107
PACE DI LODI (9 Aprile 1454) LA ROCCA DEL PIANCHELLO (REGGETTO), CON LECCO E LA VALSASSINA, RIMANE AL DUCHA DI MILANO, FRANCESCO SFORZA “Pax contracta Laude inter Venetos et Ducam Franciscum Sfortiam sub die 9 Aprilis 1454” “In Nomine Sanctae et Individuae Trinitatis Patris, et Filij, et Spiritus Sancti Amen. Anno a nativitate Domini Nostri Jesù Christi millesimo quadringentesimo quinquagesimo quarto die martis Nono Mensis Aprilis Indictione secunda. Cum dulce sit verbum pacis, et res in se ipsa salutaris, que sola in humanis rebus bona simul, et iocunda nominatur, cumque humani generis inimicus malignitati semper invigilans inter Illustrissimum Principem, et Excellentissimum Dominum Dominum Franciscum Foscari Ducem, et Inclitum Dominum Venetiarum etc pro se et suisque.... et Excellentissimum Dominum Franciscum Sfortiam Vicecomitem Ducem Mediolani... pro se suisque...” “faciunt, contrahunt, transigunt, celebrant atque firmant bonam, veram, puram, sinceram, et inviolabilem pacem, Deo dante perpetuis temporibus duraturam, cum capitulis, pactis, conditionibus, modis, formis, promissionibus, obligationibus, et clausolis infrascriptis...”[....] “Romagnando al predicto Signore Ducha Valsaxina, la Rocha de Baiè e de Pianchello, el piano del Lecho cun acqua et la chiuxa cun le terre del Biono de qua e de la”. CONGRESSO IN MILANO1456 DOCUMENTO DI TRANSAZIONE “Insorsero però quistioni fra le due potenze circa i confini e le adjacenze. Ma per togliere ogni motivo di guerra si convenne di tenere il giorno 4 agosto 1456 un congresso in Milano, ne quale si pattovì che la valle di Averara, ad eccezione di Valtorta, e quella di Taleggio, restassero della repubblica. Anche Vedeseta coi luoghi di Canto, Manterga, Pianchello, Lavina, Avolasio e Prato Giugno, per esser sempre stati fedeli al duca, rimasero a lui. Le due Valli di Taleggio e di Averara vennero allora per sempre nel civile disgiunte dalla Valsassina ed aggregate alla veneta repubblica”. Giuseppe Arrigoni, Notizie storiche della

INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

  • Upload
    others

  • View
    6

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

PACE DI LODI (9 Aprile 1454)

LA ROCCA DEL PIANCHELLO (REGGETTO), CON LECCO E LA VALSASSINA, RIMANE AL DUCHA DI MILANO, FRANCESCO SFORZA

“Pax contracta Laude inter Venetos et Ducam Franciscum Sfortiam sub die 9 Aprilis 1454”“In Nomine Sanctae et Individuae Trinitatis Patris, et Filij, et Spiritus Sancti Amen. Anno a nativitate Domini Nostri Jesù Christi millesimo quadringentesimo quinquagesimo quarto die martis Nono Mensis Aprilis Indictione secunda. Cum dulce sit verbum pacis, et res in se ipsa salutaris, que sola in humanis rebus bona simul, et iocunda nominatur, cumque humani generis inimicus malignitati semper invigilans inter Illustrissimum Principem, et Excellentissimum Dominum Dominum Franciscum Foscari Ducem, et Inclitum Dominum Venetiarum etc pro se et suisque.... et Excellentissimum Dominum Franciscum Sfortiam Vicecomitem Ducem Mediolani... pro se suisque...” “faciunt, contrahunt, transigunt, celebrant atque firmant bonam, veram, puram, sinceram, et inviolabilem pacem, Deo dante perpetuis temporibus duraturam, cum capitulis, pactis, conditionibus, modis, formis, promissionibus, obligationibus, et clausolis infrascriptis...”[....] “Romagnando al predicto Signore Ducha Valsaxina, la Rocha de Baiè e de Pianchello, el piano del Lecho cun acqua et la chiuxa cun le terre del Biono de qua e de la”.

CONGRESSO IN MILANO1456 DOCUMENTO DI TRANSAZIONE

“Insorsero però quistioni fra le due potenze circa i confini e le adjacenze. Ma per togliere ogni motivo di guerra si convenne di tenere il giorno 4 agosto 1456 un congresso in Milano, ne quale si pattovì che la valle di Averara, ad eccezione di Valtorta, e quella di Taleggio, restassero della repubblica. Anche Vedeseta coi luoghi di Canto, Manterga, Pianchello, Lavina, Avolasio e Prato Giugno, per esser sempre stati fedeli al duca, rimasero a lui. Le due Valli di Taleggio e di Averara vennero allora per sempre nel civile disgiunte dalla Valsassina ed aggregate alla veneta repubblica”. Giuseppe Arrigoni, Notizie storiche della Valsassina e delle terre limitrofe, Forni Editore Bologna. Ristampa anastatica. 1972. pag. 212.

“Ma per la troppa complessità [perplessitate] dei patti successe che dopo queste intese nacque tra di loro un disparere sui confini. Infatti tra le altre cose diceva il Doge veneto che i luoghi delle famiglie degli Arrigoni e dei Quartironi in Valle Taleggio, e nei monti di Lecco con i loro diritti e pertinenze spettassero a lui e per contro il Duca di Milano rivendicava come proprie le valli Torta e Averara e il luogo di Pizzino in Valle Taleggio con i suoi diritti e pertinenze. Per la qual ragione i Veneti a mezzo dei procuratori, presente invece di persona il Duca di Milano, nel 1456 il 4 di agosto solennemente si sono accordati [Registri ducali, Registro 18, pag. 458 e seg.] in questo modo: che i Veneti ottengano Pizzino, la Valle Averara e Torta e quella parte di Valle Taleggio [11] che in quel momento era dagli stessi veneti posseduta, in particolare il luogo di Pizzino terra dei Savioni, di converso il Duca di Milano liberamente abbia quelle parti della Valle Taleggio che allora erano possedute dallo stesso Sforza, in particolare gli Arrigoni, gli Amigoni, i Rognoni e i Quartironi con i luoghi del Canto, Lamenterga, ora Reggetto, Pianchello, Lavina, Vidiseta, Avolasio e Prato Giugno [Canto, Almenterga, nunc Riceto, Pianchello, Lavina, Vidiseta, Avolasio, Pratoiunio]. Il tempio, invece, del divo Bartolomeo resti nella giurisdizione di quella parte nella quale è situato e infine tutti gli altri luoghi allora posseduti dal citato Duca di Milano in Valle Taleggio [Templum vero Divi Bartholomei remaneat in

Page 2: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

iurisdictione eius partis in qua situatus est, et denique omnia alia loca a P.to Mediolani Duce in dicta Talegij Valle tunc possessa]. Tutte queste cose vengono provate dal testo degli accordi [instrumento pactorum] sottoscritti tra i citati Capi in quell’anno e rogato da Giacomo da Perego [Iacobo de Perego], notaio e segretario del Duca di Milano e da Antonio Patavini da Campo Longo, notaio e secretario dei rappresentanti del Dominio Veneto, e sottoscritto [signato] da Cicco Simonetta: tale strumento viene esibito con il contrassegno C.” (Relazione sulla Valtaleggio del Magnocavallo, pagg. 10-11)

“E anche se il comparente è convinto che siano sufficienti le carte già prodotte tuttavia produce e mette agli atti lo strumento della transazione intercorsa tra il Duca di Milano e la Repubblica Veneta, rogato dai notai milanesi Antonio de Campolongo e da Giacomo Perego il 4 agosto 1456 “[facciata 9 Infeudazione]

[confini P. A. 288] Risposta del Vicario di Vedeseta“1582 adì 30 di Aprile”

Da un documento datato 30 aprile 1582 e avente per titolo “Responsio Vicarii Vedesete” emergono alcune linee di condotta adottate dalle due Comunità sui contrasti confinari e che porteranno, l’anno dopo, alla “Sentenza arbitramentale” con nuove delimitazioni e con la posa dei termini. Se si vuole, si trova anche una parziale spiegazione della durissima perdita di territorio che Vedeseta dovrà accettare. Si tratta della risposta di Vedeseta, con una lettera informale del Vicario “da Salciana in qua” Giacomo Arrigoni, alla richiesta di Taleggio, fatta, secondo Vedeseta, con “scrittura privata”, ai fratelli Vincenzo e Vistallo Bertoldi (Arrigoni) della Lavina perché compaiano davanti al “Vicario et Consilieri de quella parte di Taegio sottoposta al Ser.mo Dominio Veneto” e si obblighino a pagare “li carichi che occorerano per lavenire” per certi terreni che possiedono in “Fopparia, Grignapon, Foppi et Roncali et altri lochi” così come fanno “quelli di Peghera”. In caso contrario il Vicario di Taleggio, che ritiene che quei beni “giaciano nel Territorio di esso Vicariato” dichiarerà che quei beni siano confiscati con destinazione per metà al Demanio [“alla fabrica del Aressanal di Venezia”] e metà al Comune di Taleggio stesso! Il Vicario di Vedeseta risponde, contestando la legittimità e la correttezza di quel documento di Taleggio e dicendo che quei beni sono nella giurisdizione di S.M. Cattolica e mandando il messo-guardia Giacomo Nasino Arrigoni [“servitore e fante publico”] a notificare e intimare a Taleggio la risposta, cioè “a detti soprascritti Vicario e Consilieri , overo al Molino del fino al Ponte sopra Lenna et alla Tor del Termine et alla Casa di miser Francescho in Olda” e a lasciarne copia nei luoghi in questione, e cioè “nella pezza di terra ditta in Borgareda di Miser Gio. Maria da Mott”. Il documento prosegue ricordando, tra l’altro, i molti beni che quelli di Taleggio possiedono in territorio milanese, nei confronti dei quali si minaccia di applicare quello che Taleggio intende applicare nei confronti dei beni posseduti da quelli di Vedeseta in, presunto, territorio veneto e si conclude proprio con l’elenco degli abitanti di Taleggio che hanno “pezze di terra” su Vedeseta, o, comunque, in territorio che Vedeseta considera suo. Proprio questo elenco, pensiamo, sarà un cardine nella strategia di Taleggio e del Delegato Veneto che faranno passare il concetto che proprietà private e confini comunali e di Stato dovevano coincidere.E proprio questo elenco, ancor più che per il documento in sé, rende queste carte interessanti. In un certo senso siamo in presenza di un piccolo, parziale, Catasto dal quale emergono i nomi di alcune famiglie proprietarie di Taleggio, quando la proprietà della terra era ancora prevalentemente in mano pubblica, soprattutto emergono molti nomi dei fondi, alcuni già presenti in altre carte del tempo, altri che compaiono per la

Page 3: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

prima volta, alcuni oggi persi o indecifrabili, ma parecchi ancora familiari a noi tutti. Diamo questa parte del documento (maiuscole e punteggiature aggiustate).

“Vedeseta il XXX di aprile 1572. Li nomi di quelli che possedeno beni nel Comune di Vedesetta Stato di Milano sono questi.

- Miser Gio. Maria Damott di Codacci possiede una pezza di terra detta in Borgareda- La peccadella di Peghera possede una pezza di terra in Borgareda- Miser Giovan Barba fig. di Miser Antonio Barba di Salvioni de Olda possede una

pezza di terra detta Capaiino, unaltra detta in Trigiumelli, unaltra alla Piazza dil Ponte de Lenna, un’altra pezza di terra detta il Roncale, unaltra detta Il Canto, unaltra detta il Bracho.

- Miser Viviano Benzona di Salvioni de Olda possede una pezza di terra nelle Fracce, et unaltra al Canto et le Rive, un’altra detta il Bracho.

- Miser Giacomo detta Catena de Olda possede una pezza di terra detta la Fraccia.- Gio. Pietro dil Cornaletto possede una peza di terra detta Cornale.- Miser Viviano fornero de Olda possede una pezia di terra nelle Rive et unaltra al

Canto et unaltra sotto la strada sotto il Segrato di S.to Pietro et sotto le case di esso Miser Viviano.

- Sig. Battista Testor de Olda possede una pezza di terra sotto la strada che è sotto le Case di detto Batista et Paulo fratelli di Testori et sotto la Casa di Miser Pasino Pasinetto.

- Miser Pietro et Andrea Pasinetti di Locatelli fratelli fig. di miser Giovan Pasinetto possedono una pezza di terra sotto le case di detti fratelli di Locatelli et unaltra nella Chiesura, unaltra al Brugho et unaltra a Ravisciolo, unaltra in Cantolto, in Traversino et in Saltarino.

- Miser Pasi Pasinetto fig.di Miser Antonio Locatelli de Olda possede una pezza di terra detta nella Chiesura et unaltra detta Lanchero et unaltra sulla Costa, unaltra al Zerbei et in Cantolto, Traversino, Saltarino.

- Miser Simon Bariona di Frer di Sottogiesa possede una pezza di terra nel Lavagiello et unaltra detta nella Riceola (?)

- Miser Simon Cabrinet di Sottogiesa possede una pezza di terra detta Piazza di Lai al Rezeto.

- Miser Giovan Benasuda di Sottgiesa possede una pezza di terra detta in Vaccareggia.

- Heredi di lq signor Andrea Garbanello et Gio. Maria Levori(?) di Sottogiesa possede una pezza di terra in Vaccareggia.

- Miser Gio. Trombetta di Valli del Fraccio possede una pezza di terra detta Sot Corna.

- Li figlioli et heredi di lq miser Antonio Pirardo delle Fraccie possede una pezza di terra detto Sot Corna et unaltra in Cantoldo.

- Mser Gio. Danolo Prumetto delle Fracce possede una pezza di terra detta alla Rocha.

- Li figlioli et heredi di lq signor Ambrosio Griso delle Fraccie possedeno una pezza di terra detta al Caman.

Page 4: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

RISPOSTA DEL DOGE AL GOVERNATORE DI MILANO DE GUZMAN (288) Carta pecora?

1579. 5.agosto Illustrissimo et Excellentissimo Domino Antonio de Guzman Marchioni de Aiamonte, Gubernatori Status Mediolani n.? ac Capitaneo Generali Catholicae Majestatis amico

nostro carissimo

Illustrissime et Excellentissime Domine. Se bene non potemo noi al presente risponder particolarmente alle lettere, che vostra Eccellentia ci hà scritto in proposito di certa differentia, che lei dice esser nasciuta trà gli huomini di Vidisette, et quelli di Sottochiesa sudditi nostri, poiché non habbiamo tutte quelle informationi che sariano ncessarie in tal caso ci è parso tuttavia conveniente darli con queste aviso della ricevuta delle predette sue lettere et dirli appresso quanto alla predetta difficoltà, che difficilmente potemo credere che li nostri sudditi habbino commesso novità di alcuna sorte, sapendo loro molto bene intentione e voler nostro esser che vicinino con ogni quiete et amore alli confini, et spetialmente con quel Stato, per la molta affettione, et osservantia, che noi portamo à sua Maestà Cattolica, et sì come ricerca il giusto, et l’honesto, conforme anco alla bona mente dell’Eccellentia Vostra. Noi adunque, come habbiamo predetto, pigliaremo le convenienti informationi, et havutele ne daremo poi a Vostra Eccellentia risoluta, et particolar risposta. Et gli anni suoi siano molti, et felici. Data in nostro Ducali Palatio. Die Quinta Augusti. Indictione Septima. MDLXXIXNicolaus Deponte, Dei gratia Dux Venetiarum n.?

Giacomo Gerardo segretario

MANDATO PIENO A PIETRO MARTIRE PONZONE(288) Carta pecora? manca indirizzo?

Philippus Hispaniarum ... Rex, et Mediolani DuxDilectissime noster. Est nobis cura, ut populi cum finitimis quiete vivant, propterea cum intellexerimus inter populos Subecclesiae Vallis Taleggi, et Vercuragi S.ti Martini Ill.mo Dominio Veneto Obedientes, cum Vidisetensibus nostratibus, et aliis territorij Leuci nobis subditis, nonnullas extare controversias, damnaque utrinque illata fuisse, iccirco ut ipsorum Populorum rumoribus occurratur, eorumque indemnitati consulatur, libenter assensimus, ut differentia ipsa, damnorumque refectio per Iudices hinc inde eligendos, sive debito terminent, qui iudices sine iudiciorum solemnitate iuribus utriusque partis intellectis, iustitiam administrent, vel partes amicabiliter componant. Quare cum de prudentia vestra multum confidamus, tenore praesentium vos eligimus, qui cum Magnifico Domino Octaviano Valerio ex parte Ill.mi Dominij Veneti electo per finibus Territoriorum utriusque Dictionis inter partes praedictas regendis, assertisque damnis ex ea, vel ob eam causam illatis, resarciendis, componendisque conveniatis, et cum ipso condelegato, super damnis utriusque per ipsos Populos illatis opportunas informationes assumatis, partes audiatis, e... controversias circa pretensa damna, et quacumque alia gravamina, iuris medio, vel amicabili compositione terminetis, quicquid nam per vos circa praemissa actum fuerit, id ratum, gratum habebimus, et ab omnibus nostris inviolabiliter observari faciemus. Datum Mediolani XXVIII. maij. M.D.LXXXIII

INFEUDAZIONE DI VEDESETA

Siamo attorno al 1650. Si tratta di una vicenda importante nella lunga storia di Vedeseta, quella in cui la piccola comunità ha tirato fuori gli “attributi” e tutte le risorse finanziarie

Page 5: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

disponibili, per preservare la propria autonomia, con privilegi e esenzioni amplissimi, conquistata almeno due secoli prima e difenderla dalle pretese del conte Giulio Monti, Feudatario della Valsassina. Il documento relativo alla infeudazione di Vedeseta fa parte del faldone ???? del Fondo Feudi dell’Archivio di Stato di Milano. Si tratta dell’assemblaggio dei verbali, sintetizzati nelle parti più burocratiche, della complicata vicenda, che va dal 1647 al settembre del 1652, redatti dai Notai camerali che l’Archivio ha conservato in una copia a stampa, probabilmente tirata con altre per fornirne un esemplare a tutti i soggetti coinvolti o interessati. Anche se unitario il documento è in realtà composto di due parti, stampate a breve distanza una dall’altra. La prima, la più corposa, che porta la data del 19 agosto 1652, raccoglie i verbali che vanno dal 3 giugno 1647 (giorno in cui gli uomini di Vedeseta, convocati, non compaiono a Introbio, a rendere omaggio a Giulio Monti) fino, appunto, al 19 agosto 1652: è l’”Instromento” d’Infeudazione vero e proprio, rogato dal Notaio camerale Francesco Mercantolo, di cui la Comunità di Vedeseta, dopo aver pagato, ha a lungo sollecitato copia. La seconda, di 8 facciate, è il verbale della presa di possesso, il giorno 11 settembre 1652, da parte del Magistrato alle entrate straordinarie del Ducato di Milano, nella persona del Questore Conte Cusani salito appositamente a Vedeseta.A queste due parti ne va aggiunta una terza, di sole 4 facciate, legata alle prime due, per la tematica, ma di natura diversa: è infatti una memoria difensiva della Comunità, che ancora una volta ribadisce l’ampiezza delle proprie autonomie contro il tentativo di interpretazioni restrittive da parte del “Feudatario”, da lei scelto. Segno che la pace era durata poco!Il titolo del documento è “PRO Communitate Vallis Taegij” con sottotitolino: Dei Virginisque Mariae auspiciis. Accanto al titolo, a sinistra, la lettera maiuscola B scritta a mano. Altre annotazioni a mano di fianco e sopra il titolo, a destra con ben leggibile la data del 23 aprile 1653. Una fitta nota a margine è presente sulla facciata due e altreLe tre parti, insieme formano, complessivamente, 75 facciate, solo parzialmente numerate e per comodità le considereremo un tutt’uno, come in realtà appiono all’interno del faldone. Il documento sulla cui prima pagina compare, apposta a mano, la data: 1652 19 Aug.ti e, appena sopra, altre due righe di cui ben leggibile quella che riporta Ducato di Milano, redatto in latino ma con parti in italiano e, anche, in spagnolo, è ben conservato e, grazie ai caratteri a stampa - belli, di corpo consistente, impreziositi da alcuni capolettera “miniati” - assai facilmente leggibile. Per questo ne forniamo una riproduzione integrale anastatica, accompagnandola, però, con un’ampia trascrizione riassuntiva per chi fosse in difficoltà con linguaggio e caratteri. Il suo contenuto è, nella sostanza, noto. Ne hanno parlato i diversi autori che si sono occupati di storia di valle Taleggio e di Valsassina: basti citare Giorgio M. Arrigoni alla fine del Settecento nelle sue Memorie storiche del Comune di Vedeseta, Giuseppe Locatelli all’inizio dell’Ottocento nei suoi Cenni ed osservazioni sulla Vallata di Taleggio (stampato nel 2007). A questi due autori, e forse, anche, al testo originario, si rifà l’ing Giuseppe Arrigoni nella sua fondamentale Storia della Valsassina e delle terre limitrofe. Ne parleranno ancora autori di fine Ottocento come Bartolomeo Villa nel suo lavoro sulla Valle Brembana.... Recentissimamente ha ben riassunto il succo della vicenda Bernardino Luiselli in un suo intervento pubblicato dai Quaderni Brembani n. 6 per l’anno 2008. Al quale attingiamo offrendolo a mo’ di guida e di inquadramento alla lettura per chi poi affronterà il testo originale o di compendio della vicenda per i più pigri o per coloro che avessero qualche difficoltà con il latinorum.Leggere la vicenda raccontata minutamente dai verbali se da una parte può risultare un po’ faticoso e noioso per l’uso del linguaggio burocratico, con i suoi moduli e con le sue ripetizioni, che possono sembrare quasi dei tantra, d’altra parte offre spunti di grande suggestione: ci pare di essere portati ad assistere in prima persona a quei momenti drammatici, allo scontro delle posizioni, alle sottili schermaglie dei legulei, allo svolgersi delle tante tappe del dibattimento, ai colpi di scena; ci immerge in un clima di suspense,

Page 6: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

quasi non sapessimo come va a finire e ci fa emotivamente partecipare a un contrasto che ha visto la piccola comunità di Vedeseta fortemente determinata, ma anche fortemente a rischio di perdere i propri privilegi e la propria forte autonomia, ci pare di essere presenti anche noi alla scena finale che vede gli uomini di Vedeseta, radunati in piazza, piegare il ginocchio per promettere fedeltà al Magistrato del Regio Tribunale che ha accettato di essere il “feudatario” di Vedeseta, impegnandosi a rispettare tutte le sue prerogative e a difenderne, per il costo di un capretto, tutte le libertà.Il numero progressivo di pagina, riportato tra quadre, è nostro.

TAPPE DELLA VICENDA

Il Documento o “Instrumento” d’Infeudazione, attacca con la data di compilazione, 19 agosto 1652, come già detto, ma riporta tutte le parti essenziali dei verbali delle innumerevoli tappe della Causa, a partire dal giugno 1647.[1] 3/giugno/1647: Non essendo gli uomini di Vedeseta comparsi a rendere omaggio al nuovo feudatario, il conte signor Giulio Monti, il giorno 3 di giugno del 1647, giorno di infeudazione della Valsassina, il questore dottore Gio. Battista Secco Borella conte di Vimercate, in nome del Magistrato straordinario ai redditi dello Stato di Milano, di cui è delegato, intima alla Comunità di Vedeseta di presentarsi a Cortenova il 5 dello stesso mese davanti allo stesso delegato per il giuramento di fedeltà e per riconoscere il Sig. Podestà [2] della “Valle per suo giudice”. In difetto il primo giorno d’udienza dovranno comparire davanti al supremo Magistrato. Introbio 3 giugno 1647. Firma il Questore delegato Conte di Vimercate.

7/giugno/1647: a me Notaio sottoscritto il messo pubblico dell’Ufficio di Valsassina Francesco Fumagalli ha riferito di essersi ieri, 6, recato al luogo di Lavina di Taleggio milanese, a casa di Vincenzo Bertoldi Arrigoni console dello stesso luogo di Taleggio e di aver consegnato copia conforme dell’intimazione, presente Santino Ferranda Arrigoni. Firma Io. Battista Cattaneo Torriani, pubblico notaio di Milano, cancelliere [“actuarius”] dell’Ufficio criminale e civili della Valsassina.

RISPOSTA DI VEDESETA, indirizzata all’Illustrissimo Magistrato(IN SINTESI)

1. Vedeseta non può essere compresa nel Feudo della Valsassina, perché “non è nominata nella detta concessione, ò sia ivestitura”, né può essere compresa nel termine “pertinenze” “non essendo detta Communità parte dipendente da detta Valsasina”, avendo “statuti, e consuetudine particolare, et proprie, et il Territorio in tutto distinto, et segregato non solo dalla Valsasina, ma da altri Territori del Stato, et mai habbia havuto alcuna comunione con Valsasina”.

2. [3] Si infeudano solo cose di proprietà del Principe o di sua giurisdizione: ora la regia Camera non ha né beni materiali né immateriali nella comunità di Vedeseta e quanto alla giurisdizione se è quella generale e suprema, che comporta l’obbedienza al Principe, non è in questione e non può essere alienata perché altrimenti si tratterebbe di vendita; se si tratta dei poteri specifici, quelli esercitabili dai feudatari, non sono in possesso di sua Maestà ma degli uomini della Comunità, “i quali per tempo immemorabile sono in possesso di deputare li Giudici, et conoscere le cause tanto civili, quanto criminali, et scuodere, et applicare à loro le condanne, né sostengono carico di sorte alcuna, ne anco del sale, che è il manopoglio giusto del Prencipe, servendosi essi di quel Sale, che più gli pare”. E questo in forza dei privilegi concessi e confermati via via dai

Page 7: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

governanti di Milano in premio della fedeltà, dei meriti e dei gravi patimenti sopportati dagli uomini di Vedeseta che si videro cacciati di casa, fatti a pezzi e con le case bruciate e le sostanze dissipate. [4] Per tanto niente materia di Feudo e la Comunità non crede nemmeno di dover provare i propri privilegi: è la Regia camera fiscale che deve portare delle prove visto che Vedeseta non è nemmeno nell’elenco dei contribuenti! Se però si chiede di portare le prove lo si farà entro un termine congruo. “Il che fatto crederà la Communità che non vorranno gli Ministri alterare lo stato di quelli huomini, nel quale si sono compiaciuti gli Antecessori di Sua Maestà di lasciarli, mentre la Republica Veneta conserva inviolabile l’istessa libertà à quella parte della detta Valle di Taeggio, che à lei si sottopose; ET CHE SI TRATTA D’UN POPOLO DI CINQUANTA FAMIGLIE IN TUTTO POSTO IN LUOCO TANTO STERILE, CHE NON SI RACCOGLIE ALTRO CHE FIENO, ET QUASI INACCESSIBILE; ONDE LA MAGGIOR PARTE DELLI HUOMINI SE NE VANNO FUORI DELLA VALLE À PROCACCIARSI IL VITO, che però potrebbe essere di poco profitto alla Reg. Cam.”.

(TESTO INTEGRALE)“Illustriss. Magistrato, Al papele intimato d’ordine del Sig. Conte di Vimercato Regio Questore pretesto Delegato alla Valle Taleggio, perché comparesse nanti la S. V. à giurare fedeltà al Sig. Conte Don Giulio Monti, si risponde che non si può pretendere, che la Communità di Vidisetta della Valle di Taeggio sia compresa nella concessione in Feudo novamente fatta della Valsasina; Prima perché essa non è nominata nella detta concessione, ò sia investitura, ne si può intendere compresa sotto il nome di pertinenze, non essendo detta Communità parte dipendente da detta Valsasina, come che habbia statuti, e consuetudine particolare, et proprie, et il Territorio in tutto distinto, et segregato non solo dalla Valsasina, ma da altri Territori del Stato, et mai habbia havuto alcuna comunione con Valsasina; Secondo, perché non può in detta Communità sussistere [3] Feudo alcuno, mentre vi è materia di Feudo, onde non può essere infeudata, e per dichiarazione di questa asserzione si dice, che il feudo è una qualità, et accidente, che ricerca la cosa, e sostanza à cui s’appoggi. Le cose che si danno in feudo dal Prencipe, overo sono sue per Dominio di proprietà, come terreni fiumi, Datij, et simili, overo per ragione di giurisdizione nella detta Communità, e luoco non ha la Reg. Cam. Beni alcuni corporali, né incorporali, et quanto spetta, alla giurisdittione, se si tratta della giurisdittione in genere, la quale comprende l’Imperio Supremo, che consiste dell’obbedienza del suddito al suo Prencipe, di questa non si tratta, nè si può trattare, perché sarebbe non infeudazione, ma alienazione non potendosi dare la superiorità verso due Patroni, et repugnarebbe alla natura dell’Infeudatione, che risserva la superiorità al Prencipe infeudante: Et se si parla della giurisdizione in specie, et di quell’Imperio, del quale sono capaci li Feudatarrj l’uso, et Dominio di questa non è della Maestà del Rè Nostro Signore, mà delli huomini della detta Communità, i quali per tempo immemorabile sono in possesso di deputare li Giudici, et conoscere le cause tanto civili, quanto criminali, et scuodere, et applicare à loro le condanne, né sostengono carico di sorte alcuna, ne anco del sale, che è il manopoglio giusto del Prencipe, servendosi essi di quel sale, che più gli pare, la causa di questa prerogativa singolare, e perché la Valle di Taeggio è posta sopra il Bergamasco, onde era parte del detto Territorio, et nelle Guerre seguite fra Filippo Maria Visconte Duca di Milano, et la Republica Veneta, essendo la Città di Bergamo occupata da Venetiani, il restante della Valle di Taeggio seguì la fortuna della detta Città, eccetto li huomini della detta Communità di Vidisetta, li quali non volsero mai acconsentirgli, che perciò patirono dell’ira de Venetiani gli ultimi mali, come attesta il Duca Filippo Maria nel suo privilegio, nel quale si legge, che li huomini di detta Communità, et Valle furono tagliati per la maggior parte a pezzi, et quelli, che sopravissero cacciati di patria, et abbruggiate le loro Case, et le loro sostanze [3] dissipate. Laonde il Duca à contemplazione di fede tanto esemplare concesse à detti huomini molti privilegij, et

Page 8: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

particolarmente l’essentione de tutti li carichi per i beni, che havessero acquistati in qualsivoglia parte dello Stato di Milano, nel quale si erano ricoverati, li quali privilegi sono poi stati confirmati dalli successori di detto Filippo Maria Visconte; Per tanto se Sua Maestà non ha uso alcuno della giurisdittione, neanche di quella, che si asserisce nell’imporre carichi, et in consequenza non può dar in feudo detta Communità, essendo che l’infeudatione, che si fa altro non è, che porre il feudatario in luoco di Sua Maestà.Ne crede la detta Communità, che à lei resti carico di provare questa sua libertà, poiché assai resta provata, mentre non si prova dalla parte della Reg. Cam. la soggettione, come si hà della prova dell’immunità de carichi, che dicono i Dottori restar provata, provandosi, che chi si pretende immune, non è descritto in libro solventium; Ma quando si voglia caricare alla Communità la obligatione di provare, si essibisce essa di farlo dentro il termine competente, che gli sarà statuito; Il che fatto crederà la Communità che non vorranno gli Ministri alterare lo stato di quelli huomini, nel quale si sono compiaciuti gli Antecessori di Sua Maestà di lasciarli, mentre la Republica Veneta conserva inviolabile l’istessa libertà à quella parte della detta Valle di Taeggio, che à lei si sottopose; et che si tratta d’un Popolo di cinquanta famiglie in tutto posto in luoco tanto sterile, che non si raccoglie altro, che fieno, et quasi inaccessibile; onde la maggior parte delli huomini se ne vanno fuori della Valle à procacciarsi il vito, che però potrebbe essere di poco profitto alla Reg. Cam. Per tanto riccorono gli huomini di detto Commune alle SS.VV.Supplicandole restar servite ordinare, che non si innovi cosa alcuna contra detti huomini, ma si lasciano in pace, il che etc.”

6/luglio/1647: si alleghino al fascicolo apposito e ne venga portato a conoscenza il Magistrato fiscale [5] perché dia indicazioni. Firma, ecc.

12/agosto/1647: Il Magistrato delle Regie ducali entrate straordinarie e dei beni patrimoniali dello stato di Milano, su istanza del regio ducale Fisco assegna il termine di 8 giorni ai signori citati più sotto, e a chiunque abbia titolo, per comparire, e per produrre qualsiasi cosa relativa alla infrascritta causa. Passato il termine si venga alla presentazione della causa senza altri termini. Milano lunedì 12 agosto 1647.I nomi sono: il console, il comune e gli uomini e tutta la cittadinanza di Vedeseta Valle Taleggio, nella causa del Feudo di Valsassina assegnato a don Giulio Monti con il titolo di Conte, perché entro il termine soprascritto dimostrino che essi uomini e la Comunità non fanno parte del Distretto e del territorio della Valsassina e che non sono sottoposti alla sua giurisdizione, come è stato esposto nelle loro suppliche presentate e agli atti. Fatti salvi i diritti del regio Fisco. Firma il presidente e i magistrati. Sottoscrive Mercantolo, notaio della regia ducal camera [“R.D.C. Not.”].

