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Newsletter mensile del Movimento Giovanile Francescano di Sicilia
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M O V I M E N T O G I O V A N I L E F R A N C E S C A N O D I S I C I L I A
Newsletter - Giugno 2013 1
Sabato 18 e domenica 19 maggio, rispe5vamente vigi-‐lia e solennità di Pentecoste, Papa Francesco ha incon-‐trato a San Pietro i movimen= e le associazioni eccle-‐siali. Ai componen= del variegato mondo delle aggre-‐gazioni laicali il Papa ha consegnato, nell’omelia della solenne celebrazione di Pentecoste, tre parole che de-‐vono segnare la mentalità, il modo di vivere e di porsi nella Chiesa e nel mondo.
Mol$ commentatori hanno so0olineato come Papa Francesco ab-‐bia voluto indicare non tanto delle vie per il futuro, bensì ribadire ciò che da sempre è stato richiesto ai movimen$ e alle associazioni, ma verso cui sembrano fare “orecchio da mercante”…Magari le cose non stanno proprio così, ma certamente le tre paro-‐le, così come le ha spiegate il Papa, non dicono niente di nuovo se non per il fa0o che cos$tuiscono un richiamo forte e autorevole pronunciato con la schie0ezza e senza giri di parole cui il pontefice argen$no ci ha ormai abituato. Cerchiamo, dunque, di farle nostre.
Newsletter Mensile Giugno 2013
NOVITÀ, ARMONIA, MISSIONENella solennità di Pentecoste,Papa Francesco ha incontrato a San Pietro i movimenti e le associazioni ecclesiali. Ai componenti del variegato mondo delle aggregazioni laicali il Papa ha consegnato, nell’omelia, tre parole che devono segnare la mentalità, il modo di vivere e di porsi nella Chiesa e nel mondo. Pagina 1
DUE NUOVI DIACONIDomenica 23 giugno saranno ordinati diaconi a Enna fra’ Salvatore e fra’ Arturo.Pagina 4
BEATO GIUSEPPE PUGLISI
Il 26 maggio è stato proclamato Beato Don Pino Puglisi, testimone della fede.Pagina 5
LA BACHECAGli appuntamentidel mese di giugno.Pagina 8
NOVITÀARMONIAMISSIONE
M G F S I C I L I A N E W S L E T T E R
2 Newsletter - Giugno 2013
La prima parola che il Papa ha consegnato ai membri dei movi-‐men6 e delle associazioni ecclesiali è novità. Non si tra0a di invi-‐tare alla novità per la novità, ma il tenta$vo da parte del Papa di scardinare quelle porte chiuse a doppia mandata da parte di molte associazioni ecclesiali (comprese anche, se volete, le parrocchie, gli Ordini e gli Is$tu$ di vita consacrata) per paura di perdere le proprie posizioni, di ritrovarsi spiazza$ in un mondo che è in con$-‐nua e progressiva evoluzione, di me0ersi in gioco anche a costo di essere derisi come Noé o al rischio della propria vita.
Pensiamo in questo contesto alla difficoltà che ancora incontra in molti ambienti ecclesiali l’appello alla Nuova Evangelizzazione. Piut-‐tosto che rinnovarsi, come ha indicato il B. Giovanni Paolo II, nei mezzi, nei modi e nell’ardore missionario, la stragrande maggioranza delle realtà ecclesiali è rimasta nelle proprie posizioni di sempre e la Nuova Evangelizzazione è diventata appannaggio esclusivo e carat-‐teristico dei nuovi movimenti e associazioni. La Nuova Evangelizza-‐zione dovrebbe essere invece lo stile unico dell’essere Chiesa, di tutta la Chiesa nei suoi singoli elementi. Invece di andare per le nuo-‐ve strade che la novità di Dio ci offre, come ha evidenziato il Papa, ci si difende chiudendosi in strutture caduche, incapaci di accoglienza.
