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La prospettiva dinamica della valutazione.di Piergiuseppe Ellerani
1. Alle origini della Valutazione Alternativa (autentica)
a. Il project Zero della Harvard University
i. Il project Spectrum
ii. Arts PROPEL
b. Le indicazioni del Project Zero
i. La Valutazione Alternativa
ii. La Valutazione Autentica
2. La prospettiva delle ricerche in campo pedagogico nel XXI secolo
i. Il principio di “Comprensione profonda”: l’evoluzione di Project
Zero e della Valutazione Alternativa
ii. Le ricerche sull’apprendimento
3. Gli strumenti della Valutazione Alternativa e della Valutazione Autentica
a. Le prestazioni significative (autentiche)
b. Le rubriche
c. Gli standards
4. Conclusioni: verso la valutazione dinamica ed ecosistemica
1
Premessa
Grant Wiggins, (1998) scrive che il solo modo con il quale propriamente possiamo
giudicare dove siamo, è relativo al dove vogliamo essere. Ma al di là di questi principi
generali, non conosciamo realmente quale riforma della valutazione dovrebbe essere
avviata, per incontrare successo. Abbiamo bisogno però di una prospettiva, di valutazioni
esemplari in atto, nello stesso modo in cui gli studenti hanno bisogno di modelli, non solo
di un insieme criteri, per capire concretamente quello che devono fare per quello che hanno
studiato.
Dove la valutazione è di tipo educativo (autentica) sentiamo, nelle classi e nelle
conversazioni attraverso i corridoi della scuola, qualcosa di diverso di quello che
ascoltiamo nelle scuole che usano i metodi tradizionali di valutazione (per esempio tests).
Gli studenti non chiedono ripetutamente gli insegnanti “è questo quello che vuoi? “;
oppure “è questo quello che dovremmo fare per il test?”.
Dove la valutazione è di tipo educativo (autentica), obiettivi di apprendimento e
standards sono chiaramente spiegati così che gli studenti comprendano cosa ci si aspetta
che essi apprendano. (p.1)
Inoltre, questi obiettivi e standards, sono resi evidenti in termini di prestazioni, così
che gli studenti conoscano quali sono le attese rispetto al loro apprendimento. Tutti gli
studenti sono consapevoli dei loro personali livelli di performance, e parlano riflettendo su
di essi: “Ho bisogno di completare due compiti del livello distinto, per uscire bene in
storia”, dice Monica. “Io ho raccolto solo due pezzi dei lavori di matematica per il mio
portfolio…non mi pare sufficiente, pensavo di trovarne di più” dice Enrico.
Tutti gli studenti possono accuratamente autovalutare i propri lavori: “il mio saggio
è forte sull’espressione, ma debole sull'organizzazione”, dice Deborah un poco
demoralizzata. “Io penso che la nostra teoria circa l'identità di questi misteri chimici sia
buona, ma abbiamo bisogno di controllare i nostri portfolios, per vedere se quei laboratori
svolti all’inizio dell’anno sulla densità, sostengono le nostre idee di oggi”, dice Roberto ai
suoi partner di gruppo in laboratorio.
Dove la valutazione è di tipo educativo (autentica) gli studenti possono essere
ascoltati continuamente, cercando e prendendo feedback da adulti o compagni; attraverso
di questo, rivedono i loro lavori, spiegano quali feedback ritengono congrui ed utili, e
perché. L'importanza di aspettare e ricevere il feedback e di usarlo, è così radicata
nell’esperienza, che gli insegnanti costruiscono valutazioni autentiche e revisioni
giornaliere di quanto insegnato e appreso, all'interno di ogni unità di apprendimento.
2
Quando la valutazione è di tipo educativo (autentica), ascoltiamo mutate
conversazioni degli insegnanti. Essi si confrontano maggiormente circa i livelli di
esperienza degli studenti, dei loro livelli di prestazione e di compito, piuttosto che di
punteggi delle valutazioni espresse con modelli tradizionali (tests) e delle medie da dare
nella scheda (o nella pagella).
“Per molti dei nostri ragazzi di terza ci sono ancora prestazioni a livello iniziale su
queste ricerche e su questi compiti presentazione”, dice Mariangela ai suoi colleghi,
durante un incontro di team. “Cosa possiamo fare per modificarlo?”, risponde Alessandra.
Gli insegnanti valutano così che l’andamento per i loro studenti, alla fine del terzo anno,
mostra infatti uno slittamento verso il basso: usando la rubrica di valutazione “novizi-
esperti in scienze”, costruita in sede di rete di scuole, definiscono dove il trend è
peggiorato. Decidono allora di operare dei cambiamenti in accordo con il feedback della
rubrica, prima che sia troppo tardi rispetto alla fine dell’anno. Il team decide di dedicare
una settimana intera per un compito complesso di scienze e per la sua presentazione
sull’inquinamento, costruendolo attraverso quanto definito nella rubrica.
1. Le origini della valutazione autentica (o alternativa)
Questa breve immersione nei dialoghi nelle scuole in cui si opera attraverso la
Valutazione Alternativa (VA), ci permette di prendere contatto con alcuni termini ed
oggetti che la caratterizzano, senza però dirci ancora molto circa le sue origini.
Allo scopo, occorre quasi utilizzare la metafora della macchina del tempo, poichè il
balzo all’indietro è di molti anni, e in un contesto diverso da quello italiano. Il viaggio lo
iniziamo tramite un breve saggio di Gardner (1989), che ci permette di posizionarci nel
momento più prossimo all’introduzione del principio di cui argomentiamo.
a) Il project Zero di Harvard
Il 1967 è l’anno in cui alla Harvard Graduate School of Education viene fondato il
Project Zero ad opera del filosofo Nelson Goodman. L’obiettivo inizialmente posto,
vedeva la ricerca impegnata a dimostrare la non veridicità del comune assunto attraverso il
quale si considerava che i sistemi simbolici logici e linguistici avessero la priorità su altri
sistemi di espressione e comunicazione. Goodman, pur avendo una visione filosofica del
progetto e delle sue finalità, attrasse e chiamò alla collaborazione ricercatori interessati sia
a prospettive psicologiche che pedagogiche della sua “teoria dei simboli”; a tal punto che
la prospettiva intrapresa dalla ricerca, diventasse profondamente “cognitiva”. Ovvero,
l’assunto fu che – qualunque altra forma potessero assumere – le attività artistiche sono
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comunque considerate occasioni di attività mentali. Alcune di queste attività sono
condivise con altri sistemi ed obiettivi (per esempio l’analisi, la prospettiva, l’attenzione al
dettaglio), altre sono di importanza specifica per le arti (per esempio la struttura del
modello compostivi). Dal punto di vista pedagogico, questa prospettiva portava a
considerare che chi volesse avere a che fare con l’arte dovrebbe imparare “a leggere” e a
“scrivere” i sistemi simbolici presenti nelle arti. Ovvero, come “lettore” essere capace di
distinguere diversi stili musicali o di identificare il contenuto allegorico di romanzi o
poesie; come “scrittore” essere capace di usare forme e colori astratti per suggerire stati
d’animo, oppure variare le frasi musicali per dare l’impressione di momenti temporali o
stati psicologici diversi.
Negli anni ’70, il Progetto si articolò in due dipartimenti, sotto la direzione
congiunta di David Perkins – il quale dirigeva il Cognitive Skills Group, orientato
all’indagine riguardante le capacità percettive e cognitive degli adulti - e di Howard
Gardner - il quale dirigeva il Developmental Group - con l'accento sullo sviluppo delle
capacità simboliche in bambini normali e particolarmente dotati. Durante il decennio
successivo – fino agli inizi degli anni ottanta - pur continuando le ricerche su base
psicologica, il progetto ha compiuto una decisa svolta in senso pedagogico. Oltre la metà
degli studi realizzati presso il Project Zero, riguardano modalità per applicare le analisi
delle intuizioni in essi contenuti, ai programmi scolastici, dalle scuole dell'infanzia fino alle
scuole superiori.
E’ all'interno di questo contesto, di questo innovativo campo di ricerca, che
Gardner teorizza e formula l’ormai nota Teoria delle Intelligenze Multiple (1983). Il
Project Zero non si limitava ad essere culla della MIT (Multiple Intelligence Theory), ma
cercava di definire una pedagogia alla quale gli insegnanti potevano ispirarsi per
organizzare la vita della classe e della scuola.
Da quando Perkins e Gardner assumono la direzione congiunta del Project Zero –
negli anni che vanno dagli inizi del settanta alla fine degli anni ottanta – oltre cento
ricercatori hanno dato il loro contributo in numerosi studi umanistici e sociali, attorno ai
due filoni già esposti. Per i fini del nostro argomentare, citiamo Tina Blythe, Heidi
Goodrich Andrade, Martha Stone Wiske, Grant Wiggins, che incontreremo nelle pagine
successive.
I primi aspetti di rilievo sviluppati dal Project Zero circa la VA, si hanno subito
dopo la pubblicazione della MIT di Gardner. Si avviano infatti due aree specifiche di
ricerca, il Project Spectrum (1984) e ArtsPROPEL (1985).
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a.i) Il Project Spectrum: una innovativa valutazione alternativa.
Come ci riporta Mara Krechevsky1 (1991), lo Spectrum ha inizio nel 1984, presso
l’Harvard e la Tufts University, come tentativo di riconcettualizzare l’idea tradizionale che
l’intelligenza linguistica e quella logico-matematica siano alla base dell’intelligenza.
Il primo dei quattro anni di ricerca, si è focalizzato sull’identificazione di profili
cognitivi e di stile dei bambini. In aggiunta alla valutazione delle abilità linguistiche e
matematiche, le batterie di valutazione elaborate da Spectrum vogliono esaminare anche le
abilità procedurali, spaziali, corporee, musicali, sociali e scientifiche. In un clima politico
di alta pressione sugli educatori al fine di estendere l’istruzione formale a tutti e che trova
impreparate le scuole, il Project offre un’appropriata alternativa di sviluppo, basata sulle
nuove vedute della mente.
I fondamenti teorici derivano dalla MIT di Gardner e dalla teoria dello sviluppo nei
domini non-universali di Feldman. Contrariamente a quanto avveniva normalmente – molti
insegnanti pensano al progresso del bambino attraverso larghe e indifferenziate attività di
sviluppo universale - Spectrum è stato progettato per riconoscere le variazioni sia nei
bambini che nelle aree di attività. Conseguentemente il modello di Spectrum ha
identificato forze di dominio specifico nelle aree spesso non incluse in molti approcci, sia
Piagetiani che neo-Piagetiani. In pratica Spectrum si è basato sull’assunto che ogni
bambino ha un potenziale di sviluppo forte in una o in alcune aree di contenuto e che è
responsabilità del sistema scolastico scoprirle e nutrirle. (p.44)
Piuttosto che costruire la sua proposta attorno a test, Spectrum ha centrato la sua
iniziativa su di una grande serie di copiose attività: la valutazione avviene come prodotto e
processo, come parziale e finale, della partecipazione del bambino durante tutto il tempo
di queste attività.
Le misure utilizzate nel Progetto vanno da una serie di compiti relativamente
strutturati e specifici (per esempio nei domini numerici e musicali), ad una serie meno
strutturata di osservazioni (per esempio nelle scienze e nei domini sociali). Queste misure
formano una parte di un ambiente di classe organizzato (ed equipaggiato) con materiali
coinvolgenti, giochi, puzzle, ed aree di apprendimento. Le aree di apprendimento
permettono ai bambini di fare esplorazioni iniziali di materiali collegati ai campi di
dominio valutati da Spectrum, così come l’aggiornamento degli stessi dopo la valutazione.
Per esempio, dopo un compito di lettura di una storia, ai bambini può essere chiesto di
creare la loro storia a fumetti nell’area artistica.
1 Mara Krechevsky è stata Project Director di Spectrum, negli anni della sua attività, dal 1984-1988.
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Le attività di valutazione sono gestite lungo tutto l’anno di scuola. La
documentazione assume una varietà di forme, dalle rubriche e checklist di osservazione, al
portfolio e alle registrazioni video. La valutazione è così alternativa (e autentica) rispetto
alla tradizionale, poiché mira alla valutazione effettiva delle diverse competenze agite nei
diversi campi di dominio, non riconducili alle sole forme linguistiche e logiche.
Le caratteristiche distintive di Spectrum, si possono riassumere nei seguenti punti:
a) Rendere meno nitida la distinzione tra curricolo e valutazione. Attraverso
la raccolta di informazioni lungo tutto l’arco del tempo dell’attività – e
delle attività – del bambino nel proprio ambiente, Spectrum offusca
efficacemente la tradizionale divisione tra il curricolo e la valutazione.
Per esempio, gli insegnanti collezionano i prodotti dei bambini nel
portfolio e osservano le abilità corporeee attraverso una sessione
bisettimanale di movimento. Nei compiti richiesti da Spectrum, le abilità
dei bambini sono integrate piuttosto che isolate e valutate separatamente.
b) Inserire la valutazione in attività significative e di vita reale. Piuttosto che
porre l’attenzione sulle competenze usate nel contesto scolastico,
Spectrum usa i profili degli adulti già usciti dalla scuola, per focalizzare
la sua valutazione su abilità rilevanti al fine di raggiungere ruoli
significativi nella vita. Alcuni esempi di adulti usciti dalla scuola
includono alcuni figure come il naturalista, il venditore, il cantante, il
ballerino, l’educatore. Spectrum esamina quindi la competenza dei
bambini di raccontare storie o fornire un resoconto descrittivo di
un’esperienza, piuttosto che l’abilità di ripetere in sequenza una serie di
frasi.
c) Usare misure che sono “giuste per l’intelligenza”. Piuttosto che vedere le
competenze attraverso la finestra del linguaggio e della logica, Spectrum
tenta di sfruttarle direttamente, attraverso il loro proprio particolare
medium. Per esempio viene chiesto di costruire un oggetto o movimento
meccanico, piuttosto che domandare come il meccanismo funziona.
d) Enfatizzare le forze dei bambini. In contrasto con molte proposte
educative, particolarmente quelle usate con i bambini a rischio di
fallimento scolastico, l’approccio della valutazione di Spectrum cerca di
identificare le aree di forza dei bambini e di costruire il loro
apprendimento ed educazione quanto possibile attorno questi domini di
competenze. Offrire agli alunni esperienze nei loro campi di forza
6
potrebbe non solo incrementare il loro senso di autostima, ma suggerire
modi per indirizzare positivamente e sostenere gli sforzi, nei campi di
dominio nei quali non sono così forti. Per esempio, per alzare il livello di
un’abilità linguistica, potremmo chiedere di dettare istruzioni per
smontare un oggetto (conosciuto bene dal bambino) oppure di raccontare
una storia circa una macchina che gli alunni vorrebbero inventare.
e) Tenere in considerazione la dimensione di stile cognitivo nella
prestazione. Per catturare pienamente l’approccio verso un compito di
ogni alunno (processo), scopriamo presto che è importante non solo
guardare alle loro abilità cognitive, ma anche alle caratteristiche di un
certo stile. Gli stili di lavoro descrivono come un bambino interagisce
con i materiali di un dominio, così come la sua persistenza, attenzione al
dettaglio, e il livello di fiducia in sé. Sebbene alcuni bambini esibiscano
lo stesso stile di lavoro attraverso i domini, altri hanno stili che
differiscono dal dominio e sono molto più specifici nel contenuto. Tali
informazioni hanno importanti implicazioni per progettare interventi
didattici.
Nell’approccio di Spectrum, tutte le informazioni raccolte sul bambino sono
completate alla fine dell’anno scolastico all’interno del “profilo finale di
Spectrum”, una breve descrizione in forma di prosa, scritta in un linguaggio non
tecnico, della partecipazione del bambino alle attività del progetto. Il report indica
ogni area di forza degli alunni, sia a livello individuale, che interpersonale.
Questo tipo di valutazione alternativa proposta da Spectrum, basata
sull’organizzazione di prodotti tipici di un campo di dominio, richiesti ai bambini, è
stato analizzato dalla Krechevsky (1991) valutandone i punti forza e punti deboli.
Tra i limiti viene evidenziato che:
1. il modello di intelligenza plurale corre il rischio di metter in condizioni i
genitori di spingere i figli al miglioramento in tutte le aree, con possibili
sovraccarichi competitivi che depotenziano l’efficacia del lavoro svolto;
2. i genitori e gli insegnanti potrebbero etichettare prematuramente l’alunno
intorno alle sue aree di forza;
3. i genitori, che sono estranei ad una cultura di mainstreaming, potrebbero non
essere concordi con la richiesta di prestazione ai loro figli, in campi di dominio
non valutati dalla cultura tradizionale.
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Nondimeno, però, l’approccio offre anche benefici:
1. il modello di valutazione alternativa di Spectrum espone gli alunni a più domini
di competenza di quelli che sono inclusi tipicamente nelle iniziali valutazioni
dei curricoli;
2. il modello di valutazione alternativa coinvolge gli studenti nel processo della
loro valutazione. Raccolgono i lavori per il portfolio, così come le videocassette
e le audiocassette. Il tempo delle attività prevede momenti prolungati per la
riflessione dei bambini, sulle attività che hanno svolto e sui loro risultati.
3. il modello di valutazione alternativa può essere utilizzata a più livelli: di unità
di lavoro, di curricolo, oppure come un potente sfondo filosofico, attraverso il
quale vedere i bambini e i loro particolari set di forze e di stili di lavoro. Infatti
pone in risalto i processi di pensiero che vengono attivati dagli alunni durante
l’attività.
Il Project Spectrum prende in seria considerazione le differenze individuali, tanto che
mette gli insegnanti in grado di fornire diverse popolazioni e di individualizzare i loro
curricoli. Inoltre, proprio perché fornisce diversi modi di dimostrare l’eccellenza, include
modalità che vanno oltre la convenzionale idea di successo scolastico.
Al meglio, l’approccio di Spectrum, permette di incrementare le possibilità per tutti gli
alunni di trovare il loro “posto al sole”. (p. 48)
a.ii) ArtsPROPEL: dalla valutazione degli apprendimenti del bambino in campo
artistico, alle valutazione alternativa.
Il secondo progetto scaturito da Project Zero, è ArtsPROPEL, avviato nel 1985.
L’obiettivo del progetto pluriennale è stato quello di mettere a punto una serie di
strumenti di valutazione che potessero documentare l’apprendimento nel dominio artistico,
durante gli ultimi anni della scuola elementare fino a quelli della scuola superiore. Oltre
all’Harvard University, hanno collaborato l’Educational Testing Service e le Public
Schools di Pittsburgh.
Il Progetto ha selezionato tre forme d’arte da indagare: la musica, le arti visive e la
scrittura creativa. Il primo passaggio fu di delineare quali fossero i tipi di competenza da
esaminare: la Produzione (comporre o eseguire musica, dipingere o disegnare, comporre
brani “creativi”); la Percezione, (individuare discriminazioni o distinzioni nell’ambito di
una forma d’arte, ovvero “pensare” artisticamente); la Riflessione soffermarsi ad osservare
le proprie attività percettive o la propria produzione artistica, oppure la produzione di altri
artisti, cercando di capire gli obiettivi, i metodi, le difficoltà e gli effetti raggiunti).
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L’ipotesi iniziale era di mettere a punto degli strumenti di valutazione per le tre
competenze evidenziate. All’atto pratico, i ricercatori hanno evidenziato come non abbia
alcun senso valutare le competenze e nemmeno le potenzialità degli studenti se essi non
hanno avuto qualche esperienza significativa lavorando direttamente con i mezzi espressivi
artistici in questione.
