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Per una Chiesa Viva www.incontroravello.blogspot.com www.chiesaravello.it Anno V- N. 4 – Maggio 2009 Nell’anno paolino e nel contesto del Si- nodo della Parola di Dio recentemente celebrato dalla Chiesa, sembra utile, anzi doveroso,proporre di trascorrere il mese di maggio,tradizionalmente dedicato alla Madonna, alla scuola di Maria,Madre di Dio e Madre nostra,modello di Discepola del Signore. Nella storia della salvezza Maria di Naza- ret,infatti, è presentata come la donna dell’ascolto e dell’obbedienza della fe- de,del totale e della trasparen- za,dell’accoglienza e della fedeltà. Maria è stata discepola e madre del Ver- bo di Dio; “discepola”perché si è messa in ascolto della Parola e l’ha conservata per sempre nel suo cuore, e “madre” perché ha offerto il suo grembo alla Parola di Dio e l’ha custodita per nove mesi nello scrigno del suo corpo. Sant’Agostino osa dire che Maria fu più grande per aver accolto la Parola nel cuo- re che per averla accolta nel suo grembo. Maria testimonia che ogni persona è udi- trice della Parola e può vivere solo “di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Quindi dalla Vergine s’impara a scegliere uno stile di vita veramente cristiano e autenticamente umano. Ciascun credente è chiamato a rispec- chiarsi in Maria e a riprodurre i suoi sen- timenti ed i suoi atteggiamenti di fronte alla Parola di Dio Il cristianesimo è la religione dell’ascolto. La vergine è la “creazione in ascolto”. La chiesa non può essere tale senza l’ascolto! Maria è una donna che ama l’ascoltare e che è attenta a cogliere i segni della volontà di Dio per rinnovare quotidianamente il “sì” gioioso della sua obbedienza. Del resto – volenti o nolen- ti - tutti obbediamo a qualcosa o a qual- cuno; c’è chi obbedisce al proprio egoi- smo, chi alla propria vanità; c’è chi obbe- disce agli idoli costruiti dalle mode mute- voli… “ Maria obbedisce a Dio! Che sal- to di qualità! Maria ha veramente scelto la parte migliore!” (A.Comastri) Maria, invitata dal Signore a cooperare al suo progetto di salvezza, saputo dal mes- saggero celeste come doveva comportar- si,emette subito il suo consenso:una ri- sposta che fa vibrare i cieli:” Ecco la serva del Signore, si compia di me… “ Maria non è una regina, non è una donna pre- suntuosa e superba, ma è “semplicemente” serva. ” Vita che ritor- na ad essere servizio divino. La norma della nuova civiltà. Veramente serva dei poveri,degli umili. E però serva del Signore e di nessun altro. E si faccia di lei tutto secondo la parola del Signore. Non di altri. Questa è la vera obbedien- za. Allora è come se la creazione rico- minciasse da capo” ( D.M. Turoldo) “Maria madre diventava,in un certo sen- so,la prima “discepola” di suo Figlio,la prima alla quale Egli sembrava dire:” seguimi”, ancor prima di rivolgere questa chiamata agli apostoli o a chiunque al- tro”. (Giovanni Paolo II,Redemptoris mater,20) Quando Gesù afferma .” Chi fa la volon- tà di Dio,costui per me è fratello,sorella e madre”, Maria deve scegliere. Lei com- prende che ormai l’intimità con Gesù non è più garantita dal fatto di esserne la “madre”ma dal diventarne la “discepola” (“Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la osserva- no”). Maria inizia,quindi,quella trasfor- mazione che da “madre” di Gesù la porte- rà ad esserne la “discepola”,seguendolo fino alla croce,dove l’evangelista non presenta una madre sofferente per il fi- glio crocefisso,ma la “discepola” che accetta di condividere la sorte del mae- stro:”Stava presso la croce di Gesù sua madre”. Maria obbedisce alla legge di Dio dentro le vie della storia umana. Lei non è stata dispensata dalla fatica;non ha avuto una riduzione di sacrificio, non ha avuto uno sconto di dolore. Essere Madre di Dio ha richiesto per la sua esistenza seguire la via di Dio! E la via di Dio va da Betlemme al Calvario. Continua a pagina 2 Il Mese di Maggio con Maria “Discepola” P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

incontro Maggio 2009

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www.incontroravello.blogspot.com www.chiesaravello.it Continua a pagina 2 Anno V- N. 4 – Maggio 2009 PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO ti - tutti obbediamo a qualcosa o a qual- cuno; c’è chi obbedisce al proprio egoi- smo, chi alla propria vanità; c’è chi obbe- disce agli idoli costruiti dalle mode mute- voli… “ Maria obbedisce a Dio! Che sal- to di qualità! Maria ha veramente scelto la parte migliore!” (A.Comastri) INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA PAGINA 2 Da © Zenit.org PAGINA 3

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Page 1: incontro Maggio 2009

Per una Chiesa Viva

www.incontroravello.blogspot.com www.chiesaravello.it Anno V- N. 4 – Maggio 2009

Nell’anno paolino e nel contesto del Si-nodo della Parola di Dio recentemente celebrato dalla Chiesa, sembra utile, anzi doveroso,proporre di trascorrere il mese di maggio,tradizionalmente dedicato alla Madonna, alla scuola di Maria,Madre di Dio e Madre nostra,modello di Discepola del Signore. Nella storia della salvezza Maria di Naza-ret,infatti, è presentata come la donna dell’ascolto e dell’obbedienza della fe-de,del sì totale e della trasparen-za,dell’accoglienza e della fedeltà. Maria è stata discepola e madre del Ver-bo di Dio; “discepola”perché si è messa in ascolto della Parola e l’ha conservata per sempre nel suo cuore, e “madre” perché ha offerto il suo grembo alla Parola di Dio e l’ha custodita per nove mesi nello scrigno del suo corpo. Sant’Agostino osa dire che Maria fu più grande per aver accolto la Parola nel cuo-re che per averla accolta nel suo grembo. Maria testimonia che ogni persona è udi-trice della Parola e può vivere solo “di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Quindi dalla Vergine s’impara a scegliere uno stile di vita veramente cristiano e autenticamente umano. Ciascun credente è chiamato a rispec-chiarsi in Maria e a riprodurre i suoi sen-timenti ed i suoi atteggiamenti di fronte alla Parola di Dio Il cristianesimo è la religione dell’ascolto. La vergine è la “creazione in ascolto”. La chiesa non può essere tale senza l’ascolto! Maria è una donna che ama l’ascoltare e che è attenta a cogliere i segni della volontà di Dio per rinnovare quotidianamente il “sì” gioioso della sua obbedienza. Del resto – volenti o nolen-

ti - tutti obbediamo a qualcosa o a qual-cuno; c’è chi obbedisce al proprio egoi-smo, chi alla propria vanità; c’è chi obbe-disce agli idoli costruiti dalle mode mute-voli… “ Maria obbedisce a Dio! Che sal-to di qualità! Maria ha veramente scelto la parte migliore!” (A.Comastri)

Maria, invitata dal Signore a cooperare al suo progetto di salvezza, saputo dal mes-saggero celeste come doveva comportar-si,emette subito il suo consenso:una ri-sposta che fa vibrare i cieli:” Ecco la serva del Signore, si compia di me… “ Maria non è una regina, non è una donna pre-suntuosa e superba, ma è “semplicemente” serva. ” Vita che ritor-na ad essere servizio divino. La norma della nuova civiltà. Veramente

serva dei poveri,degli umili. E però serva del Signore e di nessun altro. E si faccia di lei tutto secondo la parola del Signore. Non di altri. Questa è la vera obbedien-za. Allora è come se la creazione rico-minciasse da capo” ( D.M. Turoldo) “Maria madre diventava,in un certo sen-so,la prima “discepola” di suo Figlio,la prima alla quale Egli sembrava dire:” seguimi”, ancor prima di rivolgere questa chiamata agli apostoli o a chiunque al-tro”. (Giovanni Paolo II,Redemptoris mater,20) Quando Gesù afferma .” Chi fa la volon-tà di Dio,costui per me è fratello,sorella e madre”, Maria deve scegliere. Lei com-prende che ormai l’intimità con Gesù non è più garantita dal fatto di esserne la “madre”ma dal diventarne la “discepola” (“Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la osserva-no”). Maria inizia,quindi,quella trasfor-mazione che da “madre” di Gesù la porte-rà ad esserne la “discepola”,seguendolo fino alla croce,dove l’evangelista non presenta una madre sofferente per il fi-glio crocefisso,ma la “discepola” che accetta di condividere la sorte del mae-stro:”Stava presso la croce di Gesù sua madre”. Maria obbedisce alla legge di Dio dentro le vie della storia umana. Lei non è stata dispensata dalla fatica;non ha avuto una riduzione di sacrificio, non ha avuto uno sconto di dolore. Essere Madre di Dio ha richiesto per la sua esistenza seguire la via di Dio! E la via di Dio va da Betlemme al Calvario.

