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Levrieri nel cuore 36 www.adozionilevrieri.it www.adozionilevrieri.it Levrieri nel cuore 37 Levrieri nella storia Levrieri nella storia La civilizzazione del Levriero Per tempi di poche migliaia di anni le mutazioni non creano differenze tra le popolazioni e le razze tali da poter essere evidenziate. Gli sche- letri ritrovati dei vari canidi protostorici non ci daranno importanti informazioni fino a quando non sarà risolto il problema dello studio e della ricostruzione del dna antico che, ovviamente, nei millenni ha subito enormi alterazioni fino alla illeggibilità totale. Quali altre informazioni sui nostri beniamini possiamo quindi ottenere dal passato? Fortunatamente la fascinazione che il levriero ha sempre ispirato agli umani e la sua oggetti- va importanza in una società di cacciatori, lo hanno reso soggetto di rappresentazione fin dagli esordi dell’arte, sin dal momento in cui essa era soprattutto espressione di una visione magica della vita, dell’universo e della pratica venatoria. Quindi le forme religioso magiche dell’arte sono la prima vera fonte di informazio- ni sulla presenza dei levrieri nelle società umane, molto prima che venisse formalizzato un linguaggio scritto che potesse trasmetterci ulteriori informazioni su di loro. Come dimostrano anche le immagini della pre- cedente puntata, la più antica fonte sono i graf- fiti o i pittogrammi di caccia del deserto del Sahara, la cui datazione è alquanto difficoltosa, ma può essere supposta in base al tipo di ani- mali cacciati, diversi a seconda del clima del periodo. La Paleoclimatologia ci dice che l’attuale Sahara era un tempo una lussureggiante sava- na, con le relative popolazioni animali. Successivamente, il clima ha progressivamente virato verso il secco, diventando prima una steppa e poi sempre più desertico, mano a mano che ci si avvicinava ai tempi storici, con un cambiamento della tipologia di caccia e l’inseri- mento infine di animali di allevamento. Storicamente questi passaggi corrispondono al passaggio da una civiltà paleolitica di soli cac- ciatori e raccoglitori nomadi a quella mesolitica con l’inizio della domesticazione di alcune spe- cie animali oltre al cane, con un nomadismo stagionale legato alla transumanza in cerca di pascolo, fino alla progressiva stanzializzazione delle popolazioni che avevano avuto accesso alle tecniche agricole, iniziando così la civilizza- zione neolitica. Occorre inoltre puntualizzare che questa linea evolutiva di civilizzazione ha un andamento ter- ritoriale a macchia di leopardo, con zone “avan- zate” composte da culture neolitiche come nella cosiddetta “mezzaluna fertile” mediorien- tale, dove sono nate le tecniche agricole, e con- temporaneamente altre zone, in cui il livello culturale si manteneva su stadi diversi, per non dire meno evoluti. All’alba della storia esistevano queste zone di civiltà neolitica in cui cominciava a realizzarsi un inizio di cultura urbana ed un riscatto dalle incertezze della vita nomade, attraverso la produzione agricola che permetteva la nutri- zione di una popolazione sempre più vasta. Contemporaneamente, attorno, esisteva il grande vuoto delle popolazioni nomadi, ancora dedite alla caccia come principale attività, quindi portatrici di levrieri e successivamente anche di cavalli, e forse anche di innovative tecnologie militari come le armi in metallo. Dalla dialettica tra questi nomadi “barbari” cacciatori e bellicosi e le pacifiche comunità rurali neolitiche, sarebbero nati i grandi regni della mezzaluna fertile. I nomadi barbari, attraverso un periodo di guerre ed invasioni, vero medioevo neolitico, sarebbero diventati l’aristocrazia guerriera di queste nuove civiltà, nate dalla sintesi tra un passato nomade ed un presente agricolo e stanziale. Questa integrazione di culture può essere la spiegazione della doppia morale che la sensi- bilità islamica, erede di tali culture, ha mante- nuto nei confronti dei cani. Da una parte troviamo infatti i levrieri, i cani dei conquistatori, i cani del Profeta, assurti a ruolo quasi sacrale. Dall’altra parte tutti gli altri cani, i cani degli sconfitti, i pariah, i reiet- ti, gli impuri, scacciati dai centri abitati, che scontano il ricordo di quella lontana lotta. Questa nuova classe dirigente mantenne il legame col suo passato attraverso il culto per la caccia, vista come preparazione alla guerra. In questo ambito i levrieri entrarono nel “recinto del sacro” e quindi dei soggetti artisti- ci degni di essere rappresentati. Attraverso tali raffigurazioni, noi possiamo ora conoscere la loro presenza in queste antiche civiltà, all’alba dell’età del rame (4000 – 3000 a.C.). Orbene, il fatto che si possano distinguere degli