Gardner (1989) afferma che è stato necessario – al fine di raggiungere gli obiettivi
prefissati – ideare elementi modulari di programma e di collegarli direttamente agli
strumenti di valutazione, pervenendo ad una procedura in grado di porre in essere questo
collegamento:
a) Per ciascuna forma d’arte si è si è costituito un gruppo di lavoro
interdisciplinare che definisse le competenze fondamentali. Nella
composizione letteraria si voleva esaminare la competenza di
scrivere una poesia e di inventare il dialogo di una commedia.
Nella musica la valutazione doveva permetter agli allievi di
imparare, provando e riprovando, un brano ancora in fase di
scrittura. Nelle arti visive, le competenze includevano la
sensibilità allo stile, la comprensione di vari modelli compositivi e
la capacità di creare un lavoro che rispettasse alcuni vincoli dati.
b) Per ciascuna delle competenze selezionate, sono stati preparati
una serie di esercizi che doveva porre in evidenza gli elementi di
PROPEL, a) percettivi, b) produttivi, c) riflessivi. Questi elementi
sono stati chiamati “domain project”. Essi non costituiscono il
programma in senso tradizionale, ma devono adattarvisi. Con
qualsiasi programma svolto, i “domain project” lo caratterizzano,
poiché lo sostengono.
c) I “domain project” sono stati oggetto di studio e di critiche da
parte degli insegnanti. Dopo questa forma di revisione, sono stati
sperimentati, come forma pilota, sugli studenti.
d) Dopo questa fase gli insegnanti hanno costruito e collaudato un
sistema di valutazione preliminare. Lo stesso sistema viene
somministrato in forma pilota. Il “domain project” viene così
rivisto fino a quando non è considerato idoneo sia da insegnanti
che dagli studenti, ovvero che la valutazione e l’attività proposta
sono coerenti.
e) Gli insegnanti iniziano l’attività. (p. 78)
9
La caratteristica delle attività di ArtsPROPEL è che viene sempre chiesto agli
studenti di produrre, alla fine dei moduli, un “lavoro finito” nella forma d’arte propria.
I moduli che si ripetono sono tre, e rappresentano lo sviluppo del “domain project”:
in ogni modulo si ripete la sequenza percezione-produzione-riflessione. Ogni modulo – che
può articolarsi in più lezioni – viene dagli studenti “ricordato” in un diario, con annotazioni
personali sulle osservazioni svolte durante le attività, quanto di utile per l’apprendimento
successivo, quanto di collegato con l’esperienza personale.
Il modulo conclusivo (il quarto) prevede la produzione finale. Prima di procedere,
tuttavia, ogni studente è invitato a indicare quale sia il progetto sul quale intende operare.
Per ogni progetto, prima dell’avvio, vengono indicati ed annotati in una tabella i punti di
qualità che lo stesso dovrà raggiungere. Una volta realizzato, la stessa tabella fungerà da
correzione della composizione finita e servirà da guida per annotare i cambiamenti
necessari per migliorare il successivo progetto e per confermare i punti di forza di quello
svolto.
L’insegnante dispone di un analogo foglio di valutazione, con il quale formulare la
sua valutazione finale del progetto, discutendolo con lo studente se le differenze sono
sensibili. L’insieme dei “domain project”, per ciascuna forma d’arte, dovrebbe abbracciare
la maggior parte dei concetti importanti (per quella forma).
A fianco di questi “domain project”, è stato introdotto lo strumento didattico del
portfolio, che li contiene tutti, insieme con tutti gli schizzi originali, i progetti intermedi, le
riflessioni critiche e le autocritiche, altre opere o pezzi di autori (in foto o cassette) a cui gli
studenti si sono ispirati.
La valutazione delle tre competenze selezionate da ArtsPROPEL (percezione,
produzione, riflessione) viene sviluppata attraverso la comparazione dei differenti progetti
realizzati dagli studenti, guidati dal “diario di bordo” sul quale hanno annotato lo sviluppo
del loro apprendimento.
I due progetti presentati e sviluppati all’interno del Project Zero (che ricordiamo hanno
avuto il loro inizio nel 1984 e 1985 e i cui risultati sono stati resi noti dopo una
sperimentazione di quattro anni) pongono in evidenza alcune questioni:
- la prima riguarda gli obiettivi: entrambi volevano organizzare una forma di
valutazione che fosse in grado di evidenziare la padronanza in campi di dominio
diversi da quello linguistico e logico-matematico e di educare, attraverso
valutazioni alternative, “le intelligenze”;
10
- la seconda riguarda la teoria di fondo: entrambi trovavano nella MIT di Gardner la
prospettiva ispiratrice per l’indagine. Questo poneva il problema di “scoprire”
forme di valutazione alternativa, in grado di esprimere al meglio lo sviluppo nel
tempo dell’intelligenza specifica e soprattutto, di mettere a punto strumenti che
fossero in grado di esprimere attendibilità e misurabilità delle diverse forme di
intelligenza, evitando di utilizzare solo il filtro di quelle del linguaggio e della
logica-matematica ;
- la terza riguarda il principio di competenza: entrambi hanno sviluppato l’esigenza –
e la prospettiva – di guardare ad un nuovo punto di vista, dato dalla messa in opera
delle intelligenze in modo da sviluppare prodotti “competenti” nel tempo, e in
grado di delineare un profilo finale riconoscibile;
- la quarta riguarda la riflessione: entrambi hanno espresso la convinzione che il
punto precedente poteva realizzarsi solo con un’autoriflessione e autovalutazione
dello studente, in grado di così di trovare al chiave dei “processi” per migliorare la
propria intelligente consapevolezza procedurale.
b) Le indicazioni del Project Zero
I risultati dei due progetti esposti sono stati assunti dal Project Zero che, attraverso
Gardner (1989) in particolare, ne rilanciano il senso, operando una sorta di “indicazioni”
per i contesti scolastici e di formazione dei curricoli. Alcuni principi sono così sintetizzati:
1. Le attività dirette alla produzione dovrebbero essere centrali in qualunque
forma d'arte. In bambini apprendono meglio quando sono attivamente
coinvolti in una materia; essi desiderano, anche, avere l’opportunità di
lavorare direttamente con i materiali e con i mezzi espressivi, e nelle arti
queste propensioni e inclinazioni si traducono quasi sempre nel produrre
qualcosa. Ai bambini bisognerebbe lasciare l'opportunità di scoprire i
componenti o i motivi fondamentali di un oggetto artistico.
2. Le attività percettive, storiche, critiche e “peri-artistiche” dovrebbero
essere poste in stretta relazione con la produzione del bambino e - dove
possibile - emergere da essa. Ne consegue che, invece di essere avvicinati
agli oggetti d'arte fatti da altri, i bambini dovrebbero venire alle prese con
i particolari prodotti artistici e i problemi legati all’arte, nei quali si
trovano coinvolti e impegnati essi stessi.
3. I programmi didattici dovrebbero essere svolti dagli insegnanti, o da altri,
che sappiano bene “come pensare” attraverso un particolare mezzo
11
artistico. Se l'area in questione è quella musicale, l'insegnante deve essere
in grado di pensare musicalmente e non dovrebbe introdurre la musica
semplicemente attraverso il linguaggio della logica. Occorre estendere
questo principio a tutte le discipline.
4. L'apprendimento dovrebbe essere organizzato attorno a progetti
significativi, che vengano svolti nell'arco di un altrettanto significativo
periodo di tempo e diano ampie opportunità di retroazione, discussione,
riflessione. Questo permette agli scadenti di essere motivati e incoraggiati
a sviluppare le loro capacità. Inoltre permette di esercitare un impatto a
lungo termine sulla competenza e la comprensione.
5. La valutazione dell'apprendimento diviene un aspetto cruciale
dell’apprendimento stesso. La valutazione deve rispettare le particolari
intelligenze che vi sono coinvolte; le competenze musicali devono essere
valutate con un metro musicale e non con altri schemi, così come le altre.
Inoltre la valutazione dovrà sondare quelle capacità e quei concetti che
sono più importanti per quella forma disciplinare. È indispensabile
mettere a punto metodi di valutazione che rendono giustizia a ciò che è
fondamentale in una particolare forma d’arte (o disciplina).
6. L'apprendimento non comporta semplicemente la padronanza di un
insieme di abilità o di concetti. Le discipline sono anche aree
profondamente personali, aree nelle quali gli allievi si imbattono nei
propri sentimenti e in quelli degli altri. Hanno bisogno allora di strumenti
che consentano loro di compiere questa esplorazione; ovvero
comprendere che la riflessione personale è un’attività importante se
tenuta nella giusta considerazione. La loro privacy non dovrebbe mai
essere violata. (p. 78)
Quanto sintetizzato da Gardner presenta lo sfondo all’interno del quale prende
forma il principio della Valutazione Alternativa (autentica) sviluppatosi nella
ricerca a partire dal 1984 fino al 1988. Contemporaneamente, quest’ultima sintesi
apre la strada a delle possibili definizioni - aspetto che andremo a presentare nel
successivo paragrafo - nel momento in cui i risultati sono stati applicati ed esportati
all’esterno dei progetti iniziali. I primi due grandi bacini applicativi sono state le
scuole pubbliche di Somerville in Massachusetts (significativo per l’alta
percentuale di popolazione a rischio di dispersione) e la rete di scuole di Pittsburgh
12
in Pennsylvania. Da queste esperienze, dopo il 1988, ha preso avvio il movimento
che ha indagato con continuità gli strumenti necessari ad una Valutazione
Alternativa (autentica) e sulla necessità di ri-significare l’uso dei tests in ambito
scolastico. Processo in atto tutt’ora, e che ha coinvolto nuovamente il Project Zero,
il cui attuale direttore, Stive Seidel – non a caso ricercatore ed esperto sulla
Valutazione Alternativa degli studenti - dal 2000 ne ha rilanciato l’attività di ricerca
nella prospettiva da noi osservata.
b.i. La Valutazione Alternativa.
Sino a questo momento abbiamo utilizzato il termine Valutazione Alternativa,
ponendo tra parentesi il termine “autentica”. In parte i motivi possono essere già stati
chiariti implicitamente dall’esposizione sin qui svolta; altri riguardano esplicitamente il
fatto che, nel contesto della scuola italiana, è stato introdotta il termine “autentico”2 e non
“alternativo”. Altri, più significativi dal nostro punto di vista, andremo a chiarirli
ulteriormente.
- Valutazione Alternativa rispetto alle forme di intelligenza.
Già Mara Krechevsky (1991), come riportato precedentemente, presentando i
risultati di Spectrum, indirettamente definì la Valutazione Alternativa come il tentativo di
ri-concettualizzare le tradizionali basi linguistiche e logico-matematiche dell’intelligenza.
Il punto di vista è quindi la prospettiva teorica delle intelligenze multiple, la quale pone un
importante questione: una volta che le intelligenze sono state identificate, come valutarle in
un modo ecologicamente valido? (H. Gardner, M. Krechevsky, 1993, p. 86)
Questo è rilevante, per comprendere il significato della VA, in riferimento al suo
svilupparsi come necessità di “incontrare” e potenziare le intelligenze (ed i talenti) di ogni
allievo. Infatti, quali misurazioni sono state escogitate a tal fine? Per Gardner e
Krechevsky il Project Spectrum ha utilizzato forme alternative di valutare le intelligenze in
atto, cercando il più possibile di non dipendere esclusivamente su misure logico e
linguistiche, fornendo ai bambini qualcosa di concreto da manipolare, indipendentemente
dal tipo di dominio che sarebbe stato valutato. Ecco la tabella di Spectrum (M.
Krechevsky, 1991, p. 44):
Dominio numerico Il gioco del dinosauro: Progettato come misura della comprensione di concetti numerici dei bambini, abilità di contare,
2 Comoglio, M., (2002), La “valutazione autentica”, in Orientamenti Pedagogici, Erickson, vol. 49, 1, 289, 93-112
13
abilità di aderire a ruoli, abilità di usare strategieIl gioco del bus Valuta l’abilità di un bambino di creare un utile
sistema di nozioni, prestazioni di calcoli mentale, e l’organizzazione di informazioni numeriche per una o più variabili.
Dominio Scientifico Attività di assemblaggio Progettata per misurare l’abilità meccanica di un bambino. Il successo completo nell’attività dipende dalle fini abilità motorie, dall’osservazione visuale spaziale e dalle abilità di problem-solving.
Caccia al tesoro Valuta l’abilità dei bambini di fare inferenze logiche. Al bambino è chiesto di organizzare informazioni per scoprire la regola che governa la disposizione di vari tesori.
Attività d’acqua Usata per valutare l’abilità dei bambini di generare ipotesi basate sull’osservazione e di condurre semplici esperimenti.
Zona di scoperta Include attività annuali che elicitano l’osservazione dei bambini, l’apprezzamento e la comprensione di fenomeni naturali.
Dominio musicale Attività di produzione musicale
Progettato per valutare l’abilità dei bambini di mantenere accurati passi e ritmi di danza mentre cantano, e di richiamare proprietà musicali di una canzone.
Attività di percezione musicale
Valuta l’abilità di un bambino di distinguere un passo di musica. L’attività consiste nel riconoscimento di una canzone, riconoscimento dell’errore, e distinzione del passo.
Dominio linguistico Storyboard Misura l’estensione delle abilità del linguaggio includendo la complessità del vocabolario, la struttura delle frasi, l’uso di connettori, l’uso di linguaggio descrittivo e di dialogo, e l’abilità di tenere un filo sequenziale.
Reportage Valuta l’attività dei bambini di descrivere un evento con riferimento ai seguenti criteri: cura nel riportare il contenuto, livello di dettaglio, struttura della frase, ricchezza di vocabolario.
Dominio visuale – artistico
Portfolio Rivedere due volte all’anno, e valutare i prodotti realizzati e posti nel proprio portfolio, con i criteri che includono l’uso di linee e forme, colori, spazi, dettagli, rappresentazioni e stile. I bambini partecipano anche a tre sessioni strutturate di disegno. Per i disegni i criteri sono simili a quelli del portfolio.
Dominio corporeo Movimento creativo Il curricolo del movimento continuo di focalizza sulle abilità in cinque aree di danza e di movimento creativo: sensibilità al ritmo, espressività, controllo corporeo, generazione di movimenti nuovi, e risposta alla musica.
Movimenti atletici Una corda ad ostacoli, focalizzata sul tipi di abilità trovati in molti differenti sports, come coordinazione, tempo, equilibrio, e forza.
Dominio sociale Modello di classe Valuta l’abilità dei bambini di osservare e analizzare eventi sociali ed esperienze nella classe.
Lista di controllo delle interazioni tra pari
Una lista di controllo comportamentale è usata per valutare i comportamenti nei quali i bambini si mettono in relazione quando interagiscono con i pari. I bambini sono anche invitati a sostenere diversi ruoli, come il facilitatore e il leader.
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Come possiamo osservare, la valutazione alternativa si pone come ricerca di una
scuola in grado di offrire il meglio per ognuno e per tutti. Una scuola alternativa, che
ponga al centro l’apprendimento e l’alunno, che guarda al futuro, come specificato da Tina
Blythe con Gardner (1993), a commento del lavoro di Spectrum, per la quale “a meno che
uno non sia capace di valutare l’apprendimento che prende forma in diversi domini, e
attraverso differenti processi cognitivi, anche le innovazioni curricolari di tipo superiore
sono destinate a rimanere inutilizzate. In questo paese - gli Stati Uniti – la valutazione
guida l’istruzione. Dobbiamo escogitare procedure e strumenti che siano “giusti per
l’intelligenza” e che ci permettono di guardare direttamente al tipo di apprendimento al
quale siamo interessati.” (p. 79)
Dennie Wolf (1989) ricercatore associato di Project Zero, ha posto l’accento su un
altro aspetto che definisce la VA: l’importanza per una scuola di strutturare la valutazione
in modo che da essa si riconoscano e si incoraggino le competenze utili per la vita
(lifelong). Eppure fuori dalla scuola, virtualmente, ogni studente opera all’interno di
progetti a lungo termine, come crescere i bambini, costruirsi una casa, condurre
un’impresa, scrivere novelle, o divenire un competente tecnico di laboratorio. Secondo il
ricercatore la vita reale trabocca di esempi che permettono di riconoscere le differenze tra
quanto richiesto “all’interno della scuola” e le loro applicazioni nel mondo fuori dalla
scuola. (p. 35)
Commentando i risultati di ArtsPROPEL, Wolf osserva che gli insegnanti hanno
iniziato – commentando le prove alternative sulla scrittura - a parlare di come aumentare
l’estensione di cosa consideravano sviluppato nei lavori dei bambini, di che cosa
permetteva di capire la profondità del tema trattato attraverso il saggio. Confrontarsi con i
prodotti svolti, permetteva ai bambini di riflettere più a lungo circa i meccanismi
procedurali di alcune forme di testo o scelte operate, circa i processi che in alcuni casi
permettevano di realizzare buone prove piuttosto che scarse, circa l’aumento della
ricchezza dello scambio su idee ed argomenti e circa il miglioramento delle prove per il
futuro
La Valutazione Alternativa aggancia non solo la molteplicità delle intelligenze,
bensì quanto può risultare significativo nella scuola il mondo reale, trasformandola in
processi per la vita.
Gli elementi “alternativi” sono dati:
- dalle forme differenti di prestazione che sono richieste ai bambini per dimostrare i
processi e gli “abiti” mentali che si stanno costruendo;
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- dagli strumenti di registrazione nel tempo delle diverse attività che richiedono lo
sviluppo di quell’intelligenza o “abito” mentale;
- dal tempo dato ad ogni bambino per ri-progettare il proprio apprendimento.
- Valutazione alternativa rispetto ai tests.
In concomitanza con la nuova prospettiva posta con il Project Zero, il principio di
“alternativo”, ha preso forma anche verso l’uso dei tests, che negli Stati Uniti vengono
utilizzati normalmente per valutare gli apprendimenti. La critica – già posta da Gardner
all’uso della scala di Stanford-Binet sulla misurazione dell’intelligenza – si è estesa a
partire dai primi anni ottanta verso le scuole, poiché le prove non necessariamente
valutavano quanto i ragazzi avevano studiato.
Gardner (1993) osserva come negli Stati Uniti, con il loro focus sui marcatori
quantitativi e con il culto sull’efficienza dell’educazione, ci sia stata nel tempo una mania
per la produzione di tests, per ogni possibile proposta sociale. Così da essere ben avviati
nel divenire una “società completamente testata”. Tanto che se qualcosa è importante, vale
la pena di testarlo; se non può essere testato attraverso standardizzazioni probabilmente
non ha valore. E poiché la progressione nel percorso scolastico è basato sul superamento
dei tests, questo pone alcuni problemi legati alla qualità dell’offerta delle scuole. (p. 164)
Il disagio espresso da Gardner era già stato evidenziato da alcun autori, che si sono
posti il problema di come l’educazione poteva intercettare le nuove istanze dell’età della
conoscenza e dell’informazione. Per Arthur Costa (1989) si doveva ri-stabilire la scuola
come il centro di responsabilità, poiché l’efficacia delle scuole, la competenza degli
insegnanti, il successo degli studenti, sono determinati da margini molto stretti di punteggi
dei test standardizzati. Questa valutazione imposta dall’esterno è spesso scollegata dalle
decisioni degli insegnanti in classe. Occorre allora aumentare la varietà delle tecniche di
valutazione che vengono utilizzate, compresa quella sugli insegnanti. L’insegnante può
direttamente osservare e raccogliere evidenze delle prestazioni degli studenti, in situazioni
che richiedono l’applicazione e il trasferimento di conoscenza, così come l’uso della
cooperazione, della persistenza e della creatività. (p. 1)
Possiamo a questo punto sintetizzare cosa mirava ad essere la Valutazione
Alternativa, elencandone le caratteristiche definite da Gardner e collaboratori (1993) nel
Project Zero sulla base di Spectum e ArtsPROPEL (1984-1989):
1. Si basa sulla necessità di dare una “prospettiva” allo sviluppo umano.
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Partendo dai lavori sugli stadi di Piaget, Gardner presenta alcune ricerche che
hanno posto in evidenza come non necessariamente vi siano stadi sequenziali
con lo sviluppo di particolari domini di esperienza (p.e. linguaggio, giudizio
morale, comprensione di causalità fisica). Inoltre, un’altra caratteristica di
questa prospettiva è l’assunto che lo sviluppo non avviene senza problemi,
oppure in modo lineare, oppure libero da perturbazioni. Questo significa che ci
saranno periodi di rapida crescita e periodi di lenta crescita.
