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Anno accademico: 2012/2013 Docente: GIOVANNI TRAETTINO INTRODUZIONE ALLA DOTTRINA CRISTIANA 1 Parte prima

INTRODUZIONE ALLA DOTTRINA CRISTIANA 1 · Introduzione alla Dottrina Cristiana 2 Parte prima LA DOTTRINA DI DIO Corso a cura di Geoffrey Allen BIBLIOGRAFIA A. GENERALE McGrath, Alister

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Anno accademico: 2012/2013

Docente: GIOVANNI TRAETTINO

INTRODUZIONE ALLA DOTTRINA

CRISTIANA 1

Parte prima

Introduzione alla Dottrina Cristiana

Parte prima

2

LA DOTTRINA DI DIO

Corso a cura di Geoffrey Allen

BIBLIOGRAFIA

A. GENERALE

McGrath, Alister E. Teologia Cristiana. Torino, Claudiana, 1999

Hammond, T.C. Aggiungi alla fede la conoscenza. Roma, GBU. 2° ed. 1994

Findlayson, R. Le vicende della teologia. Roma, GBU 1980

Kelly, J. N. D. Il pensiero cristiano delle origini. Bologna, 1984

Bancroft E.H. Teologia Elementare. Napoli, Edizioni Centro Biblico, 1977.

Pearlman, Myer Le dottrine della Bibbia. Roma, Edizioni ADI.

Packer, J.I. Conoscere Dio. Modena, Voce della Bibbia, 1979.

B. LA TRINITÀ

Olyott, Stuart I tre sono uno. Ribera, Eurolibri, s.d.

Findlayson, Roderick Le vicende della teologia, Roma, GBU, cap. 1.

C. CRISTOLOGIA

Wallis, Arthur Gesù di Nazaret: chi è? Firenze, CLC 1982.

Findlayson R. op. cit., cap. 2

AA.VV. Studi di Teologia n. 7, “Cristologia oggi”. Roma, IBE 1981

Cullman, Oscar Cristologia del Nuovo Testamento. Bologna, Il Mulino, 1970.

D. LO SPIRITO SANTO

Thomas W.R. Il Paracleto. Grosseto, Ed. R.d.G., 1980.

Taylor J.V. Lo Spirito Mediatore. Brescia, Queriniana, 1975.

Introduzione alla Dottrina Cristiana

Parte prima

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1. DIO: UNO E TRINO

1.1 Dio è uno

L’Antico Testamento insiste fortemente sul monoteismo, cioè sul fatto che esiste

un solo vero Dio. Per esempio:

Esodo 20:2-3 (il primo dei Dieci Comandamenti)

Deut. 4:35; 6:4; 6:13-15 (N.B. “l’unico Eterno” = “l’unico Colui che è”)

1° Re 8:27,60 (la preghiera di Salomone)

Salmo 103:19

Is. 40:12-26, 41:4,21-24, 42:5,8-9, 44:6-8.... ecc.

Nel Nuovo Testamento, troviamo lo stesso messaggio nella predicazione

apostolica rivolta ai pagani politeisti: Atti 14:15,17, 17:23-31.

1.2 C’è però più di uno che è Dio

Questo fatto viene accennato già nell’Antico Testamento:

Gen. 1:26-27, 3:22, 11:7 (Dio parla al plurale... e con chi parla??)

Gen. 18:1-2, 19:24 (cfr. anche “L’Angelo dell’Eterno”, sez. 7)

Già nell’Antico Testamento, Dio parla di mandare agli uomini Uno che è anch’egli

Dio: Salmo 45:6-7 (cfr. Ebr. 1:8-9); Sal. 110:1,5; Is. 9:5, 48:12-16.

Nel N.T., Gesù è chiaramente presentato come Dio:

Giov. 1:1-3,18 (i MSS più attendibili hanno “l’unigenito Dio”),30, 8:58, 10:30,

12:39-41, 20:28;

Atti 20:28; Rom. 9:5; Col. 2:9; Tito 2:13; Ebr. 1:8; Apoc. 22:13 (= Is. 44:6,

48:12)... ecc.

Il titolo di “Signore” (kyrios) dato a Gesù (vedi 1° Cor. 12:3-6) è la stessa parola

usata nell’Antico Testamento greco (LXX) per tradurre il nome di Dio (Jahweh).

Tuttavia, Gesù e il Padre sono due esseri distinti e separati:

Matt. 3:17; 26:39; 27:46;

Giov. 5:19-23, 20:17,21, ecc.

Anche lo Spirito Santo è una Persona, distinta dalle altre due, ed è anche lui Dio:

Giov. 14:16, 15:26; 16:8,13-14 Atti 2:32-33, 8:19, 13:2,4, 16:6-7; Ebr.

3:7, ecc.

Tuttavia non sono tre Dei, perché Dio è uno: Giac. 2:19; Giov. 17:21.

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Le tre Persone sono uguali nel loro essere e dignità (Giov. 5:18,23; Fil. 2:6)…

ma non nei loro ruoli: Giov. 14:28, 1° Cor. 11:3, ecc.

In Matt. 28:19, 1° Cor. 12:4-6, 2° Cor. 13:13 troviamo già delle formule trinitarie,

anche se nel Nuovo Testamento la dottrina non è ancora pienamente sviluppata.

2. GLI ATTRIBUTI NATURALI (ONTOLOGICI) DI DIO

La Bibbia non è un trattato teologico: racconta le azioni di Dio, più che tentare di

definirLo o descriverLo. Tuttavia, essa descrive alcune caratteristiche del Suo

essere che lo differenziano fortemente da noi:

2.1 Dio è Spirito

Vedi Giov. 4:24; Es. 20:4-5; Deut. 4:15-16; Is. 40:18,25.

Questo significa che la realtà fondamentale è spirituale, non materiale.

Dio, essendo Spirito, è incorporeo e quindi invisibile (1° Tim. 6:16) e non può

essere né immaginato né raffigurato (Deut. 4:10-19). Tuttavia Egli può

manifestarsi in forme visibili scelte di volta in volta da Lui stesso, e lo ha fatto in

diverse occasioni (Es. 33:18-23, Lc. 3:22, ecc.).

N.B. Ci sono altri esseri spirituali (ad es. angeli) che non possiedono gli altri

attributi di Dio.

2.2 Dio è infinito

Vedi 2° Cron 6:18.

Dio, essendo Spirito infinito, non ha limiti nello spazio; anzi lo spazio, essendo

una dimensione del Suo creato, è “in” Lui (cfr. Atti 17:28). Ne consegue la Sua

onnipresenza (Sal. 139:7-10): non ci può essere un luogo da cui Dio sia assente.

Comunque, Dio non è presente ovunque allo stesso modo. Solo in alcuni luoghi

Egli è presente in maniera manifesta e gloriosa: ad es. nel Tabernacolo (Es. 40:34-

35); nel Tempio di Salomone (2° Cron. 7:1-2, 15-16); nella Chiesa (Ef. 2:22); nella

Nuova Gerusalemme (Apoc. 21:3).

2.3 Dio è eterno

Sal. 90:2; Es. 3:14.

Essendo il Creatore e quindi la Causa di ogni altro essere, Dio stesso non ha né

causa né origine; non ha avuto inizio, né può avere fine (cfr. Is. 44:6).

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Dalla Sua eternità e perfezione (Rom. 1:20) consegue la Sua immutabilità (Mal.

3:6): Dio è sempre lo stesso perché non potrebbe diventare in alcun modo diverso

da quello che già è.

La Scrittura dice che Dio “abita l’eternità” (Is. 57:15). Ciò suggerisce che Egli sia

“fuori” del tempo, come è “fuori” lo spazio (oltre ad essere, ovviamente, presente

“dentro” entrambe queste dimensioni). D’altronde, la moderna fisica einsteiniana

tende a considerare il tempo come “quarta dimensione” dell’universo materiale.

Comunque, la precisa relazione di Dio col tempo – particolarmente per quel che

riguarda la Sua preconoscenza di avvenimenti futuri – è soggetto di complessi

dibattiti filosofici-teologici.

2.4 Dio è onnisciente

Sal. 139:1-12; 1° Giov. 3:10; Prov. 15:3

La Bibbia sottolinea particolarmente la perfetta conoscenza che Dio ha dei cuori

degli uomini (Ebr. 4:13, 1° Sam. 16:7, Ger. 17:9-10).

