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Sommario: 1. La disciplina europea - 2. La normativa nazionale in tema di recepimen - to della direttiva 2000/76/CE: decreto legislativo 11 maggio 2005 numero 133 - 3. La disci - plina dei termovalorizzatori nel Codice dell’Ambiente - 4. L’assetto delle competenze - 5. Le modalità di affidamento del servizio di smaltimento R.S.U. mediante termovalorizzatori - 6. Il procedimento di autorizzazione - 7. La disciplina degli incentivi economici alla realizzazio - ne dei termovalorizzatori - 8. Tabelle di gestione dei rifiuti mediante termovalorizzatori 1. La disciplina europea Gli inceneritori sono impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che dà come prodotti finali un effluente gassoso, ceneri e polveri. Negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elet- trica o come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento). Questi impianti con tecnologie per il recupero vengono indicati col nome di incenerito- ri con recupero energetico, o più comunemente termovalorizzatori. Nella risoluzione del 24 febbraio 1997, il Consiglio dell’Unione Europea affermò la necessità di fissare criteri comunitari in materia di uso di rifiuti nonché di adeguate norme di emissione da applicare agli impianti di incenerimento e di misure di monitoraggio degli impianti di incenerimento esistenti, al fine di introdurre norme più rigorose per tutti gli impianti di incenerimento o coincenerimento ed evitare spostamenti tra singoli Stati di rifiu- ti verso impianti che operano a costi inferiori grazie a norme ambientali meno severe. Da tale proposito trae origine la direttiva 4 dicembre 2000, n. 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’incenerimento dei rifiuti, la quale muove dal presupposto che in campo industriale si era accumulata esperienza per 10 anni relati- La valorizzazione dei rifiuti come risorsa energetica: i termova- lorizzatori nella normativa e nella giurisprudenza 1 Vincenzo Salamone Consigliere del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania 1 Relazione tenuta nel corso del Convegno “Ambiente è sviluppo” con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio del mare, tenutosi a Siracusa nei giorni 12-13 giugno 2009. 1

La valorizzazione dei rifiuti come risorsa energetica: i ...extranet.dbi.it/Archivio_allegati/Allegati/15350.pdf · zioni della direttiva 75/442/CEE (articolo 1). La direttiva disciplina

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Sommario: 1. La disciplina europea - 2. La normativa nazionale in tema di recepimen -

to della direttiva 2000/76/CE: decreto legislativo 11 maggio 2005 numero 133 - 3. La disci -

plina dei termovalorizzatori nel Codice dell’Ambiente - 4. L’assetto delle competenze - 5. Le

modalità di affidamento del servizio di smaltimento R.S.U. mediante termovalorizzatori - 6.

Il procedimento di autorizzazione - 7. La disciplina degli incentivi economici alla realizzazio -

ne dei termovalorizzatori - 8. Tabelle di gestione dei rifiuti mediante termovalorizzatori

1. La disciplina europea

Gli inceneritori sono impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti

mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che dà come

prodotti finali un effluente gassoso, ceneri e polveri.

Negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene

recuperato e utilizzato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elet-

trica o come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento).

Questi impianti con tecnologie per il recupero vengono indicati col nome di incenerito-

ri con recupero energetico, o più comunemente termovalorizzatori.

Nella risoluzione del 24 febbraio 1997, il Consiglio dell’Unione Europea affermò la

necessità di fissare criteri comunitari in materia di uso di rifiuti nonché di adeguate norme

di emissione da applicare agli impianti di incenerimento e di misure di monitoraggio degli

impianti di incenerimento esistenti, al fine di introdurre norme più rigorose per tutti gli

impianti di incenerimento o coincenerimento ed evitare spostamenti tra singoli Stati di rifiu-

ti verso impianti che operano a costi inferiori grazie a norme ambientali meno severe.

Da tale proposito trae origine la direttiva 4 dicembre 2000, n. 2000/76/CE del

Parlamento europeo e del Consiglio sull’incenerimento dei rifiuti, la quale muove dal

presupposto che in campo industriale si era accumulata esperienza per 10 anni relati-

La valorizzazione dei rifiuti come risorsa energetica: i termova-lorizzatori nella normativa e nella giurisprudenza 1

Vincenzo SalamoneConsigliere del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania

1 Relazione tenuta nel corso del Convegno “Ambiente è sviluppo” con il patrocinio della Presidenza delConsiglio dei ministri e del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio del mare, tenutosi a Siracusanei giorni 12-13 giugno 2009.

1

vamente all’applicazione di tecniche per la riduzione delle emissioni inquinanti provoca-

te dagli impianti di incenerimento.

Le direttive previgenti 89/369/CEE e 89/429/CEE del Consiglio, concernenti la preven-

zione e la riduzione dell’inquinamento atmosferico provocato dagli impianti di incenerimen-

to dei rifiuti urbani, avevano contribuito alla riduzione ed al contenimento delle emissioni

atmosferiche provocate da tali impianti.

Obiettivo della direttiva numero 2000/76 del 2000 è stato quello di limitare, per quan-

to consentito dalla ricerca scientifica e tecnologica, gli effetti negativi dell’incenerimento e

del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dovuto alle emis-

sioni nell’atmosfera, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee nonché i rischi per la

salute umana che ne risultino.

Strumenti per conseguire tale scopo sono stati quelli di disciplinare condizioni di eser-

cizio e prescrizioni tecniche, nonché fissare valori limite di emissione per gli impianti di ince-

nerimento e di coincenerimento dei rifiuti nella Comunità, soddisfacendo altresì le prescri-

zioni della direttiva 75/442/CEE (articolo 1).

La direttiva disciplina sia gli impianti di incenerimento, che quelli di coincenerimento

dei rifiuti; definendo:

- “impianti di incenerimento” qualsiasi unità e attrezzatura tecnica fissa o mobile desti-

nata al trattamento termico dei rifiuti con o senza recupero del calore prodotto dalla com-

bustione (in questa definizione sono inclusi l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiu-

ti nonché altri procedimenti di trattamento termico, quali ad esempio i procedimenti del pla-

sma, sempreché le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite);

- “impianto di coincenerimento”: qualsiasi impianto fisso o mobile la cui funzione prin-

cipale consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali e che utilizza rifiuti come

combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a un trattamento termico

a fini di smaltimento (art. 3).

Viene precisato che se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale

dell’impianto non consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali, bensì nel trat-

tamento termico dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento.

In base alla normativa comunitaria la realizzazione di gestione degli impianti predetti

è soggetta a domanda e a previa autorizzazione dell’autorità nazionale individuata dalla

normativa interna dei singoli Stati con la precisazione che:

a) l’impianto è progettato e attrezzato e sarà gestito in maniera conforme ai requisiti

fissati dalla direttiva, tenendo conto delle categorie di rifiuti da incenerire;

2

b) il calore generato durante il processo di incenerimento e di coincenerimento è recu-

perato per quanto praticabile, ad esempio attraverso la produzione di calore ed energia

combinati, la produzione di vapore industriale o il teleriscaldamento;

c) i residui saranno ridotti al minimo in quantità e nocività e riciclati ove opportuno;

d) lo smaltimento dei residui che non possono essere evitati, limitati o riciclati sarà

effettuato conformemente alla normativa nazionale e comunitaria.

Con riguardo in particolare al progresso tecnologico nel settore di attività è previsto

che l’autorità competente riesamini periodicamente e aggiorni, ove necessario, le condizio-

ni dell’autorizzazione.

Infine viene disciplinata l’attività di vigilanza, prevedendo che qualora un impianto di

incenerimento o coincenerimento non ottemperi ai requisiti dell’autorizzazione, in particola-

re per quanto riguarda i valori limite di emissione nell’atmosfera o nell’acqua, l’autorità com-

petente adotta le misure necessarie a ottenerne l’osservanza.

In applicazione del principio comunitario di “precauzione” il gestore dell’impianto di

incenerimento o di coincenerimento è tenuto ad adottare tutte le precauzioni necessarie

riguardo alla consegna e alla ricezione dei rifiuti per evitare o limitare per quanto praticabi-

le gli effetti negativi sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dell’aria, del suolo, delle

acque superficiali e sotterranee nonché odori e rumore e i rischi diretti per la salute umana.

Gli impianti di incenerimento e di coincenerimento, come richiesto dalla normativa

europea, vanno, pertanto, progettati, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera da non

superare i valori limite di emissione per i gas di scarico.

Analoga disciplina è prevista per gli impianti di coincenerimento, che vanno progetta-

ti, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera da non superare i valori limite di emissio-

ne per i gas di scarico determinati conformemente all’allegato II della stessa direttiva del

2000 o in esso previsti.

Il sito dell’impianto di incenerimento o di coincenerimento, ivi comprese le aree di stoc-

caggio dei rifiuti, va sia progettato, che gestito in modo da evitare l’immissione non autoriz-

zata e accidentale di qualsiasi inquinante nel suolo, nelle acque superficiali e nelle acque

sotterranee, conformemente alle disposizioni della pertinente normativa comunitaria.

Inoltre, è prevista una capacità di stoccaggio per le acque piovane contaminate che

defluiscano dal sito dell’impianto di incenerimento o di coincenerimento o per l’acqua con-

taminata derivante da spandimenti o da operazioni di estinzione di incendi.

Per il controllo e la sorveglianza è previsto un rigoroso sistema di monitoraggio e

tutti i risultati delle misurazioni sono registrati, elaborati e presentati in modo tale da con-

sentire all’autorità competente di verificare l’osservanza delle condizioni di funziona-

3

mento previste dall’autorizzazione e dei valori limite di emissione stabiliti dalla direttiva

secondo le procedure fissate dalla stessa autorità.

Di particolare rilievo è la disposizione dell’articolo 12 che riconosce il diritto di acces-

so a tutti gli atti della procedura di rilascio dell’autorizzazione e di monitoraggio del funzio-

namento degli impianti, essendo previsto che le domande di nuove autorizzazioni per

impianti di incenerimento e di coincenerimento sono accessibili in uno o più luoghi aperti al

pubblico, quali le sedi di istituzioni locali per un periodo adeguato di tempo, affinché i sog-

getti interessati (pubblici e privati) possano esprimere le proprie osservazioni prima della

decisione dell’autorità competente.

Identico diritto concerne il rilascio dell’autorizzazione e di qualsiasi suo successivo

aggiornamento, che è parimenti accessibile al pubblico.

È, infine, previsto che gli Stati si dotino di un efficace sistema sanzionatorio.

Gli Stati, pertanto, sono tenuti a determinare le sanzioni da irrogare in caso di viola-

zione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della direttiva e le sanzioni devono esse-

re dotate delle caratteristiche di efficacia, proporzionalità e dissuasività.

La direttiva è entrata in vigore il 28 dicembre 2000 e gli Stati erano tenuti a recepirla

entro due anni dalla predetta data.

La Repubblica italiana, non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari

e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2000/76/CE, sull’incenerimento

dei rifiuti nel termine previsto, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di

tale direttiva, in particolare dell’articolo 21, n. 1, (causa 97/04 Commissione delle Comunità

europee contro Repubblica italiana), come ha dichiarato la Corte di giustizia C.E. con la

sentenza del 2 dicembre 2004 2.

2. La normativa nazionale in tema di recepimento della direttiva 2000/76/CE:

decreto legislativo 11 maggio 2005 numero 133

Il decreto legislativo numero 133/2005, ha recepito la direttiva 2000/76/CE del

Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, in attuazione della delega con-

tenuta nella legge 31 ottobre 2003, n. 306, ed in particolare agli articoli 1, commi 1, 3, 4 e

5, 2, 3, 4 e l’allegato B.

Il decreto legislativo si applica agli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei

rifiuti e stabilisce le misure e le procedure finalizzate a prevenire e ridurre per quanto pos-

4

2 È ancora aperto il termine per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale alla nuova direttiva rifiuti (direttiva2008/98/CE), che scade il 12 dicembre 2010 per la quale la legge comunitaria per il 2008 (atto Camera nume-ro 2320, approvato dal Senato il 17 marzo 2009, contiene la delega per il recepimento.

sibile gli effetti negativi dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, in

particolare l’inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee,

nonché i rischi per la salute umana che ne derivino e disciplinando 3:

a) i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento

dei rifiuti;

b) i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli

impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti;

c) i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzio-

nali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento

dei rifiuti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione del-

l’ambiente contro le emissioni causate dall’incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti;

3 La materia dei rifiuti ha trovato una sua globale regolamentazione nel D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d.decreto Ronchi), recante “Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio” e suoi decreti attuativi.Ai fini che interessano va osservato che il decr. Ronchi (successivamente abrogato dall’art. 264, D.Lgs. 3 apri-le 2006, n. 152.):- all’art. 18 attribuisce alla competenza dello Stato:“a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all’attuazione del presente decreto da adottare ai sensidell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (85)”;“b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti, nonché l’individua-zione dei fabbisogni per lo smaltimento dei rifiuti sanitari, anche al fine di ridurne la movimentazione”;“l) l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degliimpianti di smaltimento dei rifiuti”;m) l’indicazione dei criteri generali per l’organizzazione e l’attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani”.- all’art. 19, comma 1, attribuisce alle Regioni:“n) la definizione dei criteri per l’individuazione, da parte delle Province, delle aree non idonee alla localizza-zione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti;“n-bis) la definizione dei criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento e la determi-nazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 18, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali perrifiuti di tipo particolare”. Si specifica, altresì, al comma 3, che “Le Regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento erecupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivan-do le iniziative di autosmaltimento. L’art. 33 descrive le operazioni di recupero e stabilisce:“1) A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi1, 2 e 3 dell’articolo 31, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsinovanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia territorialmente competente”.“2) Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono inparticolare:A) per i rifiuti non pericolosi:“1) le quantità massime impiegabili”;“2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le atti-vità medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo”;“3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi direcupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti ometodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente”.

5

d) i criteri temporali di adeguamento degli impianti di incenerimento e di coinceneri-

mento di rifiuti esistenti alle disposizioni del decreto 4.

In analogia alla normativa comunitaria viene qualificato “impianto di incenerimento”

qualsiasi unità e attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico di rifiu-

ti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione.

Sono compresi in questa definizione l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti,

nonché altri processi di trattamento termico (quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione

ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano suc-

cessivamente incenerite).

La definizione include il sito e l’intero impianto di incenerimento, compresi:

- le linee di incenerimento;

- la ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio;

- le installazioni di pretrattamento in loco;

- i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del combustibile ausiliario e dell’aria di combustione;

- i generatori di calore;

- le apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque

reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di incenerimento;

- le apparecchiature di trattamento degli effluenti gassosi, i camini, i dispositivi ed i

sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e monitoraggio delle condizioni

di incenerimento.

Viene qualificato “impianto di coincenerimento” qualsiasi impianto, fisso o mobile,

la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di materiali e che utiliz-

6

4 Il mancato recepimento della direttiva non ha indubbiamente favorito, negli anni passati, l’impulso allo svi-luppo della termovalorizzazione, anche per le resistenze sollevate dalle associazioni ambientaliste e dallepopolazioni locali, che spesso si sono opposte alla istallazione di inceneritori e termovalorizzatori, ritenendo-li nocivi alla salute pubblica per le emissioni nell’atmosfera prodotte da tali impianti. Peraltro, le Linee guidaper l’individuazione delle migliori tecnologie disponibili, in grado di dare più garanzie alle cittadinanze, assicu-rando il massimo livello di protezione ambientale, da adottarsi, in attuazione del d.lgs. 4/8/1999, n. 372, dalMinistero dell’ambiente di concerto con i Ministeri delle attività produttive e della salute, sono state emanate,con grande ritardo, con decreto pubblicato il 13/6/2005. Va, peraltro, rilevato che l’adozione di tale provvedi-mento è di notevole rilevanza strategica, in quanto serve da presupposto per il rilascio della cosiddetta “auto -rizzazione integrata ambientale”, necessaria per l’avvio di un impianto industriale. Il d.lgs. 18/2/2005, n. 59,nel recepire integralmente la direttiva 96/61/CE, ha abrogato quasi interamente il citato d.lgs. n. 372/1999,salvo che nella parte concernente la previsione dell’istituzione di una nuova commissione che continuasse adoccuparsi di “linee guida” per l’individuazione delle cc.dd. bat (migliori tecnologie disponibili). L’autorizzazioneintegrata ambientale, rilasciata, ai sensi del d.lgs. n. 59/2005, sostituisce, a tutti gli effetti, ogni altra autoriz-zazione, visto o nulla osta. Gli impianti già esistenti devono, entro la data del 30/10/2007, adeguarsi alle pre-scrizioni previste dal decreto di cui sopra. Nel rilascio dell’autorizzazione integrata, l’autorità competente(Ministro dell’ambiente, Regione o Provincia autonoma) deve tener conto di una serie di condizioni indicatedal d.lgs. n. 133/2005. Il Governo italiano ha ricevuto, dall’Unione europea un invito a rielaborare, sulla basedell’art. 228 del Trattato Ue, il D.M. 5/2/1998 del Ministro dell’ambiente, nella parte riguardante le quantitàmassime di rifiuti non pericolosi impiegabili negli impianti di recupero.

za rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trat-

tamento termico ai fini dello smaltimento.

In analogia a quanto dispone per gli inceneritori il d.l.vo n. 133 disciplina le varie fasi

del trattamento di coincenerimento.