16/agosto/1647: il messo Francesco Fumagalli, di Lecco, riferisce di essersi recato oggi a Vedeseta in missione per capire, sentendo meticolosamente anche molti tra i più anziani del posto, se vi fosse il console o i Sindaci o l’esattore di detta comunità e di aver avuto in risposta da essi che non vi era nessuno di essi, e che la comunità non era solita assegnare cariche ma che avevano solo il loro giudice col nome di Vicario, e così quando aveva capito che non c’era né il Console, né il sindaco, né l’amministratore della comunità [6] e che tutti gli abitanti del posto rifiutavano di accettare il detto termine di intimazione, aveva affisso una copia di detta intimazione alle pareti della piazza pubblica del luogo di Vedeseta, presenti molte persone che vedevano e capivano e un’altra copia l’aveva affissa presso una casa d’abitazione lasciandola “supra cadenatium portae apertae ipsius domus” (sopra il catenaccio della porta aperta della stessa abitazione). Sottoscrive: Io, Giovanni Battista Cornio de Longis, per autorità imperiale notaio di Milano.

Page 9: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

31/agosto/1647: Dopo l’intimazione a presentarsi a Milano Vedeseta sceglie come riferimento legale la casa dell’avvocato Io. Paolo Crotta, posta in S. Giovanni in Laterano di Milano.Vengono citati a comparire nella sala delle udienze, per il lunedì 2 settembre del 1647, al mattino: l’avvocato don Nicola de Castro e il membro del collegio sindacale Geronimo Fratrio, entrambi del regio Fisco, per dibattere a istanza dei richiedenti sul termine degli otto giorni loro dato dal magistrato e a istanza del regio fisco perché i richiedenti compaiano nella causa relativa al Feudo di Valsassina, a dimostrare che quella comunità non è del distretto e del territorio di detta Valsassina, come si dice meglio nella citazione del termine emessa il 12 del presente mese. [7] Gli ufficiali giudiziari [“Ostiarii”] rilasceranno il certificato della presente intimazione a chiunque. Sottoscrive Mercantolo.

2/settembre/1647. Riferisce Ottavio Lurano, illustre magistrato presidente degli ufficiali giudiziari che sabato ultimo giorno del mese si è recato, su ordine, alla casa d’abitazione del citato signore signor Nicola de Castro, avvocato del regio Fisco, sita in Santo Stefano in Brolo, a Milano, e alla casa di Geronimo Fratrio, sindaco, del collegio degli avvocati, sita in San Matteo alla Moneta in Milano e di aver consegnato personalmente a loro familiari copia della citazione già ricordata.

2/settembre/1647. Presso l’Illustrissimo Magistrato delle Entrate straordinarie dello Stato di Milano compaiono il Console, il Comune e gli uomini e la Comunità del luogo di Vedeseta della Valle di Taleggio, in seguito al termine degli otto giorni loro, come si dice, dati, su richiesta del Regio Fisco per ordine del citato illustre Magistrato per dimostrare che nella causa del Feudo di Valsassina, venduto dalla Regia Camera al signor Don Giulio Monti, la detta Comunità non appartiene al distretto e al territorio della Valsassina, e che non è sottoposta alla giurisdizione di quella valle. [8] I comparenti sostengono anche la nullità del detto termine imposto. La vendita del Feudo di Valsassina, dicono infatti, non ha nulla a che fare con il territorio di Taleggio, e questo viene confermato dallo stesso Atto della accampata vendita in cui non c’è una parola sulla Valle Taleggio. I comparenti poi, sollecitati a dimostrare se siano del distretto di Valsassina, dicono che non dovrebbe importare al Regio Fisco se la Valle Taleggio sia o no del distretto di Valsassina, ma piuttosto dovrebbe importarle che non lo sia...

[9] 1647, giorno... [forse: 6 settembre] Presso l’illustrissimo Magistrato alle entrate straordinarie compare il signor Giulio Monti Conte di Valsassina, Ducato di Milano, per dimostrare che gli uomini di Valle Taleggio fanno parte del Distretto e del Territorio della Valsassina e sono, quindi, soggetti alla giurisdizione di quella, come si evince anche dal fatto che non sia stata presentata entro i termini nessuna relazione contraria. E anche se il comparente è convinto che siano sufficienti le carte già prodotte tuttavia produce e mette agli atti lo strumento della transazione intercorsa tra il Duca di Milano e la Repubblica Veneta, rogato dai notai milanesi Antonio de Campolongo e da Giacomo Perego il 4 agosto 1456 e per questo chiede al citato illustre Magistrato di dichiarare che i detti uomini sono del Distretto e del Territorio della detta Valsassina e sottoposti alla giurisdizione di quella.

11/gennaio/1648: Il Fisco ha deciso che si faccia una copia degli strumenti e degli atti esibiti dal Signor Conte della Valsassina per gli uomini della Valle di Taleggio, perché entro il termine indicato dal magistrato rispondano. Firmato Nicola de Castro.

Page 10: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

19/gennaio/1648: Si faccia secondo il voto del Fisco. Firmato

31/gennaio/1648: Il Fisco ha deciso che non c’è ragione per la quale la Valle Taleggio non debba essere contribuente e [ha deciso] che sia da far entrare nel Feudo e nel Territorio della Valsassina. Anzi gli attestati stessi prodotti dalla parte avversa provano il contrario. E quand’anche fosse membro separato, per una attenta ragione di buon governo non sarebbe conveniente che avessero anche una giurisdizione separata, sia per una buona amministrazione della giustizia in villaggi lontani, sia perché a poco a poco non venga meno la [nostra] autorità sui loro villaggi e passi nelle mani [10] dei Veneziani che fanno manovre nei luoghi confinanti, come ben sappiamo. Vota, dunque, il Fisco che le predette comunità siano da incorporare come parte [“membra”] del Feudo di Valsassina, così che, secondo i focolari e l’elenco degli altri diritti del re, e secondo la stima appositamente fatta paghi il prezzo dell’oblazione alla Regia Camera e sia tradotta in possesso del Conte Don Giulio Monti.... Firma Nicola de Castro.

DIFESA DI VEDESETA

13 /settembre/ 1647: Riserva fatta dalla Comunità, dagli uomini di Vedeseta e dagli altri di Valle Taleggio davanti al Magistrato alle entrate straordinarie dello Stato di Milano dopo la citata comparsa e l’esibizione dei diritti fatta dal Signor Don Giulio Monti, Conte della Valsassina.Il Conte non ha nessun diritto di agire come agisce se lo fa va contro le seguenti ragioni. Sullo strumento di transazione e di pace intercorse tra Milano e Venezia non si può fare nessun conto perché gli opponenti non hanno potuto avere la copia più volte reclamata; gli stessi chiedono che non si proceda prima che sia loro data copia. [11] Quanto al resto gli opponenti non possono non obiettare quanto segue.Se si guardano gli Statuti della Valsassina essi sono stati forniti in copia semplice, sicché non si può tenerne conto.Se poi li si vuole proprio guardare allora si guardi al loro inizio che dice:”Statuti e ordinamenti della Comunità della Valsassina, e dei Monti di Varenna, di Esino, di Dervio e di Muggiasca” [“Statuta, et ordinamenta Communitatis Vallis Saxinae, et Montium Varenae, Ercini, Deucij, et Mugioschae facta, ordinata, et reformata”]... Dal fatto che non comprenda la Valle Taleggio si può dire senza dubbio che la Valle Taleggio fosse terra e provincia separata dalla Valsassina, cosa confermata dal fatto che alla conferma di detti Statuti, o alla loro formazione e alla loro accettazione, come si vede a margine, non intervenne nessuno di Taleggio. Siccome tutti quelli del Distretto e della Comunità di Valsassina sono stati chiamati e radunati al tempo della formazione, della modifica, della lettura, della pubblicazione e della approvazione di quegli statuti, nessun dubbio che avrebbero convocato anche quelli di Taleggio, cosa che non è stata fatta e perciò “dobbiamo affermare con fermezza che i taleggiensi non sono stati convocati, perché come separati non potevano essere convocati e obbligati a forza” [“affirmare debemus Taleggienses non fuisse vocatos, quia tamquam separati vocari, et coartari non poterant”].[12] Quanto alla scrittura, mostrata in carta pergamena e scritta, si dice, l’anno 1390 non prova nulla essendo privata e non firmata da alcuno. Gli opponenti chiedono di essere mandati in pace, salvo il diritto di opporsi al detto Strumento quando potranno averne copia.

REPLICA DEL CONTE GIULIO MONTI

Page 11: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

13/settembre/1647: Replica del Conte di Valsassina Signor Giulio Monti da inserire dopo le soprariportate osservazioni di Vedeseta.Dai diritti già prodotti è chiaro che la valle di Taleggio appartiene alla giurisdizione della Valsassina. Tale verità non viene cambiata dal fatto che gli opponenti non hanno potuto avere copia dello Strumento di pace seguita tra il Serenissimo Duca di Milano e la Repubblica Veneta da lui ultimamente prodotto, perché si risponde che fare tale copia [13] non era compito suo. Lui comunque non si oppone a che se ne faccia copia.E non ha importanza che gli Statuti siano stati mostrati in copia semplice; li ha mostrati per eccesso di cautela, perché avrebbe potuto semplicemente allegarli, come solitamente si fa.Ancor meno è importante che negli Statuti non si faccia menzione della Valle di Taleggio e che nessuno di detta valle sia stato chiamato, così da poter dedurre che la Valle è territorio e provincia separata dalla Valsassina, perché a questo si risponde che è sufficiente a dimostrarlo il fatto che la stessa Valle di Taleggio sia nominata all’interno degli stessi Statuti e che in antico tutti quelli che dovevano essere convocati venivano convocati e tutti partecipavano alle altre solennità.E così non fa difficoltà che lo Statuto allegato non sia mai diventato esecutivo, perché si tratta sempre di legge.E infine non fa difficoltà che lo strumento prodotto in carta pergamena non sia valido perché non firmato e non tratto da qualche Atto pubblico, perché una scrittura antichissima e relativa a cose pubbliche, come è quella prodotta è valida [14] anche senza firma. Si chiede quindi anche la condanna degli avversanti alle spese.

CONTROREPLICA DI VEDESETA

13/settembre/1647: Controreplica di Vedeseta davanti al Magistrato. La Valle Taleggio, come dagli Atti, non è mai appartenuta e non appartiene alla giurisdizione della Valsassina. Spetta al signor Conte Don Giulio Monti produrre copia dello strumento, su cui ha poggiato la sua posizione.Gli Statuti poi della Valsassina, essendo leggi locali [“particulares”], non dettano legge fuori dal territorio. Non è sufficiente che vengano allegati ma, essendo la base principale della strategia del signor opponente, devono essere prodotti in forma pubblica autentica; inoltre si chiede di prcisare quale citazione della Valle Taleggio si fa all’interno dei detti Statuti. Non importa, tuttavia, tanto che i Taleggensi convocati fossero assenti o che, separati, non poterono essere uniti quanto che in ogni caso non li accettarono e che non ricorsero mai al podestà della Valsassina, né che quel podestà abbia mai reso giustizia in Valle di Taleggio o che abbia deputato un qualche Vicario; [15] e se vale anche per il luogo di Averara quello che, stando alla asserzione dei citati Statuti, si presume valga per la Valle Taleggio e se si devono tirare le stesse deduzioni come potranno sostenere i difensori del Monti che il Pretore della Valsassina possa giudicare in Averara o porvi un Vicario quando Averara fa parte del Distretto di Bergamo e territorio del tutto separato dalla Valsassina, così come, per la giurisdizione, e la appartenenza della Valle Taleggio, che va di pari passo, non si può dire diversamente ma bisogna osservare che la supposta facoltà del Pretore di Valsassina concessa con beneplacito dell’allora Serenissimo Duca è facoltà complessiva e va temperata dal fatto che sempre con beneplacito del Principe i Taleggensi liberamente, da soli, scelgono tra gli uomini del loro territorio il Vicario. Per il resto i Taleggensi se, stando agli Statuti, dovevano essere convocati sarebbero stati di certo convocati e il fatto che non siano stati convocati vuol dire che non lo dovevano essere. [16] Che la Valle Taleggio fosse soggetta agli stessi Statuti della

Page 12: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Valsassina non lo si concede in alcun modo: la Comunità è nel possesso dell’esercizio giurisdizionale e può raccogliere i frutti della stessa giurisdizione, per cui manca la materia d’infeudazione perché non esiste nulla in quella Valle che possa essere infeudato. Cosa già detto e che è utile ripetere!

4 DOMANDE DEL FISCO

20/gennaio/1649: Il Fisco osserva che dalle carte trasmessegli emerge la necessità di dibattere su quattro questioni.Primo: se il luogo di Vedeseta di Valle Taleggio sia di giurisdizione e di pertinenza della Valsassina e che rientri quindi nella vendita feudale fatta al Conte Don Giulio Monti. [17] Il Fisco si rimette al giudizio del Tribunale.Secondo (subordinato al primo): se, avendo la Comunità dato prove di poter scegliere almeno da cento anni e più il Vicario [“deputandi Vicarium”] per amministrare la giustizia tanto nel civile quanto nel criminale, non accettando controlli, trattenendo per sé i proventi delle confische e le multe e esercitando tutti gli altri atti giurisdizionali, si possa dire che essa sia stata posta in libertà, sicché i diritti feudali siano in mano sua e che perciò non possa essere infeudata ad altri. Per tutta una serie di considerazioni il Fisco ritiene che i diritti presunti [di Vedeseta] non siano più operativi.Terzo se, nell’ipotesi che il preteso diritto feudale venga a mancare, possa lo stesso luogo essere infeudato all’insaputa e nella contrarietà di quegli uomini. Questione controversa, per il Fisco che, però, sostiene che nello Stato di Milano è radicata la consuetudine che possano anche essere dati in Feudo sudditi ignari e contrari.[18] Quarto, se, desiderando i predetti sudditi restare di proprietà pubblica [“manere in Demanio”], possa essere, per qualche buona ragione, loro concesso di redimersi, tenuto presente anche il fatto che il Principe non ci perde nulla perché incassa il prezzo della redenzione. Per altro osserva il Fisco che tale diritto è stato spesso negato sia perché le comunità per riscattasi sono costrette a prendere denaro ad usura, riducendosi in miseria [“ad supremam inopiam”] e nella impossibilità di sostenere i carichi e, sostiene ancora il Fisco, che la redenzione è stata negata a molti luoghi, vuoi perché erano spregevoli, vuoi perché il Magistrato sapeva che la redenzione era esposta alla emulazione, e che in questo caso era ancora più da negarsi per ragione di pubblica utilità, di tranquillità e di sicurezza dei sudditi. I principi infatti devono curare la tranquillità dei sudditi e liberare i territori dalla presenza di uomini malvagi e questo anche a scapito dei diritti di terzi, e anche l’esperienza insegna che dal territorio in questione, non infeudato e libero di gestirsi escano a depredare, come lupi rapaci da un antro impenetrabile, uomini scellerati, predoni malvagi e ladroni pronti a dare esecuzione ai comandi ricevuti, ammazzando padri di famiglia, saccheggiando le case dei sudditi, sapendo di potersi mettere immediatamente in salvo, ritirandosi nel territorio che pensano, o meglio, vorrebbero, estraneo, e dal quale ancora, in pochi passi possono portarsi nello Stato Veneto [“praedeant inde tamquam Lupi rapaces antro impenetrabili, scelesti Viri, facinorosi grassatores, et latrones ad exequenda mandata, interficiendo patres familias, et ad domos subditorum ditripiendas, scientes se statim tuos evadere, recipientes se in territorium, quod putant, se verius cupiunt alienum, et ex eo sequuto statim, et per paucos passus se conferunt ad Statum Venetum”] [19], come il Fisco ha potuto apprendere dalla relazione trasmessa dal Pretore di Valsassina in data 29 novembre 1648 a proposito di Carlo Prevedono e dei suoi soci del citato luogo di Taleggio, che, dopo aver commesso diverse malefatte in diversi posti si erano messi in salvo in quel luogo, e da un’altra relazione del detto Pretore in data 29 dicembre dell’anno appena passato circa furti e soperchierie perpetrate in casa dei fratelli

Page 13: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Giacomo e Nicola Invernizzi da alcuni malfattori venuti dal detto luogo di Taleggio e a quello visti ritornare una volta commesse le imprese delittuose.A questo si potrà porre rimedio, a giudizio del Fisco, non concedendo la redenzione e dando quel luogo in feudo a qualche Potente. Così si potrà anche evitare che se ne vada sotto il potere dello Stato confinante, come fece la maggior parte della Valle Taleggio. Sempre per queste ragioni ritiene il Fisco che a parità di prezzo non sarebbe incongruo preferire il citato Conte di Valsassina.E ancora pensa il Fisco, per le ragioni esposte, che gli uomini che hanno chiesto di restare di proprietà pubblica mediante il riscatto non vengano ascoltati e che nemmeno il Magistrato lo debba fare. E che debbano essere esposti gli avvisi per la vendita di detto Feudo al miglior offerente. Firma Porro.

ORDINE DEL GOVERNATORE AL MAGISTRATO STRAORDINARIO

Stando pendente questo giudizio presso il citato illustrissimo Magistrato sopravvenne in data 9 febbraio 1649 l’ordine di Sua Eccellenza che per mano dello stesso illustre Magistrato si procedesse [20] all’infeudazione della terra di Vedeseta, e di Valle Taleggio e, sempre per ordine di Sua Eccellenza, lo stesso Magistrato ha ordinato di astenersi da altri passi in questa causa e che in esecuzione agli ordini di Sua Eccellenza si dovesse esporre gli avvisi per l’infeudazione di detta terra, cioè di Valle Taleggio, e che si dovesse farne relazione a detta Sua Eccellenza, come risulta più ampiamente dallo stesso Decreto, che, insieme con il detto ordine è del tenore seguente:Filippo IV, per grazia di Dio Re di Spagna, etc. e Duca di Milano.“Don Luigi de Benavides Casillo e Toledo Marchese di Formista e Caracena, Conte de Pinto del Consiglio Supremo di Guerra di Sua Maestà, Suo Governatore e Capitano Generale nello Stato di Milano”. [Il governatore riferisce nel dettaglio l’episodio segnalatogli dal Podestà di Valsassina, a cui in sintesi ha alluso anche il Regio Fisco, relativo a un atto di brigantaggio compiuto a Maggio da 9 o 10 uomini provenienti dalla Valle Taleggio che “armati da Archibuggi da ruota detti Pistoni”hanno compiuto atti vandalici su cose e persone in dei due fratelli Invernizzi detti Tonelli]. Nell’occasione il Senato, avvertito dal Fisco, ha segnalato al Governatore che, stando anche alla pubblica fama “dalla Valtaeggia sogliono riuscir huomini perniciosissimi, ladroni, e assassini, e inclinati a pigliare, e essequire mandati d’homicidij, depredar case de sudditi, e pronti a qualsivoglia sceleraggine, confidati che dal Giudice, il qual vien eletto da lor medesimi con titolo di Vicario, viene la giustizia così mal ammini[21]strata che li delinquenti non la stimano, né è solito sindicarsi ogni biennio, come gl’altri Officiali biennali, né riferiscono al Senato le cause, che vanno rifferte, e vivono senza riconoscere alcun superiore come rissulta dalli vostri atti”. Dagli atti risulta anche, stando alla relazione del Senato al Governatore, che la Comunità pretende di non poter essere infeudata e di avere essa l’amministrazione della giustizia e il Dominio, cose tutte che il Regio Fisco pretende siano state usurpate, e che in ogni caso sarebbe pericoloso per la sicurezza dei sudditi e di pregiudizio per le ragioni di sua Maestà, accogliere la richiesta avanzata dalla Comunità di redimersi pagandone il prezzo. Da qui la forte richiesta del Senato non solo di non accettare la richiesta ma di escluderla, come si è fatto in altri casi. Noi dunque – conclude il Governatore - dopo aver ben riflettuto su questa questione, non abbiamo potuto non d’approvare, per ragioni di buon governo, il prudente ricorso del Senato e di ordinarvi, se non avete nulla in contrario, di andare avanti nella infeudazione della “Valtaeggia a maggior vantaggio e beneficio della Regia Camera”, senza tener conto alcuno della “detta redentione”, nonostante “la grida del Sig.

Page 14: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Contestabile nostro precessore, che concede alle terre la facoltà di redimersi”. Dato in Cremona al 9 febbraio 1649. Firmato: Il Marchese Conte de PintoV. Quixada; sottoscrive Platonus.“In calce. Al Magistrato straordinario, che proceda all’infeudatione della Valle taeggia, senza ammettere il redimersi”.“A tergo. Magn. Spettabili e Egregi Presidente e Magistrati delle entrate straordinarie dello Stato di Milano”....

[22] 12/Febbraio/1649. Udita la relazione nella causa di infeudazione di Taleggio e la richiesta avanzata dalla Comunità di prescrizione della giurisdizione, e in subordine, in caso di infeudazione, la richiesta di redenzione, cioè di potersi riscattare [“instantia redemptionis”], con i voti degli avvocati fiscali De Castro e Porro, pregati dalla Comunità di avere copia della decisione dei detti Fiscali, lette le lettere di Sua Eccellenza date in Cremona il 9 di questo mese dopo aver sentito il Senato.E’ stato detto di astenersi da ulteriore passo in questa causa e, in osservanza dell’ordine di Sua Eccellenza, di procedere a esporre gli avvisi [“cedulae”] per l’infeudazione...Firmato.Per l’esecuzione di quanto sopra furono esposti gli avvisi di rito nei soliti posti adatti con l’indicazione dei termini dell’incanto, e del prezzo, per il Feudo di Vedeseta, Valle di Taleggio, lo stesso prezzo che fu deliberato per il Feudo di Valsassina. Il testo degli avvisi è del tenore seguente: [Vedi Avviso alle pagg. 22-23-24: tra l’altro nell’avviso si dice che all’asta può partecipare chiunque “anco le persone forastiere, e femmine”basta che compaia davanti al Magistrato e faccia l’offerta nelle mani del Notaio camerale “nel termine de giorni vinti” a partire dal “giorno dell’affissione delle presenti” e si fissa la base d’asta “a ragione de lire cinquantadue, soldi 17, denari 6 imperiali di moneta corrente per ogni fuoco”, cioè famiglia più “lire100 di capitali di moneta come sopra per ogni tre di vendita cavata, o entrata Camerale ogni anno”].Scaduto tale termine “si principieranno gl’Incanti per la vendita de detti infrascritti feudi al luogo solito, e pubblico, della ferrata alla Piazza de Mercanti di questa Città” che continueranno “per tre giorni giuridici”, a partire dal lunedì 8 del mese di marzo e il mercoledì si farà la delibera di assegnazione o si proseguirà a parere del Magistrato che ne metterà a parte il Governatore che ha la “facoltà generale”o delega da Sua Maestà e che, a sua volta ha subdelegato il Magistrato. Milano 12/Febbraio/1649.

“Le Terre che si vogliono in feudare et vendere con ogni suoi Territorij, Ville, Cassine, rendite et Regalie” sono le sottoscritte, cioè: “Vedeseda nella val Taeggia di questo Stato di Milano de fuochi 60 incirca”. Sottoscrive Francesco Mercantolo Notaio della regia ducal camera.

13/febbraio/1649. Riferisce Giuseppe Confalonieri, ufficiale giudiziario, di avere oggi su ordine dell’illustrissimo Magistrato pubblicamente affisso “in locis solitis” di Milano le copie dei già ricordate avvisi, firmati e sottoscritti. Naturalmente alla porta di entrambe le Cancellerie, sia dell’Illustrissimo Magistrato [alle entrate straordinarie], che di quello alle entrate ordinarie, alla porta della Curia ducale dell’Arengario, alle porte della chiesa metropolitana, alle pareti della pubblica piazza dei mercanti, alle colonne sotto la Lobbia degli Osii, e sotto quella del Collegio dei giusperiti, sulle scale del Palazzo del Broletto nuovo, e della Provvisione e presso l’ufficio degli statuti, e di aver fatto questo in pieno giorno e alla presenza, in ogni luogo, di persone, osservato tutto quello che c’era da osservare.

Page 15: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

[25] 28/febbraio/1649: Francesco Fumagalli, servitore pubblico, e abitante nel Borgo di Lecco, ha riferito a me, Notaio sottoscritto, che ieri, sabato 27, è andato al luogo chiamato “di Vidiseda di Valtaeggia” e di aver affisso ai muri della piazza dello stesso luogo di Vedeseta copia del ricordato avviso, e ciò alla presenza del Curato e Parroco del posto. Firma Nicola Matia, Notaio pubblico di Milano, il Cancelliere del signor Pretore di Lecco ha recepito, sottoscrivendo.

RELAZIONE A SUA ECCELLENZA IL GOVERNATORE E CAPITANO GENERALE DE PINTO SUI PRECEDENTI DELL’INTERA VICENDA.

14/febbraio/1649: “Eccellentissimo Signore”. [vedi 26-27 ]. La lunga ricostruzione ricorda il tentativo del Conte Giulio Monti di avere, nel 1647, al momento dell’acquisizione del Feudo della Valsassina, anche Vedeseta con poco aumento di prezzo, senza dannarsi più di tanto. Ma una offerta per il Feudo di Vedeseta da parte della Marchesa Giovanna Visconte Cusani per sé e per i figli maschi indusse Giulio Monti a ripresentarsi a reclamare Vedeseta come membro della Valsassina e, quindi, come parte integrante del suo Feudo: a sostegno presenta alcune carte antiche. A sua volta il procuratore di Vedeseta, intervenuto, sostenne che la giurisdizione della Valsassina non si estendesse alla terra di Vedeseta – 27 – che, quindi, non poteva essere infeudata. In ogni caso quando Vedeseta non avesse visto riconosciuta la sua giurisdizione, essa intendeva redimersi, e “confermarsi in libertà”. Interpellato in proposito l’allora avvocato fiscale, ora senatore, Don Nicola de Castro, dopo aver visti i documenti con due primi pareri decise per Vedeseta come membro della Valsassina, poi con un terzo parere ammise che la terra suddetta non si poteva dir unita alla Valsassina al tempo dell’infeudazione. Tuttavia i suoi diritti – secondo de Castro - erano frutto di usurpazione e non avendoli manifestati a suo tempo, al momento delle “cride” dei governatori e non avendo prestato giuramento di fedeltà e pagato quel che c’era da pagare si doveva ritenere esclusa dalle sue pretese e, sebbene di poco conto, si dovesse “procurar di cavarne” “maggior profitto dell’Hazienda Reale” per mezzo “dell’Hasta fiscale” e portata sotto un Feudatario, [28] altrimenti sarebbe rimasta terra di banditi, tentata di sottrarsi del tutto dal dominio di Sua Maestà, come era già capitato recentemente alla “Terra d’Olda ivi contigua”. Per ragioni di buon governo e amministrazione della giustizia stimava che la miglior soluzione fosse quella di metterla nelle mani del feudatario Giulio Monti, e del “suo buon governo”, al quale si poteva dare a prezzo vantaggioso. Contro questa posizione Vedeseta ha cercato di “provare per mezzo di testimoni”, “fra gli altri il cancelliere o sia Attuario” del Vicario di Vedeseta, un suddito veneziano, cosa proibita, e per mezzo di alcune carte tratte dalla Cancelleria del Senato “il suo preteso immemorabile possesso”. Abbiamo anche ritenuto conveniente sentire il parere del Sindaco del Fisco Porro, il quale conformandosi col senatore de Castro, concluse che per tutte le ragioni esposte la suddetta terra dovesse essere infeudata, “preferendo Don Giulio Monti”. Per tutte queste considerazioni, ponderato il tutto, siamo venuti nel “parere di essequire le lettere di V.E. e d’ordinare che s’espongano le cedole per la vendita della medema terra”. Milano 14/febbraio/1649. Di V.E. devotissimi servitori: il Presidente e Maestri delle Regie Ducali Entrate straordinarie, e Beni Patrimoniali dello Stato di Milano. Sottroscrive Caponago, coadiutore di Francesco Mercantolo, Notaio della regia ducal Camera, assente”.

Page 16: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

28/febbraio/1649 in Novellara. Il Magistrato, visti anche i pareri dei componenti della Camera fiscale, eseguisca gli ordini dati e passi “alla deliberazione del contratto”. Sottoscrive: Gorrano.

OFFERTA DI CARLO ARRIGONI

Nei termini previsti dagli avvisi già ricordati vennero aperti e continuate le chiamate all’incanto presso il luogo solito della ferrata nella pubblica piazza dei Mercanti di Milano [“ad locum solitum ferratae super publica platea Mercatorum Mediol.], e mentre l’incanto proseguiva comparve Carlo Arrigoni, che fece una offerta, con condizioni previste nella stessa offerta, sulla quale fu emanato un decreto del Magistrato in data 28 aprile 1649. Con quello si deliberò che al detto Carlo Arrigoni, in nome da dichiararsi cioè di una persona da nominarsi da lui entro un anno [30], purché questa non sia della stessa comunità di Vedeseta e da approvarsi dallo stesso Magistrato, e ciò al prezzo ultimo dell’Asta fiscale offerto dallo stesso Arrigoni, cioè di lire imperiali 73 e soldi 5 di moneta corrente per ogni focolare e 100 lire di capitale ogni tre di reddito feudale, da meglio definirsi al momento della consegna del Feudo e riservando alla stessa Comunità i diritti in ordine alla nomina del Vicario, o Pretore per l’applicazione delle condanne e non ritardando la consegna ufficiale del Feudo, come più ampiamente emerge dall’atto dell’incanto e della deliberazione e della citata offerta intercorsa. Atto che è del seguente tenore.:

LE TAPPE DELL’INCANTO

Lunedì /8/Marzo/1649: Apertura dell’incanto “all’hora solita” “nel loco solito della Ferrata alla Piazza de Mercanti di Milano, e alla presenza del M. Illustr. Sig. Questore Conte di Vimercato”, “per vendere in Feudo l’infrascritta Terra di Vidiseda” nei termini esposti dal “Trombetta” Melchion Minozzo, uno dei pubblici banditori del Comune di Milano, dopo i tre suoni di tromba e avendo osservata tutta la solenne procedura.[31] Prezzo base – come già detto - lo stesso previsto per il Feudo della Valsassina: lire 52, soldi 17, denari 2 per ogni fuoco o capofamiglia, il cui numero sarà conteggiato meglio al momento della consegna effettiva del Feudo. Non “essendosi mai fatto alcuno avanti a fare migliore oblatione” il banditore o “Trombetta” “disse ad alta voce, dimani mattina all’hora solita di novo s’incanterà”.Martedì/9/Marzo/1649: Secondo Incanto. Deserto.Mercoledì/10/Marzo/1649: Terzo Incanto. Deserto.[32] Giovedì /11/Marzo/1649: Quarto Incanto. Deserto.Sabato/13/Marzo/1649: Quinto Incanto. Deserto.Lunedì/15/Marzo/1649: Sesto Incanto. Deserto.[33] Martedì/16/Marzo/1649: Settimo Incanto. Compare Carlo Arrigoni che offre 60 lire imperiali per ogni famiglia. L’offerta, sottoscritta e firmata e indirizzata al Magistrato viene accettata come nuova base dell’Incanto che prosegue in giornata stessa.Mercoledì /17/Marzo/1649: Ottavo Incanto. Si riparte dalle 60 lire imperiali offerte da Carlo Arrigoni.[34] Giovedì /18/Marzo/1649: Nono Incanto.Sabato /20/Marzo/1649: Decimo Incanto.Lunedì /22/Marzo/1649: Undicesimo Incanto.[35] Martedì /23/Marzo/1649: Dodicesimo Incanto.Sabato /27/Marzo/1649: Tredicesimo Incanto.Lunedì /12/Aprile/1649: Quattordicesimo Incanto.

Page 17: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

[36] Martedì /13/Aprile/1649: Quindicesimo Incanto. Compare il signor Don Giulio Monti che fa una offerta scritta per il Feudo di 12 scudi per ogni famiglia, pari a 72 lire imperiali, e chiede una delibera immediata: “con che se gli deliberi questa mattina”.

