Il Counselling Nell’Intervento Di Cura Con i Genitori e Con i Bambini

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  • 7/23/2019 Il Counselling NellIntervento Di Cura Con i Genitori e Con i Bambini

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    IL COUNSELLING

    NELLINTERVENTODI CURA CON I GENITORIE CON I BAMBINI

    Tecniche di counselling sistemicoper professionisti sanitari

    COMUNICAZIONE & COUNSELLING

    Silvana Quadrino

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    ILCOUNSELLINGNELLINTERVENTODICURA

    CONIGENITORIECONIBAMBINIT E C N I C H E D I C O U S N E L L I N G S I S T E M I C O P E R P R O F E S S I O N I S T I S A N I T A R I

    S I LVANA QUADR INO

    COLLANAEBOOKECM EBOOKPERL'EDUCAZIONECONTINUAINMEDICINA

    Edizioni Change 2015

    Il presente libro accreditato come

    Autoapprendimento FAD con riconoscimento ECM per:

    tutte le professioni

    solo attraverso apposita registrazione al sito

    WWW.EBOOKECM.IT

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    Il counselling nellintervento di cura con i genitori e con i bambini

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    INDICE

    INTRODUZIONE 4

    CAPITOLO 1. Il professionista del counselling: come,quando,perch 51.1 Un po di storia 51.2 Il Il fattore tempo 91.3 Le trappole nascoste delle comunicazioni nella relazione di cura 111.4 Esempi di counselling 131.5 Dalla pragmatica della comunicazione umana al counselling 171.6 Per saperne di pi 23

    CAPITOLO 2. La basi del counselling sistemico:metodi, tecniche, strumenti 272.1 Incontro professionale, comunicazione e contesti invisibili 28

    2.2 Metacomunicazione e ridefinizione della relazione 332.3 Complementariet e simmetria 362.4 Per saperne di pi 38

    2.5 Imparare a fare domande 43

    CAPITOLO 3. Prima che il professionista entri incampo: ogni coppia genitoriale ha la sua storia 643.1 Prima che arrivi il bambino 653.2 A caccia di esperti e di informazioni 673.3 Dallinformazione alla decisione 713.4 Per saperne di pi 733.5 Esempi di counselling 78

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    CAPITOLO 8. Sintomi e malattie nel gioco dellafamiglia 1738.1 Il linguaggio dei sintomi 1738.2 Sintomo, malattia, cura 1778.3 Esempi di counselling 1778.4 Per saperne di pi 183

    CAPITOLO 9. Bambini con necessit speciali 1929.1 Bambini non proprio come gli altri 1949.2 Chiedere, limitare, educare: la famiglia e il bambino di frontealle esigenze imposte dalla malattia 2019.3 Esempi di counselling 2029.4 Per saperne di pi 2089.5 A fianco dei genitori: i momenti critici nella famiglia di unbambino con necessit speciali 210

    CAPITOLO 10. La parola ai bambini (e agliadolescenti) 22510.1 Per saperne di pi 23510.2 Indicazioni, proposte, prescrizioni 23910.3 Piccoli pazienti crescono 24210.4 Parlare di salute e di rischio con gli adolescenti 24710.5 Esempi di counselling 25110.6 Il difficile problema del segreto 25610.7 Per concludere 260

    NOTE SULLAUTRICE 261

    BIBLIOGRAFIA RAGIONATA 263

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    INTRODUZIONE

    Lavorare con i bambini bellissimo. Lavorare con i bambini ,quantomeno, scomodo. Forse sarebbe pi facile se i genitori nonfossero Se le mamme non fossero Se i mass media nondicessero

    In pi di trentacinque anni di lavoro di formazione e disupervisione con professionisti sociali e sanitari, insegnanti,educatori, sono queste le osservazioni che ho sentito fare conmaggiore frequenza, ed questa limpressione pi viva che mi restaa partire dagli innumerevoli colloqui e casi analizzati insieme a loro.Lavorare con i bambini bello e difficile.

    Intendiamoci: non che sia pi facile il lavoro di chi si occupa diadulti in difficolt, o di anziani. La relazione e la comunicazione con

    i pazienti e con le loro famiglie si complicata negli ultimi decenni.Ma per chi si occupa dellet evolutiva c una difficolt in pi: ilsistema famiglia che il professionista incontra un sistemastrutturalmente agitato. Chi si occupa di bambini incontra le famiglienelle fasi di pi intenso cambiamento della loro storia di vita, liniziodellavventura genitoriale, la scoperta dellidentit separata ( e dotatadi volont!) del loro bambino nelle diverse fasi della crescita,ladolescenza. Possiamo considerare le competenze di counselling

    uno strumento in pi per navigare con la famiglia nel mare agitatodellet della crescita. Senza perdere la bussola.

    Questo libro si rivolge a tutti coloro che lavorano con i bambinie con le loro famiglie, in ambito sanitario, sociale, educativo. Percomodit di scrittura ci riferiremo a tutti gli operatori con il termineprofessionista, e ai destinatari del loro intervento con il terminepaziente.

    Silvana Quadrino

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    CAPITOLO 1.

