16
AZIONE CATTOLICA ITALIANA Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia piazza Strambi 4 – 62100 – Macerata Presidenza Diocesana Presidenza Diocesana Presidenza Diocesana Presidenza Diocesana LABORATORIO DIOCESANO DELLA FORMAZIONE a cura del LABORATORIO DIOCESANO della FORMAZIONE ESERCIZI SPIRITUALI PER ADULTI parrocchia Sant’Elena di Avenale – Cingoli 27-29 marzo 2009 LA REGOLA PER LA VITA A scuola della Parola

LA REGOLA PER LA VITA A scuola della Paroladigilander.libero.it/azionecattolicamc/Documenti/RegolaVita... · PERCHÉ CRISTO SIA FORMATO IN VOI (ed. AVE, ottobre 2004) 4.2 Formare

Embed Size (px)

Citation preview

A Z I O N E C A T T O L I C A I T A L I A N A Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia

piazza Strambi 4 – 62100 – Macerata

Presidenza DiocesanaPresidenza DiocesanaPresidenza DiocesanaPresidenza Diocesana LABORATORIO DIOCESANO DELLA FORMAZIONE

a cura del LABORATORIO DIOCESANO della FORMAZIONE

ESERCIZI SPIRITUALI PER ADULTI parrocchia Sant’Elena di Avenale – Cingoli

27-29 marzo 2009

LA REGOLA

PER LA VITA

A scuola della Parola

A Z I O N E C A T T O L I C A I T A L I A N A Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia

piazza Strambi 4 – 62100 – Macerata

Presidenza DiocesanaPresidenza DiocesanaPresidenza DiocesanaPresidenza Diocesana LABORATORIO DIOCESANO DELLA FORMAZIONE

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

ESERCIZI SPIRITUALI PER ADULTI parrocchia Sant’Elena di Avenale – Cingoli

27-29 marzo 2009

LA REGOLA PER LA VITA

A scuola della Parola

Sommario

• NEL MONDO MA NON DEL MONDO dal PROGETTO FORMATIVO” dell’Azione

Cattolica Italiana PERCHÉ CRISTO SIA FORMATO IN VOI (ed. AVE, ottobre

2004) ...................................................................................................................................................... 3

4.2 Formare coscienze laicali per l’oggi ................................................................................... 3

4.3. Per una regola di vita ............................................................................................................... 9

• COSTRUIRE LA PERSONALE REGOLA DI VITA di Annalisa Arrigoni ......................... 11

1. La personale regola per la vita .......................................................................................... 11

2. PER IL CONFRONTO CON UN TESTIMONE: Dal diario di Alberto

Marvelli 23/08/1946 ........................................................................................................... 13

• UNA REGOLA PER LA VITA mons. Claudio Giuliodori ..................................................... 14

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 3

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

NEL MONDO MA NON DEL MONDO dal PROGETTO FORMATIVO” dell’Azione Cattolica Itali ana

PERCHÉ CRISTO SIA FORMATO IN VOI (ed. AVE, ottobre 2004)

4.2 Formare coscienze laicali per l’oggi

Gli obiettivi attraverso i quali formare coscienze laicali di AC per questo tempo sono: l’interiorità, la fraternità, la responsabilità e l’ecclesialità.

L’interiorità

L’Azione Cattolica propone l’interiorità come obiettivo e come cammino: dà pienezza alla nostra esistenza imparare a vivere “dentro”, ad apprezzare le dimensioni interiori della vita. Al tempo stesso, l’interiorità costituisce un’esperienza cui è necessario allenarsi per giungere ad una piena umanità. Per vivere l’interiorità ci sono alcuni impegni che bisogna assumere.

Silenzio Il silenzio è l’esperienza che ci pone di fronte a noi stessi. Non si può vivere solo perché qualcosa fuori di noi ci rende interessante l’esistenza; occorre vivere prima di tutto per ciò che troviamo dentro di noi. Il silenzio ci pone di fronte alla ricchezza dei nostri pensieri, dei nostri sentimenti; ci fa incontrare con le nostre responsabilità e con i nostri sogni; ci fa avvertire la nostra aridità e i nostri limiti. Ci fa incontrare le persone che ci sono care; ci fa sperimentare il nostro legame con il Signore e la parola con cui mi-steriosamente ci conduce, ci chiama, ci consola … Non è facile passare dal rumore e dalle tante parole delle nostre giornate a momenti di silenzio. C’è bisogno di una vera iniziazione che ce ne faccia assaporare la bellezza e conoscere il valore.

Pensosità Il silenzio ci permette di essere persone pensose, capaci di coltivare il gusto della riflessione. Ciascuno deve farsi sensibile e attento all’attualità attraverso un’informazione seria su quanto accade, un interesse aperto ai problemi del mondo e del proprio territorio da conoscere, da affrontare oltre i luoghi comuni, da approfondire. Occorre avere libri cari, autori preferiti ai quali attingere come a maestri che fanno da punto di riferimento per coltivare una coscienza riflessiva. Abbiamo spesso l’impressione di non avere tempo per questo: in effetti a volte preferiamo affidare troppe ore delle nostre giornate alla passività di un ascolto televisivo, piuttosto che dedicare tempo a quelle esperienze che allargano i nostri orizzonti e ci aiutano a vivere in maniera più libera, più creativa, più nostra.

Ascolto Solo nel silenzio si apre lo spazio dell’ascolto:prima di tutto quello della vita, che ci sembra muta quando è soffocata nelle e dalle parole e ci parla solo quando riusciamo a dare un senso ai fatti di cui essa è piena e che, in questa prospettiva, cominciano a parlarci di bellezza, di amore, di pietà, di responsabilità. L’ascolto che più di altri costruisce la nostra vita è quello della Parola di Dio: è questo il modo ordinario con cui il Signore ci si rivela Padre e Maestro, Amico e Fratello. Così egli modella la nostra esistenza illuminandone gli eventi, purificandone i sentimenti, facendole intravedere sempre nuovi orizzonti. Qualunque sia il metodo che utilizziamo per vivere questo incontro con il Signore, è importante che ognuno di noi abbia con la Parola il suo appuntamento quotidiano: le letture della Messa domenicale, la liturgia del giorno, la lettura continua di un Vangelo o di un libro della Bibbia. Anche i ragazzi e i giovani devono prendere presto familiarità con questo appuntamento.

