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Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014 Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014 T O Á IL GIORNALE DELL’ISTITUTO SUPERIORE “LA FARINA - BASILE” - MESSINA I GRECIA: TRA STUPORE E DISINCANTO CRONACA DI UN VIAGGIO Direttore: Prof. Patrizia Danzè continua a pag. ? T O Á Diana Strano Giusy Mantarro IV C La Grecia è una meta ambita da tutti gli studenti del liceo classico e la vista dell’Acropo- li di Atene compenserebbe persino le dodici fatiche di Er- cole. Per i veri viaggiatori gli impre- visti servono solo ad arricchi- re di fascino il viaggio, e dopo questa esperienza possiamo certamente definirci tali: a causa dello sciopero dei tra- ghetti di Brindisi abbiamo avu- to due giorni di ritardo sulla partenza in nave, di cui uno trascorso in Puglia. Non siamo rimasti però con le mani in mano: infatti nella mattinata del 3 aprile abbiamo visitato la ridente cittadina di Ostuni, conosciuta anche come “la cit- tà bianca”. Nel primo pome- riggio ci siamo finalmente im- barcati su un traghetto della Grimaldi Lines, destinazione Igoumenitsa. E da lì dopo Io- annina eccoci ad Atene pron- ti per la scalata dell’Acropoli, culla della civiltà greca. Arri- vati in cima, tanta è stata l’emozione pensando a quanti personaggi illustri (da filosofi, ad architetti, a politici, a scienziati) avevano calcato quel suolo prima di noi. Il pa- norama di cui si gode dalla cima dell’Acropoli è però un esempio lampante di come l’urbanizzazione abbia cambia- to la città nel corso della sto- ria: da più importante polis della Grecia antica, luogo di nascita della democrazia e polo culturale del Mediterra- neo, a metropoli con gratta- cieli di vetro e graffiti. La no- stra attenzione è stata cattu- rata in particolar modo dal Partenone, tempio che regna sovrano su tutti gli edifici pre- senti nell’Acropoli. La storia del Partenone è sempre stata lunga e travagliata, e le cica- trici di un passato ostile sono tutt’oggi visibili. Distrutto il primo tempio, il “protoparte- none”, ad opera dei Persiani nella seconda guerra persiana, la sua ricostruzione venne af- fidata agli architetti Fidia, Ic- tino e Callicrate durante il go- verno di Pericle, e costruito in marmo del monte Pentelico tra il 447 e il 438 a.C., in ono- re di Atena Parthenos, divini- tà tutelare di Atene. Nel XIX secolo il Partenone fu privato dei suoi fregi, che vennero prelevati dall’inglese Lord El- gin e portati in Inghilterra, e oggi si possono ammirare al BritishMuseum di Londra: que- sto furto costituisce una tra le tante ferite ancora aperte nel cuore dei greci, i quali ri- chiedono la restituzione delle testimonianze di un passato glorioso. Abbiamo anche vi- sto i Propilei, monumentale in- gresso dell’acropoli, e l’Eret- teo, singolare tempio dedica- to ad Atena e a Poseidone con la sua elegante loggia delle Ca- riatidi. Dopo la visita siamo ri- partiti per raggiungere Tolo in Argolide, dove abbiamo cena- to e pernottato. Prima tappa del giorno successivo il teatro di Epidauro, qui abbiamo po- tuto testare i sistemi architet- tonici che favoriscono ancora oggi un’acustica perfetta. Se- conda tappa la cittadella mi- cenea di Tirinto e, subito dopo, la visita di Micene. Ci si chiede oggi come due pa- lazzi micenei abbiano potuto coesistere a così poca distan- za l’uno dall’altro, perciò al- cuni sostengono che Tirinto fosse il porto di Micene. A Mi- cene abbiamo potuto ammira- re l’Acropoli, con il suo mo- numentale ingresso, la celebre “porta dei Leoni”, il circolo funerario A, i resti del palaz- zo, ma anche, all’esterno dal- l’acropoli, il cosiddetto “The- sauros d’Atreo”, la più impo- nente e famosa fra le tombe micenee a tholos oggi conser- vate. Databile al 1250 a.C. circa, essa è costituita da un lungo corridoio esterno (dro- mos) che funge da ingresso alla camera sepolcrale vera e propria, il cui tetto a cupola è ricavato dalla sovrapposizio- ne concentrica di enormi bloc- chi di pietra perfettamente squadrati. La tomba e la cit- tadella stessa vennero scoperte da Heinrich Schliemann, tede- sco appassionato dei poemi Omerici, che nell’’800 condus- se diverse campagne di scavi per ritrovare la leggendaria città di Troia e la Micene “ric- ca d’oro” ricordate da Ome- ro. In serata ci siamo trasfe- riti a Messene, dove abbiamo avuto il piacere di incontrare i ragazzi greci del gemellag- gio Messina-Messene. Il gior- no seguente ci siamo recati nello splendido e ingiustamen- te poco conosciuto sito di Mes- sene antica alle pendici del Monte Ithome. Lì, nell’ekkle- siasterion della città antica, i nostri compagni del Gruppo Teatrale hanno messo in sce- na l’ “Orestea”, tratta dalla celebre trilogia di Eschilo. Gli attori sono stati molto bravi e coinvolgenti, tanto che an- che i ragazzigrecisi sono emo- zionati e complimentati con loro. Nel pomeriggio, a causa delle avverse condizioni atmo- sferiche, abbiamo fatto rien- tro in albergo, dove abbiamo consumato una squisita cena a base di piatti tipici della zona e pernottato. Il giorno precedente alla partenza ab- biamo tristemente rifatto le valigie per l’ultima volta, e con un po’ di riluttanza siamo saliti sul pullman diretti ad Olimpia: rimarrà per sempre impressa nella nostra mente la bellezza del parco dove si tro- vano gli scavi, un’esplosione di colori e primavera, e le ma- gnifiche statue del museo. Dopo pranzo siamo ripartiti per Patrasso e ci siamo imbar- cati: fino all’ultimo abbiamo osservato le coste greche sfu- mare davanti ai nostri occhi. Siamo tornati a Messina con- sapevoli di aver toccato con le nostre mani le tracce dei no- stri antichi colonizzatori, dei nostri antenati, perché in fon- do tutti noi sappiamo che, se siamo ciò che siamo, lo dob- biamo anche ai Greci, il po- polo che ha creato la cultura classica, che ancora oggi ci caratterizza e ci rende citta- dini liberi e pensanti. Veduta di Atene dal Partenone Francesco Salmeri I C Come apprendiamo dalle colonne dei giornali, la situazio- ne politico-economica in Grecia è critica e in effetti gli occhi di tutta Europa sono puntati su di essa. L’Ue e in particolare la Germania stanno imponendo nel paese un aspro regime di austerità e di tagli alla spesa pubblica, per permettere alla Grecia si pagare il suo debito(e gli interessi) nei confronti di banche e multinazionali, e al contempo stanno avviando un rapace processo di saccheg- gio delle risorse, trasformando la Grecia in una miniera per la speculazione finanziaria. Il popolo greco è allo stre- mo, le colonne portanti dello Stato sociale sono crollate, dall’istruzione alla sanità tutte le conquiste della classe operaia sono ormai appannaggio di un “passato glorio- so”. Da queste rovine è venuto fuori Alexis Tsipras che, con il suo partito, Syriza, è riuscito ad imporsi sullo sce- nario politico greco, ottenendo un certo éclat anche in Italia. Il programma del leader greco ha sfruttato la pro- fonda rabbia delle masse, mettendo su una campagna con- tro l‘austerity e il pagamento del debito pubblico, ma ap- pena le prospettive di presa del potere sono divenute re- ali, le posizioni della dirigenza di Syriza e di Tsipras stesso hanno cominciato a slittare sempre più a destra. Per avere un punto di vista diverso e forse più vicino alla realtà dei fatti (benché essere troppo vicini alla verità spesso ab- bagli), la redazione di Stoà ha intervistato la prof. Clau- dia Capone che da ventitré vive e lavora in Grecia come insegnante. Discutendo di Syriza con la Capone il primo elemento che salta all’occhio è la sua connotazione di par- tito di intellettuali, che raccoglie sì il malcontento popo- lare, ma lo diluisce presto nelle logiche dell’idealismo bor- ghese. In questo partito che la signora Capone non ha esitato a definire “intellettualoide”, infatti, confluiscono soprattutto giovani radicali, studenti, anarchici, attivisti, movimentisti, intellettuali. Nelle sue parole questa sini- stra è lontana dalla realtà, “trasformista”, cavalca cioè il malcontento senza “riuscire a dare delle risposte alterna- tive a quello che c‘è”. “Risposte fumose” che non sem- pre riescono a convincere operai e contadini che, secon- do la prof. Capone, continuano a riferirsi ai meccanismi clientelari di Nea Demokratia e del Pasok. Un’ideologia da fronte populaire si ripropone anche nell’impegno alle europee della Lista Tsipras, cioè quello di rinnovare le isti- tuzioni europee portando parole d’ordine di solidarietà, giustizia sociale, il sogno di un’Europa di popoli, un’Euro- pa federale, in cui le istanze sociali vadano a braccetto con le logiche di mercato. Più ottimista appare però in questo senso l’opinione della Capone su Tsipras, a suo GRECIA ED EUROPA: LA QUESTIONE GRECA Per una grammatica dell’indignazione Ci stanno scippando e do- vremmo indignarcene. Ep- pure, o non piangiamo o ci compiangiamo troppo. E mentre due spettri si aggirano per l’Europa, astensionismo e naziona- lismo (entrambi rimano miseramente con vittimi- smo), il convivere sociale ogni giorno peggiora un po’. L’economia, la poli- tica e la cultura, che ten- gono insieme la società, sono corrose alla base. Ognuna di esse lasciata a se stessa degenera: la po- litica e l’economia produ- cono un economicismo e un politicismo egoistici e sopraffattori, e la cultura che è la forza spirituale coesiva dei popoli, delle comunità, se abbandona- ta, genera disgregazione. Tutto si può comprare, titoli di studio, docenze universitarie, cariche, po- tere, successo. Ma c’è un cosa che non si può com- prare ed è la conoscenza. Perciò non bisogna stan- carsi di esortare i giovani a guardarsi dall’impostu- ra, dall’offerta inganne- vole del troppo semplice o semplificato (perché più “moderno” ad apprender- si) o, peggio, di ciò che, pur conquistabile con lo studio viene spacciato per difficile se non impossibi- le. L’Europa, l’Italia, la scuola, la famiglia, hanno bisogno di pensarsi: e i giovani pure, nel senso di esercitare il pensiero (an- che e soprattutto quando stanno sui social network), di godere della pluralità dei saperi (perché le poli- tiche dei tagli si insinua- no sempre più subdola- mente nei libri di testo), di riconoscere i maestri nei classici, la cui scom- parsa programmata ri- sponde ad una dissennata logica di progressivo as- servimento. In questo nu- mero di Stoà non a caso ci occupiamo della Grecia. Lì sono le nostre radici e noi siamo i testimoni di un patrimonio prezioso che abbiamo ancora la fortuna di possedere. Che nessuno ce ne privi. Patrizia Danzè

GIORNALE GAZZETTA Giugno 2014 - provalafarina.altervista.org · verno di Pericle, e costruito in marmo del monte Pentelico tra il 447 e il 438 a.C., in ono-re di Atena Parthenos,

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Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014

T O Á

IL GIORNALE DELL’ISTITUTO SUPERIORE “LA FARINA - BASILE” - MESSINA

I

GRECIA: TRA STUPORE EDISINCANTO

C R O N A C A D I U N V I A G G I O

Direttore: Prof. Patrizia Danzè

continua a pag. ?

T O Á

Diana StranoGiusy Mantarro IV C

La Grecia è una meta ambitada tutti gli studenti del liceoclassico e la vista dell’Acropo-li di Atene compenserebbepersino le dodici fatiche di Er-cole.Per i veri viaggiatori gli impre-visti servono solo ad arricchi-re di fascino il viaggio, e dopoquesta esperienza possiamocertamente definirci tali: acausa dello sciopero dei tra-ghetti di Brindisi abbiamo avu-to due giorni di ritardo sullapartenza in nave, di cui unotrascorso in Puglia. Non siamorimasti però con le mani inmano: infatti nella mattinatadel 3 aprile abbiamo visitatola ridente cittadina di Ostuni,conosciuta anche come “la cit-tà bianca”. Nel primo pome-riggio ci siamo finalmente im-barcati su un traghetto dellaGrimaldi Lines, destinazioneIgoumenitsa. E da lì dopo Io-annina eccoci ad Atene pron-ti per la scalata dell’Acropoli,culla della civiltà greca. Arri-vati in cima, tanta è statal’emozione pensando a quantipersonaggi illustri (da filosofi,ad architetti, a politici, ascienziati) avevano calcatoquel suolo prima di noi. Il pa-norama di cui si gode dallacima dell’Acropoli è però unesempio lampante di comel’urbanizzazione abbia cambia-to la città nel corso della sto-ria: da più importante polisdella Grecia antica, luogo dinascita della democrazia epolo culturale del Mediterra-neo, a metropoli con gratta-cieli di vetro e graffiti. La no-stra attenzione è stata cattu-rata in particolar modo dalPartenone, tempio che regnasovrano su tutti gli edifici pre-senti nell’Acropoli. La storiadel Partenone è sempre statalunga e travagliata, e le cica-trici di un passato ostile sonotutt’oggi visibili. Distrutto ilprimo tempio, il “protoparte-none”, ad opera dei Persianinella seconda guerra persiana,la sua ricostruzione venne af-fidata agli architetti Fidia, Ic-tino e Callicrate durante il go-

verno di Pericle, e costruito inmarmo del monte Pentelicotra il 447 e il 438 a.C., in ono-re di Atena Parthenos, divini-tà tutelare di Atene. Nel XIXsecolo il Partenone fu privatodei suoi fregi, che venneroprelevati dall’inglese Lord El-gin e portati in Inghilterra, eoggi si possono ammirare alBritishMuseum di Londra: que-sto furto costituisce una trale tante ferite ancora apertenel cuore dei greci, i quali ri-chiedono la restituzione delletestimonianze di un passatoglorioso. Abbiamo anche vi-sto i Propilei, monumentale in-gresso dell’acropoli, e l’Eret-teo, singolare tempio dedica-to ad Atena e a Poseidone conla sua elegante loggia delle Ca-riatidi. Dopo la visita siamo ri-partiti per raggiungere Tolo inArgolide, dove abbiamo cena-to e pernottato. Prima tappadel giorno successivo il teatrodi Epidauro, qui abbiamo po-tuto testare i sistemi architet-tonici che favoriscono ancoraoggi un’acustica perfetta. Se-conda tappa la cittadella mi-cenea di Tirinto e, subitodopo, la visita di Micene. Cisi chiede oggi come due pa-lazzi micenei abbiano potutocoesistere a così poca distan-za l’uno dall’altro, perciò al-cuni sostengono che Tirintofosse il porto di Micene. A Mi-cene abbiamo potuto ammira-

re l’Acropoli, con il suo mo-numentale ingresso, la celebre“porta dei Leoni”, il circolofunerario A, i resti del palaz-zo, ma anche, all’esterno dal-l’acropoli, il cosiddetto “The-sauros d’Atreo”, la più impo-nente e famosa fra le tombemicenee a tholos oggi conser-vate. Databile al 1250 a.C.circa, essa è costituita da unlungo corridoio esterno (dro-mos) che funge da ingressoalla camera sepolcrale vera epropria, il cui tetto a cupolaè ricavato dalla sovrapposizio-ne concentrica di enormi bloc-chi di pietra perfettamentesquadrati. La tomba e la cit-tadella stessa vennero scoperteda Heinrich Schliemann, tede-sco appassionato dei poemiOmerici, che nell’’800 condus-se diverse campagne di scaviper ritrovare la leggendariacittà di Troia e la Micene “ric-ca d’oro” ricordate da Ome-ro. In serata ci siamo trasfe-riti a Messene, dove abbiamoavuto il piacere di incontrarei ragazzi greci del gemellag-gio Messina-Messene. Il gior-no seguente ci siamo recatinello splendido e ingiustamen-te poco conosciuto sito di Mes-sene antica alle pendici delMonte Ithome. Lì, nell’ekkle-siasterion della città antica, inostri compagni del GruppoTeatrale hanno messo in sce-na l’ “Orestea”, tratta dalla

celebre trilogia di Eschilo. Gliattori sono stati molto bravie coinvolgenti, tanto che an-che i ragazzigrecisi sono emo-zionati e complimentati conloro. Nel pomeriggio, a causadelle avverse condizioni atmo-sferiche, abbiamo fatto rien-tro in albergo, dove abbiamoconsumato una squisita cenaa base di piatti tipici dellazona e pernottato. Il giornoprecedente alla partenza ab-biamo tristemente rifatto levaligie per l’ultima volta, econ un po’ di riluttanza siamosaliti sul pullman diretti adOlimpia: rimarrà per sempreimpressa nella nostra mente labellezza del parco dove si tro-vano gli scavi, un’esplosione dicolori e primavera, e le ma-gnifiche statue del museo.Dopo pranzo siamo ripartitiper Patrasso e ci siamo imbar-cati: fino all’ultimo abbiamoosservato le coste greche sfu-mare davanti ai nostri occhi.Siamo tornati a Messina con-sapevoli di aver toccato con lenostre mani le tracce dei no-stri antichi colonizzatori, deinostri antenati, perché in fon-do tutti noi sappiamo che, sesiamo ciò che siamo, lo dob-biamo anche ai Greci, il po-polo che ha creato la culturaclassica, che ancora oggi cicaratterizza e ci rende citta-dini liberi e pensanti.

Veduta di Atene dal Partenone

Francesco Salmeri I C

Come apprendiamo dalle colonne dei giornali, la situazio-ne politico-economica in Grecia è critica e in effetti gliocchi di tutta Europa sono puntati su di essa. L’Ue e inparticolare la Germania stanno imponendo nel paese unaspro regime di austerità e di tagli alla spesa pubblica,per permettere alla Grecia si pagare il suo debito(e gliinteressi) nei confronti di banche e multinazionali, e alcontempo stanno avviando un rapace processo di saccheg-gio delle risorse, trasformando la Grecia in una minieraper la speculazione finanziaria. Il popolo greco è allo stre-mo, le colonne portanti dello Stato sociale sono crollate,dall’istruzione alla sanità tutte le conquiste della classeoperaia sono ormai appannaggio di un “passato glorio-so”. Da queste rovine è venuto fuori Alexis Tsipras che,con il suo partito, Syriza, è riuscito ad imporsi sullo sce-nario politico greco, ottenendo un certo éclat anche inItalia. Il programma del leader greco ha sfruttato la pro-fonda rabbia delle masse, mettendo su una campagna con-tro l‘austerity e il pagamento del debito pubblico, ma ap-pena le prospettive di presa del potere sono divenute re-ali, le posizioni della dirigenza di Syriza e di Tsipras stessohanno cominciato a slittare sempre più a destra. Per avereun punto di vista diverso e forse più vicino alla realtà deifatti (benché essere troppo vicini alla verità spesso ab-bagli), la redazione di Stoà ha intervistato la prof. Clau-dia Capone che da ventitré vive e lavora in Grecia comeinsegnante. Discutendo di Syriza con la Capone il primoelemento che salta all’occhio è la sua connotazione di par-tito di intellettuali, che raccoglie sì il malcontento popo-lare, ma lo diluisce presto nelle logiche dell’idealismo bor-

ghese. In questo partito che la signora Capone non haesitato a definire “intellettualoide”, infatti, confluisconosoprattutto giovani radicali, studenti, anarchici, attivisti,movimentisti, intellettuali. Nelle sue parole questa sini-stra è lontana dalla realtà, “trasformista”, cavalca cioè ilmalcontento senza “riuscire a dare delle risposte alterna-tive a quello che c‘è”. “Risposte fumose” che non sem-pre riescono a convincere operai e contadini che, secon-do la prof. Capone, continuano a riferirsi ai meccanismiclientelari di Nea Demokratia e del Pasok. Un’ideologiada fronte populaire si ripropone anche nell’impegno alleeuropee della Lista Tsipras, cioè quello di rinnovare le isti-tuzioni europee portando parole d’ordine di solidarietà,giustizia sociale, il sogno di un’Europa di popoli, un’Euro-pa federale, in cui le istanze sociali vadano a braccettocon le logiche di mercato. Più ottimista appare peròin questo senso l’opinione della Capone su Tsipras, a suo

GRECIA ED EUROPA:LA QUESTIONE GRECA

Per una grammaticadell’indignazione

Ci stanno scippando e do-vremmo indignarcene. Ep-pure, o non piangiamo oci compiangiamo troppo.E mentre due spettri siaggirano per l’Europa,astensionismo e naziona-lismo (entrambi rimanomiseramente con vittimi-smo), il convivere socialeogni giorno peggiora unpo’. L’economia, la poli-tica e la cultura, che ten-gono insieme la società,sono corrose alla base.Ognuna di esse lasciata ase stessa degenera: la po-litica e l’economia produ-cono un economicismo eun politicismo egoistici esopraffattori, e la culturache è la forza spiritualecoesiva dei popoli, dellecomunità, se abbandona-ta, genera disgregazione.Tutto si può comprare,titoli di studio, docenzeuniversitarie, cariche, po-tere, successo. Ma c’è uncosa che non si può com-prare ed è la conoscenza.Perciò non bisogna stan-carsi di esortare i giovania guardarsi dall’impostu-ra, dall’offerta inganne-vole del troppo semplice osemplificato (perché più“moderno” ad apprender-si) o, peggio, di ciò che,pur conquistabile con lostudio viene spacciato perdifficile se non impossibi-le. L’Europa, l’Italia, lascuola, la famiglia, hannobisogno di pensarsi: e igiovani pure, nel senso diesercitare il pensiero (an-che e soprattutto quandostanno sui social network),di godere della pluralitàdei saperi (perché le poli-tiche dei tagli si insinua-no sempre più subdola-mente nei libri di testo),di riconoscere i maestrinei classici, la cui scom-parsa programmata ri-sponde ad una dissennatalogica di progressivo as-servimento. In questo nu-mero di Stoà non a casoci occupiamo della Grecia.Lì sono le nostre radici enoi siamo i testimoni diun patrimonio preziosoche abbiamo ancora lafortuna di possedere. Chenessuno ce ne privi.

Patrizia Danzè

Cultura e StoriaII Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014

La Messenia nella Tarda età del Bronzo: il regno di Pylos,Iklaina e la più antica burocrazia del suolo greco

Prof. Emiliano Arena

Al pari di molte altre regionigreche anche la Messenia è ric-chissima di testimonianze ar-cheologiche, che si distribui-scono quasi senza soluzione dicontinuità dal Neolitico sino al-l’epoca bizantina ed oltre: unaposizione di assoluto rilievo,tuttavia, spetta indubbiamen-te al panorama archeologicorelativo alla Tarda età delBronzo (1680-1050 a. C.); unagran messe di evidenze, infat-ti, testimonia per questa faseuna peculiare vitalità regiona-le, che iscrive a pieno titolo laMessenia nella cosiddetta “corearea” della civiltà micenea.Qualunque disamina non puòche iniziare dal sito di EpanoEnglianos, nella Messenia occi-dentale. Qui, sulla scorta del-l’identificazione del sito daparte dell’eforo K. Kourounio-

tis, un team greco-americanodi archeologi guidato da C. W.Blegen dell’Università di Cincin-nati, portò alla luce a partiredal 1939 e poi dal 1952 un com-plesso palaziale databile TardoElladico IIIA-B (XIV-XIII sec. a.C.). Esso si rivelò il centro diun insediamento di 15 ha e so-prattutto di una compaginestatale micenea oggi definiti-vamente identificata con il re-gno di Pylos, grazie all’ inte-stazione Pu-ro presente su nu-merose tavolette in Lineare Bprovenienti dal sito. Il fattoche Pylos nelle saghe eroicheconfluite nei poemi omerici enei mitografi greci fosse sededel mitico re Nestore, sin dal-la pubblicazione degli scavi adopera di Blegenha guadagnatoall’edificio la denominazione di“Palazzo di Nestore”. Situatoall’estremità di un lungo crina-le, il palazzo guarda a sud-ovest sulla baia di Navarino el’isola di Sfacteria, a nord-ovest verso il massiccio del-l’Aigaleon. Unico fra quelli mi-cenei, il palazzo di Pylosduran-te il TE IIIA-B era privo di cir-cuito murario difensivo, men-tre non mancano tracce di unaporta e di mura risalenti alMedio Elladico III-TE II (circa1700-1400 a. C.). L’ “edificioprincipale” presenta le carat-teristiche essenziali dei palaz-zi micenei con la successionedi propylon, corte centrale emegaron con trono. Questo erariccamente affrescato con unateoria di uomini, donne ed untoro e con il celebre suonato-re di lira, che allieta due indi-vidui assisi. Accanto all’entra-ta era un ambiente con vascada bagno decorata interna-mente con spirali dipinte ed ilcosiddetto” megaron della re-gina”, con focolare ed affre-schi, ma privo di vestibolo.Tutto intorno alle sale di rap-presentanza si trovavano nu-merosi ambienti di stoccaggiodi derrate, fra cui anche oliod’oliva profumato. Al piano su-periore si trovavano quartieriprivati, aree commerciali e distoccaggio. Intorno al palazzoerano l’ “edificio sud-occiden-tale” di incerta natura e

l’“edificio nord-occidentale”con funzioni produttive ed am-ministrative. Ma l’ambienteper certi versi più importantedell’intero complesso è l’ “ar-chivio” (localizzato nelle sale 7-8 accanto l’entrata dell’edifi-cio principale), che ha restitu-ito l’80% delle oltre 1000 ta-volette di argilla in Lineare Brecuperate a Pylos, ben con-servatesi per via dell’incendioche distrusse il palazzo alla finedel TE IIIB2 e che cosse i do-cumenti amministrativi relati-vi all’ultimo anno di vita delpalazzo. Come in una istanta-nea scattata intorno al 1200/1180 a. C. , l’ “archivio” ci harestituito preziosissime infor-mazioni sulla gerarchia politi-ca, sociale e in larga parte sulfunzionamento amministrativoed economico del complesso,ma al contempo fragile appa-rato degli stati micenei, fon-dato sulla redistribuzione edesportazione del surplus pro-duttivo agricolo ed artigiana-le. Sebbene l’interpretazionedei testi in Lineare B sia tal-volta non priva di incertezzeed oscurità, grazie all’archiviosi conferma anche a Pylos lamedesima gerarchia politicaattestata a Micene, Tirinto,Cnosso e Tebe. Al vertice erail sovrano, il wa-na-ka (wa-nax), seguito dal ra-wa-ke-ta(lawagetas, *lawosagein,”capo del popolo in armi”?)probabilmente con competen-ze militari, e da alti funziona-ri, come il da-mo-ko-ro (da-mokoros), il ko-re-te (kore-ter), ed altri minori, quali ilpo-ro-ko-re-te (prokoreter), glienigmatici ka-ra-wi-po-ro,(klawiphoroi, ”portatori dichiavi”?), o-pi-su-ko (opisukoi,”sovrintendenti ai fichi”), du-ma-te (dumartes, “sovrinten-denti”), e soprattutto il qa-si-re-u (basileus). Quest’ultimo,lungi dall’esercitare una fun-zione regale come avverrà inepoca post-palaziale e nella“Dark Age”, in questa fasesembra ricoprire funzioni dicollegamento fra piccoli villag-gi, dove pare guidi una ke-ro-si-ja (gerousia, “consiglio dianziani”?), ed il palazzo. Posi-zione peculiare avevano gli e-qe-tai (equetai, *epomai, ”iseguaci”?), a quanto sembracomponenti una sorta di “éli-te militare” ereditaria, i te-re-tai (telestai), che come com-penso per il servizio (telos)per il palazzo ricevevano am-pie porzioni di terra, ed il da-mo (damos), una entità ammi-nistrativo-territoriale dotata dipersonalità giuridica. Ma so-prattutto, da una serie di do-cumenti noti complessivamen-te come “Catasto di Pylos”,apprendiamo che il palazzo eraal vertice di un articolato si-stema, che controllava ed am-ministrava in maniera capilla-re il territorio statale, i cuiconfini erano la catena del Tai-geto ad est e il fiume Neda anord. Esso era organizzato indue ‘provincie’ separate dalmassiccio dell’Aigaleon, la “ci-teriore” (de-we-ro-ai-ko-ra-i-ja, deuroaigolaia, “al di quadell’Aigaleon”) con ‘capitale’Pylos stessa, e la “ulteriore”(pe-ra

