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15 Orientamenti Biblioteche oggi marzo 2009 La biblioteca digitale pubblica Il blind spot delle iniziative italiane sulle digital library e il progetto MediaLibraryOnLine 1. Biblioteche pubbliche, isti- tuti di conservazione e univer- sità: le due direttrici della bi- blioteca digitale in Italia e il blind spot della riflessione sulle digital library L’Italia è un paese dalla profonda ossessione catalografica (incarnata nel sistema SBN) ma che curiosa- mente non reagisce a un dato di fatto piuttosto inquietante. Se entra- te in una biblioteca pubblica (quel- la che in inglese chiameremmo “public library” e in Italia “bibliote- ca di ente locale”) e cercate un au- tore classico attraverso l’OPAC – diciamo Dante Alighieri o Shake- speare – troverete una messe di ri- sultati di ogni genere ma scoprire- te con sconcerto che il catalogo contiene solo oggetti fisici (libri, CD-ROM, VHS, DVD) e neanche un “oggetto digitale” direttamente accessibile con un semplice link. L’OPAC SBN fornisce oltre 8.600 schede relative a “Dante Alighieri” e oltre 7.000 su “Shakespeare”. Il risultato è trasversale ai diversi “ti- pi di documento” (tra i quali figu- rano, oltre a manoscritti e testi a stampa, anche tipologie promet- tenti come “materiale multimedia- le”, “archivio elettronico”) eppure tra migliaia di risultati non compa- re neanche un collegamento a una risorsa digitale fruibile direttamen- te online. Le discussioni sull’uso del campo 856 del MARC 1 non sembrano aver prodotto grandi ri- sultati operativi in Italia, almeno nelle biblioteche pubbliche. Sfido chiunque a giustificare tale assenza con argomenti sostenibili quando la rete offre gratuitamente centinaia di migliaia risorse come le tre che, in modo del tutto esem- plificativo, cito qui di seguito (cfr. figura 1). Si tratta di tre esempi “storici” ma allo stesso tempo mol- to “generalisti”, materiali che qual- siasi lettore, studente scolastico o universitario potrebbe richiedere in biblioteca: – la Commedia di Dante Alighieri pubblicata online dall’Università La Sapienza; 2 I promessi sposi di Alessandro Manzoni in una delle edizioni otto- centesche digitalizzate da Google Books; 3 – I 93 in-quarto di Shakespeare posseduti dalla British Library in formato immagine e con la possi- bilità di una visione comparativa. 4 Esempi simili potrebbero essere fatti per una grande varietà di tipo- logie di risorse (musica, film, do- cumentari, fotografie, stampe, spartiti, banche dati, periodici ecc.) come vedremo nella prossima se- zione e soprattutto anche per ma- teriali non storici e non ad accesso aperto. Per il momento è sufficien- te sottolineare che gli OPAC italia- ni (a cominciare dal tempio del centralismo bibliotecario italiano, l’OPAC SBN) non contengono al- cun riferimento a una enorme quantità di risorse digitali disponi- bili in rete (gratuitamente o a pa- gamento) e che anche i riferimenti a risorse “elettroniche” o “multime- diali” negli OPAC vanno intesi co- me riferimenti a oggetti in plastica conservati in biblioteca e solo in ultima istanza utilizzabili come ma- teriali elettronici veri e propri attra- verso il prestito e l’uso con un PC privato del lettore. Per farla breve: le biblioteche pub- bliche italiane hanno informatizza- to i loro servizi, dispongono di OPAC e siti Web ma non offrono ai propri utenti servizi basati su risor- se digitali (libere o a pagamento). Una limitatissima eccezione a que- sto dato di fatto nazionale è costi- tuita dall’acquisto (in misura mini- ma) da parte delle biblioteche pubbliche e degli enti locali di ac- cessi a banche dati online a paga- mento, a periodici e prodotti di re- ference online. Anche questa ec- cezione, come vedremo, è gestita tuttavia in modo occasionale e senza il tentativo di offrire un ser- vizio davvero nuovo ai propri utenti (ad esempio l’accesso da ca- sa a questi contenuti). Qual è l’origine di questa situazio- ne al di là delle inutili recriminazio- ni sull’“arretratezza” italiana e le la- mentazioni su una “nuova mentali- tà” da costruire nei gestori delle nostre istituzioni culturali? Credo che la risposta a questo interrogati- vo sia piuttosto semplice. Tanto la riflessione biblioteconomica quan- to la pratica effettiva delle bibliote- che nel nostro paese hanno con- centrato l’attenzione solo su due delle grandi direttrici internazionali di sviluppo delle “digital library”: quella della digitalizzazione dei materiali storici e quello della pub- blicazione e distribuzione online della letteratura accademica. 5 In pratica, ci si è concentrati sugli isti- tuti di conservazione e sulle uni- versità tralasciando la riflessione sulle biblioteche pubbliche. In altra Giulio Blasi Horizons Unlimited, Bologna [email protected]

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La biblioteca digitale pubblicaIl blind spot delle iniziative italiane sulle digital librarye il progetto MediaLibraryOnLine

1. Biblioteche pubbliche, isti-tuti di conservazione e univer-sità: le due direttrici della bi-blioteca digitale in Italia e ilblind spot della riflessionesulle digital library

L’Italia è un paese dalla profondaossessione catalografica (incarnatanel sistema SBN) ma che curiosa-mente non reagisce a un dato difatto piuttosto inquietante. Se entra-te in una biblioteca pubblica (quel-la che in inglese chiameremmo“public library” e in Italia “bibliote-ca di ente locale”) e cercate un au-tore classico attraverso l’OPAC –diciamo Dante Alighieri o Shake-speare – troverete una messe di ri-sultati di ogni genere ma scoprire-te con sconcerto che il catalogocontiene solo oggetti fisici (libri,CD-ROM, VHS, DVD) e neancheun “oggetto digitale” direttamenteaccessibile con un semplice link.L’OPAC SBN fornisce oltre 8.600schede relative a “Dante Alighieri”e oltre 7.000 su “Shakespeare”. Ilrisultato è trasversale ai diversi “ti-pi di documento” (tra i quali figu-rano, oltre a manoscritti e testi astampa, anche tipologie promet-tenti come “materiale multimedia-le”, “archivio elettronico”) eppuretra migliaia di risultati non compa-re neanche un collegamento a unarisorsa digitale fruibile direttamen-te online. Le discussioni sull’usodel campo 856 del MARC1 nonsembrano aver prodotto grandi ri-sultati operativi in Italia, almenonelle biblioteche pubbliche.Sfido chiunque a giustificare taleassenza con argomenti sostenibili

quando la rete offre gratuitamentecentinaia di migliaia risorse comele tre che, in modo del tutto esem-plificativo, cito qui di seguito (cfr.figura 1). Si tratta di tre esempi“storici” ma allo stesso tempo mol-to “generalisti”, materiali che qual-siasi lettore, studente scolastico ouniversitario potrebbe richiederein biblioteca:– la Commedia di Dante Alighieripubblicata online dall’Università LaSapienza;2

– I promessi sposi di AlessandroManzoni in una delle edizioni otto-centesche digitalizzate da GoogleBooks;3

– I 93 in-quarto di Shakespeareposseduti dalla British Library informato immagine e con la possi-bilità di una visione comparativa.4

Esempi simili potrebbero esserefatti per una grande varietà di tipo-logie di risorse (musica, film, do-cumentari, fotografie, stampe,spartiti, banche dati, periodici ecc.)come vedremo nella prossima se-zione e soprattutto anche per ma-teriali non storici e non ad accessoaperto. Per il momento è sufficien-te sottolineare che gli OPAC italia-ni (a cominciare dal tempio delcentralismo bibliotecario italiano,l’OPAC SBN) non contengono al-cun riferimento a una enormequantità di risorse digitali disponi-bili in rete (gratuitamente o a pa-gamento) e che anche i riferimentia risorse “elettroniche” o “multime-diali” negli OPAC vanno intesi co-me riferimenti a oggetti in plasticaconservati in biblioteca e solo inultima istanza utilizzabili come ma-teriali elettronici veri e propri attra-

verso il prestito e l’uso con un PCprivato del lettore.Per farla breve: le biblioteche pub-bliche italiane hanno informatizza-to i loro servizi, dispongono diOPAC e siti Web ma non offrono aipropri utenti servizi basati su risor-se digitali (libere o a pagamento).Una limitatissima eccezione a que-sto dato di fatto nazionale è costi-tuita dall’acquisto (in misura mini-ma) da parte delle bibliotechepubbliche e degli enti locali di ac-cessi a banche dati online a paga-mento, a periodici e prodotti di re-ference online. Anche questa ec-cezione, come vedremo, è gestitatuttavia in modo occasionale esenza il tentativo di offrire un ser-vizio davvero nuovo ai propriutenti (ad esempio l’accesso da ca-sa a questi contenuti).Qual è l’origine di questa situazio-ne al di là delle inutili recriminazio-ni sull’“arretratezza” italiana e le la-mentazioni su una “nuova mentali-tà” da costruire nei gestori dellenostre istituzioni culturali? Credoche la risposta a questo interrogati-vo sia piuttosto semplice. Tanto lariflessione biblioteconomica quan-to la pratica effettiva delle bibliote-che nel nostro paese hanno con-centrato l’attenzione solo su duedelle grandi direttrici internazionalidi sviluppo delle “digital library”:quella della digitalizzazione deimateriali storici e quello della pub-blicazione e distribuzione onlinedella letteratura accademica.5 Inpratica, ci si è concentrati sugli isti-tuti di conservazione e sulle uni-versità tralasciando la riflessionesulle biblioteche pubbliche. In altra

Giulio BlasiHorizons Unlimited, Bologna

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fica (metadati amministrativo-ge-stionali) e di conservazione (digi-tal preservation) adeguate.Se scorriamo l’indice dei progetti didigitalizzazione già realizzati dallaBDI incontriamo fondi manoscritti,materiali cartografici e grafici, cata-loghi e bibliografie storiche, perio-dici storici, manoscritti e partituremusicali, fotografie e materiali ico-nografici vari, epistolari, ecc. Conuna sola (benché rilevante) ecce-zione,7 i materiali che compongo-no l’offerta del portale “InternetCulturale” sono materiali storici digrande interesse accademico e dinessuna rilevanza statistica in rap-porto agli indici di circolazione deicontenuti delle biblioteche pubbli-che italiane. Si tratta in altri terminidi materiali interessanti per unanicchia di utenti interessati allo stu-dio e all’approfondimento della no-stra tradizione storico-artistica. Lastessa rivista “DigItalia”8 – che fada complemento informativo e diriflessione alle attività della BDI –ha un focus decisamente orientatoalla costituzione di collezioni digi-tali nelle biblioteche di conserva-zione. La più importante rivista almondo nel settore delle “digital li-brary”, “DLib”,9 è caratterizzata daun bias paradigmatico equivalentesebbene dedichi una piccola per-centuale dei propri articoli alle atti-vità delle public libraries che siconfrontano con un pubblico piùgeneralista.

prospettiva, potremmo dire che lebiblioteche pubbliche non hannofornito un contributo specifico allariflessione sulla biblioteca digitalesviluppatasi in ambito storico-con-servativo e accademico. Da un ul-teriore punto di vista ancora, si puòpensare che la riflessione bibliote-conomica sulle “digital library” sisia sinora mantenuta in una linea diastrazione che prescinde dalle di-stinzioni tra tipologie di bibliote-che. In qualche modo bisogneràquindi rivedere le definizioni di “di-gital library” sin qui elaborate e do-mandarsi se esse si mantengano va-lide attraverso la distinzione tra bi-blioteche pubbliche, universitarie edi conservazione o attraverso altredistinzioni tipologico-funzionali.Il portale “Internet Culturale” natodal progetto della Biblioteca digi-tale italiana (BDI) e del Networkturistico culturale6 – promosso dal-la Direzione generale per i beni li-brari e gli istituti culturali (DGBLIC)e realizzato dall’ICCU a partire da

un cofinanziamento del Comitatodei ministri per la società dell’in-formazione (CMSI) nel 2003 – èl’emblema di questa visione della“biblioteca digitale” come centratasul lavoro di digitalizzazione dicontenuti storici. Il processo di di-gitalizzazione di documenti storicifocalizza il ruolo di editore (publis-her) della biblioteca che dovràconseguentemente approntare me-todologie di descrizione catalogra-

