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mici di Gesù Crocifisso A A Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso” Maggio - Giugno 2007 Anno VIII n°3 SOMMARIO Testimoniare Cristo e non noi stessi Testimoni culturalmente attrezzati La croce e la cena Un nuovo santo passionista La famiglia e S.Paolo della Croce Comunità Cristiana e divorziati risposati Festa della Passione Dieci anni di consacrazione Consacrazioni a Fossacesia Vita di Famiglia e Testimonianze

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mici di Gesù CrocifissoAA Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso”

Maggio - Giugno 2007 Anno VIII n°3

SOMMARIO

† Testimoniare Cristo e non noi stessi

† Testimoni culturalmente attrezzati

† La croce e la cena

† Un nuovo santo passionista

† La famiglia e S.Paolo della Croce

† Comunità Cristiana e divorziati risposati

† Festa della Passione

† Dieci anni di consacrazione

† Consacrazioni a Fossacesia

† Vita di Famiglia e Testimonianze

Amici di Gesù Crocifi ssoAmici di Gesù Crocifi sso Amici di Gesù Crocifi sso

“Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3,30)

La testimonianza del cristiano è collegata con il mar-tirio, non solo perché può arrivare sino all’effusione del sangue, ma anche perché il testimone sa che deve scomparire perché si riveli Gesù Crocifi sso Risorto e il suo amore per noi. C’è sempre in agguato la tentazione di testimoniare se stesso, di mettersi in mostra, di por-tare avanti i propri pensieri e valori o quelli del mondo. La testimonianza allora non ha più come fi ne Cristo ma diventa un mezzo per glorifi care se stesso.

Il vero te-stimone deve c o n o s c e r e perfettamen-te Cristo, per annunziare quello che Lui ha fatto, come lo ha fatto, quali insegnamen-ti e valori ci ha lasciati.

Giovanni Battista, ri-tenuto il Messia dal popolo, poteva essere tentato di accreditare questa stima, per averne maggiore gloria davanti a tutti. Invece proclama fortemente: “Io non sono il Cristo; sono solo suo amico, per questo io devo diminuire, mentre lui deve crescere; a lui dovete rivol-gervi” (Cfr. Gv 3,28-30)..

L’apostolo Paolo diceva con coraggio ai suoi oppo-sitori: «Noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù» (2Cor 4,5).

Giovanni Battista si professa un semplice amico del-lo sposo, che è Cristo da festeggiare; Paolo si dice un semplice servitore dei fedeli, per amore di Cristo. Que-sti sono i modelli dei veri testimoni.

Testimoniare con i sentimenti di Cristo

Per essere veri testimoni e apostoli di Cristo, bisogna avere i suoi sentimenti, conoscere i segreti del suo cuo-re. San Paolo confessava con amarezza: «Alcuni pre-dicano Cristo anche per invidia e spirito di contesa, ma altri con buoni sentimenti. Questi lo fanno per amore…. quelli invece predicano Cristo con spirito di rivalità, con intenzioni non pure» (Fil 1, 15-17)..

La tentazione di annunziare Cristo con spirito di ri-valità è stata spesso presente nella Chiesa. Pensiamo alle diffi coltà dei missionari che annunciano Cristo ai non cristiani, quando si trovano a competere con altri cristiani appartenenti a varie chiese, ognuna delle quali annunzia un Cristo in contrapposizione alle altre. Que-sto può avvenire anche all’interno della stessa Chie-sa, quando vari gruppi annunziano un Cristo di parte, quando ognuno pretende di annunciare il vero Cristo,

quello del suo gruppo.San Paolo della Croce richiedeva dai missionari ad-

detti alla predicazione tanta umiltà e retta intenzione, ricercando solo la gloria di Dio e il bene delle anime. Prescriveva: “Terminata la missione, non domandi-no a nessuno se la missione fu gradita, ma contenti di aver fatto quanto hanno saputo, stiano umili, né cer-chino altro, fuorché la gloria di Dio e la salute dei prossimi. Terminata la missione, la mattina partiranno di buonora” (Reg, cap. XXIV, n.V).

La testimonianza deve essere fatta con tanta umil-tà, con ret-ta intenzio-ne, cercando solo la gloria del Signo-re e il bene delle anime, tanta umiltà e semplici-tà. Prescrive ancora san Paolo della Croce:

“Non sia lecito a nes-

suno di Congregazione di predicare con stile tanto ele-vato che si renda oscuro alla povera gente; ma spezzi-no il pane della divina parola con modo chiaro e intel-ligibile, perché sia più effi cace a promuovere la gloria di Dio e la salute delle anime” (Regola, Cap. XXIII).

Il santo voleva che i Passionisti lasciassero ad altri le prediche solenni di Quaresima nelle grandi chiese, come si usava in quel tempo; scegliessero invece i luo-ghi umili, dove nessuno voleva andare a predicare.

Il passionista – religioso e laico – contempla Gesù Crocifi sso e ispira a Lui la sua vita, per attingere da lui la luce e la forza per essere un testimone umile e coraggioso. La tentazione di fare bella fi gura, di esse-re accettati più facilmente da chi ci ascolta, può por-tare ad addolcire il messaggio del Cristo Crocifi sso, che è “scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1Cor 1,23). Dobbiamo annunziare Cristo che dall’alto della croce ci attira a sé, ci riconcilia con il Padre e ci indica la strada della salvezza.

E’ la sapienza della croce che dà un volto nuovo alla vita e alla sofferenza. Una sapienza divina che contra-sta con quella umana, è la sapienza del chicco di gra-no che muore e dona la vita. L’idea di un Dio che si fa uomo, condivide la nostra condizione e muore sulla croce contraddice ogni logica umana. Le grandi eresie sono sorte dalla tentazione di eliminare questa contrad-dizione che ripugnava alla logica umana. Il Crocifi sso che tanto ripugnava a certe intelligenze ha affascinato miliardi di anime, confermando la predizione di Gesù: “Quando sarò innalzato, attirerò tutti a me”. Rin-graziamo Dio che diffonde per mezzo nostro il profu-mo della sua conoscenza nel mondo intero!

P. Alberto Pierangioli2

Testimoniare Cristo e non noi stessiMaggio

Il vero cristiano sente il dovere e l’urgenza di es-sere testimone di Cristo, ma sa che testimoniare Cristo oggi non è facile. Veniamo da una tradi-

zione in cui tutto era naturalmente cristiano, almeno in apparenza e in superfi cie. In Italia il 99 per cento del-la popolazione era battezzata; era rarissimo incontrare una persona che si diceva apertamente atea. Erano rari anche i seguaci di altre religioni. Nei piccoli paesi si additava una persona che la domenica non andava a messa.

Oggi, in una società multietnica, sempre più laicizzata, non è più così. Oggi in tanti ambienti si addita una persona che ancora va a messa. Ab-biamo seguaci di diverse religioni in casa nostra. È più facile che dei cristia-ni diventino musulmani, buddisti, seguaci di sette più strane che il rovescio. Il laicismo ateo si diffon-de sempre più, special-mente tra i giovani. Una buona nonna cristiana che si prende cura dei nipoti orfani, esortando il nipo-tino di 12 anni a partecipare alla Messa, si è sentita dire: “Nonna, ancora credi a queste favole!”. Il rifi uto di riconoscere “le radici cristiane” dell’Europa, non è solo un peccato contro la luce, ma anche un segno chiaro del laicismo assoluto che domina in Europa.

Per testimoniare Cristo in modo serio oggi non ba-sta più il catechismo della prima comunione. Certo ci sarà sempre la buona e anziana mamma di famiglia, che non sa molto di teologia, non legge molti libri, non ha molto tempo e possibilità di partecipare a incontri culturali e formativi, non legge molti giornali e non ha tempo per guardare molta televisione; ma vive si-lenziosamente e generosamente la sua umile e grande missione, frequenta la chiesa, prega e lavora. A modo suo è una grande testimone di Cristo e della sua fede: c’è da ammirarla e da ringraziarne il Signore.

Ma non possono accontentarsi di questo tanti cristia-ni, che avvertono il rischio di lasciare i loro fi gli in una società atea, governata da leggi sempre più anticristia-ne e sentono quindi il dovere di impegnarsi per essere testimoni convinti della fede nel Dio della vita, mentre imperversa la cultura della morte.

Un importante documento dei vescovi italiani, “Co-municare il Vangelo in un mondo che cambia”, nota: “I rischi e i problemi che riscontriamo oggi nel nostro paese sono tanti. In primo luogo, le persone che si di-cono «senza religione» sono in aumento; vi sono poi persone disposte a riconoscere un certo riferimento a Cristo, ma non alla Chiesa; non mancano le conversio-ni dal cristianesimo ad altre religioni. Ciò che tuttavia è più preoccupante è il crescente analfabetismo religio-so delle giovani generazioni. Nella mentalità comune e

di conseguenza nella legislazione, si diffon-dono prese di posizione lontane dal Vangelo e in netto contrasto con la tradizione cristiana, come i pro-blemi del rapporto tra lo Stato e le formazioni sociali – in primo luogo la famiglia –, dell’economia e delle migrazioni dei popoli, sia in merito alla visione della sessualità, della procreazione, della vita, della morte e della facoltà di intervento dell’uomo sull’uomo. Non si può poi tacere che è avvenuta una vera e propria eclissi del senso morale. Oggi più che mai su questi temi è richiesta a ogni cristiano un’autentica vigilanza profe-

tica: la sua testimonian-za e il suo annuncio de-vono essere conformi al Vangelo”(nn. 40-41).

