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Canalini Corpacci, R. & Maschietto. M. (2011), 'Gli artefatti-strumenti e a comprensione della notazione posizionale nella scuola primaria. La ‘pascalina’ Zero+1 nella classe: genesi strumentale'. Insegnamento della matematica e delle scienze integrate, Vol. 34 A N.2, 161-188. Gli artefatti-strumenti e la comprensione della notazione posizionale nella scuola primaria La ‘pascalina’ Zero+1 nella classe: genesi strumentale Sommario Il presente lavoro analizza la prima parte di una sperimentazione didattica che coinvolge una quinta elementare, caratterizzato dal ricorso alla macchina aritmetica “Zero+1” per consentire una riflessione sulla notazione posizionale che consolidi e ampli quanto gli allievi coinvolti già conoscono rispetto alla rappresentazione polinomiale del numero. Si tratta di una proposta che s’inserisce nel filone degli studi condotti dal Laboratorio delle Macchine Matematiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia su artefatti, mediazione semiotica e costruzione di significati matematici. Abstract In this paper we analyse the first part of a teaching experiment with fifth grade students concerning the positional numeral system. The teaching experiment is characterized by the use of the arithmetical artefact “Zero +1” and aims to foster students’ reflection on the positional notation and to extend it to other bases (different from base-10). This study fits into the trend of the studies conducted by the Laboratory of Mathematical at the Machines University of Modena and Reggio Emilia on artefacts, semiotic mediation and construction of mathematical meanings. Rita Canalini Corpacci & Michela Maschietto

Gli artefatti-strumenti e la comprensione della notazione ... · posizionale sul quale, in questa sperimentazione, si intende orientare l’attenzione degli allievi. 3. Riferimenti

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Canalini Corpacci, R. & Maschietto. M. (2011), 'Gli artefatti-strumenti e a comprensione della notazione posizionale nella scuola primaria. La ‘pascalina’ Zero+1 nella classe: genesi strumentale'. Insegnamento della

matematica e delle scienze integrate, Vol. 34 A N.2, 161-188.

Gli artefatti-strumenti e la comprensione della

notazione posizionale nella scuola primaria La ‘pascalina’ Zero+1 nella classe: genesi strumentale

Sommario

Il presente lavoro analizza la prima parte di una sperimentazione didattica che coinvolge una quinta elementare, caratterizzato dal ricorso alla macchina aritmetica “Zero+1” per consentire una riflessione sulla notazione posizionale che consolidi e ampli quanto gli allievi coinvolti già conoscono rispetto alla rappresentazione polinomiale del numero. Si tratta di una proposta che s’inserisce nel filone degli studi condotti dal Laboratorio delle Macchine Matematiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia su artefatti, mediazione semiotica e costruzione di significati matematici.

Abstract

In this paper we analyse the first part of a teaching experiment with fifth grade students concerning the positional numeral system. The teaching experiment is characterized by the use of the arithmetical artefact “Zero +1” and aims to foster students’ reflection on the positional notation and to extend it to other bases (different from base-10). This study fits into the trend of the studies conducted by the Laboratory of Mathematical at the Machines University of Modena and Reggio Emilia on artefacts, semiotic mediation and construction of mathematical meanings.

Rita Canalini Corpacci & Michela Maschietto

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Canalini Corpacci, R. & Maschietto. M. (2011), 'Gli artefatti-strumenti e a comprensione della notazione posizionale nella scuola primaria. La ‘pascalina’ Zero+1 nella classe: genesi strumentale'. Insegnamento della

matematica e delle scienze integrate, Vol. 34 A N.2, 161-188.

Gli artefatti-strumenti e la comprensione della

notazione posizionale nella scuola primaria La ‘pascalina’ Zero+1 nella classe: genesi strumentale

Rita Canalini Corpacci1 & Michela Maschietto2

1. Introduzione

In questo articolo si analizza la prima parte (la seconda e ultima sarà oggetto di una successiva pubblicazione) di un percorso didattico a carattere sperimentale che ha coinvolto una classe quinta elementare durante l’anno scolastico 2006-2007 (Canalini, 2007). Il percorso si inserisce nel filone delle ricerche in didattica della matematica, condotte in seno al Laboratorio di Matematica dell’Università di Modena e Reggio Emilia, sull’analisi del possibile contributo che determinati artefatti possono dare all’insegnamento-apprendimento della matematica. La costruzione e l’uso di artefatti nella matematica è d’altra parte riscontrabile sia nella storia della disciplina, sia in quella del suo insegnamento. Il contenuto matematico considerato nel percorso qui presentato riguarda la scrittura del numero, anche in basi minori di quella decimale. Si è proposta la notazione posizionale (NDR 1984a, 1984b) come oggetto matematico sul quale riflettere mediante attività con un artefatto particolare (la macchina aritmetica “Zero+1”3). In particolare, l’obiettivo didattico è quello di promuovere una comprensione della rappresentazione polinomiale del numero ad un livello più astratto e generale rispetto a quella che la classe coinvolta già possiede grazie alla conoscenza del sistema posizionale in base dieci. L’utilizzo della macchina aritmetica

1 Scuola elementare “Enzo Ferrari” (Fiorano Modenese) & Laboratorio delle Macchine Matematiche, Università di Modena e Reggio Emilia 2 Laboratorio delle Macchine Matematiche, Dipartimento di Matematica – Università di Modena e Reggio Emilia 3 Zero+1 è un sussidio didattico prodotto dalla ditta Quercetti (Figura 2).

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Zero+1 avviene in accordo con la definizione di “strumento di mediazione semiotica” (Bartolini Bussi & Mariotti 2009), nella prospettiva del laboratorio di matematica (secondo l’accezione di Matematica 2003 e successive elaborazioni, AA.VV. 2004; Ferri 2007). Va tuttavia segnalato che, nel corso degli anni precedenti, gli allievi hanno usufruito in modo sistematico del ricorso ad altri “strumenti di mediazione semiotica” (mani, linea dei numeri, abaco) che facciamo l’ipotesi possono costituire un sistema di strumenti (Rabardel 1999). L’intenzione è quella di analizzare come la macchina Zero+1 venga ad affiancarsi e ad integrarsi con l’insieme delle interazioni con altri artefatti fisici, con i loro schemi d’utilizzo e le loro descrizioni attraverso segni e simboli che l’insegnante, nel corso degli anni, ha promosso con l’intenzione di far emergere significati matematici. In proposito, si avanza l’ipotesi che l’ampliamento del sistema di strumenti degli allievi si accompagni con una accelerazione dei processi di internalizzazione (Vygostkij 1974) del nuovo artefatto. Il percorso si articola in due fasi: la prima (presentata in questo articolo) mira alla costruzione dello strumento Zero+1 e dei significati matematici che incorpora, la seconda fase chiama in causa la macchina Zero+1 proponendo problemi relativi alla rappresentazione di numeri in basi diverse da quella decimale. L’articolo si compone di sei sezioni: descrizione dell’artefatto Zero+1; presentazione di alcuni riferimenti teorici; descrizione sintetica del percorso sperimentale proposto in classe quinta; analisi di alcuni protocolli; conclusione.