Dio conosce anche ciò che avverrà in futuro (cfr. Rom. 8:29, Is. 44:7, 46:10). Non

sembra però che questo significhi la “pre-esistenza” di un futuro che Egli già

conosce (cfr. la profezia di Giona contro Ninive, 3:4,10). Ciò che la Scrittura

sottolinea è piuttosto la sovranità di Dio, che fa accadere tutto quello che Egli

vuole (Is. 48:3,5), secondo il Suo disegno prestabilito dall’eternità (Ef. 1:9-10, 3:9-

11).

2.5 Dio è onnipotente

Matt. 19:26; Rom. 9:19.

L’onnipotenza di Dio significa che Egli può fare tutto ciò che desidera fare:

ovviamente, non significa che Egli possa fare cose logicamente impossibili, né

cose incoerenti con la Sua stessa natura (cfr. Ebr. 6:18, Num. 23:19). Piuttosto

indica che Egli è sovrano su tutte le cose e su tutti gli avvenimenti (Dan. 4:35-37,

Sal. 115:3, ecc.).

3. DIO: IL CREATORE

3.1 Dio creò ogni altra cosa che esiste

Gen. 1:1; Apoc. 4:11; Col: 1:16

Notiamo che questo comprende non solo l’universo materiale, ma anche tutti gli

altri esseri spirituali.

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3.2 Dio creò ogni cosa dal nulla per mezzo della Sua Parola

Ebr. 11:3; 2° Pt. 3:5

Ne consegue:

a) che la materia non è eterna;

b) che Dio – che è Spirito – è distinto e separato dal suo creato. Questo in

contrasto con quanto sostenuto dal panteismo (buddismo, induismo ecc.),

secondo il quale Dio è “la somma di tutto ciò che esiste”. Rispetto al creato, Dio

è “trascendente” (al di sopra), più che “immanente” (presente in esso), anche se

è comunque onnipresente.

Sebbene Dio abbia creato ogni cosa dal nulla, è anche vero che in alcuni casi ha

poi usato le cose create per formare altre cose più elevate (“creazione

secondaria”): vedi Gen. 2:7, 19.

3.3 La creazione ebbe luogo in un tempo determinato del passato

Gen. 2:1-3, Es. 20:11

Contrastano dunque con la Bibbia le teorie cosmologiche della “creazione

continua della materia” (la Bibbia dunque concorda con la “Prima legge della

termodinamica”, secondo la quale nell’universo attualmente osservabile “nulla si

crea e nulla di distrugge”); ed anche tutte le teorie evoluzionistiche che

sostengono che continuino ad evolversi nuove forme di essere. La creazione è

terminata (Gen. 2:1-3).

Fanno eccezione i miracoli creativi, che sono comunque quasi sempre di

“creazione secondaria”, cioè partono da una materia già esistente: Giov. 2:5-10;

6:1-13; cap. 9; ecc.

3.4 Dio creò ogni cosa per mezzo del Figlio

Giov. 1:3; Col. 1:16; Prov. 8:22-31 con 1° Cor. 1:24; Ebr. 1:2

3.5 Anche lo Spirito partecipava alla creazione

Gen. 1:2, 2:7

3.6 La relazione tra Dio e il suo creato

a. Dio lo mantiene in esistenza (e lo fa per mezzo del Figlio): Ebr. 1:3, Col. 1:17

b. Ad un tempo stabilito, però, cesserà di mantenerlo in esistenza: 2° Pt. 3:7,

Apoc. 20:11, 21:1

c. Ogni cosa appartiene a Dio per diritto di creazione: Sal. 95:5, 100:3; Apoc. 2:8,

Sal. 24:1-2

d. Dio si manifesta per mezzo del creato: Rom. 1:19-20; Gen. 1

i) la Sua esistenza;

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ii) la Sua intelligenza e razionalità (l’ordine);

iii) la Sua bontà (Gen. 1:31, Atti 14:17);

iv) la Sua personalità (Gen. 1:27).

e. La creatività di Dio è riflessa nell’uomo (siamo creati a immagine di un

Creatore): Gen. 1:26

f. Dio regna sovrano sul Suo creato:

i) sulla natura (Sal. 147:7-9,15-18; Matt. 10:29)

ii) sugli eventi cataclismici (Sal. 29:3-10, 2° Pt. 3:7)

iii) sulle vicende della storia (Is. 44:27-28, 45:13, 10:5-7,12-15, Dan. 4:34-35).

iv) su ogni avvenimento nella vita personale dei Suoi figli: Matt. 10:29-31, Rom.

8:28

4. GLI ATTRIBUTI MORALI DI DIO

4.1 Santità

Definizione: il significato originale della parola ebraica qadosh è probabilmente

“separato”. Possiamo distinguere diversi aspetti di questa “separazione”:

a) Dio è separato da, e superiore a, ogni essere creato; Egli è un Dio trascendente

che non può essere paragonato con altri (Is. 40:25, 43:1-3). In questo senso, la

santità parla della maestà di Dio. Nel libro di Isaia, che pone in grande rilievo la

maestà e la sovranità di Dio, il titolo “il Santo” gli viene applicato una trentina di

volte.

b) Dio è separato da, e non può essere toccato da, tutto ciò che è impuro: Lev.

11:43-45; Giob. 15:15-16; Hab. 1:13. Questa Sua caratteristica implica la

necessità della santità per tutti coloro che vogliono avere comunione con Lui:

Sal. 24:3-4, 1° Pt. 1:16, 1° Giov. 1:5-6, Apoc. 21:27. Anche Gesù, l’unico

Mediatore tra Dio e l’uomo, doveva essere santo per poter entrare alla Sua

presenza (Ebr. 7:26).

Nella Bibbia, la santità di Dio è indicata come il motivo principale per cui Egli viene

lodato e glorificato nei cieli (Is. 6:3, Apoc. 4:8) e deve esserlo anche sulla terra

(Sal. 99:9 ecc.).

La Bibbia attribuisce la santità indistintamente al Padre (Giov. 17:11), al Figlio (Atti

3:14) e allo Spirito (Ef. 4:30 ecc.).

Conseguenze della santità di Dio:

a) Dio non può sopportare il peccato e l’impurità: Prov. 15:9,26

b) Il peccatore è separato da Dio: Is. 59:2.

c) Sono necessarie l’espiazione e la purificazione del peccato: Ebr. 9:22, 10:19.

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4.2 Giustizia

Mentre la santità è una qualità intrinseca del carattere di Dio, la giustizia riguarda

le Sue legge e i Suoi atti: Gen. 18:25; Deut. 32:4; Rom. 3:5-6,21-26.

Praticamente, la giustizia di Dio significa che tutto ciò che Egli fa è fatto bene.

Questo comprende anche la Sua ira e la punizione dei malvagi: Apoc. 19:1-2. (Per

un trattamento più esteso di questo tema, vedi lezione 3, “L’ira e il giudizio di Dio”

del modulo L’opera della salvezza).

4.3 Veracità

La Bibbia dice che “è impossibile che Dio abbia mentito” (Ebr. 6:18). La veracità è

un aspetto intrinseco del Suo carattere (Sal. 31:5-6). Perciò conviene crederGli,

anche se ciò vuol dire dare torto a tutti quanti gli uomini, compresi noi stessi!

(Rom. 3:4).

Allo stesso modo, anche Gesù dice “Io sono... la verità” (Giov. 14:6, cfr. 1:17).

Similmente le parole di Dio sono identificate con la verità: Sal. 19:7, 12:6; Giov.

17:17; Ef. 1:13.

Le stesse parole ebraiche per “verità” (emuna, emeth) vengono spesso tradotte

con “fedeltà”, qualità con la quale è strettamente collegata: vedi ad es. Sal. 108:4,

146:6.

4.4 Fedeltà

La fedeltà di Dio è legata alla Sua immutabilità, ma ha anche una dimensione

morale. Quando Dio ha promesso una cosa, manterrà immancabilmente la Sua

parola (Num. 23:19, Is. 55:11, Ebr. 10:23, Lc. 1:37). Quando Egli si è legato con

un patto, rimarrà fedele anche se l’altra parte è infedele (2° Tim. 2:13). Lo stesso

vale per le sue minacce di retribuzione e di giudizio: Is. 10:23, Ger. 1:12.

4.5 Bontà

Come la santità, anche la bontà, o benignità, di Dio è una Sua qualità intrinseca.

Egli è buono (Sal. 100:5, 118:1) ed è impossibile che faccia qualcosa di perverso o

di malvagio (Deut. 32:4). La Sua bontà è infinita (Sal. 103:11) ed eterna (v. 17).