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 4

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

Preghiera L’ascolto della Parola suscita la preghiera ed educa ad essa. La preghiera è esperienza della comunione con il Signore; si esprime nello stare alla sua presenza e nel dialogare con Lui. La preghiera – dentro e oltre le forme concrete in cui si esprime – è esperienza di incontro, di relazione, di amore. Nella fede, crediamo che nella preghiera il Signore ci accoglie con le nostre stanchezze e i nostri desideri, ci avvolge con la sua misericordia, ci restituisce la forza di continuare a vivere nell’amore e di ricominciare ogni giorno. Se il nostro rapporto con il Signore è vivo, il nostro dialogo con Lui non può essere occasionale o superficiale, ma fedele e profondo. La nostra preghiera prende dall’esistenza contenuto, colore, motivi: per rendere una lode concreta e nostra; per rendere grazie a partire dai doni di cui sono piene le nostre giornate; per alzare le mani nella supplica, nell’invocazione, nell’intercessione …

Viviamo le nostre giornate in compagnia del Signore: all’inizio di ciascuna di esse rinnoviamo la nostra alleanza con Lui, per vivere nell’amore e perché Lui con noi lotti contro il male; al termine gliela restituiamo nella riconoscenza, consapevoli che Lui tutto accoglie, tutto purifica, tutto rigenera. Il nostro appuntamento con Lui deve essere quotidiano: i modi, i tempi, le forme sono scelti come si scelgono le cose importanti. Prediligiamo ogni giorno il Padre Nostro,preghiera del Figlio,preghiera da figli; essa ci è stata consegnata con il Battesimo ed è la “madre” di ogni preghiera, di cui ognuna si alimenta. La nostra preghiera culmina ogni settimana nell’eucaristia domenicale, una finestra di tempo totalmente gratuito – e per questo liberante – dentro il fluire dei giorni spesso carico di affanni; un tempo riposante in cui ciò che conta non è più il nostro “fare”, ma ciò che il Signore fa con noi attraverso la parola e i gesti della comunità in preghiera; un momento in cui, anche visibilmente, ci riconosciamo comunità, popolo in cammino, e ci assumiamo la responsabilità di esserne il volto anche fuori dalla Chiesa.

Ogni tanto scegliamo tempi più prolungati di preghiera, per stare con il Signore e rileggere la nostra vita alla luce del suo amore: particolare valore hanno gli Esercizi Spirituali che giovani e adulti devono imparare a vivere ogni anno.

Celebriamo il sacramento della Riconciliazione, per ricevere dal Signore la grazia di ricominciare con la forza di un amore misericordioso che rigenera e permette di vivere da risorti. Impariamo a pregare dalla Chiesa e cerchiamo di pregare con essa nella liturgia: quella della domenica; quella che scandisce il tempo nell’anno liturgico; quella dei salmi.

Discernimento Alla luce della Parola, alla presenza di Dio,è possibile guardare alla propria vita e alle scelte che essa ci chiede con libertà, con quell’esercizio di discernimento che è riconoscere l’azione di Dio nella vita, dare un senso a quanto accade a partire dal suo amore, scegliere nella sua luce.

La fraternità

Viviamo in una stagione di forte individualismo: ne sono segni l’indifferenza per l’altro, la competizione tra le persone e tra i gruppi, il bisogno esasperato di autoaffermazione, la conflittualità che si manifesta sia nella sfera della vita pubblica che in quella privata, la fatica di convergere quando si debbono assumere decisioni. In questo contesto, è importante attivare percorsi che diano risalto e attuazione al nostro essere tutti figli dello stesso Padre.

Costruire la pace

La comunione che siamo chiamati a testimoniare e a costruire si realizza, in primo luogo, attraverso il nostro essere persone di unità e di pace in ogni ambiente del nostro vivere, nel nostro pensiero circa i rapporti tra le nazioni così come nell’impegno ad essere operatori di pace nel quotidiano.

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 5

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

Essere fratelli oggi significa cercare l’unità tra le persone, tra i gruppi, tra i popoli, nel rispetto delle differenze. Un’unità che non è uniformità,ma che sa cercare ciò che avvicina;che sa promuovere ricerche condivise; che sa praticare il confronto, si allena al dialogo, rifiuta l’intolleranza e la contrapposizione, non ama la polemica. Per questa strada si impara che il diverso da me è ricchezza per me e si giunge ad apprezzare quel suo originale modo di essere che rende più aperto e più ricco il mio. L’unità non è funzionale semplicemente a superare il carattere lacerante di relazioni nel conflitto, ma a scoprire la maggiore ricchezza generata dall’incontro e dall’integrazione delle diversità.

Forti e miti La fraternità si esprime in una cura attenta e sensibile alle relazioni tra le persone,nel nostro ordinario ambiente di vita,nella comunità cristiana e in AC. Accoglienza e attenzione sono alcune delle forme che oggi dicono il riconoscimento della realtà dell’altro e il suo essere dono di Dio. Essere fratelli ci chiede di costruire relazioni cordiali e partecipi tra le persone,superando la freddezza e l’indifferenza reciproca, spesso favorita dall’anonimato della città.

La mitezza è il timbro di relazioni fraterne sensibili. In un mondo in cui sembra che per essere se stessi occorra alzare la voce, il cristiano è chiamato a testimoniare il valore della beatitudine dei miti, di quelli che dialogano e conversano con l’altro con pazienza per accoglierlo, per costruire a poco a poco terreni comuni. Sono miti perché hanno rinunciato ad affermare se stessi e a vincere ad ogni costo. Essi sanno che il Signore Gesù ha salvato il mondo non con la violenza delle parole urlate, ma con la benevolenza, con la pazienza, con la parola familiare, con il dono di sé.

Solidali Vivere da fratelli significa dunque costruire legami positivi e solidali, saper passare dalla competizione alla dedizione all’altro; dalla contrapposizione al dialogo; dall’esclusione al confronto … Ciò che deve contraddistinguere la nostra azione formativa è l’esigenza dell’ordinarietà e della continuità di questo stile: non è difficile oggi incontrare chi occasionalmente assume qualcuno di questi atteggiamenti; ciò che si chiede a noi, laici testimoni nel quotidiano, è di esprimere in ogni ambiente e ogni giorno questo stile di vita. Siamo chiamati a vivere nella vita di ogni giorno quei caratteri straordinari dell’amore che Paolo elenca nell’inno alla carità (1Cor 13,1-7): la pazienza, la bontà, la gioia per il bene altrui, la mitezza, la modestia, il rispetto, la gratuità, l’autocontrollo, il perdono, la sete di verità, la ricerca della giustizia, la fiducia, la speranza, la sopportazione.

