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Magazine dell’ Il IL GIORNALE DELLARCHITETTURA ANNO 5, N. 39, MARZO 2011 (INCLUSO NEL GIORNALE DELLAR- CHITETTURA. NON VENDIBILE SEPA- RATAMENTE) ARCHITETTURA © LUC BOEGLY Luoghi nella storia 4+1 progetti in Francia, Italia, Portogallo e Spagna Il progetto del mese Ristorante della Scuola nazionale superiore di Arti e mestieri a Cluny di Bernard Desmoulin Ri_visitati I luoghi della Torino olimpica 5 anni dopo

il magazine dell'architettura

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Magazinedell’

Il IL GIORNALE DELL’ARCHITETTURA

ANNO 5, N. 39, MARZO 2011(INCLUSO NEL GIORNALE DELL’AR-CHITETTURA. NON VENDIBILE SEPA-RATAMENTE) ARCHITETTURA

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Luoghi nella storia4+1 progetti in Francia, Italia, Portogallo e Spagna

Il progetto del mese Ristorante della Scuola nazionale superiore di Arti e mestieri a Cluny di Bernard Desmoulin

Ri_visitati I luoghi della Torino olimpica 5 anni dopo

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Trasformazione museale del Forte Belvedere a Lavarone (Trento)

La torre, ubicata sul lato nord della Darsena Novissima,risale alla prima metà dell’Ottocento. Progettata come«macchina per alberare i vascelli», cade in disuso. Obiet-tivo del progetto, vincitore di uno dei quattro concorsi ban-diti nel 2006 da Arsenale di Venezia Spa (gli altri riguar-davano la costruzione di un ponte mobile tra le due spon-de del bacino interno e il recupero delle tese 105 - can-tiere partito nel 2010 - e 113) è stato quello di conser-vare e valorizzare la spazialità dell’edificio coniugando le

necessità della trasformazione in centro culturale e di stu-di. Al piano terra si trovano spazi per l’accoglienza e unasala conferenze; al piano primo, una sala espositiva. Adifferenti quote vengono ricavati mezzanini per uffici. Lepartizioni del nuovo sistema distributivo e dei volumi im-piantistici sono elementi distinti rispetto alle preesisten-ze. I materiali (cemento a vista, pannelli di fibrocementoa pavimento, lastre di acciaio Cor-ten cerato) dialoganoper contrasto di trama e campitura con quelli originari.

Progetto: MAP studio (Francesco Magnani e Traudy Pel-zel) con Matteo Sirinati Committente: Arsenale di Vene-zia Spa Strutture: Zero4uno Ingegneria Impianti: StudioAssociato Vio Impresa: Sacaim Cronologia: concorso2006, inaugurazione aprile 2011 Costo: 4,14 milioni(Agenzia del Demanio, Comune su fondi Prusst, Regio-ne Veneto su fondi Cipe) Foto: MAP studio Web:www.map-studio.it

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Recupero della torre di Porta Nuova all’Arsenale di Venezia

LE SEGNALAZIONI DEL MESETra paesaggio e riparazione

Luoghi nella storia

Spazi produttivi Gennaioe industrialiScuole FebbraioLuoghi nella storia MarzoCentri culturali AprileArchitetture modulari Maggiocontainer prefabbricazioneL’attacco a terra GiugnoCorporate Image Luglio

I temi del 2011

Cinque interpretazioni colte per luoghi den-si di significato dove materiali, forme e co-lori si stratificano nelle pieghe di una sto-ria non sempre benevola. Cinque esempi

vicini per ricchezza e cura del disegno, per l’usoesperto degli elementi costruttivi e dei materiali e peruna grammatica compositiva improntata al control-lo del progetto alle diverse scale. Cinque casi in que-sto senso davvero giovani, concepiti e tracciati con-trollando il layout e il dettaglio, con la padronanzapropria di una generazione già cresciuta con il dise-gno automatico e con tutta l’attenzione (talvolta an-che il gusto) per il particolare e la texture. Cinquearchitetture dove l’idea di restauro è declinata soprat-tutto in termini di contrappunto e il paradigma com-