3-ko-ra-i-ja, pera aigo-

laia, “al di là dell’Aigaleon”),con capitale Re-u-ko-to-ro(Leuktron?), ognuna sotto lagiurisdizione di un damokoros,un ‘governatore provinciale’.Entrambe, poi, erano ulterior-mente divise in distretti, novenella citeriore e sette nella ul-teriore, ognuno controllato daun ko-re-te, ‘sindaco’, affian-cato da un vice, il po-ro-ko-re-te. I singoli distretti erano

centrati su insediamenti di ‘se-condo livello’, che fungevanoda ‘capoluoghi’, circondati dapiccoli villaggi e fattorie, perun totale di circa 240 differentitoponimi attestati. Una talericchezza di informazioni te-stuali ha incoraggiato la costi-tuzione di programmi interna-zionali di ricerca pluridisciplina-re (Minnesota Messenia Expe-dition; Pylos Regional Archa-ological Project) finalizzati aricostruire, attraverso la con-vergenza con i dati archeolo-gici, la geografia del regno diPylos. Dei 16 capoluoghi di di-stretto menzionati nelle tavo-lette, solo alcuni sono sinorastati associati con dei siti ar-cheologici: nella “provincia ul-teriore” Ti-mi-toa-ko, sembraidentificarsi con Nichoria (suun’altura nei pressi di Ry-zomylos, 18 km ad ovest diKalamata), uno dei pochi sitimessenici attivi e rilevantinella”Dark Age” iniziale (1075-850 a. C.) e divenuto punto diriferimento per gli studi rela-tivi a questo periodo. Nellaprovincia “citeriore” Me-ta-pacorriponderebbe al sito diMouriatada, che ha restituitouna tomba a tholos, un edifi-cio a megaron con tracce diaffreschi, che ne attestanol’importanza prima che Pylosassurgesse a potenza regiona-le. Senza precisa collocazionesul terreno restano, ad es.,Pa-ki-ja-na (Sphagiana,*sphassô, ”luogo dei sacrifi-ci”), un importante centrosantuariale dedicato al dio Po-

si-da-o, Poseidone, o Ro-o-wa,il porto principale di Pylos edaltri ancora. Analoga sorte ri-guardava fino a poco tempo faanche A-pu

2, (Alphy /Aphy /

Asphy?), un distretto a carat-tere metallurgico, prossimo alpalazzo, che annoverava ben225 fabbri. Esso oggi vieneidentificato con il sito di Iklai-na, cittadina 10 km a sud-estdi Epano Englianos, ove unaserie di straordinarie scopertearcheologiche ha richiamato inquesti anni l’attenzione deimedia e suscitato nel mondoscientifico nuovi interrogativisulla genesi degli stati micenei.Già nel 1954 S. Marinatossi erainteressato all’area collinaresoprastante Pylos, notando inprossimità della cittadina di Ik-laina resti di imponenti strut-ture murarie con un ampio de-posito di ceramica. Una trin-cea esplorativa accertò la rile-vanza del sito, ma Marinatosdovette occuparsi di altro, per-tanto esso rimase sepolto finoal 1998, quando M. Cospomou-los dell’Università di Missouri-St. Louis, avvalendosi dei datiraccolti dal PRAP, avvia inda-gini archeologiche destinate astupire il mondo scientifico.Nel corso di campagne di sca-vo annuali ancora in attol’equipe di Cosmopoulos ha ri-portato alla luce un insedia-mento con due principali fasidi vita, la più antica delle qualiprecede l’affermazione del pa-lazzo di Epano Englianose l’or-ganizzazione del suo territorio

statale. A questa fase appar-tiene il “Cyclopean TerraceBuilding”, datato dalla cerami-ca nelle fondazioni fra 1500 e1350 a. C., che presenta mu-rature in tecnica ciclopica e di-mensioni monumentali del tut-to inusuali per il periodo. L’edi-ficio possedeva numerosi am-bienti per lo stoccaggio dellederrate, tavole da offerta ericchi depositi di ceramica, masoprattutto, particolare che nefarebbe una sorta di ‘protopa-lazzo’ miceneo, aveva muridecorati con elaborati affreschiin blu, bianco e rosso, di cuisono stati ad oggi recuperatioltre 1000 frammenti. Due iprincipali temi figurativi: im-magini di navi, simili stilistica-mente agli affreschi minoici diAkrotiri (Thera) e Keos, e fi-gure femminili in processionecon lunghi capelli neri e brac-cia adornate di bracciali. Anord della “Terrazza Ciclopica”era un insediamento costitui-to di piccole abitazioni. Sia laterrazza monumentale che lacittà vennero distrutte intor-no al 1350 a. C. da un’azioneostile. La nuova autorità poli-tica della città non ricostruì gliedifici distrutti, ma edificò lenuove abitazioni con differen-te orientamento direttamentesopra quelle della fase prece-dente. Ciò può interpretarsicome un tentativo di azzerarele memorie della precedenteautorità e che i nuovi sovranidevono identificarsi con quellidi Pylos, divenuta ora la mag-giore potenza dell’area. Nel-l’abitato della seconda fase,ormai di dominazione pilia(1350-1200 a. C.), spiccaun’abitazione che includeva unmegaron con focolare circon-dato da quattro pilastri, forsesemplicemente una residenzadi lusso, giacché le funzioniamministrative sembra fosse-ro svolte da un altro edificiocon una larga corte pavimen-tata, muratura a blocchi iso-domi, probabile residenza delfunzionario del palazzo diPylos. Mentre a sostanziarel’identificazione di Iklaina conA-pu

2 è il rinvenimento della

fossa sacrificale di un santua-rio all’aperto, nonché di ungran numero di manufatti dibronzo, compresa una testa difigurina maschile ad oggi sen-za confronti, che offrono unriscontro materiale ai riferi-menti a quantitativi di bron-zo, servitori templari ed allavocazione metallurgica di A-pu

2

testimoniati dalle tavolette pi-lie. Ma ulteriore attenzione hasuscitato nel 2010 il rinveni-mento, in contesto stratitifi-cato con ceramica ben data-bile, diun frammento di tavo-letta in Lineare B. Di per séquesto costituiva già un even-to straordinario, giacché le ta-volette di solito sono presentiunicamente nei centri palaziali,cuore dell’amministrazione del-lo stato, e non in centri secon-dari. Ad accrescere ulterior-mente l’interesse è stata peròla sorprendente datazione deldocumento al TE IIB-TE IIIA1(circa 1470/50–1370/50 a. C.).La gran parte delle tavolettenote, infatti, con l’eccezionedel deposito della “Room ofChariottablets” di Cnosso risa-lente al 1425-1375, e di unada Micene dalla “Petsashouse”risalente al tardo XIV sec. , sidatano intorno al 1200 a. C. ,l’epoca delle distruzioni dei pa-lazzi del mondo miceneo. Latavoletta di Iklaina, che pre-senta caratteri paleograficiconfrontabili con le più antichetavolette rinvenute a Pylos,anteriori a quelle del deposito

del 1180, non solo è al mo-mento la più antica tavolettain Lineare B rinvenuta sul con-tinente, ma anche in assolutola più antica testimonianza inGrecia del sillabario decifratonel 1952 da M. Ventris, se sieccettua la controversa “Pie-tra di Kafknia” rinvenuta neipressi di Olimpia in un conte-sto del Medio Elladico III (1650a. C.) edora tendenzialmenteritenuta un falso (T. Palaima).Le implicazioni di questa sco-perta sono di enorme rilevan-za. L’evidenza archeologicadelle tombe a tholos ampia-mente diffuse durante il TE I-II (circa 1650/1600-1450/1400a. C.), ha sinora ben docu-mentato durante la fase pro-tomicenea l’esistenza in Mes-senia di una dispersione del po-tere fra numerosi centri incompetizione. Nei siti vicinoEpano Englianosle tholoi cad-dero in disuso a partire dal TEIIIA (circa 1400 a. C.), men-tre continuarono ad essere edi-ficate nello stesso centro, il checoincide con l’ampliamento delcontrollo di Pylos sulla regionecircostante. Iklaina, come te-stimonia la distruzione del1350 a. C., sarebbe stata vit-tima, al pari di siti come Bey-lerbey ed Ordines dell’espan-sione pilia. Quello che non sa-pevamo è che in una fase pre-coce della civiltà micenea, an-teriore alla koine palaziale delTE IIIB ed alla conquista da par-te di Pylos, il centro di Iklai-nanon solo esprimeva individuiin grado di controllare una for-za lavoro capace di erigere ilmonumentale “Cyclopean Ter-race Building”, ma era anchedotato di una qualche struttu-ra amministrativa, che si av-valeva della registrazione bu-rocratica, la quale, dunque,fece la sua comparsa in Gre-cia prima di quanto sino adoggi ipotizzato. Queste testi-monianze, inoltre, parlano afavore dell’esistenza di unastruttura organizzativa ‘com-plessa’ in formazione, preco-cemente arrestata dall’inter-vento violento di Pylos. Sfor-tunatamente il testo della ta-voletta di Iklainaè esiguo; essoregistra nel recto un nomemaschile e la parte terminaledi un altro nome e nel versola fine di un participio (R ra-tu-ko 1[/ ] o-wo [ . V ] ko-wo-a), troppo poco per spin-gerci ad estendere al XV-XIVsec. a. C. anche la strutturaburocratica e soprattutto lagerarchia politica attestata in-torno al 1200 a Pylos, Micene,Tirinto, Tebe e Cnosso. In al-tre parole, non possiamo af-fermare con certezza se Iklai-na prima del 1350 a. C. fossegià una entità ‘statale’ gover-nata da un wanax. Non sareb-be però inverosimile vedere inquesto piccolo centro la sededi un “chiefdom” protomice-neo, paragonabile ad altri del-la Messenia occidentale del TEI-II, tuttavia colto in una fasetransizionale verso la formazio-ne dello stato, sino ad oggi pri-va di attestazione documentalein altre parti del mondo mice-neo. Probabilmente l’autoritàpolitica di A-pu

2/Iklaina, avva-

lendosi della ‘novità tecnologi-ca’ del XV sec. a. C., la scrit-tura Lineare B ispirata alla mi-noica Lineare A, per meglio ri-spondere alle esigenze organiz-zative di un sistema di gestio-ne e controllo delle risorse di-venuto più articolato, si avviavaa costruire il complesso appa-rato, che vedremo pienamen-te sviluppato oltre 150 anni piùtardi nei centri palaziali mice-nei.

“Al paridi molteregioni grechela Messenia èricchissima ditestimonianzearcheologiche”

“Il sito di Iklainaha suscitatonel mondoscientifico nuoviinterrogativisulla genesi deglistati micenei”

Iklaina cyclopean terrace building

Iklaina fresco G

Iklaina frescos

Iklaina tab Big

Iklaina tab sketch RV

Pylos palace plan

Cultura e AttualitàGazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014 III

Ugo MuracaGiuseppe Migliorato V B

Questa intervista nasce forseper caso, ma con l’intenzionedi capire, o di cercare di ca-pire il malessere che agita laGrecia e i venti di cambiamen-to che soffiano sempre più for-ti. A Messini, la città da pocogemellata con la nostra, ab-biamo conversato con il dot-tor Nikos Grigoropoulos, checome tanti medici e tanti as-sistiti soffre le misure drasti-che prese dal governo neiconfronti della sanità.- Allora, dottor Grigoropoulosci spieghi come è struttura-to il partito Tsipras- Tsipras è un partito di sini-stra. Sei anni fa partendo daun partito c’è stata l’idea diunire tutti i partiti piccoli egrandi della sinistra. Quindisono stati 11 componenti chesi sono messi insieme e han-no fatto all’inizio unSynaspismós che significaunione. E il progetto è anda-to avanti con non poche dif-ficoltà ma alla fine siamo riu-sciti a fare un partito unico.Questo è stato fatto nel con-gresso di due anni fa in cui lamaggioranza di queste com-ponenti si sono sciolte e ab-biamo fatto un partito unico,con membri e direzione uni-ca. E’ un partito che haun’ideologia di sinistra marxi-sta e vuole cambiamenti. Orac’è in atto questo progetto difare anche in altri paesi eu-ropei la stessa scelta con“L’altra Europa con Tsipras”.Vedendo questo partito rive-do le difficoltà che all’inizioavevamo incontrato noi inGrecia con le persone che sichiedevano: “chi dovrebbestarci? e chi no? molti si sonoricostruiti una verginità, ancheda un “passato” diverso”. Maquando c’è un dialogo è undato positivo perché fa vede-re che le idee ci sono e dob-biamo combinare questi modidi pensare per trovare la so-luzione migliore. Vogliamoun’Europa migliore, né cheesca dall’Unione Europa nédall’euro, vogliamo un’Europafatta per i popoli in cui l’euronon rappresenti lo scopo mail mezzo di unificazione. InGrecia pare che le cose, sep-pur con tante difficoltà dovu-te all’organizzazione del par-tito, vadano abbastanza bene,infatti abbiamo 2 o 4 punti divantaggio sul partito del pri-mo ministro. Mettendo insie-me tutti i partiti che hannoaderito a Syriza la loro percen-tuale è salita dal 5% al 26% ora.

- Lei come spiega il vantag-gio che sta tenendo il suopartito, questo aumento delconsenso?- Per le proposte che il parti-to fa e che ha fatto per usci-re da questa crisi economica,che tra l’altro non è soltantogreca o italiana. Per uscire daquesta crisi del sistema nonpossiamo usare la stessa ricet-ta di ieri ma bisogna farequalcosa di nuovo. Toglierequalcosa a chi ha di più, vedile banche, e distribuire que-sta ricchezza ad ogni paese.Ci sono situazioni che non sipossono risolvere con tagli sul-la salute, sull’educazione o sul-l’ambiente per questo è bene

riutilizzare quel tesoretto.- Come si propone il suo par-tito di risolvere la crisi eco-nomica greca?- L’economia greca è moltodiversa da quella italiana nonsolo perché la Grecia è un se-sto da tutti i punti di vista(geografico, della popolazione)dell’Italia ma anche perché lasua economia è costruita inuna maniera diversa. Ma lacosa fondamentale e disastro-sa è come è stata affrontataquesta crisi a partire dal 2009.Basti pensare che nel 2009 ildebito rispetto al PIL era comepiù o meno ora in Italia circa

L’ALTRA GRECIA, L’ALTRA EUROPAIntervista a Nikos Grigoropoulos

132 % mentre ora siamo ar-rivati al 170 %. Ciò significache in questi quattro anni cheil debito rispetto al PIL è au-mentato di tanto. La nostraproposta fondamentale è chein Grecia dovrebbe succederequello che è stato fatto nel1954 per la Germania perchéin quel tempo questa nazione,con i debiti che aveva accu-mulato dopo le due guerre, erain difficoltà economica e sta-va per fallire. Allora i paesihanno aiutato la Germania, inpiù sono stati abbassati i suoidebiti e per un paio di anninon ha pagato neanche gli in-teressi, e ha pagato con quelloche avanzava allo Stato. Inve-ce in Italia ma anche in Gre-cia si prestano i soldi per pa-gare i debiti. Ora di chi è lacolpa se siamo arrivati a que-sto punto? della politica degliultimi 50 anni, però il proble-ma è come uscirne. Seguen-do la stessa strada non si può,abbiamo provato e abbiamovisto che è fallimentare quin-di bisogna seguirne un’altra.E a questo punto l’Europa nonè soltanto un’unione economi-ca ma dovrebbe essere ancheun luogo dove c’è la solidarie-tà tra i paesi. Ed è vero cheall’inizio anche i paesi del sud,mi riferisco a Grecia, Italia,Spagna e Portogallo hanno usu-fruito dei vantaggi ma ora ilvantaggio più grosso ce l’han-no i paesi con economia mol-to forte, i paesi del nord Eu-ropa, infatti da tutti i debitidella Grecia la Germania ci hamolto guadagnato. Questoperché quando la Germania sifa prestare dei soldi dalla Ban-ca Centrale Europea ha unprestito dello 0,25%, in Gre-cia li danno a 3,5%. Sarebbepiù giusto che la Banca Cen-trale Europea prestasse diret-tamente i soldi alla Greciasenza l’intermezzo di altri pa-esi che ci guadagnano da que-sta disgrazia.

“Vogliamoun’Europamigliore, néche esca dal-l’Unione Europeané dall’euro,vogliamoun’Europa fattaper i popoli”

Messene antica - da sin.: Muraca, Grigoropoulos, Migliorato

Panorama del sito archeologico di Messene antica

Ugo MuracaMarco ManganoGiuseppe Migliorato V B

Olga Nassis ha origini greche;la famiglia paterna durante ladittatura dei colonnelli subìarresti e deportazioni. È dot-toranda di ricerca in antro-pologia culturale pressol’Università di Messina doveha conseguito la laurea inScienze politiche. Ha fattoparte di gruppi di studio alleUniversità Pantios di Atene,StonyBrook di New York eCentral State Connecticut(politiche per le minoranze).Ha un Master in Internazio-nalizzazione. Parla quattrolingue europee. Ha lavoratoin programmi di cooperazio-ne europea e nella gestionedi progetti in ambito cultu-rale e di politiche per l’in-tegrazione (PA e Terzo Setto-re). Ha lavorato nel Program-ma nazionale di Protezionedei Minori Stranieri non Ac-compagnati. È attiva nell’as-sociazionismo (Donne Libere)e in campagne per i diritti ci-

vili e contro la discriminazio-ne di genere. È socia fonda-trice della ‘Comunità elleni-ca dello Stretto’. Dal 2012vive tra la Grecia e l’Italia,milita in SEL e in Syriza concui ha collaborato alle elezio-ni parlamentari greche dimaggio e giugno 2012 in Epi-ro.Signora Nassis, ciò che inGrecia si nota maggiormen-te parlando di politica è latotale assenza di fiducia neiconfronti dei rappresentantidel popolo e degli aspirantipolitici. Come si è giunti a talpunto? Lei che futuro vedenel suo paese?- La politica per decenni è ri-masta in mano a notabili, didestra e di “sinistra”, comple-tamente staccati dalla vitaquotidiana delle persone. Nes-suno in Grecia poteva crede-re che potessero essere costo-ro a salvare la collettività daldilagare della crisi, e questasfiducia si è molto spesso al-largata alla politica in quantotale. La strategia di SYRIZA,difficile ma vincente, ha con-trastato questo (giustificato)qualunquismo di massa e hafatto intravvedere la possibi-lità di credere nuovamente alla“politica” - ma una “politica”completamente diversa.Il partito SYRIZA ha recente-mente registrato un incredi-bile aumento dei voti. Cosaha comportato un così di-rompente aumento dei voti?Quali sono le vere potenzia-lità di questo partito, secon-do Lei? Se dovesse salire alleeuropee quali obiettivi sipone?

Ha comportato un enorme au-mento di responsabilità, per-ché una cosa è resistere comeminoranza in Grecia e un’al-tra essere la forza di massacui affidano le speranze dibuona parte della popolazione.Il potenziale di SYRIZA in que-sto senso è enorme, perchépuò coagulare le forze dellaresistenza popolare non solo inGrecia ma in tutta Europa. Ilmio principale obiettivo è quin-di di garantire questo collega-mento, di portare in tutta Eu-ropa la volontà di resistenzadella sinistra greca, di unirecon questo strumento tutti iSud che oggi sono vittime, deigrandi poteri economici ivicompresi quelli mafiosi.In Grecia, il partito Alba Do-rata di stampo neonazista haspesso interferito con l’am-ministrazione politica greca enon mancano casi di aggres-sioni e/o atteggiamenti raz-zisti all’interno del Parla-mento stesso. Cosa ha spin-to il 6,92% della popolazio-ne a votare il partito di Nikó-laos Michaloliákos?- In tutti i paesi vittime della

crisi una parte della popola-zione s’illude di uscirne pren-dendosela con i più poveri ecercando capri espiatori, ilnemico di turno. Questo èsuccesso in Germania con Hi-tler, su scala molto più gran-de ma con identici meccani-smi. Non bisogna assoluta-mente rimuovere questo pe-ricolo, che va contrastato conpolitiche sociali coinvolgenti econ un antifascismo rigoroso.E’ stato riscontrato un pre-occupante aumento dellapercentuale dei non-votantiin tutta la Grecia. Come sispiega questo fenomeno?- Il qualunquismo di massa, inGrecia come in Italia, è an-ch’esso un frutto della crisi, edell’incapacità delle vecchieforze politiche di opporsi an-che minimamente ad essa. Ilqualunquismo non si batte conappelli generici ma portandoavanti una politica decisa eseria che ispiri fiducia allemasse popolari, alla gente co-mune.Come mai alcuni intellettualiitaliani come ad esempio An-drea Camilleri si sono cancel-lati dalla lista Syriza?- Per piccoli contrasti sullecandidature, secondo me piut-tosto sproporzionati rispettoall’importanza drammaticadella posta in gioco. Cosa pensa dell’ultima visi-ta della Merkel in Grecia?- E’ venuta senza carri arma-ti, e questo è stato molto gen-tile da parte sua. Anche seoggi le banche, per assogget-tare un popolo, sono un mez-zo molto più efficace dei car-ri armati...

ALEXIS TSIPRAS:L’EUROPA AI CITTADINI

Pietro Casablanca IIB

In un clima di insofferenza e subbuglio, i cittadini Euro-pei si avvieranno a votare tra il 22 e il 25 maggio pereleggere i propri candidati al parlamento europeo, in quellache probabilmente sarà una tra le scelte più importantidell’ultimo decennio.Tra i candidati alla Presidenza del Consiglio Europeo, emer-ge la figura del greco Alexis Tsipras, leader di SYRIZA.SYRIZA, in italiano Coalizione della Sinistra Radicale, è natonel 2004 da una coalizione di partiti politici appartenentiall’area di sinistra, ed ha visto ingrandire progressivamen-te il suo consenso dopo l’unificazione nel 2012, che gli haconsentito di raggiungere il posto di secondo partito gre-co per numero di voti e, quindi, come maggior forza diopposizione al governo di centrodestra di Antonis Samaras.Ispirandosi alle idee del socialismo e dell’anticapitalismo,SYRIZA sta proponendo una serie di riforme di giustiziasociale che rispondano alle richieste di una parte semprecrescente della popolazione greca, che non riesce più a sop-portare il rigido clima di austerity imposto dall’Europa.Alexis Tsipras nasce ad Atene il 28 luglio 1974, scende inpolitica verso la fine degli anni Ottanta, con l’ingressonel movimento dei giovani comunisti ellenici. Allontanato-si dal Partito Comunista Greco, nel maggio 1999 divienesegretario dell’area giovanile del partito di sinistra Syna-spismos, ruolo che ricopre fino al novembre 2003. Tsiprasha fatto la sua prima apparizione sulla scena politica alleelezioni locali del 2006, candidato come consigliere co-munale di Atene con la lista “Città Aperta” ottenendo il10.51% dei voti e venendo eletto. Nel 2007 decide di noncandidarsi alle elezioni per il Parlamento Ellenico, scegliendodi completare il suo mandato come membro del consigliocomunale di Atene.Per quanto riguarda il suo programma europeo,AlexisTsipras ha proposto un piano in dieci punti contro la cri-si, basandosi su alcuni principi fondamentali da lui chia-ramente espressi.”L’Unione Europea sarà democratica ocesserà di esistere”, afferma infatti Tsipras: “Per noi,la democrazia non è negoziabile” e aggiunge “Un’Euro-pa al servizio dei cittadini, invece che un’ Europa ostag-gio della paura della disoccupazione, della vecchiaia edella povertà. Un’Europa dei diritti, anziché un’Euro-pa che penalizza i poveri, a beneficio dei soliti privile-giati, e al servizio degli interessi delle banche”. I puntidel programma di Tsipras sono in primo luogola fine del-l’austerità, “una medicina nociva somministrata al mo-mento sbagliato”,  un programma di ricostruzione eco-nomica, finanziato direttamente dall’Europa tramite iprestiti a basso tasso d’interesse, e centrato sulla crea-zione di posti di lavoro e sullo sviluppo, la sospensionedel patto di bilancio europeo (Fiscal Compact), che at-tualmente impone il pareggio di bilancio anche ai paesi ingravi difficoltà economiche, e che deve invece consentiregli investimenti pubblici per risanare l’economia e usciredalla crisi, una Conferenza europea sul debito, unavera banca europea, che in caso di necessità possa pre-stare denaro anche agli stati e non solo alle banche e unalegislazione europea che renda possibile tassare i gua-dagni che derivano dalle operazioni finanziarie. È chiarodunque l’intento di Tsipras: portare un grande cambia-mento in Europa e dare maggiore voce alle esigenze deicittadini più che a quelle della finanza, che, innegabil-mente, ha dettato legge in questi ultimi anni. Ed è pro-prio questo cambiamento a spaventare molte persone, chevedono nelle riforme promosse da Tsipras dei sentimentieuroscettici e ad antieuropei. Tuttavia, a sentire le di-chiarazioni del candidato presidente, non c’è niente di tut-to questo: se infatti, sicuramente Tsipras e i suoi soste-nitori si propongono di cambiare radicalmente l’assettopolitico-economico dell’Europa, d’altro canto sono ugual-mente consapevoli che per farlo è necessario agire dal-l’interno, con una protesta costruttiva. Le idee del lea-der di SYRIZA hanno riscosso notevole successo anche quiin Italia, dove è sorto un nuovo partito, L’Altra Europacon Tsipras che si propone di sostenere il progetto. Dun-que aspettiamo con ansia l’esito di queste Europee,conattenzione particolare alla percentuale dei votanti, per-ché sarebbe finalmente auspicabile che i cittadini italianila smettessero di considerare le elezioni europee comeelezioni di serie B, comprendendo che oramai la legisla-zione europea è sovrana e sovraordinata su quelle nazio-nali, per cui l’astensionismo equivale ad autolesionismo.Ne deriva inoltre che è nostro obbligo eleggere rappre-sentanti che siano non solo autorevoli, ma anche capacidi difendere i nostri interessi nazionali in un quadro poli-tico-economico di globalizzazione del quale non è più pos-sibile fare a meno. Forse proprio qui sta il messaggio piùimportante di Tsipras, rendere concreto il sogno di unaEuropa dei popoli, che siano uniti da vincoli di solidarietàpiuttosto che economici, i quali, come si è visto, garan-tiscono agiatezza e futuro solo a pochi.

