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..........................................................................................................Il gaHo e la farfalla StoryWare: ovvero pagine dedicate a racconti fantasy e di fantascienza. Questo mese ci occupiamo del racconto «Il gatto e la farfalla» di Francesco Grasso e, nelle news, del IX Premio di Letteratura Fantastica Courmayeur. a cura di Marco Calvo A volte, qui in redazione (o meglio, lì in redazione perché lavoro a casa, bene- detta telematica) arrivano dei pacchetti che sono dei capolavori. Ne ho appena aperto uno di Giovanna Griffo, di Latina: il dischetto era immerso in un cuscinet- to di gommapiuma, sagoma- to (a mano) in modo perfet- to. Non so se ringraziare Giovanna per l'amorevole cura con la quale ha realizza- to l'imballo, o sentirmi di- spiaciuto per averlo dovuto rompere ... sì, sì, va bene ... sto divagando, torno alla co- sa che ci riguarda di più: i racconti. Questo mese pub- blichiamo «Il gatto e la far- falla» di Francesco Grasso. Francesco ci è già noto per- ché oltre ad essere uno dei pochi italiani che sia stato ospitato sulle pagine di Ura- nia, è stato pubblicato in questa stessa rubrica alcuni mesi fa. Il racconto «Il gatto e la farfalla» è narrato in sogget- tiva, con la particolarità che il narrante non è un essere umano, non è nemmeno un extra terres tre, come tradi- zione fantascientifica vorreb- be, ma è più semplicemente (si fa per dire) un gatto. La storia suscita un insieme di emozioni contrastanti. Sicu- ramente la situazione è, di per sé, comica, ma non mancano elementi per rima- nere quanto meno inquieti ... Decidete da soli, come al solito Francesco ha saputo scrivere una storia scorrevo- lissima che si legge in un at- timo. Tornando alla simpatica Giovanna Griffo, dopo aver parlato del suo pacchetto, forse qualcuno è curioso di sapere com il racconto (per la cronaca, e per gli ab- bonati a MC-link che posso- no trovarlo on-line nell'area FS-RACCONTI, il racconto si intitola «Il Pasto Nero»). A beneficio di chi - bontà sua - ogni tanto mi chiede pareri, approfitto dell'occa- sione per ribadire la mia to- tale inadeguatezza ad espri- merne di «autorevoli», quel- le che seguono sono sem- plicemente le impressioni di un lettore come un altro (non sono un critico lettera- rio!). Ma bando alle ciance: a mio modesto avviso, il rac- conto di Giovanna non è ma- le. Racconta di un bambino colpito da uno strano morbo che cerca la salvezza, insie- me al fratello, su un altro pianeta: la Terra. L'autrice ha preso spunti per la sua storia dalle fonti più diverse, dalla Bibbia al film «Soylent Green». Forse Giovanna do- vrebbe asciugare un po' il suo stile, e cercare di rende- re meno facilmente intuibile quello che sta per accadere. E questo un suggerimento che indirizzerei a buona par- te degli autori che mi invia- no - gentilmente - i loro rac- conti. Cara Giovanna, accor- cia di un buon 30% il tuo racconto e rispediscimelo, la sostanza c'è, va solo resa un po' più agile e «intrigan- te». OK, anche per questo mese è tutto, comincio a pensare al numero di dicem- bre, nel quale, si sa, bisogna essere più buoni ... A presto. Marco Calvo è raggiungibile su MC- link alla casella MC3363 e tramite In- ternet all'indirizzo marco. calvo- @mc/ink.it Il ga"o e la farfalla racconto di: Francesco Grasso La farfalla dorme tranquilla/ Poggiata alla campana del tempio/ Finché questa suonerà. (B. Taniguchi) L'alba di oggi, umida, gri- gia, tetra, è quasi un insulto alla notte. Fermo al limitare del giardino, la coda ritta co- me un ago di pino, annuso l'aria, aspettando il momento propizio per sgattaiolare den- tro casa. Nonostante mi trovi sottovento, l'odore di Baffo- ne mi giunge debole, sugge- rendomi che egli sia lontano. Ma io non mi illudo: so che è lì, perennemente in agguato, ben deciso a difendere il ter- ritorio che lui stesso si è as- segnato contro ogni intruso, me compreso. Non mi odia neppure: semplicemente si diverte a terrorizzarmi, a soffiarmi con- tro, a corrermi dietro minac- ciandomi con gli artigli, per dimostrare che lui è il più for- te, che lui è il signore del giardino e della collina, ed io solo un vigliacco incapace di affrontarlo. Ricordo la prima volta che ci siamo trovati muso a mu- so, io ancora un micetto di pochi mesi, lui già un grosso maschio dominante. Allora si limitò ad umiliarmi, spruzzan- domi addosso la sua urina, simbolicamente a marcarmi come sua proprietà, a mette- re le cose bene in chiaro: do- vetti leccarmi per ore prima di riuscire a togliermi dal pe- Io il suo odore. Da allora non me la sono cavata più con così poco: porto addosso i segni di ogni nuovo incontro, almeno delle volte in cui non sono riuscito a correre più veloce di lui. Ha detto che prima o poi mi uc- ciderà, se non la smetto di bazzica re la sua zona. E chissà, forse potrebbe anche finire così. Basta ricordi: è ora di muoversi. Salto sul muro di recinzione, lo percorro per buona parte della lunghezza. Un altro balzo e sono a terra, proprio davanti alla finestra dall'imposta rotta che porta alla cantina: sono quasi in salvo. È a quel punto che la ve- do. Tutte le motivazioni con cui tento di convincermi che vale la pena vivere lì nono- stante la minaccia di Baffo- ne, e cioè cibo sicuro, un tet- to cui sono affezionato, l'as- senza di cani e di automobili nel circondario (la strada che dal paese risale la collina e giunge alla villa è sempre de- serta), non sono altro che fandonie. La verità è che re- sto soltanto per lei: dovrei riuscire ad ammetterlo, una volta o l'altra, se non altro a me stesso. Coda macchiata dorme ac- ciambellata su una vecchia sedia da giardino semicoper- ta dall'edera. È bellissima con quel pelo bianco intorno al corpo, le zampe ed il mu- so color salmone, la coda ne- ra come una notte senza stelle. Col sangue in ebolli- zione mi avvicino trotterel- lando e sfrego dolcemente la testa contro il suo ventre profumato. Lei si sveglia, si stira, sba- diglia e mi guarda con quegli occhioni gialli che mi fanno impazzire. - Ah, sei tu ... - mi fa capire con lo sguardo, per nulla stu- 274 MCmicrocomputer n. 156 - novembre 1995