positivo consiste in un calibrato contrasto di tessitu-re, colori e materiali. La triade vitruviana del restauro firmitas, utilitas, ve-nustas (consolidamento, accessibilità, finiture) si pre-senta interpretata con generoso ricorso a linee e ma-teriali moderni per rivestire o conformare elementi dirinforzo, scale di emergenza, impianti e biglietterie.Si conferma soprattutto la grande fortuna del costo-so acciaio Cor-ten, che già l’Italsider magnificavaper le applicazioni architettoniche nel lontano 1966e che, dopo il rame e le sue leghe, rappresenta oggiquasi un bene rifugio per gli architetti impegnati adisegnare pezzi nuovi in contesti storici. Gli oggettinon mancano di un certo fascino per disegno e fat-tura e riescono spesso a interpretare gli spazi, soprat-

tutto quando la qualità e la capacità evocativa delcontesto favoriscono un misurato affiancamento, co-me per la Torre di Porta Nuova all’Arsenale di Vene-zia e per il progetto del Forte Belvedere a Lavarone.Il difficile dialogo tra nuovo e vecchio (o addirittu-ra antico) non è sempre facile a dispiegarsi, e l’ine-vitabile tranello insito nel tema del frammento è sem-pre dietro l’angolo. I due progetti iberici per il sitoarcheologico della Praça Nova a Lisbona e per il Ca-stello di San Telmo a Siviglia sembrano in questo sen-so caratterizzarsi per un certo respiro nel disegno de-gli spazi, sebbene faccia capolino il dubbio che l’in-terpretazione del dato storico sia limitata a un, purgarbato, trattamento dei resti.❑ Davide Del Curto

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Il castello di São Jorge sorge sulla collina principale di Lisbo-na e ne rappresenta il nucleo più antico. All’interno delle suemura, a partire dal 1996, sono state effettuate diverse inda-gini archeologiche che hanno portato alla luce resti risalentiall’Età del ferro. Il progetto di musealizzazione ha scelto di ope-rare una netta delimitazione per circoscrivere il cuore degli sca-vi. Questa sorta di segno operato sul sito di pietre antiche eterra battuta è sottolineato dall’uso dell’acciaio Cor-ten, checrea una sorta di scrigno dentro le mura. Sulle fondazioni diun’antica dimora riportate alla luce è stato ricostruito l’ingom-bro degli spazi che la costituivano. Pareti bianche, essenziali,seguono il perimetro della preesistenza, in sospensione, pernon gravare sulle rovine. Solo sei punti di appoggio risolvonostrutturalmente il nuovo volume che sembra lievitare sulla Pra-ça Nova, cuore dell’antica città. Il progetto ha vinto il Prix deRome 2010 (settima edizione).

Progetto: João Luis Carrilho da Graça Arquitectos (FranciscoFreire, Vasco Melo, Pedro Abreu, Monica Ravazzolo, Paulo Bar-reto e Vanda Neto), Lisbona Progetto paesaggistico: João Go-mes da Silva Committente: Empresa de Gestão de Equipamen-tos e Animação Cultural de Lisbona Superficie: 3.500 mq Strut-tura: Estudio Betar (Marta Azevedo e Jorge Pinheiro) Cronolo-gia: progetto 2008, realizzazione 2010 Costo: 1 milione Foto:Fernando Guerra Web: www.jlcg.pt

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Il palazzo barocco di San Telmo venne realizzato nel XVII secolo in un’area extra moenia diproprietà del Tribunale dell’Inquisizione per ospitare il Collegio dell’Università del mare. Suc-cessivamente, a metà del XIX secolo, fu trasformato in residenza dei duchi di Montpensier fi-no a quando, ai primi del Novecento, fu ceduto all’Arcivescovado per essere trasformato inseminario. Nel 1989 è stato acquisito dalla Regione Andalusia. Il recupero dell’edificio, attra-verso un lungo processo, ha restituito la struttura originaria fortemente compromessa. La ri-costruzione ha mirato, più che al mimetismo storico, a una ricucitura spaziale che pone incontinuità inserimenti ex novo e preesistenze. Un’attenzione particolare è stata riservata alrecupero dei patii, dispositivi spaziali di primaria importanza nell’architettura tradizionale ispa-nico-musulmana. Il ripristino ha agito sia su quelli più rappresentativi e solenni che su quellipiù piccoli e informali che caratterizzavano l’ala sud del palazzo. Nel grande vuoto centrale èstato invece disegnato un sistema di recinti in cui si alternano varie tipologie di piante, frut-teti, giardini odorosi alternati a vasche d’acqua e luoghi di sosta.

