita, l'esaltazione delle pulsioni energetiche e vitali, della salute, della giovinezza e della passione sensuale. Il libro viene male accolto dai filologi per le sue posizioni in contrasto con il pensiero accademico; N. rifiuta di considerare l'ellenismo come un mondo di razionalità ed equilibrio. È in questa situazione che N. sente di essere inattuale e scopre l'incompatibilità tra il pensatore privato e il professore accademico. Il motivo centrale dell’opera è, quindi, la distinzione tra “dionisiaco” e “apollineo”, coppia di opposti che si concretizza in altre sottocoppie, come forma-caos, finito-infinito...Dionisiaco/apollineo rappresenta, principalmente, la dualità, già presente in Natura, che esprime, i due impulsi di base dell’anima greca e, al tempo stesso, i due impulsi che stanno alla base dell’arte. II dionisiaco, che scaturisce dalla forza vitale e dal senso caotico del divenire, si esprime artisticamente nella musica. L’apollineo, che scaturisce da un atteggiamento di fuga di fronte al flusso imprevedibile degli eventi, si esprime artisticamente nelle linee armoniche dell’arte plastica (architettura e scultura). II dionisiaco sta all’apollineo come il caos sta alla forma, il divenire alla stasi, l’infinito al finito, l’istinto alla ragione, l’oscurità alla luce, l’inquietudine alla serenità, l’ebbrezza al sogno ecc. Nell’incontro/scontro di apollineo e dionisiaco N. individua tre momenti:

1. In un primo tempo, nella Grecia presocratica, dionisiaco ed apollineo convivono separati, 2. in un secondo tempo, nella tragedia attica, si armonizzano fra di loro: «Sulle loro due divinità

artistiche, Apollo e Dioniso, è fondata la nostra teoria che nel mondo greco esiste un enorme contrasto, enorme per l’origine e per il fine, tra l’arte figurativa, quella di Apollo, e l’arte non figurativa della musica che è propriamente quella di Dioniso. I due istinti, tanto diversi tra loro, vanno l’uno accanto all’altro, per lo più in aperta discordia, ma pure eccitandosi reciprocamente a nuovi parti sempre più gagliardi, al fine di trasmettere e perpetuare lo spirito di quel contrasto, che la comune parola “arte” risolve solo in apparenza; fino a quando, in virtù di un miracolo metafisico della “volontà” ellenica, compaiono in ultimo accoppiati l’uno con l’altro, e in questo accoppiamento finale generano l’opera d’arte, altrettanto dionisiaca che apollinea, che è la tragedia attica» (La nascita della tragedia).

3. In un terzo momento, tale equilibrio viene dissolto dal prevalere dell’apollineo, che trionfa sul dionisiaco sin quasi a soffocarlo. Ciò avviene con la tragedia di Euripide e con il razionalismo di Socrate.

Secondo N. la decadenza della civiltà greca inizia, quindi, col prevalere dell'elemento apollineo, cioè col prevalere della scienza sull'istinto, della metafisica e della teologia sulla tragedia e sulla passione, col prevalere di Socrate e Platone su Eschilo e Sofocle, che rappresentano l'elemento dionisiaco. Per N. la filosofia moderna è ancora caratterizzata dal prevalere dell'apollineo (naturalmente con la mediazione del cristianesimo). Solo in Wagner egli vede, per la prima volta, l'artefice della rinascita della tragedia, perché Wagner sostituisce alla libertà morale quella artistica (musicale in particolare).

Contro tale processo di decadenza, che ha finito per travolgere tutto l’Occidente, N. propone un recupero convinto di Dioniso. Dioniso o l’accettazione totale della vita. Dioniso, il dio dell’ebbrezza e della gioia, il dio che canta, ride e danza, il dio che bandisce da sé ogni rinunzia ed ogni fuga di fronte al mondo, rappresenta, per N., il simbolo divinizzato di quella accettazione totale della vita nell’insieme dei suoi aspetti, che egli fa valere sia contro l’atteggiamento rinunciatario della morale tradizionale, sia contro il «buddismo» di Schopenhauer. Accettazione che va ben oltre le opposte unilateralità del pessimismo e dell’ottimismo (incapaci di cogliere la vita nell’unita dei contrari che la caratterizzano) e che mette capo ad un PROGRAMMA DI FEDELTÀ ALLA TERRA: «Vi scongiuro, o fratelli, rimanete fedeli alla terra e non credete a coloro che vi parlano

3

Page 4: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

di sovraterrene speranze. Lo sappiano o no: costoro esercitano il veneficio» (Cosi parlo Zarathustra, Prefazione).C. STORIA E VITACon le quattro Considerazioni inattuali N. critica la cultura occidentale, razionalista, utilitarista, repressiva andando contro le opinioni allora correnti ed esprimendo idee "inattuali" per la sua epoca. N. auspica la rinascita della cultura tragica, in quanto ritiene che l'istinto debba prevalere su morale, commercio, scienza e tecnica. Nella II Considerazione inattuale (“Sull'utilità e il danno della storia per la vita”) N. attacca la cultura storicistica della sua epoca, sostenendo come 'l'eccesso di storia' sia responsabile di un sentire opprimente e dell'incapacità dell'uomo di plasmare liberamente il proprio futuro. Questa critica più che la storia in sé e per sé, colpisce la”ipertrofia storiografica” e cioè l’eccesso di storia. A causa dell’ipertrofia storiografica l’uomo si sente schiacciato dal passato e perciò prova un senso di impotenza verso il presente, perdendo la fiducia nella possibilità di plasmare liberamente il proprio futuro. L’uomo a differenza dell’animale (che vive in modo non storico) ha una vita storica, cioè non può non ricordare il passato. Il passato gli fa ricordare che la sua esistenza è qualcosa di imperfetto che non può essere mai compiuto. La felicità, secondo Nietzsche, è la capacità di sentire in modo non storico nell’attimo in cui si prova la felicità stessa. Ogni organismo vivente ha bisogno non solo di luce, ma anche di oscurità e quindi per ogni agire ci vuole oblio. La necessità di oblio, cioè l’esigenza di una capacità di dimenticare, è in relazione inversa alla forza plastica. La forza plastica è la forza di crescere a modo proprio su se stessi, è la capacità di trasformare e incorporare cose passate ed estranee. La storia deve servire alla vita e all’azione e non deve allontanarci dalla vita e dall’azione. Il senso storico consiste nell’usare il passato per la vita e nel trasformare la storia passata in storia presente, solo così l’uomo diventa tale. Per ogni azione ci vuole oblio, nel senso che l’uomo che agisce dimentica la maggior parte delle cose per farne una sola ed è ingiusto verso tutto il resto. Chi agisce ama la propria azione infinitamente più che essa non meriti di essere amata: le azioni migliori vengono compiute in questa “esaltazione d’amore”. Quindi solo attraverso l'oblio, l'uomo può avere accesso alla vera felicità, giacché solo esso può assicurare il rifiorire perenne della vita. "L'eccesso di storia è un danno per la vita: noi dobbiamo avere coscienza storica, ma quanto basta per la vita (...). Noi soffriamo di una febbre storica". Tutto ciò che appartiene al passato non aiuta la vita, ma costituisce un'insuperabile e oppressiva allucinazione. La Storia non fa che renderci schiavi del nostro tempo, nostalgici di un passato irripetibile. Non è la storia, sostiene N., che deve dominare la vita, bensì l'esatto contrario. Occorre semplicemente usufruire della Storia per arricchire la qualità della nostra esistenza. È nei giovani che il filosofo ripone le sue speranze: grazie al loro istinto naturale, essi si rendono conto della malattia storica, rivolgendosi all'antistorico, ovvero all'arte di dimenticare. N. è ostile anche al fatto di leggere la storia secondo lo schema di causa/effetto in quanto, per lui, la vita sfugge ad ogni interpretazione. Pur criticando lo STORICISMO e l’eccesso di memoria storica – che inchiodano l’uomo al passato e ne paralizzano le iniziative, dimenticando che “per ogni agire ci vuole oblio” – N . ammette non solo il “danno”, ma anche l’”utilità” della storia. Infatti la vita ha bisogno del “servizio” della storia e sotto tre rapporti la storia occorre all’uomo: 1) In quanto l’uomo ha aspirazioni; 2) In quanto l’uomo preserva e venera; 3) In quanto soffre e ha bisogno di liberazione. Si hanno cosi tre tipi di storia:

- la STORIA MONUMENTALE è il tipo di storia che fornisce all’uomo MODELLI PER L’AZIONE, l’uomo ne ha bisogno in quanto È ATTIVO ED HA ASPIRAZIONI. È propria di chi guarda al passato per cercarvi modelli e maestri che non si possono trovare nel presente, per cui abbiamo un uomo attivo, con delle aspirazioni, e che dunque non si rassegna a guardare il passato, ma pensa che se ciò sia stato possibile, lo sarà di nuovo. Il lato negativo di questo tipo di storia, è quello di tralasciare aspetti del passato poco

4

Page 5: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

piacevoli, a favore di quelli che lo sono, per cui il passato è danneggiato, come pure può portare al fanatismo o alla paralisi artistica, nel pensare che mai si potrà eguagliare questi modelli.

«In che giova dunque all’uomo d’oggi la considerazione monumentale del passato, l’occuparsi delle cose classiche e rare delle epoche precedenti? Egli ne deduce che la grandezza, la quale un giorno esistette, fu comunque una volta possibile, e perciò anche sarà possibile un’altra volta; egli percorre più coraggiosamente la sua strada, poiché ora il dubbio che lo assale nelle ore di debolezza, di volere forse l’impossibile, e spazzato via». Considerazioni inattuali II

- la STORIA ANTIQUARIA è il tipo di storia di cui l’uomo ha bisogno “IN QUANTO PRESERVA E VENERA”, ossia il tipo di storia che nasce dalla venerazione verso il passato di cui ci si riconosce eredi e da cui ci si sente giustificati. Spinge a guardare con affetto e venerazione al luogo e alle radici da cui si proviene, quindi ispira amore nei confronti del passato, che è preservato anche nei suoi minimi aspetti, anche qui, però, troviamo un pericolo, perché ci si potrebbe limitare solo alla tradizione cui si appartiene e rifiutare tutto ciò che è nuovo; ci si mummifica nel passato e l'azione dunque è penalizzata.

«Della storia, ha bisogno colui che guarda indietro con fedeltà e amore, verso il luogo onde proviene, dove è divenuto [...]. La felicità di non sapersi totalmente arbitrari e fortuiti, ma di crescere da un passato come eredi, fiori e frutti, e di venir in tal modo scusati, anzi giustificati nella propria esistenza – è questo ciò che oggi si designa di preferenza come il vero e proprio senso storico...». Ovviamente, per queste sue caratteristiche, la storia antiquaria contiene in sé un potenziale pericolo, in quanto «ostacola la forte risoluzione per il nuovo, quindi paralizza chi agisce...». Considerazioni inattuali II

- la STORIA CRITICA è il tipo di storia di cui ha bisogno l’uomo, «in quanto soffre e ha bisogno di liberazione», ossia il tipo di storia che nasce da un ATTO DI LIBERTÀ DI FRONTE AL PASSATO. È propria di chi soffre e ha bisogno di liberarsi del passato per vivere, per questo motivo lo condanna, ma il rischio qui, è questa disapprovazione non elimina il fatto che deriviamo dal passato, per cui è impossibile staccarsi del tutto da esso.

«Qui si fa chiaro come l’uomo abbia molto spesso necessariamente bisogno, accanto al modo monumentale e antiquario di considerare il passato, di un terzo modo, quello critico [...]. Egli deve avere, e di tempo in tempo impiegare, la forza di infrangere e di dissolvere un passato per poter vivere: egli ottiene ciò traendo quel passato innanzi a un tribunale, interrogandolo minuziosamente, e alla fine condannandolo... ». Considerazioni inattuali II

Riassumendo, ciascun tipo di storia è nel suo diritto se rimane nel suo terreno, altrimenti diventa dannosa per la vita: il conoscitore della grandezza del passato, privo della capacità di essere grande a sua volta; l'antiquario non ha amore per il presente e per il futuro e infine il critico, che soffre nel distruggere il passato.

IL PERIODO “ILLUMMINISTICO”

A. LA FILOSOFIA DEL MATTINOIl periodo “illuministico” inizia con Umano, troppo umano (1878-1880) e coincide con l'avvento della scrittura aforistica. La grande critica dei valori morali, religiosi e metafisici tradizionali avviene, proprio, con quest’opera, dove N. affida all'uomo il compito di dare significato alla propria esistenza, rinunciando a qualunque forma di oggettività (il mondo è caso originario, Dio è muerto, non ci sono fatti, ma solo interpretazioni, la verità è opinione, la scienza è convenzionale...)Il periodo “illuministico è caratterizzato dal ripudio di Schopenhauer e Wagner. N. rinnega la stima e l'amicizia personale con Wagner perché ritiene le tendenze artistiche del musicista “semplici riflessi della decadenza moderna”; a Schopenhauer contesta, invece, le formule metafisiche.

5

Page 6: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

(Secondo Schopenhauer il principio metafisico, la Volontà, è irrazionale e mira unicamente alla conservazione di sé, nella completa indifferenza per il destino dell’uomo. La realtà ci appare ordinata, provvista di senso, solo come rappresentazione, come nostro modo di vederla e di ricostruirla, mentre in sé, come noumeno, è irrazionale, priva di scopi e di senso. L’uomo crede di agire sulla base di motivi e di intenzioni, ma è in realtà uno strumento della Volontà ed è condannato per ciò stesso a essere infelice. La condizione umana, sia a livello individuale che sociale, è caratterizzata dall’infelicità, dalla lacerazione e dal conflitto, dalla mancanza di senso.)

N. abbandona la "metafisica da artista", per privilegiare la scienza. L'arte è considerata come il residuo di una cultura mitica e, redentore della cultura, non sarà più l'artista o il genio (Wagner), ma il filosofo educato dalla scienza. Egli sarà illuminista, nel senso che si troverà impegnato in un'opera di critica della cultura tramite la scienza quale metodo di pensiero, piuttosto che un insieme di tutte le scienze particolari. Un metodo critico di tipo storico e genealogico, perché non esistono realtà immutabili e statiche, ma ogni cosa è l'esito di un processo che va ricostruito. N. apprezza la scienza non in base ad un criterio di verità, ma piuttosto perchè capace di liberare l'uomo (La gaia scienza)

Contro la mentalità scientifica e contro il positivismo, N. afferma che la scienza non costituisce un sapere oggettivo privo di presupposti, in quanto sgorga anch’essa da determinati presupposti e atteggiamenti extra-scientifici (per es. dall’idea dell’assoluta utilità della conoscenza o dal vagheggiamento di un mondo di matematica perfezione e semplicità ben diverso da quello caotico e pluriforme dell’esperienza quotidiana). Inoltre, contro il culto positivistico del «fatto» – in virtù del quale la scienza stessa non risulta lontana dall’ideale ascetico del cristianesimo per la sua adorazione della verità oggettiva, per il suo stoicismo intellettuale che interdice il sì e il no di fronte alla realtà – N. sostiene che la realtà non è una serie di dati che ci vincolano necessariamente, ma un insieme di interpretazioni in cui ne va di noi stessi: «no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni», (Frammenti postumi ) «il fatto è sempre stupido e in tutti i tempi e apparso più simile a un vitello che a un Dio». (Considerazioni inattuali)

I concetti base di questo periodo sono lo SPIRITO LIBERO e la FILOSOFIA DEL MATTINO. Lo spirito libero si identifica con il viandante, cioè con colui che grazie alla scienza riesce ad emanciparsi dalle tenebre del passato, inaugurando una filosofia del mattino che si basa sulla concezione della vita come transitorietà e come libero esperimento senza certezze precostituite.L'affermazione della libertà e della spontaneità presuppone il superamento dei condizionamenti, delle regole, degli obblighi derivanti dalle credenze religiose o comunque dal riferimento ad entità metafisiche. Ma comporta anche una conseguenza che pochi hanno la forza sufficiente per affrontare: ASSUMERSI LA PIENA E DEFINITIVA RESPONSABILITÀ DI OGNI DECISIONE, DI OGNI AZIONE. Ogni comportamento è soggetto ad una decisione individuale in quanto non esistono più valori trascendenti sui quali appiattirsi in modo conformistico.