Quando in un articolo di bibliote-conomia si parla di “digital library”,se non è quello storico-conservati-vo è allora il paradigma universita-rio a essere dominante. Le univer-sità (in particolare nord-europee eanglosassoni) hanno una tradizio-ne di riflessione e costruzione dibiblioteche digitali più antica. Ciòsi deve anzitutto al carattere speci-fico dell’editoria accademica (dinuovo, soprattutto nordeuropea eanglosassone) che maggiormenteha sperimentato paradigmi di dis-tribuzione digitale negli ultimi 15-20 anni. Gran parte della letteratu-ra scientifica (in particolare nell’a-rea STM) è oggi distribuita nelleuniversità di tutto il mondo attra-verso piattaforme digitali gestite dagrandi “aggregatori-distributori” odirettamente dalle case editrici. Sitratta di un orientamento ben noto,sul quale non val la pena di insi-stere. Le università sono moltoavanti anche nella gestione colletti-va delle licenze di accesso a talicontenuti: consorzi di acquisto qua-li CIBER10 o Cilea Digital Library11

costituiscono esperienze interes-santi di contrattazione e selezioneconsortile dei contenuti digitali perle biblioteche universitarie.Le università hanno inoltre svilup-pato negli ultimi anni un nuovo fi-lone di riflessione sulle “digital li-brary” a partire dal movimentoOpen Access, dallo sviluppo delprotocollo OAI-PMH e del più re-

Figura 1 – Due esempi di risorse bibliografiche facilmente reperibili in rete

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cente OAI-ORE.12 Si tratta di unmovimento largamente conosciutoin Italia anche se le eccellenze rea-lizzative restano poche a fronte diun impegno sostanzialmente una-nime dei rettori italiani firmato nel2003 con la cosiddetta “Berlin De-claration”.13 Motori di ricerca spe-cialistici come OAIster (un motoredi ricerca sviluppato dalla Universi-ty of Michigan)14 o Openarchives.eu (sviluppato dalla Horizons Un-limited di Bologna in collaborazio-ne con la University of Illinois)15

hanno mostrato l’esistenza di circa20 milioni di item digitali ad acces-so aperto distribuiti da centinaiadi repository accademici in giroper il mondo. Vorrei notare incidentalmente chele università hanno sviluppato lapropria riflessione sulle “digital li-brary” nel doppio ruolo di editori(publisher) di contenuti e di me-diatori di contenuti commercialitra editori e mondo accademico.Vorrei anche notare che operativa-mente queste due “anime” della ri-flessione e della pratica sulle “digi-tal library” in ambito universitariorimangono spesso scollegate nellateoria e nel front-end verso gliutenti: tipicamente i repository isti-tuzionali e l’accesso alle risorseonline degli editori accademici co-stituiscono due aree funzional-mente separate dei portali accade-mici. Questa separazione concet-tuale e funzionale è evidentissimain uno dei più ricchi e completiportali bibliotecari accademici inItalia, quello dell’Università diBologna: il portale Alm@DL aggre-ga queste risorse ma le indicizza ele rende consultabili in spazi Webdifferenziati così come in generalele risorse digitali sono separate dalcatalogo generale delle bibliotecheuniversitarie.16 Lo standard OpenURL – utilizzato prevalentementein ambito accademico – consentetuttavia l’aggregazione in un OPACunitario degli URL delle risorseelettroniche online.17

Che l’ICCU e le università abbianofocalizzato ambiti specifici della ri-flessione e della pratica sulla bi-blioteca digitale non è sorprenden-te ma al contrario naturale e dove-roso. Un po’ meno ovvio è che lariflessione sulle biblioteche digitalipubbliche sia mancata a livello bi-blioteconomico più generale. Siprenda ad esempio il Manifesto perle biblioteche digitali elaborato dal“Gruppo di studio sulle bibliotechedigitali” dell’AIB.18 Per quanto unasimile macro-distinzione (bibliote-che di conservazione, università,biblioteche pubbliche) non siamenzionata, è evidente il bias degliautori verso il paradigma conserva-tivo-accademico. Si consideri la te-si A.6. del Manifesto:

A.6. Le biblioteche digitali diffondo-no i documenti. Le biblioteche di-gitali consentono al massimo gradola conservazione e la diffusione, tragli altri documenti, di pre-print,rapporti interni, dispense, progettidi studio, protocolli sperimentali,pubblicazioni istituzionali, e altri e-print altrimenti relegabili nella co-siddetta “letteratura grigia”.

Si tratta di esempi, certo. Ma mipare difficilmente negabile che ilmondo dei contenuti commercialidigitali “generalisti” e cioè dei con-tenuti chiave per il target delle bi-blioteche pubbliche, non rientratra i temi focalizzati da questo grup-po di lavoro. È incredibile inoltrecome gli esempi paradigmatici dioggetti digitali nella riflessione ita-liana non includano musica e vi-deo, contenuti che costituiscono il50% dei prestiti in molte bibliote-che pubbliche italiane e hanno in-dici di circolazione dei titoli 5-10volte superiori a quelli del mate-riale librario. Il fatto che questicontenuti vadano a prestito a casadell’utente attraverso supporti diplastica (CD e DVD) fa forse di-menticare che si tratta di contenu-ti digitali (“nativi”) a tutti gli effet-ti. E che inoltre si tratta di conte-

nuti digitali – come vedremo piùavanti – ormai in grande misuraconsumati dalla gente proprio at-traverso la rete (nelle moltepliciforme in cui la multicanalità dellarete si esplica in Italia: Internet, te-lefonini, TV satellitare e via cavo,InternetTV, file-sharing, mp3 pla-yer, IPod ecc.). Il “contro-manife-sto” di Riccardo Ridi19 – che rifor-mula la discussione del GruppoAIB attraverso la metafora della bi-blioteca come ipertesto – sembraforse meno pregiudizievole del pre-cedente quanto all’esclusione deicontenuti digitali “generalisti” manulla dice di specifico sul compitodel digitale nelle biblioteche pub-bliche. Ecco quindi la natura delblind spot cui ci stiamo riferendo:se ci si concentra sulle sole biblio-teche inserite all’interno di organiz-zazioni che posseggono/conserva-no/producono contenuti si riducela complessità del tema e si evita diaffrontare la situazione di arretra-tezza delle biblioteche pubblicheitaliane in rapporto agli stili di con-sumo digitale dei propri utenti.Tra le eccezioni a questa versionebiased della biblioteca digitale, vacitato Claudio Leombroni che giànel 2004, discutendo l’esperienzadella BDI, ricordava:

Infine, per concludere questa som-maria disamina dei primi tre anni divita della Biblioteca digitale italia-na, è doveroso registrare un’assen-za fondamentale: un programmaspecifico mirato al digitale nativo,alla gestione di ‘oggetti’ che stannogradualmente permeando l’am-biente operativo delle biblioteche,ma anche di ‘oggetti’ che da diecianni ci sono familiari: ad esempio isiti Web istituzionali o l’informazio-ne comunitaria veicolata dalla reticiviche. La disattenzione per il digi-tale nativo, propria più in generaledei nostri istituti, tradisce da un la-to una certa mentalità conservativae dall’altro una concezione parzia-le del virtuale o del digitale. Occor-re al contrario essere consapevoliche ciascuna biblioteca, così come

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ciascuna organizzazione moderna,presenta diversi gradi di virtualitàpercepiti come un continuum. Lebiblioteche tradizionalmente hannosempre implementato un certo gra-do di virtualità attraverso le prati-che cooperative. Ciò che è cambia-to è lo spessore e l’ampiezza diquel grado di virtualità: lo sviluppotecnologico e le aspettative degliutenti hanno dilatato smisurata-mente la catena del valore dei ser-vizi bibliotecari e consentono dicreare valore per il cittadino attra-verso il sistematico ricorso a unarete più o meno strutturata e stabi-le di fornitori eterogenei, che per lebiblioteche pubbliche sarà costitui-ta da archivi, musei, agenzie infor-mative, basi dati, URP, risorse digi-tali e così via. Biblioteca virtuale,insomma, non significa digitalizza-re documenti tout court, magarisenza porsi nemmeno il problemadei possibili utenti, ma significapiuttosto gestire una catena virtua-le di fornitura orientata a produrrevalore all’utente; significa sentirsi alcentro di una comunità di distribu-zione che sfrutta le nuove tecnolo-gie e la ‘vecchia’ cultura del servi-zio delle biblioteche per fornire va-lore al cittadino-utente.20

Assieme a Giovanni Solimine,21

Maurizio Tarantino22 e pochi altri,Leombroni focalizza bene il limiteche discuto in questo articolo seb-bene, a quattro anni di distanza,l’idea di una “catena virtuale difornitura orientata a produrre valo-re per l’utente” attenda ancora diessere concretizzata in un proget-to preciso.In linea teorica tale tema avrebbedovuto essere affrontato nell’ambi-to dei progetti Mediateca 2000 (54mediateche in 7 regioni) e Media-teca Centro-Nord (67 mediatechein 8 regioni), promossi dalla Dire-zione generale per i beni librari egli istituti culturali (DGBLIC) delMinistero per i beni e le attivitàculturali. Di fatto tali progetti han-no soprattutto finanziato le infra-strutture informatiche di base del-le biblioteche rinunciando com-

pletamente allo sviluppo di unmodello sostenibile di distribuzio-ne di contenuti digitali attraversoquesti oltre cento poli che difficil-mente superano lo status di “Inter-net point” e di aule informaticheper gli utenti. Questa non è unacritica ma la segnalazione netta delfatto che tali progetti appartengo-no a un’epoca di sviluppo del te-ma del digitale in biblioteca oggidel tutto superato.Sarebbe interessante riflettere sulmodo in cui anche i programmi eu-ropei dedicati al digitale e i grandiprogetti che sono stati cofinanziatiabbiano riprodotto su scala più va-sta il blind spot che ha escluso il te-ma del digitale nelle bibliotechepubbliche e del digitale “nativo”.L’analisi che qui propongo dell’ap-proccio europeo al digitale è con-divisa esplicitamente nel terzo Rap-porto eContent 2008 sul mercatodei contenuti digitali in Italia pa-trocinato da Presidenza del Consi-glio dei ministri e Confindustria:23

I dati relativi al bando e-ContentPlus del 2007 (47,5 milioni di eurodi budget) hanno visto un grandesuccesso del nostro Paese: il 63%delle proposte presentate allaCommissione Europea prevedeva-no la partecipazione di nostre im-prese e su 17 progetti ammessi alfinanziamento 13 prevedono la no-stra partecipazione e addirittura 5sono a coordinamento italiano.Nonostante questo attivismo inter-nazionale l’Italia sconta una visione“domestica” della cultura ancoraidentificata in larga parte con lamera conservazione del patrimonioartistico, una visione che non com-prende la reale portata dell’innova-zione e della creatività come forzetrainanti della cultura di un Paese.

Sicuramente rientra in questa pro-spettiva il progetto “Europeana”24

il cui focus – nonostante l’enfasidella stampa verso un progetto diinteresse universale – è sui se-guenti contenuti:

– cultural heritage – creating elec-tronic versions of the materials inEurope’s libraries, archives andmuseums, making them availableonline, for work, study or leisure,and preserving them for future ge-nerations; – scientific information – makingresearch findings more widely avai-lable online and keeping themavailable over time. 25

Di nuovo, solo materiali storici ededitoria accademica. In definitiva,anche in prospettiva europea, il te-ma che sto qui proponendo rima-ne aperto e richiede una risposta:cosa significa “biblioteca digitale”in una biblioteca pubblica? Lo“scatto d’orgoglio” richiesto daJeanneney in un noto articolo ap-parso su “Le Monde” nel 200526

sembra aver prodotto risultati in li-nea con il blind spot relativo allebiblioteche pubbliche.

2. I contenuti per la BDP:da Google alla costruzionedi collezioni di oggetti digitalie metadati

Verificato il vuoto di riflessionesulle biblioteche digitali pubbliche(d’ora in poi BDP) si tratta ora dicapire quali contenuti digitali po-trebbero essere messi in circola-zione in questa tipologia di biblio-teche. Questo tema è strettamenteconnesso al ruolo che hanno le bi-blioteche nel selezionare e rende-re ricercabili tali contenuti.C’è un principio espresso da Ric-cardo Ridi sul tema che va richia-mato preliminarmente: “Gli obbiet-tivi di fondo, le principali tecnichee i valori fondamentali delle biblio-teche restano gli stessi indipenden-temente dalla percentuale di docu-menti analogici e digitali trattati edalle modalità di interazione congli utenti (in presenza, telefonica,online ecc.)”.27 In particolare, perquanto concerne il tema dei conte-nuti, ciò significa richiamare un’ov-

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gregati del tutto casuali rispetto al-le collezioni delle grandi bibliote-che nazionali. Sappiamo che non ècosì, ma non abbiamo ancora im-parato ad esercitare questo ruolo dimediazione anche per il digitalenelle biblioteche pubbliche.Tornando al tema dell’opportunitàoggi offerta alle biblioteche pub-bliche, mi limito a citare tre grandiaree sulle quali lavorare e che cipermettono di intuire la dimensio-ne dell’offerta di contenuti oggidisponibile online.