Progetto: Guillermo Vázquez Consuegra con Marcos Vázquez Consuegra, Ismael Moya e Igna-cio González Ruiz Progetto paesaggistico: Teresa Galí Committente: Consejería de Economíay Hacienda, Junta de Andalucía (Regione Andalusia) Localizzazione: Siviglia, Spagna Struttu-re: Edartec Consultores Impianti: Insur J.G. Impresa: Ferrovial Agroman Superficie: edificio22.080 mq, patii e terrazze 3.590 mq, giardino 18.020 mq Cronologia: progetto 2000-2004,realizzazione 2005-2010 Foto: Duccio Malagamba Web: www.vazquezconsuegra.com

Musealizzazione del sito archeologico di Praça Nova a Lisbona

Realizzato dal Genio militare asburgico nel 1909-1912 per arrestare l’avanzata del-le truppe italiane dirette verso Trento, il Forte Belvedere Gschwent è una delle te-stimonianze più significative della Prima guerra mondiale in territorio italiano. Il pro-getto di recupero, volto all’allestimento di un museo storico con fini divulgativi e di-dattici dedicato al Forte e alle fortezze degli altipiani (ma anche alle più ampie pro-blematiche locali e internazionali della prima guerra mondiale), ha operato una sor-ta di ricostruzione filologica, attraverso una stratigrafia che legge le tracce delle di-verse storie susseguitesi in questo luogo, lasciando i segni forti della spogliazionedel forte. I materiali che contraddistinguono i nuovi volumi (come la biglietteria e lazona ristoro), o i nuovi segni (come il portone d’ingresso), sono netti e semplici: fer-ro ossidato e cemento bianco grezzo. Allo stesso modo sono trattati gli spogli inter-ni, con pavimenti in battuto di cemento o in larice grezzo e poche rugginose teche.

Progetto: Francesco Collotti e Giacomo Pirazzoli con Valentina Fantin Committente:Museo di Forte Belvedere - Werk Gschwent Localizzazione: Lavarone (Trento) Crono-logia: 1999-2009 Costo: 350.000 euro per bookshop, caffetteria e sistemazioniesterne; 1,2 milioni per il restauro e gli allestimenti Foto: Francesco Collotti, Sere-na Acciai Web: http://fc-site.com, www.gpspace.org

Sede della presidenza della Regione Andalusia a palazzo San Telmo, Siviglia

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Cluny: un segno sapienIn Borgogna, Cluny, paese di 4.800 anime, venera il passato della sua ab-

bazia. Fondata nel 910 per servire l’ordine di San Benedetto, non cesseràdi ampliarsi, per diventare nel Medioevo un centro intellettuale di primopiano in Europa. Prima della costruzione di San Pietro a Roma, la sua

chiesa era la più grande dell’Occidente. La rivoluzione francese l’ha distrut-ta e oggi rimangono solo il campanile dell’abbazia, una parte del transettosud, alcuni muri di cinta e le torri fortificate. Come riutilizzare un tale patrimonio e inserirvi l’architettura contemporanea?A inizio Novecento, la Scuola nazionale di Arti e mestieri, tra le più presti-giose scuole di ingegneria francesi, fornisce una prima risposta scegliendo d’in-sediarsi nel grande edificio conventuale del XVIII secolo dietro alla chiesa.La scuola gode del parco dell’abbazia, racchiuso da una cinta muraria chedisegna nel villaggio un paesaggio definito, incastonato nella calma e nellastoria. Solo la necessità d’insediare una nuova funzione poteva consentire l’innestonella cinta muraria di un elemento estraneo. Questo è il tema posto dal Con-siglio regionale della Borgogna quando, nel 2005, bandisce un concorso perdotare la scuola di un ristorante su un lotto d’angolo addossato alla cinta. Illotto, scelto nell’asse del Médasson, torrente che attraversa il quartiere, e vici-no alla scuola di danza progettata da Patrick Berger nel 2007, costituisce losbocco di una nuova strada che porta al centro storico. L’organizzazione interna e la capacità del progetto d’inserirsi nel sito con-

sentiranno a Bernard Desmoulin di aggiu-dicarsi il concorso, con il sostegno incondi-zionato dell’architetto capo dei MonumentsHistoriques e dell’architetto dei Bâtiments deFrance. Il suo intervento gioca sia sulla pre-senza che sulla cancellazione. Le diverse in-quadrature, un lavoro sui materiali, i contra-sti e le connivenze sono altrettanti principifondatori del progetto. Il ristorante s’inscrivenella traccia triangolare di una costruzionein rovina che ne definisce l’impianto, men-tre l’orientamento della pianta consente d’in-quadrare visivamente gli elementi salienti delsito. Al di là delle esigenze del programma,l’essenzialità del progetto risiede nello «sfrut-tamento» del paesaggio circostante costitui-