Fratelli dei poveri

Fratelli di ogni uomo, sappiamo di essere fratelli dei poveri e dei diseredati, degli stranieri e di coloro che non contano, che patiscono fame e ingiustizia, che nelle nostre città ricche vivono con i nostri rifiuti, che nelle città chiassose muoiono di solitudine, di noia e di abbandono. Il Signore ci ha detto che chi non avrà accolto il povero non potrà essere accolto presso Dio, perché nel povero vive Dio stesso. Questa consapevolezza deve indurre a un severo esame di coscienza a proposito di come trattiamo i poveri: il nonno che sta in casa con noi, il bambino, lo straniero; e a proposito di come ci adoperiamo perché la società e le sue istituzioni si organizzino secondo scelte di giustizia e di rispetto della dignità di ciascuno.

La responsabilità

Le prime pagine della Bibbia riportano la domanda di Dio ad Adamo: “Dove sei?”. È la domanda che gli ricorda la realtà del suo essere creatura. Siamo fatti da Dio e non possiamo essere e diventare noi stessi recidendo questo legame. La domanda di Dio ci ricorda il dono da cui è raggiunta la nostra esistenza: siamo fatti a immagine

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 6

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

e somiglianza di Dio; diventiamo caricatura di noi stessi se pretendiamo di realizzarci chiudendoci in noi stessi e nella nostra solitudine.

E poiché il legame di Dio con noi ci fa creature libere, va vissuto nella responsabilità: siamo chiamati a rispondere del dono che egli ci ha fatto vivendo all’altezza di esso e realizzando in noi il suo progetto. Il dono di Dio è la vita che egli ci ha dato; il mondo affidato alle nostre mani; la città in cui ci dà di vivere, la comunità cristiana che sostiene il nostro cammino.

Responsabili del nostro corpo

La responsabilità si esercita innanzitutto verso noi stessi. Essere responsabili della nostra vita significa coltivare il senso del valore che essa ha e impegnarci a diventare donne e uomini secondo il disegno di Dio. Ciò chiede di vivere il corpo come realtà buona e grande, non come cosa esterna a noi; come primo strumento di relazione da mettere al servizio della carità, accogliendo la debolezza propria e altrui che proprio nel corpo si rivela in mille modi. Il corpo è anche luogo e simbolo di una diversità maschile e femminile che è ricchezza e compito,e chiama tutti a vivere la sessualità come dono straordinario di Dio, in cui sperimentiamo quanto siamo grandi e fragili: sessualità che è forza da educare, linguaggio da imparare, capace di allargare gli spazi dell’anima se vissuto come espressione di sincero dono di sé; dono che diventa, nel matrimonio, fonte di grazia per il mondo, segno e strumento dell’unione misteriosa degli sposi con Colui che ha voluto assumere indissolubilmente la nostra natura umana.

Siamo responsabili della qualità della nostra umanità. Dal punto di vista formativo, ciò significa alimentare la consapevolezza di questo dono e al tempo stesso coltivare quelle virtù umane che ci permettono di liberare nel modo più pieno possibile disegno di Dio. Se ne possono individuare molte, descritte in modo tradizionale (prudenza, giustizia, coraggio, temperanza) o più elaborato (sollecitudine, forza di volontà, fermezza di propositi, competenza, fedeltà, lealtà, sollecitudine, veracità, saggezza...), ma alcune oggi sembrano di particolare attualità, forse perché messe maggiormente a rischio o perché in grado più di altre di parlare della grandezza del disegno di Dio sull’uomo: la lealtà, il coraggio, la temperanza. La lealtà – che si associa alla sincerità – è l’impegno a riconoscere che c’è una verità che ci supera, a cominciare da quella della oggettività delle situazioni che conosciamo. Lealtà è non piegare la realtà ai nostri interessi, è trattare l’altro con rispetto e senza imbroglio, è trasparenza. In questo senso, la lealtà richiama il coraggio: il coraggio di riconoscere la realtà così com’è e di prendere posizione per i valori in cui crediamo, anche quando questo è sconveniente, anche quando si paga a caro prezzo. C’è poi una virtù umana oggi necessaria: è la temperanza, la misura, la moderazione: virtù urgente in un mondo che ha a disposizione così tante opportunità da dare l’illusione che il limite non esista più. L’abitudine all’eccesso e all’esagerazione ci rende distratti nei confronti di chi vive nell’indigenza; ci rende incapaci di desiderare veramente e di attendere; ci porta spesso ad esprimerci sopra i toni, rischiando di sopraffare la vita,l’opinione, la libertà dell’altro.

Responsabili del creato

Siamo responsabili della vita del creato e della storia umana, nel frammento di mondo e di tempo in cui vive. Il Concilio ci ha insegnato a stimare questa dimensione secolare della nostra vita, affermando che a noi laici è affidato di “rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo” nostro (LG 33), essendo noi chiamati a vivere con spirito evangelico, a modo di fermento e quasi dall’interno, i nostri impegni familiari e sociali (cfr. LG 31). Secolarità è stimare il mondo; è cercare di capirlo, di indagarlo, sottomettendolo con l’intelligenza prima che con le mani; è

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 7

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

capire la dinamica delle cose ed entrare in relazione con esse nel rispetto intelligente. È questo il senso del lavoro, dello studio e di ogni attività umana come espressione di sé e servizio agli altri, realtà necessaria al senso della propria dignità di persone e alla costruzione di un mondo più fraterno e giusto, ma nello stesso tempo solo uno strumento, non un fine, che trova dunque senso dal riposo e non può diventare il centro della vita.

La competenza manifesta il nostro rispetto per il mondo: impegno ad acquisire conoscenze e abilità che permettano di fare ciò che è nostro dovere con qualità, nel rispetto delle cose stesse e della loro natura. Fare male il proprio lavoro, accontentarsi della buona volontà, pensare che la fede supplisca alla mancanza di qualità della nostra azione … costituiscono altrettanti modi per mancare di rispetto al mondo che Dio ha creato e per evadere dalla responsabilità che ci ha affidato.