ACCORATA SUPPLICA – AL GOVERNATORE? - DELLA COMUNITÀ DI VEDESETA ALLE PAGG. 36-37-38 [MANCANO PAGINE!!! ]

Nella supplica oltre a esporre, ancora una volta, le ragioni e i meriti storici alla base della propria indipendenza, mai messa in discussione, ad attaccare le posizioni, e le manovre, del Giulio Monti, ricordano di aver chiesto di potersi difendere prima che si decidesse sulla loro testa e di aver fatto ricorso al Senato per informarlo prima che esprimesse un parere al Governatore. E si attacca anche il Tribunale per le troppe repliche dell’Incanto. E si ricordano le manovre del Monti e il Cardinale Arcivescovo di Milano, Monti [suo zio ], mediante intermediari, il quale fa dire di accettare la riserva fatta dal Tribunale sulla vendita del Feudo a favore del nipote, concedendo alla Comunità il breve tempo per esporre le sue ragioni e che comunque si cominciasse a dare il possesso a don Giulio. Il Tribunale risponde di “non poter dare più di quello” che aveva Sua Maestà e che dalle prove prodotte dalla Comunità “risultava essere lei in quel possesso” e non la “si poteva spogliare” prima della sentenza.Mercoledì /14/Aprile/1649: Sedicesimo Incanto. Si riparte da 72 lire imperiali offerte da Giulio Monti.Giovedì /15/Aprile/1649: Diciassettesimo Incanto.Venerdì /16/Aprile/1649: Diciottesimo Incanto.[40] Sabato 17/Aprile/1649: Diciannovesimo Incanto.Lunedì 19/Aprile/1649: Ventesimo Incanto.Martedì 20/Aprile/1649: Ventunesimo Incanto.[41] Mercoledì 21/Aprile/1649: Ventiduesimo Incanto.Giovedì 22/Aprile/1649: Ventitreesimo Incanto.Venerdì 23/Aprile/1649: Ventiquattresimo Incanto. Il banditore annuncia la successiva convocazione per venerdì 30.[42] Mercoledì/28/Aprile/1649: Carlo Arrigoni presenta una memoria al Tribunale con un’offerta per acquistare il Feudo, da infeudarsi a persona “nomine declarandi”, cioè ancora da identificarsi, al prezzo di lire 73 e 5 soldi per ogni famiglia “con conditione, e non altrimente, che quello per cui farà la dichiaratione non alteri lo stato di detta Communità, il possesso, e ragioni, ne quali si ritrova della sua giurisdittione di deputar il suo Vicario, che gli amministri giustitia in civile, e criminale, e applicatione a se stessa delle condanne, il tutto conforme al solito... e con che se gli facci la deliberatione in termini di tre giorni”. Sottoscrive Carlo Arrigoni. Sottoscrive il Pubblico Notaio Giovanni Paolo Crotta che attesta di aver visto Carlo Arrigoni sottoscrivere di propria mano la sopraddetta sottoscrizione.28/Aprile/1649: Viene accettata l’offerta a condizione che il feudatario non sia uno della Comunità e con le altre riserve di rito.[43] Si dà ordine di inviare offerta e “scritture” di questa causa al Collegio dei componenti la Camera fiscale.Venerdì/30/Aprile/1649: davanti al Magistrato compare Carlo Arrigoni che, con altra memoria, avanza richiesta che quella mattina, al solito luogo della Ferrata, si deliberi sul Feudo. Il Magistrato, con lettera, ordina che quella stessa mattina si faccia la deliberazione.Il cancelliere Mercantolo e il coadiutore Caponago contattino l’uno il Conte Giulio Monti, l’altro l’Arcivescovado nella persona di mons. Rampone per informarli su quanto è stato loro ordinato di fare dal Magistrato. Firmato.

Page 18: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

In esecuzione dell’ordine il Notaio Mercantolo e il coadiutore Caponago si recano ciascuno alle loro destinazioni. [44] MANCA PAGINA!!!Il banditore, nel modo e nella forma consueta, fa una serie di “chiamate” per accertare se vi siano offerte in aumento rispetto a quella avanzata da Carlo Arrigoni [45]. Dopo la seconda l’attività del Tribunale si ferma per consentire di stendere la deliberazione. Nel frattempo tornato il Notaio Mercantolo con la risposta lo si rimanda all’Arcivescovado, dove non era stato trovato mons. Rampone, per riportane immediatamente la risposta. In attesa proseguono gli incanti da parte del banditore mentre il Presidente del Tribunale don Alonso del Rio manda l’ufficiale giudiziario [“il portiere”] Giuseppe Confalonieri a dire al gran Cancelliere e a S.E. il Governatore che non potrà essere presente alla seduta del Consiglio Segreto perché voleva che la causa, che stava andando per le lunghe, si concludesse. Il “portiere” ritorna con il benestare del Gran Cancelliere all’assenza del Presidente del Rio al quale si manda a dire che faceva bene a portare a termine la deliberazione sul Feudo “attese le urgenti necessità del denaro per servitio di Sua Maestà, che non pativa dilatione alcuna”. [!]Ritorna il Notaio Mercantolo con mons. dott Gerolamo Rampone che “come Agente del sudetto Sig. Conte Don Giulio Monti” [?!!:ERA QUELLO DEL VESCOVO!] [46] “espose” che non si doveva procedere nella delibera se prima non fosse stato convocato “in scritto” il Monti con la notifica della nuova offerta. Il Tribunale, che ha fretta, sollecita una risposta dal Monsignore, perché voleva concludere con una deliberazione per la quale mancava ormai soltanto la terza chiamata di verifica [“la terza della verace”]. Mons. argomenta ricordando che al Monti non era stata concessa la deliberazione d’urgenza e senza condizioni e chiedendo qualche giorno. Il Tribunale ribatte che si è giunti alla vendita anche in seguito agli interventi del Monti ma ribadisce che Vedeseta “non tacita ma apertamente si dichiara separato di Valsasina” e che comunque si sarebbe tenuto espressamente conto delle ragioni del Sig. Monti, che poteva, in ogni caso, fare una migliore offerta, almeno per dare una buona ragione al differimento. Monsignore risponde che don Giulio non voleva fare altra offerta e che lui non aveva altre indicazioni rispetto a quelle già espresse. Il Tribunale ordina di procedere alla deliberazione finale visto che erano già scorse quasi due ore di tempo.“E così il sudetto Trombettta, sonata di nuovo la tromba, e servate [47 ] tutte le solennità rinovò il sudetto incanto”. Non essendosi fatto avanti nessuno egli “disse ad alta voce questa è la terza della verace”.Pertanto il Presidente e i Magistrati, costituiti in Tribunale, in nome di sua Maestà e in esecuzione dei suoi ordini e di quelli di Sua Eccellenza “hanno deliberato et deliberano in vendita feudale [...] la sudetta Terra di Vidiseda nella Valtaeggia di questo dominio di Milano de fuochi settanta in circa al sudetto Carlo Arrigone del qu. Giovanni habitante nella sudetta Terra di Vidiseda per la persona però che da lui sarà nominata nel termine d’un’anno prossimo avanire, purché detta persona da nominarsi non sij della medema Communità di Vidiseda [...] et per il prezzo de lire settanta tré e soldi cinque Imper. per ogni fuoco, ò sia cappo di famiglia sottoposta alla detta Terra, et Communità di Vidiseda, sue Ville, e Cassine, et altre pertinenze di suo territorio, ò più ò meno [...] non ritardato frà tanto il pagamento da farsi presentialmente per li sudetti fuochi settanta per verisimile nelle mani del Ricettore Camerale, et anco lire cento di capitale per ogni lire trè di rendita feudale...”.“Et Risservate le ragioni della medema Communità circa la nomina del Podestà, et applicatione delle condanne, come sarà [48] di ragione, non ritardato frà tanto nel resto il possesso di detto feudo [...] le quali tutte cose il detto Carlo Arrigone presente etc. promette etc. sotto obbligo di sé, et suoi beni etc.”. “E in segno della vera, et Real deliberatione il sudetto Arrigone humilmente inclinato accettò la verga deliberatoria dalle honoratissime

Page 19: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

mani del sudetto Illustriss. Sig. Dottor Don Alonso del Rio Presidente degnissimo del prefato Illustriss. Magistrato, et del Consiglio secreto di S. M. nello Stato di Milano, sedendo ivi per Tribunale come sopra, et con ogni riverenza la bacciò...“. Firmato.Carlo Arrigoni versa immediatamente, con soldi di tasca sua, nelle mani del cassiere [“receptoris”] della regia Camera 5127 lire più 10 soldi imperiali. La attestazione di pagamento e di nomina, in data 30 aprile 1649, dice [49] “1649. Adi 30. Aprile. Hà pagato questo medemo giorno nelle mani Ricettore Francesco Feliciano Bendone, Carlo Arrigone detto Ruschetto lire cinque milla cento venti sette sol. 10 Imper. conti dal medemo disse de suoi proprij danari, et per il prezzo de focolari nu. 70 [....] et questo à ragione de lir. 73.5 per ciascun fuocolare, e de lire cento di capitale per ogni tré d’entrata feudale, caso ve ne siano, et salva la ragione alla sudetta Communità circa alla nomina del Podestà, ò sij Vicario, et d’applicatione delle condanne...”. Sottoscrive Angelo Maria Tradati, ragioniere [“rationator”] della Regia Camera.

Nella stessa data del 30 aprile viene steso lo “Instrumento” di vendita e d’infeudazione, come si può vedere più avanti e tutto sembrerebbe concluso: ma forse l’Atto è provvisorio e non è completo, forse da Vedeseta non è ritenuto del tutto soddisfacente o, forse, semplicemente, a Carlo Arrigoni non ne viene data copia, perché, nel frattempo, è scaduta la Delega del Re di Spagna al Governatore di Milano a infeudare, per suo nome e conto, le terre. Dopo un periodo di silenzio nel 1652 Vedeseta ritorna a chiedere di poter disporre dell’Atto completo e dettagliato della Infeudazione, in modo da starsene tranquilla e sicura.

E le preghiere rivolte dai rappresentanti di Vedeseta al Magistrato del Tribunale, insieme con il Decreto emanato nei loro riguardi il 1 febbraio 1652, sono del seguente tenore: ”Illustriss. Magistrato. Sono secoli, et non vi è memoria d’huomini in contrario che la Communità di Valdeseda Valtaeggia è sempre stato in possesso di non riconoscere altro superiore che l’alto Dominio della Maestà del Rè Nostro Signore” avendo Statuti “particolari, et independenti non formati, non approvati, non ponderati da altri che da loro medemi habitatori di questa picciola Provincia, da se ellegono il suo Giudice, con titolo di Vicario, quale amministra trà di loro giustizia in civile, et in criminale con mero et misto Imperio, et cum omnimoda gladij potestate, et à se stessa si è sempre applicata le condanne, e confiscationi, non pagando, né concorrendo ad aggravij di sorte alcuna in [50] virtù de privilegij concessi dai Signori Duchi di Milano et confirmati, et praticati inviolabilmente”, minacciati solo negli anni recenti dai confinanti fino a costringere la Comunità a “confermarsi la libertà con lo sborso alla Regia Camera de lire 5127.10 per focolari 70. Nonostante con quello abbia evitato il pericolo dell’infeudazione e si sia rafforzata nel suo stato ha pensato di supplicare il Tribunale di prenderla direttamente in protezione, a condizione che si mantenesse “inviolata la sua solita libertà”, supplica “benignamente” accolta. Ora si chiede tutto questo venga completato formalizzando nei modi dovuti in un Atto apposito così che essi “restino perpetuamente assicurati” e che le loro ragioni, e il loro antico possesso, basati sulla giustizia, siano confermati “per l’effetto dello sborso sudetto”.

1/Febbraio/1652: Si alleghino a tutti gli altri Atti e si faccia lo strumento per i suppplicanti. Firmato.

Essendo state anche altre preghiere rivolte dai rappresentanti della Comunità di Vedeseta [51] all’Illustrissimo Magistrato, in proposito fu emanato un altro Decreto Magistrale il giorno 17 del mese presente.

Page 20: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

La richiesta degli uomini di Vedeseta è tesa a far sì che da parte dell’Illustre Magistrato si diano istruzioni precise al cancelliere provinciale circa le modalità di compilazione dello “Instromento” definitivo d’infeudazione che dià loro sicurezza e tranquillità dei loro diritti.

[52] 27/Giugno/1652. Si dà ordine che si raccolgano tutti gli Atti relativi a questa causa e che il signor Questore Marchese Cusani li presenti al Tribunale in modo che possa dare gli ordini convenienti per la stipulazione formale e solenne dello Strumento.

2/Agosto/1652. E’ stato detto di compilare lo Strumento salvaguardando la Comunità della facoltà di eleggere il Vicario, solo da confermarsi dal Magistrato, e mantenendo alla stessa Comunità il diritto di applicare le condanne, come ordinato e convenuto. Firmato.

LO STRUMENTO DEL 1649

Non restando alla fine null’altro da fare si procede alla compilazione del presente Strumento d’infeudazione.«Il signor Don Alonso del Rio, presidente, il signor don Francesco Anulfo, il signor Marchese Carlo Archinto, il signor Don Luigi de Carillo e i signori Conte Vailati, il Marchese Ottaviano Cusani, tutti Questori del predetto Magistrato alle Regie ducali entrate e ai Beni patrimoniali dello Stato di Milano, riuniti in seduta del Tribunale, a nome del Re, Signore nostro, e di Sua Eccellenza il Governatore, al momento luogo tenente del Re nel Dominio di Milano, in virtù e in esecuzione della delega generale concessa dal Re in materia di Infeudazione... Volontariamente... e avendo osservato tutto il resto...Premessa la segregazione e la separazione, opportuna, che hanno fatto e fanno della predetta Terra di Vedeseta di Valle Taleggio Ducato di Milano e di tutte le sue pertinenze [53] dalla presente Città e da qualsiasi altra città o luogo del presente Stato... fecero e fanno la vendita, a titolo di infeudazione, al citato Carlo Arrigoni, figlio del fu Giovanni, abitante nella detta terra di Vedeseta e ora con domicilio in questa città di Milano, in S. Stefano in Brolo, dentro le mura, presente, stipulante e accettante nella persona già da lui nominata, nonché alla presenza dell’illustrissimo Magistrato del Tribunale alle entrate straordinarie dello Stato di Milano, il giorno 30 aprile 1649, come si evince dalla citata attestazione del Ragioniere camerale... E d’ora in avanti non ci sarà nessun feudatario dello stesso luogo di Vedeseta e non sarà nominato se non il citato illustriss. Magistrato.E questa nomina, fatta come sopra, venne accettata dal Presidente e dai signori Questori che approvarono e approvano tutto quanto. [54]E a Carlo Arrigoni presente, e stipulante e accettante per persona già nominata, messosi in ginocchio trasferirono, toccandolo con la spada sguainata [“per evaginatum ensem”], la detta terra di Vedeseta di Valle di Taleggio Ducato di Milano, con il suo distretto, territorio, cassine e pertinenze, in feudo perpetuo con tutta la sua estensione con tutte le sue prerogative, onori, privilegi, concessioni, pedaggi, prati boschi, pascoli brughiere, terre coltivate e sterili, diritti di caccia e di pesca, acque, acquedotti, dazi, esenzioni, imposte sul mosto, citazioni, fiere, mercati, successioni... [55] con l’autorità di confermare il Vicario, o Pretore, eletto dalla stessa Comunità, tutto come implica la natura e la proprietà del Feudo e con il potere della spada, con mero e misto Impero, e con la facoltà sempre riservata alla stessa Comunità di applicare a se stessa qualsiasi confisca o condanna pecuniaria, e pene e multe fatto, tuttavia, salvo e riservato l’alto

Page 21: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Dominio del Potentissimo Filippo IV, per grazia di Dio re delle Spagne e, in qualità di Duca di Milano, re nostro.[56] Si dà atto che Carlo Arrigoni ha versato 5127 lire imperiali e soldi 7 e che egli si impegna e promette di versare prontamente l’eventuale residuo non appena calcolato. Il presidente e i magistrati camerali si impegnano alla restituzione dell’eccedente se dalla verifica non risultassero in quella comunità tutti i focolari calcolati». Così il Presidente e i Questori hanno fatto la vendita e l’infeudazione.

[57] Le facciate 57 e le seguenti riportano, brevemente in italiano e in modo assai più esteso in spagnolo, la proroga per altri due anni dell’autorizzazione da parte di Filippo IV, per grazia di Dio Re di Spagna e Duca di Milano, data al Governatore di Milano per infeudare le terre “per sollevare al possibile questi suoi fidelissimi Vassalli” e “considerata le strettezza à che sono ridotte le sue Reali rendite”. Il Re ricorda tutto quello che può essere infeudato per fare cassa e richiama anche alcune precedenti reali fissazioni di prezzi “cada fuego”. Dato in Madrid il 13 di luglio del 1649. Firmato: Io il Re [“Yo el Rey]. Proroga rinnovata dal Re in data 4 ottobre 1651 e indirizzata “all’illustre marchese de Carazena, mio familiare, Governatore e Capitano Generale dello Stato di Milano” che [63] il 13 febbraio 1652, con lettera indirizzata al Presidente e ai Questori delle Entrate straordinarie, invita a “stabilire senza dilatione tutti quelli contratti” che possono essere perfezionati. Il documento è sottoscritto dal Notaio della regia ducal Camera Francesco Mercantolo. Il Presidente e i Questori della Magistratura camerale eleggono il marchese Ottavio Cusani, uno dei Questori dello stesso Tribunale, perché col Notaio e le persone opportune si rechi a Vedeseta quanto prima a prendere possesso del Feudo nei modi di legge, con il riconoscimento e il giuramento di fedeltà dei sudditi, nel nome e per conto di tutto il Tribunale come feudatario nominato tale dal citato Arrigoni ai sensi del presente Strumento e per fare una verifica sui focolari e sulla qualità e quantità dei rendite feudali. Fatto nella solita aula delle udienze del Magistrato del Tribunale di Milano presenti Giovanni Paolo Caponago, una volta del collegio degli avvocati e Carlo Cumo, entrambi pronotai. Testimoni: Giovanni Paolo Crotta, del collegio degli avvocati, Giuseppe Confalonieri, portinaio, e Ottavio Lurano, tutti idonei.

IL MARCHESE CUSANI A VEDESETA.

Mercoledì/11/settembre 1652.

Il Documento, in 9 facciate, che attacca, con la I fiorita, “In nomine Domini”, riassume, ancora una volta, l’intera vicenda dell’infeudamento della Valsassina e terre vicine, dell’opposizione di Vedeseta e del suo acquisto in feudo fatto da Carlo Arrigoni, per persona da nominarsi, a condizione che alla Valle fossero mantenuti e conservati i suoi privilegi, condizioni accettate e garantite a Carlo Arrigoni che nel momento dell’esborso di tasca sua di lire imperiali 5127 più 10 soldi nominò come Signore e Feudatario il Magistrato straordinario, alle condizioni che si impegnasse a rispettarne i privilegi, in particolare quello di nomina del Vicario, che doveva essere confermata dal Magistrato, e che le condanne fossero trattenute dalla stessa Valle. Tutto questo, si dice, è meglio specificato nel documento di infeudazione recepito dal Notaio Camerale Francesco Mercantolo il giorno 19 agosto scorso.Segue l’ordine scritto, sempre a firma del Mercantolo, al Marchese Cusani di portarsi a Vedeseta che reca, con un evidente refuso rispetto al mese, la data del “primo Novembre 1652”, trattandosi in realtà del settembre.

Page 22: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Segue, ancora, il lungo e minuzioso verbale, redatto dall’aiutante del Notaio camerale, della salita a Vedeseta del Marchese Cusani, dell’ufficiale giudiziario [“ostiario”] Ottavio Lurano e di altre persone del seguito.[66] “Convocati i Consoli e i Deputati e gli uomini del detto luogo di Valle Taleggio” l’ostiario pose il Signor Marchese questore Cusani nella “reale, effettiva presa e possesso della detta Valle Taleggio”.Innanzitutto il signor Marchese Ottavio Cusani Questore e Delegato in segno di reale e effettiva presa di possesso del detto Feudo prese con le mani alcune pietre e erbe dategli dall’ostiario Lurano; gettatele poi per terra camminò, andando avanti e indietro, per tutta la terra di Vedeseta e per tutta quella Valle di sua giurisdizione, confermando i privilegi e le esenzioni in tutto e per tutto così come erano prima, in forza dei quali i Deputati e i consiglieri di detta Valle elessero per loro Vicario il Signor Giorgio Arrigoni, che fu poi confermato, anche attraverso la consegna della spada, dal signor Questore delegato. Fatto questo convocati i Consiglieri, i Deputati e gli uomini di detta Valle [67] e della sua giurisdizione nella pubblica piazza del detto Luogo di Vedeseta [segue la “Lista delli huomini del luoco di Vidiseda Valle di Taeggia” che parteciparono a quella solenne cerimonia. Divisi in tre “Squadre”, quella chiamata degli Arrigoni, quella dei Locatelli e quella dei Quartironi]. A questi uomini, che rappresentavano più di due terzi degli abitanti e potevano quindi agire in nome proprio e per conto degli assenti il Marchese mostrò le lettere del suo mandato e ne diede copia perché ognuno riconoscesse il Marchese Cusani [69] come loro Signore e Feudatario in nome del Magistrato Camerale e prestasse il consueto giuramento di fedeltà.Perciò i detti uomini, e individualmente quelli sopra nominati, radunati riconobbero e riconoscono il signor Marchese Questore Cusani, in nome delll’Illustre Magistrato Straordinario, come loro diretto Signore e Feudatario, sottomettendosi e genuflettendosi [“flexis genibus”] davanti a lui e giurarono e giurano - toccando ognuno con la mano i Santi Vangeli, nelle mani del Marchese che, tenendo in mano anche la spada sguainata sedeva, come in Tribunale, su una cattedra posta in quel luogo - di essere fedeli sudditi, ora e per sempre, del Magistrato Straordinario e di difenderlo sempre con tutte le forze. [70] Il signor Questore Marchese Cusani, a nome dell’Illustrissimo Magistrato, nonché del Presidente e dei Questori e dei loro successori nella carica accettò e riconobbe, accetta e riconosce come sudditi diretti e promise e promette di dare esecuzione a tutto quello a cui è tenuto dalla legge.“Fatto nella pubblica piazza del luogo di Vedeseta della detta Valle Taleggio” presenti il naturalista signor Francesco Gazera di Milano, Giovanni Maria Cusani di Milano, Giuseppe Airoldi di Lecco, tutti conosciuti e competenti.

FINE DELLA VICENDA? MAGARI!!!

Un documento a stampa riportante a mano in frontespizio, e in coda al testo, la data del 23 aprile 1653 e avente per titolo “Pro Communitate Vallis Taegij” rivela che la solenne giornata in piazza a Vedeseta non ha definitivamente chiuso il rischio di Vedeseta di perdere, almeno in parte, le proprie prerogative e che, probabilmente già all’indomani, tra il Vicario e il “Feudatario”sono nati dissensi circa l’interpretazione dei loro ruoli. Il Magistrato Straordinario, infatti, cioè il Feudatario, solleva due questioni: la prima, se la giurisdizione stia, sia pure cumulativamente, tutta nelle mani del Magistrato “come moderno Feudatario di quella Valle” o stia nelle mani del “Vicario, nominato e eletto dalla Valle, e solo confermato dal Feudatario”.“L’altra questione riguarda l’applicazione delle condanne, che nello Strumento d’infeudazione si dicono riservate, secondo la consuetudine, alla stessa Valle e cioè se sotto

Page 23: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

quel nome si intendano anche le confische così che anche in queste la Comunità di quella Valle eserciti il pieno diritto”.La Comunità argomenta, ovviamente, a proprio favore, dicendo che con l’Infeudazione non sono in nulla cambiati i propri diritti e richiamando i passaggi dello strumento d’infeudamento relativi al mantenimento dell’elezione del Vicario e all’applicazione a se stessa delle condanne “con ogni altre sue prerogative, ragioni, e pertinenze, come gli competiscono di ragione e di fatto”.Il contrasto interpretativo, probabilmente, fu vivace e si trascinò per qualche tempo, se dobbiamo giudicare dalle annotazioni a margine del documento e da quelle in calce che riportano date fino al 1656. Ma non risulta che Vedeseta l’abbia data vinta, nemmeno al Feudatario scelto da lei!

1653 19 Aug.ti

In nomine Domini Anno a Nativitate eiusdem millesimo sexcentesimo quinquagesimo secundo Indictione quinta die Lunae decima nona mensis Augusti.Cum sit, quod occasione infeudationis Vallis Saxinae Huius Mediolani Dominij in personam Comitis Don Iulij Montij,et in actu traditionis possessionis eiusdem Feudi ex ordine D. Quaestoris Comitis Vicomercati tamquam delegati ab infrascripto Illustriss. Magistratu Extraord Redd. Status Mediolani, ad tradendam dictam possessionem, excitata fuerit infrase. Communitatis Vidisedae, sive Talleggij ad praestandum debitum iuramentum fidelitatis erga dictum Comitem Don Iulium Montium, ut latius ex dicta citatione data sub die tertia Iunij Anni 1647 proximae preteriti, quae una cum relatione illius intimationis, ac oppositionibus factis per eandem Communitatem Vidisedae sive Taleggij, praetendentem esse membrum separatum de per se, nec esse supposita dictae iurisdictionis Vallis saxinae, exceptionibusq; dicti Comitis Don Iulij Montij, ac replicationibus, et contrareplicationibus hinc inde coram ut supra factis in hac causa, votis fiscalibus, iuribus exhibitis, et aliis de quibus in actis infrascriptis mei Cameralis Notarij apparet tenorum sequentium.D’ordine dell’Illustrissimo Sig. Dottore Gio. Battista Secco Borella Conte di Vimercato Questore del Magistrato Straordinario, et Delegato etc. s’avisano li Sindici, et Consoli del Luoco di Taeggio, et pertinenze, che il giorno mercoledì prossimo avenire, che sarà il dì cinque del mese di Giugno del corrente anno debbano comparire nanti detto Sig. Delegato nel luoco di Cortenuova a prestar il dovuto giuramento di fedeltà verso il Sig. Conte Don Giulio Monti Feudatario della Valsasina, et à riconoscere il Sig Podestà [1] d’esse Valle per suo Giudice sotto pena di scudi ducento, et altre maggiori all’arbitrio del pref. Illustriss. Magistrato, altrimenti passato detto termine doveranno comparire il primo giorno giuridico immediatamente susseguente alle correnti avanti il medemo Magistrato, et dell’intimatione se ne darà piena fede alla relatione del presente servitore publico etc. Dat. In Introbio il giorno di lunedì 3. di Giugno 164?Signat. Comes Vicomercati Quaestor Delegatus.

1647, die septima mensis IunijRetulit mihi infrascripto Notario Franciscus Fumagallus servitor publicus Offitij Vallis Saxinae, se die heri quae fuit sexta praesentis mensis ivisse ad locum Lavinae Talleggij Mediolanensis, et ad domum habitationis Vincentij Bertoldi de Arrigonis Consulis eiusdem

Page 24: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

loci Talleggij, et in ea reperta de familia eiusdem Consulis, dedisse, dimisisse, et intimasse dictae familiae copiam similem infrascriptae monitionis, praesente Sanctino Ferranda de Arrigonis dicti loci, et egisse etc. prout in mandatis habebat etc. et ita etc.Subscript. Io. Baptista Cattaneus Tur.us public. Mediolani Not. et Officij criminalis, et civilis Vallis Saxinae Actuarius recepit, et pro fide subscripsit etc.Illustriss. Magistrato, Al papele intimato d’ordine del Sig. Conte di Vimercato Regio Questore pretesto Delegato alla Valle Taleggio, perché comparesse nanti la S. V. à giurare fedeltà al Sig. Conte Don Giulio Monti, si risponde che non si può pretendere, che la Communità di Vidisetta della Valle di Taeggio sia compresa nella concessione in Feudo novamente fatta della Valsasina; Prima perché essa non è nominata nella detta concessione, ò sia investitura, ne si può intendere compresa sotto il nome di pertinenze, non essendo detta Communità parte dipendente da detta Valsasina, come che habbia statuti, e consuetudine particolare, et proprie, et il Territorio in tutto distinto, et segregato non solo dalla Valsasina, ma da altri Territori del Stato, et mai habbia havuto alcuna comunione con Valsasina; Secondo, perché non può in detta Communità sussistere Feudo [2] alcuno, mentre vi è materia di Feudo, onde non può essere infeudata, e per dichiarazione di questa asserzione si dice, che il feudo è una qualità, et accidente, che ricerca la cosa, e sostanza à cui s’appoggi. Le cose che si danno in feudo dal Prencipe, overo sono sue per Dominio di proprietà, come terreni fiumi, Datij, et simili, overo per ragione di giurisdizione nella detta Communità, e luoco non ha la Reg. Cam. Beni alcuni corporali, né incorporali, et quanto spetta, alla giurisdittione, se si tratta della giurisdittione in genere, la quale comprende l’Imperio Supremo, che consiste dell’obbedienza del suddito al suo Prencipe, di questa non si tratta, nè si può trattare, perché sarebbe non infeudazione, ma alienazione non potendosi dare la superiorità verso due Patroni, et repugnarebbe alla natura dell’Infeudatione, che risserva la superiorità al Prencipe infeudante: Et se si parla della giurisdizione in specie, et di quell’Imperio, del quale sono capaci li Feudatarrj l’uso, et Dominio di questa non è della Maestà del Rè Nostro Signore, mà delli huomini della detta Communità, i quali per tempo immemorabile sono in possesso di deputare li Giudici, et conoscere le cause tanto civili, quanto criminali, et scuodere, et applicare à loro le condanne, né sostengono carico di sorte alcuna, ne anco del sale, che è il manopoglio giusto del Prencipe, servendosi essi di quel sale, che più gli pare, la causa di questa prerogativa singolare, e perché la Valle di Taeggio è posta sopra il Bergamasco, onde era parte del detto Territorio, et nelle Guerre seguite fra Filippo Maria Visconte Duca di Milano, et la Republica Veneta, essendo la Città di Bergamo occupata da Venetiani, il restante della Valle di Taeggio seguì la fortuna della detta Città, eccetto li huomini della detta Communità di Vidisetta, li quali non volsero mai acconsentirgli, che perciò patirono dell’ira de Venetiani gli ultimi mali, come attesta il Duca Filippo Maria nel suo privilegio, nel quale si legge, che li huomini di detta Communità, et Valle furono tagliati per la maggior parte a pezzi, et quelli, che sopravissero cacciati di patria, et abbruggiate le loro Case, et le loro sostanze [3] dissipate. Laonde il Duca à contemplazione di fede tanto esemplare concesse à detti huomini molti privilegij, et particolarmente l’essentione de tutti li carichi per i beni, che havessero acquistati in qualsivoglia parte dello Stato di Milano, nel quale si erano ricoverati, li quali privilegi sono poi stati confirmati dalli successori di detto Filippo Maria Visconte; Per tanto se Sua Maestà non ha uso alcuno della giurisdittione, neanche di quella, che si asserisce nell’imporre carichi, et in consequenza non può dar in feudo detta Communità, essendo che l’infeudatione, che si fa altro non è, che porre il feudatario in luoco di Sua Maestà.Ne crede la detta Communità, che à lei resti carico di provare questa sua libertà, poiché assai resta provata, mentre non si prova dalla parte della Reg. Cam. la soggettione, come si hà della prova dell’immunità de carichi, che dicono i Dottori restar provata, provandosi, che chi si pretende immune, non è descritto in libro solventium; Ma quando si voglia caricare alla Communità la obligatione di provare, si essibisce essa di farlo dentro il

Page 25: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

termine competente, che gli sarà statuito; Il che fatto crederà la Communità che non vorranno gli Ministri alterare lo stato di quelli huomini, nel quale si sono compiaciuti gli Antecessori di Sua Maestà di lasciarli, mentre la Republica Veneta conserva inviolabile l’istessa libertà à quella parte della detta Valle di Taeggio, che à lei si sottopose; et che si tratta d’un Popolo di cinquanta famiglie in tutto posto in luoco tanto sterile, che non si raccoglie altro, che fieno, et quasi inaccessibile; onde la maggior parte delli huomini se ne vanno fuori della Valle à procacciarsi il vito, che però potrebbe essere di poco profitto alla Reg. Cam. Per tanto riccorono gli huomini di detto Commune alle SS.VV.Supplicandole restar servite ordinare, che non si innovi cosa alcuna contra detti huomini, ma si lasciano in pace, il che etc.

1647, die 6. JulijIungantur oblationi superinde factae, et Egr. Fiscalis de causa [4] edoctus, ut omnibus visis superinde sibijciat.Signat. Etc.Illustrissimus Magistratus Regiorum Duc. Reddit. Extraord. Et bonorum Patrimonialium Status Mediolani etc instante Regio Duc. Fisco semper cum resservatione etc omnibus modo etc statuit assignat terminum dierum octo prox. Fut. infrascriptis inferius nominatis, et cuilibet eorum ad legitime comparendum, producendum, probandum, et probatum habendum alia quaecumq.; sibi incumbentia faciendum in infrascripta causa, et processus superinde agitati, alioquin elapso dicto termino devenietur ad expeditionem dictae causae sine ulteriori termino, vel monitione eis inthimata. Dat. Mediolani die Lunae duodecimo Augusti 1647.