Intervista a Olga NassisCANDIDATA DI “L’ALTRA EUROPA CON TSIPRAS”

Dal Partenone: veduta di Atene e del Licabetto

Cultura e AttualitàIV Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014

Claudio Panebianco III CRoberto D’Andrea I A

Sono ormai ampiamente cono-sciute la portata e la gravitàdell’attuale crisi con i cambia-menti che essa ha comporta-to: dalle conseguenze più im-mediate e prevedibili in cam-po economico alle allarmantitensioni sociali, dalla dilagan-te corruzione politica all’alte-razione di valori etici. Solo nelsettore linguistico, fino adoggi, le radici della crisi nonsi erano ancora diramate: in-fatti i classici “slang” giova-nili ed i nuovi linguaggi eredi-tati dalla globalizzazione nonsi possono annoverare tra glieffetti della crisi, ma sonopiuttosto da imputare alla tec-nologia e ai social network.Tuttavia è allarmante la testi-monianza dell’artista VinicioCapossela, che nel mezzo diuna piazza greca, dopo avervisto alcuni cantanti crogiolar-si nell’esecuzione di un cantotradizionale, constatò che oraemanavano suoni incompren-sibili ora pronunciavano le pa-role della loro lingua con ac-cento bislacco: dopo aver in-dagato ha appreso di un idio-ma del tutto nuovo ed ai piùignoto, una curiosa ibridazio-ne tra il greco antico, consa-crato dalla tradizione umani-stica e per certi aspetti dal-l’immaginario collettivo, ilgreco moderno, espressionivernacolari e veri e propri lin-guaggi cifrati. L’evento rima-ne senza dubbio da approfon-dire con maggiore scrupolo.Lo sviluppo linguistico è unfatto estremamente comples-so e graduale, nel quale con-fluiscono molteplici fattori dinatura storica, politica e so-ciale, e non si può compren-dere l’evoluzione di una linguaprescindendo da una conte-stualizzazione di ampio respi-ro (come ha spiegato il filo-logo e glottologo francese Mi-chel Bréal): i mutamenti cheineriscono al linguaggio sonodunque per gran parte detta-ti da avvenimenti esterni, cherendono la lingua incessante-mente magmatica. Verità ul-teriormente provata propriodall’evoluzione della linguagreca, ancor oggi oggetto dienormi dubbi e conosciuta at-traverso antichi documenti in-doeuropei, oltre che dalla molerelativamente esigua dei testiletterari pervenutici e dai rin-venimenti archeologici ed epi-grafici. Anche parlare di unasingola lingua greca sarebbeimproprio e semplicistico, poi-ché è noto che questa erasuddivisa in numerosi dialettilocali più o meno affini tra diloro. Il primo dialetto unifica-tore è convenzionalmente de-finito koinè, interpretato da-gli antichi alla stregua del dia-letto letterario usato dai pro-satori di età ellenistica o im-periale come Polibio, Strabo-ne o Plutarco, e dai linguistimoderni, invece, come la lin-gua parlata in Grecia in segui-to alle conquiste di Alessandro.L’area in cui si impiegava ilgreco era vastissima (dalla Si-cilia ai confini dell’India, dal-l’Egitto alle rive settentriona-li del Mar Nero). La koinè erauna lingua grammaticalmentefissata e costituita da una

“norma ideale” soggetta a po-chissime variazioni. Malgradola koinè si insegnasse nellescuole e si tramandasse discrittore in scrittore, conser-vando l’ortografia e la strut-tura generale dei vocaboli,non vennero meno l’evoluzio-ne della pronuncia, i cambia-menti di carattere ed i suonidifferenti delle lettere dell’al-fabeto; inoltre, nuovi costruttisurrogarono i processi sintat-tici antichi. “Una potente tra-dizione è stata per molti se-coli in lotta con le tendenzedell’evoluzione linguistica”,scrive il glottologo AntoineMeillet, “un continuo compro-messo tra queste due forzeopposte”, di un “equilibrio trafissità ed evoluzione”. La nuo-va koinè fu poi la base, per iltramite del greco medioeva-le, delle diverse parlate gre-che moderne, ovvero del co-siddetto “greco moderno”,contrariamente all’ ipotesi se-condo cui quest’ultimo sareb-

be stato fondato sulla basedegli antichi dialetti greci. Il“greco moderno” si plasmaproprio sugli sviluppi di unalingua comune parlata, di cuici si può fare un’idea sia purapprossimativa per via degliscritti lasciati dai ceti inferio-

ri. La koinè, che giunse quasisino all’epoca moderna, ven-ne poi mediata dalla linguascritta di Bisanzio (e la pro-nuncia del greco moderno èretaggio della dicitura bizan-tina), continuazione più omeno fedele del linguaggio diAristotele, di Polibio e diPlutarco.Eppure, il “greco dellacrisi” (così è stato infatti so-prannominato) affonda le sueradici nel forte malcontento diuna società dilaniata, ed èpresumibile che la rapidità concui si è creata questa nuovalingua sia il corollario del col-lasso greco. Bisogna tenerconto anche, e soprattutto,però, dello stato sociale dellaGrecia in questo periodo: percomprare una dose di droganon serve scendere negli abissidei “ghetti” di Atene, bastasapere dove guardare, anchein pieno centro, per pagarecon “miseri” 2,50 Euro una

partita di una sostanza che,purtroppo, è chiamata “dea-thdrugs” . In Grecia infatti ledroghe pure, come la cocai-na, non sono più prodotte inlarga scala, dato che la crisiha colpito tale apparato allefondamenta, la criminalità or-ganizzata si è quindi fatta fur-ba, producendo con il minimoe ottenendo il massimo. Allabase delle formule vi sono acididi batteria ed estratti dal li-quido degli accendini. Chi fauso di tali sostanze causa danniirreparabili al cervello ed an-che al proprio corpo (apparen-do “più anziano” di quanto inrealtà sia, perdendo i capelli,i denti e anche le unghie). Macosa c’entra tutto questo conil greco della crisi, con il nuo-vo linguaggio formatosi nellaculla della cultura? Nei primitempi del default ellenico,quando le forze di polizia equelle di Alba Dorata governa-vano le strade, comprare talidroghe era praticamente im-

possibile, dato che le autoritàintendevano fermare il feno-meno sul nascere, di conse-guenza il modo di parlare, dicomunicare tra spacciatori ecompratori cambiò totalmen-te: queste due categorie co-minciarono a parlare storpian-do il greco, mescolando ingle-se e francese e utilizzando ab-breviazioni. Oggi, in tempi incui la disperazione ormai nonrisparmia neanche i ceti alti,tutti, in un maniera o inun’altra, hanno provato le de-athdrugs, alcuni diventandoanche spacciatori o produtto-ri, pur di avere un profitto fis-so. Secondo una ricerca con-dotta in Grecia, infatti, l’uni-co apparato economico anco-ra in piedi è quello riguardan-te la droga, perché sempre piùcittadini, e sempre più giova-ni, colti dalla tristezza, deci-dono di buttare all’aria la lorovita. Il greco della crisi sem-bra essere nato proprio dopoil default, prima utilizzato peresigenze criminali ed adessoimpiantato totalmente nell’ap-parato linguistico: come testi-moniato da Vinicio Capossela,alcuni bambini della famosapiazza parlavano unicamente“il nuovo greco”, non riuscen-do a comprendere invece quel-lo moderno, trovando sola-mente delle somiglianze e ri-tenendo corretta la forma daloro pronunciata. In Grecia lalingua cambia, e se dovesserofarlo anche le tradizioni? Lefondamenta della cultura oc-cidentale cadrebbero e verreb-bero fagocitate in modo bru-tale da una crisi che, prima diessere economica, si sta rive-lando un vero e proprio collas-so dei valori fondamentali.

Dal Greco antico al Greco modernoal Greco della crisi

Epidauro - foto di gruppo

Alberto Cardia III B

L’ora è tarda. Le tre, for-se le quattro di notte. IlPartenone, alto e lontano,è illuminato dall’argentealuce lunare, risplende ilfrontone marmoreo, ma èuno spettacolo remoto, ac-cennato, sfocato. Qui laluce non arriva, nelle stret-te vie di Atene, è comesoffocata dagli alti palaz-zoni morenti, è quasi fil-trata dai grigi gas di untaxi, che ci lascia in unostretto vicolo umidiccio.Qui, davanti a noi, c’è unapiccola taverna chiassosa.C’è musica dentro, genteche canta, balla, beve,fuma e fa tanto rumore.Perché non dare un occhia-ta?Bassi uomini dal colorito brunito mediterraneo, lunghi baf-foni, un cappellaccio, una giacca indossata a metà e de-gli strumenti musicali suonano un ritmo che sa di anticoe vivace, e moderno e tristemente vero, e ballano, can-tano e ballano gli ateniesi, giovani e attempati, tutti ac-comunati da un antico cimelio comune, tramandato di pa-dre in figlio: l’essere uomo.Ecco cosa, o meglio chi è il Rebetiko. In turco “del re-bet” significa “l’insolubile”, “il ribelle”: il termine nasceper indicare l’anticonformista greco, il povero, l’escluso,che non combatte contro il sistema, ma ne sta fuori, chegira con un bouzouki od un baglamas da suonare, ed uncoltello sotto la larga camicia. E Rebetiko è anche la suaanima, quando fuoriesce dalle sue dita che suonano, dal-le sue corde vocali che cantano parole antiche, ma pe-renni, Rebetiko è il Tango degli Argentini, è il Blues degliAmericani, è l’anima di un popolo che, come apprendia-mo dalla cronaca attuale, soffre la fame, che sta vivendola crisi mondiale a fianco dell’ Europa e a stento vedesoluzioni, vie di fuga. Un nostro connazionale, recente-mente, con un film-documentario, ci ha raccontato la suaesperienza in giro per le taverne di Atene e Santorini aritmo di Rebetiko: è il cantautore Vinicio Capossela, conil suo film “Indebito”, uno spaccato di vita notturna gre-ca, catturata dalla telecamera di Andrea Segre. L’auto-re, che al mondo del Rebetiko ha dedicato anche un librointitolato “Tefteri” e cioè il libro dei conti in sospeso (quelliche bisogna fare per “imparare il mestiere di campare”)si è detto fortemente affascinato da questa realtà checoinvolge sessantenni e ventenni, questa musica traman-

data da 80, 100 anni, tanto da cimentarsi egli stesso nel-la composizione di un album in cui rivisita canzoni pro-prie, e non, riadattandole in stile “rebetiko”. Il Rebetikonasce dalla crisi, afferma Capossela, nel vero senso dellaparola, derivante dal verbo greco “krino” (discernere, di-videre): nasce da persone che dovendo emigrare, divi-dersi dalla propria terra, non possono portarsi altro chel’anima, e riversarla in musica. Il Rebetiko è la musica diun uomo che sedendosi in una taverna, sente questo rit-mo dentro sé e ne viene pervaso, e canta, balla e si sen-te piccolo, assieme agli altri suoi simili e trova il modo divivere, nonostante tutto, nel modo più semplice e istinti-vo, la propria condizione di uomo in mezzo agli uomini e,per citare nuovamente il cantautore italiano, vive ogniattimo come fosse eterno, perché non lo rivivrà, ed èquesto che ci invidiano gli dei.E mentre la luna splende sul tempio della sacra fanciulla,figlia di Zeus, la musica e le danze continuano nella nottedell’uomo.

REBETIKOUn lamento che si canta in coro ma si balla da soli

Vinicio Capossela in una taverna greca suona il rebetiko

PoesiaKostas Mondis

Così scrive del poeta cipriota Kostas Mondis NicolaCrocetti, grecista, traduttore di poesia greca modernae contemporanea, giornalista ed editore italiano.Crocetti, che è nato a Patrasso ha una casa editriceche pubblica collane di poesia, ognuna delle quali conun logo raffigurante un vaso greco stilizzato. Dal 1988Crocetti pubblica la rivista mensile “Poesia”, la piùimportante rivista di cultura poetica dell’Italia. Di Mondisdice: Nato nel 1914 a Famagosta, oggi nella Ciprooccupata dai turchi, a 18 anni andò ad Atene a studiareGiurisprudenza. Tornato nella sua isola (alloraprotettorato inglese) nel ’37, non poté esercitarel’avvocatura per una disposizione britannica, e dovettelavorare come impiegato, traduttore e giornalista. Trail ’55 e il ’59 partecipò alla lotta di liberazione di Ciprodagli inglesi, e dopo l’indipendenza, nel ’60, fu unattivissimo promotore culturale e si batté per l’unionedi Cipro con la Grecia, finché nel ’74 l’isola fu occupatadai turchi. È autore di numerose raccolte di versi, perlo più epigrammi folgoranti, che in poche battutedemoliscono certezze, luoghi comuni e convenzioni. Èmorto a Nicosia nel 2004. Mondis scrive sul tema dellamarginalità della sua lingua e della sua isola ed è statodefinito il poeta «più socratico» della letteraturaneogreca. Nell ’80 è stato nominato «poeta laureato»dall’Accademia mondiale della cultura e delle arti, enell’84 venne proposto per il Premio Nobel.

POETI GRECI

Pochissimi ci leggonoPochissimi sanno la nostra lingua,restiamo senza riconoscimenti e senza applausiin quest’angolo remoto;in compenso però scriviamo in greco

(Poesie per bambini grandi e piccoli, 1976, trad. FP)

A Makrónesos“Spaventa sempre il nostro grave passato,spaventa il racconto degli eventinella scritta incisa sull’architravedella porta che attraversiamo tutti i giorni”Titos Patrikios(da “La porta dei leoni” - 2002 - traduzione di NicolaCrocetti)

Scheletri di pietradagli occhi svuotati vigilando il porto di Lauriodi fronte alle coste dell’AttivaS’aggira ancora la nera farfallatra le rovine deserte del “campo”in un silenzio irrealeA Makrónesos1

echeggia il meltemi lacertidi versi di poeti greciRitsos Alexandru LivaditisPatrikiosFiere aspere parole in catenedietro le sbarresu ritagli di cartonenelle crepe delle rocceChiodi confitti sulle grigiepareti della storia.

Messina, 29 aprile 2014Marisa Pelle

1. - Piccola isola disabitata - sito storico protetto conserva le rovinedi un campo di concentramento - dal 1946 al 1974 vi furono reclusipiù di 100.000 prigionieri politici.

Atene, Acropoli - l’Eretteo

“Il “grecodella crisi”affonda le sueradici nel fortemalcontentodi una societàdilaniata”

Attualità e TerritorioGazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014 V

MESSINA <-> MESSINISara Quartarone III B

Lo scorso sei aprile il labora-torio teatrale del nostro liceo,coordinato dalle professoresseTina Morabito e Mirella Zodda,ha partecipato con l’Orestea,il testo eschileo proposto nel-la traduzione di Pier Paolo Pa-solini e per la regia di Dona-tella Venuti, alla terza edizio-ne del Festival dell’Antica Mes-sene, un festival del drammaantico rappresentato da stu-denti, che ha avuto luogo dal31 marzo al 4 aprile. Presentialtri gruppi teatrali (tra gli al-tri anche studenti-attori dellaRoyal Accademy di Londra edella Pekin University dellaCina).L’evento è stato il naturalesviluppo del gemellaggio tra lacittà greca di Messini e la no-stra Messina, un gemellaggiopromosso dall’AssociazioneAurora di Messina nella perso-na del prof. Enzo Caruso incollaborazione con l’Associazio-ne Marco Polo System di Ve-nezia, con l’obiettivo comunedi riqualificare il patrimoniostorico e artistico nazionale.

Una volta arrivati a Messene,accompagnati dalla nostra Pre-side e dalla regista DonatellaVenuti, è stata davvero com-movente l’accoglienza che inostri “gemelli” greci ci han-no dedicato. Ad aspettarci ilconsole onorario dell’Italia,Margherita Bovicelli, e l’orga-nizzatrice dell’evento, LinaKamarinopoulou. Entrambe cihanno guidato per le strade diMessini e ci hanno fatto gu-stare le prelibatezze gastrono-miche greche.Il giorno dopo, finalmente,abbiamo avuto l’opportunitàdi visitare il sito archeologicoe di assistere alla rappresen-tazione delle Ecclesiazuse diAristofane, messa in scena daun liceo greco. I ragazzi cihanno colpito grazie alla loroironia e al loro umorismo esono stati capaci di farci ca-pire la trama dello spettacolosebbene recitassero in neogreco. Noi in platea, intanto,fremevamo nell’immaginarci adistanza di poche in quell’ode-on, orgogliosi di portare acompimento il lavoro e la fa-tica di tutto un anno. Dopo larappresentazione ci è statodato dalla preside un momen-to di pausa in cui abbiamo avu-to modo di familiarizzare congli attori greci. E non ci aspet-

tavamo che fossero così estro-versi! Alcuni erano delusi perla loro performance, altri nonvedevano l’ora di poter vede-re il nostro spettacolo.Nel pomeriggio il sindaco diMessene, Stathis Anastasopou-los, ci ha invitati alla mostradi inaugurazione delle incisio-ni dell’artista greco Tasos Ka-zoudilis, in quell’occasione lanostra preside ha proposto, innome del gemellaggio che cilega a Messini, che il certamendi greco del prossimo annoscolastico sia esteso anche ailicei di Messini e Larissa e chealcune delle incisioni sianoesposte in un spazio adibito atal proposito.Dopo l’inaugurazione, è sta-ta organizzata una festa alBouka Resort Hotel in nostroonore, in cui ci siamo riuniticon i nostri “compagni di av-ventura” del ginnasio e abbia-mo potuto comunicare con glistudenti di Messini scambian-do le nostre opinioni sul Fe-stival. Dopo il discorso inizia-le del sindaco, del console edella preside e dopo la visio-ne di un video sul gemellag-gio Messina-Messini, alcuniballerini vestiti con abiti dicolore bianco, blu e rosso, cihanno deliziato con la lorodanza tipica, il Sirtaki, a cuimolti di noi si sono in segui-to aggiunti.Il Sirtaki è un mix tra una ver-sione lenta e veloce della dan-za tradizionale greca chiama-ta Hasapiko detta anche la“danza dei macellai”, il cuinome deriva dalla Lega deimacellai di Costantinopoli, inepoca bizantina. I danzatoritendono la mano appoggiatal’uno sulla spalla dell’altro, inun ritmo di graduale accele-razione, mentre la donnacapo-fila tiene un fazzolettobianco in mano.Ma anche noi eravamo in ob-bligo di mostrare le nostretradizioni! E così abbiamo im-provvisato una Tarantella, chepiù che rappresentare la no-stra danza tipica, ha avuto loscopo di far divertire noi e ilnostro pubblico e soprattuttodi allentare la tensione.Tensione, ansia e nervosismoche la mattina del giornodopo, come sempre prima diuno spettacolo, ci hanno unpo’ scoraggiato. Ma nonostan-te questo il La Farina ha di-mostrato ancora una volta lasua bravura tra gli applausi ei complimenti di ragazzi,compagni di scuola e inse-gnanti. L’Orestea, da noi tan-to sudata, ha lasciato tutti abocca aperta, prima tra tuttila preside, che non ha persol’occasione per commuoversi.Il gemellaggio tra Messina eMessini ha dato i suoi frutti.Oltre ad averci legato ad unpopolo tanto vicino per storiae tradizioni al nostro, ci fattocapire quanto sia importantela collaborazione tra di noi,che tra risa, pianti e difficol-tà siamo riusciti a superarequesta grande prova, aggiun-gendola al bagaglio delle no-stre più belle esperienze. Eccodi seguito i nomi dei giovaniattori del La Farina che han-no replicato l’Orestea lo scor-so 30 maggio al teatro Anni-bale Maria Di Francia: NoemiBonfiglio, Simona Ceraulo,Francesco Cacciola, Pietro Ca-sablanca, Francesco Fiumanò,Rossana Giannetto, Alessia Ilac-qua, Valeria Inglese, LuigiLucà, Alessia Di Fiore, SilviaLaudini, Sara Quartarone,Francesca Ricevuto, GiorgiaTranchida.

I L T E A T R O U N I S C E : I L L A FA R I N A A M E S S E N E A N T I C A

“Il gemellaggiotra Messina eMessini hadato i suoifrutti. Oltre adaverci legatoad un popolotanto vicinoper storia etradizioni alnostro, ci hafatto capirequanto siaimportante lacollaborazionetra i popoli.”

Messini - foto di gruppo con Gheorgia

I SOGNI DIGEORGIA

Diana StranoGiusy Mantarro IV C

La situazione della Greciala conosciamo tutti, mac’è ancora qualcuno chespera nella sua ripresa: igiovani. Durante il viaggioin Grecia abbiamo cono-sciuto una quindicenne gre-ca, Georgia, con la qualeci siamo confrontati sulletematiche della scuola,della crisi e della società,italiana e greca. GeorgiaDaskalaki ci ha detto cheper coloro che conduceva-no un tenore di vita me-dio, gli effetti della crisinon sono stati devastanticome invece lo sono statiper i precari e le classimeno abbienti: anche se sipresta più attenzione agliacquisti e si cerca di ri-sparmiare in ogni modo. Igiovani non si fanno pie-gare e sperano ancora inun futuro migliore. Anchela nostra amica greca ha isuoi sogni: “Vorrei diven-tare una psicologa, laure-armi in Grecia e poi spe-cializzarmi e fare un ma-ster all’estero, per esem-pio a Londra, anche se midispiacerebbe molto lascia-re il mio Paese” ci rivela(Georgia parla l’inglese flu-entemente). Grandissi-mo il suo amore per la cul-tura greca soprattutto delgreco antico. Georgia èappassionata di teatro enon ci nasconde che le pia-cerebbe molto venire inItalia. Questa conversazio-ne ci ha aperto gli occhisu una realtà di cui cono-sciamo solo alcune sfaccet-tature e ci ha regalatoun’amica greca.

Messene antica - tutte le foto si riferiscono alla rappre-sentazione dell’Orestea da parte del Laboratorio Teatraledel liceo La Farina.“Una grande emozione, una delle esperienze più belledella nostra vita” hanno detto Silvia Laudini e Alessia DiFiore, due studentesse-attrici.La replica dello spettacolo, che ha avuto riconoscimentianche al Teatro Giovani Tindari 2014, è stata rappresen-tata il 30 maggio al Teatro Annibale Maria Di Francia.

Foto a sinistra: Il gruppo messinese a Messene e in primafila da sinistra il console onorario Margherita Bovicelli, ilsindaco Stathis Anastasopoulos, la moglie e la signora LinaKamarinopoulou.

Cultura, Attualità e TerritorioVI Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014

Giusy Mantarro IV C

È un grande uomo di Chiesa,umile, gentile, dalla sguardorassicurante e paterno. Ognigiorno si trova a contatto conla sofferenza e la povertà, manon perde mai la speranza.Riporta le sue esperienze consemplicità e sincerità, non levive da cronista, ma da testi-mone. Si mostra sempre cor-tese e disponibile, ha la vogliadi trasmettere a noi ragazzile sue perle di saggezza e,come fosse un padre, confidanelle nostre capacità per cre-are un mondo migliore. Stoparlando di Sua EccellenzaMonsignor Montenegro, vesco-vo ausiliario dell’arcidiocesi diMessina-Lipari-Santa Lucia delMela e dal 2013 presidente del-

la Commissione episcopale perle migrazioni. Egli ha compiu-to gli studi ginnasiali, liceali,filosofici e teologici presso ilSeminario arcivescovile “SanPio X” di Messina. Dopo l’or-dinazione, ha continuato glistudi presso l’Ignatianumdellamedesima città per poi dive-nire direttore della Caritas dio-cesana e arcivescovo di Agri-gento. Altresì è stato docentedi religione, assistente dioce-sano di Centro Sportivo Italia-no (C.S.I), direttore diocesa-no dell’Apostolato della Pre-ghiera, rettore della chiesa-santuario di Santa Rita e pa-dre spirituale del Seminariominore, membro del Consigliopresbiterale. Lo scorso 24 gen-naio, presso il teatro CristoRe, un folto gruppo di studentidel liceo classico La Farina euna piccola rappresentanza delliceo classico di Santa Teresahanno avuto il piacere di in-contrarlo per assistere ad unasua conferenza. Il titolo: “IM-MIGRAZIONE: problema o ri-sorsa? Rifiuto o accoglienza?”evoca già di per sé le proble-matiche terribilmente attualiche il nostro paese sta affron-tando. La parola va prima aldirigente scolastica del liceoclassico La Farina GiuseppinaPrestipino, che porge a donFranco, il semplice nome concui Sua Eccellenza desidera es-sere chiamato, i saluti di moltimessinesi a dimostrazione delsegno lasciato nella nostra cit-

Immigrazione: problema o risorsa?Rifiuto o accoglienza?

