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IL RITORNO DI CRISTO In tutte le mitologie, è raro che l'Eroe muoia davvero: nella mitologia celtica, ad esempio, molto spesso egli dorme all'interno di un tumulo, sotto la superficie di un lago, o su un'isola avvolta dalle nebbie, in una sorta di luogo fatato e fuori dal tempo da cui un giorno farà ritorno per combattere nuove, gloriose battaglie. L'ultima traccia di questo topos letterario celtico è facilmente riscontrabile in Re Artù, che dopo il tradimento di Mordred si rifugia sull'isola di Avalon, ed ancora oggi è viva la credenzanel suo ritorno. Lo stesso Mago Merlino, tradito da Morgana, sarebbe tuttora vivo e prigioniero, secondo la leggenda, in una grotta nella foresta bretone di Broceliande. “Parusia” è una parola di origine greca usata nella teologia cristiana, ed indica il ritorno glorioso di Cristo alla fine dei tempi. La Parusia ricorreva di frequente nella predicazione apostolica. San Paolo, nella Prima lettera ai Corinzi spera di essere ancora vivo all'epoca della Parusia, tant'è che conclude questa lettera con l'espressione “maràna tha”, “Vieni o Signore” (Atti, I Corinzi, 16:22), presente anche alla fine del libro dell'Apocalisse di San Giovanni Apostolo ed Evangelista (Atti, Apocalisse, 15:20). È un tema ricorrente negli Atti degli Apostoli, scritti nei primi decenni dopo Cristo, nel periodo in cui la morte dei primi cristiani comincia ad originare domande sulla sorte dei corpi e delle anime: dovrebbe accadere in un periodo definito nella Bibbia come: “Ultimi Giorni” o “Ultimi Tempi”. Il periodo più critico, in cui grande sarà il travaglio per tutta l’umanità, viene indicato da Matteo (cap. 24), da Marco (cap. 13) e da Giovanni nell’Apocalisse (cap. 7), col nome di “Grande Tribolazione”. Nelle Sacre Scritture viene menzionata anche una “grande Apostasia”, ovvero un lungo periodo di allontanamento dell'uomo dai principi primitivi contenuti nel Vangelo e quindi un periodo di buio spirituale, umano e intellettuale, dove manca la guida divina. Secondo le profezie, due terzi dell'umanità

GLI ULTIMI TEMPI

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...dovrebbe accadere in un periodo definito nella Bibbia come: “Ultimi Giorni” o “Ultimi Tempi”. Il periodo più critico, in cui grande sarà il travaglio per tutta l’umanità, viene indicato da Matteo (cap. 24), da Marco (cap. 13) e da Giovanni nell’Apocalisse (cap. 7), col nome di “Grande Tribolazione”...

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IL RITORNO DI CRISTO

In tutte le mitologie, è raro che l'Eroe muoia davvero: nella mitologia celtica, ad esempio, molto spesso egli dorme all'interno di un tumulo, sotto la superficie di un lago, o su un'isola avvolta dalle nebbie, in una sorta di luogo fatato e fuori dal tempo da cui un giorno farà ritorno per combattere nuove, gloriose battaglie.

L'ultima traccia di questo topos letterario celtico è facilmente riscontrabile in Re Artù, che dopo il tradimento di Mordred si rifugia sull'isola di Avalon, ed ancora oggi è viva la credenzanel suo ritorno. Lo stesso Mago Merlino, tradito da Morgana, sarebbe tuttora vivo e prigioniero, secondo la leggenda, in una grotta nella foresta bretone di Broceliande.

“Parusia” è una parola di origine greca usata nella teologia cristiana, ed indica il ritorno glorioso di Cristo alla fine dei tempi. La Parusia ricorreva di frequente

nella predicazione apostolica. San Paolo, nella Prima lettera ai Corinzi spera di essere ancora vivo all'epoca della Parusia, tant'è che conclude questa lettera con l'espressione “maràna tha”, “Vieni o Signore” (Atti, I Corinzi, 16:22), presente anche alla fine del libro dell'Apocalisse di San Giovanni Apostolo ed Evangelista (Atti, Apocalisse, 15:20).

È un tema ricorrente negli Atti degli Apostoli, scritti nei primi decenni dopo Cristo, nel periodo in cui la morte dei primi cristiani comincia ad originare domande sulla sorte dei corpi e delle anime: dovrebbe accadere in un periodo definito nella Bibbia come: “Ultimi Giorni” o “Ultimi Tempi”. Il periodo più critico, in cui grande sarà il travaglio per tutta l’umanità, viene indicato da Matteo (cap. 24), da Marco (cap. 13) e da Giovanni nell’Apocalisse (cap. 7), col nome di “Grande Tribolazione”.

Nelle Sacre Scritture viene menzionata anche una “grande Apostasia”, ovvero un lungo periodo di allontanamento dell'uomo dai principi primitivi contenuti nel Vangelo e quindi un periodo di buio spirituale, umano e intellettuale, dove manca la guida divina. Secondo le profezie, due terzi dell'umanità periranno durante questo periodo di grande travaglio e soltanto il ritorno di Gesù Cristo salverà il genere umano dalla distruzione totale.

La Parusia, ovvero la seconda venuta di Cristo, sarà infatti

preceduta da guerre, spaventose devastazioni, grandi eventi e segni in terra e in cielo. Tutto ciò dovrebbe culminare nella scomparsa della civiltà moderna così come la conosciamo oggi. Non si tratta della fine del mondo intesa come cessazione definitiva della vita sul nostro pianeta, bensì la fine di un’era, l'abbandono di un vecchio modo di vivere e di concepire l’esistenza, a favore di una radicale trasformazione e di un mondo rinnovato e più giusto.

[...] Chiunque adora la bestia e la sua statua e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano, berrà il vino dell'ira di Dio che è versato puro nella coppa della sua ira e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello [...] Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome... (Apocalisse 14,9-12).