Ecco allora il modo che il Papa ha indicato per percorrere con fidu-‐cia la via della novità cui lo Spirito spinge la Chiesa: costruire, pro-‐grammare e proge0are non secondo i nostri schemi, le nostre si-‐curezze, i nostri gus$, bensì lasciandoci guidare dallo Spirito. I suoi orizzon$ sono vas$ e infini$. Lo Spirito nulla toglie, ma fa nuove tu0e le cose, partendo da noi stessi, perché vuole unicamente il nostro bene e quello dell’intera umanità. Sperimenteremo la sua novità e il suo rinnovamento, però, solo se sapremo seppellire le nostre chiusure e i nostri egoismi.
Sarebbe ora, perciò, di sme0erla di guardare con sospe0o e tac-‐ciare di esibizionismo o di distruUsmo (delle stan$e metodiche pastorali) quan$ si dedicano con passione alla nuova evangelizza-‐zione. Il rinnovamento riguarda tu0a la Chiesa che, come ben sa chi se ne è lasciato coinvolgere, nulla distrugge ma tu0o riporta alla purezza e semplicità evangelica originaria della Chiesa: stru0u-‐re, metodi e parresia apostolica. Da parte nostra, in quanto france-‐scani, ciò significa riappropriarci della vocazione-‐missione del se-‐rafico Padre, purificandoci dalle sovrastru0ure che nei secoli ci hanno appesan$to e, nei tempi recen$, hanno tenuto alla larga le possibili nuove vocazioni alla vita consacrata francescana sia nel primo come nel terzo Ordine.
Così ammoniva P. Raniero Cantalamessa il 15 aprile del 2009 nella sua famosa conferenza al Capitolo delle Stuoie, nell’VIII Centenario dell’approvazione della Regola di S. Francesco: «Noi cattolici siamo più preparati, dal nostro passato, a fare i "pastori" che i "pescatori" di uomini, cioè siamo più preparati a pascere le persone che sono rimaste fedeli alla Chiesa, che non a portare ad essa nuove persone, o a "ripescare" quelle che se ne sono allontanate. La predicazione itinerante scelta per sé da Francesco, risponde proprio a questa esi-‐genza. Sarebbe un peccato se l’esistenza ormai di chiese e grandi strutture proprie facessero anche di noi francescani solo dei pastori e non dei pescatori di uomini; se in certi continenti, come l’America
La NOVITÀ ci fa sempre un po’ di paura, perché ci sentia-‐mo più sicuri se abbiamo tutto sotto controllo, se siamo noi a costruire, a programmare, a progettare la nostra vita secondo i nostri schemi, le nostre sicurezze, i nostri gusti. E questo avviene anche con Dio. Spesso lo se-‐guiamo, lo accogliamo, ma fino ad un certo punto; ci è difficile abbandonarci a Lui con piena fiducia, lasciando che sia lo Spirito Santo l’anima, la guida della nostra vita, in tutte le scelte; abbiamo paura che Dio ci faccia percorrere strade nuove, ci faccia uscire dal nostro oriz-‐zonte spesso limitato, chiuso, egoista, per aprirci ai suoi orizzonti. Ma, in tutta la storia della salvezza, quando Dio si rivela porta novità – Dio porta sempre novità -‐, trasforma e chiede di fidarsi totalmente di Lui: Noè co-‐struisce un’arca deriso da tutti e si salva; Abramo lascia la sua terra con in mano solo una promessa; Mosè af-‐fronta la potenza del faraone e guida il popolo verso la libertà; gli Apostoli, timorosi e chiusi nel cenacolo, esco-‐no con coraggio per annunciare il Vangelo. Non è la no-‐vità per la novità, la ricerca del nuovo per superare la noia, come avviene spesso nel nostro tempo. La novità che Dio porta nella nostra vita è ciò che veramente ci realizza, ciò che ci dona la vera gioia, la vera serenità, perché Dio ci ama e vuole solo il nostro bene. Doman-‐diamoci oggi: siamo aperti alle “sorprese di Dio”? O ci chiudiamo, con paura, alla novità dello Spirito Santo? Siamo coraggiosi per andare per le nuove strade che la novità di Dio ci offre o ci difendiamo, chiusi in strutture caduche che hanno perso la capacità di accoglienza?