    Il professionista del counselling:come, quando, perch

    1.1 Un po di storia

    Quando presentai per la prima volta, in un convegno dipediatria, il metodo di comunicazione consapevole che cominciavo adefinire counselling, il titolo che scelsi per la mia relazione fu

    Anche il counselling, adesso?. La platea era interessata madifficile: era la fine degli gli anni 80, di counselling si parlava dapoco, e dopo le prime esperienze di formazione sulle tecniche dicomunicazione rivolte a medici e professionisti sociali e sanitariavevo ben chiaro un rischio: quello di scontrarmi con la convinzioneche, parlando di counselling, si chiedesse ancora una volta aiprofessionisti di ascoltare di pi, di essere pi empatici, didecodificare i veri bisogni, di fare, insomma, gli psicologi dilettanti

    o i confidenti affettuosi dei loro pazienti; in ogni caso, di farequalcosa di pi avendo a disposizione lo stesso tempo di sempre:tempo avvertito costantemente come scarso e affannoso,insufficiente anche per effettuare con calma e coscienziosamenteuna visita e un breve colloquio senza pretese. Altro che counselling!

    Era da poco uscito il primo libro1 in cui avevo cominciato asistematizzare, insieme a Giorgio Bert, le basi teoriche e le linee

    metodologiche di quello che definivamo counselling sistemico

    1 Bert G , Quadrino S , Il medico e il counselling, Il pensiero Scientifico 1989

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    Perch counselling? La scelta di utilizzare questo termine invecedi parlare semplicemente di comunicazione fra professionistasanitario paziente nasceva dallintenzione di rendere evidente cheuna comunicazione realmente efficace fra professionista e pazienterichiede qualcosa di pi e di diverso di quanto i professionistiapprendono allUniversit o nella buona pratica; che pensare di faredel proprio meglio nella comunicazione con i pazienti nongarantisce lefficacia della comunicazione stessa; che, insomma,

    poteva essere necessario imparare qualcosa di nuovo e di diverso,che aveva un nome e una serie di regole ben precise, che potevaessere sperimentato, adattato alle esigenze specifiche di ambitieducativi, sociali e sanitari diversi; che poteva essere valutato. Unmetodo, uno strumento, un atteggiamento mentale. Serviva unnome, e counselling, nonostante le riserve dovute alluso di unaparola straniera, sembrava adattarsi bene. Anche perch il terminecominciava in realt a diffondersi in alcuni ambiti socio sanitari, inparticolare nelleducazione del paziente e negli interventi di

    motivazione al cambiamento di abitudini di vita.E qui si colloca la seconda ragione della scelta di questo

    termine: cos come veniva presentato, il counselling sembrava infattiuna specie di offerta speciale che poteva essere fatta a persone insituazioni particolarmente difficili, un optional collocato al di fuoridella quotidianit della relazione di aiuto e di cura. Un interventospeciale e come tale destinato a far sentire speciale (nonnecessariamente in senso positivo) il destinatario dellintervento

    stesso.La mia esperienza di psicoterapeuta della famiglia mi stava

    dimostrando che lesigenza pi sentita e pi inascoltata, per lepersone e per le famiglie, era invece quella di una presa in caricovalida e completa allinterno della abituale relazione con ilprofessionista sanitario, con lassistente sociale, con leducatore.Aggiungere con troppa facilit lintervento della psicologo a quellodel professionista che ha in carico un caso non rappresenta

    necessariamente un guadagno per la famiglia, e anzi rischia ditrasformarsi in una perdita, se il professionista sceglie di delegareallo psicologo anche momenti strettamente legati alla relazione di

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    cura, come lindividuazione dei disequilibri che una malattia o le sueconseguenze hanno prodotto nella famiglia, lesplorazione dellerisorse interne ed esterne della famiglia per fronteggiare situazioni didifficolt, la ricerca di soluzioni sostenibili ecc.

    Al tempo stesso per lo psicologo, il neuropsichiatra, lopsicoterapeuta un invio troppo frettoloso e non appoggiato su unasolida relazione della famiglia con il pediatra o con il professionistainviante si rivela spesso fragile e poco produttivo.

    Per non delegare ad altri aspetti della relazione di cura che glicompetono, come laffiancamento, la ricerca di soluzioni sostenibili,leducazione terapeutica, e per attivare una rete professionalefunzionante, coinvolgendo altri professionisti nel modo giusto e nelmomento giusto, ogni professionista ha per il diritto, oltre che ildovere, di poter contare su una preparazione adeguata: in questosenso le competenze di counselling rappresentavano in quelmomento storico una assoluta novit e potevano rispondereallesigenza di maggiore qualit degli interventi espressa sia dalle

    famiglie che dai professionisti.Ma in che modo, e con quali contenuti il counselling pu

    diventare elemento della pratica quotidiana? E necessario chiarireche non si tratta di aggiungere ai compiti del pediatra,dellinfermiere, delleducatore anche quelli dello psicologo, come segli strumenti per gestire gli aspetti qualitativamente pi significatividelle relazioni di aiuto dovessero essere unicamente quelli derivatidalle scienze psicologiche. Il metodo del counselling sistemico

    nasce con lobiettivo di differenziare in modo chiaro il counsellingdallintervento psicologico, e arricchirlo con contenuti derivanti dallantropologia, dalla pedagogia, dalla scienza della comunicazione.

    La sistemica, a cui la denominazione del metodo fa riferimento,bench sia stata conosciuta da molti principalmente come interventodi terapia della famiglia non una teoria psicologica. E unaepistemologia, una concezione ecologica delle realt che vede fra i

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    suoi fondatori fisici (Von Foester2), matematici, antropologi(Gregory Bateson3).