2. La macchine Zero+1 (“pascalina”)

La macchina Zero+1 è una calcolatrice meccanica che ha come caratteristica importante quella di automatizzare il cambio. È stata chiamata “pascalina” nelle classi in cui è stato introdotto (Savioli 2005/2006, Maschietto & Ferri 2007) in quanto evoca le prime calcolatrici meccaniche costruite nel XVII secolo, tra queste diversi prototipi furono realizzati da B. Pascal (Figura 1).

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Figura 1. Pascalina4 Figura 2. Zero+1

La macchina Zero+1 (Figura 2) è costituita da una base sulla quale sono disposte cinque ruote dentate: le tre ruote (di colore giallo) nella parte inferiore sono deputate alla rappresentazione posizionale decimale del numero, mentre le due ruote in alto (di colore arancione) consentono l’automatizzazione del cambio. Le ruote possono girare in senso orario e antiorario. Il numero (al massimo di tre cifre) va scritto e letto tenendo conto dell’indicazione data dai tre triangoli (rossi) posti lungo la linea di base (nell’immagine si vede rappresentato il numero 620). La macchina dispone di una virgola ‘mobile’ (angolo in basso a destra nella Figura 2) e di due fori in cui posizionarla tra le ruote con le cifre. Per calcolare addizioni, lo schema d’utilizzo più semplice fa riferimento all’iterazione dell’operatore +1, che si ottiene ruotando in senso orario la ruota in basso a destra. Nel caso della sottrazione, quest’ultima deve, viceversa, essere ruotata in senso antiorario. Un altro schema d’utilizzo, che può velocizzare il calcolo, si basa sulla possibilità di scomporre i numeri in base al valore posizionale delle cifre. Per esempio, l’addizione 169+24 si può effettuare in due modi: 1) si rappresenta 169 sulla Zero+1 (ruotando le tre ruote gialle) e si aggiunge +1 (ruotando la ruota delle unità a destra) 24 volte; 2) si scrive il numeri 169 sulla Zero+1, poi si aggiungono 2 decine alla ruota delle decine e 4 unità alla ruota delle unità (l’ordine in cui le tre ruote vengono ruotate è peraltro indifferente).

4 Sito: http://www.windoweb.it/edpstory_new/ep_pascal.htm

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La scelta di uno schema piuttosto che di un altro può dipendere da fattori come il livello della classe in cui la Zero+1 è proposta e la taglia dei numeri (che si può considerare una variabile didattica nel caso di situazioni di addizione/sottrazione). La moltiplicazione e la divisione possono essere eseguite rispettivamente come addizione e come sottrazione ripetute5. Zero+1 è un artefatto che incorpora molteplici significati aritmetici: un approccio di tipo ricorsivo al numero, l’addizione come operazione unaria, la moltiplicazione come addizione ripetuta6, la nozione di operazione inversa (evocata dal movimento in senso orario e antiorario delle ruote) e il significato di notazione posizionale sul quale, in questa sperimentazione, si intende orientare l’attenzione degli allievi.

3. Riferimenti teorici

In questa sezione saranno sinteticamente presentati alcuni elementi teorici sui quali si è basata sia la progettazione, sia l’analisi della sperimentazione didattica.

3.1 Artefatto e strumento

Il primo elemento teorico considerato è l’approccio strumentale, sviluppato a partire dal lavoro di Rabardel (1995). Esso si basa sulla distinzione tra artefatto e strumento: un oggetto creato dall’uomo rimane artefatto fino a quando chi vi ricorre non costruisce schemi d’utilizzo. In altri termini, l’artefatto è l’oggetto materiale o simbolico indipendentemente da chi lo utilizza, lo strumento è invece un’entità duplice costituita dall’artefatto e dagli schemi d’utilizzo. Rabardel definisce “genesi strumentale” il processo che consente a chi ricorre all’artefatto di costruire lo

5 Cfr. Bartolini Bussi & Maschietto (2008). 6 Le nozioni fin qui elencate sono coerenti con l’assiomatica di Peano. Si tratta di un sapere matematico che è stato considerato in altre sperimentazioni didattiche condotte da insegnanti-ricercatori (Maschietto & Ferri 2007).

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strumento. La “genesi strumentale” si specifica in due sottoprocessi tra loro complementari: la “strumentazione” e la “strumentalizzazione”. Ciò che distingue questi due processi è l’orientamento dell’attività: nella “strumentazione” essa è orientata dall’artefatto verso il soggetto impegnato nell’apprendimento di schemi d’uso socialmente condivisi. Viceversa, nella “strumentalizzazione” l’attività è orientata dal soggetto verso la componente artefatto dello strumento. Il soggetto può istituire nuove funzioni pur conservando caratteristiche e proprietà dell’artefatto. Per esemplificare, e con riferimento alla sperimentazione considerata in questo studio, durante la prima fase del percorso didattico (quella documentata il questo primo articolo), prevalgono processi di “strumentazione” in quanto gli allievi sono impegnati nella individuazione degli schemi d’utilizzo della Zero+1. Durante la seconda fase, prevalgono processi di “strumentalizzazione” poiché occorre modificare l’artefatto in modo che assuma l’ulteriore funzione di rappresentare numeri anche in basi minori di quella decimale grazie alla variazione del numero dei denti su ciascuna ruota. Rabardel (1999) sottolinea inoltre come gli strumenti non sono tra loro isolati, ma intrattengono relazioni di carattere sistemico. Ciò significa che durante i processi di genesi strumentale, chi utilizza lo strumento si appropria di schemi d’utilizzo e/o arricchisce l’artefatto di nuove funzioni anche in base al possesso di altri strumenti. Per esemplificare e con riferimento alla sperimentazione condotta, il possesso, da parte degli allievi, di schemi d’utilizzo che contemplano composizioni e decomposizioni di decine o centinaia utilizzando l’abaco può indurre a focalizzare l’attenzione su caratteristiche specifiche della Zero +1: la macchina automatizza il cambio e propone la scrittura in cifre del numero coerentemente con la scrittura polinomiale del numero in base dieci. Dal punto di vista del sistema di strumenti, si aggiunge il fatto che Zero+1 è un artefatto che contiene diversi segni matematici (la virgola e le dieci cifre da 0 a 9 sulle ruote in basso), a differenza di altri artefatti

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come, ad esempio, l’abaco che ne è privo. Per questo, la sua introduzione in classe diventa interessante.

3.2 Artefatti cognitivi

Norman (1993), nel suo saggio “Le cose che ci fanno intelligenti”, utilizza la locuzione “artefatti cognitivi” por sottolineare il ruolo che qualsiasi strumento, sia materiale, sia simbolico può svolgere nell’implementare le potenzialità cognitive di coloro che ne fanno uso. Inoltre evidenzia due fondamentali, anche se non esclusivi, processi di pensiero: la “cognizione esperienziale” e la “cognizione riflessiva”. La modalità esperienziale comporta una reazione immediata e senza sforzo apprezzabile a stimoli esterni, i processi di pensiero riflessivo conducono al confronto, al contrasto a nuove idee e nuove risposte. Ebbene, in base a questa distinzione, occorre tener presente che l’uso di schemi d’utilizzo, anche se corretti, può configurarsi come “cognizione esperenziale” ossia come semplice automatismo che non contribuisce ad ampliare le conoscenze disciplinari degli allievi. Meira (1998) conferma questa possibilità ritenendo lo strumento “opaco” rispetto ai saperi che “incorpora”. Affinché lo strumento diventi “trasparente”, cioè affinché induca processi di “pensiero riflessivo”, sono fondamentali i compiti che l’insegnante assegna e le modalità attraverso le quali promuove il confronto delle soluzioni proposte dagli allievi.