Ai fini dell’autorizzazione dell’impianto, il decreto legislativo numero 133 prescrive la

previa presentazione di una domanda per il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazio-

ne ed esercizio degli impianti di incenerimento dei rifiuti, che deve contenere, tra l’altro, una

descrizione delle misure preventive contro l’inquinamento ambientale previste per garanti-

re che l’impianto è progettato e attrezzato e sarà gestito in modo conforme ai requisiti della

normativa contenuta nel decreto.

Prima dell’inizio delle operazioni di trattamento dei rifiuti, l’autorità competente verifi-

ca che l’impianto soddisfa le condizioni e le prescrizioni alle quali è stato subordinato il rila-

scio dell’autorizzazione medesima.

Il gestore dell’impianto di incenerimento o di coincenerimento deve adottare tutte le

precauzioni necessarie riguardo alla consegna e alla ricezione dei rifiuti, per evitare o limi-

tare, per quanto praticabile, gli effetti negativi sull’ambiente, in particolare l’inquinamento

dell’aria, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonché odori e rumore e i rischi

diretti per la salute umana.

Prima della accettazione dei rifiuti nell’impianto di incenerimento o di coincenerimen-

to, il gestore deve almeno determinare la massa di ciascuna categoria di rifiuti, possibilmen-

te in base al codice dell’Elenco europeo dei rifiuti.

Nell’esercizio dell’impianto di incenerimento o di coincenerimento devono essere

adottate tutte le misure affinché le attrezzature utilizzate per la ricezione, gli stoccaggi, i pre-

trattamenti e la movimentazione dei rifiuti, nonché per la movimentazione o lo stoccaggio

dei residui prodotti, siano progettate e gestite in modo da ridurre le emissioni e gli odori,

secondo i criteri della migliore tecnologia disponibile.

La normativa nazionale, conformemente a quella comunitaria, prescrive valori limite di

emissione nell’atmosfera, scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione degli

effluenti gassosi degli impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti, campiona-

mento ed analisi delle emissioni in atmosfera degli impianti di incenerimento e di coincene-

rimento e sistemi di controllo e sorveglianza delle emissioni nei corpi idrici conformemente

ai limiti fissati nelle tabelle allegate.

In adempimento degli obblighi comunitari è, altresì, previsto che le autorizzazioni alla

realizzazione e all’esercizio degli impianti di incenerimento o di coincenerimento sono rila-

sciate solo dopo aver garantito l’accesso alle informazioni.

7

Va, infatti, rilevato che, sia con riguardo alla fase di localizzazione, che di realizzazio-

ne e di gestione degli impianti, costituisce uno degli aspetti più importanti della normativa

in esame il coinvolgimento degli enti locali, delle comunità locali e degli enti esponenziali

riconosciuti dalla normativa vigente in tutti i momenti della fase di decisione.

Tale coinvolgimento, se non può determinare un risultato interdittivo di qualunque

intervento, deve, comunque, essere effettivo e realmente produttivo, al fine di valutarne gli

elementi partecipativi nella fase di assunzione delle decisioni finali.

Fatta salva la normativa in materia di accesso del pubblico all’informazione ambienta-

le e quanto disposto dal decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39, e dal decreto legislati-

vo 18 febbraio 2005, n. 59, le domande di autorizzazione e rinnovo per impianti di incene-

rimento e di coincenerimento sono rese accessibili in uno o più luoghi aperti al pubblico, e

comunque presso la sede del comune territorialmente competente, per un periodo di tempo

adeguato e comunque non inferiore a trenta giorni, affinché chiunque possa esprimere le

proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità competente.

La decisione dell’autorità competente, l’autorizzazione e qualsiasi suo successivo

aggiornamento sono rese accessibili al pubblico con le medesime modalità.

L’autorità competente stabilisce nell’autorizzazione il periodo massimo di tempo

durante il quale, a causa di disfunzionamenti, guasti dei dispositivi di depurazione e di misu-

razione o arresti tecnicamente inevitabili, le concentrazioni delle sostanze regolamentate

presenti nelle emissioni in atmosfera e nelle acque reflue depurate possono superare i valo-

ri limite di emissione autorizzati, per cui nei casi di guasto, il gestore riduce o arresta l’atti-

vità appena possibile, finché sia ristabilito il normale funzionamento.

Ciò in quanto uno degli aspetti più critici della gestione del termovalorizzatori riguarda

il momento del controllo dell’attività e, soprattutto, della esigenza di mantenere un ottimale

livello di funzionamento al fine di prevenire i gravi fenomeni di inquinamento che si sono

verificati e che determinano l’allarme nell’opinione pubblica che giustifica i comportamenti

volti a osteggiare la realizzazione degli impianti ed in primo luogo la localizzazione.

I soggetti incaricati dei controlli sono autorizzati ad accedere in ogni tempo presso gli

impianti di incenerimento e coincenerimento per effettuare le ispezioni, i controlli, i prelievi

e i campionamenti necessari all’accertamento del rispetto dei valori limite di emissione in

atmosfera e in ambienti idrici, nonché del rispetto delle prescrizioni relative alla ricezione,

allo stoccaggio dei rifiuti e dei residui, ai pretrattamenti e alla movimentazione dei rifiuti e

delle altre prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e di tutte

le altre prescrizioni contenute nel presente decreto.

8

Gli articoli 19 e 20 del decreto legislativo n. 133 prevedono, infine, rispettivamente, un

sistema sanzionatorio penale volto a reprimere la violazione di regole di comportamento

relativi allo svolgimento delle attività di smaltimento dei rifiuti, nonché (articolo 20) una disci-

plina specifica del danno ambientale.

Si ribadisce il principio che chi, con il proprio comportamento omissivo o commissivo,

in violazione delle disposizioni del decreto, provoca un danno alle acque, al suolo, al sotto-

suolo ed alle altre risorse ambientali, ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di

inquinamento ambientale, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in

sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali

è derivato il danno, ovvero deriva il pericolo di inquinamento.

L’articolo 21 del decreto legislativo numero 133 contiene, infine, disposizioni transitorie e

finali, volte soprattutto a disciplinare il funzionamento degli impianti esistenti alla data di entra-

ta in vigore del decreto stesso con una procedura di adeguamento agli standard previsti dalla

normativa europea caratterizzata da un regime di semplificazione degli adempimenti.

Con riguardo alle problematiche che sono sorte in relazione alla conformità della nor-

mativa nazionale a quella comunitaria, meritano di essere richiamate due sentenze della

Corte di giustizia europea che ha condannato lo Stato italiano per inadempienza alla pre-

detta direttiva comunitaria 2000/76/CE.

Con la sentenza, sezione seconda, 5 luglio 2007 numero 255 la Corte CE ha ritenuto

che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art.

12 n. 1, della direttiva 2000/76/CE, in quanto non ha reso accessibile in uno o più luoghi

aperti al pubblico la comunicazione di inizio attività della «terza linea» dell’inceneritore di

rifiuti di Brescia per un adeguato periodo di tempo affinché il pubblico potesse esprimere le

proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità competente e non avendo messo a

disposizione del pubblico stesso le decisioni relative a tale comunicazione 5.

5 Si legge in particolare nella motivazione che “58 Risulta peraltro dall’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76/CEche le domande di nuove autorizzazioni devono essere rese accessibili in luoghi aperti al pubblico per un ade-guato periodo di tempo al fine di consentire al pubblico di esprimere le proprie osservazioni prima della decisio-ne dell’autorità competente. Tale decisione, comprendente almeno una copia dell’autorizzazione e di qualsiasisuo successivo aggiornamento, deve essere parimenti accessibile al pubblico. 59 Lo scopo di tale disposizio-ne, come risulta in particolare dal trentunesimo “considerando” della direttiva 2000/76, è quello di assicurare latrasparenza del processo di autorizzazione, permettendo al pubblico di essere coinvolto nelle decisioni da pren-dere in seguito alle domande relative a nuove autorizzazioni. Pertanto si deve ritenere che la nozione di doman-da di nuova autorizzazione debba ricevere un’accezione tale da rispondere pienamente alla finalità perseguitadall’art, 12, n. 1, della direttiva 2000/76/CE. Pertanto, tale nozione deve essere intesa in senso lato come com-prendente ogni procedimento assimilabile ad un procedimento per la concessione del permesso o dell’autoriz-zazione. 61 La comunicazione di inizio attività menzionata al punto 56 della presente sentenza, cui ha datoluogo la “terza linea” dell’inceneritore, alla luce delle sue caratteristiche e in particolare del ruolo riservato alleautorità provinciali, deve essere assimilata ad una domanda di nuova autorizzazione ai sensi della direttiva2000/76/CE. In quanto tale, la citata comunicazione avrebbe dovuto essere resa accessibile, in uno o più luo-

9

In precedenza con la sentenza numero 486 del 23 novembre 2006 la Corte europea

ha ritenuto che la nozione di smaltimento dei rifiuti, ai sensi della direttiva n. 85/337/CE,

deve essere intesa come comprensiva dell’insieme delle operazioni che portano allo smal-

timento ed al recupero dei rifiuti; pertanto, laddove un impianto di recupero dei rifiuti abbia

le caratteristiche dimensionali previste dalla direttiva, la sua realizzazione dovrà essere pre-

ceduta da valutazione di impatto ambientale.

Rileva, infatti, la Corte che, ai sensi della dir. Cons. CEE 27 giugno 1985 n. 337, con-

cernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati,

come modificata dalla dir. Cons. CE 3 marzo 1997 n. 11, gli Stati membri devono garantire

che, prima della concessione di un’autorizzazione, i progetti idonei ad avere un impatto

ambientale rilevante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazio-

ne, formino oggetto di una valutazione del loro impatto.

Ne consegue che, con riferimento ad un’operazione di recupero di rifiuti, quale risul-

ta dall’art. 3 n. 1, lett. b) della dir. Cons. CEE 15 luglio 1975 n. 442, nonché dal quarto

“considerando” di quest’ultima, i rifiuti predetti possono svolgere una funzione utile, sosti-

tuendosi all’uso di altri materiali che avrebbero dovuto essere utilizzati per svolgere tale

funzione, consentendo così di preservare le risorse naturali e, pertanto, l’operazione di

recupero deve essere sottoposta, prima di essere autorizzata, alla procedura di valutazio-

ne di impatto ambientale 6.

Conseguentemente, in quanto pregiudica gli obiettivi della direttiva n. 85/337, è con-

traria al diritto comunitario la normativa italiana che, nel dispensare determinati impianti di

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ghi aperti al pubblico, per un adeguato periodo di tempo affinché il pubblico potesse esprimere le proprie osser-vazioni dirette alle autorità provinciali competenti prima della scadenza del termine di 90 giorni impartito a que-ste ultime per verificare se sono soddisfatte le condizioni di legge richieste per poter procedere al recupero.Orbene, è accertato che, in violazione delle disposizioni dell’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76/CE, la comuni-cazione di cui trattasi non è stata oggetto di alcuna misura di pubblicità. Inoltre, neanche le differenti decisioniadottate dall’autorità provinciale interessata per quanto riguarda la “terza linea” dell’inceneritore, cioè il divietodi inizio attività e l’autorizzazione, menzionati al precedente punto 57, sono state messe a disposizione del pub-blico, contrariamente alle prescrizioni dello stesso articolo. Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che,non avendo reso accessibile in uno o più luoghi aperti al pubblico la comunicazione di inizio attività della “terzalinea” dell’inceneritore per un adeguato periodo di tempo affinché il pubblico potesse esprimere le proprie osser-vazioni prima della decisione dell’autorità competente e non avendo messo a disposizione del pubblico stessole decisioni relative a tale comunicazione insieme ad una copia dell’autorizzazione, la Repubblica italiana èvenuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76/CE”.6 Nella specie è stato ritenuto contrario alle norme comunitarie l’aver dispensato dalla procedura di valutazio-ne di impatto ambientale l’impianto, sito in Italia, località Massafra, destinato all’incenerimento di combustibi-li derivati da rifiuti e di biomasse, nonché la promulgazione dell’art. 3, comma 1, D.P.C.M. 3 settembre 1999,intitolato “Atto di indirizzo e coordinamento che modifica ed integra il precedente atto di indirizzo e coordina-mento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, l. 22 febbraio 1994 n. 146, concernente disposizioni in materiadi valutazione dell’impatto ambientale”, la quale consente che i progetti di impianti di recupero di rifiuti perico-losi e i progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 100 tonnellate al gior-no, rientranti nell’all. I della dir. 85/337/CE siano sottratti alla procedura di valutazione di impatto ambientale.

recupero dei rifiuti (previsti nell’all. II, punto 11 lett. b), direttiva n. 85/337/CE) dalla valuta-

zione di impatto ambientale fissa un criterio non adeguato.

Detta disciplina può, infatti, produrre il risultato di sottrarre alla verifica determinati pro-

getti che invece risultano idonei ad avere rilevanti ripercussioni sull’ambiente a motivo delle

loro dimensioni o della loro ubicazione.

Ad avviso della Corte, invece, possono essere dispensati dalla valutazione di impatto

ambientale gli impianti di recupero dei rifiuti, che, ai sensi della direttiva n. 75/442/CEE,

possono essere autorizzati con procedura semplificata, qualora la relativa realizzazione sia

priva di rilevanti ripercussioni sull’ambiente.

3. La disciplina dei termovalorizzatori nel Codice dell’Ambiente

Il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), meglio noto come

“Codice dell’ambiente” disciplina alcuni aspetti organizzativi e procedimentali relativi alla

realizzazione degli impianti termo valorizzazione.

In particolare la parte quarta (Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei

siti inquinati) Titolo I (Gestione dei rifiuti) all’articolo 177 disciplina la gestione dei rifiuti e

la bonifica dei siti inquinati anche in attuazione delle direttive comunitarie sugli inceneri-

tori, facendo salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai princi-

pi del decreto stesso, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la

gestione di determinate categorie di rifiuti (pertanto fa salva la normativa specifica in

materia di impianti di termovalorizzazione oggetto del decreto legislativo numero

133/2005).

L’articolo 178 definisce la gestione dei rifiuti “attività di pubblico interesse disciplinata

al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci, tenendo conto

della specificità dei rifiuti pericolosi, nonché al fine di preservare le risorse naturali”, prescri-

vendo che i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uo-

mo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e,

in particolare:

a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;

b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;

c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base

alla normativa vigente.

La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di preven-

zione, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coin-

volti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui origina-

11

no i rifiuti, nel rispetto dei principi dell’ordinamento nazionale e comunitario, con particolare

riferimento al principio comunitario “chi inquina paga”.

A tal fine le gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza,

economicità e trasparenza 7.

Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell’esercizio delle rispettive competenze,

iniziative dirette a favorire prioritariamente la prevenzione e la riduzione della produzione e

della nocività dei rifiuti, in particolare mediante:

a) lo sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggio-

re risparmio di risorse naturali;

b) la messa a punto tecnica e l’immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da

non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro

smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;

c) lo sviluppo di tecniche appropriate per l’eliminazione di sostanze pericolose conte-

nute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero 8.

