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D a sempre gli astronomi hanno sperato di poter guardare il cielo senza essere disturbati dall’atmosfera terrestre, che, anche in assenza di nuvole, lascia pas- sare solo un piccolo intervallo di lunghezze d’onda e anche questo lo distor- ce con le sue turbolenze. Tuttavia hanno dovuto attendere l’inizio degli anni ’90 del secolo scorso per poter utilizzare al fuori dell’atmosfera un telescopio che po- tesse stare alla pari con i migliori telescopi a terra. Era infatti il 24 aprile 1990 quando lo shuttle Discovery ha portato in orbita attorno alla terra il telescopio spaziale Hub- ble (HST), nell’ambito di una collaborazione scientifica fra NASA ed ESA, le agenzie spaziali americana ed europea. Il giorno dopo HST veniva portato fuori dalla sti- va dello shuttle e lasciato nella sua orbita a 600 km di altezza dove è rimasto per 20 anni. In questo periodo ha fornito risultati strabilianti che hanno rivoluzionato mol- ti aspetti della nostra conoscenza del- l’Universo. In queste pagine passerò in ras- segna i più importanti di questi risultati, cercando di spiegarli anche ai non addet- ti ai lavori. Con il suo specchio principale del diame- tro di 2,4 metri HST non è un telescopio particolarmente grande, se confrontato con i più grandi telescopi a terra, i cui spec- chi hanno ormai diametri di 10 metri e sono attualmente allo studio telescopi da 30 metri. Tuttavia la possibilità di opera- re fuori dall’atmosfera lo rende uno stru- mento ancora molto competitivo in grado di compiere osservazioni che sono im- possibili da terra. E’ stupefacente anche per gli addetti ai lavori che HST sia così lon- gevo, perché in un campo altamente tec- nologico e all’avanguardia come quello dei satelliti artificiali gli strumenti invecchia- no presto e devono essere sostituiti dopo solo pochi anni di attività nello spazio. Il motivo della straordinaria longevità di 44 HUBBLE COMPIE 20 ANNI IL TELESCOPIO IN ORBITA È PIÙ CHE “MAGGIORENNE” MA CONTINUA AD ESSERE UNO STRUMENTO DI PUNTA PER GLI ASTRONOMI. di Sperello di Serego Alighieri Il telescopio spaziale Hubble nella sua orbita a 600 km di altezza.

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Da sempre gli astronomi hanno sperato di poter guardare il cielo senza esseredisturbati dall’atmosfera terrestre, che, anche in assenza di nuvole, lascia pas-sare solo un piccolo intervallo di lunghezze d’onda e anche questo lo distor-ce con le sue turbolenze. Tuttavia hanno dovuto attendere l’inizio degli anni

’90 del secolo scorso per poter utilizzare al fuori dell’atmosfera un telescopio che po-tesse stare alla pari con i migliori telescopi a terra. Era infatti il 24 aprile 1990 quandolo shuttle Discovery ha portato in orbita attorno alla terra il telescopio spaziale Hub-ble (HST), nell’ambito di una collaborazione scientifica fra NASA ed ESA, le agenziespaziali americana ed europea. Il giornodopo HST veniva portato fuori dalla sti-va dello shuttle e lasciato nella sua orbitaa 600 km di altezza dove è rimasto per 20anni. In questo periodo ha fornito risultatistrabilianti che hanno rivoluzionato mol-ti aspetti della nostra conoscenza del-l’Universo. In queste pagine passerò in ras-segna i più importanti di questi risultati,cercando di spiegarli anche ai non addet-ti ai lavori.Con il suo specchio principale del diame-tro di 2,4 metri HST non è un telescopioparticolarmente grande, se confrontatocon i più grandi telescopi a terra, i cui spec-chi hanno ormai diametri di 10 metri esono attualmente allo studio telescopi da30 metri. Tuttavia la possibilità di opera-re fuori dall’atmosfera lo rende uno stru-mento ancora molto competitivo in gradodi compiere osservazioni che sono im-possibili da terra. E’ stupefacente anche pergli addetti ai lavori che HST sia così lon-gevo, perché in un campo altamente tec-nologico e all’avanguardia come quello deisatelliti artificiali gli strumenti invecchia-no presto e devono essere sostituiti doposolo pochi anni di attività nello spazio. Ilmotivo della straordinaria longevità di