Impegnati per la città dell’uomo

Infine, Dio ci vuole responsabili della città degli uomini, cioè del contesto umano e organizzato di cui siamo parte, che ci è dato come dono e come compito. Essere cittadini significa conoscere e comprendere il nostro tempo, nella sua complessità, cogliendo significati e rischi insiti nelle trasformazioni sociali, economiche e politiche in atto, assumendo l’atteggiamento di chi queste trasformazioni non si limita a rifiutarle o a celebrarle in maniera acritica, ma le affronta come frutto del proprio tempo ponendosi in esse e lavorando per indirizzarne gli sviluppi; coniugando la capacità di pensiero critico nel giudicare con l’integrità etica nell’agire, ma accettando anche con serenità il rischio delle scelte storicamente situate, nella consapevolezza della parzialità del bene che l’uomo è capace di realizzare. Significa riscoprire il valore della partecipazione – che contrasta ogni tentazione di delega – come modo normale di essere cittadini e non ospiti occasionali delle nostre città. Una partecipazione che conosce il valore dell’organizzarsi politico, vivendo e valorizzando, in primo luogo, le istituzioni; che sa che come ogni altra realtà umana anche la politica ha strumenti, tempi e luoghi propri. Bisogna quindi saper riconoscere e saper vivere fruttuosamente, con fiducia, sia i tempi lunghi delle prospettive di promozione umana sia la realtà quotidiana dello sforzo incessante per la giustizia, per la pace, per la difesa dei più deboli. Si tratta di conoscere e accettare la fatica dell’essere cittadini, disponendosi al dialogo con coloro che si incontrano nelle piazze della città.

L’ecclesialità

La Chiesa è il dono più grande fatto dallo Spirito all’umanità: attraverso il “Corpo di Cristo” la comunione trinitaria entra nella storia degli uomini e il Risorto prolunga la sua presenza tra noi. Questa coscienza ecclesiale è fondamentale e determinante per la proposta formativa dell’AC.

Vivere il mistero della Chiesa

Il laico di AC ha la consapevolezza che la Chiesa è prima di tutto un Mistero sgorgato dal cuore di Dio, davanti alla quale egli si pone con uno sguardo contemplativo, fatto di stupore e di accoglienza, di umiltà e di affetto, di dedizione appassionata e fedele. Senza la luce della fede, lo sguardo si appanna, l’amore si raffredda e la Chiesa viene vista come una istituzione puramente umana, un’organizzazione burocratica, o al massimo una struttura di solidarietà e beneficenza. Essa, invece, viene dalla Trinità e vive della vita stessa della Trinità: per questo noi viviamo la Chiesa come una realtà cui apparteniamo ma che allo stesso tempo ci supera.

La Chiesa porta con sé l’eternità ma è anche situata nel tempo e nella storia

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 8

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

umana. Per questo essa non è una comunità perfetta, ma è sottoposta alle insidie del male e alla fragilità della nostra condizione naturale. Delle sue imperfezioni, quella che avvertiamo come maggiormente scandalosa è il conflitto al suo interno, frutto delle divisioni e delle incomprensioni che si generano nella vita delle comunità. Tale realtà, però, lungi dal portarci ad un perfezionismo velleitario o ad un prendere le distanze dalla Chiesa, è per noi un’esperienza da riconoscere e attraversare per rendere più maturi i rapporti fra le persone e la stessa coscienza ecclesiale. Imparare a gestire con sapienza e carità le tensioni che sorgono nella comunità cristiana diventa così un banco di prova della nostra fede e un’occasione di crescita e purificazione.

In comunione In quanto corpo di Cristo, la comunione è l’anima della Chiesa. La fede in Dio Trinità ci dice che la comunione è possibile ed è un dono che accogliamo da Lui; è grazia e non la somma dei nostri sforzi o il frutto delle nostre buone volontà. Ciò che ci fa diventare costruttori di comunione, dunque, è prima di tutto il credere all’amore di Cristo, che ha dato il suo sangue per ogni uomo e donna. Ciò significa vivere la comunione come un’esigenza oggettiva della nostra fede, che si fa attorno al Vescovo, uniti a tutta la Chiesa universale,e senza cadere in arbitrarie selezioni di persone e di compiti ecclesiali. La fede, infatti, ci fa vedere i Pastori come coloro che, per puro dono,grazie al sacramento ricevuto rendono presente Cristo alla comunità dei credenti.

Per questo, la prima testimonianza che vogliamo offrire e a cui educhiamo tutta l’associazione è quella di un’unità che non è uniformità ma coscienza della ricchezza che costituiscono per la Chiesa i diversi doni messi a disposizione di tutti e vissuti nel discernimento ecclesiale. L’obbedienza vissuta evangelicamente è segno dell’amore e della maturità con cui ci sentiamo legati alla Chiesa del Signore.

Corresponsabili da laici

Il modo di vivere nella Chiesa che corrisponde al carisma dell’AC è quello della corresponsabilità: con la specificità della vocazione laicale intendiamo portare nella comunità la nostra testimonianza e il nostro servizio, la ricchezza che ci proviene dall’incontro con il Signore sulle strade del mondo e la dedizione alla crescita nella comunione e nella missione.

Nell’Eucaristia vivere la forma della Chiesa

Nell’Eucaristia viviamo il paradigma della Chiesa. È nell’eucaristia che la corresponsabilità tra i battezzati non solo viene rigenerata, ma anche pienamente manifestata: nell’assemblea radunata per fare la memoria del Signore, la Chiesa trova una rivelazione tangibile, e insieme la realizzazione più piena. Lì si vede che essa è “popolo adunato dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. L’eucaristia forma i cristiani alla vita pienamente umana,anche nel senso che li educa a “fare la comunione”. Innanzitutto li educa all’accoglienza. L’assemblea formata dai fedeli che convergono verso lo stesso luogo per diventare il soggetto dell’unica azione liturgica, dice che la Chiesa in un determinato luogo non è costituita semplicemente dalle persone che si aggiungono l’una all’altra. L’AC partecipa alla Messa di tutti; non preferisce Messe particolari e i suoi soci si impegnano perché la liturgia della comunità sia effettivamente partecipata da tutti.

L’Eucaristia forma al dialogo. Nella liturgia della Parola Dio ci parla come ad amici e noi gli rispondiamo con il sì della fede e con quella forma suprema di carità che è la preghiera universale. Il dialogo tra Dio e il suo popolo educa il popolo di Dio a dialogare con il mondo secondo lo stile divino e umanissimo di Gesù: nel segno della gratuità, dell’apertura, del rispetto per ogni uomo e ogni donna. La partecipazione di tutto il popolo di Dio alla missione profetica di Cristo abilita e impegna tutti nel condividere la comune responsabilità per l’annuncio della salvezza. L’AC ha a cuore gli

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 9

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

organismi di partecipazione e si impegna perché i suoi soci siano in comunione con tutti i membri, uniti a priori nell’essenziale e capaci di convergere con tutti nell’opinabile.