E’ possibile allora costruire strumenti di misura che riflettono, efficacemente, le
recenti acquisizioni sullo sviluppo della conoscenza.
2. Assume la prospettiva della pluralità delle intelligenze.
Le ricerche hanno evidenziato che ci sono differenti componenti che
contribuiscono al successo di ogni valutazione dell’intelligenza. I soggetti
possono differire l’un l’altro, nella facilità con la quale operano queste diverse
componenti. Le quali sono richiamate all’uso da differenti tipi di compito, che
attivano anche le meta-componenti e le sub-componenti. Queste sollecitazioni
permettono di sviluppare campi di dominio anche prima del momento formale
della scuola, avviando quella che chiamiamo “teoria delle intelligenze
multiple”.
Le prove per la valutazione possono essere allora un alleato per la ricognizione
di differenti caratteristiche cognitive o tipi di intelligenze, ma solo se la prova è
progettata per elicitare queste differenze – piuttosto che mascherarle.
3. E’ costruita in un contesto specificamente pensato per attivare la formae mentis
che si intende valutare.
Molte ricerche cross-culturali sugli “esperti” hanno dimostrato che essi spesso
falliscono sulle misurazioni formali delle loro capacità di ragionare e calcolare,
ma possono essere visti ad usare precisamente e correttamente le stesse abilità
nel corso della loro normale attività di lavoro.
In questi casi non è la persona che ha fallito ma lo strumento di misurazione
utilizzato – che pretende di documentare il livello di competenza della persona.
Le modalità con le quali si costruiscono le prove di valutazione, permettono di
creare o meno le condizioni nelle quali conoscenze e abilità si trasformano in
competenze, a partire da questi contesti che, a questo punto, non saranno
innocui per valutare la formae mentis.
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4. Richiede di sollecitare ed utilizzare competenze e abilità che risiedono “fuori”
dalla testa del soggetto.
Le ricerche in campo cognitivo hanno evidenziato che è erroneo asserire che tutte le
conoscenze richieste per eseguire un compito risiedono completamente nella mente
di un singolo individuo. La conoscenza può essere distribuita. Questo significa che
il successo nella realizzazione di un compito dipende dal team di individui, non dal
fatto che uno possieda tutte le conoscenze necessarie e le esperienze, ma che tutto il
gruppo lavorando insieme, sia in grado portare a termine il compito in un modo
attendibile. E’ quindi semplice dire che un individuo da solo “ha” oppure “non ha” i
requisiti di conoscenza, che la conoscenza potrebbe rivelarsi attendibile nella
presenza di “colpi” appropriati del soggetto: ma queste affermazioni potrebbero
risultare invisibili nella valutazione.
Questo ci fa pensare che le competenze cognitive umane sono “una capacità
emergente”, in una probabile manifestazione di intersezione di tre differenti
costituenti: - l’individuo, con il suo bagaglio di conoscenze, abilità e caratteristiche,
- le strutture di “dominio della conoscenza” entro le quali queste abilità possono
essere sollecitate e destate; - un insieme di istituzioni e ruoli – un “campo
recintato” – che giudicano quando una particolare prestazione è accettabile e
quando fallisce nel rispondere ai requisiti.
Queste tre componenti – ciclicamente sostenute – permettono di acquisire e
trasmettere nuova conoscenza.
Tutto ciò, per la valutazione alternativa, dovrebbe essere sensibile a provare lo
sviluppo e le sue differenti traiettorie. Questo permettere di considerare gli effetti
del contesto sulle prestazioni dei singoli e fornire contesti più appropriati, nei quali
valutare le competenze, includendo – nella valutazione - anche quello che va oltre
lo specifico prodotto o la competenza da valutare.
5. Pone l’enfasi sull’insieme piuttosto che sulla prova singola.
Il sistema di valutazione deve tendere ad ottenere informazioni circa le competenze
e il potenziale degli individui, con duplici obiettivi: di fornire facili feedback
utilizzabili sia individualmente che attraverso i dati utilizzabili dal sistema
complessivamente. Da questo, si può distinguere la valutazione alternativa dalle
prove attraverso i tests: ovvero il fatto di utilizzare le precedenti tecniche che
elicitano informazioni nel corso delle ordinarie prestazioni (alternativa), con l’uso
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di strumenti formali amministrati in un contesto neutrale e decontestualizzato
(attraverso i tests).
Questo comporta creatività nell’inventare metodi e misure per il sistema di
valutazione, che lo aiutano ad essere usabile, regolare e sistematico.
6. E’ semplice, naturale e avviene su di un programma attendibile.
Piuttosto che essere imposto dall’esterno in tempi anomali dell’anno, la valutazione
dovrebbe diventare parte di un ambiente naturale di apprendimento. Per quanto
possibile essa dovrebbe avvenire “al volo”, come parte di un naturale
coinvolgimento del soggetto in un situazione di apprendimento. Inizialmente, la
valutazione dovrebbe essere introdotta esplicitamente; ma successivamente,
“molta” valutazione dovrebbe avvenire naturalmente, sia da parte degli insegnanti
che degli studenti, con un limitato bisogno di riconoscimento esplicito.
Quando la valutazione diviene, gradualmente, parte naturale del sistema -
quotidiana e non straordinaria - non ha più bisogno di essere separata dalle restanti
attività della classe. Come in un buon apprendistato, l’insegnante e lo studente sono
sempre in valutazione. Non c’è più bisogno di insegnare per il test o per la prova,
poiché la valutazione è ubiqua.
7. E’ ecologicamente valida.
Quando i soggetti sono valutati in situazione, attraverso un insieme di richieste che
sollecitano un sistema di competenze semplice o complesso – attraverso per
esempio delle prestazioni – che più strettamente avvicina a delle situazioni di
richiesta che avvengono al di fuori della scuola, è possibile compiere meglio la
previsione circa l’esito finale dell’attività in corso (o del piano di studi). E’ normale
spendere centinaia di ore coinvolgendo in singoli esercizi – i test formali – quando
pochi, o nessuno, incontrerà un simile strumento di valutazione una volta lasciata la
scuola?
La domanda è: cosa rende un ambiente ecologico? La risposta: il sistema, l’insieme,
oltre che il particolare.
8. Usa strumenti che sono “giusti per l’intelligenza”.
Escogitare strumenti che siano “giusti per l’intelligenza”, che possono scrutare
direttamente all’intelligenza in atto, piuttosto che procedere attraverso la deviazione
imposta del linguaggio e dalla logica. L’intelligenza spaziale può essere valutata
19
attraverso una escursione in un territorio non familiare. L’intelligenza corporea
attraverso il vedere come una persona apprende e ricorda una nuova danza o un
esercizio fisico. L’intelligenza interpersonale vedendo un individuo cavarsela in
una disputa con un venditore, oppure cavarsela da una difficoltà emersa durante un
meeting. Questi semplici esempi, indicano che misure “giuste per l’intelligenza”
possono essere escogitate, e non passano necessariamente dai “laboratori” chiusi.
9. Usa misurazioni multiple e differenti.
Porre attenzione a una varietà di misure progettate specificamente, per accertare
differenti facce delle competenze da valutare, è ancora più utile, rispetto ad una sola
forma di misurazione. Definire che uno studente è ad un livello piuttosto che ad un
altro, solo sulla base di un dato criterio misurato su una scala, è insufficiente per
dichiarare la sua competenza o in-competenza.
Sono necessari più criteri e differenti livelli, così da vedere lo stesso risultato sotto
forme diverse.
10. E’ sensibile alla differenze individuali, livelli di sviluppo e forme di
competenza.
Un sistema che fallisce di incontrare le differenze individuali, i livelli di sviluppo, e
le varietà di esperienza, è anacronistico.
Buoni insegnanti hanno sempre pensato che approcci differenti sono efficaci con
differenti tipi di studenti. Tali sensibilità alle differenze individuali, possono
divenire parte della competenza dell’insegnante e possono essere disegnate sul
corso disciplinare così come durante la valutazione. E’ inoltre possibile per gli
insegnanti condire il loro intuitivo senso delle differenze individuali, con giudiziose
occasioni di valutazione, attivate con il particolare dominio di pratica
dell’intelligenza.
11. Usa materiali intrinsecamente interessanti e motivanti.
Un buon strumento di valutazione può essere un’esperienza di apprendimento. Ma
oltre a questo, è estremamente desiderabile avere valutazioni che accadono nel
contesto di lavoro degli studenti: sui problemi, sui progetti, oppure sui prodotti che
generalmente li attraggono, che suscitano l’interesse e li motivano a fare bene. Tali
esercizi possono non essere così facili da progettare, come alcuni questionari a
risposte multiple o chiuse, ma sono molto più probabili di sollecitare un pieno
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repertorio di abilità degli studenti e la raccolta di informazioni, che sono utili per le
successive opportunità.
12. Si applica per apportare benefici allo studente.
La valutazione dovrebbe essere eseguita primariamente per aiutare lo studente.
Dovrebbe incombere sul valutatore (assessor) l’obbligo di fornire feedback allo
stendente, che sarà subito aiutato – identificando aree di forza così come di
debolezza, fornendo suggestioni di cosa studiare o lavorarci su, precisare quali
abitudini sono produttivi e quali no, indicando cosa può essere atteso dalle future
valutazioni. E’ importante che alcuni dei feedback prendano forma di concrete
suggestioni, e indichino relative forze da costruire (pensieri, intelligenze,
competenze) indipendentemente dal tipo di gruppo che compone la classe.
b.ii - Valutazione autentica.
E’ nel contesto poc’anzi presentato che Costa (1989) - all’interno del dibattito sulla
riforma del sistema di valutazione statunitense - introduce il termine autentico, per
sottolineare le forme di valutazioni che includono l’osservazione diretta dei
comportamenti, i progetti a lungo termine, le interviste, i video. Ovvero una varietà di dati
di valutazione rende un quadro più vivido e attendibile della crescita dello studente,
piuttosto che il solo punteggio di un test standardizzato (p. 1).
Il termine “autentico” è introdotto per permettere di riconoscere “l’autentica”
crescita del bambino durante il corso di studi, in contrapposizione al solo punteggio di un
test ritenuto, per contrapposto, poco autentico. E alzare una difesa a quella situazione
definita da Livingstone, Castle and Nations (1989) con l’affermazione “il test guida il
curricolo”.
Su questa linea, il pensiero di Grant Wiggins (1989) contribuisce a determinare
l’affermarsi del termine “autentico” nelle finalità della valutazione. Ovvero il passaggio
dalla dimensione di valutazione della conoscenza alla valutazione della comprensione.
Il suo ragionamento, ironico verso le prove standardizzate, è semplice ed efficace.
Se le prove determinano cosa attualmente l’insegnante insegna e cosa gli studenti
studieranno per comprendere, allora la strada per la riforma è diritta anche se scivolosa:
verificare quelle capacità e abitudini che pensiamo essere essenziali, e verificarle in
contesto; renderle replicabili, senza richiesta “esterna”, le sfide al cuore di ogni disciplina
accademica: lasciamole essere così, allora (le prove) – autentiche. (p. 41)
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Wiggins culturalmente risente della sua vicinanza con il Project Zero, essendo tra i
ricercatori “contaminati” dall’esperienza; ne mantiene inalterate le finalità centrali e, nel
tipico clima che avvolge la ricerca statunitense, riformula e rilancia questi concetti, in
forma cooperativa piuttosto che individualistica e competitiva. Il suo punto di vista non è
più solo la MIT, ma il principio di comprensione profonda. L’alternatività si mantiene,
nella prospettiva dell’“autenticità”.
Quindi Wiggins sposta il focus su cosa si intende andare a verificare e come: infatti
si chiede quali siano le attuali prestazioni che vogliamo, per gli studenti che riteniamo
capaci, rappresentino modelli di sfida cognitiva? La prova è il momento centrale di un
processo per chiarificare e definire standards intellettuali. Attraverso la prova (performance
o prestazione) viene chiesto allo studente di “mostrare” il livello di padronanza raggiunto
in un dato dominio. Riconosciamo il lavoro di Spectrum e di Project Zero.
L’esibire la padronanza, come implica il nome, significa molto più che fare un buon
test: alla fine di una serie di prestazioni, lo studente ha chiarezza dei suoi livelli raggiunti e,
nel caso del diploma, di poter lasciare la scuola poiché li ha raggiunti. Per questo c’è
bisogno di progettare prove autentiche, in grado di mettere lo studente in condizione di
dimostrare quello che sa fare con quello che sa.
Le caratteristiche di un test autentico, secondo Wiggins (1989, p.45) sono le
seguenti:
A) Struttura e logistica
a. Sono conosciuti; coinvolgono un destinatario, un contesto, un’azione…
b. Non contano sui vincoli non realistici ed arbitrari di tempo;
c. Offrono conoscenza, non segrete domande o compiti;
d. Sono più come un insieme di raccolta di foto, un photo-album, che
un’unica foto;
e. Richiedono alcune collaborazioni con altri;
f. Ricorrono spesso – e valgono la pena di esercitarsi per, prepararsi,
riprenderli;
g. Fanno la valutazione e il feedback agli studenti così centrale che la
programmazione scolastica, la struttura organizzativa e le politiche sono
modificate (o costruire) per supportala.
B) Caratteristiche del progetto intellettuale
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a. Sono essenziali – non inutilmente intrusivi, arbitrari;
b. Permettono di fare – costruiti per accompagnare lo studente attraverso
usi più sofisticati delle abilità e delle conoscenze;
c. Sono contestualizzati, complesse sfide intellettuali, non compiti
atomizzati, corrispondenti a risultati isolati;
d. Coinvolgono gli studenti in una propria ricerca, oppure all’uso di
conoscenza, per il quale il “contenuto” è un mezzo;
e. Valutano i repertori e le abitudini, non meri richiami o abilità
giustapposte;
f. Sono sfide rappresentative – progettate per enfatizzare profondità più
che superfici;
g. Sono coinvolgenti ed educativi;
h. Coinvolgono in compiti e problemi che hanno qualche cosa di ambiguo
C) Qualità e punteggio standard
a. Coinvolgono criteri che valutano l’essenzialità, non errori che si contano
facilmente;
b. Non si classificano su una curva, ma i riferimento a standard di
prestazioni (criteri-referenziati, non norme-referenziate);
c. Coinvolgono criteri di successo demistificati che compaiono agli
studenti come inerenti ad attività di successo;
d. Fa dell’auto-valutazione una parte della valutazione;
e. Usa un sistema di punteggio multiforme invece di un’unica scala
aggregata;
f. Esibiscono armonia con gli obiettivi condivisi della scuola – gli
standard.
D) Giustizia ed equità
a. Portano alla luce e identificano forze;
b. Trovano un equilibrio costantemente rivisto, tra un successo onorevole e
abilità iniziali o fortunati compiti precedenti;
c. Minimizza i confronti inutili, ingiusti, e demoralizzanti;
d. Permette appropriate stanze per gli stili di apprendimento degli studenti,
interessi e attitudini;
e. Dovrebbe essere tentato da tutti gli allievi, con la prova “costruita su”,
23
non verso il basso;
f. Invertono la tipica procedura test-progetto: fanno la valutazione un
apprendimento per lo studente.
L’autenticità della valutazione è ulteriormente definita da Wiggins e Mc Tighe
(1998) per il fatto che essa deve provare quello per cui è stata progettata per cui,
conseguentemente, possiamo avere più forme diverse di test o di prove, che hanno
egualmente valore (p. 12).
Vediamo nello schema seguente questo assunto:
Inoltre, poiché correlate all’esibizione di padronanza, queste forme diverse di
accertamento, possono essere correlate alla comprensione dell’argomento, del concetto,
dell’unità, che l’insegnante ha progettato. Lo schema seguente pone in relazione diversi
livelli di comprensione con i relativi strumenti di valutazione:
- Questionari, test “carta e penna”:- scelta multipla- vero/falso- test chiusi- domande aperte- schede di lettura- Questionari, test “carta e penna”:- scelta multipla- vero/falso- test chiusi- domande aperte- schede di lettura- Compiti di prestazione e progetti aperti complessi
autentici
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- Compiti di prestazione e progetti aperti complessi
autentici
Wiggins (1998) ha modificato ulteriormente il significato di “autentico” spostando
l’attenzione sul principio di comprensione ed estendendo il termine “autentica” della
Valutazione ad “Educativa”. Due sono le caratteristiche principali che la rendono tale:
- la prima, la valutazione dovrebbe essere intenzionalmente progettata per insegnare
(non solo misurare) attraverso il rivelare agli studenti cosa è ritenuto degno nel
lavoro degli adulti (offrendo ad essi compiti autentici);
- la seconda, la valutazione dovrebbe fornire a tutti gli studenti e ai loro insegnanti un
ricco e utile feedback, e dovrebbe effettivamente essere progettato per valutare
l’uso del feedback da entrambi, studenti e insegnanti.
Altri elementi di questo sistema di valutazione, centrato sull’apprendimento, sono i
seguenti:
1. Un sistema di valutazione educativo è progettato per insegnare – per migliorare le
prestazioni (degli studenti e dell’insegnante) ed evoca pedagogie esemplari. E’
costruito sulla roccia di compiti significativi che sono credibili e realistici
(autentici), quindi che ingaggiano gli studenti. Questo sistema inoltre deve:
a. Essere aperto – basato su compiti, criteri e standards, conosciuti dagli
studenti e dagli insegnanti. La valutazione educativa è quindi molto
rilevante rispetto ai semplici test esterni di audizione, i quali richiedono che
le domande del test siano mantenute segrete;
b. Modella istruzioni esemplari, incoraggiando piuttosto che limitando
desiderabili pratiche di insegnamento, mostrando a tutti gli insegnati come i
più significativi e vitali obiettivi educativi e pedagogici possono essere
valutati propriamente;
c. Usa gradi che significano ed indicano qualcosa di chiaro, stabile e valido.
Questi gradi devono essere anche direttamente collegati a credibili e
importanti standards nazionali per valutare i risultati su compiti autentici;
d. La misurabilità migliora le prestazioni degli studenti lungo tutto il tempo
dell’apprendimento così che gli standards, una volta pensati molto alti e
raggiungibili solo da alcuni, diventano ragionevoli aspettative per molti
25
studenti. Essi stessi potrebbero, con questo sistema, valutarsi sulla base di
questi standards.