Quorum nomina sequuntur utz?Consul, Commune, et Homines, ac Universitas Vidisetti Vallis Taeggij. In causa feudi Vallis Saxinae alienati Don Iulio Montio cum titulo Comitis, ut etiam termino suprascripto demunstrent, eos homines, et Communitatem non esse de districtu, et territorio dictae Vallis Saxinae, nec esse suppositos eius iurisdictioni, prout ab esis ho minibus expositum fuit in eorum precibus utsupra porresti, de quibus in actis etc. aliter etc.Salvis tamen semper in reliquis iuribus ipsius REgij Fisci.Signat. Prefes, et Magistri.Subscript. Mercantolus R. D. C. Not.1647. Die Lunae vigesima sexta mensis AugustiRetulit etc Franciscus Fumagallus publicus servitor etc habit. in burgo Leuci Ducatus Mediolani se hodie ivisse mandato, et ad instantiam suprascriptis ad suprascriptum locum Vidisettae Vallis Tallegij, et adhibita diligenti diligentia, cum per multis etiam ex senioribus ipsius loci, an adessent Consul, aut Sindici, vel Exactor dictae Universitis, vel aliquis alius administrator dictae Universitatis, et responso accepto ab eis nullos tales adesse, nec solere dictam Universitatem deputare, sed solum habere eorum Iudicem sub nomine Vicarij, et sic cum clare reperuerit, nullum adesse Consulem, nec Sindicum, nec Administratorem ipsius Universi[5]tatis, et omnes de dicto loco recusaverint intimari dictum terminum, intimasse copiam unam praedicti termini suprascripti tenoris, et utsupra signat., et sub script. ad plateam publicam ipsius loci Vidisettae, et affix. Dimisisse parietibus ipsius plateae, praesentibu quampluribus personis de dicto loco Vidisettae, ac videntibus, et intelligentibus, et aliam exinde similem copiam intimasse ad domum unam habitant. ipsius loci, et dimisisse supra cadenatium portae apertae ipsius domus, et ita etc.Subscripst. Ego Ioannes Baptista Cornius de Longis, publicus Imperiali auctoritate Mediolani Not. Suprascriptam relationem à suprascripto servitore fideliter recepi, et pro fide subscripsi etc.Ex ordine Illustrissimi Magistratus Extraord. Reddit. Status Mediolani sic instanti bus Consule, Communi, et Huominobus, ac Universitate loci Videsetti Vallis Taeggij, semper

Page 26: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

salvis etc. et citra animum admittendi, fatendi, aut roborandi id quod nullum est, et nulliter processit, et semper citra quodcumq; praeiuditium, et ex abundanti tantum, et ita ut abundans cautela non noceat, ac utile per inutile non vitietur, et non aliter etc cum aliter etc elligentibus habitaculum domi habitationis Causidici Io. Pauli Crottae sit. in P.R.P.S. Ioannis Laterani Mediolani, ubi etc citentur Egr. DD.I.C. Don Nicolaus de Castro Advocatus, et Hieronymus Fratrius Sindicus ambo Regij Fiscales compari turi coram utsupra in eius Aula audientiae sit. Etc, ubi etc. die Lunae secundo mensis Septembris prox. Fut. in tertijs ad videndum per dictos Instantes contradici afferto termino dierum octo eis, ut dicitur statuto ex ordine praefati Illustrissimi Magistratus, et ad instantiam Regij Fisci, afferti effectus, ut Instantes compareant ad probandum in praetensa causa feudi Vallis Saxinae, ut dicitur alienat. D. Comiti don Iulio Montio, et ad demonstrandum etc eam Communitatem non esse de discrictu, et territorio dictae Vallis Saxinae, et prout latius contineri dicitur afferto termino dat. ut dicitur, die 12 mensis praesentis, seu etc. cui impugnative etc et ad videndum superinde fieri comparitionem, et si opus, et expe[6]diens erit iurium productionem, et omnia alia opportuna, aliter etc et de praesentis intimazione relationi cuiuslibet ex Ostiarijs, plena dabitur fides. Dat. Mediolani die Sabbati ultimo mensis Augusti 1647.Subscript. Mercantolus R. D. C. Not.

1647. die Lunae secunda mensis SeptembrisRetulit etc. Octavius Luranius ex Ostiarijs pref. Illustriss. Magistratus, se die Sabbati ultimo mensis Augusti proxime praeteriti ex ordine, et ad instantiam, de quibus supra, ivisse Domum habitationis supracipt. Egr. D. Don Nicolai de Castro I. C. Regij Advocati Fiscalis sit. in PO.P.S. Steffani in Brolio Mediolani, nec non et Domum habitationis Egr. D. Hieronymi Fratris Causidici Colleg. Sindici Regij sit. in P.V.P.S. Matthei ad monetam Mediol. et repertis de eorum respectivis familijs singulariter, et debite refferendo etc. dedisse, et intimasse, et dimisisse etc. copiam suprascriptae citationis suprascripti tenoris, et subscript. Ut supra, et alia omnia egisse etc. in omnibus etc. prout etc. et ita etc.Subscript. Cum Ziffera Mercantoli R.D.C. Not.

1647. die Lunae secundo mensis Septembris mane.Coram Illustriss. Magistratu Extraord. Redd. Status Mediol. Comparet Consul, Commune, et nomine, ac Universitas Loci Vedesettae Vallis Taeggij, occasione afferti termini dierum octo, eis, ut dicitur statuti, et inthimati ad affertam instantiam Regij Fisci ex ordine praef. Illustr. Magistr. afferti effectus, ut dicta Communitas, et utsupra comparent etc. ad demonstrandum in praetensa causa Feudi Vallissaxinae, ut dicitur, alienati per Regiam Cameram Domino Don Iulio Montio, se ipsam Communitatem etc. non esse de discrictu, et territorio Vallis saxinae, nec eam esse suppositam iuridisdictioni eisdem Vallis, et prout latius contineri dicitur dicto affecto termino dato ut dicitur, die duodecimo mensis Augusti proxime preteriti seu etc. cui impugnative etc. ac in termino citationis ad ipso rum comparentium instantiam intimate Egregijs DD. Don Nicolao de Castro I.C. Advocato, et Hieronymo Fratrio Causidico Colleg. Sindico, ambobus [7] Regiis Fiscalibus, effectus, et continentiae, de quibus in ea, quam cum relatione intimationis exhibent, et dimittunt etc. quibus digna relatio habeatur, et occasione omnium etc. Praefati Comparentes semper salvis quibuscumq. Eorum iuribus, et citra semper quodcumq; indebitum consensum, ac animum fatendi, aut roborandi id quod nullum est, et nulliter processit, dicunt de nullitate dicti afferti termini tum ex exceptionibus generalibus, quae tamen hic etc. tum quia contenta in eo, nullius ponderis sunt, quoad praeiuditium comparentium, rebus stantibus, prout stant. Nihil enim commune habet alienatio, quae dicitur secuta de feudo Vallis Saxinae cum territorio Taeggij, et hoc etiam firmatur ex eodem Instrumento praetensae alienationis, in quo, nec verbum quidem de Valle Taeggij; Unde tuti sunt comparentes ex eo, quod inclusione verius, inducitur exclusio alterius, his autem salvis, et sine eorum praiuditio dicunt subordinate comparentes agi de negocio inter partes, in quantum

Page 27: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

excitentur comparentes a demonstrandum, an sint de districtu Vallis Saxinae, non enim magis, vel minus refert Regio Fisco, num Vallis Taeggij sit, vel non sit de districtu Vallis Saxinae, immo potius interest Fisci non esse de districtu, quia hoc pacto minus vendidit, si ergo de interesse D. Don Iulij Montij principaliter agitur, prout acta eveniunt, tenetur ipse tamquam praetensus actor, et suppones extrema praetensi Iudicij a beo excitati probare, servatis servandis, et illud idem ex diametu, quod Vallis Taeggij sit supposita praetensae Vallis Saxinae iurisdictioni, aliter a iuditio coarcendus est etiam per regulam, quod actore non probante, reus est absolvendus, cum enim de praesuppositis, et narratis ab ipso D. Don Iulio non constat, prout nec in Aeternum constare poterit contra comparentes ab ulteriori processu abtinendum est, prout ita fieri, et ordinari petunt, et non tantum modo praemisso, sed et alias omni meliori modo etc. non se tamen astringentes salvo iure latius deducendi, et opponendi etc. aliter etc. protestans etc. salvo. Etc. 1647 [8]

1647. DieCoram Illustriss. Magistratu Reddituum Extraord. Status Mediolani.Comparet D. Iulius Montius Comes Vallis Saxinae Duc. Med. Simper sal. Etc causa termini dierum octo sibi ut dicitur, statuti in causa feudi dictae Vallis demonstrandum hominess Vallis Taeggij esse de districtu, et Territorio Vallis saxinae, et esse suppositos iurisdictioni dictae Vallis,et prout latius constare dicitur ex dicto termino, cui nulla in praeiuditialibus relatio habeatur, et occasione omnium etc. licet dictus D. Comparens credat ex iuribus iam in actis cum effectu productis, de praedictis sufficienter constare nihilominus, ut magis de dicta veritate appareat exhibet etiam, et producit, et cum effectu dimittit instrumentum transactionis secutae inter Ducem Mediolani, et Republicam Venetam rogat. per Antonium de Campo longo, et Iacobum Peregum publicos Mediol. Not. sub die 4 Augusti anni 1456. preteriti, et propterea petit a praef. Illustr. Magistratu declarari dictos nomine esse de districtu, et Territorio dictae Vallis Saxinae, et illius iurisdictioni suppositos salvo etc.

1648. die 11. ianuarijVoti est Fiscus, aedendam esse copiam instrumentorum, et actorum exhibitorum per D. Comitem Vallis Saxinae hominibus Vallis Taeggij, ut intra terminum arbitrij Magistralis respondeant, mox subijciet Fiscus.Signat. Nicolaus de Castro.

1648. die 19. Ianuarij.Fiat iuxta votum Fisci. Sigaat.

1648. die 31. IanuarijVoti est Fiscus nihil proponi, quare Vallis ista Taeggij non sit contribuen. Et iniend. Feudo, et Territorio Vallis Saxinae. Immo vero exhibire ex adverso attestationes contrarium monstrant; Ex adhuc cum esset membrum separatum, attenta boni regiminis ratione forte non expediret eiusmodi iurisdictionem seorsum haberi tum propter bonam iustitiae administrationem in oppidis longe remotis, tum ne paulatim eorum oppidorum iurisdictio decrescat, transeatq. ad Vene[9]tos in locis confinium colludenti bus per gratiam hominibus, Communitatis, ut non semel contigisse in limitrophis illis veris dictionibus adversa experientia docemur;Ergo voti est Fiscus, praedictas Communitates tamquam membra Vallis Saxinae in feudum contribuendas, ut iuxta focolarium, et aliorum regalium numerum, et aestimatione promodo factae oblationis solvat. Pretium Regiae Cam. Et tradatur possessio d. Com. Don Iulio Montio, se tamen etc. Signat, Nicolaus de Castro

1647 die Sabbati decimotertio mensis Septembris.

Page 28: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

[1771: Vedeseta contro Valtorta, Fuipiano, Sottochiesa][A sua ecc. il Sig Consultor de la Silva]: a piè paginaSua ecc.za il Sig. Conte di Firmian con la sua Pregevole Insinuazione 10 Aprile dell’anno Passato mi avvanzò querele e doglianze contro gli Abitanti di Valtorta, Foppiano, e Sorrochiese Territorio Bergamasco, accusandoli di taglio di legna, di usurpo di Terreni, e di Atterramento di Termini.Alla lettura di questa Carta presi il partito di mandare per Staffetta una tal Relazione tanto alla Serenissima Repubblica quanto a Sua Ecc. il Sig. Capitanio di Bergamo.Sotto il giorno 13 del Mese stesso ebbi in risposta, che si sarebbe presa per conto pubblico tutta la sollecitudine, per riconoscere le doglianze avvanzate da questo Governo contro li sudditi Bergamaschi delle tre Communità sopra nominate, e quindi fui incarricato di ricercare Sua Ecc. di farmi sapere le precise località, nelle quali professa vasi che seguito fosse il taglio della Legna, ed il Pascolo degli Animali, a solo, ed unico ogetto di facilitare la verificazione de’ fatti esposti, lo scoprimento de’ Rei, ed il tempo, in cui fossero accaduti simili trapassi.E quanto poi ai Termini atterrati, fui incaricato di riflettere a Sua Ecc.a che nel Mese di Aprile, essendo que’ luoghi montuosi, ed alpestri coperti di alta Neve, conveniva attendere stagione più opportuna per rimetterli di concerto di ambi li Dominj.Così scrissi a Sua Ecc. il Sig Conte di Firmian sotto li 12, e 19 Aprile dell’anno passato; e così mi onorai di ripetergli in data 20 Giugno. Come tutte queste Lettere esistono ne’ miei Registri; così sperar mi giova, che esisteranno pure nelle Filze della Segreteria Segreta. N. B.Credo mio dovere di prevenire la Giustizia, e la Virtù di Vostra Ecc.a di quanto passò l’anno scorso intorno ai Reclami fattimi contro le tre suddite [suddette] Communità Bergamasche, per aver luogo di considerare all’Ecc.a Vostra che, se nulla si è fatto ancora rapporto a quelle insorgenze, ciò non povenne per lentezza della Serenissima Republica la quale è sempre impegnata a fare eseguire religiosamente le cose convenute ne’ solenni Trattati, ma perché non fu mai data risposta a detti miei Fogli, per quanto io abbia scritto, e ricordato a voce a Sua Ecc. Ministro Plenipotenziario l’Affare in questione.Tanto più poi credo indispensabile di avanzarne di tutto ciò esatta Relazione anche a vostra Ecc.a quanto che non vorrei, che esistendo nella Segretaria Segreta le sole Lettere di querela contro Sudditi Veneti e non le mie Lettere risponsive, ciò somministrasse motivo, o pretesto ne’ Casi presenti, e futuri di non dare alla Serenissima Repubblica quei risarcimenti, e riparazioni che sono corrispondenti alla Giustizia delle ricerche ed al tenot de’ Trattati.Ho l’onore di protestarmi con imutabile Stima, e Rispetto.Milano 3 Agosto 1771.Di Vostra Ecc.aDev.o Obb.o SER.O v.OCesare Vignola

N. B. che le carte delle quali qui parla il Residente non esistono nella Cancelleria segreta per che debbono verisimilmente essere presso delli atti della Giunta dei Confini, acque, e strade alla quale non assisteva il seg. Inentes [Fuente?], dopo l’instituzione di essa Giunta.

Page 29: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

CUM BERGOMATIBUS [290]

Volumen inscriptum M. continet processum formatum ob controversos fines inter Videsetenses, et nonnullos alios e valle Saxina Subditos Re. Maestatis parte una, et Subecclesienses Bergomates Subditos Reipublicae Venetae, circa Vallem Talegij.Hae controversiae diremtae fuerunt per sententiam delegatorum, scilicet Octaviani Valerij Praetoris Brixiae, et Com. ac Senatori Mediolani Petri Martyris Ponzoni die 2 Iulij 1583 cuius sententiae exemplum est inclusum.Al nome di Dio [“Christi”: V] l’anno 1583, il giorno di Sabbato, che fu doi di Luglio nella ditione undecima. Conciosia, che nelli anni passati siano nate differenze in materia delli confini fra li huomini di Sottochiesa, Valtaeggio Sudditi al Sereniss. Dominio Veneto, et gl’huomini di Vedesetta d’essa Valle, Sudditi al Serenissimo, e Cattolico Rè di Spagna Duca di Milano, et sopra ciò, per oviare alli tumulti, et danni di essi Popoli, sono stati eletti per parte del Sereniss. Dominio Veneto il Molto Ill. il sig. Ottaviano Valerio Podestà di Brescia, et per l’Eccellentiss. Senato di Milano il Molto Ill. Conte, e Senatore, il Sig. Pietro Martire Ponzone, à fine che terminassero, et ponessero fine à tutte le differenze, come alle loro elettioni, et commissioni appare, quali saranno qui à basso registrate; quali Sig Giudici, et Delegati havendo già molti giorni sono cavalcato ad essa Valle di taeggio, et ivi udite esse parti con i loro Avocati, fatto visitare i luoghi delle differenze, visti i capitoli, et testimonij sopra ciò essaminati, insieme con molte ragioni, et instromenti prodotti per ambe dette parti, et più fiate conserto insieme, et havute opportune informationi, e matura considerazione, sopra ciò invocato di novo il nome di Dio sono pervenuti all’infrascritta terminatione. A Prima [1A] Prima quanto al monte posto à mezzo giorno oltre l’Enna, hanno ordinato che tutti li boschi, et pascoli communali, contenuti frà il termine del Grassello posto nelli confini di Lecco [“ad fines Leuci” V: presso i confini di Lecco], et frà la Torre detta del termine, così della parte di sopra, come di sotto, fin’al bosco appresso il fiume di Lenna [“flumen Lemnae”: V] si debbano dividere per metà fra una, et l’altra parte così, et talmente che cadauna di esse parti habbi la sua egual parte, portione, et metà di essi boschi, et pascoli communali compresi della sommità si al bosco frà i sodetti doi termini, cioè della Torre, et Grassello, dissegnando à cadauna di esse parti la giusta metà à essi più commoda, cioè verso la parte orientale à quelli di Sottochiesa, et verso Occidente à quelli di Vedeseta, intendendo dei boschi, et pascoli solamente.Quanto sij poi alli beni di Lavina, et delli particolari, quali si estendono sotto li pascoli, et boschi ancora d’esser assegnati à quelli di Sottochiesa fino alla Valle di Ifrino [“Vallem Sfrini”: V], la qual Valle questa parte sii divisoria, quelli beni, prati, et pascoli rimanghino alli huomini di Lavina, et Vedesetta, et sotto alla giurisdizione del Stato di Milano come si ritrovano essere ancora [anche, ndr] con facoltà di far legne, folie, et pascolare per uio [uso] loro solamente, con li [nei, ndr] detti boschi da essere come di sopra à quelli di Sottochiesa assegnati.Et all’incontro il medemo sij delli beni particolari di quelli di Sottochiesa, et pertinentie.Ma perché discendendo del monte di Grassello verso Lenna vi sopravanza, et resta una parte de boschi in forma d’ala, ò vero, come si dice, di coda, la quale si estende verso sera fino alli confini di Morterone [“Mortironi”: V], et Lecco, hanno ordinato che per hora essa portione, et parte resti esclusa fuori della divisione predetta fino, che sopra ciò sarà stabilito altro. Et in questo mentre hanno ordinato, che il tutto stij in sospeso, ne per alcuna d’esse parti, et popoli sia posto mano al alcuna cosa in qualsivoglia modo, ma essi boschi, et pascoli s’intendino esser communali, et quando esse parti, et popoli volessero concordevolmente vendere, ò metter mano in essi, l’un et l’altro vi concorra, et presti i loro voti, ne al [1B] altrimenti, et il prezzo fra loro egualmente sij diviso, et questo, mentre sarà altro terminato.

Page 30: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Per divisione poi del restante d’essa Valle, hanno pronunciato, et terminato, et terminano che sij posto un altro termine sopra la ripa posta da monte parte del fiume di Lenna, talmente, che rettamente respondi al confin di Valnanino [“Vallis Canini” V= Valle Canino], et dopo si debba andare per essa Valle retta et strettamente [“oblique”: V= storta], come essa Valle tende fino alla Chiesa di S. Bartolomeo, et non più oltra di sopra, respetto d’essa Valle, la qual Chiesa insieme con il Cimiterio, et Sagrato di quella resti per termine, et confine tra esse parti, et tutto quello resterà verso Occidente oltre il detto termine et detta Valle de Canini fin come di sopra, sia, ò resti fra li confini, et sotto la giurisditione [“Ducatus Mediolani ac Vidisetae suprascriptae et pertinentiarum et quic quid erit, et remanebit versus orientem ut supra sit, et remaneat intra confines, et sub iurisditione”: V] del Serenissimo Dominio di Venetia, et commune di Sottochiesa predetta, et pertinenze; con questa però dichiarazione, che li beni dimandati li prati Adam Vistalli della Bruna della contrada della Lavina, Maisedola e Rasca [“Frachia”: V] di Bartolameo, et fratelli de Arrigoni della contrada predetta, benche in virtù della presente divisione resti oltre la Valle del Canino, nondimeno s’habbino, et tenghino come se fossero di qua da essa valle, et uniti, et compresi con li beni della Lavina, così et talmente, che non compatisca ragione alcuna in essi sodetti beni à quelli di Sottochiesa, mà in tutto sottogiacciano, et siano compresi con essa Lavina. Della Chiesa poi di S. Bartolameo si debba andare per la via, qual tende al Cantello della Cerasa [“Cantellum de la Ceresa”: V] retta, et strettamente, come tende, et dopo anco seguitando, et continuando per la strada posta sotto il Cantello della Ceresa, andando medemamente per la via, overo strada retta, et strettamente [“oblique”: V=storta], come tende fino al fonte posto sopra la via publica dimandata la Fontana di Zucco [“Fontana del Zucco”: V], et ciò che sarà, et medemamente resterà à sera parte d’essa via, sij et rimanghi dentro li confini, et sotto la giurisditione del Ducato di Milano, et Vedeseta predetta, ma tutto quello che [2 A] che veramente resterà da matina parte come di sopra, sia, et rimanghi dentro li confini, et sotto la giurisditione del Serenissimo Dominio di Venetia, et Commune di Sottochiesa predetta. Et dal detto fonte si debba andare per retta linea fino al pizzo [“piccum”: V], ò vero sommità del monte dimandato il pizzo del Zucco [sic anche in V], et la ripa, ò vero parte sotto esso Zucco posta, qual tende verso mattina, fino al termine dimandato il Zuchetto di Maiesetto [“Zuchetto del Magiesem”: V], qual divide tra la Valsasina, et Taeggio sia diviso giustamente per mezo, et in detta ripa siano posti doi termini, uno cioè nel principio d’essa ripa, et l’altro sotto esso termine dimandato il Zucchetto Maresetto [“Maesen”: V] al mezzo di essa ripa, et la parte di sopra superiore sia, et rimanghi fra li confini, et sotto la giurisdittione del Ducato di Milano, et Commune di Vedesetta predetta, et sue pertinenze, ma la parte da basso, et inferiore sij, et rimanghi tra li confini, et sotto la giurisditione del Serenissimo Dominio di Venetia., et Commun di Sottochiesa predetta. Da esso poi termine da esser posto sotto detto Zuchetto del Maresetto [“Maesen”: V], et da li poi ascendendo fino al detto Zuchetto del Maresetto [“Maesen”: V], et da li andando verso Monte ci resti una via di longhezza di carozzi otto [“lata capizzorum octo”: V=larga 8 cavezzi], secondo [iuxta”: V=presso] li confini di Valsasina da mattina parte, la qual via tendi fino al termine del Cantello Fugaccio, et alla Piazza Negra [“Cantelli Fugatii et ad Plachiam Nigram: V], la qual strada sia commune fra l’una e l’altra parte, con però dichiaratione, che essa strada tendente à detto Cantello del Fugaccio si debba fare di larghezza predetta, ancora sotto li Draconi ivi posti, caso che la strada non si possa fare in essi Draconi, la qual comodamente servi, et con questa ancora dichiaratione, che li legni posti in detto luogo, et spatio, ove si farà detta strada si possino tagliare per essi di Sottochiesa, et pertinenze per una fiata solamente, le quali legne tagliate, esso luogo, overo spatio rimanghi libero per uso della strada sodetta, et detto taglio di legno si faccia per rispetto del spatio di detta strada nel termine di doi mesi. et da li poi si debba andar verso mattina sotto Aral del Moro [“sub

Page 31: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

arali del Moio. Item inmediate sub fine Aralis del Moio, et per medium loci appellati Piancabella. Item per viam tendentem per dictum loci dictum Piancabella et sub Arali alto, utr immediate sub fine dicti Aralis alti”: V], cioè immediate sotto il fine di detta Aral alta, et segui-[2B] seguitando per il cantello del Monte Itona [“Cantellum Montoni”: V], ove sia posto un altro termine, et da li poi andando fino al Campo rotondo [“Campum rotundum”: V] inclusivamente, qual tutto rimanghi à quelli di Vedeseta, et da li alla strada, qual si dimanda de Pelati [“de Pilatis”: V], qual tende per le Piache de Masemor [forse: “Mosamor”: V], et finisse sopra la costa dimandata delle Pianche, come essa strada tende, et ivi sij posto un’altro termine, et tutto ciò che sarà da sera, et Monte, parte di essi termini sij, et rimanghi sotto la giurisditione, et tra li confini del Ducato di Milano, et Commune di Vedesetta predetta, et tutto quello, che rimanerà da mattina , et mezzogiorno parte sia, et si comprenda sotto la giurisdizione, et tra li confini del Sereniss. Dominio di Venetia, et Commune di Sottochiesa predetto. Con dichiaratione espressa, che tutto il Monte dimandato de i Concoi [sic anche in V] sta detti termini rimanghi, et sij compreso sotto la giurisdizione del Ducato di Milano, et Commune di Vedesetta predetta.Con dichiarazione ancora, che li beni dalli particolari nell’avenire debbano sostenere i carichi, e fattioni [?] in quel Commune, et sotto quella giurisdizione, nel quale è sotto, la quale in virtù della presente divisione, et terminatione rimanghino salvi con l’espressioni sodette etc sottoscrittioni.Ottaviano Valerio delegato.Pietro Martire Ponzone delegato, salvo il beneplacito de superiori miei. [4]Tractu temporis aviditas pastorum, vel aliorum incolarum occupandi pascua, et succidendi ligna nemorum fiut in causa, ut quandoquidem aliqui ex terminis planctatis dispersi fuerint ad fines confundendos, et superinde factae sunt querimoniae modo à subditis Mediolani, modo a Bergomatibus, itaut conquerente anno superiori 1633 Residente Veneto nomine Subecclesiensium subditorum suorum, iussuq. Senatus D.Fiscalis Arias accesserit una mecum Cancelario Meda ad eos fines, et nonnullas sumpserit informationes de novitatibus hinc inde factis, et terminis amotis, prout, et aliae [3 A] et aliae sumptae antea fuere à D. Corio tum Fiscali quo tempore secutae sunt hinc inde represaliae hominum, iumentorum, et aliorum, sed mandante Republica Veneta, et D. Mediolani Gubernatoribus fuerunt omnia restituta, et actum, ne quid novetur, donec termini amoti denuo locentur. Res itaq. In id definit, ut delgati hinc inde accedant cum Ingenierijs ad hiusmodi termino rum erectionem faccenda, et brevidicitur accessurus D. Senator Petracinus electus à Sereniss. Infante.Aggiunta in V:Nicolaus Deponte dei gratia Dux Venetiarum. Cum nihil antiquius habeamus quod ut inter nostros, et Regiae Catholicae Maestatis subditos quiete vivatur, quae quies sepe ob finium discordias turbari solet, cumque intellexerimus eandem obcausaret inter populos Subecclesiae Vallis Taligij et Vercuragi Vallis Scti Martini Dominio nostro obedientes, et homines Vidisenses et territorij Leuci Statui Mediolani subiectos, nonnullas extare controvesias, damnaque utrinque? illata fuisse. Iccirco ut ipsorum populorum rumoribus occurratur, eorumque indemnitati succurratur, libenter assensimus, ut differentiae ipsae damnorumque refectio per iudices bene inde elligendi sine debito terminentur; qui iudices sine inditione et solemnitate, iuribus utriusque partis intellectis iustitiam administrent vel partes amicabiliter componant. Quare cum de prudentia et virtute viri nobilis dilecti nostri Octaviani Valerij multum confidamus tenore presentium eidem cum Magnifico Comite P. Martire Ponzone iam electo per Regios Ministros pro finibus territorio … utriusque ditionis inter predictas partes rigendis, assertisque damnis ex ea vel ob eam causam illatis, risartiendis, componendisque deputamus, qui etiam una cum predicto Mco alterius partis

Page 32: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

condelegato debeat super damnis utrinque per ipsos populos illatis oportuna informationes assumere, partesque audire, earumque controversias circa pretensa damna, et quecumque alia gravamina iuris medio,vel amicabili compositione terminare, et quicquid per eos circa promissa actum fuit id rathum gratumque habebimus ab omnibusque nostris ………. observari faciemus.Datum in nro Duc. Palatio die 28 Maij indictione Xa, 1583. Hieronymus Hotthobonis, segretarius

PLANTATIO TERMINORUM [dicitura presente solo sulla copia B]Settembre 1583

Noi Faccio Gallerano Regio et Ducal Secretario di Milano, et Gio. Batta Padavino [Gioanni Battista Patavino B] Secretario della Ser.ma Signoria di Venetia eletti alla infras.ta essecutione, et apposizione de termini, come per lettere publiche del tenor qui sotto registrato.Qui si mettono le lettere di l’un, et l’altro Delegato [B omette]Volendo per riverente essecutione delle sudette commissioni a noi date far metter, et piantar li termini nella valle di Talechio [Taegio B] conforme alla ordinazione delli doi [duoi B] luglio pros.o passato delli Molto Ill.mi Signori Conte Pietro Martire Ponzone Regio, et Ducal Senatore in Milano et Ottavian Valerio [Ottaviano Valiero B] Podestà di Brescia eletti, cioè il sud.o Conte Ponzone dal Ser.o Catt.o Re Filippo Duca di Milano, et il sud.o Signore Ottaviano della Serenissima Signoria di Venetia in Giudici et Commissarij intorno la differentia de Confini di essa Valle si siamo trasferiti nella detta Valle di Talechio [Taegio B] alli sedeci dell’istante mese di Settembre 1583, et la Domenica [mattina B] seguente si reducessimo insieme nella Chiesa di S.to Bartholomeo, ove dessimo ordine che miser Christophoro Sorte Ingegnero a questo effetto condotto per me sud.o Gio. Batta Padavino [Patavino B] et il Rev. Mons. P. Dominico d’Aquato [Aquate B] condotto per il med.o effetto per me sud.o Faccio dovessero il giorno seguente trasferirsi al termine del Grasello [Grassello B], et ivi cominciar à discender fin al fiume Lenna per segnar il loco, et ponto [ponte B] nel quale si dovesse metter il termine, il qual separasse, et lasciasse verso sera la coda, seu Ala di sotto dal d.o Grasello, la qual resta indivisita [indivisa B] per hora sin tanto sarà altro ordinato del restante [del monte: addit B] il posto à mezzo di il fiume Lenna, il quale si ha da dividere conforme alla d.a terminazione del tenor qui sotto scritto.Qui va la sententia delli prefati Molto Illustrissimi Signori Delegati.In essecutione del qual ordine li sudetti M.r Christophoro, e M. R. P. Domenico il lunedì seguente, che fu alli diecinove detto si transfersero al d.o luogho, et termine del Grasello, et la sera del med.o giorno ritornati ne rifersero certo disparere che era insorto tra loro al [1] principiar la linea al d.o termine del Grasello, il che inteso noi sud.o Faccio, et Gio Batta il giorno seguente di mattino, che fu il Martedì alli 20 del d.o mese andassimo al d.o termine del Grasello in compagnia delli sud.i M.r Christophoro, et Monsignor P. Dominico, et ivi vista per noi letta et considerata la sud.a terminazione, et visto il sud.to termine del Grasello, et ben considerato il sito del loco fu di ordine nostro per d.o M.r Christophoro piantato il Busolo al d.o termine del Grassello trando [tirando B] la linea perpendicolare descendendo al fiume Lenna cominciando dalla linea a gradi otto, et minuti cinque di tramontana, et finalmente essi M.r Christophoro, e M.oo P. Dominico finirno di tirar la d.a linea il giovedì, che fu alli 22 del d.o mese la qual linea termina, et finisce in questo modo, cioè

Page 33: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Discende al fiume per la Valle sotto la cassina del Vitigero [Urtigero B] et va a batter passando il fiume Lenna alla corna sotto un prato chiamato il Lago, ragion di M.r Antoni [Antonio B] di Bertoldi della Lavina, ove sotto detto prato si è fatta una croce in un sasso grande, che è su la riva del fiume Lenna a monte parte di esso fiume alla corna chiamato di Laghi et oltre d.p termine fin alli confini di Monterone [Morterone B] verso sera resta la coda seu Ala la qual per hora non è compresa nella presente divisione,sin tanto sarà altro ordinato, ma resta in tutto secondo il paragrafo qual comincia verum cum a monte, et finisce aliud statutum fuerit compreso nel primo capitolo della detta terminazione delli duoi Luglio prossimo passato qual sarà qui sotto particolarmente, et a maggior intelligenza registrato.Qui va registrato il sudetto Paragrafo.Et mentre essi M.r Christophoro e M.r P. Dominico tiravano la detta linea hanno ancora misurato parte delli Beni comunali rimasti a diman parte alla detta linea per poterne poi fare la Divisione conforme alla detta ordinazione. Havendo li sud.tti misuratori misurato il restante di esso monte alli vintitre et vintiquatro di d.o mese tralasciando i beni particolari, finalmente la domenica che fù alli 25 del d.o mese fu in nostra presentia e delle parti et delli infrascritti testimonij posto un termine di pietra di monte alla summità del detto Monte sopra un Cantello il qual è il secondo, andando dal Grasello verso matino, che si ritrova poi che si è passato il luogo chiamato li Cornelli Muschioni, sotto il qual Cantello è una concavità grande verso il fiume Lenna, il qual termine ha dalla parte di oriente due lettere sculpite, ciouè S et M che significano S. Marco, et alla parte di ponente tre lettere, ciouè M. i et l. che vogliono [2] dir Milano et essendo stato piantato di ordine nostro il bussolo per d.o M.r Christophoro si è ritrovato che detto termine è posto a gradi otto minuti tre caminando verso tramontana et ad altri tanti da ostro, et sopra un sasso posto appresso a detto termine verso Oriente è stata fatta una Croce, il che fatto si partissemo con ordine di continuar il giorno seguente di metter li altri termini nel detto Monte presenti per testimonij all’appositione del sud.to termine M.r Gio. Maria Locatello del q.m M.r Gio. Antonio, M.r Bono figliolo di M.r Gio. Jacomo di Damiani da Sedrina, Francesco q.m Luca di Vignotti da Chiari habita a Brescia, et Angelo de Melcentis [Malcenti B] q.m Christophoro del loco di Chignolo territorio Pavese.Poi alli vinti sei detto si è posto un altro termine della medesima pietra montina qual ha le lettere come il sudetto posto? sopra il prato chiamato il Salvano raggione di m.r Pasino Ruscheto qual termine è lontano per cavezzi cinque da un sasso grande qual è in detto prato posto dalla parte di Oriente a d.o termine sopra qual sasso è stata fatta una Croce con espressa dichiaratione che per l’appositione di questo secondo termine non sia né s’intenda esser fatto alcuno pregiuditio alli particolari se alcuno ha beni particolari di sopra da esso termine overo da basso verso Lenna overo di fuori di esso verso matina secondo il tenore della terminatione delli Sig.ri Commissarij . all’appositione di qual termine furno presenti per testimonij M.r Bono di Damiani et Angelo di Malcenti sopra nominati e Bernardino de Zanchi da Tiene servitore di me sudetto Gio. Batta Padavino [Patavino B].E successivamente il giorno medesimo è stato posto un altro termine di sopra della ripa posta a monte parte del fiume Lenna corrispondente al fin della Valle del Canino il qual termine è distante dalla Valle del Canto per cavezzi cinque cominciando a mezzo l’acqua andando verso matina e ha le lettere come gl’altri, all’apposition del qual termine erano presenti li testimonij sopranominati Angelo M.r Bono, et M.r Bernardino.Poi il martedì che fù alli 27 di detto Mese ritornassemo alla Chiesa di S.to Barthl.o, et da li partendosi andassemo per la strada, che è sotto il Cimiterio di essa Chiesa, andando per quella dritta et torta, come va fin al Cantelo della Ceresa [pesce in copia B] e da li seguitassemo per la strata che è sotto à detto Cantello, andando per quella parimente? dritta e torta come va fin alla fontana del Zucco, ove con el quadro fù tirata una linea retta da essa fontana al Pizzo [3] del Zucco poi fu mesurata la ripa posta sotto al pizzo del Zucco,