B. LA “MORTE DI DIO”, LA FINE DELLE ILLUSIONI METAFISICHE E L’AVVENTO DEL SUPERUOMOPer N. la più antica delle bugie vitali («la nostra più lunga menzogna») ovvero la menzogna che riassume tutte le altre menzogne è DIO. Dio rappresenta infatti la personificazione delle varie «certezze» metafisiche, morali e religiose elaborate dall’umanità per dare un senso «plausibile» ed un ordine «rassicurante» al caos della vita e del mondo. In un’ottica più specifica, Dio si configura come il simbolo di ogni prospettiva oltre-mondana ed anti-vitale, che ponga il senso dell’essere fuori e in alternativa all’essere: «Dio, la formula di ogni calunnia dell’ “aldiqua”, di ogni menzogna dell’ “aldilà”! In Dio è divinizzato il nulla, è consacrata la volontà del nulla!». Con l’espressione MORTE DI DIO, Nietzsche, coerentemente con la sua visione di Dio, allude al VENIR MENO DI TUTTE LE CERTEZZE ASSOLUTE che hanno sorretto gli uomini attraverso i millenni, come stabili punti di riferimento, capaci di «esorcizzare» lo sgomento provocato dal flusso irrazionale caotico delle cose. Tale

6

Page 7: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

vicenda viene presentata da N. come un evento in corso del quale l’uomo-folle (= il filosofo-profeta) scorge lucidamente l’accadere, ma di cui l’umanità non ha ancora preso coscienza. L’accettazione della morte di Dio rappresenta il presupposto necessario della transizione dall’uomo al superuomo.- Quando Nietzsche parla della morte di Dio allude certamente anche al Dio cristiano, ma non soltanto al

Dio cristiano: la sua formula ha una portata più generale; - l’ateismo di Nietzsche è radicale e rappresenta il presupposto a partire da cui prende senso e consistenza

tutto il suo discorso filosofico: «Nessun dubbio infatti sull’ateismo di Nietzsche, con Nietzsche non solo Dio, ma tutti gli dei sono morti». (M. Ruggenini).

IL PERIODO DI ZARATUSTRA: LA FILOSOFIA DEL MERIGGIO

Abbiamo già detto più volte che la critica di N. è radicale, egli chiude l’Ottocento criticando tutte le posizioni filosofiche del secolo: Hegel, Kierkegaard, il positivismo sociale di Spencer, Comte...Proposito di N. è criticare la filosofia stessa. A tal proposito l’interrogativo che si pone è: QUAL È STATA L’ESSENZA DELLA FILOSOFIA DELL’800 ? Uno dei problemi principali della filosofia è sempre stata la posizione assunta rispetto al DIVENIRE. Per N. la risposta al problema del divenire è sempre stata la RICERCA D’INVARIANZA, D’IMMUTABILITÀ, di qualcosa che possa sottrarsi al DIVENIRE. La ricerca di un punto fermo, di UNO STARE , di qualcosa che non tema la smentita del tempo: ▪ PLATONE: il piano dell’invarianza è rappresentato dal mondo delle IDEE (piano intelligibile);▪ HEGEL: l’invarianza è rappresentata dalla DIALETTICA, legge che governa tutte le cose e che in sé non cambia,

legge che spiega e al tempo stesso si sottrae al divenire, BASE necessaria a ricostruire il sapere;▪ SCHOPENHAUER: l’invarianza è la VOLONTÀ che segue la riflessione sull’interiorità; la volontà è essenza delle

cose, principio; la volontà è connatutrata all’essere e causa della sofferenza dell’essere;▪ COMTE e il positivismo: la ricerca di invarianza porta alla RAZIONALITÀ SCIENTIFICA la quale diventa

spiegazione di ogni evento (la metafisica criticata dal positivismo “esce dalla porta e rientra dalla finestra”).

N. usa l’espressione «Come il “mondo vero” divenne una favola» per alludere alla progressiva dissoluzione occidentale del platonismo, ovvero della credenza in un mondo metafisico, immutabile e perfetto, di cui quello reale sarebbe solo l’apparenza o la copia negativa. Egli mette in discussione la ricerca stessa di invarianza (porto sicuro rispetto al divenire che spesso appare minaccioso) e si domanda:

È NECESSARIO AVERE UN PORTO SICURO?

Sembra voler rovesciare lo “stile” filosofico: abbandonare la ricerca di un “porto sicuro” e tornare alla dimensione del divenire in modo tale da sottrarsi ad ogni sistemazione. Ciò determina un vero e proprio ROVESCIAMENTO del pensiero occidentale: da un lato la ricerca di permanenza, di un punto fermo come “rifugio” (Platone, Hegel, Cristianesimo...), dall’altro il rifiuto della permanenza e l’assunzione del divenire di Nietzsche.

La dimensione essenziale del divenire è, per N., l’ETERNO RITORNO, dottrina secondo cui TUTTE LE REALTÀ E GLI EVENTI DEL MONDO SONO DESTINATI A RITORNARE IDENTICAMENTE INFINITE VOLTE. Essa pone l’uomo nella condizione drammatica del divenire, infatti una cosa è la LETTURA LINEARE del tempo, un’altra è leggere la storia con la “LENTE DELL’ETERNO RITORNO”: ciò che ci siamo lasciati alle spalle è in realtà destinato a RIPETERSI ALL’INFINITO. L’eterno ritorno nega il procedere del TEMPO in modo lineare verso un fine, per affermarne invece la PIENEZZA DI OGNI SUO ATTIMO, che è in sé carico di senso: questa idea porta l’uomo a dire di sì alla vita così com’è, in eterna ripetizione. Decidere di vivere come se ci fosse l'eterno ritorno, vuol dire desiderare con ardore di rivivere ogni singolo istante della vita per l'eternità (“amor fati”): al "no" alla vita di Schopenhauer si sostituisse un "sì" eterno ad essa: «la mia formula per la grandezza dell'uomo é amor fati: che cioè non si vuole nulla diverso da quello che é, non nel futuro, non nel passato, non per tutta l'eternità» (Ecce Homo).

7

Page 8: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

Che cosa sia veramente l’eterno ritorno (una realtà cosmologica, un imperativo etico ecc.) e quali siano i suoi rapporti con l’iniziativa umana, costituisce una delle questioni più complesse della critica nietzschiana. Ciò non toglie che la funzione di questa dottrina, all’interno dell’economia complessiva del pensiero di N., risulti sufficientemente chiara. Credere nell’eterno ritorno significa infatti ritenere: 1) che il senso dell’essere non stia fuori dall’essere, ma nell’essere stesso; 2) disporsi a vivere la vita, e ogni attimo in essa, come coincidenza di essere e senso, ossia come un gioco creativo avente in se medesimo il proprio senso appagante. Proprio per questi motivi, l’eterno ritorno, in quanto APOTEOSI ESTREMA DEL DIVENIRE, divenire dal CARATTERE DRAMMATICO, TERRIBILE determina la necessità di una VOLONTA’ NUOVA in grado di governare il divenire stesso. Vivere nel divenire richiede, infatti, una VOLONTÀ STRAORDINARIA, la VOLONTÀ DI POTENZA dell’OLTREUOMO-SUPERUOMO. L’eterno ritorno incarna al massimo grado l’accettazione superomistica dell’essere, ponendosi come «la suprema formula dell’affermazione che possa mai essere raggiunta». (“Così parlò Zarathustra”)La fase precedente al nichilismo, quella cioè dei valori morali e di Dio, simboleggia l'eternità, la fase del nichilismo passivo, privo di valori assoluti, è il tempo lineare che tutto travolge e nulla ha senso, infine, l'ultima fase, quella del nichilismo attivo, è il divenire continuo che assume valore assoluto e tutto ciò è quanto accade nella dottrina dell'eterno ritorno, la quale fa assumere dignità di assoluto al divenire, tutto fluisce, ma in modo circolare. (ved. Lettura critica: Il morso del pastore – Così parlò Zarathustra – )