IlgaHo e la farfalla -  · L'illustrazione per il racconto ,,/I gatto e la farfalla" è di Paola Fortunati pita - Credevo che Baffone ti avesse detto di non farti più vedere

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Page 1: IlgaHo e la farfalla -  · L'illustrazione per il racconto ,,/I gatto e la farfalla" è di Paola Fortunati pita - Credevo che Baffone ti avesse detto di non farti più vedere

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Il gaHo e la farfallaStoryWare: ovvero pagine dedicate a racconti fantasy e di fantascienza.

Questo mese ci occupiamo del racconto «Il gatto e la farfalla» di Francesco Grasso e,nelle news, del IX Premio di Letteratura Fantastica Courmayeur.

a cura di Marco Calvo

A volte, qui in redazione(o meglio, lì in redazioneperché lavoro a casa, bene-detta telematica) arrivanodei pacchetti che sono deicapolavori. Ne ho appenaaperto uno di GiovannaGriffo, di Latina: il dischettoera immerso in un cuscinet-to di gommapiuma, sagoma-to (a mano) in modo perfet-to. Non so se ringraziareGiovanna per l'amorevolecura con la quale ha realizza-to l'imballo, o sentirmi di-spiaciuto per averlo dovutorompere ... sì, sì, va bene ...sto divagando, torno alla co-sa che ci riguarda di più: iracconti. Questo mese pub-blichiamo «Il gatto e la far-falla» di Francesco Grasso.Francesco ci è già noto per-ché oltre ad essere uno deipochi italiani che sia statoospitato sulle pagine di Ura-nia, è stato pubblicato inquesta stessa rubrica alcunimesi fa.

Il racconto «Il gatto e lafarfalla» è narrato in sogget-tiva, con la particolarità cheil narrante non è un essereumano, non è nemmeno unextra terres tre, come tradi-zione fantascientifica vorreb-be, ma è più semplicemente(si fa per dire) un gatto. Lastoria suscita un insieme diemozioni contrastanti. Sicu-ramente la situazione è, diper sé, comica, ma nonmancano elementi per rima-nere quanto meno inquieti ...Decidete da soli, come alsolito Francesco ha saputoscrivere una storia scorrevo-lissima che si legge in un at-timo.

Tornando alla simpaticaGiovanna Griffo, dopo averparlato del suo pacchetto,forse qualcuno è curioso di

sapere com 'è il racconto(per la cronaca, e per gli ab-bonati a MC-link che posso-no trovarlo on-line nell'areaFS-RACCONTI, il racconto siintitola «Il Pasto Nero»).

A beneficio di chi - bontàsua - ogni tanto mi chiedepareri, approfitto dell'occa-sione per ribadire la mia to-tale inadeguatezza ad espri-merne di «autorevoli», quel-le che seguono sono sem-plicemente le impressioni diun lettore come un altro(non sono un critico lettera-rio!).

Ma bando alle ciance: amio modesto avviso, il rac-conto di Giovanna non è ma-le. Racconta di un bambinocolpito da uno strano morboche cerca la salvezza, insie-me al fratello, su un altropianeta: la Terra. L'autriceha preso spunti per la suastoria dalle fonti più diverse,dalla Bibbia al film «SoylentGreen». Forse Giovanna do-vrebbe asciugare un po' ilsuo stile, e cercare di rende-re meno facilmente intuibilequello che sta per accadere.E questo un suggerimentoche indirizzerei a buona par-te degli autori che mi invia-no - gentilmente - i loro rac-conti. Cara Giovanna, accor-cia di un buon 30% il tuoracconto e rispediscimelo, lasostanza c'è, va solo resaun po' più agile e «intrigan-te».

OK, anche per questomese è tutto, comincio apensare al numero di dicem-bre, nel quale, si sa, bisognaessere più buoni ...