Mentre vediamo con gioia crescere la cultu-ra umana e scomparire in Italia gli analfabeti, vediamo crescere anche l’ignoranza religiosa e gli analfabeti del vangelo. Perciò è necessario esse-re culturalmente attrezza-ti per essere testimoni ef-fi caci di Cristo in questo contesto socio-culturale. Occorre una fede seria,

con solide basi culturali, pronti a “rendere conto a tutti della propria fede” (Cfr. 1 Pt 3,15).

Ogni cristiano deve sentire una forte esigenza di for-mazione spirituale, teologica, culturale, umana, per es-sere testimone e missionario e comunicare in modo adeguato ed effi cace Cristo agli uomini di oggi, pre-sentando Cristo come il Figlio del Dio vivente, fonte di gioia e di speranza per tutti (Cfr. CEI, ib. n. 44).

Oggi la Chiesa mette a disposizione dei fedeli laici tanti mezzi effi caci per aiutarli ad acquistare una se-ria formazione cristiana, come corsi di teologia e di formazione biblica, incontri di formazione spirituale, culturale, morale ecc. Anche i vari movimenti eccle-siali si fanno promotori di incontri e corsi per tutte le fasce di età e di cultura. È importante trovare il tempo necessario e la volontà per poterne approfi ttare. Alcune mamme dei nostri gruppi mi hanno chiesto consiglio se accettare l’invito del parroco ad essere catechiste dei propri fi gli che si preparano ai primi sacramenti. Ma ci può essere una missione più bella di questa? È un dono e una grazia e sarebbe una grave responsabili-tà rifi utarsi, senza un gravissimo motivo.

Ogni cristiano che ha a cuore la conservazione e l’accrescimento della propria fede e il l’impegno di trasmetterla ai propri fi gli, deve sentire il bisogno di essere un “missionario del Vangelo”, con l’esempio e la parola, inserito sempre più profondamente nel cam-mino della comunità cristiana.

(Cfr. anche: Taccone: I segni della cultura della mor-te, Febbraio 2007).

P. Alberto Pierangioli

Testimoni culturalmente attrezzatiGiugno

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Amici di Gesù Crocifi sso

di conseguenza nella legislazione, si diffon-dono prese di posizione lontane dal Vangelo e in

Portatori di Gesù Crocifi sso

Incontro di rifl essione e preghiera a Fossacesia

Amici di Gesù Crocifi ssoAmici di Gesù Crocifi sso Amici di Gesù Crocifi sso

suo sacrifi cio perché ha valore infi nito. Ma come corpo mistico formato da tutti noi egli soffre e muore ancora in noi. Per questo ha lasciato la sua passione e mor-te come sacrifi cio vivo e aperto a accogliere la nostra storia.

Grazie alla frazione del pane, la comunità ha talmen-te capito il senso della croce, che la prima forma di santità cristiana è stata la piena conformazione anche fi sica al crocifi sso tramite il martirio.

Con il comando fate questo in memoria di me Cri-sto ha saldato la sua croce alla nostra, il suo sacrifi cio al nostro, la sua vita alla nostra, quasi dicendo: fate-come-me-insieme-a-me.

Da questa visione si deduce che l’Eucaristia è il pun-to terminale del piano salvifi co della Trinità e che il mistero pasquale non si esaurisce nella morte e risur-rezione di Cristo o con la discesa dello Spirito San-to a Pentecoste, ma si prolunga nell’Eucaristia e nella chiesa.

Da questa impostazione emergono anche alcuni aspetti sbalorditivi circa l’unicità e incomparabilità della fede cristiana. Non siamo chiamati solo a credere in un Dio e a obbedirgli, ma a diventare un solo corpo con lui. Il nostro Dio non ci offre solo aiuto e protezio-ne, ma condivide con noi la sua vita. Il nostro reden-tore non ci ha lasciato in ricordo di sé un’immagine, come un quadro o una fotografi a, ma vuole vivere in noi, essere la nostra vita, prolungare la sua presenza nel mondo per mezzo di noi.

Davvero il punto d’arrivo della Trinità nel suo piano d’amore verso l’umanità era di poter dire sull’esisten-za di ogni essere umano: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue.

La Croce e la Cena rivelano l’identità di Dio

La Passione e morte di Gesù in croce e la perma-nenza sacramentale di questo mistero nella storia ri-velano in modo inconfutabile che Dio è amore, e che per salvare il mondo non ha scelto altra via che quella dell’amore. L’evangelista Giovanni e l’apostolo Paolo sono i primi cantori di questa rivelazione.

“Dio è amore”, 1Gv 4,8.16. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo fi glio unigenito. Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fi ne. Nes-suno ha un amore più grande di questo: dare la vita per gli amici”, Gv 3,16; 13,1; 15,13. “Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me”, Gal 2,20. “Vi ha amato e ha dato sé stesso per noi in sacrifi cio”, Ef 5,2.

La scelta dell’amore per salvare l’umanità pervade le pagine della bibbia, ma spicca specialmente nel modo in cui Gesù compie la missione affi datagli dal Padre.

La vittoria sulle tentazioni nel deserto, ove il diavolo cercò di dissuaderlo dalla via della croce, dimostra con quale determinazione il Figlio ha scartato ogni alterna-tiva e ogni altra possibile strategia per attuare il man-dato del Padre. Non sceglie la via dell’abbondanza nel

benessere materiale: Comanda che queste pietre diventino pane. Non accetta la proposta del prestigio dei gesti sensazionali: Buttati giù, Dio man-derà gli angeli a proteggerti. Respinge drasticamente la prospettiva del potere: Tutti i regni saranno tuoi se prostrato mi adorerai.

Sono le tentazioni del messianismo temporale e po-litico che inseguiranno Gesù ogni giorno del suo mi-nistero e lo incalzeranno fi n sotto la croce. Ci insiste-ranno gli apostoli con le loro insinuazioni, le folle con le loro aspettative, i capi con le loro provocazioni. Ma Gesù non ci cadrà. Come l’intimità del suo rapporto divino col Padre è solo amore, nello Spirito Santo, così la graduale maturazione della sua coscienza umana lo conferma nella scelta dell’amore come unica via per attuare quel che il Padre e l’umanità aspettano da lui.

La conclusione per la nostra vita concreta scaturisce spontanea. Se per salvare il mondo Dio non ha escogi-tato nulla di diverso e non ha trovato nulla di meglio che l’amore, vuol dire che l’amore è l’unica via per risolvere i problemi umani. Sia quelli della società a vasto raggio – la pace, la giustizia, la discriminazione, il terrorismo, l’inquinamento – sia quelli a livello delle nostre nazioni, famiglie e individui.

Quando dinanzi a un problema concreto della vita gettiamo la spugna gridando che è impossibile, è bene domandarsi fi no a che punto siamo capaci di amare.

Infatti: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, i pericoli, la spada? Ma in tutto questo noi stra-vinciamo in forza di colui che ci amò”, Rom 8,35-37.

Gabriele Cingolani cp

La vita della comunità cristiana è caratteriz-zata fi n dall’inizio da gesti coinvolgenti. Non solo credere alla parola ascoltata, ma

cambiar vita con la decisione radicale chiamata con-versione. Non solo aderire alle nuove verità annuncia-te – kerigma – ma farsi battezzare e ricevere lo Spirito Santo. Non solo ascoltare il racconto della passione, morte e risurrezione del Signore, ma riviverne la realtà nel rito che Gesù stesso aveva stabilito, che chiamava-no Frazione del Pane o Cena del Signore.

La descrizione della vita dei primi cristiani, ripe-tuta diverse volte negli Atti degli Apostoli dice: “I fe-deli erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli, nella frazione del pane e nelle preghiere”, At 2,42. L’apostolo Paolo la compie soprattutto la dome-nica, che per questo si chiamerà giorno del Signore, At 20,4-12. Una volta la celebra persino su una nave col mare in tempesta, At 27,33-38.

Gesù non aveva detto soltanto: “Chi vuol venire die-tro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”, Lc 9,23-24, ma nell’ultima cena aveva lasciato il proprio sa-crifi cio nelle mani della sua chiesa, con uno speciale sacra-mento, e ave-va comandato: “Fate questo in memoria di me”. Cioè la sua croce dove-va diventare un tutt’uno con la croce dei suoi seguaci.

Lui aveva preso la sua croce e l’aveva portata con amore sino alla morte. Il suo gesto non era destinato a restare nella storia come un esempio da ammirare, ma come un immenso abbraccio vivo e aperto ad accoglie-re le croci e le morti quotidiane di quanti si sarebbero messi alla sua sequela.

La Cena fa assimilare la CroceDopo l’ascensione di Gesù al cielo cominciarono su-

bito a circolare nella comunità almeno quattro racconti del gesto compiuto da Gesù nella cena di addio. Più tardi saranno messi per iscritto da Paolo apostolo e da-gli evangelisti Matteo, Marco e Luca. Di un quinto rac-conto si hanno tracce nel vangelo di Giovanni.

San Paolo è il primo a mettere per iscritto la sua ver-sione del gesto di Gesù nel cenacolo. Lo fa nella prima lettera ai Corinzi, scritta tra il 56-57 d.C. Ma non è det-to che la sua formulazione sia la più antica. Anzi, alcu-ne sfumature della lingua semitica fanno capire che i racconti di Marco e Matteo sono anteriori.

I resoconti dei vangeli, pur essendo usati dalle comu-

nità fi n dall’inizio, vedono la luce in redazione scritta più o meno entro l’ultimo quarto del primo secolo. Da tutti i racconti risultano chiare due cose.