Page 34: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

che pende a diman parte et per divisione di essa fù posto un termine distante dalla summità del detto pizzo venendo in giù per cavezzi n.o cento et dieci et distante dalla strata che è sotto detto pizzo andando in su per Cavezzi n.o 56 dal qual termine andassemo verso il Zucheto del Maesem, ove fù posto un altro termine sotto la riva di esso Zucheto lontano da esso venendo in giù per Cavezzi n.o 45 tolendo [tollendo B] il principio della misura alla sommità della ripa tra mezzo di doi primi cantelli del Zucco Maesem, che si ritrovano andando in su. fù anco misurata la strata del Zuchetto del Maesem in giù cominciando a misurare sotto la corna posta sotto il primo Cantello di esso Zucco, et poi descendendo dalla detta corna per Cavezzi n.o otto continuando per il dritto verso monte fin a Piazza negra la detta strata continua largha per detti Cavezzi 8 conforme alla terminatione delli detti soprascritti Commissarij.Le quali tutte cose furno operate il detto giorno alla presentia delle parti et delli infrascritti testimonij, cioè M.ri Bono di Damiani et Angelo di Malcenti sudetti, et li termini sud.ti hanno le lettere dell’una parte et l’altra, conforme alli altri termini.Et finalmente il Mercordì, che fù alli 28 di detto Mese fù messo un termine nel loco di Cantel Montone, à mezzo di il detto Cantello, qual termine è di pietra montina et ha le lettere come li altri termini, et da lì andando al Campo rotondo lasciando esso Campo rotondo à quelli di Vediseta [Vedesetta B], si andò alla strata chiamata di pelati qual strata comincia sotto la forcellina di Valbona, et camina per le pianche di Masamor [Masemor B], et finisce sopra la costa chiamata delle pianche, et in fine di essa strata fù posto un altro termine della medesima pietra di Monte qual fila da Monte a mezzogiorno, et sopra esso sono sculpete [sculpite B] le lettere ciouè dalla parte di matina S. et M. che vogliono dir S. Marco, et dalla parte di sera M. I. et L. che vogliono dir Milano conforme in tutto alla suddetta terminatione delli prefati molto illustri Signori Commissarij li quali duoi termini furono apposti il detto giorno in presentia delle parti, ciouè M.r Arigo de Salvioni Vicario di sotto Chiesa et M.r Ambrosio detto il Griso di Rossi dal Frachio , et di M.r Antonio Arrigone detto Canale e M.r Pietro detto il Frate di Arrigoni deputati à questo dal Comune di Vedisetta [Vedesetta B] et di M.r Bono di Damiani di Sedrina Notaro.Fa fede di che noi sudetti Faccio et Gio. Battista Secretarij habbiamo fatto fare la presente scrittura la qual sarà sottoscritta di nostra mano.Subscript Faccius Galleranus Secretarius alter ex Delegatis ad exequendum ut supra subscripsi et ita affirmoSubscript Io. Baptista Badavinus Secretarius alter ex delegatis ad exequendum ut supra subscripsi, et ita affirmo [la parte in nero solo nella copia B, che è copia autentica da cui non è però tratta la copia calligrafica A, avendo essa un passaggio, con ogni evidenza corretto, non presente in B][4]

Videsetta Valle di Taleggio co Veneziani [288]

Nel nome del Signore l’anno 1583 nel giorno di sabbato alli 2 di luglio Indizione II. Essendo che alli anni già andati battessero differenze frà li confini delli huomini di Vedisetto Valle di Taleggio sudditi del serenissimo e Cattolico Re di Spagna del Ducato di Milano, e frà quelli di Sotto chiesa dell’istessa Valle sudditi di Venetia, et per quanto acciò che dasse fine alle liti, et ad ogn’uno il suo contingente, furono eletti dalla parte del stato di Milano dall’Ecc.mo Senato, e dall’Ill.mi Signori Visconti il senator D. Pietro Martire Ponzoni, e dalla seren.ma Republica di Venetia il Signor D. Ottaviano Valerio Podestà di

Page 35: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Brescia, acciò che essi terminassero tutte le differenze, et acciò che dalle elettioni, e Commissioni più abasso da esser registrate si apponessero.I quali signori Giudici, e delegati essendo stati molti giorni nella detta Valle di Taleggio, et ivi havendo intese ambe le parti fecero che si visitassero li detti luoghi, et havendo essi visto i Capitoli, iura, testes et in strumenta dalle lor parti prodotti, e molto ben informati, et adoperando quella debita considerazione venero al nome di Dio alle terminatione delli infrascritti termini.Primieramente circa al monte esistente de la dall’Enna dalla parte del mezzo giorno determinorno che tutti i boschi, e pascoli communali, li quali si contengono dentro il termine del Grassello esistente appresso alli confini di Lecco, e dentro la torre chiamata del termine, tanto dalla parte superiore quanto dalla parte inferiore, che si dovessero divide sino all’Enna, mezo per cadauna parte di maniera che ciascheduna delle parti havessero la sua egual portione, e metà di detti boschi, e pascoli Communali dalla cima sino al fondo li infrascritti duoi termini, cioè della Torre, et del Grassello, assegnando all’una et all’altra parte la portione contingente della meza parte, la qual più comodasse à loro cioè verso l’Oriente à quelli di Sottochiesa, e verso l’occidente a quelli di Vediseta, cioè intendendosi dei boschi e dei pascoli communali solamente. Per rispetto poi de i beni della Lavina, e de particolari sotto de boschi, e pascoli, ancora li assegnorno à quelli di Sotto chiesa sino alla valle di Vales frins, la qual Valle circa queste cose sia divisoria, quei beni, prati, e pascoli restino alli huomini della Lavina, e di Vediseta sotto la giurisdizione S.R.C.M. come sono over che si trovano ancora con licenza, e facoltà di far legna, foglia, e di pascer per uso solamente di detti boschi come sopra [1] a quelli di Sotto chiesa da assegnarsi, e per il contrario l’istesso sia de i beni particolari di quelli di Sottochiesa, et appartenenti. Restando dal Monte del Grassello nel discender verso l’Enna una certa parte di boschi in forma d’Ala, la qual va verso sera appresso i confini di Morteronem e di Lecco, statuirno che per adesso quella portione parte rimanga fuori della divisione sin tanto che si discerna il rimanente. Frà tanto ordinorno, che tutte le cose stiano sospese, ne per gli istessi popoli, o altro d’essi si apponghino ad altra mano in qual sivoglia modo, ma li medesimi Boschi, e pascoli stimino communali e dove sogliono ?????? li istessi popoli overo appor mano concorano à ciascun popolo, e persistano, et non in altro modo, et essi egualmente da V.I. è stato ordinato.Et pro divisione, e resistenti [della parte residua?] dell’istessa Valle disser, e terminarono, e dicono, e terminarano che si debba ponere un altro termine sopra la ripa posta à parte del Monte del fiume dell’Enna, talmente, acciò che rettamente risponda al confine della Valle del Commune di poi debbasi andar per detta Valle rettamente che ita? Dritta alla Chiesa di S. Bartholomeo e sopra rispetto all’istessa Valle la qual Chiesa con il Cimiterio dell’istessa remanga il termine, e confine dentro dell’una, e dell’altra parte acciò, che remarà verso l’Occidente oltra il detto termine e detta Valle del Canile come di sopra, e remanga dentro i confini, e sotto la iurisditione del Serenissimo dominio di Venetia, e del Comune di Sotto Chiesa, e delle sue pretensioni.Con questa dichiarazione però che i beni chiamati i prati d’Adam di Vistallo della Bruna della Contrada della Lavina, la Massedola e la Fraggia, di Bar.o e frattelli de Arigoni della contrata della Lavina, a benche per virtù della presente divisione sia di là della Valle del Canile niente di meno abenchè siano di là dalla Valle, e unita con i beni della Lavina così è totalmente niente di meno quelli di Sotto chiesa non li habbiano nisun jus, over dominio, e siano totalmente compresi con quelli della Lavina.Dalla Chiesa poi di S. Bart.o per la strada dritta al Cantello della caresa [Cerasa, nd.r.] rettamente, et obliquamente come va, e di poi ancora seguitando, e continuando per la strada esistente sotto il Cantello della Caresa, e parimenti andar per la strada rettamente et obliquamente come và sino alla fontana del Zucco, e tutto quello si ritrova verso la sera dell’istessa strada ciò, che è [2]stia dentro i confini, e sotto la iurisditione del Ducato di

Page 36: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

milano, e di Vediseta e ciò che restarà verso la mattina sia sotto la iurisditione del Serenissimo Dominio di Venetia. E dalla fontana del Zucco si deve andar per la dritta linea sin al pizzo del Monte chiamato il piz del Zuc, e la rippa sotto all’istesso Zucco esistente verso la mattina, sino al Zuchetto di Maesem dividente dalla Valle della Valsasna, e di Talleggio giustamente per mezzo nella medesima rippa pongasi duoi termini altamente cioè in principio dell’istessa rippa, à mezzo la rippa del Zuchetto di Maesem, e la parte superior sii e remanga dentro i confini, e sotto la iurisdittione del Duca di Milano, e Comun di Vediseta, l’inferior parte poi remanga poi à quelli di Sotto Chiesa sotto la iurisditione del Serenissimo Dominio di Venetia.Dall’istesso termine detta parte sotto il Zuchetto di Maesem, si deve andar calando abbasso sino al detto Zucchetto di Maesem, et d’indi poi verso il Monte li resta la strada larga ottanta [!!!!] cavezzi giusto i confini di Valsasna della parte di matina, la qual va sino al termine del Cantello [Fugacio, ndr] e sino à piazza negra la qual strada sia del Comun dentro l’una e l’altra parte et con questa dichiarazione, che l’istessa strada ad detto Cantel di Fugaz si debba far di latitudine ancora sotto i ragoni ivi esistenti caso poi che la stessa strada non si possi fare nell’istessi ragoni, la qual servisca comodamente, e ancora con questa dichiarazione, che la legna ivi esistente, et il spacio, ivi si faccia la stessa strada, e si possino dividere per essi di Sotto chiesa una volta tanto, i quali divisi l’istesso loco overo spatio rimanga libero et espedito per uso di strada, e la recisione si faccia per rispetto dell’istesso spatio di strada per termine d’un bimestre, e di poi si deve andar verso la matina sotto la Val delle Mollie ???? immediatamente sotto il confin della Valeta, e seguitando per il Cantel del Moloon [Molton?] dove si ponga un altro termine e di li poi andasimo à Campo rotondo inclusivamente il qual tutto resti a quelli di Vediseta d’indi alla strada la qual si chiama del Pela va alla pianca di Masomor, e del confin sopra la costa chiamata della piazza e la istessa strada va insin dove è l’altro termine, e tutto quello verso la sera, e da i Monti per parte di detti termini [3] sii e rimanga sotto la iurisditione, e dentro i confini di Venetia, e Comun di Sotto chiesa. Con una espressa dichiarazione che tutto il Monte chiamato Cantelo remanga dentro i termini del Comun di Vedisetta sotto la iurisditione del detto D. di Milano, e di Vediseta.Et con un'altra dichiarazione, che i beni de particolari, e ancora le grevezze, e facioni [?] debbano sostenersi in quello del Commune, e nella iurisditione sotto della quale per virtù della presente divisione, e determinazione nulla di meno remangano salvati li sopradetti .Nta Pietro Martire Ponzone delegato salvato il beneficio de miei superioriNta Ottaviano Valerio delegato etc. [4]

Page 37: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

MAGNOCAVALLO[1] Relatio magistrati Domini Magnocaballi - Invictissime Resp.ri

Qua Comum, ad me Vidisetae homines die XXIX Iunii mandata MV a D. Homacino pro Dno Facio die XXIIII eiusdem mensis subsignata pertulerunt libentissime recepi, atque ex supplici libello, quem mandatis iniunxerat illorum hominum equa, et honesta postulata percepi. In quibus persequendis operam quam a me exigit prestiti ea sane diligentia, et fide, quam ei debeo subiectum in modum.Postridie, quam mandata allata erant (nam citius per officij mei occupationes, quibus tunc valde distinguebar, non licuit) versus Vidisetam iter institui, et in Aquati vicum passus circiter mille super Leucum prima noctis hora profectus sum ibique pernoctavi. Hinc vero postera die abiens, Vidisetam vergente iam in vesperum sole perveni; ac reliquum eius diei in scripturis, argumentis atque indicijs, quibus causam instruuntur, conquirendis, et enduendis consumpsi, sed antequam quid, unoquoque die factum sit, referre aggrediar, nonnulla ordine quasi pro postero proponam qua ad eius rei, de qua agitur, pro cognitionem perspicuitatemque pertinent.Primum enim calamo seu verbis universam Talegij vallem describar; cuius descriptionis tabulam ad locorum situm exacte a me prius informatam ac delineatam, penicillo deinde a pictore depinctam fini huius relationis adijciam; quo muta et inanis tabula figura magis perspicua reddatur [2] litterarum lumine accedente. Deinde in cuius ditione, ac potestate exactis annis universa ea fuerit, quoque modo postea pars eius amissa, et quota portio a M. V. nunc possessa. Tertio causae caput attingam, et constituam, statumque breviter explicabo. Quarto loco testimonia a me sumpta exponam; postremo conquisita iura subiungam; et pleraque haec omnia non sumatim quod facile expedire possem, sed particulatim referam, at sic breviter ut nihil neque desit, neque superfluat. Etenim cum mea hac relatio fundamentum futuri iudicij speretur nihil praetermittendum putavi, quo MV maturis providere queat, nequid Regia sua Iurisditio, vel subditorum ius capiat detrimenti. Non enim de privatis, et vicinalibus, sed de publicis etiam finibus agitur. Descriptionem igitur aggrediar. Difficilis vero est Vallium et Montium huiusmodi, et sitorum in ipsis locorum descriptio, quid saltuosissima sunt, et rivis, altisque rupibus quandoque ita dividuntur, ut nec pictura sit nec elocutio, qua planam illorum notitiam dare possit. At ego, quantum tamen hac relatione consequi potero, efficere conabor, ut MV. omnia spectasse videatur. Supra locum ad XII milliarium inter [3]Varios illos montes, quorum senes veluti perpetua cathena usque in Dalmatiam extenditur, sita est Vallis Talegij. Hac ob occasu ad astruum solis ortum protenditur hancque interfuit Lemna amnis, qui pariter ab occidente ad orientem confragroso alveo milliaria circiter octo excurrens, et Vallem lapsus in Brembum enduitur. Ab occidente introeuntibus sinistrum ultra Lemnam inter occidentem et septentrionem disterminatur hac a Valle Saxina, imperij vestri, monte Culmen appellato qui convallibus aliquot interiectis iungitur iugis dictis crucete, et Salodoro. Ab his iugis supra dorsum appellatum Zucum Maesimi decurrit in Salsianam flumen, de quo inferius dicemus, Vallis Zucchi; et sub dorso Maesini evomit glaciales aquas fons Maesini occidentem spectans, et in Vallem Bordescerum defluens: qua Bordescerum Vallis oritur ab eorum iugorum Soladori et Crucetae parte, qua Vallem Saxinam respicit et ad radices praedicti montis Culmen appellati delabitur in Lemnam. Per aversam dorsi Zucchi partem discendi itidem recta in Lemnam Vallis Caseria. Ab iugo Soladori supra Crucetam, usque ad montem Cancervum veluti a vertice ad plantam pedis totius Vallis fere per rectam lineam ab occasu ad ortum continuatur Montium altitudo, a qua tollunt se altius aliquot eminentiora [4] cacumina. A iugo Soladori primum cacumen est Cantellus Montone et sciendum est montium cacumina ab accolis cantellus vocari.

Page 38: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Itaque supra Soladorum intra Crocetam et Cantellum Montoni discendit convallis appellata Vallorum. Cantello Montoni succedit Cantellus Campi Floridi et inter utrumque, e Campi Floridi dorso oritur Salsiana Flumen, quod flectens se supra ultimas montis radices sub Cantello Montoni versus Soladorum in Vallonum et inde à Borea ad Eurum se recurvans retento Salsina nomine usque ad Molendinum dictum del Manera, et ab hoc Molendino ad Lemnam usque Vallis simpliciter appellatum, constituta triangolari figura, et decurso milliario in Lemnam influit. Cantellum Campi Floridi subsecuntur bina alia cacumina appellata Alben, et inde castigata montium dicta continuata altitudine conspicitur veluti planities quedam appellata Pascua Albeni in montis summitate, qua planities pertingit usque ad pasqua Musamorae, et inde ad montem Cancervum unde Aqua Frasna flumen oritur, et procurrit in Lemnam. In hac Cancervi summitate recta illa linea à Croceta illhucusque ducta quasi constituta obtusi anguli figura flectunt se aliquantum montes versus meridiem, et eousque pertinent, ubi Lemna Brembum [5] influit. In quorum aversa parte Bergomum versus est Planca Bergomensis, et ad exitum Lemnae. Forcella post terga Cantelli Moltoni, et Campi Floridi, ad septentrionem non brevi interiecto pascuorum intervallo, descenditur usque ad Vallem Tortam, et à tergo Albeni et Musamora usque in Aureram. Vallem dextrorsum autem ingredientibus citra Lemnam ab occidente pariter in orientem Vallis Talegij his finibus circumscribitur. Primo devexitate [=declivio] cuiusdam montis appellati Scaligia, deinde Monte Mortirono, ambobus territori Leuci Vestra Ditionis. Postea continuata serie montium adversa pars versus septentrionem ad Talegij Vallem à Lemna usque ad summitatem pertinet, aversa vero ad meridiem vergens ad Vallem Imaniam spectat. A Scaligia Mortironoque et reliquorum montium usque ad Vallis Talegij finem continuata altitudine plura insurgunt cacumina, quorum praecipua Cantellus dictus Grasellus, Turris Termini unde ortum habet, decurritque in Lemnam Vallis appellata Vallis Frin; deinde cacumina supra Gerosam, cui succedit cacumen Forcellae, et inter utrumque oritur, et in Lemnam discendi Vallis Bona, et inde curvantur [6] aliquantum montes supra Cornaledum montem eo usque unde Lemna in Brembum exit. His finibus clauditur undique Vallis Talegij qua iam per quattuor mundi plagas forinsecus [dall’esterno] descripta, recte videmur [a noi sembra opportuno] intimam Vallis partem aggredi. Introrsus igitur ad levam montes aperire se, et a Lemna aliquantulum recedere videntur et per horum montium latera oppida quamplura, seu vici potius, sparsi sunt, quibus proprium locum, quo ad fieri poterit, assignabo. Intra Bordescerum et Vallem Caseriam supra primas montis radices est Avolasium; ultra Caseriae vallem ad primas montis radices est Vidiseta Petri Pauli Arigoni olim Senatus vestri Praesidis clarissimi antiqua patria. Paulum infra, Lavina Lemnae fere incubans [distesa quasi]; supra Lavinam ad dextram vergens Cornaletum; supra Vidisetam Cantus; supra Cantum paululum a sinistra Rezetum seu Lamenterga, cuius diversa appellatio vis eadem est. E regione Canti supra Cornaletum non longe a Salsiana, seu Valle, sita est Olda; superius templum divi Bartholomei, deinde ad Salsiana ripam Molendinum Manerae ubi flumen relicto Salsianae nomine sempliciter Vallis dicitur; et supra Molendinum in ... colle Castrum Pianchellum seu eius vestigia . Ultra Salsianam [7] ex adverso Molendini, et dicti templi, est vicus Subecclesia; supra quem fere in margine Salsianae aedes Divae Mariae; superius secundum Salsianam ad secundas montis radices sub pascuis Cugnoli in conspectu Cantelli Moltoni est Fracium. Inferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini è regione [dalla parte opposta] Pianchelli, et ab eo distans passus circiter mille superius recta Arigheum, et supra ad secundas montis radices Stavelium; intra Castrum Picini et Aquam Frasnam Crassum; superius versum ortum Frasnae, Retatium; inferius ad Frasnae Ripam Cacorvei, sive Cacornelium. A dextera vero Vallis ultra Lemnam, excepta Peghera vico, et aliquot pastoralibus mansionibus nulli alij vici insunt quod forte propter montis altitudinem sol nimis aversus [sfavorevole, ostile] latus illud aspiciat. Deinceps [poi] autem versus

Page 39: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

montium iuga nonnulla alpes. Alpium vero appellatione apud huius Vallis accolas, et etiam contra normam in singulari numero, non veniunt secundum propriam significationem montes altissimi perpetuis nivibus albescentes, vel Galliae Cisalpinae seu nunc potius Italiae fines; sed loca illa herbosis in montibus, ubi pastores armentis, et gregibus stationes aestate constituunt.Transeo nunc ad secundum caput.

[8]Che la Valle Taleggio prima dell’anno di salvezza 1126 non fosse divisa in due tribù o comunità, vale a dire Vedeseta e Sottochiesa, né fosse soggetta a due Pretori di diverso dominio ma che fosse tutta soggetta a Milano e nelle mani di un unico giudice che si chiamava Vicario della Valle Taleggio, lo indicano tra le altre cose il protocollo degli Atti e delle abbreviature confezionato da Pietro di Arrigoni detto Bertone nel 1426 a me mostrato dal Notaio Bonetto Arrigoni. E che così sia stato l’ho rilevato dalla tradizione costante e dai discorsi di tutti e ora le testimonianze allegate lo comproveranno. Ma come ricordo d’aver letto qualche volta nelle raccolte degli Annali a quei tempi nei quali Brescia per prima fu conquistata dai Veneti nell’anno 1426 con il Carmagnola schierato contro il Visconte Filippo Maria e combattendo il suo esercito il condottiero Francesco Sforza devastando il territorio bergamasco e cremonese, ogni tanto truppe nemiche (Hostium copia) sostavano nelle valli circostanti e vi facevano irruzioni lungo le strade militari. E tra le altre in questa Valle Taleggio [9] era allora scoppiata una esecranda guerra intestina tra quelle calamitose e mortali divisioni tra la fazione guelfa e ghibellina. Da quel momento avvenne che quella parte di Valle Taleggio che veniva tenuta dai Guelfi si staccò dal Duca di Milano a favore dei Veneti. I paesi ribelli qui furono Sottochiesa, Fraggio, Pizzino, Cacornelli, Stavelio [Subecclesia, Fracium, Picinum, Cacornellum, Stavelium] e tutti quelli che stanno oltre il Salzana [ultra Salsianam] e la Valle. Al di qua di Salzana [cis Salsianam] nessuno, eccetto Olda, il qual paese, a mio giudizio, non tutto, ma soltanto una parte si ribellò e a conforto di questa affermazione porterò più avanti argomenti; oltre l’Enna Peghera. Gli altri restarono fedeli e a tutt’oggi sono soggetti a voi. Un libello di supplica indirizzata al Doge Veneto Francesco Foscari dai citati ribelli dimostra chiaramente che si è trattato di ribellione: con esso si chiedono alcuni privilegi dopo la defezione. L’ottenimento dei privilegi è del 1428. In quella supplica i perfidi pregano il Doge veneziano perché li protegga e non permetta che siano divorati dalle fauci del cattivissimo dragone, alludendo alle insegne dei Duchi di Milano. Di questo libello e della supplica allegherò copia contrassegnata con la lettera B. Da allora si cominciò ad avere in Valle due Vicari, il Vicario di Vedeseta e il Vicario di Sottochiesa, cosa a tutt’oggi in vigore. Poi, dopo aver affrontato molte guerre alla fine nell’anno 1454, il giorno 9 aprile [10] a Lodi fu fatta la pace tra i Veneti e Francesco Sforza Duca di Milano. Chiedendo i Veneti col Trattato dallo Sforza Cremona e che per confine tra i due Domini si tenesse l’Adda e il Po e dal Canto suo chiedendo il Duca di Milano che gli fossero restituite Brescia, Bergamo e Crema sottratte con dolo a Filippo Maria (infatti anche in forza della adozione di Filippo la successione spettava allo Sforza) in quel patto fu stabilito che i luoghi del territorio bresciano e bergamasco occupati fossero restituiti ai Veneti mentre il Duca di Milano avrebbe mantenuto le località conquistate oltre l’Adda. Ma per la troppa complessità [perplessitate] dei patti successe che dopo queste intese nacque tra di loro un disparere sui confini. Infatti tra le altre cose diceva il Doge veneto che i luoghi delle famiglie degli Arrigoni e dei Quartironi in Valle Taleggio, e nei monti di Lecco con i loro diritti e pertinenze spettassero a lui e per contro il Duca di Milano rivendicava come proprie le valli Torta e Averara e il luogo di Pizzino in Valle Taleggio con i suoi diritti e pertinenze. Per la qual ragione i Veneti a mezzo dei procuratori, presente invece di persona il Duca di Milano, nel 1456 il 4 di agosto solennemente si sono accordati [Registri ducali, Registro 18, pag. 458 e seg.] in questo modo: che i Veneti ottengano Pizzino, la Valle

Page 40: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Averara e Torta e quella parte di Valle Taleggio [11] che in quel momento era dagli stessi veneti posseduta, in particolare il luogo di Pizzino terra dei Savioni, di converso il Duca di Milano liberamente abbia quelle parti della Valle Taleggio che allora erano possedute dallo stesso Sforza, in particolare gli Arrigoni, gli Amigoni, i Rognoni e i Quartironi con i luoghi del Canto, Lamenterga, ora Reggetto, Pianchello, Lavina, Vidiseta, Avolasio e Prato Giugno [Canto, Almenterga, nunc Riceto, Pianchello, Lavina, Vidiseta, Avolasio, Pratoiunio]. Il tempio, invece, del divo Bartolomeo resti nella giurisdizione di quella parte nella quale è situato e infine tutti gli altri luoghi allora posseduti dal citato Duca di Milano in Valle Taleggio.Tutte queste cose vengono provate dal testo degli accordi [instrumento pactorum] sottoscritti tra i Capi in quell’anno e rogato da Giacomo da Perego [Iacobo de Perego], notaio e segretario del Duca di Milano e da Antonio Patavini da Campo Longo, notaio e secretario dei rappresentanti del Dominio Veneto, e sottoscritto [signato] da Cicco Simonetta: tale strumento viene esibito con il contrassegno C. E così il possesso da parte degli uomini di Vedeseta di quella porzione di Valle Taleggio, garantito, come si è detto, dagli accordi venne confermato; così che affermano che a memoria d’uomo l’hanno sempre posseduta in modo giusto e pacifico e di possederla anche oggi, come meglio subito constateremo.Ora bisogna porre le basi della questione. Dissi che tutta la Valle Taleggio è divisa in due principali tribù o Comunità e cioè [12] Comunità di Sottochiesa sotto i Veneti e Comunità di Vedeseta di vostra giurisdizione. Ma la Comunità di Sottochiesa pretende che il popolo [universitatem] di Vedeseta non abbia alcun territorio, non possegga alcun bene comunale o comunanza ma che abbia soltanto le nude proprietà e per questo da 10 anni tentano di portare al di qua del Salzana e della valle Sfrino i loro confini, e di estenderli da qui fino ai confini di Lecco e delle Valli Sassina, Torta, e Averara, nei boschi cedui e nei pascoli di proprietà dei nostri e saccheggiando con forza i pascoli, i tagli di legna e legne da carbone e con forza armata impedendo e tentando di spogliare [Vedeseta] del suo possesso. Per contro la Comunità di Vedeseta sostiene essere di vostro Dominio e di sua pertinenza tutto il territorio delimitato a occidente da Scalugia e Morterone, monti lecchesi; a mezzogiorno dai rilievi del Grassello e della Torre del Termine, il cui nome dicono derivi dal fatto che avesse una lapide di confine di entrambi i Domini; dalla parte d’oriente dalla Valle Sfrino [Valle Sfrini], che nasce dall’altura della torre del Termine, così chiamata per corruzione del vocabolo, perché in realtà sarebbe da chiamare Valle del Fine [Vallis Fini]; [la linea di confine scende] fino al ponte di pietra a un arco solo eretto sopra l’Emma e lasciato questo ponte in territorio di Sottochiesa e attraversata l’Enna piegando un po’ a sinistra e andando verso nord questa linea punta verso Olda fino al pozzo [13] chiamato d. Adriana e in mezzo al paese di Olda a una piccola colonna di pietra dell’altezza di 2 cubiti, e da mezzo di Olda la linea va ancora verso settentrione fino al tempio del Divo Bartolomeo compreso, del quale fa menzione lo strumento di accordo e poi al Mulino del Manera presso la riva del Salzana, dove [il Salzana] cambiato nome comincia a essere semplicemente chiamato Valle e salendo il corso del Salzana fino alla sua sorgente posta tra i rilievi di Cantel Montone [Cantelli Moltoni] e Campo Fiorito e indi al termine dei pascoli di Alben e poi dal vertice discendendo trasversalmente per i costoni del contro versante fino ai confini delle Valli Averara e Torta e piegando da nord a occidente è delimitata dai monti della Valsassina e dai rilievi della Crocetta, del Sodaduro e della Culmine. E perché V.M. capisca immediatamente con un colpo d’occhio quello che ho descritto, forse con più parole che capacità, ho curato che i luoghi fossero raffigurati in una piccola tavola topografica e che i confini di Sottochiesa fossero rappresentati con il colore bianco e verdino dei Guelfi e Vedeseta con il rosso e il verde dei Ghibellini. E che tutto questo appare essere corroborato dai documenti, dai testimoni e dal possesso, lo si dimostra più avanti. Per la qual ragione con tutte le forze si cerca di tutelarsi nel proprio possesso e di

Page 41: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

respingere l’invasore. Ma siccome sono consapevoli che gli avversari sono più numerosi e più dotati di mezzi, e che si tratta non solo dei privati ma anche [14] dei confini pubblici, si sono lamentati presso V. M. perché vedono che i subecclesiensi e con essi i loro soci, - avendo dimenticato e violato l’accordo dei Principi nel quale tutti i luoghi al di qua di Salzana vengono recensiti e si dicono essere del Duca di Milano con tutti gli altri ivi dal Duca fino ad allora posseduti, e sprezzando il giusto e pacifico possesso mantenuto dai nostri fino al giorno d’oggi, - vogliono estendere assai lontano i confini invadendo lo Stato e la giurisdizione del Re. E hanno sostenuto che quei pascoli e boschi di cui si tratta non sono stati da loro posseduti né a forza, né di nascosto, né a titolo precario: che possiedano con la forza lo esclude il fatto d’aver io vagliato con i miei occhi i diritti di Vedeseta tutta e i luoghi controversi e di riferire il tutto a V. M. che all’affare presente mi ha delegato. Perciò torno ora a quello da cui mi sono allontanato, per riferire quello che ho fatto ogni giorno e che ho ispezionato con molta attenzione dal mio ingresso in Valle Taleggio.Il primo giorno entrando in Valle contemplai a destra i monti della Scaluggia e di Morterone che separano il territorio di Lecco dalle terre di Vedeseta e a destra [voleva dire: a sinistra] il monte detto della Culmine che separa la Valle Sassina [Vallem Saxinam] dal Comune di Vedeseta.Nel giorno seguente raccolto quel che era da raccogliere e presi uomini tra i più pratici dei confini di mattino presto partendo da Vedeseta per un percorso tortuoso e flessuoso come un meandro salimmo verso nord [15] alla fonte sgorgante dal dorso del monte chiamato del Zucco di Maesimo [Zucchi Mesimi] che defluisce nella Valle di Bordesiglio [Bordescerum]: la testata di quella sorgente dicono divida la Valsassina dal Comune di Vedeseta. Poi in cresta salimmo al vertice del monte detto Sparaveri [Sparaverij1] e qui trovammo una pietra infissa nel terreno avente sagoma di termine alla quale è stata fatta ispezione alla presenza degli uomini di Vedeseta, di Pompeo Graci di Como, di Bonetto Arrigoni di Valle Sassina e di Giacomo Mantica, notaio comense, mio segretario, scelto in particolare per questo, dal quale sono state redatti tutti gli atti relativi avendo cura di avere al proprio fianco da entrambe le parti i suoi giudici o guardie. E dalla parte di occidente guarda verso la detta sorgente e verso oriente il prato Cervaiolo [Pratum Cervaiolum2]. Lì giunti ci fu mostrata una piccola buca da dove si diceva fosse stato rimosso il termine di corrispondenza al termine precedente. E qui Pietro Arrigoni del luogo di Avolasio di 55 [88?] anni e Bernardo anche lui Arrigoni di 70 anni, entrambi del Comune di Vedeseta interrogati giurarono e mi risposero di aver sempre visto a memoria loro il termine lì infisso ma che da dieci anni e più, non ascendendo a quei pascoli a causa della vecchiaia, non si erano portati a quel termine. Poi per le pieghe dei monti siamo venuti in cima di un monte dal quale scende la convalle di Pesciadello [Pesciadella3], in cima al quale vedemmo un termine di pietra [16] di due cubiti circa fuori terra. Il qual sasso e convalle, dicono, separano la valle Sassina dal comune di Vedeseta. Da questo termine andando verso oriente e discendendo un pochino e in modo dolce [“molliter”] venimmo a un certo tugurio posto sul pendio di quel monte chiamato l’Alpe del Chignolo [de Cugnoli4] di Vedeseta dove c’era una donna di nome Marietta, moglie di Bonetto Arrigoni del luogo di Lavina che disse che il giorno prima che noi arrivassimo là, verso il tramonto, erano venuti due di Sottochiesa da lei non conosciuti con certezza ma presumibilmente uno figlio di quello che viene chiamato Trombetta e l’altro di Nicola del Mistirolo [Misterolo] dai quali disse di essere stata fatta oggetto di lancio di bastoni e di pietre oltre che da una serie di contumelie minacciando anche di ferirla. E essendosi ella portata con il bestiame e il gregge verso lo

1 Forse una parte dello stesso Zucchetto di Maesimo, dove ancora oggi è leggibile una pietra con croce.2 L’attuale Ger? O, più probabilmente, il lontano Campocervo.3 Forse il cocuzzolo che chiude a est i Piani di Artavaggio, noto oggi come Zucco del salto, per l’attività che vi praticavano gli appassionati di sci.4 Scannagallo?