animali apparentemente levrieroidi in queste immagini, non ci dice nulla di più che non la loro presenza. Ciò non ci può dare infor- mazioni sulla loro razza o sulla loro provenien- za, perché queste immagini sono eccessiva- mente stilizzate ed approssimative per dirci altro. Occorrerà attendere lo sviluppo delle arti figurative, parallelo a quello delle grandi civil- tà, per rinvenire immagini di un realismo tale da permetterci una qualche considerazione cinologica, sempre badando a non confonder- si giudicando le razze antiche con il metro delle razze moderne. Tornando infatti ancora un attimo alla geneti- ca, recenti studi fanno intravedere la possibili- tà che i levrieri tipici di una regione siano più vicini geneticamente agli altri cani della stes- sa regione, anziché ad altri levrieri di regioni diverse. Questo fa pensare ad una origine policentrica del levriero, distillato selettivamente dai cani o, più anticamente, dai lupi di una determina- ta area, piuttosto che originato in un solo luogo e venuto poi da lontano al seguito di fantoma- tiche popolazioni nomadi (per quanto non nego che questa ipotesi possa essere molto sugge- stiva). Ma allora dove sta la verità: nel levriero venu- to da lontano, originato in mitiche terre di favo- la, oppure nel più prosaico levriero indigeno, nostrano, originato dalla selezione di cani già presenti sul territorio? Come spesso succede, penso che la verità stia nel mezzo. La complessità e l’andamento magmatico, con vortici di flussi e riflussi, dei processi storici, è tale da comportare la possibilità che entrambi i meccanismi abbiano compartecipato alla nascita della “levrieritas”. Levrieri possono essere giunti da lontano con le popolazioni nomadi e possono essersi feli- cemente meticciati coi levrieri o semilevrieri presenti sul territorio, apportando geni freschi e nuove doti venatorie in un continuo rimesco- lamento delle carte genetiche. E ciò è l’unico sistema per mantenere e migliorare la funzione precipua di un levriero: uccidere, uccidere, uccidere. Perché è bene ricordarsi, mentre li osservia- mo dormire sornioni e pigri, che senza di loro la razza umana non solo sarebbe giunta ai traguardi di oggi ma, più semplicemente, senza il loro aiuto si sarebbe estinta millenni fa, a seguito delle numerose crisi climatiche che l’umanità ha dovuto sostenere, così come si estinse l’uomo di Neanderthal che non riu- scì mai a procacciarsi quell’essenziale stru- mento di caccia che è il cane. Preghiamo solo non ci debbano mai servire ancora per questo terribile scopo: sopravvi- vere. Vi invito a fare un viaggio con me. a cura di: Giancarlo "Dottorbob" Valenti Come dicevo al termine della prima puntata di quello che potrà forse diventare un libro sul ruolo del levriero nella civilizzazione e in specie nell’arte umana, occorrono altri strumenti ed altre fonti oltre allo studio genetico per rivelare il ruolo del nostro animale nella storia. Anche in Italia ed in tutte le regioni alpine esistono testimonianze di antichissime cacce col levriero. Le valli alpine sono state abitate immedia- tamente dopo il ritiro dei ghiacci dell’ulti- ma glaciazione, quindi a partire da circa 10.000 anni fa, e possono forse essere il luogo delle cacce più antiche di cui si abbia testimonianza. Questo ribalta o perlome- no integra la visione dell’origine africana o asiatica e rafforza l’idea policentrica delle razze dei levrieri. Il nucleo principale di queste testimonian- ze è costituito dai graffiti della Val Camonica, impronta dell’esistenza dell’antico popolo dei Camuni, ma numerose altre se ne trovano in tante valli dell’arco alpino, e non solo in Italia. Tra i circa 35.000 petroglifi camuni dal Paleolitico fino all’Età del Ferro, alcuni rappresen- tano cacce con animali decisamente levrieroidi. L’immagine qui accanto e quella piccola vicina al titolo, fanno parte di questi graffiti alpi- ni e ci raccontano di cacce già piuttosto evolute, con l’uso di cavalli e lance, dunque data- bili ad un periodo più avanzato, forse già verso l’età del rame se non del ferro. Non vi è stata infatti Età del bronzo nelle civilizzazioni alpine, a causa della mancanza di stagno sul territorio. I Levrieri delle Alpi Nella foto: dipinto rupestre dall’altopiano dell’Akakus, in Libia, del periodo delle cacce al bufalo, con un enorme levriero che quasi pareg- gia le dimensioni del bufalo. Immagini di cacce neolitiche, cioè di un periodo che va dai 5.000 ai 10.000 anni fa, anche se le datazioni di immagini simili presentano ampi margini di incertezza. Graffito provienente dagli altopiani desertici fra Libia ed Algeria. Si tratta di uno fra i più antichi ed è tratto dal libro “Our Levriers” di Xavier Przezdziecki, autentica “bibbia” della levrierologia.