INCONTRO CONMONSIGNOR MONTENEGRO

tà. La parola va poi alle pro-fessoresse Patrizia Danzè eNelly Settetrombe, promotri-ci dell’evento e organizzatricidella giornata che illustranobrevemente ilprogetto d’isti-tuto “Siamo tutti migranti” dicui quello con Monsignor Mon-tenegro rappresenta la primatappa. “Rivolgo a tutti un sa-luto affettuoso perché sono infamiglia, sono infatti stato aMessina fino al 2008.” Sono leprime parole pronunciate daSua Eccellenza durante la con-ferenza e, dopo aver ringra-ziato studenti e docenti, ar-riva al momento centrale del-la relazione. Inizia sottolinean-do che l’immigrazione è un fe-nomeno che interessa tuttipoiché mette in discussione lanostra capacità di relazionar-ci con gli altri e con noi stes-

si, riporta poi una raccapric-ciante statistica dalla qualeemerge che fin dalla giovaneetà viene “somministrata”un’immagine tristemente sba-gliata degli immigrati. Bastipensare che un bambino affer-ma: “Se fossi nero mi am-mazzerei.” Tale razzismo pro-viene non tanto dalla pauradegli altri, ma di se stessi. Al-lora arriva spontanea la con-siderazione di Don Franco chedovrebbe diventare quella diognuno di noi: “Perché sono ioa giudicare e ad allontanaregli altri senza pensare che an-che io posso essere giudicatoe allontanato?”. Ci ricorda chesi tratta in fondo di ciò cheaccadde all’inizio del secoloscorso, quando gli italiani emi-grarono in America. Tramiteuna relazione del 1912, ci di-mostra che l’immagine degliemigrati italiani di allora ris-pecchia perfettamente la par-venza di quelli odierni. Colpi-scono particolarmente le pa-role successive: “La Storia deiFaraoni e di Erode non è fini-ta, sta continuando ancoraoggi. Sono passati 2000 anni,ma la storia non cambia acausa di una cultura inaccet-tabile.” Inoltre, visto il bassotasso di natalità, abbiamo eco-nomicamente bisogno dell’im-migrazione. Temiamo che gliimmigrati ci rubino il lavoro,ma siamo noi ad aver bisognodi manodopera. Allo stessotempo, però, paghiamo mol-

to bene gli stranieri famosi,quali calciatori o cantanti. Se-condo le statistiche ciò chemangiano tre italiani corri-sponde a quello che mangiano1000 africani. Non possiamodunque non comprendere que-ste persone che, trovandosi insituazioni di estrema povertà,fuggono dal peggio alla ricer-ca del meglio e si dirigono ver-so i paesi più ricchi per chie-dere gli interessi di quello chequesti hanno tolto loro. DonFranco ci invita allora a con-siderare gli immigrati uominia cui concedere soprattuttogioie, anche loro, diceironicamente,”hanno il dirittodi sbrodolarsi con un gelatopiuttosto che mangiare un no-ioso panino.” Condivide connoi il ricordo della tragica not-te del quattro novembre 2013

trascorsa a Lampedusa, sotto-lineando tristemente che ab-biamo bisogno della morte perpensare e preoccuparci di que-sti episodi. Tanta la commo-zione scaturita al termine del-la conferenza, a partire dallaPreside Prestipino che ha ul-teriormente arricchito questomomento con il racconto diun episodio personale. E nonpuò certamente mancarel’appello che Don Franco ri-volge speranzoso a noi giova-ni: “L’augurio è che voi pos-siate essere uomini di unmondo nuovo. Adesso è ingioco il modello della civiltàdel futuro, siate nuovi nelguardare alla realtà. L’acco-glienza è abitare nel cuoredegli altri e fare abitare glialtri nel proprio cuore.”

Francesco Salmeri I C, Grazia Corvaia III A, Francesco Tomasello II B, Andrea Borgosano II B, Giuseppe Currò II B, PietroCasablanca II B, Giusy Mantarro IV C

Questa intervista riguardale opinioni di Don Francorelative all’immigrazionee alle esperienze vissutedopo aver ricevuto l’inca-rico di presidente dellaCommissione episcopaleper le migrazioni. Si fa ri-ferimento anche ai pro-getti avanzati in questoambito a livello naziona-le ed europeo, con parti-colari accenni agli organiecclesiastici.

(Salmeri) Eccellenza,qual è la sua opinione sul-la legislazione sull’immi-grazione? È d’accordo ese non è d’accordo comepensa che dovrebbe es-sere?L’immigrazione è un datodi fatto e non è un’emer-genza, bisogna prenderneatto. È poi necessario at-tivarsi all’accoglienza enon al rifiuto, nessuno può fermare ormai questo flusso.La storia della terra africana, insieme aquella di altre terre, cidice come gli immigrati abbiano voglia di vivere e pur di riuscirci tentano tutto. È cosa che faremmo anche noi se cidovessimo trovare in uno stato di situazione di gravità per guerra o per fame. Ultimamente sono andato in Germania eparlavo dei nostri emigranti. Anche là per loro la vita non è facile, qualcuno si è sistemato e qualcun altro ha ancoradifficoltà.(Borgosano) Cosa pensa degli immigrati del Palanebiolo ospitati qui a Messina?Io non seguo molto questa vicenda, apprendo qualche notizia dal giornale. Penso, come ho già detto, che sia necessarioattivarci per l’accoglienza dignitosa, perché gli immigrati sono uomini che meritano attenzione. Essi provengono da unasituazione dolorosa e non possono patire altra sofferenza. È quello che da noi succede ed è successo a Lampedusa equando la dignità dell’uomo non viene rispettata siamo tutti responsabili.(Currò) Come si stanno muovendo le diocesi d’Italia nei confronti di questa emergenza dell’immigrazione?Ritengo che una delle risposte più validesia proprio quella delle diocesi d’Italia. Difatti molti hanno aperto centri, luoghidi incontro, hanno aiutato chi cercava un lavoro o la cittadinanza. La Chiesa in questo campo è stata sempre impegnataattraverso le Caritas e l’associazione Migrantes. Non credo ci sia molto da rimproverare, senz’altro c’è più da fare.(Casablanca) Come presidente della Commissione episcopale per l’immigrazione, quali sono state le sue conquistein questi mesi?Non c’è da conquistare, né una lotta da fare. È un prendere atto della situazione, tentare di provocare a dare risposta.Io sono stato al Consiglio europeo proprio per fare presente che c’è una situazione di gravità davanti alla quale non sipuò chiudere gli occhi né voltare le spalle. La sentenza un po’ deludente che ho ricevuto è che non sarà facile avererisposte immediatepoiché mettere d’accordo ventisette teste, i rappresentanti delle elezioni, sarà un fatica. Inoltre inEuropa si fonda tutto sul denaro. Se si richiede quest’ultimo qualcosa si può avere, se viene chiesta attenzione all’uomoincominciano ad arricciare il naso.(Tomasello) Possiamo dire che la xenofobia nasce da una mancata conoscenza della storia del passato in quantotenere viva la memoria dei tragici avvenimenti vissuti e comprenderne le cause profonde è di insegnamento e dimonito per il futuro?Questa xenofobia in fondo riflette la paura di noi, non la paura degli altri che ci mettono, però, in difficoltà. Infatti,quando si incontra chi viene da una situazione di povertà,ci si sente adisagio perché questa è stata causata anche danoi. C’è un occidente che continua a colonizzare. Tendiamo a dire che l’Africa è terra povera, ma l’Africa è ricca,siamo noia prenderne le materie prime e a loro restano solo le briciole. Ecco, forse bisogna guardarci meglio dentro perpoter guardare in faccia l’altro senza paura. E perché io devo aver paura dell’altro e gli altri non devono aver paura dime? Non è detto che io sia migliore degli altri. Io vado in Germania e capisco che gli italiani sono in difficoltà. Allorabisogna dire che il mondo è tondo, quello che noi chiediamo agli altri, gli altri lo chiedono anche a noi.(Corvaia) Ha mai l’impressione di condurre questa lotta verso l’integrazione degli immigrati da solo?No, credo che davvero siamo in tanti. C’è la rete di Caritas, ma ci sono anche tante altre associazioni e uomini di buonivolontà. Non è detto che bisogna essere credenti ad ogni costo.Saremo però perdenti se non crediamo nella validità diquesta guerra, chiamiamola guerra. Bisogna abbattere una mentalità vecchia, finire di sentirci noi i primi della classeper poterci mettere accanto agli altri, anche da loro abbiamo molto da imparare.(Mantarro) Secondo lei, quali innovazioni porterà Papa Francesco nell’ambito dell’immigrazione?Già parlando di misericordiae di poveriPapa Francesco sta parlando di immigrazione. L’immigrazione non è un capitolo aparte. Essorientra nel discorso della povertà e nel rapporto che dobbiamo avere con chi è più povero di noi. E credo chePapa Francesco stia aprendo porte e finestre perché finalmente ci togliamo quella scorza dura di perbenismo per potermetterci accanto agli altri per dare e ricevere contemporaneamente.

LETTERA DI RINGRAZIAMENTO DIDON FRANCO MONTENEGRO

Sono io a dire grazie per la mattinata con voi. Grazieperchè mi avete permesso di incontrare dei giovani. gra-zie perché i ragazzi hanno dimostrato con la loro atten-zione e partecipazione il loro interesse per un problemagrande e grave. Grazie perchè l’ intervento in cui hannoraccontato le varie ‘storie’ mi hanno riempito di grandesperanza: il futuro può essere a colori. Grazie perchè se iragazzi sono così attenti ai problemi del mondo lo sonoperchè hanno educatori straordinari che li aiutano a guar-dare lontano. E grazie perchè mi avete dato la possibilitàdi tornare nella mia Messina e di incontrare volti amici.Vi saluto cordialmente e vi metto assieme ai vostri ragazzied educatori nel reparto del cuore dedicato agli amici.

don Franco

INTERVISTA AMONSIGNOR MONTENEGRO

Teatro Cristo Re - da sinistra: Settetrombe, Prestipino, Montenegro, Danzè

Teatro Cristo Re - gruppo intervista insieme a Danzè, Montenegro, Settetrombe, Colosi

Teatro Cristo Re - Mons. Montenegro e G. Currò

Cultura, Attualità e TerritorioGazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014 VII

Federica Foti II B

Buongiorno a tutti; io e lamia classe, la II B del LiceoClassico Trimarchi di SantaTeresa di Riva, ringraziamoper l’invito e per l’opportu-nità di essere oggi qui insie-me a voi e di poter incontra-re Sua Eccellenza MonsignorMontenegro. Anche noi abbiamo riflettutosulle migrazioni contempora-nee e dai nostri approfondi-menti abbiamo imparato chenon si deve mai perdere di vi-sta l’aspetto umano di questimigranti, che sono personecon, alle spalle, un passatoed una storia. Quando sentia-mo di barconi annegati, pen-siamo alle centinaia di vitti-me, ma mai alle loro storieindividuali. Pochi si interes-sano al loro nome, ai motiviche li hanno indotti a parti-re o alle speranze che nutri-vano prima del viaggio. Ven-gono tutti indifferentementeinseriti un mucchio anonimo,generalizzato e indistinto.Invece su quei barconi viag-giano esseri umani, portato-ri del più importante tra i di-ritti naturali, che nessunodovrebbe negare, la vita. E’proprio su questo che io ed imiei compagni abbiamo volu-to soffermare la nostra at-tenzione. Così, dopo averraccolto testimonianze edanalizzato a fondo le princi-pali cause della loro parten-za, sia esogene che endoge-ne, abbiamo provato a dareal alcuni di loro un nome euna storia, abbiamo provatoa calarci nei loro panni, inuna sorta di “roleplaying”.Queste sono alcune delle mo-tivazioni più importanti chespingono i migranti a parti-re, a sfidare il mare e a met-tere in pericolo la propriavita. Il nodo delle cause mi-gratorie è molto intrigato ecomplesso, ma il filo unita-rio è senz’altro il sogno, ildesiderio di vivere una vitadecorosa, senza le consueteangosce e le quotidiane sof-ferenze; in altri termini ildiritto di vivere una vita nor-male, di avere un lavoro, unsalario, una famiglia, di po-ter curare un giorno i proprifigli, di poterli mantenereagli studi. Insomma quello divivere una vita possibile

1) CAUSA: GUERRA(SILVIA LOMBARDO)

Mi chiamo Jamila. C’era unavolta la mia vita, c’era unavolta la mia casa, c’era unavolta e voglio che sia ancora.Ma la Libia ormai da tempo èscenario di guerra, bombarda-menti e violente guerrigliehanno distrutto tutto, quelche voglio lì non esiste più.Quindi parto per continuareanzi per iniziare a vivere, avivere con serenità.

2) CAUSA: POVERTÀ(ELIOS MANZI)

Sono Mohammed e parto per-ché voglio sfuggire alla povertàe ad una vita piena di stentie di sacrifici. Il debito pubbli-co eccessivo inghiotte granparte della ricchezza economi-ca del mio Paese; spesso scar-seggiano terre coltive e pascolifertili; mancano cibo,acqua elavoro. Anche le gravi cata-strofi ambientali, come la sic-cità e le inondazioni, o il de-serto che avanza, mi costrin-gono e ci costringono ad ab-bandonare in massa il nostroPaese, l’Africa, dove si muo-re quotidianamente.

3) CAUSA: GUERRA(FRANCESCO SPOTO)

Sono Khaked ed ho 17 anni.Sono riuscito a scampare mi-

racolosamente alla morte du-rante la traversata. Sono fug-gito dalla Siria dove la mia fa-miglia appartiene da genera-zioni al movimento politico-re-ligioso dei salafiti. Sono il piùgiovane di 8 fratelli, dellamaggior parte dei quali cono-sco solo il nome, ed è perchédi me non resti solo un nomeche fuggo dalla mia vita.Chiamatemi pazzo… Ma il miounico sogno è di avere una re-ligione pacifica.

4) CAUSA: EMANCIPAZIONEFEMMINILE(ROSITA CURCURUTO)

Sono Feimada, ho 18 anni evengo dalla Tunisia. Io partoperché nel mio paese le don-ne non sono libere. Non vogliovivere in quelle condizioni. Al-l’età di 12 anni mi hanno co-stretta a sposarmi e, dopo es-sere stata abbandonata damio marito, ho subìto mal-trattamenti e violenze. Mihanno lapidata, lasciandomi aterra come un animale abban-donato dal proprio padrone.Ma ce l’ho fatta. Ho deciso dipartire perché voglio vivere.Credo in un futuro migliore.

5) CAUSA: FUTURO MIGLIORE(ADRIANA STERRANTINO)

Mi chiamo Abeba. Sonomamma di due figli parto perdare loro un futuro migliore,

Immigrazione: problema o risorsa?Rifiuto o accoglienza?

La II B del Liceo classico “Trimarchi” di Santa Teresa ospite del “La Farina”

Un ringraziamento specia-le alle prof.sse PatriziaDanzè e Nelly Settetrom-be, per aver dato aglialunni della classe II B delLiceo Classico Trimarchi diSanta Teresa di Riva, l’op-portunità di partecipareall’incontro con Mons.Francesco Montenegro,Arcivescovo di Agrigento-Lampedusa. Per costrui-re un futuro di pace, diintegrazione, di libertà ediritti comuni, per educa-re alla cittadinanza attivae consapevole, la Scuola,che è lo specchio di quel-la che sarà la società delfuturo, una società inclu-siva e di eque opportuni-tà, deve insegnare il dia-logo e il confronto fra cul-ture e l’umana solidarie-tà, l’accoglienza e il ri-spetto dell’altrui diversità.Ecco perché iniziative cul-turali come questa orga-nizzata dal Liceo La Fari-na contribuiscono a dareai nostri studenti le coor-dinate migliori, per orien-tarsi all’interno delle no-stre città, ormai divenu-te interetniche e multicul-turali. Ascoltare un testi-mone del fenomeno mi-gratorio contemporaneo,quotidianamente impe-gnato ad affrontare glisbarchi e a sostenere il la-voro dei centri di acco-glienza, ci ha fornito lagiusta informazione su unodei temi più importantidel nostro tempo. L’impe-rativo categorico di donFranco è stato deciso esenza mezzi termini: dob-biamo imparare ad abbat-tere i muri invisibili tra noie coloro che vediamo epensiamo diversi, metter-ci in gioco, diventare sog-getti umani nuovi, senzafalsa bontà, senza la ma-schera della solidarietà edella compassione, ma ca-paci di vera integrazione,perché i migranti, in vir-tù della loro dignità uma-na, devono essere rispet-tati col cuore e con lamente. No alla cultura delrespingimento e del raz-zismo, sì alla cultura del-l’accoglienza e dell’incon-tro. Volerli fermare – hasottolineato Montenegro-è come voler fermare ilvento, la Storia. Le mi-grazioni sono, infatti, unfenomeno imponente cheriguarda la totalità dei Pa-esi e dei popoli del mon-do da sempre, perché gliuomini hanno il diritto del-la difesa della vita e quindiil diritto di migrare, chenon significa altro chespostarsi dai luoghi d’ori-gine alla ricerca di nuoviterritori, migliori per la so-pravvivenza. Non dimen-tichiamo, pertanto, chequesta gente lascia terrepovere di risorse, sfuggea catastrofi naturali, aguerre e a persecuzioni dicarattere politico o reli-gioso, in altri termini,cerca disperatamente dinon morire e di poter vi-vere una vita normale.

Prof. Francesca Gullotta

P A R O L E E D E M O Z I O N I

perché nel mio paese i bam-bini subiscono sfruttamentisessuali, sono costretti a lavo-rare nelle industrie e nellepiantagioni, spesso obbligati adiventare giá da piccoli solda-ti, mettendo a repentaglio laloro vita. Io combatto per sal-vargli la vita.

6) CAUSA: EMANCIPAZIONEFEMMINILE(ELISA MOLTENI)

Io sono Farah. Nel mio Pae-se, in Congo, ho perso la miafamiglia e la mia dignità. Par-to per inseguire il mio piùgrande sogno, studiare, che inrealtà dovrebbe essere un di-ritto. Invece noi ragazze sia-mo discriminate nell’accessoallo studio, e lo siamo non tan-to per motivi culturali o reli-giosi, ma soprattutto econo-mici. Le scuole sono, infatti,a pagamento e su circa 11,39milioni di adulti analfabeti, il67% sono donne. Ecco perchévoglio andare in Europa, perpotermi istruire, diventaremedico, per poi tornare nelmio villaggio e curare chi neha bisogno. L’istruzione è lostrumento più importante perdifendere la libertà.

7) CAUSA: MALATTIE(ROBERTA LOMBARDO)

Mi chiamo Ajar. Vengo dalCongo. Nel mio Paese e in tut-ta l’Africa non ci sono strut-ture sanitarie attrezzate econdizioni igieniche idonee percurare malattie come la mia.Sono affetta dall’AIDS. Ho vi-sto tante donne morire a cau-sa dell’assenza di cure, mori-re senza l’opportunità di unvaccino. Molte ragazze sonostate costrette ad avere rap-porti forzati con i cosiddetti“squadroni portatori di AIDS”,uomini che in questo periododi conflitto hanno trasforma-to questo virus mortale inun’arma di guerra, contagian-do volontariamente donne pro-venienti da comunità ostili.Parto perché non voglio cheanche le mie figlie contragga-no questo male che lacera len-tamente fino alla morte.

8) CAUSA: LAVORO(ALESSIA BELLOMO)

Io sono Meriem, parto perguadagnarmi del pane da vi-vere. Nel mio Paese in Maroc-co, il lavoro è limitato solo perpochi, solo per gli uomini. Lamia speranza è quella di arri-vare in Italia sana e salva, dipoter trovare un impiego, dipoter mandare i fondi alla miafamiglia, ai miei sei fratelli,e di poter vivere una vita mi-gliore: una vita normale, sen-za discriminazione.

9) DEFUNTO 1(MASSIMILIANO MICALI)

Adesso mi chiamano Giusep-pe Lampedusa e sono sepol-to a Nizza di Sicilia. Il nomeche porto non è che uno qual-siasi assegnatomi, quello verol’ho perso con la mia famigliaquella sera in mare, quando lenostre speranze naufragaronocon noi e ci accorgemmo chei sogni di cui hai pieno il cuo-re servono a poco quando l’ac-qua ti riempie i polmoni.

10) DEFUNTO 2(GIORGIO BASILE)

Adesso il mio nome è Igna-zio Lampedusa, anche se io,Lampedusa non l’ho mai rag-giunta, non da vivo. Sono cri-stiano e vengo dalla Nigeria,dove il terrorismo religioso uc-cide. Ormai ogni domenica gliintegralisti islamici di “Bo-koHaram” uccidono in massai fedeli riuniti a messa e le vit-time sono sempre i cristianicolpiti dalle bombe islamiche ei musulmani uccisi nelle rap-presaglie cristiane. Io volevosalvarmi da tutto questo mala mia vita, la mia identità, ilmio nome li ho persi in mare,mentre l’acqua salata si me-scolava alle mie lacrime. Ades-so riposo a Nizza di Sicilia,sono in una tomba come lealtre,un defunto come gli al-tri, un uomo come gli altri.

11) DEFUNTO 3(MARTINA LEONARDI)

Mi chiamo Jasmine, ero par-tita per poter realizzare il miosogno di libertà. Quella notteil mare è diventato un nemi-co dal quale non si può sfug-gire, io pensavo di aver com-battuto ma in realtà non fa-cevo altro che agevolare il suocullarmi fino a che non ho toc-cato il fondo.

Teatro Cristo Re - gruppo di Santa Teresa di Riva

Teatro Cristo Re - esibizione del gruppo di Santa Teresa di Riva

La Scuola deve inse-gnare il dialogo e ilconfronto fra culture,l’umana solidarietà el’accoglienza

Teatro Cristo Re - da sinistra: Settetrombe, Prestipino,Montenegro, Danzè

Teatro Cristo Re - Monsignor Francesco Montenegro

Cultura, Attualità e TerritorioVIII Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014

Francesco Salmeri I CRoberto D’Andrea I AFrancesco Tomasello II BGiuseppe Currò II B(con la collaborazione diGiuseppe Aloisi)

È sempre stato spontaneo perl’uomo domandarsi “chi è” o“da dove viene”, domandenaturali, alle quali, però,deve darsi delle risposte sec-che, nette e senza troppi giridi parole, poiché è inutileprecisare che l’appartenenzaad un territorio, ad un popo-lo e a delle tradizioni deli-nea una vera e propria “car-ta di identità” indispensabi-le per comprendere il modoin cui l’uomo stesso si com-porta ed interagisce. Questa“carta di identità” ai nostrigiorni, tuttavia, viene smar-rita dalle nostre menti, trop-po indaffarate ad uniformar-si ad un regime di vita trop-po povero di ricordi ed ecces-sivamente ricco di superflue“concretezze” con cui ilmondo del lavoro, ed in par-

ticolare il mondo del successoindiscriminato, ci ammorba.Per questa ragione il messine-se Marcello Sajia, docente diDottrine Politiche all’Univer-sità di Palermo, giorno 25 feb-braio presso la nostra aula ma-gna ha tenuta il suo dibattitosul tema “La grande emigra-zione siciliana dal 1870 al1924” riguardo l’emigrazionesiciliana, tema attuale visto ilperiodo di evidente crisi che,se in Italia si fa sentire, in Si-cilia è diventato drammati-co. Da qui le nostre domandea cui di seguito ha risposto ilprof. Sajia:

Quando gli emigranti eravamo noiINCONTRO CON IL PROFESSORE MARCELLO SAIJA

(D’Andrea) L’emigrazionedei Siciliani in America è sta-ta un momento di confrontoculturale e politico con gliAmericani o semplicemente,per i Siciliani, un’occasioneper continuare a svilupparsiall’interno della propria iso-lata cricca?Questo dipende moltissimo dadove andarono: se si recaro-no in America del Nord o nel-l’America del Sud. Infatti,mentre nell’America del Nordtrovarono uno stato forte, benstrutturato e che tentava dipassare come un rullo com-pressore al di sopra di tutti,nell’America del Sud non fucosì. Al Nord i Siciliani dunquesubirono in qualche modo que-sto sistema; tentarono co-munque di difendere la propriaidentità, con maggiori o mi-nori risultati, attraverso le mu-tualaid societies, ovvero lesocietà di mutuo soccorso, cheprendevano il nome dai paesida cui venivano. In qualchemodo tali società valsero amantenere la loro identità perun poco di tempo. Tuttavia la

vita in America senza la cit-tadinanza era alquanto proble-matica, perché presentava di-verse limitazioni. Pertanto eraassolutamente necessaria, equelle stesse società si tra-sformarono in veicoli per“americanizzare” i Siciliani.Nell’America del Sud invece lostato non c’era: si trattava diuna mera casta militare chesi difendeva dalla gestione delpotere, senza che vi fosse al-cuna società civile. Così i Si-cilani furono gli egemoni nelcostruire la società civile,mantenendo la loro lingua e leloro istituzioni e quasi impo-nendole in America. Costruiro-

no, case ospedali scuole ecc.Alle caste militari ciò non in-teressava nulla, bastava che illoro potere rimanesse intatto.

(Salmeri) Quali effetti haavuto sulla società america-na questo flusso di emigran-ti dalla Sicilia, e quale inve-ce furono le ripercussioni, inSicilia, dell’assenza degliemigrati?Prima di tutto bisogna valutarein America gli effetti dell’emi-grazione in genere, che è sta-ta importante per sostenere ilvorticoso processo di sviluppoeconomico che l’America sta-va attraversando, e che è lacausa prima dell’emigrazione.Se infatti non ci fosse statoquesto grandissimo richiamo dimano d’opera, l’emigrazionedifficilmente sarebbe partita.L’America attraversava un pe-riodo veramente tumultuoso,tra industrializzazione e cre-scita dell’economia. L’appor-to dato loro dagli emigranti fueccezionale, e non ci sarebbestata oggi questa grande po-tenza americana senza il con-tributo di tutti loro. L’Ameri-ca è stata fatta da gente dietnie diverse, ed ancor oggi loè. Per quanto riguarda invecele conseguenze verificatesi inSicilia, esse furono di varia na-tura: partite due milioni dipersone, mandarono in Siciliauna quantità di denaro stra-ordinaria, che è arrivato allefamiglie ed anche alle banche,

dove venivano trasferiti i ca-pitali per via del maggiore di-namismo economico, per cuiparadossalmente la seconda in-dustrializzazione dell’età gio-littiana è stata fatta con i ca-pitali degli emigrati del Sud.A tal riguardo, a tutti coloroche nel Nord sbraitano a fa-

vore della Padania, che pro-pongono una secessione, io ri-spondo che la questione delNord non ci sarebbe stata sen-za le rimesse dei Siciliani delSud. Questo ci fa capire chel’Italia è un fatto unico, e che

chiunque pretendesse di divi-derla, avrebbe semplicementetorto. È possibile, a parer suo,che, nonostante le consuetediffidenze ed esitazioni daparte di coloro che ricevonogli emigrati, il fenomeno del-l’emigrazione sia visto sottouna luce del tutto positiva,ovvero come una preziosa ecostruttiva occasione di scam-bio tra due culture? La mia ri-sposta è sì.Chi affronta il fenomeno mi-gratorio oggi tentando di op-porre barriere per impedirlonon si rende conto che faun’azione equivalente a coluiche tenta di fermare le ondedell’oceano con le dita. Chipotrebbe infatti impedirlo? Ildestino del mondo è quindi undestino in cui le razze devo-no mescolarsi. Questo è av-venuto in America, una socie-tà multirazziale, un meltin-gpot ormai da centocin-quant’anni. Ciò avverrà ine-vitabilmente anche in Europa.Qual è dunque la soluzione mi-gliore? Tentare di trarre ilmeglio dalle culture diverseche si incontrano: il confron-to tra i popoli costituisce for-tunatamente una grandissimaricchezza.