La bontà di Dio si esprime verso le Sue creature con tre manifestazioni

strettamente collegate tra loro: l’amore, la grazia e la misericordia.

a) L’amore di Dio si esprime prima nei rapporti che intercorrono tra le Persone

della Trinità (Giov. 17:24) – infatti la Bibbia dice che “Dio è amore” (1° Giov. 4:8)

– e poi verso tutto il creato, in particolare verso gli uomini, che sono stati fatti a

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Sua immagine. L’amore di Dio verso gli uomini è una benevolenza perfetta e

disinteressata.

b) La grazia mette in rilievo il fatto che la Sua benevolenza è immeritata: è un puro

dono che deriva non da un nostro merito, ma dalla Sua bontà. Dalla grazia

(greco charis) derivano i molti doni (charismata) che Egli dà agli uomini,

principale dei quali è il “dono ineffabile” della salvezza in Gesù Cristo (Ef. 2:4-9).

c) La misericordia sottolinea particolarmente il perdono, il fatto che Dio non ci

tratta secondo i nostri peccati. La misericordia è un aspetto della bontà di Dio

che pone in rilievo l’atteggiamento di Dio verso di noi, mentre la grazia

sottolinea il Suo comportamento.

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5. I NOMI DI DIO

Nel pensiero biblico, il nome di una persona ha un significato molto maggiore che

non per noi. Talvolta Dio dà il nome a un individuo alla nascita per indicare ciò

che dovrà essere (Mt. 1:21) o come garanzia di una Sua promessa (Lc. 1:13, Os.

1:4-9, Is. 8:1-4). Altre volte cambia il nome a qualcuno per indicare un

cambiamento nella sua natura o per garantire le proprie intenzioni nei suoi

confronti (Gen. 17:5,15; 32:28; Is. 62:2; Ger. 20:3; Apoc. 2:17).

Non solo, ma a volte il nome della persona equivale alla persona stessa (Is. 30:27;

Prov. 18:10; 1° Re 8:16). In particolare, il Nome di Dio è una rivelazione della Sua

natura (Es. 3:13-15; Sal. 76:1; 111:9).

Perciò i nomi con i quali Dio si fa conoscere e nominare costituiscono una

rivelazione della Sua persona, della Sua natura e delle Sue intenzioni.

5.1 NOMI GENERALI

5.1.1 Dio (Ebr. el, eloah, elohim; gr. theos)

Il significato base di tutte queste parole è “dio” o “Dio”, e sono applicate anche ai

dèi falsi o pagani (Gen. 35:2, Deut. 4:28 ecc.), anche se la Bibbia sottolinea spesso

che solo Jahweh è veramente Dio (Is. 44:6; 1° Re 18:21,39; Atti 19:26).

La forma plurale elohim è tradotta “dèi” quando si riferisce alle divinità pagane,

ma “Dio” quando è usata del Dio vero e supremo, Jahweh. La lingua ebraica infatti

usa il plurale come una sorta di superlativo (pluralis majestatis), quindi con il

senso “il Dio grande”, “il Dio per eccellenza”, in contrasto con coloro che non sono

veramente dèi. È possibile comunque che il plurale contenga già un riferimento

“nascosto” alla Trinità.

5.1.2 Signore (ebr. adonai, gr. kyrios)

Questo titolo sottolinea la sovranità di Dio. Veniva applicato anche ai re e ai

potenti umani. Nel N.T. è usato sia del Padre che del Figlio.

5.1.3 L’Eterno (ebr. Jahweh)

Questo è il nome personale del Dio della Bibbia. Viene usato sin da Gen. 2:4, ma il

suo significato è spiegato a Mosè in Es. 3:13-15: “Io sono colui che sono”, o forse:

“Io sarò tutto ciò che vorrò essere”. In ogni modo, il nome rivela la sovranità,

l’eternità e l’onnipotenza di Dio.

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5.2. NOMI PARTICOLARI

5.2.1 Il Dio di Israele (El-Elohe-Yisra’el)

Dopo la sua lotta con l’angelo, Giacobbe adora Dio sotto questo nome, accettando

cosí il nuovo nome datogli da Lui (Gen. 32:30, 33:20). Successivamente Dio viene

spesso invocato sotto questo nome, che commemora la Sua potenza

trasformatrice: aveva infatti cambiato Giacobbe (“soppiantatore”, “imbroglione”) in

Israele (“colui che lotta con Dio”).

5.2.2 L’Eterno che provvede (Jahweh-yireh)

Nome dato da Abramo al luogo del “sacrificio” di Isacco (Gen. 22:14); significa

“L’Eterno vede” oppure “provvede”. Dio si era rivelato ad Abramo come un Dio che

osserva tutto e che s’interessa delle vicende umane per provvedere a ogni

necessità, anche miracolosamente.

5.2.3 L’Eterno che guarisce (Jahweh-rapheka)

Dio si presenta con questo nome in Es. 15:26, quando promette agli Israeliti, in

cambio dell’ubbidienza, di non affliggerli con nessuna delle malattie (piaghe) che

aveva mandato sugli Egiziani: è notevole che questa è una promessa di salute,

non di guarigione. Il nome indica che guarire, riparare e restaurare fa parte della

natura stessa di Dio.

5.2.4 L’Eterno mia bandiera (Jahweh-nissi)

Nome dato da Mosè all’altare commemorativo della vittoria contro Amalek (Es.

17:15). Dio si era rivelato come il Dio della vittoria, Colui attorno al quale il Suo

popolo si unisce come un esercito e sotto la cui guida riporta la vittoria. Infatti

quella vittoria si era ottenuta non solo con le armi, ma soprattutto grazie

all’intercessione di Mosè (Es. 17:10-13).

5.2.5 L’Eterno che santifica (Jahweh-M’kaddishkim)

In Es. 31:13 Dio ammonisce gli Israeliti ad osservare scrupolosamente il riposo del

Sabato “perché io sono l’Eterno che vi santifica”. Dio non solo è il Santo, ma anche

Colui che apparta per sé un popolo, chiamandolo ad essere santo per Lui.

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5.2.6 L’Eterno che è pace (Jahweh-shalom)

Nome dato da Gedeone all’altare eretto ad Ofra (Giud. 6:24). Dio gli si era rivelato

come un Dio propizio che vuole benedire il Suo popolo e stargli vicino per

liberarlo.

5.2.7 L’Eterno nostra giustizia (Jahweh-zidkenu)

Nome o titolo dato al Messia in Ger. 23:5-6. Adombra la verità neotestamentaria

che Dio stesso, incarnatosi, diventa la nostra giustizia, sostituendo la propria

persona perfetta alla nostra giustizia inadeguata (2° Cor. 5:21).

5.2.8 L’Eterno degli eserciti (Jahweh-sheba’oth)

Usato per la prima volta in 1° Sam. 1:3, è un titolo frequente nei Salmi e nei Profeti

che presenta Dio come Salvatore e Protettore del suo popolo. Gli “eserciti” sono le

schiere degli angeli che eseguono gli ordini di Dio e combattono contro i Suoi

nemici (cfr. Gios. 5:14, 2° Re 6:16-17, Dan. 10:13, Apoc. 19:14).

5.2.9 Il Santo d’Israele (qedosh Yisra’el)

Titolo usato 29 volte dal profeta Isaia. Altri nomi simili sono: “il Potente d’Israele”

(Is. 1:24) e “la gloria (o “forza”) d’Israele” (1° Sam. 15:29).

6. DIO: IL PADRE

6.1 La natura paterna

Prima di considerare le varie relazioni paterne di Dio, notiamo che la paternità è

un elemento essenziale della Sua natura. In Ef. 3:14-15 Egli è chiamato: “il Padre,

dal quale ogni famiglia (gr. patria) nei cieli e sulla terra prende nome”. La

relazione paterna – che dà origine e nome al primo raggruppamento sociale

(“famiglia”) e vi esercita amore, autorità e cura – è un principio fondamentale di

tutto l’ordine creato. Anche al Cristo viene dato il titolo di “Padre eterno” (Is. 9:5).

Egli infatti è Figlio nella relazione con il Padre, ma svolge un ruolo paterno (cioè di

“capo”) nei confronti del creato e della Chiesa, come pure di ogni padre di famiglia

umano (1° Cor. 11:3).

La paternità, dunque, non è in primo luogo un concetto biologico, ma di ruolo e

funzione.

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6.2 Padre del creato

Dio è chiamato “Padre” nei confronti degli angeli (“figli di Dio” – Giob. 1:6, 38:7);

di Adamo, il primo uomo (Lc. 3:38); e di tutti gli uomini (Is. 64:8, Mal. 2:10, Atti

17:28-29).