La civilizzazione del Levriero · 2011-11-24 · tamente dopo il ritiro dei ghiacci dell’ulti-ma glaciazione, quindi a partire da circa 10.000 anni fa, e possono forse essere il

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Page 1: La civilizzazione del Levriero · 2011-11-24 · tamente dopo il ritiro dei ghiacci dell’ulti-ma glaciazione, quindi a partire da circa 10.000 anni fa, e possono forse essere il

Levrieri nel cuore 36 www.adozionilevrieri.it www.adozionilevrieri.it Levrieri nel cuore 37

Levrieri nella storia Levrieri nella storia

La civilizzazionedel Levriero

Per tempi di poche migliaia di anni le mutazioninon creano differenze tra le popolazioni e lerazze tali da poter essere evidenziate. Gli sche-letri ritrovati dei vari canidi protostorici non cidaranno importanti informazioni fino a quandonon sarà risolto il problema dello studio e dellaricostruzione del dna antico che, ovviamente,nei millenni ha subito enormi alterazioni finoalla illeggibilità totale. Quali altre informazioni sui nostri beniaminipossiamo quindi ottenere dal passato?Fortunatamente la fascinazione che il levrieroha sempre ispirato agli umani e la sua oggetti-va importanza in una società di cacciatori, lohanno reso soggetto di rappresentazione findagli esordi dell’arte, sin dal momento in cuiessa era soprattutto espressione di una visionemagica della vita, dell’universo e della praticavenatoria. Quindi le forme religioso magichedell’arte sono la prima vera fonte di informazio-ni sulla presenza dei levrieri nelle societàumane, molto prima che venisse formalizzatoun linguaggio scritto che potesse trasmetterciulteriori informazioni su di loro.Come dimostrano anche le immagini della pre-