12

7 L’incenerimento dei rifiuti produce scorie solide pari circa al 10-12% in volume e 15-20% in peso dei rifiutiintrodotti, e in più ceneri per il 5%. Gran parte della massa immessa nei forni viene infatti combusta ottenen-do dei fumi che verranno opportunamente pretrattati prima di essere emessi dal camino.Le ceneri volanti e le polveri intercettate dall’impianto di depurazione dei fumi sono rifiuti speciali altamentetossici (in quanto concentrano molti degli inquinanti più nocivi), che come tali sono soggetti alle appositedisposizioni di legge e sono poi conferiti in discariche speciali. Le scorie pesanti, formate dal rifiuto incombusto - acciaio, alluminio, vetro e altri materiali ferrosi, inerti o altro- sono raccolte sotto le griglie di combustione e possono poi essere divise a seconda delle dimensioni e quin-di riciclate se non troppo contaminate. Le scorie sono generalmente smaltite in discarica e costituiscono una importante voce di spesa.Le scorie e le ceneri vengono caricate su un nastro trasportatore; i rottami ferrosi più consistenti sono subitoraccolti, quelli più piccoli vengono rimossi poi con un nastro magnetico. Appositi macchinari separano dalresto i rimanenti metalli a-magnetici (prevalentemente alluminio); tutto il resto, miscelato con opportune dosidi acqua, inerti, cemento e additivi, e reso così inerte, va a formare calcestruzzo subito adoperato per la pro-duzione di elementi per prefabbricati. Con un trattamento di questo genere, si riduce la necessità della disca-rica in seguito al trattamento nell’inceneritore in quanto ultimo anello della catena di gestione dei rifiuti, dalmomento che le scorie pesanti risultano praticamente costituite solamente da sostanza organica o cokeincombusti in ragione di una percentuale variabile dal 3,5% al 10-15%.Un’altra tecnologia che si sta sperimentando è la vetrificazione delle ceneri con l’uso della torcia al plasma. Conquesto sistema si rendono inerti le ceneri, risolvendo il problema dello smaltimento delle stesse come rifiuti spe-ciali, inoltre si studia la possibilità di un loro riutilizzo come materia prima per il comparto ceramico e cementizio.Le elementari di cui sopra sono facilmente rinvenibili attraverso la consultazione di un gran numero di sitiInternet che si occupano della materia.8 I sistemi attuali di depurazione dei fumi sono costituiti da varie tecnologie e sono pertanto detti multistadio.Questi sistemi si suddividono in base al loro funzionamento in semisecco, secco, umido e misto. La caratte-ristica che li accomuna è quella di essere concepiti a più sezioni di abbattimento, ognuna in linea di massimaspecifica per determinati tipi di inquinanti. In base alla natura chimica della sostanza da “abbattere” vengonofatte avvenire delle reazioni chimiche con opportuni reagenti allo scopo di produrre nuovi composti non noci-vi, relativamente inerti e facilmente separabili.A partire dagli anni ottanta si è affermata l’esigenza di rimuovere i macroinquinanti presenti nei fumi della com-bustione (ad esempio ossido di carbonio, anidride carbonica, ossidi di azoto e gas acidi come l’anidride solfo-rosa) e di perseguire un più efficace abbattimento delle polveri in relazione alla loro granulometria. Si è pas-

Per lo smaltimento dei rifiuti l’articolo 182 del Codice prevede che lo stesso va

attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, attra-

verso le migliori tecniche disponibili e tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici

complessivi, al fine di:

a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in

ambiti territoriali ottimali;

b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luo-

ghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del

contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;

sati dall’utilizzo di sistemi, quali cicloni e multicicloni, con efficienze massime di captazione delle polveri rispet-tivamente del 70% e dell’85%, ai precipitatori elettrostatici (ESP) o filtri a maniche che garantiscono efficien-ze notevolmente superiori (fino al 99% e oltre).Le norme vigenti fanno riferimento alle emissioni di polveri totali. Accanto a ciò, sono state sviluppate misuredi contenimento preventivo delle emissioni, ottimizzando le caratteristiche costruttive dei forni e migliorandol’efficienza del processo di combustione. Questo risultato si è ottenuto attraverso l’utilizzo di temperature piùalte (con l’immissione di discrete quantità di metano), di maggiori tempi di permanenza dei rifiuti in regime dialte turbolenze e grazie all’immissione di aria secondaria per garantire l’ossidazione completa dei prodotti dellacombustione. Tuttavia l’aumento delle temperature, se da un lato riduce la produzione di certi inquinanti (peres. diossine), dall’altra aumenta la produzione di ossidi di azoto e soprattutto di particolato il quale quanto piùè fine, tanto più difficile è da intercettare anche per i più moderni filtri, per cui si deve trovare un compromes-so, considerato anche che il metano usato comunque ha un costo notevole. Per questi motivi talvolta gliimpianti prevedono postcombustori a metano e/o catalizzatori che funzionano a temperature inferiori ai 900 °C.Abbattimento degli NOx. La formazione di ossidi d’azoto aumenta quasi esponenzialmente al crescere dellatemperatura di combustione. Vanno citate le attrezzature specificatamente previste per l’abbattimento degli ossi-di di azoto, per i quali i processi che vengono normalmente utilizzati sono del tipo catalitico o non catalitico. La prima di queste tecnologie, definita Riduzione Selettiva Catalitica (SCR), consiste nell’installazione di un reat-tore a valle della linea di depurazione in cui viene iniettata ammoniaca nebulizzata, che, miscelandosi con i fumie attraversando gli strati dei catalizzatori, trasforma alla temperatura di 300 °C gli ossidi di azoto in acqua e azotogassoso, gas innocuo che compone circa il 79% dell’atmosfera. Visto che è possibile che una certa quantità diammoniaca non reagita sfugga dal camino (“ammonia slip”), sono state elaborate altre metodiche che non fannouso di ammoniaca quale reagente ovvero che prevedono l’uso di un ulteriore catalizzatore per prevenirne la fuga.La seconda tecnologia, chiamata Riduzione Selettiva Non Catalitica (SNCR), spesso preferita perché più eco-nomica, presenta il vantaggio di non dover smaltire i catalizzatori esausti ma ha caratteristiche di efficacia infe-riori ai sistemi SCR, e consiste nell’iniezione di un reagente (urea che ad alta temperatura si dissocia inammoniaca) in una soluzione acquosa in una zona dell’impianto in cui in cui la temperatura è compresa fra850 °C e 1.050 °C con la conseguente riduzione degli ossidi di azoto in azoto gassoso e acqua. Altri proces-si non catalitici sfruttano la riduzione con ammoniaca attuata tramite irraggiamento con fascio di elettroni otramite l’utilizzo di filtri elettrostatici.Altri sistemi sono stati messi a punto per l’abbattimento dei microinquinanti come metalli pesanti (mercurio,cadmio, ecc.) e diossine.Riguardo ai primi, presenti sia in fase solida che di vapore, la maggior parte di essi viene fatta condensarenel sistema di controllo delle emissioni e si concentra nel cosiddetto “particolato fine” (ceneri volanti). Il loroabbattimento è poi affidato all’efficienza del depolveratore che arriva a garantire una rimozione superiore al99% delle PM10 prodotte, ma nulla può contro il PM2,5 e le nanopolveri. Per tale motivo le polveri emessesono considerate particolarmente nocive.Per quanto riguarda l’abbattimento delle diossine e dei furani il controllo dei parametri della combustione e dellapost-combustione (elevazione della temperatura a oltre 850 °C), sebbene in passato fosse considerato di persé sufficiente a garantire valori di emissione in accordo alle normative, è oggi considerato insufficiente e quindiaccompagnato (nei nuovi impianti) da un ulteriore intervento specifico basato sulle proprietà chimico fisiche dei

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c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione

dell’ambiente e della salute pubblica 9.

Con riguardo ai termovalorizzatori si prevede che, nel rispetto delle prescrizioni con-

tenute nei decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi

impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione è accom-

pagnato da recupero energetico con una quota minima di trasformazione del potere calori-

fico dei rifiuti in energia utile, calcolata su base annuale, stabilita con apposite norme tec-

niche approvate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concer-

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carboni attivi. Questo ulteriore processo viene effettuato attraverso un meccanismo di chemiadsorbimento, cioèfacendo “condensare” i vapori di diossine e furani sulla superficie dei carboni attivi. Questi non sono altro checarbone in polvere, il quale può esibire 600 m2 di superficie ogni grammo: detto in altri termini funziona comeuna specie di “spugna”. Queste proprietà garantiscono abbattimenti dell’emissione di diossine e furani tali dapremettere di operare al di sotto dei valori richiesti dalla normativa. Anche qui la filtrazione della polvere di car-bone esausta è affidata al depolveratore in quanto evidentemente i carboni esausti (cioè impregnati di diossine)sono altamente nocivi e sono considerati rifiuti speciali pericolosi, da smaltire in discariche speciali.Sono allo studio metodi di lavaggio dei fumi in soluzione oleosa per la cattura delle diossine che sfruttino laloro spiccata solubilità nei grassi.La pericolosità delle polveri prodotte da un inceneritore è potenzialmente, estremamente elevata. Questo èconfermato dai limiti particolarmente severi imposti dalla normativa per i fumi, limitata però alle polveri totalisenza discriminare le relative dimensioni delle stesse. Infatti, se da un lato la combustione dei rifiuti producedirettamente enormi quantità di polveri dalla composizione chimica varia, dall’altra alcune sezioni dei sistemidi filtrazione ne aggiungono di ulteriori (in genere calce o carboni attivi) per assorbire metalli pesanti e dios-sine come sopra spiegato. Pertanto, le polveri finiscono per essere un concentrato di sostanze pericolose perla vita umana ed animale.Per tali motivi, l’importanza e l’efficacia dei depolveratori è molto elevata. Vengono in genere usati sia filtri elet-trostatici (dagli elevati consumi elettrici, poco efficaci su ceneri contenenti poco zolfo ma in generale abba-stanza efficaci se frequentemente ripuliti), sia filtri a maniche (non adatti ad alte temperature e soggetti adintasamento). Attualmente la legge non prevede limiti specifici per le polveri fini (PM10, ecc.) per cui la realeefficacia di tali sistemi su queste particelle è oggetto di dibattiti accesi.9 Gli inceneritori più diffusi in Europa sono del tipo “a griglie”. Si tratta Di impianti che sfruttano il calore svi-luppato dalla combustione, non è importante solo il tonnellaggio di combustibile (i rifiuti), ma anche il suo pote-re calorifico, ovvero il calore sviluppato durante la combustione (in genere pari a circa 9000-13000 MJ/t). Inaltre parole, un inceneritore progettato (ed autorizzato) per bruciare 100000 t. di rifiuti con potere calorifico di13000 MJ/t, può arrivare a bruciare anche il 45% in più se i rifiuti hanno potere calorifico di 9000 MJ/t.Il funzionamento di un “termovalorizzatore” a griglie può essere suddiviso in sei fasi fondamentali:1 - Arrivo dei rifiuti - Provenienti dagli impianti di selezione dislocati sul territorio (ma anche direttamente dallaraccolta del rifiuto), i rifiuti sono conservati in un’area dell’impianto dotato di sistema di aspirazione, per evita-re il disperdersi di cattivi odori. Con un carroponte i materiali sono depositati nel forno attraverso una tramog-gia. La tecnologia di produzione della frazione combustibile (CDR) ed il suo incenerimento sfrutta la preven-tiva disidratazione biologica dei rifiuti seguita dalla separazione degli inerti (metalli, minerali, ecc.) dalla frazio-ne combustibile, che può essere “termovalorizzata” producendo energia elettrica con resa nettamente miglio-re rispetto all’incenerimento classico e con una diminuzione di impatto ambientale.2 - Combustione - Il forno è solitamente dotato di una o più griglie mobili (forno “a griglie”) per permettere il conti-nuo movimento dei rifiuti durante la combustione. Una corrente d’aria forzata viene inserita nel forno per apporta-re la necessaria quantità di ossigeno che permetta la migliore combustione, mantenendo alta la temperatura (finoa 1000 °C e più). Per mantenere tali temperature, qualora il potere calorifico del combustibile sia troppo basso,talvolta viene immesso del gas metano in una quantità variabile fra i 4 e 19 m? per tonnellata di rifiuti. Accanto auna camera di combustione primaria viene associata una camera di combustione secondaria (camera di post-combustione), con lo scopo di completare la combustione dei fumi nel miglior rispetto della normativa vigente.

to con il Ministro delle attività produttive, tenendo conto di eventuali norme tecniche di set-

tore esistenti, anche a livello comunitario 10.

La correlazione che la disciplina attuale impone tra distruzione dei rifiuti e produzione

di energia o calore utilizzabile determina effetti giuridici rilevanti.

La giurisprudenza, a tal proposito, ha rilevato che la possibilità del conferimento dei rifiu-

ti in termovalorizzazione, procedimento attraverso il quale questi ultimi vengono utilizzati per

produrre energia, non può essere precluso dal bando di gara alle ditte partecipanti, dal momen-

to che è considerato uno dei meccanismi di recupero dei rifiuti previsto già dall’art. 4 del d.lgs.

3 - Produzione del vapore surriscaldato - La forte emissione di calore prodotta dalla combustione di metanoe rifiuti porta a vaporizzare l’acqua in circolazione nella caldaia posta a valle, per la produzione di vapore sur-riscaldato ad alto contenuto entalpico.4 - Produzione di energia elettrica - Il vapore generato mette in movimento una turbina che, accoppiata a unmotoriduttore e a un alternatore, trasforma l’energia termica in energia elettrica producendo corrente alterna-ta per espansione del vapore surriscaldato.5 - Estrazione delle ceneri - Le componenti dei rifiuti non combustibili vengono raccolte in una vasca piena d’ac-qua posta a valle dell’ultima griglia. Le scorie, raffreddate in questo modo, sono quindi estratte e smaltite in disca-riche speciali. Ovviamente, separando preventivamente gli inerti dalla frazione combustibile si ottiene una ridu-zione delle scorie. L’acqua di raffreddamento (circa 2.5 m3/t) deve essere depurata prima di essere scaricata inambiente. Le ceneri sono classificate come rifiuti speciali non pericolosi, mentre le polveri fini (circa il 4% del pesodel rifiuto in ingresso) intercettate dai sistemi di filtrazione sono classificate come rifiuti speciali pericolosi.Entrambe sono smaltite in discariche per rifiuti speciali; ci sono recenti esperienze di riuso delle ceneri pesanti.6 - Trattamento dei fumi - Dopo la combustione i fumi caldi (circa il 140-150% in peso del rifiuto in ingresso)passano in un sistema multi-stadio di filtraggio, per l’abbattimento del contenuto di agenti inquinanti sia chi-mici che solidi. Dopo il trattamento e il raffreddamento i fumi vengono rilasciati in atmosfera a circa 140 °C.Le elementari nozioni di cui sopra (come quelle riportate nelle successive note) sono facilmente rinvenibiliattraverso la consultazione di un gran numero di siti Internet che si occupano della materia.10 In funzione della specifica tecnologia adoperata nella camera di combustione primaria, è possibile distin-guere le seguenti tipologie di inceneritore.Inceneritore a griglieQuesti inceneritori possiedono un grande focolare, con griglie metalliche normalmente a gradini formate dabarre o rulli paralleli. La griglia può essere mobile o fissa e in diverse zone vengono raggiunte differenti tem-perature che permettono un più graduale riscaldamento. È presente anche un sistema di raffreddamento.Oltre alla normale combustione primaria, viene effettuata anche una combustione secondaria, ottenuta conun’ulteriore insufflazione d’aria che genera una notevole turbolenza, permettendo di migliorare il miscelamen-to aria-combustibile. Le ceneri prodotte vengono raccolte e raffreddate in vasche piene d’acqua.In confronto con le altre tipologie di inceneritori, gli impianti con griglie mobili sono quelli maggiormente sfruttati peri rifiuti urbani e permettono, grazie al movimento dei rifiuti all’interno della camera di combustione, una ottimizzazionedella combustione stessa. Una singola griglia è in grado di trattare più di 35 t/h di rifiuti e può lavorare 8.000 ore l’an-no con una sola sospensione dell’attività, per la durata di un mese, legata alla manutenzione e controlli programmati.Una parte dell’aria necessaria alla combustione primaria viene fornita dal basso della griglia e questo flussoviene anche sfruttato per raffreddare la griglia stessa. Il raffreddamento è importante per il mantenimentodelle caratteristiche meccaniche della griglia, e molte griglie mobili sfruttano anche il raffreddamento tramiteun flusso interno di acqua. L’aria necessaria alla combustione secondaria viene immessa ad alta velocitàsuperiormente alla griglia e ha lo scopo di portare a completamento la reazione di combustione, realizzan-do una condizione di eccesso di ossigeno e una turbolenza che assicura un mescolamento ottimale di com-bustibile e comburente.È da notare però che alle griglie è legato un certo insieme di problematiche tecniche tra le quali spicca il depo-sito di polveri, con la necessità di un certo livello di manutenzione periodica programmata.Inceneritore a letto fluidoLa combustione a letto fluido è ottenuta inviando dal basso un forte getto di aria attraverso un letto di sabbia.