Notiamo però che, pur trattandosi di creazione e non di generazione, sono

chiamati “figli di Dio” solo gli esseri personali ed intelligenti, capaci cioè di un

rapporto personale con Lui. In questi casi, “Padre” significa:

a) origine: proveniamo da Lui come “capostipite”;

b) somiglianza: abbiamo preso da Lui certe caratteristiche del nostro essere, per

cui siamo in grado di avere comunione con Lui;

c) autorità: Egli come Padre ha il diritto di darci ordini e di punire la nostra

disubbidienza.

6.3 Padre di Israele (Es. 4:22, Os. 11:1, Is. 1:2)

Dio chiama Israele “suo figlio” in un senso simile al precedente: la nazione traeva

origine dalla Sua azione redentrice, era chiamata a una relazione particolare con

Lui per rappresentarLo come “nazione di sacerdoti” (Es. 19:6), ed era sottoposta

alla Sua autorità e governo diretto (1° Sam. 8:7).

6.4 Padre del Signore Gesú Cristo

Nel Nuovo Testamento Gesú rivela Dio come Padre in un senso diverso dai

precedenti: scandalizzò infatti gli Ebrei chiamando Dio suo Padre e facendosi cosí

uguale a Lui (Gv. 5:18). La parola usata da Gesú in aramaico era indubbiamente

“Abba”, equivalente al nostro “papà” (Mc. 14:36, cfr. Rm. 8:15), che esprime

intimità familiare.

La relazione di Gesú col Padre è unica nel suo genere: egli è chiamato “l’unigenito

Figlio” (Gv. 1:14,18, 3:16, 1° Gv. 4:9). Gesú stesso non dice mai: “Padre nostro”, in

modo da includere se stesso e i discepoli in un’unica relazione, ma invece “Padre

mio e Padre vostro” (Gv. 20:17), riferendosi a due relazioni di tipo diverso.

La paternità di Dio nei confronti di Gesú comprende gli aspetti già notati: origine

(almeno per quanto riguarda l’Incarnazione: Gv. 8:42), somiglianza (Gv. 1:18,

14:9) ed autorità (Gv. 5:19,30; 1° Cor. 11:3). Ma mette in risalto soprattutto un

altro aspetto: accesso e intimità (Gv. 1:18, 17:24-25), dimostrato in tutto il Suo

modo di parlare con Dio. Rivela dunque del Padre la tenerezza e il desiderio di

comunione.

Introduzione alla Dottrina Cristiana

Parte prima

14

Tipico della paternità è il desiderio che i figli, cresciuti, risultino simili al Padre:

questo desiderio, deluso dagli Israeliti (Deut. 32:5-6,19-20), è invece realizzato in

Gesú (Mt. 3:17).

6.5 Padre dei credenti in Cristo

Gesú è chiamato non solo “l’Unigenito del Padre”, ma anche “Primogenito fra molti

fratelli” (Rm. 8:29): per mezzo di Lui, anche i credenti possono diventare figli di

Dio (Gv. 1:12). La paternità di Dio nei confronti di Gesú è unica per certi aspetti,

ma per altri è il modello della Sua paternità nei nostri confronti.

La Bibbia parla di questa paternità in due modi. Dal punto di vista giuridico è

adottiva (Gal. 4:5, Ef. 1:5).

(N.B. L’adozione, nel mondo antico, non avveniva nell’infanzia ma in età adulta e

non mirava a dare una famiglia al figlio, ma un erede al padre adottivo. Infatti il

termine sarebbe forse meglio reso con l’espressione “riconoscimento come figlio”;

cfr. Rm. 8:15-17). Ma dal punto di vista dell’esperienza è naturale, per rigene-

razione (Gv. 1:12-13).

Diventando figli di Dio, possiamo fare esperienza della Sua paternità nei seguenti

modi:

a) Amore, comunione, consolazione e intimità (Rm. 8:15, Gv. 16:27, 1° Gv. 1:3, 2°

Cor. 1:3-4).

b) Cura amorevole e soddisfacimento delle necessità (Mt. 6:26-32).

c) Esaudimento delle richieste (Mt. 7:9-11, Gv. 16:26-27).

d) Riprensione e castigo per il nostro bene (Ebr. 12:5-11).

Lo scopo della paternità di Dio è infatti che diventiamo simili a Lui (Ebr. 2:10, 2°

Pt. 1:4, Mt. 5:45,48).

6.6 Padre e madre

Mentre Dio è spesso chiamato “Padre”, alcune scritture lo paragonano anche a una

madre: Is. 49:15, 66:13, Sal. 131:2, ecc. Visto che Dio non ha sesso biologico e

che sia l’uomo che la donna furono creati a Sua immagine e somiglianza (Gen.

1:27), possiamo ben concludere che la Sua relazione con noi ha del materno oltre

che del paterno. Infatti la caratteristica piú marcata della paternità è il desiderio

che i figli maturino e diventino simili al padre, quelle della maternità sono

l’accettazione incondizionata e la consolazione (cfr. 2° Cor. 1:3-4).

Introduzione alla Dottrina Cristiana

Parte prima

15

7. IL FIGLIO PRIMA DELL’INCARNAZIONE

7.1 La preesistenza del Figlio

È soprattutto nel Vangelo di Giovanni che viene affermata l’eterna preesistenza di

Dio il Figlio. Qui troviamo chiaramente indicata:

a) la sua esistenza prima dell’Incarnazione:

Gv. 1:15,30: prima di Giovanni Battista

Gv. 8:58: prima di Abramo

Gv. 17:5,24: prima della creazione del mondo.

b) che egli è venuto dal cielo: Gv. 3:13,31; 6:33,38,41,51,58,62.

c) che era nel principio col Padre: Gv. 1:1-4,14.

L’uguaglianza del Figlio col Padre prima dell’Incarnazione è affermata nei seguenti

brani:

Gv. 1:1-2, 5:18,23; Fil. 2:6; Col. 1:15-19.

In Gv. 17:5, Gesú stesso parla della gloria che condivideva col Padre nella Sua

esistenza preincarnata.

7.2 L’opera del Figlio nella creazione

Vedi Gv. 1:3,10; Col. 1:16; Ebr. 1:10; cfr. Gen. 1:26, 3:22. Inoltre, cfr. Prov. 8:22-

31 con 1° Cor. 1:24.

7.3 L’Angelo del Signore nell’A.T.

Nell’A.T. troviamo ripetute apparizioni di un essere chiamato “l’Angelo di JHWH”,

che risulta essere egli stesso Dio. Poiché la Bibbia afferma che “nessuno ha mai

visto né può vedere” Dio (cioè il Padre), ma che è stato il Figlio a manifestarlo e

farlo conoscere (1° Tim. 6:16; Gv. 1:18), la conclusione piú logica è che questo

“Angelo” (= messaggero, inviato) di Dio altro non è che il Figlio preincarnato.

I brani nei quali l’Angelo dell’Eterno risulta essere Dio sono:

Genesi 16:7-14 (fa delle promesse come Dio)

18:1 – 19:25 (è JHWH stesso che appare)

21:17-19

22:11-18 (nota il v. 12: “non mi hai rifiutato...”)

31:11-13

32:24-30 (cfr. Os. 12:4-5)

48:15-16

Esodo 3:2-18

Introduzione alla Dottrina Cristiana

Parte prima

16

14:19-24 (cfr. 1° Cor. 10:1-4)

23:20-23

Giosuè 5:13-15 (accetta l’adorazione; e cfr. Apoc. 19:11-14 ed Es. 3:5)

Giudici 2:1-4

6:11-24 (accetta il sacrificio)

13:3-22

2° Samuele 24:16-17 (è distinto da Dio)

Zaccaria 12:8

In Giuda 9 / Zacc. 3:1-3, invece, “l’Angelo del SIGNORE” è identificato con

l’arcangelo Michele.

8. L’INCARNAZIONE

8.1 La Parola si è fatta carne

Gli autori biblici – specialmente Giovanni – insistono sul fatto che Gesú è

veramente venuto “nella carne”:

Gv. 1:4; 1° Gv. 4:2; 2° Gv. 7; 1° Tim. 3:16.

Questo per opporsi alla nascente eresia del Docetismo (dal greco dokein,

“apparire”), che sosteneva che il Logos fosse venuto solo nella “apparenza” di

carne umana e che non fosse realmente morto in croce.