cedente puntata, la più antica fonte sono i graf-fiti o i pittogrammi di caccia del deserto delSahara, la cui datazione è alquanto difficoltosa,ma può essere supposta in base al tipo di ani-mali cacciati, diversi a seconda del clima delperiodo.La Paleoclimatologia ci dice che l’attualeSahara era un tempo una lussureggiante sava-na, con le relative popolazioni animali.Successivamente, il clima ha progressivamentevirato verso il secco, diventando prima unasteppa e poi sempre più desertico, mano amano che ci si avvicinava ai tempi storici, con uncambiamento della tipologia di caccia e l’inseri-mento infine di animali di allevamento.Storicamente questi passaggi corrispondono alpassaggio da una civiltà paleolitica di soli cac-ciatori e raccoglitori nomadi a quella mesoliticacon l’inizio della domesticazione di alcune spe-cie animali oltre al cane, con un nomadismostagionale legato alla transumanza in cerca dipascolo, fino alla progressiva stanzializzazionedelle popolazioni che avevano avuto accessoalle tecniche agricole, iniziando così la civilizza-zione neolitica.

Occorre inoltre puntualizzare che questa lineaevolutiva di civilizzazione ha un andamento ter-ritoriale a macchia di leopardo, con zone “avan-zate” composte da culture neolitiche comenella cosiddetta “mezzaluna fertile” mediorien-tale, dove sono nate le tecniche agricole, e con-temporaneamente altre zone, in cui il livelloculturale si manteneva su stadi diversi, per nondire meno evoluti.

All’alba della storia esistevano queste zone diciviltà neolitica in cui cominciava a realizzarsiun inizio di cultura urbana ed un riscatto dalleincertezze della vita nomade, attraverso laproduzione agricola che permetteva la nutri-zione di una popolazione sempre più vasta.Contemporaneamente, attorno, esisteva ilgrande vuoto delle popolazioni nomadi, ancoradedite alla caccia come principale attività,quindi portatrici di levrieri e successivamenteanche di cavalli, e forse anche di innovativetecnologie militari come le armi in metallo.Dalla dialettica tra questi nomadi “barbari”cacciatori e bellicosi e le pacifiche comunitàrurali neolitiche, sarebbero nati i grandi regnidella mezzaluna fertile. I nomadi barbari, attraverso un periodo diguerre ed invasioni, vero medioevo neolitico,sarebbero diventati l’aristocrazia guerriera diqueste nuove civiltà, nate dalla sintesi tra unpassato nomade ed un presente agricolo estanziale.Questa integrazione di culture può essere laspiegazione della doppia morale che la sensi-bilità islamica, erede di tali culture, ha mante-nuto nei confronti dei cani. Da una parte troviamo infatti i levrieri, i canidei conquistatori, i cani del Profeta, assurti aruolo quasi sacrale. Dall’altra parte tutti glialtri cani, i cani degli sconfitti, i pariah, i reiet-ti, gli impuri, scacciati dai centri abitati, chescontano il ricordo di quella lontana lotta. Questa nuova classe dirigente mantenne illegame col suo passato attraverso il culto perla caccia, vista come preparazione alla guerra.In questo ambito i levrieri entrarono nel“recinto del sacro” e quindi dei soggetti artisti-ci degni di essere rappresentati. Attraverso tali raffigurazioni, noi possiamo oraconoscere la loro presenza in queste anticheciviltà, all’alba dell’età del rame (4000 – 3000a.C.).

Orbene, il fatto che si possano distingueredegli animali apparentemente levrieroidi inqueste immagini, non ci dice nulla di più chenon la loro presenza. Ciò non ci può dare infor-mazioni sulla loro razza o sulla loro provenien-za, perché queste immagini sono eccessiva-mente stilizzate ed approssimative per dircialtro. Occorrerà attendere lo sviluppo delle artifigurative, parallelo a quello delle grandi civil-tà, per rinvenire immagini di un realismo taleda permetterci una qualche considerazionecinologica, sempre badando a non confonder-si giudicando le razze antiche con il metrodelle razze moderne. Tornando infatti ancora un attimo alla geneti-ca, recenti studi fanno intravedere la possibili-tà che i levrieri tipici di una regione siano piùvicini geneticamente agli altri cani della stes-sa regione, anziché ad altri levrieri di regionidiverse.