2. Un sistema di valutazione educativa deve fornire utili feedback agli studenti, agli
insegnanti, ai dirigenti e ai decisori politici. Un utile feedback di sistema deve:
a. Fornire dati e commenti che sono ricchi, chiari e diretti abbastanza per
rendere capaci gli studenti e gli insegnanti di auto-valutarsi accuratamente e
auto-correggere le proprie prestazioni.
b. Fornire ampie opportunità di ottenere e usare una valutazione immediata e
continua. (pp. 12-13)
L’introduzione della valutazione educativa è per Wiggins un punto fondamentale della
riforma di un sistema di valutazione. Infatti è dalla sua finalità, non solo dagli strumenti e
dalle tecniche, che può cambiare il volto della scuola. Egli sostiene infatti che la
valutazione è centrale – non periferica – nell’istruzione e nella formazione. E soprattutto
che ogni scuola può migliorare il proprio sistema di performance, in base al contesto dal
quale parte.
Anticipando il pensiero di Wiggins, per i fratelli Johnson (1996) – padri fondatori del
Learning Together, tra i più noti modelli dell’apprendimento cooperativo - un sistema di
valutazione assume significato quando:
a) porta al successo delle proposte significative; b) fornisce informazioni chiare e
utilizzabili ai destinatari; c) fornisce direzioni chiare per aumentare la qualità
dell’apprendimento e dell’istruzione.
Delle proposte significative comprendono:
a) dare agli studenti accurati e dettagliati feedback sui processi usati per apprendere e
sulla qualità e quantità dei loro apprendimenti;
b) dare agli studenti accurati e dettagliati feedback sui processi in grado di aumentare
l’apprendimento.
La valutazione è significativa quando:
a) gli studenti comprendono le procedure della valutazione;
b) gli studenti investono tempo ed energie per valutare i loro processi di lavoro;
c) gli studenti si appropriano della valutazione di qualità e quantità dei propri lavori;
d) gli studenti vogliono mostrare i loro lavori e parlare di essi con altri.
La valutazione fornisce direzione all’apprendimento quando:
a) permette di comprendere e correggere l’errore;
b) permette di colmare le distanze che vengono rilevate negli apprendimenti;
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c) permette di avanzare al livello successivo di conoscenza e abilità.
Per Jay McTighe (1996) – esperto dei sistemi di valutazione e collaboratore di Grant
Wiggins - l’esecuzione di un compito permette agli studenti di dimostrare la loro
conoscenza e abilità in un modo che si avvicina a quello che dovrebbero fare quando sono
fuori dalla classe. Quando per esempio agli studenti viene chiesto di convincere un
destinatario specifico, scrivendo in modo deciso le proprie argomentazioni, devono saper
usare la loro conoscenza sull’argomento, le loro abilità di scrittura nel modo di più
adeguato per raggiungere l’obiettivo dato. Questo è un compito congruente con le richieste
della vita reale, attraverso l’esecuzione di un compito tangibile e reale.
Il passaggio significativo operato da Wiggins è nell’introduzione del principio di
“comprensione”, intimamente collegato con la valutazione (autentica). Per Wiggins è
avvenuta quando ad un’idea ne associamo delle altre, afferriamo dei significati in
connessione tra loro e con altre importanti idee. Inoltre, quando comprendiamo, siamo
capaci di adattare la conoscenza a nuove situazioni, perché attiviamo relazioni causali, e
connettiamo in modo chiaro diversi elementi di conoscenza all’interno di un quadro
coerente di resoconti.
Anche in questo caso Wiggins richiama i lavori di Gardner e Perkins, sulle
differenze tra conoscenza e comprensione, che affronteremo in modo dettagliato nel
paragrafo successivo.
A conclusione di questo, per altro, presentiamo un quadro sinottico delle definizioni
di valutazione affrontate nel paragrafo.
Data Progetto Ricercatori Obiettivo Tipo
Valutazione
Conseguenze
1967 Inizio attività
Project Zero
Nelson Goodman -
1984 Avvio Project
Spectrum
Howard Gardner
– Mara
Krechevich
Sistema di
valutazione per
la MIT
Valutazione
Alternativa
La valutazione
anticipa la
progettazione
1985 Avvio
ArtsPROPEL
Howard Gardner Sistema di
valutazione per
la MIT
Valutazione
Alternativa
La valutazione
anticipa la
progettazione
1989 Project Zero Howard Gardner Definizione
caratteristiche
Sistema di
valutazione
Valutazione
Alternativa
La centralità
dell’azione di
valutazione e
ins-app è
27
l’apprendimento
1989 Avvio riforma del
sistema di
valutazione
Costa – Wiggins Alternativa ai
tests e uso
autentico dei
tests
Valutazione
Autentica
I test devono
essere re-
interpretati per
accertare quello
che dichiarano
1990 Avvio Project
Zero Classroom -
TFU
Perkins – Gardner Insegnare per
apprendere
attraverso le IM
Valutazione
Alternativa
La valutazione e
la progettazione
didattica
operano per la
comprensione
1990 Avvio Progetto
CLASS – Ente
indipendente
Wiggins –
McTighe
Alternativa ai
tests e uso
autentico dei
tests
Valutazione
Autentica
I test devono
essere re-
interpretati per
accertare quello
che dichiarano
1998 Avvio Progetto di
riforma del
sistema di
valutazione
Wiggins Valutazione
Educativa
Valutazione
Autentica ed
educativa
La valutazione
deve basarsi su
un sistema di
prestazioni
1998 Avvio progetto
UbD e Authentic
education
Wiggins –
McTighe
Progettare la
comprensione
Valutazione
Autentica ed
educativa
La valutazione e
la progettazione
didattica
operano per la
comprensione
2. La prospettiva delle ricerche in campo pedagogico nel XXI secolo
2.i. Il significato di comprensione profonda: nuova prospettiva della Valutazione
Alternativa.
Come visto nel paragrafo precedente, a partire dalla valutazione, si è sviluppato un
filone particolarmente fecondo sugli effetti dei curricoli, ponendo in evidenza un nuovo
punto di riferimento per i sistemi educativi: il principio di “comprensione”. In sintesi
alcuni autori si sono chiesti “che cosa è cambiato nell’idea di apprendimento?, “a che cosa
conduce l’affermazione di progettare attività per la comprensione?”. Vediamone
brevemente alcuni aspetti, incontrando ancora i ricercatori di Project Zero.
David Perkins, Martha Stone Wiske, Vito Perrone, Howard Gardner (1998)
affermano che conoscenza, abilità, e comprensione sono elementi fondamentali per le
attività educative. Ogni insegnante desidera che gli studenti ottengano dalla
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scolarizzazione, oppure da altre attività di apprendimento, un buon repertorio di
conoscenze, abilità ben sviluppate, e una comprensione del senso, del significato e dell'uso
di ciò che hanno studiato. Gli autori, ancora, si interrogano su “quale concezione si ha di
conoscenza, di abilità e di comprensione?”, “che cosa succede nelle classi, tra gli
insegnanti, gli studenti, per sostenere queste cognizioni?”.
Sostengono che per conoscenze e abilità una risposta approssimativa viene
abbastanza immediata. La conoscenza è l'informazione che si ha a disposizione. Ci
sentiamo sicuri che uno studente possiede della conoscenza quando può riprodurla,
rispondendo alle domande postegli. Se la conoscenza è l'informazione a disposizione, le
abilità sono procedure di esecuzione a disposizione di chi apprende. Scopriamo se le abilità
sono possedute, attraverso la classica “apertura del rubinetto”: per conoscere se lo studente
scrive con una buona grammatica e ortografia corretta, prendiamo ad esempio gli scritti
dello studente. Per verificare l’abilità aritmetica, assegniamo un set di problemi.
Ma la comprensione si rivela molto più sottile. Certamente non si riduce a
conoscenza. Così come è di più dell’uso di una procedura di abilità, seppur ben
automatizzata. In una frase, la comprensione è l'abilità di pensare ed agire in modo
flessibile con quanto si conosce. Per dirla in un altro modo, una comprensione di un
argomento è una “capacità di esecuzione flessibile” con l'enfasi posta sulla flessibilità. Ne
consegue che apprendere per comprendere è come apprendere un'esecuzione di tipo
flessibile - per esempio più come apprendere ad improvvisare jazz, oppure una calda e
buona conversazione, piuttosto che appendere la tavola pitagorica o le date degli eventi.
Apprendere i fatti può essere un aspetto cruciale per apprendere con comprensione, ma
apprendere i fatti non è apprendere con comprensione.
In termini pratici, in realtà, questa idea di comprensione è già presente nelle
persone. Noi capiamo la comprensione quando la vediamo. Ne discendono due idee da
quest'osservazione di senso comune:
- primo, per misurare la comprensione, chiediamo alle persone di fare qualcosa che
metta la comprensione stessa “al lavoro” - spiegare, risolvere problemi, costruire
un'argomentazione, costruire un prodotto.
- secondo, quello che fanno coloro che apprendono, in risposta alle sollecitazioni,
non solo mostra il loro livello di comprensione corrente, ma il suo vero stato di
avanzamento. Infatti è “lavorando” attraverso la comprensione, in risposta a particolari
sfide, che si perviene ad una comprensione migliore.
Questa nozione “ingenua” non solo costruisce il senso comune, ma appare anche
all'interno di molte ricerche sulla cognizione umana.
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La comprensione ci “mostra” la sua faccia quando la gente può pensare e agire con
flessibilità attorno a ciò che conosce. In contrasto, quando uno studente non va al di là di
una procedura meccanica di pensiero e di azione, questo segnala una mancanza di
comprensione.
Il criterio di evidenza dato dalla flessibilità, segnala la presenza di comprensione.
Comprendere un argomento significa, né più né meno, essere abili di adoperare con
flessibilità quell'argomento - per spiegare, giustificare, esplorare collegare e applicare in
modi che vanno al di là della conoscenza e delle procedure di abilità apprese
singolarmente.
L’enfasi sulla comprensione pone quindi l’attenzione su quali “oggetti” dovranno
realizzare gli studenti per mostrare di aver compreso, e come – ad esempio - pianificare le
unità di apprendimento. Inoltre pone in evidenza l’aspetto di come poter valutare la
comprensione.
Questo filone di ricerca, ha posto in essere l’idea di una “pedagogia della
comprensione”, che deve essere abbastanza flessibile e attraente per servire ogni studente,
“lavorando” con tutti i loro livelli di abilità e di successo. Essa deve agganciare lo spettro
intero delle possibilità intellettuali così che gli studenti possano portare all’opera tutti i loro
talenti nella scuola, e deve essere adattabile ad ogni disciplina e livello di scuola.
Questa pedagogia quindi, richiede un’organizzazione didattica che permetta agli
studenti di porre in azione la loro conoscenza. Le evidenze che dimostreranno la
comprensione, permettono agli insegnanti di valutare e di orientare i progressi di ogni
studente, attraverso la realizzazione di obiettivi di comprensione.
Ad avvalorare questa prospettiva, ricordiamo anche il pensiero recente di Morin
(2001). Egli afferma che oggi il problema della comprensione è divenuto cruciale per gli
uomini. E’ doveroso che esso contribuisca a una delle finalità dell’educazione. Occorre
vedere la comprensione come un’etica, che per essere ha bisogno di una comprensione
disinteressata. E per favorire questo, sono necessari il “ben pensare” e “l’introspezione”. Il
primo è il modo di pensare che permette di apprendere, insieme, il testo e il contesto,
l’essere e il suo ambiente, il locale e il globale. La seconda è la necessaria pratica mentale
dell’autoesame permanente di sé. L’autoesame critico ci permette una relativa
decentrazione rispetto a noi stessi.
La comprensione, per Morin allora, è nello stesso tempo mezzo e fine della
comunicazione umana. Non può esservi progresso nelle relazioni fra individui, fra nazioni,
fra culture, senza reciproche comprensioni. Per comprendere l’importanza vitale della
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comprensione, occorre riformare la mentalità, cosa che richiede – in modo reciproco – una
riforma dell’educazione.
2.ii. La ricerca cognitiva sul come si apprende.
Bransford et altri (2000) forniscono approfondite e preziose informazioni circa gli
ultimi trent’anni di ricerca cognitiva nella scuola e orientano, nella pratica, ad alcune scelte
privilegiate per l’organizzazione della classe. Tali scelte - operate con la finalità tipica
dello sguardo pedagogico - permettono di vedere come sia necessaria una classe sia
centrata sull’apprendimento che contesto per esprimere competenze. E’ con esse infatti,
che gli autori si confrontano domandandosi, inizialmente, su cosa si sia focalizzata la
scuola sino ad oggi.
Nella prima parte del XX secolo, affermano, l'educazione si è concentrata
sull'acquisizione di abilità di alfabetizzazione primaria: leggere, scrivere, calcolare. In
generale, il ruolo per i sistemi educativi non è stato di preparare le persone a pensare e a
leggere criticamente, ad esprimersi chiaramente e persuasivamente, di risolvere problemi
complessi in matematica e nelle scienze: importante era saper fare le azioni richieste.
Oggi, soffermarsi su questi aspetti di alta alfabetizzazione, è insufficiente sia per
affrontare con pieno successo la permanenza nel sistema educativo degli studenti, sia per
negoziare la complessità della vita contemporanea. Inoltre, le abilità richieste per operare
nel quotidiano, sono incrementate drammaticamente, così come il bisogno per le
organizzazioni ed i lavoratori di cambiare: da una parte vi è la realizzazione individuale
verso un aumento continuo delle competenze per meglio coesistere con il cambiamento ed
esserne parte attiva, dall’altro per essere in grado di rispondere alle istanze di flessibilità
poste dalla nuova organizzazione del lavoro. Sviluppare pratiche riflessive che aumentano
la consapevolezza del soggetto, è necessario per la sua piena realizzazione.
Oltre a ciò, si segnala che la partecipazione profonda al processo democratico, è
diventata sempre più complicata, essendosi spostato vorticosamente il centro
dell’attenzione: dalle questioni locali a quelle nazionali e globali. Gli strumenti di
alfabetizzazione risultano insufficienti per gestire attivamente i nuovi processi
partecipativi, con il rischio di delegittimare la democrazia stessa, nonchè la responsabilità
sociale intrinseca alla convivenza civile.
Che cosa ha messo in luce, in questi anni, la ricerca di base? Ha posto in evidenza
alcuni grandi filoni di scoperte – che hanno una solida base di dati a supporto e una forte
implicazione sul come insegnare. Li riepiloghiamo brevemente:
31
1. oggi gli alunni e gli studenti arrivano in classe con pre-cognizioni su
come il mondo funziona. Se questa loro iniziale comprensione non è coinvolta
nell’apprendimento successivo, potranno fallire nell’afferrare nuovi concetti che
saranno loro proposti, oppure potranno apprenderli solo allo scopo di fare un
compito, aggiungendo quote informative superficiali, e quindi di facile
“cancellazione”, una volta eseguito il compito. Torneranno ai loro preconcetti una
volta fuori dalla classe;
1. per sviluppare competenze nell’area d’indagine disciplinare, gli
studenti devono: a) avere una base profonda di conoscenze “verificate”, b)
comprendere fatti e idee nel contesto di un costrutto concettuale, e c) organizzare la
conoscenza in modi che ne facilitino il recupero e l’applicazione.
Questo principio emerge grazie alla ricerca che compara le prestazioni di
“esperti” con quelle di “novizi” e dalla ricerca sull’apprendimento e il suo
trasferimento in altri contesti. Gli esperti, indipendentemente dal campo, attingono
sempre da una strutturata e ricca informazione di base; non sono solo “buoni
pensatori” o “persone sveglie”. Le loro abilità di pianificare un compito, di
osservare modelli, di generare argomenti e spiegazioni ragionevoli, di trarre
analogie da altri problemi e contesti, sono tutte intrecciate con la conoscenza reale e
la sua applicazione;
2. un approccio metacognitivo all’istruzione può aiutare gli studenti ad
imparare come prendere il controllo dei propri apprendimenti, definendo obiettivi
da raggiungere e monitorando i loro progressi nel raggiungere gli stessi. Poiché la
conoscenza è vista come importante, ma fondamentale è la comprensione di essa e
non la solo riproduzione, le persone devono poter riconoscere quando stanno
comprendendo e quando hanno invece bisogno di maggiori informazioni. Ovvero, è
utile chiederci a tal fine: quali strategie possono usare per accertare se la loro
conoscenza significa qualcosa altro? Quali tipi di prove hanno bisogno per credere
a particolari richieste? Come possono costruire le loro teorie sui fenomeni ed
effettivamente provarle?
3. per sviluppare competenza nell’area disciplinare e interdisciplinare,
gli studenti devono avere opportunità di apprendere con “comprensione”. La
comprensione profonda di un argomento trasforma l’informazione in una
conoscenza utilizzabile. Una differenza sostanziale tra gli esperti e i novizi è che il
controllo dei concetti che avviene nella pratica da parte degli esperti, sviluppa la
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comprensione di nuova informazione: permette loro di vedere modelli, relazioni, o
discrepanze che non sono evidenti ai novizi. Non necessariamente hanno una
memoria complessiva migliore rispetto ad altri ma, attraverso l’azione e
l’applicazione, la loro comprensione concettuale permette di estrarre un livello di
significato dall’informazione che non è evidente ai novizi, aiutandoli a selezionare
e ricordare informazioni rilevanti, ri-elaborandole e ri-costruendole. Ne discende
anche che gli esperti divengono ulteriormente capaci di accedere fluentemente alle
conoscenze rilevanti, poichè la loro comprensione dell’argomento permette di
identificarle immediatamente.
Queste linee della ricerca cognitiva è stata confermata anche dai ricercatori del
PISA (Programme for International Student Assessment, 2001) per i quali – dopo l’analisi
dei risultati e dei modelli didattici - gli studenti non ricevono e processano passivamente le
informazioni. Sono partecipanti attivi nell’apprendimento, costruendo significati in modi
strutturati dall’integrazione attraverso le loro precedenti conoscenze e le nuove esperienze.
Gli studenti con una sviluppata abilità di organizzare il proprio apprendimento, sono capaci
di scegliere per sé obiettivi appropriati, di usare le loro conoscenze e abilità esistenti per
indirizzarlo, e di selezionare strategie adeguate di studio per i compiti da fare. I ricercatori
annotano come lo sviluppo di queste abilità e attitudini non sono sempre state uno
specifico focus dell’insegnamento nelle scuole, poiché attengono ai processi, piuttosto che
ai contenuti: oggi sono sempre più necessarie, essendo identificate esplicitamente come tra
i maggiori obiettivi di istruzione. Nel “fare scuola” esse potrebbero anche essere
considerate come significativa conseguenza dei processi di apprendimento. (p.109)
Le ricerche sull’apprendimento, inoltre, indicano che ci sono nuovi modi di
introdurre gli studenti ai temi tradizionali - come la matematica, le scienze, la storia, la
letteratura, le educazioni - e che questi nuovi approcci rendono possibile sviluppare, per la
maggior parte degli individui, una profonda conoscenza di argomenti ritenuti importanti
dagli insegnanti. Questi contesti tengono conto che gli studenti di oggi sono- per alcuni
versi - diversi da un tempo, arrivano da differenti culture e hanno differenti stili di
apprendimento. Arrivano a scuola con livelli di qualità emozionali e maturità sociale
diversi. I loro interessi differiscono sensibilmente, sia per gli argomenti che per l’intensità
verso gli stessi. Riflettono forme di preparazione differente in vari argomenti, così come in
quello specifico. E, a complicare le cose, la preparazione e gli interessi per un dato
studente possono variare nel tempo e dipendere dall’argomento affrontato.