Prima: nella cena Gesù lascia alla sua chiesa il sa-crifi cio di sé che consumerà l’indomani sulla croce. Vivo nella sua natura umana, egli si anticipa morto in forma sacramentale nei segni del pane e del vino, cosa possibile solo all’onnipotenza divina. Così come oggi, vivo soprannaturalmente nella sua risurrezione, si po-sticipa morto in forma sacramentale negli stessi segni del pane e del vino: cioè ripresenta dopo, ciò che è av-venuto prima.

Il signifi cato delle parole di Gesù non lascia alcun dubbio. Il pane è il suo corpo dato per noi. Il vino è il suo sangue versato per tutti, a fondamento della nuova e eterna alleanza.

Seconda: bisogna “fare questo” in sua memoria. Ri-petere il gesto di Gesù signifi ca entrare nel suo gesto d’amore che lo conduce alla morte come dono di sé al Padre per la salvezza del mondo.

Il papa Benedetto XVI ce lo ricorda nella sua recen-te esortazione apostolica sul-l ’Eucar i s t ia : “L’Eucaristia ci attira nel-l’atto oblativo di Gesù. Non riceviamo il Verbo Incarna-to solo in modo statico, ma ve-niamo coinvol-ti nella dinami-ca della sua do-nazione. Egli ci attira dentro di

sé” (Sacramentum Caritatis 11). Per la mentalità ebraica questo era già chiaro dal con-

testo del banchetto e dalle parole sul pane e sul vino. Per i semiti mangiare insieme signifi ca condividere la vita e bere allo stesso calice signifi ca condividere lo stesso destino. Ma Gesù ha voluto rinforzare tale si-gnifi cato aggiungendovi il concetto di memoriale, che non è un ricordare psicologico, ma un’azione divina che rende presente la realtà ricordata.

Dunque non solo prendete e mangiate, né solo fate questo, ma anche in memoria di me. Fate, non allude solo al rito ma anche al suo contenuto. D’altra parte il contenuto, in quanto sacrifi cio di Cristo Capo, può es-sere fatto solo da lui, e non può essere più ripetuto per-ché resta in eterno nella sua pienezza infi nita. Cristo chiede che al suo sacrifi cio uniamo il nostro sacrifi cio. Vuole che vivendo e morendo ogni giorno uniti a lui in forza del battesimo portiamo la nostra vita e morte quotidiana nell’Eucaristia. Così la nostra esistenza si conforma all’esistenza d’amore oblativo di Cristo per quanto possibile in questo mondo.

Come nostro capo egli non può aggiungere nulla al

PENSIERO PASSIONISTA – Maggio / Giugno 2007 LA CROCE E LA CENA

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Amici di Gesù Crocifi sso

Comanda che queste . Non accetta la proposta del

Festa della Passione a Civitanova

Amici di Gesù Crocifi ssoAmici di Gesù Crocifi ssoAmici di Gesù Crocifi sso

Un nuovo santo PassionistaSAN CARLO HOUBEN

I santi sono autentici imitatori di Cristo e san Carlo Houben fu uno di questi. Così ne parla Pierluigi di Eugenio: “Passò benedicendo, ri-

sanando e perdonando. Sempre pronto ed affabile. Po-vero tra i poveri, fece della sua vita un dono ai soffe-renti. Tutto di Dio, tutto del prossimo. I bisognosi nel-l’anima e nel corpo non lo lasciavano riposare neppure un attimo. Profondamente affezionato alla famiglia e alla patria, lavorò per più di quarant’anni lontano dal-l’una e dall’altra, trovando nei sofferenti i propri fratel-li e nella terra d’Irlanda la sua patria”.

Giovanni Andrea nasce a Munstergeleene in Olanda, l’11 dicembre 1829, quarto di dieci fi gli, in una famiglia bene-stante. Cresce in sapienza, età e grazia. Il fratello Giuseppe dirà di lui: “Conosceva solo due stra-de, quella della chiesa e quella della scuola”. Conosce i Passio-nisti, da poco portati in Olanda dal B. Domenico Barberi e a 24 anni, il 5 novembre 1845, entra in noviziato ad Ere in Belgio e veste l’abito col nome di Carlo. Durante il noviziato è irrepren-sibile. Questa è la testimonianza di un suo compagno:

“Mi sentivo molto edifi cato davanti alla sua grande santità. Era esemplare, pieno di fede e di pietà, esatto, osservante del-le regole, semplice, amabile e di carattere dolce. La sua pie-tà e la sua naturale allegria gli guadagnarono la stima e l’affet-to di tutti”. Il 21 dicembre del 1850 viene ordinato sacerdote. Nel 1852 è inviato in Inghilterra dove i Passionisti erano da dieci anni. Lavorò con grande entusiasmo, così da divenire un “Apostolo dell’Ecumenismo”, adoperandosi per il bene delle anime e per l’unità dei cristiani.

Si stabilisce prima ad Aston Hall, in Inghilterra; dove si prodiga a favore degli immigrati irlandesi che svol-gono il duro lavoro delle miniere. Questa esperienza sarà utile nella sua successiva permanenza in Irlanda. Si dona tutto a loro, s’interessa dei loro problemi, della loro salute. Conforta, aiuta, guarisce, mentre continua a lavorare per la congregazione e per la chiesa.

Nel 1857 è trasferito in Irlanda, a Dublino / Mount Argus, dove i Passionisti si sono da poco insediati. Si deve costruire il convento e le chiesa, Padre Carlo si rivela provvidenziale. Il popolo irlandese, che lo ha vi-sto al suo fi anco con tanta sollecitudine, si mostra ge-neroso. Si costruisce il convento e una bella chiesa, de-dicata a San Paolo della Croce. P. Carlo, senza saperlo, prepara il suo santuario.

Carlo non sarà mai un grande predicatore, soprattut-to per la diffi coltà della lingua, ma passa ore e ore al

confessionale. A questo ministero della Riconciliazio-ne padre Houben dedicò le sue doti e forze migliori, ri-portando nel sacramento della Penitenza innumerevoli fedeli a riconciliarsi con Dio e con gli altri uomini. As-siste i moribondi, benedice i malati con la reliquia di san Paolo della Croce, accompagnando la benedizio-ne con commoventi preghiere composte da lui stesso. Ha la fama di taumaturgo. Ogni giorno circa trecento persone, provenienti da tutte le parti dell’Irlanda, dal-l’Inghilterra, dalla Scozia e perfi no dall’America ac-correvano a lui, attratte dalla fama della sua santità. Trovavano un cuore disponibile e tenero. Medici ed

infermieri di Dublino, di fron-te a casi disperati, consigliava-no di chiamare padre Carlo. E Carlo accorreva nelle case e ne-gli ospedali, portando spesso il dono di una guarigione inspe-rata e sempre un sorso di se-renità. Con amore preparava i moribondi al grande passo, in-ginocchiato in preghiera vicino al loro letto. Portava sempre in mano un crocifi sso per ricorda-re continuamente la Passione di Gesù. Lo chiamavano il ‘Santo di Mount Argus’; di lui si può dire quello che si dice di Gesù: “passò facendo del bene a tutti”. Per farlo riposare un po’, i su-periori più volte gli fanno cam-biare convento, ma poi devono riportarlo a Dublino.

In comunità era esemplare, pieno di fede e di pietà, sempli-ce ed affabile. Nonostante le oc-cupazioni, passa lungo tempo in adorazione davanti al taberna-colo. Lo trovano spesso in esta-

si, specialmente durante la messa. A volte l’inserviente è costretto a scuoterlo perché prosegua nella celebra-zione.

Negli ultimi anni della sua vita soffre molto per una cancrena ad una gamba e altri mali. Sopporta tutto con pazienza, seguitando a svolgere il suo apostolato. Ogni giorno continua a salire e scendere una scala di 59 gra-dini, anche un centinaio di volte, per ricevere e benedi-re le persone che vengono a lui.

Muore serenamente il 5 gennaio 1893. Per cinque giorni, prima della sepoltura, riceve onoranze funebri dovute ad un re, con gente proveniente da tutta l’Irlan-da. È stato detto il san Pio da Pietrelcina del suo tem-po. Giovanni Paolo II l’ha elevato agli onori degli alta-ri come “beato” il 16 ottobre 1988, mentre Benedetto XVI lo dichiara “santo” il 3 giugno 2007. La festa reli-giosa è al 5 gennaio.

(Cfr. Pierluigi Di Eugenio: Sotto la Croce appassio-natamente”, II ed. San Gabriele).

Francesco Valori

San Paolo della Croce visse per circa 27 anni nel-la sua famiglia come primogenito di 15 fi gli e quindi in grado di rendersi conto dell’ambiente

familiare, della spiritualità che animava i genitori e che essi insegnavano con la parola e con l’esempio. Fece l’esperienza di una famiglia molto unita e serena, no-nostante la diffi coltà economica che dovette sperimen-tare per le circostanze sociali in cui visse e le pene per la morte di molti bambini. Per questa esperienza Paolo pensò sempre la famiglia come un luogo di serenità e di pace per fomentare buone relazioni fra le persone e con Dio. Nel suo apostolato cercò di animare i laici a formare famiglie serene e a impegnarsi per custodire la pace, cercare la riconciliazione quando qualche discus-sione aveva rovinata la buona relazione.