(Tomasello) Nel Meridioneche rapporto c’è tra emigra-zione e immigrazione?Nel meridione, con il persiste-re della crisi, la maggior par-te della popolazione giovanecompresa tra i 25 ed i 30 annicerca di trovare maggio for-tuna altrove, lasciando la pro-pria terra d’origine e, comeè possibile notare, anche ipropri cari che vanno a costi-tuire la popolazione con etàsuperiore ai 50. Quindi il tas-so di occupazione è netta-mente inferiore, tuttaviaparte dei posti lavorativi vie-ne occupata dai cosiddetti im-migrati, gente proveniente daaltri paesi che trovano nel-l’Italia un luogo in cui poterricominciare la propria vita.E questo è il destino in cuiandrà in contro non solo la Si-cilia ma anche tutto il meri-dione, se coloro che partonoper l’estero non faranno piùritorno. Ma se questi giovaniritornando, saranno in gradodi far ripartire l’economia, al-lora sì, tutto ciò sarà valso aqualcosa.

(Currò) Come è affrontato ilproblema dell’emigrazione

dallo Stato Italiano?Il problema non viene affron-tato per niente, proprio peril fatto che lo Stato non rie-sce a far ripartire l’economiaper poter dare un posto di la-voro a propri cittadini che,malgrado abbiano specializza-zioni di una certa importan-za, si ritrovano costretti a do-ver andarsene per la mancan-za di un posto di lavoro con-facente al corso di studi daloro seguiti.

(Salmeri) Quali sono i mag-giori interessi dell’Italia neiconfronti degli immigrati? Ecome questi interessi posso-no collegarsi ad una propa-ganda razzista e xenofoba?Gli interessi economici che cisono dietro gli influssi migra-

tori in Italia sono di diversotipo: prostituzione, che , seb-bene tremendo, crea un giroeconomico veramente notevo-le che non solo interessa l’Italiama anche tutto il mondo; in-teressi economici di tipo lavo-rativo, dato che i migrantisono disposti a fare lavori deltutto rifiutati dal resto dellasocietà italiana, fornendo cosìuna risorsa in più allo Statoper tenere sotto controllol’economia interna. Tuttavia,tenendo presente quello che siè detto prima, il problema deiflussi migratori che continua-no, viene affrontato in duemodi: con la xenofobia, rap-presentata dalla legge Bossi-Fini, e con un’apertura inter-nazionalistica coadiuvata daalcuni uomini che tengono acuore l’integrazione degli im-migrati, i quali non devono es-sere considerati come porta-tori di povertà ma come fon-te di ricchezza non solo eco-nomica ma anche culturale.Perciò è indispensabile proce-dere all’allontanamento di unamentalità xenofoba, al fine difavorire il nostro Stato, il no-stro presente e magari il no-stro futuro.

“Italy”. Pascoli e l’emigrazione, un classico modernoClaudio Panebianco III C

Siamo, ormai da decenni, cittadini del mondo. In un qualsiasi sport di squadra, ai più piccoli, viene insegnato che il nome del team vale molto di più di quello del singolo. Essere Europeo, Italiano, Siciliano eMessinese conta ormai davvero poco davanti al cambiamento che le tradizioni di tutti i continenti stanno subendo: abbiamo importato feste, esportato cultura culinaria, importato guerre che non ci appartenevanoed esportato prodotti di qualsiasi tipo. Da tempo siamo tutti migranti e non ce ne siamo neanche resi conto. Nomadi del 21esimo secolo, viandanti dell’urbano connubio che lo stesso uomo con il progresso hacreato. La storia, che simpatica burlona! Adesso tocca ad altri scappare dai propri paesi per arrivare in Italia, “il giardino dell’eden” , dove i prati sono rigogliosi, gli uccellini cantano felici e le malattie nonesistono. In altri tempi, però, siamo stati noi Italiani “i disperati” , gli affamati di salvezza e di guadagno, di una vita migliore. Approdo principale dei nostri avi sono stati gli Stati Uniti d’America, il paese delleopportunità per tutti, “u paisi aunni vai senza i scappi e tonni chinu i picciuli” , si usava dire nelle periferie siciliane. Attacchiamo i disgraziati che sbarcano, in preda alla follia, sulle nostre coste, non ricordandocome all’inizio del ‘900 anche noi siamo stati clandestini, anche noi criminali non per scelta ma per esigenza. Giovanni Pascoli, uno dei tanti pilastri della letteratura italiana, affrontò di petto la questione delviaggio degli Italiani verso gli USA nell’ultimo dei “Primi Poemetti”, una delle composizioni più lunghe del poeta romagnolo. “Italy” , l’opera interessata da questo argomento così scottante tra la fine dell’Ottocentoe l’inizio del ventesimo secolo, risulta (nonostante gli anni sulle spalle) tremendamente attuale, immagine straordinaria di un’Italia che cambiava, di un mondo che cambiava. Ai tempi chi partiva non lo faceva perpiacere, non lo faceva per restare, lo faceva per tornare, pensando sempre alla famiglia, alla patria, “per farsi un campo, per rifarsi un nido” . Italy narra la storia della piccola Molly, bambina nata in America dafamiglia Italiana, che viene riportata dal vecchio nonno e dagli zii, Beppe e Ghita, nel paese d’origine, Caprona, in Garfagnana, nella speranza che l’aria della terra nativa possa guarirla dalla tisi. Dopo il primoimpatto con l’ambiente la piccola vorrebbe subito tornare in America, definendo “bad” la casa della nonna, dove la famiglia viene ospitata. Vari sono gli interventi dello Zio, Beppe, il quale con un ingleseitalianizzato (“pai con fleva” che sta per “pai with flavour” o “molti bisini” che sta per “business”) cerca di tranquillizzare, senza riuscirci, la povera Molly, la quale odia l’Italia. Solo la nonna, impegnata nellefaccende, riesce a calmare la bambina: Molly, attratta dai gesti lenti della donna mentre questa filava, rimane incantata, scoprendo un affetto ed una quiete che non sono assolutamente concepiti nel continente dacui proviene. Dopo ore passate accanto alla nonna ed al fuoco, Molly, la quale pian piano guarirà dalla tisi, vorrà, alla fine “Die in Italy” , morire in Italy, tanto è stata rapita dai paesaggi e dall’atmosfera. Lamalattia però coglie la nonna, la quale muore poco tempo dopo la ripresa totale della bambina. I famigliari, dopo il funerale, ripartiranno alla volta degli Stati Uniti con la speranza, condivisa anche da Molly, di potertornare un giorno in Italia. Specchio assoluto della storia del nostro paese (sono circa 20 milioni gli Italiani che decisero di partire in cerca di lavoro alla volta delle Americhe, dato che molti si stanziarono anche inAmerica del Sud), Italy insegna come la cura per qualsiasi male sia la propria terra d’origine, come un giorno, nonostante la fortuna, il guadagno e la vita vantaggiosa, si senta il bisogno, se non il dovere, diritrovare le proprie radici o mantenerle dovunque il viaggio ci porti.

“Chi affrontail fenomenomigratorio oggitentando diopporrebarriere perimpedirlo faun’azioneequivalente achi tenta difermare le ondedell’oceano conle dita.”

Aula Magna Liceo La Farina - a sin.: Saija; a dx: D’Andrea

Aula Magna - da sin: Danzè, Saija, Prestipino, Settetrombe

“il confrontotra i popolicostituiscefortunatamenteuna grandissimaricchezza”

COSA SUCCEDE NEL VENEZUELADI SIMON BOLIVAR

Venezuela blindato e isolato

Alberto Cardia III B

“Questo paese cadrà nellemani della folla scatenata, perpoi passare in quelle dei tiran-ni”, così disse Simon Bolivar,“ElLibertador” (combattè perl’indipendenza dei Paesi Suda-mericani, liberando definitiva-mente il Venezuela dal domi-nio spagnolo, nel 1813), inuna delle sue ultime lettere,ammalato e deluso nel vede-re vanificati i suoi sforzi. Os-servando la Storia attuale, nonsi può non evidenziare quan-to siano state profetiche leparole di questo grande eroe.Ma cosa sta succedendo nel Venezuela del “Libertador”? Facendo un salto di qualchesecolo, per arrivare ai giorni nostri, ricordiamo che il defunto presidente Hugo Chávezè stato il primo leader progressista – dai tempi di Salvador Allende – che scelse la viademocratica per arrivare al potere. La scommessa di Chávez, e del suo successoreNicolás Maduro, era il socialismo democratico. Una democrazia non solo elettorale, maanche economica, sociale, culturale. In 15 anni il chavismo ha consentito a milioni dipersone che, in quanto povere, non avevano carta d’identità, lo statuto di cittadini eha consentito loro di votare. Ha devoluto buona parte del bilancio dello Stato agli inve-

stimenti sociali; ha tolto dalla povertà 5 milioni dipersone; ha ridotto la mortalità infantile; ha sra-dicato l’analfabetismo, sia aumentando il numerodi maestri nella scuola pubblica, sia creando nuo-ve università. Ha concesso, altresì, pensioni d’an-zianità a tutti i lavoratori. Tutto questo dava unaspiegazione all’appoggio popolare che aveva avu-to sempre Chávez, ed in quest’ottica rientravaanche la vittoria elettorale di NicolásMaduro. Mail Venezuela oggi è in rivolta, ed il centro dellaprotesta, questa volta, sono le università: inizial-mente, manifestazioni di piazza che man mano sisono succedute senza soluzione di continuità in tut-te le maggiori città con decine di studenti arre-stati e feriti a causa di proiettili esplosi, non sisa bene se dalla polizia o da miliziani chavisti. Dopoun anno dalla morte del leader Hugo Chávez, ilsuccessore NicolásMaduro si trova a fronteggiare

la peggiore crisi del suo mandato. Uno dei motivi principali è l’insicurezza: migliaia divenezuelani muoiono per la violenza nelle strade; i giovani sono stufi e vogliono il cam-biamento. Il Venezuela,con i suoi 24.763 omicidi registrati nel corso del 2013,è uno deipaesi più pericolosi al mondo, in cui i diritti umani e la costituzione sono violati conti-nuamente, proprio quella costituzione dentro la quale gli studenti avrebbero voluto chesi mantenesse questo “vento di rinnovamento”. Il Paese versa, altresì, in una gravesituazione inflazionistica e mancano prodotti basilari di consumo, come pane, latte,farina e carta igienica, perfino nei Mercal, gli spacci controllati dal governo (il prezzodi questi prodotti fortemente aumentato dopo la svalutazione del bolivar), bisogna fareore di coda per comprare una bottiglia di olio o per fare benzina; spesso salta anche lacorrente elettrica. Un paradosso per un paese membro dell’Opec, tra i primi produtto-ri di petrolio al mondo, che per la capacità estrattiva era stato battezzato negli anniSettanta “Venezuela saudita”. Ma le riserve sono state distribuite a pioggia a moltipaesi del continente o in “scambio merci”, come è successo a Cuba che, in cambio, haofferto medici ed intelligence, o per crearsi una base di appoggio politico continentale,dando vita a fondi neri messi a disposizione di molti partiti per vincere le elezionipresidenziali. Tutto questo sta alla base della grave situazione in cui versa il Venezuela,a cui vanno aggiunte altre circostanze, come l’arresto, avvenuto il 18 febbraio scorso,del leader d’opposizione Leopoldo López, massimo dirigente di VoluntadPopular, partitosocialdemocratico iscritto all’Internazionale Socialista, che ha dato inizio a questo “nuovocorso” in cui il potere giudiziario viene oramai usato dall’esecutivo come una vera epropria “arma”. Senza una giustizia indipendente e con carcerazioni politiche semprepiù frequenti, parlare di democrazia oggi a Caracas è impossibile. Il governo favorisce,inoltre, le università direttamente sotto il suo controllo, fornendo loro maggiori finan-ziamenti e borse di studio ma, naturalmente devono sottostare al controllo ideologicodel regime, senza alcun pluralismo. Ma la protesta, nata dagli studenti, senza bandie-re politiche, si è poi trasformata in una lotta a cui si sono uniti anche i partiti e partedella società civile. Ma il presidente Maduro (che accusa gli USA di essere dietro laprotesta) è andato in televisione a dichiarare la proibizione delle manifestazioni: imedia sono completamente asserviti al governo come tutti gli organi dello Stato, com-presi quelli di garanzia. Queste condizioni c’erano anche con Chavez, ma forse adessopesa anche lo scarso carisma del nuovo presidente. Man mano,la repressione è andatacrescendo: polizia e militari arrestano e picchiano con il permesso dei giudici ed ora,repressione sistematica e violazione dei diritti umani, dilagano come denunciato dalrapporto(intitolato “Castighi per aver protestato”) pubblicato dallo “Human Rights Wa-tch” (organizzazione non governativa), che si occupa della difesa dei diritti umani sullarepressione delle manifestazioni degli oppositori in Venezuela. In esso si denuncianoviolenze e torture da parte delle forze di sicurezza, usate per rispondere alle dimo-strazioni antigovernative: manifestanti disarmati picchiati duramente e, addirittura,colpiti con le armi a bruciapelo, oltre a detenuti sottoposti ad abusi fisici e psicologicigravi, compresa, in alcuni casi, la tortura. In esso viene, altresì,denunciata la conni-venza tra le forze di sicurezza e bande armate filo-governative a cui è stato permessodi attaccare i civili disarmati. Il Tribunale supremo di Giustizia ha stabilito che “la li-bertà di manifestazione pacifica non costituisce un diritto assoluto, e dunque, ognimanifestazione deve essere autorizzata dagli organismi competenti o, se non lo fosse,può essere legittimamente dispersa dalle forze dell’ordine”. Contro il governatore ve-nezuelano Maduro, si scaglia lo scrittore peruviano e Premio Nobel per la letteratura,Mario Vargas Llosa, il quale accusa Maduro di voler imporre nel Paese un modello politi-co di un radicalismo anacronistico con una burocrazia impreparata che è condannata afallire. Il Venezuela, ricorda “Human Rights Watch”, “dovrebbe porre fine a tutte leviolazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza nel contesto di proteste eassicurare indagini rapide, approfondite e imparziali sugli abusi che si sono verificati,portando i responsabili davanti alla giustizia”. Al contempo, il governo venezuelano do-vrebbe poi “accettare le richieste in sospeso di visitare il paese” da parte degli osser-vatori delle Nazioni Unite, mentre l’Assemblea Nazionale del paese dovrebbe “ripristi-nare la credibilità e l’indipendenza della magistratura”, ma anche ricordare le paroleche Simon Bolivar affermava al Congresso di Angostura ‘il sistema di governo più per-fetto è quello che produce la massima somma possibile di felicità, sicurezza sociale estabilità politica.”

Cultura e AttualitàGazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014 IX

Hugo Chávez

Nicolás Maduro

STOA’ premiato a BeneventoRoberto D’Andrea I A

Per la terza volta, il giornaledella nostra scuola ha conse-guito un illustre premio nel-l’ambito del concorso dell’Or-dine nazionale dei Giornalisti.Una delegazione di alcunistretti collaboratori, guidatadalla direttrice del giornale, laprofessoressa Patrizia Danzè,si è recata a Benevento per ri-tirarlo. Nel giorno precedentea tale cerimonia, abbiamo as-sistito ad una conferenza in-torno alla delicata tematicadell’“Etica del giornalismo nel-l’era digitale”, presieduta da

Enzo Jacopino (presidente del-l’Ordine dei Giornalisti), Gian-franco Coppola (GiornalistaRAI), e Mimmo Falco (Consi-gliere dell’Ordine dei Giorna-listi della Campania). Il mas-simo comune denominatoredei loro interventi risiede nelriconoscimento di un’istanzaveritativa di cui il giornalismoha fatto sovente a meno, mache cionondimeno deve costi-tuirne la quintessenza. Oggipiù che mai le notizie si divul-gano con incontrollabile rapi-dità e come gli sbagli di unavvocato finiscono dietro allesbarre e quelli dei medici sot-toterra, afferma il dottor Fal-co, così gli errori del giornali-sta (o, peggio, le sue sovra-strutture più o meno distantidalla verità) danno vita dram-matiche conseguenze, talvol-ta irrimediabili. Il giornalistaagisce oggi, qualora sia estra-neo a turpi servilismi e non in-dulga ai sentimenti di parte,in un conteso di libertà pres-

Alessandro Triolo I C

Resteranno per sempre impressi, indelebili e nostalgicamentesuggestivi i ricordi dell’esperienza in Baviera per i 22 ragazzidel La Farina, ospitati dai propri rispettivi “partner” dell’isti-tuto Luitpold-Gymnasium di Wasserburg. Analogamente all’ac-coglienza offerta dagli studenti messinesi nel mese di febbra-io, i ragazzi bavaresi hanno permesso ai loro corrispondentidi vivere a pieno una settimana, coinvolgendoli sia nella loropiù cara quotidianità, sia nella scoperta della loro meraviglio-sa regione. Catapultati in un suggestivo diorama, ci è statoimpossibile restare indifferenti davanti ai fiabeschi paesaggi,appena velati dalla coltre di nebbia circostante. Giunti lunedì24 marzo, il freddo si fa subito sentire tanto, quasi quanto iltimore e le ansie che possono essere scaturite da occasionisimili. Accolti dalle famiglie con estrema cordialità, il giornoseguente, con analoga gentilezza, il Preside ci dà il suo calo-roso benvenuto, in antitesi alla bassa temperatura esterna.Dopo aver visitato la scuola, ed aver provato un po’ di since-ra invidia, è toccato al paese di Wasserburg farci gli onori dicasa. Nella stessa cittadina, tutto sembrava esprimere un’ideadi leggerezza e calma, o di un ideale artisticamente armo-nioso: il centro storico che rimanda ad una tipica città rina-scimentale, le vette dei campanili che sovrastano i tetti dellestrette case, il fiume che ne delimita lo spazio la rende ancorpiù suggestiva al primo sguardo, grazie anche alla natura cir-costante in perfetta simbiosi con l’opera dell’uomo. Alla me-ravigliosa cornice naturale del lago di Chiemsee, si contrap-pone la visita al castello di Herrenchiemsee del re Ludovico IIdi Baviera, ispirato alla reggia di Versailles. Dalla bellezza ema-nata ed intrisa dalla bellezza del paesaggio si passa allo sfar-zo, all’eccesso e alla grandezza dela dimora del re bavarese,appassionato ammiratore del re di Francia Luigi XIV. Dulcis infundo, non poteva mancare in una tale esperienza l’escursio-

soché totale: per questo, dun-que, subentra l’esigenza eti-ca, poiché là dove non c’è li-bertà, è vano anche parlare dietica. Tale termine concentrain sé una vasta gamma di im-plicazioni, tra cui l’onestà in-tellettuale (“fuori dalla porta,per il giornalista, ogni ideolo-gismo”, sostiene sempre ildottor Falco) ed una buonadose di scrupolo e solerzia, inquanto è ardua la ricerca del-la verità con ogni mezzo, edè certamente più agevole ri-portare informazioni fuorvian-ti ed approssimative che im-pegnarsi a trovare e vagliarefonti attendibili.

ne alle miniere di salgemma, nelle quali l’obiettivo di stupireed intrattenere i visitatori con effetti speciali e attrazioni erapiù mirato dello scopo meramente informativo. Un clima pri-maverile appena subentrato stimola ancor di più la tanto at-tesa giornata di Monaco. La capitale bavarese appare comeuna particolare e moderna metropoli, con il suo centro stori-co che “convive” con elementi moderni, esaltando davverociò che la stessa città vuol rappresentare. Dalla visita guidatadella zona turistica e centrale, dalle piazze storicamente eartisticamente più importanti ai grandi negozi: alla breve espe-rienza trascorsa nella florida Monaco non è mancato di certol’intensità e l’entusiasmo. Ed infine si giunge al caro e liberoweek-end, trascorso tra falò in riva al fiume e passeggiate inmontagna, che ci permette di consolidare i rapporti che sierano venuti a formare. E tali momenti e i tanti ricordi re-stano vividi e inossidabili nella memoria, come la forte spe-ranza di poter mantenere duraturi i legami personali e cultu-rali offertici da questa straordinaria occasione.

V I A G G I O I N B A V I E R A

Andrea Borgosano II BRoberto D’Andrea I ASandy Bellinvia III AGrazia Corvaia III A

Terza vittoria di Stoà all’un-dicesima edizione del concor-so nazionale “Fare il giorna-le nelle scuole”. Nei giorni 6e 7 maggio una rappresentan-za di Stoà si è recata a Be-nevento per partecipare al-l’evento. Il 6 maggio pressoil teatro De Simone si è svol-to un forum intitolato “L’eti-ca del giornalismo nell’era di-gitale”. Presenti GiovanniFuccio, Ottavio Lutarelli (pre-sidente O.D.G. Campania),Mimmo Falco (consigliereO.D.G. Campania) e il presi-dente nazionale dell’O.D.G.,Enzo Iacopino che rivolto aigiovani ha esortato a nonconfondere tutto per infor-mazione ma constatare dipersona ciò di cui informia-mo o siamo informati. Il gior-

no seguente gli studenti han-no assistito alla premiazione,presente in sala Bruno Vespache ha parlato del suo iter digiornalista dal periodo giova-nile sino agli studi di Portaa Porta.Dott. Iacopino, cosa pensadell’“etica del giornalismonell’era digitale”? E cosa deigiornali scolastici?Non accetto che i vostri ven-gano chiamati “giornalini sco-lastici” così come reagiscosempre quando sento parlare,con intenzioni riduttive, di“stampa locale”. Voi, nellescuole vi occupate dei proble-mi che interessano le personea volte molto più approfondi-tamente della “grande stam-pa”. Affrontate argomentiche toccano la vostra vita, levostre opportunità di cresce-re in maniera sana, con unaconoscenza quanto più possi-bile piena dei problemi. Il pro-blema dell’ “etica nel l’infor-mazione sarebbe facilmente ri-solvibile, se tutti noi - parlodei giornalisti – affrontassimocon rispetto della verità e dellepersone, con la consapevolez-za che le parole, scritte o pro-

nunciate, possono fare moltomale.Dott. Franchina (vicepresi-dente nazionale dell’Ordinedei Giornalisti), chi è il gior-nalista e con quale criteriodovrebbe scegliere le infor-mazioni da scrivere?Il giornalista oggi deve essereun professionista qualificato econsapevole del proprio ruoloe dei propri limiti. Io lo im-magino come il “cane da guar-dia” della democrazia ultimobaluardo a difesa dei dirittidei cittadini e delle verità con-tro ogni condizionamento delpotere. Per questo deve esse-re una figura altamente qua-lificata al pari di altre profes-sioni nella consapevolezza chedall’altra parte vi sono sem-pre delle persone da rispetta-re. Il vero giornalista è chi rie-sce a scoprire la notizia dovegli altri non la vedono. Ma for-se la mia è una visione anco-ra romantica di questa profes-sione che spesso deve fare iconti con esigenze editoriali etempi sempre più ristrettitanto da limitare gli spazi dadedicare agli approfondimen-ti e alle verifiche.

Benevento - Premiazione di Stoà

Borgosano e D’Andrea con Vespa e Iacopino (a destra)

Corvaia e Bellinvia con Il Sannio

Gruppo del La Farina in Baviera

Cultura e AttualitàX Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014

Ilaria MaioranaGiuliana Triscari I C

Nel suo ultimo saggio “La cri-si dell’utopia”, Luciano Canfo-ra, filologo classico, storico esaggista (i suoi testi analizza-no con acuta conoscenza ilmondo classico e in particola-re la democrazia, le oligar-chie, il potere), affronta unodei temi centrali nella rifles-sione filosofica di tutti i tem-pi: quello relativo all’utopia,ovvero alla possibilità, perl’uomo, di inventare un mon-do teoricamente perfetto incui fondare una società idea-le in cui far vivere nel miglio-re dei modi degli ipotetici “uo-mini nuovi”. Ne ha parlato inun lezione magistrale intitolata“Crisi dell’utopia”. Aristotelecontro Platone” al XXVII Salo-ne del Libro di Torino. Per af-frontare questo tema, e ri-spondere alla domanda “i fal-limenti liquidano l’utopia, ol’utopia resta un bisogno mo-rale al di là del naufragio?”,

Canfora fa riferimento alleopere di due grandi del mon-do greco, Aristofane e Plato-ne. Platone nel suo dialogo LaRepubblica rappresenta ciòche per lui era la società ide-ale, fondata sul bene comunee non individuale, sulla cancel-lazione della famiglia e gover-nata unicamente dai filosofi.Molto interessante il confron-to tra Atlantide ed Atene dovel’utopia non riguarda Atlanti-de ma Atene, o meglio la cit-tà antichissima che sorgevanello stesso luogo in cui suc-cessivamente sarebbe sorta lacapitale dell’Attica. Il mito diAtlantide contenuto nel Criziae nel Timeo serve a Platoneper dire della distanza incol-mabile tra i suoi contempora-nei (e anche noi in quanto ere-di di quelli) e uno stato di fe-licità perduta esistente in unaltrove, in una Atene perdu-ta. Il commediografo Aristo-fane ne “Le donne al parla-mento” dimostrerà poi che unmondo nuovo, ideale, fonda-

V I A G G I O A TO R I N OLibri e autori al Salone del LibroFrancesco Tomasello II B

Il viaggio a Torino ci ha per-messo di visitare diversi luo-ghi, tutti meritevoli, ma ilvero motivo per cui lo si è or-ganizzato è il Salone del Libro,tenutosi fra l’8 e il 12 mag-gio e al quale abbiamo parte-cipato domenica 11.Questa mostra, che avvieneogni anno sempre nel mese dimaggio presso lo stabilimento“Lingotto Fiere” dal 1988, èstata per i ragazzi una delleesperienze più sensazionali delviaggio: grandissimo il centrodel Lingotto con i suoi padi-glioni dedicati a tutte le de-clinazioni dei libri e degli au-tori: sale rosse, gialle, blu, bianche, arancio, argento, avorio, dove era possibile ascoltare lelezioni di grandi autori, arene e spazi-incontri, sale professionali, stand di editori importanticome di nicchia, dove era impossibile non trovare qualcosa di adatto ai propri gusti, roman-zi, raccolte di poesie, fumetti, cucina, bricolage e tanto altro ancora. Un’avventura (specieper chi la vive la prima volta) orientarsi, nonostante la cartina fornitaci all’ingresso, in que-sto spazio brulicante di gente, di voi, di suoni, di spettacoli. Il Bene era il tema di quest’an-no, un catalogo di valori , esperienze, sensibilità, suggestioni, su cui riflettere grazie aisuggerimenti di artisti, scrittori, giuristi (come Rodotà e Zagrebelsky), filosofi (come Massi-mo Cacciari e Fernando Savater), giornalisti, attori e conduttori, economisti, teologi (inte-ressante la conversazione di Monsignor Ravasi con Claudio Magris e poi con Canfora). Lun-ghissime le file per ascoltare Friedman, ma anche per assistere agli incontri con LucianaLittizzetto e Ivano FossatiInteressantissima la lectio di Luciano Canfora, dal titolo “Crisi dell’utopia: Aristotele controPlatone”, svoltasi nella sala rossa domenica 11 maggioAltri ragazzi hanno avuto la possibilità di incontrare Licia Troisi, autrice di diverse saghefantasy molto amate dai giovani, o di fare una foto in compagnia di un cosplayer travestitoda Dart Fener di “Guerre Stellari”, ma soprattutto di girare liberamente fra gli scaffali e dicomprare così tanti libri da rimanere senza soldi.