3.3 Artefatti nella costruzione di significati matematici

Altro elemento teorico fondamentale per la progettazione e l’analisi della sperimentazione è l’approccio riguardante l’uso di artefatti culturali come strumenti di mediazione semiotica per la costruzione di significati matematici, sviluppato da Bartolini Bussi e Mariotti (2009) in una prospettiva vygostkiana. Bartolini e Mariotti considerano il complesso sistema di relazioni semiotiche che possono essere instaurate fra quattro elementi fondamentali: un artefatto, un compito, una parte di sapere matematico e i processi di insegnamento-apprendimento in classe.

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In un tale sistema, da un lato l’artefatto si lega ad un compito accessibile per l’allievo e dall’altro ad un sapere matematico che l’insegnante intende far emergere. Il problema di fondo che viene affrontato è come stabilire una comunicazione tra l’interazione fisica con l’artefatto degli allievi impegnati nell’esecuzione di un compito e le conoscenze di carattere disciplinare. A tale scopo viene proposta una distinzione fra tre principali categorie di segni, che si vengono a generare a partire da attività con artefatti: “segni artefatto”, “segni pivot” e “segni matematici”. I segni artefatto e i segni pivot sono presente in testi che sono chiamati “testi situati”. I “segni artefatto” si riferiscono al contesto d’uso dell’artefatto, contengono il riferimento a sue parti, ad azioni che vengono fisicamente compiute nel corso del suo utilizzo, sono segni di carattere spesso fortemente soggettivo. I “segni matematici” sono legati ai significati di carattere disciplinare, riconosciuti come tali dall’istituzione all’interno della quale gli allievi operano. Si tratta di termini, definizioni, affermazioni che richiedono di essere spiegati, giustificati. Sono segni che fanno parte dell’eredità culturale e il loro apprendimento costituisce l’obiettivo dell’insegnante. I “segni pivot” sono rappresentazioni di carattere intermedio, sono un prodotto dell’integrazione fra “segni artefatto” e “segni matematici”, sono segni polisemici. Per esemplificare, locuzioni come “ruota delle unità” o “ruota della decina” con riferimento alla Zero+1 sono “segni pivot” che costruiscono un “ponte” tra l’interazione fisica con l’artefatto e significati matematici che lo strumento incorpora (nello specifico, il valore posizionale delle cifre). L’insegnante è chiamato a svolgere un ruolo di “mediatore culturale” capace di valorizzare la possibile relazione tra queste tre diverse tipologie di segni che concorrono il modo solidale all’appropriazione di conoscenze di carattere disciplinare. A tale scopo, l’insegnante progetta “cicli didattici” che contemplano tre elementi minimi: attività con artefatti, la produzione individuale di segni e la produzione collettiva di segni avvalendosi della

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“discussione matematica” (Bartolini Bussi et al. .1995). È questa una specifica modalità di interazione finalizzata alla progressiva acquisizione di significati matematici da parte degli allievi. L’insegnante stabilisce l’oggetto di discussione (un significato, problema, processo di carattere matematico), promuove l’aderenza al tema scelto, utilizza specifiche strategie comunicative. Ad esempio, l’insegnante rispecchia interventi che reputa significativi rispetto all’oggetto di discussione; parafrasa alcuni interventi valorizzando o introducendo “segni pivot”, generalizza affermazioni che si riferiscono alla soluzione di un problema specifico, introduce progressivamente terminologie corrette dal punto di vista disciplinare (“segni matematici”). È utile sottolineare che durante la “discussione matematica” l’insegnante non prescinde dalle conoscenze che gli allievi esprimono; al contrario, valorizza la loro esplicitazione al fine di promuoverne l’evoluzione.

4. Il percorso didattico: Zero+1 e la notazione posizionale in

quinta elementare

Il percorso didattico, proposto in una classe quinta di scuola primaria, si divide in due fasi per un totale di sei incontri. Durante la prima fase (4 lezioni), l’insegnante introduce la macchina Zero+1 prestando attenzione ai processi di genesi strumentale e all’emergere di significati matematici che l’artefatto incorpora. Durante tale fase (Tabella 1) tendono a prevalere “processi di strumentazione”, ossia gli allievi sono coinvolti nella produzione di ipotesi sul funzionamento dell’artefatto e nell’individuazione di schemi d’utilizzo. L’esplorazione dell’artefatto avviene nelle prime due lezioni, mediante consegne che sollecitano la formulazione di ipotesi e la loro successiva verifica. Durante la seconda fase (2 lezioni), gli allievi affrontano problemi relativi alla scrittura del numero in basi minori di dieci, eseguendo compiti che implicano la trasformazione dell’artefatto Zero+1 per renderlo compatibile con la scrittura dei numeri e i calcoli in basi diverse dalla base dieci.

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1)Produzione di ipotesi sul funzionamento della calcolatrice (attività di

piccolo gruppo) Gli allievi osservano la pascalina, esplicitamente definita dall’insegnante “calcolatrice meccanica”, e, senza manipolarla, ma solo valutando visivamente le sue parti costitutive, sono chiamati a produrre ipotesi scritte sia sul suo funzionamento, sia su schemi d’utilizzo. Il lavoro è accompagnato da una scheda con la foto della Pascalina e alla fine è richiesta una relazione scritta. 2) Manipolazione della pascalina (attività di piccolo gruppo) Gli allievi verificano quanto precedentemente ipotizzato ed utilizzano la pascalina per individuare schemi d’utilizzo che permettono di eseguire operazioni. Viene richiesta agli allievi una relazione scritta 3)Discussione matematica (attività di classe) L’insegnante “orchestra” una discussione matematica per permettere agli allievi di condividere i significati emersi 4) Relazione individuale Ogni allievo scrive una relazione su quanto ha compreso con riferimento alle precedenti lezioni.

Tabella 1. Prima fase del percorso didattico

5) Problema proposto a gruppi di 3 allievi sulla notazione in basi cinque Il testo che viene proposto agli allievi è il seguente: 1) Ragionate sulla quantità che è rappresentata da questo numero scritto in

base cinque:

12 ( Attenzione! Si legge uno e due in base cinque)

Aiutatevi con disegni o schizzi e spiegate il vostro ragionamento

2) Disegnate una Pascalina per la base cinque e descrivete con cura il suo

funzionamento

3) Provate a scrivere in base cinque il numero degli oggetti disegnati

+ = ?

Ora calcolate l’addizione utilizzando la Pascalina che avete disegnato e

descrivete molto bene la procedura.