2.1. I grandi progetti di massdigitization: Google vs OCA

In primo luogo, bisogna menzio-nare i progetti di mass digitizationintrapresi nel mondo da Google eda OCA (Open Content Alliance,che include Microsoft e Yahoo! ol-tre a una notevole quantità di bi-blioteche americane ed europee).Si tratta di progetti con caratteristi-che e orientamenti differenti seb-bene alcune biblioteche abbianodeciso di collaborare con entrambii soggetti per sperimentare formedi “mass digitization”.Il progetto di Google (accessibileattraverso il servizio Google Books)punta ad un numero tra i 15 e i 20milioni di libri digitalizzati in for-mato immagine nei prossimi anni ecoinvolge ad oggi le seguenti istitu-zioni:28 Bayerische Staatsbibliothek;Columbia University; Committee onInstitutional Cooperation (CIC);Biblioteca della Cornell University;Università di Harvard; Bibliotecadell’Università di Ghent; Bibliotecadell’Università di Keio; BibliotecaNazionale di Barcellona; New YorkPublic Library; Università di Ox-ford; Università di Princeton; Uni-versità di Stanford; Università dellaCalifornia; Università Complutensedi Madrid; Biblioteca dell’Universitàdi Losanna; Università del Michi-gan; Università di Austin Texas; U-niversità della Virginia; Universitàdel Wisconsin-Madison.

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vietà che viene spesso dimenticata:costruire una biblioteca digitale(specie se pubblica) significa co-munque selezionare contenuti edelaborare una strategia per lo svi-luppo delle proprie collezioni. Nonè in alcun modo pensabile rimuo-vere il problema e demandare iltutto a qualche metaOPAC in gradodi rimandare i nostri utenti a con-tenuti selezionati e descritti da altri.I metaOPAC digitali sono strumen-ti utili ma possono coadiuvare, nonsostituire, lo sviluppo di una colle-zione digitale autonoma da partedella biblioteca o del sistema di bi-blioteche. Se le biblioteche rinun-ciassero a questo lavoro di selezio-ne non resterebbe allora che usareun motore di ricerca come Googleche, in qualche forma, già aggregatutte queste informazioni senzastruttura e senza selezione.Nel seguito di questa sezione mo-strerò che rispetto a qualche annofa, le biblioteche pubbliche hannooggi una straordinaria opportunitàche non viene raccolta e sfruttata ecioè la disponibilità di una ingentequantità di contenuti digitali (giàdigitalizzati e già catalogati in qual-che forma) spesso gratuiti in rete.Rispetto a questa grande messe dicontenuti, le biblioteche sono chia-mate a esercitare un ruolo di inter-mediazione verso i propri utenti: illettore delle biblioteche pubblichepotrà usare Google per muoversiautonomamente tra decine di mi-lioni di risorse ma userà il portaledella propria biblioteca per accede-re a un lavoro di selezione operatodai bibliotecari in rapporto alle esi-genze della specifica comunità diutenti. Quello che siamo chiamati afare con i documenti digitali non èin principio diverso da quello chegià facciamo con i libri. Se usassi-mo il medesimo criterio per il ma-teriale librario potremmo limitarci ausare qualche grande repertorio bi-bliografico al posto degli OPAC econsiderare le collezioni di libridelle singole biblioteche come ag-

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Il recentissimo accordo tra Google,la Authors Guild, la AAP e altri sog-getti apre uno scenario nuovo e an-cora più interessante per i prossimianni, in particolar modo per biblio-teche e università americane chepotranno usufruire di condizionid’accesso privilegiate anche al ma-teriale contemporaneo protetto dacopyright. L’inesistenza di simili ac-cordi tra le biblioteche e gli editorinel nostro paese relegherà le nostrebiblioteche in una situazione di ar-retratezza difficilmente colmabilecon i servizi che verranno erogatinegli USA.29

La Open Content Alliance (i cuicontenuti sono accessibili attraver-so il portale “Internet Archive”) co-involge invece allo stato i seguentipartner:30 Boston College Libraries;Boston Public Library; Boston Uni-versity Libraries; Brandeis Universi-ty Libraries; Brown Univeristy Li-brary; MBL/WHOI Library; MIT Li-braries; Northeastern University Li-braries; State Library of Massachu-setts; Tufts University Libraries;University of Connecticut Libraries;University of Massachusetts at Am-herst Libraries; University of Massa-chusetts at Boston Library; Univer-sity of Massachusetts at DartmouthLibraries; University of Massachu-setts at Lowell Libraries; Universityof Massachusetts Medical Library;University of New Hampshire Li-braries; Wellesley College Library;Williams College Libraries; TheBancroft Library; The British Li-brary (UK); Columbia UniversityLibraries; Emory University Library;European Archive; Getty ResearchInstitute; Indiana University Libra-ries; Internet Archive; Johns Hop-kins University Sheridan Libraries;McMaster University Libraries (CA);Memorial University of Newfound-land Library (CA); Library of theNational Archives (UK); NationalLibrary of Australia (AU); NaturalHistory Museum, London (UK);Persus Digital Library, Tufts Uni-versity; Prelinger Library and Archi-

Cito solo queste due macro fontitra le migliaia che si potrebbero ci-tare (si pensi ai contenuti del pro-getto “Gutenberg”, in Italia a “LiberLiber” o ai repertori dell’UniversitàLa Sapienza, a “Gallica” in Franciaecc.). La magnitudine delle risorsedisponibili (anche solo conside-rando i materiali in lingua italiana)rafforza ulteriormente la necessitàdi un lavoro selettivo specializzatorealizzato dalle biblioteche. Potrem-mo dire – con un’analogia parzia-le – che la collezione digitale staalla rete nel suo complesso comeuna biblioteca a scaffali aperti staal magazzino di una grande bi-blioteca nazionale. La differenzasta nella visibilità della selezioneche diventa un surplus di informa-zione per gli utenti e il valore ag-giunto delle singole biblioteche.Da studente di dottorato ho stu-diato per molto tempo nella bi-blioteca del Warburg Institute diLondra e non dimenticherò mai lafunzione di vera e propria scoper-ta resa possibile dall’organizzazio-ne a scaffali aperti tematici dell’in-tera biblioteca (una biblioteca spe-cializzata in storia della cultura ri-nascimentale) che sarebbe risulta-ta diminuita con qualsiasi altra for-ma di disposizione dei materiali.Qualcuno potrebbe a questo pun-to confondere il compito che si staqui delineando con quello dei co-siddetti “Virtual Reference Desk”(raccolte tematizzate di link a ri-sorse di rete) la cui percezione diutilità e diffusione va appannan-dosi con il passare degli anni. Inrealtà VRD e biblioteche digitali dirisorse disponibili in rete non han-no alcun rapporto. I VRD raccol-gono fonti Web generiche e intrin-secamente mutevoli. Le bibliote-che digitali raccolgono invece do-cumenti (ad esempio libri digitaliz-zati) che hanno il medesimo statu-to (ma formato differente) rispettoagli oggetti tradizionalmente cata-logati negli OPAC. Lo statuto di ta-li documenti e anche la loro “per-

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ves; Rice University Libraries; SanFrancisco Public Library; SimonFraser University Library (CA); Uni-versidad Francisco Marroquin(Guatemala); University of AlbertaLibraries (CA); University of BritishColumbia Library (CA); The Uni-versity of Chicago Library; Univer-sity of Georgia Library; Universityof Illinois at Urbana-Champaign;University of North Carolina atChapel Hill Library; University ofNorth Carolina at Chapel Hill,School of Information & LibraryScience; University of Ottawa Li-braries (CA); University of Pittsbur-gh; University of Texas; Universityof Virginia Library; WashingtonUniversity; York University Library(CA); American Museum of NaturalHistory Library; The Field MuseumLibrary; Harvard University BotanyLibrary; Harvard University, ErnstMayr Library of the Museum ofComparative Zoology; Marine Bio-logical Library / Woods Hole Ocea-nographic Institution Library; Mis-souri Botanical Garden Library;Natural History Museum of LondonLibrary; The New York BotanicalGarden Library; Royal Botanic Gar-dens at Kew Library (UK); Smithso-nian Institution Libraries; Universityof California at Berkeley; Universityof California at Davis; University ofCalifornia at San Francisco; Univer-sity of California at Santa Cruz; Uni-versity of California at Irvine; Uni-versity of California at San Diego;University of California at SantaBarbara; University of California atRiverside; University of Toronto;Adobe Systems Incorporated; HPLabs; MSN; O’Reilly Media; Williamand Flora Hewlett Foundation;Xerox Corporation;Yahoo!. Ad oggi (febbraio 2009), il portale“Internet Archive” indicizza la se-guente quantità di oggetti digitaliad accesso gratuito:Moving Images: 154.242;Live Music Archive: 57.691;Audio: 293.645;Texts: 1.194.050.

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manenza” in rete è molto più altae monitorabile: si pensi alle API diGoogle per la citazione delle risor-se di Google Books31 o agli stan-dard per l’identificazione degli og-getti digitali come DOI o Handle ilcui livello di stabilità è assai mag-giore anche rispetto ai “permalink”sempre più comuni nelle applica-zioni Web 2.0.32 Confondere unabiblioteca digitale di risorse ad ac-cesso libero con un VRD significanon cogliere la differenza struttura-le tra i due elementi e l’opportuni-tà che è in gioco e alla portata deibibliotecari oggi: costituire (senzapagare licenze e copyright) colle-zioni di centinaia di migliaia di librie altri materiali per i propri utenti.La differenza tra una biblioteca di-gitale e un VRD è che la bibliote-ca digitale potrebbe “riprodurre”digitalmente quello che è giànell’OPAC della vostra biblioteca.Ed è questa infatti la domanda cru-ciale che oggi rimane senza rispo-sta operativa: perché le schede ca-talografiche dei nostri OPAC noncontengono anche i record delleversioni digitali dei libri (e degli al-tri contenuti) posseduti su suppor-to analogico dato che essi sonodisponibili gratuitamente in rete (apatto di investire nella selezione enell’harvesting dei metadati)?Alcuni sostengono che un similecompito di organizzazione del di-gitale vada lasciato a Google e aigrandi motori di ricerca. Ma le os-servazioni di studiosi come RobertDarnton, Paul Duguid, PatrickLeary e Anthony Grafton33 ci di-mostrano chiaramente che questoprocesso di mass digitization è unagrande opportunità ma che l’inter-mediazione selettiva rimane uncompito necessario e ineludibiledell’accesso ai testi. Se cerco suGoogle Books (non sul Googlegenerico – si badi) Promessi Sposio Tristram Shandy troverò tanteedizioni tra le quali si tratterà discegliere in termini di qualità epertinenza (dell’edizione, del pro-

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cesso di digitalizzazione ecc.).Questo lavoro di valutazione e se-lezione, moltiplicato per centinaiadi migliaia e forse milioni di itempotenziali, è il nuovo compito del“gruppo acquisti digitali” di un si-stema bibliotecario. Si rischia qui ilmedesimo errore di determinismotecnologico cui più volte abbiamoassistito negli ultimi 15 anni: l’ideache processi sociali supportati dal-le nuove tecnologie possano esse-re ridotti alle tecnologie stesse.34

Non bisogna però immaginarequesto lavoro di selezione comeun lavoro manuale di reperimentoe catalogazione delle risorse digita-li da parte dei bibliotecari: tali ma-teriali sono infatti disponibili in re-te quasi sempre già dotati di un setdi metadati che possono essereraccolti (o “harvestizzati”, come sidice in gergo) in modo automaticoattraverso software dedicati. Non sitratta quindi di aggiungere un nuo-vo ed enorme carico di lavoro sul-le spalle dei bibliotecari ma di co-minciare a considerare le fonti dicontenuti digitali online al pari deicataloghi delle case editrici neiquali selezioniamo periodicamentegli acquisti da fare per le nostrecollezioni: il bibliotecario indivi-duerà in rete dei repository digitalicon oggetti interessanti per la bi-blioteca mentre sarà compito di unsoftware adeguato e di una societàdi servizio includere i metadati ditali oggetti nella collezione dellabiblioteca.