Paolo e Pietro fanno menzione dell’Incarnazione soprattutto in relazione con la

Croce, cioè con l’espiazione compiuta da Gesú: Ef. 2:14-15; Gal. 4:4-5; Col. 1:22;

Rom. 8:3; 1° Pt. 3:18, 4:1.

8.2 Il significato di “carne”

Sia nell’A.T. che nel N.T., la parola “carne” viene usata con vari significati:

1) “Carne fisica, muscolo” (spesso insieme con “ossa” e “sangue”): Gen. 2:21,

Ezech. 37:5-6, Lc. 24:39, ecc.

2) “Simbolico della vita creata e dipendente, comune a uomini e ad animali” (J.I.

Packer); da questo, anche “l’insieme degli uomini e/o degli animali”: Gen.

7:15,21; Gv. 17:2; Gal. 2:20.

Spesso è in vista la debolezza e impermanenza di questa vita:

Is. 40:6; 1° Cor. 15:50; Ebr. 5:7, cfr. Mc. 14:38.

Fa contrasto con “Dio” o con “spirito”, che sono eterni (Is. 31:3, Mt. 16:17).

Solo nel N.T., è usata anche per indicare:

3) “la vita umana naturale, incapace da sola di piacere a Dio” (Gv. 3:6, Ef. 2:3, Gal.

5:17, Rom. 7:18, 8:3-7,13, ecc.);

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17

4) “la vita non rigenerata, vissuta in ribellione contro Dio” (Rom. 9:8, Gal. 5:19,

ecc.)

Deve essere ovvio che Cristo, mentre è venuto “in carne” nel senso 2), ed ha

partecipato alla nostra natura “carnale” nel senso 3), non è mai vissuto “secondo

la carne” nel senso 4).

È chiaro infatti dal Nuovo Testamento che Egli partecipò a tutta la debolezza,

anche morale, e alle tentazioni comuni a tutti gli uomini (Rom. 8:3, Ebr. 4:15, 5:7,

cfr. Giac. 1:14), senza però commettere peccato (1° Pt. 2:22, Gv. 8:46, ecc.).

8.3 Necessità e risultati dell’Incarnazione

1) La morte espiatoria di Cristo richiedeva l’incarnazione, dal momento che solo

nella carne Egli poteva morire (cfr. 1° Pt. 3:18).

2) Cosí Egli è potuto diventare il mediatore tra Dio e l’uomo, essendo nello stesso

tempo Dio e anche uomo (1° Tim. 2:5).

3) È diventato il “secondo uomo”, pioniere di una nuova umanità destinata a

regnare sull’universo (1° Cor. 15:21-23, 47-49; Rom. 5:15-19; Ebr. 2:6-12).

8.4 Le modalità dell’incarnazione

Un secolare dibattito teologico ha cercato – senza troppo successo – di spiegare

“come” Gesú poteva essere quel che la dottrina biblica chiaramente richiede:

“Dio e uomo in due nature distinte ma in una sola persona” (Catechismo di

Westminster).

Non c’è accordo tra i teologi sull’esatto modo in cui coesistevano in Cristo la

natura umana e quella divina. Chiaramente il Logos incarnato possedeva ancora la

natura divina (Col. 1:17, 2:9, Ebr. 1:3); inoltre, la sua dipendenza e sottomissione

al Padre continuavano semplicemente la loro relazione precedente (cfr. 1° Cor.

11:3, 15:28).

Un brano chiave è Fil. 2:7, dove la parola (gr. ekenose, da cui il termine teologico

“kenosis” o “svuotamento”) tradotta “annichilí” (Diodati, Riv.) o “spogliò” (NRiv.)

significa letteralmente “svuotò” (cosí la NDiod.). Cfr. anche Gv. 17:5,24 e 2° Cor.

8:9.

È chiaro dalle Scritture che Gesú non possedeva l’onniscienza divina (Mc. 13:32), e

anche che si era “svuotato” della pienezza della sapienza di Dio (Lc. 2:52). Il fatto

che abbia iniziato ad insegnare con autorità e a fare opere potenti soltanto dopo

la discesa su di lui dello Spirito Santo (Lc. 3:22, 4:14-37) suggerisce fortemente

che aveva lasciato anche l’onnipotenza di Dio.

La Bibbia dice anche che “in ogni cosa è stato tentato come noi, però senza

peccare” (Ebr. 4:15). Un confronto con Giac. 1:14 suggerisce quindi che Egli abbia

Introduzione alla Dottrina Cristiana

Parte prima

18

partecipato anche alla nostra natura tendente verso il peccato, ma che abbia

resistito alle tentazioni per vincere il peccato “nella carne”.

Alla domanda se Gesú avesse la possibilità di peccare, possiamo rispondere che:

in quanto Dio, non poteva peccare (N.B. ma neanche poteva morire!);

in quanto uomo, poteva peccare (altrimenti non avrebbe partecipato alla stessa

nostra umanità);

ma in quanto “secondo uomo”, nato dallo Spirito, poteva non peccare, ed è

quello che fece.

9. UFFICI E TITOLI DI CRISTO

I vari nomi e titoli usati dalla Bibbia per parlare di Gesú possono aiutarci a meglio

capire i vari aspetti della sua persona e della sua missione. Qui ne esamineremo

solo alcuni dei piú importanti.

9.1 Figlio dell’uomo

Questo titolo, frequente particolarmente nei Sinottici, è usato da Gesú per

sottolineare la propria umanità (cioè la sua identificazione con coloro che era

venuto a servire e a salvare), e particolarmente quando parla della sua imminente

morte e resurrezione (Mc. 8:31, 9:31, 10:33,45, 14:21,41, ecc.).

È però usato anche per identificarsi con il personaggio di Dan. 7:13-14, quindi nel

contesto escatologico (Mc. 8:38, 13:26, 14:62; Lc. 17:24; Mt. 25:31, ecc.), e

costituisce perciò un’affermazione di essere il Messia delle profezie (cfr. anche Is.

9:5).

9.2 Figlio di Dio

Usato in tutto il N.T. – anche con varianti quali “Figlio dell’Altissimo” (Lc. 1:32) e

“Figlio del Benedetto” (Mc. 14:61) – è un altro titolo messianico (Sal. 2:7,12, 2°

Sam. 7:14, cfr. Ebr. 1:5). Il rapporto esclusivo preteso da Gesú con Dio come suo

Padre è riflesso sia nelle prime che nelle ultime parole note dalla sua vita nella

carne (Lc. 2:49, 23:46). Piú di 150 volte nei Vangeli egli fa riferimento a Dio come

suo Padre (vedi ad es. Mt. 11:27).

9.3 Salvatore

È il significato dello stesso nome “Gesú”. Questo titolo gli viene applicato ancora

prima della nascita (Mt. 1:21, Lc. 1:69-71, 2:11) ed è spesso abbinato a “Signore”

e “Cristo” (15 volte nel N.T.: Gv. 4:42, 2° Pt. 2:20, 3:18, ecc.).

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Parte prima

19

9.4 Cristo (Messia)

“Cristo” (greco christos) e “Messia” (ebr. mashiyah) hanno lo stesso significato,

cioè “Unto”. Fu questo il titolo comunemente dato dagli Ebrei all’atteso Liberatore

escatologico (cfr. Sal. 2:2, Dan. 9:25-26). L’unzione d’olio profumato era usata

nell’ordinazione dei re (1° Sam. 9:16, 10:1, 16:1,12-13) e dei sacerdoti (Es. 29:7,

30:30), e simboleggiava la consacrazione e l’autorità dello Spirito Santo (Lc. 4:18

= Is. 61:1). Lo stesso titolo viene dato nell’A.T. anche a strumenti inconsapevoli

nelle mani di Dio: Ciro (Is. 45:1) e Hazael (1° Re 19:15).

Mentre il titolo di “Cristo” fu dato a Gesú fin dalla nascita (Lc. 2:11), possiamo dire

che egli sia diventato effettivamente l’Unto di Dio dopo il battesimo nel Giordano

e la discesa dello Spirito su di lui (cfr. Atti 2:36, 10:38).

9.5 Re

Particolarmente in relazione con il “Regno di Dio”, quindi con significato

escatologico, e con riferimento alle promesse di un successore di Davide: Sal.

45:6,11,14; Is. 9:5-6; Mt. 2:2; Lc. 1:32-33, 19:38; Gv. 18:33-37, ecc.

9.6 Signore

Uno dei titoli piú comuni nel N.T. (350 volte); è significativo che è la stessa parola

(kyrios) usata per rappresentare in greco i nomi divini adonai e Jahweh. Già

nell’A.T. è un titolo messianico (Sal. 110:1), e con questo significato è spesso

usato nella forma “mio Signore” (ad es. Lc. 1:43). Era anche un titolo dato

all’Imperatore romano, per cui la dichiarazione “Gesú Cristo è il Signore” (1° Cor.