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(Pubblicato su Ecplanet 31-08-2006)

L'ETÀ DI KALI

[...] Ed anche quando l'età dell'oro si proiettò nel futuro come speranza in un nuovo saeculum, non mancarono riemergenze del simbolo nordico: dal nord sarà da attendersi, per esempio, secondo Lattanzio, il Principe possente che ristabilirà la giustizia dopo la caduta di Roma; nel nord rinascerà l'eroe tibetano, il mistico invincibile Guesar, a ristabilire un regno di giustizia e a sterminare gli usurpatori; a Shambala, sacra città del nord, nascerà il Kalki-avatara, colui che porrà fine alla “età oscura” [...] (Julius Evola, “Rivolta contro il Mondo Moderno”) .

Secondo l'interpretazione della maggior parte delle Sacre Scritture induiste, tra cui i Veda, il Kali Yuga (lett. “Età di Kali”, conosciuta anche come “Età del Ferro” perché in quest'epoca il ferro fu scoperto) è l'ultimo dei quattro Yuga (ere), un'epoca tenebrosa ed oscura, caratterizzata da numerosi conflitti e da una diffusa ignoranza spirituale (che sarebbe l'attuale epoca, ndr). Essa cominciò con la morte fisica di Krishna, uno degli avatar (divinità incarnatasi, ndr) di Visnù (per tenere fede al suo aspetto di divinità conservatrice, Visnù, ogni volta che il dharma, cioè l'ordine sociale e la giustizia nel mondo, è in pericolo, scende sulla terra per ristabilirlo, ndr) avvenuta, secondo il “Surya Siddhanta” - il trattato astronomico che costituisce la base del calendario hindu calendario hindu - alla mezzanotte del 18 febbraio 3102 a.C. e durerà 432.000 anni, concludendosi nel 428899 d.C.: in quell'anno apparrirà Kalki, decimo e ultimo avatar di Visnù, a cavallo di un destriero bianco e con una spada fiammeggiante con cui farà a pezzi l'oscurità.

Il Kali Yuga è dunque l'ultimo dei quattro Yuga, una sorta di fine del mondo ciclica, secondo l'induismo, in cui la Storia cadrà nell'oblio, dopodiché la vita ricomincerà con un nuovo Satya

Yuga (“Età dell'Oro”), una sorta di paradiso in Terra. Vi sono notevoli corrispondenze tra questa interpretazione della mitologia induista e la realtà effettiva dell'attuale epoca, oscura e “rivoluzionaria”.

Secondo le profezie induiste, infatti, durante l'epoca del Kali Yuga, si assiste ad un enorme sviluppo della tecnologia materiale, e, allo stesso tempo, ad un enorme regressione spirituale (Kali Yuga è l'unico periodo in cui l'ateismo e il materialismo diventano predominanti e più potenti della religione); solo un quarto di ognuna delle quattro virtù del Dharma (penitenza, veridicità, compassione e carità) sono presenti negli esseri umani; la nobiltà è determinata unicamente dalla ricchezza di una persona; il povero diviene schiavo del ricco e del potente; parole come “carità” e “libertà” vengono pronunciate spesso dalle persone, ma mai messe in pratica; non solo si assiste ad una generale corruzione morale, ma le possibilità di ottenere la liberazione (Moksha), si fanno sempre più rare, perché non esistono più organizzazioni veramente ricollegabili ad una fonte superiore ma solo pseudo-iniziazioni.

Per esplicita ammissione di chi scrisse la profezia indù, l'età oscura non riguarda l'oriente, o, meglio, lo riguarda relativamente, nella misura in cui il colonialismo politico e militare prima, e economico poi (la globalizzazione, ndr), hanno esportato la “secolarizzazione” occidentale. Nell'Età di Kali, la guerra “civilizzata” (con precise norme di correttezza e di onore, ndr) è stata dimenticata: a differenza degli altri Yuga, in cui era normalità cessare i combattimenti dal tramonto all'alba, cremare le vittime e riflettere sulla guerra, i combattimenti si protraggono costantemente, spinti soltanto dal desiderio di vittoria. Aumenta inoltre il sadismo.

Nel Kali Yuga, le persone non sono più rispettate per la loro intelligenza, conoscenza o saggezza spirituale. Al contrario, la ricchezza materiale e, ad un livello inferiore, la prestanza fisica sono ciò che rendono una

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persona ammirevole. Nonostante il rispetto sia superficialmente molto manifestato tra le persone, nessuno rispetta sinceramente gli altri. Ognuno crede che lo scopo ultimo della vita sia quello di ottenere rispetto, quindi diventando ricco o fisicamente forte. Nonostante l'età, gli esseri umani diventano inferiori in altezza e più deboli fisicamente, così come mentalmente e spiritualmente. C'è una diffusione di falsi dei, idoli e maestri. Molte persone mentono, e si dichiarano profeti o esseri divini. Inoltre, ognuno modifica a propria discrezione i significati/concetti di digiuno, meditazione e austerità, così da indurre nelle persone la loro necessità; comunque, facendo questo, essi non seguono il rigoroso codice morale dei Veda, per cui difficilmente guadagneranno qualcosa.

Durante l'era di Kali, gli uomini mettono in dubbio il potere dei Brahmini (i sacerdoti, ndr), la validità delle cerimonie religiose, l'esistenza di Dio e l'autorità dei Veda. Non viene più portato rispetto agli anziani e ai bambini. La gelosia aumenta in ogni uomo e lo rende capace di disprezzare, odiare, fino a renderlo pronto perfino ad uccidere per qualche spicciolo. Le azioni degli uomini divengono simili a quelli delle bestie feroci. Le donne in questa epoca diventano lascive ed immorali per natura, poiché sono trascurate e lasciate senza protezione dagli uomini. Nonostante in un primo momento siano trattate come inferiori ai maschi ed abusate, più avanti nel tempo cominciano a rivestire ruoli importanti in politica ed in altri affari, e questo culmina in sempre maggiori scontri di ego con gli uomini. Le donne cominciano a tradire i propri mariti e ad avere relazioni extra-coniugali. I divorzi incrementano, con sempre più bambini cresciuti da un unico genitore. Molte donne intraprendono l'adulterio e la prostituzione.