L’Eucaristia educa al martirio. Fare la memoria di Cristo non è ripetere in modo meccanico un gesto rituale; piuttosto è lasciarsi modellare per amare come lui e grazie a lui “fino alla morte”. I laici di AC partecipano all’Eucaristia domenicale, ma cercano di parteciparvi anche più volte durante la settimana, per poter portare la vita a Cristo e Cristo nella vita. L’Eucaristia li immerge profondamente nella storia per farla diventare “storia di salvezza”.

L’Eucaristia educa al servizio. Il pane viene spezzato non solo per essere mangiato, ma per essere condiviso. L’Eucaristia sostiene così l’impegno quotidiano di condivisione con ogni miseria umana, come ha fatto Cristo che,durante la sua ultima cena, ha lavato i piedi ai discepoli. La comunione con il suo pane “dato” e il suo sangue “versato” non è un gesto intimistico e devozionale. L’AC, insieme alle sue altre attività ecclesiali, si dedica al servizio nella famiglia, nella società, nel territorio.

L’Eucaristia educa alla missione. Il congedo con cui si chiude la liturgia è l’invito ad iniziare un’altra celebrazione, quella in cui è impegnata tutta la vita. L’assemblea si scioglie solo per disperdere i partecipanti sulle strade del mondo:sono le strade battute soprattutto dai laici. E sono queste strade che i laici di AC si impegnano a frequentare per far correre la parola della salvezza fino a raggiungere ogni fratello e ogni sorella, fino ai confini del mondo.

4.3. Per una regola di vita

Verso una sintesi personale

Queste riflessioni di carattere generale hanno bisogno di essere interpretate da parte di ciascuno: ciascuno è invitato a chiedersi: in che senso questa proposta vale per me? Come posso renderla mia? Come può trasformarsi nel mio progetto di vita? Una personale regola di vita è ciò che consente di rendere questa proposta, che è per tutti, una proposta che è mia, che configura il mio personale modo di rispondere al Signore e di essere fedele al suo progetto su di me. Ciascuno è chiamato allora ad elaborare una propria regola di vita, cioè ad assumere in maniera personale quegli impegni di preghiera, di crescita nella fede e nella umanità, quelle scelte di servizio che rendono personale e concreto l’impegno con il Signore e la testimonianza di fede nella società di oggi. Uno dei segni della maturazione di un ragazzo o di un giovane è quello di scegliere di darsi una regola; uno dei segni della maturità di un adulto è quello di adattare il proprio impegno spirituale alle diverse fasi che attraversa, pena uno squilibrio tra la propria vita di adulti e il proprio progetto di vita cristiana.

Anche i laici hanno una regola

Può avere un senso parlare di “regola” per dei laici? Non è questo un elemento che appartiene tipicamente all’esperienza monastica e della vita religiosa? Parlare di regola non rischia di applicare alla laicità un modello che appartiene ad altre vocazioni, compiendo una forzatura e rendendo ancora più difficile il percorso dei laici verso l’individuazione di uno stile di vita cristiana rispettoso della loro originale vocazione? Sono le domande che spesso ci poniamo davanti all’idea di darci una regola di vita.

Una regola come stile di vita

Eppure darsi una regola non significa altro che assumere un progetto di vita cristiana che ne costituisca la sintesi, ne indichi lo stile, ne esprima le intenzioni profonde. La regola è un modo di interpretare, attraverso un aspetto particolare, tutta la vita cristiana, rendendolo il punto di vista da cui guardare tutto il resto, attraverso cui vivere il mistero nella sua globalità. Questo modo sintetico di

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 10

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

interpretare l’essere cristiani si traduce in uno stile di vita, cioè si rende visibile, si esprimere in atteggiamenti,gesti,modi concreti di vivere e in questo senso diventa parola – pur nel silenzio – che dice il Vangelo e la sua fecondità storica. È una sintesi destinata a creare rapporto tra il Vangelo e il tempo, tra il senso perenne dalla Parola e le caratteristiche storiche, che essa corregge, contesta, valorizza, compie … Per questo ogni regola è anche specchio di un tempo,è un modo credente di interpretarlo, in quei caratteri di originalità e di alternativa, eppure di storicità, che corrispondono al paradosso della vita cristiana.

I caratteri della nostra regola di vita

Se la regola è parola che raccoglie in sintesi una vita e le sue intenzioni, il suo progetto e il suo senso, è chiaro che essa assume caratteristiche tipiche dalla vita laicale: quella dell’essenzialità, per poter dire l’essenziale della fede nella molteplicità delle situazioni della vita; quella della flessibilità, cioè dell’adattamento possibile alle situazioni diverse, nel permanere di alcune costanti di fondo; quella della personalizzazione, per cui ogni persona, e più volte nel corso della vita, riadatta la regola con le sue esigenze concrete all’evolvere e al crescere della propria esperienza di vita cristiana.

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 11

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

Costruire la Personale Regola di Vita

di Annalisa Arrigoni (liberamente tratto dal sito www.apostoline.it/perscegliere/formazione)

1. La personale regola per la vita

[….] Ci dice il Vangelo: non basta voler costruire: serve un progetto, serve del tempo in cui sedersi, ragionare, pensare. Serve, per usare il termine usato dal progetto formativo di Azione Cattolica, una PERSONALE REGOLA DI VITA. Anzitutto si parla di personale. Il cammino di gruppo, svolto a suo tempo all’interno di una associazione e ancora all’interno di una comunità più grande che è la Chiesa e è importante, ma questo non può far venire meno la dimensione personale. Poi si parla di regola; senza regole, senza un ordine nelle cose, senza priorità la nostra vita si perde e disperde. Una regola che però non diventa “incasellamento”, ma strada verso la libertà e la verità della mia vita. Perché è regola di vita, cioè un atteggiamento, uno stile che coinvolge tutta la vita. Un rischio che possiamo correre nel nostro cammino di fede è quello di separare la dimensione spirituale da quella umana, affettiva, fisica, psicologica. Ma non è così che Gesù ci ha insegnato: la sua incarnazione è stato il segno del suo desiderio di prendere tutta la nostra umanità, senza lasciare