Page 42: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

stallazzo e non potendola più colpire con le pietre, colpirono due vacche con i sassi cercando di spingerle verso il precipizio.E tutto questo confermò dopo aver giurato Caterina serva di Beltramo Raseto [Reggetto], la qual Caterina dopo aver allo stesso modo giurato aggiunge alla precedente testimonianza di credere che quei due erano stati riconosciuti da Matteo servo [famulo] di Vistallo Arrigoni del Comune di Vedeseta. La prima di 40 anni, la seconda di 19. Cercato Matteo non fu trovato.[17] Giovanni detto Zanolo del luogo di Cedrasco in Valtellina ora abitante a Reggetto Comune di Vedeseta incontrato nel già citato monte del Chignolo nello stesso giorno, cioè il 3 luglio a me che gli chiedevo se sapesse qualcosa dei confini tra Vedeseta e Sottochiesa dopo aver giurato rispose che, ancora fanciullo, era a servizio di Luchino di Sottochiesa e da lui una volta era stato portato nei boschi oltre la sommità di Alben per tagliare un albero necessario a un edificio e una volta tagliato portandolo per uno strettissimo sentiero prima che in Alben erano passati per Campo Fiorito. E avendo Luchino perso il piede d’appoggio e essendo scivolato lungo il pendio del monte era stato fermato da un certo sasso sporgente fuori terra per circa due braccia. Lo stesso testimone sceso là per portare aiuto al padrone e visto quel sasso aveva detto che aveva un aspetto di termine e che Luchino, alzandosi da terra aveva risposto che quella pietra era il termine tra i Comuni di Vedeseta e Sottochiesa. Chiesto se non vi avesse visto qualcosa di scolpito e dove si estendesse il confine dell’Alpe del Chignolo del Comune di Vedeseta sul quale lui stesso era stato trovato rispose che gli sembrava che quelli di Vedeseta possedessero e ancora possiedano fino al giorno d’oggi fino al Campo Fiorito e qui essere divisi da una convalle, indicata con la mano, la quale Valle, così come ha sentito dire pubblicamente, dà origine alla Valle Salzana, e questo dai vecchi come dai giovani [18] tanto del Comune di Vedeseta che di Sottochiesa e l’alpe del Chignolo è di Vedeseta, invece l’alpe di Campo Fiorito di Sottochiesa. Dice di aver sentito dallo stesso Luchino che il territorio di Sottochiesa si estenda dal Salzana fino là, ripetutamente indicando con la mano e aggiungendo che quello che sta di qua del Salzana è del Comune di Vedeseta seguendo il corso del Salzana fino al Mulino del Manera e di sapere queste cose………… e di non aspettarsi alcun tornaconto particolare. Anni 85.Il luogo del termine del quale fa testimonianza il citato Giovanni è posto davanti a Cantel Montone e Campo Fiorito. Risalita la sommità e lasciato verso oriente5 un certo piano chiamato Alben, proprietà di Sottochiesa, la linea taglia in modo trasversale i monti fino ad occidente. Andando per di là e passando per luoghi chiamati l’Aral del Regadùr [Aral de Rogadur], dove si dice fosse stato visto un termine e sebbene fosse pericoloso l’accesso mandammo in ispezione Ambrogio Quartironi e Beltramo Arrigoni che riferirono che era stato portato via – questo il sospetto – da quelli di Sottochiesa. Andammo poi alla sommità del luogo detto Foppa Rudera da dove affacciandoci vedemmo a tramontana la Torta, a nord Averara entrambe del Dominio veneto e i confini di Vedeseta. Poi risaliti [19] al vertice del monte scendemmo di nuovo all’alpe Chignolo e così scendendo da questa alpe passammo in rassegna tutti i luoghi che al di qua di Salzana abbiamo ad uno ad uno annotato precedentemente nella descrizione generale della Valle Taleggio, e alla quale rimando per ragioni di brevità. Ma tale rassegna dei luoghi mi ammonì perché aggiunga qualcosa a proposito del tempio del divo Bartolomeo e del paese di Olda. Questa chiesa del divo Bartolomeo è posta tra il paese di Vedeseta e il Salzana ma più vicino a quest’ultimo. E’ quello del quale il testo degli accordi così recita: “Ecclesia vero Sancti Bartholomei remaneat in iurisdictione eius partis in qua situata est”. Delle quali parole penserei che questo sia il doppio significato. I veneti chiedevano quei luoghi al di qua del Salzana, posseduti dal Duca di Milano; il Duca rifiutava di acconsentire alle richieste e di rinunciare ai quei luoghi. Alla fine fu concluso che quella dovesse restare nel dominio del Duca di Milano, cioè la chiesa del divo Bartolomeo; ma poiché forse al tempo delle loro

5 E’ evidente, per chi conosce la zona, che questo oriente e il successivo occidente vanno invertiti.\

Page 43: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

controversie il suo possesso veniva disturbato dai sudditi veneti fu detto che doveva restare in quella parte di giurisdizione nella quale si trovava, vale a dire, come noto, del Comune di Vedesta Dominio di Milano; e ciò è reso più persuasivo da ciò che segue. Dicono e provano i Vedesetesi che questo tempio [20] è nel loro territorio, che è posseduto da loro e che è sempre stato posseduto da loro al di là della memoria di tutti, e che la chiave e la custodia è sempre stata presso il Parroco di Vedeseta, o rettore di Sant’Antonio, posto nello stesso villaggio di Vedeseta. Per questa ragione comandai di far venire il prete Antonio de Grassi ora curato della nominata chiesa di Sant’Antonio che premessa la mia domanda dopo aver giurato disse di essere il rettore legittimo delle chiese dei divi Antonio e Bartolomeo non incompatibili, e di aver presso di sé la chiave della chiesa del divo Bartolomeo e che il Cardinal Borromeo durante la visita a detta Valle aveva trasferito dal Divo Bartolomeo al divo Antonio gli averi, gli interessi e tutti i redditi. Attesta di aver sentito dire pubblicamente dagli uomini di Vedeseta e pertinenze che quel tempio fosse sempre stato custodito dai rettori di Sant’Antonio suoi predecessori e raccontò di più confessioni fatte dai suoi predecessori e disse che appariva più chiaro dall’atto di presa di detto tempio e del beneficio fatto da Ippolito Marcario cremonese commissario del Cardinale e rogato da Bonetto Arrigoni. Aggiunge che presso di lui nella sacrestia di Sant’Antonio vi erano tutti gli arredi del detto tempio del divo Bartolomeo che comandai di portare al nostro cospetto. E fra le altre mostrò una casula o pianeta di seta a vello rasato purpureo, volgarmente di velluto, sulla quale è ricamata una croce in oro alla [21] destra della quale vedemmo l’immagine del divo Bartolomeo e alla sinistra quella del divo Antonio riprodotte con l’arte dei fregi o dei ricami. E disse che a destra era stata posta l’immagine del divo Bartolomeo perché più anticamente la chiesa del divo Bartolomeo era la parrocchiale di Vedeseta, ma perché posta in luogo solitario e distante dal villaggio di Vedeseta fu edificata la chiesa del divo Antonio e lì trasferita la parrocchia fermo restando il precedente titolo del divo Bartolomeo. A destra di coloro che entrano in questo tempio del divo Bartolomeo si vedono le insegne di V. M. dipinte nell’anno 1564 ma successivamente a bella posta rovinate dai subecclesiensi entrati, così dicono quelli di Vedeseta, di nascosto attraverso una finestra. Da questo tempio poi per circa un miglio scendemmo al villaggio di Olda. Che è tutto in mano veneta, mentre tuttavia che almeno la metà rivolta verso Vedeseta sia di pertinenza lo segnava una piccola colonna di pietra simile a un termine che vedemmo in quel villaggio piantata in terra vicino alla casa di Giovanni Salvioni detto Barba e alta circa 2 cubiti nella quale nulla era scolpito. Tutto ciò lo attestano le testimonianze prodotte più avanti e lo indicano gli atti criminalia nella causa d’omicidio del Vicario di Vedeseta Beltramo Arrigoni, dei quali si tratta più avanti. Né a me sembra strano che un villaggio sia diviso tra due parti di diversi domini [22]. Infatti una volta passando per le strette gole dell’Appennino chiamate di Serravalle sopra Foligno [Fulgineum] ho visto una prima casa avere un tetto del quale la parte anteriore stava in Umbria e il posteriore scaricava l’acqua piovana nel Piceno.E quando già imbruniva tornammo da Olda a Vedeseta.Nel terzo giorno che fu il 4 di luglio essendo la giornata piovosa restammo al chiuso a esaminare i testimoni. Di seguito le loro testimonianzeMargherita de Paci detta Raseta di Fuipiano, territorio di Bergamo, sito posto dietro il monte chiamato Torre del Termine e sposata a Beltramo Arrigoni di Lavina Comune di Vedeseta dopo aver giurato disse che quando era ragazza e stava nella casa paterna spesso era solita custodire le bestie al pascolo sul detto monte e più volte aveva visto in cima allo stesso presso la Torre del Termine un sasso alto fuori terra più di un cubito sulle cui facciate nella parte rivolta a occidente si vedeva scolpito il serpente insegna dei Duchi di Milano, sull’altro lato rivolto a oriente verso il Veneto Dominio una certa lettera dal significato a lei sconosciuto perché non sa leggere e che la facciata della lapide sembrava rivolgersi in modo dritto verso Olda. E avendo sentito che quel sasso era stato divelto e

Page 44: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

portato via dagli uomini di Peghera, Comune di Sottochiesa, era andata, ormai erano passati tre anni, in uno dei giorni di festa [23] di Pentecoste per vederee se era vero quello che aveva sentito e non vi aveva più trovato quel termine ma aveva visto nel posto da cui era stato levato la terra recentemente smossa. Disse di aver ascoltato a Fuipiano prima di sposarsi molte volte e pubblicamente da suo padre e dagli altri anziani e dopo le nozze a Lavina da tutti gli uomini del Comune di Vedeseta che quella pietra era il termine che separava il Veneto dal Dominio di Milano. Quando aveva visto per l’ultima volta quella pietra con lei c’era Bernardo Arrigoni detto Coco, Martino Arrigoni ora abitante a Roma, Pietro Arrigoni, poi morto, e Vistallo Arrigoni detto de la Bruna. Disse che lei non aveva nessun tornaconto dal momento che né suo padre, né suo marito in quel monte hanno proprietà privata. Di anni 30.SA Bernardo Arrigoni detto Coco di Vedeseta nominato dalla sopracitata Margherita esaminato disse che circa due anni prima nelle feste di Pentecoste insieme con Martino Arrigoni ora a Roma fosse andato a passeggio oltre l’Enna nei boschi chiamati i Piazzoli e avendo più volte sentito che al di sopra di quei boschi in vetta al monte c’era un termine di divisione tra i Comuni di Vedeseta e di Sottochiesa e avendo di recente appreso che quello era stato da lì levato avevano deciso di andare a vedere. E come erano colà giunti avevano visto da dove si dice che il termine era stato levato [24]. E mentre contemplavano le vestigia o meglio le rovine della detta Torre erano lì sopraggiunti Vistallo della Bruna, Domenico Bertoldo, Alberto di Valtellina e Margherita Rasetta, i quali tutti alla domanda posta dallo stesso teste perché fossero saliti fin là avevano risposto che erano venuti per vedere se fosse vero che il termine era stato portato via dagli uomini di Peghera e dice [ il teste] di aver cominciato insieme a loro a cercare quel termine ma di non averlo trovato e che allora la stessa Margherita aveva indicato con la mano il posto dove era infisso il termine cioè vicino alla Torre di circa 2 braccia aggiungendo poi come la stessa Margherita fosse salita molte altre volte a quel termine di pietra e come si fosse meravigliata perché era stato estirpato e portato via e come anche lei avesse riferito che su quella pietra era scolpito non so bene che cosa che lo stesso teste dice di non ricordare. Anni 25.Vistallo della Bruna esaminato comprova la testimonianza del citato Bernardo alla quale aggiunge che lui insieme alla citata Margherita, Pietro Pedrino poi morto, Domenico Bertoldo e Alberto di Valtellina erano stati mandati a quella Torre del Termine dal Vicario di Vedeseta – infatti chiamano Vicario il Pretore – perché appurassero se era vero quel che veniva riportato e cioè che il termine era stato strappato [25] e portato via. Aggiunse anche che sotto quel posto dove era stato sradicato il termine si dice che cominci e da lì discenda la Valle chiamata Desfrim che questo teste dice essere così chiamata per una corruzione del vocabolo perché sarebbe Vallis finis, cioè di confine. Inoltre disse che la buca indicata allora da Margherita era stata scavata di recente e che questa cosa era stata da lui riferita al Vicario e poi che aveva sentito dire che quel termine era stato strappato e asportato dagli uomini di Peghera dopo che era insorto un disaccordo sui confini e di aver anche sentito dalla citata Margherita che era da meno di un anno che l’aveva visto ancora nello stesso posto prima che fosse rimosso. Disse che fin dall’infanzia aveva sempre sentito dire pubblicamente nel suo Comune di Vedeseta come quella pietra, con inciso da una parte il serpente e dall’altro il Divo Marco, segnasse i confini del Dominio veneto e quello di Milano e per questa ragione quel monte era solito essere chiamato Torre del termine. R. Di anni 30.

- Domenico Arrigoni detto Bertoldo del luogo di Lavina Comune di Vedeseta, nominato dal predetto Bernardo e da Vistallo rende una testimonianza del tutto identica a quella di Vistallo

- Alberto di Valtellina ora abitante a Reggetto Comune di Vedeseta fece una deposizione in tutto coincidente con quella dei citati Margherita, Bernardo, Vistallo, Domenico [26] e Alberto suoi cotestimoni, con la sola eccezione che non ricorda se

Page 45: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

ci fosse una piccola fossa là dove si dice che il termine era stato rimosso, e meno ancora se Margherita l’avesse mostrata con la mano. R. Di anni 40.

- Caterina dei Savioni di Olda Comune di Sottochiesa, sposata però a certo Simone Arrigoni di Vedeseta, dopo aver giurato depone che quando aveva meno di 10 anni e era ancora nella casa paterna portando una volta al pascolo il bestiame sui monti di Sottochiesa in quella zona che si chiama in Alben e avendo per caso incontrato Mafeo Faco del luogo chiamato del Grasso, Comune di Sottochiesa, che aveva circa 80 anni, le era stato in quella occasione da lui indicato con la mano un cocuzzolo posto sopra il cantello d’Alben dove Mafeo diceva che c’era il termine, che dice di non aver visto, che separava il territorio veneto da quello milanese. Da lì la detta linea andava, attraverso la opposta pendice del monte, verso la “Foppa Rudera”, che divide il Comune di Vedeseta da quello di Sottochiesa. Dice d’aver anche sentito dire da Lorenzo Savioni, suo avo paterno, di Olda, di 80 anni, che il pozzo detto dei Fornai [Fornari] o dell’Adriana esistente nel villaggio di Olda verso Vedeseta era il termine del Dominio milanese. R. Di anni 60.

- [27] Fontana dei Savioni, del luogo di Peghera, Comune di Sottochiesa, moglie del fu Bonetto Arrigoni e ora abitante nel villaggio di Lavina, Comune di Vedeseta,. Esaminata d’ufficio disse d’aver più volte sentito da suo padre che sul Monte del Termine c’era un termine piantato in terra nel quale era inciso un serpente verso il Dominio di Milano e S. Marco verso i Veneti e che [la linea] guardando dall’alto verso la Vallesfri [Vallem Sfrin], che comincia a scorrere sotto quel termine, scende al ponte a volta [fornicatum pontem] sull’Enna chiamato “il ponte della preda” e poi da lì tende verso un certo pozzo del villaggio di Olda. Perciò dice che nel 1574 quando ero venuto a Vedeseta a prendere informazioni sui confini Bernardo Arrigoni, una volta sindaco del vostro Fisco di Milano, lei stessa pubblicamente e davanti a molti di cui non ricorda il nome se non quello di Giovanni Locatelli [Locadelli] e Bernardo de Platea, aveva detto che era necessario che lui salisse alla sommità del monte del Termine per scoprire la lapide del termine come sopra descritto. [....] Disse che aveva poi sentito dire che quel termine circa tre anni prima era stato da lì portato via dagli uomini di Peghera. Infine che lei non aveva nessun interesse. Di 50 anni.

- Maddalena dei Savioni, del luogo di Olda, moglie di Bonetto Arrigoni del luogo di Lavina [28]. Dopo aver giurato attesta di aver sentito molte volte dagli uomini del suo Comune di Sottochiesa e specialmente da suo nonno Simone Olda che i confini dei domini veneto e milanese scendono dal monte della torre del Termine lungo la valle Sfrini fino al ponte della preda che congiunge la destra con la sinistra e resta interamente in territorio veneto. Dal ponte la linea sale a tagliare Olda là dove è eretta una lapide simile a una piccola colonna e sta davanti alla casa di Giovanni Barba dei Savioni. Dice sempre d’aver sentito dagli stessi che il Mulino del Manera vicino al Salzana faceva di confine. Dice anche di aver sentito spesso nei discorsi degli uomini di Olda “ il tale è di dentro e il tale è di fuori” aggiungendo “cioè il tale è dalla parte sottoposta ai Veneziani e il tale è della parte sottoposta al Milanese. Nessun vantaggio per sé. 45 anni.

- Bonetto Arrigoni del luogo di Barzio, in Valle Sassina notaio, esaminato d’ufficio disse d’aver sentito più volte dire da Antonio Ferranda, da Marco de Platea, da Ambrogio di Pietro de Marco, da Antonio [29] Locatelli [Locadello], da Marco Fratino, da Bernardo Rosso [Rubeo], da Bonetto Ruschetto [Raschetto] e da Antonio della Mano tutti del Comune di Vedeseta morti già da tempo che i confini del loro Comune incominciano al monte della Torre del Termine discendendo per la Valle Sfrì [Sfrini] fino al fiume Enna e, lasciato a destra il ponte in territorio di Sottochiesa e superato l’Enna, salire a Olda al Pozzo detto “delli Fornari” e poi alla

Page 46: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Costa d’Olda e poi girando a destra fino al Salzana e seguendo il fiume Salzana fino agli alpeggi di Cantel Moltone e di Campo Fiorito e quello che è al di qua di questa linea è territorio di Vedeseta, quello al di là invece è di Sottochiesa e dagli alpeggi di Moltone e di Campo Fiorito attraverso i monti va fino ai confini di Cassiglio [Caselij] di Valle Averara verso oriente e fino ai confini di Torta e Sassina verso settentrione e fino al confine del territorio di Lecco e di Fuipiano verso occidente e fino alla detta Torre del Termine oltre l’Enna verso mezzogiorno e fino ai confini di Sottochiesa al di qua dell’Enna. Dice di aver inteso dagli stessi uomini e da molti altri e di sentire ancora dire oggi pubblicamente che il termine di pietra sul monte della Torre del Termine fosse stato eretto per segnalare la divisione tra Vedeseta e Sottochiesa lungo la valle Sfrino e fino a Olda. Dice di aver letto molti documenti e atti [30] confezionati da Giovanni Arrigoni notaio, suo bisnonno e Vicario di Vedeseta, altri scritti da Bono suo nonno, anche lui notaio, e altri da Francesco suo padre, sempre notaio e di aver osservato che nelle scritture e negli Atti di tutti loro già in antico c’era la consuetudine di scrivere “Vicarius Ducalis Communitatis Vidisetae a Salsiana citra”. E così dice che lui stesso in molte sue scritture e strumenti e soprattutto nelle disposizioni e nelle citazioni sia civili che criminali aveva sempre segnato come titolo quello che avevano usato suo padre, suo nonno e suo bisnonno e cioè Vicario ducale della Comunità di Vedeseta, ovverossia di Taleggio al di qua del Salzana [Vicarius Ducalis Communitatis Vidisetae, vel Talegij a Salsiana citra]. Chiesto di specificare i titoli di dette scritture risponde che era venuto troppo di fretta ma che se il termine fosse stato prorogato lui si offriva di esibire il tutto. Disse che fosse voce, opinione e fama comuni che i confini fossero così come lui aveva deposto qui sopra. Le ragioni del suo sapere stavano in ciò che aveva udito, sentito e scritto come sopra e in ciò che è solito essere detto nel Comune di Vedeseta e di Sottochiesa. Attesta per le ragioni sopraddette che le citate due Comunità erano nel tempo antico una sola identica Comunità. Alla fine aggiunse a me che lo interrogavo che c’era stata un tempo una controversia sia sulla ispezione sia sulla sepoltura dei cadaveri degli uccisi e sui processi da celebrarsi in proposito e, in particolare, di ricordarsi dell’omicidio commesso contro la persona di Beltramo [Bertrami] Arrigoni, Vicario di Vedeseta, ucciso nel villaggio di Olda [31] o nei pressi, processo che, dice, era stato da lui organizzato e al quale rimandava. Per la qual cosa, aggiunta anche una pena, comandai che, tempo due giorni, esibisca anche le carte di questo processo insieme con le scritture sopra citate e con quelle che avesse trovato di attinenti a questa causa. Disse di essere pronto a mostrarle se gli uomini di Vedeseta gli avessero riconosciuto una adeguata ricompensa. Non avere niente in comune con il detto Comune di Vedeseta. Di anni 60.

- Cristallo Quartironi del luogo di Reggetto Comune di Vedeseta esaminato d’ufficio disse di aver sentito da molti anziani del suo Comune allora ancora vivi e poi morti e fra gli altri da certo Antonio Arrigoni detto Ferranda, di 80 anni, e da un suo fratello [si può anche leggere patre=padre] più anziano detto Ferranda che i confini del Comune di Vedeseta, e di conseguenza di quella parte di Taleggio che è sottoposta a Milano, incominciano dalla vetta del monte chiamato la Torre del Termine e s’abbassano, seguendo il corso di Valle Sfrino, fino all’Enna, e attraversata l’Enna, salgono e dividono nel mezzo Olda dove, nei pressi della casa di Giovanni Salvioni Barba, si vede eretta una pietra simile a una colonna alta due cubiti e da Olda seguendo la valle e lasciando a destra il tempio del divo Bartolomeo dirigersi fino al mulino detto del Manera che è lambito [32] dal fiume Salzana, ma il teste a questo punto ammonisce che bisogna sapere che questo fiume dalle pendici dei gioghi di Cantel Moltone e di Campo Fiorito, dove nasce, fino al

Page 47: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

ricordato Mulino del Manera viene chiamato Salzana dal nome del villaggio di Salzana distrutto in antico da un diluvio, e da questo Mulino fin dove questo fiume si annulla nell’Enna,6 descritta quasi una figura triangolare, non si chiama più Enna [?? Salzana!!!] ma semplicemente Valle. E così da questo mulino il confine va in su seguendo il decorso del Salzana e puntando verso Cantel Moltone e Campo Fiorito e poi alla cima di Alben e discendendo da oltre la cima si dirige per via traversa fino al luogo chiamato “aral de Rogadur”, e poi passa sotto Campo Rotondo e dal Campo Fiorito [voleva dire Rotondo??!!] ai confini di Cassiglio di Valle Averara e anche ai confini della Valtorta e dalla Valtorta ripiega verso i confini della Valsassina dove si dice “a Campeldi”7 e dal Campeldo lungo la Valle del Pesciadello a Cantel Fugaccio e dal Fugaccio al prato Cervaiolo e poi allo Zucco di Maesimo [Maesini] dove vi è il termine di cui parlai sopra e sotto la sua cima vi è una piccola sorgente d’acqua che si dice sgorgare ghiacciata e seguendo questa sorgente discende per la Valle di Bordesiglio [Burdescerum] fino al posto chiamato ”la corna de Boldas” e da lì all’Enna e passata l’Enna salire sopra la Scaluggia territorio [33] di Lecco e fino alla sommità del monte Sibella [Valmana? Mincucco?] e dalla detta sommità stando sulle cime dei monti continuare fino alla detta Torre del Termine. Questi, egli dice con forza, sono i veri confini di Vedeseta e tutto quello che si trova entro questi confini è sempre stato posseduto pacificamente fin dagli accordi entrati in vigore nell’anno 1456 fino ai giorni nostri, fatta eccezione per le molestie che quelli di Sottochiesa vanno rinnovando da circa 5 anni in qua. Di tutte queste cose, dice, sono di fama pubblica e di comune opinione presso gli abitanti di quei luoghi e di quelli vicini. Il villaggio dove abita viene chiamato Reggetto, ma in antico era Lamenterga [erroneamente: Lamertengam] come alcuni ancora oggi usano. Anni 65.

- Giovanni Rosso Locatelli [de Locadellis] del luogo di Vedeseta, interrogato d’ufficio conferma quanto detto dalla predetta Fontana circa il sasso della Torre del Termine. A proposito dei confini di Vedeseta depone in tutto conforme a quanto detto dal citato Castello [???!Cristallo??] al quale rimando. Aggiunge che il monte della Torre del Termine è così chiamato da quel termine di pietra. E di sapere queste cose perché di tutto ciò si parla pubblicamente e vi è una opinione concorde nel suo Comune e nelle zone adiacenti e perché l’occasione lo aveva costretto a imparare quei confini. Dice, infatti, che al tempo che Giacomo Medici infestava la Valle Taleggio e le Vallate adiacenti [34], lui era stato catturato da un certo Commissario bergamasco con le sue guardie e con molti altri uomini del Castello di Pizzino Comune di Sottochiesa, oltre il ponte detto “della pietra”. E accadde che allorché alcuni soldati a cavallo di Valle Sassina che erano sulla via del ritorno verso il territorio di Vedeseta e avevano già superato la Valle di Sfrino, le guardie non li inseguissero: per questo chiedendo il Commissario alle guardie perché non avessero fermato i cavalieri gli venne risposto che non era loro consentito catturarli oltre la Valle Sfrino perché erano nel Ducato di Milano. Interrogato soggiunse anche di sapere che era stato ammazzato da Zanetto Coia Beltramo Arrigoni, allora Vicario di Vedeseta, nel villaggio di Olda, in quella parte di villaggio che Vedeseta, disse, sosteneva fosse di sua pertinenza. Il cadavere di quello era stato riportato al villaggio di Vedeseta e lì sepolto nella chiesa parrocchiale. L’esame e l’ispezione del cadavere e il processo del suo omicidio era stato fatto dalla Pretura [Curia] di Vedeseta. Il teste aggiunge qui che l’omicida Zanetto era rimasto notoriamente nei luoghi di Olda e di Sottochiesa, sempre protetto dalle autorità del Dominio Veneto, perché allora si riteneva che i confini fossero così come è stato detto. Aggiunse

6 In realtà il Salzana non si butta direttamente nell’Enna ma nel Vallasnina o Forcola:insieme, dopo 500 m, nell’Enna.7 Campelli, con ogni probabilità.

Page 48: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

infine di ricordarsi che quando un certo Antonio Muradello del luogo di Baresi [Bares], territorio bergamasco, reo di furto [35] era scappato dal Castello di Pizzino, nel quale era tenuto rinchiuso in prigione, e si era rifugiato nel Villaggio di Vedeseta e lo stesso testimone lo aveva incontrato, ancora con un piede intrappolato dalla catena, e l’altro libero, avendo rotto i legacci. E essendogli stato chiesto da lui stesso che lo conosceva in che modo fosse evaso aveva risposto che era scappato per quella strada che Dio aveva voluto e aveva raccontato come i Subecclesiensi lo avessero inseguito fino al Salzana, pronti a oltrepassarlo per inseguirlo verso Vedeseta; ma non erano mancati tra loro stessi di Sottochiesa coloro che avevano detto che non era consentito inseguirlo ulteriormente perché oltre Salzana era Dominio di Milano. Disse che quando Muradello aveva detto queste parole era in casa di Elisabetta [Elisabet], moglie di Giovanni Arrigoni. La stessa Elisabetta, gli pare di ricordare, era presente e era circa l’ora seconda della notte e erano passati già 40 anni. Di 69 anni.

- SA Battista Locatelli del Comune di Vedeseta, esaminato d’ufficio disse che erano passati 5 o 6 anni da quando era andato a caccia nella zona della Torre del Termine e di aver visto, a circa 5 cubiti presso la Torre, un sasso infisso in terra lavorato a scalpello e fuori terra per più di un cubito sulla cui testata vide scolpita una piccola croce e sotto sul lato verso il Dominio di Milano un serpente e sull’altro che guarda i Veneti non aveva visto che cosa vi fosse inciso perché [36] era stato costretto dalla imminente pioggia a discendere immediatamente da lì. Dice che dopo aver visto quel sasso subito gli era venuto in mente che era il terminale dei due Domini, cioè di Milano e di Venezia per il fatto che ne aveva sentito parlare prima, e che poi alla sera di quel giorno che gli era capitato di vederlo aveva discorso di quel sasso con molti uomini del Dominio Veneto dei quali non si ricorda. E che da tutti essi era stato affermato che quello stesso fosse il termine di divisione, come sopra si è detto. E con lui quando vide quel sasso c’era Giovanni Quartironi del luogo di Reggetto, anche lui vide quel sasso. Per quel che riguarda, poi, il confine dalla Torre fino alla sorgente del Salzana concorda con gli altri testimoni; degli altri confini non sa nulla. Ciò che ha detto lo sa per le ragioni esposte e perché sono notorie nel suo Comune e tra le popolazioni circostanti. Ha anche sentito da due o tre che quel sasso fosse stato portato via dagli uomini di Peghera Comune di Sottochiesa. Niente di vantaggio in questa faccenda a lui sarebbe derivata. Di anni 26.

- SA Bernardo degli Arrigoni de Platea del luogo di Vedeseta conferma la testimonianza della predetta Fontana in quella parte, alla quale rimanda. Per quanto riguarda i confini depone praticamente la stessa cosa che il predetto Castello [Cristallo?] e [dice di] sapere le predette cose in quanto di pubblico dominio e notorie nel suo Comune e presso i vicini [37]; precedendo la mia domanda dice che nell’imminente sospetto di peste gli uomini della Comunità di Vedeseta solevano far la guardia nel territorio del luogo da dove potesse arrivare il pericolo. Infatti tre anni prima imperversando una pestilenza tra i veneti dice che gli uomini del suo Comune per ordine dei Sovrintendenti alla Sanità di Milano, avevano posizionato guardie al di qua dell’Enna al confine con Sottochiesa e così con i veneti in un certo prato nelle vicinanze del ponte chiamato “della Pietra”, all’incirca nella zona di Valle Sfrino e lì la sorveglianza fosse continuata notte e giorno almeno per un bimestre intero con gli uomini di Sottochiesa che vedevano e non ostacolavano la cosa. E quando invece recentemente la peste ha dilagato a Milano si era soliti custodire il passaggio di Milano sul confine con Lecco. Questo lo sa perché in entrambi i casi lo stesso teste era appostato a salvaguardia del suo Comune. Di 70 anni.

Page 49: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

- Elisabetta, moglie di Giovanni Arrigoni conferma la testimonianza del citato Giovanni Rosso a proposito del Muradello in tutto e per tutto e che era presente lei stessa e aggiunge come cotestimone il Rosso. Circa i confini di Vedeseta [dice] lo stesso che il citato Bernardo Arrigoni de la Platea, circa la torre e il sasso del Termine tutto quello che sa è quello ascoltato pubblicamente dagli anziani e depone allo stesso modo di tutti gli altri. Ma dopo che è insorta la disputa sui confini [dice] di aver sentito dire pubblicamente che quel sasso [38] era stato spostato e che la colpa deve essere attribuita agli uomini di Peghera, e di sapere queste cose perché notorie. Di anni 62.

- SA Giovanni Quartironi del luogo di Reggetto Comune di Vedeseta concorda con la testimonianza del citato Battista Locatelli, dal quale è citato e conclude di aver visto quel sasso squadrato e lavorato, ma dice di non aver colto che cosa vi fosse inciso perché vi era transitato velocemente ma che mentre ritornava a casa aveva detto al Locatelli di sospettare che quello fosse il termine attorno al quale c’era fama nel suo Comune e di aver visto il serpente inciso in esso. Di 38 anni.