2.2. Contenuti Open Access, harvest-ing selettivo e Web 2.0: un’opportu-nità ancora non sfruttata

Il secondo bacino di contenuti perle biblioteche pubbliche è costitui-to dagli oggetti digitali contenutinei repository Open Access e se-gnatamente nei repository OAI-PMH compliant che espongonopubblicamente i propri metadaticonsentendo a qualunque “serviceprovider” di aggregare metadati

secondo ordinamenti tematici ofunzionali liberi. Non è questa lasede per presentare e commentarecaratteristiche e dimensioni delmovimento Open Access nel mon-do35 ma è possibile richiamare al-cuni dati qualitativi e quantitativicon alcuni esempi di riferimento.I contenuti Open Access sono re-peribili attraverso motori di ricercaspecialisitici quali OAIster o indicidi repository quali Openarchives.eu e OpenDOAR. Ad oggi (ottobre2008), OAIster incude 18.158.488record harvestizzati da 1.026 istitu-zioni. Il numero di repository isti-tuzionali individuati è un numerotra 1.250 (OpenDOAR) e 1720 (O-penarchives.eu). Per quanto moto-ri di ricerca come OAIster sianopreziosi per il fatto che “isolano” ilmondo dei contenuti Open Accessrispetto ad altre tipologie di risorse,è necessario sapere che i dati pro-venienti da OAIster vengono forni-ti mensilmente anche a Google eYahoo! e sono quindi accessibilinormalmente anche attraverso que-sti motori di ricerca.36

Le statistiche elaborate da OpenDOAR,37 riportate in figura 2, ciaiutano a farci un’idea delle tipo-logie di oggetti digitali contenutenei repository OAI nel mondo (sibadi che non si tratta di statisticheper tipo, ma di statistiche per re-pository: cioè percentuali di repo-sitory che includono “anche” quel-la data tipologia multimediale).In genere, si considera il mondoOpen Access un mondo di conte-nuti esclusivamente accademici euniversitari. In realtà questo è ve-ro solo parzialmente: si pensi adesempio ai materiali di AmericanMemory (preparati dalla Library ofCongress), circa 240.000 item cheincludono fotografie, manoscritti, li-bri, registrazioni audio, filmati,mappe, spartiti musicali relativi allacultura americana.38 Se il criterioper distinguere ciò che è OpenAccess è l’uso del protocollo OAI-PMH allora questo ambito include-

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rà sempre di più negli anni a veni-re contenuti provenienti da istitu-zioni non accademiche (bibliotechepubbliche, musei, archivi, ecc.). Aparte libri e articoli scientifici, pos-so già oggi trovare in OAIster unavarietà sorprendente di contenuti,dai vecchi spot pubblicitari ameri-cani all’audiolibro della Teoria dellaRelatività di Einstein.39

Questa mole di contenuti includeuna grande quantità di materialiche sarebbero di interesse in unabiblioteca pubblica ma è ovvio –anche in questo caso – che solouna selezione accurata (e relativaalle scelte dei singoli bibliotecari edelle singole comunità di lettura)può raggiungere l’obiettivo di sod-disfare l’esigenza di un dato pub-blico di lettori.Il protocollo OAI-PMH porta consé la distinzione tra “data provi-der” (gli editori di contenuti digita-li) e “service provider” (chiunquefaccia l’“harvesting” di metadati dauno o più data provider al fine disviluppare un servizio specifico).Ricordo che “harvesting” è l’espres-sione di settore per indicare la cat-tura automatica di un certo nume-ro di record catalografici relativi aun certo repository OAI-PMH, inaltri termini un modo per cattura-re automaticamente pacchetti dimetadati usati in una certa biblio-teca digitale.

Università e biblioteche pubblichesono egualmente in ritardo nellosviluppo di servizi basati su OAI-PMH. Molte università italiane sonoormai dotate di repository OAI-PMH (per lo più basati sulla tecno-logia DSpace) ma nessuna ha svi-luppato strategie di harvesting selet-tivo per costruire motori di ricerca“tematici” di risorse Open Access.L’unica eccezione è costituita dalportale PLEIADI del Cilea40 che pe-rò punta a diventare il meta-motoredei repository italiani nel loro com-plesso e non ha obiettivi di selezio-ne tematica. Eppure è del tutto evi-dente che ben più di OAIster o Ple-iadi sono servizi tematici comeRePEc,41 ArXiv,42 PubMed Central,43

dedicati rispettivamente a econo-mia, fisica e scienze biomedicheche risultano davvero usati e impre-scindibili per gli utenti. Il mondodelle biblioteche pubbliche richie-derebbe ovviamente un lavoro diselezione diverso da quello operatoin questi portali tematici ma si trattadi un campo totalmente nuovo cheattende ancora di essere esplorato esperimentato.Aggiungo a margine della riflessio-ne sui contenuti ad accesso apertoche le biblioteche sono le istitu-zioni giuste per raccogliere e sele-zionare le autoproduzioni dellapubblica amministrazione locale(PAL) in generale: registrazioni di

eventi, materiali tematici per poli-tiche promozionali di vario gene-re, cataloghi di mostre, video, re-gistrazioni musicali e quant’altro laPAL abbia prodotto e per il qualesia disponibile un’adeguata libera-toria relativamente all’utilizzabilitàdel materiale.Un ragionamento simile vale perlo “user generated content” e perle applicazioni Web 2.0: i portalidelle biblioteche e le bibliotechestesse come luoghi fisici possonodiventare il repository di collezio-ni tematiche prodotte dagli utentisu temi che i bibliotecari ritengonoparticolarmente rilevanti per la co-munità dei propri lettori (produ-zioni multimediali, storia localeecc.).44 Esperimenti simili sono og-gi gestiti dalle pubbliche ammini-strazioni locali attraverso portaliindipendenti e senza l’idea di im-plementare una “digital library” diinteresse più generale.45

2.3. Contenuti commerciali

La terza ovvia fonte di contenutidigitali per le biblioteche pubbli-che è costituita dall’editoria digita-le nel suo complesso.Pensiamo qui anzitutto all’insiemedei servizi online a pagamento, inuna parola a qualunque tipo dicontenuto venga pubblicato su In-ternet a pagamento e con restri-zioni di accesso (tipicamente: nu-mero IP, username/password, DRMo una combinazione di queste co-se). Questo ambito delimita un’of-ferta ricchissima sfruttata poco emale dalle biblioteche pubbliche.Non è questo il luogo per dise-gnare una mappa dell’editoria on-line italiana ma è del tutto eviden-te che una biblioteca pubblicaavrebbe notevoli vantaggi a inclu-dere nelle proprie collezioni ac-cessi online a contenuti come:– grandi quotidiani e periodici na-zionali e locali per costruire un’e-meroteca digitale;– repertori di banche dati giuridi-

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Figura 2

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che, economiche, tecniche ecc.;– prodotti di reference (in partico-lare enciclopedie, repertori icono-grafici ecc.); – materiali di e-learning (si pensiad esempio ai corsi di lingua, untempo su CD-ROM e oggi larga-mente disponibili via Internet); – prodotti per il mondo della scuola;– e-books;– audiolibri; – audio e video in streaming e indownload.Una delle ragioni che impedisco-no l’uso più esteso di queste risor-se è la difficoltà di condivisione(anche economica) di tali risorsetra biblioteche o sistemi di biliote-che diversi, processo che richiedel’uso di una piattaforma di distri-buzione centrale dedicata (si ve-da l’ultima sezione sul progettoMediaLibraryOnLine).La scarsità di un’offerta di e-booksda parte delle biblioteche pubbli-che è completamente riconducibi-le alla grave arretratezza dell’edi-toria italiana. Se 7.000 bibliotecheamericane (si veda la sezione su-gli esempi di altri paesi) offrono aipropri lettori e-book in downloaddei principali editori mentre nes-suna biblioteca italiana fa nulla disimile, la ragione è al 99% ricon-ducibile all’assenza di un’offertaqualsivoglia da parte degli editoriitaliani, restii a sperimentare for-me di distribuzione libraria attra-verso l’una o l’altra delle tecnolo-gie di DRM oggi disponibili. Con-siderando il multilinguismo cre-scente della popolazione italiana,il riferimento all’offerta commer-ciale di editori stranieri in questosettore dovrebbe diventare un am-bito da esplorare per le bibliote-che pubbliche italiane.Un discorso simile vale per musicae film: come vedremo più avanti,se le biblioteche potessero acqui-stare licenze d’accesso online a ta-li contenuti (per consentire l’ac-cesso dai PC della biblioteca o daiPC in casa/ufficio dei propri uten-

ti) ciò significherebbe rivoluziona-re, almeno in parte, il servizio diprestito dei materiali audiovisivi econsentire una consultazione loca-le di tali contenuti laddove le bi-blioteche si limitano oggi sostan-zialmente a un servizio di prestito.Negli USA migliaia di bibliotecheusano servizi simili per i propriutenti e nessuna – letteralmentenessuna – in Italia. Di nuovo, laresponsabilità di un simile stato dicose è tutta dal lato di un sistemadi distribuzione audio/video pro-fondamente arretrato.Credo in sintesi che un modello digestione comprensivo di questetre grandi fonti (materiali dei pro-cessi di mass digitization, OpenAccess, contenuti online commer-ciali) risponderebbe nel modo piùricco possibile all’idea di Leom-broni, richiamata sopra, del gestire“una catena virtuale di fornituraorientata a produrre valore all’u-tente” e del gestire “una comunitàdi distribuzione che sfrutta le nuo-ve tecnologie e la ‘vecchia’ culturadel servizio delle biblioteche perfornire valore al cittadino-utente”.

3. Il pubblico dei contenutidigitali in biblioteca:un fraintendimento radicale

Se parlate di questi temi con i re-sponsabili di biblioteche pubbli-che, troverete una percentuale si-gnificativa di posizioni (non sapreistimare quanto grande) del tipo:“tutto questo è molto interessantema in realtà non interessa il pub-blico della nostra biblioteca e nonviene richiesto dai nostri utenti”.Questa posizione riassume un nu-mero sorprendente di errori e ri-chiede una volta per tutte di esse-re smontata sistematicamente.In primo luogo, chi sostiene que-sta posizione ignora il concetto di“digitale nativo” e di conseguenzanon riflette sul fatto che gran par-te dei prestiti che già oggi si rea-

lizzano in biblioteca è costituita daoggetti digitali: pensate solo a CDaudio e film su DVD. In molte bi-blioteche pubbliche italiane que-ste due tipologie di media costitui-scono il 50% e spesso più dei pre-stiti librari o addirittura dei prestiticomplessivi annui. Ecco due esem-pi ricavati da una grande bibliote-ca pubblica e da un grande siste-ma bibliotecario: la Biblioteca SalaBorsa di Bologna ha prestato nel2007 oltre 474.000 tra DVD e CDaudio a fronte di 405.000 prestiti dilibri; il Consorzio Sistema Bibliote-cario Nord-Ovest (CSBNO) ha pre-stato nel 2006 oltre 492.000 traDVD, CD audio e CD-ROM a frontedi 1.123.000 prestiti librari.46 Questinumeri sono spaventosi ancheperché in rapporto a questi mate-riali (CD audio e DVD) la bibliote-ca svolge un ruolo limitatissimo dibox mover: sposta scatole di plasti-ca dal distributore all’utente con ilvantaggio di avere un piccolo nu-mero (per titolo) di copie gratuiterispetto a distributori commercialicome Blockbuster. Di un libro chevoglio prendere a prestito possoalmeno sfogliare qualche pagina inbiblioteca, posso girare tra gli scaf-fali aperti e scoprire volumi chepoi chiederò a prestito. Per DVD eCD audio nulla di tutto questo èpossibile salvo rarissime eccezio-ni:47 non si guardano film né siascolta musica in biblioteca se nonattraverso poche (limitate e sco-modissime) postazioni dedicateche di fatto restano inutilizzate. Ilcorto circuito di riflessione sul fat-to che entrambi questi contenuti siconsumano anche attraverso uncomune PC (o altri dispositivi diuso comune: palmari, telefoni cel-lulari, lettori mp3 vari, ecc.) nonha ancora spinto i bibliotecari asviluppare un servizio di informa-zione e consultazione audio/videoadeguato in biblioteca. Ripeto, lebiblioteche italiane muovono gra-tuitamente scatole dalla distribu-zione home video alle case degli