Lo Spirito Santo, apparentemente, sembra creare disordi-‐ne nella Chiesa, perché porta la diversità dei carismi, dei doni; ma tutto questo invece, sotto la sua azione, è una grande ricchezza, perché lo Spirito Santo è lo Spirito di unità, che non significa uniformità, ma ricondurre il tutto all’ARMONIA. Nella Chiesa l’armonia la fa lo Spirito Santo. Uno dei Padri della Chiesa ha un’espressione che mi piace tanto: lo Spirito Santo “ipse harmonia est”. Lui è proprio l’armonia. Solo Lui può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e, nello stesso tempo, operare l’unità. An-‐che qui, quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi, nei nostri esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità, l’omologazione. Se invece ci lasciamo guida-‐
re dallo Spirito, la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché Egli ci spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa. Il camminare insie-‐me nella Chiesa, guidati dai Pastori, che hanno uno specia-‐le carisma e ministero, è segno dell’azione dello Spirito Santo; l’ecclesialità è una caratteristica fondamentale per ogni cristiano, per ogni comunità, per ogni movimento. E’ la Chiesa che mi porta Cristo e mi porta a Cristo; i cammini paralleli sono tanto pericolosi! Quando ci si avventura an-‐dando oltre (proagon) la dottrina e la Comunità ecclesiale – dice l’Apostolo Giovanni nella sua Seconda Lettera – e non si rimane in esse, non si è uniti al Dio di Gesù Cristo (cfr 2Gv 1,9). Chiediamoci allora: sono aperto all’armonia dello Spirito Santo, superando ogni esclusivismo? Mi fac-‐cio guidare da Lui vivendo nella Chiesa e con la Chiesa?
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Newsletter - Giugno 2013 3
Latina, la predicazione itinerante fosse assente proprio negli “evan-‐gelici” per vocazione originaria che sono i francescani».
La seconda parola che Papa Francesco ha consegnato ai movimenti e le associazioni ecclesiali e con esse a tutta la Chiesa è armonia. L’altro grosso problema della Chiesa attuale nel contesto dell’appello alla Nuova Evangelizzazione consiste non soltanto nella paura per la novità, ma anche, come accennavamo sopra, il sospetto per chi è diverso, per chi esce dagli “schemi”, per chi non porta avanti “le no-‐stre cose” di sempre, che viene perciò accusato facilmente di man-‐canza di “senso di appartenenza”, di promiscuità con spiritualità che “non ci appartengono”… La verità, sempre taciuta, è che in un con-‐testo di scristianizzazione, avendo paura di perdere le poche peco-‐relle rimaste nei nostri poveri ovili-‐orticelli, si fa di tutto per non permettere il confronto con altre realtà, perfino con quanto richie-‐sto dal Magistero della Chiesa. Non sono pochi i movimenti e le as-‐sociazioni che hanno intimato ai propri membri di non frequentare altre realtà ecclesiali, di non partecipare ad altre attività di apostola-‐to, evangelizzazione o perfino di preghiera promosse da altri gruppi. Il confronto e la collaborazione piuttosto che essere colti come op-‐portunità di arricchimento reciproco, sono visti solo con la paura di perdere la propria identità e i propri membri. Ma la verità è che si ha paura di perdere i numeri! Ma chi ha paura di perdere se non chi è insicuro di se stesso e di ciò che propone? Allora piuttosto che met-‐tere mano ad un radicale rinnovamento, aprendo le porte alla novi-‐tà e al confronto-‐collaborazione con il resto delle componenti eccle-‐siali, si preferisce far morire di asfissia e di inerzia i propri proseliti. Viceversa, si avverte un senso di superiorità da parte di alcune com-‐ponenti ecclesiali nei confronti di altre realtà (anche parrocchiali e diocesane) verso le quali, nei fatti, si applica il motto dantesco “Non ti curar di loro, ma guarda e passa!”.