    Lottica sistemica introduce nella lettura delle relazioni umaneun aspetto che in altre modalit di analisi delle relazioni e dellecomunicazioni non altrettanto evidente: la centralit dei duesoggetti della comunicazione, e la focalizzazione su ci che fra i duesoggetti avviene: interazione, comunicazione, scambio di messaggi,

    che diventano regole di una relazione in continuo divenire, e cheproducono modificazioni nei sistemi significativi in cui i dueprotagonisti sono inseriti: il professionista e il suo pazientecomunicando fra loro danno infatti vita a un sistema con regoleprecise, ruoli, equilibri, giochi relazionali. Un sistema diadico cheinteragisce con gli altri sistemi di cui sia il paziente che ilprofessionista fanno parte.4

    Come vedremo pi approfonditamente nei capitoli successivi, il

    metodo del counselling sistemico va oltre la concezione dellacentralit del paziente5: si focalizza su ci che accade fra ilprofessionista e il paziente, in quello spazio fra le due persone in cuisi intrecciano richieste, proposte, informazioni, emozioni. E in cuientrano in gioco altri attori talvolta virtuali ma non per questo menoattivi e significativi: i personaggi dei sistemi di riferimento dei dueattori principali (la famiglia, listituzione in cui il professionistaopera, i gruppi significativi ecc.)

    2 Von Foester H, Sistemi che osservano, a cura di Mario Ceruti e Umberta Telfner,

    Astrolabio, Roma 1987

    3Bateson G , Verso unecologia della mente, Adelphi Milano 1976

    4 La definizione di sistema umano a cui facciamo riferimento un insieme di elementi(persone) caratterizzati da specifici attributi (ruolo, immagine, compiti, diritti, doveri) che sisono definiti nella storia di quel sistema, e legati fra loro in modo tale che unamodificazione di uno degli elementi produce modificazioni anche negli altri.

    5 Rogers C, La terapia centrata sul paziente, Martinelli 1970

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    Strumento principale del counselling sistemico laconsapevolezza della non semplicit degli atti comunicativi: soloimparando a intravedere la complessit di ogni scambiocomunicativo diventa possibile per il professionista poich laresponsabilit del buon andamento della comunicazione non ,ahim, equamente ripartita fra i due attori ma poggiaprevalentemente sulle spalle del professionista - muoversi perobiettivi, valutare gli effetti dei propri messaggi, riadattare la

    comunicazione per ottenere una maggiore efficacia, per evitare dicompromettere la qualit della relazione.

    1.2 Il fattore tempo

    Ma realistico immaginare di gestire questa complessit neltempo assai spesso ridotto ci cui dispongono i professionisti a cui cirivolgiamo? La convinzione che per comunicare in modo valido sia

    necessario molto tempo assai diffusa; il metodo che cercher diillustrare in questo libro dimostrer che non la quantit di tempo adisposizione a determinare il buon andamento di unacomunicazione, ma il modo in cui viene utilizzato: a partire daltempo di cui dispone il professionista pu mettere in atto un buonintervento comunicativo se impara, per cominciare, a:

    1. Non muoversi impulsivamente verso obiettivi

    irrealistici: cercare di intervenire sulle modalit di comunicazionefra una coppia di genitori nel momento di una comunicazione didiagnosi, o quando si deve cercare una soluzione per linclusionescolastica di un bambino, e in ogni caso quando il ruolo delprofessionista NON E quello del terapeuta della coppia inutilmente faticoso e scarsamente produttivo. Cos come pocoproduttivo cercare a tutti i costi di convincere i genitori che ilprofessionista sta facendo per il loro bambino tutto quello che

    possibile, e che chiedere di pi non sensato. Come vedremo neicapitoli seguenti, obiettivi come far capire, far accettare

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    contengono una trappola nascosta, quella del tentativo di portarelaltro a dar ragione a noi e torto a se stesso.

    2. Non aver paura di dire non so ; oppure in questomomento non ho una risposta alla vostra richiesta, su questoargomento preferirei documentarmi meglio, una domanda a cuinon so davvero rispondere. La gestione del proprio tempo e delleproprie conoscenze un diritto umano inalienabile, che in genere

    viene accettato senza troppa difficolt dallinterlocutore se non vienepresentato in modo aggressivo, sprezzante, o eccessivamenteimbarazzato.

    3. Non cedere alla tentazione di risolvere le situazionidifficili con un supplemento di informazioni: la capacit diascolto di una persona diminuisce di fronte a momenti difficili o ditensione, cos come diminuisce la capacit di fermare leinformazioni e di ricordarle a distanza. Una delle competenze pi

    preziose che i professionisti acquisiscono con il metodo delcounselling sistemico la riduzione delle comunicazioni informativea vantaggio delle domande esplorative, che riattivano lattenzionedellaltro e facilitano la comprensione e la condivisione delleinformazioni.

    4. Superare la convinzione che sia necessario sapere il pipossibile della vita e della situazione familiare del paziente per poter

    dare indicazioni valide e per impostare interventi realmente efficaci.

    Da questo derivano quelle che definiamo le 5 massime su cui sifondano le tecniche di counselling che vengono insegnate nei nostricorsi:

    - C sempre una domanda che fino a quel momento nessunoha pensato di fare, o una strada che non ancora stata tentata;

    - Bisogna a tutti i costi evitare di annegare (noi e i nostri clienti)in un mare di informazioni inutili;

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    - Per evitare il rischio di rigetto, prima di dare indicazioni econsigli dobbiamo verificare che siano compatibili con il mondo e larealt dellaltro;

    - Bisogna rassegnarsi allidea che degli altri non sappiamo nulla,anche se abbiamo parlato con loro molte e molte volte;

    - Possiamo aiutare le persone a cambiare solo rispettando i loro

    limiti e proponendo loro di procedere un gradino alla volta

    Per applicare queste massime necessario innanzitutto passareda una modalit di comunicazione spontanea6 a una comunicazioneimpostata in modo professionale : le domande bisogna saperle fare,le risposte del paziente bisogna saperle utilizzare, la collaborazionebisogna saperla costruire, la motivazione bisogna saperla attivare. Leparole fanno succedere cose, e ne abbiamo le prove continuamente.Perch non imparare a far succedere cose pi utili per il paziente, e

    anche per il buono stato dei nervi del professionista?