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utenti. Una limitazione quasi umi-liante.Secondo punto: il pubblico dellebiblioteche è un sottoinsieme delpubblico complessivo dei mediadella comunicazione. Ciò che va-le statisticamente per il complessovale – con le debite proporzioni –anche per il sottoinsieme. Ora,chi sostiene che ci sia disinteresseverso i contenuti digitali da partedel pubblico delle bibliotecheignora probabilmente alcuni datistatistici sulla popolazione italia-na che vale la pena di ricordare.L’Italia ha un terzo della propriapopolazione che è costituito daconsumatori attivi di media digita-li (20.600.000 persone a fronte diun universo stimato di utenti dimedia digitali di oltre 33.200.000persone).48 Gli stili di consumidel cosiddetto Web 2.0 sono lar-gamente diffusi e tre dati fra tuttilo esemplificano: YouTube è tra iprimi 10 siti visitati in Italia, il si-stema di file-sharing Emule-Projectè utilizzato da quasi 7.000.000 diutenti unici al mese, l’enciclope-dia Wikipedia basata su “user ge-nerated content” è visitata da qua-si 9 milioni di visitatori unici almese (dati Nielsen/Net Ratings2007-8). Per intenderci, Wikipediaè consultata/editata circa tre voltein più rispetto al numero dei let-tori (non delle copie vendute) de“la Repubblica” o del “Corrieredella Sera” (dati Audipress 2008):49

è chiaro che si tratta di dati nonconfrontabili, ma li cito giusto perevidenziare come sia difficile in-dicare questi utenti come un pub-blico di nicchia o residuale concui le biblioteche hanno poco ache fare.Questo dato è ulteriormente con-fermato dalle statistiche anagrafi-che sui visitatori delle bibliotechepubbliche nelle quali è evidenteuna netta prevalenza di visitatoriunder 40-45, il che significa lavo-rare esattamente sulla fascia d’etàfocale per l’uso di Internet e degli

altri media digitali in Italia. SalaBorsa a Bologna ha una maggio-ranza di visitatori nella fascia 25-34e dati simili sono confermati daconsorzi come il CSBNO sebbenecon accentuazioni diverse. La figu-ra 3 mette a confronto le fasce d’e-tà degli utenti del CSBNO nel 2006con quelle relative all’utenza Inter-net italiana nel 2005.50

In sintesi: il pubblico delle biblio-teche pubbliche italiane è anagra-ficamente collocato nella fascia fo-cale più sensibile all’offerta di ser-vizi e contenuti digitali innovativi.Se i bibliotecari percepisconoun’assenza di “interesse” da partedei propri lettori al digitale ciò hapiuttosto a che fare con l’incapaci-tà delle biblioteche di veicolareservizi innovativi e non con la do-manda e la disponibilità reale de-gli utenti a fruirne. In altri termini,gli utenti sono restii a considerarele biblioteche come veicoli di in-formazione/distribuzione di conte-nuti digitali proprio perché ricor-rono a strumenti esterni (si pensial file sharing o al video on de-mand) rinunciando all’intermedia-zione bibliotecaria (anche quandosono utenti delle biblioteche):questo è un problema per le bi-blioteche che devono decidere serimanere focalizzate sull’analogicoo se accettare la sfida della distri-buzione digitale. Per il momento ildigitale è entrato in biblioteca sot-to forma di scatole di plastica trat-tabili (apparentemente) alla stre-gua di libri. Ciò non è in alcunmodo sufficiente ed è necessariodire a chiare lettere che chi sostie-ne la tesi del “disinteresse dei let-tori al digitale” rinuncia implicita-mente al principale fattore di in-novazione possibile (e dunque alfuturo) della dinamica complessi-va del settore delle bibliotechepubbliche. Il digitale cambia l’“or-dine dei documenti”, come direb-be Chartier. Sarebbe singolare chequesto processo lasciasse immuta-te le sole biblioteche pubbliche.

4. La BDP negli USA e in altripaesi: centralismo e ruolodell’impresa privata

Ci si deve chiedere a questo puntocosa accada in altri paesi occiden-tali comparabili con il nostro. Partoda un caso eccellente che probabil-mente è già canonico, quello dellaNew York Public Library. Se navi-ghiamo il portale della NYPL51 eandiamo alla pagina relativa alle“digital collections” possiamo farciun’idea dell’estensione del concet-to di “digital library” in questa bi-blioteca. La pagina presenta seimacro-aree di interesse:1) Immagini, stampe, fotografie: sitratta di 73 repertori iconograficistorici digitalizzati internamentedalla biblioteca e inseriti in un da-tabase ricercabile.2) Testi, poesia, narrativa: si trattadi collezioni di testi, archivi e da-tabase ad accesso ristretto (accessocon username/password non ri-stretto alla sede della biblioteca).Tra le collezioni di testi è presenteun pacchetto di oltre 32.000 volumidigitalizzati in accordo con Googlee incluso nell’OPAC generale.3) Audio, Video, webcasts: è la se-zione dedicata al servizio di acces-so a contenuti free e commercialiche includono musica, film, audioli-bri, e-books, webcasts audio/videodi eventi organizzati dalla NYPL(presenti anche su iTunes). 4) RSS: feed di post della NYPL re-lativi ai temi del digitale. 5) NYPL Staff: selezione di mate-riali (articoli, blog, selezioni di sitiecc.) preparati e distribuiti in retedal personale della NYPL.6) NYPL Community: materiali di-gitali relativi ad eventi online or-ganizzati dalla biblioteca (trascri-zioni di chat con gli autori, recen-sioni realizzate da ragazzi e altriportali tematici realizzati da comu-nità di utenti della biblioteca).Le collezioni digitali della NYPLmeriterebbero un articolo a sé ene consiglio la navigazione a tutti

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gli appassionati dell’argomentoma qui mi preme sottolineare ilfatto che questa biblioteca ha svi-luppato e sperimenta un program-ma chiaro e ben articolato di “bi-blioteca digitale pubblica” selezio-nando contenuti di ogni genereprofilati sugli interessi effettividella propria comunità di utenti.Da notare la presenza di e-book,musica e film nell’offerta di mate-riali in downoload. Ciò è resopossibile dalla partnership con lasocietà Overdrive52 che ha svilup-pato negli Stati Uniti un catalogodi circa 100.000 item digitali (tracui e-book, dischi, film, audioli-bri) accessibili in biblioteca (o dauna postazione privata dell’utente,a casa o in ufficio, o attraversodispositivi mobili). L’utente dellaNYPL può ad esempio scaricaremusica in formato mp3 sul pro-prio iPod. Ciò è reso possibile dauna piattaforma di digital assetmanagement in hosting che nonrichiede quindi alcun investimen-to in infrastrutture hardware/soft-ware/rete per le biblioteche cheintendono attivare il servizio.Questo medesimo modello distri-butivo è presente in circa 7.000 bi-blioteche USA e comincia a esten-dersi anche in paesi come Ca-nada, Australia, Irlanda, Messico,Nuova Zelanda, Singapore e GranBretagna.53

Vorrei notare che il caso degli USAè ulteriormente anomalo rispettoall’Italia perché l’azione delle bi-

blioteche avviene sullo sfondo diun sistema imprenditoriale che e-sprime una forte spinta verso la ge-stione digitale dei contenuti librari.Le problematiche di copyright lega-te all’esperienza di Google con ladigitalizzazione di libri protetti daldiritto d’autore sono un esempio diuna spinta forte – sul filo delle nor-mative sul copyright – verso unnuovo regime di gestione digitaledel sistema editoriale che apparemeno chimerico dopo il recente ac-cordo con gli editori americani.54

La digitalizzazione massiccia effet-tuata da Amazon con tutt’altro tar-get e modello di business ne è unesempio ulteriore.55 La partecipa-zione di aziende come Microsoft eYahoo! alla Open Content Allianceconfermano ulteriormente questecaratteristiche specifiche del siste-ma americano.Si noti tuttavia che anche un pae-se come la Francia, dalle forti in-clinazioni centralistiche, ha inizia-to, a partire dal richiamo di Jean-neney, non solo una “battaglia eu-ropea” contro Google ma ancheuna sperimentazione autonomadei percorsi che Google aveva se-guito (incontrando tra l’altro osta-coli legali non indifferenti). Il pro-getto Gallica 2 della BibliothèqueNationale de France, ad esempio,include da marzo 2008 una speri-mentazione (anche giuridica) sullacostruzione di un’offerta anche le-gata al contemporaneo di prodottieditoriali protetti da copyright. A

questo progetto partecipa la granparte degli editori francesi attra-verso la mediazione di un certonumero di “e-distributeurs”:

En complément de ces collectionsnumérisées, une expérimentationest en cours pour proposer, à par-tir de Gallica 2, un large accès àdes ouvrages numériques de l’édi-tion contemporaine, soumis parconséquent au droit d’auteur. LaBibliothèque nationale de France,le Syndicat national de l’Edition, laDirection du Livre et de la Lectureet le Centre national du Livre sesont associés pour élaborer dessolutions juridiques et techniques,ainsi qu’un modèle économiquerendant possible l’accès en ligne àdes documents contemporainsdans le strict respect du droit d’au-teur.56

È evidente da questi esempi cheuna parte rilevante delle collezio-ni digitali di una biblioteca pub-blica deve essere focalizzata sucontenuti contemporanei e protet-ti da copyright. La grande diffu-sione del modello Overdrive negliUSA e altrove dimostra non soloun migliore avanzamento delle bi-blioteche pubbliche nel percorsoverso il digitale ma anche unamaggiore maturità complessivadel sistema americano nel suocomplesso: la capacità innovativadelle biblioteche pubbliche e de-gli editori librari e multimedialiche hanno abbracciato distribu-

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Figura 3

00-25 26-40 41-60 > 60 18-24 25-34 35-44 45-54

0

5

10

15

20

25

30

102030405060

Dati Eurisko (2005)

% “utenti da casa”% “utenti dal lavoro”% popolazione

Elaborazione dati CSBNO (2006)

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zione digitale e DRM, i nuovi ser-vizi di distributori e aggregatoricome Overdrive e altri che hannosviluppato offerte specifiche versoil target bibliotecario, l’iniziativa diaziende private e consorzi di bi-blioteche per la digitalizzazione(Google, Microsoft, Yahoo!, il con-sorzio OCA), una visione non cen-tralistico-burocratica del processodi costruzione del digitale.In Italia mancano quasi tutti i polidi un simile sistema e a peggiora-re la situazione ci si mette la ten-denza dell’amministrazione centra-le e delle amministrazioni regiona-li a centralizzare i finanziamenti de-dicati al digitale sulla base di ra-gionamenti su interoperabilità econtenimento dei costi che di fattosi traducono in una mancanza dicompetizione, in poca iniziativadal basso oltre che nella conse-guente inefficienza sia sul pianodella qualità dei risultati che deicosti effettivi. L’innovazione nonprocede attraverso un modello bu-rocratico di irradiazione dai deci-sori ministeriali o regionali allarealtà delle biblioteche: al contra-rio, l’esperienza di altri paesi inse-gna che è la creatività e l’autono-mia delle singole realtà biblioteca-rie di eccellenza a generare mo-delli virtuosi e innovativi che unsistema imprenditoriale sano ecompetitivo o anche l’amministra-zione pubblica potrà poi far proprie integrare in un’offerta di succes-so. Stato e Regioni possono crearecondizioni favorevoli di sperimen-tazione ma non cercare di dirigereun processo che in gran parte deisuoi elementi è costitutivamente estrutturalmente bottom-up.