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Gli studenti, oggi, non possono aspettarsi di apprendere ogni cosa che avranno
bisogno di conoscere come adulti ma devono avere una base solida di conoscenza al fine di
continuare l’apprendimento dei domini e di applicare il loro apprendimento nel mondo
reale. Le nuove scienze dell’apprendimento non negano che i fatti sono importanti per
pensare e risolvere problemi, poichè dimostrano che le abilità dell’esperto di pensare e
risolvere problemi dipendono fortemente anche da un ricco corpo di conoscenze
sull’argomento. (Chase and Simon, 1973; Chi et al., 1981; deGroot, 1965)
Bransford et altri (2000) però, mostrano che “la conoscenza applicata” non è uguale
ad una semplice lista di fatti disconnessi tra loro. La conoscenza degli esperti è connessa e
organizzata attorno a concetti importanti; è “condizionata” a specificare il contesto nel
quale è applicabile; sostiene la comprensione e il suo trasferimento (in altri contesti)
piuttosto che solo l’abilità di ricordare. ( p. 9)
Questi tratti sull’agire esperto sono evidenziati nelle considerazioni finali di OECD-
PISA (2001), che rileva come uno studente efficace processa le informazioni in modo
altrettanto efficiente. Questo richiede di più che la capacità di memorizzare nuove
informazioni. Richiede l’abilità di collegare nuovi materiali da esistenti conoscenze e di
determinare come la conoscenza può essere applicata nel mondo reale. Una buona
comprensione delle strategia di apprendimento rinforza la capacità degli studenti di
organizzare il proprio. Buoni studenti possono applicare una serie efficace di strategie di
apprendimento in un modo appropriato e flessibile. Dall’altra parte, gli studenti che hanno
problemi in questo campo, spesso non hanno accesso proprio a efficaci strategie di
apprendimento per facilitarlo e monitorarlo, oppure falliscono a selezionare una strategia
appropriata per il compito in corso. (p. 110)
2.iii. Un terzo apparato di ricerca: il significato di competenza.
Il terzo apparato della ricerca odierna ha posto in essere il concetto di competenza
introdotto nella Scuola. Molti sistemi educativi occidentali si sono – e si stanno –
interrogando da tempo sulla questione. Tra questi l’OECD (Organisation for Economic Co-
operation and Development) che nel dicembre 1997 ha lanciato il progetto DeSeCo
(Definition and Selection of Competencies: Theoretical and Conceptual Foundation).
La proposta di DeSeCo è di fornire una base concettuale e teoretica per definire e
selezionare le competenze chiave (key competencies) nonché di costruire un fondamento
solido per il continuo miglioramento di quegli indicatori statistici delle competenze
necessarie per il futuro.
Il progetto mira anche a stabilire un punto di riferimento per interpretare risultati
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empirici in relazione alle conseguenze dell’apprendimento e dell’insegnamento. Il progetto
DeSeCo è particolarmente significativo poiché è complementare con il più noto PISA
(Programme for International Student Assessment), il quale fornisce indicatori comparati
dei livelli di padronanza delle competenze nell’alfabetizzazione di base a livello
internazionale.
In particolare l’integrazione con il PISA avviene soprattutto attraverso il livello di
misurazione che, come riportato dalla relazione finale dell’anno 2000, oltre che accertare le
competenze nei tre domini centrali, mira progressivamente ad esaminare le competenze
che si sperimentano attraverso la dimensione disciplinare.
PISA 2000 accerta la motivazione degli studenti, alcuni aspetti delle attitudini verso
l’apprendimento, la capacità di usare con familiarità i computers e, sotto la definizione di
“apprendimento auto-regolato”, le strategie degli studenti per gestire e monitorare il loro
apprendimento.
Il punto di osservazione di DeSeCo riguarda le competenze significative, tanto a
livello individuale/sociale che nella vita lavorativa ed extralavorativa. Risulta interessante
per il nostro ragionamento, poichè tenta di definire la competenza dotata di un senso
pedagogico. Infatti, per DeSeCo essa è il sistema di abilità richiamate per affrontare con
successo le richieste individuali e sociali, o di realizzare un compito, coniugata attraverso
dimensioni cognitive e non cognitive. Questo approccio, caratterizzato da una richiesta-
orientata esterna, ha il vantaggio di collocare in primo piano le richieste personali e sociali
poste agli individui. Questa definizione però – ed è qui che ne cogliamo l’importanza
pedagogica - di richiesta-orientata ha bisogno, per essere completa, di basarsi sull’idea di
competenza come struttura mentale interna – nel senso di abilità, capacità o disposizione
radicata nell’individuo e quindi trasferibile in altri contesti, poichè appresa e sviluppata,
dinamica e non statica.
Ogni competenza nasce dalla combinazione interconnessa di abilità
pratiche/procedurali e cognitive, conoscenze (incluse quelle implicite), motivazioni, valori,
attitudini, emozioni, che insieme possono essere mobilitate per un’azione efficace.
Sebbene le abilità cognitive e le conoscenze di base siano elementi cruciali, è importante
non restringere l’attenzione a questi componenti, ma includere altri aspetti come appunto la
motivazione e i valori orientati.
Le competenze sono osservabili nelle azioni intraprese da un individuo in
particolari situazioni o contesti (per esempio tanto nell’ambiente vicino che nel più grande
ambiente socio-economico e politico). Esse non esistono internamente, indipendenti
dall’azione (cosa che implica la presenza di intenzionalità, ragioni e obiettivi). Questa
35
concettualizzazione è olistica nel senso che integra e collega le richieste esterne, le
caratteristiche individuali (ivi incluse l’etica e i valori personali), e il contesto come
elementi essenziali di un risultato (performance) competente.
Una competenza è sviluppata attraverso l’azione e l’interazione in contesti
educativi formali e informali.
In questo modo, lo sviluppo di competenze non si riferisce solo a insegnamenti e
apprendimenti collegati alla scuola. Oltre al sistema scolastico, anche altre istituzioni sono
responsabili per la trasmissione e lo sviluppo delle competenze necessarie: la famiglia, il
contesto lavorativo, i mass media, le organizzazioni religiose e culturali. Inoltre, mentre
l’acquisizione e il mantenimento di competenze è in parte una faccenda di sforzo
personale, dovrebbe essere riconosciuto che essa è anche conseguenza dell’esistenza di
risorse favorevoli, di un ambiente sociale e istituzionale appropriato.
DeSeCo definisce più specificamente anche il concetto di key competence,
competenze in grado di abilitare gli individui a partecipare efficacemente in contesti sociali
differenziati, e che contribuiscono ad un successo globale nella vita e ad un buon
funzionamento della società.
DeSeCo differenzia quindi le competenze – che si applicano ad un dominio
specifico di attività e che sono necessarie esclusivamente per quella attività o professione –
dalle competenze chiave, che invece sono necessarie per ognuno, indipendentemente dal
contesto specifico.
La definizione e la scelta di key competence è influenzata dai valori di una
determinata società e da cosa gli individui, i gruppi e le istituzioni dentro a questa società
considerano importanti. Quindi, è necessaria una visione condivisa del mondo come punto
di riferimento normativo per identificare e scegliere quelle competenze che promuovono il
benessere sociale, economico e personale.
Sono così state costruire tre ampie categorie di key competencies, basate sulla
letteratura accademica e sulle connessioni interdisciplinari.
Le tre categorie di key competencies sono:
1. l’autonomia ovvero l’agire autonomo,
2. la competenza interpersonale ovvero l’usare strumenti
d’interazione;
3. la competenza di leadership ovvero il funzionare in gruppi
socialmente eterogenei.
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Queste categorie costituiscono una base concettuale per mappare e
concettualizzare ulteriormente le competenze chiave identificate.
Sia le tre categorie che le competenze chiave riflettono la definizione e i criteri
stabiliti in DeSeCo: dipendono da una struttura normativa nella quale democrazia e rispetto
dei diritti umani sono caratteristiche centrali. Sono considerate valide nel contesto
internazionale. Sono necessarie per arrivare ad affrontare la complessità della vita
moderna.
Sebbene i tre costrutti (l’agire autonomo, l’usare strumenti d’interazione e il
funzionare in gruppi socialmente eterogenei) siano correlati, ognuno ha un focus specifico.
1. Il focus di “agire autonomo” è in relazione all’autonomia e
all’identità.
1. Il focus di “usare strumenti di interazione” riguarda le interazioni
dell’individuo con il mondo attraverso strumenti fisici e socio-culturali (inclusi il
linguaggio e le tradizionali discipline accademiche).
2. La categoria “funzionare in gruppi socialmente eterogenei” enfatizza
le interazioni dell’individuo con il gli altri, gli altri differenti.
Tra le competenze essenziali per il ventunesimo secolo, possiamo quindi segnalare:
1. Competenze di informazione e di comunicazione
- Abilità di informazione e alfabetizzazione rispetto ai nuovi media
o Analizzare, accedere, organizzare, interagire, valutare e
creare informazioni in una varietà di forme e mezzi di comunicazione
(media). Comprendere il ruolo dei media nella società.
- Abilità di comunicazione
o Comprendere, organizzare e creare efficaci comunicazioni
orali, scritte e multimediali utilizzando una varietà di forme e contesti.
2. Competenze di pensiero e di soluzione di problemi
- Pensiero critico e costruzione di sistemi di pensiero
o Esercitare un ragionamento corretto nella comprensione di
problemi e nel compiere scelte complesse, rendendosi conto delle
interconnessioni fra i sistemi.
- Identificazione, formulazione e soluzione dei problemi
o Abilità di analizzare, strutturare e risolvere problemi
- Creatività e curiosità intellettuale
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o Sviluppare, implementare e comunicare nuove idee agli altri,
essere aperti e sensibili a nuove e diverse prospettive
3. Competenze interpersonali e di auto-direzione
- Abilità interpersonali e di collaborazione
o Abilità di leadership e di lavoro in gruppo, adattamento a vari
ruoli e responsabilità, abilità di lavorare produttivamente con gli altri,
esercitare l’empatia, rispettare le diverse prospettive.
- Autonomia
o Auto-osservarsi per aumentare la comprensione di sé e per
conoscere i propri bisogni di apprendimento, individuare risorse
appropriate, trasferire l’apprendimento da un contesto ad un altro.
- Responsabilità personale
o Esercitare responsabilità personale e flessibilità nei contesti
lavorativi e territoriali, definire e raggiungere alti standards e obiettivi per sé
e per gli altri, tollerare le ambiguità
- Responsabilità sociale
o Agire responsabilmente negli interessi di una più larga
comunità, manifestare comportamenti etici in contesti personali,
professionali o della comunità.
Sulle competenze di è soffermato anche il “Memorandum sull’istruzione e la
formazione” dell’Unione Europea (2000), il quale afferma che l’istruzione di base, seguita
da un’istruzione o una formazione iniziali, dovrà consentire a tutti i giovani di acquisire le
nuove competenze di base richieste in una società fondata sulla conoscenza. Essa dovrà
inoltre “insegnare ad apprendere” e far sì che essi assumano un atteggiamento positivo nei
confronti dell’apprendimento.
Per il Consiglio europeo di Lisbona (2000) le competenze necessarie da introdurre
nel sistema di istruzione e formazione, sono quelle relative alle tecnologie
dell’informazione, alla conoscenza delle lingue straniere, alla cultura tecnologica, allo
spirito d’impresa e alle competenze sociali, ricordando che l’elenco non è certo completo,
e neppure sostitutivo delle qualifiche di base tradizionali – leggere, scrivere e far di conto.
La declinazione delle competenze per la Commissione, attraverso il Memorandum
(2000), si sviluppa attorno all’assunto che esse sono indispensabili per una partecipazione
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attiva nella società e nell’economia della conoscenza da parte del soggetto, premettendo a
questi di essere coerente della propria identità e dell’orientamento della propria vita: “Alcune di queste competenze, quali l’alfabetizzazione digitale, sono del tutto nuove,
mentre altre, tra cui la conoscenza delle lingue straniere, acquisiscono rispetto al passato
un’importanza sempre maggiore e per un numero sempre maggiore di persone. Anche le
competenze sociali, quali la fiducia in sé stessi, l’autodeterminazione e la capacità di assumere
dei rischi, sono sempre più determinanti, in quanto si suppone che le persone acquistino
sempre maggiore autonomia rispetto al passato. Le competenze relative allo spirito
imprenditoriale si traducono nella capacità dell’individuo di migliorare la sua prestazione sul
piano professionale e nella capacità di diversificare le attività di una società” (p. 11)
Il Memorandum continua affermando che la società è globalmente meno uniforme
di quanto non lo sia stata in passato, pertanto le competenze personali (quali la capacità di
adattamento, la tolleranza nei confronti degli altri e delle autorità, il lavoro di gruppo, la
capacità di risolvere problemi e di prendere rischi, l’indipendenza, ecc.) sono sempre più
richieste affinché sia possibile per gli individui vivere insieme nella tolleranza e nel
rispetto reciproco.
La più importante di queste competenze è la capacità di apprendimento –
conservando la curiosità e l’interesse per nuovi aspetti e nuove capacità – senza la quale
l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita non può esistere. Tuttavia per molti insegnanti
è difficile stimolare questa capacità, il cui sviluppo dovrebbe essere al centro sia della
formazione degli insegnanti, che della ricerca in materia d’istruzione nei prossimi anni,
facendo in modo che essi siano ben preparati per intervenire in un contesto in continuo
mutamento.
La prospettiva sin qui presentata, può svolgere il compito per rendere la scuola
efficace nel XXI secolo, nella quale non uno di meno arrivi alla meta.
3. Gli strumenti della Valutazione Alternativa e della Valutazione Autentica.
Il quadro complessivamente presentato, ha offerto un’insieme di finalità, di significati e di
prospettive, che vengono tradotte in azione da alcuni strumenti nominati nel corso di
questo viaggio. Sono gli strumenti che andremo ad analizzare, che permettono sia alla
Valutazione Alternativa o che alla Valutazione Autentica di essere tali, unitamente agli
oggetti che essi intendono misurare. Tali strumenti che abbiamo incontrato nel Project
Spectrum, in ArtsPROPEL e nella prospettiva di Wiggins, e che ora andremo a presentare
sono: i compiti autentici, le rubriche di valutazione, gli standards, il portfolio (quest’ultimo
è stato già considerato nella prima parte).39
3.a. I compiti autentici.
Gardner (1993), enfatizza l’importanza che assume - nella prospettiva sin qui proposta - la
prestazione offerta da studenti capaci di prendere le informazioni e le abilità, apprese nella
scuola o in altri ambienti, e di applicarle in modo flessibile e appropriato a una situazione
nuova e almeno in parte imprevista. Egli le definisce autentiche e reali in quanto in grado
di dimostrare la competenza disciplinare, ossia la comprensione vera. Poichè gli esseri
umani, come definito nella sua teoria, conoscono il mondo attraverso modi diversi, le
prestazioni autentiche possono aiutare la persona a scoprire il proprio profilo delle
intelligenze e i modi in cui esse vengono chiamate in causa e combinate tra loro per portare
a termini i vari problemi e progredire nei vari campi. (p. 190)
I prodotti possono essere relativamente semplici – la costruzione di una mappa concettuale
sull’argomento studiato, oppure la soluzione di un problema con l’applicazione dei concetti
appena appresi – oppure complessi - stesura di ricerche, di protocolli di sperimentazioni, di
articoli per riviste scientifiche o letterarie, di progettazioni multimediali, di indagini sociali,
di organizzazione di seminari i cui esperti sono gli studenti.
Il North Central Regional Educational Laboratory (NCREL) definisce i compiti complessi
o autentici come quei compiti che hanno una applicazione nel mondo reale. Tali compiti
hanno una forte somiglianza con i compiti che vengono richiesti da un ambiente esterno
alla scuola (come per esempio a casa, in un’organizzazione territoriale, nei laboratori
artigianali, in alcuni posti di lavoro) e richiedono agli studenti di applicare una vasta
gamma di conoscenze e abilità. Spesso permettono agli studenti di colmare alcune lacune,
e si concludono con un prodotto finale concreto. Altri esempi di compiti autentici
includono il prendere decisioni circa l’uso di terreni, progettare e produrre un programma
per il gioco nella scuola, progettare e realizzare giardini, biblioteche, musei nella propria
scuola o comunità.
Usualmente i compiti autentici coinvolgono molteplici discipline e sono sfidanti per la loro
complessità. Solitamente, inoltre, vengono richieste le abilità di pensiero più elevate, come
per esempio la comprensione profonda, la progettazione, l’analisi e la soluzione di
problemi, l’organizzazione di conoscenze contestuali.
E’ possibile coinvolgere gli studenti in compiti complessi che hanno lo scopo di andare al
di là dei limiti della classe stessa e della valutazione critica dell’insegnante,
contemporaneamente andando oltre al sapere formale contenuto nei testi.
I compiti autentici e complessi, inoltre, assumono la caratteristica di motivare gli studenti a
sentirsi parte di una classe organizzata come comunità di apprendimento. Brophy (2003),
40
suggerisce per quanto possibile, di far apprendere gli studenti attraverso l’impegno in
attività autentiche, le quali, esigendo che si utilizzi ciò che si è appreso per compiere i
numerosi tipi di applicazioni nella vita reale, giustificano l’inclusione di tale forma di
apprendimento nella formazione del curricolo motivante.
L’efficacia dei compiti complessi e delle attività ad essi correlate, consiste nel loro
potenziale di coinvolgimento cognitivo, ovvero nel grado in cui inducono gli studenti a
riflettere attivamente sui contenuti, ad applicare le idee chiave, ad essere consapevoli dei
loro obiettivi di apprendimento e a controllare le proprie strategie di apprendimento.
Consideriamo fondamentale per il nostro ragionamento quanto introdotto, in
considerazione di due aspetti:
- il primo richiama il valore orientante delle discipline; queste ultime per Gardner, non si
identificano in modo prevalente con i loro contenuti né con i fatti o concetti di cui sono
composti i glossari o gli indici dei testi, ed i testi scolastici stessi. Le discipline sono dei
modi di pensare, messi a punto da chi le conosce a fondo, che consentono a chi le pratica di
non essere solo intuitivi nell’applicazione, ma anche di dotare l’agire di senso compiuto.
Una volta acquisite e interiorizzate, le discipline diventano le modalità attraverso le quali
gli esperti interpretano i fenomeni del loro mondo.
Aiutare gli studenti, attraverso il confronto con prodotti complessi, in un contesto
autentico, da una parte rende motivante lo studio e la frequenza scolastica; dall’altra
permette di formarsi quelle formae mentis – analisi, sintesi, problem solving, presa di
decisone, applicazione di conoscenze - che contraddistinguono i campi d’esperienza
specifici e riconoscibili nelle discipline e nelle professioni. Questi campi sono quanto lo
studente trova nel mondo reale, anche se con complessità ed effetti commisurati
all’esperienza in divenire, e per questo fortemente orientanti.
- il secondo aspetto conferma il valore orientante del prodotto finale dell’attività di
apprendimento; è con esso che gli studenti si misurano, conoscono, mettono in pratica le
abilità che si riferiscono al lavorare insieme, conoscono sé stessi in rapporto all’altro
davanti al problema vero con il quale confrontarsi anche fuori della scuola, si rendono
capaci di gestire le informazioni in loro possesso, assumono un senso di responsabilità
necessario a portare a compimento il prodotto stesso, a chiedere aiuto, a lavorare insieme
in gruppo, a usare la creatività. Un percorso concreto, attraverso il quale fornire agli
studenti strumenti in grado di farli ri-conoscere capaci di agire in situazione, di operare con
la conoscenza trasformata in abilità specifiche e contemporaneamente utili oltre la
professione stessa.