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Il Mese di Maggio

con Maria “Discepola”

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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Lungo questa via Maria non ha avuto un momento di esitazione: ha fatto tutto il pellegrinaggio della fede,santificando ogni giorno della sua vita. E la fede l’ha nutrita di gioia sempre! Da lei, Vergine in ascolto, obbediente, nostro modello, possiamo imparare co-me accogliere e lasciarci plasmare dalla Parola così che la nostra vita gusti la gioia vera, testimoni la fede e porti un fer-mento cristiano nella società. La Vergine è “madre” e “modello”. ” Non possiamo accogliere pienamente la vergi-ne come madre senza essere docili alla sua parola che ci indica Gesù quale mae-stro della verità da ascoltare e da segui-re:”Fate quello che vi dirà”. Lei,da parte sua, ci assicura la sua potente intercessio-ne,la sua presenza in tutte le necessità,il conforto nelle difficoltà” (Giovanni Paolo II) Accogliendo l’invito del Servo di Dio Giovanni Paolo II vogliamo prendere Maria nella nostra casa,accoglierla tra i «nostri beni»,per imparare da lei la di-sposizione interiore all’ascolto e l’atteggiamento di umiltà e di generosità che la contraddistinsero come prima collaboratrice di Dio nell’opera della salvezza.

Don Giuseppe Imperato “Maria è la Vergine in ascolto, che accoglie la parola di Dio con fede; e questa fu per lei pre-messa e via alla maternità divina, poiché, come intuì sant'Agostino, la beata Maria colui (Gesù) che partorì credendo, credendo concepì.45 Infat-ti, ricevuta dall'Angelo la risposta al suo dubbio (cfr Lc 1,34-37) essa, piena di fede e concepen-do il Cristo prima nella sua mente che nel suo grembo, Ecco – disse – la serva del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola (Lc 1,38);46 fede, che fu per lei causa di beatitudine e certez-za circa l'adempimento della promessa: E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore (Lc 1,45); fede con la quale ella, protagonista e testimone singolare della Incarnazione, ritornava sugli avvenimenti dell'infanzia di Cristo, raffrontandoli tra loro nell'intimo del suo cuore (cfr Lc 2,19. 51). Questo fa anche la Chiesa, la quale, soprattutto nella sacra Liturgia, con fede ascolta, accoglie, proclama, venera la parola di Dio, la dispensa ai fedeli come pane di vita47 e alla sua luce scruta i segni dei tempi, interpreta e vive gli eventi della storia.” Paolo VI - Marialis Cultus 17

SEGUE DALLA PRIMA LA GIOIA DEL DONO DI MARIA

Testimonianza del “martire” Card. F.Van Thuan Perché Gesù ci domanda di amare la Madonna? Perché ci ha lasciato la Ma-donna? Perché Gesù ha seguito la volon-tà di suo Padre che, mandandolo nel mondo, ha voluto che ci fosse un grem-bo, un cuore che lo ricevesse; come in cielo era nell'amore e in sinu Patris, Dio ha voluto che in terra fosse nell'amore e in sinu Matris. Ricordo che una volta, facendo il cate-chismo ai bambini, chiesi loro se poteva-no darmi la loro mamma. Fu un coro di no perché la mamma è la cosa più pre-ziosa. Ma Gesù ci ha dato sua madre, e il dono di Maria è un grande dono che Gesù ci fa, dopo il suo corpo e il suo sangue. Ognuno di noi ha certamente, nella sua vita spirituale, un santuario mariano preferito dove ha ricevuto molte grazie. Ognuno ha, nella propria vocazione, delle grazie ricevute da Maria e ognuno di noi ha una preghiera mariana preferi-ta. Racconto la mia esperienza. Nel mio Paese, vi è il santuario nazionale di La Vang, dove è avvenuta, più di due-cento anni fa, l'apparizione della Madon-na, riconosciuta dalla Santa Sede. Nella mia vita di sacerdote sono legato a No-stra Signora di Lourdes. Da quando sono venuto in Europa per studiare, sono stato ogni anno a Lourdes per pregare, dal 1957. Ricordo che quando mi misi in ginocchio, alla grotta, mi parve di senti-re la voce di Maria che diceva a Berna-dette: "Non ti prometto gioie o consola-zioni ma prove e tribolazioni". lo feci del mio meglio per rassicurarmi che quelle parole erano per Bernadette, non per me. L'anno successivo vi tornai e sentii ancora quelle parole. Ma la mia vita tra-scorreva bene, studiavo, ero diventato professore, rettore di seminario, vesco-vo, consultore del Pontificio Consiglio dei Laici. Ogni anno, quando tornavo a Lourdes, sentivo le stesse parole ma nella mia vita, nella mia diocesi, c'era la gioia, l'amore. Mi convinsi quindi che quelle parole non fossero per me. Arrivò l'anno 1975. I comunisti invasero il sud Vietnam, passarono dalla mia dio-cesi ma senza arrecare danno. Decisi di rimanere con il mio popolo, affidai tutto

alla Madonna e ancora una volta pensai che quelle parole sentite a Lourdes non fossero dirette a me, altrimenti i comu-nisti mi avrebbero ucciso. Poi, Paolo VI mi mandò nella diocesi di Saigon, quattrocento chilometri più a sud. Quando i comunisti giunsero a Sai-gon dissero che la nomina da parte della Santa Sede di un vescovo, senza accordo con il governo, significava un complotto del Vaticano e degli imperialisti america-ni che, dovendosene andare dal Paese, mettevano un giovane vescovo per con-tinuare la lotta anticomunista. Il 15 agosto fui arrestato: mi invitarono nel palazzo della presidenza e lì mi arre-starono; non lo fecero all'esterno per evitare le reazioni del popolo. In quel momento compresi che la Ma-donna di Lourdes mi aveva detto la veri-tà e che sarebbe cominciata la mia via della croce: ti riserbo prove e tribolazio-ni. E ho vissuto questo per tredici anni in carcere. E dopo, fui esiliato, espulso. Le parole della Madonna erano proprio indirizzate a me. Ogni cambiamento nella mia vita fu accompagnato da prove. Dopo pochi mesi che ero diventato sa-cerdote e svolgevo le funzioni di assi-stente parroco, fui colpito da una tuber-colosi acuta che mise in pericolo la mia vita. Guarii l'8 dicembre del 1953 e potei cominciare l'Anno mariano. Quando divenni cardinale fui colpito dal tumore. Ma la Madonna mi aiuta e se mi chiedete quale sia la preghiera mariana che preferisco, rispondo: il "memorare" che la mia mamma mi insegnò da bambi-no e che mi ha seguito tutta la vita.

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PAGINA 3 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

“Dobbiamo pregare perché 1’intero popolo cristiano cresca nella fiducia in Dio”, che “non cessa di chiedere ad alcu-ni di impegnare liberamente la loro esi-stenza per collaborare con lui” nella vita sacerdotale e religiosa, afferma Benedet-to XVI nel suo Messaggio in occasione della Giornata Mondiale delle Vocazio-ni, che si celebrerà il 3 maggio prossi-mo. Nel testo, diffuso dalla Santa Sede, il Papa invita i cristiani alla “fiducia” nell'a-zione divina che guida saldamente la Chiesa. Il Papa chiede fiducia anche se “in talune regioni della terra si registra una preoc-cupante carenza di presbiteri”, unita a

“ d i f f i c o l t à e o s t a c o l i ” c h e “accompagnano il cammino della Chie-sa”. Nonostante questo, osserva, “ci sorreg-ge l’incrollabile certezza che a guidarla saldamente nei sentieri del tempo verso il compimento definitivo del Regno è Lui, il Signore, che liberamente sceglie e invita alla sua sequela persone di ogni cultura e di ogni età, secondo gli imper-scrutabili disegni del suo amore miseri-cordioso”. “La vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata costituisce uno speciale dono divino, che si inserisce nel vasto proget-to d’amore e di salvezza che Iddio ha su ogni uomo e per 1’intera umanità”, ag-giunge. Chiamata divina, libertà umana. Nel suo messaggio, il Papa insiste in varie occa-sioni sull'importanza della libertà umana nella risposta alla chiamata di Dio alla vita sacerdotale e religiosa.