A presto.

Marco Calvo è raggiungibile su MC-link alla casella MC3363 e tramite In-ternet all'indirizzo marco. calvo-@mc/ink.it

Il ga"o e la farfallaracconto di: Francesco Grasso

La farfalla dorme tranquilla/Poggiata alla campana deltempio/Finché questa suonerà.

(B. Taniguchi)

L'alba di oggi, umida, gri-gia, tetra, è quasi un insultoalla notte. Fermo al limitaredel giardino, la coda ritta co-me un ago di pino, annusol'aria, aspettando il momentopropizio per sgattaiolare den-tro casa. Nonostante mi trovisottovento, l'odore di Baffo-ne mi giunge debole, sugge-rendomi che egli sia lontano.Ma io non mi illudo: so che èlì, perennemente in agguato,ben deciso a difendere il ter-ritorio che lui stesso si è as-segnato contro ogni intruso,me compreso.

Non mi odia neppure:semplicemente si diverte aterrorizzarmi, a soffiarmi con-tro, a corrermi dietro minac-ciandomi con gli artigli, perdimostrare che lui è il più for-te, che lui è il signore delgiardino e della collina, ed iosolo un vigliacco incapace diaffrontarlo.

Ricordo la prima volta checi siamo trovati muso a mu-so, io ancora un micetto dipochi mesi, lui già un grossomaschio dominante. Allora silimitò ad umiliarmi, spruzzan-domi addosso la sua urina,simbolicamente a marcarmicome sua proprietà, a mette-re le cose bene in chiaro: do-vetti leccarmi per ore primadi riuscire a togliermi dal pe-Io il suo odore.

Da allora non me la sonocavata più con così poco:porto addosso i segni di ogni

nuovo incontro, almeno dellevolte in cui non sono riuscitoa correre più veloce di lui. Hadetto che prima o poi mi uc-ciderà, se non la smetto dibazzica re la sua zona. Echissà, forse potrebbe anchefinire così.

Basta ricordi: è ora dimuoversi. Salto sul muro direcinzione, lo percorro perbuona parte della lunghezza.Un altro balzo e sono a terra,proprio davanti alla finestradall'imposta rotta che portaalla cantina: sono quasi insalvo.

È a quel punto che la ve-do. Tutte le motivazioni concui tento di convincermi chevale la pena vivere lì nono-stante la minaccia di Baffo-ne, e cioè cibo sicuro, un tet-to cui sono affezionato, l'as-senza di cani e di automobilinel circondario (la strada chedal paese risale la collina egiunge alla villa è sempre de-serta), non sono altro chefandonie. La verità è che re-sto soltanto per lei: dovreiriuscire ad ammetterlo, unavolta o l'altra, se non altro ame stesso.

Coda macchiata dorme ac-ciambellata su una vecchiasedia da giardino semicoper-ta dall'edera. È bellissimacon quel pelo bianco intornoal corpo, le zampe ed il mu-so color salmone, la coda ne-ra come una notte senzastelle. Col sangue in ebolli-zione mi avvicino trotterel-lando e sfrego dolcemente latesta contro il suo ventreprofumato.

Lei si sveglia, si stira, sba-diglia e mi guarda con quegliocchioni gialli che mi fannoimpazzire.

- Ah, sei tu ... - mi fa capirecon lo sguardo, per nulla stu-

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L'illustrazione per il racconto ,,/I gatto e la farfalla" è di Paola Fortunati

pita - Credevo che Baffone tiavesse detto di non farti piùvedere.

- Non posso farne a meno- ribatto allo stesso modo -Tu sai il perché.

Lei mi allontana con unazampata, infastidita dalla miaimpertinenza, o forse spa-ventata. Coda macchiata faparte dell'harem di Baffone,naturalmente: tutte le fem-mine ed i piccoli che abitanoil giardino gli appartengono.Lui però non le dimostragrande interesse. La prende,qualche volta, ma più spessola trascura. Lei è insoddisfat-ta, ma non farebbe mai nien-te che potesse danneggiareo ferire il signore della colli-na. Sarebbe contro l'ordinenaturale delle cose: le fem-mine si concedono ai maschipiù forti, così come il solesorge ogni mattina.

- E tu sai bene qual è l'uni-co modo in cui potrai ottene-re ciò che vuoi - mi spiegafreddamente Coda macchia-ta. - Sconfiggendo Baffone,prendendo il suo posto.

Mi irrito sempre quandolei mi compatisce. - Un gior-no o l'altro lo farò. Credi nonne sia capace?

- Sei ancora qui, piccolosgorbio? - ringhia qualcunoalle mie spalle. I peli mi si riz-zano sulla nuca, quando mivolto e vedo la massiccia sa-goma di Baffone stagliars,icontro il sole che nasce. Egrande, immenso; un man-tello rosso tigrato, le zamperobuste, il muso piatto, unorecchio dal lobo sfrangiato,frutto di chissà quale anticalotta, e un odore aspro chemi atterrisce. Dietro di lui, laschiena arcuata e gli artigliscoperti in solidarietà servileal loro signore, Macchiabian-ca e Occhiosolo, le due fem-mine anziane dell'harem. Soche mi disprezzano e, purnon entrando nel merito del-le lotte tra i maschi, com'ègiusto, mi sono decisamenteostili.