    1.3 Le trappole nascoste delle comunicazioni nellarelazione di cura

    Ci sono alcune caratteristiche specifiche delle comunicazioni neicontesti di aiuto e di cura : per cominciare, loccasione e il contenuto

    delle comunicazioni hanno a che fare con una situazione di difficoltdel paziente (o nel nostro caso del suo bambino): un problema disalute, una difficolt di vita, un problema scolastico ecc. La richiesta

    6 La spontaneit nel metodo del counselling sistemico viene considerata pi nei suoiaspetti rischiosi che come un valore. In una comunicazione spontanea non vengonoindividuati obiettivi, non si tiene conto della distanza fra le convinzioni del professioniste ela realt del paziente, non si filtrano le emozioni per proteggere il paziente e consentirglidi restare in relazione con il professionista senza costi eccessivi. opposto di spontaneit

    non , quindi, falsit o mistificazione, ma consepevolezza, cio chiarezza di obiettivi eattenzione al feed back, con un obiettivo di mantenimento della relazione e di costruzionedi azioni condivise con il paziente. In Bert G , Doglio M , Quadrino S , Le parole delcounselling sistemico, ed. CHANGE 2011

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    esplicita che passa fra i due attori che uno il professionista faccia qualcosa per aiutare laltro a superare quella difficolt, percurare il bambino, per aiutare lui e la famiglia ; la richiesta implicitadel professionista che allora laltro, il paziente, faccia ci che gliviene indicato, senza protestare e senza discutere.

    Semplice; ma allora perch le cose non vanno quasi mai inquesto modo? Perch cos spesso i genitori non fanno quello che

    viene loro consigliato?

    Le risposte dei professionisti a questa domanda sono moltoprecise e concordi: perch i genitori sono incostanti, ostinati,irragionevoli, poco motivati; mentono sulle proprie intenzioni, noncapiscono ci che gli viene detto ma non dicono di non aver capito.Si fanno influenzare da consiglieri inattendibili, non hannosufficiente fiducia nel professionista, preferiscono lamentarsipiuttosto che cambiare. Se poi il problema del loro bambino non si

    risolve, la colpa loro

    Queste descrizioni compaiono tutte le volte che chiediamo apediatri, infermieri, professionisti sociali e sanitari cosa soprattuttovi rende difficile la collaborazione con i genitori? . Sono rispostepreziose, perch mostrano lalto grado di tensione che caratterizza larelazione di cura, che spesso la trasforma, per usare le parole diShorter,7 in uno scontro rabbioso. Tensione comprensibile, se la

    traduciamo in termini fisici: le informazioni, le prescrizioni, leindicazioni e i consigli del professionista rappresentano una azione-forza alla quale troppo spesso il paziente contrappone una reazione-forza di segno contrario: non fa, non obbedisce, non accettamanon abbandona il campo, continua a chiedere di essere aiutato, diavere indicazioni, informazioni, consigli .

    7 Shorter E, tormentata storia del rapporto professionista sanitario-paziente, Feltrinelli1986

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    Le uscite da questo gioco senza prospettive, frustrante efaticoso non sono che due:

    - Sperare che il paziente cambi, finisca per fare ci chechiediamo, per cedere alla logica e alla evidenza delle nostreinformazioni, delle nostre indicazioni, del nostro sapere

    - Cambiare stile comunicativo facendo qualcosa di diverso,cambiando il gioco

    Bench lesperienza dimostri che i pazienti non cambiano tantofacilmente (perch sono, appunto, inaffidabili, incostanti,irragionevoli ecc.), necessario uno sforzo mentale non indifferenteper abbandonare la via n. 1, per imboccare la via n. 2. Oltre allosforzo mentale per necessario un po di apprendimento: nonbasta voler cambiare gioco per cambiarlo davvero. Alla base delnuovo gioco c un nuovo atteggiamento mentale basato sullaconquista di una modalit relazionale a doppio centro, quello cheMartin Buber8 definisce relazione io-tu. Questa sequenza di

    colloquio fra una fisioterapista e una mamma rappresenta un ottimoesempio di conquista dellatteggiamento mentale io-tu.

    1.4 Esempi di counselling

    La relazione io-tu e la costruzione della collaborazione

    Il casoLa signora C. la mamma di un bambino di 4 anni, Andrea,

    nato prematuro e con lievi segni di sofferenza cerebrale. Il bambino attualmente seguito da una fisioterapista e da una logopedista perun ritardo del linguaggio e della motricit. La mamma da alcuni mesiinsiste per sospendere lintervento riabilitativo, sostenendo cheAndrea ormai parla e si muove benissimo, e che anche pi abiledel fratello minore che non ha mai avuto problemi di alcun tipo.

    Nelle visite precedenti la fisioterapista si sforzata di far capire alla

    8 Buber M, Io e tu, in Il principio dialogico, Comunit, Milano, 1958

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    signora che oggettivamente le modalit di linguaggio e dimovimento di Andrea non permettono di considerare acquisito ilrecupero, che sospendere i trattamenti in questo momentodanneggerebbe il bambino, che non ha senso fare un confronto fraAndrea e il fratellino di due anni. A questo la signora oppone laconsiderazione che le sedute di fisioterapia e di logopediaimpediscono ad Andrea di condurre una vita normale, e chequesto il motivo dellapparente ritardo di cui parlano sia i sanitari

    che le insegnanti della scuola materna.Si insomma strutturata una relazione di contrapposizione, dacui per la signora non mostra di voler uscire. In sostanza, sidirebbe che la mamma voglia dal professionista lautorizzazione asospendere la riabilitazione. O a definire Andrea normale?