fuori niente. Attenzione: una regola per la vita e non una vita per la regola. Avere una regola di vita è una opportunità che ogni persona, giovane e adulto, dovrebbe darsi, proprio per raggiungere quel chi sono e quel come posso essere al meglio ciò che sono. Per noi cristiani, questo obiettivo si inserisce in un progetto che supera le nostre capacità e i nostri metri. Perché significa entrare nel progetto di Dio, entrare, scoprire il modo in cui Dio ha pensato alla mia vita, alla mia più piena realizzazione in Lui. Scoprire, per usare una parola tanto inflazionata e spesso non capita, la mia vocazione, il mio modo unico e irripetibile di amare con tutta la mia persona. Darsi una regola di vita diventa allora prendersi cura di alcuni aspetti fondamentali della propria vita, che possono “ordinare” e fare luce su tutto il resto. Una precisazione che ritengo fondamentale e che ritengo possa essere messa come aspetto primario di ogni progetto è l’importanza di avere una persona con la quale potersi confrontare: mi riferisco alla figura di una guida spirituale (un sacerdote, una suora, un laico che riconosco come fratello maggiore nel cammino della vita), dono prezioso per camminare nella vita. Ciò premesso passo ad alcuni punti inerenti al prendersi cura, oggetto della Regola di Vita � PRENDERSI CURA DI ME STESSO:

� Imparare ad ascoltarsi, darsi del tempo in cui riflettere su ciò che si sta vivendo e sul come si sta vivendo (le mie emozioni, i miei stati d’animo, le mie paure, i miei desideri, i miei sogni, le mie fatiche)

� Fare bene ciò che sono chiamata a fare OGGI: pensare al futuro è bello e importante, ma quello che mi è chiesto oggi è il “compito” che il Signore mi affida in modo unico … evitiamo la dispersione.

� Imparare a rispettarsi (soprattutto nel fisico, che tante volte trattiamo come qualcosa di diverso da noi, che deve stare ai nostri ritmi). cf. sonno, fumo, alcool!

� Imparare a volersi bene in tutto ciò che costituisce la mia vita: � la propria storia passata, familiare e di amicizie � il proprio corpo � il proprio carattere e modo di fare

� PRENDERSI CURA DELLE RELAZIONI: Siamo nati da una relazione … la nostra vita è relazione. Attraverso le relazioni scopriamo molto di noi: gli altri diventano come uno specchio che ci rivela il nostro vero volto. E allora anche questo diventa un ambito importante da curare:

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 12

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

� Acquistare uno sguardo grato verso le nostre relazioni quotidiane … imparare che nulla è scontato … nessuno è un caso, ma da ogni incontro piccolo, ordinario, posso imparare qualcosa … Per crescere dalla gratitudine verso la gratuità.

� Imparare a dare agli altri il giusto spazio rispetto alla mia vita; individuando se ci sono relazioni che mi ostacolano, che mi legano troppo che ho bisogno di liberare.

� Riconoscere quelle relazioni che invece mi liberano, in cui mi sento libera di essere me stessa.

� Curare la sfera affettiva: la dimensione della affettività e della sessualità sono ambiti tanto importanti e delicati che chiedono di essere valorizzati e non banalizzati o tenuti sotto chiave. L’amore è il motore di tutta la nostra vita.

� PRENDERSI CURA DELLA REALTÀ in cui si è inseriti … non siamo isole! E non possiamo vivere come tali! La realtà in cui siamo inseriti è parte di noi. � L’ascolto del telegiornale, la lettura di qualche quotidiano che mi tengono aggiornata su ciò

che succede intorno a me

� La vita parrocchiale in cui sono inserita, che senza diventare una prigione che non lascia più tempo per la persona, può diventare lo spazio in cui metto in circolo le mie capacità

� Le realtà di povertà (materiale o anche spirituale e umana) che posso incontrare e di fronte alle quali pormi in atteggiamento di ascolto: cosa dicono alla mia vita, come mi interpellano, come posso dare il mio contributo (la preghiera o un aiuto concreto).

� L’ambiente del lavoro o dello studio: possono essere ambienti dai quali mi lascio vivere o che assumo come ambienti nei quali posso esprimere non solo le mie capacità intellettuali o pratiche, ma anche i miei valori, rendendoli luoghi in cui esprimo quella che sono.

� PRENDERSI CURA DEL RAPPORTO CON IL SIGNORE Come sottolineavo, questo aspetto non è da essere separato dai precedenti, che sono tra loro tutti legati perché espressioni della vita di una persona. Come cristiani, il nostro rapporto con il Signore è chiamato a illuminare tutto il resto e in modo ancora più speciale, è nello scoprire la presenza di Dio nella mia vita, nello scoprire il suo amore per me (passaggio non scontato, al quale siamo chiamati) che riscopro la mia vita come progetto che tende a realizzarsi in una scelta di vita concreta (il matrimonio, la vita consacrata, il sacerdozio) come espressione del mio modo di amare e come modo di vivere in pienezza la mia fede, a servizio degli altri! Anche in questo caso si parla di una relazione: come una relazione umana quella con il Signore ha bisogno di essere approfondita, verificata, alimentata, resa visibile. � APPROFONDITA attraverso la preghiera personale, momento privilegiato per riguardare alla

propria vita alla luce della Parola di Dio; il Vangelo in particolare è la Parola che il Signore consegna alla tua vita per aiutarti a riconoscere la sua presenza nella tua quotidianità e ti indichi il sentiero da percorrere.

� VERIFICATA, con costanza e fedeltà con un fratello o una sorella, un sacerdote, una suora o anche un padre o madre di famiglia a cui puoi affidarti e che possono aiutarti a fare chiarezza su punti che a te possono risultare più complessi, difficili e oscuri.

� ALIMENTATA attraverso una partecipazione sempre più piena ai sacramenti, specie l’Eucaristia e il Sacramento della riconciliazione, in cui si è immersi nell’amore e nella misericordia gratuita di Dio.

� RESA VISIBILE attraverso un modo nuovo di stare con gli altri, di vivere le relazioni, di guardare alla realtà, sentendo la responsabilità per quanto succede intorno a te, sentendoti interpellato a metterci del tuo attraverso il servizio e l’impegno in ciò che sei chiamato a vivere, sia esso studio o lavoro.

Ciò che è importante è tenere presente il fine di verità, di libertà e di unità che questa proposta ha. Come primo passo mi sembra importante ridirsi personalmente le motivazioni che spingono ciascuno di voi a ricercare un proprio progetto personale. Avere chiara la motivazione, aiuta nei momenti in cui si fa più fatica a camminare, per cui anche scriverla.