6) Problema individuale sulla notazione in base quattro

A distanza di un mese rispetto alla precedente attività ad ogni allievo è richiesto quanto segue: Disegna una Pascalina per rappresentare numeri in base quattro. Immagina il

movimento delle sue ruote per rappresentare in base quattro le quantità

numeriche che in base dieci rappresentiamo scrivendo: 6, 8 e 21.

Tabella 2. Seconda fase del percorso didattico

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Nella seconda fase (Tabella 2) possono diventare prevalenti “processi di strumentalizzazione” poiché per eseguire i compiti che l’insegnante assegna devono essere trasformate parti costitutive dell’artefatto: devono essere immaginate ruote dentate fornite di 5 o 4 denti anziché dieci. Si tratta di consegne che possono stimolare processi di pensiero divergente nel senso che occorre modificare parzialmente quanto si conosce per poter risolvere i problemi che l’insegnante assegna. Le due fasi del percorso possono essere viste come due cicli didattici (§3.3), concatenati l’uno all’altro. Le strategie didattiche dell’insegnante sono finalizzare all’evoluzione dei segni prodotti a seguito dell’attività (segni artefatto e segni pivot) verso segni matematici.

5. L’analisi dei protocolli

In questo articolo sarà analizzata la prima parte della sperimentazione, cercando di interpretare i processi di genesi strumentale degli allievi. Si tratta di processi che si realizzano contemporaneamente all’evoluzione di significati matematici. Si fa l’ipotesi che siano accompagnati dalla strutturazione di un nuovo sistema di strumenti che si genera introducendo la Zero+1.

5.1 Lezione 1. Produzione di ipotesi sul funzionamento della

macchina Zero + 1

La prima lezione corrisponde ad un’attività con artefatti (cfr. §3.3). Il compito assegnato agli allievi sollecita l’esplorazione dell’artefatto, (passo importante nel processo di genesi strumentale cfr. §3.1), mediante la formulazione di ipotesi sul suo funzionamento. Nel richiedere una produzione di ipotesi, in un certo senso, si scommette sulla “visibilità”7 (Norman 1990) di

7 La macchina Zero+1 non ha parti costitutive non visibili come, ad esempio, avviene nelle calcolatrici elettroniche. Inoltre il suo funzionamento si collega in modo evidente ai gesti di chi lo utilizza, associandosi sia a stimoli di carattere

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Zero+1 e, contemporaneamente, si confida sul fatto che gli allievi della classe coinvolta sono chiamati spesso ad affrontare consegne complesse, ad interagire in attività di gruppo e a produrre relazioni scritte in cui viene richiesto di esplicitare con la massima chiarezza possibile ragionamenti, sperimentazioni, strategie di soluzione. Per sollecitare la formulazione di ipotesi, l’insegnante mostra agli allievi l’artefatto Zero+1 contenuto all’interno di una busta di plastica trasparente, dichiarando che si tratta di una “calcolatrice meccanica”. Nella scheda data agli allievi, alcune domande completano la seguente consegna “Ragioniamo sul suo funzionamento

e immaginiamo di eseguire calcoli con questa macchina”. Si richiede poi agli allievi una relazione scritta del lavoro svolto dal gruppo. L’insegnante organizza sette gruppi da 3 allievi che in aula svolgono contemporaneamente il compito assegnato, interviene incoraggiando e rivolgendo ai componenti dei singoli gruppi domande specifiche (che riporta poi sul protocollo). La disposizione spaziale degli allievi nell’aula favorisce una circolazione di informazioni che senz’altro incide sulla stesura delle singole relazioni, ma che non è possibile documentare. La Tabella 3 registra sinteticamente i contenuti riscontrabili in ciascuna delle relazioni prodotte dai sette gruppi. Tutti i gruppi interagiscono in modo proficuo. L’analisi delle relazioni sembra confermare l’ipotesi che la “visibilità” della Zero+1 ha effettivamente permesso di ipotizzare correttamente aspetti del suo funzionamento contestualmente all’emergere di significati matematici che lo strumento incorpora, mettendo in evidenza che essi fanno parte del patrimonio di conoscenze degli allievi.

tattile che percettivo: qualora la macchina compia uno o più cambi si vede la rotazione delle ruote arancioni, si esercita una pressione maggiore per consentire il movimento contemporaneo delle coppie di ruote ingranate e si può udire un rumore di scatto più intenso.

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Contenuti nelle relazioni n. relazioni

versi di rotazione opposti delle ruote 7 rotazione oraria collegata a numerazione progressiva 7 rotazione anti-oraria collegata a numerazione regressiva 7 distinzione fra cifra e numeri 5 automatizzazione del cambio 6 schema d’utilizzo per eseguire addizioni 6 schema d’utilizzo per eseguire sottrazioni 2 confronto tra pascalina e abaco 3 disegni o schizzi 2

Tabella 3. Elementi delle relazioni della lezione 1

Rispetto alla genesi strumentale, l’individuazione delle componenti dell’artefatto (processo di strumentalizzazione) è strettamente intrecciata con la costituzione di schemi d’utilizzo per la scrittura dei numeri e per le operazione (processo di strumentazione). Inoltre, gli schemi per la scrittura dei numeri sono, a loro volta, parte necessaria di quelli per lo svolgimento delle operazioni (esplicitamente richiesto nella scheda). Le relazioni e i disegni prodotti dagli allievi rappresentano testi situati, contenenti riferimenti all’attività d’esplorazione, cioè segni artefatto, come per esempio i termini “ruote”, “fa scattare” la decina, “giro completo”. Si riportano alcuni elementi dell’analisi dei testi prodotti dagli allievi, in cui l’individuazione delle componenti della macchina (strumentalizzazione) si intreccia con l’ipotesi sulla funzione di tali componenti e sui movimenti di alcuni di essi (indicatori del processo di strumentazione). 1) La rotazione delle ruote dentate e l’effetto della rotazione. Nell’individuazione dei movimenti delle ruote, un ruolo significativo è svolto dalle conoscenze geometriche sugli angoli costruiti per rotazione (molti gesti che i bambini hanno prodotto sono del tutto analoghi a quelli emersi durante tali attività). Nelle relazioni si trova non solo riferimento ai due possibili versi di rotazione di ciascuna ruota, ma anche al movimento complessivo delle ruote che la macchina presenta: “Per noi le ruote dentate superiori fanno girare quelle inferiori e quando

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Canalini Corpacci, R. & Maschietto. M. (2011), 'Gli artefatti-strumenti e a comprensione della notazione posizionale nella scuola primaria. La ‘pascalina’ Zero+1 nella classe: genesi strumentale'. Insegnamento della

matematica e delle scienze integrate, Vol. 34 A N.2, 161-188.