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n. 22/1997, e specificamente descritto all’allegato C) dello stesso testo normativo. Pertanto,

anche a voler ritenere che lo stesso art. 4, al secondo comma, consideri preferibili rispetto alle

altre forme di recupero dei rifiuti il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero di materia prima, in ogni

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Il letto quindi si solleva, mentre le particelle si mescolano e sono sotto continua agitazione. A questo puntovengono introdotti i rifiuti e il combustibile. Il sistema sabbia/rifiuto/combustibile viene mantenuto in sospen-sione sul flusso di aria pompata e sotto violento mescolamento e agitazione, assumendo in tale modo carat-teristiche similfluide (da cui il letto fluido). Questo processo, detto fluidizzazione, ha l’effetto di diminuire ladensità del sistema in oggetto pur senza alterarne la natura originaria. Tutta la massa di rifiuti, combustibile esabbia circola completamente all’interno della fornace. La tecnologia a letto fluido è di comune utilizzo nel-l’ambito dell’ingegneria chimica, e viene utilizzata ad esempio anche in reattori per attuare la sintesi chimicae nell’ambito della petrolchimica.Una camera di combustione a letto fluido permette di ridurre le emissioni di ossidi di zolfo (SOx) mescolandocalcare o dolomite in polvere alla sabbia: in tal modo infatti lo zolfo non viene ossidato formando gas, bensìprecipita sotto forma di solfato. Tra l’altro, tale precipitato caldo permette di migliorare lo scambio termico perla produzione di vapor acqueo. Dato che il letto fluido consente anche di operare a temperature inferiori (800°C), operando a tali temperature è possibile ridurre le emissioni di ossidi di azoto (NOx).Uno studio comparativo ha confrontato le emissioni di polveri sottili, caratterizzandone dimensione, composi-zione e concentrazione, e di elementi traccia relativamente all’utilizzo di una camera a griglie e di una came-ra a letto fluido (FBC) a monte dei sistemi di filtraggio.Il letto fluido ha il vantaggio di richiedere poca manutenzione e ovviamente, data la particolare costituzione,non necessita di componenti in movimento. Possiede anche un rendimento leggermente superiore rispetto aiforni a griglia, ma richiede combustibile a granulometria piuttosto omogenea.Le tipologie di letto fluido più sfruttate rientrano principalmente in due categorie: sistemi a pressione atmosfe-rica (fluidized bed combustion, FBC) e sistemi pressurizzati (pressurized fluidized bed combustion, PFBC).Questi ultimi sono in grado di generare un flusso gassoso ad alta pressione e temperatura in grado di alimen-tare una turbina a gas che può realizzare un ciclo combinato ad alta efficienza.Inceneritore a forno rotativoGli impianti a forno rotativo hanno utilizzo di elezione nell’ambito dello smaltimento dei rifiuti industriali e spe-ciali, ma possono anche essere utilizzati per i RSU. Si hanno due camere di combustione: la camera di com-bustione primaria consiste in un tubo cilindrico costruito in materiale refrattario e inclinato di 5-15°, il cui movi-mento attorno il proprio asse di rotazione viene trasmesso ai rifiuti. La rotazione fa accumulare all’estremitàdel cilindro le ceneri e il resto della frazione non combusta solida, che viene infine raccolta all’esterno. I gaspassano invece in una seconda camera di combustione stavolta fissa. La camera di combustione secondariaè necessaria per portare a completamento le reazioni di ossidazione in fase gassosa.In relazione alla pericolosità del rifiuto trattato, le emissioni gassose possono richiedere un più accurato siste-ma di pretrattamento prima dell’immissione in atmosfera. Molte particelle tendono a essere trasportate insie-me con i gas caldi, per questo motivo viene utilizzato un “post-bruciatore” dopo la camera di combustionesecondaria per attuare una ulteriore combustione.Inceneritore a focolare multistepIl nome di questa tecnologia è legato al passaggio su più focolari del materiale da trattare. I rifiuti vengono tra-sportati attraverso la fornace muovendo una dentatura meccanica che fa parte di braccia agitanti montate suun asse centrale rotante che si estende a una certa altezza dal focolare. I rifiuti in entrata vengono caricati dauna estremità, mentre i residui della combustione vengono asportati dall’altra estremità. Il carico/scarico deirifiuti viene ripetuto automaticamente secondo il numero di focolari presenti. Un modello specifico è il forno dipirolisi a piani, studiato in origine per l’incenerimento di fanghi di varia natura (inclusi i fanghi biologici inatti-vati) ed occasionalmente usato nell’incenerimento di RSU che abbiano buone caratteristiche di trasporto. Conquesto metodo, oltre ai rifiuti industriali e solidi urbani, è possibile trattare anche fanghi di varia origine.Un’alternativa a tutti gli impianti di incenerimento per combustione sono i gassificatori (da non confondersi coirigassificatori) e gli impianti di pirolisi. In tali impianti i rifiuti vengono decomposti termochimicamente mediante l’insufflazione di una corrente di azoto (neigassificatori anche ossigeno) ad elevate temperature, ottenendo come prodotti finali un gas combustibile (detto syn-gas) e scorie solide. In pratica mentre negli inceneritori il materiale viene riscaldato in presenza di ossigeno e avvie-

caso, ai sensi della normativa vigente, la termovalorizzazione rappresenta comunque una vali-

da alternativa per il recupero, che va sempre preferito, nella ratio legis, allo smaltimento 11.

Merita di essere ricordato l’articolo 183, che disciplina le definizioni della terminologia

utilizzata nel corpo del codice stesso che ha qualificato:

- (lett. r) combustibile da rifiuti (CDR): il combustibile classificabile, sulla base delle

norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come RDF di qualità

normale, che è ottenuto dai rifiuti urbani e speciali non pericolosi mediante trattamenti fina-

lizzati a garantire un potere calorifico adeguato al suo utilizzo, nonché a ridurre e controlla-

re: 1) il rischio ambientale e sanitario; 2) la presenza di materiale metallico, vetri, inerti,

materiale putrescibile e il contenuto di umidità; 3) la presenza di sostanze pericolose, in par-

ticolare ai fini della combustione;

- (lett. s) combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q): il combustibile classificabi-

le, sulla base delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni,

come RDF di qualità elevata 12.

4. L’assetto delle competenze

Sotto l’aspetto organizzativo il capo II, all’articolo 195 del Codice dell’ambiente ha disci-

plinato le competenze dello Stato attribuendogli la funzione della individuazione, nel rispetto

ne una combustione che genera calore e produce composti gassosi ossidati, negli impianti di pirolisi lo stesso riscal-damento viene effettuato in assenza totale di ossigeno e il materiale subisce la scissione dei legami chimici origina-ri con formazione di molecole più semplici. La gassificazione, che avviene in presenza di una certa quantità di ossi-geno, può essere considerata come una tecnologia intermedia tra l’incenerimento e la pirolisi propriamente detta.Esistono numerosi processi basati su pirolisi e gassificazione, più o meno diffusi e collaudati, che differisco-no fra loro per tipo di rifiuto trattato, per emissioni e per prodotti di risulta (liquidi, gassosi, solidi). In generalela maggior parte di essi è caratterizzata dal fatto che il materiale da trattare deve essere finemente sminuz-zato per essere investito in maniera uniforme dalla corrente di azoto (pirolizzatori) o azoto e ossigeno (gassi-ficatori). Le temperature operative sono in genere fra 400 e 800 C° nel caso della pirolisi e mentre per la gas-sificazione sono nettamente più elevate. Le emissioni delle due tecnologie sono sensibilmente differentirispetto a quelle relative ad un inceneritore, e variabili in relazione agli specifici impianti e processi utilizzatinonché al tipo di materiale trattato.Un particolare tipo di gassificazione fa uso di una torcia al plasma a temperature comprese fra i 7000 e i 13000°C, che decompone del tutto le molecole organiche e vetrifica tutti i residui eliminando così in teoria le proble-matiche relative all’inquinamento, poiché non dovrebbe permettere la produzione di nessun composto gasso-so tossico o pericoloso come diossine, furani o ceneri diventando perciò un ottimo modo per trattare pneuma-tici, PVC, rifiuti ospedalieri e altri rifiuti industriali, nonché rifiuti urbani non trattati. I punti critici di tali impiantisono però lo sfruttamento commerciale del materiale vetrificato e la produzione di nano polveri, che possonosfuggire alla vetrificazione e sono presenti nei fumi in concentrazioni non ancora esattamente determinate.11 Consiglio di Stato, sez. V, 12 febbraio 2007 n. 593.12 Negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utiliz-zato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (adesempio per il teleriscaldamento). Il rendimento di tali impianti è però molto minore di quello di una normalecentrale elettrica, poiché i rifiuti non sono un buon combustibile per via del loro basso potere calorifico, e letemperature raggiunte in camera di combustione sono inferiori rispetto alle centrali tradizionali. Talvolta peraumentare l’efficienza della combustione insieme ai rifiuti viene bruciato anche del gas metano.

17

delle attribuzioni costituzionali delle Regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di

preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese.

L’individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del

decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decre-

to del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’ambiente e della

tutela del territorio, e inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria,

con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione 13.

È attribuita allo Stato la funzione relativa all’indicazione dei criteri generali relativi alle

caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei

rifiuti, nonché la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l’e-

sercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazio-

ne delle garanzie finanziarie a favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei

soggetti sottoposti all’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali.

Detta competenza attiene al sistema di qualificazione dei concorrenti, materia, que-

st’ultima, che riguarda l’affidamento dell’appalto di servizi di realizzazione dell’impianto

conformemente alle norme contenute nel decreto legislativo numero 163/2006 - Codice dei

contratti pubblici - di esclusiva competenza dello Stato anche come funzione legislativa per-

18

L’indice di sfruttamento del combustibile di inceneritori e centrali elettriche può essere aumentato notevol-mente abbinando alla generazione di energia elettrica il teleriscaldamento, che permette il recupero del calo-re prodotto che verrà poi utilizzato per fornire acqua calda. Tuttavia non sempre il calore recuperato puòessere effettivamente utilizzato per via delle variazioni stagionali dei consumi energetici; ad esempio, in esta-te lo sfruttamento del calore può calare notevolmente, a meno che non siano presenti attrezzature che per-mettano di sfruttarlo per il raffreddamento.Oggi gran parte degli inceneritori sono dotati di qualche forma di recupero energetico ma solo una piccolaminoranza di impianti è collegata a sistemi di teleriscaldamento e pertanto viene recuperata solo l’elettricità.L’efficienza energetica di un termovalorizzatore è variabile tra il 19 e il 27% se si recupera solo l’energia elet-trica ma aumenta molto col recupero del calore (cogenerazione). Ad esempio, nel caso dell’inceneritore diBrescia si ha un rendimento del 26% in produzione elettrica e del 58% in calore per teleriscaldamento, conun indice di sfruttamento del combustibile dell’84%.A titolo di confronto una moderna centrale termoelettrica a ciclo combinato, il cui scopo primario è ovviamen-te quello di produrre elettricità, ha una resa del 57% per la produzione elettrica, e se abbinata al teleriscalda-mento raggiunge l’87%. Tipicamente per ogni tonnellata di rifiuti trattata possono essere prodotti circa 0,67MWh di elettricità e 2 MWh di calore per teleriscaldamento. 13 La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie e i compiti di interesse comunedelle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni; è presie-duta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell’interno o dal Ministro per gliaffari regionali nella materia di rispettiva competenza; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro, del bilancioe della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro dellasanità, il presidente dell’Associazione nazionale dei comuni d’Italia - ANCI, il presidente dell’Unione provinced’Italia - UPI ed il presidente dell’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fannoparte inoltre quattordici sindaci designati dall’ANCI e sei presidenti di provincia designati dall’UPI. Dei quat-tordici sindaci designati dall’ANCI, cinque rappresentano le città individuate dall’articolo 17 della legge 8 giu-gno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti diamministrazioni statali, locali o di enti pubblici.

ché rientrante nella materia della concorrenza alla luce della sentenza della Corte costitu-

zionale 23 novembre 2007 numero 401 14.

L’articolo 196 disciplina la competenza delle Regioni, attribuendo, in materia di realiz-

zazione dei termovalorizzatori:

- la competenza all’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti,

anche pericolosi, e l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le com-

petenze statali di cui all’articolo 195, comma 1, lettera f) (l’individuazione, nel rispetto delle

attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di premi-

nente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese);

- l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti.

Come linea di indirizzo è previsto che le Regioni privilegiano la realizzazione di

impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le carat-

teristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento.

Con riguardo alla funzione di pianificazione, è previsto che le Regioni adottano, coin-

volgendo Province e Comuni, i piani regionali di gestione dei rifiuti e procedono a program-

mare la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urba-

ni da realizzare nella regione.

Le competenze delle Province dall’articolo 197 sono prevalentemente correlate alla fun-

zione di controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio

dei rifiuti, ivi compreso l’accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quar-

14 La Corte ha affermato due principi fondamentali in materia di competenza legislativa nel settore dei con-tratti della pubblica amministrazione.La nozione comunitaria di concorrenza, rilevante ai fini dello scrutinio delle questioni relative al d.lgs. 12 apri-le 2006 n. 163, e che si riflette su quella di cui all’art. 117 comma 2, lettera e), cost., va definita come concor-renza “per” il mercato e impone che il contraente venga scelto mediante procedure di garanzia che assicuri-no il rispetto dei valori comunitari e costituzionali, quali, in particolare, il rispetto dei principi di parità di tratta-mento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza; il che, peraltro, non significa che nello stes-so settore degli appalti, soprattutto relativi ai servizi a rete, non sussistano concomitanti esigenze di assicu-rare la cosiddetta concorrenza “nel” mercato attraverso la liberalizzazione dei mercati stessi, che si realizza,tra l’altro, mediante l’eliminazione di diritti speciali o esclusivi concessi alle imprese. La competenza esclusi-va statale in materia di concorrenza, inoltre, ha natura trasversale, il che, nello specifico settore degli appal-ti, comporta che la interferenza con competenze regionali si atteggia, in modo peculiare, non realizzandosinormalmente un intreccio in senso stretto con ambiti materiali di pertinenza regionale, bensì la prevalenzadella disciplina statale su ogni altra fonte normativa, essendo rimesso alla Corte costituzionale accertare sela scelta in concreto adottata dal legislatore statale sia ragionevole e proporzionata rispetto all’obiettivo pre-fissato (costituito, nella specie, dalla più ampia apertura del mercato degli appalti alla concorrenza).La Corte ha ritenuto, altresì, non sono fondate, in riferimento agli art. 117 e 118 cost., le q.l.c. dell’art. 4 comma 3,d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, il quale introduce l’obbligo per le regioni di non prevedere una disciplina diversa daquella stabilita dal codice in relazione alla stipulazione e all’esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell’e-secuzione e direzione dei lavori, contabilità e collaudo. Premesso che la fase “negoziale” dei contratti della p.a.,che ha inizio con la stipulazione del contratto e ricomprende l’intera disciplina di esecuzione del rapporto contrat-

19

ta del decreto l.vo n. 152/2006, disponendosi in particolare che le province sottopongono ad

adeguati controlli periodici gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti.

Ai Comuni l’art. 198 attribuisce le funzioni di adottare:

a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei

rifiuti urbani;

b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;

c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti

urbani ed assimilati al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e

promuovere il recupero degli stessi.

Con riguardo all’assetto delle competenze meritano di essere ricordate le recenti pro-

nunce della Corte costituzionale.

La Corte, con la sentenza 5 marzo 2009, n. 61 ha dichiarato l’illegittimità costituziona-

le dell’art. 14, commi 1, 2, 3 e 6, l. reg. Valle d’Aosta 3 dicembre 2007 n. 31 nella parte in

cui tali disposizioni riguardavano la stessa definizione di “rifiuto” ed erano relative alla mate-

ria della tutela ambientale, di esclusiva competenza dello Stato, non riferibili a nessuna altra

competenza propriamente regionale né statutaria né desumibile dal combinato disposto

degli artt. 117 cost. e 10, l. costituzionale n. 3/2001.

Nella stessa sentenza, pur tuttavia, la Corte ha ritenuto che le Regioni, nell’esercizio

delle loro competenze, sebbene tenute a rispettare la normativa statale di tutela dell’ambien-

te, possono fissare per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze - quali tutela

della salute, di governo del territorio, di valorizzazione dei beni ambientali - livelli di tutela più

elevati, incidendo così sul bene materiale ambiente, già salvaguardato dalla disciplina sta-

tale, al fine di disciplinare nella maniera opportuna gli oggetti delle loro competenze 15.

20

tuale, incluso l’istituto del collaudo, si connota per la normale mancanza di poteri autoritativi in capo al soggettopubblico, sostituiti dall’esercizio di autonomie negoziali, la norma censurata - disciplinando aspetti afferenti a rap-porti che presentano prevalentemente natura privatistica, pur essendo parte di essi una p.a. - deve essere ascrit-ta all’ambito materiale dell’ordinamento civile, sussistendo, in particolare, l’esigenza, sottesa al principio costitu-zionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità di trattamento, nell’intero territorio nazionale, della disciplina dellafase di conclusione ed esecuzione dei contratti di appalto. Peraltro, la norma impugnata esclude espressamentedalla competenza legislativa esclusiva dello Stato i “profili di organizzazione e contabilità amministrative”, con laconseguenza che in questi ambiti, qualora parte del contratto non fosse una amministrazione statale, sarebbe rin-venibile un titolo di legittimazione regionale, con la conseguenza che la riconducibilità all’ambito della materia del-l’ordinamento civile ovvero a materie di competenza regionale potrà essere stabilita soltanto in relazione alle sin-gole e puntuali norme di disciplina delle fasi attinenti alla conclusione ed esecuzione del rapporto contrattuale.15 Si legge nella sentenza: “4. (Prima di procedere a detto raffronto è necessario ricordare che secondo lagiurisprudenza di questa Corte: i rifiuti rientrano nella competenza esclusiva dello Stato in materia di tuteladell’ambiente (da ultimo sentenza n. 10/2009; vedi, anche, sentenze nn. 277 e 62 del 2008) e, conseguente-mente, non può riconoscersi una competenza regionale in materia di tutela dell’ambiente (vedi sentenze nn.10/2009, 149/2008 e 378/2007); b) le Regioni, nell’esercizio delle loro competenze, debbono rispettare la nor-mativa statale di tutela dell’ambiente, ma possono stabilire per il raggiungimento dei fini propri delle loro com-petenze (in materia di tutela della salute, di governo del territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, etc.)

5. Le modalità di affidamento del servizio di smaltimento R.S.U. mediante termo-

valorizzatori

Con riguardo alle modalità di affidamento del servizio l’articolo 202 del decreto legisla-

tivo numero 152/2006 attribuisce alla Autorità d’ambito la funzione di affidare il servizio di

gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizio-

ni comunitarie:

- secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali, in confor-

mità ai criteri di cui all’articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

- nonché con riferimento all’ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto

conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei con-

correnti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell’ambiente e della

tutela del territorio.

I nuovi impianti o le modifiche dei preesistenti possono essere realizzati dal sogget-

to affidatario del servizio direttamente, ai sensi dell’articolo 113, comma 5-ter, del decre-

to legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso dei requisiti prescritti dalla nor-

mativa vigente.