La volontà di potenza va intesa come VOLONTA’ DI ASSUNZIONE DEL DIVENIRE, solo grazie ad essa l’oltreuomo ASSUME il DIVENIRE in maniera ASSOLUTA ed è in grado di governarlo per non esserne sopraffatto.- LA VOLONTÀ DI POTENZA RAPPRESENTA L’IMPULSO FONDAMENTALE, PRIVO DI RAZIONALITÀ E DI UNIVOCITÀ DI SENSO, CHE MUOVE LA VITA E COINCIDE CON ESSA;- È VOLONTÀ CHE VUOLE SÉ STESSA, - VOLONTÀ DELL’INDIVIDUO CHE SI VUOLE AFFERMARE QUALE VOLONTÀ.

La volontà di potenza si identifica sostanzialmente con il MODO D’ESSERE DEL SUPERUOMO, CONCEPITO COME LIBERTÀ CREATRICE, che ergendosi al di sopra del caos della vita, impone ad essa i propri significati e le proprie interpretazioni. In altri termini, la VOLONTÀ DI POTENZA È LA DIMENSIONE STESSA DELL’OLTREUOMO, che può accettare l’essere (“amor fati”) solo a patto di ri-creare l’essere a propria misura.

In quanto forza ermeneutica o interpretativa, volontà coincide anche con il continuo superamento che la vita fa di se stessa, nello sforzo di reinventare incessantemente se medesima e il proprio rapporto con il mondo: «È la vita stessa mi ha confidato questo segreto. Vedi, – disse – io sono il continuo, necessario superamento di me stessa», «mille sentieri sono non ancora percorsi; mille salvezze e isole della vita. Inesaurito e non scoperto è ancora sempre l’uomo e la terra dell’uomo...». (“Così parlò Zarathustra”)

Ma chi è l’Oltreuomo? In linea generale, quello di Oltreuomo è un concetto filosofico di cui si serve N. per esprimere il PROGETTO DI UN NUOVO ESSERE qualificato da una serie di caratteristiche che emergono oggettivamente dall’insieme della sua opera. L’Oltreuomo è colui che:- SA ACCETTARE LA VITA, - RIFIUTARE LA MORALE TRADIZIONALE, - OPERARE LA TRASVALUTAZIONE DEI VALORI, - “REGGERE” LA MORTE DI DIO, - SUPERARE IL NICHILISMO, - COLLOCARSI NELLA PROSPETTIVA DELL’ETERNO RITORNO,- PORSI COME VOLONTÀ DI POTENZA . Come tale, il superuomo non può che concretizzarsi nel futuro. Tant’è che il prefisso uber-mensch può essere tradotto con oltre-uomo, proprio per evidenziare meglio la diversità fra il superuomo del futuro e l’uomo del presente. Sufficientemente chiaro come concetto generale, il Oltreuomo appare piuttosto sfuggente come

8

Page 9: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

figura concreta. Da ciò la molteplicità delle interpretazioni circa l’individuazione del soggetto reale che dovrebbe incarnarne le prerogative teoriche e il fallimento di ogni tentativo di «catturare» politicamente il messaggio di N., che è – e rimane – di ordine prevalentemente filosofico (e non politico!), ossia incentrato su tematiche generali quali l’accettazione della vita, la critica della morale, la morte di Dio, il nichilismo ecc. (ved. Lettura critica: La fedeltà alla terra – Così parlò Zarathustra – )

LA FILOSOFIA DEL TRAMONTO: IL NICHILISMO e LA TRASVALUTAZIONE DEI VALORI

IL NICHILISMO

La posizione di N è quella di un MONDO-ATEO (senza-Dio) infatti o il mondo è caos e Dio non esiste e l’Oltreuomo ha senso; o Dio esiste e il mondo non è più caos dionisiaco e l’Oltreuomo cessa di avere senso.

Il problema del nichilismo e del suo superamentoConnesso al tema della morte di Dio e della fine della metafisica è il nichilismo. Per N. esso ha due significati:

1) atteggiamento di fuga, di disgusto nei confronti del mondo che egli vede incarnato nel platonismo e nel cristianesimo.

2) Situazione specifica dell’uomo moderno che non credendo più in un senso metafisico delle cose e nei “valori supremi”, fuoriesce per avvertire il “NULLA”, il “VUOTO”

Alla domanda “che cos’è il nichilismo” N. risponde “manca il fine, manca la risposta di perché?” Perché l’uomo sostiene che non c’è un fine e che tutto è niente?Così si collega al fatto che l’uomo prima aveva una religione e una metafisica e si immaginava dei fini assoluti: (cristianesimo-platonismo) trascendenti, ora tali fini non esistono perché l’uno non è più vero, buono, allora è piombato nell’angoscia nichilistica (stato psicologico che subentra quando cerchiamo un senso del mondo che non esiste e per cui manca il coraggio di ricercarlo). In altri termini, l’uomo avrebbe dapprima creduto in un mondo governato da categorie quali l’unità, la verità, il bene, il fine, l’essere ecc. In seguito, essendosi reso conto che tali categorie sono fittizie, in quanto il mondo non rispecchia affatto i nostri desideri logici e morali, sarebbe piombato nella disperazione nichilista: «II nichilismo come stato psicologico subentra di necessità, in primo luogo, quando abbiamo cercato in tutto l’accadere un “senso” che in esso non c’è», «Insomma: le categorie ”fine”, ”unità”, ”essere”, con cui avevamo introdotto un valore nel mondo, ne vengono da noi nuovamente estratte – e ora il mondo appare privo di valore», «Risultato: il credere nelle categorie è la causa del nichilismo – abbiamo misurato il valore del mondo in base a categorie che si riferiscono a un mondo puramente fittizio».L’uomo più è illuso, più rimane deluso (il cristiano che ha creduto in Dio non può che soffrire di fronte al senso del vuoto).Mancano le strutture metafisiche, razionali e provvidenziali.L’equivoco di molti risiede, allora, nell’affermare che il nichilismo consiste nel dire che il mondo, non avendo quei significati forti che i metafisici gli attribuivano, non abbia più significato.In realtà i significati esistono come PRODOTTI della VOLONTA’ di POTENZA che affrontando il caos dell’essere impone i PROPRI SIGNIFICATI.Il nichilismo non è lo stadio finale, bensì intermedio: un NO che prepara al SÌ dell’esercizio della volontà di potenza (ovvero fornisce i significati del mondo).Il termine nichilismo individua: un atteggiamento o una dottrina volti a negare in modo radicale un sistema di valori.In N. il termine è usato per designare la crisi che ha investito la civiltà occidentale. → NICHILISMO = FINE DEI VALORINichilismo vuol dire svalutazione universale dei valori, la quale fa sprofondare l’umanità nell’angoscia perché l’unica certezza è che nulla ha più senso → NICHILISMO = VOLONTÀ DEL NULLA, ovvero ogni atteggiamento di fuga e di disgusto nei confronti del mondo reale.Per il filosofo il nichilismo è la malattia di cui è affetto il mondo moderno: l’uomo moderno, non credendo più in un “senso” o “scopo” metafisico delle cose e nei “valori” supremi, finisce per avvertire, di fronte all’essere,

9

Page 10: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

lo sgomento del “vuoto” e del “nulla”: «Nichilismo: manca il fine; manca la risposta al “perché?”; che cosa significa nichilismo? che i valori supremi si svalorizzano». Tale nichilismo provoca il disgregarsi della personalità, debilita la volontà.Fondamento ontologico del nichilismo è la morte di Dio, la quale rivela che il nulla domina il mondo.L’angoscia moderna è, dunque , l’angoscia di fronte ad una vita privata dei suoi fini.N riscontra due tipi di nichilismo:- un NICHILISMO PASSIVO: si manifesta all’inizio come pessimismo, come presa d’atto della decadenza dei valori, e si manifesta con la rinuncia, la fuga, con la sostituzione di Dio con idoli falsi e illusori. Questo nichilismo è solo un momento di transizione. Egli auspica una trasvalutazione dei valori in grado di mettere al posto dell’umanità decadente l’Oltreuomo.- Successivamente N. trova anche un NICHILISMO ATTIVO: questo si esprime come speranza di superamento della decadenza. Il superuomo (spirito libero, artefice del proprio destino) si fa promotore in prima persona di nuovi valori. Smascherando i valori della tradizione, il nichilismo attivo annuncia l’avvento di nuovi valori.