“La libera iniziativa di Dio richiede la libera risposta dell’uomo. Una risposta positiva che presuppone sempre 1’accettazione e la condivisione del pro-getto che Dio ha su ciascuno; una rispo-sta che accolga 1’iniziativa d’amore del Signore e diventi per chi è chiamato un’esigenza morale vincolante, un rico-noscente omaggio a Dio e una totale cooperazione al piano che Egli persegue nella storia”, afferma. La risposta dell'uomo ha la sua fonte nell'Eucaristia, spiega: “La consapevo-lezza di essere salvati dall’amore di Cri-sto, che ogni Santa Messa alimenta nei credenti e specialmente nei sacerdoti, non può non suscitare in essi un fiducio-so abbandono in Cristo che ha dato la vita per noi”. “Credere nel Signore ed accettare il suo dono, porta dunque ad affidarsi a Lui con animo grato aderendo al suo pro-getto salvifico. Se questo avviene, il 'chiamato' abbandona volentieri tutto”. “Chi può ritenersi degno di accedere al ministero sacerdotale? Chi può abbrac-ciare la vita consacrata contando solo sulle sue umane risorse?”, chiede il Pon-tefice. In questo senso, constata la necessità di ricordare che la risposta umana alla chia-mata divina deve essere data nella consa-pevolezza “che è Dio a prendere l’iniziativa ed è ancora lui a portare a termine il suo progetto salvifico”. Per questo, chiede a tutte le Chiese di “mantenere viva, con preghiera inces-sante, questa invocazione dell’iniziativa divina nelle famiglie e nelle parrocchie, nei movimenti e nelle associazioni impe-gnati nell’apostolato, nelle comunità religiose e in tutte le articolazioni della vita diocesana”. “Da parte di quanti sono chiamati si esi-ge attento ascolto e prudente discerni-mento, generosa e pronta adesione al progetto divino, serio approfondimento di ciò che è proprio della vocazione sa-cerdotale e religiosa per corrispondervi in modo responsabile e convinto”, con-clude il Messaggio papale.

Da © Zenit.org

«La fiducia nell’iniziativa di Dio e la ri-sposta umana» : è questo il tema del Mes-saggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto all’intero Popolo di Dio in occasione della prossima giornata mon-diale di preghiera per le vocazioni al sa-cerdozio ed alla vita consacrata, che sarà celebrata il 3 maggio 2009, quarta Do-menica di Pasqua. La giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni è stata istituita dal Santo Padre Paolo VI nel 1964. Da quell’anno i Pon-tefici che si sono succeduti sulla Cattedra di Pietro con un appropriato messaggio hanno inteso sensibilizzare i fedeli alla preghiera per le vocazioni. Quest’anno, il Santo Padre ha sottolinea-to come risonanza perenne nella Chiesa l’esortazione di Gesù ai suoi discepoli: “Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!”.

Rinnova così l’invito alla preghiera e all’ascolto del pressante appello del Si-gnore, sottolineando come la preghiera per le vocazioni debba essere ininterrotta e fiduciosa. Solamente se animata dalla preghiera, infatti, la comunità cristiana può effetti-vamente “avere maggiore fede e speranza nella iniziativa divina”. La nostra Diocesi in questi ultimi mesi sta sperimentando tale iniziativa divina; di-fatti, nelle ultime ordinazioni sacerdotali e diaconali, il nostro popolo ha potuto leggere i segni dell’amore che Dio ha riversato sulla nostra Chiesa.

Continua a pagina 4

Nonostante le difficoltà, Dio continua a suscitare nuove vocazioni

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PAGINA 4 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Le nostre comunità parrocchiali che ci hanno visto crescere, insieme con noi hanno riconosciuto i segni della grazia di Dio che chiama ancora tanti giovani, e in questo evento hanno potuto sperimentare la fiducia che Dio ha per la suo popolo. Sostenuti poi dalla loro preghiera, con il nostro sì, hanno contemplato la risposta concreta a tale iniziativa dell’uomo, così come ci parla il Papa nel suo messaggio. La nostra vocazione al sacerdozio e le vocazioni alla vita consacrata costituisco-no uno speciale dono divino. La chiamata di Dio si inserisce nel vasto progetto d’amore e di salvezza che ha su ogni uomo e per 1’intera umanità. Nel suo messaggio inoltre il Papa invita tutta la chiesa a non dimenticare mai questa speciale e importante preghiera per le Vocazioni e sollecita tutte le comu-

nità ad elevare tale supplica a Dio con fervore ed entusia-smo. Ogni comunità parrocchiale deve avere nelle sue in-tercessioni questa

speciale richiesta a Dio. Bisogna chiedere con fiducia, affinché il Signore tocchi con la sua mano tanti giovani della nostra comunità. Il Santo Padre insiste su questo argomen-to dicendo che il nostro primo dovere è di mantenere viva, con preghiera inces-sante, questa invocazione dell’iniziativa divina nelle famiglie e nelle parrocchie, nei movimenti e nelle associazioni impe-gnate nell’apostolato, nelle comunità religiose e in tutte le articolazioni della vita diocesana. In maniera speciale quest’anno il Papa, per attirare l’attenzione del Popolo di Dio sul dono della chiamata al sacerdo-zio, indice l’anno del Sacerdozio,che sarà un anno di grazia per tutti noi; soprattut-to un anno intenso di preghiera per chie-dere al Signore di chiamare ancora bravi giovani alla sua sequela. Apriamo il nostro cuore all’iniziativa divina e riponiamo la nostra fiducia in Dio solo,in Colui che può compiere in noi grandi cose.

Don Giuseppe Milo

SEGUE DA PAGINA 3 Cresimarsi perché ? La confermazione e la

bellezza di Dio Vorrei provare a capire con

te che cos’è la cresima, che significa riceverla, come pre-pararsi ad essa e come farne tesoro per tutta la vita: ho scelto di parlartene perché mi sembra che questo dono di amore sia spesso poco compre-so, vissuto da molti più come un obbligo da assolvere che come un incontro decisivo, in cui - se lo vuoi - lo Spirito Santo può riempire il tuo cuore e imprimervi il sigillo dell’amore di Dio per renderti capace di credere, sperare ed amare oltre ogni misura di stanchezza e ogni prova e sfida della vita.

Il ponte dell’asino: così un Vescovo aveva definito l’esperienza della cresima per molti dei no-stri ragazzi. Stimavo quell’uomo e la sua curio-sa definizione mi colpì al punto che la ricordo anco-ra dopo molti anni. Ora che sono vescovo anch’io e ho celebrato tante cresi-me, capisco forse di più che cosa quelle parole volessero dire. Nell’uso comune “ponte dell’asino” indica un passaggio parti-colarmente difficile. All’origine pare ci sia un’antica leggenda, che narra di un Santo, di un asino e del Diavolo. Il San-to doveva spesso attraver-sare un torrente impetuo-so. Il Diavolo gli propose, allora, di costruirgli un ponte, a patto di potersi impadronire dell’anima del primo che lo avesse attraversato. Il Santo ac-cettò e il Maligno sembrò assaporare il gusto di im-padronirsi dell’anima dell’uomo di Dio. Questi,

però, dimostrò di saperne una più del Diavolo, per-ché ad attraversa-re il ponte mandò per primo… l’asino, che - co-me il Santo aveva previsto - fu ri-sparmiato, in quanto non gradi-to al grande Av-versario! La storiella fa capire perché “ponte dell’asino” designi una prova, dove c’è il rischio di perdersi. Essa contiene, tuttavia, anche un altro messaggio: e cioè che ci sono momenti in cui - se ti fidi di Dio e usi intelligen-za e buona volontà - puoi guadare anche il torrente più impervio e avanzare libero e sereno nel cammi-no della vita. Dire che la cresima è “il ponte dell’asino” significa allora riconoscere che per molti essa risulta una tappa diffi-cile, alla quale ci si prepara spesso con un senso di costrizione, mescolando noia e curiosità, attesa e fretta di finire. Giunto al ponte dell’asino, il prota-gonista rischia di cascare nelle mani del Nemico, lieto di poterlo separare da Dio. Avviene così che - messi da parte i buoni pro-positi - il ragazzo appena cresimato si allontani dalla pratica religiosa e cominci a navigare da solo nel tur-binoso mare della vita. Il momento della conferma-zione diventa allora per molti l’ora del congedo! È possibile fare qualcosa perché non sia così? Si può vivere la cresima con la saggezza e la fede del San-to del racconto? Si può

estendere a tanti - a co-minciare da te, che ti pre-pari alla cresima - l’esperienza di gioia e di nuovo slancio, che alcuni riconoscono di aver vissu-to grazie ad essa? Se sì, come? Prima di cercare una risposta, ti confido che anche per me non fu così semplice e immediato superare il “ponte dell’asino” della mia cresi-ma. Posso però anche assi-curarti che la gioia di aver-lo superato, cercando di camminare fedelmente con Dio, è stata ed è vera-mente grande. Mi sembra perciò un dovere d’amore cercare insieme a te una risposta a queste doman-de.