Gli kshatriya, la casta regale e guerriera, diviene corrotta e perde il suo potere politico; i loro capi diventano furfanti, criminali e terroristi, e cercano di usare il loro residuo potere per sfruttare il popolo: gli stessi re diventano dei ladri, preferiscono rubare dai loro sudditi piuttosto che proteggerli e difenderli. Dalle classi inferiori emergono nuovi capi, che fondano dittature e perseguitano i religiosi, gli intellettuali e i filosofi. I vaishya, che rappresentano la borghesia, composta di mercanti e uomini d'affari, diventano disonesti e inventano nuovi crimini come frodi e contraffazioni; i commercianti diventano egoisti e pensano a soddisfare i propri desideri invece di quelli del consumatore, e quelli che non lo diventano non riescono a sopravvivere e falliscono.

Seguono, negli ultimissimi giorni di questa era, i “falsi profeti”, che anticipano la venuta dell'ultimo capo (l'equivalente dell'Anticristo, ndr): l'unificatore sanguinario del mondo sotto l'Adharma (la negazione del Dharma, ndr), il cui avvento é stato preparato dalla Vama Marga (la Via della Mano Sinistra, ndr). A quel punto, Kalki Avatara sorgerà per distruggerlo e instaurare un nuovo Krita Yuga.

Secondo Sri Aurobindo, il Kali Yuga durerà meno di 432.000 anni. René Guénon spiega come in realtà la cifra data, 432.000 anni, per la durata del Kali Yuga, sia semplicemente simbolica e debba, come tutte le cifre relative ai cicli cosmici e non solo, essere decrittata. In realtà, la fine dell' attuale età del materialismo, iniziata oltre 4.000 anni avanti Cristo e la cui durata é di 6.000 anni, va posta nel decennio dopo l'anno 2.000. Se infatti si confrontano i nostri tempi con le sovversioni descritte sopra é facile capire come queste non abbiano nulla a che fare con tempi lontanissimi come quelli assegnati.

(Pubblicato su Ecplanet 06-09-2006)

I CAVALIERI DELL'APOCALISSE

Una delle più note immagini associate all'apocalisse è quella dei 4 cavalieri: epidemia, guerra, fame e morte. Il primo cavaliere, con arco e corona, che in genere viene considerato la peste, in alcune interpretazioni viene citato come la “conquista”; il secondo, su un cavallo rossiccio e con la spada, è la guerra; il terzo su un cavallo nero e con una bilancia, è la fame; il quarto e ultimo, su di un cavallo pallido, è la morte, che in qualche modo riassume anche i tre precedenti.

Il primo cavaliere, con arco e corona, che in genere viene considerato la peste, in alcune interpretazioni viene citato come la “conquista”, il secondo, su un cavallo rossiccio e con la spada, è la guerra, il terzo su un cavallo nero e con una bilancia, è la fame, mentre il quarto e ultimo, su di un cavallo pallido, è la morte, che in qualche modo riassume anche i tre precedenti.

I quattro cavalieri dell'Apocalisse portano distruzione e rovina. Non vengono presentati come liberatori, ma come flagelli dell'umanità intera.

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Già i profeti come Ez. (14,21) o Ger. (15,2) avevano individuato le disgrazie peggiori dell'umanità: fame, guerra, peste, bestie feroci e schiavitù. Ma questi mali venivano considerati equivalenti, tant'è che potevano anche colpire contemporaneamente in luoghi diversi. In Zc. (1,8-10) l'arrivo dei quattro cavalieri è simultaneo. In Lv. (26,14) le sciagure non sono che maledizioni che si susseguono come minacce terribili il cui grado di severità aumenta in misura proporzionale alle forme di disobbedienza nei confronti della legge mosaica.

Nell'Apocalisse, invece, si ha la netta sensazione che i mali rappresentati dai quattro cavalieri siano delle realtà inevitabili, imprescindibili, in quanto la perdizione del genere umano appare senza via di scampo. La colpa è priva di remissione e deve essere scontata in mezzo al sangue e a una desolazione infinita.

Il cavallo più terribile, quello giallastro-verdastro, che rappresenta la morte, è in grado di infliggere qualunque pena: sangue, fame, malattie, catastrofi. L'autore dell'Apocalisse è molto scettico sulla possibilità di liberarsi da questi flagelli e fa invocare da parte delle anime cristiane già morte la “giustizia inflessibile”, ovvero, la vendetta terribile del Signore “santo e verace” (6,10) (che si presume sia il Cristo in persona, ndr).

(Pubblicato su Ecplanet, 10-09-2006)

L'ULTIMA PROFEZIA

[...] Io sono il Primo e l'Ultimo, il Vivente; fui già morto ed ecco, sono vivente per i secoli dei secoli, e posseggo le chiavi della morte e dell'Ade.Colui che tiene le sette stelle nella mano destra e cammina fra i sette candelabri d'oro [...] Questo personaggio, dalla cui bocca viene fuori la spada del Logos e che regge fra le mani le sette stelle, è il Figlio di Dio, il Messia, il Cristo. Quello in cui credeva la Chiesa primitiva, specie in Asia. Lo Splendido Grande Essere, un Signore cosmico, dritto al centro delle lampade degli antichi pianeti, con il sole, la luna e cinque grandi stelle tutt'intorno ai suoi piedi. Nel cielo il suo capo splendente sta al nord, e regge nella destra le sette stelle dell'Orsa, che noi chiamiamo il Carro, e che fa ruotare attorno alla Stella Polare, come noi vediamo ancora oggi, provocando l'universale rivoluzione dei cieli e il ciclico movimento del cosmo. Dalla sua bocca procede la spada della parola, a doppio taglio, che colpirà il mondo e lo distruggerà. Questa è la spada che portò Gesù al mondo. Per Giovanni di Patmos, il Signore è Il Magnifico Motore del Cosmo, KosmoKrator, o addirittura KosmoDynamos, il Grande Governatore del Cosmo, la Potenza del Cosmo. Possiede le chiavi dell'Ade, è il Signore degli Inferi, la guida delle anime attraverso il mondo della morte, è il padrone dei misteri e conosce il senso dell'olocausto. È il padrone del futuro e il Dio del presente. È lui che dà la visione di ciò che fu e ciò che sarà. Questo è un Gesù che fa per voi [...]