Il Papa, con la parola armonia, ci ricorda che le realtà associa$ve ecclesiali sono come delle note. Da sole possiamo semplicemente cantare “la canzone mononota” o una melodia a re0otono. Ma se vogliamo esprimere tu0a la vivacità dello Spirito, senza soffocarlo, allora siamo chiama$ a me0erci accanto gli uni agli altri, collabo-‐rando alla realizzazione del Regno di Dio, componendo una melo-‐dia armonica, anzi la grande sinfonia di Dio.
La terza parola suggerita dal Papa è missione. Ma a ben vedere non è una terza indicazione come messa accanto alle altre, bensì il ver6ce del suo discorso, il filo conduAore di tuAa l’omelia. In-‐faU, in conclusione, chiede di verificare se abbiamo la tendenza di chiuderci in noi stessi, nel nostro gruppo, o se lasciamo che lo Spiri-‐to Santo ci apra alla missione. E ciò è quanto aveva evidenziato, so0o diversa angolatura, con le prime due parole: la paura di aprirsi alla novità e la paura di aprirsi agli altri.
Allora, se è vero, come ribadito ossessivamente e con forza da tu0o il Magistero post-‐conciliare, che la missione rappresenta l’anima della Chiesa, le chiusure e le paure verso la missione per annunciare e tes;moniare la vita buona del Vangelo porta i movi-‐men$ e le associazioni e, di conseguenza la Chiesa stessa, verso una morte annunciata. Tale pericolo il Papa lo ha ribadito in tu0e le salse già da tempo. Così, per esempio, ad aprile in una delle sue omelie quo$diane presso Santa Marta: «Una Chiesa che non esce fuori da se stessa, presto o tardi, si ammala nell’atmosfera viziata delle stanze in cui è rinchiusa. È anche vero che ad una Chiesa che esce le può accadere ciò che può accadere ad una persona quando va per strada: avere un incidente. Di fronte a questa alterna$va,
voglio dire francamente che io preferisco mille volte una Chiesa che ha sofferto un incidente che una Chiesa malata».
Infine, un conce0o che il Papa sempre associa a quello di missione è “periferie esistenziali”. Con questa espressione il Papa intende innanzi tu0o e sopra0u0o i poveri materialmente intesi. Alla vigi-‐lia di Pentecoste, durante la veglia con i movimen$ e le associazio-‐ni, Papa Francesco ha de0o che i poveri sono la carne di Cristo e la Chiesa è chiamata ad essere povera per camminare insieme ai poveri e servirli in quanto carne di Cristo: «La povertà, per noi cri-‐s$ani, non è una categoria sociologica o filosofica o culturale: no, è una categoria teologale. Direi, forse la prima categoria, perché quel Dio, il Figlio di Dio, si è abbassato, si è fa0o povero per cam-‐minare con noi sulla strada».
Accanto alla povertà materiale c’è poi la povertà dell’uomo che è causa della prima: «la crisi, come quella che stiamo vivendo, non consiste in una crisi soltanto economica; non è una crisi culturale. È una crisi dell’uomo: ciò che è in crisi è l’uomo! E ciò che può essere distrutto è l’uomo! Ma l’uomo è immagine di Dio! Per questo è una crisi profonda!». Perciò non si può indugiare oltre: «non possiamo preoccuparci soltanto di noi stessi, chiuderci nella solitudine, nello scoraggiamento, nel senso di impotenza di fronte ai problemi. Non chiudersi, per favore! Questo è un pericolo: ci chiudiamo nella par-‐rocchia, con gli amici, nel movimento, con coloro con i quali pen-‐siamo le stesse cose… ma sapete che cosa succede? Quando la Chiesa diventa chiusa, si ammala, si ammala... La Chiesa deve uscire da se stessa. Dove? Verso le periferie esistenziali, qualsiasi esse sia-‐no, ma uscire. Gesù ci dice: “Andate per tutto il mondo! Andate! Predicate! Date testimonianza del Vangelo!” (cfr Mc16,15)».