5. Il modello organizzativodella BDP: un nuovo ambitodi sperimentazione

Se le biblioteche pubbliche svilup-peranno collezioni digitali nel sen-so che si è detto ciò richiederà di

inventare e sperimentare nuovimodelli di servizio per gli utenti. Sitratta qui di un ambito di speri-mentazione completamente aper-to: inutile cercare di elaborarecomplicate teorie sul dover esseredelle biblioteche digitali pubbli-che, bisogna piuttosto tentare disviluppare servizi che risultinocompatibili e interessanti in rap-porto ai nuovi stili di consumo im-posti dalla grande diffusione deimedia digitali (da Internet alla TVdigitale). Si tratta di un ambitocreativo nuovo in cui regole buro-cratiche e approcci teoretici vuotivanno sostituiti con la sperimenta-zione reale. Si tratterà di speri-mentare nuove forme di fruizionedel documento in biblioteca, nuo-vi servizi in absentia che fatiche-remo a chiamare ancora “prestito”,nuove modalità di interazione tradocumento analogico e digitale, ri-pensamento dei sistemi di automa-zione, degli OPAC ecc.Il compito di questo articolo èsemplicemente quello di segnalarela necessità di lavorare sulla BDP etentare di delinearne per grandi li-nee le caratteristiche generali. Nonè dunque questa la sede per af-frontare sistematicamente il temadei modelli organizzativi. Cercheròad ogni modo di segnalare quelliche mi paiono gli elementi princi-pali attorno ai quali è necessariopianificare la strategia di una nuo-va BPD. Prima di esaminare tali elementi èbene ricordare una cosa banalema importante: non c’è BDP sen-za un gruppo di bibliotecari ingrado di pianificarne i contenuti egestirne la struttura in partnershipcon i fornitori esterni. La NewYork Public Library già citata è uncaso eccellente anche perché hacostituito un gruppo di lavorospecifico che si chiama NYPLLabs57 al quale lavorano 13 perso-ne occupandosi di ogni varietà ditemi relativi al digitale: Web de-sign, motori e algoritmi di ricerca,

content management, organizza-zione dei dati, metadati, digitalimaging ecc. Non sono sicuro cheil gruppo della NYPL costituisca laformazione ideale (credo che i bi-bliotecari dovrebbero maggior-mente specializzarsi su contenuti,metadati e modalità di presenta-zione/comunicazione e interfac-ciarsi con partner esterni per lequestioni più strettamente tecno-logiche) ma questo esempio ec-cellente ci ricorda che il primo pas-so verso la costruzione di una BDPconsiste nel costituire un gruppodi lavoro (anche piccolissimo) alproprio interno per gestire le pro-blematiche del digitale. Reti e si-stemi bibliotecari sono nella posi-zione migliore per costituire nuo-ve unità funzionali con un impat-to marginale sulle singole bibliote-che. La BDP è un nuovo ambitofunzionale della biblioteca e nonpuò essere in alcun modo trattatocon un residuo del tempo di lavo-ro di personale già impiegato inaltre mansioni principali.

5.1. Formazione

Si tratta anzitutto di cogliere cheil tema della BDP è una grandeopportunità di crescita e svilup-po professionale per i bibliotecari.Ciò significa sviluppare dei percor-si formativi specifici sui temi della“digital library” calibrati sulle di-verse tipologie di funzioni all’in-terno dell’organizzazione. Un’areatematica decisiva per la formazio-ne è quella relativa ai contenuti:nessuna biblioteca o sistema bi-bliotecario riuscirà davvero a rea-lizzare una BDP sin quando unnutrito gruppo di bibliotecari alsuo interno non avrà acquisitocompetenze di selezione e ricercadei contenuti comparabili a quellesviluppate per l’editoria tradiziona-le e per gli audiovisivi. Negli ulti-mi tempi si è diffusa l’idea – com-pletamente fallace – che spettereb-be ai bibliotecari focalizzarsi sul-

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l’intero processo tecnologico disviluppo di una “digital library”(dalla digitalizzazione alla piatta-forma distributiva e alla cataloga-zione con i metadati amministrati-vo-gestionali). Se è senz’altro veroche una visione a 360 gradi è uti-le, è però importante prevedereforme massicce di outsourcing perla gestione di tutti i processi tec-nologici. Vale per le “digital li-brary” al cubo quanto vale per lagestione di un sito Web: le biblio-teche che hanno puntato tutto suuna gestione tecnica interna sonooggi molto spesso quelle prive disistemi adeguati di content mana-gement, quelle con siti disegnatimale e poco usabili, con processicomunicativi via Web ridotti al mi-nimo rispetto alle potenzialità delmezzo. Le biblioteche devonoconcentrarsi sui contenuti e sullaloro intermediazione verso gli u-tenti: il focus sulla tecnologia co-stituisce un’inversione impropriadel punto di vista.

5.2. Carta delle collezioni digitali

È necessario piuttosto che i bi-bliotecari (sullo sfondo di una co-noscenza architetturale adeguata)diventino esperti di contenuti di-gitali e sviluppino delle strategieprecise di indagine e monitorag-gio del mercato (ivi inclusa l’of-ferta Open Access via Web). Nelsettore universitario (negli USA) ègià diffusa l’idea di estendere losviluppo di una “carta delle colle-zioni” alla sfera del digitale. Unastrategia sistematica sul digitalenel settore delle biblioteche pub-bliche dovrebbe partire propriodalla sperimentazione di una“carta delle collezioni digitali”: iltentativo di sviluppare una similecarta con il modello Conspectuspotrebbe forse costituire il primopasso per elaborare un “missionstatement” della biblioteca o delsistema bibliotecario in ambito di-gitale.58

5.3. Tecnologie, standard,metadati e interoperabilità

Per il bibliotecario alle prime armi ilmondo delle tecnologie per le “di-gital library” è un vero e proprio la-birinto. Direi che le applicazionipossono essere grosso modo suddi-vise nelle seguenti macro-categorie:– prodotti di “digital library” com-binati ad altri software biblioteca-ri (OPAC e strumenti di cataloga-zione);– prodotti di “digital library”stand-alone; – prodotti per la creazione di re-pository istituzionali OAI-PMHcompliant e prodotti collegati (adesempio software di harvesting);– prodotti “custom” realizzati dabiblioteche, università, enti locali eregioni per obiettivi specifici.Anche una semplice “software se-lection” completa richiederebbe auna biblioteca anni di lavoro e in-vestimenti considerevoli in risorseinformatiche interne. Un’alternati-va a questa vera e propria impasseè quella di selezionare e testare inprova solo piattaforme ASP (forni-te quindi alle biblioteche come ser-vizi e non come prodotti e chedunque non richiedono investi-menti infrastrutturali) e verificareoperativamente l’efficienza del mo-dello proposto nella propria realtà.In genere è necessario considerareche una piattaforma adeguata alleesigenze di una biblioteca pubbli-ca richiede i seguenti componentistrutturali che mi limito, di seguito,a elencare telegraficamente.1) Funzionalità avanzate di DigitalAsset Management (per la profila-zione dei modelli di accesso aicontenuti secondo le tipologie dilicenze e copyright delle risorse):– gestione di licenze e copyright; – profili di accesso personalizzati(utenti, gruppi di utenti, enti); – protezione di accesso (usr/pwd,IP, DRM);– autenticazione automatica e ge-stione centralizzata delle risorse on-

line commerciali (banche dati ecc.);– gestione della concorrenza nel-l’accesso alle risorse. 2) Funzionalità di “Media Network-ing” (cioè integrazione dei compo-nenti per la distribuzione in retedelle principali tipologie di media:ad esempio streaming server)– distribuzione di rete di ogni ti-pologia di oggetto multimediale(audio, video, testi, e-book, imma-gini, applicazioni, CD/DVD-ROM,accesso a banche dati online); – media server distribuiti sul terri-torio e ottimizzazione dell’accessoalle risorse. 3) Interoperabilità con gli OPAC ebackoffice:– connessione XML-SOAP agliOPAC; – possibilità di generare link da in-serire nell’OPAC ;– SSO per la gestione utenti;– sistemi CMS per redazioni distri-buite. 4) Customizzazione e personaliz-zazione del front-end Web:– possibilità di configurare diversiportali personalizzati per diversi en-ti che condividono la piattaforma; – profilazione di utenti e gruppi diutenti (oggetti digitali accessibili,preferiti ecc.). 5) OAI-PMH e strumenti di harvest-ing:– strumenti di harvesting selettivoper integrare collezioni OAI-PMH;– strumenti di harvesting selettivoper integrare collezioni OpenAccess non-OAI-PMH; – strumenti per la creazioni di re-pository istituzionali OAI-PMHcompliant .6) Livecasting (strumenti per il“broadcast” in tempo reale di even-ti audio/video via Web).7) Applicazioni Web 2.0 (per l’in-tegrazione di folksonomy e “usergenerated content”).8) Statistiche (strumenti adeguatidi reporting e statistiche per ana-lizzare la “circolazione” del patri-monio digitale e le sue modalità difruizione).

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Non è detto che tutte queste fun-zionalità debbano essere integratenel medesimo servizio/applicazio-ne (anche se sarebbe auspicabile)ma è opportuno confrontare leproprie esigenze di contenuti eservizi per la BDP in rapporto aquesta lista di temi tecnici per ve-rificarne la realizzabilità e il mododi implementazione. Il mio sugge-rimento è quello di internalizzarecompletamente il progetto deicontenuti/servizi della BDP e sti-pulare invece contratti di outsour-cing per la piattaforma software ei servizi connessi sulla base di taleprogetto (e non viceversa).

5.4. Comunicazione, advocacy,segnaletica

La BDP è un servizio nuovo chenon può contare su una tradizio-ne d’uso e un sistema di conven-zioni che aiutino gli utenti a orien-tarsi al suo interno. Al contrariodelle biblioteche di conservazionee delle università, la BDP non haneanche il vantaggio di orientarsia un target predefinito e specializ-zato se non sul mezzo almeno suicontenuti veicolati dal mezzo. Ilpubblico delle biblioteche pubbli-che è un pubblico generalista chein Italia non ha alcuna esperienzadi uso delle biblioteche per l’ac-cesso a risorse digitali. Anche inquesto consiste il paradosso dellaposizione esaminata sopra relati-vamente al presunto “disinteresse”del pubblico: se anche la bibliote-ca disponesse dei più sofisticatiservizi di biblioteca digitale per ipropri utenti, tali servizi rimarreb-bero inusati e inusabili per la sem-plice ragione che gli utenti neignorano l’esistenza e le modalitàdi integrazione nell’architetturacomplessiva dei servizi offerti dal-la biblioteca.È necessario quindi un triplolivello di azione:1) una strategia di comunicazioneintegrata per raggiungere i target

principali della biblioteca e veicola-re gli elementi costitutivi dei nuoviservizi;2) politiche di promozione dell’u-so del digitale attraverso incentiviche facilitino l’adozione del servi-zio nei settori ritenuti cruciali;3) integrazione del digitale nellasegnaletica interna della biblioteca(guida all’uso dei terminali, link dascaffali ecc.).

5.5. Budget

Quanto detto all’inizio di questasezione per le risorse umane valeevidentemente anche per il budgetdella BDP. Ritengo tuttavia che sidebba valutare la struttura dei co-sti in modo non rigido.È anzitutto necessario che il digita-le nel suo complesso (come a suotempo è stato per DVD, CD Audio,VHS, CD-ROM e quant’altro) entria far parte del budget complessivoper l’acquisto di contenuti. Si trat-terà ovviamente di sviluppare deimodelli interni per valutare l’effica-cia (circolazione) e le debite pro-porzioni da assegnare a questo am-bito. Attualmente gran parte deiprogetti di “digital library” punta sugrandi investimenti tecnologici(software, hardware, memorie, di-gitalizzazione ecc.). È invece ne-cessario invertire la prospettiva tra-sformando la componente tecnolo-gica in servizio (“software/storage/processing/ bandwidth/Web plat-form as services”, secondo una re-cente formulazione di Gartner)59 ilcui costo risulti sempre più incor-porato nella gestione complessivadei contenuti. Non ha alcun sensoun investimento infrastrutturale im-pegnativo in un panorama che e-volve continuamente. Al contrario,il modello corretto per le bibliote-che pubbliche è quello di una spe-rimentazione attraverso costi an-nuali ridotti di outsourcing.Un secondo elemento strutturalefondamentale per la pianificazioneeconomica della BDP è la costru-

zione di modelli di risparmio ri-spetto al sistema acquisti tradizio-nale. L’implementazione di conte-nuti digitali deve essere a sommazero (shift di costi sul digitale) egenerare migliore efficienza e cir-colazione. Poniamo ad esempioche 30 biblioteche in un sistemabibliotecario acquistino ogni gior-no n giornali quotidiani. È compi-to del gruppo acquisti della BDPsviluppare un modello che con-senta alle 30 biblioteche di acqui-stare n licenze online da gestire inmodo condiviso e ottimizzato sul-l’uso effettivo, generando un ri-sparmio complessivo nell’acquisto:ad esempio – invento – il gruppopotrebbe scoprire che 30 copieonline (al posto delle 30 moltipli-cate per 5 testate) sono più chesufficienti a gestire il carico di ri-chieste degli utenti e aumentare laqualità del servizio (ad esempiooffrendo la lettura da casa delquotidiano ai propri iscritti o a unsottoinsieme di essi). Un altro mo-dello di risparmio sempre più dif-fuso nella commercializzazione die-book è la stipula di contratti di-namici che consentano a una bi-blioteca di acquistare i soli prodot-ti effettivamente richiesti dai pro-pri utenti.Il terzo elemento strutturale è datodalle politiche consortili e dallapossibilità di ottenere risparmi sul-le licenze sulla base dei maggiorivolumi di acquisto. L’esperienzadei consorzi di acquisto universita-rio dovrebbe essere estesa al mon-do delle BDP per le quali si apro-no molteplici direzioni di contrat-tazione e sperimentazione con idiversi attori dell’editoria digitale emultimediale. Prodotti sperimenta-li per i quali non è ancora chiarala dimensione effettiva dell’utenzapossono essere acquistati da grup-pi consortili ripartendo il costocomplessivo e acquisendo pochiaccessi per utente concorrente invista di un’analisi più approfonditadella domanda.