- Adesso basta, sgorbio -soffia Baffone. - Mi sono stu-fato di averti ancora tra lezampe. Voglio farla finita conte.

Mi si lancia contro. Ma ioho imparato a conoscere il

suo modo di combattere, elui non è più veloce come untempo. Salto di lato e schivol'attacco. Non del tutto, vistoil brutto graffio che le sueunghie mi lasciano sulla zam-pa. Ma non è il momento dibadare al dolore: devo solopensare a correre, più velocedei pensieri, più veloce dellapaura.

Attraverso il giardino in unlampo e mi rifugio nella villa.Baffone fa per seguirmi, poiesita, soffia ancora, rinuncia:da bravo gatto di strada, nonsi sente a suo agio tra le pa-reti erette dagli uomini. Il no-stro confronto finale è riman-dato.

- Ti aspetto - ringhia impo-tente. - Prima o poi dovraiuscire. Ed io sarò qui, adaspettarti.

Non gli rispondo. Depres-so, mi aggiro per casa in cer-ca di un posto tranquillo do-ve leccarmi le ferite. L'uomoè appena tornato: sento ilsuo odore. Ma non bada ame, come sempre. Megliocosì: è un essere strano, chenon sempre capisco, dallereazioni imprevedibili.

Mi ha lasciato il piatti nocon il latte. Tutt'altro che fre-sco, naturalmente. Gli doqualche leccata, poi lo ab-bandono. Non ho voglia dimangiare, preso come sonodalle mie preoccupazioni.L'ansia mi tormenta. Comeuscire da questa situazione?Baffone è molto più forte dime: non ho alcuna speranzadi sconfiggerlo fisicamente.Non posso pensare di sfug-girgli per sempre, né di con-tinuare a vivere in questa an-goscia. Che fare?

Guardando il soprabitolungo e scuro appeso nell'in-gresso mi rendo conto di in-vidiare l'uomo. È una creatu-ra semplice, senza problemi.Cosa può saperne di quantosia dura la vita?

A volte mi piacerebbe vi-vere così, senza preoccupa-zioni. Prendiamo le pulci, adesempio. Mi fanno impazzi-re: passo ore ed ore a grat-tarmi, a leccarmi il pelo e lezampe, e ne ho sempre qual-cuna nascosta addosso. El'uomo, invece? Niente. Nonl'ho mai visto grattarsi. Per

qualche oscuro motivo, i pa-rassiti sembrano ignorarlo.

O ancora, prendiamo leautomobili ... So già che, seBaffone non mi ucciderà pri-ma, quasi certamente moriròsotto le ruote di questi mo-stri di metallo. È inevitabile.Non ho mai visto un gatto distrada giungere alla vec-chiaia: prima o poi finisconotutti appiattiti sull'asfalto,cervella e viscere schizzatefuori come succo da un'aran-cia, la carcassa macchiata disangue, fango e nafta, lascia-ta a marcire per giorni, agonfiarsi e riempirsi di larve

STORYWARE

di mosca, fin quando unapioggia pietosa non li portavia ...

Triste destino. Gli uominiinvece, a quanto pare, hannoun patto misterioso con leautomobili. Non ho mai capi-to se siano essi a controllarleo piuttosto siano loro servi ..Fatto sta che non le temono,e non ne sono minacciati ...Che rabbia: farei di tutto peravere una simile fortuna.

E le lotte per la suprema-zia sessuale? L'uomo non haneppure questo problema.Non che io sia un esperto,ma sono arrivato a distingue-

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re i maschi dalle femmine,nonostante i loro odori sianocosì simili. Ebbene, vedospesso maschi occupare lostesso territorio, femmineappartarsi insieme senza mi-nimamente azzuffarsi, senzaneppure soffiarsi contro.Non riesco quasi a crederci.

Che problemi possonomai avere gli uomini? Nonhanno nemici naturali, i canisono loro servitori, non te-mono la pioggia, sembra nonabbiano mai fame, non devo-no combattere per aver dirit-to di accoppiarsi. Una vitaideale, magari un po' piatta,squallida ma ... Credetemi,sarà una follia, ma a volte mipiacerebbe provarla ...

Prendete l'uomo con cui

condivido questa villa. Dor-me tutto il giorno, con unatranquillità che invidio, io chesobbalzo ad ogni rumore.Pensate: io devo cercarmi unangolino caldo per riposare,lui ha un posto adibito a que-sto scopo, e non ha bisognod'altro. Dopo il tramontoesce, senza doversi preoccu-pare del freddo. Non ha unapelliccia come la mia, incompenso possiede un'infi-nità di roba da mettersi in-dosso, e non deve neppureleccarla per mantenerla puli-ta. Non lo vedo mai mangia-re: forse non ne ha bisogno;certo non tanto spessoquanto me, che sono peren-nemente affamato. Ciò chemi lascia non basta quasi

mai, e in cucina non si trovaniente di niente. Sono co-stretto a cercar cibo fuori,nelle case dei contadini,spesso perfino al paese, cheè ben distante, affrontandola minaccia di Baffone.