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HUBBLE COMPIE 20 ANNI

IL TELESCOPIO IN ORBITA È PIÙ CHE

“MAGGIORENNE”MA CONTINUA

AD ESSERE UNOSTRUMENTO

DI PUNTA PER GLI ASTRONOMI.

di Sperello di Serego Alighieri

Il telescopio spazialeHubble nella sua orbita a600 km di altezza.

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IL TELESCOPIO HUBBLE COMPIE 20 ANNI

scala di distanze di tutti i corpi celesti e di stabilire che l’età dell’Universo è dicirca 14 miliardi di anni.

IL DESTINO DELL’ESPANSIONE E L’ENERGIA OSCURAUn altro dilemma che da tempo faceva arrovellare gli astronomi era il desti-no dell’espansione dell’Universo: sarebbe durata per sempre o si sarebbe adun certo momento arrestata per dar luogo ad una contrazione e quindi forse

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HST sta nel fatto che è stato concepito per essereperiodicamente rinnovato e riparato, se e quan-do necessario, grazie alle costose missioni del-lo Space Shuttle americano. In effetti nessuno dei5 strumenti di piano focale del telescopio, cioèquegli apparecchi che trasformano la luce rac-colta dallo specchio primario in dati utilizzabilidagli astronomi, è più lo stesso che 20 anni fa:sono stati tutti sostituiti da strumenti più mo-derni e performanti. Inoltre molte sono state leriparazioni eseguite su altre parti di HST durantesuccessivi voli dello Shuttle, a partire dal primo,che nel dicembre del 1993 ha consentito di por-re rimedio ad un grave difetto di nascita di HST,cioè ad un errore nella curvatura del suo spec-chio primario. Certo lo Space Shuttle come vet-tore di satelliti in orbita non è economicamen-te competitivo con i razzi automatici e per viadella necessità di avere l’uomo a bordo è costatola vita di diversi astronauti; tuttavia, se le ri-parazioni effettuate dallo Shuttle non ci fosse-ro state, HST sarebbe morto da tempo, anzi nonavrebbe nemmeno mai cominciato a funziona-re a dovere. Esaminiamo adesso i principali suc-cessi scientifici di HST in questi suoi primi 20anni di vita.

LA SCALA DI DISTANZE E L’ETÀDELL’UNIVERSODa più di mezzo secolo sappiamo che l’Universosi espande in seguito alla grande esplosione ini-ziale, il cosiddetto Big Bang. Il risultato di que-sta espansione è duplice: da un lato la velocitàcon cui un corpo celeste si allontana da noi è pro-porzionale alla sua distanza (più un corpo ce-leste è lontano, maggiore è la sua velocità di al-lontanamento), e questo consente di misurarela sua distanza conoscendone la velocità di al-lontanamento e la costante di espansione (H0),cioè la velocità di espansione per unità di di-stanza; dall’altro lato dalla costante di espan-sione si può ricavare l’età dell’Universo, risa-lendo indietro fino al Big Bang, quando tutti icorpi erano concentrati in un punto. Tuttavia perdecenni gli astronomi hanno litigato sul valoredi H0: c’era chi era convinto che avesse un cer-to valore (50 km/s/Mpc) e chi invece credevache valesse il doppio, un’incertezza non da poco.Finalmente HST, osservando stelle Cefeidi (stel-le variabili, il cui periodo di variazione cambiacon la luminosità) in un gran numero di galas-sie, ne ha determinato la distanza e ha fissato perH0 il valore di 71 km/s/Mpc con gran preci-sione (a lato). Questo ha consentito di fissare la

STRUMENTI A BORDODI HST

ACScamera a grande campo ed alta risoluzione nell’ottico

e ultravioletto.