fra’ Saverio Benena;
I teologi antichi dicevano: l’anima è una specie di barca a vela, lo Spirito Santo è il vento che soffia nella vela per farla andare avanti, gli impulsi e le spinte del vento sono i doni dello Spirito. Senza la sua spinta, senza la sua gra-‐zia, noi non andiamo avanti. Lo Spirito Santo ci fa entra-‐re nel mistero del Dio vivente e ci salva dal pericolo di una Chiesa gnostica e di una Chiesa autoreferenziale, chiusa nel suo recinto; ci spinge ad aprire le porte per uscire, per annunciare e testimoniare la vita buona del Vangelo, per comunicare la gioia della fede, dell’incon-‐tro con Cristo. Lo Spirito Santo è l’anima della MISSIONE. Quanto avvenuto a Gerusalemme quasi duemila anni fa non è un fatto lontano da noi, è un fatto che ci raggiun-‐ge, che si fa esperienza viva in ciascuno di noi. La Pente-‐coste del cenacolo di Gerusalemme è l’inizio, un inizio che si prolunga. Lo Spirito Santo è il dono per eccellenza di Cristo risorto ai suoi Apostoli, ma Egli vuole che giun-‐ga a tutti. Gesù, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, dice: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Pa-‐ràclito perché rimanga con voi per sempre» (Gv 14,16). E’ lo Spirito Paràclito, il «Consolatore», che dà il coraggio di percorrere le strade del mondo portando il Vangelo! Lo Spirito Santo ci fa vedere l’orizzonte e ci spinge fino alle periferie esistenziali per annunciare la vita di Gesù Cristo. Chiediamoci se abbiamo la tendenza di chiuderci in noi stessi, nel nostro gruppo, o se lasciamo che lo Spi-‐rito Santo ci apra alla missione.
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4 Newsletter - Giugno 2013
Entrambi i giovani fra$ vivono a Roma dove stanno completando gli studi teolo-‐gici e specialis$ci. Il diaconato rappre-‐senta l’ul$mo passo necessario per rice-‐vere l’ordinazione presbiterale. Nella Chiesa, infaU, ci sono due forme di dia-‐conato: quello permanente, a vita, e quello “transeunte”, cioè in vista del pre-‐sbiterato. Nell’esercizio del ministero sostanzialmente non c’è alcuna differen-‐za. In entrambi i casi compete al diacono «amministrare solennemente il ba0esi-‐mo, conservare e distribuire l'Eucaris$a, assistere e benedire il Matrimonio in nome della Chiesa, portare il via$co ai moribondi, leggere la sacra Scri0ura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, pre-‐siedere al culto e alla preghiera dei fede-‐li, amministrare i sacramentali, presiede-‐re al rito funebre e alla sepoltura» (Lu-‐men Gen)um, 29).In AU 6,1-‐6, dove si narra della presen-‐tazione e scelta di se0e uomini di oUma reputazione, ordina$ dagli apostoli me-‐diante imposizione delle mani, perché servissero alle mense, emerge bene il senso e lo scopo del ministero diaconale: collaborare con il ministero degli apostoli nella fedeltà ai suoi compi$ essenziali, cioè la predicazione della Parola di Dio (cfr. At 8,5-‐12) e nella sollecitudine per i bisogni più concre$ delle persone. San Policarpo, come tan$ Padri della Chiesa, indica chiaramente in un suo scri0o le cara0eris$che dei diaconi: "Essere mise-‐ricordiosi, aUvi, camminare secondo la verità del Signore, il quale si è fa0o servo
di tuU". InfaU, la parola diaconia significa servire e nei vangeli viene principalmente a0ribuita a Cristo che è venuto per servire e non per essere servito. Gesù, per amore, si è fa0o servo di tuU, fino a lavare i piedi dei suoi di-‐scepoli. E la stola che i diaconi indossano in modo trasversale (indossata dalla spalla sinistra al fianco destro) ricorda quella mappa di stoffa che nell’an$chi-‐tà indossavano gli schiavi o i servi che servivano alla tavola dei propri padroni. Tu0o, in-‐somma, richiama al servizio: quello alla mensa della Parola con la predicazione, quello alla mensa dell’Eucaris$a con l’as-‐sistenza ai vescovi e ai presbite-‐ri, quello alla mensa dei poveri con una carità faUva.Anche quando il diaconato non è perma-‐nente, esso ci ricorda comunque che l’essenza di ogni ministero nella Chiesa è il servizio umile e so0omesso, così come Gesù ha indicato ai suoi apostoli: «chi vuole diventare grande tra voi sarà vo-‐stro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tuU. Anche il Figlio dell'uomo infaU non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in risca0o per mol$» (Mc 10,43-‐45).