(DH Lawrence, "Apocalisse")

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L'Apocalisse di Giovanni, comunemente conosciuta come Apocalisse o Rivelazione o Libro della Rivelazione (da “apokalupsis”, termine greco che significa “rivelazione”), è l'ultimo libro ed il solo profetico del Nuovo Testamento. È uno dei più controversi e difficili da interpretare di tutta la Bibbia per via del linguaggio fortemente allegorico. La stessa tradizionale attribuzione all'apostolo Giovanni non è unanimemente riconosciuta. Quanto alla data di composizione, si ammette abbastanza comunemente che sarebbe stata composta verso la fine dell'impero di Domiziano, probabilmente nel 95-96. A favore di questa ipotesi vi è la testimonianza di Ireneo (morto nel 202), secondo il quale lui stesso avrebbe ricevuto informazioni relative al libro da qualcuno che aveva visto Giovanni. Alcuni studiosi, comunque, hanno avanzato l'ipotesi che almeno alcune parti sarebbero da retrodatare al tempo di Nerone, verso il 70, prima della caduta di Gerusalemme. Tale periodo fu indicato anche da alcuni Padri della Chiesa, come Clemente d'Alessandria e Origene (il documento più antico che ci è pervenuto con il testo greco dell'Apocalisse è il Papiro 47, della metà del III secolo. Seguono il Codex Vaticanus dell'anno 300 e il Codex Sinaiticus del 350).  

Il nome Apocalisse venne poi attribuito a ulteriori scritture dello stesso genere, molte delle quali apparvero nello stesso quel periodo: oltre all'Apocalisse di Giovanni, Clemente di Alessandria ed altri menzionano una Apocalisse di Pietro. Vengono inoltre ricordate apocalissi di Adamo e di Abramo Epifanio nonché di Elia (Jerom). Infiniti sono poi i commenti scritti da vari autori, religiosi e non. Tra le più audaci vi è quella dello scrittore DH Lawrence (“Apocalypse and The Writings of The Revelation”) che associa il testo di Giovanni a temi, simboli e divinità del paganesimo. Tutte le Apocalissi sono simili: vi è una rivelazione di misteri che svela cose che vanno oltre la normale portata dell'umana conoscenza; la rivelazione avviene attraverso una visione o un sogno; Dio non parla in prima persona, ma dà le sue istruzioni a mezzo di messaggeri celesti, che agiscono come guide per il veggente.

L'Apocalisse è dunque in primo luogo una profezia, tratta di “ciò che avverrà negli ultimi giorni” (Dan. 2:28). Nell'uso comune delle lingue occidentali, il termine apocalisse si riferisce alla fine del mondo, la “rivelazione della conoscenza alla fine dei tempi”. L'autore dell'Apocalisse più nota e dibattuta presenta sé stesso come Giovanni, esiliato a Patmos, isola dell'Egeo, a causa della parola di Dio (1,9) (secondo alcuni studiosi, la stesura definitiva del libro, anche se iniziata durante l'esilio dello scrittore, sarebbe avvenuta ad Efeso). Il libro è indirizzato alle sette chiese dell'Asia Minore, Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Filadelfia e Laodicea, con lo scopo precipuo di incoraggiare i fedeli durante la crisi delle persecuzioni da parte delle autorità romane, con la promessa dell'avvento del regno escatologico.

Dopo l'introduzione ed un parte pastorale, con le lettere alle Chiese, i cap. 4-5 presentano la visione celeste, con l'adorazione di Dio da parte dei quattro esseri viventi e dei ventiquattro anziani, e l'intronizzazione dell'Agnello. I capp. 6-11 descrivono l'apertura del libro dei sette sigilli, l'invio della serie dei flagelli, con i quattro cavalieri dell'Apocalisse ed i sette suoni di tromba. La seconda parte dell'opera è introdotta dal primo dei sette segni: la visione della donna, con il bambino maschio che ha partorito, che subisce la persecuzione del drago con sette teste e dieci corna. I cap. 13-15 descrivono gli altri sei segni: la bestia del mare, la bestia della terra, l'agnello e i vergini, i tre angeli, il figlio dell'uomo e gli angeli delle sette piaghe. I sette

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calici sono seguiti dall'annuncio della caduta di Babilonia, la famosa prostituta. Chiudono il libro i capitoli 19-22, con la sconfitta della bestia, il regno dei mille anni, il giudizio finale e la Gerusalemme celeste.

Il sesto sigillo inaugura l'apocalisse vera e propria, perché sanziona la ribellione della natura alle forze malvagie dell'umanità: ecco che si scatenano imponenti catastrofi naturali, nei cui confronti l'uomo è del tutto impotente. Questo incredibile cataclisma obbliga tutti gli uomini, di qualunque rango o estrazione sociale, a rifugiarsi, al pari di uomini primitivi, presso spelonche e tra le rocce dei monti (6,15). All'apertura del settimo sigillo non si salverà nessuno: le riserve di viveri saranno talmente scarse che l'unico modo di sopravvivere sarà quello di distruggersi a vicenda. Non solo, ma -dice l'autore dell'Apocalisse- “il resto degli uomini che non furono uccisi da questi flagelli, non si ravvidero dalle opere delle loro mani, non cessò di prestar culto ai demoni e agli idoli d'oro, d'argento, di bronzo, di pietra e di legno, che non possono né vedere, né udire, né camminare; non rinunciò nemmeno agli omicidi, né alle stregonerie, né alla fornicazione, né alle ruberie” (9,20).

L'autore dell'Apocalisse esclude categoricamente la possibilità di una qualche forma di vera giustizia umana sulla terra. L'unica speranza è data dal ritorno in vita del Cristo, in veste gloriosa, da trionfatore. Il libro si conclude con un monito: “Se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro; se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell'albero della vita e della santa città che sono descritti in questo libro” (22,18-19).