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5.6. Licensing e copyright

L’ultimo elemento organizzativofondamentale che mi preme se-gnalare è quello del licensing edel copyright. È anzitutto necessa-rio che biblioteche e sistemi ab-biano una consulenza adeguataper assicurarsi che i propri obietti-vi di “digital library” siano compa-tibili con la normativa italiana suldiritto d’autore.60 La tutela giuridi-ca deve tuttavia andare di paripasso allo stimolo verso editori edistributori perché essi sviluppinonuove forme di licensing digitalecompatibili con le modalità di ac-quisto, con il pubblico e il budgetdelle biblioteche italiane: l’espe-rienza dell’acquisto consortile inambito universitario deve esserereplicato e adeguato al settore del-le biblioteche pubbliche che han-no esigenze e riferimenti editorialidel tutto diversi da quelli delleuniversità. Tanto l’esperienza ame-ricana della società Overdrivequanto le iniziative francesi diGallica 2 citate sopra richiedonourgentemente di essere valutate esperimentate in Italia.

6. MediaLibraryOnLine.Un modello di servizioe una communityper la BDP in Italia

L’analisi proposta in questo arti-colo è alla base del progetto Me-diaLibraryOnLine promosso dauna serie di sistemi bibliotecariitaliani (il primo è stato il Consor-zio Sistema Bibliotecario Nord-Ovest, vicino a Milano, diretto daGianni Stefanini) con il supportotecnologico e di consulenza dellaHorizons Unlimited srl di Bolognache ha sviluppato la piattaformatecnologica e gestisce commercial-mente il progetto. La lista comple-ta delle biblioteche e dei sistemibibliotecari aderenti al progetto èdisponibile online sul sito del pro-

getto <http://www.medialibrary.it>al quale rimando anche per unademo e una descrizione più am-pia di quanto sia possibile in que-sta sede.MediaLibraryOnLine punta a costi-tuire un network nazionale dellebiblioteche e dei sistemi bibliote-cari che ritengono essenziale ini-ziare a sperimentare operativa-mente il modello di uso del digita-le delineato in questo articolo.Il servizio offerto da MediaLibrary-Online può essere articolato inquattro punti essenziali.1) Si tratta anzitutto di un sistemaper distribuire via Web ogni tipo-logia di oggetto digitale (audio, vi-deo, testi, banche dati a pagamen-to, testi a stampa o manoscritti informato immagine, archivi icono-grafici, audiolibri, libri digitalizzati,e-learning, live-casting in temporeale ecc.).2) Il servizio è basato su un porta-le completo di Digital Asset Man-agement per gestire tutti i proble-mi di licensing e copyright delle ri-sorse commerciali e a pagamento:in pratica per ogni oggetto digitaleinserito è possibile gestire profilidi accesso differenziati (chi puòaccedere, quanti utenti concorren-ti, da dove, ecc.).3) L’obiettivo generale è quello dicreare un network nazionale di bi-blioteche, sistemi bibliotecari e al-tri enti che collaborano per svilup-pare nuovi servizi bibliotecari ba-sati su risorse digitali condividen-do i costi generali per la gestionedella piattaforma tecnologica4) L’infrastruttura di MediaLibrary-Online è una piattaforma softwarecondivisa e gestita in hosting(“software as service”): ciò con-sente un risparmio consistenteper i singoli sistemi che non han-no bisogno di investire in infra-strutture hardware e di rete e per-mette un’implementazione rapi-dissima dei servizi.Il target del progetto è costitui-to principalmente da biblioteche

pubbliche e sistemi bibliotecari maè chiaro che anche pubbliche am-ministrazioni locali, scuole, univer-sità, aziende, ASL possono esserecoinvolte a latere dei soggetti bi-bliotecari principali per lo svilup-po di progetti specifici.L’adesione a MediaLibraryOnLinedà diritto a una serie di servizi chedi seguito riassumo.– Portale personalizzato. Gli enticondividono una piattaforma (laMedia Library) che consente adognuno di creare il proprio porta-le personalizzato. Il portale è unsistema DAM e permette dunquela distribuzione profilata degli og-getti digitali ai propri utenti (rico-noscimento IP + username/pass-word), ha un motore di ricerca(semplice e avanzata) sulle risorsedel singolo ente e offre la possibi-lità di ricercare le risorse degli altrienti del network. Per quanto ri-guarda gli oggetti ad accesso aper-to, essi sono accessibili attraversoil portale a tutti gli enti del net-work.– Formazione. L’adesione a Me-diaLibraryOnLine include corsi diformazione on site per gli opera-tori e gli utenti finali. Gli enti chevorranno sperimentare in modopiù profondo l’impatto del digita-le sui propri processi potrannocostruire percorsi formativi perso-nalizzati e gruppi di lavoro inter-ni dedicati. Enti diversi potrannoorganizzare eventi formativi in col-laborazione.– Possibilità di distribuire onlinetutte le tipologie di media digitali.La Media Library permette di ge-stire ogni tipologia di oggetto di-gitale (audio, video, testi digitaliz-zati, archivi iconogragici, e-book,streaming e downolad, e-learningecc.).– LiveCasting. Il sistema compren-de inoltre la possibilità di trasmet-tere via Web in tempo reale even-ti (audio/video) e archiviarli auto-maticamente nel repository digita-le al termine del broadcast.

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– Consulenza sull’acquisizione deicontenuti. È disponibile per gli en-ti partecipanti una struttura di sup-porto per la selezione, la contrat-tazione con gli editori e l’acquisi-zione di contenuti; un medesimoservizio di consulenza è offertoper la selezione dei materialiOpen Access.– Assistenza tecnica e gestione inaffiancamento. L’adesione includenon solo un servizio classico di as-sistenza tecnica ma anche un ser-vizio di gestione in affiancamentoche consente un passaggio soft egraduale alla gestione autonomadella piattaforma da parte delle bi-blioteche. Il portale MediaLibrary-OnLine include un sistema per ilcontatto immediato del servizio diassistenza. – Acquisti consortili. MediaLibrary-OnLine è una piattaforma che con-sente agli enti partecipanti di effet-tuare acquisti consortili di conte-nuti digitali in modo da ottenere

risparmi in fase di contrattazione.In particolare, contrattare licenzedi accesso per “utenti concorrenti”è un modo per ridurre al massimoil costo di accesso e ottimizzarel’uso delle risorse in modo scalabi-le e senza sprechi. La crescita delnetwork di MediaLibraryOnLineconsentirà inoltre di aumentare laforza contrattuale delle singole bi-blioteche o dei singoli sistemi:centinaia di biblioteche potrannofar valere la propria capacità d’ac-quisto nei confronti di interlocuto-ri commerciali abituati a trattare inmodo separato e individuale con ilmondo delle biblioteche– Un network nazionale e servizidi community. Il portale MediaLi-braryOnLine è affiancato da unnewsgroup e altri strumenti di co-municazione che permettono atutti i bibliotecari degli enti parte-cipanti di comunicare tra loro e discambiarsi esperienze. Verrà inol-tre realizzato annualmente un e-

vento pubblico con la partecipa-zione di tutti i sistemi aderenti– Acquisto di risorse commerciali.Ogni sistema o biblioteca potrà u-tilizzare la piattaforma per gestirecontenuti commerciali acquisitiautonomamente; gli acquisti con-sortili con altri sistemi sono incen-tivati ma ovviamente possono es-sere accompagnati da acquisti au-tonomi della singola biblioteca odel singolo sistema. La Media Li-brary consente di gestire central-mente (in modo trasparente perl’utente) le password di accesso, dicondividere abbonamenti tra bi-blioteche diverse, di offrire acces-so fuori della biblioteca attraversoprocedure di autenticazione. Ciòsignifica acquisire risorse che po-tranno essere poi distribuite a casadegli utenti, nelle scuole, presso leaziende e le pubbliche ammini-strazioni locali.– La “carta delle collezioni digitali”.Lavorando a stretto contatto con i

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La home page di MediaLibraryOnLine

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responsabili acquisti della bibliote-ca o del sistema, verrà costruita una“carta delle collezioni digitali” sianell’ambito delle risorse commer-ciali che gratuite e Open Access(sul modello Conspectus); per quel-lo che concerne gli oggetti OpenAccess, l’adesione al progetto signi-fica l’accesso a una collezione checresce nel tempo con la collabora-zione di tutti gli enti.– CMS e gestione autonoma deicontenuti: la piattaforma Web èdotata di un sistema di gestionevia Web (un CMS) che permette al-le biblioteche e ai sistemi di gesti-re in autonomia i contenuti delproprio portale personalizzato.– Integrazione con gli OPAC: perle biblioteche che ne faranno ri-chiesta sarà sviluppato un serviziodi integrazione con gli OPAC giàesistenti in modo da consentirel’aggregazione della ricerca sullaMedia Library ai risultati delle ri-cerche sull’OPAC.– Un servizio di hosting condiviso:l’adesione al progetto non richiedealcun investimento hardware e direte poiché la piattaforma è in ho-sting (“software as service”) e cia-scun sistema dispone di una quo-ta server di grandi dimensioni euna banda Internet garantita. Il si-stema centralizzato consente aogni ente partecipante di sviluppa-re servizi specifici su server multi-mediali aggiuntivi che possonoservire il singolo ente o essere incondivisione tra enti specifici delnetwork. L’architettura del servizioè allo stesso tempo centralizzata,decentralizzata e distribuita.La sostenibilità del progetto Media-LibraryOnLine è basata su una li-cenza (abbonamento) pluriennaledi accesso che dà diritto d’uso del-la piattaforma sui PC delle biblio-teche e dei propri utenti registrati.La licenza dà diritto di accesso atutti i contenuti Open Access ac-cumulati dal network nel tempo einclude una quota di contenuticommerciali consortili da concor-

dare e una quota di contenuti adaccesso aperto da harvestizzaresulla base delle indicazioni dellabiblioteca. La licenza include comunque ladisponibilità di un repository digi-tale condiviso (fino a 1TB di spa-zio disco per sistema biblioteca-rio) e una banda garantita (5 Mb/sper sistema) anche per il serviziodi audio/video streaming: tale di-mensionamento potrà essere mo-dificato a richiesta dei singoli si-stemi. È inoltre previsto un ciclocontinuo di innovazione dellapiattaforma con due nuove relea-se del software l’anno e con fun-zionalità che saranno discusse,prima di essere implementate, conla community dei bibliotecari delnetwork.Un punto decisivo del progetto ècostituito dalla ricerca di formecontrattuali nuove e sperimentalicon editori/distributori di materialidigitali in modo che si possa arri-vare alla gestione digitale e di reteprotette da copyright nel settore li-brario e degli audiovisivi. Una del-le ragioni a favore della costruzio-ne di un network nazionale diBDP è la necessità di aggregareuna massa critica di biblioteche alfine di promuovere un dibattito euna sperimentazione con editori edistributori che difficilmente si im-pegnerebbero in iniziative di pic-cole dimensioni. Un primo esem-pio di una simile sperimentazioneè costituita dal contratto siglato trala Horizons Unlimited srl e laErmitage Multimedia srl per la im-plementazione di un servizio de-nominato “Ermitage Streaming”che consentirà di distribuire in for-mato streaming il catalogo di filmstorici Ermitage nelle bibliotecheitaliane.Il servizio MediaLibraryOnLine èattivo dal 1 febbraio 2009 ed è in-tenzione del consorzio degli entiaderenti offrire alla comunità deibibliotecari italiani dati periodicisull’andamento del progetto in

modo da contribuire con informa-zioni ed esperienze fattuali (positi-ve e negative) al processo di co-struzione delle BDP in Italia.