Nella sua famiglia aveva sperimentato il valore della preghiera personale e familiare, la forza interiore che proviene dal-la memoria di Gesù Crocifi sso che la mamma presentava ai fi -gli quando do-vevano superare qualche diffi col-tà. Per l’espe-rienza in fami-glia e per quan-to sentiva dalle persone che ri-correvano a lui per consiglio, era convinto che mantenere la fa-miglia in pace è frutto di grande fede in Dio, di grande pazienza per superare le diffi col-tà della salute propria e dei familiari, per affrontare la preoccupazione per l’economia, per l’educazione e il futuro dei fi gli, per mantenere relazioni serene tra i co-niugi, con i suoceri e con altri vicini. Nelle sue lettere ricorda con frequenza che la vita spirituale va vissuta nella pace del cuore e questa pace va diffusa nella fa-miglia, nell’ambiente di lavoro e dove si vive. La pace è frutto della Passione di Gesù, che ha distrutto le ini-micizie nel suo corpo sulla croce, per rendere possibile la comunione fraterna con tutti (cf. Ef 2, 14-18).

Alla marchesa Dal Pozzo scriveva: “Per ricevere tut-to con rassegnazione e soffrire con fortezza bisogna andare spesso a cibarsi della santa orazione, a cibarsi, dico, di quella manna nascosta che Dio dà a chi perse-vera in questo santo esercizio” (L. ai laici N. 130). La meditazione che Paolo promuove è a un rifl ettere sugli eventi della vita quotidiana, cioè la casa, la famiglia, il lavoro alla luce della pazienza e della carità con cui Gesù ha vissuto la propria vita. Gesù vive la sua pas-sione per compiere la volontà del Padre e il cristiano è chiamato a vivere la sua vita con piena sottomissione alla divina volontà.

In una lettera alla marchesa Dal Pozzo, Paolo scrive:

“La maggior perfezione di un’anima consiste in un vero abbandono di tutta se stessa nelle mani del Sommo Bene. Questo abbandono abbraccia una per-fetta rassegnazione alla divina Volontà in tutti gli even-ti che ci accadono. Sicché quando si sente insorgere qualche desiderio o altra cosa che dà qualche scossa al cuore, mettendolo in sollecitudine di fare quello che per allora non è in nostro potere, bisogna subito farlo mo-rire nella santissima Volontà di Dio; insomma, quando si accorge che il cuore s’allontana un tantino da quella pace che nasce dallo stare l’anima con viva fede alla divina presenza, esamini subito quietamente la causa, e ritrovando che è per sollecitudine o di casa o di fi gli, e che per allora non è in sua mano il rimedio, subito si affi di a Dio, s’aiuti con giaculatorie come sarebbe: O cara Volontà del mio Dio! O dolcissima Volontà, voi siete il mio cibo, la mia gioia, il mio riposo” (L. ai laici

N. 133).Ai coniugi

egli ricorda che sono chiamati ad essere santi, ma devono vi-gilare per non entrare in agi-tazione e man-tenere il cuore in pace alla pre-senza di Dio (L. ai laici N. 66). Al Fossi, pa-dre di otto fi gli, scriveva: “Lei deve porre ogni studio di essere fedele nella vo-

cazione in cui Dio lo ha posto, procurando d’attendere con ogni diligenza al buon governo della sua famiglia, tanto nello spirituale, che temporale, mantenendo una imperturbabile pace in casa; usando ogni più caritate-vole attenzione per mantenere contenta in Dio la sua consorte e i fi gli, procurando, che tanto nel vestito, che in ogni altra cosa vadano secondo il loro stato; lei deve fare solamente quelle elemosine che porta lo stato pre-sente, per non dare motivo ai familiari di lamentarsi per quello che può mancare ad essi. Così, mantenen-dosi in pace, saranno più disposti ad attendere alle cose spirituali secondo lo stato in cui sono, mentre non tut-ti possono, né sono chiamati a vita straordinaria” (L. ai laici N. 309). Allo stesso raccomandava di “guidare santamente la famiglia, senza pretendere vita straordi-naria dalla medesima, ma procurare in tutti il timor di Dio, l’osservanza della divina legge, con la devota fre-quenza dei Sacramenti, e l’orazione secondo lo stato e spirito di ciascuno dei suoi familiari”.

Possa Paolo della Croce aiutare le famiglie ad avere una vita di alta qualità umana, un profondo senso di solidarietà e pace per essere lievito di una vita sociale secondo il progetto di Dio.

P. Fabiano Giorgini

SPIRITUALITA’ PASSIONISTALa famiglia nel pensiero di S. Paolo della Croce

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Amici di Gesù Crocifi sso

“La maggior perfezione di un’anima consiste in un vero abbandono di tutta se stessa nelle mani del

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S. Carlo Houben

La famiglia Piancatelli di Macerata intorno al Crocifi sso

Amici di Gesù Crocifi ssoAmici di Gesù Crocifi sso Amici di Gesù Crocifi sso

Carissimo padre, abbiamo voluto festeggiare San Valentino da coppie cristiane. È stata una serata di-versa, con il desiderio di festeggiare l’amore tra coppie e di rivalutare sempre più, con l’aiuto del Signo-re, la gioia di essere uniti. Tutto é trascorso in una luce diversa. È stata grande gioia e grazia anche per qualche coppia che ha dei problemi.

Pina

La diffusione delle separazioni e dei divor-zi è in notevole espansione, nell’arco di poco più di un decennio è quasi raddoppia-

ta. Questa realtà viene ad investire un numero sempre più crescente di cristiani e spesso ci sentiamo chiedere il perché della posizione della Chiesa verso questi fra-telli che, in un particolare momento della loro vita, si trovano a vivere situazioni di sofferenza.

L’esperienza del fallimento matrimoniale coinvolge ormai coppie di ogni età, anche quelle che si riteneva-no solide e ben attrezzate contro ogni diffi coltà, cop-pie che hanno compiuto articolati e robusti cammini di preparazione al matrimonio cristiano, persone impe-gnate nella vita ecclesiale a vari livelli, nella cateche-si, nei Consigli pastorali, nell’animazione dei percorsi formativi per fi -danzati.

In principio la separazione può essere vissu-ta come un mo-mento di libera-zione da una si-tuazione ormai insostenibi le , poi la solitudine a cui si va incon-tro fa emergere dubbi e incer-tezze sul futuro. Un nuovo matri-monio a questo punto può essere visto come l’an-cora di salvezza che mette fi ne all’insicurezza e alla sofferenza e apre la prospet-tiva di “rifarsi una vita” e di ri-trovare fi ducia e serenità.

Un’altra sensazione possibile, dopo momenti di di-sorientamento esistenziale e religioso, è il bisogno di ritornare nella comunità cristiana per vivere la fede in maniera maggiormente partecipata. A questo punto non riescono a capire come mai la Chiesa “punisca” la loro decisione, a prima vista più che mai ragionevole, di risposarsi e chieda, al contrario, una fedeltà che può signifi care solitudine, frustrazione, insicurezza.

Un altro aspetto che non si comprende facilmente è l’impossibilità di far parte in pienezza della comunità ecclesiale, dovendo rinunciare alla comunione eucari-stica, nonostante siano stati accolti con affetto e com-prensione. Questi fedeli tendono così a percepire la Chiesa come una madre dura e infl essibile, incapace di misericordia e incurante della salvezza dei suoi fi gli.

I divorziati-risposati non sono esclusi dalla comunità ecclesiale perché, in quanto battezzati, ne fanno parte

costitutiva, sono membri del popolo di Dio, anche se non si trovano nella pienezza della comunione. Pro-prio in virtù della loro appartenenza alla Chiesa devo-no sentirsi oggetto di attenzione e anche soggetto di partecipazione signifi cativa.

La comunità ecclesiale, tenendo sempre presente l’indissolubilità del matrimonio ispirata dal Vangelo, deve farsi accoglienza ed amore in tutte le circostanze.

Dobbiamo fare chiarezza sull’espressione “divorzia-ti–risposati”, che racchiude situazioni molto diverse.

Vi sono persone che hanno provocato volutamente la fi ne del rapporto e sono felici nel nuovo stato di vita e non si pongono il problema né umano, né religioso.

Vi sono persone che hanno subito questa situazione senza poter far nulla per evitarla.

Vi sono per-sone che già da tempo avevano abbandonato la vita della comu-nità ecclesiale e continuano a non sentirne il bisogno.

Vi sono per-sone che deside-rano partecipare alla vita eccle-siale e soffrono la lontananza dalla vita sacra-mentale.

Ora parliamo dei divorzia-ti-risposati che desiderano con sincerità conti-nuare a vivere la vita cristiana e che desidera-

no ancora partecipare alla vita della Chiesa. L’espres-sione “situazione irregolare” che si adopera in questi casi non esprime un giudizio sulle persone, ma defi ni-sce dal punto di vista oggettivo: lo stato di vita di quei battezzati (conviventi, divorziati risposati, sposati solo civilmente) che vivono una relazione coniugale in con-trasto col sacramento del matrimonio.

Il Magistero della Chiesa afferma che questi fedeli divorziati si trovano in una situazione che contraddice oggettivamente l’indissolubilità del matrimonio, verità cristiana che risale all’insegnamento stesso di Gesù e non ad una defi nizione della Chiesa. Una nuova unione civile non può sciogliere il precedente vincolo matri-moniale sacramentale.

Dare i sacramenti ai divorziati risposati signifi che-rebbe porre in atto una situazione sacramentale che è contraddetta da quella esistenziale. Nell’Eucaristia Gesù Cristo sigilla la sua indissolubile alleanza d’amo-

COMUNITA’ CRISTIANA E DIVORZIATI-RISPOSATI

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Amici di Gesù Crocifi sso

re con la Chiesa; come ammettere alla comunione pie-na il cristiano che, per aver infranto il segno dell’unio-ne di Cristo con la sua sposa, si trova in una situazione stabile di rottura con la Chiesa?