41
Wiggins (1998) chiarisce che un compito, un problema, un progetto è autentico quando:
1. è realistico; riflette il modo nel quale l’informazione o l’abilità dovrebbero essere
usati nel mondo reale;
2. richiede giudizio e innovazione; è basata sulla soluzione di problemi non strutturati
che potrebbero avere più di una risposta giusta e, quindi, richiedono
all’apprendente di fare delle scelte consapevoli;
3. chiede allo studente di “fare” la disciplina, costruendola; essi dovranno incontrare,
attraversare e possedere le procedure che sono all’interno delle discipline, che le
formano nei significati e nei processi;
4. replica o simula contesti diversi (lavoro, vita civile, vita personale) nei quali
solitamente gli adulti sono “controllati” e valutati; chiede quindi di realizzarsi in
contesti o situazioni specifiche che hanno particolari restrizioni, proposte o
spettatori (compiti complessi);
5. accerta le abilità di usare in modo efficace e reale un repertorio di conoscenze e di
abilità per negoziare compiti complessi; gli alunni e gli studenti devono dimostrare
un’ampia gamma di abilità collegate tra loro a problemi complessi, al “giudicare”
un giudizio, al giustificare un processo o alcune conseguenze;
6. permette appropriate opportunità di ripetere, praticare, consultare risorse, avere
feedback su e perfezionare la prestazione, i prodotti e gli apprendimenti; permette
quindi di focalizzare l’apprendimento attraverso il ciclo di performance-feedback-
revisione-performance.
Inoltre, definisce anche le caratteristiche che rendono il prodotto autentico:
Prodotto autentico Cosa rende autentico il prodotto Dimensioni
orientanti correlate
L’aspettativa è la qualità del
prodotto o dell’esecuzione;
La realizzazione del prodotto
determina che gli alunni possano
spiegare o giustificare le risposte
date, non solo fornire risposte
esatte;
- conoscenza profonda;
- pensare critico;
- capacità di motivare una scelta;
Gli alunni potranno conoscere
tanto quanto possibile le
aspettative in anticipo
Compiti, criteri e standards
attraverso i quali il prodotto sarà
giudicato, sono conosciuti in
anticipo
- armonizzare i comportamenti
rispetto alle attese del contesto
rispetto al compito da eseguire;
- indirizzo e regolazione
consapevole dei propri sforzi;
- persistenza rispetto
42
all’obiettivo da raggiungere;
E’ richiesta un’applicazione con
il mondo reale
Il problema sarà incontrato
verosimilmente da un professionista
o da un cittadino
- confronto con compiti
realmente professionali;
- possibilità di osservare da
“dentro” il contesto professionale;
- trasferimento di conoscenze tra
più ambienti;
- azione costante di problem-
solving e pensare critico;
- definizione di strategie comuni;
E’ una sfida nella quale la
conoscenza dovrà essere usata
in modi creativi per rispondere
al problema
La risposta non è una routine, e
neanche deve arrivare
necessariamente in un modo unico
- uso della creatività;
- azione costante di problem-
solving;
- costante confronto con gli altri
membri del gruppo;
- capacità di contestualizzare le
informazioni;
- necessità di ascoltare e
dialogare continuamente;
Richiede di definire criteri e
standards;
Non è pensato per un facile
conteggio, richiede l’uso di
conoscenze e abilità fondamentali;
- confronto costante con criteri di
successo del compito definiti dal
contesto;
- immersione in concrete
difficoltà professionali con le quali
misurarsi;
E’ interattivo E’ progettato per riconoscere se
l’alunno ha capito, piuttosto che gli
è familiare per una pratica
meccanica;
- capacità di trasferire
conoscenze e abilità;
- riflessione continua su sé stessi;
- controllo costante del proprio
comprendere poiché applicato;
Fornisce dimostrazione
giudicata contro i ruoli e sfide
basate sulle discipline.
Il compito è valido e leale, sollecita
gli interessi dell’alunno, è sfidante.
- pone il confronto con compiti
reali;
- confronta gli interessi e le
motivazioni dell’indirizzo
“professionale”.
Un esempio proposto da Wiggins (1998, p. 27) di compito autentico in matematica
è il seguente:
Questo è un pacco.
43
Sei responsabile dei pacco-regalo degli acquisti, in un grande magazzino. In media, ogni anno,
24.000 clienti fanno acquisiti di vestiti nel tuo reparto. Circa il 15% dei clienti vuole che i loro acquisti siano
incartati con pacchi-regalo. In un mese, il reparto normalmente vende 165 giacche, 750 magliette, 480 paia di
pantaloni, 160 cappelli. Il prezzo di tutte le scatole è uguale, e la carta da regalo costa 26 cents di euro per
ogni metro. Ogni rotolo di carta regalo è largo 1 metro e lungo 150 metri.
Come manager dei pacco-regalo, naturalmente vuoi pianificare i costi dell’anno dei pacchi regalo e
vuoi risparmiare denaro il più possibile. Quale forma di scatola per pantaloni, magliette, giacche, e cappelli,
permetterebbe di utilizzare al meglio la quantità di carta da regalo e di risparmiare sul suo acquisto?
I tuoi compiti:
- Raccomanda al responsabile degli acquisti, con un report scritto:
o Le misure delle scatole che dovrebbero essere ordinate per pantaloni, magliette, giacche, e
cappelli, quando essi sono ordinati separatamente;
o Il numero di rotoli di carta necessari;
o Il costo approssimativo della carta da regalo per un anno intero di vendite.
Questioni da considerare per il problema:
1. Quando i vestiti sono piegati, quanto grande dovrà essere questa scatola? Naturalmente, il modo con il
quale pieghi, fa la differenza nella forma della scatola che puoi usare senza mettere disordinatamente il
vestito;
2. Sperimenta con misure, pieghe, e scatole di vestiti nei contenitori tipici di cartoncino che i vestiti
entrano (oppure fai un box con grandi pezzi di carta che dimostri il tuo esperimento);
3. Nessuno può impacchettare senza sprecare una certa quantità di carta. Considera nel costo della carta,
la carta in più o sprecata nel fare i pacchi regalo.
Il tuo lavoro sarà valutato considerando i seguenti criteri:
- sofisticazione matematica;
- metodi e ragionamenti matematici;
- efficacia del lavoro;
- qualità dei reports;
- Accuratezza del lavoro.
Il compito precedente, segue a sua volta uno schema utile per la progettazione, che
presentiamo (utilizzando gli stessi elementi del compito). L’insegnante può trarre dal
contesto reale ogni idea in grado di trasformare attivamente le conoscenze e le abilità
incontrate durante la fase di studio.
Progettare compiti finali competenti
44
Titolo del compito
Questo è un pacco.
Tempo stimato per la realizzazione
4 ore
Obiettivo del compito
Utilizzare le conoscenze sui volumi
Ruolo che lo studente deve svolgere nel compito
Sei responsabile dei pacco-regalo degli acquisti, in un grande magazzino.
La situazione che gli studenti affronteranno per dimostrare la competenza e la comprensione e il tipo di restrizioni e/o condizioni che devono soddisfare è la seguente:
Come manager dei pacco-regalo, naturalmente vuoi pianificare i costi dell’anno dei pacchi regalo e vuoi risparmiare denaro il più possibile. Quale forma di scatola per pantaloni, magliette, giacche, e cappelli, permetterebbe di utilizzare al meglio la quantità di carta da regalo e di risparmiare sul suo acquisto?
Prodotti specifici richiesti dal compito I destinatari del compito sono1. Report scritto al responsabile acquisti; 1. responsabile degli acquisti2. Un campione di una scatola
1. il compito sarà valutato dai seguenti criteri:
- sofisticazione matematica;
- metodi e ragionamenti matematici;
- efficacia del lavoro;
- qualità dei reports;
- Accuratezza del lavoro.
2. La padronanza della competenza sarà valutata da
Un insieme di prodotti, possono essere intenzionalmente progettati per sollecitare le
molteplici forme di intelligenza introdotte da Gardner, al fine di rendere il bambino
“intelligentemente” capace di risolvere problemi attraverso quel particolare campo di dominio. Egli
avrà bisogno quindi di un curricolo con uno spettro ampio di prodotti complessi ai quali è stato
esposto, così da apprendere a potenziare quanto già possiede naturalmente oppure ad apprendere il
minimo necessario per la comprensione attiva del campo di dominio e, più in generale, del mondo.
A titolo di esempio, riportiamo alcune attività autentiche, nella prospettiva introdotta, utili
altresì per sviluppare la finalità orientativa della scuola attraverso le sue discipline o l’insieme delle
attività didattiche nella Scuola Primaria:
La vita e il tempo dei RomaniLinguistica
(Prevalente)
Visuale/Spaziale
Cinestesica
(Secondaria)
Logico/matematica
(Prevalente)
Visuale/Spaziale
Interpersonale
(Secondaria)
Visuale/Spaziale
(Prevalente)
Logico/matematica
Cinestesica
(Secondaria)
Musicale
(Prevalente)
Logico/matematica
(Secondaria)
Naturalistica
(Prevalente)
Logico/matematica
(Secondaria)
Intrapersonale
(Prevalente)
Linguistica
(Secondaria)
Interpersonale
(Prevalente)
Intrapersonale
(Secondaria)
Cinestesica
(Prevalente)
Logico/
matematica
Interpersonale
(Secondaria)
Gli alunni Gli alunni Gli alunni Gli alunni Gli alunni Gli alunni Gli alunni Gli alunni
45
scrivono
giochi sulla
vita dei
Romani.
Gli alunni
realizzano
delle
presentazioni
verbali sulle
loro scelte di
aspetti
caratteristici
della vita dei
Romani.
usano i numeri
romani per la
matematica.
Gli alunni
realizzano
schemi di
cause/effetti
sulla caduta
dell’Impero
Romano.
realizzano una
collezione di
pezzi d’arte e
simboli dei
Romani
antichi.
Gli studenti
progettano e
creano pezzi
artistici in
questo stile.
scoprono il
ruolo dei
cantori nella
definizione
della cultura e
redigono una
storia dei
cantori
dell’antica
Roma.
Gli alunni
studiano gli
strumenti
Romani come
per esempio il
liuto.
studiano i disastri
naturali, i
vulcani, i
cambiamenti
nella terra, e
l’impatto
dell’eruzione di
su Pompei.
Gli alunni
realizzano una
mappa su come i
disastri hanno
influito
sull’Impero.
mantengono un
diario di bordo
cronologico
degli
apprendimenti
nell’unità.
Gli alunni
predispongono
delle critiche e
delle
valutazioni dei
loro lavori.
lavorano in
gruppi o in
coppie per
realizzare le
attività.
Durante il
lavoro
commentano
e valutano i
lavori dei
compagni ,
senza
giudicare le
persone, ma
giustificando
le loro
decisioni.
drammatizza
no i loro
giochi scritti
sul tempo
dei Romani.
Gli alunni
costruiscono
una danza
sui Romani e
la mettono in
scena.
Ci pare che quanto presentato permetta di comprendere alcune potenzialità delle
prestazioni autentiche secondo la MIT, concretizzando l’orientamento come esplicazione
di un insieme di attività che mirano a formare e a potenziare le capacità delle studentesse e
degli studenti di conoscere se stessi, l'ambiente in cui vivono, i mutamenti culturali e socio-
economici, le offerte formative, affinché possano essere protagonisti di un personale
progetto di vita, e partecipare allo studio e alla vita familiare e sociale in modo attivo,
paritario e responsabile.
Inoltre viene confermata la doppia identità formativa della scuola-laboratorio che si
confronta con un apprendimento “operoso”: la prima, caratterizzata dallo stile relazionale,
che permea la vita della classe, antidoto al parcheggio “nella” scuola dell’alunno. La
seconda, connotata dalla ricerca, poichè sviluppa ricorsive qualificazioni delle proprie
modalità di insegnamento-apprendimento (Frabboni, 2003), in chiave metacognitiva e
capace di sviluppare le potenzialità di ognuno.
3.b. Le rubriche per la valutazione
Il secondo strumento che presentiamo prende il nome di rubrica per la valutazione.
Heidi Goodrich Andrade (1999) afferma che esse sono un eccellente strumento di
valutazione: rendono la valutazione un lavoro rapido ed efficiente e aiutano gli insegnati a
giustificare i valori che assegnano agli studenti. Le rubriche possono quindi essere
46
considerate come uno strumento dell’insegnare che sostiene l’apprendimento dello
studente e incoraggia lo sviluppo sofisticato delle abilità di pensiero.
Cos’è una rubrica?
Heidi Goodrich (1996) richiamando David Perkins (1994) la definisce uno strumento
di punteggio che elenca i criteri per una parte di lavoro, oppure per “cosa conta” di quel
lavoro, esempio: in un brano di scrittura, ciò che conta potrebbero essere elementi di
intenzionalità, organizzazione, dettaglio, vocabolario, meccanicità. La rubrica esprime
chiaramente i livelli di qualità per ogni criterio ritenuto utile, partendo da livelli minimi
accettati.
McTighe e Wiggins (1999) definiscono una rubrica come uno strumento per valutare
un prodotto oppure una prestazione. È composta da: criteri valutativi, una scala definita e
indicatori descrittivi per differenziare i livelli di comprensione, di abilità, di qualità.
Queste definizioni ci portano a dire quindi che una rubrica – piuttosto che essere
l’attribuzione di un singolo punteggio – diviene una guida all’attribuzione di punteggio che
cerca di valutare le prestazioni dello studente basandosi su un insieme di criteri che vanno
da un livello minimo a uno massimo (Danielson C., Hansen P., 1999).
Il compito che l’insegnante assegna al gruppo o allo studente, può essere un prodotto,
una prestazione, oppure può richiedere delle risposte scritte articolate ad una domanda, che
comportano agli studenti l’applicazione di abilità di pensare critico, creativo o di saper
analizzare ed organizzare le informazioni.
La descrizione dettagliata dei livelli attesi descritti da Goodrich, o dei differenti livelli
di prestazione di McTighe e Wiggins, permettono di definire un insieme uniforme di criteri
o indicatori specifici che saranno usati per giudicare il lavoro degli studenti. Le rubriche
così organizzate, generalmente, dovrebbero permettere a due insegnanti diversi di
pervenire alla medesima valutazione.
Questo aspetto evidenzia la potenzialità della rubrica, ovvero la forte riduzione di
soggettività nella valutazione di una competenza, permettendo di rendersi conto delle reali
possibilità della persona di trasferirla ad altri contesti. Solitamente il grado di concordanza
dei punteggi assegnati da due valutatori indipendenti è una misura dell’attendibilità dei
criteri della valutazione stessa.
Questo tipo di coerenza è particolarmente necessario se dobbiamo valutare dei prodotti
e contemporaneamente raccogliere dati che possano fornire indicazioni, allo studente, su
cosa e come migliorare. Inoltre, l’attendibilità della valutazione significa che per
47
un’istituzione scolastica che intenda farne uso, diviene uno strumento particolarmente
efficace per sviluppare piani di miglioramento della scuola.
Aspetti costitutivi delle rubriche
Una rubrica ha diversi componenti, ognuno dei quali contribuisce alla sua utilità. Gli
elementi che compongono una rubrica solitamente sono:
– dimensioni (o tratti);
– scala di valore;
– criteri;
– descrittori;
– indicatori per specificare i livelli di prestazione accompagnati da modelli o esempi
per ogni livello (àncore).
Nella realizzazione della rubrica, l’insegnante o il team di lavoro (inteso anche come
gruppo disciplinare o interdisciplinare) considera, in una prima fase, tutte le caratteristiche.
Le dimensioni o i tratti sono il riferimento per giudicare l’azione della competenza
degli studenti o degli alunni. In una disciplina potrebbero essere anche gli elementi
strutturanti la stessa o le sue dimensioni essenziali che un insegnante o una comunità
disciplinare intende ritrovare (e operare per il loro apprendimento) ricorsivamente. Ad
esempio nella rubrica fig. 2 “Partecipare in gruppo” i tratti della competenza sono definiti
da “lavorare insieme”, “comunicare con gli altri” e “usare il tempo”. Nella rubrica fig. 3, i
tratti della presentazione multimediale sono definiti da “forma” e “contenuti”.
Solitamente una rubrica contiene una scala di punti possibili da assegnare al lavoro, su
un continuum di qualità. Usualmente vengono assegnati a numeri alti le corrispondenti
migliori esecuzioni. La definizione di questi valori è necessaria per apprezzare il livello di
padronanza della competenza in atto, nel compito complesso o autentico predisposto
dall’insegnante.
I criteri sono le condizioni che ogni prestazione o competenza deve soddisfare per
essere adeguata e di successo. Essi definiscono che cosa significa “incontrare” i compiti
richiesti. Per esempio, nella rubrica fig. 2 “Partecipare in gruppo” i criteri che devono
essere soddisfatti nel tratto “lavorare insieme” sono: “svolge il compito”, “ha iniziativa
individuale” e “aiuta gli altri”. Nella rubrica fig. 3 “Prestazione multimediale” i criteri
che si devono incontrare nel tratto “forma” sono: “quantità di forme”, “aspetto grafico” e
“coerenza e ricchezza delle forme multimediali”. I criteri devono essere soddisfatti per
avere successo nella padronanza della competenza, mentre gli indicatori sono di aiuto.
48
Gli indicatori manifestano ai valutatori dove guardare e cosa guardare per giudicare il
compito complesso svolto con successo. Forniscono all’insegnante-valutatore e allo
studente-performer feedback concreti se il criterio è stato soddisfatto. Per esempio i
contenuti delle rubriche qui riprodotte sono degli indicatori che esprimono cosa si deve
vedere per definire il compito o la competenza a quel livello di padronanza.
Le àncore sono ulteriori esempi che guidano nel tradurre un criterio o l’indicatore. Le
componenti delle rubriche sinteticamente presentate, ci permettono di definire che
l’insegnante costruisce dapprima una rubrica con tutti gli elementi analiticamente descritti
e successivamente ne realizza una copia riepilogativa. In alcuni casi in essa vengono
riportati esplicitamente tutte le scelte operate per la costruzione, in altri casi trovano
evidenza le dimensioni e gli indicatori in forma discorsiva.
Una volta definite ed esplicitate le componenti, le rubriche divengono guida per il
lavoro degli studenti, i quali hanno un’idea esatta di come procedere per avere successo ad
ogni livello della scala del punteggio. Gli esempi di rubrica fig. 2 “Partecipazione in
gruppo” e rubrica fig. 1 “Valutare il prodotto finale individuale” sono guide per l’alunno
nell’esecuzione del compito.
Tipi di rubrica e loro uso: alcuni scenari
Primo scenario, scuola primaria – Immaginiamo che un insegnante presenti un progetto
didattico con alunni dell’ultimo anno. Attraverso un percorso di ricerca e di studio di alcune
fonti storiche (testuali e iconografiche) – generato da tre domande alle quali gli alunni
dovranno dare risposta – verranno raccolte informazioni circa la vita di uomini e donne di
quattro grandi civiltà, Egizia, Greca, Romana e Cinese.
Durante le fasi delle attività, nelle quali gli alunni avranno lavorato sia
individualmente che in piccoli gruppi, l’insegnante considera tutte le produzioni realizzate
(tabelle individuali, cartelloni riepilogativi, interventi nei piccoli gruppi). Inoltre opererà
dei monitoraggi e delle osservazione dirette mentre gli allievi sono all’opera.
A conclusione del progetto agli alunni, che in questa fase lavoreranno
individualmente, viene chiesto di rispondere alle tre domande poste in fase di avvio,
scegliendo una tra le seguenti modalità:
– Sei un giornalista di una rivista storica per ragazzi dell’anno 2006. Il tuo direttore ti
chiede di scrivere un racconto attraverso il tempo che racconti di donne e/o uomini delle
diverse società delle quali tu sei un esperto. L’articolo sarà pubblicato in seguito anche nel
giornalino della tua scuola e nella sezione storica della rivista del tuo Comune.