(Pubblicato su Ecplanet, 08-12-2006)

THE JUDGEMENT DAY

[...] Poi vidi un altro angelo che volando in mezzo al cielo recava un vangelo eterno da annunziare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, razza, lingua e popolo. Egli gridava a gran voce: “Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l'ora del suo giudizio [...].

La lotta in chiave escatologica tra bene e male, tra dharma e adharma, tra via della mano destra e via della mano sinistra, tra forze contrarie e contrapposte, è comune a tutte le antiche tradizioni mitico-religiose, così come il messianismo, l'attesa di un messia o salvatore che verrà a liberare l'umanità e a punire i malvagi.

Nel Visnù Purana (uno dei libri sacri dell'induismo) è scritto che Kalki apparirà quando la società sarà degradata a tal punto che “soltanto i beni materiali saranno amati, la pietà sparirà, l'onore sarà considerato soltanto in virtù della ricchezza, la libidine sarà l'unione fra uomo e donna”. Allora arriverà Kalki,

quando “appariranno nel firmamento Sette Soli, e per il gran calore saranno succhiate le acque e poi riassorbito l'intero Universo. I primi segni della discesa di Kalki tra gli uomini saranno la confusione assoluta delle caste, la sparizione della vergogna e del senso della verità, un generale spirito di violenza, tirannide di potenti sulle genti atterrite”.

Nell'ottavo capitolo dell'Apocalisse di Giovanni, si legge: [...] i sette angeli che avevano le sette trombe si accinsero a suonarle [...] appena il primo suonò la tromba, grandine e fuoco mescolati a sangue scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra fu arso, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde si

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seccò [...] il terzo angelo suonò la tromba e cadde dal cielo una grande stella, ardente come una torcia, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque [...] la stella si chiama Assenzio; un terzo delle acque si mutò in assenzio e molti uomini morirono per quelle acque, perché erano divenute amare [...].

Anche la religione islamica preannuncia una serie di calamità quali terremoti, incendi, oscurità del sole e caduta delle stelle, che annunciano la fine del mondo. Apparirà allora il Dajjal, sorta di Anticristo, a cui si opporrà il Mahdi, discendente di Maometto che purificherà l’Islam e lo innalzerà a religione egemone. Il Dajjal, ossia “il mentitore”, è destinato a regnare per un periodo di 40 giorni (o 40 anni) nel mondo prima della fine dei tempi. Egli avrà le pupille di colore diverso (una è azzurra) e sulla fronte avrà scritta la parola araba “kafir”, cioè “miscredente”. Pur operando miracoli di vario genere, tra cui la resurrezione di morti, creerà profonde e drammatiche fratture nella Umma (la comunità di fedeli, ndr).

Sarà vinto e ucciso infine dal Mahdi - che secondo alcue tradizioni islamiche sarà Gesù - prima che vi sia il vero e proprio “yawm al-din” (o “Dì del Giudizio”, ) in cui Dio giudicherà gli uomini in base alle loro azioni, determinandone la salvezza o la condanna.

[...] Voglio dire a voi, miei cari e figli, che ho nutriti della mia dottrina; udite, voglio rivelarvi uno straordinario segreto sul grande re, che nel futuro verrà nel mondo. Ché nella fine del tempo e nella distruzione finale sarà concepito, sebbene nessun uomo gli si avvicini. Egli somiglierà ad un albero dai bei rami e fruttifero, stante in luogo arido, e gli abitanti del luogo gli impediranno la crescita e si sforzeranno di svellerlo dalla terra, ma non lo potranno. Dipoi essi lo prenderanno e lo uccideranno sul legno, la terra e il cielo saranno in lutto a causa della sua uccisione e su di lui lamenteranno le famiglie dei popoli. Egli comincerà a

discendere nella profondità della terra e dalla profondità egli sarà innalzato verso l'alto. Quindi sarà veduto venire coll’esercito della luce e portato su candide nubi; perché egli è un fanciullo, che viene partorito per mezzo della parola, che dà nascita a tutte le nature [...] (tratto da “Il Libro dell'Ape” di Salomone di Bassora).

La religione mazdeista (o zoroastrianesimo) crede nella costante lotta tra Bene e Male che oppone il Dio Supremo “Ahura Mazda” (il “Signore Saggio”, caratterizzato da luce infinita, onniscienza e bontà) ad Angra Mainyu (o Ahriman), spirito malvagio delle tenebre, della violenza e della morte. Il conflitto cosmico risultante interessa l'intero universo, inclusa l'umanità, alla quale è richiesto di scegliere quali delle due vie seguire: la via del bene e della giustizia (“Asha”) porterà alla felicità (“Ushta”), mentre la via del male apporterà infelicità, inimicizia e guerra.

Zarathustra riprende la tradizione indo-iranica del viaggio dei morti e insiste sull'importanza del giudizio: ogni individuo deve subire un giudizio post-mortem. Se il giudizio sarà positivo, la sua anima attraverserà il ponte Cinvat e sarà ammessa in paradiso (“Casa del Canto”); in caso contrario, il ponte si stringerà fino a farla precipitare nell'inferno (“Casa del Male”), dove resterà per sempre. Zarathustra non dubita che il Bene vincerà sul Male e attende una trasfigurazione finale del mondo che sarà opera di Saoshyant, il Salvatore del Mondo, che verrà nella gloria per l'ultimo giudizio, dopo la resurrezione dei morti; i corpi dei giusti si riuniranno alle anime e diventeranno immortali; i malvagi verranno distrutti e gli inferni purificati.

Zarathustra diceva che avrebbe avuto tre “figli” o Salvatori (Saoshyant), nati ciascuno da una vergine, uno per ognuna delle tre epoche cosmiche, che sarebbero giunti a mille anni di distanza l'uno dall'altro. I manichei videro nel Buddha storico il primo dei Salvatori di cui Zoroastro profetizzò la venuta, in Gesù il secondo, in Mani il terzo ed ultimo (è opinione comune che i tre saggi che vennero dall'Impero

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persiano per portare doni a Gesù Cristo fossero Magi astrologi zoroastriani, ndr). Quando alla fine dei giorni il male sarà definitivamente sconfitto, il mondo sarà purificato in un bagno di metallo fuso e le anime dei peccatori saranno riscattate dall'inferno.