LA FILOSOFIA DEL MARTELLO

La filosofia del martello è un violentissimo atto d’accusa contro morale e cristianesimo: le peggiori menzogne dell’occidente. N. Ritiene che occorre distruggere ciò che resta della civiltà occidentale e porre le fondamenta di una nuova umanità.La MORTE DI DIO porta con sé la fine delle leggi morali, ma esse sembrano sopravvivere anche in un mondo ateo. È necessaria allora la liberazione dalla schiavitù della morale, per far ciò bisogna partire dalla genesi della morale stessa (analisi del processo attraverso cui è sorta) e attraverso questo “viaggio” analizzare i due tipi fondametali di etica individuati da N: l’ ETICA DEI PADRONI (SIGNORI) e l’ ETICA DEGLI SCHIAVI

Per GENEALOGIA DELLA MORALE N. intende uno specifico modo di accostarsi ai problemi morali che consiste nel mostrare il carattere storico dei valori etici e le motivazioni umane («troppo umane ») che ne stanno alla base. «Tutto ciò di cui abbiamo bisogno e che allo stato presente delle singole scienze può esserci veramente dato, è una “chimica” delle idee e dei sentimenti morali, religiosi ed estetici, come pure di tutte quelle emozioni che sperimentiamo in noi stessi nel grande e piccolo commercio della cultura e della società, e persino nella solitudine: ma che avverrebbe, se questa chimica concludesse col risultato che anche in questo campo i colori più magnifici si ottengono dai materiali bassi e persino spregiati?». (Umano, troppo umano)Più che distruggere la morale, come più volte gli è stato rinfacciato, N la "decostruisce", come ha acutamente messo in evidenza Vattimo, ovvero la costruisce al contrario: come la chimica "smonta" le sostanze complesse per ravvisare i singoli elementi che le costituiscono, così egli si propone di agire nei confronti della morale. In altri termini, la morale ha tradizionalmente poggiato su realtà sovrasensibili (il mondo delle idee di Platone ne è la più fulgida espressione), quasi come se nella storia i valori umani fossero stati tramutati in divini; questo atteggiamento paradossale, nato con Socrate e proseguito con Platone, ha accompagnato la civiltà occidentale per tutto il suo sviluppo, senza mai venir meno. Ciò che intende mettere in luce N. in “Umano, troppo umano” è come quei valori, quasi trasformati in sostanze divine, in realtà sono umani, fin troppo umani: " dove voi vedete le cose ideali, io vedo cose umane, ahi troppo umane ". Ma più che venir rifiutati, questi valori "ideali" sono smontati, ossia messi in luce nella loro vera origine e quindi nella loro vera natura, attraverso un'operazione filosofica accostabile a quella di un martello che saggia ogni cosa. Dimostrando che la morale non ha un'origine sovrasensibile e divina, ma anzi, fin troppo terrena, N intende dire, ad esempio, che le regole morali che serpeggiano nella nostra civiltà sono regole di convivenza civile per regolare il comportamento degli individui, e non leggi enigmaticamente emanate da dio. Perfino la democrazia e il socialismo sono il frutto di quest'atteggiamento di divinizzazione della morale.

1

Page 11: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

Ma perché nasce la morale? L'uomo, osserva N, ha per natura il bisogno di dominare la realtà che lo circonda e tale esigenza si estrinseca in primo luogo come dominio intellettuale (la paura del buio, ad esempio, nasce dal fatto che non riusciamo a dominare concettualmente l'ambiente in cui ci si trova) e, per fare ciò, l'uomo sente la necessità impellente di imporsi delle regole comportamentali e conoscitive che lo difendano dalla realtà caotica e irrazionale in cui è immerso, proprio come, al tempo dei Greci, lo spirito apollineo era nato da quello dionisiaco. Con queste riflessioni N demitizza la morale e da ciò deriva l’atteggiamento di nichilismo, ovvero della filosofia del nulla che prorompe dal venir meno dei punti di riferimento della morale, che abbiamo descritto.Il mondo sensibile resta l'unico e assume un valore assoluto, mai conosciuto in precedenza, poichè tutto il valore riconosciuto un tempo al mondo sovrasensibile si riversa ora su quello terreno. Il nuovo ateo, cioè, non rimpiange più il mondo dei valori, ma dice: "dio non c'è? Benissimo, allora dio sono io", o, per usare le parole impiegate da N in Così parlò Zarathustra: " se esistessero gli dèi, come potrei sopportare di non essere dio! [...] adesso é un dio a danzare, se io danzo ". E una volta che la scienza "gaia" (perché liberatrice) perviene alla conoscenza e alla decostruzione della morale, la depotenzia fino a liberare l'uomo dalle tradizionali catene dei valori morali imposti dall'esterno. È questa la "TRASVALUTAZIONE DEI VALORI", cioè stravolgimento dei valori tradizionali di cui parla N. Non si tratterà, allora, di eliminare il bene e il male, ma di trasmutarne il significato e questo atteggiamento volto a cambiare, non a distruggere, emerge bene nell’opera Al di là del bene e del male, da cui si evince facilmente come l'uomo, smontata la morale, sia tenuto a collocarsi al di là di quelli che la tradizione ha additato come "bene" e "male", liberandosi in tal modo dei valori "divini" imposti dall'esterno e dannosi per la vita: questi vengono sostituiti da nuovi valori che l'uomo stesso si dà, trasformandosi così in un "creatore di valori". Non si subiscono più in modo passivo i valori "divini", ma si vivono in modo gioioso e gaio quelli nuovi, terreni a tutti gli effetti.

In Al di là del bene e del male compare il motivo della distinzione tra la MORALE DEI SIGNORI e LA MORALE DEGLI SCHIAVI. La prima è il prodotto di una classe di dominatori, di una specie aristocratica che sente sé stessa dominatrice dei valori e che definisce “buono” ciò che è aristocratico: la forza, amare gratuitamente per “sovrabbondanza” e “cattivo” ciò che è spregevole, vile, compiuto per il proprio interesse o con ambigui doppi fini. La seconda, invece, nasce con il Cristianesimo, per RISENTIMENTO verso l’etica dei padroni; è l’etica di una classe di vinti e di deboli che guardano alla natura umana con sospetto e pessimismo; per essi il bene è l’innocenza innocua e stolta, il male una forza potente e terribile.Tra le due è prevalsa l’etica degli schiavi: la storia dell’umanità è, infatti, storia di decadenza; al dir di sì alla vita (Dionisiaco appassionato e dominatore), si è sostituito il dir di no. I deboli, che non sanno vivere, hanno fatto divenire valore la negazione della vita (sublime vendetta dei deboli e dei poveri contro i forti e i ricchi).La scala dei valori degli schiavi ROVESCIA i genuini e originali valori della vita: sofferenza anziché gioia, povertà anziché ricchezza, ecc.Occorre un completo ri-rovesciamento di valori: una visione aristocratica della vita, l’esaltazione della terra e del corpo devono sostituire la morale del risentimento dello schiavo. La nuova morale, quella dei “signori”, è la morale di chi vuole la vita e la vive nella sua pienezza.Non serve, quindi, una nuova morale imposta dall’esterno in maniera obbligante, ma NUOVA TAVOLA DI VALORI (che Zaratustra predicò) che sia al di là del bene e del male. È l’uomo a determinare il valore dell’azione: un’azione, di per sé, non è né buona né cattiva. Chi crea il valore è il superuomo, uomo nobile che accetta sé stesso dicendo “sì” alla vita, come AUTOREALIZZAZIONE. Per essere fedeli alla terra non ci si può abbandonare all’ISTINTO, bisogna padroneggiarlo per dominare il mondo che ci circonda, per poterlo “fare” più che “nominare”. N. ritiene che chi cerca di essere con coraggio se stesso, di vivere autenticamente la propria vita, chi è sanamente egoista (il signore), di fatto, si accorgerà di aver imparato ad amare e si troverà, magari suo malgrado, a diffondere amore tutto intorno a sé. Lo schiavo, al contrario, è colui che reprime se stesso e il cui