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 13

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

In secondo luogo, nella riflessione personale e nella preghiera, individuare per ogni aspetto di quelli citati una modalità per camminare in questo anno che si apre: la ruota “più a terra” e che sento ho bisogno di curare di più. Scrivo sia l’ambito sia ciò su cui desidero impegnarmi. Individuo delle modalità � concrete, (non vaghi desideri) � realiste (non mete irraggiungibili) � verificabili (posso verificare quotidianamente se sto compiendo ciò che mi ero prefissata) Tra i quattro aspetti ne identifico uno con cui partire: verificare se c’è una persona con la quale confrontarmi! Se non c’è, un passo importante è mettermi alla ricerca (a partire dalla preghiera perché la guida spirituale è un dono da chiedere prima di tutto al Signore e poi cercarlo). Darmi poi dei tempi di verifica di quanto ho pensato di approfondire, per far sì che non si tratti dell’entusiasmo di un giorno.

2. PER IL CONFRONTO CON UN TESTIMONE:

Dal diario di Alberto Marvelli 23 agosto 1946

Come sono passati per me questi anni? Quali progressi ho fatto nella vita spirituale? Gli

avvenimenti, i dolori, le sofferenze, i sacrifici, le gioie hanno saputo insegnarmi qualche cosa,

hanno accresciuto la mia fede, la speranza, la carità? Sono progredito insomma, o sono rimasto

staticamente fermo, o peggio, ho peggiorato? Voglio analizzare a fondo la vita di questi anni,

l'attuale tenore spirituale, voglio fare un accurato e meticoloso esame di coscienza, necessario

dopo tanto tempo. Voglio abituarmi di nuovo a riflettere, a pensare, a meditare, perché sento

purtroppo che l'attività intensa di questi ultimi anni è andata a discapito della vita interiore,

perché mi accorgo che penso poco, che medito poco, che tiro avanti così alla buona, per

tradizione, per abitudine, per inerzia, per spinte esterne, sia nell'attività professionale e

apostolica e politica e caritativa. Sento che i problemi che quotidianamente risolvo non sono

frutto di un ripensamento interiore, di uno studio profondo, non sono infine una cosa sentita,

sofferta, vissuta, amata, ma una normale, piatta, scialba espressione di una volontà qualunque. A

forza di consentire, di cedere su qualche punto dei programmi di vita passata, di non

approfondire per mancanza di tempo, dì voler abbracciare troppo, di voler dare lo spolvero a

troppe cose, di volermi interessare di tutto, sto diventando un superficiale, uno che si lascia

entusiasmare od abbattere da un discorso o da un articolo, una mezza cartuccia, uno che non ha

le idee radicate, profonde, decise.

Manco di costanza e di fermezza nei propositi, la volontà non risponde più come una

volta, o forse non ha mai risposto a tono: abituarsi ad esercitare la volontà anche nelle piccole

cose è sommamente utile; trascurare questo porta a conseguenze gravi. Non sento più

entusiasmo sincero, duraturo per qualche opera, come sentivo per l'Azione Cattolica una volta.

Pur dedicandomi a varie attività apostoliche, caritative, assistenziali, politiche non ho quello

slancio che ci vorrebbe, sono un trascinato, lo sento, non un trascinatore, sono un rimorchiato

che vive di rendita, per la bontà degli altri e per la fama immeritata di altri tempi. Vorrei lavorare

qui, là, vorrei mettere a posto su e giù, ma all'atto pratico se non ricevo l'imbeccata non marcio.

Tutte le idee vengono dagli altri, io sembra che faccia tutto e faccio niente, figuro un attivo,

degno di essere additato ad esempio, e giro a vuoto, brancolando qua e là come un mulino a

vento, senza concludere. Non do un tono alle mie attività, mi sembrano estranee, pur essendo

desideroso di vivere per esse. Forse è il troppo lavoro professionale, le preoccupazioni materiali

presenti e dell'avvenire? Sì, certo, influiscono non poco, ma è sempre e rimane mia la colpa dì

questo stato di cose. Più volontà ci vuole, più serietà, più costanza, più studio, più raccoglimento,

più meditazione. Qui casca l'asino, è inutile pretendere di voler farsi santi, di voler essere

apostoli, di apparire attivi lavoratori se non si medita, se si corre dietro ad ogni pensiero anche

frivolo, se non si è capaci di imporsi un più vivo raccoglimento, un senso critico (buono) di

osservazione, un'autonomia di riflessione nell'esame dei problemi, una sensibilità viva per tutti

quei fenomeni spirituali, politici, sociali, religiosi che si verificano intorno a noi.

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 14

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

UNA REGOLA PER LA VITA mons. Claudio Giuliodori

(Avenale, 13 settembre 2008)

Camposcuola diocesano A.C. Avenale 10-14 settembre 2008

TESTO NON RIVISTO DALL’AUTORE

Perché costruirsi una regola per la vita? Come nasce? A cosa è finalizzata? Dove si colloca?

Il punto di partenza è l’aspetto antropologico: quando parliamo di regole, pensiamo a cose da fare, da realizzare; dobbiamo sempre riferirci alla situazione reale in cui ognuno vive. L’esistenza è un viaggio tra “il nascere” ed “il morire”. C’è una “regola biologica” iscritta all’interno del DNA dell’esistenza, cioè siamo dentro un “codice umano” comune a tutti. C’è poi nell’uomo una dimensione di “coscienza”, di “intelligenza”, di capacità di riflettere su ciò che facciamo, fino al controllo dei dinamismi biologici.

L’uomo può rapportarsi con la “regola biologica” a vari livelli, l’uomo può gestirla e orientarla (come per i mistici che si nutrono solo di eucaristia). In noi c’è una dimensione ulteriore: coscienza, intelligenza che gestisce e orienta la vita. Ma al di là della regola biologica e dell’intelligenza, c’è qualcosa che eleva la realtà umana; l’uomo si domanda: “che senso ha la mia vita?”, “dove vado?”, da dove vengo?”. C’è un’ulteriore dimensione profonda, la dimensione spirituale che eleva l’uomo.

Nella riflessione della Chiesa, fino alla “Veritatis Splendor” di Giovanni Paolo II, la corporeità umana è vista come una risorsa perché la corporeità è collegata alla dimensione spirituale, riconducendo l’uomo ad una unità.