- SA Beltramo Quartironi del luogo di Reggetto Comune di Vedeseta a proposito del sasso della Torre del Termine e di tutti i confini del Comune di Vedeseta concorda con Castello [Cristallo] e gli altri per aver sentito dagli anziani per tutta la sua vita e al di là della memoria di tutti che tutto era stato posseduto pacificamente dopo gli accordi conclusi dai comandanti nell’anno 1456, almeno fino alla nuova disputa già da 5 anni avviata dai Subecclesiensi nel tentativo di turbare i confini. Dice che quando circa 3 anni prima era corsa voce che quel sasso della Torre del Termine fosse stato portato via, e che perciò il Vicario di Vedeseta aveva mandato lì in esplorazione Alberto di Valtellina, Pietro Arrigoni detto Ambrosone [dictum Ambrosonum], Bernardo Coco e Domenico [39] Bertoldi, essi avevano riferito che quel termine non si trovava più e che comunemente si riteneva che fosse stato portato via dagli uomini di Peghera suoi avversari per intaccare chiari diritti. Quanto alle sentinelle concorda con Bernardo Arrigoni de Platea, aggiunto questo: che il nome del prato dove le guardie al ponte stazionavano era Orlacqua e che gli uomini di Sottochiesa sebbene sapessero e vedessero non avevano contrastato perché sapevano che quelli erano i veri confini. Tutto queste cose dice di sapere perché notorie e pubbliche. Di 50 anni.

Il Terzo giorno partendo da Vedeseta per andare a vedere l’altura della Torre del Termine scendemmo all’Enna nel villaggio di Lavina e qui esaminai il seguente testimone che, per la vecchiaia, non era potuto venire da me a Vedeseta.- SA Antonio Arrigoni del luogo di Lavina esaminato d’ufficio circa il sasso e circa i

confini conferma in tutto e per tutto le testimonianze di tutti i sopraddetti in primo luogo sulla base dei discorsi di un certo Giovanni Gallina Arrigoni, padre del padre dello stesso teste, il quale Gallina aveva allora quasi 90 anni, e di una certa Mariola Foiola del luogo del Grasso Comune di Sottochiesa; poi per i discorsi di molti altri e per la pubblica fama e per la comune opinione e anche perché l’uso e l’esperienza gli hanno insegnato i confini. Dice che quando disponeva di gambe migliori [40] più di una volta si era incamminato per salire alla sommità della torre del Termine a vedere il detto sasso ma spaventato per il percorso troppo impervio e lungo e per i boschi paurosi aveva sempre desistito a metà percorso. Quanto alle sentinelle attesta che in occasione sia di guerra [lettura incerta] sia di peste erano sempre state poste pacificamente nei luoghi già precedentemente citati da Bernardo Platea: e lui stesso molte volte allora era andato a vigilare aggiungendo che lui dice di aver sentito, ma di non ricordarsi da chi, che quando nelle difficoltà recenti dell’ultima pestilenza i Subecclesiensi, che avevano già sollevato la questione di confine, avevano mandato messi ai vedesetensi che stavano alla sentinella nel predetto prato, perché da lì si

Page 50: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

ritirassero, i vedesetensi avevano risposto che loro stavano di sentinella nei loro confini e per questa ragione da lì non volevano ritirarsi, e così poi avevano continuato a vigilare tranquillamente per ordine del Vicario di Vedeseta. Aveva sempre sentito dire che la maggior parte del villaggio di Olda era di pertinenza dello Stato di Milano e che lì vi fosse il termine delimitante i due Domini, della qual cosa dice esserci prova perché lui vide spesso il Rettore della Parrocchia di Vedeseta andare a Olda nel tempo delle feste del Natale del Signore a benedire con l’acqua benedetta le case di Olda. Dice che il Salzana dal mulino del Manera su fino ai monti si chiama Salzana e dal mulino in giù fino all’Enna [41] viene chiamato col nome proprio di Valle, sebbene sia la stessa acqua. Lo sa perché sono cose note e egli stesso vide, ascoltò e è esperto. Di 85 anni.

- Convocato il signor Giovanni Arrigoni, del luogo [erroneamente: leuci] di Lavina, vicario vale a dire pretore del Comune di Vedeseta e, comandato di portare i libri d’estimo o catasto, risponde che nel suo Comune nessuno era censito e che non era stato realizzato nessun catasto, che nessun carico tributario soleva essere preteso dai vedesetensi come coloro che possedevano un territorio esente e che erano liberi da ogni pubblico fardello su concessione dei Principi milanesi sia in forza della specchiata fedeltà da essi sempre mostrata al tempo delle guerre del Duca di Milano contro i veneti, e sia anche soprattutto per la natura sterile dei luoghi montusi, della cui verità abbiamo direttamente verificato [respondit in suo Communi neminem censitum fuisse, nullum Catastrum confici, nulla a Vidisetensibus onera exigi solere quippe qui territorium immune possideant, quique ab omni publico onere liberi sint principuum Mediolanensium indulgentia cum ob spectatissimam fidem ab ipsis Mediolani Ducis bellorum tempore contra Venetos semper praestitam]. C’è da sapere, infatti, che qui nessun genere di frutto si produce e si raccoglie tranne erbe, noci e boschi cedui [nulla fructuum genera ibi produci et percipi praeter herbas, nuces, et ceduas sylvas]. Chiesto se i misuratori generali al tempo della universale descrizione del territorio di Milano avessero censito il territorio di Vedeseta risponde che per le predette ragioni non lo avevano fatto quasi per niente [minime].

Scendendo dalla Lavina attraversammo l’Enna sottostante e subito cominciammo a salire il monte incombente e aspro [horridum] e soprattutto di notevole altezza [42], quasi spaventati per il sentiero non poco arduo fin dall’inizio, per portarci a conoscere i confini della Torre del Termine, accompagnati dal Vicario e dal mio segretario e da alcuni altri e avendo come guida Battista Locatelli, quasi il solo trovato che conoscesse la strada. E così per un lungo, sassoso e faticosissimo percorso venimmo al colmo più basso del monte come alla spalla8. Poi dalla base della parte posteriore del monte vedemmo a sud la Valle Imagna e Fuipiano Dominio Veneto e lì sul versante trovammo sulla destra presso i piedi del dirupo che lì s’innalza chiamato cantello del Mincucco, Comune di Vedeseta, il termine verso occidente. Dico il termine che segna il confine – così dissero i miei compagni – con la citata parte del monte posseduta dai Veneti, cioè tra il Dominio di Milano e quello Veneto, e presso questo termine è eretta un’alta croce di legno che dissero esser soliti esser benedetta dai Vedesetensi ogni anno nel giorno della festa di Santa Croce. A sinistra, invece, si alza un altro dirupo verso Oriente chiamata il Grassello,9 ai cui piedi dalla parte opposta rispetto alla croce già ricordata si vede un’altra croce di legno della stessa altezza che, dicono, è solita essere benedetta lo stesso giorno dagli uomini di Fuipiano, Dominio Veneto, ma che nessuna delle due rappresenta un segno di confine. [43] Proseguendo nel cammino impostato come dalle spalle alla testa, arrampicandoci per i continui costoni del monte verso il sorgere del sole con molteplici giri contorti e con cammino di molte ore 10

8 Grassello?9 I Canti?10 Esagerato!!!

Page 51: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

arrivammo alla fine alla sommità della Torre del Termine su cui come apice si trova uno scoscendimento o un grande dirupo e quasi un sasso inaccessibile sul quale vi è il fondamento della torre distrutta e dal quale andai comodamente osservando tutta la Valle Taleggio, della quale sedendomi tracciai al momento il disegno [tabellam... informavi]. Ai limiti dell’orlo sempre in cima al monte vi è una costruzione a forma quadrangolare dai muri abbastanza larghi e fatti di sasso squadrato ma mezzo diroccati: nel lato che dà a meridione sulla Valle Imagna è inserita una piccola finestra a doppio arco e oblunga, detta volgarmente “archera”: tutte queste cose dimostrano che quella fosse una rocca. E qui allora Battista Locatelli di nuovo interrogato e comandato perché indicasse il luogo del termine rimosso mostrò il segno di una piccolao buca nei pressi della torre a circa cinque cubiti rispetto al basamento. Aggiungendo che nello stesso luogo aveva visto un sasso eretto e scolpito, come detto precedentemente, e di credere che fosse stato buttato nella sottostante Valle di Sfrino dagli sprofondi inaccessibili [44], che lì ha origine. Diligentemente guardate tutte queste cose pertinenti alla causa, prima di ritornare interrogai il Vicario sul perché ci fosse tanta scarsità di testimoni ad aver visto il termine prima che fosse levato risponde che è così alto questo monte, la strada tanto lunga e faticosa e il posto tanto sterile che gli uomini del suo Comune non vogliono volentieri e spontaneamente andare verso il pericolo. Poi da lì andandocene attraverso vie traverse lungo valli e monti asperrimi e per strettissimi sentieri ritornammo ad Aquate a un miglio sopra Lecco a circa la seconda ora della notte [le 10, essendo estate]Il quarto giorno, di mattino presto presi a ordinare, con un giorno di riposo, le testimonianze giurate acquisite e gli strumenti che mi erano stati mostrati.INSTRA.11 A dimostrazione che il fiume Salzana fa da separazione tra il Comune di Vedeseta e quello di Sottochiesa si producono questi Atti.- Atto di revoca del sequestro di certi beni e cose di Giovanni Inghini e Viviano Salvioni [de Salvionibus] fatto dal Vicario di Vedeseta il 5 aprile 1476 nel quale così si legge: “Ambrogio Quartironi [de Quartironibus] Vicario ducale del Comune di Taleggio al di qua del Salzana” e poco sotto “Viviano Salvioni [de Salvionibus] di Sottochiesa del detto Comune di Taleggio oltre il detto Salzana”. Questo Atto è registrato [45] nel libro degli Atti civili del detto Vicariato di quello stesso anno. Segnato I.- Bonetto Arrigoni Notaio della Valsassina, comandato come sopra, esibì il registro o protocollo di un altro Bonetto il Seniore degli anni 1454 e 1455 nel quale molti Atti e strumenti erano concluse con queste parole: “Vicario di Vedeseta Comune di Taleggio al di qua di Salzana”. Notato con la D è stato lasciato a chi l’ha mostrato.- Sette paragrafi di Atti civili del 1480 del mese di maggio e giugno di Gabrino e Filippo Salvioni [de Savionibus] Notai del luogo di Sottochiesa raccolti presso il Vicario di Vedeseta, nei quali si dice “Il Vicario di Vedeseta Comune di Taleggio al di qua del Salzana per il Duca di Milano”. Segnato M.- Sentenza pronunciata dal Vicario di Sottochiesa rogata da Bernardino Savioni [de Savionibus] il giorno 10 settembre 1481 confermata dal Vicario di Vedeseta nella quale il Subecclesiense chiama il Vedesetense “Vicario oltre Salzana per il Duca di Milano”, e il Vedesetense chiama il Subecclesiense “Vicario oltre il Salzana”. Segnato G.- Processo criminale insieme con l’esame del cadavere e condanna al taglio della testa istruito dalla Pretura [Curia] di Vedeseta nell’anno 1551 [46] il 29 giugno contro Marco Colia [Coleam; al f. 34: Zanetto Coia] che aveva ucciso Beltramo Arrigoni Vicario di Vedeseta nel Villaggio di Olda presso la casa di quello che era chiamato Tataria, dove il cadavere rinvenuto era stato esaminato dalla Pretura [Curia] Ducale di Vedeseta e per suo ordine rimosso e sepolto nella chiesa del Divo Antonio nel villaggio di Vedeseta; il qual processo è stato rogato dal citato Bonetto Arrigoni notaio di Valle Sassina e da lui, come detto, per la ragione di cui sopra a me mostrato e poi a lui restituito, nel quale si dice

11 Annotazione a margine.

Page 52: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

“Comune di Vedeseta al di qua di Salzana” e si argomenta che il villaggio di Olda è di Vostro Dominio. Segnato 444.- Altro processo criminale istruito dal Vicario di Vedeseta contro Cristoforo Marofia uccisore di Ambrogio Oncha nel 1555 nel quale si dice “Vicario del Comune di Vedeseta di Taleggio al di qua del Salzana Ducato di Milano”. Notato S.- Altro processo criminale mostrato dallo stesso Bonetto e istruito in occasione della morte di certa Marieta uccisa da Giovanni Cristallo suo marito, il giorno 24 gennaio 1554 nel quale si legge “Vicario di Vedeseta di Taleggio al di qua del Salzana” e nel quale si dice che il luogo di Reggetto di Taleggio è della Comunità di Vedeseta. Questo processo è stato restituito allo stesso Bonetto.- Strumento della presa di possesso del beneficio e della chiesa del Divo [47] Bartolomeo, tempio di cui si fa menzione negli Accordi dei principi sopra citati, recepito dal citato notaio di Valle Sassina Bonetto Arrigoni il giorno 28 aprile 1567. E cioè della presa fatta dal Prete Polidoro Carnago in nome del signor Ippolito I. c.12 e prete nel quale si legge ancora “chiesa di San Bartolomeo di Vedeseta di Taleggio Ducato di Milano”. Segnato V.A dimostrare che la Valle Taleggio era uno stesso Comune del vostro Dominio.- Esibì lo stesso Bonetto un altro registro del signor Pietro Arrigoni Bertoni dell’anno 1426, nel quale sono raccolti molti Atti e strumenti dimostranti che in antico con il termine Valle Taleggio si comprendeva tutta la Valle e che veniva retta da un unico Vicario che si chiamava “Vicario della Valle Taleggio Ducato di Milano”. Una volta registrato da me come A fu a lui restituito.In prova della ribellione dei Subecclesiensi.- Fu mostrata la supplica inoltrata da essi al Doge veneto e il suo decreto e la concessione dei privilegi. Segnato R.A provare che anche in antico quella parte di monte che si chiama in Mincucco attraverso il quale si va alla Torre del Termine [48] era posseduta come ancora oggi è posseduta:- Si produce lo strumento di vendita fatta dagli Arrigoni di Vedeseta ai Locatelli di Fuipiano, Valle Imagna Diocesi di Bergamo, di alcuni beni là posti, rogato da Giacomo Zapello, notaio di Valle Sassina il giorno 12 marzo 1440. Segnato D.D.Trovai anche nello scorrere antiche scritture un esemplare autentico di alcune lettere mandate dal Doge Veneto al Pretore di Bergamo sul modo di allestire i patti il giorno 4 agosto 1456 dei quali ampiamente sopra, le quali pagine danno una certa luce a queste tenebre e perciò sicuramente da vedere. Segnato T.Ma assolutamente sono da consultarsi i vostri atti [res gestae] della Curia Milanese, soprattutto il Trattato e la preparazione della pace con i Veneti a Lodi il 9 aprile 1454. Infatti in questo archivio o pubblico registro degli Atti di quell’anno in questa faccenda spero si possa trovare una chiara decisione per questa controversia.E’ stato grandemente faticoso acquisire queste scritture sparse qua e là ma dovrebbero essere ancora di più e di gran lunga più chiari i documenti [49] utili alla loro causa che secondo i Vedesetensi si trovano presso gli avversari.Dicono infatti che nel loro Comune di Vedeseta non è solito esserci alcun notaio ma che i loro Atti e Strumenti sono sempre stati e lo sono ancora oggi per lo più stesi dai Notai del luogo di Sottochiesa, villaggio che suole avere più di un Notaio. Questo fa sì che essi a maggior ragione possano cancellare le prove dei Vedesetensi e che... ogni tanto abbiano tentato nei loro atti di gettare tenebra sulla verità.Appoggiati a questo privilegio i subecclesiensi ora sollevano queste novità usando ogni diligenza, né ho potuto subodorare alcunché ma per quanto posso congetturare sospetto che i Subecclesiensi pretenderanno che, sebbene con lo strumento degli Accordi del 1456 sia consentito che la giurisdizione sia divisa, tuttavia il diritto dei pascoli e dei boschi estesi rimase in comune tra loro con i Vedesetesi e per questo con le violenze provocano alla

12 Iuris c?

Page 53: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

divisione attendendosi di acquisire la maggio parte di detti boschi e pascoli perché i Subecclesiensi sono più numerosi e più ricchi e con un popolo più grande. [le ultime 2 righe della pagina 49 e quasi tutta la pagina 50 successiva – che non riportiamo – sono molto tecniche e contengono appunti quasi cifrati relativi alla causa che si preannuncia difficile, con le ipotesi e i suggerimenti dei testimoni date in modo abbreviato e con il conforto delle “scritture” citate con una sigla o un numero. Alla fine della pag. 50, Magnocavallo esprime qualche parere personale e tira le sue conclusioni sull’intera faccenda, sollecitando una immediata presa di posizione da parte delle due Potenze, perché intervengano prima che la cosa degeneri]. [50] Io certo se potessi esprimere un mio giudizio su questa cosa direi che la minuziosa ispezione dei confini, tanti antichi documenti, tanti testimoni, infine l’antichissimo e pacifico possesso persuaderanno facilmente i Subecclesiensi a temere di esasperare queste controversie da essi [51] suscitate fuori dal diritto. Non tralascerei però almeno questa cosa che a causa di queste controversie quell’antico ingiusto odio radicato nei loro animi, e fino a qui sopito, ora può essere risvegliato fino al punto di ravvivarsi aspramente, così che se non si pone mano celermente da ambo le parti sembra a me di vedere scorrere davanti agli occhi gli scontri di quei popoli e di nuovo divampare in questo tempo l’incendio esecrabile delle loro opposte fazioni. Desiderano perciò questi vostri sudditi che sia data una lettera al Principe Veneto perché ammonisca i suoi perché lasciando da parte la cupidità preferiscano che la controversia si smorzi anziché divampare, e per lo meno si ricoscano i confini tra loro stabiliti.Stia bene la invincibile Maestà Vostra e sia pronto il perdono per me se ho commesso qualche sbaglio. Como, 22 luglio 1578, di V. M. servo servizievole Geronimo Magnocavallo, avvocato fiscale di Como e delegato; e a tergo: al Ser.mo Re di Spagna, e Duca di Milano, mio Signore pregiatissimo.

[290]Copia di relazione da me infrascritto cancelliere di Vedeseta a S. E. per la rappresaglia fatta in pregiudizio di Cristoforo Zucchala detto Pelandino di Foipiano Valle Imagna.Eccellenza. Informato di alcuni atti usurpativi che si tentavano dalli sudditi veneti abitanti di Foipiano Valle Imagna in condure le loro bestie sulli pascoli di Vedeseta nelli luoghi detti li Canti e ne’ prati detti de’ Piazzoli essendosi nell’anno scorso cominciato il processo in questa materia dall’ Pres. Vic.o Generale Bossi allora sindicatore in Vedeseta ove pure io mi trovavo ed anche ò assistito ad essa perlustrazione seguita il giorno 25 Agosto de detto passato anno nella quale non fù trovata veruna bestia forastiera nelli detti pascoli: quindi il sindicatore non proseguì li processi né fece Relazione attesa la mancanza del Corpo di delitto, ed essere da processi medesimi risulto, che certe violenze esposte per parte della Communità di Vedeseta commesse da forastieri sodetti contro un Bergamino affittuario di Vedeseta sornomato Merlotto fù una contesa seguita in territorio Veneto di Foipiano in occasione che il Merlotto vi si portava per ascoltarvi la Messa, incontrati alcuni di quegli abitanti armati di schioppo conforme il loro costume ebbe con essi alterco di parole sul proposito di pascoli suaccennati, e dopo le parole qualche urti colla canna dello schioppo.Sopravenuta nell’inverno prossimo scorso la occorrenza della quale umiglia la relazione in data di 8 febrajo, cioè di un precetto d’ordine del Vicario Pretorio di Bergamo ad istanza del Commune di Foipiano stato intimato a Gio. Batta Locatelli di Foipiano stesso il quale è compratore di legne di certa porzione di boschi situati nel detto luogo detto li Canti e sopra li prati sodetti nominati Piazzoli di ragione, e nel territorio della Communità di Vedeseta, col quale precetto si tenta impedire il taglio di dette legne.Ebbi di poi la notizia che forse in effetto d’insinuazione, che abbia S. E. fatte passare al Dominio Veneto, siasi portato l’Ingegnere Veneto Zanetti nel prossimo scorso giugno alla visita di que’ confini.

Page 54: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Riflettendo che questa visita senza perito confidente del Dominio di Milano potesse dar occasione a qualche oscurità ed equivoci, mentre per aver io assistito in qualità di Aggiutante nell’anno 1753 all’Ingegnere Gattoni al tempo che si rilevavano le pretensioni vicendevoli frà li due Dominj nella materia di que’ confini sapevo che il detto sito denominato li Canti era stato (avanti il Trattato di Mantova) preteso della Communità di Sottochiesa, e non già da quella di Foipiano, come questa verità risulta dalla mappa di que’ confini della quale si conservano eguali esemplari in ciacuno delli du Dominj, comparendo in essa mappa distintamente la pretensione in quel tempoeccitata di Foipiano non già con Vedeseta ma contro la Communità di Brumano spiegata fra il Grassello confine di Vedeseta, e la Casa detta la Caplona colle precise parole: controversia trà Brumano Milanese, e Foipiano Bergamasco; ed altresì distinta la vertenza di allora frà Vedeseta e Sottochiesa circa il sito di cui si parla, cioè dal sopraccennato Grassello sino al così enonziato Sasso con termine il quale sito si denomina li Canti sopra li Piazzoli e vi si legge nella stessa Mappa: Sito controverso trà Vedeseta Milanese, e Sottochiesa Bergamasca.I termini piantati poi nell’anno 1760 in affetto del Trattato di Mantova all’artic. 30 ed oggidì esistenti anno dato alla Communità di Brumano il mentovato sito di controversia con Foipiano, ed in effetto dell’artic. 31 è rimasto di ragione di Vedeseta il detto altro luogo de’ Canti preteso da Sottochiesa alla quale Communità fù assegnato nella pianta soprascritta il sito verso Levante denominato Sotto la Costa del Pailolo.Il detto luogo li Canti che non fù preteso de Foipiano vi è confinante in maniera che viene diviso dalla natura mentre dal Grassello sino all’antico termine ove comincia la Costa del Pailo in questa linea trà Vedeseta e Foipiano li sassi terminali posti nel 1760 esistono sul ciglio di un alto ceppo nudo continuativo in tutta la detta linea, ed inaccessibile dalla parte di Foipiano.Di queste notizie feci parola col detto Avvocato Vicario Sente Bassi nell’occasione di trovarmi in Milano al principio del corrente mese avendo presentito che gli abitanti di Foipiano potessero nuovamente fare atti turbativi in pregiudizio della Communità di Vedeseta negli accennati pascoli, ed il suo consiglio fù di ritenere vive e però esercitare le ragioni di possesso della Communità di Vedeseta mediante giudiziale invenzione ed abduzione delle bestie che vi si trovassero introdotte dà forastieri.Portatomi à Vedeseta anche per altre occorrenze avendo inteso che si ripigliassero gli attentati feci presentare dalli Reggenti à quel Vicario l’opportuna istanza, e con mia direzione ed assistenza nel giorno 17 corrente mese, e coll’intervento del Notaro atuario di Lecco Francesco Alippi e scorta di fanti, console, ed altri uomini opportuni ad esserne testimonj furono intercette nel detto luogo delli Canti cinque vacche di dieci che attualmente pascevansi in esso luogo al di qua de’ termini territoriali dello Stato ed in distanza dalli medesimi di circa quarantacinque Trabucchi Milanesi. E le suddette dieci bestie nel medesimo giorno erano state sulli pascoli anche più interiori nel territorio di ragione della Communità di Vedeseta alli luoghi denominati li Piazzoli. Il padrone di esse vacche è Christofforo Zuccala detto Pelandino nativo ed abitante di Foipiano.Furono tosto condotte all’osteria di Vedeseta le suddette cinque bestie intenzionate, e nel giorno seguente 18 vi è comparso Martino Zuccala figlio del detto Cristofforo, il quale da quel Vicario à conseguito il rilascio delle medesime previa la loro stima che risultò di cinquanta Filippi, con avere dato sicurtà per questa somma mediante la persona di Gioanni Locatelli surnomato Facchetto abitante e possessore de beni stabili nella giurisdizione di Vedeseta. In questo accomodamento io non ò avuta ingerenza, e tenue mi è poi sembrata la somma della stima, e cauzione verso la Communità, perché facilmente verrà assorbita, e forse non basterà per le spese.In vista del detto Artic. 31 del Trattato di Mantova in quelle parole: la fine della divisione de’ beni servirà di confine alli due territorj, ed in vista dello Stato attuale de’ termini postivi nel 1760 in esecuzione del Trattato medemo sembra che li confinanti di Foipiano se in via

Page 55: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

di pretenzione molto peggio nella via illecita di fatto aspirano al possesso di detti pascoli denominati li Canti sopra li Piazzoli chiaramente contravengono alle cose stabilite concordemente de’ rispettivi Dominj nello stesso Trattato.Del mio dovere ho creduto l’umigliare all’E. V. questa notizia e sospirando l’onore de’o veneratissimo di lei Commandi sono col più profondo rispetto.Di V. E. - Milano 23 Luglio 1771 – suo umilissimo ed ossequientissimo e devotissimo servidore Bartolomeo Prina Cancelliere Delegato. At ergo: A S. E. Il Signor Conte ministro Plenipotenziario di Firmian VienaIl Cancelliere Prina abita in Lecco

Relazione del signor Cigalino 7 maggio 1582

[17 facciate, senza foliazione – i numeri di pagina sono nostri - che attaccano con la apposizione della data, 7 maij 1582, in alto a destra, l’indirizzo al Re Ser.me Rex al centro e la scritta D. Cigalini relatio, a sinistra, quest’ultima quasi certamente di altra mano, e si concludono con la data: Dat. Comi die sabbati quinta Maij MDLXXXXII seguito da fid.mus ser. e con la firma Marcus Cigalinus. Alle 17 facciate, scritte sul recto e sul verso?, seguono altre tre facciate che contengono risposte “sintetiche” (per sua ammissione) del Cigalino ad alcuni dubbi, di merito e di metodo, espressi dal procuratore di Vedeseta a proposito delle informazioni avute circa la causa dei confini. Si tratta di una copia calligrafica, giacente in Archivio di Stato di Milano – CARTELLA 288? -, ben conservata, di lettura piuttosto agevole, se si fa eccezione per alcune facciate terminali, di carattere squisitamente tecnico processuale, che con uso abbondante di abbreviazioni e di riferimenti a testimoni e a documenti, richiamati con numeri o con lettere, sono sicuramente godibili solo da addetti ai lavori. Difficile datare il documento: copia cinquecentesca, copia secentesca, prodotta in occasione del tentativo di infeudazione di Vedeseta nel 1647, o, insieme a molti altri documenti relativi alle vicende di Vedeseta, fatti riprodurre, con non poco dispendio (come ricorda Giuseppe Locatelli nei suoi Cenni) poco prima dell’ultima rettifica dei confini dal

Page 56: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Vicario Giorgio M. Arrigoni, che lamentava la trascuratezza passata nel conservare carte fondamentali per l’interesse della comunità e, quasi, l’obbligo a recuperarne copia. Marco Cigalino, anche lui, come Magnocavallo, avvocato di Como viene inviato, tre anni dopo il sopralluogo del suo più illustre concittadino, in Valle Taleggio per incontrare il Delegato veneto Grumelli e per tentare insieme di trovare una composizione alla disputa di confine che si è ormai aperta da qualche anno tra la parte milanese della Valle e quella veneta e che si sta sempre più acuendo. Gli incontri e i tentativi di una composizione bonaria non sortiscono a nulla e la faccenda verrà risolta, come si sa, l’anno dopo, dall’alto, con la sentenza arbitramentale del 2 luglio che penalizzerà in modo pesantissimo Vedeseta rispetto alle sue aspettative e ai suoi diritti vantati. Del suo sopralluogo e del suo incontro con il delegato veneto Cigalino fa precisa relazione al Re di Spagna al quale fornisce quasi una scheda riassuntiva, e un suo parere giuridico, sui punti di frizione, sulle rivendicazioni di Vedeseta, su quelle di Sottochiesa (sempre usata per indicare Taleggio veneta), sugli Atti, sui documenti e sui testimoni dell’una e dell’altra e sulle posizioni di principio. Pur risultando, da un punto di vista dei rapporti diplomatici fra Stati e del miniconflitto fra loro a causa di confini, certamente più stimolante e più significativa rispetto alla relazione di Gerolamo Magnocavallo (dalle carte emerge in modo netto una certa, eccessiva, sicurezza della parte spagnola nel proprio buon diritto - basato sulla consuetudine, sulle carte e sui testimoni - che andrà incontro a una solenne bastonatura e la astuta, quasi strafottente, condotta diplomatica del rappresentante della Serenissima, ancora una volta “golpe e lione”, pronto a lavorare sott’acqua con le carte, a minacciare il remo ai sudditi che portino testimonianza favorevole agli avversari e a far prevalere senza tante remore una posizione di rapporti di forza che, localmente, è sicuramente favorevole) la relazione di Cigalino, è forse meno interessante per noi, perché, in fondo, riprende in gran parte, integrandola qua e là, la relazione del suo concittadino. Per questa ragione di Cigalino non forniamo, nemmeno in traduzione, il testo completo. Ne forniamo, però un ampio riassunto (per lunghi tratti una traduzione integrale) con sottolineatura dei passaggi più significativi o più curiosi, e di quelli che risultino più originali rispetto a quanto già sappiamo. [1] Il 14 agosto dell’anno appena passato (1581), dice Cigalino, mi sono recato in Valle Taleggio [Vallem Talegij] per trovarmi con il Delegato Veneto Grumelli, per vedere, secondo le indicazioni di Vostra Maestà, se fosse possibile trovare, o per via di composizione o per via di sentenza, una soluzione alle controversie tra vedesetesi, di vostra giurisdizione e i Subecclesiensi, sotto la giurisdizione veneta. In nessun modo è stato possibile raggiungere questo risultato e per via delle inique condizioni poste dai subecclesiensi e dal Delegato stesso e per via del fatto che diritti e prove dei Vedesetensi venivano cancellate dai subecclesiensi come ho già scritto all’illustrissimo e eccellentissimo presidente del Vostro Senato e alla stessa vostra Maestà e come dirò più ampiamente più avanti.Schermaglie degli avvocati al primo incontro su chi dovesse cominciare a porre le domande e chi fosse l’attore e chi il colpevole. Vengono stoppate ponendo i contendenti sullo stesso piano.Al secondo incontro Vedeseta produce molti atti giurati tendenti a dimostrare: 1. che un tempo e quando tutta la Valle era soggetta a Milano Vedeseta era il centro, e questo era dimostrato dal Codice degli statuti di tutta la Valle che ancora oggi si osservano sia dalla parte milanese che da quella veneta. All’inizio di essi si dice che gli uomini deputati a fare o rifare gli Statuti [“quod pro conficiendis, seu reficiendis ipsis Statutis”] convennero alla Lavina, che è come dire Vedeseta, nella casa del Vicario di detta Valle, dove – si dice negli Statuti - è solito rendere giustizia [“ubi ius reddi solet”].2. molti documenti nei quali sotto la funzione svolta si precisa: Vicario – chiamano così il magistrato che rende giustizia – di Vedeseta al di qua di Salzana [“Vicarius Vidisetae a Salsiana citra”] e dove parlano del Vicario di Sottochiesa usano la formula “a Salsiana ultra”, oltre Salzana (sentenza del Vicario di Sottochiesa del 1481 citante sentenza precedente del Vicario di Vedeseta): con questo vogliono dimostrare che Salzana fa da linea di divisione giurisdizionale tra le due Comunità, e, quindi, tra i due Stati, così come emerge dalla descrizione del signor Magnocavallo mandato da V. M. in sopralluogo prima di me.Cigalino riprende la descrizione del corso di Salzana, che per lungo tratto fa da divisione, e Enna [“Lemna”, ovviamente], del Mulino del Manera [“della Manera”, per lui], della linea che dal Mulino [2] arretra verso Olda e scende all’Enna e poi lungo la valle “chiamata

Page 57: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

volgarmente dello Sfrino” sale fino alla Torre del Termine, in vetta al monte che sta a meridione. La torre si chiama così perché nei suoi pressi c’era il termine che, secondo Vedeseta, divideva la Valle Taleggio nelle due parti, quella sotto V. M e quella sotto giurisdizione veneta. Dalla sua estirpazione, dicono, è iniziata la lite, come dirò più avanti.Poi per dimostrare il diritto su una grande quantità di boschi, in particolare di quelli che si trovano verso di loro, i Vedesetensi mostrarono molti strumenti: uno strumento di ratifica del diritto di tagliare borelli – così si dice localmente – in Bordesiglio [“ in Brodisellis”] da parte dei Vedesetensi per un certo Leone. Strumento rogato da Giovanni Biava [“Blava”] di Sottochiesa nel 1514, richiamante un‘altra vendita fatta nel 1509 dagli uomini di Vedeseta dei boschi in Bordesiglio a Simone Gabrino, taglio poi ceduto da Simone a Leone suo genero. Poi una richiesta [“ interpellationem”] fatta dallo stesso Simone agli uomini di Vedeseta perché accettasero la differenza di pagamento per i boschi di Bordesiglio. E così la liberatoria fatta dai Vedesetensi a Antonio Arrigoni nel 1513 per il taglio di parecchi boschi, in particolare di quelli in Bordesiglio [“Brodesellis”], che si trovano a nord e a ovest rispetto aVedeseta.Allegano ancora uno strumento di arbitrato, rogato il 28 ottobre 1480 da Gabrino Salvioni [“de Salvionibus”], notaio di Sottochiesa. Strumento fatto fare dagli uomini di Sottochiesa e concernente la divisione degli alpeggi, dei boschi e dei pascoli con gli Arrigoni, i Quartironi, gli Orsi, i Rognoni e i Locatelli, tutte famiglie di Vedeseta. Ma lo strumento non fu esibito perché i Vedesetensi hanno protestato di non sapere presso chi fosse custodito l’originale di Gabrino così come di molti altri strumenti [3] dei quali è stata fornita una nota.Produssero ancora molti strumenti, per di più rogati dai Notai di Sottochiesa, in cui si usa la formula Chiesa di San Bartolomeo di Vedeseta [“Ecclesia sancti Bartholomei de Vidiseta”]: i Subecclesiensi vogliono, infatti, usurpare anche questa chiesa che sta al di qua di Salzana, sotto il pretesto che nella convenzione stipulata tra l’allora eccellentissimo Duca di Milano e i Veneti si dica che la chiesa di S. Bartolomeo rimanga nel territorio nel quale è [“ecclesia S.ti Bartholomei maneat in territorio in quo est”]. Con questo pretesto i Subecclesiensi, così mi hanno riferito i Vedesetensi, distrussero le insegne regie e ducali dipinte in quella chiesa, come si può ancora vedere dalle tracce. Questa chiesa è posseduta dai Vedesetensi cioè dal loro Parroco.Dicono ancora i Vedesetensi che ci sono molti strumenti riguardanti sia i loro beni pubblici sia quelli privati, confezionati da notai di Sottochiesa sia morti che viventi che giacciono presso gli stessi Subecclesiensi o presso i loro notai perché ormai da moltissimi anni i Vedesetensi non hanno più alcun notaio e per comodità si sono serviti di quelli di Sottochiesa. Questi strumenti farebbero una gran luce sul presente contenzioso sia rispetto ai problemi di giurisdizione che di prooprietà dei boschi. Avevo chiesto perciò che i notaio subecclesiensi presso i quali sono depositati, venissero obbligati a produrre una copia. Ma il Delegato veneto, che aveva sempre ascoltato, appena sentito degli strumenti (come ho già scritto a V. M.), li raccolse presso di sé dicendo poi che si sarebbe informato e avrebbe indagato attentamente se per caso in essi ci fosse qualcosa che riguardasse i Vedesetensi.Allegano ancora i Vedesetensi il lungo possesso di tutti i boschi e i pascoli che stanno al di qua di Salzana e della citata Valle Sfrì, fino in cima ai monti dove vi è la nominata Torre del Termine, così chiamata perché presso di essa vi era eretto il termine, o pietra di confine [limes siliceus], con il quale si provava la divisione delle giurisdizioni tra Stato di Milano e Veneto per il fatto che sul lato di Vedeseta erano scolpite le insegne dei Duchi di Milano e sul lato verso Sottochiesa quelle venete. Questo è quel termine che i Vedesetensi lamentano sia stato strappato dai Subecclesiensi da alcuni anni dopo che è insorta la lite. Questa Valle di Sfrì si stende fra i boschi in discussione che si trovano sul versante meridionale, fra [4] il fiume Enna e la cima dei monti della Valle Imagna di Fuipiano, territorio veneto, e le pertinenze del villaggio di Peghera, che fa parte di Sottochiesa. Il possesso di questi boschi sembra essere dimostrato dalle molte cassine lì costruite nelle quali abitano molte famiglie di Vedesetensi con le loro bestie, soprattutto l’estate, quando le portano a pascolare in tutti quei pascoli fino alla citata Valle di Sfrì verso Peghera senza che questo – dicono i Vedesetensi _ susciti la contrarietà di alcuno perché in essi nessun altro pascola tranne quelli di Vedeseta. In proposito anch’io ho esaminato alcuni testimoni che hanno confermato questo possesso, di cui riporterò più avanti le testimonianze. E queste oltre a coloro che erano stati ascoltati dal signor Magnocavallo, a ciò delegato prima di me.