Il Movimento Giovanile Francescano di Sicilia si renderà partecipe di questo lieto evento con un’auspicata folta par-‐
tecipazione di giovani oltre a quella del Gruppo Jubilate che animerà con il canto il rito di ordinazione.Si è egualmente tuU invita$ a prendere parte anche alla veglia di preghiera per fra’ Salvatore e fra’ Arturo che si terrà nella chiesa parrocchiale di S. Lucia a Enna Bassa, sabato 22 giugno alle ore 21.00. Ma già da ora affidiamo i due gio-‐vani confratelli all’amore di Dio che li ha scel$ perché con coraggio e perseveran-‐za lo condividano, nel servizio e nel dono di sé, a tuU gli uomini cui li vorrà inviare.
(Foto in alto: fra’ Arturo e fra’ Salvatore; foto so5o: il momento della Professione Perpetua di fra’ Salvatore a Palermo nel se5embre 2011)
DUE NUOVI DIACONI
Domenica 23 giugno alle ore 17.30 presso la Chiesa di San Francesco in Enna saranno or-‐dinati diaconi, per l’imposizione delle mani di S.E.R. Mons. Michele Pennisi, due Frati Mi-‐nori Conventuali legati alla Pro-‐vincia di Sicilia: fra’ Salvatore Cannizzaro, originario di Enna,e fra’ Arturo Osorio Nava,originario del Messico, ex-‐mis-‐sione dei frati siciliani, recen-‐temente approvata comeProvincia autonoma dalloscorso Capitolo Generale.
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Newsletter - Giugno 2013 5
Stu parrino si tirava i picciotti cu iddu, quindi faceva stu dannu, predi-‐cava tutta arnata, avutri problemi. Padre Pino Puglisi fu ucciso dalla mafia sotto casa, il 15 settembre 1993, nel giorno del suo cinquanta-‐seiesimo compleanno. Il perché della sua morte è tutto in questa fra-‐se, una confidenza che il pentito Tullio Cannella, durante il processo in Corte d’Assise, riferì di aver ricevuto in carcere dall’allora capo di Cosa Nostra, Leoluca Bagarella. Doveva dunque morire perché prete, Pino Puglisi. E perché come prete «predicava tutta la giornata», creando «altri problemi», ai capi del mandamento di Brancaccio…
Circa vent’anni dopo quella sera di se0embre, il parroco della chiesa di san Gaetano, cuore pulsante del palermitanissimo quar$ere Bran-‐caccio, viene proclamato beato. Mar$re della fede, assassinato in odio alla fede. Lo studio della vicenda del parroco Puglisi ha permes-‐so di conoscere più e meglio la natura della mafia e l’essenza vera del ministero sacerdotale che di ogni presbitero dovrebbe essere propria, lontana dalle astrazioni, dai verbalismi e dalla superficialità.
Forza dell’esempio di un uomo e del suo sacrificio, già nelle prime ore seguen$ al suo assassinio la comunità ecclesiale e la società civi-‐le di Palermo ne parlavano come di un mar$re. E l’allora arcivescovo di Palermo, il cardinale Salvatore De Giorgi, il 15 se0embre del 1999 dava inizio all’inchiesta diocesana che si è chiusa il 5 giugno 2012, allorché l’Ordinaria dei Padri cardinali e vescovi della Congregazione delle cause dei san$, ha riconosciuto che don Pino Puglisi fu ucci-‐so in odium fidei per mano mafiosa e per la sua fedeltà a Cristo e alla Chiesa, per l’esercizio di un ministero sacerdotale speso a propagare e diffondere la fede, per difendere la sacralità della vita, la dignità della persona umana, sopra0u0o dei piccoli. E il 28 giugno successi-‐vo Benede0o XVI autorizzava il Dicastero a eme0ere il decreto per la bea$ficazione propter martyrium.