Francesco Tomasello II B

Il Museo Egizio di Torino, sitonella storica via Lagrange, nelcuore della Torino Sabauda, èil secondo museo di egittolo-gia più grande del mondo, e,insieme alla Galleria degli Uf-fizi di Firenze, il secondo mu-seo più visitato in Italia dopoi Musei Vaticani.Al suo interno, un’incredibilecollezione di reperti archeolo-gici dell’Antico Egitto che spa-ziano dai papiri (tra i quali al-cuni dei misteriosi Libri deiMorti, che contengono le for-mule necessarie alle anime dei

MUSEO EGIZIO DI TORINO

defunti per raggiungere l’aldi-là) ai sarcofagi, alcuni deiquali contengono mummie an-tiche di migliaia di anni, e cio-nonostante ancora perfetta-mente conservate; suggestivaè anche la sala con suppellet-tili e oggetti di uso comunenella civiltà egizia, inclusitrucchi e oggetti da tavola, eancora di più lo è l’immensocorridoio in cui sono schiera-te le enormi statue di sfingi,faraoni, animali sacri comegatti o arieti, e degli dei zoo-morfi.Alcuni di noi avevano già al-cune conoscenze della culturaegizia e per loro è stato emo-zionante approfondirla e con-frontare i dati studiati a scuolao con i reperti del museo; pertutti gli altri si è trattato diuna novità, una visita che li haportati in un mondo esotico,antico e, per molti versi, mi-sterioso.

ta sulla partecipazione di tut-ti alle assemblee pubbliche –anche delle donne, che nellasocietà greca non godevanodei diritti politici –è assoluta-mente realizzabile, se solo siè disposti a rifondare la socie-tà secondo nuovi parametri.

(Maiorana) Professore Canfo-ra, secondo lei qual è l’im-portanza dei classici e per-ché noi giovani dovremmostudiarli?Io ho scritto un libro intitola-to “Gli antichi ci riguardano”.La mia tesi, molto banale, se

vogliamo, è che loro si sonotrovati ad affrontare proble-mi terribili che noi stessi ab-biamo. Loro, però, non han-no fornito la soluzione ma han-no descritto il problema sen-za assolversi, senza afferma-re che c’è una soluzione co-munque. Sono testi seri,drammatici, certe volte, mamaestri di verità; la verità nonvuol dire insegnare in chemodo vivere ma descrivere laquestione che abbiamo da-vanti. La bellezza e l’utilità diquesti autori è il loro esserecosì problematici.

(Triscari) Cosa pensa del fat-to che le università di Mila-no abbiano istituito 40 corsid’inglese?Si chiama servilismo intellet-tuale, cioè il non sapersi di-fendere dal bene fondamenta-le che è il linguaggio. Io am-miro la polilalia, la torre di Ba-bele non mi fa spavento, mala servitù spontanea è una stu-pidaggine.

Intervista a Luciano Canfora

Torino - Prof. Luciano Canfora

Torino - da sinistra: Canfora, Maiorana, Triscari

Torino - Basilica di Superga

Torino - Piazza Carlo Alberto - Foto di gruppoTorino - da sinistra: Maiorana, Triscari, Costa, Grillo, Santoro,Denaro e al centro: Canfora

Lago Maggiore - panorama

Salone Libro - da sin.: Grillo, Santoro, Costa, Cucinotta, Denaro

Lago Maggiore - Isola Bella - palazzo Borromeo

Torino - Lingotto - Salone del Libro

Cultura e AttualitàGazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014 XI

VIAGG IO IN POLON IA

Sofia Bernava I C

Orrore e sgomento si celanodietro la scritta, apparente-mente semplice, “Arbeit ma-cht frei”, che significa, comesi sa, “il lavoro rende liberi”.E questa introduce al campodi concentramento di Au-schwitz, luogo di morte e tra-gedia, dove migliaia di ebreisono stati internati ed uccisiper ordine di Hitler.Durante il viaggio d’istruzionein Polonia siamo andati a visi-tare il campo il giorno 22 apri-le. All’arrivo siamo entrati inun cinema per vedere un fil-mato d’epoca, che documen-tava la situazione trovataquando i russi liberarono Au-schwitz: le immagini ritraeva-no fosse comuni e cadaverischeletrici, ma anche soprav-vissuti, vittime di esperimen-ti e anziane signore che era-no riuscite a rimanere in vita.Dopodiché ci siamo avviati ver-so l’entrata vera e propria: uncancello nero, con la gigante-sca scritta già citata, e un’at-mosfera tetra e poco invitan-te. Una guida ci ha accompa-gnati, affinché potessimocomprendere pienamente ciò

che vedevamo. Il filo spinatoelettrificato correva attornotutto il perimetro del campo,delle torrette di controllo era-no sistemate qua e là, per nonpermettere a nessuno di fug-gire. Superato dunque il can-cello, abbiamo visto una piaz-zetta dove un’orchestra diebrei era costretta a suonarea piacimento dei tedeschi, eabbiamo proseguito il cammi-no per la larga strada all’aper-to tra i blocchi in mattoni.Passando accanto alla mensa,se così si può definire, la gui-da ci ha spiegato che gli ebreimangiavano pane raffermo equalche brodaglia in cui intin-gerlo, che se capitava conte-neva della carne avariata. Poisiamo entrati nel blocco 11,adibito all’epoca a prigione.La parte peggiore di questoedificio sono i sotterranei: lìsu un lungo corridoio sono di-stribuite le celle, strette e an-guste, in cui gli ebrei veniva-no internati per crimini qualiguardare negli occhi un tede-sco o aver fatto male il pro-prio letto. Tra queste c’è an-che quella del sacerdote mar-tire Massimiliano Maria Kolbe,adesso santo, che si offrì vo-lontario al posto di un padredi famiglia per essere portatonel bunker della fame. Infineabbiamo delle celle strette esenza finestre, in cui quattroo cinque ebrei venivano con-dannati a stare insieme in pie-di per un minimo di una not-te e un massimo di due setti-mane (in cui nel frattemponon dovevano mancare al pro-prio lavoro). Accanto al bloc-co 11, il muro della fucilazio-ne: ricostruito dopo la libera-zione perché distrutto in pre-cedenza dai tedeschi in quan-to prova contro di loro, si tro-

va in un ampio cortile, dovesi affacciano le finestre deiblocchi adiacenti, seppur oscu-rate, in modo da far sentirea coloro che si trovavano al-l’interno gli spari e le urla, manon permettergli di vedere.Nel cortile si trovano anchedegli alti pali di legno, su cuigli ebrei venivano legati per lebraccia: o morivano soffocatidal proprio peso, oppure gli sispezzavano le spalle, e ciò si-gnificava renderli inutili e diconseguenza condannarli amorte. Il nostro gruppo quin-di ha proseguito fino al bloc-

co 4: in origine era costituitoda camerate, ma adesso èstato dedicato alla raccolta didocumenti di ogni genere.Vari pannelli mostravano foto-grafie e dati utili alla ricostru-zione dell’accaduto. Qui ci èstato spiegato che il campo diconcentramento di Auschwitzè una parte di un complessomolto più grande, che com-prendeva il campo di stermi-nio di Birkenau e quello di la-voro di Monowitz, con altri 45sottocampi distribuiti su tut-to il territorio. I tedeschi de-portavano gli ebrei con l’aiu-to di false promesse: si dice-va alla famiglia interessata chedoveva semplicemente trasfe-rirsi, portare con sé l’essen-ziale per vivere in un’altracasa e partire. Addirittura al-cuni tedeschi affittavano agliebrei case inesistenti. In que-sto modo il tutto veniva piùfacile e più veloce. All’internodel blocco si trovava persinoun’urna di ceneri umane, po-sta su una piccola stele com-memorativa. Ecco dunque laparte peggiore di tutta la vi-sita: siamo stati portati a ve-

Greta Arimatea I C

L’aereo decolla in ora-rio da Catania il lunedìdi Pasqua e ci porta ametà mattinata a Cra-covia, nella quale, congrande sorpresa di tut-ti, abbiamo trovato unabellissima giornata ecaldo. Una volta arri-vati in centro abbiamoavuto la possibilità di vi-sitare liberamente Piaz-za del Mercato, il cuo-re della città e la piùgrande piazza medioe-vale d’Europa. Dopoaver cambiato i nostrieuro con la moneta po-lacca, lo zloty, e il pran-zo libero, ci siamo re-cati all’hotel Chopin,poco distante, nel quale abbiamo cenato e pernottato.La mattinata del 22 aprile è stata dedicata alla visita gui-data di uno dei maggiori musei della Polonia, il Czartoryski,all’interno del quale abbiamo potuto ammirare “La damacon l’ermellino” di Leonardo da Vinci. Nel pomeriggio unviaggio della memoria ad Auschwitz e Birkenau, nei qualidopo un filmato abbiamo visitato i campi di concentra-mento e di sterminio che ci hanno mostrato le condizioniin cui vivevano i deportati. Un’esperienza che ci ha se-gnato. Il terzo giorno abbiamo visitato una delle più anti-che miniere di sale al mondo, quella di Wieliczka, situatanell’area metropolitana di Cracovia. Questa miniera pre-senta un’estensione di circa 300 km; al suo interno vi sonostatue di minatori scolpite nel sale e soprattutto la “cat-tedrale di sale sotterranea”, che attira un gran numerodi visitatori per la sua maestosità e particolarità. Più tar-di il gruppo, accompagnato da una guida locale, ha visi-tato il quartiere ebraico Kazimierz, uno sei principali ghet-ti creati dai nazisti, nel quale si separavano i lavoratoriutili e capaci da coloro che invece erano destinati al campodi sterminio. Abbiamo potuto ammirare anche la cosid-detta “fabbrica della memoria”, quella di Schindler, masolo dall’esterno. Il 24 aprile, quarto giorno, abbiamo la-sciato Cracovia in mattinata recandoci al famoso santua-rio che si trova a Czestochowa, dove ogni anno ci giungo-no oltre 4 milioni di pellegrini e custodisce la Madonnanera di Jasna Gora. Il pomeriggio è stato dedicato al lun-go viaggio in pullman verso Varsavia. Il quinto giorno ab-biamo effettuato una visita guidata delle bellezze dellacapitale tra cui il celeberrimo parco Lazienki insieme apalazzi antichi e monumenti. Dopo il pranzo, ci è statoconcesso l’intero pomeriggio libero per interagire con lacittà. Tornati in hotel e recuperate le energie, dopo cenaci siamo recati nuovamente in centro per trascorrere l’ul-tima sera in città e per ammirare Varsavia di notte. Ilsesto giorno, giorno del rientro, ci siamo dedicati alloshopping all’interno di un centro commerciale, dato cheil brutto tempo non permetteva passeggiate all’aria aperta.Ci siamo poi recati all’aeroporto dove disbrigate le for-malità d’imbarco, abbiamo atteso prima di imbarcarci.Rientriamo dunque a Messina in nottata. Un viaggio edun’esperienza irripetibili.

LE MERAVIGLIE SEGRETEDELLA POLONIA

La miniera di Wieliczka

Grazia CorvaiaSandy Bellinvia III A

Il sale oggi è un ingrediente immancabile al quale non fac-ciamo più caso e la cui provenienza ci sfugge spesso. Que-sto, invece, è stato nei secoli protagonista di numeroseleggende e di lotte per il monopolio del suo commercio. Aquesto si lega, infatti, la leggenda della principessa Kin-ga, figlia del re d’Ungheria e sposa del principe polaccoBoleslao il Timido. La principessa, partendo dall’Unghe-ria, voleva portare in dote un regalo che avrebbe resofelici i nuovi sudditi. Sapendo che il nuovo regno era scar-samente dotato di sale, si fece lasciare dal padre un poz-zo di sale nel quale, seguendo un’ispirazione divina, get-tò il suo anello di fidanzamento. Mentre con la sua corteKinga si avvicinava a Cracovia, ubbidendo ancora una vol-ta a un’intuizione divina, diede ordine di scavare un poz-zo proprio a Wieliczka: si imbatterono immediatamentenel sale, e nel primo cristallo che estrassero venne rinve-nuto l’anello della principessa. Così nacque una fra le piùantiche miniere di sale in Europa: la miniera di Wieliczkache è stata iscritta nella prima lista dell’UNESCO dei Pa-trimoni dell’umanità nel 1978, mentre nel 2013 il sito èstato allargato alla Miniera di sale di Bochnia.Da allora la principessa Kinga divenne la patrona dei mi-natori polacchi, e a lei è dedicata la sala principale dellaminiera, ricca di sculture e bassorilievi interamente rica-vati nel sale, opera di minatori-scultori di grande talen-to: i fratelli Jòzef e Tomasz Markowscy e Antoni Wy-ro-dek e per la quale costruzione sono stati impiegati quasi100 anni.Nel 1999 Kinga venne canonizzata da papa Giovanni PaoloII. La presenza del papa polacco ricorre spesso all’internodella miniera in quanto gli è stata dedicata una statua disale, una lapide di ringraziamento “ per aver rinnovato lafaccia della terra “ e nell’altare centrale sono custoditele sue reliquie.La miniera presenta stanze decorate, cappelle e laghi sot-terranei, e attraverso esposizioni nelle diverse grotte mo-stra la storia della miniera, impregnata di arte e di tec-nologia.Il magnifico percorso sotterraneo non è solo pellegrinag-gio nel cuore della Terra, ma anche dentro i cuori umani,portando ad una profonda riflessione. Le cappelle dellaminiera sono ancora oggi luoghi di preghiera. Ogni do-menica nella cappella di Santa Kinga viene celebrata lasanta Messa per tutti coloro che vogliono incontrare Dioa 100 m sotto il suolo. Un carattere particolarmente so-lenne hanno le liturgie celebrate in onore di Santa Kinga(24 luglio) e Santa Barbara (4 dicembre). Ogni anno neisotterranei salini viene celebrata la Messa di Natale, laquale, secondo la tradizione, svolgendosi la mattina del24 dicembre è la prima Messa di Natale in Polonia.

A u s c h w i t z

dere i reperti reali ritrovati nelcampo. Una catasta di latte diZyklon B (la sostanza nocivache, al contatto con l’aria,creava il gas che uccise gliebrei nelle camere a gas di al-cuni lager) ormai vuote davainizio al percorso. All’internodella sala successiva, capelli didonne rasate all’arrivo: eranomilioni di ciocche, tutte am-mucchiate in una massa infor-me, che le rendeva anonime.Era impressionante pensareche ognuna corrispondeva aduna persona, con un nome euna storia. Questi capelli ve-nivano inviati in sacchi da duetonnellate ciascuno alle indu-strie tessili, che li utilizzava-no per ricavarne tessuti resi-stenti. Alcuni dei nostri com-pagni hanno deciso di rimane-re all’esterno delle sale, datoche le cose raccolte erano qua-si insopportabili da vedere. Lasensazione di angoscia, per chial contrario decideva di en-trarvi, penetrava nelle ossa.La tensione era palpabile nelsilenzio che inevitabilmente siera venuto a creare. Di segui-to occhiali, stoffe, protesi,stoviglie, valigie con nomiscritti sopra, vestiti per neo-nati, scarpe, spazzole e altrioggetti della quotidianità. Itedeschi riutilizzavano tutto.La nostra visita è andataavanti dentro le grandi came-re a gas, presentate agli ebreicome docce, con i quattrobocchettoni quadrati sul sof-fitto per il gas e i forni cre-matori immediatamente suc-cessivi, in cui venivano brucia-ti anche tre cadaveri alla vol-ta. Le ceneri ricavate poi ve-nivano abbandonate all’ester-no, senza ordine. Uscendo daAuschwitz, abbiamo concluso lavisita al campo di sterminio diBirkenau, che si trova a qual-che chilometro di distanza: lìabbiamo potuto vedere le ca-merate e le latrine nelle ba-racche di legno (come di soli-to vengono mostrate nei film),e capire come effettivamen-te era impossibile sopravvive-re, data la vastità del luogo,gli sbalzi climatici e i pochiequipaggiamenti. E con il pas-saggio dalle famose rotaie cheentravano dentro il campostesso con i carri bestiame chedeportavano gli ebrei si è chiu-so il nostro viaggio in questiluoghi colmi di storia.

TRA CRACOVIAE VARSAVIA

Veduta di Varsavia

Madonna di Czestochowa

Auschwitz - Cumuli di valigie

Auschwitz - Cumuli di scarpe

Auschwitz - Le baracche

Una scultura della miniera di Wieliczka

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Cultura e AttualitàXII Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014

Ilaria Maiorana I CMaria Smeralda Cannistraci I CAlessandra Papale I BGiuliana Alessi I A

Lo scorso 3 aprile, nei lo-cali della Sala Visconti, glistudenti del Liceo “La Fa-rina-Basile” hanno incon-trato il giornalista Riccar-do Iacona, conduttore di“Presa diretta”, e auto-re di “Se questi sono gliuomini” (Chiarelettere,pp. 258, euro 11,82). Ia-cona conversando con glistudenti ha parlato di unavera e propria “tragedianazionale”. Egli ha attra-versato l’Italia da Sud aNord ottenendo le testi-monianze di familiari,amici e vicini di casa del-le vittime, dando final-mente ascolto alle voci dichi subisce violenze e re-galandoci un libro che ciriguarda da vicino e pro-prio per tale motivo cicolpisce nel profondo.L’incontro si è svolto al-ternando gli interventi de-gli studenti con le rispo-ste del dottor Iacona, ilquale ha molto insistito sulruolo, in questa situazio-ne, del nostro Paese chenon ha ancora percepitoche ci troviamo dinanzi aduna guerra moderna cheè necessario combattereprima che mieta troppevittime. Il giornalista ha ri-sposto ad alcune doman-de poste dai collaboratoridi Stoà.

(Maiorana) Molte volte sisente parlare di riduzionedelle pene a coloro che han-no commesso femminicidio.Le donne non denunciano siaper la mancanza di fiducia inse stesse che nelle istituzio-ni. Secondo lei, la nuovalegge sul femminicidio po-trebbe arginare il problema?La nuova legge lavora moltosull’aspetto del codice, per cuiaggrava alcune pene. Il corsodel lavoro va fatto sulla pre-venzione che lavora sui centriantiviolenza, bisogna dare for-za a questa rete: ci voglionoi fondi! La nuova legge do-vrebbe lavorare sul piano delcontrasto della diversa e en-demica violenza di cui sono vit-time le donne. Per tali moti-vazioni sono molto pessimista.

(Cannistraci) Lei afferma chei governi dovrebbero mette-re la lotta contro la violenzasulle donne nell’agenda po-litica. In che modo dovreb-bero agire secondo lei?

Segnalando al paese intero,dicendo che ciò è una cosaimportante, invece finora nonè stato così: i casi di femmi-nicidio sono stati trattaticome fatti di cronaca. Sonoimportanti, per il pubblico,quando escono sui giornali manon vengono delineati e pre-sentati al paese comeun’emergenza politica. In unpaese così ostile alle donne, incui le donne contano cosìpoco, questo è un problemapolitico nazionale.

(Papale) Il nostro è quel Pa-ese dove solo nel 1981 èstato eliminato il “delittod’onore” in quanto reato.Fino a quell’anno la nostralegislazione prevedeva unapena lieve per chi uccidevauna donna che aveva lesol’onore dell’uomo, tanto chela sanzione prevista andavadai tre ai sette anni, la stessache si dà a chi dà fuoco adun motorino o ad una mac-china: quindi la donna comeun mezzo. Ritiene che pro-babilmente anche per que-sto l’Italia sia ancora tutt’og-gi così maschilista, e chequesto maschilismo, la volon-tà di dimostrarsi superiore,sfoci quindi in queste nume-rose violenze?Sì, penso proprio che questosia il punto. Quello che noichiamiamo “il nostro Afghani-stan” dobbiamo saperlo rico-noscere, anche la storia delnostro Paese fa parte del “no-

IL FEMMINICIDIO: “UNA GUERRA MODERNA”INCONTRO CON RICCARDO IACONA

stro Afghanistan”. Tu ricorda-vi, giustamente, che non sonopassati molti anni da quellaterribile legge. Passi avanti nesono stati fatti tantissimi sulcodice di famigli: aborto, di-vorzio, i quali hanno costrui-to la legislazione di un paesepiù civile e paritario nei con-fronti dell’esigenza di libertàche la donna ha nel nostro pa-ese. Però è proprio da lì chepartiamo e dobbiamo sapereche c’è una strada molto lun-ga davanti. Sotto questo pun-to di vista dobbiamo costrui-re un paese migliore.

(Alessi) Ha notato se vi sonoe quali sono gli elementi co-muni a tutte le storie?Libertà! Queste donne muoio-no per questo e vengono uc-cise solo nel momento in cuiaffermano la loro libertà, nonprima perché se tu sei vitti-ma dell’uomo, accetti chequesto ti picchi e stai là, nonti uccide, sei prigioniera. Nelmomento in cui decidi di la-sciarlo, denunciarlo ai carabi-nieri, in cui lui comprende chetu riesci a fare a meno di lui,è finita. Parliamo, infatti, dinumeri impressionanti, centi-naia di donne che vengono uc-cise ogni tre giorni. Questogridano nei marciapiedi ma lavoce non arriva perché questestorie vengono schiacciate tut-te nella sfera sentimentale, unrapporto andato a male. Quin-di, senza alcun dubbio, la miarisposta è libertà.

Sala Visconti - Foto di gruppo con Iacona

Mariasmeralda Cannistraci ICSilvia Fava ICIlaria Maiorana ICAlessandra Papale IB

L’avvocato nonché presiden-te del Cedav Carmen Currò haincontrato nel suo studio glistudenti del liceo “La Fari-na”, sottolineando innanzi-tutto come il Cedav di Messi-na, fondato nel 1989, abbiauna storia di ben 25 anni. IlCedav è un luogo di ascolto,di accoglienza nel quale ledonne maltrattate usufruisco-no di consulenza psicologicae legale. È composto da soledonne di cui 15 socie attivee 150 socie sostenitrici conetà compresa tra da 20 a 30anni. L’associazione aiutatutte quelle donne, anchedella minore età, che subi-scono violenza domestica epsicologica e spesso mette inatto attività per la diffusio-ne della cultura delle donne,attraverso corsi, convegni eprogetti pensati per sensibi-lizzare soprattutto i ragazzidel domani. Il C. E. D. A. V.di Messina è inoltre una del-le associazioni raccolte nelD.i.Re (Donne in Rete controla violenza), la prima associa-zione italiana a carattere na-zionale gestita a sua volta daaltri gruppi di lavoro antivio-lenza.

(Papale) In questi 25 annicome ha agito il Cedav?La violenza contro le donne èstata affrontata dal Cedav inmaniera specialistica, profes-sionale, tutte le nostre opera-trici, per poter essere opera-trici in un centro d’ascolto edaccoglienza per donne vittimedi violenza, sono tutte stateformate adeguatamente. Al-l’interno di un centro anti vio-lenza non basta avere buonisentimenti, buona volontà,passione: certamente questoè fondamentale, è un prere-quisito. Dopodiché una donnache vuole intraprendere talecammino deve essere non solocompetente (una psicologa,un’assistente sociale, una pe-dagogista, un avvocato) ma ènecessario che abbia ancheuna formazione specifica peroperatrice all’accoglienza eall’ascolto di donne vittime diviolenza. Queste formazioninegli anni le abbiamo affron-tate in maniera puntuale e pertutta la rete cittadina.

(Fava) Vi sono case di rifu-gio per le vittime?Purtroppo non abbiamo caserifugio, utilizziamo le case ri-fugio nazionali di altri centriche ci danno possibilità di ap-poggio, anche perché faccia-mo parte di un’associazionenazionale il cui nome è Dire(donne in rete contro al vio-

lenza) che ha sede a Roma dicui siamo fondatrici insiemead altri 65 centri nazionali.

(Maiorana) In Sicilia oltre ilcentro Cedav di Messina visono altre organizzazioni?Messina, Palermo e Cataniahanno tre centri che hannopartecipato all’associazioneDire. Seguiamo criteri meto-dologici riconosciuti a livelloeuropeo.

(Cannistraci) Se lo Stato noncrede nell’efficienza di que-sti centri aiutandoli con fi-nanziamenti, quali sono le so-luzioni per affrontare il fe-nomeno del femminicidio?Il problema non riguarda soloi femminicidi. I femminicidi inun anno sono in media 130. Ilproblema violenza contro ledonne è più ampio, ha radiciprofonde. Basti pensare allaviolenza sulle donne come al-tro bottino di guerra. Ma vi èanche il problema della violen-za sommersa, della violenza infamiglia, del maltrattamentocontinuato, della violenza psi-cologica, quella violenza di cuinon si parla, che si deve na-scondere: violenza di cui lemadri, le compagne, le don-ne a volte non osano parlareneanche con i propri familia-ri. Noi riteniamo che la vio-lenza non sia mai giustificata.La violenza di cui noi parlia-mo è quella violenza sottile,insinuante, che purtroppo è undato ormai analizzato da fiordi studiosi. La violenza non èsolo quella sessuale, quella fi-sica, la violenza più grave èquella psicologica.

