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Comunale di Termoli LE MOTIVAZIONI PSICO-SOCIALI ALLA DONAZIONE Giuliana Conticelli Dott.ssa in Psicologia Clinica e della Salute ASSOCIAZIONE VOLONTARI ITALIANI SANGUE

LE MOTIVAZIONI PSICO-SOCIALI ALLA DONAZIONE · L'azione di sensibilizzazione alla donazio-ne, soprattutto nelle scuole, si misura attraverso il numero di ragazzi che si presentano

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Comunale di Termoli

LE MOTIVAZIONIPSICO-SOCIALI

ALLA DONAZIONE

Giuliana ConticelliDott.ssa in Psicologia Clinica e della Salute

ASSOCIAZIONE VOLONTARI ITALIANI SANGUE

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PREFAZIONE

Siamo abituati a misurare l'efficacia di un'azione attraverso indicatori che ne attestino il risultato. L'azione di sensibilizzazione alla donazio-ne, soprattutto nelle scuole, si misura attraverso il numero di ragazzi che si presentano successivamente a donare, decisamente elevato per alcuni Istituti scolastici, assai meno soddisfacente per altri. Per questo ci si chiede: il linguaggio adottato, le immagini proiettate , gli spazi fisici e temporali sono adatti a raggiungere i risultati attesi, o almeno sperati? Il lavoro della Dott.ssa Giuliana Conticelli, Psicologa Clinica e della Salute, ci aiuta a capire tutto questo.Quando si presentò alla nostra Unità Operativa di Medicina Trasfusio-nale per un periodo di tirocinio volontario cogliemmo l'occasione, assieme al tutor Dott. Giovanni Santomiero, di affidarle una ricerca sulle motivazioni che inducono le persone a donare sangue o, all'inver-so, a tenerle lontano da questo gesto di grande solidarietà.Ne è venuto fuori uno studio di grande interesse per cui abbiamo ritenuto opportu-no, attraverso il coinvolgimento dell'AVIS di Termoli, di stamparlo e diffonderlo. Lo studio, come si vedrà leggendolo, si è basato su una serie di questionari somministrati a tre gruppi di soggetti suddivisi per sesso, età, famiglia di provenienza, occupazione.Anche il personale della Sala Donatori è stato coinvolto attraverso un questionario che mettesse in risalto le capacità, si spera elevate, di offrire a nuovi e vecchi donatori una accoglienza il più possibile accet-tabile, tale da stimolare il desiderio di tornare a donare prendendosi “cura” del donatore/donatrice.Il donatore è soggetto attivo e protagonista nel mondo trasfusionale non tanto, come afferma la Dottssa. Conticelli, perchè porta un “pro-dotto”, ma perchè senza la sua collaborazione non si può far nulla. Collaborazione che diventa ancora più incisiva nel momento in cui egli comprende e attua corretti stili di vita che rendono il suo “prodotto” sicuro. Le motivazioni che spingono, sia gli uomini che le donne, a donare sono sostanzialmente due: aiutare il prossimo e seguire l'esem-pio della famiglia. La prima appare scontata; la seconda conferma che il buon esempio di uno o di entrambi i genitori facilita enormemente la nostra azione di convincimento. Le motivazioni che adducono i non donatori sono: la paura dell'ago, la vista del sangue, la paura di sentirsi male dopo la donazione, il non voler perdere tempo per attendere a donare. A proposito di quest'ultimo motivo viene confermata la bontà della scelta di avviare un anno fa la donazione di sangue e plasma su prenotazione. Sicuramente questo studio ci aiuterà a migliorare la nostra azione, a partire dal momento della sensibilizzazione fino a quello dell' acquisizione di un nuovo donatore. Di questo siamo grati alla Dott.ssa Giuliana Conticelli.Buona lettura!

Dott. Pasquale SpagnuoloDirettore U.O.C. Medicina Trasfusionale

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SALUTO DEL PRESIDENTE

L’Avis è un’associazione di volontariato, che ha lo scopo di promuovere la donazione di sangue, volontaria, anonima e consapevole, intesa come valore umanitario universale ed espressione di solidarietà e di civismo, che configura il donatore quale massima espressione di un primario servizio socio-sanitario ed operatore della salute, anche al fine di diffondere nella comunità locale i valori della solidarietà e del dono, della partecipazione sociale e civile e della tutela del diritto alla salte.L’Avis della Civitas Thermolarum, in armonia con i fini istituzionali propri, si propone: Di sostenere i bisogni di salute dei cittadini favorendo il raggiungimen-to dell’autosufficienza di sangue e dei suoi derivati e dei massimi livelli di sicurezza trasfusionale possibili e la promozione per il buon utilizzo del sangue grazie al costante, attento ed assiduo lavoro del Centro Trasfusionale dell’Asrem di Termoli;Promuovere l’informazione e l’educazione sanitaria dei cittadini;Favorire l’incremento della propria base associativa;Promuovere lo sviluppo del volontario e dell’associazionismo.L’Avis di Termoli promuove e organizza campagne di comunicazione sociale, informazione e promozione del dono del sangue, nonché tutte le attività di comunicazione esterna, interna ed istituzionale di propria competenza territoriale.Collabora con le altre associazioni di settore e con quelle affini che promuovono la ricerca, l’informazione a favore della donazione di organi e della donazione del midollo osseo AIRC, AIDO, ADMO.Svolge anche in conformità con gli obiettivi e le finalità indicate dall’Avis Nazionale, attività di formazione esterne, con particolare riferimento al mondo della Scuola (Progetto scuola) e delle Forze Armate (Solidarietà e Donazione).Certi della profondità del messaggio insito nell’opera, confidiamo nella sensibilità della società civile nel raggiungimento dello scopo di questa pubblicazione