L’erogazione del servizio potrà, pertanto, avvenire, nel rispetto della normativa

dell’Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:

livelli di tutela più elevati (vedi sentenze nn. 30 e 12 del 2009, 105, 104 e 62 del 2008). Con ciò certamenteincidendo sul bene materiale ambiente, ma al fine non di tutelare l’ambiente, già salvaguardato dalla discipli-na statale, bensì di disciplinare adeguatamente gli oggetti delle loro competenze. Si tratta cioè di un potereinsito nelle stesse competenze attribuite alle Regioni, al fine della loro esplicazione.Inoltre, è da rilevare che la dizione, ricorrente nella giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, in mate-ria di tutela dell’ambiente, lo Stato stabilisce “standard minimi di tutela” va intesa nel senso che lo Stato assi-cura una tutela “adeguata e non riducibile” dell’ambiente.5. Venendo ora all’esame delle singole disposizioni impugnate dell’art. 14, la questione posta dal ricorrente aproposito dei commi 1 e 2 in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, è fondata.Si tratta di disposizioni che attengono alla stessa definizione di “rifiuto”, riguardanti la materia della tutelaambientale affidata alla competenza esclusiva dello Stato, e che non sono riferibili a nessuna altra competen-za propriamente regionale né statutaria né desumibile dal combinato disposto degli artt. 117 dellaCostituzione e 10 della legge costituzionale n. 3/2001.“La disposizione impugnata stabilisce che i «centri comunali di conferimento dei rifiuti urbani, denominatianche isole ecologiche, assicurano il raggruppamento dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali assimilabili agliurbani in frazioni omogenee ai fini della raccolta e del successivo avvio alle operazioni di smaltimento e recu-pero», e precisa che dette operazioni sono cosa diversa dalle «operazioni di smaltimento e recupero» e cometali non sono assoggettabili alle procedure autorizzative di cui agli artt. 208 e 216 del d.lgs. n. 152/2006.I centri comunali, o isole ecologiche di cui si parla, corrispondono ai “centri di raccolta” menzionati dall’art.183, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 152/2006, come novellato dall’art. 20, comma 23, del d.lgs. n. 4/2008,per la cui disciplina si rinvia ad un emanando decreto del Ministro dell’ambiente, sentita la Conferenza unifi-cata Stato-Regioni. Detto decreto è stato emanato l’8 aprile 2008, e prevede, non diversamente dalla dispo-sizione regionale impugnata, che la disciplina di tali centri non è subordinata al regime autorizzatorio, previ-sto dagli artt. 208 e 216 del d.lgs. n. 152/2006, per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti.Dunque, la disciplina dettata dalle disposizioni regionali risponde soltanto ad esigenze di coordinamentoregionale e non dispone una disciplina dei rifiuti di minor rigore rispetto alla disciplina statale”.

21

a) a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad

evidenza pubblica;

b) a società a capitale misto pubblico-privato nelle quali il socio privato venga scelto attra-

verso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di

rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indiriz-

zo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche 16;

c) a società a capitale interamente pubblico, a condizione che l’ente o gli enti pubbli-

ci titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercita-

to sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con

l’ente o gli enti pubblici che la controllano (cosiddetto affidamento in house) 17.

Le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici, possono introdurre

regole che assicurino concorrenzialità nella gestione dei servizi da esse disciplinati, preve-

dendo criteri di gradualità nella scelta della modalità di conferimento del servizio.

La gara va, pertanto, indetta nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambien-

tali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di set-

tore o, in mancanza di essa, dagli enti locali e va aggiudicata sulla base del migliore livello

di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani

di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rin-

novo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale.

22

16 In attesa della sentenza della Corte di giustizia, sulla compatibilità comunitaria della norma predetta, siriportano le conclusioni dell’avvocato generale 2/6/2009 n. C-196/08, sulle condizioni che devono sussiste-re affinché sia legittima l’attribuzione diretta della gestione integrata del servizio idrico ad una società a capi-tale misto “Gli artt. 43, 49 e 86 del Trattato, la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavo-ri, di forniture e di servizi, e la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/17/CE,che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono ser-vizi di trasporto e servizi postali, non ostano all’affidamento diretto di un servizio pubblico che preveda l’ese-cuzione preventiva di lavori a una società a capitale misto costituita specificamente per tale fine, sempre chericorrano le seguenti circostanze:- che la società mantenga detto oggetto sociale esclusivo durante tutta la sua esistenza;- che il socio privato sia scelto mediante procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei requisiti finanzia-ri, tecnici, operativi e di gestione, nonché delle caratteristiche della sua offerta, relativamente al servizio chedeve essere erogato;- che il socio privato assuma, come partner industriale, l’esecuzione del servizio e dei lavori; e- che la gara rispetti i principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parità di trattamento imposti dal dirit-to comunitario per le concessioni e, se del caso, le regole della pubblicità e di aggiudicazione previste per gliappalti pubblici.17 Ai fini della legittimità dell’affidamento in house di servizi pubblici è necessario che la società in house agi-sca come un vero e proprio organo dell’amministrazione “dal punto di vista sostantivo” (in ragione del control-lo analogo a quello esercitato sui propri servizi dall’amministrazione aggiudicatrice e della destinazione pre-valente dell’attività dell’ente in house in favore dell’amministrazione stessa), e solo a tali condizioni può esse-re affidataria diretta del servizio pubblico. Inoltre, la Corte di Giustizia ha posto quale condizione della legitti-mità dell’affidamento diretto, tra l’altro, la mancanza di soci privati nella compagine societaria.

Tali elementi debbono far parte integrante del contratto di servizio e, comunque, devo-

no essere previsti in sede di atto di indizione della procedura con specificazione dei pun-

teggi e sub punteggi da attribuire alle voci oggetto di valutazione.

Non essendovi una disciplina sulla tipologia di impianti da realizzare, legittimamen-

te si può fare riferimento all’adozione, per tutti gli impianti del sistema, di tecnologie

ampiamente diffuse e sperimentate, disponibili al momento della presentazione dell’offer-

ta, conformi alle migliori tecniche disponibili (Best Available Techniques, BAT), costituen-

ti lo stato dell’arte in materia (IPPC, 2006. Reference Document on the Best Available

Techniques for Waste Incineration e D.Lgs n. 133 dell’11 maggio 2005, Attuazione della

direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento di rifiuti, G.U. n. 163 del 15 luglio 2005,

Suppl. Ordinario n. 122) 18.

Con riguardo alla qualificazione del rapporto di costruzione e gestione di impianti di

termovalorizzazione dei rifiuti, la Corte giustizia CE, con la sentenza sez. II, 18 luglio 2007,

n. 382, ha affermato che devono essere qualificate come appalti di servizi, come tali sog-

getti alla direttiva 92/50/CE, le convenzioni pubbliche relative al trattamento di rifiuti urbani

e stipulate tra le imprese aggiudicatrici e il Commissario governativo Straordinario per l’e-

mergenza rifiuti in Sicilia.

Ciò in quanto:

- le modalità di remunerazione previste dalle convenzioni controverse non rientrano

nel diritto di gestire i servizi:

- né implicano l’assunzione, da parte dell’operatore, del rischio legato a tale gestione.

Sulla base della disciplina negoziale, l’operatore risulta, infatti, remunerato mediante

una tariffa fissa conferitagli per tonnellata di rifiuti; a ciò va aggiunto che l’amministrazione

affidante s’impegna a far sì che tutti i soggetti pubblici interessati conferiscano all’operato-

re l’integralità della loro frazione residua di rifiuti in modo che un quantitativo annuo minimo

di rifiuti sia ad esso conferito.

Le convenzioni prevedono, inoltre, l’adeguamento dell’importo della tariffa nell’ipotesi

18 Correttamente nei disciplinari si inserisce la clausola per cui “l’Operatore proponente ha l’onere diacquisire ogni informazione necessaria alla formulazione dell’offerta economica ed alla predisposizionedel Piano finanziario, ogni informazione relativa al dimensionamento termico dell’impianto di termovalo-rizzazione, alla resa dello stesso in termini di recupero di calore e di produzione di energia elettrica, infor-mazioni tutte connesse al quantitativo della frazione residuale a valle della raccolta differenziata e dellasua componente secca, nonché alle caratteristiche qualitative della stessa in termini di potere calorificoinferiore utile, per cui lo stesso è tenuto a valutare e tenere in debito conto che tali valori sono variabilinel tempo in funzione: di come progredirà e di come si svilupperà la raccolta differenziata; di come simodificherà nel tempo la produzione di rifiuti; di come evolverà nel tempo la composizione merceologicadei rifiuti.

23

in cui la quantità annua effettiva di rifiuti conferiti sia minore del 95% o maggiore del 115%

rispetto alla quantità minima garantita 19.

Nella sentenza si legge “la questione se le convenzioni controverse debbano o meno

essere qualificate come concessioni di servizi va valutata esclusivamente alla luce del dirit-

to comunitario. A tal proposito occorre rilevare, da un lato, che dette convenzioni prevedo-

no il versamento, da parte del Commissario delegato all’operatore, di una tariffa il cui impor-

to è fissato in euro per tonnellata di rifiuti conferita a quest’ultimo dai comuni interessati.

Orbene, come statuito in precedenza dalla Corte, dalla definizione di cui all’art. 1, lett. a),

della direttiva 92/50/CE discende che un appalto pubblico di servizi ai sensi di tale direttiva

comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al

prestatore di servizi (citata sentenza Parking Brixen, punto 39). Ne consegue che una tarif-

fa del tipo di quella prevista dalle convenzioni controverse può caratterizzare un contratto

a titolo oneroso ai sensi dell’art. 1, lett. a), e quindi un appalto pubblico (v., per quanto

riguarda il pagamento di un importo fisso per ogni bidone o cassonetto da parte di un comu-

ne ad una società incaricata in via esclusiva della raccolta e del trattamento di rifiuti, sen-

tenza 10 novembre 2005, causa C-29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I-9705, punti 8

e 32). D’altra parte, dalla giurisprudenza della Corte emerge che si è in presenza di una

concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel

diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assu-

ma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (v. sentenza 7 dicembre 2000,

causa C-324/98, Telaustria e Telefonadress, Racc. pag. I-10745, punto 58, e ordinanza 30

maggio 2002, causa C-358/00, Buchhändler-Vereinigung, Racc. pag. I-4685, punti 27-28,

Brixen, citata, punto 40). Orbene, a tal proposito è giocoforza constatare che le modalità di

remunerazione previste dalle convenzioni controverse non rientrano nel diritto di gestire i

servizi di cui trattasi, né implicano l’assunzione, da parte dell’operatore, del rischio legato a

tale gestione. Infatti, non solo detto operatore risulta, in sostanza, remunerato dal

Commissario delegato mediante una tariffa fissa conferitagli per tonnellata di rifiuti, come

24

19 In data 18 luglio 2007, la Corte di giustizia delle Comunità Europee ha pronunciato la sentenza in meritoal ricorso per inadempimento ai sensi dell’Art. 226 CE, proposto il 20 ottobre 2005 dalla Commissione delleComunità Europee contro lo Stato italiano.Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità Europee aveva chiesto alla Corte di giustizia di dichiarare che,dato che la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la protezione civile - Ufficio del Commissariodelegato per l’emergenza rifiuti in Sicilia aveva indetto la procedura per la stipula di Convenzioni per l’utilizzo dellafrazione residua dei rifiuti solidi urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotto nei comuni della RegioneSiciliana ed aveva concluso le dette Convenzioni senza applicare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, comemodificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre 2001, 2001/78/CE e, in particolare, senza la pubblica-zione dell’apposito bando di gara sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, lo Stato italiano è venuto menoagli obblighi ad essa incombenti, in forza della predetta direttiva e, in particolare, dei suoi Artt. 11, 15 e 17.

ricordato al punto 32 della presente sentenza, ma risulta assodato che, in forza delle con-

venzioni controverse, il Commissario delegato s’impegna, da una parte, a far sì che tutti i

comuni interessati conferiscano all’operatore l’integralità della loro frazione residua di rifiu-

ti e, dall’altra, a far sì che un quantitativo annuo minimo di rifiuti sia conferito a quest’ultimo.

Tali convenzioni prevedono inoltre l’adeguamento dell’importo della tariffa nell’ipotesi in cui

la quantità annua effettiva di rifiuti conferiti sia minore del 95% o maggiore del 115% rispet-

to alla suddetta quantità minima garantita, ciò al fine di garantire l’equilibrio finanziario ed

economico dell’operatore. Esse prevedono altresì che l’importo della tariffa sia annualmen-

te rivalutato in relazione all’andamento dei costi relativi al personale, ai materiali di consu-

mo e alle manutenzioni, nonché in relazione ad un indicatore finanziario. Queste stesse

convenzioni prevedono, inoltre, che la tariffa sia rinegoziata qualora, per conformarsi ad un

mutamento del quadro normativo, l’operatore debba affrontare investimenti eccedenti un

certo livello. Sulla scorta di quanto precede, le convenzioni controverse devono essere con-

siderate come appalti pubblici di servizi soggetti alla direttiva 92/50/CE e non come conces-

sioni di servizi da essa esclusi.

Peraltro, nessuno degli argomenti addotti dal governo italiano per contestare tale qua-

lificazione risulta convincente.

Anzitutto, per quanto riguarda la circostanza che gli operatori sono in grado, oltre alla

riscossione della tariffa pattuita, di beneficiare di proventi finanziari derivanti dalla rivendita

dell’energia elettrica prodotta a seguito della termovalorizzazione dei rifiuti, giova ricordare

che l’art. 1, lett. a), della direttiva 92/50/CE, il quale definisce la nozione di appalto pubbli-

co, parla di un “contratto a titolo oneroso” e che l’onerosità di un contratto si riferisce alla

controprestazione offerta al prestatore a motivo della prestazione di servizi prevista dall’am-

ministrazione aggiudicatrice (v., in tal senso, citata sentenza Auroux e a., punto 45).

Nella fattispecie, è evidente che la controprestazione ottenuta dall’operatore a fronte

della prestazione di servizi prevista dal Commissario delegato, ossia il trattamento dei rifiu-

ti conferiti con recupero di energia, consiste essenzialmente nel pagamento, da parte del

Commissario delegato, dell’importo della tariffa.

Anche supponendo che il prodotto della vendita di energia elettrica possa essere

parimenti interpretato come corrispettivo dei servizi previsti dal Commissario delegato,

in particolare, in ragione del fatto che nelle convenzioni controverse quest’ultimo si

impegna ad agevolare tale vendita presso terzi, la sola circostanza che l’operatore, oltre

alla remunerazione percepita a titolo oneroso dal detto Commissario delegato, sia così

in grado di ricavare accessoriamente determinati proventi da terzi come corrispettivo

della sua prestazione di servizi non può essere sufficiente a privare le convenzioni con-

25

troverse della loro qualifica di appalti pubblici (v., per analogia, sentenza Auroux e a.,

citata, punto 45).

Neppure la lunga durata delle convenzioni controverse e il fatto che la loro esecuzione

sia accompagnata da rilevanti investimenti iniziali a carico dell’operatore costituiscono poi cir-

costanze determinanti ai fini della qualificazione di siffatte convenzioni, giacché tali caratteri-

stiche possono riscontrarsi tanto negli appalti pubblici quanto nelle concessioni di servizi.

Lo stesso vale per il fatto che il trattamento di rifiuti rientra nell’interesse generale. A tal

proposito occorre d’altronde ricordare che, come emerge dall’allegato I A della direttiva

92/50/CE, tra i “servizi a norma dell’art. 8”, ai quali si può applicare la direttiva, figura la cate-

goria dei servizi di “eliminazione di scarichi di fogna e di rifiuti; disinfestazione e servizi analo-

ghi”, rispetto alla quale la Corte ha in precedenza stabilito che essa ricomprende i servizi di rac-

colta e di trattamento dei rifiuti (v., in tal senso, citata sentenza Commissione/Austria, punto 32).

Infine, neppure la circostanza che le prestazioni erogate dall’operatore siano eventual-

mente tali da richiedere, da parte di quest’ultimo, una notevole autonomia esecutiva risulta

determinante per la qualificazione del contratto come appalto pubblico ovvero come con-

cessione di servizi.

Poiché le convenzioni controverse danno luogo ad appalti pubblici di servizi ai sensi

dell’art. 1, lett. a), della direttiva 92/50/CE, la loro aggiudicazione poteva intervenire soltan-

to in osservanza delle disposizioni della predetta direttiva, in particolare dei suoi artt. 11, 15

e 17. Orbene, in forza di queste ultime l’amministrazione aggiudicatrice interessata era

tenuta a pubblicare un avviso di bando di gara d’appalto conforme al modello previsto dal-

l’allegato III della suddetta direttiva, cosa che essa non ha fatto.

Ne consegue che il ricorso della Commissione dev’essere accolto e che occorre

dichiarare che, dato che la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la pro-

tezione civile - Ufficio del Commissario delegato per l’emergenza rifiuti e la tutela delle

acque in Sicilia, ha indetto la procedura per la stipula delle convenzioni per l’utilizzo della

frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nei comuni

della Regione Siciliana e ha concluso le dette convenzioni senza applicare le procedure

previste dalla direttiva 92/50/CE e, in particolare, senza la pubblicazione dell’apposito

bando di gara d’appalto nella Gazzetta ufficiale della Comunità europea, la Repubblica ita-

liana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della predetta direttiva e, in

particolare, dei suoi artt. 11, 15 e 17”.

Detti principi troveranno applicazione sino a quando lo smaltimento dei rifiuti, tramite

incenerimento, non garantisca un equilibrio economico che prescinda da un prezzo di trat-

tamento corrisposto dall’Amministrazione che attribuisce il servizio.

26

Nel momento in cui la tecnologia lo consentirà, permettendo la realizzazione di

impianti in grado di ottenere un recupero energetico sufficiente a coprire i costi ed a garan-

tire un utile, si potrà qualificare la prestazione ed il rapporto che lo sottende, ai sensi del-

l’art. 3 del D.L.vo n. 163/2006,”concessione dei servizi” e cioè “contratto che presenta le

stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corri-

spettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale

diritto accompagnato da un prezzo, in conformità all’articolo 30”.