Gesù Cristo ha elevato il Matrimonio cristiano alla dignità di sacramento, per conferire agli sposi cristia-ni la grazia necessaria per viverlo santamente e ne ha fatto segno del suo amore indissolubile per la Chiesa, cioè per ciascuno di noi: “Voi mariti amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa” (Ef 5,25). Chi rompe l’indissolubilità del matrimonio sacramen-to, rompe la comunione con Cristo (Cfr Compendio CCC, n. 341).

Anche la penitenza, che ha un duplice signifi cato di conversione e di riconciliazione, esige non solo il pen-timento ma anche il proposito di cambiare vita. Non è possibile da parte di questi fedeli una vera riconcilia-zione con Dio e quindi avere il suo perdono, se con-tinuano nella loro condizione di vita di rottura con la legge di Dio.

Il Papa Giovanni Paolo II, nella “Familiaris Consor-tio”, ha sottolineato che c’è anche un preciso motivo pastorale per adottare questa scelta. Infatti se chi vive in condizione di vita irregolare fosse ammesso alla co-munione eucaristica, gli altri fedeli sarebbero indotti in confusione ed errore circa la dottrina della Chiesa in materia di sacramenti e ciò arrecherebbe evidenti dan-ni alla comunità tutta, soprattutto in questi tempi dove c’è una forte confusione tra i cristiani.

Quindi non è la Chiesa “matrigna” ad emarginare o a discriminare, ma è il Vangelo di Cristo a essere il termine di confronto e di giudizio fra gli uomini. Dati questi presupposti, l’unica possibilità di essere riam-messi ai sacramenti per questi nostri fratelli e sorel-le è l’interruzione della convivenza o, se questo per gravi motivi (fi gli, o età avanzata) non è possibile, ci deve essere l’impegna a trasformarla in una vita come tra fratello e sorella. La condizione posta dalla Chiesa della separazione fi sica per la riammissione in privato ai sacramenti è giustifi cata come prova concreta della conversione.

Proprio per questa situazione di disagio esistenziale, Giovanni Paolo II nella F.C. invita la comunità eccle-siale ad agire in modo tale che i fedeli divorziati–ri-sposati siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrifi cio della Messa, a perseverare nel-la preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i fi gli nella fede cristiana, a coltivare lo spi-

rito e le opere della penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. Inoltre egli esorta la Chiesa a pregare per loro, ad incoraggiar-li e a dimostrarsi madre misericordiosa, sostenendoli nella fede e nella speranza (FC 84).

Nel gennaio 1997, alla XII Assemblea Plenaria del Pontifi cio Consiglio per la Famiglia, il Papa aveva sot-tolineato l’urgenza di una pastorale di preparazione e di tempestivo sostegno alle coppie nel momento della crisi. Una vicinanza sincera, tesa a far comprendere a questi cristiani che non si deve mai disperare della gra-zia di Dio. Con questa serie di osservazioni ci invita a rifl ettere sulla necessità di mettere in atto una pasto-rale che vada oltre il discorso della partecipazione ai sacramenti.

È necessaria molta comprensione; bisogna imparare ad attendere, sostenere, consigliare, senza però disat-tendere la posizione della Chiesa. La comunità cristia-na non solo si deve astenere dal condannare, ma deve disporsi in un atteggiamento di sincera accoglienza. La persona deve essere aiutata a prendere coscienza della natura del suo problema.

L’accoglienza non signifi ca dare ragione, ma com-prendere la sofferenza dell’altro per aiutarlo a convi-vere con tale sofferenza: non esprimere giudizi e stare vicino sono disposizioni fondamentali.

L’esperienza personale carica di dolore deve sprona-re le coppie cristiane a rifl ettere sul proprio matrimo-nio, sulla propria realtà, sulle piccole e grandi incom-prensioni. Accogliersi peccatori signifi ca essere pronti a mettersi in discussione come coppie e a sapersi per-donare ogni giorno..

Il peccato più grande per una comunità cristiana è quello di sentirsi troppo a posto, troppo giusta, lascian-do il problema a chi lo vive già sulla propria pelle. La fi ne di un legame coniugale non è sempre il risultato di processi volontari e intenzionali. Il fallimento di un matrimonio è appunto un fallimento, non vince nessu-no, tutti perdono.

La comunità ecclesiale deve impegnarsi per alleviare le sofferenze di queste persone ma, essendo chiamata anche a portare vita e salvezza, deve rimanere sempre la città sul monte, la lampada sul moggio, il sale della terra e non può venir meno a questo suo compito, per-ché se la lampada si spegne, chi darà luce? E se il sale perde il suo sapore, con che cosa si salerà?

Coltorti Maria Grazia

Giovani sposi, Danilo e Marisa , si consacrano a Gesù Crocifi sso

Amici di Gesù Crocifi ssoAmici di Gesù Crocifi sso Amici di Gesù Crocifi sso

Carissimo padre, la ringrazio per la lettera d’invito e chiedo venia per non averla contattata prima. Esprimo tutta la mia felicità alla notizia che 300 fratelli sono consacrati a vita per una causa della massima impor-tanza. La chiesa cattolica sta subendo un inaudito attacco concentrico da parte di lupi rapaci ammantati da pecore, che con le sirene del relativismo etico, della modernità, del primato della ragione, stanno rendendo l’uomo schiavo di falsi bisogni indotti. L’ordine dei passionisti rappresenta nella chiesa un baluardo del-la originale fede cristiana, che si vorrebbe annegare in una religiosità banale ed effi mera e la sua vitalità è essenziale per salvaguardare l’identità cristiana dei popoli. Se tali affermazioni le fa il sottoscritto, che per lungo tempo fu traviato dai nemici della Chiesa, vuol dire che le cose stanno proprio così! Un grazie di cuo-re a lei, a tutti i passionisti, a Santa Gemma, sposa di Cristo e formidabile intercessore di tutti i peccatori, per aver disperso le tenebre che mi avvolgevano. Alessandro

Il 16 febbraio 2007, nella chiesa di San Ga-briele a Civitanova, abbiamo celebrato per la settima volta la festa della Passione, festa

della Famiglia Passionista. La messa è stata presiedu-ta da Don Giordano Trapasso, parroco di Morrovalle e concelebrata da P. Alberto e altri Passionisti, con i diaconi P. Sandro e Vito Serafi no. Diverse centinaia di Amici hanno partecipato dai vari gruppi delle Marche.

Don Giordano ci ha rivolto una bellissima omelia, partendo dall’ esortazione del Papa per la Quaresima 2007, che sembra proprio una lettera scritta agli Amici, per spiegarci il nostro programma!

Siamo invitati a guardare Cristo trafi tto in croce; è Dio stesso che mendica il nostro amore, perché con-templando il Crocifi sso, vediamo nel suo sacrifi cio l’amore di Dio per noi, non un amore platonico, ma una vera passione: Dio è innamorato follemente delle sue creature. Noi siamo invitati ad accogliere questo amore e a ridonarlo ai nostri fratelli. Amati da Gesù, scelti, chiamati ad accogliere e vivere il suo amore. Ma l’amore deve portare alla testimonianza. Dobbiamo te-stimoniare a tutti l’amore di Gesù, specialmente ai gio-vani ed essere in prima fi la per l’Agorà dei giovani, che si svolgerà a settembre a Loreto, alla presenza del Papa. Non dobbiamo solo commemorare la passione di Gesù, ma parteciparvi, come insegna S. Paolo della Croce, che parla di un intreccio di Amore doloroso e di dolore amoroso.

In questo modo anche la nostra sofferenza deve di-ventare un dono d’amore. E’ importante che l’amore sia sempre alla base di tutte le esperienze della nostra vita. Essere Amici di Gesù Crocifi sso signifi ca diven-tare missionari e testimoni dell’amore di Dio. Dobbia-mo metterci in ascolto delle nuove generazioni e testi-moniare con gioia che la croce di Gesù porta gioia e salvezza.

Al termine della Messa sono stati portati davanti al-l’altare e benedetti circa 50 Crocifi ssi, che durante la Quaresima faranno la “Peregrinatio Crucis” nelle fa-miglie di quanti vorranno accoglierli. Gesù affi da agli

Amici in ogni Quaresima una grande missione: portare il suo amore nelle famiglie.

Olga Costanzo

La gioia del Crocifi sso in casaCarissimo padre, anche quest’anno abbiamo avuto

la grazia di ricevere il Crocifi sso in casa nostra e con lui la possibilità di avere momenti di preghiera vera-mente intensi. Abbiamo meditato la quarta stazione:

Gesù incontra la Madre. La gioia e la pace che il Signo-re ci ha fatto sperimentare ci dà tanta fi ducia, anche se nel-la vita quotidiana le diffi col-tà non mancano. Ringrazio il Signore per tutte le persone che hanno potuto unirsi alla preghiera. Penso agli Amici Aggregati e a quanto sareb-be bello anche per loro spe-rimentare in famiglia e con i vicini a ritrovarsi in preghie-ra davanti al loro crocifi sso, per muovere insieme i primi passi insieme nella spirituali-tà passionista.