Profonde analogie sono rinvenibili anche tra la figura del Kalki avatar e la seconda venuta del Cristo: [...] poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava “Fedele” e “Verace”: egli giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di lui. È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è Verbo di Dio. Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. Dalla bocca gli esce una spada affilata per colpire con essa le genti. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell'ira furiosa del Dio onnipotente. Un nome porta scritto sul mantello e sul femore: Re dei re e Signore dei signori [...].

D'altronde, l'Avatar non è altro che un principio divino che si manifesta, che si esplicita, che discende sull'umanità come l'acqua riversata dal Saggio dell'Acquario.

(Pubblicato su Ecplanet, 10-01-2007)

ARMAGEDDON

«Poi il sesto angelo versò la sua coppa sul gran fiume Eufrate, e le sue acque si prosciugarono perché fosse preparata la via ai re che vengono dall'Oriente. E vidi uscire dalla bocca del dragone, da quella della bestia e da quella del falso profeta tre spiriti immondi, simili a rane. Essi sono spiriti di demoni capaci di compiere dei miracoli. Essi vanno dai re di tutta la terra per radunarli per la battaglia del gran giorno del Dio onnipotente. (Ecco, io vengo come un ladro; beato chi veglia e custodisce le sue vesti perché non cammini nudo e non si veda la sua vergogna). E radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Harmaghedon».

Nella letteratura apocalittica cristiana, “Armageddon”, o “Har-Mageddon”, è il luogo presso il quale si svolge la battaglia finale tra i re della terra (incitati da Satana) e il Dio dei cristiani. Il termine viene spesso usato per indicare la battaglia in sé oppure - nella sua accezione più estesa - l'Apocalisse stessa.

La letteratura e gli studi Bahá'i interpretano l'Armgeddon riferendosi ai precisi eventi occorsi verso la fine della Prima Guerra Mondiale, nella “Battaglia di Megiddo” (1918). In particolare, la vittoria del Generale Allenby, che impedì che gli Ottomani crocifiggessero 'Abdu'l-Baha, l'allora leader dei Baha'i, è considerata dai

Baha'isti come l'effettiva Battaglia di Armageddon. Per i Testimoni di Geova, invece, Armageddon è la battaglia in cui Satana, riuniti i re della Terra, combatte contro il re designato da Dio, Geova. Secondo la Chiesa Cristiana Avventista del Settimo giorno, la battaglia finale ci sarà dopo il periodo dei mille anni citato nel Libro dell'Apocalisse (20,4-6), quando Cristo e i suoi santi scenderanno sulla Terra.

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Nella mitologia norrena, è il “Ragnarök” la battaglia finale tra le potenze della luce e dell'ordine e quelle della tenebre e del caos, in seguito alla quale l'intero mondo verrà distrutto e quindi rigenerato. Il Ragnarök, noto anche come “Crepuscolo degli Dei” (Richard Wagner, “Götterdämmerung”), verrà preceduto dal Fimbulvetr, un inverno terribile della durata di tre anni, in seguito al quale avverrà lo sfascio dei legami sociali e familiari, in un vortice di sangue e violenza al di là di ogni legge e regola. Spariranno quindi il Sole e la Luna: i due lupi (Sköll e Hati) che, nel corso del tempo, perennemente inseguivano i due astri, finalmente li raggiungeranno, divorandoli, privando il mondo della luce naturale. Anche le stelle si spegneranno. Yggdrasill, l'albero cosmico, si scuoterà, e tutti i confini saranno sciolti: terremoti, alluvioni e catastrofi naturali. Le creature del caos attaccheranno il mondo: Fenrir il lupo verrà liberato dalla sua catena, mentre il Miðgarðsormr emergerà dalle profondità delle acque. La nave infernale Naglfar leverà le ancore per trasportare le potenze della distruzione alla battaglia, al timone il gigante Hrymr. I misteriosi Múspellsmegir cavalcheranno su Bifröst, il ponte dell'arcobaleno, facendolo crollare. Heimdallr, il bianco dio guardiano, soffierà nel suo corno, il Gjallarhorn, per chiamare allo scontro finale Odino, le altre divinità, e i guerrieri della Valhalla.

Nel grande combattimento finale ogni divinità si scontrerà con la propria nemesi, in una distruzione reciproca. Il lupo Fenrir divorerà Odino, che quindi sarà vendicato da suo figlio Víðarr. Thor e il Miðgarðsormr si uccideranno a vicenda, e così Týr e il cane infernale Garmr. Surtr abbatterà Freyr. L'ultimo duello sarà tra Heimdallr e Loki, quindi il gigante del fuoco Surtr, proveniente da Múspellheimr, darà il mondo alle fiamme con la sua spada di fuoco. Di seguito, dalle ceneri, il mondo risorgerà. I figli di Odino, Víðarr e Váli, e i figli di Thor, Móði e Magni, erediteranno i poteri dei padri. Baldr, il dio della speranza e Höðr suo fratello, torneranno da Hel, il regno della morte. Troveranno, nell'erba dei nuovi prati, le pedine degli scacchi con cui giocavano gli dèi scomparsi. La stirpe umana verrà rigenerata da una nuova coppia originaria, Líf e Lífþrasir.

Georges Dumézil, studioso francese dei miti, ha messo in luce le forti somiglianze tra il Ragnarok e, nella mitologia hindu, la battaglia tra Pandava e Kaurava, così com'è narrata nel Mahabharata.

L' ANTICRISTO

L'anticristo è il personaggio chiave degli “ultimi tempi”. II termine greco “Antichristos” ha due significati in rapporto al valore del prefisso: quello di “contro”, quindi contro lo Spirito e la Parola di Cristo; e quello di “prima” di Cristo, in quanto lo precederà al momento della Parusia intermedia. Per tal motivo, si può tradurre anche con “Avanticristo”. Entrambe le traduzioni hanno una precisa connotazione teologica. Per gli ebrei, i cristiani e i musulmani, l' Anticristo è il nemico del Messia, l'Avversario di Cristo (è detto anche "falso Cristo")

e dell'avvento del regno di Dio sulla Terra. È un potentissimo alleato di Satana, destinato a soccombere.