(Fava) Molte patologie pos-sono essere l’effetto di unfattore psicologico a lungotraumatico?Quante donne oggi hanno ma-lattie psicosomatiche: gastri-te, colite, mal di testa conti-nuo, caduta di capelli, depres-sione. Moltissime delle donneche si rivolgono a uno psico-logoo a uno psicanalista han-no un vissuto di violenza do-mestica non esplicitata.

(Papale) E in questi casi lafamiglia aiuta o reprime? Di-pende anche dal ceto in cuitali situazioni si sviluppano?La famiglia tende a reprime-re. Sempre secondo le nostreosservazioni posso affermareche le donne che hanno un la-voro e quindi un’indipenden-za economica reagiscono pri-ma alla violenza domestica. Ladonna che lavora affronta lasua battaglia, mentre unadonna che non lavora riscon-tra maggiori problemi, magariperché la famiglia d’originenon la appoggia, non potendoo non volendo aiutarla.

(Maiorana) Ma spesso anchele donne che lavorano nonreagiscono. Perché?Dobbiamo tener conto di unfatto: viviamo in una societàche investe molto sulla fami-glia, sulle relazioni come pro-getto di vita. Per cui ancheuna donna professionista, pri-ma di prendere la decisionedi separarsi o di denunciareesita. Spesso preferisce lastrada della separazioni pernon rovinare il padre dei pro-pri figli.

(Cannistraci) Oggi qual è ilmotivo più frequente delleseparazioni?Molti oggi pensano che la cau-

sa delle numerose separazionisia un minore attaccamentoalla famiglia, un minore sen-so della famiglia. Non è così.Per i quarantenni e i cinquan-tenni la scelta di separarsi èuna scelta pesante, che siprende in una situazione diestrema difficoltà. Motivo fre-quente della separazione nonè solo il tradimento, è propriola violenza, sottile e diffusa.La mia stima è che il 50% delleseparazioni ha dietro un vis-suto di violenza e in partico-

lare di violenza psicologica,morale, fino allo svilimento.

(Papale) Come Cedav cheazioni intraprendete a favo-re e a sostegno delle donne?Siamo soprattutto un osserva-torio, da noi passano in me-dia 150 dati l’anno e ne pren-diamo in carico, portandoli acompimento attraverso azio-ni giudiziarie 10 o 20 l’anno.Puntiamo innanzitutto agli in-terventi di carattere psicolo-gico e sociale. Da noi hannoluogo delle strategie volte adaumentare l’autostima, il co-raggio delle donne, la fiduciain se stesse.

(Fava) Qual è l’approcciodella donna che arriva al vo-stro centro?Una delle più frequenti affer-mazioni che una donna faquando si presenta al centroanti-violenza è: “lui è troppoforte” “ non potrò mai far-cela contro di lui”. Sono soloconvinzioni delle donne perchésoggette alla paura.

(Maiorana) Le cause sonoquindi per lo più morbososenso del possesso da partedell’uomo e gelosia?Si, possesso e gelosia, e lavecchia convinzione che ladonna sia una proprietà. Nonsi accetta che una donna pos-sa pensare con la propria te-sta e osi opporsi alla volontàmaschile.

(Cannistraci) Chi la contatta:le vittime o i familiari?Soprattutto le vittime. Tra ifamiliari a intervenire mag-giormente sono le madri, lezie o le sorelle. A volte anchequalche uomo: il padre, o an-che professori quando si sco-pre in ambito scolastico. Ab-biamo rapporti dovunque percui c’è una rete capillare avari livelli : nelle scuole, nelleparrocchie... Ma lavoriamo ecomunichiamo molto anchecon le forze dell’ordine, poli-zia, carabinieri. Ci mandanomolti casi, ci chiedono una col-laborazione.

(Fava) Rilevate casi di vio-lenza o richieste di aiuto daparte di donne extracomuni-

tarie? Si rivolgono a voi? Co-noscono già il sistema?Si. Abbiamo avuto modo di ve-dere che le donne dell’est sonopiù frequentemente sottopo-ste a violenza. La nostra as-sociazione essendo sul territo-rio ormai da 25 anni si basaanche sulla conoscenza perso-nale, su iniziative, siamo spes-so sulla stampa o in televisio-ne. Vogliamo diffondere la cul-tura del rispetto.

(Papale) Nel corso di questi

25 anni ha visto cambiare lasituazione?La violenza è diventata più so-fisticata perché ora le donnesono avvertite attraverso imedia. Ora si sa che la vio-lenza sulle donne è reato .

(Cannistraci) Il suo pareresulla legge 119 del 2013, lacosiddetta “legge sul femmi-nicidio”?E’ una legge ancora da speri-mentare, che ha cercato diintervenire con delle aggra-vanti per tutta una tipologiadi reati e per rendere più ef-ficaci gli interventi delle for-ze dell’ordine e della magistra-tura. Ha dato più potere allapolizia che può anche arresta-re, fare ordini di allontana-mento dalla famiglia. Stru-menti che c’erano già nel no-stro sistema e sono stati ri-valutati. Dovrà però trovareuna migliore integrazione conil sistema giuridico vigenteperché è una legge che statafatta nell’emergenza. L’Italiaera tra le ultime nazioni eu-ropee a mancare di una leggesul femminicidio. Ha a mioavviso un valore simbolico.

(Fava) Da cosa si evincono iprimi segnali di violenza do-mestica?Ci sono diversi punti di osser-vazione dai quale cogliere isegnali: gli insegnanti sonocapaci di coglierli da disegni,compiti scritti, letture di im-magini; dai centri di ascoltodella scuola; o ancora da re-ferti del pronto soccorso.

DALLA PARTE DELLE DONNEINTERVISTA A CARMEN CURRÒ

Da sinistra: Fava, Papale, Currò, Maiorana, Cannistraci

“Non si accettache una donnapossa pensarecon la propriatesta e osiopporsi allavolontàmaschile”

Cultura e AttualitàGazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014 XIII

IL FEMMINICIDIO: “UNA GUERRA MODERNA”

Roberta Corsaro II C

Quando la prevenzione pur-troppo non è sufficiente adimpedire casi di violenza sudonne e minori assume un’im-portanza fondamentale il lavo-ro di indagine e di repressio-ne di questi odiosi reati.Schierati in prima linea in que-sta quotidiana lotta sono gliuomini e le donne della poli-zia di stato. Qualche giorno fa

siamo stati ospiti della dotto-ressa Rosalba Stramandino edegli ispettori Arianna Crame-steter e Giovanni Scardino del-la squadra mobile che ci han-no offerto una sentita testi-monianza del loro impegnoquotidiano e ci hanno illustra-to l’iter di intervento in casidi stalking, violenze sessuali efemminicidio. Con grandeprofessionalità e con passioneci hanno spiegato che il lorocompito non è soltanto quelloistituzionale di poliziotti, macapita che quasi sempre deb-bano rivestire anche il ruolo dipsicologi o assistenti sociali,soprattutto per assistere don-ne che non sanno a chi rivol-gersi dopo aver sporto denun-cia contro il marito o il com-pagno violento, ma che sonocerte che in questura c’è unufficio che le tutelerà e le as-sisterà anche dal punto di vi-sta umano. Questo accadeperché le associazioni di volon-tari che assistono donne e mi-nori in difficoltà come la CE-DAV non sono adeguatamentesupportate dallo stato, in par-ticolar modo al sud, e per que-sto motivo non possono garan-tire il servizio di assistenza perl’intero arco delle ventiquat-tro ore. Non è facile conqui-stare la fiducia delle vittimeche spesso hanno difficoltà aconfidarsi e raccontare le mo-lestie subite per vergogna operché, nel caso in cui le vio-lenze siano state compiute al-l’interno del nucleo familiare,vogliono tenere la famiglia lon-tano dagli scandali e per que-sto sono molto frequenti i casidi omertà. Infatti, spesso nonsono le vittime a denunciarecasi di violenza: le segnalazio-ni possono venire anche dal-l’esterno come nel caso di in-segnanti che vedono cambia-menti di umore nei proprialunni, o di medici che riscon-trano strane ferite nelle don-ne che chiedono assistenza alpronto soccorso; talvolta arri-vano in questura lettere ano-nime mentre più raramenteaccade che giungano denunceo segnalazioni da parte di vi-cini che decidono di nonesporsi troppo.

Quelle sullo stalking o sul fem-minicidio sono tra le indaginipiù complesse e richiedono an-che un lungo percorso proces-suale poiché, a differenza dialtri reati, riguardano soprat-tutto la sfera privata ed emo-tiva. Arrivata la segnalazionein questura, viene aperto unfascicolo e, per prima cosa,viene accertata la presenza omeno di bambini nel nucleofamiliare e possibili precedentipenali della persona sospetta-

ta. Particolare attenzione deveessere rivolta ai minori chepossono essere vittime di vio-lenza assistita: spesso accade,infatti, che non abbiano subi-to direttamente violenze mache siano stati “spettatori” dimolestie nei confronti dellaloro madre, assimilando in tal

modo atteggiamenti aggressi-vi. Vengono quindi convocatiassistenti sociali che svolgonoindagini socio-ambientali epsicologi che offrono assisten-za alle vittime e successiva-mente anche agli stalker, disolito avviati a programmi direcupero poiché affetti dagravi problemi psicologici.Dopo la prima segnalazionevengono svolte le indagini pre-liminari e, quando se ne rav-visa la necessità, si procedecon gli “atti” cosiddetti “irri-petibili” come la perquisizio-ne e il sequestro di oggettiche potrebbero costituire pro-ve di reato. Ai fini investiga-tivi si può procedere anchecon l’installazione di telecame-re e cimici nelle abitazioni ericerche nei tabulati telefoni-ci. A tal proposito è interes-sante rilevare che la nuovanormativa del 2013 che ha de-

finito il reato di stalking pre-vede la possibilità di rilevarenei tabulati anche gli squilli enon solo le telefonate; inoltreè stato introdotto l’uso dibraccialetti elettronici chepermettono alle vittime di sa-pere quando lo stalker sta peravvicinarsi grazie ai segnaliche vengono trasmessi dalbraccialetto stesso ad un par-ticolare dispositivo (questapratica in Sicilia è utilizzatasoltanto nelle città di Messinae Palermo). Infine sempregrazie alla legge 119 del 2013è di fondamentale importan-za l’introduzione dell’irrevoca-bilità della querela e l’istitu-zione del patrocinio gratuitoper le vittime di molestie pertutelare le donne prive di mez-zi o di autonomia economica.Va sottolineato che questi re-ati riguardano ogni classe so-ciale, dalla meno abbiente aquella più facoltosa, anzi spes-so, quando le violenze avven-gono entro nuclei familiari dicondizione medio-alta, si re-gistrano con maggiore fre-quenza episodi di omertà.Sempre per tutelare le vitti-me l’interrogatorio del sospet-tato viene fatto solo alla finedelle indagini svolte diretta-mente dal Pubblico Ministero,mentre la polizia si occupadell’ambito pratico con estre-ma cautela e riservatezza inquanto nel nostro ordinamen-to vige il “principio di innocen-za”, garantito dall’articolo 27della Costituzione, fino aquando non vi è la sentenzadefinitiva che condanna omeno l’imputato. Le prove,infatti, si mostrano diretta-mente in dibattimento perconvincere il giudice che nonè al corrente del percorso diindagine.Per svolgere un compito tan-to delicato sono previsti deicorsi formativi rivolti ai poli-ziotti che devono svolgere in-dagini relative a questo tipo direati proprio perché essi nonsi basano solo sulla violenza fi-sica ma hanno conseguenzedevastanti per le vittime an-che sul piano psicologico; tut-tavia sensibilità ed esperien-za rimangono sempre gli ele-menti fondamentali che pos-sono indurre le vittime di mo-lestie a vedere nel suo inter-locutore una straordinaria pos-sibilità di aiuto e che rendonoinsostituibile il lavoro dei no-stri inquirenti.

Analizzando i dati che ci sonostati forniti, e che comunquesono incompleti poiché man-cano i dati relativi alle denun-ce fatte ai carabinieri, risultache per quanto concerne Mes-sina nell’ultimo triennio non visono casi di femminicidio, po-chi sono quelli di stalking equasi sempre messi in atto dauomini nei confronti di donne,mentre sempre più frequentisono i casi di violenze su mi-nori. Così come vi è una dif-ferenza di percentuali tra cit-tà e provincia, vi è anche unadifferenza fra città diverse;ad esempio nella vicina Reg-gio Calabria i reati di stalkingda parte di uomini nei con-fronti di donne e di donne neiconfronti di uomini si equival-gono.(All’incontro erano presenti:Davide Costa II C, Paolo En-rico Zagami I D, Sandy Bellin-via e Grazia Corvaia III A)

VISITA-INCHIESTA ALLAQUESTURA DI MESSINA

Da sinistra: Dragotto, Corsaro, Bellinvia, Cramesteter, Costa,Corvaia, Zagami, Stramandino, Scardino

Maria Abbadessa IV C

I “Posti Occupati” sono tanti, quanti i vuoti lasciati dalledonne vittime della violenza maschile. Sono nei posti dilavoro, negli uffici, nei ci-nema, nei teatri, nellescuole e nei parchi, ovunqueesse abbiano vissuto anchesolo pochi attimi della loroesistenza. Oggi quindi per ri-cordarle, questi vuoti sonoriempiti dai loro oggetti:una sciarpa, delle scarpe, unlibro. Un’iniziativa nata dallariflessione di Maria Andalo-ro, editrice del settimanaleonline “La Grande testata “. “Posto occupato” è un pen-siero, un dolore, una reazio-ne che ha cominciato aprendere forma a mano amano che i numeri delledonne uccise cresceva e in-sieme cresceva dentro an-che l’indignazione. Ognunadi quelle donne, prima cheun marito, un ex, un aman-te, uno sconosciuto decides-se di porre fine alla suavita, occupava un posto ateatro, sul tram, a scuola,in metropolitana. E noi quelposto lo vogliamo tenereper loro, perché la quotidia-nità non ponga un velo sem-pre più spesso sulla loroscomparsa.”Questo progetto è partito il29 Giugno all’anfiteatro della villa Comunale di Rometta(Messina) luogo di nascita di Maria Andaloro, e nel Dicem-bre 2013, durante l’autogestione del liceo artistico Erne-sto Basile, è stato proposto durante una conferenza,con lo scopo di informare i più giovani sul fenomeno delfemminicidio e sugli strumenti di tutela delle vittime e dichi denuncia qualsiasi abuso. Gli studenti hanno aderitoal progetto riservando una sedia ad un paio di scarpe ros-se e ad una sciarpa: un “Posto Occupato”. Dimostrandouna buona attenzione e partecipazione all’argomento, glistudenti del Basile hanno dato vita ad un nuovo progetto:la costruzione, con materiale riciclato, di dieci panchinedecorate per i dieci quartieri della città di Messina, suognuna delle quali sarà posto il volantino di “Posto Occu-pato”. Il progetto sarà finanziato dall’istituto per una piùampia sensibilizzazione della cittadinanza al problema dellaviolenza sulle donne e per una maggiore integrazione trai giovani artisti e la città.

“Non è facileconquistare lafiducia dellevittime chehanno difficoltàa raccontarele molestiesubite pervergogna oper tenerela famiglialontanodagli scandali”

Liceo Basile: un posto occupatoper non dimenticare

L’URBAN STYLEINCONTRA IL SOCIALE

Imparare a scuola, coni ragazzi, dai ragazziMaria Andaloro (ideatrice delprogetto “ Posto Occupato”)

“Posto occupato” è una inizia-tiva che tenta di sensibilizza-re sul tema della violenza con-

tro le donne. Lo fa rappresen-tando una memoria “tangibi-le” contro un fenomeno socia-le, l’uso e l’abuso della violen-za, che nel togliere la vita aduna donna rappresenta il ge-sto estremo. Irreversibile.Dall’inizio del 2014 sono pur-troppo già 14 le donne ucci-se. Un dato significativo chemi ha colpito, solo il 7% co-nosce il 1522, il numero An-tiviolenza. Numero che do-vrebbe essere diffuso e cono-sciuto come e più dei più fa-mosi 112-113-115-118 (http://www.poliziadistato.it/artico-lo/view/31289/ che dovrebbeessere accorpato in un uniconumero, ma questo è un al-tro problema... E così quel 7%conferma che la mancanza diinformazione non aiuta il con-trasto ed il sostegno alle don-ne in difficoltà. Il 93% non loconosce e se una donna su treè vittima di una qualche for-ma di violenza nel corso dellasua vita, si comprende il vuo-to che esiste. “Quel” postooccupato a scuola, a teatro,in un consiglio comunale, pro-vinciale ecc...e la locandinadell’iniziativa, alla quale il li-ceo artistico Basile ha aderitoda subito, hanno l’obiettivo disottolineare l’assenza di unadonna che avrebbe potuto es-sere presente se qualcuno nonle avesse tolto la vita. Avreb-be potuto essere una inse-gnante, una giornalista, unmedico, un direttore d’orche-stra, un sindaco o una spet-tatrice. Ma probabilmente iproblemi emotivi e/o econo-mici non le hanno consentitodi reagire. Quello che è neces-sario fare, intanto, è condan-nare tutte le forme di violen-za. Ogni giorno. Non far sen-

tire sole, sbagliate, colpevolile donne che vivono questi di-sagi. La famiglia, spesso, noncapisce o tende a ignorare laviolenza che una figlia, unasorella subiscono. Per paura,per vergogna, per bisogno...quelle donne sono sole anchein mezzo alla gente. La soli-tudine, il silenzio, sono alleatistraordinari della disperazionee quindi della violenza checome un boomerang arrivaverso se stesse. Subire speran-

do, illudendosi che la situazio-ne possa cambiare, fa il giocodi chi vuole un oggetto e nonun soggetto accanto a sé. Laviolenza inizia nel pensiero,passa dal linguaggio, si rappre-senta coi comportamenti esfocia nei gesti. Quando vadonelle scuole, come quando sonostata al Basile, torno a casacolpita dalla forza, dalla curio-sità e dall’energia dei ragazzi.Dalla voglia di interagire con gliadulti. Vogliono parlare, nonsolo ascoltare. E imparo io daloro. Ecco perché li ringrazio.Hanno bisogno di essere ascol-tati non solo “interrogati”, an-che perché forse, purtroppo,sempre più spesso a casa nonc’è più tempo per raccontar-si, confrontarsi. Confidarsi.Ecco il ruolo chiave che hannogli insegnati, le scuole che sonoil luogo dove, dopo la propriacasa, si costruisce un nucleo direlazioni alternativo ed è lì chespesso nascono le prime espe-rienze di relazioni fra uomo edonna. E’ necessario che i ra-gazzi si sensibilizzino, che sidedichi tempo all’educazionesentimentale, anche all’educa-zione sessuale, per far com-prendere che i sentimenti sonoparte di noi, che non bisognanasconderli. Come disse un si-gnore tempo fa in un conve-gno “la violenza rivela la be-stia che c’è in noi” gli animalivivono di istinti, l’uomo può,sa e deve governare le dina-miche istintive. Educando, bi-sogna sempre sottolineare chechi urla, minaccia e dà unoschiaffo, ha un problema dicomunicazione, di relazione,che va fermato alla base, conl’aiuto degli adulti attenti epreparati. Ecco che diventafondamentale informare e col-mare le lacune culturali chetrascinano nel tunnel le donnemeno “attrezzate”, è necessa-rio creare una rete di relazio-ni che possano dar loro il so-stegno psicologico ed economi-co. Moltissime associazioni,enti, istituzioni, commissioni avari livelli lavorano per costru-ire questa rete di protezione,di sostegno e inserimento nelmondo del lavoro che garanti-sca e restituisca dignità a chil’ha perduta.

Sala Visconti - Riccardo Iacona

Sala Visconti - Incontro con Iacona - tavolo relatori

Posto occupato: allestimento del Liceo Basile

“La famiglia,spesso, noncapisce o tendea ignorarela violenzasubita”

Cultura e AttualitàXIV Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014

Roberto D’Andrea I ASilvia Fava I CSabrina Demana I CFrancesco Tomasello II BMariasmeralda Cannistraci I C

“Siamo tutti introvabili. Tuttinoi. Se ci pensi bene, passia-mo tutti un numero più omeno enorme di anni qua sul-la Terra e nessuno ci trovamai. La cosa buffa, e tragi-ca, è che non ci siamo mainascosti. Il fatto è che nessu-no cerca, e sai perché? Per-ché tutti pensano di saperegià tutto, ecco qual è il gua-io. E invece nessuno sa mainiente di nessuno” Queste po-che righe sintetizzano la mo-rale del libro “Non so nientedi te” (Einaudi, pp. 344, euro18,50) di Paola Mastrocola. Fi-lippo, il protagonista, è un“giovane rivoluzionario” cheun giorno, per pura casualità,mentre si trova a studiare inbiblioteca, si chiede quali sia-no davvero i suoi desideri e isuoi sogni. Un ragazzo “stra-vagante” che cerca se stesso.Il percorso di Fil corrisponde alprogetto di vita che ogni ge-nitore sogna per il figlio: fre-quenta il Liceo, va alla Bocconie poi alla London School. Maun giorno i suoi genitori ven-gono a scoprire che il figlioche credevano intento a fini-re un dottorato presso Stan-ford è invece a Oxford e stainvadendo un college seguitoda decine e decine di pecore.

Inizia con questa spiazzante in-vasione il libro di Paola Mastro-cola. Che fine ha fatto il ra-gazzo equilibrato e il figliomodello che credevano fosseFilippo? Chi è veramente? Unromanzo tra l’ironico e il fia-besco ma che racconta unastoria vissuta alla luce della cri-si di oggi e che dovrebbe far-ci riflettere sulla possibilità discegliere cosa fare della nostravita. Inseguire i nostri talentio percorrere le strade del fu-turo già tracciate dai nostrigenitori? Sono stati questi i

punti oggetto di considerazio-ni durante l’incontro tra noistudenti e Paola Mastrocola,nella doppia veste di autriceed educatrice.

(Cannistraci) Spesso igenitori,avendoci generati,pensano di somigliarci e cre-dono di poter riflettere leloro aspettative su dinoi,dimenticando l’indivi-dualità del singolo essereumano. Qual è la sua opinio-ne al riguardo?E’ naturale, perché il genitoreha generato il figlio e la suaprima e involontaria idea è cheil figlio sia uguale a lui. Deveinvece imparare a capire cheil figlio è un altro essere, di-verso da lui. Come proprio Fildice, dovrebbe essere moltocurioso nel vedere chi è suo fi-glio. Essere genitore è il me-stiere più difficile del mondo.Nel fare quello che ritiene il suobene, il genitore, non volendo-lo, spesso fa il suo male.

(D’Andrea) A suo avviso,qual è l’approccio migliorealla vita lavorativa o per in-traprendere un corso di stu-di? Bisogna abituarsi ai ritmidella vita di società piutto-sto frenetici o riuscire a diredi no e cercare di apprez-zare di più l’oggetto dei pro-pri studi?Secondo me un giovane deveparlare con se stesso e chie-dersi cosa vuole veramente.Le sue scelte non devono es-sere condizionate dal mondoesterno. Se il giovane apprez-za la vita competitiva, la vitadelle grandi università, intra-prenda pure tale strada. Seperò preferisce una vita piùquieta, segua un itinerario di-verso. Non c’è una via giustae una via sbagliata: c’è lastrada che si adegua a te equella che non fa per te. Di-pende dall’indole. Mai cedere,siamo noi che viviamo in pri-ma persona la nostra vita, nonla società o la famiglia.

(Demana) Una menzione aparte merita il personaggiodi Giuliana, o zia Giù. Un per-sonaggio eccentrico, diversodai familiari ordinari, e a suavolta un punto di focalizza-zione della narrazione. SeFilippo rappresenta il giova-ne che agisce in maniera in-dividuale, rompendo le con-venzioni, possiamo conside-rare zia Giù l’equivalente delmondo degli adulti? Qual èla storia dietro l’inserimentodi questa figura?Zia Giù è un adulto particola-re. Possiamo dire che forsenon è mai cresciuta. Io nonnoto una particolare diffe-renza tra giovani e adulti: è

NON SO NIENTE DI TE

vero che cresciamo anagrafi-camente e fisicamente, mamentalmente ognuno potreb-be continuare ad essere ciòche era. Dentro ognuno di noirisiede un bambino. Il proble-ma è che ogni giorno ci im-battiamo in adulti che lo han-no dimenticato.

(Fava) La natura è una co-stante dei suoi libri. La ritro-viamo anche in “Una barcanel bosco”, in “Una gallinavolante”, in “Che animalesei “. Qual è il valore cheda alla natura nella sua vita?La natura è il posto dove do-vevamo vivere. Abbiamo di-strutto il mondo intorno a noima soprattutto è il modo divivere ad essere totalmente“snaturato” e disumanizzato.Bisogna ricominciare a vede-re un tipo di vita più “natu-rale” come tempi, ritmi, pa-esaggi, colori. Nessuno ci im-pone di vivere freneticamen-te e nel caos.

(Tomasello) In merito alla suaesperienza come scrittricecosa ci può dire sulla situa-zione di tale lavoro in Italia?E che consigli darebbe a chivolesse intraprendere lascrittura come mestiere?Bisogna volerlo profondamen-te. Come diceva Rilke nelle“Lettere a un giovane poeta”dobbiamo chiederci se nonscrivendo più, moriremmo. Sela risposta alla domanda è sì,allora siamo scrittori. Scrive-re non è un mestiere, è un ta-lento della natura. Per quantoriguarda l’aspetto lavorativo ènecessario che un editore cre-da in te, pubblichi il tuo libroe stia a vedere se ha succes-so. La riuscita del libro è do-vuta al passaparola, ad unasorta di contagio per cui chilo legge successivamente loconsiglia all’altro. A quel pun-to l’editore aumenta laproduzione,il libraio aumentale vendite. Una reazione a ca-tena per cui il libro prendequota. L’unica regola che sa-prei dare è quella di scrivereun “bel” libro.