to dai bastioni, dalla torre di Buteveaux e dal piccolo canale di pietra. Duetipi di spazialità informano gli interni: quelle a vocazione tecnica (consegne,dispense, cucine) e quelle destinate alla ricezione (sala da pranzo degli stu-denti e degli ospiti, caffetteria e terrazze). Al piano terra, un lungo refettoriosvela il bastione dall’interno. Orientata a sud verso la nuova strada, una gran-de vetrata inquadra la vicina scuola di danza e il corso d’acqua che l’edifi-cio scavalca. Separato dal muro di cinta, uno stretto volume vetrato accoglie al piano su-periore un’altra sala da pranzo, lasciando spazio, verso l’abitato a sud-ovest,a una lunga terrazza in legno. Inquadrando l’abbazia, il volume simula unatorre coricata che ricorda quella vicina di Butevaux. Ogni facciata interpreta in modo diverso il rapporto con il contesto. A sud-ovest le sale da pranzo si aprono sul tessuto urbano. A sud-est, le poche aper-ture sono sottolineate dalle cornici in pietra che ricordano le murature esisten-ti, restaurate e conservate. Sul lato giardino, una cortina di cavi d’acciaio te-si tra pavimento e sbalzo smorza il basamento del ristorante con un velo ve-getale di piante rampicanti che lascia intravedere i commensali. Questa dop-pia facciata semi trasparente protegge sotto lo sbalzo una sorta di sala d’atte-sa esterna e stempera la franchezza con cui è trattato l’accostamento del nuo-vo edificio al monumento. Scelti in sintonia con il sito, i materiali identificano chiaramente le parti nuo-ve da quelle monumentali in un rapporto di contrasto. Più che di materialioccorre parlare di materie che conferiscono alla costruzione un aspetto immu-tabile che pare già contenere il suo processo d’invecchiamento. Serramenti diacciaio, lamine di acciaio arrugginito e legno s’innestano, solo sfiorandolo,sul tessuto medioevale, come se il ristorante fosse sempre stato lì.«Queste placche di acciaio Corten rivestono le coperture, le parti piene delle facciate e ilvolume. Dei listelli di legno creano all’interno delle trasparenze filtrate che riecheggianola ricchezza dei luoghi», dice Bernard Desmoulin. «Rispondendo alla sensibilità ealla qualità monumentale del sito, l’accostamento di questi materiali segna l’edificio comelo farebbe la corteccia di un albero».A Cluny, la prossimità del ristorante di Desmoulin con la scuola di danzadi Berger rinnova il contesto urbano di un villaggio intriso di storia e arte. Lacura richiesta dal confronto con un patrimonio monumentale così imponen-te sembra favorire lo sbocciare dell’architettura contemporanea. ❑ Lionel Blaisse

Ristorante della Scuola nazionale superiore

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IL PROGETTO DEL MESE

Rispondendo alla sensibilità e alla qualità

monumentale delsito, l’accostamento

contrastante di materiali segnal’edificio come lo

farebbe la corteccia di un albero

Progetto: Bernard Desmoulin Committente: Conseil regional deBourgogne Localizzazione: Cluny, Francia Impresa: Eiffage Cro-nologia: concorso 2005, cantiere 2008 - ottobre 2010 Dati quan-titativi: superficie coperta 1.230 mq Costo: 2.9 milioni Foto: LucBoegly Materiali e aziende. Calcestruzzo grezzo e acciaio Cor-ten; piastrelle sanitari e cucine: Casalgrande Padana; porte:Premdor Maggri; telai serramenti in alluminio: Kawneer tratta-to a ruggine; ascensori: Thyssen; illuminazione: Samode Enistein100 (sala da pranzo), Erco Parabelle (sospensioni della sala Vip),Bega (scale interne e terrazze), Thorn (giardino)

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ente vicino all’abbaziaperiore di Arti e mestieri di Bernard Desmoulin