Che cos’è la cresima? Secondo le parole della liturgia è il sacramento - cioè il segno efficace dell’agire divino - in cui ci viene donato “il sigillo dello Spirito Santo”. Lo Spirito viene a prendere possesso del nostro cuore, realizzando in noi quello che dice l’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato da-to” (5,5).

“Lettera Pastorale di Mons. B. Forte” ( I parte)

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Nel segno dello Spirito Santo: la Chiesa testimone del Risorto

«Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, (i discepoli) si tro-vavano tutti insieme nello stesso luo-go» (At 2,1): sono le parole scelte da Luca per introdurre il lettore al rac-conto della nascita della Chiesa. Presso gli Ebrei la festività della Pen-tecoste era inizialmente denominata festa della mietitura e festa dei primi frut-ti; si celebrava il cinquantesimo gior-no dopo la Pasqua ebraica e segnava l’inizio della mietitura del grano. Era anche denominata festa delle Settimane, per la sua ricorrenza di sette settima-ne dopo la Pasqua; in greco Pentecoste significa cinquantesima giornata. Lo scopo primiti-vo di questa festa, era il ringraziamen-to a Dio per i frutti della terra, cui si aggiunse più tardi, il ricor-do del più grande dono fatto da Dio al popolo ebrai-co, cioè la promulgazione della Legge mosaica sul Monte Sinai. Secondo il rituale ebraico, la festa comportava il pelle-grinaggio di tutti gli uomini a Gerusa-lemme, l’astensione totale da qualsia-si lavoro, un’adunanza sacra e parti-colari sacrifici; ed era una delle tre feste di pellegrinaggio (Pasqua, Ca-panne, Pentecoste), che ogni devoto ebreo era invitato a celebrare a Geru-salemme. Sullo sfondo della solennità penteco-stale, si colloca il dono dello Spirito alla comunità dei discepoli riunita a Gerusalemme; il Risorto aveva loro promesso di donare lo Spirito Santo che li avrebbe costituiti come testi-moni dell’Evangelo di salvezza «fino

ai confini della terra» (cf. At 1,8). A Babele (cf. Gen 11,1-9) era avvenuta la confusione delle lingue e il tentati-vo di collegare stabilmente terra e cielo con la costruzione di una torre che saliva al cielo; ma a Pentecoste avviene il miracolo delle lingue udite e comprese da tutti, ed è «lo Spirito che scende a mettere in comunicazio-ne e comunione Dio e gli uomini». Nell’inno La Pentecoste (1822), A. Manzoni descrive con efficaci pennel-late di intenso lirismo l’evento pente-costale: «Come la luce rapida / piove di cosa in cosa, / e i color vari suscita / dovunque si riposa; / tal risonò moltipli-

ce / la voce dello Spiro: / l'Arabo, il Parto, il Siro / in suo sermon l'udì». L’effusione del-lo Spirito sot-trae i discepoli del Signore dall’anonimato e al timore di essere persegui-tati per la loro fede in Gesù di

Nazaret. Essi formano la Chiesa, il popolo che Dio ha plasmato per mez-zo dello Spirito; essa si lascia condur-re sui sentieri della verità per rendere testimonianza a Cristo, Lumen gen-tium. È questo il titolo scelto dai pa-dri del Concilio Vaticano II per sotto-lineare il profondo legame tra la Chiesa e il suo Signore, sigillato nel vincolo dello Spirito: «Lo Spirito di-mora nella Chiesa e nei cuori dei fe-deli come in un tempio (cf. 1 Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di Dio per adozione (cf. Gal 4,6; Rm 8,15-16. 26)».

Don Antonio Landi

“Il momento della confermazione diventa allora per molti l’ora del congedo!”. Con queste parole chiare e precise Mons. Bruno Forte, Arcivescovo della diocesi di Vasto-Chieti, constata quanto tutti colo-ro che operano nel campo della forma-zione cristiana nelle parrocchie temono ogni volta che un gruppo di ragazzi si avvicina al momento di celebrare il sa-cramento della Cresima. La lettera pastorale del presule abruzzese è un colloquio con chi ha chiesto di rice-vere la cresima e illustra il “perché”, il “come” e soprattutto il “dopo”; si presen-ta, quindi, come uno strumento fonda-mentale per i ragazzi che anche nella nostra Parrocchia hanno scelto di cele-brare quest’anno la Cresima. Come catechista che segue il loro cam-mino di formazione e di crescita, avverto tutto il timore che forse anche questo momento si stia trasformando in una formalità da assolvere per “congedarsi” dagli impegni, per lo più sentiti come obblighi, che il percorso di crescita cri-stiana richiede. All’inizio dell’anno catechistico, prima di presentare il corso per la Cresima, si è cercato proprio di evidenziare che la Confermazione non significa chiudere il “discorso” con la Chiesa, ma significa iniziare un percorso nuovo di vita re-sponsabile all’interno della propria co-munità parrocchiale. Monsignor Forte evidenzia in modo chia-ro questo concetto, quando sottolinea la necessità che “il cammino di vita nuova che inizia con la cresima è una realizzazione progressiva della vita secondo lo Spirito, in base alla vocazione di ciascuno. Si tratta per ognuno di scoprire i doni che Dio ha messo nel suo cuore, di esprimerli nella propria esisten-za, di diffonderli con la testimonianza della gioia che nasce dal riconoscere il dono ricevu-to e dal viverlo in comunione con gli altri, al servizio di tutti.” I nostri incontri quindicinali hanno volu-to far emergere nei ragazzi proprio que-sto cambiamento tra un “prima” e un “dopo”, caratterizzato, questo, da un cambiamento interiore…

Continua a pagina 6

La Confermazione momento di maturazione

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ma anche nella vita di tutti i giorni: come chi scopre un tesoro utile a tutti non lo tiene per sé ma lo comunica agli altri, così chi scopre la bellezza di Dio che ope-ra nel mondo con l’amore del Padre non può non comunicarlo agli altri, non può vivere come se nulla fosse accaduto. E questa scoperta si completa proprio con la Cresima, momento in cui avviene sì la Confermazione di una scelta di vita fatta nel Battesimo ma si realizza anche la Confermazione da parte di Dio che vuo-le “ renderci forti e saldi nella potenza del Suo Spirito.” Con le nostre sole forze non sarebbe possibile vivere una vita in pienezza, a-mare gli altri generosamente e quindi è qui che interviene lo Spirito con i suoi doni a sostenerci nelle nostre scelte. Monsignor Forte riconosce la difficoltà di vivere una vita vera nel mondo di oggi, riconosce le difficoltà che si incontrano ogni giorno sul nostro cammino e per questo “ci sono momenti in cui - se ti fidi di Dio e usi intelligenza e buona volontà - puoi guadare anche il torrente più impervio e avan-zare libero e sereno nel cammino della vita.” Proprio questo si è cercato di mostrare ai ragazzi, presentando i frutti che lo Spirito Santo, attraverso i suoi sette doni, tra-smette ai cresimati: l’amore che rende la vita un dono per gli altri, la gioia che nasce dalla presenza di Dio nel nostro cuore, la pace che deriva dal non deside-rare nulla di più di ciò che si ha, la pa-zienza che è aiutare gli altri e se stessi a crescere nella consapevolezza dei limiti, la benevolenza che è la concretizzazione del bene voluto, la bontà che è l’incapacità di volere il male, e ancora la fedeltà, la mitezza e il dominio di sé. Se si comprendono veramente queste cose la Cresima non sarà un congedo ma un inizio per vivere pienamente i doni rice-vuti. In tutto questo i ragazzi non devono essere lasciati soli ma devono essere ac-compagnati con responsabilità anche dopo. Da chi? In primo luogo dai genitori, ai quali “è chiesto di superare ogni atteggiamento di delega, per coinvolgersi tanto nella prepara-zione del cresimando, quanto nell’ora di gra-

