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Comunale di Termoli
LE MOTIVAZIONIPSICO-SOCIALI
ALLA DONAZIONE
Giuliana ConticelliDott.ssa in Psicologia Clinica e della Salute
ASSOCIAZIONE VOLONTARI ITALIANI SANGUE
PREFAZIONE
Siamo abituati a misurare l'efficacia di un'azione attraverso indicatori che ne attestino il risultato. L'azione di sensibilizzazione alla donazio-ne, soprattutto nelle scuole, si misura attraverso il numero di ragazzi che si presentano successivamente a donare, decisamente elevato per alcuni Istituti scolastici, assai meno soddisfacente per altri. Per questo ci si chiede: il linguaggio adottato, le immagini proiettate , gli spazi fisici e temporali sono adatti a raggiungere i risultati attesi, o almeno sperati? Il lavoro della Dott.ssa Giuliana Conticelli, Psicologa Clinica e della Salute, ci aiuta a capire tutto questo.Quando si presentò alla nostra Unità Operativa di Medicina Trasfusio-nale per un periodo di tirocinio volontario cogliemmo l'occasione, assieme al tutor Dott. Giovanni Santomiero, di affidarle una ricerca sulle motivazioni che inducono le persone a donare sangue o, all'inver-so, a tenerle lontano da questo gesto di grande solidarietà.Ne è venuto fuori uno studio di grande interesse per cui abbiamo ritenuto opportu-no, attraverso il coinvolgimento dell'AVIS di Termoli, di stamparlo e diffonderlo. Lo studio, come si vedrà leggendolo, si è basato su una serie di questionari somministrati a tre gruppi di soggetti suddivisi per sesso, età, famiglia di provenienza, occupazione.Anche il personale della Sala Donatori è stato coinvolto attraverso un questionario che mettesse in risalto le capacità, si spera elevate, di offrire a nuovi e vecchi donatori una accoglienza il più possibile accet-tabile, tale da stimolare il desiderio di tornare a donare prendendosi “cura” del donatore/donatrice.Il donatore è soggetto attivo e protagonista nel mondo trasfusionale non tanto, come afferma la Dottssa. Conticelli, perchè porta un “pro-dotto”, ma perchè senza la sua collaborazione non si può far nulla. Collaborazione che diventa ancora più incisiva nel momento in cui egli comprende e attua corretti stili di vita che rendono il suo “prodotto” sicuro. Le motivazioni che spingono, sia gli uomini che le donne, a donare sono sostanzialmente due: aiutare il prossimo e seguire l'esem-pio della famiglia. La prima appare scontata; la seconda conferma che il buon esempio di uno o di entrambi i genitori facilita enormemente la nostra azione di convincimento. Le motivazioni che adducono i non donatori sono: la paura dell'ago, la vista del sangue, la paura di sentirsi male dopo la donazione, il non voler perdere tempo per attendere a donare. A proposito di quest'ultimo motivo viene confermata la bontà della scelta di avviare un anno fa la donazione di sangue e plasma su prenotazione. Sicuramente questo studio ci aiuterà a migliorare la nostra azione, a partire dal momento della sensibilizzazione fino a quello dell' acquisizione di un nuovo donatore. Di questo siamo grati alla Dott.ssa Giuliana Conticelli.Buona lettura!