Il progettistaBernard Desmoulin (Tolosa, 1953), siè formato con Henri Ciriani a Parigi.Dal 1984 al 1986 è stato borsista al-l’Accademia di Francia a Roma, al suoritorno vince il concorso per la realiz-zazione della Necropoli di Fréjus,inaugurata nel 1993. Ha lavorato perVilla Medici a Roma e a Parigi per laSalle Pleyel, il Musée Rodin e il Lou-vre. Nel 2000 ha ricevuto la medagliad’argento dell’Académie d’Architec-ture. Nel 2003 conclude il Musée du Pays di Sarrebourg, nomi-nato per l’Équerre d’argent, e nel 2006 la ristrutturazione par-ziale del Musée des Arts Décoratifs a Parigi. Nel 2009 vincel’Équerre d’Argent con il Conservatoire Léo - Delibes a Clichy-la-Garenne. Si è appena aggiudicato il concorso per il nuovoconservatorio del XII arrondissement di Parigi e quello per laMaison des Arts di Montreuil nella periferia di Parigi. Attual-mente lavora all’allestimento del Grand Commun nel castello diVersailles che verrà trasformato in spazi funzionali per l’Éta-blissement Public del castello. È docente all’École d’architec-ture di Paris Val de Seine.

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Fondazione ha generato una società, la Parcolimpico, chea sua volta ha assicurato per un trentennio la gestione de-gli impianti alla Set Up, diramazione italiana dell’ame-ricana Live Nation, corporation specializzata in grandieventi. Dal pubblico al privato in poche mosse, con lamotivazione di ripianare un consistente (e contestatissi-mo) deficit di bilancio entro il 2011.Nonostante le difficoltà, quest’assetto ha garantito la di-gnitosa sopravvivenza di molti impianti. A prescinderedallo stadio, utilizzato per le partite di Torino e Juven-tus, forse il caso di maggior successo è il Palavela di GaeAulenti e Arnaldo De Bernardi. Benché abbia compro-messo la leggibilità d’uno degli edifici più affascinanti diItalia ’61 (il Palazzo delle mostre progettato da Anniba-le e Giorgio Rigotti con Franco Levi e Nicolas Esquil-lan) l’edificio ospita non soltanto gare sportive di livellomondiale ma anche una patinoire al coperto che attira qual-cosa come 30.000 persone all’anno. Un discorso similepuò essere fatto anche per il Palaolimpico di Arata Isoza-ki e Pier Paolo Maggiora dove si svolgono i maggiorieventi al coperto della città: dal concerto di Bruce Sprin-gsteen alla presentazione della nuova Fiat 500. Il Palaz-zo del ghiaccio Tazzoli dello Studio De Ferrari, dal can-to suo, è sede di gara del Real Torino Hockey Club easpira a diventare un altro polo del ghiaccio cittadino.Persino l’Oval di Zoppini Associati e Studio Hok si stapazientemente integrando al centro fieristico del Lingot-to: l’ultima edizione di Artissima, pur con qualche no-do irrisolto, ha testimoniato che un futuro è ancora pos-sibile per quest’immenso salone senza qualità.Anche per i sei Villaggi media la situazione pare piutto-sto serena: di là dalle qualità architettoniche dei singoliedifici, piuttosto altalenanti, due sono divenuti residenzauniversitaria dell’Edisu, uno è in uso al ministero dellaDifesa, un altro all’International Labour Organization,due sono divenuti residenze. Per fortuna la città cresce an-che indipendentemente dagli eventi olimpici e riesce co-sì ad assorbire nella sua regola anche le eccezioni.Pertanto, stanno tutti bene? Questo no. Accanto a que-sti episodi di relativo buongoverno occorre tener presen-te situazioni assai critiche. Su tutte, lo sfacelo che, in mo-do paradossale, ha colpito il luogo più emblematico diTorino 2006. Il Villaggio olimpico, coloratissimo insiemedi case a ridotto consumo energetico costruito sui proget-ti di un team di studi d’architettura coordinati da Bene-detto Camerana, mostra i segni inequivocabili di un’in-curia che ha compromesso gli spazi comuni e rende dif-ficoltoso abitare le case, occupate peraltro da inquilini ete-rogenei: la stessa Fondazione Top, l’Agenzia regionaleper la protezione dell’ambiente (Arpa), la foresteria del-la Città di Torino insieme a qualche alloggio. Ancor piùgrave è l’abbandono degli ex mercati generali di Um-berto Cuzzi, capolavoro della costruzione in cemento ar-