Va rilevato, infatti, che la materia è attualmente disciplinata anche dall’art. 30 del Codice

dei contratti pubblici, allorquando la controprestazione a favore del concessionario consiste

unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio.

Il soggetto concedente può stabilire in sede di gara anche un prezzo, qualora al con-

cessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli cor-

rispondenti alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa, ovvero qua-

lora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell’equilibrio economi-

co-finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del ser-

vizio da prestare.

Per l’affidamento della gestione del servizio trovano applicazione i principi del Trattato

istitutivo della Unione europea ed, in particolare, quelli di trasparenza, adeguata pubblicità,

non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità.

Va, pertanto, preliminarmente celebrata una gara informale con almeno cinque

concorrenti.

Restano salve la possibilità di affidamenti in house, purché conformi ai principi del-

l’ordinamento comunitario, e le discipline specifiche che prevedono, in luogo delle conces-

sioni di servizi a terzi, l’affidamento di servizi a soggetti che sono a loro volta amministra-

zioni aggiudicatrici.

E’, ovviamente, di carattere generale il ricorso alle procedure di cui al codice dei con-

tratti pubblici (decreto legislativo numero 163/2006, con l’autorizzazione di due tipologie

di affidamento:

- o qualificando le prestazioni come appalto di servizi, privilegiando l’aspetto relativo

alla gestione del servizio di termovalorizzazione;

- ovvero affidando la realizzazione dell’opera anche attraverso gli istituti della finanza

di progetto o dell’appalto di opera pubblica, facendo seguire l’affidamento del servizio (sem-

pre con gara ad evidenza pubblica).

Con una recentissima sentenza la Corte di giustizia europea (Grande Sezione,

9/6/2009 n. C-480/06) ha ritenuto legittimo il contratto concluso direttamente tra le circoscri-

27

zioni amministrative e i servizi per la nettezza urbana di Amburgo trattandosi di una coope-

razione tra enti locali finalizzata a garantire lo smaltimento di rifiuti.

Il contratto controverso costituiva “tanto il fondamento quanto il quadro giuridico

per la costruzione e la gestione futura di un impianto destinato all’espletamento di un

servizio pubblico, ossia la termovalorizzazione dei rifiuti. Detto contratto è stato stipula-

to soltanto da autorità pubbliche senza la partecipazione di una parte privata e non pre-

vede né pregiudica l’aggiudicazione degli appalti eventualmente necessari per la costru-

zione e la gestione dell’impianto di trattamento dei rifiuti”.

La Corte ha ricordato, in particolare, che “un’autorità pubblica può adempiere ai compi-

ti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti senza essere obbliga-

ta a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi e che può farlo altresì in

collaborazione con altre autorità pubbliche (v. sentenza Coditel Brabant, cit., punti 48 e 49)”.

Conclude la Corte comunitaria “che il diritto comunitario non impone in alcun modo

alle autorità pubbliche di ricorrere ad una particolare forma giuridica per assicurare in comu-

ne le loro funzioni di servizio pubblico. Dall’altra, una cooperazione del genere tra autorità

pubbliche non può rimettere in questione l’obiettivo principale delle norme comunitarie in

materia di appalti pubblici, vale a dire la libera circolazione dei servizi e l’apertura alla con-

correnza non falsata in tutti gli Stati membri, poiché l’attuazione di tale cooperazione è retta

unicamente da considerazioni e prescrizioni connesse al perseguimento di obiettivi d’inte-

resse pubblico e poiché viene salvaguardato il principio della parità di trattamento degli inte-

ressati di cui alla direttiva 92/50/CE, cosicché nessuna impresa privata viene posta in una

situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti (v., in tal senso, sentenza Stadt Halle e

RPL Lochau, cit., punti 50 e 51)”.

6. Il procedimento di autorizzazione

Con riguardo alla procedura di autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimen-

to e di recupero dei rifiuti, l’articolo 208 del decreto legislativo numero 152/2006 ha previ-

sto che i soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recu-

pero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla Regione compe-

tente per territorio, allegando il progetto definitivo dell’impianto e la documentazione tecni-

ca prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia

urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica.

Ove l’impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto

ambientale, ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunica-

zione del progetto all’autorità competente ai predetti fini; i termini di definizione della proce-

28

dura di rilascio dell’autorizzazione restano sospesi fino all’acquisizione della pronuncia sulla

compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del decreto l.vo n. 152/2006.

Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la Regione individua

il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi cui partecipano:

- i responsabili degli uffici regionali competenti;

- i rappresentanti delle Autorità d’ambito;

- i rappresentanti degli enti locali interessati;

- il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante (ma soltanto al fine di acqui-

sire documenti, informazioni e chiarimenti e quindi senza funzioni deliberative).

La documentazione allegata alla domanda di autorizzazione è inviata ai componenti

della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la riunione.

In caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una ade-

guata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso

della conferenza.

Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:

a) procede alla valutazione dei progetti;

b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esi-

genze ambientali e territoriali;

c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità

ambientale;

d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla Regione.

Sebbene non previsto nella normativa specifica del codice ambiente, non vi sono moti-

vi per non ritenere applicabile l’art. 14-bis della legge numero 241/1990 che disciplina la con-

ferenza di servizi preliminare o istruttoria, che viene prevista soprattutto riguardo all’appro-

vazione dei progetti di opere pubbliche o di insediamenti produttivi di particolare rilevanza.

In tal caso, infatti, la conferenza di servizi può essere convocata per progetti di parti-

colare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell’in-

teressato, documentata, in assenza di un progetto preliminare, da uno studio di fattibilità,

prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi.

La finalità della conferenza preliminare è quella di verificare quali sono le condizioni

per ottenere, alla presentazione di progetti e/o proposte, i necessari atti di consenso.

La conferenza preliminare è tenuta a pronunciarsi entro trenta giorni dalla data della

richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente.

La conferenza di servizi in tal caso non assume decisioni definitive ma si esprime sul

progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto

29

definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nullaosta e gli

assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente.

In tale sede, in particolare, le amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sen-

sibili si pronunciano, per quanto riguarda l’interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni

progettuali prescelte.

Sono interessi sensibili la tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio

storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità.

Qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi

comunque preclusivi della realizzazione del progetto, le suddette amministrazioni indicano,

entro quarantacinque giorni, le condizioni e gli elementi necessari per ottenere, in sede di

presentazione del progetto definitivo, gli atti di consenso.

In particolare qualora sia richiesta VIA, la conferenza di servizi si esprime entro tren-

ta giorni dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio

d’impatto ambientale, secondo quanto previsto in materia di VIA.

Nell’ambito di tale conferenza, l’autorità competente alla VIA si esprime sulle condizio-

ni per la elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale.

In tale fase, che costituisce parte integrante della procedura di VIA, la suddetta auto-

rità esamina le principali alternative, compresa l’alternativa zero, e, sulla base della docu-

mentazione disponibile, verifica l’esistenza di eventuali elementi di incompatibilità, anche

con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto e, qualora tali elementi non sussi-

stano, indica nell’ambito della conferenza di servizi le condizioni per ottenere, in sede di

presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso.

Soltanto qualora il dissenso sia espresso in sede di conferenza preliminare da una

amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio

storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, con riferimento alle opere interre-

gionali, lo stesso assume il rilievo di atto decisorio negativo che legittima l’applicazione della

procedura per il superamento dei dissensi previsto dall’articolo 14 quater.

Negli altri casi la conferenza di servizi si esprime allo stato degli atti a sua disposizio-

ne e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integra-

te solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento,

anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto definitivo.

Detta disposizione coniuga la natura di conferenza non decisoria della preliminare con

la finalizzazione ad una esigenza di reale accelerazione dei tempi di decisione, impedendo

“ripensamenti” non motivati da effettive esigenze sopravvenute.

Deve ritenersi, inoltre, applicabile l’art. 14 ter della legge numero 241/1990.

30

Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver

acquisito la valutazione medesima ed il termine di cui al comma 3 (novanta giorni) resta

sospeso, per un massimo di ulteriori novanta giorni, fino all’acquisizione della pronuncia

sulla compatibilità ambientale.

Se la VIA non interviene nel termine previsto per l’adozione del relativo provvedimen-

to, l’amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si con-

clude nei trenta giorni successivi al termine predetto 20.

La localizzazione realizzazione dei termovalorizzatori è soggetta a valutazione di

impatto ambientale.

Con D.P.R. 12 aprile 1996, recante “Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione

dell’art. 40, comma 1, della L. 22 febbraio 1994, n. 146...” (D.P.R. ora abrogato dall’art. 48,

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, con la decorrenza indicata nell’art. 52 dello stesso decreto)

sono state emanate le disposizioni in materia di impatto ambientale di cui all’art. 40 della

citata L. 22 febbraio 1994, n. 146.

L’art. 1, comma 3, dispone che “Sono assoggettati alla procedura di valutazione d’im-

patto ambientale i progetti di cui all’allegato A”.

All’allegato A, tra le tipologie progettuali di cui all’art. 1, comma 3, troviamo indicati:

- “i) Impianti di incenerimento e di trattamento di rifiuti con capacità superiore a 100

t/giorno”.

- “l) Stazioni di trasferimento di rifiuti con capacità superiore a 200 t/giorno”.

- “m) Discariche di rifiuti urbani ed assimilabili con una capacità superiore a 100.000 mc”.

20 Ai sensi dell’art. 3, D.P.R. 18 aprile 1994 n. 383, qualora la localizzazione di opere di interesse statale nonsia conforme agli strumenti urbanistici vigenti, è convocata una conferenza dei servizi con la partecipazionedella Regione, dei comuni interessati e delle amministrazioni statali o degli enti tenuti ad adottare atti di inte-sa o a rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni e nulla osta e la decisione della conferenza all’unanimitàsostituisce a tutti gli effetti i siffatti atti di intesa, i pareri e le concessioni (Consiglio Stato, sez. IV, 24 febbraio2000, n. 1002). Costituisce del pari approdo consolidato in giurisprudenza (ed ulteriore positivo riscontro allatesi sostenuta in parte qua dalle amministrazioni appellanti principali) quello secondo il quale, “Le norme sullaconferenza dei servizi, contenute negli art. 14 e ss., l. n. 241/1990 (come modificati dalla l. n. 127/1997), nonpossono essere applicate al procedimento di localizzazione delle opere pubbliche statali in deroga agli stru-menti urbanistici di cui all’art. 81, D.P.R. n. 616/1977 ed al D.P.R. n. 383/1994, in quanto la conferenza devesempre muoversi nel rispetto della normativa vigente non essendo ad essa conferito alcun potere di derogarispetto ad atti amministrativi generali efficaci; in altri termini, lo spazio all’interno del quale si muove la con-ferenza non è quello della deroga, ma quello della composizione delle discrezionalità amministrative e deipoteri spettanti alle amministrazioni partecipanti, ponendosi come momento di confluenza delle volontà dellesingole amministrazioni, nel rispetto dell’ordinamento normativo e amministrativo vigente: da ciò consegueche laddove l’art. 17, comma 11, l. n. 127/1997 afferma l’applicabilità della nuova normativa alle altre confe-renze di servizi previste dalle leggi vigenti, tale rinvio sia limitato alle leggi che configurano la conferenza deiservizi come strumento di composizione delle diverse volontà e non come strumento di deroga alla normati-va o alla pianificazione vigenti. Consiglio Stato, sez. I, 5 novembre 1997, n. 1622; 18 marzo 2008 n. 1109.

31

- “n) Discariche di rifiuti speciali, ad esclusione delle discariche per inerti con capacità

sino a 100.000 mc”.

- “o) Centri di stoccaggio provvisorio dei rifiuti speciali con potenzialità superiore a

150.000 mc”.

L’art. 1 comma 8 del predetto D.P.R. dispone altresì che “Sono esclusi dalla procedura

gli interventi disposti in via d’urgenza, ai sensi delle norme vigenti, sia per salvaguardare l’in-

columità delle persone da un pericolo imminente, sia in seguito a calamità per le quali sia stato

dichiarato lo stato d’emergenza ai sensi dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225” 21.

Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la

VIA, le disposizioni di cui al comma 3 dell’art. 14 quater si applicano alle sole amministrazio-

ni preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumi.

Con riguardo alla natura dei termini previsti dalla normativa sulla conferenza di servi-

zi, il Consiglio di Stato (sez. IV, n. 6714/2004) ha ritenuto che il termine per ottenere i prov-

vedimenti di competenza delle amministrazioni interessate in seno alla conferenza di servi-

zi non deve considerarsi, di regola, perentorio.

A sostegno della non perentorietà di tale termine si osserva, da un lato che, secondo l’o-

rientamento della giurisprudenza, tale natura deve essere espressamente prevista dalla sin-

gola disposizione; dall’altro lato che, in assenza di specifica previsione in tal senso, i termini

per l’esplicazione di potestà pubbliche hanno, di regola, carattere meramente sollecitatorio.

All’esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine per la conclusio-

ne dei lavori da parte della conferenza di servizi, l’amministrazione procedente adotta la

determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze

della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede.

Si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione il cui rappresentante non abbia

espresso definitivamente la volontà dell’amministrazione rappresentata.

In sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponen-

ti dell’istanza o ai progettisti, chiarimenti o ulteriore documentazione e se questi ultimi non sono

forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all’esame del provvedimento.

32

21 Con riguardo alla procedura di V.I.A. riferita alla realizzazione di termovalorizzatori si è ritenuto che la realiz-zazione di nuovi impianti di smaltimento o recupero di rifiuti, anche pericolosi, è demandata alla Regione cui spet-ta, tramite la persona del responsabile, esaminare il progetto definitivo dell’impianto ed acquisire la valutazioned’impatto ambientale, ove necessaria, e indire la conferenza dei servizi cui partecipano i responsabili degli ufficiregionali competenti e i rappresentanti degli enti locali interessati; segue da ciò che l’approvazione regionale delprogetto e l’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto, una volta esaurita l’istruttoria tecnica ed espletata laconferenza dei servizi, sostituisce ogni altro provvedimento di competenza di organi regionali, provinciali e comu-nali e costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale, oltre a comportare la dichiarazionedi pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori Consiglio Stato, sez. V, 28 novembre 2008, n. 5910.

Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva sostituisce, a tutti gli

effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denomina-

to di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma

risultate assenti, alla predetta conferenza (comma 9).

Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del

proponente, unitamente all’estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel

Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale e

dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali

impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati (detta norma è di

matrice comunitaria).

Quanto alla rappresentanza dell’amministrazione coinvolta, il comma 6 stabilisce che

un unico rappresentante legittimato dall’organo competente esprime la volontà dell’ammi-

nistrazione in modo vincolante per la stessa su tutte le decisioni che le competono.

Dal momento della nomina, pertanto, la volontà dell’amministrazione, in ogni fase,

viene manifestata dal rappresentante debitamente legittimato dall’organo competente, e ciò

in omaggio alla generale costruzione secondo la quale la conferenza non introduce elemen-

ti di novità rispetto all’organizzazione delle singole amministrazioni.

La conferenza di servizi, in quanto modulo essenzialmente di semplificazione proce-

dimentale, non altera, di regola, il quadro dei poteri e delle competenze delle amministra-

zioni partecipanti.

Tale assunto trae origine, ancora più a monte, dallo stesso orientamento del Consiglio

di Stato che, in sede consultiva (parere n. 1622/1997), già si pronunciò nel senso che l’isti-

tuto della conferenza di servizi non muta l’assetto normativo vigente, muovendosi anzi nel

pieno rispetto dello stesso.

Se ne dovrebbe concludere che, in generale, restando inalterata la vigente normativa,

dovrebbe mantenersi altrettanto immutato il quadro delle competenze, non solo esterne

(quelle cioè istituzionalmente attribuite all’amministrazione), ma anche quelle interne, ossia

relative alla distribuzione dei diversi poteri nel piano organizzativo dell’amministrazione.

Pertanto, se attributario di una certa funzione è l’organo dirigenziale, unico legitti-

mato a partecipare con pieni poteri alla conferenza sarà lo stesso dirigente della struttu-

ra competente (senza che occorra ovviamente un atto di delega), oppure un funzionario

da lui delegato.

Se, invece, si tratti di poteri riservati alla sfera di indirizzo politico (si pensi ancora agli

interventi di pianificazione, all’interno dei quali la conferenza è concepita al fine di apporta-

re varianti agli strumenti urbanistici), competente a partecipare non potrà che essere un

33

componente, vertice compreso, dell’organo collegiale di governo (giunta regionale, provin-

ciale o comunale), purché abbia ricevuto una specifica delega in tal senso da parte della

istituzione da lui rappresentata 22.

Pertanto le disposizioni sull’accordo di programma non sono applicabili - per analo-

gia - alla conferenza di servizi: mentre il primo si caratterizza per il livello di alta pianifica-

zione, e dunque in grado di incidere sul quadro normativo esistente), la conferenza di ser-

vizi si muove maggiormente sul piano degli specifici interventi, nel rispetto del quadro nor-

mativo vigente 23.