Dott. Pasquale SpagnuoloDirettore U.O.C. Medicina Trasfusionale
SALUTO DEL PRESIDENTE
L’Avis è un’associazione di volontariato, che ha lo scopo di promuovere la donazione di sangue, volontaria, anonima e consapevole, intesa come valore umanitario universale ed espressione di solidarietà e di civismo, che configura il donatore quale massima espressione di un primario servizio socio-sanitario ed operatore della salute, anche al fine di diffondere nella comunità locale i valori della solidarietà e del dono, della partecipazione sociale e civile e della tutela del diritto alla salte.L’Avis della Civitas Thermolarum, in armonia con i fini istituzionali propri, si propone: Di sostenere i bisogni di salute dei cittadini favorendo il raggiungimen-to dell’autosufficienza di sangue e dei suoi derivati e dei massimi livelli di sicurezza trasfusionale possibili e la promozione per il buon utilizzo del sangue grazie al costante, attento ed assiduo lavoro del Centro Trasfusionale dell’Asrem di Termoli;Promuovere l’informazione e l’educazione sanitaria dei cittadini;Favorire l’incremento della propria base associativa;Promuovere lo sviluppo del volontario e dell’associazionismo.L’Avis di Termoli promuove e organizza campagne di comunicazione sociale, informazione e promozione del dono del sangue, nonché tutte le attività di comunicazione esterna, interna ed istituzionale di propria competenza territoriale.Collabora con le altre associazioni di settore e con quelle affini che promuovono la ricerca, l’informazione a favore della donazione di organi e della donazione del midollo osseo AIRC, AIDO, ADMO.Svolge anche in conformità con gli obiettivi e le finalità indicate dall’Avis Nazionale, attività di formazione esterne, con particolare riferimento al mondo della Scuola (Progetto scuola) e delle Forze Armate (Solidarietà e Donazione).Certi della profondità del messaggio insito nell’opera, confidiamo nella sensibilità della società civile nel raggiungimento dello scopo di questa pubblicazione
Il PresidenteMario Ianieri
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INTRODUZIONE
La donazione di sangue consiste nel prelievo di un determinato volume di sangue da un soggetto sano, chiamato donatore, al fine di trasfonderlo in un soggetto che ha bisogno di sangue o di uno dei suoi componenti, chiamato ricevente. Dare il proprio sangue per il prossimo non è né un diritto, né un dovere individuale, ma è un dovere della comunità o collettivo, nel senso che, anche se non sono tutti obbligati a darlo, qualcuno però “deve” farlo, essendo l’uomo l’unica fonte di approvvigionamento del sangue. Essere quel qualcuno che dà o essere gli altri che non lo fanno è una scelta libera dell’individuo e l’atto che ne consegue è un dono. Per questo si parla di “donazione” del sangue, perché si tratta di un atto volontario di generosità. Per evitare abusi e per tutelare la salute dei riceventi, la legge prescrive che la donazione sia anonima, ossia che il donatore non deve conoscere l’identità dei riceventi ed il ricevente non deve poter risalire al donatore. La donazione di sangue è quindi un “dono” ad ignoti malati che non potranno mai ringraziare personalmente l’anonimo donatore. Lo studio del comportamento di donazione del sangue è stato affrontato in diversi modi dalla ricerca dell’ultimo ventennio. Un’area di ricerca particolarmente importante riguarda l’approfondimento dei fattori che possono promuovere la donazione, nel tentativo di rispondere alle domande “Cosa spinge alcune persone a donare il sangue?”, “Come alimentare questo comportamento?” Lo scopo dello studio è proprio quello di conoscere le intenzioni, le motivazioni e gli atteggiamenti dei donatori da una parte, mentre dall’altro vogliamo capire come i non donatori percepiscono la pratica della donazione, cioè cosa spinge loro a non donare, allo scopo di esplorare e costruire una mappa dei possibili freni alla donazione di sangue.
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Strumenti: intervista semi-‐strutturata Lo scopo dell’intervista qualitativa è quello di comprendere il punto di vista dell’intervistato e l’insieme dei significati che egli attribuisce alle sue esperienze. Nell’intervista vengono poste prima le domande più generali per poi arrivare a quelle più specifiche; ha forma completamente anonima per tutelare la privacy dell’intervistato. Si tratta di uno strumento che determina un certo feed-‐back ed, anche se l’intervistato deve essere totalmente disponibile, non comporta un’eccessiva perdita di tempo da parte sua. La fase di contatto è stata svolta personalmente, durante questa fase ho spiegato il mio ruolo e la motivazione della ricerca. L’intervistato mi è sembrato molto gratificato dall’esposizione delle proprie idee ed esperienze sentendosi al centro dell’attenzione, dovuta al fatto che si tratta di un percorso che senza di lui non avrebbe luogo.