1

Page 12: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

altruismo non è gratuito, ma frutto del RISENTIMENTO e dell’INVIDIA. Lo schiavo è colui che capovolge i valori. N. ritiene che i sacerdoti siano i primi responsabili del capovolgimento dei valori: essi sono i più astuti. Il sacerdote è colui che reagisce di fronte ai nobili ma, non potendo farlo in modo diretto e frontale (perderebbe e sarebbe annientato), lo fa indirettamente, trasmutando, appunto nel risentimento, i valori. Nel “Crepuscolo degli idoli” e nell’ “Anticristo”, N. si scaglia contro il cristianesimo inteso come la più raffinata tecnica di annientamento della vita che la civiltà occidentale abbia mai prodotto. Esso si basa sulla repressione degli istinti e sul senso di colpa tramite l’angoscia del peccato.

PER CONCLUDERE: ▪ N., un tempo considerato come “FILOSOFO e PROFETA del NAZISMO” oggi è considerato “FILOSOFO della

LIBERAZIONE” ed è uno dei più letti, studiati, trattati del mondo. Egli avrebbe rifiutato l'identificazione nazista di Stato e popolo, né gli interessava il potere dei grandi capitalisti, e rifiutava l'antisemitismo della borghesia tedesca. Disprezzava il cristianesimo (religioni da schiavi, forma isterica dell'onestà), la democrazia (preferisce l'aristocrazia) e il socialismo (ne condivide l'appello alla potenza, ma per lui gli operai sono strati inferiori del popolo, che non devono essere educati alla vendetta dovuta a risentimento; inoltre se gli operai diventassero padroni, non ci sarebbe più nessuno disposto a lavorare con sacrificio). Non credeva nei diritti dell'uomo (tanto meno in quelli della... donna). Non a caso il nazismo si è richiamato ai suoi insegnamenti.

▪ N. prende le distanze dalla tradizione anche per il modo di scrivere: al periodare ampio e architettonicamente strutturato, egli preferisce l' AFORISMA , caratterizzato dalla forma concisa, essenziale e folgorante di punti cruciali, attraverso stringate argomentazioni e rapide illuminazioni; inoltre l'aforisma, tipico delle filosofie non-sistematiche, ben risponde all'esigenza della filosofia nietzscheana di OPERARE COME UN MARTELLO che distrugge le verità e che saggia le campane per vedere se suonano bene, o se debbano essere abbattute (la metafora allude agli aspetti della civiltà occidentale). Egli si avvale di questo stile narrativo in quasi tutte le sue opere, fatta eccezione per La nascita della tragedia e per le Considerazioni inattuali , dove invece prevale la forma accademica del saggio, e per il suo Così parlò Zarathustra

▪ "Un filosofo: un filosofo è un uomo che costantemente vive, vede, sente, intuisce, spera, sogna cose straordinarie; che viene colpito dai suoi propri pensieri come se venissero dall'esterno, da sopra e da sotto, come dalla sua specie di avvenimenti e di fulmini; che forse è lui stesso un temporale gravido di nuovi fulmini; un uomo fatale, intorno al quale sempre rimbomba e rumoreggia e si spalancano abissi e aleggia un'aria sinistra. Un filosofo: ahimè, un essere che spesso fugge da se stesso, ha paura di se stesso - ma che è troppo curioso per non 'tornare a se stesso' ogni volta" (Al di là del bene e del male, § 292).

L'ETERNO RITORNO E LA NASCITA DEL SUPERUOMO

a. Salivo, salivo, sognavo, - pensavo: ma tutto mi opprimeva. Ero come un malato: stremato dal suo tormento atroce, sta per dormire, ma un sogno, più atroce ancora, lo ridesta. Ma c'è qualcosa che io chiamo coraggio: questo finora ha sempre ammazzato per me ogni scoramento. Questo coraggio mi impose alfine di fermarmi e dire: "Nano! O tu! O io!". [...]

Coraggio è la mazza più micidiale: il coraggio ammazza anche la compassione. Ma la compassione è l'abisso più fondo: quanto l'uomo affonda la sua vista nella vita, altrettanto l'affonda nel dolore.

1

Page 13: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

Coraggio è però la mazza più micidiale, coraggio che assalti: esso ammazza anche la morte, perché dice: "Questo fu la vita? Orsù! Da capo!" Ma in queste parole sono molte squillanti fanfare. Chi ha orecchi, intenda.

b. "Alt, nano! dissi. O io! O tu! Ma di noi due il più forte son io: tu non conosci il mio pensiero abissale! Questo - tu non potresti sopportarlo!". Qui avvenne qualcosa che mi rese più leggero: il nano infatti mi saltò giù dalle spalle, incuriosito! Si accoccolò davanti a me, su di un sasso. Ma, proprio dove ci eravamo fermati, era una porta carraia. "Guarda questa porta carraia! Nano! continuai: essa ha due volti. Due sentieri convengono qui: nessuno li ha mai percorsi fino alla fine. Questa lunga via fino alla porta e all'indietro: dura un'eternità. E quella lunga via fuori della porta e in avanti - è un'altra eternità. Si contraddicono a vicenda, questi sentieri; sbattono la testa l'un contro l'altro: e qui, a questa porta carraia, essi convengono. In alto sta scritto il nome della porta: "attimo". Ma, chi ne percorresse uno dei due sempre più avanti e sempre più lontano: credi tu, nano, che questi sentieri si contraddicano in eterno?".

"Tutte le cose diritte mentono, borbottò sprezzante il nano. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo".

"Tu, spirito di gravità! dissi io incollerito, non prendere la cosa troppo alla leggera! O ti lascio accovacciato dove ti trovi, sciancato - e sono io che ti ho portato in alto! Guarda, continuai, questo attimo! Da questo porta carraia che si chiama attimo, comincia all'indietro una via lunga, eterna: dietro di noi è un'eternità. Ognuna delle cose che possono camminare, non dovrà forse avere già percorso una volta questa via? Non dovrà ognuna delle cose che possono accadere, già essere accaduta, fatta, trascorsa una volta? E se tutto è già esistito: che pensi, o nano, di questo attimo? Non deve anche questa porta carraia esserci già stata? E tutte le cose non sono forse annodate saldamente l'una all'altra in modo tale che questo attimo trae dietro di sé tutte le cose avvenire? Dunque - anche se stesso? Infatti, ognuna delle cose che possono camminare: anche in questa lunga via al di fuori - deve camminare ancora una volta! E questo ragno che indugia strisciando al chiaro di luna, e persino questo chiaro di luna e io e tu bisbiglianti a questa porta, di cose eterne bisbiglianti - non dobbiamo tutti esserci stati un'altra volta? e ritornare a camminare in quell'altra via al di fuori, davanti a noi, in questa lunga orrida via - non dobbiamo ritornare in eterno?".

c. Così parlavo, sempre più flebile: perché avevo paura dei miei stessi pensieri e dei miei pensieri reconditi. E improvvisamente, ecco, udii un cane ululare. Non avevo già udito una volta un cane ululare così? Il mio pensiero corse all'indietro. Sì! Quand'ero bambino, in infanzia remota: allora udii un cane ululare così. [...] E ora, sentendo di nuovo ululare a quel modo, fui ancora una volta preso da pietà.