R iuscì persino a nevicare a metà di quel febbraio2006, quando Torino si trasformò in WinterOlympic Games Host City: anche il tempo ave-va deciso di contribuire al successo di un even-

to fino a pochi anni prima nemmeno immaginabile. Laville industrielle in dismissione si ritrovava al centro d’unascena mediatica imprevista, lontano dai luoghi comunidell’understatement subalpino. Nei giorni precedentil’inaugurazione, una strana frenesia aveva guidato lachiusura d’innumerevoli cantieri mentre le strade si ad-dobbavano a festa d’un rosso sgargiante: da sotto ai pon-teggi emergeva una città di cui gli abitanti e gli ospiti pa-revano (ri)appropriarsi con meraviglia, quasi non siaspettassero di trovarla così bella.All’inaugurazione dei Giochi tutto sembrò aver funzio-nato alla perfezione, in città così come in Val Susa e ValChisone: la macchina organizzativa non aveva avuto ri-tardi significativi, i siti olimpici riuscirono a ospitare sen-za problemi gare, atleti, giornalisti, pubblico. Nuovi edi-fici firmati da architetti famosi, impianti sportivi di qua-lità parevano destinati a ridisegnare il futuro di Torino edelle sue valli quale polo internazionale di sport inverna-li. D’altronde in città la sinergia tra le nuove opere olim-piche e i grands travaux programmati da tempo (la costru-zione della prima linea di metropolitana o la coperturadel piano del ferro con la realizzazione della cosiddettaspina centrale) sembrò dare uno slancio nuovo, invocatoalmeno dalla grande crisi degli anni settanta.Que reste-t-il de ces beaux jours? A cinque anni di distan-za è possibile fare un bilancio. Anzi forse sarebbe dove-roso, soprattutto da parte di quelle amministrazioni pub-bliche che hanno investito notevoli capitali, economici esociali, nell’avventura: anche perché, nonostante le fero-ci critiche mosse dalla cultura antagonista, non tutto è an-dato perduto.A quel che sarebbe successo all’indomani dei Giochi s’ècominciato a pensare con relativo tempismo. Fin dal 20marzo 2006, su iniziativa di Comune, Provincia, Regio-ne e Coni, è stata costituita la Fondazione «XX Marzo»o Torino Olympic Park (Top), destinata a «gestire e pro-muovere gli impianti lasciati in eredità dai Giochi»: oltre ai luo-ghi delle gare nelle valli alpine, a Torino si occupa di Pa-lavela, Palaolimpico e Villaggio degli atleti. A tal fine la

mato degli anni trenta. Dopo un tentativo di trasforma-zione in centro commerciale nonché vari progetti cam-pati in aria (museo, campus universitario, science center)l’ultima proposta, cui parrebbe interessato un colosso co-me Virgin, riguarda la trasformazione di questi spazivuoti in un colossale centro dedicato al benessere. Nel-l’attesa, rimane solo il degrado delle strutture vecchie enuove.Terminati i Giochi, su alcuni siti olimpici le gare sem-brano ancora aperte. Gli enti pubblici si sono trovati adamministrare un patrimonio dal valore eccezionale ma lacui gestione è complicata e costosa; i privati non inten-dono contribuire a ripianare un disavanzo enorme o, tal-volta, paiono soltanto in attesa di vedere il momento incui s’aprirà la stagione dei saldi. È giunto il momento diridiscutere con serenità e trasparenza i destini della cittàpostolimpica: perché continui ad avere una minima cre-dibilità lo slogan del 2006, secondo cui passion lives here.

Ri_visitati da Sergio Pace

Torino olimpica +5

abbinato a «Il Giornale dell’Architettura»è una testata edita dalla Società editrice Umberto Allemandi & C. spa8 via Mancini, 10131 Torino, tel. 011.81 99 111 - fax 011.81 93 090e-mail: [email protected]

Direttore scientifico: Carlo OlmoDirettore responsabile: Umberto AllemandiCaporedattore: Luca GibelloRedazione: Roberta Chionne, Cristiana Chiorino, Laura MilanImpaginazione: Elisa BussiPubblicità: Angela Piciocco 011.81.99.153, [email protected] Stampa: Cast, Moncalieri (To)

«Il Magazine dell’Architettura»

Su alcuni siti le gare

sembrano ancoraaperte. Gli enti

pubblici si sonotrovati ad

amministrare unpatrimonio dal valore

eccezionale ma lacui gestione ècomplicata e

costosa. È giuntoil momento di

ridiscutere conserenità e

trasparenza idestini della città

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Villaggio olimpico

Ex mercati generali

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UMBERTO ALLEMANDI & C.

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