49
– Sei un artista moderno. Sei stato invitato a rappresentare il tuo paese ad una mostra
internazionale. Seleziona delle immagini “pregiate”, tra quelle che hai visto, tra le opere
prodotte dai gruppi, tra le schede realizzate dai compagni. Successivamente realizza la tua
opera “autentica e personale” che invierai alla mostra, per parlare di storie di donne e di
uomini nei secoli. La tua opera sarà ospitata durante il periodo turistico anche nel museo
della tua città.
– Sei il direttore del museo cittadino. In occasione dell’anno internazionale
dell’intercultura, pensi di organizzare una mostra con le immagini di alcuni “pezzi”
importanti tra quelli che sai essere stati prodotti nella scuola della tua città. Il tuo percorso
sarà realizzato all’ingresso della scuola e accompagnato da una breve critica dello stesso
ponendo in luce le scelte operate.
– Sei un progettista informatico. Ti viene chiesto da un noto sito web, di realizza una
mappa progettuale di un ipertesto storico, con a tema “storie di uomini e di donne”.
L’ipertesto sarà poi inserito nelle pagine di attualità. Provvisoriamente il sito della scuola
ospiterà la demo.
Ad ogni alunno, prima di iniziare l’attività finale, viene consegnata la scheda
rappresentata nella figura 1.
Fig. 1 – RUBRICA PER VALUTARE LA PRESTAZIONE FINALE INDIVIDUALE
Livello eccellente (ottimo)- Il prodotto è curato, ben realizzato, preciso.- La presentazione è creativa.- Include tutte le informazioni necessarie in
risposta alle domande poste.- Presenta delle informazioni oltre le richieste.- È corretto rispetto alla forma scelta.- Fa esempi e cita delle fonti in modo preciso.
Livello esperto (distinto)- Il prodotto è definibile come sopra alla media.- Dimostra immaginazione nel pensare.- Include informazioni che sostengono le risposte.- Presenta i dettagli richiesti.- È corretto rispetto alla forma scelta.- Cita le fonti, anche se qualche forma è imprecisa e
inesatta.Livello praticante (buono)
- Il prodotto è definibile nella media.- Risponde alle domande.- Fornisce scarse informazioni per sostenere le
risposte.- Tralascia alcuni dettagli.- La presentazione ha qualche difetto.- Cita solo qualche fonte.
Livello principiante (sufficiente)- Risponde solo in parte alle domande.- Fornisce qualche informazione a sostegno delle
risposte.- Include pochi dettagli.- La presentazione ha degli errori.- Le fonti non sono citate.
A tutti gli alunni, all’inizio del progetto, è stata consegnata anche la rubrica relativa ai
livelli di partecipazione nei gruppi di lavoro (fig. 2).
Fig. 2 – RUBRICA PER RILEVARE I LIVELLI DI QUALITÀ NELLA PARTECIPAZIONE IN GRUPPO
ECCELLENTE(4)
BUONO(3)
MEDIO(2)
POVERO(1)
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LAVORO COMUNE
- Svolge pienamente la propria parte e anche di più.
- Prende l’iniziativa nell’aiutare il gruppo ad organizzarsi.
- Fornisce molte idee per lo sviluppo del lavoro di gruppo.
- Assiste gli altri compagni di gruppo.
- Svolge in modo adeguato la propria parte del lavoro.
- Lavora in accordo con gli altri membri del gruppo.
- Partecipa alla discussione dell’argomento.
- Offre incoraggiamento agli altri.
- Svolge il lavoro quasi come quello degli altri.
- È convinto a partecipare dagli altri membri il gruppo.
- Ascolta gli altri, in rare occasioni suggerisce delle cose.
- È preoccupato del proprio lavoro..
- Svolge meno lavoro degli altri.
- Partecipa passivamente al lavoro.
- Assume un atteggiamento da annoiato durante il lavoro.
- Raramente si dimostra interessato al proprio lavoro.
COMUNICAZIONE CON GLI ALTRI
- Comunica chiaramente desideri, idee, bisogni personali e sensazioni.
- Frequentemente esprime apprezzamenti per gli altri membri del gruppo.
- Esprime feedback agli altri, carichi di dignità.
- Accetta volentieri i feedback dagli altri.
- Usualmente condivide le sensazioni e i pensieri con gli altri partner del gruppo.
- Spesso incoraggia e apprezza gli altri membri del gruppo.
- Esprime feedback in modi che non offendono.
- Accetta i feedback, ma cerca di dar loro poca importanza.
- Raramente esprime le sensazioni e le preferenze.
- Spesso incoraggia e apprezza gli altri.
- Sembra che dia per scontato il lavoro degli altri.
- Qualche volta ha ferito i sentimenti dell’altro con il feedback.
- Ha sostenuto il proprio punto di vista sul feedback ricevuto.
- Non ha parlato mai per esprimere eccitazione e/o frustrazione.
- Spesso con meraviglia ha affermato ai membri del gruppo “cosa sta succedendo qui”?
- È stato apertamente rude quando dava feedback.
- Ha rifiutato di ascoltare il feedback.
USO DEL TEMPO
- Il lavoro derivante dalle consegne è sempre svolto in tempo o qualche volta prima di quanto richiesto.
- Il lavoro derivante dalle consegne è svolto al limite del tempo accordato.
- Il lavoro derivante dalle consegne è usualmente in ritardo, ma completato in tempo per essere accettato.
- Alcuni lavori sono sempre incompleti, mentre gli altri partner hanno completato le consegne.
Secondo scenario, alternanza scuola-lavoro – All’interno di un progetto per
l’alternanza in un liceo artistico, agli studenti viene chiesto di presentare quanto
apprenderanno in diverse aree disciplinari, realizzando dei prodotti multimediali a loro
scelta. Questo dopo che i soggetti coinvolti (studenti, insegnanti, aziende) hanno
selezionato delle competenze sulle quali – durante il periodo di alternanza – gli studenti
saranno maggiormente impegnati. Tutte le produzioni saranno guidate da una rubrica, con
la quale ogni studente accederà al periodo di alternanza. Essa sarà completa di commenti
(studente, insegnante) e di esempi di eventuali prodotti che ne dimostrino la validità.
Fig. 3 – RUBRICA PER PROGETTARE E CREARE UN PRODOTTO MULTIMEDIALE DI
PRESENTAZIONE
51
Livelli di Padronanza
Dimensioni
PROFESSIONALE(5)
QUALIFICATA(4)
IDONEA(3)
APPRENDISTA(2)
PRINCIPIANTE(1)
FORMA (x2)
Lo studente presenta un prodotto nel quale dimostra nuove intuizioni e integra gli elementi multimediali per comunicare emotivamente ed efficacemente senza problemi tecnici o di navigazione.
- La presentazione è evocativa, e ricca di coerenze tra i media scelti.
-
Lo studente presenta un prodotto nel quale si attraversano le basi della comunicazione. La presentazione dimostra nuove intuizioni, integra gli elementi multimediali per comunicare efficacemente senza significativi problemi tecnici o di navigazione.
Lo studente presenta un prodotto nel quale si vede una comunicazione riuscita dall’unione di elementi multimediali dai quali si è attratti per una loro navigazione che risulta ordinata e facile;
- chiarezza e focalizzazione sono evidenti, e viene data attenzione ai dettagli.
Lo studente presenta un prodotto nel quale:- alcuni elementi multimediali sono uniti per comunicare;- poco consistenti risultano la chiarezza, la focalizzazione e l’attenzione ai dettagli;- l’utilizzo dei media scelti richiede ulteriori raffinamenti.
Lo studente presenta un prodotto nel quale:- alcuni elementi multimediali sono solo esplorati per comunicare;- i dettagli sono limitati e scarsi, e l’uso degli elementi propone una generica presentazione; - alcuni aspetti del progetto sono sviluppati ed altri non sono presentati.
CONTENUTO (x1)
- La presentazione risponde a tutti i criteri descritti nel livello precedente e riflette la vasta ricerca realizzata. - Applica delle abilità critiche. - Mostra una comprensione e un'attenzione dei campi dell’oggetto rispetto ai destinatari molto approfondita.- Contiene un uso eccellente delle fonti primarie e secondarie.- La presentazione ha un chiaro obiettivo collegato alle sue fondamentali informazioni le quali includono alcune fonti rilevanti.- Le informazioni storiche sono
- La presentazione è utilizzabile da altri destinatari, oltre agli studenti che l’anno creata.- La presentazione si fonda sull’esperienza in classe, ma va oltre alla stessa, insegnando cose utili nella vita. - Il progetto si spiega chiaramente.- Un argomento è comunicato in grande profondità e i fatti descritti sono adeguati con un’interpretazione del contenuto principale.
- La presentazione è accurata e organizzata e può essere compresa l’intenzione della sua proposta. - È mantenuta la focalizzazione per tutta la presentazione. L’oggetto della materia è chiaramente comunicato.- Il progetto di presentazione ha un chiaro obiettivo collegato ad uno specifico argomento. - Le informazioni incluse devono essere completate dal collegamento con alcune fonti
- La presentazione ha una sua focalizzazione, ma ogni tanto è vaga. - C’è una struttura organizzativa, ma può non portare ad una conclusione consistente.- Contiene alcuni errori nei fatti, e limitate inesattezze.- Contiene alcune interpretazioni della materia.- Sono espresse alcune informazioni circa le conseguenze della focalizzazione scelta.
- La presentazione contiene errori nei contenuti. - Il progetto sembra ancora non finito, affrettato o realizzato a caso. - La materia è poco chiara e organizzata, contiene inesattezze.- Gli eventi sono raramente interpretati.- Il linguaggio usato è spesso poco chiaro e la comunicazione delle idee risulta poco efficace.- La comunicazione di argomenti è limitata.
52
presentate in modo creativo e personale.- Il lavoro mostra una sintesi e un’interpretazione dell’oggetto e presenta nuove conoscenze.
Nella pratica esistono due tipi di rubriche che comunemente vengono usate, sono
quelle analitiche e quelle olistiche.
Una rubrica analitica isola ogni tratto essenziale e/o fondamentale all’interno di
“singole rubriche analitiche” che specificano diversi livelli di padronanza (esempi 2-3).
Questo tipo di rubrica osserva i tratti o i componenti di un prodotto, di una dimostrazione o
di una prestazione, specifica per ognuno dei criteri per essere valutati ad ogni livello,
assegna un punteggio separato per ogni componente. In alcuni casi il peso assegnato ad
ogni dimensione può variare in base all’importanza di ogni dimensione. Per esempio, una
rubrica per una presentazione di scrittura può prendere punteggi con peso “1” per le
dimensioni di: vocabolario, materiale, creatività, mentre la modalità di presentazione può
prendere peso “2”. Nella scheda che segue riportiamo alcuni esempi di come i livelli
potrebbero essere “pesati”.
Fig. 4 – RUBRICA PER PROGETTARE E CREARE UN PRODOTTO MULTIMEDIALE DI PRESENTAZIONE
Livelli di
padronanza
Dimensioni
PROFESSIONAL
E
(5)
QUALIFICAT
A
(4)
IDONEA
(3)
APPRENDIST
A
(2)
PRINCIPIANT
E
(1)
FORMA
(x2)
10 8 6 4 2
CONTENUTO
(x1)
5 4 3 2 1
Totale 15 12 9 6 3
53
Una rubrica olistica fornisce un punteggio complessivo al prodotto, alla dimostrazione
o alla prestazione, basandosi su un’impressione complessiva. Essa pianifica specifici
standard per ogni livello raggiunto dal prodotto o dall’esecuzione del compito.
Una rubrica olistica, poichè descrive il lavoro di uno studente come un singolo
punteggio nell’insieme, potrebbe meglio adattarsi per la valutazione di competenze
disciplinari di base, come per esempio il saper scrivere in modo corretto, oppure la lettura
espressiva. Le dimensioni, i criteri e gli indicatori sono riferiti ad un’unica competenza, e
saranno contenuti in un’unica griglia, suddivisa nei livelli di padronanza definiti ed
esplicitati nelle modalità attese per quel livello. Pur se applicata ad un compito, la rubrica 1
fornisce un esempio nella struttura. Un altro esempio può essere dato dalla seguente:
Presentazione orale5 Eccellente Lo studente descrive chiaramente la questione studiata e fornisce forti ragioni della
sua importanza. Sono date informazioni specifiche a supporto delle conclusioni, che sono schematizzate e descritte. La presentazione è coinvolgente e la struttura delle frasi è consistentemente corretta. Il contatto oculare è attivo e sostenuto per tutta la presentazione. Ci sono forti evidenze di preparazione, organizzazione ed entusiasmo per l’argomento. Il supporto visuale è usato per rendere la presentazione più efficace. Le domande dall’assemblea sono soddisfatte chiaramente con specifiche e appropriate informazioni.
4 Molto buono Lo studente descrive la questione studiata e fornisce ragioni della sua importanza. Un adeguato numero di informazioni sono date a supporto delle conclusioni, che sono schematizzate e descritte. La presentazione e la struttura delle frasi sono generalmente corretta. C’è evidenza di preparazione, organizzazione ed entusiasmo per l’argomento. Il supporto visuale è usato. Le domande dall’assemblea trovano chiare risposte.
3 Buono Lo studente descrive la questione studiata e dichiara le conclusioni, ma le informazioni a supporto sono inferiori ai livelli precedenti. La presentazione e la struttura delle frasi sono generalmente corretta. Ci sono alcune indicazioni di preparazione ed organizzazione. Il supporto visuale è nominato. Le domande dall’assemblea trovano risposta.
2 Limitato Lo studente dichiara la questione studiata, ma manca la completa descrizione. Le conclusioni non rispondono alle domande della questione. La presentazione e la struttura delle frasi sono comprensibili, ma con alcuni errori. La preparazione e l’organizzazione sono difettose. Le domande dall’assemblea trovano risposta solo in aspetti basilari.
1 Povero Lo studente fa la presentazione senza dichiarare la questione studiata e la sua importanza. L’argomento è poco chiaro e le conclusioni sono dichiarate in modo inadeguato. La presentazione è difficile da seguire. Non ci sono indicazioni di preparazione ed organizzazione. Le domande dall’assemblea trovano risposta solo in aspetti basilari o, a volte, rimangono senza risposta..
Costruire una rubrica
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Heidi Goodrich (1996) considera la rubrica un processo che, oltre a permettere una
riflessione del docente sulla sua modalità di insegnamento, fornisce allo studente la
possibilità di partecipare attivamente alla sua costruzione. Questo attiva un meta processo
attraverso il quale vengono definiti prima i livelli di qualità dell’apprendimento sui quali lo
studente sarà successivamente valutato. Egli potrà quindi controllare più precisamente il
suo livello di comprensione e di apprendimento, oltre che essere in grado di valutarsi
nell’azione corretta dell’abilità richiesta dal compito.
A nostro avviso, mutuando il medesimo processo che Goodrich applica con gli
studenti, è possibile svolgere la stessa attività con colleghi delle stesse discipline o ambiti
di interesse delle abilità. Riportiamo qui di seguito i passi fondamentali:
1. Raccogliere e mostrare esempi di lavori – Nella prima fase l’insegnante raccoglie e
mostra agli studenti degli esempi di lavori ben eseguiti e di quelli più scadenti. Identifica
con essi le caratteristiche che distinguono un buon lavoro da quello scadente.
2. Elencare le caratteristiche – Attraverso la discussione sui modelli raccolti nel passo
precedente si inizia a elencare cosa veramente conta nei lavori di qualità.
3. Articolare sfumature della qualità – Attraverso questa fase è importante descrivere,
con dovizia e quantità di sfumature, che cosa permette ad un lavoro di essere inserito ad
un livello alto di qualità, che cosa lo pone, invece, ad un livello basso o lo fa essere di
livello medio. Basandosi sulle conoscenze dei problemi comuni e discutendo sui lavori non
realizzati solitamente in modo appropriato, è importante che si pervenga ad articolare un
elenco di caratteristiche molto ampio, provando a realizzare una prima stesura di rubrica.
4. Provare ad applicare – Consegnando alcuni lavori raccolti nella fase 1, gli studenti
usano la rubrica elaborata nel passo precedente, valutando il modello che hanno
realizzato e verificando se differenzia adeguatamente i livelli di qualità. Dalle osservazioni
scaturite dalle prove, si apportano le modifiche ai descrittori inizialmente definiti così da
pervenire ad una stesura finale.
5. Usare l’auto-valutazione e quella con i pari – Si assegna agli studenti la produzione
di attività in gruppo, con le rubriche realizzate. Dopo che hanno iniziato a lavorare, si
chiede loro di valutare quello che stanno facendo attraverso la rubrica, per rendersi conto
di come stanno procedendo. Subito dopo, si invitano i compagni a svolgere la stessa
verifica sui lavori dei loro pari, fornendo delle indicazioni eventuali su come correggere o
migliorare il lavoro.
55
6. Revisione dell’applicazione – Ad ogni studente, individualmente, viene concesso del
tempo per rivedere il proprio lavoro, anche basandosi sulle osservazioni di feedback dei
compagni ottenute nel passo precedente.
7. Valutare come insegnante – Completato il compito o il prodotto, l’insegnante usa la
medesima rubrica che hanno utilizzato gli studenti per valutare definitivamente i loro
lavori.
La rubrica è un evento dinamico e perciò può esser rivista e aggiornata sia attraverso
l’apporto della classe che di altri insegnanti, affinandosi e modificandosi con il variare dei
componenti della classe e delle necessità dei compiti e prodotti, nonché con l’expertise di
livello superiore raggiunta dagli studenti e dalla insegnanti attraverso processi di
formazione sulla materia.
Vantaggi dell’uso delle rubriche
Insegnanti, studenti e genitori
Come affermano Goodrich (1996) McTighe e Wiggins (1999) e Kirby-Linton, Lyle e
White (1996), le rubriche presentano molti aspetti importanti per gli insegnanti, per gli
studenti e per i genitori.
Un primo aspetto è che rappresentano uno potente mezzo, in mano dell’insegnante e
degli allievi, per definire la qualità degli apprendimenti, rendendo trasparenti le attese degli
insegnanti relativamente al compito da svolgere e alla padronanza da possedere. Abilità e
conoscenze monitorate dalle rubriche finiscono per essere apprese poiché considerate
veramente importanti dagli studenti per la loro esperienza di vita. Come riportato da
Goodrich, ad alcuni studenti non piacciono le rubriche, poiché affermano che “se commetti
qualche errore o non fai le cose come andrebbero fatte perché non ne hai voglia,
l’insegnante può dimostrarti che tu conoscevi in anticipo cosa eri tenuto a realizzare”.
Il secondo motivo: le rubriche aiutano gli studenti a divenire più profondi nel
giudicare la qualità dei propri lavori e quella degli altri (autovalutazione e
metacognizione). Quando le rubriche sono usate per condurre la propria valutazione e
quella dei compagni, gli studenti diventano sempre più capaci di individuare e risolvere
problemi che si presentano nel loro lavoro e in quello degli altri. Inoltre, ripetendo molte
volte la pratica attraverso la valutazione dei pari, e specialmente con l’autovalutazione,
migliorano il senso di responsabilità verso i propri lavori e riduce le domande del tipo “ho
finito?” rivolte all’insegnante.
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Un terzo aspetto è dato dal fatto che le rubriche riducono il tempo speso dagli
insegnanti per la valutazione dei lavori degli studenti. Infatti, essi hanno ben poco da dire
dopo che gli studenti si sono valutati e hanno valutato i compagni sulla base della rubrica.