Ma dov'era il nano? E la porta? E il ragno? E tutto quel bisbigliare? Stavo sognando? Mi ero svegliato? D'un tratto mi trovai in mezzo a orridi macigni, solo, desolato, al più desolato dei chiari di luna. Ma qui giaceva un uomo! E - proprio qui! - il cane, che saltava, col pelo irto, guaiolante, - adesso mi vide accorrere - e allora ululò di nuovo, urlò: - avevo mai sentito prima un cane urlare aiuto a quel modo?

E, davvero, ciò che vidi, non l'avevo mai visto. Vidi un giovane pastore rotolarsi, soffocato, convulso, stravolto in viso, cui un greve serpente nero penzolava dalla bocca. Avevo mai visto tanto schifo e livido raccapriccio dipinto su di un volto? Forse, mentre dormiva, il serpente gli era strisciato dentro le fauci e lì si era abbarbicato mordendo. La mia mano tirò con forza il serpente, tirava e tirava invano! non riusciva a strappare il serpente dalle fauci. Allora un grido mi sfuggì dalla bocca: "Mordi! Mordi! Staccagli il capo! Mordi!", così gridò da dentro di me: il mio orrore, il mio odio, il mio schifo, la mia pietà, tutto quanto in me buono o cattivo gridava da dentro di me, fuso in un sol grido.

Voi, uomini arditi che mi circondate! Voi, dediti alla ricerca e al tentativo, e chiunque tra di voi si sia mai imbarcato con vele ingegnose per mari inesplorati! Voi che amate gli enigmi! Sciogliete dunque l'enigma che io allora contemplai, interpretatemi la visione del più solitario tra gli uomini! Giacché era una visione e una previsione: - che cosa vidi allora per similitudine? E chi è colui che un giorno non potrà non venire? Chi è il pastore, cui il serpente strisciò in tal modo entro le fauci? Chi è l'uomo, cui le più grevi e le più nere tra le cose strisceranno nelle fauci?

- Il pastore, poi, morse così come gli consigliava il mio grido; e morse bene! Lontano da sé sputò la testa del serpente: e balzò in piedi. Non più pastore, non più uomo, un trasformato, un circonfuso di luce, che rideva! Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise! Oh, fratelli, udii un riso che non era di uomo, e ora mi consuma una sete, un

1

Page 14: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

desiderio nostalgico, che mai si placa. La nostalgia di questo riso mi consuma: come sopporto di vivere ancora! Come sopporterei di morire ora! -

ANALISI DEL TESTO

a. La prima scena rappresenta l'oppressione e la rassegnazione. Zarathustra sale faticosamente verso una meta - la cima della montagna -sopportando il peso del nano deforme - i valori della morale che rendono la vita un insieme di costrizioni e di doveri. La metafora del nano è spiegata in un successivo capitolo dello Zarathustra, intitolato Dello spirito di gravità. Il nano è colui "che scava come una talpa" e dice: "buono per tutti, cattivo per tutti", rappresenta cioè i valori "universali". Essi, però, impediscono di dare significato alla propria vita. Si è liberato dal nano, aggiunge Nietzsche, "colui che dice: questo è il mio bene e male". Il coraggio è quello di considerare se la propria vita, sottratta ai valori esterni, ha di per sé valore, e, dato che la risposta è ovviamente negativa, di iniziare a vivere in altro modo, nella prospettiva dell'eterno ritorno.

b. Liberatosi dal nano, cioè dai significati trascendenti della vita, Nietzsche illustra la teoria dell'eterno ritorno come fondamento di un senso diverso e nuovo dell'esistenza. Non si tratta di una teoria in senso stretto, poiché non è dimostrata e neppure argomentata. Per questo, Heidegger la definisce una "dottrina", sottolineando comunque che essa è così centrale nel pensiero di Nietzsche, che lo Zarathustra può essere definito come "la seconda comunicazione della dottrina dell'eterno ritorno". Lo stesso Nietzsche, d'altra parte, in Ecce homo, definisce il pensiero dell'eterno ritorno come la concezione fondamentale dell'opera.

Il nano propone una prima formulazione dell'eterno ritorno, quella tradizionale che si richiama allo stoicismo. Zarathustra replica irato, non perché il nano sbagli, ma per la sua superficialità. Egli, infatti, presenta l'eterno ritorno come una teoria conoscitiva, senza capirne le profonde implicazioni sul piano esistenziale. Se la si accetta, secondo Nietzsche, essa sconvolge il nostro modo di vedere e di essere, come viene esemplificato drammaticamente dalla metafora del pastore e del serpente.

Nella Gaia scienza la dottrina dell'eterno ritorno era stata presentata nel suo significato morale, come esigenza di dare un senso eterno ad ogni momento della vita. Ma questo non è possibile in una concezione lineare del tempo, in cui ogni momento non ha in sé il proprio significato perché lo deriva dal precedente, che comprende in sé. Il nucleo centrale del discorso di Zarathustra non è, infatti, l'analisi o la giustificazione dell'eterno ritorno, ma la conseguenza che questa concezione ha sull'attimo presente ("E se tutto è già esistito: che pensi, o nano, di questo attimo?"). L'attimo non è un momento di una sequenza, ma è il convergere di due sentieri infiniti, il punto di incontro del passato e del futuro. Ogni attimo ha in sé un significato eterno.

La concezione lineare del tempo si è imposta con il cristianesimo, che ha scalzato la precedente concezione greca, circolare, alla quale Nietzsche si richiama. Per il cristianesimo il presente deve essere vissuto in funzione della salvezza o della dannazione. Anche nell'interpretazione del nano il tempo è una successione, benché poi si ripieghi su se stessa dando luogo a un circolo, che nel suo insieme è l'eternità. Per Nietzsche, al contrario, ogni istante è l'eternità ed è, in quanto tale, salvezza o dannazione eterne. Deve perciò essere vissuto di per sé, proprio perché tornerà in eterno.

Si noti che nell'interpretazione di Nietzsche, all'eterno ritorno non è connesso nessun fatalismo: gli attimi della vita presente non sono quelli già vissuti che tornano, ma quelli che diverranno eterni. L'eterno ritorno non deve essere interpretato, nel significato stoico, come destino (tutto è già avvenuto e si ripeterà nello stesso modo), ma come creazione (ciò che adesso io faccio tornerà in eterno). In questo senso, nonostante le giustificazioni filosofiche o anche scientifiche che Nietzsche tenta di dare a questa teoria, essa rimane una dottrina, enunciata e non dimostrata, con una finalità e un significato esistenziali e non ontologici.

c. La scena cambia radicalmente, diventa cupa, oppressiva. Il pensiero dell'eterno ritorno porta con sé, per l'uomo non ancora trasformato, prospettive angoscianti. La metafora del serpente che ha conficcato i denti nella gola del pastore viene chiarita da Nietzsche in un successivo capitolo dello Zarathustra, Il convalescente. "Il grande disgusto per l'uomo - ciò mi soffocava e mi era strisciato dentro le fauci". Il disgusto, spiega subito dopo, è per "l'uomo piccolo", che fa piccole

1

Page 15: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

cose sia nel male che nel bene, per il quale tutti gli attimi della vita sono allo stesso livello, sostanzialmente indifferenti. Se tutto è destinato a tornare, anche l'uomo piccolo tornerà in eterno.

Ogni uomo è piccolo prima di aver compreso l'eterno ritorno, lo stesso pastore della metafora, cioè Zarathustra: il pensiero dell'eterno ritorno rende terribili gli "attimi piccoli" che hanno costituito la vita e impone una trasformazione. Infatti, finché si è convinti che l'importante sia il significato complessivo della vita, o il fatto che preluda alla salvezza eterna, i singoli istanti sono irrilevanti. Ma se si accetta l'eternità di ogni attimo, quelli considerati insignificanti diventano terribili, perché torneranno in eterno nella loro mediocrità.