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Il campione Sono stati presi in esame tre gruppi di soggetti, indagati in base al genere, età, alla famiglia e all’occupazione
• Donatori: 120 soggetti
• Non donatori: 120 soggetti
• Prima donazione: 60 soggetti
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L’equipe della sala donatori Una riflessione sugli aspetti psicologici legati alla donazione di sangue impone di prendere in considerazione, oltre alle caratteristiche riguardanti il donatore, anche le dinamiche riguardanti gli operatori, al fine di migliorare l’accoglienza e quindi potenziare la risposta dell’utenza alle campagne di donazione. Per accoglienza intendiamo la capacità di ricevere, introdurre, integrare il donatore in un sistema a lui sconosciuto. L’obiettivo dell’accoglienza è quello di creare un ambiente idoneo al donatore, facilitando il suo adattamento e rassicurandolo .È fondamentale che l’operatore preposto all’accoglienza abbia piena consapevolezza del significato che questo momento assume per il donatore. L’accoglienza deve prevedere una fase dedicata alla consegna delle informazioni circa le condizioni fisiche che permettono o meno la donazione, il tipo di analisi che verranno effettuate, le modalità di utilizzo del sangue prelevato, sottolineando il vantaggio secondario di poter controllare periodicamente e gratuitamente il proprio stato di salute. Si possono presentare rari effetti indesiderati dopo la donazione, per esempio giramenti di testa dovuti ad un abbassamento di pressione o addirittura paura di svenire, ma per prevenirli è opportuno attenersi a precise regole comportamentali:
ü presentarsi alla donazione dopo un adeguato riposo notturno;
ü consumare una leggera colazione;
ü riferire immediatamente al personale sanitario qualsiasi sensazione di malessere;
ü restare sul lettino o sulla poltrona per almeno 10 minuti dopo la donazione;
ü consumare un adeguato ristoro;
ü evitare, durante la giornata, sforzi fisici intensi.
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La qualità dell’accoglienza dipende dall’interazione di fattori interni al sistema complesso «medico-‐infermiere paziente-‐familiari». L’équipe sanitaria assume un ruolo fondamentale per fare in modo che l’accoglienza prima, e un supporto emotivo poi, rispondano alle delicate esigenze del donatore. Affinché questo diventi possibile, occorre che gli operatori conoscano profondamente la particolare condizione psicologica del donatore. Le motivazioni che spingono una persona a donare sono dunque varie, e un Centro Trasfusionale attento alla propria missione deve conoscerle a fondo, per poterle utilizzare come strumento elettivo per avvicinare l’utenza al tema della donazione, ai suoi scopi e alla sua utilità. Occorre che l’operatore sia in grado di rispondere a qualsiasi quesito che il donatore ponga, mostrando una capacità empatica di ascolto, e che sia in grado di restituire al donatore la propria competenza. Per poter fornire un servizio che risponda a queste caratteristiche, l’équipe trasfusionale deve avvertirsi come un gruppo di lavoro. E’ stato somministrata un’intervista anche ad alcuni membri dell’equipè, dato che con la loro esperienza non solo possono spiegare correttamente come funziona il centro, ma possono definire i possibili cambiamenti motivazionali del donatore attraverso l’osservazione a lungo termine.(vedi appendice1) La prima domanda che abbiamo posto all’equipè è stata quella di spiegare qual è la funzione del Centro Trasfusionale: è una struttura responsabile, sotto qualsiasi aspetto, della raccolta e del controllo del sangue umano e dei suoi componenti, nonché della lavorazione, conservazione, distribuzione e assegnazione quando gli stessi sono destinati alla trasfusione. In particolare Il reparto di Medicina Trasfusionale dell'Ospedale San Timoteo di Termoli ha come Direttore il Dott. Pasquale Spagnuolo. Il reparto è responsabile degli aspetti organizzativi della donazione, della trasfusione, del laboratorio, dell'ambulatorio e dell’organizzazione complessiva delle attività di: raccolta, tipizzazione, stoccaggio e distribuzione delle unità di sangue; laboratorio (ematologia, virologia, coagulazione, immunoematologia, biologia molecolare, allergologia e genetica); ambulatorio; Day-‐Hospital oncologico ed ematologico. Svolge inoltre funzioni di
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osservatorio epidemiologico nell'ambito delle infezioni trasmesse con il sangue, garantisce e coordina il percorso assistenziale trasfusionale, ematologico ed oncologico rispetto alle esigenze di salute del paziente. Successivamente, abbiamo chiesto di spiegarci come avviene la prima accoglienza del donatore: la persona compila un questionario per raccogliere informazioni, in seguito vengono effettuate le analisi e in base ai risultati si informa se è idoneo oppure no a diventare donatore. Se l’esito è positivo gli viene spiegato che tipo di donazione può effettuare (se può donare sangue o plasma o entrambi), in modo da assicurare un buon risultato e di non creare possibili problemi al donatore.