8:5-6, 12:3; Fil. 2:11) poteva essere preso come sovversivo (cfr. Atti 17:7).

Atti 2:36 sembra suggerire che “Signore” sia un titolo dato a Gesú con un

significato piú pieno solo dopo l’Ascensione (cfr. Sal. 110:1).

9.7 Profeta

“Il profeta” era un altro personaggio escatologico atteso dai Giudei, ma non

solitamente identificato con il Messia (Deut. 18:15, che solo in parte si può riferire

ai profeti d’Israele; vedi Atti 3:22, 7:37). Gesú fu largamente riconosciuto come un

profeta (Lc. 4:24, 7:16, 22:64), e da alcuni forse come “il” Profeta.

9.8 Sommo Sacerdote

Il concetto del sacerdozio di Gesú “secondo l’ordine di Melchisedec” è ampiamente

sviluppato in Ebrei 4:14 – 7:28, citando Sal. 110:1 e Gen. 14:18-24. Il sacerdozio

comprende le idee di sacrificio, intercessione e mediazione.

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20

9.9 Parola (Logos)

Termine usato solo da Giovanni e preso in prestito dalla filosofia greca, quindi un

tentativo di dialogo con la cultura greca. Oltre al semplice significato di “parola,

discorso”, logos significava per gli Stoici “il potere o la funzione divina per cui è

data all’universo unità, coesione e significato”, da cui il principio, il modello o la

norma per la vita dell’uomo.

Il filosofo ebreo Filone di Alessandria (d’Egitto), influenzato sia dall’A.T. che dalla

filosofia greca, usava il termine per significare lo strumento della creazione e della

rivelazione di Dio – identificato anche con l’Angelo dell’Eterno e con il suo Nome –

ed è da lui chiamato “Sommo Sacerdote”, “Capitano e Timoniere”, “Avvocato”

(Paracleto) e “Figlio di Dio”; è addirittura chiamato un “secondo Dio” ma, nello

stesso tempo, è anche un Uomo ideale.

10. IL FIGLIO DOPO L’ASCENSIONE

10.1 IL SUO MINISTERO ATTUALE

10.1.1 L’uomo glorificato

Dopo la Resurrezione, Cristo, “primizia” di coloro che risorgeranno, apparve ai

discepoli nel suo “corpo spirituale”, simile a quello che avremo anche noi dopo la

resurrezione dei credenti alla sua venuta (1° Cor. 15:23,35-49).

Con l’Ascensione, egli è ritornato nella gloria del Padre “dove era prima” (Gv.

17:5, 6:62); ma è importante comprendere che ora, chi sta alla destra del Padre

non è solo Dio il Figlio, ma resta anche un Uomo glorificato (Ebr. 2:5-12; 1° Tim.

2:5; Apoc. 1:13, ecc.).

Il suo ministero presente non riguarda essenzialmente il mondo, ma è tutto

centrato sulla Chiesa: Egli lavora e aspetta perché la Sposa si prepari (Apoc. 19:7).

10.1.2 Ha presentato il proprio sangue

Gesú, “sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec”, ha presentato una volta

per sempre l’offerta del proprio sangue sull’altare celeste per ottenere la

remissione dei peccati a tutti coloro che credono in Lui (Ebr. 9:11-14). Poi si è

seduto alla destra di Dio (Sal. 110:1, Ebr. 10:12-13).

Introduzione alla Dottrina Cristiana

Parte prima

21

10.1.3 Ha mandato lo Spirito

Come conseguenza e prova del suo trionfo e della sua glorificazione, Gesú ha

mandato sui discepoli lo Spirito Santo promesso (Atti 2:33). (Quest’azione

comunque viene attribuita talvolta al Figlio, altre volte al Padre: Gv. 16:7, 14:26).

10.1.4 Dà doni ministeriali

Secondo Efesini 4:7-11, è il Cristo risorto e glorificato che arricchisce la Chiesa,

stabilendo degli uomini come apostoli, profeti, evangelisti, pastori e insegnanti.

La stessa azione comunque viene talvolta attribuita allo Spirito Santo (es. Atti

13:1-2).

Da notare la differenza tra l’apostolato pre-ascensionale, limitato ai 12 testimoni

oculari (Atti 1:20-22, Apoc. 21:14), e quello post-ascensionale che non conosce

tali limiti. Questa opera di Gesú continuerà fino al perfezionamento della Chiesa

intera (Ef. 4:13).

10.1.5 Intercede per i credenti

L’intercessione per tutti i credenti, come individui e nel loro insieme, iniziata da

Gesú durante il ministero terreno (Gv. 17:9-24, Lc. 22:32), ora continua nel cielo

(Rom. 8:34, Ebr. 7:24-25).

È significativo che la Bibbia definisce questo ministero con la parola “intercedere”,

piuttosto che semplicemente “pregare”:

1) “Pregare” significa “chiedere”, quindi si applica anche alle richieste a proprio

favore, mentre “intercedere” e sempre a favore di un altro;

2) L’intercessione implica “intervenire” tra due litiganti, e implica la disponibilità

da parte dell’intercessore a pagare di persona le colpe altrui (Is. 53:12, 59:16;

Ez. 22:30; Es. 32:30-35, ecc.).

10.2 Il suo ministero futuro

(Si noti che i seguenti appunti presuppongono un’escatologia premillenniale

“classica”, cioè non dispensazionalista).

Dopo il perfezionamento della Sposa, Gesú ritornerà per:

a) Risuscitare e glorificare i credenti

Alla sua venuta, “i morti in Cristo risusciteranno per primi” (1° Tess. 4:16, cfr. 1°

Cor. 15:23, Apoc. 20:4-6) per regnare con Lui; insieme con i credenti ancora in

vita, trasformati anch’essi con un corpo immortale (1° Cor. 15:51-53), saranno

“rapiti” per incontrarlo e accompagnarlo nel suo arrivo trionfale (1° Tess. 4:16-17,

cfr. Mt. 25:6).

b) Giudicare le nazioni

Introduzione alla Dottrina Cristiana

Parte prima

22

Gesú stabilirà il suo regno sulla terra, cominciando con la resa dei conti dei suoi

servi (Mt. 25:14-30, 2° Cor. 5:10) e il giudizio degli uomini rimasti in vita sulla

terra (Mt. 25:31-46).

c) Stabilire pienamente il Regno

Poi “regnerà finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi” (1° Cor.

15:25); ogni altro regno (sistema di potere e di governo) sarà abolito e sottoposto

al suo dominio (Dan. 2:44 ecc.).

Gli ultimi nemici a essere distrutti saranno Satana e la morte (1° Cor. 15:26, Apoc.

21:10,14); allora avverrà la restituzione del Regno al Padre (1° Cor. 15:28) e il

giudizio del resto dei morti (Apoc. 20:5, 11-15). Poi saranno creati “nuovi cieli e

nuova terra”, dove “la dimora di Dio sarà con gli uomini” (Apoc. 21 – 22).

11. LA PERSONA DELLO SPIRITO SANTO

11.1 Lo Spirito Santo è una persona

11.1.1 Non è un’influenza impersonale

Alcune sette eretiche (es. “Testimoni di Geova”) insegnano che lo Spirito Santo non

sia una persona ma una emanazione, un’influenza o una forza impersonale.

Anche molti credenti, sebbene a parole ammettano la personalità dello Spirito

Santo, sono portati a considerarlo praticamente in termini impersonali.

È importante invece riconoscerLo come Persona per i seguenti motivi pratici:

a) Se non Lo onoriamo a dovere, Egli sarà rattristato e non potrà agire liberamente

come vorrebbe nella nostra vita individuale e collettiva.

b) Se Lo consideriamo come una “cosa”, tenderemo a pensare: “Come posso

possederlo e usarlo?” Se invece Lo consideriamo come Persona, saremo portati

invece a pensare: “Come posso lasciare che Egli mi possieda e mi usi?” (cfr. Atti

8:9-24).

c) Essendo lo Spirito Santo la sola persona della Trinità presente ora nel mondo e

in noi, è indispensabile riconoscerLo come Dio e coltivare con Lui un rapporto

personale.