Con riguardo alle problematiche relative alle fasi conclusive della conferenza di servi-

zi va rilevato che il provvedimento conclusivo conforme all’esito della conferenza assorbe

tutti gli assensi comunque denominati (di pertinenza delle amministrazioni partecipanti o

comunque invitate a partecipare) ed è dichiarativo pur sé non in assoluto, rispetto alla

determinazione adottata dalla conferenza.

E’ dubbia la natura, costitutiva o più semplicemente dichiarativa del provvedimento

finale rispetto alla determinazione conclusiva, in quanto la necessità di un provvedimento si

giustifica soprattutto in termini di effetti costitutivi, in quanto è con l’emanazione dell’atto che

si producono gli effetti giuridici tipici derivanti dalla conclusione del procedimento, per cui

laddove la determinazione conclusiva condiziona il profilo sostanziale dell’esercizio del

potere amministrativo, la presenza dell’atto unilaterale appare indispensabile ai fini della

produzione degli effetti giuridici.

Particolarmente interessante è la recente decisione del Consiglio di Stato che ha rico-

struito nei termini seguenti la problematica del rapporto tra conferenza di servizi ed atto

conclusivo secondo la quale “appare condivisibile l’orientamento secondo cui, anche all’in-

34

22 Con riguardo alla adozione di una variante agli strumenti urbanistici, il Consiglio di Stato, con decisione n.4780/2004 della quinta sezione, affronta il tema dei poteri e dei limiti connessi alla partecipazione del sindaco,che deve esprimersi all’interno della conferenza, ratione materiae, sui profili urbanistici, con riguardo al conte-nuto dell’art. 27, comma 5, della L. n. 142/1990 (ora art. 34 del D.Lgs. n. 267/2000), considerato che la parte-cipazione del Sindaco alla conferenza di servizi deve considerarsi inefficace, in assenza di ratifica del Consigliocomunale, in quanto si va ad incidere sulla destinazione urbanistica dell’area interessata dall’intervento.Il rilievo trae argomento dal dato che, in base all’art. 27, comma 5, del D.Lgs. n. 22/1997, l’approvazione delprogetto di discarica costituisce, ove occorre, variante allo strumento urbanistico comunale.Il Consiglio di Stato ha ritenuto che la norma invocata del TUEL non può trovare applicazione al caso di spe-cie (conferenza di servizi) dal momento che la disposizione secondo cui “ove l’accordo comporti variazionedegli strumenti urbanistici, l’adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunaleentro trenta giorni a pena di decadenza, si riferisce più propriamente all’accordo di programma, contemplatodalla norma stessa, il quale consiste nel consenso unanime delle amministrazioni statali e locali e degli altrisoggetti pubblici interessati, ma non può estendersi alla differente ipotesi della conferenza dei servizi, previ-sta in tema di approvazione di progetti di discarica, diretta all’acquisizione contestuale e coordinata della plu-ralità di interessi incisi, nell’ambito di un provvedimento di amministrazione attiva di esclusiva attribuzioneregionale, senza che possano assumere efficacia vincolante e preclusiva gli eventuali dissensi”. 23 Cfr. Cons. Stato, parere n. 1622/1997.

domani della riforma del 2005, la scelta di mantenere sostanzialmente inalterata la richia-

mata struttura bifasica testimoni dell’architettura che il legislatore ha inteso far propria nel

fissare le regole di funzionamento dell’istituto della Conferenza di servizi e che si compen-

dia nella necessità che, all’esito dei lavori della Conferenza di servizi decisoria, sopraggiun-

ga pur sempre un provvedimento conclusivo (del quale la Conferenza rappresenta solo un

passaggio procedurale) avente la veste di atto adottato, in via ordinaria, da un organo

monocratico dell’Amministrazione procedente” 24.

Eventuali modificazioni o integrazioni della determinazione conclusiva del procedi-

mento potrebbero unicamente discendere “da una nuova convocazione, riunione o delibe-

razione da parte della conferenza medesima”, per cui occorrerebbe agire in via di autotute-

la, secondo il principio del contrarius actus, che impone come noto di ripercorrere la stes-

sa procedura adottata per l’atto che si vuole rimuovere o modificare 25.

Le procedure di cui sopra si applicano anche per la realizzazione di varianti sostan-

ziali in corso d’opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli

impianti non sono più conformi all’autorizzazione rilasciata.

Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza di servizi e sulla

base delle risultanze della stessa, la Regione, in caso di valutazione positiva, approva il

progetto e autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto.

L’approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessio-

ni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo stru-

24 Consiglio di Stato, sez. VI, 11 novembre 2008 n. 5620.25 Recentemente il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, decisione 9 dicembre 2008 n.1005, ha ritenuto che il principio di obbligatorietà della conferenza di servizi comporta che ad essa partecipinotutte le amministrazioni interessate; infatti, solo in tale ipotesi, acquista pieno ed effettivo significato il principiodi maggioranza, richiesto in sede di conferenza di servizi, ai sensi dell’art. 14 ter, comma 6-bis, l. n. 241/1990.In base a tale disposizione, “All’esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui alcomma 3, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento,valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quellasede.” “In tal modo, si realizza il perseguimento della fondamentale finalità di valutare e contemperare i diversiinteressi pubblici. Nel contesto normativo predetto tutte le amministrazioni tenute ad adottare le proprie deter-minazioni devono esprimere il proprio avviso in sede di conferenza dei servizi. L’Amministrazione che non hapartecipato o che non si è espressa negativamente non ha il potere di pronunciarsi al di fuori della conferenzadi servizi e dunque il provvedimento adottato eventualmente è illegittimo per incompetenza assoluta. Infatti, perquanto, astrattamente, il potere in questione all’Amministrazione preposta al ramo, lo stesso deve necessaria-mente essere esercitato all’interno della procedura di cui si è accennato. Fuori della medesima procedura ilpotere non compete assolutamente alla Amministrazione (dissenziente sopravvenutamene), la quale non ha osad loquendum se non nell’ambito della procedura. Fuori di essa, quindi, la Amministrazione si comporta allastregua di un’Autorità amministrativa priva di alcun potere in materia. La conclusione sarebbe nel senso dellanullità dell’atto sopravvenuto ai sensi dell’art. 21 septies della l. n. 241/1990 che disciplina la nullità del provve-dimento, per cui “E’ nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato dadifetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casiespressamente previsti dalla legge”. V. anche T.A.R. Sicilia - Catania, sez. 1^, 10 febbraio 2000 n. 91.

35

mento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibi-

lità dei lavori 26.

L’istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione della doman-

da con il rilascio dell’autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa.

Ove l’autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio del-

l’autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di

cui all’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

In quest’ultima ipotesi, pertanto, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta

del Ministro competente per materia, assegna all’ente inadempiente un congruo termine

per provvedere e, decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il sog-

getto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva.

A detta procedura si potrà derogare (ed in tal caso il Consiglio dei Ministri può adotta-

re il provvedimento di nomina del commissario), su proposta del Presidente del Consiglio

dei Ministri, di concerto con il Ministro competente.

Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed è immediatamen-

te comunicato rispettivamente alla Conferenza Stato-regioni e alla Conferenza Stato-Città

e autonomie locali.

L’autorizzazione è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile.

Quanto alle modifiche sostanziali agli impianti preesistenti si ritiene che è legittimo

il provvedimento con cui la Regione disattende l’istanza di ampliamento delle tipologie

di rifiuti da trattare in un impianto di recupero laddove accerti che - nonostante i rifiuti

trattabili oggetto della richiesta appartengano alla stessa categoria dei rifiuti speciali

indicati nell’originario provvedimento autorizzatorio - le trasformazioni proposte dall’inte-

ressata determinerebbero una sostanziale modifica alla logica funzionale dell’impianto

rendendone necessaria l’autorizzazione “ex novo” quale impianto di smaltimento e non

più di recupero 27.

36

26 Il T.A.R. Sicilia, Sez. staccata di Catania, con ordinanza n. 1549 del 20 ott. 2005 ha sospeso l’efficacia dellavalutazione d di compatibilità ambientale espresso dal CDERS per un termovalorizzatore, rilevando, tra l’al-tro che è “illegittima la conferenza dei servizi, indetta ai sensi dell’art. 27, d.lgs. n. 22/1997 per l’autorizzazio-ne e la gestione di un impianto di smaltimento di rifiuti speciali, nel caso in cui non siano stati convocati tutti icomuni limitrofi e confinanti con il territorio del Comune sede della discarica (Consiglio di Stato, sez. V, 28maggio 2004, n. 3451) in quanto gli “enti locali interessati” di cui all’art. 27, d.lgs. cit. sono quelli i cui interes-si vengono coinvolti dalla decisione della Regione e quindi, non solo quelli nel cui territorio viene ubicato l’im-pianto, ma anche quelli la cui popolazione potrebbe subire danni dall’attuazione delle scelte delle aree inte-ressate (T.A.R Lombardia Brescia, 19 settembre 2000, n. 696)”.27 Consiglio Stato, sez. V, 31 agosto 2007, n. 4531.

7. La disciplina degli incentivi economici alla realizzazione dei termovalorizzatori

In Italia, i costi dello smaltimento dei rifiuti tramite incenerimento sono stati indiretta-

mente sostenuti dallo Stato sotto la forma di incentivi alla produzione di energia elettrica:

infatti questa modalità di produzione era considerata (sebbene con dubbia compatibilità con

le normative europee in materia), come da fonte rinnovabile (o assimilata) alla stregua, per-

tanto, di idroelettrico, solare, eolico e geotermico.

Le modalità di finanziamento sono due, correlate ma diverse ed alternative:

- pagamento maggiorato dell’elettricità prodotta per 8 anni (incentivi cosiddetti CIP 6) 28;

28 Il CIP6 è una delibera del Comitato Interministeriale Prezzi adottata il 29 aprile 1992 (pubblicata sullaGazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 1992) a seguito della legge n. 9/1991, con cui sono stabiliti prezziincentivati per l’energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili ed “assimilate”.La dizione “assimilate” fu aggiunta alla previsione originaria in sede di approvazione del provvedimento perincludere fonti di vario tipo, non previste espressamente dalla normativa europea in materia.In conseguenza della delibera “CIP6”, chi produce energia elettrica da fonti rinnovabili o assimilate ha dirittoa rivenderla al Gestore Servizi Elettrici ad un prezzo superiore a quello di mercato.I costi di tale incentivo vengono finanziati mediante un sovrapprezzo del 6-7% del costo dell’energia elettrica,che viene addebitato direttamente ai consumatori finali nel conteggio di tutte le bollette. Il valore dell’incenti-vo CIP6 viene aggiornato trimestralmente ed i valori (in euro/MWh) sono pubblicati sul sito del GSE(http.//www.gse.itf) (Gestore Servizi Elettrici). Per il 2° trimestre 2009 l’importo è pari a 65,87 euro/MWh).La Commissione Europea, in data 20 novembre 2003 (e, cioè, solo unidici anni dopo l’entrata in vigore dellanormativa italiana, quando era già stata largamente applicata e facendo riferimento a una direttiva del 2001,anch’essa decisamente successiva alla deliberazione del 1992), in merito al recepimento della normativacomunitaria in Italia, in riferimento all’inclusione della parte non biodegradabile dei rifiuti quale fonte di ener-gia rinnovabile, si è, tuttavia, così espressa:«La Commissione conferma che, ai sensi della definizione dell’articolo 2, lettera b) della direttiva 2001/77/CEdel Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica pro-dotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, la frazione non biodegradabile dei rifiu-ti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile.La direttiva intende principalmente promuovere un maggiore uso di fonti energetiche rinnovabili nella produ-zione di elettricità ma rum istituisce un regime di sostegno finanziario al riguardo. Entro il mese di ottobre 2005la Commissione presenterà una relazione sui vari regimi di sostegno vigenti negli Stati membri e, se del caso,correderà tale relazione di una proposta di quadro comunitario per l’elaborazione ci regimi di incentivazioneper l’energia prodotta da fonti rinnovabile’’, come ad esempio i «certificati verdi». Per quanto riguarda l’am-missibilità agli incentivi previsti per le fonti di energia rinnovabili, le disposizioni della direttiva 2001/77/CE silimitano a stabilire che il regime di sostegno deve esplicarsi «nel rispetto degli articoli 87 e 88 del trattato». Lanormativa nazionale che annovera i rifiuti non biodegradabili tra le fonti di energia rinnovabili deve pertantoessere conforme alle norme della disciplina comunitaria degli aiuti ci Stato per la tutela dell’ambiente.Risulta chiaro che le disposizioni specifiche della disciplina comunitaria relative agli aiuti destinati alle fonti ener-getiche rinnovabili (punti E. 13 e E.3.3) sono applicabili soltanto alle fonti rinnovabili che rispondono alla defini-zione dell’oracolo 2 della direttiva 2001/77/CE (cfr. punto 6 e nota a piè di pagina 7 della disciplina comunitaria).Le suddette disposizioni non si applicano pertanto agli aiuti per la produzione di energia da rifiuti non biodegra-dabili Tali aiuti possono tuttavia essere conformi a1k disposizioni relative agli aiuti al funzionamento concessiper la gestione dei rifiuti (punto E.3.1 della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente).Gli obiettivi della direttiva 2001/77/CE vanno considerati congiuntamente ai principi stabiliti dalla strategiacomunitaria in materia di gestione dei rifiuti. Le disposizioni nazionali, che prevedono aiuti non differenziati(riguardanti quindi anche la frizione non biodegradabile) per l’incenerimento dei rifiuti, devono mostrare chesono compatibili con il principio della prevenzione della produzione di rifiuti e che non costituiscono un osta-colo al reimpiego e al riciclaggio dei rifiuti stessi.La Commissione esaminerà attentamente le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative messein applicazione dagli Stati membri per conformarsi alla direttiva 2001/77/CE».

37

- riconoscimento di “certificati verdi” che il gestore dell’impianto può rivendere 29.

Il Gestore Servizi Elettrici acquista ad un prezzo maggiorato l’elettricità prodotta dagli

inceneritori, in quanto in Italia è ritenuta “energia assimilata alle rinnovabili”, contrariamen-

te alle disposizioni europee in materia.

Per quanto riguarda gli incentivi CIP 6 (circolare n. 6/1992 del Comitato

Interministeriale Prezzi), chi gestisce l’inceneritore - per otto anni dalla sua costruzione -

può vendere al GSE (la società cui è affidato il compito di assicurare la fornitura di energia

elettrica italiana) la propria produzione elettrica a un costo circa triplo rispetto a quanto può

fare chi produce elettricità usando metano, petrolio o carbone 30.

L’incentivo muove dal presupposto dell’aggiunta all’espressione “energie rinnovabili” il

termine “o assimilate”;

I costi di tali incentivi ricadono sulle bollette degli utenti, che comprendono una tassa

per il sostegno delle fonti rinnovabili 31.

Sempre il CIP 6 prevede, inoltre, che gli impianti incentivati godano di un innalzamen-

to della tariffa riconosciuta dal GSE per compensare eventuali spese aggiuntive per l’attua-

zione del protocollo di Kyoto 32.

I Certificati verdi corrispondono ad una determinata quantità di emissioni di CO2; per cui

se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto un impianto

38

29 Una lettura sistematica e funzionale della normativa induce a ritenere che il divieto di cumulo tra il regimedi incentivazione di cui al provvedimento CIP n. 6/92 ed il regime dei certificati verdi sia totale (T.A.R. LazioRoma, sez. III, 20 febbraio 2008, n. 1558. Si legge nella motivazione “È necessario muovere, per dipanare ilproblema interpretativo, dal d.lgs. n. 79/1999, il quale persegue l’obiettivo, finalizzato alla tutela dell’ambiente,di incrementare l’utilizzo delle fonti rinnovabili (in luogo dei combustibili fossili) per la produzione di energia elet-trica. A tale scopo, ha introdotto misure incentivanti per la realizzazione di impianti eco-compatibili, ed anchela possibilità, per i soggetti importatori e responsabili di impianti che producono energia elettrica da fonti nonrinnovabili, di acquistare certificati rappresentativi della produzione di fonti rinnovabili (i c.d certficati verdi). Piùprecisamente, per quanto qui rileva, l’art. 11, III comma, del d.lgs. n. 79/1999 prevede, in via alternativa, che icertificati verdi possano essere acquistati da altri produttori di fonti rinnovabili, oppure dallo stesso gestore dellarete di trasmissione nazionale, proprio con riferimento alla produzione ex art. 3, VII comma, della legge14/11/1995, n. 481, promossa da normativa preesistente (si tratta, appunto, degli impianti CIP n. 6/92 alimen-tati da fonti rinnovabili la cui realizzazione è avvenuta ai sensi dell’art. 22 della legge 9/1/1991, n. 9)”.30 L’importo di questo incentivo è aggiornato trimestralmente e, se nel 3° trimestre 2007 era di circa 54euro/MWh, per il 4° trimestre è cresciuto a 62,60 euro/MWh. Per il 3° trimestre 2008 l’importo è stato por-tato a 68,77 euro/MWh.31 Ad esempio nel 2004 il Gestore Servizi Elettrici ha ritirato 56,7 TWh complessivi di elettricità da fonti “rin-novabili”, di cui il 76,5% proveniente da termovalorizzatori e altri fonti assimilate (fra cui il gas dai residui diraffineria), spendendo per questi circa 2,4 miliardi di euro;[43] per il già citato inceneritore di Brescia, la societàdi gestione (ASM SpA, oggi A2A SpA) ha ricevuto contributi CIP 6 per circa 71 milioni di euro nel 2006 e 78milioni nel 2007. A titolo di confronto, nel 2006 a seguito dell’introduzione degli incentivi in conto energia peril fotovoltaico sono stati stanziati solamente 4,5 milioni di euro per 300 MW di potenza.32 Annullando così del tutto i benefici della riduzione delle quote gratuite di emissione da 28 a 3,5 Mt/a di CO2prevista dal Piano nazionale di assegnazione delle emissioni (Pna) 2008-2012, attualmente in fase di appro-vazione, e rischiando perciò di comprometterne l’intero impianto, giacché gli impianti CIP 6 sono il settore sucui si concentra la gran parte delle riduzioni.

alimentato con fonti fossili (petrolio, gas, carbone ecc.) perché “da fonti rinnovabili”; il gesto-

re ottiene dei certificati verdi che può rivendere a industrie o attività che sono obbligate a pro-

durre una quota di energia mediante fonti rinnovabili ma non lo fanno autonomamente 33.