Letizia Garbuglia

Alzare gli occhi al Crocifi sso per attingere forza e amore

Meditando la Passione di Gesù comprendo le paro-le di san Paolo della Croce: “Nel mare della Passio-ne di Gesù pescherete le gioie delle sante virtù..”. Come sono vere queste parole! Così durante la vita, quando sentirò l’aridità nell’anima dovuta al peso del-la mia croce, alzerò gli occhi al Crocifi sso e lì troverò l’acqua viva che trasformerà l’arsura della mia anima; quando mi sentirò sola e abbandonata da tutti, alzerò gli occhi a Gesù abbandonato dagli Apostoli durante la sua Passione e la mia solitudine si trasformerà in dolce compagnia divina; quando la croce mi farà sperimen-tare paura ed angoscia, mediterò Gesù agonizzante che suda sangue nell’orto degli Ulivi e lì troverò la forza per dire al Padre “Sia fatta la Tua volontà”; quando non riuscirò a perdonare coloro che mi fanno del male, mi soffermerò sulle parole di perdono di Gesù sulla Croce e troverò la forza per essere apostolo del perdono fra-terno anche nel dolore della croce; quando mi sembre-rà di essere abbandonata anche da Dio, mediterò l’ab-bandono che Gesù stesso ha voluto sperimentare sulla Croce, quando ha detto “Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbando nato?”. Tutte le volte che il peso della cro-ce mi sembrerà troppo grande, alzerò gli occhi al Cro-cifi sso e vi attingerò forza e amore.

Rita Mancini

FESTA DELLA PASSIONE

Carissimi Amici, il 23 novembre 1997, dieci anni fa, 107 “Amici”, dopo una lunga prepara-zione, fecero la prima consacrazione solen-

ne a Gesù Crocifi sso presso il convento passionista di Morrovalle. Da allora, le consacrazioni si sono ri-petute ogni anno in quasi tutte le Fraternità del nostro movimento.

Il Consiglio Esecutivo degli Amici ha deciso di ri-cordare e festeggiare questi primi 10 anni di consacra-zioni, con una giornata di spiritualità, il prossimo 20 maggio presso il santuario di S. Gabrie-le. L’avvenimento sarà signifi cativo per tutti, ma in modo particolare, per i 310 “Amici” che hanno già fatto la consa-crazione perpetua, compresi i 31 che parteciperanno alla festa dal paradiso.

Tutti gli Amici di Gesù Crocifi s-so sono invitati a partecipare a questa grande giornata per ringraziare il Si-gnore del cammino che ci ha fatto fare in pochi anni, per festeggiare i consa-crati perpetui, per implorare l’aiuto del Signore sul nostro movimento. Sarà una giornata intensa e piena di gioia.

Ho una raccolta di molte testimonian-ze commoventi di coloro che hanno fat-to la consacrazione in questi 10 anni. Spesso, nel leggerle, mi sono commos-so profondamente e ho ringraziato il Signore che ha voluto fecondare in un modo straordinario il piccolo seme che ha rinnovato e cambiato tanti cuori.

Riporto due testimonianze, per farvi partecipi della mia gioia.

“Il mio cuore vorrebbe dire tante cose, far parte-cipi tutti delle meraviglie che il buon Dio ha compiu-to e compie ogni giorno nella mia vita… Una cosa è certa, che dall’aprile del 1991, quando conobbi il mo-vimento, prima con la pagellina d’iscrizione, poi con gli incontri mensili e gli esercizi spirituali, ho accet-tato le varie vicende dolorose della mia vita, veden-do nella croce un mezzo di purifi cazione, accettando-la con pace, abbandonandomi all’AMORE, lodando il Signore per avermi chiamata ad essere sua amica, per vivere le mie piccole sofferenze con Lui, per Lui, con Lui. Diversamente dove avrei attinto forza per conti-

nuare a sperare, a credere fermamente che la croce è un dono, una ricchezza, per guardare, oltre il Calvario, la gloria della risurrezione?… Signo-re Gesù, voglio donarmi totalmente a Te e vivere da tua vera amica crocifi ssa. Gesù, ti amo e voglio amarti ogni giorno più, con forza e fedeltà”.

“Non ho aderito a un gruppo, ma a una Persona concreta, che è l’Amore donato gratuitamente. Il pri-mo sentimento che provo è una grande gratitudine, per il dono che mi è stato fatto di partecipare, in modo più

diretto, alla Passione di Gesù. Ringra-zio Gesù perché, meditando, ho co-minciato a capire che il Crocifi sso è un Vivo che chiama e propone di fare ciò che Lui ha fatto come Buon Samarita-no. Contemplando il Crocifi sso, sento il bisogno di amare di più i miei fra-telli”.

Facciamo nostri questi sentimenti e prepariamoci al grande giorno con gioia e con tanto amore.

Invito tutti i consacrati, specialmente perpetui, a dare lode al Signore invian-do una testimonianza sul cammino fatto con la consacrazione. Saranno raccolte tutte in un fascicolo che sarà poi donato a tutti. Per poter preparare tutto in tempo, le testimonianze mi do-vranno arrivare entro la fi ne di aprile.

Spero che ogni vero Amico farà del tutto per non mancare alla più grande e bella manifestazione del nostro mo-

vimento. Tutte le Fraternità saranno presenti alla gran-de festa: invitate anche familiari e conoscenti. Il pran-zo sarà comunitario, prenotato per tutti presso un dit-ta specializzata. Per questo è indispensabile avere dai coordinatori l’elenco preciso dei partecipanti entro il 30 aprile.

Approfi tto dell’occasione per ringraziare tutti degli auguri di Buona Pasqua, assicurandovi che prego per voi ogni giorno e molto più l’ho fatto nei giorni sacri del tempo pasquale.

Un abbraccio a ciascuno e a tutti e tante benedizioni a voi e alle vostre famiglie.

P. Alberto Pierangioli

DIECI ANNI DI CONSACRAZIONI

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Amici di Gesù Crocifi sso

nuare a sperare, a credere fermamente che la croce è un dono, una ricchezza, per guardare,

Don Giordano presiede la festa della Passione

Teresa riceve il Crocifi sso a Fossacesia

Tina si consacra a Gesù Crocifi sso

Amici di Gesù Crocifi ssoAmici di Gesù Crocifi sso Amici di Gesù Crocifi sso

Il 25 di marzo abbiamo avuto le prime consacrazioni del 2007 nella Fraternità di Fossacesia

CH: 3 nuovi consacrati, 3 rinnovi e una consacrazione perpetua. È stata una gior-nata di grande spiritualità e di grande co-munione, iniziata il 24 pomeriggio con incontri personali con il P. Alberto ve-nuto appositamente e poi dopo cena, con l’incontro del padre con i consacrandi, per approfondire la propria scelta e pre-parare la grande giornata di consacrazio-ni. La mattina del 25, dopo la preghiera delle lodi, c’è stata una grande catechesi del P. Alberto sul signifi cato della consa-crazione a Gesù Crocifi sso, seguita dalle confessioni e dal pranzo comunitario. Nel pomeriggio, dopo l’ora di adorazione, c’è stata la messa solenne con la consacrazioni. È seguito un momento di festa e di fraternità. Ringraziamo il Signore per questi giorni di grazia che continua a donarci.

Cronista

Voci da FossacesiaDa tempo ero alla ricerca di un cammino di fede, che

mi aiutasse a crescere nella vita cristiana, e arrivare a consacrare al Signore la mia vita di mamma. In un so-gno misterioso sentii per due notti ripetere: “San Paolo della Croce”. Ne parlai con il mio parroco, che mi dis-se di rivolgermi ai passionisti di S. Giovanni in Vene-re. Qui mi parlarono degli Amici di Gesù Crocifi sso e potei iniziare il cammino desiderato, che mi ha portato a consacrarmi a Gesù Crocifi sso. Il mio cuore traboc-ca di gioia, di amore e di gratitudine al Signore. So che non ameremo mai abbastanza il Signore e che non saremo mai come Lui ci vuole. Inginocchiata davanti all’altare, ho detto al Signore: “O Gesù, voglio consa-crarmi a te, accetta questa tua fi glia e plasmala come desideri. Fa che io ti possa amare e ti faccia amare”.

Tina

Il 25 marzo rinnoveremo la consacrazione a Gesù Crocifi sso. Ringraziamo il Signore che ha fatto nasce-re questa comunità. Ci troviamo molto bene con gli Amici di Gesù Crocifi sso, riusciamo ad approfondire la nostra fede; le riunioni che facciamo ci danno gioia e fi ducia. Quando stiamo davanti al Signore, ricono-sciamo meglio i nostri sbagli e sentiamo il bisogno di rimediarvi, il nostro cuore si apre di più verso coloro che soffrono e verso i poveri. Ringraziamo la comunità passionista che ci dà la forza di amare tutti, anche chi non ci ama. Ringraziamo il Signore che ci ha concesso di fare parte della Famiglia Passionista.

Francesco e Graziella

Il 25 marzo è stato per me un grande giorno. Seguo il gruppo degli Amici da cinque anni e la mia fede è cresciuta molto. All’inizio mi sembrava di non farcela, invece, strada facendo, sentivo che Gesù mi stava sem-

pre vicino, per sostenermi e proteggermi, insieme alla mia famiglia, ai miei tre fi gli sposati e sette bellissimi nipoti, che ho affi dati al Signore.

Teresa

Caro padre, sono stata molto contenta di aver fatto la mia consacrazione a Gesù Crocifi sso. Gesù ha messo nel mio cuore una grande desiderio di aiutare i fratel-li e sorelle che hanno bisogno e di aiutare nella fede i miei familiari, perché aprano il loro cuore all’amore di Gesù Crocifi sso.

Esterina

Finalmente è arrivato anche per me il grande giorno della consacrazione. Sono felicissima ed emozionata. Chiedo a Gesù che mi dia la forza a la volontà di an-dare avanti e che diventi sempre più forte l’amore per Lui e per il prossimo. Il Signore mi aiuti a rimanere sempre lucida e decisa, per proseguire questo cammi-no di santità.