La rilettura degli item è molto più efficace di molte argomentazioni del docente volte a
spiegare un eventuale difetto riscontrato nel compito, in quanto fornisce un feedback
informativo completo circa i loro punti forza e le aree in cui hanno bisogno di migliorare.
Il quarto aspetto è riferito soprattutto agli insegnanti che apprezzano le rubriche
perché permettono di accogliere e insegnare con classi eterogenee. Le rubriche infatti
hanno tre o quattro livelli di qualità, ma non c’è una ragione impositiva per cui esse non
possano essere ulteriormente articolate e riflettere autenticamente il lavoro sia degli
studenti dotati che di quelli con difficoltà di apprendimento.
Un quinto motivo riguarda i genitori: dall’uso della rubrica, essi conoscono
esattamente cosa i propri figli debbano fare per avere successo. La rubrica infatti diviene
un interessante strumento di comunicazione insegnante (scuola)- genitori (famiglia),
poiché quando è mostrata tra insegnanti-genitori-studenti, comunica in un modo concreto e
osservabile le condizioni che per la scuola hanno maggior valore. Attribuiscono un
significato per chiarire la vision di fondo, quella a cui si tende, all’interno della scuola, e
comunicare questa vision agli studenti e ai genitori. Potrebbe essere utile riformulare tutte
o qualche parte della rubrica per ridurre il gergo “educativo” o per spiegarla in un modo
più appropriato e comprensibile a tutti. Il Piano dell’Offerta Formativa inoltre, potrebbe
essere un ulteriore strumento nel quale trovano posto le rubriche che esplicano le scelte
curricolari afferenti alla visione educativa della scuola.
Scuola, organizzazione e sistema d’integrazione
Vi sono altre valenze che riguardano più propriamente gli aspetti istituzionali e
organizzativi. Brevemente ne citiamo alcune.
1. La continuità tra ordini di scuole – L’utilizzo delle rubriche permette un’esplicita
azione di comunicazione e di conoscenza di cosa si intenda (e cosa realmente si è
insegnato) per raggiungere un dato livello di padronanza anche nel campo disciplinare.
Questo porta ad un dialogo e un confronto reale tra gli insegnanti disciplinari dei diversi
ordini di scuola, discutendo sui saperi essenziali e sulle competenze in sviluppo.
2. L’alternanza scuola-lavoro – È forse il contesto più significativo che godrebbe di
una chiarezza formale e di un punto di riferimento condiviso. In particolare per la scuola
superiore, il dialogo tra mondo professionale e scuola può definire specifiche
caratteristiche delle competenze, l’articolazione delle stesse in contesi reali e livelli di
57
padronanza realmente certificati. Quest’ultimo aspetto potrebbe ulteriormente correlarsi
con il lavoro dell’ISFOL sulla certificazione delle competenze di base.
3. Individualizzazione e personalizzazione – Un sistema di valutazione basato sulle
rubriche e sui compiti autentici permette di realizzare una didattica capace di essere
individuale e personale allo stesso tempo (Baldacci, 2002, Chiosso, 2004) per cui
– individualizzazione, in quanto si concreta nell’adozione di strategie didattiche
finalizzate a garantire a tutti gli alunni il raggiungimento degli obiettivi, attraverso
la diversificazione degli itinerari di apprendimento (modi di gestire l’aula e
definizione degli indicatori al livello minimo di padronanza);
– personalizzazione, in quanto finalizzata ad assicurare ad ogni allievo una propria
eccellenza cognitiva attraverso attività motivanti e significative che consentano di
compensare gli svantaggi, rafforzare le acquisizioni di base e sviluppare propri
talenti e attitudini (livelli articolati di indicatori e di livelli di padronanza, oltre che
sistema basato sulle prestazioni autentiche e molteplici).
4. Qualità della scuola – Una riflessione approfondita sull’uso delle rubriche di
valutazione può correlarsi con il controllo efficace dei livelli di apprendimento che ogni
scuola autonoma progetta di raggiungere, così come la sua centralità culturale nel contesto,
integrando le diverse opportunità in esso presenti (o create ad hoc). Competenze
disciplinari e sviluppo curricolare attraverso i compiti complessi, armonizzate e guidate
dalle rubriche, delineano una costante dinamicità metacognitiva attraverso la qualità
dell’insegnamento-apprendimento che coinvolge quanti operano nella scuola. Non è
azzardato pensare che una riproposta della collegialità in termini di comunità di pratica e di
apprendimento passi anche attraverso il confronto sull’uso delle rubriche e di un curricolo
basato sulle prestazioni autentiche.
5. Il senso del portfolio – Riportare al centro del dibattito sulla valutazione lo
strumento della rubrica, ricolloca la discussione circa l’uso del portfolio come processo di
orientamento e di monitoraggio costante (on-going assessment) e di processo
dell’apprendimento, piuttosto che soffermarsi sull’oggetto-forma-contenitore. Le rubriche
possono rendere realmente un portfolio orientante, attraverso una documentazione ordinata
degli sforzi, dei successi, delle disposizione di ogni allievo.
In sintesi, le rubriche potrebbero diventare uno strumento assai potente per migliorare
gli apprendimenti e indirizzare le attività scolastiche verso la comprensione profonda.
Permettendo un feedback continuo, arricchiscono la professionalità docente e la
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motivazione degli allievi, fornendo un valido contributo alla comunicazione della scola con
solo con le famiglie ma anche nel contesto sociale, culturale e produttivo.
Guidano a loro volta la costruzione del portfolio, sulla base di selezionate e condivise
competenze.
3.c. Gli standards
Abbiamo incontrato molte volte la parola “standards” nella Valutazione Alternativa ed
Autentica. Resnick D.P. e Resnick L.B. (1985) affermano che il termine standard implica
una passione per l’eccellenza e un’abituale attenzione alla qualità.
Per Darling-Hammond ed altri (1995) la definizione di standards permette agli
insegnanti di assumere un ruolo di guida e di sostegno dell’apprendimento e agli allievi di
essere considerati come degli esperti che devono realizzare delle attività e risolvere
problemi. Nel fare questo, gli studenti promuovono un pensare critico e autonomo,
coinvolti come sono nel raggiungimento degli obiettivi prefissati e concordati, auto-
regolando i loro movimenti cognitivi, in modo le loro non automatizzato (Stiggins, 1997).
Ma cos’è uno standard secondo la Valutazione Alternativa o Autentica?
Per Wiggins (1991) lo standard è un’immagine specifica, che guida verso obiettivi
degni. Standards reali, permettono a tutti gli studenti di comprendere i loro lavori
quotidiani, nei termini di specifici esemplari in atto e, contemporaneamente, di monitorare
e crescere i loro stessi standards. Gli standards rappresentano delle alte qualità da valutare,
e le scuole locali, nella loro autonomia, possono controllarsi a partire da questi.
Se uno standard è un’esemplare spesso associato al principio di standardizzazione, la
forma plurale – standards – assume un significato diverso:
1. Standards come valore intellettuale. Quando parliamo di persone oppure istituzioni
con standards, attribuiamo il senso che queste vivono come un insieme di maturi,
coerenti valori agiti, evidenti in tutte le loro azioni. Alti standards non sono risultati
di più rigidi tests, ma un più vigoroso impegno al valore dell’intelligenza, sostenuto
solidamente di fronte all’entropia, al fatalismo o alla rassegnazione di non potercela
fare. Le virtù sono abiti mentali, rinforzati o insidiati da cosa quotidianamente è
valutato a livello micro (classe, scuola). Se vogliamo crescere in qualità con gli
standards, c’è bisogno di guardare a come criteri e standards possono essere usati
nel giudicare (e rinforzare) le prestazioni degli studenti.
2. Standards come consistenza e controllo della qualità. Parlare di esemplarità e di
virtù intellettuali è ancora pensare a standards in riferimento allo studente
individuale. Ma se stiamo cercando di ottenere migliore qualità dalla scuola,
59
dovremo cercare di sfidare le attese – attualmente basse - per gli studenti, in classe,
nella scuola, nel gruppo dei pari. La qualità della scuola non si vede dal lavoro dei
suoi studenti migliori o dalla media delle prestazioni. La scuola esemplare è tale
perché il gap tra la migliore e la peggiore prestazione dello studente è vicina allo
zero o almeno più stretto della norma. La scelta degli standards inizia nella scuola
con la definizione di obiettivi specifici da raggiungere e piani pubblici per ridurre
differenze di prestazione dei sottogruppi della scuola. E’ esenziale, inoltre, che tutti
gli studenti siano giudicati dagli stessi standards di prestazione
3. Standards come output. Qual è il compito essenziale da padroneggiare con valore?
E quanto buono è, buono abbastanza, quel compito? La prima domanda risponde
alla qualità dell’input, la seconda dell’output. Abbiamo bisogno di realizzare che
alti punteggi nei tests scaturiscano da valutazioni locali - nelle scuole e nelle
università - e standards uniformi nel sistema. Abbiamo bisogno di standards per
l’input e per l’output. Se alzeremo il livello delle prestazioni di tutti gli studenti
(specialmente quelli di basso rendimento) avremo bisogno di assicurare che essi
svolgano ordinariamente un lavoro di qualità. Il primo diritto intellettuale è di avere
per tutti gli studenti, eguale accesso ad alte qualità di compiti intellettuali.
4. Standards come livello di uscita. Le scuole – soprattutto quelle di II grado –
dovrebbero incontrare un alto, elevato standard, se dirigenti ed insegnanti prendono
sul serio l’idea che, di fatto, gli alti standards sono definiti attraverso la qualità delle
università e dai lavori che desideriamo per l’ingresso degli allievi nei vari ordini
scolastici. Una volta che si sono definiti gli alti standards, gli studenti potranno
comprendere praticamente cosa è chiesto loro circa i livelli di uscita, ai quali
riferirsi continuamente durante il loro lavoro di studio, per incontrare quel profilo
(pp. 18-25).
L’applicazione degli standards avviene attraverso la progettazione delle attività,
che partono quindi dalle prestazioni e dalle competenze richieste in uscita. Le rubriche
sono un modo per controllare e modificare gli standards e crearne di nuovi e adatti alla
realtà della classe e della scuola.
Wiggins (1997) afferma che quando si pratica quello che si dice circa l’auto-
valutazione e registrazione della padronanza, possiamo assicurare degli insegnanti più
rigorosi ed efficaci, più grande collegialità, e migliori prestazioni degli studenti (p. 19).
2. Conclusioni
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Giunti al termine del nostro breve e veloce viaggio con la macchina del tempo,
esprimiamo alcune riflessioni.
La prima ha carattere generale: alcuni strumenti entrati a far parte del dibattito
pedagogico e didattico di questi ultimi tempi, debbono ancora essere collocati in un
contesto culturale che ne faccia esprimere le potenzialità, ma soprattutto comprendere le
finalità. Tale contesto, una valutazione di nuovo corso chiamata in modi differenziati, ha
radici lontane e pratiche sviluppate nel tempo che – grazie al dibattito e alla ricerca che
persiste da vent’anni - sono divenute scambio e crescita culturale degli insegnanti e delle
scuole nel mondo anglosassone.
Come visto nel lavoro del Project Spectrum così come di ArtsPROPEL, la ricerca
in contesto precede la diffusione. Questo è un aspetto rilevante per la comprensione e
l’applicazione delle innovazioni.
La seconda riflessione è nominalistica, in parte oggetto di questo contributo:
abbiamo incontrato le definizioni di valutazione alternativa, autentica. Per quale optare?
Pellerey e Varisco ci suggeriscono alcune interessanti ed efficaci interpretazioni. Pellery
(2004) annota come l’aggettivazione di “autentica” sta diffondendosi anche in Italia.
Occorre tuttavia riconoscere alcuni elementi di problematicità. Dal punto di vista teorico e
pratico c’è il pericolo di assumere una filosofia discutibile: che si possa rappresentare in
maniera “autentica” cioè veridica, l’insieme delle qualità e delle caratteristiche di una
persona (…) Dare l’impressione che, con una nuova e più perfetta metodologia, si possa
raggiungere una rappresentazione “autentica” della situazione in esame, può indurre gli
insegnanti a ritenere che esistono procedure tali da garantire la veridicità del risultato in
maniera assoluta. Per questo è preferibile riferirsi all’espressione “più autentica”, quando si
intendono utilizzare tali modalità, per segnalare un’aspirazione positiva, che deve sempre
riconoscere il suo limite e la sua potenzialità. (p. 145)
Varisco (2004) presenta una serie di studi e ricerche che raccolgono tutte le
definizioni attribuite negli ultimi anni alla valutazione. L’accademica dell’Ateneo Patavino
evidenzia una tripartizione terminologica, che riassume i punti di vista incontrati in questo
lavoro:
- valutazione alternativa (alternative assessment), che distingue questa forma di
valutazione dalla tradizionale;
- valutazione autentica (authentic assessment), che fa luce sul mondo reale di compiti e
contesti inclusi nella valutazione;
- valutazione di prestazioni, (performance assessment) che si riferisce a un tipo di
valutazione che richiede agli studenti di eseguire, dimostrare, costruire, sviluppare un
61
prodotto o una soluzione sotto determinate condizioni e standards (sempre criteriali) (p.
245).
A partire da ciò, Varisco sviluppa un’ulteriore prospettiva: se gli attributi della
valutazione ora sintetizzati, sono quelli più usati per definire e spiegare in modo
pragmatico concreto e visibile la natura della “nuova” valutazione, allora l’aggettivo
“dinamico” racchiude in sé una profonda radice teorica, di marca dichiaratamente
costruttivista-sociale. La valutazione dinamica ha una diretto legame con il “potenziale di
apprendimento” (o in altro modo con la ZSP) e i contesti sociali dell’apprendimento, come
per esempio l’apprendimento cooperativo, le comunità di pratica, il contesto delle
intelligenze distribuite (p. 247-250).
La terza riflessione è di prospettiva: è indubbio, da quanto presentato, che
l’introduzione del principio di “nuova” valutazione sia originato dal valorizzare la pluralità
delle intelligenze, non solo come prassi didattica, ma anche come ricerca e organizzazione
di oggetti valutativi in grado di monitorare gli esiti delle proposte didattiche in termini di
sviluppo.
Questa prospettiva evidenzia, in modo significativo, l’importanza del principio di
diversità, che nell’apprendimento è riconosciuta da una molteplicità di studi e indirizzi.
Diversità che non significa, per gli autori della “nuova” valutazione, escludere o limitare lo
sviluppo di alcune intelligenze a scapito di altre, così come esse potrebbero manifestarsi in
termini di disposizioni iniziali; bensì di definire – attraverso la valutazione, appunto – un
continuum di livelli di sviluppo, dai necessari o minimi di apprendimento fino ai più
evoluti per la dimostrazione di particolari talenti, in ogni dominio. La prospettiva è,
ripetutamente sottolineata, di una scuola che sviluppa il pensiero di tutti e le potenzialità di
ognuno, di pari opportunità di successo formativo e che, attraverso le forme di valutazione
può formare alte competenze in termini di partecipazione, di cittadinanza, di responsabilità
individuale e di gruppo, di auto-valutazione, di inclusione.
La quarta riflessione è quella della differenziazione: appare evidente l’impatto della
“nuova” valutazione sulla didattica, come scelta intenzionale di operare il meglio e al
meglio per tutti gli studenti e gli attori con cui essi hanno a che fare (insegnanti, dirigenti,
genitori…). Richiamandone le origini – la MIT – è fondamentale ribadire che la “nuova”
valutazione ha come sfondo proprio la differenziazione dei percorsi e delle opzioni
affinché tutti siano in grado di possedere i minimi linguaggi in ogni dominio, in grado di
essere presupposti consapevoli per un orientamento futuro nelle scelte. Il dibattito
pedagogico sulla centralità della individualizzazione degli apprendimenti o sulla centralità
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della personalizzazione, potrebbe essere ricondotto e riarticolato attraverso questa
prospettiva.
Tomlinson (2002) afferma come il differenziare l’insegnamento-apprendimento
nelle classi fa sentire bene gli studenti che apprendono in modi e ritmi differenti, e che
portano a scuola talenti e interessi diversi. Inoltre, in modo più significativo, classi che
seguono questo criterio per la progettazione degli insegnamenti-apprendimenti, lavorano in
modo più efficace per tutti gli studenti, rispetto ad un modello organizzato sulla base di
“uno per tutti”.
La quinta riflessione è quella dell’intenzionalità: sviluppare percorsi di
insegnamento-apprendimento sostenuti dalla “nuova” valutazione, significa utilizzare
modelli che sappiano agganciare gli interessi, le disposizioni, le motivazioni dei ragazzi,
ovvero permettere di sviluppare i talenti di ognuno. Questo affonda le radici nella
consapevolezza di un sistema, di un contesto, di un insegnante, che sa dove andare: da una
parte con la modalità di progettazione e di valutazione correlate, dall’altra con l’utilizzo di
strategie, anch’esse adeguatamente collegate alla valutazione. A tal proposito è possibile
richiamare come le pratiche di costruzione sociale della conoscenza tendano a facilitare
questa prospettiva.
Si tratta, allora, di considerare il sistema di valutazione come un processo in atto,
che non può essere etichettato – dopo la fase iniziale - da autenticità piuttosto che di
alternatività. Oggi, centrale diviene il riaffermare che è indispensabile la crescita
intellettuale e competente del capitale umano, in grado di far crescere una Nazione: e non
solo pochi, possono permettere ad una nazione di navigare nel contesto di cambiamento
continuo, bensì “non uno di meno” può contribuire alla Nazione di crescere il suo futuro al
meglio.
La prospettiva della “nuova” valutazione ha posto in luce un aspetto che nella
cultura Italiana non era ancora così fortemente presente, ovvero l’affidamento ai tests
decontestualizzati, per definire i passaggi da una classe ad un’altra o da una scuola ad
un'altra. Forse solo l’ammissione a certe facoltà universitarie, utilizzava lo scenario della
standardizzazione. Va da sé, che l’esperienza nella scuola dell’obbligo – lontana almeno
nella forma a interpretazioni di questo tipo - non può che essere quella di un contesto di
apprendimento nel quale si forma capitale umano e capitale sociale, resiliente e dotato di
potere di fare qualcosa, attraverso una valutazione ecosistemica dinamica, che rinnova le
finalità della valutazione stessa.
Tale forma di valutazione (Frabboni, 2005) degli allievi è attuabile a patto di
63
metterla in equazione con il «giudizio» che il collegio dei docenti è chiamato ad esprimere
nei confronti del bilancio formativo del proprio plesso scolastico. Un bilancio possibile a
patto di registrare la «qualità» sia del suo modello organizzativo (i tempi, gli spazi,
l’accoglienza dei disabili, la partecipazione dei genitori, l’uso didattico dell’ambiente.), sia
del suo modello curricolare (individualizzazione, interdisciplinarità, ricerca, aule
didattiche decentrate, creatività…).
Heidi Goodrich Andrade (1999) presenta un’interessante schema che potenzia
l’idea di una valutazione ecosistemica, a partire da una proposta duale della valutazione:
Valutazione per
l’apprendimento
Valutazione per
l’accertamentoAuto-
valutazione
Rubriche Test
Standardizzati
Valutazione
tra pari
Portfolios
Esibizioni/
Prestazioni
In essa trovano spazio un sistema multiplo di strumenti, che abbiamo incontrato nel
nostro viaggio. Assumere la prospettiva della valutazione “nuova” non può non
considerare “il sistema” nel quale essa si realizza. Gli insegnati, il bambino, la bambina, lo
studente, la studentessa, vivono in essa esperienze che segnano. Per la vita.
La valutazione allora, non può essere irresponsabile, davanti a questo. Deve essere
dinamica nella sua autenticità in azione.
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