A volte, per fortuna di ra-do, mi prende sulle sue gi-nocchia e mi arruffa il pelo.Ha le dita fredde, gelate, enon riesce assolutamente acapire come deve grattarmi.Ma io, per pura cortesia, lolascio fare, lo onoro perfinocon le mie fusa. Peraltro,non si accorge neppure cheio esisto. E invece avrebbebuoni motivi per ringraziarmi.Per dirne una, se non ci fossiio avrebbe la casa invasa dal-le lucertole, visto che lascia il

giardino in uno stato penoso.Le prime volte, per dimo-strargli il mio impegno, depo-nevo ai suoi piedi i rettili checatturavo, e mi mettevo co-scienziosamente a macellarliin sua presenza. Conosceteil gioco, no? Libero la lucer-tola davanti al muso, intonti-ta e paralizzata dal terrore.Le do qualche colpettino conla zampa, giusto per spronar-la a reagire; non appena ten-ta di scappare, estraggo leunghie e le taglio una zampa;poi l'altra, poi la coda, e cosìvia. Le lucertole durano alungo: muoiono soltantoquando si taglia loro la testa.E anche allora, i vari pezzi delcorpo continuano ad agitarsi,come macabri ballerini al rit-

Invito chiunque abbia novità che riguardano la letteratura, la fan-tascienza oppure il connubio letteratura+informatica in particolare,a segnalarmele via e-mail all.indirizzo:[email protected]. o perposta ordinaria al recapito: Technimedia 1 StoryWare - Via CarloPerrier, 9 - 00157 Roma.

Premi di letteratura fantastica: IX premio Courmayeur

Nella speranza di far cosa gradita, continuo a segnalare premi econcorsi dedicati alla letteratura fantastica. Si tratta di iniziativeaperte a tutti, anche se a pagamento (le pubblicizzo comunqueperché la quota di partecipazione è di solito ragionevolmentebassa). AI dunque: spedendo un racconto non piùlungo di 30 cartelle (di 30 righe per 60 battute l'una)entro il 15 gennaio 1996 presso la Segreteria delPremio Courmayeur c/o Ass. Op. Tur. Monte Bian-co - piazzale Monte Bianco, 3 - 11013 Courmayeur(Aosta) si potrà partecipare al IX premio Courmayeur,che prevede un primo premio pari a L. 1.000.000 in get-toni d'oro (L. 500.000 al secondo classificato, e così via). La quotadi partecipazione è di lire 10.000 per il primo racconto e di lire5.000 per i successivi (max 2). Il premio prevede una categoria perla fantascienza e una categoria per la fantasy (con montepremi se-parati). Suggerisco di richiedere il bando di concorso completo pri-ma di inviare qualche racconto.

Abnormalia

Mi comunica Daniele Paccaloni (e-mail: [email protected]) che è nata una pagina WEB interamente dedicata ai rac-conti di fantascienza. Il suo nome è Abnormalia. Per alcuni anniAbnormalia è stata diffusa solo su floppy disk per sistemi Amiga,ma da alcune settimane la fanzine si è trasferita su WWW e, diceDaniele, aspetta racconti (le opere devono essere originali e noncoperte da copyright).

Ecco le coordinate: http://www.infosquare.it/~abnorm/ab-nO.htm.

Liber Liber

La biblioteca elettronica del progetto Manuzio trasloca! Con

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qualche piccolo inconveniente (il vecchio indirizzo non funzionapiù) la biblioteca elettronica di classici della letteratura italiana si ètrasferita da ftp://ghost.dsi.unimi.it/pub2/papers/basagni/Ma-nuzio (che, ripeto, non è più operativo) a ftp://ftp.dsi.unimi.itIDSl/basagni/Manuzio. Il path è ora più «standard» e facile da ri-cordare, ed anche la struttura di directory è più razionale. Grazie almirror ftp://sunsite.dsi.unimi.it/pub/culture/Manuzio messoci a di-sposizione dalla Sun computer e dall'Università di Milano, ora la

connettività del progetto Manuzio è molto alta. Ma non è fi-nita qui; Liber Liber (che patrocina il progetto Manuzio)sta accordandosi con l'Università <da Sapienza» di Roma

per un ulteriore sito FTP e WWW e, se tutto va bene, perun laboratorio destinato agli studenti che volessero col-laborare al progetto (se sei iscritto alla Sapienza, con-tatta Liber Liber per ulteriori informazioni).

Chiudo con le solite indicazioni per il prelievo (gra-tuito) dei testi: grazie alle utility di compressione dei dati, l'intera«biblioteca elettronica» del progetto Manuzio, composta al mo-mento da più di 50 opere, tra cui la Guida a Internet della Electro-nic Frontier Foundation, la Divina Commedia, I Malavoglia, I Pro-messi Sposi, ecc., occupa solo cinque floppy disk ad alta densità.Possono accedere GRATUITAMENTE a questa raccolta, tutti colo-ro che hanno accesso a Internet; basta collegarsi al seguente indi-rizzo elettronico dell'Università di Milano: ftp:/Isunsite.dsi.unimi.it/pub/culture/Manuzio oppure: ftp://ftp.dsi.unimi.itIDSI/basagni/Manuzio.