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Donatori Come detto in precedenza lo scopo di questa ricerca è quello di comprendere le intenzioni, le motivazioni e gli atteggiamenti dei donatori di sangue (vedi appendice 2). Dai grafici si può notare che ci siamo soffermati sulle motivazioni che hanno spinto i soggetti intervistati a diventare donatori, le paure che possono avere i donatori e infine le sensazioni o emozioni che questi provano dopo aver donato. • Motivazioni: il 34% delle donne decide di diventare donatore, per
una scelta personale, alla domanda “perché ha deciso di diventare donatore?” rispondono che hanno avuto familiari donatori e quindi hanno deciso di seguire il loro esempio, comunque tutte hanno cercato di sottolineare il fatto di non essere state influenzate e che la decisione finale l’hanno presa da sole, il 39% delle donne e il 42% degli uomini spiegano che hanno deciso di diventare donatori perché in questo modo possono dare un aiuto al prossimo, lo fanno nonostante non conoscono il ricevente del proprio sangue
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• Paure: anche i donatori di sangue possono avere delle paure di fronte alla donazione ma il desiderio di sostegno al prossimo consente di affrontare e superare una piccola paura con grande gratificazione personale. Nei soggetti intervistati il 90% degli uomini e il 77% delle donne affermano di non avere paura nell’affrontare la donazione, anche se alcuni hanno spiegato che inizialmente avevano un certo timore (dell’ago o della vista del sangue) ma la loro voglia di fare un’azione buona li ha spinti ad affrontare e superare questa paura.
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• Sensazioni/Emozioni: tutti i soggetti spiegano di sentirsi soddisfatti della loro donazione dato che sono consapevoli di aver fatto qualcosa di bello, qualcuno spiega che dopo la donazione si sente più leggero, molte volte l’hanno paragonata ad una confessione perché si ha la sensazione di essersi tolto un peso.
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Non donatori L’indagine conoscitiva Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue è stata condotta da Observa – Science in Society,che ha messo a punto una tipologia dei freni alla donazione di sangue, composta di tre tipi: • non donatori “emotivi” hanno paura dell’ago e del sangue stesso,
della sensazione di “essere violati” o della possibilità di avere effetti negativi sulla propria salute in seguito alla donazione.
• non donatori “pigri” non riescono a trovare incentivi giusti e convenienti che li possono spingere a donare
• scetticismo di alcuni non donatori nei confronti di specifici aspetti legati alla pratica della donazione. Qui, tra gli altri aspetti, è presente la sfiducia nei confronti delle strutture e del personale medico.
Partendo da questa indagine, è stato deciso di intervistare i non donatori per capire cosa spinge queste persone a non donare (vedi appendice 3). In base alle risposte date possiamo notare che esistono paure e timori diffusi che frenano alcune persone nel donare il sangue:a
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• La paura dell’ago, spesso associata a quella della vista del sangue e delle conseguenze alla donazione, sembra essere una della più diffuse, soprattutto nelle donne (45%). Tutti temono gli aghi, anche i donatori di sangue, ma il desiderio di sostegno al prossimo consente di affrontare e superare una piccola paura con grande gratificazione personale.
• Non è raro che alcune persone riferiscano di aver timore della vista del sangue, chi è particolarmente sensibile alla vista del sangue può non guardare;per questo motivo, durante la donazione, alcuni donatori chiedono di coprire con un piccolo telo sia la sacca che il tubicino che collega l’ago.
• Donare è un atto volontario. Le Associazioni e le Federazioni dei donatori di sangue hanno il compito di convocare i donatori una volta trascorso l’intervallo di legge tra una donazione e l’altra, ma non possono imporre nulla. Tutto è lasciato alla disponibilità, sensibilità e responsabilità del singolo.
• Il 33 % degli uomini hanno affermato di non voler perdere tempo nel fare la fila, aspettando il proprio turno di donare. Questa convinzione sembra dovuta al fatto che spesso non si è a conoscenza della possibilità di prenotare la donazione, in questo modo si riducono i tempi di attesa.
• Infine, il 15% degli uomini e il 10% delle donne hanno spiegato di aver il timore di sentirsi male dopo la donazione.
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I giovani e la donazione E' importante anche capire non solo perché una piccola parte della popolazione decide di donare il sangue, ma anche perché solo pochi donatori diventano regolari nel tempo. Quindi è piuttosto sulla realtà del donatore che bisogna orientare la ricerca trasfusionale, in particolare è molto utile capire l’interesse dei giovani verso la donazione. Il gruppo intervistato era di 120 soggetti, di questi 16 sono giovani uomini e 13 sono giovani donne di un’età compresa tra i 18 e i 30 anni. Il 44% dei giovani uomini ha deciso di diventare donatore per una scelta personale, provenendo da famiglie in cui è molto considerata la relazione d'aiuto, facendo proprio l'atteggiamento familiare.