L'idea di un avversario del Messia compare nell'Antico Testamento, soprattutto nei testi appartenenti al genere apocalittico. In Ezechiele (cap. 38 e 39) l'Anticristo sarebbe stato il principe guerriero Gog di Magog, mentre in Daniele (11, versetto 21) sarebbe stato un sovrano asiatico che avrebbe preso le armi contro Dio e tormentato Israele con grandi devastazioni e tribolazioni, ma infine sarebbe stato sconfitto dalla venuta del Messia e dei suoi angeli. Caduta la Palestina sotto il giogo dei Romani, fu tra costoro che si cercò la satanica figura, la quale divenne pertanto la personificazione di quello spirito romano così ostile e fatale all'ebraismo.

Il termine “Anticristo” permane anche nel cristianesimo: pensato come prodromo del ritorno di Cristo, fu variamente applicato dai primi cristiani a qualsiasi avversario o

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nemico di Cristo, in riferimento sia a una determinata persona sia a un potere, o a chi falsamente si attribuiva le caratteristiche di Cristo (nell'Apocalisse, ad esempio, è presentato come un uomo che si ergerà a falso profeta). Gesù aveva preannunciato che alcuni “falsi Cristi” avrebbero preceduto la venuta del “figlio dell'Uomo” (Matteo 24). Era stata profetizzata anche l'opposizione all'insegnamento di Cristo da parte dell' Anticristo (Giovanni 2:18 e 4:3). Lo sviluppo di questa idea di ostilità attiva e complementare compare anche nelle lettere di San Paolo (Tessalonicesi 2:15). L' “uomo iniquo”, menzionato da San Paolo ispirandosi all'episodio di Antioco IV Epifane di cui parlano Daniele e 1-2 Maccabei, è un simbolo apocalittico cui non viene data alcuna identificazione storica, illude probabilmente a chiunque pretenda onori divini sostituendosi, subdolamente, a Dio (Tessalonicesi 2:3-4).

Nell'Apocalisse, l'Anticristo (la “Bestia”, il “Dragone”) sembra identificato con l'impero romano e con le pretese divinizzanti dell'imperatore. Tra le tante interpretazioni susseguitesi nella storia, l'Anticristo è stato identificato con gli imperatori Nerone, Diocleziano e Caligola; ma anche con lo gnostico Simon Mago (Atti 8:9-24), con Maometto, il fondatore dell'Islam, e addirittura con Paolo di Tarso.

Quando, nell'anno Mille, il regno millenario quasi universalmente atteso non venne, andò scemando la credenza in una catastrofe mondiale e anche il timore dell'Anticristo, benché ancora nel XII secolo si diffondesse di tanto in tanto, sempre respinta dalla Chiesa, la voce della sua avvenuta nascita. Al tempo della Riforma, nel XVI secolo, i protestanti pensavano che l'Anticristo fosse il papa mentre i cattolici consideravano tale Martin Lutero. Nella controversia tra Chiesa cattolica e Chiesa greca, il termine fu applicato, dai rispettivi oppositori, ai papi e agli imperatori bizantini.

In tempi più recenti, c'è chi ha visto la manifestazione dell'Anticristo nel comunismo. Secondo altre interpretazioni, invece, il primo Anticristo sarebbe stato Napoleone Bonaparte, mentre il secondo Adolf Hitler. Altri ancora hanno visto l'Anticristo in Bill Gates. Altri ancora in Bin Laden.

IL NUMERO DELLA BESTIA

[...] Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago [...] Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita [...] Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini [...] Per mezzo di questi prodigi, che le era permesso di compiere in presenza della bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla bestia che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta [...] Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia [...] Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte [...] e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome [...] Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei [...]

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Il numero della bestia appare nell'Apocalisse di Giovanni (13:16-18). Diversamente da quello che comunemente si crede, esso non è il numero che indica Satana, ma il simbolo di una qualche personalità umana che arriverà o è già arrivata (secondo varie interpretazioni), e il suo dominio sul mondo sarà indicato da tale numero.

“[Avvenuta] l'apostasia, [verrà] rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. [...] Il mistero dell'iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato l'empio..., la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi” (Ts 2,1-10).

L'anticristo si presenterà apertamente come un rinnovatore religioso, amico di Dio e degli uomini, si servirà della secolarizzazione della chiesa e del sincretismo religioso per attaccare le fondamenta del cristianesimo, si contrapporrà a Cristo stesso fino a sedere nel tempio di Dio, come dice Paolo, non come

servo dei servi ma con un culto maniacale per la propria persona, “additando se stesso come Dio”. Il suo cavallo di battaglia sarà l'ecumenismo e il rinnovamento della Chiesa in molti campi. Sarà il paladino del dialogo, ma non della comunione fraterna; della filantropia, ma non della carità; della cultura, ma non della sapienza di Dio; sembrerà saggio per il mondo, ma sarà empio agli occhi di Dio; sembrerà benedire, ma in realtà le sue saranno maledizioni; forse farà anche dei prodigi (Mt 24,24), ma questi non verranno da Dio; sembrerà essere il rinnovatore della Chiesa, ma in realtà sarà uno scismatico. Tuttavia non riuscirà nel suo intento perché il Verbo di Dio interverrà personalmente (Ap 19,20).

LA SECONDA BESTIA

Lo Pseudoprofeta ha la stessa modalità escatologica dell'Anticristo: è uno spirito del demonio (Ap 16, 12-14), che da Satana ha ricevuto il potere e il mandato per compiere la sua missione. Infatti, ha tutto il potere della prima Bestia: “II potere della prima Bestia viene dal Drago” (Ap 13, 2). Più incisiva è l'azione dello Pseudoprofeta nelle sette sataniche, dove l'adorazione del Seduttore è più palese, ma non manca di servire l'Anticristo, in maniera più nascosta e subdola, in alcune sette massoniche. Lo Pseudoprofeta, ossia la seconda Bestia, si manifesterà anch'egli, come l'Anticristo, in una forma umana. Costringerà gli abitanti della Terra a far adorare la prima Bestia. Farà grandi prodigi per sedurre gli animi. Gli uomini renderanno culto all'Anticristo e saranno segnati con il marchio della Bestia sulla mano destra e sulla fronte (Ap 13, 11-18).