Chi non dispone di modem può richiedere l'invio di uno o piùfloppy disk del progetto Manuzio (al costo unitario, a titolo di rim-borso spese, di lire 10.000.

Per tutti e cinque i floppy il rimborso rimane pari a lire 40.000)tramite conto corrente postale numero 73225005 intestato a: LiberLiber, Via Cina, 40 - 00144 Roma, con causale: <di sottoscritto <no-me e indirizzo> desidera <numero di floppy disk da inviare> con-tenenti i testi del progetto Manuzio».

In alternativa al conto corrente è possibile inviare il denaro trami-te assegno o con un vaglia (questi ultimi due sistemi sono più ve-loci). Non ci si dimentichi di specificare sempre, in stampatello benleggibile, il proprio indirizzo! Il numero di telefono di Liber Liber perinformazioni a voce è 06/52.20.05.05, il recapito e-mail è:[email protected]. Si ringrazia la Technimedia per lo spazioconcesso.

MCmicrocomputer n. 156 - novembre 1995

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mo di una musica silenziosa.Ma lui non apprezzava.

Anzi, sembrava che lo spet-tacolo lo irritasse. Ho ricevu-to più di un colpo di scopaprima di capire che, chissàperché, detesta vedere testemozzate di lucertola abban-donate in giro per casa, spe-cie sui tavoli e sulle poltrone.

Da allora caccio soltantoper il piacere personale. A luinon interessa. Sembra cheniente lo interessi. Come di-cevo, vive una vita semplice,squallidamente facile, senzaproblemi. Lo confesso, sem-pre più spesso mi sorprendoa invidiarlo. Non so, forse mipiacerebbe essere un uomo,per smettere di lottare ognisingolo istante della mia esi-stenza, per potermi final-mente rilassare in un tran-quillizzante oblio dei sensi.O, più prosaicamente, perprendere a calci Baffone sinoa farlo scomparire dalla fac-cia della Terra. Sì, mi piace-rebbe.

A volte faccio di questi so-gni ... Un tempo, lo ricordo,vagheggiavo di trasformarmiin farfalla, una diafana farfalladalle ali variopinte, con nes-sun impegno nella vita piùgravoso di quello di scegliereil fiore su cui posarmi. Riu-scite a immaginarvi un'esi-stenza più riposante di quelladi una farfalla? Le farfallenon hanno pensieri, tanto-meno preoccupazioni. Nonhanno nemmeno paura: vivo-no un giorno solo, perchédovrebbero preoccuparsi del-la morte, di essere catturatee fatte a pezzi da noi gatti,ad esempio? Cos'hanno daperdere? Mi è capitato più diuna volta, mentre con curafacevo a brani le ali di una fa-lena, di provare invidia perlei, per la sua stupida noncu-ranza. E forse, forse avreiperfino voluto invertire i no-stri ruoli.

Sogni folli, ovviamente,niente di più. Bisogna accet-tare il fardello e le responsa-bilità di essere nato gatto,me ne rendo conto. Nonposso cambiare la mia natu-ra, per quanto lo desideri ..

Mi desto da questi pen-sieri pigri sentendo l'uomoborbottare. Cosa sta facen-

do? Come mai è sveglio? Èinsolito vederlo così attivo efrenetico a quest'ora delgiorno. Alzo la testa dal cu-scino del divano e lo osservoperplesso. Corre da una fine-stra all'altra, lancia delle fug-gevoli occhiate all'esterno,rapide, quasi gli desse fasti-dio la luce, e poi spranga leimposte. Oltre le mura dellavilla, una sinfonia di gridaumane e di rumori di metallobattuto contro metallo risalela collina. Sbadiglio e mi sti-ro, contrariato.

Perché gli uomini devonofare tanto rumore? Me lo so-no sempre chiesto. La rispo-sta, probabilmente, è chedevono pur fare qualcosa perpassare il tempo. E questovale anche per i loro straniversi. Forse gli servono percomunicare, ma li usano an-che quando sono soli. Comein questo momento. L'uomoborbotta, esclama ad alta vo-ce qualcosa che suona più omeno così:

- Per il Demonio! Hanno lecroci, i fucili! Sono perduto!

Chissà perché lo fa. Noncapisco. Non importa, contutto questo fracasso nonposso addormentarmi; tantovale dedicarmi alla mia toe-letta. Mi giro sulla schiena ecomincio coscienziosamentea leccarmi tra le zampe po-steriori.

Sento distrattamente deicolpi alla porta. È ben chiusa,ma la serratura è vecchia edarrugginita, prossima a cede-re. L'uomo non la apre. Anzi,pone un asse di legno tradue fermi in modo da bloc-carla. I colpi continuano. So-no troppo forti. La porta vi-bra, regge a fatica. Gli uomi-ni all'esterno sono veramen-te stupidi: potrebbero seria-mente danneggiarla, addirit-tura sfondarla. Hanno unaforza che invidio, e non san-no neppure utilizzarla. Ah,avessi io le loro braccia ...

L'uomo continua ad anda-re avanti e indietro senzauno scopo, ed a emettere isuoi strani versi.

- Signore delle Tenebre - ilsuo lamento suona più o me-no così. - Perché mi hai ab-bandonato?