C’è allora un rapporto tra natura, libertà e legge? In quale relazione stanno? Parlare di una regola per la vita è parlare di qualcosa che coinvolge la verità della nostra esistenza. Il primo passo da fare è fermarsi per chiedersi “Cosa metto alla base della mia vita?”. Il bambino mette le necessità vitali (mangiare, respirare, …) incluso l’affetto. Per tutti è necessario riconoscersi “persona” e partire dalle relazioni. Se mancano le dimostrazioni di affetto, si indebolisce la dimensione anche fisiologica.

Ma la nostra vita ci pone domande di senso, di relazione, e il principio regolatore dell’esistenza è il principio spirituale, perché la vita cristiana è vita secondo lo Spirito. A cosa ci porta questo principio spirituale? San Paolo ci dice che esso ci rimanda ad una paternità che ha in Dio Padre il suo riferimento – tant’è vero che ci fa gridare “Abbà!”, “Padre!”, “Papà!” nel rivolgerci a Dio.

Ma non basta la relazione tra la persona e Dio. San Giovanni dice che lo Spirito è spirito di verità e ci guida alla verità tutta intera. La verità non è l’insieme delle conoscenze, ma è il dono che ci apre alla vera conoscenza. Verità significa “togliere il velo” per arrivare alla conoscenza. Lo Spirito è spirito di vita nuova che ci porta a cambiare, a rinnovarci, a rigenerarci … se lo accogliamo.

Siamo quindi creature che sono dentro una regola biologica, dotati di intelligenza, ma protagonisti di una qualità di vita superiore: la vita nello Spirito. Allora cosa intendiamo quando parliamo di “Regola per la Vita”? Interroghiamo la Scrittura. Il libro dell’Esodo ci dice che il popolo di Israele fa esperienza del passaggio dalla schiavitù alla libertà, guidato da Dio, e riceve un dono incommensurabile: le 10 parole di amore per la vita (i “comandamenti”), parole che debbono essere ascoltate (Shemà Israel!) e tradotte nel quotidiano (“…fa’ questo e vivrai”).

Siamo nell’ottica di un rapporto con l’Assoluto, nell’ottica del dono. La Torah è parola d’amore, non opprime, non schiavizza, non mortifica. E così la legge di Gesù. Gesù, che si fa uomo, completa la legge e la attualizza nelle beatitudini (cfr Mt.5). Gesù non cambia neppure uno “jota”, ma precisa: “vi è stato detto, ma io vi dico …”. Gesù diventa la regola. La regola per la vita cristiana è quindi una persona.

C’è un passaggio determinante: Gesù non dice agli apostoli “Dovete fare questo o quello” ma

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Esercizi Spirituali per adulti - Avenale 26-29 marzo 2009 Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia La regola per la vita – pag. 15

C:\Users\standard\Documents\Azione Cattolica\Presidenza diocesana\Esercizi_2009-03-27\RegolaVita_Esercizi_2009-03-27.doc

dice “Vieni e seguimi!”. Allora per costruire una regola per la vita, dobbiamo partire dall’incontro con Gesù. San Paolo dice che non basta più seguire le regole; solo nella relazione di amore con Gesù morto e risorto vediamo la nostra realizzazione.

La fede ci dice che Dio si è rivelato in Gesù in modo perfetto (cfr “Vi do un comandamento nuovo …”), allora la regola è l’incontro con Gesù. La modalità di attualizzazione della regola è la Pasqua (cfr “se il chicco di grano non muore, …”) la logica, per un cristiano, è “mettersi in gioco” in una dinamica paradossale, quella della croce, segno di un amore senza misura, sconfinato, gratuito, totale (… senza regola!?). Se vogliamo seguire Gesù, la croce è una continua provocazione: dopo l’incontro con Cristo, essere liberi è perdersi, donarsi (“chi perde la sua vita per me la troverà …”).

Costruire una regola per la vita è allora definire i passi della sequela di Gesù. La regola non si forma mettendo insieme delle cose da fare, ma cercando le condizioni per garantire a se stessi di non perdere il passo con Gesù. Al centro di ogni regola c’è il rapporto con il Signore e c’è il cammino di santità, perché lo scopo, cioè il fine della regola, è essere santi. Conformarsi con colui che è santo.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha detto ai cristiani (LG5) che ciascuno diventa santo seguendo la sua via, cioè nella originalità del suo modo irripetibile di rapportarsi con Dio. Ci sono percorsi originali. Ci sono percorsi consolidati dalla storia della Chiesa. Ci sono scelte originali. È sempre da tener presente, però, il discorso ecclesiale dentro la relazione con Cristo capo e corpo, sposo che ha come sposa la Chiesa.

La santità non è uno sforzo volontaristico, ma è un prodotto di grazia, perciò una regola per la vita cristiana non può che attingere ai sacramenti, che sono i segni e gli strumenti della grazia del Signore.

Senza i sacramenti ogni percorso è velleitario. Il fine della regola per la vita è unico, ma la forma del cammino è diverso, come sono diversi gli stati della vita: sacerdozio, vita religiosa, matrimonio. Sempre la regola per la vita libera dalle cose. Entra nella regola per la vita tutta la persona, in situazione, per cui entrano i ministeri ricevuti, la missione alla quale si partecipa; devono anche entrare i doni personali e ecclesiali, i doni associativi che ciascuno vive e riceve, quelli che devono accompagnare la persona.

Questo ci dice che la regola per la vita non si può definire e fissare come una cosa statica; essa è sottoposta a continua revisione. Dentro la regola per la vita bisogna sempre comprendere la prospettiva dell’ascesi e quella della mistica.

L’ascesi è esercizio del primato dello Spirito. L’ascesi è la progressiva conformazione della nostra vita a Cristo. Non è come lo sforzo volontaristico dell’ascesi buddista, che annulla la persona. Il cristiano deve dominare i processi biologici che “appesantiscono”, per far abitare Cristo in noi, ma non nega il corpo. La regola per la vita cristiana è una risorsa, un dono di grazia. È importante avere una guida spirituale, per fare la verifica e discernere quali sono le risorse su cui si può fare affidamento per farsi santi. La mistica è esperienza del sentirsi scelti da Dio, fino ai segni della passione.

Bibliografia 1. La regola di San Benedetto; 2. La regola d’oro (Congregazione cistercense) 3. I quattro gradi della violenta carità (Riccardo di San Vittore)

AZIONE CATTOLICA ITALIANA Presidenza Diocesana Diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli , Treia

a cura del LABORATORIO DIOCESANO della FORMAZIONE