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Nelle giovani donne, il 50%, il motivo principale è quello di poter aiutare il prossimo, dimostrando così la capacità di assumersi la responsabilità e addirittura battersi per gli altri. Il gruppo mette in pratica le convinzioni espresse cercando di essere generoso e di aiutare chi è in difficoltà. Emerge anche una certa disponibilità ad affrontare il disagio e la paura per il bene altrui. La donazione è considerata una esperienza stimolante soprattutto da chi farebbe il donatore e da chi è già attivo nel volontariato. La donazione di sangue è considerata nel suo complesso una esperienza che non è agganciata a considerazioni utilitaristiche o a ricompense in denaro. Il gruppo esprime invece in modo più evidente il desiderio di ricevere una gratificazione non economica ma etico-‐sociale. Questo è anche quello che si osserva nei donatori. Essi infatti non vedendo il ricevente, non possono ricevere nulla in cambio di tangibile dal loro gesto, per cui se vengono accolti in modo distaccato e freddo, più o meno consciamente lo avvertono come un qualcosa di incompiuto o mancante. Abbiamo verificato che c'è una aspettativa di gratitudine e considerazione proprio dallo staff degli operatori sanitari che sono gli intermediari tra donatore e ricevente. Da come il suo dono è accolto il donatore realizza l'intensità del valore di ciò che sta facendo e questo rafforza in lui la motivazione a tornare. Il gruppo di giovani afferma con determinazione che è importate che il personale sia vicino al donatore e questa è un'affermazione che indirettamente misura la paura che possa accadere qualcosa. Per quanto riguarda i giovani che non sono donatori si può notare che quando si fa riferimento diretto alle paure specifiche, lo stesso gruppo dichiara che la ragione per cui non hanno donato fin qui è fortemente collegata alle tensioni legate alla donazione.
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Come si nota dai grafici, il 50% dell giovani donne e il 37% dei giovani uomini decidono di non donare per timore dell’ago. Osserviamo invece che quelli che non vogliono donare hanno espresso valori più alti proprio per le stesse paure dei donatori: la paura dell'ago, della quantità di sangue prelevata e di come ci si sente dopo. Gli stessi dichiarano che i timori della donazione hanno influenzato la loro decisione a non donare.
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CONCLUSIONI Il donatore di sangue è per definizione un soggetto sano, quindi potremmo essere indotti a considerarlo come un cliente " anomalo " perché non ha bisogno di cure mediche. Il suo stato di salute, in uno sbilanciamento di prospettiva, viene infatti preso in considerazione solo esclusivamente in funzione del ricevente. Appunto perché malato è colui che riceverà il sangue, ci si interessa primariamente di quest'ultimo. La medicina trasfusionale ha l'opportunità unica di occuparsi del paziente curando nel donatore la promozione alla salute nel senso più completo del termine. Proprio per il tipo di rapporto continuativo che si instaura con il donatore è possibile mettere in atto la prevenzione attraverso l' educazione alla salute. Mantenendosi in relazione con il medico, il donatore stabilisce e consolida nel tempo un atteggiamento di fiducia, dal momento che sente di essere accompagnato nei percorsi della salute dei nuovi donatori, continua a donare, possiamo affermare che fin dall'inizio c'è l'intenzione di tornare (vedi appendice 4). Non a caso nella stragrande maggioranza,in particolare il 43% degli uomini, i donatori dicono spontaneamente in occasione della prima visita: " Era da tanto tempo che ci pensavo ...”
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Fin dall'inizio chi si presenta a donare, vuole essere "donatore per sempre." Pertanto sono due gli obiettivi che un sistema trasfusionale deve porsi: prendersi cura del donatore e mantenere vivo in lui il desiderio di tornare. Per raggiungere queste mete è fondamentale un atteggiamento di ascolto attivo. Non è il donatore che deve ascoltare noi, ma noi per primi dobbiamo ascoltare lui! Implicitamente ciò significa prendere in considerazione la soggettività di colui che abbiamo di fronte, per aderire alle sue necessità e richieste. E' necessario che egli sappia come lo stile di vita sia importante per la prevenzione delle malattie e per proteggere il ricevente da eventuali patologie trasfusione-‐correlate. Tuttavia è anche necessario liberare il donatore da tutte le reazioni emotive legate alle paure della donazione che possono interferire sul suo stato di benessere. Il donatore può sperimentare di essere quello che in realtà è: il protagonista della situazione, non tanto perché porta un prodotto, ma piuttosto perché senza la sua collaborazione non si può fare nulla. Possiamo concludere dicendo che il miglior modello da utilizzare è quello centrato esclusivamente sul donatore e non sul processo e i prodotti della donazione stessa.