Mi ha stancato. Esprimo

la mia disapprovazione conun miagolio. Lui mi sente, sivolta verso di me e per unistante si blocca. Poi si avvi-cina e mi fissa con unosguardo nuovo. Mi mette lemani sulla testa, le dita pro-prio sulle orecchie, e corrugala fronte in un'espressioneintensa.

E improvvisamente misento strano. Avverto un for-micolio, un ronzio fastidiosoal cranio, come quando ave-vo la febbre, da piccolo; ocome quando - lo ricordo conimbarazzo - intrufolatomi incasa di un contadino morsiun filo elettrico che avevoscambiato per la coda di unroditore: non riesco a dimen-ticare quello spavento, e so-no grato che in questa villanon ci sia corrente elettrica.

Stordito e infastidito, sof-fio, tentando di scrollarmi didosso le mani dell'uomo. Ein quel momento succedequalcosa di ancora più stra-no: sento le parole dell'uomonella mia testa, e per la pri-ma volta le capisco. O me-glio, le ascolto nel mio lin-guaggio, ma non ne colgo ilsenso.

- Fiamme dell'Inferno! - di-ce - Non può essere! Neppu-re i miei poteri di negroman-te funzionano durante il gior-no? Possibile che non riescaa impadronirmi del corpo diquest' animale?

Non comprendo questeparole, non capisco cosasuccede. Ma se lui riesce acomunicare con me, anch'ioposso rivolgermi a lui, comefosse un gatto. Ci provo.

- Cosa stai facendo, uo-mo? - chiedo.

Lui sobbalza. I colpi allaporta sono sempre più forti.Oltre le assi di legno, qualcu-no urla. Hanno cominciato abattere anche alle finestre:piccole schegge dipinte vola-no via dalle imposte comefaville da un camino acceso.

L'uomo si irrigidisce, masolo per un istante. Si ripren-de subito: mi prende in brac-cio, scendiamo nella cantina.Sbarra la porta dall'interno,distende i lineamenti del vi-so, lo accosta al mio. Non mipiace affatto vederlo così davicino: il suo volto è bianco

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come la luna piena, senzaneppure un pelo, neppure in-torno alla testa. I suoi dentiperò sono simili ai miei: con-statare questo, chissà per-ché, mi conforta. In fondonon tutto è strano inquest' essere.

- Riesci a sentirmi, piccoloamico?

« Piccolo amico» sarei io?Immagino di sì.. È terribil-mente innaturale comunica-re in questo modo. Istintiva-mente arruffo il pelo edestraggo gli artigli. Sarò diffi-dente, ma tutto questo nonmi piace.

- Non ribellarti, piccoloamico. Rilassati, o non riu-scirò a evocare in tempo gliElementali. Non senti? È giàquasi troppo tardi.

Non capisco cosa dice. Lograffio, giusto per attirare lasua attenzione. Strano: lasua pelle si è aperta, ma daltaglio non esce sangue.

- Insomma, cosa vuoi dame, uomo?

Lui mi guarda come mifrugasse dentro il cranio. Allafine sorride.

- Ah, piccolo amico, vedoche sogni di vivere come unuomo. Molto bene, te ne dola possibilità. Vuoi scambiareil tuo corpo con il mio?

- Cosa!? - non so se mistupisce più che mi abbia let-to il pensiero o che mi abbiafatto una simile proposta. -Vuoi dire che è possibile?

- È in mio potere - dice luigravemente. -' Posso sposta-re la mia mente nel corpoche scelgo, purché abbiatempo per l'incantesimo. Masarebbe molto più semplicese tu collaborassi. Tu vuoifarlo, non è vero?

Assurdamente, gli credo.Non capisco, ma gli credo:se può parlare con me comeun gatto, può fare anchequel che promette ... Cosadevo fare? In un istante hodavanti agli occhi una distesadi speranze ed un abisso dipaure. Non è strano come isogni terrorizzino, quando siha la possibilità di realizzarli?

In un istante lungoun'eternità comprendo chedevo scegliere. Baffone pen-sa che io sia un vigliacco.Anche Coda macchiata, coi

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suoi silenzi e il suo disprez-zo, mi muove la stessa accu-sa. Beh, la cosa non mi bru-cerebbe tanto, se in fondonon sospettassi, anche soloper un istante, che possanoaver ragione ..

D'accordo, questa voltanon sarò un vigliacco. Houna possibilità di uscire dalvicolo cieco che è diventatala mia vita, e non la lasceròscappare.

- Va bene - dico, sorpren-dendolo, e ancor più sor-prendendo me stesso. - Co-sa devo fa re ì

- Apri la tua mente, picco-lo amico. Dimentica il tuocorpo. Chiudi gli occhi e la-sciati andare. Penso a tuttoio ...

Eseguo i suoi ordini, eall'improvviso mi sembra dicadere in un pozzo profondocome l'inverno e gelido co-me l'odio. Quando riapro gliocchi ho le vertigini, comequando salgo sugli alberi enon riesco più a scendere emi stringo terrorizzato allacorteccia sino a spezzarmi leunghie.

Stordito, mi accorgo chela prospettiva è cambiata. Hodi fronte un altro me stesso;lo guardo dall'alto in basso. Icolori sono diversi, meno ni-tidi, più opachi: il mondo haun altro aspetto. Incredulo,mi rendo conto che la cosaha funzionato. Sono dentro ilcorpo di un uomo! Non pos-so crederci; è un sogno ...