    Il colloquio che segue avviene dopo una seduta di fisioterapia,al termine della quale la mamma lancia una ennesima richiesta:

    Mamma: Adesso abbiamo un altro problema con la scuola di

    Andrea: avevo fatto domanda per iscriverlo a un corso di ginnasticaritmica che fanno a scuola, i suoi compagni ci vanno quasi tutti.Come se avessi chiesto la luna! Prima hanno fatto storie perchcerano gi tanti bambini iscritti, poi perch farlo fermare oltrelorario era troppo faticoso per lui insomma alla fine mi hannodetto chiaro e tondo di no, che non possono inserirlo, che non unattivit adatta a lui. Io non ne posso pi, se lo trattano dahandicappato, se le attivit normali non glie le lasciano fare, logico

    che pu solo peggiorare. E anche voi, se vi dico che mi sembra cheil bambino vada meglio mi dite che non vero, per voi lunica cosache conta che faccia la riabilitazione, ma io lo vedo che ormaiAndrea fa cos, a casa parla e si muove normalmente ma appenavede un estraneo si blocca, sembra che lo faccia apposta, davvero,gli fanno fare lhandicappato e lui lo fa

    La signora molto agitata, sullorlo del pianto. La professionista

    decide di provare a cambiare rotta.

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    Fisioterapista: In effetti, lidea di qualche attivit motoria inaggiunta alla riabilitazione pu essere una buona strada per Andrea.Non ne avevamo parlato, finora, lei ci aveva gi pensato altre volte?

    Mamma:Avevamo pensato a una attivit sportiva, il judo, o ilcalcio, ma poi non ne abbiamo fatto niente

    Fisioterapista: Invece questa ipotesi delle ginnastica ritmicalha portata avanti, ha chiesto di iscriverlo

    Mamma:Lidea della ginnastica mi piaceva, anche pi vicino

    a quello che abituato a fare con lei, poi meno competitiva deljudo o del calcio, lui con quelli aggressivi si spaventaFisioterapista: Gi, pensavo proprio a quello che lei diceva

    prima, con gli estranei per ora si blocca ancora conoscendolo,pensa che qualcosa potrebbe metterlo in difficolt o non piacerglianche in una attivit non competitiva come la ginnastica?

    Mamma: B, per lui tutte le cose nuove sono un po unproblemaE ancora timido, si convince che non riesce a fare lecose e poi non vuole pi neanche provare.

    Per interrompere lo schema precedente proposta della mamma contrapposizione del professionista era necessario che ilprofessionista riuscisse a individuare un obiettivo utile almantenimento della relazione con la mamma , e non astratto oideologico come il bene di Andrea. La sua scelta in questo casodi valorizzare le ipotesi della mamma (lidea di iscrivere Andrea alcorso di ginnastica , valorizzata come evento nuovo e connotata

    positivamente) per costruire nuove ipotesi condivise e pi adeguatealle condizioni del bambino.

    La fisioterapista utilizza anche unaltra tecnica per ilrafforzamento della relazione: riprende una frase della mamma ( appena vede un estraneo si blocca ) e la mette in relazione con lanuova proposta della mamma: potrebbe essere ancora difficile perAndrea, che appena vede un estraneo si blocca, affrontare situazioniin cui deve confrontarsi con estranei che gli chiedono prestazioni?

    Con questa tecnica ( tu dici, io ti ascolto e uso quello che dici, iofaccio una ipotesi e chiedo cosa ne pensi tu ) lascolto reciproco

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    migliora, tanto che la mamma riesce a vedere le possibili difficoltdel suo bambino, che nei colloqui precedenti negava e smentiva.

    Questo cambiamento fondamentale: nello schema rigidoprecedente la professionista si era assunta il ruolo di chi vede ledifficolt ( io dico che Andrea ha ancora delle difficolt),costringendo la mamma nel ruolo opposto di chi invece le nega ( eio invece, dico che le ha superate).

    Nella modalit io-tu la fisioterapista ha inaugurato un nuovo

    schema: io chiedo a te che difficolt vedi tu. La cauta apertura dellamamma a possibili difficolt di Andrea consente al professionista diinserire il suo parere professionale in una situazione di noncontrapposizione.

    Fisioterapista: E proprio quello che dobbiamo evitare:proporgli nuove attivit utilissimo, ma bisogna che Andrea non leavverta come una messa alla prova. Io direi anche: dobbiamoaspettare che sia pi sicuro di s. Se lei lo vede gi pi sicuro a casa,

    un buon segno. Io per continuerei, come le ho gi detto, con lariabilitazione proprio per dargli pi sicurezza, poi piano piano si puprovare a proporre qualcosaltro. Possiamo immaginare di muoverciin questo modo, riabilitazione ancora per un po e poi qualche provadi altre attivit?

    Mamma:Ma, lo sa, io avevo pensato di sospendere le sedutecon lei e con la logopedista

    Fisioterapista: Io le faccio unaltra proposta: proviamo a

    vedere anche con la logopedista che ipotesi di attivit aggiuntive pi opportuna, con che tempi, e cosa pi utile ad Andrea perprepararlo a qualcosa di nuovo. Io davvero non vedo bene per ora lasospensione delle attivit che Andrea sta facendo, ma la sua ipotesidi aggiungere in seguito qualcosaltro mi sembra pi che buona.Pensandoci, le sembra accettabile un percorso di questo tipo?