11.1.2 Possiede gli attributi di una persona

a) Intelletto: Egli conosce e investiga (1° Cor. 2:10-11), pensa (Rom. 8:27), insegna

(Gv. 14:26) e parla (Atti 13:2 ecc.).

b) Emozioni: Egli può essere rattristato (Ef. 4:30, Is. 63:10) e ha dei desideri (Rom.

8:27).

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Parte prima

23

c) Volontà: Egli decide (1° Cor. 12:11), chiama a particolari forme di servizio (Atti

13:2), vieta (Atti 16:6).

11.1.3 Agisce come una persona

La Bibbia parla dello Spirito Santo che opera (2° Cor. 3:18), parla (Atti 21:11),

testimonia (Gv. 15:26), convince (Gv. 16:8), prega (Rom. 8:26) e guida (Mt. 4:1);

inoltre Gli si può mentire (Atti 5:3).

11.1.4 La Bibbia ne parla come persona

Sebbene la parola greca per “Spirito” (pneuma) sia di genere neutro, la Scrittura

applica allo Spirito di Dio il pronome personale maschile “Egli”, contro ogni regola

grammaticale (Gv. 14:15,16,26; 15:26-27; 16:7-14, particolarmente i vv. 13-14).

11.2 Egli è una persona divina

La Bibbia attribuisce allo Spirito Santo le seguenti qualità divine:

a) Eternità (Ebr. 9:14)

b) Onnipresenza (Sal. 139:7-10)

c) Onniscienza (1° Cor. 2:10, Gv. 14:26, 1° Gv. 2:27)

d) Santità (Rom. 1:4 ecc.)

Inoltre Egli è chiamato “Dio” (Atti 5:3-4) e “Signore” (2° Cor. 3:17), e viene nel

mondo per occupare il posto di Gesú (Gv. 14:16,26).

11.3 Le sofferenze dello Spirito Santo

(da W.R. Thomas, Il Paracleto, cap. V)

a) Egli è bestemmiato dalla presunzione umana (Mt. 12:31-32)

b) Egli è insultato dall’orgoglio umano (Ebr. 10:29)

c) Egli è rattristato dalla ribellione (Is. 63:10)

d) Egli è contrastato dall’incredulità (Atti 7:51, Ebr. 3:19)

e) Egli è tentato (messo alla prova) dall’ipocrisia (Atti 5:9)

f) Egli è spento dai pregiudizi (1° Tess. 5:19)

g) Egli è rattristato dalla leggerezza nei comportamenti dei credenti (Ef. 4:29-31).

11.4 Simboli usati dalla Bibbia per rappresentare lo Spirito

a) Acqua (Gv. 7:38-39; 1° Cor. 10:4). Suggerisce il potere di sostenere la vita, e il

lavaggio.

b) Fuoco (Mt. 3:11, Atti 2:3). Il fuoco parla della santità di Dio, del suo zelo e della

purificazione.

c) Vento (Atti 2:2, Gv. 3:8): il “soffio” di Dio potente e vivificante.

Introduzione alla Dottrina Cristiana

Parte prima

24

d) Olio (Lc. 4:18, 1° Gv. 2:20,27, Zacc. 4:2-3, Giac. 5:14). Usato nella

consacrazione di re, sacerdoti e profeti; nelle lampade; e per lenire le ferite.

e) La colomba (Mt. 3:16), simbolo della purezza (il bianco), la dolcezza e

l’innocenza (cfr. Mt. 10:16, Gal. 5:22).

f) Il suggello (Ef. 1:13). Segno di proprietà e di garanzia.

g) La mano o il dito di Dio (Ez. 1:3, Lc. 11:20). Lo strumento dell’efficace azione di

Dio nel mondo.

12. L’OPERA DELLO SPIRITO SANTO PRIMA DELLA

PENTECOSTE

12.1 Nella creazione

Già in Genesi 1:2 lo Spirito di Dio è menzionato nel racconto della creazione. Altri

brani della Scrittura confermano l’attività combinata dello Spirito (ruach) e della

Parola di Dio nella creazione:

a) dell’universo: Sal. 33:6

b) della mondo naturale: Sal. 104:30

c) dell’uomo: Giob. 33:4, Gen. 1:26, 2:7

12.2 Negli uomini dell’A.T.

Prima del diluvio, Dio decreta: “Lo spirito mio non contenderà per sempre con

l’uomo” (Gen. 6:3). Se il testo ebraico è autentico (le antiche versioni lo mettono in

dubbio), può significare che Dio abbia deciso di limitare il diretto intervento dello

Spirito Santo, dopo il Diluvio, alla linea del popolo messianico. Certamente nel

resto dell’A.T. vediamo raramente la Sua opera al di fuori del popolo d’Israele.

Alcune eccezioni sono: Balaam (Num. 22 – 24); i sogni di Abimelec (Gen. 20:3); il

Faraone d’Egitto (Gen. 41) e Nebucadnetsar (Dan. 2).

Prima della resurrezione e della glorificazione di Cristo, “lo Spirito non era ancora

stato dato” (Gv. 7:39, cfr. Gioele 2:28). Questo non vuol dire che non fosse attivo

nell’A.T., ma che la sua opera era saltuaria, temporanea e particolare. Lo Spirito di

Dio venne su alcuni eletti per compiti speciali:

A. I patriarchi. Abramo è chiamato profeta (Gen. 20:7); Giacobbe riceve rivelazioni

(Gen. 28:10-18, 32:24-30); Giuseppe ha e interpreta i sogni (Gen. 37:5-11,

40:5-22, 41:1-39).

B. I profeti. Da Mosè in poi, lo Spirito di Dio suscitò una serie di profeti in Israele,

il cui ministero si rivolgeva non solo al popolo eletto, ma a tutte le nazioni.

Alcuni di essi (Mosè, Elia, Eliseo) manifestarono non solo i doni profetici ma

anche i doni di potenza e di miracoli.

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Parte prima

25

C. I giudici. I capi militari e politici della nazione furono investiti dallo Spirito per

svolgere la loro funzione: Giosuè (Num. 27:18, Deut. 34:9); Othniel (Giud. 3:9-

10), Gedeone (6:34), Jefte (11:39), Sansone (14:6).

D. I re. Saul (1° Sam. 10:6 ecc.), Davide (1° Sam. 16:13) e probabilmente Salomone

(1° Re 3:9-12) ricevettero l’unzione profetica dello Spirito Santo dopo la loro

unzione con olio per l’incarico di re.

E. Altre operazioni. I 70 anziani (Num. 11:16-29), Betsaleel e compagni (Es. 28:3,

31:1-3) e i musicisti della tenda di Davide (1° Cron. 25:1) ricevettero l’unzione

dello Spirito per svolgere funzioni particolari fra il popolo di Dio.

Nell’A.T. possiamo trovare dei casi di tutti i doni e le manifestazioni dello Spirito

descritti nel Nuovo, ad eccezione delle lingue e della loro interpretazione. Ma tali

manifestazioni non erano per tutto il popolo di Dio.

12.3 Giovanni Battista

L’ultimo profeta dell’A.T. è l’unico personaggio biblico a ricevere l’unzione dello

Spirito fin dal seno materno (Lc. 1:15, cfr. 1:41-44); egli svolge il suo ministero

“con lo spirito e con la potenza di Elia”, sebbene non operi alcun miracolo. Gesú

dice di lui che è il maggiore di tutti “i nati di donna”, compresi quindi i profeti;

tuttavia aggiunge che “il minimo nel regno di Dio è maggiore di lui” (Lc. 7:28).

12.4 Nella vita di Gesú

A. Nacque dallo Spirito (Lc. 1:35, Mt. 1:18-20).

B. Nell’età adulta, lo Spirito scese su di lui come unzione di potenza (Lc. 3:22,

4:1,14,18,).

C. Fu condotto dallo Spirito (Lc. 4:1, cfr. Gv. 5:19,30, Rom. 8:14).

D. Parlò con autorità per lo Spirito (Mc. 1:22, 6:2).

E. Guarí i malati per lo Spirito (Atti 10:38).

F. Cacciò i demoni per lo Spirito (Mt. 12:28).

G. L’offerta di se stesso, la resurrezione e gli ordini dati ai discepoli prima

dell’ascensione furono tutti fatti per lo Spirito (Ebr. 9:14, Rom. 8:11, Atti 1:2).

In questo modo Gesú è diventato l’uomo-modello per noi, la “primizia” di una

nuova umanità (1° Cor. 15:47): tutto ciò che fece fu fatto, non in virtú della sua

divinità, ma per la stessa unzione dello Spirito che ora è anche a disposizione

nostra.