Page 58: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

Contro le argomentazioni dei Vedesetensi i Subecclesiensi alla fine opposero che loro avevano il possesso di tutti i boschi e dei pascoli posti nella contrada di Peghera (così, infatti, essi dicono), situati a sud dell’acqua o torrente dell’Enna (i boschi in questione), che descrivono in questo modo: a oriente fino ai confini con la Valle Brembana inferiore, territorio bergamasco, a occidente fino ai confini con Morterone e con i monti di Lecco, territorio di Milano; a sud fino ai confini con Fuipiano, e valle imagna, territorio di Bergamo; e dicono che in quelle terre Vedeseta non ha nessun diritto, se non con qualche privato che vi abbia private proprietà e che vedrebbe salvo il suo diritto. Rivendicano anche a se stessi il diritto sopra gli altri pascoli e boschi al di qua di Salzana e in particolare sulla chiesa di San Bartolomeo, come se fosse nel territorio e nella giurisdizione del Dominio Veneto, per provare il possesso della quale [produssero?] diversi Atti di vendita, uno strumento di affitto e una stima di alcune famiglie di Vedeseta presso gli stessi Subecclesiensi, così come alcune partite nel registro d’inventario degli stessi Subecclesiensi, e alcune assicurazioni [protestationes] il cui elenco, per non esser troppo lungo, trasmetto a V. M.. Tutto questo (almeno per quanto ho potuto vedere: infatti i Subecclesiensi e il Delegato Veneto non hanno permesso che io vedessi se non in qualche modo attraverso una grata) è stato fatto tra di loro Subecclesiensi o tra di loro e altri terzi, e non prova la consegna [l’antichità? traditio] della cosa o che mai abbia dato qualche conseguenza.Furono inoltre da una parte e dall’altra replicate e triplicate molte cose [5] che sarebbe lungo riferire. Le trasmetto, tuttavia a V. M. perché V. M. le possa vedere, fin dove piacerà a V. M. vederle. Aggiungerò solo questo che l’Avvocato [procurator] ei Subecclesiensi disse che a noi non era data facoltà di investigare sul diritto delle giurisdizioni e dei confini del territorio di entrambi i Principi, cioè quello di V. M. e quello di Venezia, ma solo sulle differenze vertenti tra i Vedesetensi e gli Ecclesiensi, e protestò che lui non voleva che si indagasse sulla differenza di Stato.Comparvero in seguito i Vedesetensi e chiesero a me e al Delegato veneto che fossero risentiti i testimoni ascoltati dal Magnocavallo e che fossero esaminati altri che loro avrebbero prodotto, e così produssero una raccolta di documenti [capitulum] tendente a provare che presso la detta torre chiamata del Termine vi era, proprio alla sommità della Valle Sfrì, un termine dividente la parte di Taleggio che è vostra da quella che è del Dominio veneto e che il territorio dei Vedesetensi da quella parte si estendeva fino là, e dall’altra parte fino al Salzana. Ma il Delegato veneto non volle accettare tale documento, sebbene io lo ammettessi salvo il diritto delle cose non pertinenti e da non ammettersi nella forma consueta, né volle mai consentire che alcun altro testimone fosse ascoltato, sebben io e i Vedesetensi più volte l’avessimo chiesto. La risposta del Delegato potrà essere compresa dalle sue lettere, o dalle copie di esse che mando a V.M., così come la lentezza calcolata e non mirata a un buon fine, così a me è parso e perché sia più chiaro a V. M. come si sia comportato in questa causa il Delegato veneto io esaminai tre testimoni del luogo di Gerosa, territorio Veneto, e vicini al luogo dove stava il termine di cui erano assai bene informati e che il citato Delegato minacciò perché non deponessero in questa causa, come più sotto si capisce dal loro interrogatorio, che allego immediatamente.Depongono dunque i tre testimoni di essere stati citati, a rischio di pena, per ordine del detto Delegato e per questo di essersi recati da lui, che, come li vide, domandò loro se fossero loro quei testimoni che dovevano testimoniare sul termine della Torre del termine, e che loro avevano risposto che era così. E che ciò udito il detto Delegato avesse replicato chiedendo chi li avesse informati e che loro avevano risposto che erano venuti a Vedeseta a casa della sorella di uno di loro, per trattare di un certo matrimonio e che mentre erano in casa di Antonio Canale, vi era capitato Gio. Antonio Airoldi, avvocato [6] di quelli di Vedeseta, perché aveva sentito che erano di Gerosa, vicina al termine e alla torre in questione; e che loro avevano raccontato in proposito quel che sapevano, e che allora il detto Airoldi aveva di nuovo loro chiesto se in caso di bisogno della loro testimonianza, sarebbero comparsi davanti a me e davanti e davanti al citato signor Delegato veneto a fornire una testimonianza di verità; e che visto ciò, il signor Delegato veneto li aveva interrogati su che cosa sapessero a proposito del citato termine; e che per questo loro gli avevano raccontato tutto, e che una volta che il segretario di quello aveva messo per iscritto quanto essi avevano detto, che il citato signor Delegato li avesse minacciati, sotto castigo delle triremi, di ribellione e di confisca dei beni,

Page 59: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

spingendoli sotto giuramento a testimoniare in questa causa, dicendo “adonque volete voi testificare contra li vostri signori?”; e che dal momento che essi avevano replicato che non volevano dire nient’altro che la verità, dicendo la quale non pensavano di offendere alcuno il Delegato veneto avesse cominciato, per stare alle loro parole, a ribollire [rebuffare] e a minacciare di tradurli in catene a Bergamo se avessero testimoniato, e soprattutto se [avessero detto che] in quel posto ci fosse stato un qualche termine; minacciando di nuovo i castighi di cui sopra se avessero detto a qualcuno quello che avevano deposto davanti a lui e pregando me e il mio segretario di tenerli segreti; e nominarono un certo Agostino Locatelli Clanexensem [o Clavenensem= di Clanezzo o di Chiavenna], ora abitante a Gerosa, molto bene informato su quel termine. Questo Agostino, ascoltato, depone che, erano ormai passati undici anni, da quando era a servizio da un certo Antonio detto “de la Mano” del luogo di Lavina [Levina] del detto Comune di Vedeseta dal quale è stato a servizio per circa undici anni, stando sopra i citati monti in una “cassina” chiamata dalla gente “sopra li Piazoli”, e mentre portava le bestie del padrone al pascolo attraverso i detti boschi (quelli sopra l’Enna, ora in questione) e andava verso la detta torre chiamata del termine, aveva spesso visto aveva spesso visto il termine piantato in un praticello, sul quale dalla parte verso la rupe dalla quale si sale alla detta torre poteva sedersi, in altre parti no, e di aver sentito dire da un tale chiamato “il Rossetto”, e da altri anziani del Comune di Fuipiano che quel termine divideva il Comune di Vedeseta e di Sottochiesa e indicava la linea alla Valle di Sfrì e poi al pozzo del citato villaggio di Olda e che era [7] un sasso grosso ma lui non sapeva darne la dimensione, né più di tanto aveva badato all’iscrizione, e se fosse scolpito e che nessun altro all’infuori di quelli di Vedeseta pascolava in quei terreni, così che se capitava che alcune bestie di Peghera (luogo, che come ho detto, sta al di là della valle Sfrì) oltrepassasero detta Valle e raggiungessero i pascoli in questione immediatamente quelli di Vedeseta le spingevano al di là della Valle, e viceversa se le bestie dei Vedesetensi passavano la Valle e andavano nei pascoli di quelli di Peghera i Pegherensi le spingevano verso i pascoli al di qua di detta Valle e anche lui aveva più volte cacciato le bestie di Peghera; e ancora che per tutto il tempo che era stato a servizio del sopraddetto Antonio, suo padrone, aveva sempre pascolato gli armenti del suo padrone fino al termine in questione e così andava pascolando verso il Grassello e sul Grassello (vi è infatti in quei territori un fondo così chiamato) e senza l’opposizione di alcuno. S.G.R. e di circa 39 anni.Ho voluto riferire dettagliatamente a V. M. le parole di questi testi, mentre le altre le trascriverò a V. M. più sommariamente, perché V. M. capisca meglio come si siano comportati il detto Delegato e quelli di Sottochiesa e come abbiano tentato di usurpare sia i diritti della giurisdizione di V. M. sia dei beni dei Vedesetensi, che tuttavia non poterono così tener nascosto da non essere almeno in parte scoperti: Essi stessi, infatti, produssero un certo documento dal quale risulta chiaro che presso la detta Torre del Termine vi era il termine citato, ma essi sostengono che quel termine dividesse tutta la Valle Taleggio da un’altra Valle, che fa parte della loro giurisdizione, che chiamano Imagna, e non la stessa Valle Taleggio tra Vedeseta e Sottochiesa: come, ho detto io non ho potuto vedere questo documento se non attraverso una grata. A ogni modo esso provava che in quel luogo vi era quel termine, e se era stato piantato, come sostengono, per dividere la Valle Imagna dalla Valle Taleggio allora tutta dello Stato di Milano, essendo stato strappato, certamente si poteva dire che non lo era stato fatto se non con dolo, per far confusione sulle giurisdizioni, e dicevo anche che dato che quel termine era stato piantato all’inizio per dividere la Valle Imagna da tutta la Valle Taleggio, non era fuor di luogo che poi si sia convenuto, al momento della divisione della Valle, che lo stesso termine servisse anche a segnare la divisione della Valle taleggio stessa.Inoltre per non lasciare niente di intentato, per provare [8] l’animo di detto Delegato fin nei suoi più profondi recessi, suggerii che sarebbe stato una cosa buona, se avessimo convenuto e trattato sul fatto che vi potesse esser posto per una amichevole composizione. Sembrò piacergli questa proposta e così convenimmo e io dissi che è del tutto chiaro e risaputo che prima della divisione tutta la Valle Taleggio formava un Comune solo: sicché sia i Vedesetensi con le loro pertinenze erano signori e padroni di qualsiasi pascolo e bosco esistenti in Valle, sia i Subecclesiensi con le loro pertinenze; per questo una volta fatta la divisione di giurisdizione o è stata fatta la divisione, espressa o tacita, di questi beni tra le parti. E allora dovrebbe essere prodotta la divisione, tacita o espressa che sia: ma che sia stata espressa, io

Page 60: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

dicevo, non risulta, che sia stata tacita era facilmente constatabile [optime constare] dal fatto che i Vedesetesi erano in possesso di tutti i boschi e prati e pascoli esistenti verso Vedeseta al di qua del Salzana e della Valle Sfrì, sia di quelli posti al di là del fiume Enna, sia di quelli posti al di qà, dal versante settentrionale a quello meridionale, dai condini di Valle Sassina che sta a Settentrione ai confini di Valle Imagna, di Fuipiano e di Lecco che stanno a meridione come ho già detto. [Era constatabile ancora] dalle deduzioni degli stessi Vedesetensi dalle quali appare che essi hanno sempre posseduto i beni come divisi. O non vi è stata nessuna divisione tra le parti e allora si presumeva comune e così ogni parte aveva parte in ogni parte e perciò era giusto fare la divisione così che ad ognuno venisse assegnata la sua porzione. Poiché non erano d’accordo tra di loro quello, come si dice, di naso fino cominciò a sorridere e a dire in che modo io pensassi si dovesse fare la divisione, se per famiglie, o per persone o per censo. Dissi che prima decidesse se voleva consentire che tale divisione si facesse e poi si sarebbe fatta mel modo che sarebbe stato più conveniente. Rispose che ciò era impossibile. Replicai io che suggerisse un altro modo che fosse più utile a comporre tale controversia tra le due parti e allora il citato Delegato presa una mappa [mapamundo] di detta Valle cominciò a indicare che si accontentava che i Vedesetensi avessero da qui a là, che era davvero pochissimo, oltrepassando di molto il Salzana e ampliando abbondantemente i confini dei Subecclesiensi e il loro territorio [9] e quasi costringendo i Vedesetensi dentro le pareti delle case e dicendo in modo perentorio che non volevano che si trattasse alcunché sui boschi che stanno oltre l’Enna e al di qua dello Sfrì sul versante meridionale, dei quali ora si discute e per i quali è iniziata la lite, e questo perché non c’era alcun dubbio che fossero di Sottochiesa. Al sentire questo anch’io cominciai a sorridere e dissi che quella era una divisione leonina in una qualche selva nuziale e perciò dal momento che vedevo che la causa non poteva essere affrontata in via di diritto, dal momento che da essi venivano impedite le prove da prodursi da parte dei Vedesetesi, e che non vi era posto per una composizione amichevole protestai che di tutte queste cose avrei informato V. M e che me ne sarei andato, come feci.Queste furono le cose considerate con il Signor Delegato Veneto, e con i Subecclesiensi. Resta da dire, secondo il mandato di V. M., ciò che ho sfiorato marginalmente in questa causa e in questa lite, ma prima descriverò in modo generale tutto il sito della Valle Taleggio e poi in modo particolareggiato i loro Comuni di Vedeseta e di Sottochiesa. Saprà V. M. che l’intera Valle di Taleggio è posta tra monti molto alti e tra alte cime dai quali è circondata da tutte le parti. A mattino si ergono, infatti, i monti della Valle Brembana e di Bergamo; a mezzogiorno quelli della Valle Imagna, di Fuipiano e di Lecco; a occidente quelli della Valsassina; a settentrione in parte quelli della Valsassina e in parte quelli della Valle Torta. Quasi nel mezzo di questa Valle Taleggio scorrono due fiumi principali, l’Enna e il Salzana. questo fiume di Salzana nasce a settentrione verso ovest e scorre verso oriente, il fiume Enna nasce dal versante meridionale verso occidente e scorre nel territorio dei Vedesetensi verso oriente. Non lontano da Sottochiesa questi due fiumi si congiungono e si mescolano così da formare un solo fiume e allora il Salzana perde il suo nome e prende quello dell’Enna. Questi due fiumi guardando alla forma che descrivono rispetto al luogo in cui si incontrano e rispetto ai luoghi dove nascono, costituiscono quasi un triangolo. Sulla parte occidentale di questo triangolo sta Vedeseta con le sue contrade (loro chiamano, infatti, contrade i loro villaggi) [contratas nam appellant ipsi pagos suos], così che da tutte le parti è chiusa da queste due fiumi Enna e Salzana, eccetto che nella parte occidentale dove è chiusa dai monti della Valsassina e eccetto alcune cassine degli stessi Vedesetensi che si trovano, come dissi, nei già ricordati boschi oltre l’Enna sul versante meridionale, sui quali verte [10] la lite: questi boschi sono delimitati a mattina, o oriente, dalla ricordata Valle Sfrì, dove c’era il termine; a mezzogiorno dalla ricordata Valle Imagna, da Fuipiano e dai monti di Lecco; a occidente e a settentrione dal fiume Enna. Allo stesso modo anche Sottochiesa con le sue contrade è posta dall’altra parte del fiume Salzana, quasi nei pressi dello stesso fiume nella parte orientale; e ancora Sottochiesa con i suoi villaggi è chiusa a oriente dalla Valle Brembana e dai monti di Bergamo, a mezzogiorno dal fiume Enna, a occidente dal salzana, a settentrione dalla Valle Torta eccettuati tuttavia il villaggio di Peghera, posta sul versante meridionale, chiuso anch’esso a mattino dai monti di Bergamo, a mezzogiorno dalla Valle Imagna, a occidente dalla ricordata Valle Sfrì, che divide i boschi sui quali si discute e sui

Page 61: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

quali, come ho ricordato si trovane le cassine di Vedeseta dal territorio dei Pegherensi; a settentrione l’Enna.Sappia ancora V. M. che in detta Valle non si raccoglie null’altro che il fieno, la legna di faggio, e la sua foglia che viene usata per lettiera e per far stendere gli animali - che rappresentano il loro sostentamento e la loro ricchezza – perché sono carenti di paglie, dal momento che nessun genere di grano viene lì seminato cosicché in detta Valle non viene avvistato alcun passero [Sciat ulterius M.V. quod in dicta Valle nil aliud percipitur quam foenum, ligna faginea, et eorum folia, pro usu lectorum, et sternendis armentis (quae sunt eorum victus, et divitiae) quia carent paleis, cum nullum genus grani ibi seminetur, adeo quod passeres in dicta Valle non videntur]. Ho voluto dire questo perché sarebbe di gran danno ai Vedesetensi se V. M. permettesse che i Subecclesiensi usurpassero i boschi che si trovano sul versante meridionale oltre l’Enna e al di qua dello Sfrì e del termine stirpato, che sono ricoperte grandemente di piante di faggio, ragion per cui i Subecclesiensi bramano questi boschi.Definita la pianta e la posizione di detta Valle Taleggio e dei suoi luoghi, vengo ora a quanto desidera sapere V.M.Cominciando in primo luogo dalla giurisdizione di V. M. a me sembra che sia provato a sufficienza che la linea di confine del territorio di Vedeseta si configura come ho già detto prima, cioè dal fiume Salzana fino al mulino del Manera [aggiunto in piccolo] che è posto sullo stesso fiume, dal quale poi si allontana, passa per il villaggio di Olda che è al di qua del Salzana verso Vedeseta, poi va alla valle Sfrì e, lungo essa, sale fino alla Torre del Termine, come già detto. E così io a ragione ritengo che in forza dei seguenti due elementi fondamentali risulti in pieno il diritto di V.M. e dei Vedesetensi.Il primo fondamento è, come sa V. M., che i confini dei territori e degli altri luoghi si riconoscono attraverso alcuni segni e alcuni sostegni [ STRUMENTI ?], ancor più fra i più antichi attraverso strumenti che rivelavano che qualcosa si trovava in tale territorio [11], attraverso testimoni di buon nome, e per averlo sentito, e altri ancora previsti dai manuali [Bossi Giacomo? e altri....]Il secondo fondamento è che, soprattutto in antico, le enunciazioni di strumenti provano i confini, sebbene siano state confezionate per altro e fra altre persone della cui presenza non importa. [....]Richiamati così questi due fondamenti, a mio giudizio solidi, dimostrerò che le prove portate da quelli di Vedeseta si accordano ottimamente e rispondono ai fondamenti sopra riportati. Produssero infatti in primo luogo non uno o due strumenti che sarebbero stati sufficienti, o forse (come dice il Bossi, viene lasciato alla scelta del giudice se siano sufficienti uno o due o più) cento nei quali attraverso parole espositive si dice, come ho riferito prima, anche sotto il titolo giurisdizionale Vicario di Vedeseta al di qua del Salzana [“Vicarius Vidisetae a Salsiana citra”]: Su queste parole due considerazioni: Primo che non si dice “citra Salsianam”, infatti con questo si potrebbe dubitare se sia provato che il territorio di Vedeseta si estenda fino al Salzana, ma “a Salsiana citra”. Secondo: che dicono “a Salsiana” aggiungendo quella preposizione A la cui natura è quella di separare e termine dal quale partire essendo esso stesso incluso soprattutto se si tratta del termine “a quo” del territorio di cui si tratta. [....] Concludendo si vede che il fiume Salzana non solo divide entrambe i territori, quello dei Vedesetensi e quello dei Subecclesiensi ma che fa parte del territorio di Vedeseta, visto che per la maggior parte scorre in territorio di Vedeseta, e ciò è presente in uno strumento antico prodotto dai Vedesetensi [12] nel quale si dice luogo di Salzana, contrada di Vedeseta [ locus Salsianae, contratae Vidisetae]. Si aggiungono a queste Atti di giuridizione come l’esame del cadavere e il processo per uno ucciso presso lo stesso fiume Salzana fatti dagli uffici di Vedeseta e una sentenza del Vicario di Sottochiesa che chiama il Vicario di Vedeseta Vicario oltre Salzana [“Vicario a Salsiana ultra”] [....] Vi sono anche molti strumenti che dicono che la chiesa di san Bartolomeo fa parte del territorio di Vedeseta, chiesa che non è lontana dal fiume Salzana e che i Subecclesiensi tentano di occupare. Sono ancora più stringenti i documenti prodotti da Vedeseta coi quali si dimostra che il villaggio di Olda, che sta quasi vicino alla riva del Salzana, e che ora è occupato dai Subecclesiensi, per non dire dai Signori Veneti, è una contrata di Lavina e quindi territorio di Vedeseta. E tutte queste cose sono ben più che di pubblica fama che sarebbe stata ottimamente provata (se il Delegato Veneto avesse

Page 62: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

consentito di esaminare i testi) non solo dai testimoni del posto ma anche dagli estranei e dai propri sudditi degli stssi Veneti. Stando così le cose a mio giudizio è con ogni certezza provato che il fiume Salzana divida in quella parte il territorio di Vedeseta da quello di Sottochiesa e così la giuridizione di V.M. da quella Veneta. Ancor meno esitazione sul fatto che la Valle Sfrì con il termine strappato esistente alla sua sommità presso la citata Torre, come si è detto, divida entrambe le giurisdizioni e entrambe i territori dalle altre parti. Ciò è ottimamente provato sia dalla fama che dal sentito dire, che per le cose antiche sono, come detto, considerate prove affidabili. Si aggiunge il lungo possesso dei Vedesetensi, praticato fino ad oggi, che, come detto essi solamente costruirono cassine e abitazioni, abitarono e essi solamente pascolarono gli armenti in tutto quel versante meridionale boscoso e raccolsero la foglia dei faggi, tagliandoli anche a uso e bisogno loro, vuoi per fuoco, vuoi per gli edifici e questo a partire dalla detta Valle, dal termine strappato e dalla Torre del termine fino all’Enna e ai monti di Lecco, tutto ciò nella conoscenza e nella non opposizione dei Subecclesiensi [scientibus, nec contradicentibus]. Ciò ancora è provato dai testimoni [13] esaminati dal Signor Magnocavallo e da me, e lo sarebbe stato ancora più pienamente e abbondantemente provato, se non lo fosse stato impedito dal Delegato Signor Grumelli. E, infine, questo possesso non solo può essere provato con i testimoni ma può anche essere verificato con gli occhi, con il fatto che non si tratta di un possesso lungo ma lunghissimo. E col fatto che da tanto tempo non appaia memoria in contrario, a mio giudizio, non si può mettere in dubbio non solo che resti provato che la Valle Sfrì divida entrambe le giurisdizioni ma anche che si presuma che Vedeseta abbia il possesso dei boschi predetti [....].A queste cose il Signor Grumelli, Delegato Veneto, risponde che anche ammesso che i Vedesetensi avessero il possesso dei pascoli, e del suolo, e [del diritto] di raccogliere la foglia di faggio, con questo non si poteva dire che avessero il possesso degli stessi faggi, e dei boschi. A questo io replicai che questo era contrario ai chiari principi del diritto, che vogliono che vogliono siano di colui di cui è il suolo, e siano da quello che possiede il suolo posseduti gli alberi che cadono al suolo, nel quale hanno le radici, sia che siano stati piantati sia che siano nati da soli, con l’aiuto della natura [sive sint plantatae, sive de per se, natura cohoperante, natae] [....]Concludendo: a me sembra che si debba dire che, stante la fama che i Vedesetensi sono da tantissimo tempo in possesso di tutto il suolo dei boschi in questione fino alla Torre del Termine della Valle Sfrì e del termine strappato, la detta Valle Sfrì e il resto rappresentano il termine e il confine divisorio tra i due territori, tra Vedeseta e Sottochiesa, cioè dalla parte occidentale Vedeseta, dalla parte orientale Sottochiesa. Da questo deriva quella norma [regula] e quella conclusione: tutto quello che sta dentro i confini di un regno, di una provincia, di una città, o di un castello si presume sia di competenza giurisdizionale di colui a cui tali regno, provincia etc appartengono. Quindi è d’obbligo dedurre che questi boschi e pascoli si possano presumere di V. M. per quanto riguarda la giuridizione, per quanto riguarda invece la proprietà della cosa dico che è dei Vedesetensi, sia che i Vedesetensi sia i padroni di tale suolo come comunità, sia a titolo privato, come dicono i Subecclesiensi in una certa loro testimonianza, perché tutto quello che si trova dentro i confini delle proprietà, si presume sia dei padroni di queste proprietà e nel dubbio si presume siano di quel posto e territorio al quale sono più vicini. [....]Si deve quindi presumere che detti boschi siano dei Vedesetensi, perché nati su suolo loro e di loro è la giurisdizione essendo V. M. Signore di Vedeseta. Di sostegno a questo il fatto si può aggiungere che solitamente i territori sogliono essere delimitati e divisi da fiumi, valli, monti e da altri luoghi riconoscibili, e ragionando sulla base di quel che comunemente accade, argomento che funziona assai bene, e che dovunque si può applicare per via di presunzione, come nel caso nostro, si può dire che il fiume Salzana, la Valle Sfrì con il termine rimosso alla Torre del Termine siano stati scelti veramente come confini, perché ciò che comunemente si fa si presume anche che sia stato fatto e, come comunemente e frequentemente accade, si presume che questo contenga elementi di verità. [...] Nel nostro caso soccorre il fatto che veramente questa Valle non avrebbe potuto essere divisa meglio né più equamente se non atttraverso i citati confini.Questi sono gli elementi basilari dei diritti della giurisdizione di V.M. e del territorio dei Vedesetensi. Resta solo che V. M. quali siano i diritti opposti dagli avversari (parlo di quelli

Page 63: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

che mi sono stati mostrati) che il Signor Grumelli dichiara essere così buoni e così robusti. Come mi scrisse V. M. avendo saputo che i diritti degli avversari sono deboli, e poco consistenti, e che i diritti dei Subecclesiensi si basano soltanto nel cancellare i diritti di V.M e dei Vedesetensi, saprà anche V.M. che i loro diritti [dei Vedesetensi] sono tanto migliori e più solidi e perciò da difendersi il più possibile.[15] In primo luogo dirò, come già ho riferito sopra, che i Subecclesiensi produssero, in copia non autentica, diversi Atti di vendita di certi boschi, e di alcuni in particolare che sono tra quelli su cui ora c’è disputa, come V.M. vedrà dalla notula presente. A questo io, quando venni in discussione con il Signor Grumello Delegato Veneto, contrapponevo che questi strumenti non davano sostegno alla posizione dei Subecclesiensi per molte ragioni. La prima perché questi strumenti erano stati fatti tra di loro soltanto all’insaputa dei Vedesetensi, così che era cosa fatta tra altri, che non pregiudicava i terzi [....]. la seconda che i soli atti di vendita non provano chi è il padrone o che la cosa gli appartiene [....] la ragione è che chiunque può vendere una cosa d’altri [....] La terza ragione consiste nel fatto che atteso il lunghissimo possesso dei Vedesetensi, ancor oggi proprietari come già detto, per cui si presume il loro dominio, era chiaro che gli stessi Subecclesiensi avevano venduto una roba d’altri e che tal vendita non può nuocere a quelli di Vedeseta, veri padroni. [....] La quarta che nei citati strumenti di vendita non contengono alcun cenno di prezzo[16] e così si rendono nulle. [...]Secondo. Produssero una certa parte di una stima dell’anno 1536 di un tale Antonio Bonetto quondam Bertoldi de Arrigoni circa alcuni beni. A questo io risposi che quella stima non era autentica, né si capiva da quale pubblica autorità fosse stata preparata e da quali pubblici ufficiali fosse stata conservata [...]Terzo. Produssero un certo numero di partite descritte, come dicono, nel [17] libro del loro Comune, relative ad alcuni boschi: a queste io rispondevo che si trattava di scritture private che non provano nulla se non contro gli stessi scriventi [...] e che soffrivano della stessa malattia di tutti gli altri documenti e cioè che erano Atti fra terzi.Quarto e ultimo produssero un affitto di certi pascoli e fra gli altri di un monte che chiamano Monte del Termine (ciò sta a dimostrare, fra l’altro, l’esistenza del termine strappato), Foppa del canneto [Fopam Caneti] e di alcuni altri pascoli fino a Foparia [Fopariam] e al Grassello a un certo Mariano di Fuipiano nell’anno 1546. A questo opposi che, primo, era una faccenda fra terzi [res inter alios facta], secondo: che il solo affitto non prova il titolo né il possesso nei confronti di terzi. [...]Questi sono l’insieme dei diritti portati davanti a me dai Subecclesiensi per provare e dare fondamento alla loro posizione circa i boschi citati oggetto della lite: per questo V. M. visto che ha in mano le carte dei Vedesetensi e quelle dei Subecclesiensi giudichi quali veramente prevalgano e se i diritti di quelli di Sottochiesa siano come li va proclamando il Signor Grumelli, Delegato Veneto. Lascio tutto al giudizio integerrimo di V.M. al quale umilmente mi affido. Dato in Como nel giorno di sabato 5 maggio MDLXXXII.E. M.V.

fedelissimo servitoreMarco Cigalino

Seguono altre tre facciate in cui Cigalino risponde sinteticamente, riprendendo ragionamenti già esposti nel corso della sua relazione, ad alcuni dubbi, esposti dal Procuratore di Vedeseta, circa l’impostazione della causaa causa in corso.I dubbi sono1. Se i testimoni esaminati siano validi, perché quasi tutti membri della Comunità di Vedeseta 2. Se siano validi i testi che depongono sulla base di quello che hanno sentito3. Se la presentazione di quegli strumenti antichi e degli Atti in cui si dice “a Salsiana citra” e “Vicarius Talegii Communis Vidisetae Ducatus Mediolani” siano validi essendo stati fatti ad altri fini4. Se gli esami e i processi criminali provino che il luogo dove sono stati tenuti, siano di giurisdizione e di dominio di colui che lì vi ha esercitato la giurisdizione

Page 64: INFEUDAZIONE DI VEDESETA · Web viewInferius quasi è regione [quasi dala parte opposta] dictae aedis Divae Mariae est templum D. Ambrosij, et ex adverso in excelsa rupe Castrum Picini

5. Se le sentinelle di cui si parla nel processo, siano prova valida per i confini.6. Se lo strumento dei patti del 1456 provi il confine e il territorio.7. Se posto che dopo i citati accordi di pace i pascoli e i boschi siano rimasti comuni..... [ORIGINALE!]