zia della celebrazione e nel successivo cammi-no di fedeltà al dono ricevuto”, poi dal padri-no e dalla madrina che devono “accompagnare il cresimato nella vita, soste-nendolo nell’impegno di fedeltà a Dio e alla Chiesa con la preghiera, il consiglio e la testi-monianza”, ed infine dalla Comunità Par-

rocchiale alla quale “si domanda un impe-gno corale nell’accompagnamento dei candi-dati alla cresima e dei cresimati”. Questa sinergia è fondamentale perché la Cresima sia veramente una tappa fonda-mentale del proprio cammino di crescita. La preparazione dei ragazzi non può esse-re demandata solo agli incontri di cate-chesi quindicinali ma deve essere soste-nuta dall’incoraggiamento in casa, dalla celebrazione dell’Eucarestia festiva, dalla partecipazione alle occasioni di crescita spirituale che la parrocchia offre nei vari momenti dell’anno liturgico e soprattut-to dalla testimonianza di vita. In conclusione, riprendendo le parole di Monsignor Forte, si può vivere in pienez-za la Cresima solo se si diventa “umili e pazienti”, così come il profeta Michea suggerisce “Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, cammi-nare umilmente con il tuo Dio” (Michea 6, 8)”.

Maria Carla Sorrentino

RELIGIONE E

FILOSOFIA Sappiamo tutti che cos’è la religione. E molti dei nostri lettori sapranno che cos’è la filosofia, questa disciplina affasci-nante che ha il merito di indurci alla ri-flessione, al pensiero critico, a mettere in discussione le certezze nelle quali, spes-so, ci adagiamo. Qualcuno, non a torto, sostiene che, in fondo, religione e filosofia rispondono allo stesso, ineliminabile anelito dell’animo umano: sono entrambe, cioè, una ricerca di salvezza. A me piace descrivere i rapporti tra que-ste due discipline con una metafora: reli-gione e filosofia sono due atleti che ap-partengono alla medesima Società sporti-va e si allenano nello stesso impianto. Di conseguenza, si conoscono, diventano amici, si scambiano consigli, si rubano segreti; insomma si migliorano a vicenda. Il problema è che praticano la stessa di-sciplina e che spesso sono destinati a scontrarsi. Gareggeranno da nemici, e come nemici particolari, perché ognuno conosce i punti di forza e quelli di debolezza dell’altro. E’ ciò che è avvenuto nel cor-so della storia: religione e filosofia si so-no spesso trovate di fronte come nemi-che, e a prevalere è stata ora l’una, ora l’altra. Un po’ ovunque, nel mondo, è la religio-ne delle divinità, il pensiero mitico, a costituire il primo tentativo di una rap-presentazione della realtà, di una com-prensione del nostro destino. Ma nella Grecia delle poleis, con la cre-scita delle forme di cultura in cui si espri-me la vita cittadina, inizia il processo del superamento delle mentalità mitica e il passaggio a una spiegazione più razionale della realtà: il logos soppianta il mythos, la filosofia travolge le antiche credenze. Il Logos rappresenta una spiegazione molto più razionale e convincente rispet-to al pensiero mitico: nel Logos, inteso come armonioso ordine cosmico, la filo-sofia greca trova il proprio vertice; la vita è contemplazione dell’ordine del mondo, la morale consiste nell’uniformarsi all’armonia che regola l’intero cosmos. La supremazia della filosofia dura

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solo qualche secolo. La religione torna a imporsi con la rivoluzione morale opera-ta dal Cristianesimo. La filosofia, con la sua ricerca di una salvezza senza Dio, aveva lasciato insolute questioni tremen-de: la finitezza della nostra esistenza, il problema della vita dopo la morte, con l’angoscia che ne deriva; inoltre, proprio in considerazione dell’evento della mor-te, l’eclissi dell’individualità, cioè la vera essenza di ogni essere umano. Sono gli anelli mancanti che saranno sal-dati dal Cristianesimo, con l’identificazione del Logos in una perso-na, Cristo, il Verbo incarnato. Il ritorno al cosmos promesso dalla filosofia diventa salvezza eterna, immortalità, grazie alla redenzione dal peccato operata dal Cri-sto, dal Figlio di Dio. La dottrina cristiana offre una dottrina della salvezza non più anonima, ma che si attua per mezzo di una persona, Cristo, nella quale il Logos, il divino, si è incar-nato. Qualcosa di inaudito per il pensiero greco: infatti, la fede prende il posto della ragione: ciò che conta non è più l’intelletto, la razionalità, ma la fiducia, la fede nell’Uomo-Dio, Cristo. La filoso-fia diventa ancella della religione (come dirà Pier Damiani nell’XI secolo), diven-ta scolastica, cioè letteralmente una disci-plina scolastica e non più una regola di vita, una dottrina della salvezza. Se il Logos è incarnato, la provvidenza cambia totalmente senso: da destino ano-nimo e impersonale diventa personale, diventa un’attenzione benevola simile a quella di un padre per i figli. Non più l’eternità cosmica, ma l’immortalità indi-viduale per ogni persona, promessa dal cristianesimo a chi agisce secondo la veri-tà espressa dal Verbo incarnato; la sote-riologia cristiana permette di superare non solo la paura della morte, ma la morte stessa. E’ una delle straordinarie novità introdotte dal Cristianesimo, che vale da sola a spiegare il motivo per cui la religione cristiana riuscirà, per secoli, a soppiantare la filosofia, riducendola ap-punto a sua ancella. Ma le promesse del Cristianesimo vanno oltre: non c’è sol-tanto l’immortalità personale dell’anima, ma la resurrezione dei corpi, ciò che ci consentirà di rivedere i nostri cari, di contemplare Dio stando accanto ad essi. Tutto questo, grazie all’amore di Dio, alla grazia che scende su di noi dal mo-

mento in cui l’umanità è stata riscattata dal peccato per mezzo di Cristo, del Fi-glio di Dio. Ai nostri giorni, la filosofia sembra pren-dere di nuovo il sopravvento. Il progres-sivo indebolimento della religione origina dalla seconda metà del Cinquecento, in seguito alle scoperte scientifiche di Co-pernico, di Newton, di Cartesio, di Gali-leo ecc. La scienza non solo rimette in discussione i principi che la Chiesa aveva fatto propri in base alle Scritture (la Ter-

ra al centro dell’universo, l’età della Ter-ra, la data di nascita dell’uomo e delle specie animali), ma spinge gli esseri uma-ni ad adottare un atteggiamento raziona-le, di dubbio permanente, uno spirito critico che investe la stessa religione. Se il mondo non è più - come si pensava un tempo - una struttura dall’ordine armo-nioso, se la Terra e l’uomo non sono più al centro dell’universo, se il modello da imitare non è più dato, allora bisogna inventarlo. Per ridare un senso al mondo e alla vita è necessario che sia l’uomo stesso, con le sue sole forze, a mettere ordine in questo nuovo universo. Tutti i problemi filosofi-ci sono da rivedere; l’uomo prende il posto del cosmos e della divinità, e sarà l’uomo a cercare di reintrodurre il senso e la coerenza del mondo. Sostanzialmen-te, la filosofia vuole ripensare il tema della salvezza nel senso stoico, con l’affermazione della bellezza e della no-biltà di una vita giusta e ben vissuta.

Questo, attraverso un umanesimo non metafisico, un ampliamento del pensiero che apra alla comprensione dell’altro, alla solidarietà, alla giustizia, alla saggezza dell’amore. Solidarietà, giustizia, amore: non sono forse i valori fondanti del cristianesimo? E allora perché espungere la religione cristiana, come vorrebbe un certo laici-smo radicale, dalle moderne agorà dove si discute del “nuovo umanesimo”? E’ col Cristianesimo che l’idea di umanità ac-quista la dimensione – assolutamente rivoluzionaria per quei tempi - dell’eguale dignità di tutti, del ricco e del povero, dell’ignorante e dell’intellettuale. Una connotazione etica di primo piano, che prima non si posse-deva, e che fa del Cristianesimo la prima vera morale universalista: in una parola, l’idea moderna di umanità, l’origine di quella fondamentale conquista - che ci consente di vivere nella libertà e nell’uguaglianza - che chiamiamo demo-crazia.