Che cosa è emerso? I faU: a Brancaccio don Puglisi, propone – spe-‐cie alle giovani generazioni, quelle più a0ra0e dalle sirene dei soldi facili e del potere di "mamma mafia" – un’alterna$va di vita fondata sul Vangelo. La sua coerente tes$monianza fa il resto. E i giovani pre-‐stano fiducia a Cristo, mai così vicino a tan$ ragazzi cresciu$ a pane (poco) e rivoltella. E quando nella primavera del 1993 dalla Valle dei Templi si leva alto l’anatema di papa Giovanni Paolo II contro le co-‐sche e i loro messaggeri di morte, Brancaccio risponde: presente. È un qualcosa di rivoluzionario: i boss si vedono messi ai margini dal-‐l’operato del centro "Padre Nostro". La loro avversione nasce dalla popolarità e dal seguito che ogni giorno cresce a0orno a un prete mite, povero, semplice e che non si lascia fermare, forte della sola corazza della fede, dalle loro in$midazioni.
È un qualcosa davvero di rivoluzionario e di incomprensibile per i mafiosi, pur abitua$ a far di conto con gli eroi (in qualche caso, i pro-‐fessionis$) dell’an$mafia, ma non con un prete che, $midamente,
ma senza mai un cedimento, così diceva di intendere la sua missione in quel territorio: «È importante parlare di mafia, sopra0u0o nelle scuole, per comba0ere contro la mentalità mafiosa, che è poi qua-‐lunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tu0e que-‐ste inizia$ve hanno valore, ma se ci si ferma a questo livello sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai faU».
Un eroe, padre Puglisi? Puglisi sapeva di andare incontro alla morte, ne aveva acce0ato la possibilità, ma ad animarlo era sopra0u0o la volontà di esercitare il ministero sacerdotale partendo dalla forma-‐zione civile e cris$ana con la consapevolezza, ben riassunta in un an$co adagio, che "se ogni piccolo uomo nel suo piccolo mondo fa una piccola cosa, il mondo cambia". Così agì fino al giorno del suo ul$mo compleanno.
Oggi, come e più di allora, il ricordo è vivo. Col suo sacrificio Puglisi ha svelato un inganno: la mafia non ha nulla di cris$ano, sebbene nel tempo i mafiosi abbiano ostentato la loro presunta religiosità, esi-‐bendo immagine0e e libri sacri e quasi governando – in nome di una tradizione in realtà viziata e distorta – processioni e ri$ religiosi po-‐polari. Il grande inganno: i mafiosi divergono dal cris$anesimo per-‐ché, già col rito di affiliazione, un vero e proprio ba0esimo, che dal ba0esimo cris$ano è però altra cosa, scelgono di aderire a qualcosa che non è Vangelo, che è radicale negazione del Vangelo.
Oggi Don Puglisi rappresenta un vero segno per la comunità cri-‐stiana, nell’Isola e altrove, in quanto mostra la strada corretta per affrontare il fenomeno mafioso: quella di una pastorale attenta ai deboli, diretta ai bambini e ai giovani per non lasciarli inermi prede della "proposta" mafiosa; una pastorale coraggiosa e pacifica che parla al cuore di quanti sono irretiti in disegni malvagi. Il suo marti-‐rio è denso di futuro e scava un solco nella coscienza di ognuno: dopo il 15 settembre del 1993, nulla è più stato come prima, nulla può più esserlo.
Vincenzo Bertolone -‐ Arcivescovo di Catanzaro-‐SquillacePostulatore della causa di canonizzazione
da Avvenire del 25.05.2013
BEATO GIUSEPPE PUGLISI
Dinanzi ad oltre oRantamila fedeli provenien= da tuRa la Sicilia, il 26 maggio è stato procla-‐mato Beato il sacerdote palermitano Don Pino Puglisi che ha faRo della sua vita un dono di amore fino al mar=rio del sangue.