Rina

Consacrazione consapevoleGrazie, padre Alberto, per la lettera ricevuta; io e

Luigi pensiamo di fare la consacrazione più avanti, per avere più tempo per rifl ettere e per vivere i momen-ti forti, come la Pasqua, in maniera diversa di come lo è stato per tanti anni, per assaporare fi no in fondo la grazia che noi stiamo ricevendo e così prepararci con più responsabilità alla consacrazione perpetua che vorremmo fare ad agosto. Ascoltando tutte le catechesi abbiamo capito che in fondo quando ci siamo sposati non eravamo così responsabili, perché non conosceva-mo bene i vincoli e le responsabilità di un matrimonio cristiano. Ora che il Signore ci ha chiamati a fare que-sto cammino di fede e una seria promessa di amore, cerchiamo di rifl etterci il più possibile, per migliorarci ogni giorno più con il nostro impegno e con la preghie-ra. Un ringraziamento a te, padre, e a tutti gli amici di Gesù Crocifi sso. Comunque il 20 maggio a San Ga-briele noi ci saremo .

Pina e Luigi

CONSACRAZIONI A FOSSACESIA VITA DI FAMIGLIA

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Amici di Gesù Crocifi sso

Il nostro an-gelo, Stefa-no Dichiara,

disabile di anni 14, di Porto S. Elpidio, ha subi-to un intervento diffi cile alla co-lonna vertebrale in una clinica di Milano. Ora che si sta riprenden-do, ci ha manda-to questa testi-monianza com-movente, rac-colta e trascritta dalla sua mamma Daniela. Lo ringraziamo e gli vo-gliamo tanto bene. P. A.

Il canto misterioso nella camera intensiva

Carissimi P. Alberto e Amici di Gesù Crocifi sso, mi scuso se non mi sono fatto sentire prima, ma purtroppo le conseguenze del diffi cile intervento non mi hanno dato la tranquillità per ringraziare tutti voi per quello che avete fatto per me. Ho vissuto un momento diffi cile della mia vita: ho sentito il dolore dei chiodi confi ccati nella mia testa e nella colonna vertebrale; per qualche giorno mi è sembrato che mi avessero spezzato tutte le ossa. Ma ho sentito anche la forza di tutte le vostre pre-ghiere. Posso confermarvi che ho sentito la presenza viva di Gesù che era accanto a me ed è rimasto vicino a me in tutto il tempo che sono rimasto in camera inten-siva, mentre sentivo continuamente il canto: “Alza gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto”. In un primo momento quel canto ha destato in me preoccu-pazione, perché nella mia parrocchia viene cantato per i funerali; allora dissi a mio padre: “Papà, sono mor-to?”. Poi dissi a mia madre: “Mamma, dì ai dottori di fare togliere quel canto”, perché pensavo che fosse una cassetta. Ma non era una cassetta. Allora veramente compresi che Gesù stava lì con me e mi teneva in brac-cio. Tutto questo grazie alle vostre preghiere. Grazie! grazie! Grazie! Siete sempre nel mio cuore e nelle mie piccole preghiere. Un forte abbraccio a tutti.

Dichiara Stefano

“Andate e fate memoria di me”È stato questo il tema del ritiro del 25 febbraio, gior-

no in cui la nostra Fraternità della Madonna della Stel-la PG ha celebrato la festa di S. Gabriele. Nel ricor-do del santo, veniva riproposto a noi Amici di Gesù Crocifi sso l’impegno d’amore a Colui che ci ha amato “fi no alla fi ne”.

Amare e far amare Gesù Crocifi sso non fu forse il voto di S. Gabriele, mentre contemplava la Passione di Gesù nel cuore addolorato di Maria?.

P. Fernando Taccone, animatore del nostro ritiro, ini-ziava la sua catechesi con le parole di Gesù:”Fate que-sto in memoria di me”. Un invito stimolante a con-formarci a Cristo nel dono totale di noi stessi, quale offerta d’amore. Una conformazione che esige una consegna:”Andate in tutto il mondo ed annunciate il mio Vangelo ad ogni creatura”. È il compito missio-nario, che, come discepoli del Crocifi sso, ci veniva ri-cordato di promuovere la memoria della Passione con la vita e con la parola. Il mondo ha bisogno d’amore e il dono più grande che possiamo offrire è “la consegna gioiosa di Gesù amore.”

L’amore cristiano, però, non si improvvisa; è un eser-cizio costante di preghiera, di meditazione, di quoti-dianità vissuta all’ombra del Tabernacolo. Allora l’Eu-caristia diventare il centro della vita di ogni cristiano, specialmente del passionista. Occorre essere una co-munità eucaristica e quindi missionaria.

È stata una esortazione che ci ha portato a fare me-moria della vita di S. Gabriele, il giovane santo del sor-riso, che amava ripetere:”la mia vita è un continuo go-dere”. Con queste parole il santo vuole dirci che anche nella diffi coltà di imitare Cristo, si prova tanta gioia nell’abbandonarci, da fi gli, al suo infi nito amore. Un messaggio che ha permeato di tanta fi ducia e letizia la nostra giornata, vissuta insieme ai padri passionisti, che gentilmente e fraternamente ci hanno voluto ospiti a pranzo. È stata una esperienza gratifi cante, che ci ha fatto esclamare:” Che bella famiglia!”.

La giornata si è conclusa la sera con la celebrazione della Santa Messa nel santuario insieme ai parrocchia-ni, ai catechisti e ai bambini, che hanno festeggiato S. Gabriele, esponendo anche i loro disegni e scritti sulla vita del santo. È stato, ancora una volta, un concreto esempio di una bella famiglia cristiana.

Margherita Padovani

Gentile Padre Alberto, mi chiamo Lucia e vivo a Roma. Oggi mi sono imbattuta in un fi le, sca-ricato qualche settimana addietro da un sito cattolico, che parla del vostro gruppo. Sono ri-masta colpita, a cominciare dal nome del grup-po e dal tipo di preghiera; per questo le chiedo cortesemente, se possibile, di avere informa-zioni più dettagliate sul gruppo. Vorrei anche informazioni sul libro di meditazioni: “Voi sie-te miei amici”. La ringrazio fi n d’ora per la sua risposta.

Lucia Papa

Consacrazioni a FossacesiaStefano festeggiato di Piccoli Amici

Amici di Gesù Crocifi ssoAmici di Gesù Crocifi sso Amici di Gesù Crocifi sso

Il mio rapporto con il Crocifi sso

Caro padre, desidero parlarti del mio rapporto pro-fondo con Gesù Crocifi sso. Quando ero in servizio mi-litare, dove ho svolto attività pericolose (paracaduti-smo, alpinismo, sci) nei momenti di maggiore diffi col-tà ricorrevo sempre a Gesù Crocifi sso.

Una volta, mentre frequentavo un corso per Istruttori di alpinismo e compivo la scalata alla via direttissima del monte Bernina (4050 metri), una parete di ghiaccio di oltre 850 metri, per l’immane fatica cominciarono a venirmi meno le forze; ero proprio disperato, quando, in un momento di sosta, mettendo la mano nella tasca della giubba a vento per cercare un pezzo di cioccolata o una zolletta di zucchero, ho toccato il Crocifi sso del-la collanina che portavo al collo; l’ho stretto con for-za e ho detto: “Signore, sono in diffi coltà, Tu solo mi puoi aiutare”! Appena rivolta questa supplica, mi sono sentito come rinascere, da non sentire più né stanchez-za, né fame. Ho portato a termi-ne l’ascensione ricevendo anche i complimenti del direttore del corso.

Durante i campi invernali, che si svolgevano sempre al di sopra dei 2000 metri, nei giorni di sosta arrivava il Cappellano per celebrare la messa al campo, ed io, quale Comandante della squadra Esploratori, ero in-caricato della costruzione dell’Altare. Lo realizzava-mo con blocchi di neve preparati la sera precedente e bagnati con acqua perché durante la notte con tempe-rature al di sotto dei 20° si raffermassero; al mattino successivo bastava metterli uno sull’altro come bloc-chi di cemento. Particolare cura era dedicata alla rea-lizzazione della Croce. Adoperavamo due pezzi di ta-vola inchiodati che venivano ricoperti di neve bagnata e battuta, come i blocchi per l’Altare.

Quando vedevo un Crocifi sso all’aperto - nei sentieri di montagna dell’Alto Adige se ne incontrano di fre-quente - rivolgevo un pensiero di supplica e di ringra-ziamento a Gesù che mi ha sempre sostenuto.

Un momento prima di ogni lancio con paracadute, appoggiavo la mano sul Crocifi sso che ho sempre por-tato al collo, col risultato che... sono ancora qui!.

Leggendo però a pagina 89 del libro “Voi siete miei Amici”, scopro che forse mi identifi co con chi ha se-guito Gesù per interesse e faccio questa considerazio-ne: “Se Gesù per me è solo un Dio lontano, al quale mi rivolgo solo per risolvere i miei problemi, non farò molto cammino con Lui. Alla prima delusione lo sven-derò, anche per meno di trenta denari”, peggio di Giu-da, che almeno trenta li ha avuti!

Ora da pensionato, sono segretario della mia parroc-chia, vado a messa tutti i giorni, partecipo all’Adora-zione Eucaristica, alle funzioni della comunità; ma non vorrei fare questo per abitudine, ma vorrei farlo con tanta fede e tanto amore. Aiutami a diventare davvero un buon Cristiano, un vero Amico di Gesù Crocifi sso.