Questo fa pensare ad una origine policentricadel levriero, distillato selettivamente dai canio, più anticamente, dai lupi di una determina-ta area, piuttosto che originato in un solo luogoe venuto poi da lontano al seguito di fantoma-tiche popolazioni nomadi (per quanto non negoche questa ipotesi possa essere molto sugge-stiva). Ma allora dove sta la verità: nel levriero venu-to da lontano, originato in mitiche terre di favo-la, oppure nel più prosaico levriero indigeno,nostrano, originato dalla selezione di cani giàpresenti sul territorio? Come spesso succede, penso che la verità stianel mezzo.La complessità e l’andamento magmatico, convortici di flussi e riflussi, dei processi storici, ètale da comportare la possibilità che entrambii meccanismi abbiano compartecipato allanascita della “levrieritas”.Levrieri possono essere giunti da lontano conle popolazioni nomadi e possono essersi feli-cemente meticciati coi levrieri o semilevrieripresenti sul territorio, apportando geni freschie nuove doti venatorie in un continuo rimesco-lamento delle carte genetiche. E ciò è l’unico sistema per mantenere emigliorare la funzione precipua di un levriero:uccidere, uccidere, uccidere. Perché è bene ricordarsi, mentre li osservia-mo dormire sornioni e pigri, che senza di lorola razza umana non solo sarebbe giunta aitraguardi di oggi ma, più semplicemente,senza il loro aiuto si sarebbe estinta millennifa, a seguito delle numerose crisi climaticheche l’umanità ha dovuto sostenere, così comesi estinse l’uomo di Neanderthal che non riu-scì mai a procacciarsi quell’essenziale stru-mento di caccia che è il cane. Preghiamo solo non ci debbano mai servireancora per questo terribile scopo: sopravvi-vere.

Vi invito a fare un viaggio con me.

a cura di: Giancarlo "Dottorbob" Valenti

Come dicevo al terminedella prima puntata diquello che potrà forsediventare un libro sulruolo del levriero nellacivilizzazione e in specienell’arte umana, occorrono altri strumenti ed altre fontioltre allo studio geneticoper rivelare il ruolo delnostro animale nellastoria.

Anche in Italia ed in tutte le regioni alpineesistono testimonianze di antichissimecacce col levriero.Le valli alpine sono state abitate immedia-tamente dopo il ritiro dei ghiacci dell’ulti-ma glaciazione, quindi a partire da circa10.000 anni fa, e possono forse essere illuogo delle cacce più antiche di cui si abbiatestimonianza. Questo ribalta o perlome-no integra la visione dell’origine africanao asiatica e rafforza l’idea policentricadelle razze dei levrieri.Il nucleo principale di queste testimonian-

ze è costituito dai graffiti della Val Camonica, impronta dell’esistenza dell’antico popolodei Camuni, ma numerose altre se ne trovano in tante valli dell’arco alpino, e non solo inItalia.Tra i circa 35.000 petroglifi camuni dal Paleolitico fino all’Età del Ferro, alcuni rappresen-tano cacce con animali decisamente levrieroidi.L’immagine qui accanto e quella piccola vicina al titolo, fanno parte di questi graffiti alpi-ni e ci raccontano di cacce già piuttosto evolute, con l’uso di cavalli e lance, dunque data-bili ad un periodo più avanzato, forse già verso l’età del rame se non del ferro. Non vi èstata infatti Età del bronzo nelle civilizzazioni alpine, a causa della mancanza di stagnosul territorio.

I Levrieri delle Alpi

Nella foto: dipinto rupestre dall’altopianodell’Akakus, in Libia, del periodo delle cacce al

bufalo, con un enorme levriero che quasi pareg-gia le dimensioni del bufalo.

Immagini di cacce neolitiche, cioè di un periodo che vadai 5.000 ai 10.000 anni fa, anche se le datazioni diimmagini simili presentano ampi margini di incertezza.

Graffito provienente dagli altopiani desertici fra Libia edAlgeria. Si tratta di uno fra i più antichi ed è tratto dallibro “Our Levriers” di Xavier Przezdziecki, autentica“bibbia” della levrierologia.