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6 Newsletter - Giugno 2013
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CENTRO REGIONALE PER LA PASTORALE GIOVANILE
E VOCAZIONALE OFM CONV.
Convento S. Maria della DaynaSalita San Francesco
90035 Marineo
Tel: 091 [email protected]
CALENDARIO MGF
7-9 giugno a MascaluciaCapitolo Regionale Gi.Fra.
ADORAZIONE EUCARISTICA MENSILECatenanuova 2 giugnoPalermo-Noce 4-6 giugno: SS. Quarantore Pergusa 5 giugnoCatania 6 giugnoMarineo 12 giugno
La mattina di Pentecoste, do-‐menica 19 maggio, il Padre ha accolto nel suo abbraccio mise-‐ricordioso Concetta Lo Faso, una sorella e una mamma pre-‐murosa non solo nei riguardi della sua famiglia naturale, ma anche di quella “allargata” dei frati e di tutti i giovani che sono passati per il Centro regionale di Marineo.Le tante sofferenze fisiche che l’hanno toccata nel tempo, non sono riuscite ad intaccare la sua fede profonda nel Signore. Anzi, negli ultimi anni, il Signore stesso le ha fatto sperimentare la forza della preghiera, la con-‐
solazione dello Spirito, e il Suo amore che mai abbandona e che si manifesta sensibilmente nell’Eucaristia celebrata e adorata e che ha il potere di trasformare il credente in eucaristia vissuta, in sacri-‐ficio vivente, santo e gradito a Dio.Con questo sentimento di offerta, Concetta ha affrontato l’ultimo travagliato periodo del suo pellegrinaggio terreno, consapevole che solo l’amore crea e solo l’amore è la nostra eredità per coloro che sono ancora in cammino verso la patria eterna.Grazie al Signore per averti donata a noi come compagna di viag-‐gio. E grazie a te, cara sorella Concetta. Grazie per il tuo amore. Grazie per la tua sollecitudine materna verso tutti. Grazie per l’of-‐ferta esemplare delle tue sofferenze per la riconciliazione e la pace, per i frati e le vocazioni religiose, per i giovani e per l’evan-‐gelizzazione. Arrivederci presso Dio e, in questo tempo che ci separa, continua a lodare e pregare il Signore per noi.
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23 giugno a Enna
Chiesa di S. Francesco d’Assisi - ore 17.30
Ordinazione Diaconale
di fra’ Salvatore e fra’ Arturo
in evidenza 22 giugno a Enna-BassaParrocchia S. Lucia - ore 21.00Veglia di Preghiera in preparazione dell’Ordinazione Diaconaledi fra’ Salvatore e fra’ Arturo
Dal 24 al 28 giugno si terrà a Pergusala seconda parte del Capitolo Provinciale Ordinario.Vi invitiamo ad accompagnare i lavoridei frati capitolari con la preghiera.
A DIO, CONCETTA!
PRESTO SPOSI
Grande gioia in casa MGF e, in particolare, per le Porziuncole. A giugno, infatti, due giovani coppie esprimeranno dinanzi al Si-‐gnore e alla comunità ecclesiale la volontà di donarsi e accoglier-‐si reciprocamente nel sacramento del matrimonio e così fare della loro unione il segno dell’amore unico e fedele di Cristo per la Chiesa, anche aprendo le proprie case per l’evangelizzazione.Giambattista e Daniela (foto a dx) si sposeranno a Marineo il pros-‐simo 13 giugno, mentre Fausto e Mariarosa (foto a sx) sigilleranno sacramentalmente il loro amore il prossimo 28 giugno a Noto.Giambattista guida la seconda Porziuncola di Marineo, mentre Fausto e Mariarosa, oltre a guidare la Porziuncola di Noto (più una nascente), sono membri dell’equipe della Scuola di Evangelizza-‐zione. Ad entrambi le coppie di futuri sposi i più fraterni auguri e la grata preghiera al Signore da parte di tutta la famiglia MGF.