Armando Santarelli

“La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità. E’Dio ad aver posto nel cuore dell'uomo il desiderio di conoscere la verità e, in defi-nitiva, di conoscere Lui perché, conoscen-dolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso (cfr Es 33, 18; Sal 27 [26], 8-9; 63 [62], 2-3; Gv 14, 8; 1 Gv 3, 2).Molteplici sono le risor-se che l'uomo possiede per promuovere il progresso nella conoscenza della verità, così da rendere la propria esistenza sempre più umana. Tra queste emerge la filosofia, che contribuisce direttamente a porre la domanda circa il senso della vita e ad abbozzarne la risposta: essa, pertanto, si configura come uno dei compiti più nobili dell'umanità. Il termine filosofia, secondo l'etimologia greca, significa « amore per la saggezza ». Di fatto, la filosofia è nata e si è sviluppata nel momento in cui l'uo-mo ha iniziato a interrogarsi sul perché delle cose e sul loro fine.”

Dall’Enciclica: “Fides et ratio” di Giovanni Paolo II

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Martedì, 22 Aprile,2009, alle ore 19,00 si è tenuto presso la Pinacoteca del Duo-mo un incontro molto interessante dei membri della Commissione Interparroc-chiale “Caritas”, animato dal direttore della Caritas Diocesana, prof. Rosario Pellegrino e da una sua esperta e giovane collaboratrice, Carla. Scopo

dell’incontro è stato riaffermare la fun-zione pedagogica della testimonianza della carità, nella Comunità, dove inizia-tive creative, in forme consone ai tempi ed ai bisogni, devono favorire “ lo svi-luppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale, della pace, con particolare atten-zione agli ultimi.” Dopo aver recitato insieme l’Inno alla Carità di S.Paolo, gli animatori sono entrati subito nel vivo, chiarendo che cosa rappresenta la Caritas Parrocchiale e indicando il lavoro che il gruppo Caritas dovrebbe realizzare in una Comunità.La cosa essenziale, prima di iniziare qualsiasi attività è mettersi in Ascolto della Parola, leggere poi i bisogni e le povertà emerse, valorizzare le risorse presenti sul proprio territorio. Si deve poi discutere sulle ipotesi di risposta ai disagi ed alle povertà, elaborando pro-poste concrete e valide da presentare al Consiglio Pastorale Parrocchiale. E’ ne-cessario mettersi al servizio, per suscitare collaborazione, promuovere il volonta-riato, coinvolgere altre persone ed altre realtà. La Caritas Parrocchiale deve esse-re in costante contatto con la Caritas Diocesana. Le attenzioni della Caritas Parrocchiale devono essere rivolte al territorio animando, coordinando e pro-

muovendo iniziative atte a sostenere co-loro che vivono in situazioni di difficoltà, ma anche al Mondo, così come da inizia-tive Diocesane ( Sostegno a distanza ; microprogetti, raccolte cellulari, ecc ). Il prof. Pellegrino ,partendo da un brano di Don Primo Mazzolari : “ Nell'altro non si entra come in una fortez-za, ma come si entra in un bosco in una bella giornata di sole. Bisogna che sia un'entrata affettuosa per chi entra come per chi lascia entrare, da pari a pari, rispettosamente, fraternamente. Si entra in una persona non per prenderne possesso ma come ospite, con riguardo, con venerazio-ne: non per spossessarlo ma per tenergli compagnia, per aiutarlo a meglio cono-scersi, per dargli consapevolezza di forze ancora inesplorate, per dargli una mano a essere se stesso”, ci ha spiegato quale è l’atteggiamento che deve tenere ogni animatore Caritas quando avvicina l’altro che si trova in difficoltà. Il primo gesto che bisogna saper compiere è “l’accoglienza”; è necessario farsi vicino all’altro, mettendo da parte i pregiudizi, ed “essere disposti all’ascolto” di chi cer-ca partecipazione e solidarietà; infine non si deve lasciare l’altro da solo, diventan-

do “ compagni di viaggio” . Don Silvio Longobardi, nel libro “ Sulla strada di Emmaus”, citando il grido di speranza di Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostoli-ca “Novo millennio ineunte”, in cui il Santo Padre , invitava a portare la Luce di Cristo nel nuovo millennio a chi è ancora nelle tenebre , invita ciascun bat-tezzato ad essere un vero testimone del Risorto : “ non giudicando quelli che camminano stancamente verso Emmaus,

prendendo le distanze, imparando vice-versa a camminare con loro, condividen-do il pane delle lacrime, la fatica, gli sba-

gli e gli abbagli. Questi fratelli non han-no, bisogno di trovare sulla loro strada giudici inflessibili ma “ veri compagni di viaggio”, persone disposte a “stare accan-to” per condividere la loro amarezza e accendere nuovamente la luce della spe-ranza .” L’incontro ha avuto una seconda parte, in cui ci si è soffermati ad analiz-zare la realtà della nostra Comunità. Co-me ci ha fatto notare il prof. Pellegrino, bisogna fare ancora molta strada per riu-scire a raggiungere dei risultati; qualche germoglio comincia comunque a cresce-re, al momento solo pochi membri della Commissione Caritas riescono a far visita agli ammalati e le persone anziane, ma quei pochi sono già un seme. Assumendo ciascuno la propria responsabilità, colla-borando con altri gruppi ed associazioni, responsabilizzando le istituzioni, cam-biando il modo di concepire la Caritas, con l’impegno costante, senz’altro le cose potranno migliorare per preparare un futuro di speranza a tutti. Da qui un invito alle persone di buona volontà, se riescono a sentirsi coinvolte a dare una mano per regalare un po’ di gioia e di serenità a chi ne ha bisogno. L’appuntamento per continuare il cam-mino di operatori Caritas, è fissato per Martedì, 5 Maggio, ad Amalfi, alle ore 18,30 presso la sala dell’A.C. Spero che vi siano molti a parteciparvi.

Giulia Schiavo

LA CARITAS INTERPARROCCHIALE

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Terminate le rappresentazioni natalizie dello spettacolo teatrale, in molti si chie-devano: “ma la Via Crucis, quest’anno si farà?” La domanda è corsa un po’ di boc-ca in bocca per tutto il paese, dapprima senza risposta, poi una domenica, un giro di telefonate avverte, uomini e donne di buona volontà, di incontrarsi al Lacco nel pomeriggio del giorno seguente. Signori, si comincia! Tre settimane, saranno suffi-cienti? Pulire la Cappella di Sant’Agostino; scaricare dal deposito il materiale occorrente; allestire e smonta-re il sinedrio per le prove; ordinare, rammendare, lavare, confezionare e di-stribuire i costumi; preparare l’orto degli ulivi e lo spazio antistante la Chiesa di San Giovanni del Toro; preparare le fiac-cole; distribuire i volantini…; e prima di ciò: richiedere i fondi necessari, riscrive-re e registrare parte dei testi…e tanto altro ancora. Il gruppo “La Ribalta” non si è risparmiato e con esso, tutti quelli che hanno dedicato lunghe serate ad anche solo un’ora, gratuitamente, o un euro, all’allestimento dell’evento. Molto è stato affidato alla memoria di chi segue da sempre la Via Crucis, che ha saputo indirizzare anche i nuovi arrivati sul da farsi,; tuttavia non è stato solo lavoro. Personaggi da cambiare, altri da rimpiaz-zare, permessi da chiedere, burocrazia da riconoscere e rispettare, lamentele da considerare, probabilmente non è man-cato proprio nulla quanto a problemati-che da risolvere. Ci si è divertiti, inner-vositi, e perché no, qualche discussione costruttiva, scelte non sempre approvate da tutti, tuttavia rispettate nella consape-volezza che fossero necessarie per la buo-na riuscita dell’evento. Certo di pazienza ce n’è voluta tanta, e Alfonso, il nostro regista, ne ha da vendere! Domenica cinque aprile, giorno delle Palme, giorno della Via Crucis, manca niente? La mete-reologia…Questa scienza, ogni tanto si è