COSspettrografo nell’ultravioletto.

FGSsensori per la guida di HST e per astrometria.

NICMOScamera e spettrografonell’infrarosso.

STIScamera e spettrografo nel visibile e ultravioletto.

WFC3camera a grande campo nell’ottico e infrarosso.

Sopra, HST guarda attraverso una lente gravitazionale: i globi gialli sono galassie di un ammasso, la cui gravità distorce le immagini di galassie di fondo molto piùlontane, deformandole in archi di luce, visibili ai bordi della foto.

Stelle variabili Cefeidi nella galassia NGC 3021 (nei cerchi verdi): la loro luminosità si può determinare dal periodo di variazione della luce. Quindi sono utili indicatori di distanza nelle galassie vicine e servono per calibrare le distanze delle supernove, che possono poi essere usate nelle galassie più lontane.

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ad un Universo ciclico con tanti Big Bang successivi? Sembra-va infatti ovvio che l’espansione dovesse comunque rallenta-re, perché contrastata dall’attrazione gravitazionale che lega tut-ti i corpi. Invece HST ha stupito tutti dimostrando non solo chel’espansione dell’Universo non si arresterà mai, ma addirittu-ra che sta accelerando. Per farlo ha dovuto misurare in manie-ra molto precisa la distanza di tante galassie lontane, utilizzandole supernove. Le supernove sono stelle, che, arrivate alla fasefinale della loro vita esplodono emettendo grandi quantità diluce e rendendosi così visibili a grandissime distanze. Gli astro-nomi hanno stabilito da tempo che la luce emessa da un parti-colare tipo di supernove, riconoscibili dalla durata della loroesplosione, è sempre la stessa: quindi misurandone la lumino-sità apparente si può determinarne la distanza. Per far questocon grande precisione in galassie molto lontane è stata neces-saria la nitidezza delle immagini di HST, non disturbate dal-l’atmosfera terrestre. E’ risultato che queste galassie sono ad una

distanza superiore a quel-la che si ricava dalla lorovelocità di allontana-mento, se si suppone chel’espansione sia costan-te. Quindi l’espansionedeve accelerare, contra-riamente ad ogni ovviaprevisione. Deve insom-ma esistere qualche cosache riesce a contrastarel’attrazione gravitaziona-le. Non si sa esattamentecosa sia, ma deve essereuna forma di energia, det-ta quindi energia oscura, che domina sulla gravità. Questo è uncambiamento notevole del nostro modo di considerare l’Uni-verso, in quanto prima si pensava che la gravità fosse la forzadominante sulle enormi scale cosmologiche. Invece ora sappiamoche deve esistere una forma di energia ancora più grande, del-la quale però sappiamo ben poco. Come spesso accade, questanuova scoperta ha aperto nuovi quesiti.

LA FORMAZIONE ED EVOLUZIONE DELLE GALASSIELe galassie, cioè quelle ristrette zone dell’Universo in cui siraggruppano le stelle, rappresentano le unità fondamentalidi materia che possono essere studiate alle più grandi distanze,quando l’Universo era molto più giovane di adesso. Per ca-pire come l’Universo si è evoluto nei suoi 14 miliardi di anni,è quindi fondamentale capire come si siano formate e svi-luppate le galassie. Due sono le teorie dominanti: il cosiddettomodello gerarchico, che prevede che le galassie più brillan-ti si siano sviluppate in tempi relativamente recenti per unio-ne di galassie più piccole, e il modello “monolitico”, secon-do il quale anche le galassie più brillanti si sarebbero formatequando l’Universo era molto giovane per condensazione dienormi nubi di gas primordiale. La realtà probabilmente stain qualche punto intermedio fra questi due estremi, che co-munque sono utili per focalizzare le idee. Anche in questo cam-po HST ha dato un impulso fondamentale, soprattutto conimmagini estremamente profonde di aree selezionate del cie-lo, nelle quali si contano molte migliaia di galassie lontanis-sime (alcune sono così lontane che la luce che vediamo è par-tita da loro quando l’Universo aveva solo un miliardo di anni):l’Hubble Deep Field (HDF: 6,5 giorni di posa nel dicembre1995 a Nord e 6,5 giorni di posa nel settembre-ottobre 1998a Sud), l’Ultra Deep Field (UDF, 11,3 giorni di posa nel set-tembre 2003 – gennaio 2004). Solo l’acuta visione di HST puònon solo vedere galassie così lontane, ma è anche in grado distudiarne la morfologia e di stabilirne le dimensioni. Si è cosìvisto che anche a grandi distanze, quindi quando l’Univer-so aveva meno di metà della sua età attuale, già esistevanogalassie molto brillanti e massicce. Quindi, se si sono formateda unioni di galassie più piccole, questo deve essere avve-nuto all’inizio della loro evoluzione.