Intervista a Paola Mastrocola

Prof. Rosamaria Abbadessa

L’Italia non ha una lingua uffi-ciale. E’ evidente che parliamoitaliano, eppure la nostra bellalingua ha valore individuale esociale ma non costituzionale.La questione è storicamentecomplessa ma gli effetti sonochiari: la nostra lingua sta sof-frendo per questa mancata tu-tela.E’ quanto si è discusso il 19febbraio scorso al C.N.R. diRoma al convegno “Il poteredella lingua”, voluto dall’Acca-demia della Crusca, dal Comi-tato Lingua Madre e dall’Asso-ciazione italiana dei Costituzio-

nalisti.Tra gli eminenti linguisti inter-venuti: Nicoletta Maraschio eFrancesco Sabatini (Presidentee Presidente emerito Accade-mia della Crusca), Maria Tere-sa Zanola (Università Cattoli-ca di Milano), Jan Roukens(Piattaforma Europea per ilMultilinguismo, Bruxelles); mol-ti i giuristi: AntonioD’Atema (Presidente dell’asso-ciazione Italiana Costituziona-listi), Paolo Caretti (Universi-tà di Firenze), Giovanna DeMinico (Università Federico IINapoli),  Paolo Grossi (Giudicedella Corte Costituzionale),Luigi Lombardi Vallauri (Uni-versità di Firenze); intellet-tuali e giornalisti ospiti: TullioGregory (Accademia dei Lincei),Antonio Paolucci (Direttore Mu-sei Vaticani), LucioCaracciolo (Direttore di Limes),Federico Guiglia (Il Tempo).Nella Carta costituzionale nonc’è alcun cenno alla lingua ita-liana; dopo quasi settant’annii tempi sono maturi per rico-noscere ufficialmente che:“l’italiano è la lingua della Re-pubblica”, questo il principio dapremettere al sesto articolo –tutela delle minoranze lingui-stiche- o magari al nono -tutela del patrimonio storicoartistico.A riaccendere la questione èstato quanto deciso nel 2013dal Politecnico di Milano pergli insegnamenti di architet-tura,  design e ingegneria: 22corsi di studio, 24 corsi di dot-torato e diversi master sonotenuti interamente in inglese.E dall’anno accademico 2014-2015 stessa sorte toccherebbealle lezioni di tutte le laureemagistrali, ma per il momen-to il TAR Lombardia ha sospe-so la delibera , accogliendo ilricorso di 234 professori (su1386). Su linee simili si muo-vono anche gli atenei di Bari eVenezia. Peggio accade al Po-litecnico di Torino: alcuni corsi

in italiano si pagano, quelli ininglese no.Paolo Caretti con una dottaprolusione su “Lingua e Co-stituzione” ricorda che i padricostituenti considerarono lalingua un elemento dinamico instretto contatto con il conte-sto politico e sociale in cui ve-niva usata. E uno studio di Tul-lio De Mauro attesta come illinguaggio della Costituzionefosse semplice e di facile in-telligibilità, composto al 74% daparole di base e solo dal 20%da termini di ambito tecnico-giuridico.Già i primi commentatori del-la Costituzione notarono chenell’art. 6,che tutela le mino-ranze linguistiche, mancava ladichiarazione dell’ufficialitàdella lingua italiana, che inve-ce era affermata nello statu-to albertino (art. 62: “La lin-gua italiana è la lingua officialedelle Camere”).E nel 1948, nel saggio “I dirit-ti linguistici delle minoranze”,Piero Fiorelli, giurista e stori-co della lingua, analizzando lostesso articolo 6, osservava che“unico difetto dell’articolo è ilsuo silenzio intorno all’ufficia-lità della lingua italiana”. Taleomissione oggi rivela tutta lasua pericolosità. La lingua cheha bisogno di nuove tutele èl’italiano: oggi l’italiano si sco-pre lingua minoritaria nel con-testo delle altre lingue del-l’unione europea, e inoltre su-bisce un rapporto incerto conaltre lingue che si parlano nelnostro territorio. C’è qualcu-no che ha delle idee chiare sucome sia possibile regolamen-tare i rapporti con le linguenuove delle minoranze lingui-stiche legate ai flussi migrato-ri? Non c’ è il rischio che di

fatto riemerga un conflittomoderno tra lingue? Ecco allo-ra che la proposta di inserirenella Costituzione un riconosci-mento di ufficialità della lin-gua è legittima e auspicabile.Francesco Sabatini muove dal-le riflessioni giuridiche ma spo-sta il baricentro sullalingua.”La scienza del diritto hagià acquisito il concetto fon-damentale dellalingua come-fattore ordinante della socie-tà”, come di recente sottoli-neato daPaolo Grossiall’Acca-demia della Crusca, e questaaffermazione collima perfetta-mentecol concetto cheNoamChomskyesprime sulla naturadel linguaggio verbale:”sistemafinito dalla potenza infinita edotazione esclusiva dell’ homosapiens, grazie alla quale laspecie umana è diventata do-minatrice del pianeta”, ma, difatto, la legislazione continua

ad essere cieca in questo am-bito.Caratterizza la società italia-na una “inculturadella lingua”che ha molte e gravi manife-stazioni: fa accettare in attiamministrativi e giudiziari, ein ambienti burocratici, te-sti e discorsi abborracciati, fapassare negli esami di concor-so –e perfino nei posti di mag-giore responsabilità nella scuo-la- elaborati pieni di errorilinguistici, tollera una prepara-zione anche bassa nei docen-ti nelle scuole di ogni ordinee grado che licenziano inade-guata generazione di profes-sionisti. Assistiamo anche a ri-petuti tentativi di riforma sco-lastica mirantia decurtare leore di italiano, ma non assi-stiamo ad un vero ripensamen-to profondo dell’impostazionedi questo insegnamento.Ed andiamo a scuole e atenei:imporre più o meno masche-ratamente e in tempi brevis-simi ai docenti di impartirecorsi in inglese e agli studentidi riceverli senza alternativa

significa violare i diritti acqui-siti, assottigliare le fila dei do-centi italiani a favore di docen-ti stranieri, introdurre inevita-bilmente nuovi squilibri nellanostra geografia universitaria.Dimentichiamo sia Heidegger-con l’affermazione “il linguag-gio è la casa dell’essere e inquella dimora alloggia l’uomo”sia Chomsky con : “tutto ciòche siamo è linguaggio”Giovanna De Minicoritorna adanalizzare sia l’articolo 6 sia ladisposizionedel Politecnico diMilano.L’articolo 6, nel mo-mento in cui riconosce tutelaalle lingue minoritarie, affer-ma a contrario il principio ine-spresso del riconoscimento del-la nostra lingua come ufficia-le. Invece l’uso esclusivo del-l’inglese ribalta quanto abbia-mo osservato finora, perchéattesta un monopolio senzaappello, con chiara incompati-

bilità costituzionale.La liber-tà di insegnamento, come re-cita l’art. 33 della Costituzio-ne, è anche libertà dimetodo:come raggiungerestandard di qualità se ci im-pongono una lingua diversa dal-la nostra?Si lede anche il dirit-to allo studio del discente, chepuò ovviamente usaresolo stru-menti di cui è dotato, chenon prevedono l’uso obbligatodell’inglese.I valori del multilinguismo ven-gono ricordati da NicolettaMaraschio, tra i promotoridel Documento “Conoscere eusare più lingue è fattore diricchezza”, inviato al Presiden-te della Repubblica, al Presiden-te del Consiglio ead alcuni Mi-nistri, testo in cui si ribadival’importanza del multilinguismonon solo quale elemento fisio-logico della specie umana, maanche quale comprovato fatto-re di crescita psico-cognitiva,sociale e culturale. Nel Docu-mento si chiede alle Istituzionidi attuare iniziative concretedi formazione e di aggiorna-mento degli insegnanti nelcampo della Linguistica italia-na e delle Scienze del Linguag-gio.L’Italia deve svegliarsi: non sitratta di allarmarsi per la so-stituzione dell’inglese nelle Uni-versità, si tratta piuttosto ditutelare il patrimonio linguisti-co ed insieme promuovere laconoscenza di più idiomi.La Francia ha sempre curatola conservazione della proprialingua, tutelata dalla Costitu-zione; così la Spagna con l’art.3 della Costituzione che tutelail castigliano. La politica lingui-stica europea deve salvaguar-dare le funzionalità alte dellenostre lingue, lingue della ri-cerca e della formazione, an-che se conoscere più linguerappresenta un valore aggiun-to.Ma le forme di promozione esostegno concreto auspicatedal Documento non sono stateminimamente attuate dalleIstituzioni, anzi si susseguonotagli alla scuola e agli Istitutidi cultura italiana all’estero.In Italia manca una politica del-la lingua, ribadisceTullio Gre-gory, quando invece all’esteroi corsi di Italiano sono moltorichiesti; la classe politica con-tinua a dimostrare nessunasensibilità ai problemi della lin-gua, nostro patrimonio stori-co. Fra i tanti e inutili mini-steri, incalza Federico Guiglia,nessun ministero per la linguaitaliana è mai stato minima-mente immaginato. “La linguaitaliana è un tesoro dell’uma-nità, valorizzato nel mondo esperperato solo in Italia. Spe-riamo non sia troppo tardi”.

IL PROFESSOR SABATINI E L’ACCADEMIADELLA CRUSCA CI RIPROVANO

Necessario inserire l’italianocome lingua ufficiale nella Costituzione

Roma - da sin: Caratozzolo, Sabatini, Abbadessa

C.N.R. di Roma - Convegno “Il potere della lingua”

Messina - Salone delle Bandiere - da sin.: Corvaia, Bellinvia, Fava, Demana, Mastrocola,Cannistraci, D’Andrea, Tomasello

“L’Italia devesvegliarsi:deve tutelareil patrimoniolinguisticoed insiemepromuoverela conoscenzadi più idiomi”

Cultura e AttualitàGazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014 XV

Francesco Salmeri I C

Anche quest’anno per gli stu-denti liceali del “La Farina” siè presentata la possibilità diseguire il workshop archeolo-gico tenuto dal professoreEmiliano Arena e di sperimen-tare in prima persona il lavo-ro dell’archeologo. Il sito sceltoper lo scavo didattico è quellodi Rocchicella dei Palici, nellapiana di Margi, il cui interes-so storico-archeologico è com-provato dalle numerose testi-monianze riferite al luogo e alsantuario quivi posto conser-vate in autori greci e latiniquali Eschilo, Virgilio, Ovidio,Macrobio e, in misura più am-pia, in Diodoro Siculo. Gli scavicondotti dell’area evidenzianouna frequentazione che partedalla fine del paleolitico e ar-riva sino all’età bizantina e almedioevo. Dall’età arcaicasino al I secolo a.C. il sito do-vette la sua importanza al cul-to degli dei gemelli Palici e alrispettivo santuario. Nella con-cezione religiosa dei siculi, iPalici presumibilmente eranogli stessi due crateri-laghetti,ormai prosciugati ad uso indu-striale, di diametro quasi iden-tico, due laghi gemelli appun-to. La tradizione sicula li vuo-le figli di Adranos, divinità in-digena poi ellenizzata in Efe-sto, tuttavia Eschilo parla diloro come figli di Zeus e dellaninfa Talia. Questo fatto met-te ben in luce la rilevanza cheassunse il santuario, tale daspingere il poeta attico a vo-ler dare una genesi pretta-mente greca al culto. Spar-tiacque nella storia dell’areaappare la data tramandataci

da Ippi di Reggio, che situa nelquadriennio 636-632 a.C.l’edificazione delle primestrutture riferite al santuariodei Palici; risulta infatti pro-prio nello stesso periodo la co-struzione di un primo insedia-mento sull’altura della Rocchi-cella, presumibilmente chiama-to Eryx. A metà del V secoloassistiamo ad una monumen-talizzazione del santuario edell’area circostante, verosi-milmente ad opera del con-dottiero siculo Ducezio, cheproprio in quel luogo volle fon-dare Paliké, la capitale dellalega sicula da egli stesso isti-tuita per resistere alle mireegemoniche siracusane. A que-sto periodo risalgono la stoa Be l’hestiaterion, i due impo-nenti edifici di cui è ancorapossibile osservare i resti. Conla sconfitta di Ducezio e delsuo sogno autonomistico per isiculi, la città dové aver tra-scorso un periodo di grandeconfusione, passando sotto ilcontrollo di vari gruppi mer-cenari. Nondimeno sappiamoda Diodoro Siculo che ancoranel I secolo, durante la secon-da guerra servile, il ribelle Sal-vio portò cospicue offerte alsantuario del Palici, resti dellequali potrebbero essere statiritrovati nello scavo della stoaB; in questo periodo il santua-rio si connota infatti come luo-go di asilo per gli schiavi fug-gitivi. L’attività del santuariotermina definitivamente nel IIIsecolo d.C., quando l’area en-tra parte di un latifondo el’hestiaterion viene impiegatocome una fattoria. Le eviden-ze archeologiche testimonianoin seguito l’esistenza nel sitodi un insediamento agricolo al-

Tra Pa l i ke e Ak ra iS C AV O D I D AT T I C O D E L L A F A R I N A

meno fino all’età bizantina.Gli studenti del liceo nei duegiorni del workshop hanno con-dotto lo scavo di un tratto dimuro relativo ad una struttu-ra risalente proprio a tale pe-riodo. Estremamente interes-santi sono le testimonianzedelle fonti letterarie riguardoal culto legato ai laghi vulca-nici e al santuario dei Palici.Diodoro e altri parlano di unafunzione ordalica e oracolaredel santuario e dei laghetti.La forma più antica di un ritoordalico quivi praticato preve-deva che l’imputato percor-resse l’istmo che divide i duelaghetti: se fosse rimastoustionato dalle emissioni gas-sose, sarebbe stato ritenutocolpevole, in caso contrarioassolto.Di enorme interesse è stataanche la visita di Akrai, colo-nia militare siracusana del VII

secolo a.C., il cui teatro èascrivibile ad epoca ieroniana( III sec. a.C.), e presenta ca-ratteristiche architettoniche,(cavea e orchestra semicirco-lari, assenza di parodoi) cheanticipano alcuni aspetti degliedifici teatrali romani. Nel vi-sitare le latomie di roccia cal-carea dalle quali venneroestratti i materiali per la co-struzione di Akrai, infatti glistudenti, accompagnati daiprofessori Arena e LorenzoSciajno, hanno avuto la piace-vole sorpresa di imbattersi inuna vasta necropoli bizantina.Altrettanto interessante la vi-sita del sito di Occhiolà, inse-diamento siculo del VI secoloa.C., rifondato in epoca dio-nigiana( IV sec.), nel qualeproprio gli studenti del liceonegli anni passati avevanoaperto un saggio di scavo.

L’INIZIO DI UNANUOVA ERA?

Tra emozioni e riflessioni calcisticheJacopo Burgio I A

A poche settimane dalla conclusione della stagione 2013/14, che ci ha regalato nuove e intense emozioni comesolo il calcio può dare, parecchie sarebbero le considera-zioni da fare, al di là dell’ambito prettamente sportivo;è evidente infatti come sia in atto una continua evoluzio-ne nel mondo del pallone, cominciata proprio qualche annofa, dovuta all’intenso e immenso business che ruota at-torno ad esso. Un business ormai irrefrenabile, che pur-troppo ha intaccato i valori di questo splendido sport: lecifre di qualsivoglia attività calcistica, dalla retribuzionedi un calciatore alle transazioni fra due società, sono or-mai sempre più esorbitanti e scandalose e hanno fattodel calcio un regno dominato totalmente dal capitale, unregno con cui la passione ha sempre meno a che fare. Aproposito di passione, gli ultimi grandi esempi che tuttiricorderemo per sempre, quelli che chiamiamo senza pen-sarci troppo “bandiere”, quelli che vanno oltre il tifo esono capaci di affascinare tutti, se ne stanno andandouno dopo l’altro, segno di un cambio generazionale che, purtroppo, è più negativo chepositivo. E’ difficile che sul campo ci sarà ancora gente come Alessandro Del Piero, Fran-cesco Totti, Javier Zanetti, Ryan Giggs o Steven Gerrard, tutti sulla via del ritiro oquasi; questi sono alcuni dei campioni che hanno fatto sognare milioni di amanti delcalcio. Soffermiamoci a parlare di due in particolare, che proprio in questi giorni hannoannunciato il loro addio: Giggs e Zanetti. Due uomini prima che calciatori, come si do-vrebbe sempre essere. Entrambi quarantenni, fino a poche settimane fa attraversavanoil campo con la solita corsa inarrestabile, mettendoci lo stesso impegno e la stessa pas-sione, allenandosi con la stessa dedizione di quando erano poco più che ventenni. Il pri-mo, stella del Manchester United, ha preso il posto di David Moyes come allenatore adinterim, e la settimana scorsa ha disputato la sua ultima partita all’OldTrafford, la suacasa. “Ryan è un esempio per tutti noi, per il modo in cui si prende cura di sé. Pensoche nessuno potrà eguagliare la sua carriera per longevità. Ha pienamente meritato que-sto contratto perché la sua forma fisica è rimasta intatta”, cosi aveva dichiarato Sir AlexFerguson quando Giggs aveva rinnovato il suo contratto l’anno scorso. I tifosi hanno av-vertito un’ondata di entusiasmo alla sua prima da trascinatore dei RedDevils, segno chesi tratta di una leggenda che non lascerà mai il loro cuore. Proprio come Zanetti, capita-no eterno dell’Inter, che dopo un grave infortunio da cui pochi si sarebbero ripresi allasua età, ha disputato la sua ultima partita sabato sera contro la Lazio. “Ho deciso diritirarmi perché ho sentito che era arrivato il momento. Perché il calcio mi ha datotantissimo e mi sono goduto ogni momento. E perché dopo l’infortunio mi ero propostodi dimostrare che sarei potuto tornare competitivo, e l’ho fatto. Mi sento completo erealizzato. Ritirarmi a 41 anni sentendomi ancora bene e in forma non ha prezzo”. Que-ste le parole di Javier, che con le sue 1112 partite è entrato nella storia del calcio oltreche in quella di un club dalla grande tradizione. Un filo rosso, per concludere, collegasorprendentemente i due giocatori di cui stiamo parlando. “Uno dei rivali che mi hamesso più in difficoltà è stato Giggs” dice Zanetti, mentre Ryan: “Javier Zanetti è statol’avversario più difficile che abbia mai incontrato. Lo incontrai per la prima volta nel’99, ai quarti di Champions. Lui terzino destro, io ala sinistra. Mi impressionò per la suarapidità, potenza, intelligenza ed esperienza. Ci ho giocato contro altre due volte ed èstato l’avversario più duro in assoluto. Un campione completo.” Un rispetto reciproco difronte al quale ci si può solo levare il cappello. L’interrogativo pesante e inquietante chesorge a questo punto è se mai ci sarà qualcuno capace di unire e al contempo appassio-nare come hanno fatto Giggs e Zanetti.

Javier Zanetti

E se le vespe pungono ...SEMPRE ATTUALE LA COMMEDIA DI ARISTOFANE

Giulia Grillo IV C

Il 26 maggio gli alunni del Liceo “ La Farina -Basile” hanno assistito alla rappresentazionedella commedia di Aristofane Le Vespe, allestita presso il Teatro Greco di Siracusa dal-l’Istituto Nazionale del Dramma Antico (Inda). Sempre attuale, nonostante il trascorreredei secoli, giacché fu rappresentata per la prima volta nel 422 a. C. nel pieno della guer-ra del Peloponneso.Nello scenario suggestivo del Parco Archeologico della Neapolis, la rappresentazione del-l’opera, liberamente diretta dal regista Mauro Avogadro, è una graffiante satira rivoltaanche alla politica e pertanto adattabile ai nostri giorni. Nelle Vespe, sono evidenti dueaspetti su cui soffermarsi: il conflitto generazionale, ovvero quello in cui padri e figli siscontrano su ciò che ritengono essere i valori da perseguire nella vita sociale e l’attacco,più o meno esplicito, al sistema giudiziario del tempo. Contrariamente a quanto si puòimmaginare, trattandosi di un testo risalente al V sec. a. C., nella rappresentazionedella commedia viene utilizzato un linguaggio contemporaneo che rende più attuale l’operadi Aristofane, ma senza svuotarla d’intensità. La musica e il canto ironicamente eseguitidalla ensemble d’ottoni “banda Osiris”, scioglie gli intrichi della storia, rendendola piùfruibile. Probabilmente anche la scelta dell’attore protagonista, Antonello Fassari, voltoconosciuto al grande pubblico, ha lo scopo di attualizzare il più possibile la divertentecommedia.Vivacleone (Filocleone nella stesura di Aristofane) ama fare il giudice più di ogni altracosa, ma il figlio Bdelicleone lo vuole allontanare da questa sconsiderata ossessione perspingerlo verso altre attività più piacevoli, facendogli notare che il suo è solo un dominioapparente poiché rimane sempre soggiogato alla volontà degli autocrati, così inventa perlui un processo farsa in cui l’imputato è un cane e i giudici delle pungenti vespe. Ma ilfiglio non riuscirà nell’intento, anzi porterà Vivacleone (Filocleone) alla perdizione, dalmomento che quest’ultimo, è incapace di trovare un equilibrio tra il vecchio stile di vitae il nuovo.L’ironia e il senso dei versi di Aristofane, in questo inconsueto allestimento teatrale, sonoresi anche da alcune trovate sceniche piuttosto sopra le righe, come gli ingressi degliattori alla guida di scooter o le costanti citazioni “… all’ombra dei cipressi e dentrol’urne…”.Lo spettacolo si conclude con la consueta sfilata degli attori che, ancora una volta, coin-volgono il pubblico, il quale ringrazia con fragorosi applausi.

Akrai

Akrai

Palike

Palike

Teatro Antico di Siracusa - Le vespe

Gruppo La Farina

Istituto Superiore “LA FARINA - BASILE”Via Oratorio della Pace, 5 - 98122 Messina - Tel. 090 44910

e-mail: [email protected]: www.lafarina.it

redazione Stoá: [email protected]

S TO A’

DirezionePatrizia Danzè

Comitato di RedazioneFrancesco Greco, Francesco Tomasello,Francesco Salmeri, Claudio Panebianco

Hanno collaborato per il Liceo “La Farina”:Roberto D’Andrea, Francesco Tomasello,

Alberto Cardia, Francesco Salmeri,Giusy Mantarro, Ilaria Maiorana,

Pietro Casablanca, Alessandro Triolo,Claudio Panebianco, Grazia Corvaia,

Sandy Bellinvia, Giulia Grillo, Diana Strano,Ugo Muraca, Giuseppe Migliorato,

Marco Mangano, Andrea Borgosano,Greta Arimatea, Sofia Bernava, Giuliana Triscari,

Giuseppe Currò, Jacopo Burgio, Silvia Fava,Alessandra Papale, Mariasmeralda Cannistraci,

Sara Quartarone, Roberta Corsaro,Emiliano Arena, Rosamaria Abbadessa,

Marisa Pelle

per il Liceo “Basile”:Maria Abbadessa e Maria Andaloro

e inoltre per il Liceo “Trimarchi”di Santa Teresa di Riva:

Francesca Gullotta e la classe II B

Si ringraziano per servizio foto e graficaGiuseppe Aloisi, Francesco Tomaino,Sara Diomede, Paolo Enrico Zagami,

Alessandro Triolo, Carmen Puleo, Sofia Bernava,Maria Luisa Cucinotta, Andrea Borgosano,Mariasmeralda Cannistraci, Grazia Corvaia

Cartoline di ViaggioXVI Gazzetta del Sud, giovedì 5 giugno 2014

parere investito del compitodi essere “una voce portan-te del Sud europeo, del Me-diterraneo”, e portare le ri-vendicazioni della gente in unParlamento dove “ la parteda leoni la fanno la Germa-nia e il Nord Europa”. A que-sto sciovinismo piccolo meri-dionale, chi scrive oppone laconsapevolezza che gli inte-ressi dei lavoratori greci sonoben diversi da quelli degli im-

prenditori e dei banchierigreci, ma sono gli stessi deilavoratori italiani o francesio boemi, e che è impossibileottenere concessioni da chi èpiù forte di te se ha interes-si divergenti. Non esistonodunque interessi nazionali dadifendere, ma solo interessidi classe. La Capone si mo-stra poi scettica a propositodi un’eventuale fronte comu-ne tra il KKE (il partito co-

munista greco) e Syriza. Ilprimo è troppo settario e an-cora arroccato su posizioni“leniniste”, benché questadefinizione lasci a desidera-re dal punto di vista della cri-tica politica, e quindi ostilead ogni collaborazione con al-tre forze. Il secondo è ormaisulla strada di una coalizionecon le forze borghesi, comedimostrerebbe, a pareredella Capone, il colloquio conObama, evento malvisto dalpopolo greco. Quello che sipercepisce cercando di ap-profondire la “questione gre-ca” è la grande confusioneche regna sia tra i politican-ti, che tra la gente comune.Eppure un sondaggio rivela

che “il 63% dei greci vuole unprofondo cambiamento nellasocietà, mentre il 23% dicedi volere la rivoluzione”. Que-sti dati, insieme con il gran-de ardore dimostrato dai la-voratori greci negli ultimitempi, che ha tra l’altro im-pedito ad Alba dorata di di-ventare un reale pericolo, econ l’intollerabile condizionein cui versa la maggior par-te del popolo greco, lascianointuire sviluppi eclatanti. LaGrecia è diventata come mol-ti altri paesi una polveriera,e qualsiasi evento potrebbefungere da miccia. I lavora-tori greci si sono espressi alungo con scioperi e cortei,ma l’assenza di ogni risulta-

to in tal senso, oltre ad averinterrotto la serie di sciope-ri, li ha d’altra parte portatiad un nuovo livello di radica-lizzazione. Come apprendia-mo anche dalle parole dellaCapone, i greci sono moltodisillusi e non hanno intenzio-ne di farsi menare per ilnaso. La prospettiva non cosìlontana di un governo di Syri-za porterà questo partito adoversi assumere grosse re-sponsabilità e a dover faredelle scelte fondamentali. Al-lora la classe lavoratrice gre-ca, gli studenti, i precari e idisoccupati non staranno aguardare, e pretenderannodi portare a termine quelloche hanno cominciato.

GRECIA ED EUROPA:LA QUESTIONE GRECA

Francesco Salmeri I C

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Ancora una volta veniamo ospitati sulle pagi-ne della “Gazzetta del Sud” che si apre aigiovani e sceglie di collaborare con i giornalid’istituto delle scuole cittadine. Un’iniziativastimolante che mette in moto idee e proget-ti. L’I.I.S. La Farina-Basile ringrazia la “Gaz-zetta del Sud”, in particolare il direttore edi-toriale Lino Morgante, il direttore responsabi-le Alessandro Notarstefano, la segreteria di re-dazione e la dott.ssa Daniela Cacciola, il pro-to Maurizio Novarese per la loro disponibilità.

Arrivederci e

buona estate