burlata della rappresentazione, costrin-gendo a rimandarla oppure a terminarla tra lampi, tuoni, pioggia e grandine reali e non siamo passati indenni, neanche in questo 2009. Domenica pomeriggio, infatti, per circa quindici minuti, una sottile pioggia ha minato la fiducia degli organizzatori, smette? Peggiora? Siamo

stati fortunati, un propizio venticello ha spazzato via tutto, regalandoci una mera-vigliosa serata e…, Via Crucis fu.In ritar-do, anche se di poco, ma come d’obbligo, la folla di figuranti si è avviata da Piazza Andrea Mansi al Monumento dei Caduti, prima sosta: l’orto degli uli-vi. L’arresto, il Sinedrio e già il corteo è sul Toro, da Ponzio Pilato. La flagellazio-ne, nuovamente da Ponzio Pilato, le sta-zioni, e siamo in Piazza Duomo. La Ve-ronica, il Cinereo..., personaggi, che si succedono uno dopo l’altro nella narra-zione degli eventi; le luci spente, e gli spettatori al di là delle transenne che osservano, stranamente in silenzio, presi dal passaggio di questi uomini moderni, ma vestiti d’altri tempi. Qualcuno si commuove; qualche altro ride conside-rando l’opera messa in piedi una pagliac-ciata; gli stranieri sono un po’ confusi, tuttavia la traduzione anche in lingua delle stazioni li tiene attenti a quel che accade. Ecco, i protagonisti sono arrivati al Sacrato del Duomo, la Crocifissione ha inizio e il pianto di Maria rende vivo il senso del dolore. La poesia dei bambini, voci innocenti che reclamano l’attenzione di nostro Signore ai piccoli e grandi pro-blemi del mondo; infine, le pie donne, si accostano alla croce e, recuperate le spo-glie del Crocifisso, si dirigono in Santa Maria a Gradillo. In poche ore, si è ricor-dato il grande dramma di salvezza dell’umanità. Stanchi e soddisfatti, prota-gonisti e spettatori abbandonano le vie del paese, mentre i ragazzi già lavorano per riportare almeno l’arredo urbano cittadino alla normalità. La Via Crucis in costume è già un ricordo, però le fatiche non sono terminate e nelle due settimane successive si è continuato a lavorare per rimettere tutto in ordine, depositare materiali, costumi e ringraziare tutti. E l’anno prossimo? “Ai posteri l’ardua sentenza”. Elisa Mansi

La fredda mattinata di Domenica 19 aprile è stata la cornice dell’arrivo del nuovo parroco, don Carmine Satriano, alla parroc-chia del Lacco. Alle ore 9 e 30, come d’abitudine, è stata celebrata la Santa Messa domenicale. La presenza dell’Arcivescovo Orazio Soricelli ha con-tribuito a rendere il clima meritatamente solenne e al contempo festoso. Un breve ma accorato commiato da parte dell’ex parroco, don Pasquale, ha dato inizio alla celebrazione. La parrocchia ha accolto calorosamente il nuovo sacerdote, proprio come , per usare le parole del vescovo, “un dono di Dio”. Durante l’omelia, Monsignor Soricelli ha presentato alla comunità dei fedeli il nuo-vo parroco: ha evidenziato soprattutto la fruttuosa collaborazione che don Carmi-ne ha avuto con le parrocchie maioresi nonché la sua indole laboriosa, affabile e servizievole verso i fratelli. Successivamente si è dedicato alla spiega-zione del Vangelo. Ha sottolineato l’importanza della “fede”, partendo dal brano del Vangelo di Giovanni (20, 19-31) che ha come oggetto lo scetticismo di Tommaso. Non dobbiamo imitare l’atteggiamento assunto da costui, il quale, diffidando delle parole degli altri apostoli, non ha creduto che Cristo risorto fosse apparso loro, pretendendo una prova concreta della veridicità dell’avvenimento, come il toccare con mano le ferite dei chiodi e quella nel costato del Signore. “Beati coloro che hanno creduto senza vedere”: questa affermazione contiene la chiave della fede, che di certo va al di là del concreto e di quanto risulti razional-mente spiegabile. L’uomo del nostro tempo, a maggior ragione, pensando con superbia di essere in grado di dominare e controllare ogni cosa grazie alle conoscenze e scoperte acquisite, è certamente predisposto alla diffidenza verso ciò che non può

E VIA CRUCIS FU... Un “dono di Dio” per la parrocchia del Lacco

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constatare razionalmente e tangibilmen-te. Tuttavia, è proprio qui che deve en-trare in gioco la fede. Il vescovo ha, poi, esortato i fedeli a rita-gliarsi uno spazio per la riflessione e per la confessione durante questo tempo di Pasqua, che dura fino a Pentecoste. “Come reagireste, infatti, se dopo aver preparato una bella festa con tanti dol-cetti per vostro figlio, nessuno vi pren-desse parte?” ha asserito bonariamente. Così è la mensa eucaristica: un banchetto che Dio ha allestito per commemorare il “suo Figlio prediletto” e a cui vuole che noi non manchiamo. Spronando, poi, i partecipanti alla S. Messa ad avvicinarsi più spesso al sacra-mento della Confessione, ha adoperato un’altra immagine: quella di una “doccia”. Come le gocce d’acqua nell’arsura estiva ci ristorano, così la Confessione ci rinfresca l’animo. Come, inoltre, la doccia ci aiuta a togliere via ogni traccia di sporcizia, così tale sacra-mento ci pulisce dalle macchie del pecca-to. A conclusione della celebrazione la paro-la è stata data a don Carmine, il quale, mostrandosi entusiasta per il nuovo inca-rico affidatogli, riprendendo le parole del vescovo, ha precisato che, più che sentirsi egli stesso un dono di Dio, è da considerarsi tale per lui l’intera parroc-chia. Si è dichiarato, infine, desideroso e sicuro di una serena e proficua collabora-zione con quest’ultima.

Stefania Gargano

La Madonna della Pumice

Il 19 aprile scorso, giorno dell’ottava di Pasqua, si è celebrata,a Sambuco, la festa di Maria SS. della Pomice. La leggenda narra che a Sambuco, casale caratteristico di Ravello per la pomice (pietra magmatica,leggerissima per la sua eccessiva porosità), una giovane contadi-na che si trovava in prossimità della vec-chia chiesa, non ancora costruita, ebbe la visione della Madonna che le disse di costruire una chiesa in suo onore. Si tratta di una festa religiosa e pertanto le sante messe e la processione per le vie del paese, costituiscono il fulcro di tutti i

festeggiamenti, i quali sono stati prece-duti dal triduo di preparazione e dai Ve-spri in onore della Madonna.

La messa solenne della domenica è stata anche l’occasione per la presentazione ufficiale del nuovo parroco della Parroc-chia del Lacco e Sambuco. Qui è stato Don Pasquale, il parroco “uscente” a presentare Don Carmine alla comunità, che lo ha accolto subito con grande gioia e calore. La festa,allietata dal concerto bandistico “Città di Minori” è stata allo stesso tem-po un po’ atipica. Infatti, su proposta del Comitato Festa,e con votazione unanime dei capofamiglia, riunitisi presso la Piaz-zetta San Pio, antistante la chiesa,in occa-sione della Pasqua, è stato deciso di ri-nunciare ai tradizionali fuochi di artificio, e di devolvere il denaro per essi preven-tivato alle vittime del terremoto in A-bruzzo. Un gesto così solidale che ha contribuito ad attirare un folto numero di fedeli,sempre devoti alla Madonna d e l l a P o m i c e . Roberta Ruocco APPROVATO LO STATUTO DELLA CONFRATERNITA

Il 23 gennaio 2009 veniva approvato, con decreto arcivescovile, lo statuto della Confraternita del SS. Nome di Gesù e della Beata Vergine del Monte Carmelo, con sede presso la Parrocchia S. Maria Assunta – Duomo di Ravello. Il sodalizio, fondato nel giugno dello scorso anno dopo diversi mesi di adempi-menti burocratici, nasceva dall’esigenza di un sempre più profondo coinvolgi-mento del laicato nella vita della comuni-tà ecclesiale. Già da tempo, infatti, come scriveva Giovanni Paolo II, “si è potuto costatare come lo Spirito abbia continuato a rin-giovanire la Chiesa, suscitando nuove

energie di santità e di partecipazione in tanti fedeli laici. Ciò è testimoniato, tra l'altro, dal nuovo stile di collaborazione tra sacerdoti, religiosi e fedeli laici; dalla partecipazione attiva nella liturgia, nell'annuncio della Parola di Dio e nella catechesi; dai molteplici servizi e compiti affidati ai fedeli laici e da essi assunti; dal rigoglioso fiorire di gruppi, associazioni e movimenti di spiritualità e di impegno laicali; dalla partecipazione più ampia e significativa delle donne nella vita della Chiesa e nello sviluppo della società.” Questi aspetti, in particolare, ai quali va aggiunto l’impegno caritativo, sono stati fin dal suo sorgere le attività sulle quali si è costruita l’esistenza stessa della nuova

confraternita di Ravello. Nel corso degli ultimi mesi – a partire da Ottobre – il terzo sabato è stato animato dalla catechesi sull’apostolo Paolo, an-nunciatore instancabile della Chiesa di Cristo, mentre confratelli e consorelle non hanno mai fatto mancare il loro ap-porto nella cura delle celebrazioni litur-giche. Una collaborazione che, ad onor del vero e per buona ventura, si è sempre manife-stata nella più che millenaria vita della nostra terra, a causa della forte presenza della Chiesa e delle sue strutture. Un fenomeno che ha rappresentato, nella commistione del divino con l’umano, “la premessa e la ragione anche del modo di pensare e di operare nella vita terrena”.