Il serpente che si insinua nelle fauci è appunto il pensiero della vita vissuta come un insieme di attimi insignificanti, nell'attesa che la loro somma produca qualcosa di sensato, o, come sostiene il cristianesimo, che la miseria della vita terrena prepari un'esistenza autentica dopo la morte.

Il morso dato al serpente è il rifiuto di questa dinamica, il suo rovesciamento. Ogni istante ha valore in quanto tale e ad ogni momento della propria vita occorre dare un senso. Accettare ciò implica una metamorfosi, vuol dire andare oltre l'uomo. Dopo essersi liberato dal serpente, il pastore è un uomo nuovo, anzi, un superuomo; egli ride, accetta ogni momento della vita per se stesso, senza derivarne il senso dal passato o dal futuro.

IL SUPERUOMO E LA FEDELTÀ ALLA TERRA

a. Giunto nella città vicina, sita presso le foreste, Zarathustra vi trovò radunata sul mercato una gran massa di popolo: era stata promessa infatti l'esibizione di un funambolo. E Zarathustra parlò così alla folla:

Io vi insegno il superuomo. L'uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per superarlo? Tutti gli esseri hanno creato qualcosa al di sopra di sé: e voi volete essere il riflusso in questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che superare l'uomo? Che cos'è per l'uomo la scimmia? Un ghigno o una vergogna dolorosa. E questo appunto ha da essere l'uomo per il superuomo: un ghigno o una dolorosa vergogna. Avete percorso il cammino dal verme all'uomo, e molto in voi ha ancora del verme. In passato foste scimmie, e ancor oggi l'uomo è più scimmia di qualsiasi scimmia. E il più saggio tra voi non è altro che un'ibrida disarmonia di pianta e spettro. Voglio forse che diventiate uno spettro o una pianta? Ecco, io vi insegno il superuomo! Il superuomo è il senso della terra. Dica la vostra volontà: sia il superuomo il senso della terra!

b. Vi scongiuro, fratelli rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di sovraterrene speranze! Lo sappiano o no: costoro esercitano il veneficio. Dispregiatori della vita essi sono, moribondi e avvelenati essi stessi, hanno stancato la terra: possano scomparire! Un tempo il sacrilegio contro Dio era il massimo sacrilegio, ma Dio è morto, e così sono morti anche tutti questi sacrileghi. Commettere il sacrilegio contro la terra, questa è oggi la cosa più orribile, e apprezzare le viscere dell'imperscrutabile più del senso della terra! In passato l'anima guardava al corpo con disprezzo: e questo disprezzo era allora la cosa più alta: essa voleva il corpo macilento, orrido, affamato. Pensava in tal modo, di poter sfuggire al corpo e alla terra.

Ma questa anima era anch'essa macilenta, orrida e affamata: e crudeltà era la voluttà di questa anima! Ma anche voi, fratelli, ditemi: che cosa manifesta il vostro corpo dell'anima vostra? Non è forse la vostra anima indigenza e feccia e miserabile benessere? Davvero, un fiume immondo è l'uomo. Bisogna essere un mare per accogliere un fiume immondo, senza diventare impuri. Ecco, io vi insegno il superuomo: egli è il mare, nel quale si può inabissare il vostro grande disprezzo.

ANALISI DEL TESTO

a. L'annuncio del superuomo è fatto attraverso una metafora biologica. Si tratta, appunto, di una metafora, perché l'evoluzionismo al quale allude Nietzsche è esclusivamente di tipo morale. Essa indica che il superuomo è un oltre-uomo, secondo la traduzione letterale del termine impiegato da Nietzsche, Uebermensch; è, cioè, un essere diverso e non un

1

Page 16: FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE - Eliscuola · Web viewTutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi,

uomo migliorato. Il salto "biologico" dall'uomo al superuomo consiste essenzialmente nel fatto che mentre l'uomo, nel corso della propria storia, ha derivato il senso del mondo e della vita da qualcosa d'altro (come la scimmia che imita comportamenti altrui, invece di produrli), il superuomo è creatore di valori, deve essere egli stesso "il senso della terra".

b. Il sacrilegio è contro la terra, dunque la terra ha preso il posto di Dio. Dio costituiva il centro di gravitazione, il riferimento per le certezze e per i valori, ed è proprio questo il senso che deve avere la terra. Si tratta di stabilire che cosa rappresenta la "terra". Nietzsche lo spiega subito sotto: la "terra" è il corpo, la naturalità, gli istinti. Nella storia della filosofia, e in particolare nella tradizione platonica, il corpo è stato identificato con il male, con il peccato. L'anima doveva purificarsi, allontanandosene e liberandosi dalle passioni. Nietzsche inverte la prospettiva. La naturalità è la sorgente dei valori vitali, e vivifica anche l'anima. La repressione degli istinti impoverisce l'anima, ne comprime l'energia e la vitalità.

Bisogna leggere questo passo quasi in ottica psicoanalitica, che Nietzsche per molti versi anticipa. La repressione - la morale - rende l'anima limitata, ne soffoca gli impulsi, mutila l'uomo. Il superuomo di Nietzsche è colui che rifiuta l'autorepressione, che accetta la libera manifestazione delle pulsioni, di ciò che è a-razionale ("la demenza"). Riappropriandosi della propria naturalità, egli supera la morale, costruita storicamente in base alla razionalità contro le forze vitali, istintive, inconsce. Per lo stesso motivo, il superuomo è immenso come il mare, è l'essere delle grandi cose, del grande peccato e del grande disprezzo. La morale, infatti, lascia spazio soltanto ad alcune componenti dell'uomo, reprimendo il resto. L'uomo della morale è, scrive Nietzsche in molti passi, "piccolo", perché ridotto alla sola ragione, alle convenzioni sociali, potremmo dire alla sola coscienza (in senso psicoanalitico). Il superuomo, al contrario, accetta il corpo, le passioni, gli istinti, ciò che la morale giudica "male" ma che è comunque la parte maggiore dell'essere umano. Ne risulta un essere che non è né "buono" né "cattivo" - è a-morale - ma in ogni caso non si limita (non si "accontenta"), realizza per intero la propria natura. L'uomo della morale è un uomo parziale, è ciò che la morale consente che sia, distinguendo il bene dal male e precludendogli tutto ciò che è identificato con il secondo termine. Il superuomo è l'uomo totale, che recupera anche il "male" come parte della propria natura, anzi, la parte più vasta, più profonda (l'inconscio).

Questo brano offre elementi per comprendere il concetto di superuomo così come è inteso da Nietzsche. Vi si tratteggia un completo rinnovamento interiore, che passa attraverso la negazione di ciò che si è ("dimenticare se stesso e tutte le cose che sono dentro di lui") per aprirsi a nuovi valori, per diventare una transizione e un ponte verso nuovi significati da dare alla vita. Il superamento della morale non può compiersi sulla base di un ragionamento, o convincendo se stessi, perché la ragione è proprio la parte dell'uomo che la morale ha coltivato e su cui essa si basa. La morale è interiorizzata, è l'individuo stesso. Per superarla, occorre cambiare la propria natura, tramontare, liberarsi da ciò che si è. Per questo, l'uomo attuale, l'uomo della morale, non può andare oltre l'uomo, ma può essere soltanto una transizione, annunciare il superuomo e preparargli la strada.

Tutti i brani sono tratti dalla traduzione italiana curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Opere di Friedrich Nietzsche, Adelphi, Milano, 1977.

Il materiale di questa pagina è tratto dal manuale L. Tornatore, G. Polizzi, E. Ruffaldi, P. A. Ferrisi, La filosofia attraverso i testi. Profili, Temi, Autori, Loescher Editore, Torino, 1996, vol. 3.1, cap. 21. Si ringrazia la Casa Editrice Loescher per averne autorizzata la pubblicazione in Rete.

1