    Mamma: B, sa, non che io ce lho con voi, sia lei che lalogopedista siete bravissime, Andrea viene volentierima se

    possiamo fargli fare anche qualcosaltro, con gli altri bambini ioera questo che volevo.

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    Fisioterapista: Restiamo con questa idea di aggiungeregradualmente qualche altra attivit, senza sospendere nulla. Direi che un buon progetto, io comincio ad accennarne anche alla collega,poi ne riparliamo tutti insieme.

    Il doppio centro su cui si muove questo colloquio, evidenziatodalluso esplicito dei pronomi ( la fisioterapista ha cura di iniziare lesue frasi dicendo io continuerei, io le faccio una proposta e

    conclude ogni proposta con domande esplicite alla mamma perconsolidare la condivisione di ogni passaggio ) consente allaprofessionista di riaffermare il proprio parere collegandolo alleipotesi e alle osservazioni della mamma. Il progetto, su cui lafisioterapista chiude il colloquio, davvero un progetto io-tu,costruito accogliendo le richieste della mamma e ristrutturandoleprogressivamente senza rinunciare allobiettivo professionale che,ricordiamolo, in questo caso era di non far sospendere i trattamentiriabilitativi per Andrea, e NON di costringere la mamma ad

    ammettere che il suo bambino ha ancora problemi motori e dilinguaggio.

    A questo punto dallio-tu si passati con gradualit enaturalezza al noi: sia la fisioterapista che la mamma usano la primapersona plurale (proviamo a vedere se possiamo fargli fare) equesto un segno chiaro di condivisione del progetto e diconsolidamento della relazione.

    1.5 Dalla pragmatica della comunicazione umana alcounselling (passando per la linguistica, la teoria dellaconversazione e la retorica)

    Le definizioni di counseling (o counselling, nella formautilizzata negli Stati Uniti) sono ormai innumerevoli, e risentonodelle impostazioni teoriche e metodologiche a cui fanno riferimento

    le differenti scuole e i differenti professionisti.E innanzitutto necessario superare un fraintendimento legatoallassonanza fra il termine counselling e i termini consiglio e

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    consulenza. Nel significato che d al termine la British Associationof Counselling , e che condividiamo, il counselling un interventoche esclude la presenza di un esperto che sa, consiglia, indicacomportamenti: in questo caso si parla piuttosto di advise, ed inquesta dimensione che si collocano alcuni interventiimpropriamente definiti di counselling come le prescrizionidietetiche, le consulenze genetiche ecc.

    Un altro aspetto da definire con correttezza il rapporto fra il

    counselling e l intervento psicologico. Il metodo che vienepresentato in questo libro colloca il counselling pi vicino allusoprofessionale della comunicazione che allintervento psicologico: lafinalit di un intervento di counselling in ambito socio sanitario ededucativo innanzitutto quella di rendere possibile uno scambiocomunicativo efficace, mantenendo una relazione valida fra ilprofessionista e il paziente o il familiare in vista di un obiettivoprofessionalmente ed eticamente sostenibile.

    In una relazione professionale il professionista il principale

    responsabile del buon andamento della comunicazione. Perrispondere validamente a questa esigenza, deve disporre di strumentivalidi: una buona conoscenza dei processi comunicativi e una buonacapacit di utilizzarli concretamente.

    La Pragmatica della comunicazione umana9 stata per molti ilprimo passo verso una maggiore consapevolezza di ci che avvienenegli scambi comunicativi fra persone. In particolare, gli assiomidella comunicazione individuati da Watzlawick introducono a una

    visione degli atti comunicativi basata non solo su ci che dico ma soprattutto su ci che faccio succedere dicendo. Se riflettiamosul fatto che ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e unaspetto di relazione (secondo assioma) e che quindi in ogniscambio comunicativo si decide anche chi dovrebbe fare cosa eper volont di chi, diventa molto difficile sostenere che una buonacomunicazione richiede solo un po di buona volont e unlinguaggio chiaro e semplice: in gioco anche lo spazio decisionale

    9 Watzalwick P e altri, La pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma 1971

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    di ciascuno, la posizione relazionale che ciascuno accetta diassumere nei confronti dellaltro.

    Le comunicazioni dei professionisti contengono in generemolte (troppe) indicazioni e imposizioni sul cosa fare. Loscarso entusiasmo dei pazienti nellaccettare, eseguire, adeguarsi aqueste indicazioni viene abitualmente attribuito a ostinazione,irragionevolezza, scarsa compliance, ecc. e fronteggiato daiprofessionisti con strumenti faticosi quanto inadeguati: laggiunta di

    informazioni, la minaccia di rischi futuri, linvito a essereragionevoli, fino ad arrivare alla svalutazione e al giudizio morale.Anche se lesperienza dimostra giorno dopo giorno che si tratta dimodi che non funzionano, non facile abbandonarli se non sidispone di strumenti nuovi con cui sostituirli. La scommessa delcounselling sistemico consiste nel sostituire strumenti tradizionali ditipo psicologico (interpretazione, attenzione alla storia passata delpaziente, ricerca delle cause dei comportamenti e delle resistenze alcambiamento, focalizzazione sulla struttura della personalit del

    paziente) con una sorta di assemblaggio di strumenti di provenienzadiversa.