I BUCHI NERI MASSICCI AL CENTRO DELLE GALASSIEI buchi neri sono formati da materia talmente condensata checrea un’attrazione gravitazionale fortissima, dalla qualenemmeno la luce può scappare. Se si cade in un buco nero,non si può più sfuggirne e si perde qualsiasi contatto con ilmondo esterno. Alcuni buchi neri molto massicci si trovanoal centro delle galassie e, anche se loro non sono direttamentevisibili, creano nelle loro vicinanze perturbazioni ben visibilie note da molti anni. Più recentemente HST ha mostrato cheprobabilmente tutte le galassie hanno al loro centro un buconero e, se molte non mostrano perturbazioni evidenti, è soloperché il loro buco nero è quiescente, in quanto non sta ac-quisendo materiale (a lato). Inoltre HST ha mostrato che la mas-sa del buco nero è proporzionale alla massa della galassia chelo ospita. E’ come se il buco nero sentisse in qualche modotutta la galassia che lo circonda, o, meglio, deve esistere unmeccanismo che regola la crescita del buco nero in funzionedella massa della galassia ospite. Com’è riuscito HST a farequeste scoperte? Anche se un buco nero è quiescente, le stel-le della galassia che ci girano attorno risentono della sua pre-

HUBBLE HAMISURATO L’ETÀDELL’UNIVERSO

SCOPRENDO CHE LA SUA

ESPANSIONEACCELERA

A CAUSA DELLAMISTERIOSA

ENERGIA OSCURA.

IL TELESCOPIO HUBBLE COMPIE 20 ANNI

L’esplosione di una Supernova in una galassia lontana: le foto sono state prese a un mese di distanza, prima e dopol’esplosione di una supernova, che appare come un punto rosso nella foto di destra. Si è così stabilito che la distanza della galassia ospite è di 8 miliardi di anni luce.

L’Hubble Ultra Deep Field: questa è l’immagine più profonda mairealizzata e mostra migliaia di galassie; quelle nei cerchi gialli degliingrandimenti qui sopra, sono così lontane che sono fotografate quandol’Universo aveva solo uno miliardo di anni (ora ne ha quattordici).

Alcune galassie normali in cui il telescopio spaziale Hubble ha scoperto buchi neri, misurando le velocità delle stelle centrali.

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senza. Misurando che le velocità di stelle crescono moltissimo vi-cino al centro della galassia, HST ha stabilito che un’enorme mas-sa doveva essere contenuta in uno spazio molto piccolo, quindi nonpuò che essere in un buco nero, di cui si conosce appunto la mas-sa. La massa della galassia ospite si conosceva già da misure fattea terra delle velocità delle stelle nelle parti più esterne della galas-sia, quindi è stato facile trovare la relazione di proporzionalità.