7. Conclusioni

La BDP non è una realtà consoli-data ma un nuovo ambito di lavo-ro e di sperimentazione per l’inte-ra comunità dei bibliotecari pub-blici e degli esperti di biblioteco-nomia italiani. Il progetto MediaLi-braryOnLine è solo la prima azio-ne strutturata alla quale sperabil-mente ne seguiranno altre a curadi altre aziende, altri enti, altri si-stemi bibliotecari. LA BDP è unconcetto intrinsecamente pluraleed è auspicabile che Stato e Regio-ni rinuncino alle loro pulsioni dicentralizzazione come accade intutti i paesi avanzati, a favore diprogetti multipli e di una realeconcorrenza tra attori diversi ope-ranti sul mercato. Le soluzioni proposte e l’imposta-zione di questo articolo potrannoforse provocare dissensi in alcunima credo sia difficilmente discuti-bile il fatto che si apre qui un nuo-vo ambito di lavoro, sostanzial-mente inesplorato, sul quale è ne-cessario avviare un dibattito e unconfronto il più possibile ampi earticolati.

Note

1 Si veda <http://www.loc.gov/marc/856guide.html> e ad esempio la di-scussione in <http://www.aib.it/aib/contr/gnoli3.htm>.2 <http://www.bibliotecaitaliana.it/xtf/view?docId=bibit000019/bibit000019.xml>.3 <http://books.google.com/books?id=x6NEAAAAIAAJ&printsec=frontcover&dq=inauthor:alessandro+inauthor:manzoni&lr=&as_brr=1&ei=eQfqSKSyDY3kywSfyZXMBA&hl=it#PPR10,M1>.4 <http://molcat1.bl.uk/treasures/shakespeare/search.asp>.

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5 Si veda per una rassegna ANNA MARIA

TAMMARO, Che cos’è una biblioteca di-gitale?, “DigItalia”, Dicembre 2005,<http://digitalia.sbn.it/upload/docu-menti/digitalia20050_TAMMARO.pdf>.6 <http://www.internetculturale.it>.7 Ci si riferisce alla collezione della Bi-blioteca Italiana curata dall’UniversitàLa Sapienza, contenente circa 1.500testi della tradizione culturale italianacui si aggiungono 287 volumi dellacollana “Scrittori d’Italia” di Laterza:<http://www.bibliotecaitaliana.it>.8 DigItalia, <http://digitalia.sbn.it>.9 DLib, <http://www.dlib.org>.10 <http://www.uniciber.it/>.11 <http://www.cilea.it/index.php?id=cdl>.12 <www.openarchives.org>.13 <http://oa.mpg.de/openaccess-berlin/berlindeclaration.html>.14 <www.oaister.org>.15 <www.openarchives.eu>.16 <http://almadl.cib.unibo.it/>.17 ANSI/NISO Z39.88-2004 “The OpenURL Framework for Context-SensitiveServices”, <http://www.niso.org/kst/reports/standards?step=2&gid=&project_key=d5320409c5160be4697dc046613f71b9a773cd9e>. Interessante a questoproposito è il servizio “Link alle biblio-teche” di Google Scholar che permettealle singole biblioteche di agganciarele ricerche su Google Scholar al pro-prio link revolver in modo da reindi-rizzare contestualmente i propri utentiverso il full text degli articoli scientificise l’accesso avviene in biblioteca o at-traverso autenticazione personale.18 Gruppo di studio sulle biblioteche di-gitali dell’AIB, Manifesto per le bibliote-che digitali, AIB-WEB (dicembre 2005),<http://www.aib.it/aib/cg/gbdigd05a.htm3>.19 RICCARDO RIDI, Manifesto per la bi-blioteca ipertestuale. Versione 1.0, “Bi-bliotime”, 10 (2007), 3, <http://www2.spbo.unibo.it/bibliotime/num-x-3/ridi.htm>; ma si veda anche il prece-dente La biblioteca digitale: definizioni,ingredienti e problematiche, “BollettinoAIB”, 44 (2004), 3, p. 273-344, <http://www.aib.it/aib/boll/2004/0403273.htm>.20 CLAUDIO LEOMBRONI, Appunti perun’ontologia delle biblioteche digitali:considerazioni sulla Biblioteca digitaleitaliana, “Bollettino AIB”, 44 (2004), 2,p. 115-131, <http://www.aib.it/aib/boll/2004/0402115.htm>; questa rifles-sione può essere utilmente collegata al

ragionamento più ampio svolto daLeombroni sul ruolo delle bibliotechepubbliche nell’articolo La bibliotecapubblica: un progetto incompiuto dellamodernità?, “Bollettino AIB”, 45 (2005),3, p. 273-276, <http://www.aib.it/aib/boll/2005/0503273.htm>.21 Si veda la discussione in GIOVANNI SO-LIMINE, Verso una Biblioteconomia 2.0?,“Bollettino AIB”, 47 (2007), 4, p. 433-434, <http://www.aib.it/aib/boll/2007/0704433.htm> e il precedente <http://www.letturaweb.net/jsp/approfondimenti/saggi/solimine_1_1.jsp>.22 Si veda l’articolo di MAURIZIO TARANTINO

– MASSIMO BERTONCINI, Per un “sistema”delle biblioteche digitali: codex> bricks,“DigItalia”, 1 - 2007, <http://digitalia.sbn.it/upload/documenti/digitalia20071_BERTONCINI.pdf> dedicato all’esperien-za del progetto RBDC promosso dallaRegione Campania, un progetto rivoltoalla costruzione di una rete di bibliote-che digitali pubbliche in quella regione.23 <http://www.7thfloor.it/wp-content/uploads/PDF/eContent2008.pdf>.24 <http://www.europeana.eu>.25 i2010: Digital Libraries Iniziative,<http://ec.europa.eu/information_society/activities/digital_libraries/index_en.htm>.26 JEAN-NOËL JEANNENEY, Quand Googledéfie l’Europe, “Le Monde”, 24 gennaio2005, p. 13, anche in <http://www.bnf.fr/pages/dernmin/pdf/articles/lemonde_2401.pdf>. Si veda anche GI-NO RONCAGLIA, I progetti internaziona-li di digitalizzazione bibliotecaria: unpanorama in evoluzione, <http://eprints.rclis.org/archive/00005522/01/roncaglia_digitalizzazione_patrimonio_librario_vers1.pdf>.27 RICCARDO RIDI, Manifesto per la bi-blioteca ipertestuale. Versione 1.0, “Bi-bliotime”, 10 (2007), 3, <http://www2.spbo.unibo.it/bibliotime/num-x-3/ridi.htm>.28 <http://books.google.com/google-books/partners.html>.29 Per una sintesi dell’accordo si veda<http://books.google.com/intl/it/googlebooks/agreement/>.30 <http://www.opencontentalliance.org/contributors.html>.31 <http://code.google.com/apis/books/>.32 <http://www.doi.org/>, <http://www.handle.net>33 ROBERT DARNTON, The Library in theNew Age, “The New York Review of

Books”, 55 (2008), 10, <http://www. nybooks.com/articles/21514>; PAUL DUGUID,Inheritance and loss? A brief survey ofGoogle Books, “First Monday”, 12 (2007),8, <http://www.firstmonday.org/issues/issue12_8/duguid/>; ANTHONY GRAFTON,Future Reading. Digitization and its di-scontents, “The New Yorker”, Novem-ber 5, 2007, <http://www.newyorker.com/reporting/2007/11/05/071105fa_fact_grafton>; PATRICK LEARY, Googling the Vic-torians, “Journal of Victorian Culture”, 10(2005), 1, <http://victorianrese arch.org/Googling_the_Victorians.htm>.34 Si veda su questo tema GIULIO BLASI,Semantic Web. Determinismo e antide-terminismo tecnologico, “VS”, 94-95-96,2003.35 Si veda per un’introduzione <http://wiki.openarchives.it/index.php/Pagina_principale>.36 “OAIster staff send our metadata toYahoo! and Google on a monthly basis.Yahoo! uses the complete metadata re-cords in their search index (http://search.yahoo.com/). Google uses theURLs included in the records to robotweb pages for their search index”(http://www.oaister.org/sru.html).37 <www.opendoar.org>.38 <http://www.openarchives.eu/ search/repository_details.aspx?mode=repositorydetail&repository_id=1328>.39 <http://memory.loc.gov/mbrs/amrlv/4007.mpg>, <http://www.archive.org/details/relativity_librivox>.40 <http://www.openarchives.it/pleiadi/>.41 <http://repec.org/>.42 <www.arxiv.org>.43 <www.pubmecentral.org>.44 Su questo tema si veda Le reti par-tecipative: la biblioteca come conver-sazione, di R. David Lankes, JoanneSilverstein e Scott Nicholson, prodottoper l’American Library Association(http://www.aib.it/aib/cg/gbdigd07.htm3), e l’intervista a Lankes di FabioMetitieri (La biblioteca come conversa-zione, “Biblioteche oggi”, 25 (2007),5, p. 15-21), < http://www.bibliotecheoggi.it/2007/20070501501.pdf>.45 Si pensi al sistema di portali delComune di Bologna “Flash Giovani”che ha costituito repository di fumetti,audio, video, webtv e webradio, <http://www.flashgiovani.it/>.46 <http://www.bibliotecasalaborsa.it/documenti/8019>.47 Segnalo tra tutti l’ottimo servizio

Orientamenti

Biblioteche oggi – marzo 2009

Page 19: La biblioteca digitale pubblica e il progetto MLOL (Biblioteche Oggi, Marzo 2009)

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“Auris Media” della Biblioteca France-sco Selmi di Vignola che dà accesso a3.000 CD audio attraverso le postazioniPC interne.48 <http://www.nielsen-netratings.com/resources.jsp?section=pr_netv&nav=1>.49 <http://www.audipress.it/dati.html>.50 Si veda per Sala Borsa <http://www.bibliotecasalaborsa.it/materiali/dossier/dossier2007.pdf>, per il CSBNO i datistatistici sono disponibili sul sito Web<http://www.csbno.net>, per i dati Euri-sko e altre statistiche sull’uso di Internetin Italia si veda la riflessione di Gianfan-co Livraghi, <http://www.mclink.it/personal/MC8216/dati/dati3.htm>.51 <http://www.nypl.org>.52 Cfr. <www.overdrive.com> e <http://en.wikipedia.org/wiki/OverDrive,_Inc.>per un profilo breve della società.53 Per una lista delle biblioteche partnerdi Overdrive si veda <http://search.overdrive.com/>. Si veda come ulterio-re esempio NetLibrary, la divisione die-content di OCLC, <http://company.netlibrary.com>.54 Vedi sopra e anche <http://books.google.it/booksrightsholders/>.55 Penso in particolare qui ai milioni di

pagine digitalizzate da Amazon per svi-luppare il servizio “Search Inside ThisBook”, <http://www.amazon. com/b/?node=10197021>.56 Cfr. <http://www.bnf.fr/pages/zNavigat/frame/bibliotheque_numerique.htm> e <http://gallica2.bnf.fr/moreInfos?lang=en> ove è disponibile la lista deglieditori coinvolti e degli “e-distributeurs”coinvolti.57 <http://labs.nypl.org>.58 Si veda <http://www.aib.it/aib/com

miss/cnur/iflacons.htm3> e l’esempiodella Columbia University <http:// www.columbia.edu/cu/lweb/services/colldev/digital-library.html>.59 <http://www.gartner.com/it/products/research/alternative_delivery/alternative_delivery.jsp>.60 Rimando alla raccolta di link di Anto-nella De Robbio per una prima panora-mica e per indicazioni bibliografiche sultema, <http://www.math.unipd. it/~derobbio/dd/copyr00.htm>.

Orientamenti

Biblioteche oggi – marzo 2009

In Italy we reflect on digital libraries along two exclusive directions: a) thedigitization and preservation of historical materials, b) the creation of digital repositories and other digital services in universities. All our theo-retical and institutional efforts are oriented towards these two areas ofinterest. Public libraries instead - whose public is less interested inscientific articles and ancient manuscript or books – are completeley excluded from the general discussion on digital libraries. In this article Itry to describe a new field of work and research (the “Public DigitalLibrary”) that since now constituted a sort blind spot in LIS studies. Ialso present a new project (MediaLibraryOnLine) as an operationalanswer to this state of affairs in Italy.

Abstract