    La pedagogia, la filosofia del linguaggio e la retorica classica, adesempio, forniscono indicazioni illuminanti quando si tratta didecidere cosa dire e come dirlo. Sul piano della praticacomunicativa, le prime sostituzioni da attuare in una logica dicounselling sistemico sono:

    1. Dalle domande perch? alle domande cosaltro?

    Rinunciare programmaticamente alle domande costruite sul perch modifica sensibilmente sia il clima del colloquio chelatteggiamento mentale del professionista: il perch ci mette allaricerca di una causa, di un punto di inizio del problema, e pi omeno inconsapevolmente di un colpevole. Sono domandecolpevolizzanti, e anche limitanti: individuano un punto chiave

    (linizio) e trascurano ci che sta intorno. Non sono domandesistemiche.

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    EsempioMedico:Perch non mi ha portato prima la bambina? Le

    avevo gi fatto notare che cresceva troppo poco, e adesso sonopassati due mesi dallultima visita e il peso sempre basso.

    Medico:Quando si accorta che la bambina continuava acrescere poco da cosa ha pensato che potesse dipendere? ne haparlato con qualcuno? cosa avete gi provato a fare?

    2. Dallipotesi lui allipotesi lui si comporta

    Siamo abituati a vedere i comportamenti degli altri come sefossero caratteristiche specifiche e immutabili di quella persona.Cos diciamo quella mamma ansiosa, quel padre autoritario, quel ragazzino strafottente ecc. Possiamo invece abituarci avedere i comportamenti (nostri e degli altri) come messaggi cheacquistano senso nello scambio comunicativo: proposte relazionali,

    come dice Watzlawick, a cui possiamo rispondere rafforzandole orendendole invece meno rigide, rendendo possibili altricomportamenti. Il primo passo consiste nellintrodurre, nei nostripensieri e nelle nostre ipotesi mentali, la domanda cosa mantienelatteggiamento ansioso di questa mamma? Cosa potrebbe succederedi diverso, per permetterle di essere meno ansiosa?

    3. Da insistere a rendere possibile

    Quando non otteniamo la collaborazione, ladesione,laccettazione delle nostre proposte, rischiamo di passarerapidamente dalla domanda non sistemica (perch non fa quelloche dico?) alla ipotesi (perch ostinato, aggressivo,incosciente) . Questo ci porta a un atteggiamento dicontrapposizione a fin di bene (devo convincerlo, costringerlo adammettere, fargli fare a tutti i costi) che sul piano relazionale

    quasi sempre controproducente. Se riusciamo a evitare la domanda perch e a leggere il comportamento che vorremmo modificarecome una fase dello scambio comunicativo fra noi e laltro, e non

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    Richiede per nuove competenze: quella di guidare il colloquio,di usare in modo efficace il materiale narrativo che le sequenzecomunicative in entrata producono; di selezionare le informazionieffettivamente urgenti e indispensabili, che il professionista deveassolutamente dare (comunicazioni di diagnosi, informazioni supercorsi assistenziali, procedure ecc.) da quelle che possonoaspettare, e da quelle che, in termini comunicativi, sono pi vicineal rumore che allinformazione: precisazioni non essenziali,

    commenti su situazioni simili, spiegazioni eccessivamente tecnicheecc.

    5. Dal colloquio spontaneo al colloquio per fasi e obiettivi

    La capacit di guidare il colloquio rappresenta la risposta tecnicaal dubbio ma come facciamo a trovare il tempo per fare tuttoquesto? La capacit da conquistare quella di mantenere ilcolloquio su un binario non troppo rigido ma neppure troppo vago

    e fluttuante. Di suddividerlo esplicitamente in fasi (cominciamocon poi vedremo anche.). Di proporre un obiettivo alla volta.Di non mescolare momenti informativi con momenti prescrittivi. Diselezionare le informazioni realmente indispensabili, utili ecomprensibili. Di fare regolarmente il punto di ci che si detto e dici che si sta cercando di fare. Di stoppare narrazioni troppo ampieo fuori tema senza il timore di perdere qualcosa di importante. Diregolare landamento del colloquio in base agli obiettivi e ai tempi di

    cui si dispone.

    Su questi cambiamenti e su queste abilit si basa il metodo delcounselling sistemico che pu essere utilizzato da ogniprofessionista nella non facile interazione fra le sue proposte e i suoiobiettivi terapeutici e le risposte concrete di quei genitori, di quelbambino, e delle altre numerose persone coinvolte nel progettosalute, sviluppo, benessere e magari felicit che accompagna nel

    bene e nel male la crescita di ogni bambino.

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    1.6 Per saperne di pi

    1. Comunicare, convincere, motivare

    Nel rispondere a una richiesta di aiuto o consiglio, o nel dareindicazioni a una persona nei cui confronti abbiamo un obbligo dicura, di tutela, di sostegno, tendiamo ad utilizzare modalit che sonostate definite modalit barriera. Carl Rogers, basandosi su un testo

    di E.Porter10

    ne individua cinque:

    Valutazione/giudizio morale: il comportamento dellaltroviene sottoposto a una valutazione basata sui valori e le priorit delprofessionista (Esempio: Ha fatto male a sospendere cos prestolallattamento al seno, avrebbe dovuto continuare a provare almenofino al quinto mese). La reazione a questa modalit pu andare dalladifesa-giustificazione alla ribellione, alla ricerca di altri colpevoli, ein ogni caso influisce negativamente sul clima di collaborazione e di

    fiducia reciproca spiegazione interpretativa: il professionista siattribuisce il diritto di dire allaltro cosa realmente significa ci cheha detto o fatto, e ovviamente di decidere che la sua interpretazione vera (Esempio: Lei dice che suo figlio non accetta di stare a dieta,ma in realt lei che non convinta e gli permette di trasgredire).Questo pu produrre perdita di interesse per la comunicazione,distacco e rinuncia a esporre le proprie difficolt e le proprieesperienze.