la ruota gialla compie un giro completo fa scattare la decina e quando la

decina compie un angolo giro fa partire il centinaio ecc.”(Relazione 3). 2) Lettura e scrittura dei numeri Gli allievi individuano le componenti della macchina che definiscono la lettura del numero rappresentato: “quei tre triangolini

indicano le cifre del numero che vogliamo prendere” (Relazione 1, cfr. Figura 2). In tutti i protocolli che li citano, i termini “cifra” e “numero” sono usati correttamente: “Alcune ruote presentano delle

cifre nei denti e altre no perché quelle che hanno le cifre nei denti devono

presentare il numero che vuoi” (Relazione 1). In un caso, si cita anche il valore posizionale: “la virgola ci fa capire che ci sono le unità e di

conseguenza le decine e le centinaia, spostandola si cambia il valore

posizionale delle cifre e quindi il numero” (Relazione 4). 3) Sistema di strumenti Due gruppi di bambini citano l’abaco e ciò avviene, in entrambi i casi, quando viene ipotizzato che la “pascalina” automatizza il cambio: “La macchina è come l’abaco e ci fa vedere come funzionano i

cambi, da unità a decine e da decine a centinaia (si potrebbe immaginare

che questa macchina continui all’infinito)” (Relazione 3). Questo riferimento all’abaco sembra indicare che la pascalina (nuovo artefatto che sta diventando strumento) si inserisce in un sistema di strumenti già esistente. I protocolli mostrano che il collegamento con l’abaco non avviene solo a livello di componenti degli artefatti, ma anche a livello di significati matematici che essi incorporano (la notazione posizionale del numero in base dieci e le regole di calcolo coerenti con tale sistema). Il fatto che gli allievi colleghino i due strumenti proprio quando si occupano del cambio si può interpretare in termini di individuazione di quale specifico vantaggio offre la Zero+1: l’automatizzazione del cambio. Comparare i due strumenti significa allora evidenziare questa importante caratteristica della Zero+1 e, nel contempo, focalizzare l’attenzione sulla regola del cambio in base dieci che caratterizza il nostro sistema di notazione numerica. In questo processo, i bambini sembrano comparare l’abaco “internalizzato” (Vygotskij 1974) con il nuovo strumento, ma per

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Canalini Corpacci, R. & Maschietto. M. (2011), 'Gli artefatti-strumenti e a comprensione della notazione posizionale nella scuola primaria. La ‘pascalina’ Zero+1 nella classe: genesi strumentale'. Insegnamento della

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effetto di questa comparazione anche la Zero+1 viene “trascinata” (il termine è vygotskiano) in uno spazio mentale. Si considera indicatore di questo processo di internalizzazione il fatto che gli allievi ipotizzano una possibile iterazione infinita delle ruote della Zero+1. Si tratta di una ipotesi che viene prodotta per analogia con un’idea che appartiene alla cultura della classe, ossia che le aste dell’abaco verticale possono essere aggiunte all’infinito per consentire la rappresentazione di qualsiasi numerale.

5.2. Lezione 2 - Manipolazione della Zero+1 e verifica delle

ipotesi

L’obiettivo di questa lezione, svolta sempre a piccolo gruppo, è quello di fare verificare agli allievi le ipotesi sul funzionamento della macchina, espresse durante la lezione 1. Ogni gruppo ha a disposizione una macchina Zero+1, che può manipolare. Anche in questa lezione, si chiede una relazione di gruppo (che si può considerare un testo situato) sul lavoro svolto. I protocolli contengono numerosi elementi che rendono conto del processo di genesi strumentale con l’emergere di schemi d’utilizzo, che sono strettamente legati a significati matematici. Da una parte, tali schemi riguardano la scrittura dei numeri e le operazioni aritmetiche, dall’altra parte emergono relazioni tra movimento delle ruote e operazioni e tra le operazioni stesse. Le relazioni degli allievi costituiscono testi situati, in cui si mescolano segni artefatto e segni matematici. Tali elementi sono presentati qui di seguito. 1) La scrittura/lettura dei numeri, come si è già detto, è essenziale per la realizzazione di operazioni, compito richiesto già nella prima lezione. Quando vi è un riferimento diretto, vengono confermate le ipotesi della lezione 1; ad esempio: “quando si aggiunge bisogna selezionare le cifre dai triangoli rossi” (Relazione A) “I triangoli rossi indicano i numeri dei risultati.” (Relazione B) Particolare rilevanza è data alla virgola, presente in diverse relazione della prima lezione. La virgola è un componente

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Canalini Corpacci, R. & Maschietto. M. (2011), 'Gli artefatti-strumenti e a comprensione della notazione posizionale nella scuola primaria. La ‘pascalina’ Zero+1 nella classe: genesi strumentale'. Insegnamento della

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dell’artefatto e, nel contempo, un segno matematico che viene subito individuato e generalizzato con esperimenti mentali: “La virgola si può spostare in tre posti per fare un numero. Non c’è il

quarto buco però tu ti puoi immaginare la virgola in quel buco”.

(Relazione C) 2) Il limite sul sottoinsieme numerico dei naturali che si può trattare/rappresentare con Zero+1 è evidenziato: “siccome le ruote sono tre, il numero non può superare il 999” (Relazione A) 3) La relazione tra il movimento di rotazione delle ruote e operazioni di addizione e sottrazioni viene in generale confermata, con termini linguistici diversi (orario/antiorario; destra/sinistra): “per aggiungere bisogna girare in senso orario, invece, per sottrarre

bisogna girare in senso antiorario” (Relazione A); “Se le ruote dentate le sposti verso sinistra la macchina fa una

sottrazione, invece, se le sposti a destra fa una addizione.”(Relazione B) 4) L’automatizzazione del cambio, che caratterizza la macchina Zero+1, è verificata. Nei protocolli, si ritrovano gli stessi segni artefatto presenti nelle relazioni della lezione 1 (come ad esempio, “salta”, “scatta”, cfr. §5.1, n.1): “Eseguendo 446 + 54 abbiamo visto che eseguendo questa operazione

abbiamo capito il senso del cambio infatti quando “salta” la decina

appare un numero quello successivo quando c’è l’addizione e il numero

precedente quando c’è una sottrazione. Quando c’è un cambio le ruote si

alzano e si abbassano.” (Relazione F); “Se facciamo fare un giro completo alla ruota delle unità scatta la

decina e se facciamo fare un giro completo alle decine scatta il

centinaio.” (Relazione D) 5) Sono indicati schemi d’utilizzo per addizione e sottrazione, in cui si trovano segni artefatto che sono potenzialmente segni pivot (per esempio, tacche decina). Nella Relazione C (cfr. Figura 3), gli schemi d’utilizzo sono comunicati mediante disegni, che rappresentano i gesti sulla pascalina. Questi schemi sono un raffinamento di quanto formulato nella lezione 1.