Franco

La mia testimonianzaRingrazio per la lettera del Papa che ci ha inviata. La

mia rifl essione sul testimoniare Gesù Crocifi sso consi-ste nel mettermi in ginocchio davanti a Lui e chiedere la forza di guardare prima dentro di me, per capire la mia croce, abbracciarla e tenerla stretta perchè essa è

la testimonian-za dell’amo-re di Dio per me. Molte vol-te mi trovo in grande diffi col-tà e come se il male cercasse di prendermi, con i problemi, i contrasti con-tinui, l’ateismo che domina nei posti di lavoro. Ogni tanto chie-

do a Gesù: “Dove sei”? Ma Lui è dentro di me con la sua croce e il suo amore misericordioso. Purtroppo nel mondo vuoto, Gesù è spesso solo un nome: pensa che una maestra mia collega ha paragonato la quaresima al ramadam! Cerco di testimoniare che Gesù Crocifi sso è la sola via che può condurci al Padre e alla salvezza.

Mariangela

La catechesi: una manna discesa dal cielo

Carissimo padre, desidero ringraziarti per la cateche-si di questa sera che per me è stata come una manna discesa dal cielo. Ho trovato nelle tue parole le rispo-ste a tante domande che da tempo affollavano la mia mente; ho compreso il valore di tanti momenti vissuti nella mia vita, come fi glia, come moglie, come madre, come amica. La mia esagerata emotività mi ha cau-sato non poche sofferenze, perchè ho sempre vissuto ogni attimo della mia vita con grande passione; que-sto mi ha provocato una particolare sensibilità verso Gesù crocifi sso e verso i crocifi ssi, specialmente quelli più indifesi. Tutta la mia vita è stata un susseguirsi di morti e risurrezioni, ma non ne ho mai avuto coscien-za “piena”. Solo oggi comincio a capirci qualcosa e ringrazio Dio per la sua infi nita pazienza, delicatezza

TESTIMONIANZE

e misericordia nei miei confronti. Grazie, perchè ci aiuti a capire l’amore di Gesù e di Maria, Madre della Speranza.

Letizia.

I ritiri mensili: un lavaggio spirituale

Partecipo ai ritiri mensili a Morrovalle con entusiasmo: è come un lavaggio spirituale da tutte le distrazioni e incer-tezze del mio vivere cristiano e quando ne esco è come se ne fossi rigenerata; entu-siasta e piena di fede, il mio spirito pare che voli. Mi sento più vicina a Dio e mi pare di averlo tanto con-creto d’avere la forza di “evangelizzare”. Una gioia radiosa, intima, fortifi cata e coraggiosa mi portereb-be a gridare forte e con gioia “io sono cristiana”, “io sto dalla parte di Gesù”. Quando ascolto l’argomento dell’incontro mensile, io lo faccio mio e partecipo al-l’ascolto come se tu parlassi solo a me; dentro di me lo rielaboro, per cui gli interventi che faccio per me sono solamente un dialogo con te.

Maria Vittoria

Il grande dono della fedeGrazie agli Amici di Gesù Crocifi sso ho imparato a

pregare. La mia preghiera è il dono totale della mia vita a Dio, fi ducia piena in Lui, e abbandono totale alla sua volontà. In questi ultimi tempi la mia vita non è stata facile, ma grazie al dono che il mio Signore mi ha fatto, ho potuto e posso andare avanti. Il grande dono di Dio è stata la “fede”. Cosa sarebbe stata la mia vita senza la fede? La fede per me è la luce che mi permet-te di vedere Dio, mio amore e Signore, anche nei mo-menti più bui e diffi cili della mia vita. È la forza che mi permette di andare avanti, è la mia speranza, è la certezza che Lui è sempre con me, giorno e notte. In questi giorni il mio dolore si fa sentire più forte, e con le lacrime agli occhi ringrazio il mio Signore Gesù Cri-sto che mi consola sempre”.

Lidia

Vita illuminata da una grande fede

Penso al sacerdote, ogni volta che ricevo Gesù nel-l’Eucaristia; per me il sacerdote ha un signifi cato im-portante, sia per il suo ministero nella Chiesa di Dio, sia per i carismi particolari ricevuti da Dio. Il sacerdote è un testimone più vicino a Gesù, in lui si sente la pre-senza viva di Gesù. Sarebbe importante approfondire

con qualche catechesi l’importanza della vita consacrata a Dio, il signifi cato del sacerdozio, che tanti dicono purtroppo “una vita sprecata”.

Dopo prove forti nella mia famiglia, ho scoperto il signifi cato del dono della vita c o n s a c r a t a : sentirsi dono di Dio, sentirsi amata da Qual-cuno, che ci è sempre accan-to, non sentir-si mai soli, la consapevolez-za di affrontare

qualsiasi prova, senza aver paura di amare anche chi non ci ama, vivere ogni attimo alla presenza del Signo-re, che ci conduce alla pace, alla sicurezza e ci dona luce e forza nei momenti più duri. Dimorare in Dio. La preghiera mi aiuta a non dimenticarmi di Dio. La di-menticanza è il peccato più grande. Iniziare e termina-re la giornata senza ricordarci che c’è una “Presenza” continua nella nostra vita, una Presenza che ci fa bat-tere il cuore, che dà gusto alle cose di ogni giorno, che ci fa vedere con occhi diversi la solita giornata, una Presenza che dà senso alla nostra vita, ai nostri perché, vivere con Lui, per Lui, in Lui.

Sono sicura che il Signore vuole da me qualche mis-sione importante; Lui mi è vicino; nella sofferenza mi appoggio di più a Lui. Ho il libro della “Imitazione di Cristo”, che mi incoraggia, dicendomi di mettermi al di sotto di tutti, in umile obbedienza, sull’esempio di Gesù, perché chi si sottrae all’obbedienza, si sottrae anche alla grazia: Abbiamo dei talenti da fruttifi care, Voglio capire e fare la volontà del Signore. La mia vita ha una meta da raggiungere. La santità. Non importa a che età si muore, ma come si muore.

Mamma di 4 fi gli

Il libro “Voi siete miei Amici”Nelle bellissime meditazioni sulla Passione, dal libro

“Voi siete miei Amici”, io e la mia famiglia troviamo la forza per essere sempre più vicini a Gesù che ha sof-ferto tanto per noi e a Maria che ha detto il suo sì fi dan-dosi pienamente del progetto del Signore. Non nascon-do che spesso la preghiera ha il suo peso, le sue distra-zioni a causa delle mille preoccupazioni che affollano la mente. Ma ora, grazie alle meditazioni e preghiere, il nostro rapporto con Gesù e Maria ha acquistato un signifi cato più forte. Tant’è vero che ogni volta ci com-moviamo. Manifesto questi sentimenti, perché non rie-sco a contenere la mia grande gioia. Ho passato l’im-magine di Gesù Crocifi sso con la Promessa di Amore e il programma degli Amici a persone mie conoscenti, così, se vorranno aderire, sapranno come fare.

Anna Carotenuto14 15

Amici di Gesù Crocifi sso

con qualche catechesi l’importanza della vita consacrata a Dio, il signifi cato del sacerdozio,

Capitolo Provinciale

Mariannina festeggia il compleanno con il gruppo di Macerata

Amici di Gesù Crocifi ssoAmici di Gesù Crocifi sso

Nuovo Consiglio Provinciale, eletto il 9 marzo 2007:

Da sinistra: P. Piergiorgio Bartoli, provinciale, P. Natale Panetta, responsabile per la vita comunitaria; P. Ottaviano d’Egidio, superiore generale; P. Daniele Pierangioli, responsabile per le vocazioni e studi; P. Vincenzo Fabri, responsabile per l’economia, P. Aurelio D’Intino responsabile per l’apostolato

Gli Amici di Gesù Crocifi sso augurano buon lavoro al P. Provinciale e suo Consiglio.

Maggio - Giugno 2007 – Anno VIII n. 3Autor. Trib. di MC n. 438\99 del 17-12-1999Sped. Ab. Post. D.353/2003 (L. 27/02/2004 n. 46)Art. 1, Comma 2, DCB MacerataEditoriale ECO srl - C. c. p. 11558624Dir. Tonino Taccone – Redazione: P. A. Giuseppe PierangioliPiazzale S. Gabriele 2 – 62010 Morrovalle McT. 0733/221273 - C. 349.8057073 - Fax 0733/222394http://www.amicidigc.it E-mail [email protected]

Un grazie sincero a coloro che hanno inviato offerte per le spese di stampa

20 maggio: tutti gli Amici a S. Gabriele per la grande festa dei consacrati

08,30: Arrivo e accoglienza 09,00: Presentazione dei gruppi e dei consacrati perpetui.09,30: Lodi, rifl essione dell’Assistente spirituale e preghiera. 10,30: Catechesi del P. Luciano Temperilli passionista sul signifi cato della consacrazione. 12,00: Solenne concelebrazione in Basilica, presieduta dal P. Provinciale, P. Piergiorgio Bartoli.13,00: Foto ricordo e pranzo comunitario. Pomeriggio di festa insieme.17,00: Vespro, lettura di alcune testimonianze, rinnovo della consacrazione.18,00: Saluti e partenze.

Ricordiamo al Signore i nostri defunti: Fiecconi Giovanni di Macerata, 25/03/07; Cacciavillani Dora di Fossacesia CH, 20/03/07; Odoardi Grazietta di Pescosansonesco, 16/04/07.

Calendario Amici 06 maggio: Ritiro mensile Morrovalle 10-12 maggio: Ritiro e consacrazioni a Roccaraso16 maggio: S. Gemma Galgani, patrona del MLP (Loreto)20 maggio: Giornata dei Consacrati perpetui al Santuario di San Gabriele10 giugno: Ritiro mensile a Morrovalle