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13. L’OPERA DELLO SPIRITO SANTO NEL CREDENTE

13.1 La rigenerazione

La rinascita, o resurrezione, del nostro spirito “morto nel peccato” avviene per

opera dello Spirito Santo (Gv. 3:3-8, Tito 3:5, 2° Cor. 3:6). Normalmente lo Spirito

compie quest’opera in collaborazione con la parola di Dio (Gv. 6:63, 1° Pt. 1:23):

lo Spirito vivifica e rende efficace, non una parola qualsiasi, ma la Parola di Dio,

dando vita agli uomini per mezzo di essa.

N.B. È incerto se i santi dell’A.T., e quelli del N.T. prima della morte di Cristo,

fossero rigenerati nel senso

di cui sopra. Comunque la piena opera dello Spirito Santo dentro le persone

sembra essere prerogativa particolare del Nuovo Patto (Ger. 31:31-34, Ezech.

36:25-27).

Conseguenze della rigenerazione:

1. Lo Spirito dimora nel credente: Gv. 14:16-17, Rom. 8:9, 2° Tim. 1:14.

2. Rende testimonianza al nostro spirito dell’adozione di figli: Rom. 8:16.

3. Ci libera dal potere del peccato: Rom. 8:2-4, 13.

4. Rinnova progressivamente la nostra mente: Rom. 12:1-2; Ef. 4:23-24; Col. 3:10.

5. Vivifica il nostro corpo mortale: Rom. 8:11.

(Vedi il corso L’opera della salvezza, lezioni 8-10).

13.2 L’unzione di potenza

Mentre nell’A.T. l’unzione dello Spirito era stata riservata ad alcuni eletti, nel N.T.

viene promessa a tutti (Gioele 2:28-29, Lc. 24:49, Atti 2:39).

L’unzione (battesimo, pienezza, suggello) dello Spirito si distingue dalla

rigenerazione – come si vede con la massima chiarezza nella vita di Gesú, ma

anche in Atti 8:5-14, 19:1-7 – ma non è sempre o necessariamente separata da

essa nel tempo (Atti 10:44-46). Idealmente il nuovo credente dovrebbe entrare

subito nella completa esperienza del Nuovo Patto: giustificazione, rigenerazione,

battesimo in acqua e rivestimento dello Spirito Santo. Non sempre però avviene

cosí.

Lo scopo del battesimo dello Spirito è di darci potenza per essere testimoni di

Gesú (Lc. 24:49, Atti 1:8).

13.3 “In” e “sopra”

Sono state suggerite tre risposte diverse alla domanda quale sia la relazione tra lo

Spirito Santo e il credente non battezzato nello Spirito:

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1. Tutti i credenti possiedono lo Spirito, ma non nella stessa misura.

2. Lo Spirito è “con” tali credenti, ma non ancora “in” loro (cfr. Gv. 14:17).

3. Lo Spirito è “in”, ma non “sopra” loro.

Quest’ultima è, secondo noi, quella conforme alle Scritture.

L’opera dello Spirito Santo “nel” credente ha a che fare con la salvezza, la

santificazione e la figliolanza (Rom. 8:2-17; Gal. 4:6, 5:16-26; 1° Cor. 3:16; 2:10-

14; Gv. 14:16-20,26, 16:13-15). È un dimorare permanente in lui che produce il

“frutto” di un carattere trasformato.

Invece, l’opera dello Spirito “sul” credente ha a che fare con la potenza, la

rivelazione, la manifestazione dei doni soprannaturali e l’autorità nell’annuncio

della Parola (Mt. 3:11-12; Lc. 24:49; Gv. 14:12, 15:26-28; 16:7-8; 1° Cor. 12:1-11,

ecc.). La stessa terminologia (“lo Spirito venne su”, o “investí” qualcuno) è usata

anche nell’A.T., e sempre è per conferire autorità e potenza per un compito o per

un servizio particolare.

14. L’OPERA DELLO SPIRITO SANTO NELLA CHIESA

14.1 Lo Spirito e il Corpo

La chiesa esiste e cresce soltanto per l’opera dello Spirito Santo (1° Cor. 12:13).

Infatti nei Vangeli Gesú ne parla usando il tempo futuro (Mt. 16:18), e la sua

nascita storica si deve identificare nel giorno della Pentecoste. La Chiesa infatti

non viene mai chiamata “Corpo di Gesú” (nome personale del Figlio), ma “Corpo di

Cristo”, cioè “dell’Unto”, riferendosi al ministero che Egli ebbe per mezzo dello

Spirito.

In qualche senso, la Chiesa è un’estensione dell’Incarnazione: consiste di coloro

che sono nati dallo Spirito Santo, diventando cosí figli di Dio, e che per mezzo

dello Spirito sono uniti per formare un solo Corpo unto, strumento di Dio per

stabilire il Regno.

Per mezzo dello Spirito Santo, Dio intende abitare nella Chiesa (Ef. 2:21-22), ed è

per mezzo dello Spirito che Egli la edifica. Poiché c’è un solo Spirito, c’è anche un

solo corpo: Ef. 4:3-4; 1° Cor. 12:13.

14.2 I doni dello Spirito

L’opera soprannaturale dello Spirito nella Chiesa si svolge su almeno due livelli:

manifestazioni e ministeri.

In 1° Cor. 12:7-11 troviamo un elenco di manifestazioni dello Spirito:

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1. parola di sapienza

2. parola di conoscenza

3. fede

4. doni di guarigione

5. potenza di operare miracoli

6. profezia

7. discernimento di spiriti

8. diversità di lingue

9. interpretazione di lingue.

Sono stati fatti numerosi tentativi di classificare e di raggruppare queste

manifestazioni, ma sembra chiaro che qui abbiamo un elenco parziale e non

esauriente, dato alla rinfusa: mancano ad es. le visioni, i sogni (Atti 2:17) e loro

interpretazioni, lo spostamento soprannaturale delle persone (Atti 8:39-40), la

protezione nei pericoli e il potere sui demoni (Mc. 16:17-18), ecc.

Lo Spirito Santo è sovrano nel distribuire questi doni nella Chiesa (1° Cor. 12:11),

e sono chiamati appunto “manifestazioni”, quindi passeggere, non dotazioni

permanenti. Se lo Spirito vuole, e se noi siamo nella fede per ricevere ciò che Egli

dona, possiamo manifestare la Sua attività di volta in volta in tutti questi modi e

altri ancora.

14.3 I ministeri nella Chiesa

In contrasto con l’elenco di “manifestazioni” in 1° Cor. 12:7-11, il v. 28 contiene

un elenco di “ruoli” o “funzioni” dei diversi membri del Corpo (persone, non

manifestazioni), che hanno un ordine d’importanza ben preciso. È il Cristo

glorificato che dà doni alla Chiesa sotto forma di ministri (Ef. 4:8-11), tuttavia ogni

ministero del Nuovo Patto è svolto “nello Spirito” (2° Cor. 3:6):

A. Gli apostoli. L’intero loro ministero è svolto per lo Spirito (2° Cor. 3:6, 6:6), ed è

confermato da “segni e prodigi” (2° Cor. 12:12).

B. I profeti. Ovviamente ogni attività profetica è possibile solo per lo Spirito Santo

(2° Pt. 1:21). Il profeta piú in vista nel N.T., Agabo, profetizzava in nome dello

Spirito Santo (Atti 21:11).

C. Gli evangelisti. L’unico evangelista del N.T. a noi noto, Filippo, fu “pieno di

Spirito” (Atti 6:3), fece prodigi e miracoli (8:6-7,13) e riceveva una guida

soprannaturale nel suo lavoro (8:26,29). Ogni annuncio dell’Evangelo deve

essere “non con discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di

Spirito e di potenza” (1° Cor. 2:5).

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Parte prima

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D. I pastori. Stabiliti dallo Spirito Santo (Atti 20:28), essi costruiscono sul

fondamento, portando avanti per lo Spirito quello che è iniziato nello Spirito (1°

Cor. 3:10, Gal. 3:3).

E. I dottori. L’insegnamento della Parola è inefficace se non è fatto “con parole

insegnate dallo Spirito, adattando parole spirituali a cose spirituali” (1° Cor.

2:13).

F. Altri ministeri. Anche le altre funzioni nel Corpo: “miracoli, doni di guarigione,

assistenze, doni di governo, diversità di lingue” (1° Cor. 12:28) devono

esercitarsi per lo Spirito e nello Spirito, anche quelle che sembrano meno

“soprannaturali”. I primi diaconi dovevano essere “uomini pieni di Spirito” per

poter servire alle mense (Atti 6:3-4).