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- Addizione come operatore +1 (a partire dalle unità): “se devi fare una addizione, devi girare in senso orario il cerchio giallo

delle unità per il numero che devi addizionare” (Relazione B) - Decomposizione in decine e unità “45 + 60 [...][il 60]Non viene rappresentato come il 45, ma deve

essere aggiunto in questo caso con la rotazione di 6 tacche decina.” (Relazione F) 6) Gli Schemi d’utilizzo per la moltiplicazione e la divisione non sono presenti nelle relazioni della lezione 1; derivano dalla manipolazione della Zero+1 e dalla conferma di quelli per l’addizione e la sottrazione. “abbiamo scoperto che

la moltiplicazione si deve

eseguire usando la

pascalina e le dita” (Relazione C)

Figura 3. Relazione C

Tuttavia tali schemi richiedono più tempo per ben definirsi, rispetto a quelli dell’addizione e alla sottrazione: “Alcune moltiplicazioni non si possono eseguire invece se

moltiplichi sempre per 10 la moltiplicazione è possibile 10 x 8 =

80” (Relazione D). 7) I testi riportano legami tra le diverse operazioni a livello di schemi d’utilizzo, i quali rimandano a loro volta a specifiche definizioni di tali operazioni. “Abbiamo capito che tra la divisione e la moltiplicazione c’è un legame,

cioè la divisione ripete tante volte la sottrazione e la moltiplicazione,

invece, ripete tante volte l’addizione.” (Relazione C) Nelle relazioni, gli allievi rendono conto anche di difficoltà ed errori commessi nella ricerca di procedure di calcolo con la Zero+1. Come già evidenziato in altre ricerche (ad esempio, Maschietto & Ferri 2007), si identifica un ostacolo legato alla

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definizione di operazione binaria, rafforzato dall’uso delle calcolatrici tascabili. Vi sono anche errori riconducibili alla definizione di operazione binaria, che sono poi corretti e interpretati con la Zero+1 stessa. Gli allievi esplorano anche procedure veloci di calcolo, mettendo in relazione il cambio e la tabellina del 9 (“perché 9=10–1.”). In generale, tutti gli allievi individuano correttamente almeno uno schema d’utilizzo che rende possibile eseguire l’addizione. In 4 relazioni su 7 si dichiara la possibilità di eseguire con la macchina le quattro operazioni, ma solo in una di queste compaiono descrizioni di altrettanti schemi d’utilizzo. Dall’analisi dei protocolli emerge quanto complesso sia il compito di individuare tali schemi. Sembrano esserci almeno tre ordini di fattori chiamati ad interagire per una positiva soluzione del compito: - la capacità di compiere manipolazioni-esplorazioni dell’artefatto che procedano non solo per prove ed errori, ma anche anticipando il possibile esito di determinate procedure; - la capacità di stabilire una relazione tra conoscenze matematiche e procedure compatibili con i vincoli dell’artefatto. Sembra emergere che solo se è chiara la possibilità di considerare le singole cifre di cui il numero è composto (conoscenza matematica) e se si è individuato cosa avviene spostando ciascuna delle tre ruote (conoscenza degli aspetti tecnologici che caratterizzano l’artefatto), allora è possibile individuare lo schema d’utilizzo che procede per scomposizione. Altrimenti, l’unico schema disponibile resta l’iterazione +1; - il possesso di competenze di carattere metacognitivo quali, ad esempio, riflettere sull’esistenza e potenzialità di altri “strumenti” chiamati a collaborare con la pascalina qualora le procedure diventino più complesse (ad esempio, le mani per conteggiare il numero di iterazioni indicate dal moltiplicatore e compiute utilizzando lo strumento nell’eseguire la moltiplicazione come addizione ripetuta).

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5.3. Lezione 3 – Discussione di bilancio

Le lezione 3 propone una discussione di bilancio (Bartolini Bussi et

al. 1995). Gli allievi e l’insegnante sono disposti in cerchio, una pascalina è disponibile per poterla eventualmente osservare o utilizzare. Viene distribuita ad ogni bambino una scheda che contiene stralci da tutte le relazioni precedentemente redatte. In tal modo si intende valorizzare il contributo di ogni gruppo e fornire una scaletta di punti da trattare. L’analisi della discussione porta a evidenziare quattro momenti, commentati nel seguito. In essi, si ritrovano elementi già apparsi nelle relazioni consegnate nelle lezioni precedenti, ma si nota come l’intervento dell’insegnante faccia evolvere i segni artefatto. 1) I vincoli dell’artefatto e la mente che li “aggira”. Il richiamo alla virgola presente nella Zero+1 avvia la discussione sui vincoli fisici dell’artefatto ed induce gli allievi ad immaginare nuove componenti e nuove potenzialità. La virgola è un segno matematico che la classe domina in relazione alla rappresentazione di numeri con tre cifre a destra della virgola. Probabilmente ciò porta a porsi il problema di come si possa rappresentare i millesimi: occorre immaginare una quarta ruota a sinistra per la cifra delle unità. E’ una conoscenza matematica ciò che induce a trasformare l’artefatto, ad introdurre l’idea che si possa prescindere dai suoi vincoli o dalle sue caratteristiche per risolvere nuovi problemi. E’ una riflessione che promuove l’internalizzazione dello strumento e, nel contempo, processi di generalizzazione.

7. Lina … te li immagini i centesimi 9. Laura Eh ma te lo puoi immaginare, se puoi anche immaginare che

ci sono tipo come le migliaia, allora tu puoi anche immaginare la virgola dove vuoi

20. Dario Nell’abaco ci sono tre stanghette, ma noi prima l’abbiamo pensato e poi anche fatto di mettere tanti abachi in fila per i numeri grandissimi… fino all’infinito

L’idea che si possa utilizzare la pascalina immaginando parti costitutive che non ci sono (#7, #9) sposta l’interazione

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dall’artefatto fisico all’immagine grafica o mentale dello strumento. E’ una complessa operazione cognitiva che è già stata compiuta utilizzando, ad esempio, l’abaco. Dario (#20) richiama un’esperienza condivisa in terza classe quando “concretamente” sono stati accostati tutti gli abaci dei bambini dichiarando che “molti” altri avrebbero potuto essere aggiunti (“stanghette all’infinito”)8. In questo tipo di intervento si fa riferimento al sistema di strumenti già costruito dagli allievi in cui il nuovo artefatto si sta incorporando come strumento. 2) Cifre o numeri?

24. Gianna No… cioè è una macchina con delle ruote dentate, due sopra e due sotto. Quelle sotto hanno dei numeri che possono ….

25. Paola No però non sono numeri sono cifre 26. Ins: Paola dice che è meglio parlare di cifre 27. Marco: In ogni macchina abbiamo le cifre da 0 a nove perché a 10

scatta il cambio 28. Ins: Ma su nessuna ruota c’è scritto il numero 10, quando scatta il

cambio? 29. Alice: Il cambio scatta quando c’è 0 e noi insomma bè noi

raggruppiamo in base 10 30. Matteo Non serve 10, torna a 0 quando cambia, la decina va di là

In questo stralcio Paola (#25) interviene correggendo Gianna (#24) che risponde alla sollecitazione dell’insegnante sul nome delle componenti della Zero+1. L’insegnante rispecchia l’importante precisazione (#26), che avvia l’esplicitazione delle regole di scrittura del nostro sistema di notazione ricorrendo ad una terminologia corretta. La scrittura dei numeri è messa in relazione con i raggruppamenti (#29) e il cambio nella Zero+1 (#30). 3) L’operatore +1. In questa parte della discussione emerge con forza l’idea che l’iterazione dell’operatore +1 genera tutti i numeri naturali e i limiti di rappresentazione di Zero+1.

8 Metafore analoghe sono emerse in altri percorsi sperimentali su artefatti e mediazione semiotica, vedi Betti e Canalini (2001) e Boni (on-line).