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I testimoni di Geova non credono che ci sarà un solo Anticristo. Satana stesso muoverà i regni del mondo a dichiarare guerra al popolo eletto di Dio. L'Apocalisse parla di “espressioni inspirate dai demoni” che faranno radunare tutti i re di tutta la terra per la guerra del gran giorno di Dio onnipotente (Apocalisse 16,14). Ma allora, “il Signore dei signori e il Re dei re” a motivo della sua giustizia li sconfiggerà per la gloria di Dio Padre Onnipotente. (Apocalisse 17,12-14). I testimoni credono che questa non sarà una guerra tra nazioni con armi nucleari, biologiche o altre armi di distruzione di massa, poiché dice che i re della terra “si radunano” contro Cristo. È anche evidente che sia impossibile che tutti gli eserciti del mondo possano radunarsi intorno ad un'area relativamente piccola qual è Megiddo nell'odierno Israele. Dato che la Montagna di Megiddo non è un luogo letterario, loro credono che la Bibbia possa usare Megiddo come posto “simbolico” di incontro di tutti i re della Terra dove proveranno a dare battaglia contro Dio e le sue forze.

La battaglia finale per cui le armate si radunano ad Armaghedòn è l'ultimo colpo di coda del demonio: l'autore dell'Apocalisse ha la certezza che sarà la giustizia di Dio a prevalere. Giustizia che non significa punizione imposta dall'esterno, ma ferma convinzione che tutte le azioni hanno delle conseguenze e che non si può evitare di affrontarle. Per questo la punizione è legata al crimine: chi ha sparso sangue, dovrà, per invevitabile conseguenza, bere sangue.

Il giornalista Maurizio Blondet in “Cronache dell'Anticristo (1666-1999)” svolge una ricerca sulle motivazioni religiose che reggono l'azione dei poteri forti e delle varie lobby che muovono i fili del mondo. Secondo Blondet, più che al denaro e alla volontà di dominio, questi poteri mirano ad instaurare un ordine anti-cristico sulla scorta di una gnosi nichilista per pochi privilegiati nata in ambienti scismatici ebraici, dove si credette - e si crede - che la “salvezza si ottiene attraverso il peccato”.

Blondet si riferisce all'ebreo Sabbatai Zevi, che nel Seicento si proclamò Messìa, predicando una nuova teologia, l'antinomismo, che aspira alla redenzione attraverso l'infrangimento di tutte le leggi della Torah passando attraverso le più basse, decadute e catastrofiche espressioni dell'umanità. Quando il presunto Messìa venne arrestato, gli fu posta una scelta: convertirsi all'Islam o essere. Prontamente, egli si convertì. Dopodiché, cominciò a predicare ai suoi discepoli di convertirsi, solo esteriormente, all'Islam, ma di rimanere israeliti in segreto e di continuare a celebrare i riti ebraici in segreto. Nasce così il primo esempio di “criptogiudaismo” in molti paesi, dalla Turchia (false conversioni all'Islam) alla Polonia (false conversioni al Cristianesimo), e si evolve quando nuovi Messìa iniziano a spuntare come funghi: la nuova teologia antinomistica, che concepisce l'idea di molti Messìa, alimenta la nascita di sette come quella dei Frankisti,

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seguaci di Jakob Frank, o dei Lubavitcher. Queste comunità mantengono la determinazione e la capacità, come avviene per l'ebraismo tradizionale, di preservare il loro credo, di compilare genealogie, di consegnare di generazione in generazione il proprio retaggio religioso, ed il fenomeno del criptogiudaismo si protrae, nei secoli, attraverso avvenimenti storici, e va a lambire, talvolta anche in modo determinante, le linee direttrici della storia culturale, sociale e politica dell'Europa. Dagli “eroi della patria” letterari, come Mickiewicz in Polonia, al leader politico Ataturk in Turchia, si svela una rete di discendenze e di tradizioni criptogiudaiche. La traccia più importante che queste correnti lasceranno nei secoli seguenti, è la creazione, l'ispirazione, la fomentazione ed il finanziamento di eventi come i “Risorgimenti” illuministici: La Giovine Italia, la Giovane Turchia, la Giovane Polonia, la Giovane Germania.

Queste vicende, e queste trattazioni religiose, sarebbero follìe prive di senso se a crederci non

fossero coloro che oggi detengono le più alte posizioni di potere nell'establishment imperiale USA: i pensatori “neocon”, le lobbies israelo-americane dei “falchi” del pentagono, i seguaci Lubavitcher ai vertici del complesso militare-industriale della Difesa americana ed al centro delle sue decisioni politiche. Sarebbero follie prive di senso se Israele non si fosse ormai trasformato in uno stato ad alto fanatismo religioso, dove un movimento politico di tipo messianico (“Gush Emunim”) viene attivamente supportato dal 50% della popolazione, e dove il Likud, il partito di estrema destra di Sharon, viene contestato non da posizioni più “morbide”, ma dalla parte ancor più ultra-ortodossa, dai rabbini più agguerriti, da coloro che vogliono (e ne hanno i mezzi) distruggere le moschee di Omar ed Al-Aqsa a Gerusalemme per ricostruire il loro biblico santuario sulla spianata del tempio. E che stanno preparando, con appoggi finanziari enormi sia Israeliani che Americani, i paramenti sacri del tempio in oro puro ed i futuri sacerdoti e chierici del tempio, addestrati per anni ed anni al compito in scuole talmudiche di Gerusalemme.

(Pubblicato su Ecplanet 03-02-2008)

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THE JESUS MYTH

IL REGNO DI SATANA

STORIA DELLA MORTE DI DIO 4