    Consolazione/minimizzazione: il professionista, neltentativo di consolare o di diminuire la sofferenza e lapreoccupazione del paziente, svaluta il suo problema e cerca disdrammatizzarlo (Esempio: Forse state un po esagerando ledifficolt vostre e di vostro figlio, adesso che sappiamo che i suoidisturbi sono dovuti alla celiachia: in fondo si tratta solo di eliminaredalla sua dieta alcuni cibi; se fosse allergico alle fragole cosa fareste?

    Non gli dareste le fragole. Nel nostro caso, basta non dargli alimenti

    10 Porter E , An introduction to therapeutic counselling, Houghton Miffin, Londra 1950

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    che contengono il glutine). Questa modalit produce quasisempre la sensazione frustrante di non essere capiti e di non riceverereale aiuto.

    Investigazione/inquisizione: il professionista ha in menteuna ipotesi o una teoria (questo genitore non si fida di me, questamamma non segue le mie indicazioni, questi genitori dicono di faree poi non fanno) e cerca di confermarla con domande di indagine

    sulle ragioni del comportamento dellaltro ( perch ha fatto.?Perch non mi ha detto?), con domande suggestive o cheinfluenzano la risposta ( Lei pensa davvero che il bambino possaaffrontare la prima elementare, con le difficolt di socializzazioneche manifesta gi alla materna?), con domande di tipo aut aut ( senon usiamo gli antibiotici il bambino rischia delle complicazioniserie, lei cosa preferisce, mantenere le sue idee sugli antibiotici oproteggere suo figlio? ); tutto questo produce comportamentidifensivi che possono arrivare fino alla menzogna o alla falsa

    adesione alle richieste del professionista.

    Soluzione del problema/sostituzione: il professionista offreal suo interlocutore la risposta giusta per uscire da una situazionedifficile . Si tratta o di una azione ( perch non prova a ) o di unatteggiamento ( lei dovrebbe essere pi decisa. Meno ansiosa.Guardare la realt in faccia) che per non tengono conto dellasituazione concreta e delle reali risorse dellaltro, e quindi sono quasi

    sempre impossibili da realizzare.

    2. La filosofia del linguaggio colloca alla base di ogniscambio comunicativo fra persone il cosiddetto pattocomunicativo, che lega i due interlocutori a un impegnocomune: quello di capire e di farsi capire.

    Secondo Paul Grice11 in ogni comunicazione chi comunica

    intende produrre un effetto sul suo interlocutore. Perch questo

    11 Grice P, Logica e conversazione, il Mulino, Bologna 1993

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    effetto vada nella direzione del patto comunicativo, cio rendapossibile a entrambi gli attori capire ed essere capiti, Grice proponealcune massime:

    - massima di quantit:dare informazioni solo e unicamentenella misura in cui sono richieste dalla situazione (non troppe, nontroppo poche)

    - massima di qualit:dire soltanto ci che appropriato alla

    situazione ( ci che abbiamo il diritto di dire, ci che riteniamoragionevolmente vero e valido)- massima di relazione: essere pertinenti ( cio adeguare ci

    che diciamo alla situazione e alla relazione in cui la comunicazione sisitua)

    - massima di modo: essere perspicui, cio evitare lambiguit,loscurit dei termini e delle espressioni, mantenere un filo ordinatonellesposizione, non parlare troppo

    Su queste massime si basano alcune delle indicazioni di metododel counselling sistemico che troverete in questo libro: lequilibriodegli atti comunicativi, la comunicazione orientata per obiettivi, laselezione delle informazioni adeguate, la sequenzialit delle fasi delcolloquio.

    3. Anche la retorica classica, quella di Aristotele perintenderci, sviluppata poi nella Roma antica da Cicerone e

    Quintiliano, fornisce indicazioni preziose a chi voglia renderela propria comunicazione pi efficace.

    Alla retorica sono stati attribuite colpe in parte esagerate: lamanipolazione dellaltro, la costruzione del consenso, luso artefattodelle informazioni per convincere e ottenere approvazione.Nellambito che ci interessa, quello della comunicazioneprofessionale, la ricerca del consenso o del vantaggio personale deve

    essere data per esclusa sulla base delle regole etiche e deontologicheche regolano qualsiasi relazione professionale. Nella retoricatroviamo invece indicazioni che non hanno mai perso la loro

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    attualit e validit per ci che riguarda larte di costruire un discorsoefficace. Ad esempio, quella che viene definita dispositio: larte didare ordine e chiarezza al discorso, uno strumento importante perpassare dal colloquio spontaneo al colloquio guidato per fasi eobiettivi di cui si parla nelle pagine precedenti. Cos come lelocutio(lo stile e il requisito del discorso) d indicazioni preziose sul mododi formulare le domande, di utilizzare e riassumere le paroledellaltro, di rendere chiaro ci che diciamo tenendo conto delle

    caratteristiche di chi ascolta. Le virt dellelocuzione ci abituano afondare le nostre scelte comunicative su alcune domande chiave:

    - A chi parlo?- Con quale obiettivo?- Cosa so di lui/lei/loro?- Cosa (sono) in condizioni di capire ?- Che attese ha ( hanno)?- In quale contesto mi trovo?

    E questa la base di quella che definiamo comunicazioneconsapevole.