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APPENDICE 1 Intervista all’èquipe del Centro Trasfusionale
Sesso: M/F
Qualifica: medico/infermiere
Da quanti anni lavora nel CT:
1. Quale è la funzione di un Centro Trasfusionale?
2. Come avviene la prima accoglienza di un donatore?
3. Quali sono le informazioni fondamentali da fornire ad un donatore?
4. Quali sono le caratteristiche principali che una persona deve avere per diventare donatore?
5. Quali sono le motivazioni che spingono una persona a donare il sangue?
6. Secondo lei c’è qualche aspetto che può essere migliorato all’interno del Centro Trasfusionale?Quale?
7. Lei dona il sangue? Si/no, perché?
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APPENDICE 2 Intervista ai donatori
Età:
Sesso: M/ F
Professione:
Stato Civile:
Famiglia:
1. Quando ha iniziato a donare?
2. Con che frequenza dona il sangue?
3. Che tipo di rapporto ha con lo staff medico-‐infermieristico(sono stati disponibili, hanno risposto alle sue domande, hanno chiarito i suoi dubbi) e con gli altri donatori?
4. Perché ha deciso di diventare donatore di sangue? (monitorare il proprio stato di salute; motivazioni legate alla sfera relazionale o alla storia personale)
5. Quali sensazioni ha provato la prima volta, dopo che ha donato il sangue?
6. Quali paure ha provato la prima volta che ha deciso di donare il sangue
7. Ha dei suggerimenti per migliorare la fase di accoglienza del reparto?
8. Ha dei suggerimenti volti ad incrementare l’attività di volontariato specialmente nel mondo giovanile?
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APPENDICE 3
Intervista ai non donatori
Data di nascita:
Sesso: M F
Professione:
Famiglia:
1. Svolge attività di volontariato?( Se si, quali?quanto tempo dedica? Se no, perché?)
2. Sa che cosa è un centro trasfusionale?
3. E’ a conoscenza dell’esistenza di un Centro Trasfusionale presso l’Ospedale di Termoli?
4. Secondo lei è giusto donare il sangue?
5. Cosa ritiene possa guadagnare una persona nello svolgere tale attività?
6. Ha mai pensato di donare il sangue?(si/No,perché?)
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APPENDICE 4
Intervista per la prima donazione
Età:
Sesso:
Professione:
Stato civile:
Famiglia:
1. Come le sembra il Centro Trasfusionale?
2. Lo staff medico-‐infermieristico le è sembrato disponibile?
3. Come mai ha deciso di diventare donatore?
4. Quali paure ha provato la prima volta che ha deciso di donare il sangue?
5. Se dovesse persuadere una persona a venire a donare, cosa gli direbbe?
6. Effettua altre forme di volontariato?
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BIBLIOGRAFIA
- “L’approccio psicologico sul donatore di sangue nei vari momenti del suo percorso”, Dott.ssa Elisabetta Razzaboni, AVIS provinciale Modena;
- “Il ruolo dell’altruismo, dell’empatia e della responsabilità sociale nel comportamento di donazione del sangue”, (“The role of altruistic behavior, empathetic concern, and social responsability motivation in blood donation behavior”, W. R. Steele et al. Blood donors and blood collection, 2008), Michele Lenzi, Silvia Facci;
- “Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue”, Observa science in society, report di ricerca per il centro nazionale di sangue;
- “Psicologia della donazione di sangue”, Dott. Furlani, Tesi di laurea;
- “L’atto della donazione di sangue”, Alberto Vito, Giuseppe Viparelli, Raffaella Crescenzo, Gea Vollaro, Rivista babele psicologia.
- “Avere cura del donatore significa mantenere vivo in lui il desiderio di tornare”, Antonella Pagliariccio e Maria Marinozzi, Psychomedia telematic review
- “Come evitare la reazione vaso-vagale nei donatori di sangue attraverso un approccio psicologico randomizzato”, Antonella Pagliariccio e Maria Marinozzi, Psychomedia telematic review
- “I giovani e la donazione di sangue tra timore e desiderio”, Antonella Pagliariccio e Maria Marinozzi, Psychomedia telematic review
- “Il sangue: l'eterno linguaggio della vita per la vita Diamo voce a chi non ha voce”, Antonella Pagliariccio e Maria Marinozzi, Psychomedia telematic review