Salvatore Amato - Segretario -

Chiunque volesse far parte della Con-fraternita può farne espressa richie-sta al Priore, Sig. Giovanni Apicella,

via Trinità n. 26, tel. 3337322820.

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Il 17 maggio p.v. la nostra comunità ec-clesiale celebrerà la Traslazione della reliquia del sangue di San Pantaleone, trasferita nel corso del XVII secolo dall’antico altare alla cappella “nuova”, costruita là dove erano l’altare del SS. Crocifisso e quello del Presepe. “Il sangue del glorioso martire San Pantaleone si conser-va in una grande ampolla in vetro fermata da una custodia di argento antico. Il quale san-gue miracolosamente si scioglie dai primi vespri della festa e rimane così per tutta l’ottava sino al tramonto di alcuni giorni dopo”, si legge nella visita pastorale di mons. Paolo Fusco, iniziata il 16 settem-bre 1577. La reliquia era custodita a sini-stra dell’altare maggiore, in un posto chiamato “finestra”, scomodo, pericoloso e non certo dignitoso, munito di un can-cello in ferro con quattro chiavi, sotto il quale era un piccolo altare dedicato al martire. Vi si accedeva mediante una scala “portatile non senza grande ed evidente pericolo sia nell’ascendere che nel discen-dere, massimamente per il sangue di S.Pantaleone Mart. che, conservandosi in un vaso di vetro, facilmente può rompersi e riversarsi” come riferisce mons. Francesco Bennio il 10 giugno 1604. Il prelato invitò, pertanto, a realizza-re una scala “in fabbrica” o, in alterna-tiva, a deporre l’ampolla in un luogo più sicuro ed ordinò che ogni cinque anni la reliquia fosse portata in pro-cessione. Nel 1617 mons. Michele Bonsio ordinò che il sangue fosse cu-stodito in un luogo più sicuro e meno alto, quindi, nel 1632, fu stipulato il contratto con i maestri marmorari che avrebbero ultimato i lavori nel giugno dell’anno seguente. In occa-sione del sinodo diocesano del 1695 mons. Luigi Capuano, patrizio napo-letano di origini amalfitane, stabilì che fosse celebrata nella terza dome-nica di maggio la festa della traslazio-ne delle reliquie con rito doppio. Il sangue e le altre sacre reliquie, espo-sti alla pubblica venerazione, furono

portati in processione per la città “continuo campanarum sonitu”, col suo-no continuo delle campane, per poi essere deposti nella cappella arricchi-ta da nuovi ornati marmorei. In que-gli anni dovette essere apposta all’ingresso della cappella la grande cancellata in ferro battuto recante lo stemma del prelato. Per volere di

mons. Giuseppe Maria Perrimezzi, durante l’esposizione e la processio-ne, l’ampolla doveva trovarsi tra due “luminari di cera” portati da due chieri-ci mentre un sacerdote,o, “raramente”, un magnate, aveva il compito di far vedere il sangue per mezzo di una candela posta in cima ad un’asta. Va notato, inoltre, come il miracolo sia avvenuto eccezionalmente anche in occasione della festa della traslazione: nelle ore pomeridiane del 21 maggio 1922, infatti, si verificò la liquefazio-ne “a metà” del prezioso sangue, per-durata fino al giorno dell’ottava, con “grande movimento nel Capitolo e nel popolo”, che colse in quel segno stra-ordinario una visibile approvazione data dal patrono alla luce elettrica “inaugurata in questa basilica il giorno 21”. Sorprende, purtroppo, come le

origini di questa festa siano state ben presto travisate dai fedeli. Non a caso il canonico don Luigi Mansi, autore della “Ravello Sacra- Monumentale”, apparsa nel 1887, oltre a ricordare l’istituzione della festa del patrocinio (Lunedì in albis), avvenuta nel 1883, sentì il dovere di precisare le origini autentiche della celebrazione di mag-gio, riferite “malamente” alla traslazio-ne dell’ampolla dal Convento di San Trifone. Recuperare il messaggio sto-rico e religioso nella sua autenticità costituisce il primo passo per celebra-re in modo adeguato questa ricorren-za, in comunione con quella “Civitas Ravelli”, oggi così lontana, che quat-tro secoli fa affidava al “suono conti-nuo delle campane” un messaggio di gioia, di onore, di lode alla Trinità e al suo santo patrono.

Luigi Buonocore

Santa Caterina Volpicelli

Domenica 26 aprile 2009 Benedetto XVI ha proclamato santa la beata Cateri-na Volpicelli, fondatrice delle Ancelle del Sacro Cuore, figura di grande fascino mi­stico e di originalità carismatica tra i

tan­ti apostoli dei poveri e degli emar-ginati nella Napoli d e l l ’ 8 0 0 . Nata il 21 gennaio 1839 in una famiglia dell’alta borghesia napoletana, Caterina Volpicelli ebbe una solida formazione

umana e religiosa, cosa al tempo poco frequente per una donna. Mondana e spensierata, l’incontro, appena quindi­cenne, con padre Ludovico da Casoria, poi beato, fu – come affermò in seguito la stessa Caterina – «un tratto singolare di grazia preveniente, di carità e di pre­dilezione del Sacro Cuore innamorato delle miserie della sua serva».

FESTA DELLA TRASLAZIONE RELIQUIA DEL SANGUE DEL SANTO PATRONO

Page 12: incontro Maggio 2009

CELEBRAZIONI DEL MESE MARIANO

GIORNI FERIALI E FESTIVI Ore 18.30: Santo Rosario- Ore 19.00: Santa Messa e meditazione mariana

7-14-21-28 MAGGIO Ore 20.00: Adorazione Eucaristica

VENERDI’1 MAGGIO: S. Giuseppe lavoratore Ore 18.30: Santo Rosario, Santa Messa e meditazione mariana

SABATO 2 MAGGIO Ore 19.00: Santa Messa Prefestiva

3 MAGGIO - IV DOMENICA DI PASQUA Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni

Ore 08.00-10.30-19.00:Messe Comunitarie VENERDI’ 8 MAGGIO

Ore 10.30: Rosario Ore 11.30: S.Messa e Supplica alla B.V. di Pompei

SABATO 9 MAGGIO Ore 19.00: Santa Messa Prefestiva

10 MAGGIO-V DOMENICA DÌ PASQUA Ore 08.00-10.30-19.00: Sante Messe

SABATO 16 MAGGIO Ore 19.00: Santa Messa Prefestiva

17 MAGGIO-VI DOMENICA di PASQUA FESTA DELLA TRASLAZIONE

DELLA RELIQUIA DI S.PANTALEONE (SAN PANTALEONE DIMAGGIO)

Ore 8.00 - 10.30: Santa Messa Ore 19.00: Processione e al ritorno Santa Messa

24 MAGGIO - ASCENSIONE DEL SIGNORE Ore 08.00-10.30-19.00:Messe Comunitarie

30 MAGGIO Ore 19.00: Santa Messa Prefestiva

ORE 21 VEGLIA DI PENTECOSTE 31 MAGGIO - SOLENNITA’ DI PENTECOSTE

Ore 08.00-10.30-19.00: Sante Messe; Ore 19.30 Processione con la statua della Vergine del Rosario di Pompei