GLI ASSORBIMENTI NEI QUASAR DOVUTI A MATERIA INTERPOSTAI quasar sono i nuclei estremamente luminosi di galassie che con-tengono un buco nero attivo. Essi sono visibili ad enormi di-stanze per la loro grande luminosità ed hanno aspetto stellare,cioè la loro luce ci appare concentrata in un punto. Sono quin-di molto adatti come sorgenti di fondo per studiare la presen-za di materiale interposto fra noi e il quasar. Questo materialecrea infatti degli assorbimenti nella radiazione del quasar chesono facilmente riconoscibili nello spettro della sua radiazione.La maggior parte di questi assorbimenti si trova nella regioneultravioletta dello spettro, cioè a lunghezze d’onda più corte diquelle visibili, che non vengono trasmesse dalla atmosfera ter-restre. Si riesce ad osservarle comunque da terra per quegli og-getti che sono così lontani che lo spostamento verso il rosso (ef-fetto Doppler), dovuto al loro allontanamento da noi per

l’espansione dell’Universo,porta questi assorbimentinella parte visibile dellospettro osservato. HST è in-vece l’unico strumento cheriesce a studiare questi as-sorbimenti anche quandogli oggetti che li causanosono relativamente vicini anoi e gli assorbimenti ri-mangono quindi nell’ultra-violetto. Quindi, mentre pri-ma di HST si conosceva solola distribuzione degli as-sorbitori lontani, poi è statomolto utile possibile stu-diare anche quelli vicini ed avere quindi una conoscenza com-pleta della distribuzione di materia nell’Universo.

I PIANETI ATTORNO AD ALTRE STELLEQuando HST è stato lanciato 20 anni fa, gli unici pianeti che si co-noscevano erano quelli attorno al Sole. Oggi si conoscono più di400 pianeti extrasolari, la maggior parte scoperti per le perturba-zioni dinamiche che creano sulla stella parente. Infatti stella e pia-

neta ruotano entrambi intorno al baricentrocomune e quindi anche la stella si muove unpoco per effetto dei suoi pianeti. Poiché unastella è milioni di volte più brillante di un pia-neta, che brilla solo di luce riflessa, è assai piùfacile rivelare i moti della stella, anche se pic-coli. Questo tipo di osservazioni sono stateeffettuate con telescopi a terra, ma HST hadato comunque il suo contributo determi-nante: infatti, grazie alla sua vista molto acu-ta, riesce a rivelare direttamente le presenzadi pianeti attorno a stelle vicine al Sole. Peresempio è riuscito a fotografare un pianetaattorno alla stella Fomalhaut, la stella più bril-lante della costellazione del Pesce Australea 25 anni-luce da noi, grazie alla tecnica del-la coronografia, cioè mascherando la luce pre-ponderante della stella. Inoltre facendo duefoto ad intervallo di due anni (foto in alto a destra) ha mostrato ilmoto del pianeta che ha una massa pari a circa tre volte quella diGiove. La scoperta e lo studio dei pianeti extrasolari ha ovviamentegrande importanza per la ricerca di forme di vita fuori dalla Ter-ra. Infatti, stando alle attuali conoscenze di biologia, la vita può svi-lupparsi solo su pianeti non troppo dissimili dalla Terra, sui qua-

li la temperatura media sia compresa fra quelle di congelamentoe di ebollizione dell’acqua (0 e 100 gradi centigradi alla pressionedi una atmosfera).Concludiamo augurando ad HUBBLE di continuare con successola sua missione, almeno fino a quando entrerà in funzione il suosuccessore, il telescopio spaziale James Webb da 6,5 metri.

L’immagine riprodotta sulle due pagine non si riferisce ad uno dei maggiori traguardi scientifici tagliati da HST, ma certamente è una delle più spettacolari. Scattata il 4 ottobre 2006, mostra metà del campo visivo del telescopiospaziale con nove stelle di varie dimensioni accompagnate dai cosiddetti “exoplaneti”.

HUBBLE HASCOPERTO CHE

TUTTE LE GALASSIEHANNO UN BUCONERO AL CENTROED HA PER PRIMO

FOTOGRAFATOUN PIANETA

INTORNO A UNASTELLA CHE NON

SIA IL SOLE.

IL TELESCOPIO HUBBLE COMPIE 20 ANNI