Poiché gli impianti di incenerimento sono stati considerati come “da fonte rinnovabi-

le”, le società che li gestiscono possono vendere i certificati verdi, ottenendo quindi questo

ulteriore tipo di finanziamento.

La dubbia compatibilità comunitaria di detti incentivi va correlata al contenuto della

direttiva comunitaria del 2001/77/CE, con riguardo in particolare al contenuto del decreto

attuativo (D.Lgs. n. 387/2003), che ha esteso il beneficio in argomento anche alla produzio-

ne energetica ricavata dalla termodistruzione dei rifiuti.

Ciò in violazione della detta Direttiva di cui sopra, che li prevede soltanto per le “fonti

rinnovabili” propriamente dette.

La Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione a carico dell’Italia per

errata applicazione della direttiva 2001/77/CE (precisando le ragioni per cui la parte non

biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata come “fonte di energia rinnovabile”).

Secondo la Corte Giustizia U.E. con la sentenza n. 277 - 29 aprile 2004, ai sensi del-

l’art. 87 n. 1 del Trattato C.E., qualsiasi deroga al principio generale d’incompatibilità degli

aiuti di Stato con il mercato comune deve essere oggetto d’interpretazione restrittiva, tenen-

do conto non soltanto della lettera della norma, ma anche del suo contesto e degli scopi

perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte 34.

33 Il prezzo dei certificati verdi è stato pari a circa 125 euro/MWh nel 2006.34 La stessa Autorità Garante della concorrenza e del mercato, avuto riguardo alla abnorme domanda “degli scar-ti in legno” da parte di imprese che producono energia ricavata da fonti rinnovabili e assimilate (ed alla conseguen-te lievitazioni dei prezzi), ha da tempo segnalato (cfr. “Attività di segnalazione al Parlamento e al Governo, decisio-ne del 23/10/1997) che: “I benefici economici garantiti alle imprese che, cedendo ad Enel energia prodotta da fonti rin-novabili e assimilate, si avvalgono del regime agevolato previsto dall’art. 22 della legge 9 gennaio 1991, n. 9 edattuato con provvedimento Cip n. 6 del 29 aprile 1992, comportano … una artificiosa crescita dei prezzi nel mercatoa monte dei materiali legnosi e turbano le condizioni di approvvigionamento degli altri settori industriali che ricor-rono alle stesse materie prime”. Il Ministero dell’ambiente sta attualmente emanando regolamenti e decreti in attua-zione del decreto legislativo 22/1997 e, nel contempo, è impegnato nella difficile attività di adeguamento della rego-lamentazione esistente. Alla luce dell’evoluzione del quadro normativo e regolamentare di riferimento, pertanto,l’Autorità intende segnalare l’opportunità di escludere i residui legnosi dal novero dei materiali che possono essereriutilizzati come combustibile per la produzione di energia elettrica. I suddetti residui, infatti, hanno un autonomoed attivo mercato secondario, il cui corretto funzionamento è oggi minacciato dall’effetto congiunto delle normeche regolano i diversi utilizzi di tali materiali. La domanda degli scarti in legno da parte delle imprese che produco-no pannelli truciolari sembra essere sufficiente ad assorbire l’offerta proveniente dalle attività manifatturiere svolte inambito nazionale; a tale riguardo si osserva che le imprese nazionali utilizzatrici degli scarti in legno devono ricor-rere, in misura maggiore rispetto alle altre imprese europee, a legno di prima lavorazione ed importano circa il 30%dei materiali consumati. Una tale iniziativa eliminerebbe le distorsioni che si sono riscontrate alle quotazioni di mer-cato degli scarti legnosi, non giustificate da una fisiologica dinamica nei rapporti fra domanda e offerta, bensì favori-te dall’esistenza di incentivi riconosciuti alle imprese produttrici di energia elettrica che si avvalgono del regime Cip6/92, che consentono loro di assorbire i maggiori costi sostenuti per l’approvvigionamento di input energetici, tra cuigli scarti di legno. In attesa della revisione delle norme che assicurano tali incentivi, l’Autorità ritiene auspicabile che

39

Il Legislatore nazionale, con l’art. 2, comma 136, della legge 24 dicembre 2007 n. 244

“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finan-

ziaria 2008”, ha vietato per il futuro, il contributo CIP6 così disponendo:

“Ai fini della piena attuazione della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 27 settembre 2001, con particolare riferimento all’articolo 2 della direttiva mede-

sima, i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117 dell’articolo 1

della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono concessi ai soli impianti realizzati ed operativi” 35.

Il comma 1-octies dell’art. 33, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa

legge di conversione ha però previsto che “Per l’impianto di termodistruzione localizzato nel

territorio di Acerra della regione Campania spettano, anche in deroga ai commi 1117 e 1118

dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e al comma

137 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i finanziamenti e gli incentivi pub-

blici di competenza statale previsti dalla deliberazione del Comitato interministeriale prezzi

n. 6 del 29 aprile 1992”; quest’ultima norma dispone che “La procedura del riconoscimento

in deroga del diritto agli incentivi di cui al comma 1118 dell’articolo 1 della citata legge n.

296/2006, per gli impianti autorizzati e non ancora in esercizio, e, in via prioritaria, per quel-

li in costruzione o entrati in esercizio fino alla data del 31 dicembre 2008, con riferimento

alla parte organica dei rifiuti, è completata dal Ministro dello sviluppo economico, sentite le

Commissioni parlamentari competenti, inderogabilmente entro il 31 dicembre 2009. Sono

comunque fatti salvi i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117

dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per gli impianti, senza distinzione fra

parte organica ed inorganica, ammessi ad accedere agli stessi per motivi connessi alla

situazione di emergenza rifiuti che sia stata, prima della data di entrata in vigore della

medesima legge, dichiarata con provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri” 36.

40

il Ministero si adoperi per rimuovere le prescrizioni regolamentari che danno origine alle distorsioni concorrenzialidescritte, escludendo la possibilità di utilizzare i materiali legnosi per la produzione di energia elettrica”.Si conclude, pertanto, che l’aiuto di Stato di cui si discorre è tale da provocare alterazioni nel libero mercato e nellaconcorrenza e quindi da violare palesemente le norme del trattato dell’Unione europea che tutelano detti valori.35 Il comma 1117 recita “Dalla data di entrata in vigore della presente legge i finanziamenti e gli incentivi pub-blici di competenza statale finalizzati alla promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettri-ca sono concedibili esclusivamente per la produzione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnova-bili, così come definite dall’articolo 2 della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Sono fatti salvii finanziamenti e gli incentivi concessi, ai sensi della previgente normativa, ai soli impianti già autorizzati e di cuisia stata avviata concretamente la realizzazione anteriormente all’entrata in vigore della presente legge, ivi com-prese le convenzioni adottate con delibera del Comitato interministeriale prezzi il 12 aprile 1992 e destinate alsostegno alle fonti energetiche assimilate, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 1118”.36 Comma così modificato prima dal comma 7 dell’art. 4 bis, D.L. 3 giugno 2008, n. 97, aggiunto dalla relati-va legge di conversione, e poi dall’art. 9, D.L. 6 novembre 2008, n. 172. La stessa modifica prevista dal D.L.n. 97/2008 era stata disposta dall’art. 5, D.L. 30 giugno 2008, n. 113, non convertito in legge, le cui disposi-zioni sono confluite nel citato articolo 4-bis.

L’aiuto predetto viene, dunque, mantenuto, a livello nazionale, con esclusivo riguardo

agli “impianti realizzati ed operativi”.

Correlativamente è dubbio che di tale aiuto possano fruire i futuri impianti di termova-

lorizzazione dei rifiuti solidi urbani.

La Commissione Europea, come già rilevato, ha contestato gli incentivi concessi dalla

normativa italiana alle fonti “assimilate” alle rinnovabili, fra cui la combustione della frazio-

ne non biodegradabile dei rifiuti negli inceneritori.

In realtà, secondo la normativa europea, solo la parte organica dei rifiuti potrebbe

essere considerata rinnovabile; la restante parte può essere considerata esclusivamente

una forma di smaltimento del rifiuto, escludendo esplicitamente la valenza di “recupero” 37.

Il fatto che una legge nazionale (art. 17, D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387) includa, nel-

l’atto di recepimento italiano della Direttiva 2001/77/CE, i rifiuti tra le fonti energetiche

ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, ivi compresi i rifiuti non

biodegradabili non fa venire meno l’infrazione alla normativa europea 38.

La Corte di Giustizia Europea (C 458/00 del 13 febbraio 2003) ha, infatti, ritenuto che

l’incenerimento di rifiuti in un impianto dedicato non può essere considerato come “recupe-

ro” nemmeno sotto il profilo energetico.

L’operazione di recupero contenuta al punto R 1 dell’allegato II B della direttiva n.

75/442/CEE come “utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per pro-

durre energia”, richiede che:

a) l’energia generata dalla combustione dei rifiuti e recuperata sia superiore a quella

consumata durante il processo di combustione;

b) che una parte dell’eccedenza di energia sviluppata durante questa combustione sia

effettivamente e immediatamente utilizzata nella forma del calore prodotto dall’inceneri-

mento, o in seguito a trasformazione, in forma di elettricità;

c) che i rifiuti siano utilizzati “prioritariamente” come combustibile o altro mezzo per

produrre energia;

37 Pertanto, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia per gli incentivi datidal governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici considerandoli “fonte rinnovabile”.A tal proposito già nel 2003 il Commissario UE per i Trasporti e l’Energia, in risposta a una interrogazionedell’On. Monica Frassoni al Parlamento Europeo, ha ribadito l’opposizione dell’Unione Europea all’estensio-ne del regime di sovvenzioni europee previsto dalla Direttiva 2001/77/CE per lo sviluppo delle fonti energeti-che rinnovabili all’incenerimento delle parti non biodegradabili dei rifiuti.38 Eliminando gli incentivi agli inceneritori, si vuole ristabilire un equilibrio di trattamento tale da consentire lapiena applicazione della strategia integrata di smaltimento dei rifiuti; a tale esigenza fa riscontro la necessitàsecondo alcuni di aumentare l’incenerimento in Italia (si veda la voce sulla gestione dei rifiuti per il ruolo del-l’incenerimento nella gestione dei rifiuti).

41

d) che la maggior parte dei rifiuti sia consumata durante l’operazione;

e) che la maggior parte dell’energia sviluppata sia recuperata ed utilizzata 39.

Le norme contenute all’articolo 229, commi 5 e 6 del decreto legislativo numero

152/2006 (Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata - cdr e cdr-q) pre-

vedevano rispettivamente:

“5. Il CDR-Q è fonte rinnovabile, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del decre-

to legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in misura proporzionale alla frazione biodegradabile

in esso contenuta”.

“6. Il CDR e il CDR-Q beneficiano del regime di incentivazione di cui all’articolo 17,

comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387”.

Il comma 5 è stato soppresso dall’articolo 2, comma 41, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

Il comma 6 è stato abrogato dal comma 1120 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296

e soppresso dal comma 41 dell’articolo 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 40.

Anche l’abrogazione di queste norme, che riguardano i certificati verdi, è stata deter-

minata dalla dubbia compatibilità comunitaria delle stesse 41.

42

39 Si legge, infatti, nella sentenza che “la spedizione di rifiuti al fine del loro incenerimento in un impianto ditrattamento concepito al fine dello smaltimento dei rifiuti non può essere considerata nel senso di avere comeobiettivo principale il recupero dei rifiuti, anche se, durante l’incenerimento di questi, si procede al recuperodi tutto o di parte del calore prodotto dalla combustione.Certamente, un tale recupero di energia è conforme all’obiettivo perseguito dalla direttiva di preservare lerisorse naturali. Tuttavia, qualora il recupero del calore prodotto dalla combustione costituisca solo un effettosecondario di un’operazione la cui finalità principale è lo smaltimento dei rifiuti, esso non può rimettere indiscussione la qualificazione di questa operazione come operazione di smaltimento”.40 Il D.Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 all’art. 20 comma 6, prevedeva che “al fine di promuovere in misura ade-guata la produzione di elettricità da impianti alimentati da biomassa, ad esclusione di quella prodotta da cen-trali ibride, il periodo di riconoscimento dei certificati verdi può essere elevato, anche mediante rilascio, dalnono anno, di certificati verdi su una quota dell’energia elettrica prodotta anche tenuto conto di quanto previ-sto al precedente art. 17. Al medesimo fine, possono anche essere utilizzati i certificati verdi attribuiti alGestore della rete dall’articolo 11, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.La predetta elevazione del periodo di riconoscimento dei certificati verdi non può essere concessa per la pro-duzione di energia elettrica da impianti che hanno beneficiato di incentivi pubblici in conto capitale”; il commacosì modificato dal comma 1120 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296 e poi abrogato, a decorrere dal 1°gennaio 2008, dal comma 154 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244.41 Il D.L. 23 maggio 2008, n. 90 che contiene misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dellosmaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile, convertito in legge, conmodificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 14 luglio 2008, n. 123 all’art. 8-bis (Misure per favorire la realizzazione deitermovalorizzatori (Articolo inserito dalla legge di conversione 14 luglio 2008, n. 123) ha previsto che per supe-rare la situazione di emergenza e per assicurare un’adeguata capacità complessiva di smaltimento dei rifiuti pro-dotti in Campania, per gli impianti di termovalorizzazione localizzati nei territori dei comuni di Salerno, Napoli eSanta Maria La Fossa (CE), il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e dellatutela del territorio e del mare, su proposta motivata del Sottosegretario di Stato, definisce, con riferimento allaparte organica dei rifiuti stessi, le condizioni e le modalità per concedere, con propri decreti, i finanziamenti e gliincentivi pubblici di competenza statale previsti dalla deliberazione del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del29 aprile 1992, anche in deroga ai commi 1117 e 1118 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, esuccessive modificazioni, e al comma 137 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

In ultimo va rilevato che, in sede di affidamento del servizio di gestione dei termova-

lorizzatori, vengono previste due tipologie di contributo.

Un contributo espresso in euro per ogni tonnellata di rifiuti conferiti al sistema che l’af-

fidatario del servizio è tenuto a riconoscere in favore dei Comuni ospitanti gli impianti di trat-

tamento del Sistema (termovalorizzatori, impianti di separazione secco/umido, discariche,

stazioni di trasferenza).

Un contributo espresso in euro per ogni tonnellata di rifiuti conferiti al sistema che l’af-

fidatario del servizio è tenuto a riconoscere ai Comuni compresi nel Sistema che raggiun-

gono le percentuali di raccolta differenziata previste dal D.Lgs. n. 152/2006.

I predetti incentivi hanno la finalità, da un lato di attenuare le resistenze degli enti loca-

li che ospitano gli impianti di incenerimento alla localizzazione degli stessi nel territorio, dal-

l’altro quello di favorire la raccolta differenziata, che consente una migliore gestione non sol-

tanto dei rifiuti ma anche della loro utilizzazione con termodistruzione.

Il D.L. 3 giugno 2008 n. 97 (contenente disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei mec-canismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini.) all’art. 4-novies“Ulteriori disposizioni in materia di trattamento dei rifiuti e di impianti di termovalorizzazione, ha previsto chesu proposta motivata del Sottosegretario di Stato di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 23 maggio2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, il Ministro dello sviluppo econo-mico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, definisce le modalità perconcedere gli incentivi pubblici di competenza statale, previsti dalla deliberazione del Comitato interministe-riale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992, agli impianti di termovalorizzazione localizzati nel territorio delle provincedi Salerno, Napoli e Caserta.Il D.M. del Ministero dello sviluppo economico 31-10-2008 ha disciplinato le modalità per concedere gli incen-tivi pubblici di competenza statale, previsti dal provvedimento CIP 6/92, agli impianti di termovalorizzazionelocalizzati nel territorio delle province di Salerno, Napoli e Caserta, disponendo che l’energia elettrica prodot-ta dagli impianti di cui all’art. 1 e ritirata dal Gestore dei servizi elettrici - GSE Spa è ceduta al mercato con lemedesime modalità previste per l’energia elettrica prodotta da altri impianti ammessi a beneficiare degli incen-tivi previsti dal provvedimento Cip 6/92.

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8. Tabelle di gestione dei rifiuti mediante termovalorizzatori

(fonte Federambiente)

Dati 2008-2009

Totale Italia:

Impianti di trattamento dei rifiutimediante incenerimento n. 51

Capacità:5.982.977 t/anno (potenza:587mw)

Dati analitici 2006