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99. Matteo Se ci fosse un motorino per far partir le ruote dovrebbe essere qui dove ci sono le unità perché parte tutto da lì

100. Ins: Matteo sostiene che per far funzionare la Pascalina con un motorino, lui lo metterebbe nella ruota delle unità, perché?

101. Matteo Eh. .. perché è quella lì che fa partire tutto e che fa scattare il cambio in quelle altre…perché se non il cambio non ci sarebbe. Sono le unità che fanno partire tutto…

102. Ins: In che senso le unità fanno partire tutto? 103. Matteo Sono l’elemento fondamentale

L’intervento di Matteo (#99) presenta il punto chiave di questa parte di discussione. Nel “motorino” di Matteo si può individuare una trasformazione dell’artefatto (processo di strumentalizzazione) per generare tutti i numeri: porta con sè l’idea di rotazione continua e infinita delle ruote e quindi di generazione dei numeri (“perché è

quella lì che fa partire tutto [...] Sono le unità che fanno partire tutto…”).

109. Ins: La parola a Claudio… Perché tu come Matteo il motorino lo mettersi dalle unità?

110. Claudio Perché da lì posso aggiungere quello che voglio: unità, decine, centinaia

111. Ins: E se invece il motorino immaginario di Matteo lo mettessimo dalle decine?

CONFUSIONE 112. Alice Eh no perché puoi aggiungere le centinaia, ma non le unità

perché vanno indietro

La ruota delle unità è considerata fondamentale “Perché da lì posso

aggiungere quello che voglio: unità, decine, centinaia” (#110) Probabilmente l’allievo ha ben presenti l’iterazione del gesto che fa girare la ruota delle unità dente dopo dente e il cambio automatico: infatti se il motorino fosse posto nella ruota delle decine “puoi

aggiungere le centinaia, ma non le unità perché vanno indietro” (#112).

129. Ins: C’è una regola che mi permette di formare i numeri? 130. Claudia L’addizione 131. Laura L’addizione di 1, +1, +1….o il suo contrario -1,-1-1 132. Ins: Con la pascalina li posso formare tutti i numeri 133. Claudia No, ma fino a 999, ma te lo puoi immaginare

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Il nuovo segno introdotto diventa per l’insegnante un segno pivot per portare gli allievi a esplicitare l’iterazione dell’operatore +1, coerentemente con l’assiomatica di Peano (#131). L’intervento successivo di Matteo e quelli dei compagni presentano segni-artefatto già ibridi con segni matematici (per esempio, “ruota delle unità”) che si alternano a segni matematici (per esempio, “unità”). 4) Pascalina e abaco. Alla fine della discussione viene con chiarezza evidenziato che la pascalina automatizza il cambio a differenza dell’abaco.

144. Eva E poi nell’abaco ho le palline qui no 145. Gianna Perché qui ci sono i numeri

Gli interventi di Eva (#144) e Gianna (#145) rilevano le peculiarità degli strumenti abaco e pascalina: l’abaco mostra quantità numeriche, la Zero+1 cifre e numeri. In seguito l’insegnante orienta l’attenzione degli allievi sul fatto che lo strumento mostra il segno matematico “0” (Rotman 1993), portando a legare la scrittura dei numeri con la pascalina. Il confronto tra abaco e Zero+1 sembra poter contribuire a far emergere la difficile distinzione fra quantità numerica (le palline sull’abaco), numero scritto (determinato dalla posizioni relative delle cifre indicate dai “triangolini” di “Zero +1”) e cifre (segni presenti sulle ruote dentate).

5.4. Lezione 4 – Relazioni individuali

La quarta lezione è dedicata alla stesura di una relazione individuale. Agli allievi viene chiesto di relazionare su quanto hanno compreso rispetto alla macchina Zero+1. In riferimento al ciclo didattico, la fase di lavoro individuale ha l’obiettivo di stimolare la produzione personale di segni e far esplicitare i significati matematici legati allo strumento che ciascun allievo ha costruito. Si intende in tal modo verificare un’evoluzione di linguaggio, dall’uso di segni artefatto alla scrittura di segni matematici. Viene lasciata la possibilità di osservare e manipolare

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la Zero+1. L’insegnante, in generale, si limita ad incoraggiare. Il contenuto delle relazioni degli allievi è relativamente vario, nel senso che corrisponde a diversi livelli di concettualizzazione, di scrittura e costruzione di schemi d’utilizzo. In generale gli allievi mostrano di aver compreso che la Zero+1 funziona in modo coerente con il nostro sistema di rappresentazione numerica e tutti descrivono schemi d’utilizzo almeno per l’esecuzione dell’addizione. La Tabella 4 riassume la presenza di alcuni contenuti nelle varie relazione.

Contenuti delle relazioni n.relazioni

Valore posizionale 21 Cambio 20 Orario antiorario 21 Schemi d’utilizzo per l’addizione 21 Schemi d’utilizzo per la sottrazione 18 Schemi d’utilizzo per la moltiplicazione 15 Schemi d’utilizzo per la divisione 11

Tabella 4. Elementi nelle relazioni della lezione 4

Si considerano qui di seguito parte di due protocolli: il primo è un esempio di descrizione della macchina in cui compaiono segni artefatto e segni matematici, mentre il secondo contiene segni matematici legati agli schemi d’utilizzo della Zero+1. 1) La relazione di Eva “La pascalina è una macchina con due ruote sopra che fanno girare

quelle tre sotto.

Le tre sotto sono formano la migliagia, la decina e la unità quando

vogliamo fare una addizione ad esempio (34+7) bisogna metter il 4 su la

ruota delle unità e il 3 sulla casella delle decine poi bisogna girare 7

volte la ruota delle unità in senso orario e ti fa vedere il risultato adesso

è 41 i numeri per sapere decifrargli sotto alle tre ruote ci sono tre

triangolini rossi che dicono qual è il numero che deve essere addizionato

ho sottratto. [...]

La macchina quando arriva allo nove 0 ha il cambio tipo come l’abaco

con la differenza che con l’abaco devi tenerti in mente i riporti e con la

pascalina te li fa vedere lei.[...]”

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In questo protocollo è frequente il ricorso a segni artefatto (macchina, ruote sopra, sotto,...). Tuttavia in questa relazione, la polisemia dell’artefatto è salvaguardata: si considerano compiti tecnici per i quali la Zero+1 è stata costruita, ma anche il sapere matematico che lo strumento incorpora perlomeno con riferimento al campo numerico che Eva domina pienamente. In questo protocollo si ritiene che termini come “unità” e “decina” possano essere sia “segni pivot” (qualora utilizzati per descrivere uno schema d’uso: in questo caso le marche indicano il valore posizionale rappresentato su ciascuna ruota) sia “segni matematici” (quando l’allieva parla di “riporto” da “tenere in mente”). Si noti il confronto con l’abaco. Per poter incorporare la Zero+1 in un sistema di strumenti esistente occorre chiarire cosa il nuovo strumento apporta rispetto a quelli già costruiti e utilizzati. Si tratta di un chiarimento importante in quanto consolida la nozione di valore posizionale e l’eventuale conseguente necessità di operare composizioni o decomposizioni durante l’esecuzione di calcoli. 3) La relazione di Anna [...] Spiego la sottrazione

Se devo fare

20 – 13= 7

metto 20 sulla macchina e conto 13 dentini girando in senso antiorario e

il risultato è 7. matematicamente nella sottrazione ho fatto 20-1-1-1-1-1-

1-1-1-1-1-1-1-1=7 e nella addizione

14 + 1+1+1+1+1+1= 20

Spiego la moltiplicazione

Se devo fare

3x3 = 9

metto 3 sulla macchina poi devo ripetere 3 per 3 volte ed ecco il risultato.