- Addio, piccolo amico - di-ce la voce dell'uomo, cheadesso viene da quello cheera il mio corpo. - Mi hai of-ferto una via di fuga: i mieinemici tra poco sfogherannola loro rabbia, ma sarà unavendetta cieca, inutile. Pen-seranno di essersi liberati dime per sempre, e invece iosarò già lontano, al sicuro ..E tornerò, puoi esserne cer-to. Mi impadronirò di uno deiloro corpi, e loro lo scopriran-no soltanto quando saràtroppo tardi. Sarà la mia rivin-cita ...

Non capisco cosa sta di-cendo. Interdetto, lo vedoschizzare via dal foro dell'im-posta rotta, quello che dà sulgiardino, e in quel momentomi sovviene che non ho avu-

to occasione di avvertirlo delpericolo.

E infatti succede. Lo vedoaccadere con angoscia, conun senso di impotenza maanche di quieta rassegnazio-ne. Baffone, per nulla turba-to dalla torma di umani urlan-ti che affolla il giardino, era inagguato, e mi attendeva alvarco. Vedo come gli salta (omi salta?) addosso, con gliartigli snudati e una gran vo-glia di farla finita.

In quella situazione ioavrei già cominciato a corre-re, e probabilmente sarei riu-scito a fuggire. Ma il nuovoproprietario del mio corponon capisce cosa stia succe-dendo, si volta verso il suoaggressore, abbozza una di-fesa. Baffone soffia conten-to: adesso è sfidato chiara-mente, può mettere da parteanche gli ultimi scrupoli. Èun gatto violento, e non glisembra vero di avere un ne-mico tanto più debole eppu-re che non fugge. Caricacon tutto il suo peso e riescea sbilanciare facilmente l'av-versario, che con tutta evi-denza non ha idea delle tec-niche di combattimento feli-no: non si regge neppuresulle zampe. Con freddezzaBaffone lo costringe a terra,

lo inchioda con le zampe sul-lo stomaco, gli affonda i den-ti nella gola. Finisce talmentein fretta che non ho tempo dirabbrividire.

Mi dispiace. Per il mio cor-po, ovviamente, non perl'uomo che lo occupava. Main fondo sapevo che sarebbesuccesso. Un uomo non puòaffrontare una vita da gatto:semplicemente è troppo du-ra per lui, troppo difficile perun essere così semplice:può averla davanti agli occhiper anni, non se renderà maiconto. Gli uomini sono pro-prio come le farfalle, capacidi dormire placidamente po-sate sul bronzo d'una cam-pana sino all'istante in cuiessa suona e le uccide, sen-za neppure concepire la cru-deltà e il pericolo che circon-da il piccolo e monotono uni-verso di cui pensano di esse-re i padroni.

Ma per fortuna tutto que-sto per me è finito. Ho il cor-po di un uomo adesso, le ca-pacità di un uomo: possopermettermi anche la suanoncuranza. Ho finito di lot-tare, di aver paura, di preoc-cuparmi per il mio domani.D'ora in avanti voglio soltan-to riposarmi, godere un po'di futile oblio. Credo di meri-

tarmelo, finalmente. La portadella cantina viene giù dischianto. Perché la luce chefiltra mi dà così fastidioì Trale palpebre semichiuse, ve-do un branco di umani chemi circonda, i volti paonazzi,tra le mani un fiorire di lamee di bastoni. Sento l'odoredella rabbia, quello della pau-ra. Le orecchie mi dolgonoper le loro grida.

- Ci sei, mostro maledet-to!

- Non puoi più scappare,demonio!

- Hai finito di terrorizzarci,di minacciare i nostri figli!

- Morte al vampiro! Mor-te! Morte!

Pur non realizzando la si-tuazione capisco le minacce,e vedo il pericolo che incom-be su di me. Non ho tempodi chiedermi perché. Istinti-vamente, tento di saltareverso la finestra. Ma questestupide gambe sono troppoesili per darmi lo slancio: rie-sco soltanto a cadere sul pa-vimento polveroso. Ditemi,come possono gli uominireggersi in equilibrio su duesole zampe?

Sento i bastoni che mi col-piscono, violenti. Non provodolore: non tanto, almeno.Però comincio ad aver paura.Devo difendermi, in qualchemodo. Ma come? Non ho ar-tigli. Per lo meno, non capi-sco come posso estrarli.Emetto quello che spero siaun ringhio minaccioso, e tut-to ciò che viene fuori è unflebile lamento. Forse dovreiusare le braccia, ma comeposso se non riesco a starein piedi? A quattro zampe, in-tontito dalle urla e dal dolore,tento di mordere le gambedei miei avversari, ma questimi colpiscono alla testa,affondano senza pietà le lorolame. E alla fine mi costrin-gono schiena a terra, immo-bile, dozzine di mani calloseda contadini a bloccarmigambe e braccia.

Mentre mi conficcano nelcuore il paletto di legno e lamorte giunge a ghermirmirapida più degli artigli di ungatto, penso che, dopotutto,neanche la vita degli uominiè così semplice. No davvero.

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