Matematicamente ho fatto 3+3+3=9 e ho tenuto il conto con le mani

Ora faccio

49 x 2= 98

Applico il 49 sulla macchina, o seguo 49 + 40 dentini o faccio 9 + 9

unità e 4 + 4 decine e viene lo stesso.

Matematicamente ho fatto 49 + 49 dentini = 98 e

9+9+40+40 = 98

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Canalini Corpacci, R. & Maschietto. M. (2011), 'Gli artefatti-strumenti e a comprensione della notazione posizionale nella scuola primaria. La ‘pascalina’ Zero+1 nella classe: genesi strumentale'. Insegnamento della

matematica e delle scienze integrate, Vol. 34 A N.2, 161-188.

L’allieva istituisce una ben chiara relazione tra schemi d’utilizzo e segni matematici in grado di rappresentarli. Propone una complessa operazione semiotica: utilizzare segni matematici che conosce come segni linguistici per esprimere il significato di operazione come operatore, strettamente legato alla Zero+1. Anna affronta anche il problema della non economicità di una scrittura che rappresenta l’iterazione dell’operatore + 1 per l’addizione, ricorrendo alla proprietà commutativa: l’operazione proposta 6+14 è realizzata identificando come operatore l’addendo minore. Traduce poi in scrittura matematica lo schema d’uso enunciato 14 + 1+1+1+1+1+1= 20. Da notare la piena consapevolezza della scrittura espressa dal termine “matematicamente”. Nel protocollo, compare il termine “dentini”, che da segno artefatto diviene segno matematico in quanto rappresenta l’iterazione dell’operatore +1 tante volte quante ne indica il numero che lo precede. L’interessante e complessa riflessione che Anna presenta non è completamente “spontanea”: l’allieva ripropone un tipo di attività (rappresentare con “segni matematici” interazioni con artefatti) che appartiene alla cultura della classe. In generale, le relazioni sono tutte tendenzialmente strutturate secondo uno stesso schema espositivo: una prima parte di descrizione dell’artefatto fisico, una seconda parte di analisi del funzionamento (esplicitando la relazione tra movimento delle ruote e cambio) e una terza parte in cui sono presenti gli schemi d’utilizzo delle operazioni. Non in tutti i protocolli questa sequenza è così evidente e, soprattutto, i bambini vi ricorrono con diverso livello di consapevolezza. Si tratta di uno schema espositivo culturalmente determinato, proposto dall’insegnante come scaletta della discussione matematica della terza lezione e condiviso nella classe. E’ un modo specifico e razionale di trattare le informazioni che l’insegnante intenzionalmente promuove e che è coerente con il processo di genesi strumentale.

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Canalini Corpacci, R. & Maschietto. M. (2011), 'Gli artefatti-strumenti e a comprensione della notazione posizionale nella scuola primaria. La ‘pascalina’ Zero+1 nella classe: genesi strumentale'. Insegnamento della

matematica e delle scienze integrate, Vol. 34 A N.2, 161-188.

6. Conclusione

Nell’analisi della prima parte della sperimentazione sulla pascalina qui presentata sembra emergere che gli allievi, grazie alla “visibilità” di Zero+1 e al buon livello di conoscenza che hanno rispetto al nostro sistema di scrittura del numero, riescono a produrre congetture corrette sia rispetto alla rappresentazione del numero, sia, nella quasi totalità dei casi, rispetto all’esecuzione di semplici addizioni e sottrazioni. In seguito verificano le loro ipotesi di funzionamento manipolando l’artefatto e in una discussione di bilancio viene confrontato, consolidato e ampliato quanto è stato compreso. Le relazioni individuali, che concludono questa prima fase del percorso sperimentale, verificano che tutti gli allievi hanno perlomeno chiaro uno schema d’utilizzo relativo all’esecuzione dell’addizione e molti di loro descrivono procedure anche per l’esecuzione di altre operazioni. Un elemento che caratterizza in modo forte le attività documentate in questo articolo è la ricchezza di contenuti presente in gran parte dei testi prodotti dagli allievi sia quelli redatti in piccolo gruppo sia quelli individuali. Il ciclo didattico definito nella prima fase (qui descritta) della sperimentazione condotta è fortemente caratterizzato dai processi di genesi strumentale che si avviano con l’introduzione della Zero+1 in classe. In termini di attività semiotica, l’interazione con la macchina Zero+1, rappresentata attraverso il ricorso ad un insieme eterogeneo di segni, struttura uno spazio di tipo dialogico dove coesistono e possono essere messi in relazione tra loro anche livelli di competenza talmente differenti da sembrare inconciliabili. Per esemplificare, il termine “dentini” che Anna utilizza come segno matematico, per un altro allievo è sicuramente segno artefatto, ma si può ipotizzare il ricorso a segni pivot quali “dentini-unità” e “dentini-decina” introdotti da parte dell’insegnante o semplicemente valorizzati se presenti in testi di altri allievi. Tali segni pivot potrebbero aiutare alunni in difficoltà a considerare anche significati matematici e consentire ad altri, competenti come

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matematica e delle scienze integrate, Vol. 34 A N.2, 161-188.

Anna, di arricchire la relazione tra schemi d’uso e segni matematici. I riferimenti all’abaco sono presenti nelle relazioni degli allievi e sono importanti in quanto avviano la costruzione di un sistema di strumenti che incorpora la pascalina. Inoltre alcuni indicatori portano ad avanzare l’ipotesi di ricerca secondo la quale l’esistenza di un sistema di strumenti preesistente, all’interno del quale il “nuovo” strumento viene ad integrarsi determina una accelerazione dei processi di internalizzazione. Questo è determinato dall’osservazione che gli allievi, sia in alcuni protocolli, sia durante la discussione matematica, confrontano l’abaco e la pascalina rispetto al significato di rappresentazione polinomiale del numero e tale comparazione produce l’idea di una pascalina con infinite ruote che svolge un ruolo analogo a quella di un abaco con infinite aste (idea quest’ultima che appartiene alla cultura della classe). è un’ipotesi di ricerca che richiede ulteriori situazioni e analisi per essere confermata. Il confronto tra abaco e Zero+1 sembra anche essere produttiva rispetto ad una maggiore comprensione della difficile distinzione fra quantità numerica (le palline sull’abaco) numero rappresentato in base a specifiche regole di notazione (regole che le soluzioni tecnologiche che la macchina Zero+1 presenta permette di rispettare) e cifre (i simboli mostrati sui denti delle ruote deputate alla rappresentazione scritta dei numerali). Nella seconda parte della sperimentazione si parte dal sistema di strumenti costruito (o in via di costruzione) per lavorare in base diversa da dieci.

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