Il PresidenteMario Ianieri

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INTRODUZIONE    

La   donazione   di   sangue   consiste   nel   prelievo   di   un   determinato  volume  di  sangue  da  un  soggetto  sano,  chiamato  donatore,  al  fine  di  trasfonderlo   in   un   soggetto   che   ha   bisogno   di   sangue   o   di   uno   dei  suoi  componenti,  chiamato  ricevente.  Dare   il   proprio   sangue   per   il   prossimo   non   è   né   un   diritto,   né   un  dovere   individuale,  ma  è  un  dovere  della   comunità  o   collettivo,  nel  senso  che,  anche  se  non  sono  tutti  obbligati  a  darlo,  qualcuno  però  “deve”  farlo,  essendo  l’uomo  l’unica  fonte  di  approvvigionamento  del  sangue.  Essere  quel  qualcuno  che  dà  o  essere  gli  altri  che  non  lo  fanno  è  una  scelta  libera  dell’individuo  e  l’atto  che  ne  consegue  è  un  dono.  Per  questo  si  parla  di  “donazione”  del  sangue,  perché  si  tratta  di  un  atto  volontario  di  generosità.  Per  evitare  abusi  e  per  tutelare  la  salute  dei   riceventi,   la   legge  prescrive  che   la  donazione  sia  anonima,  ossia  che   il   donatore   non   deve   conoscere   l’identità   dei   riceventi   ed   il  ricevente  non  deve  poter  risalire  al  donatore.  La  donazione  di  sangue  è  quindi  un  “dono”  ad  ignoti  malati  che  non  potranno  mai  ringraziare  personalmente  l’anonimo  donatore.  Lo   studio   del   comportamento   di   donazione   del   sangue   è   stato  affrontato  in  diversi  modi  dalla  ricerca  dell’ultimo  ventennio.  Un’area  di   ricerca   particolarmente   importante   riguarda   l’approfondimento  dei   fattori   che   possono   promuovere   la   donazione,   nel   tentativo   di  rispondere   alle   domande   “Cosa   spinge   alcune   persone   a   donare   il  sangue?”,  “Come  alimentare  questo  comportamento?”  Lo   scopo  dello   studio  è  proprio  quello  di   conoscere   le   intenzioni,   le  motivazioni   e   gli   atteggiamenti   dei   donatori   da   una   parte,   mentre  dall’altro   vogliamo   capire   come   i   non   donatori   percepiscono   la  pratica   della   donazione,   cioè   cosa   spinge   loro   a   non   donare,   allo  scopo   di   esplorare   e   costruire   una   mappa   dei   possibili   freni   alla  donazione  di  sangue.  

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Strumenti:  intervista  semi-­‐strutturata    Lo  scopo  dell’intervista  qualitativa  è  quello  di  comprendere   il  punto  di  vista  dell’intervistato  e   l’insieme  dei  significati  che  egli  attribuisce  alle  sue  esperienze.  Nell’intervista  vengono  poste  prima  le  domande  più   generali   per   poi   arrivare   a   quelle   più   specifiche;   ha   forma  completamente  anonima  per  tutelare  la  privacy  dell’intervistato.  Si   tratta   di   uno   strumento   che   determina   un   certo   feed-­‐back   ed,  anche   se   l’intervistato   deve   essere   totalmente   disponibile,   non  comporta  un’eccessiva  perdita  di  tempo  da  parte  sua.  La  fase  di  contatto  è  stata  svolta  personalmente,  durante  questa  fase  ho  spiegato  il  mio  ruolo  e  la  motivazione  della  ricerca.  L’intervistato  mi   è   sembrato  molto   gratificato   dall’esposizione   delle  proprie   idee   ed   esperienze   sentendosi   al   centro   dell’attenzione,  dovuta   al   fatto   che   si   tratta   di   un   percorso   che   senza   di   lui   non  avrebbe  luogo.  

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Il  campione    Sono   stati   presi   in   esame   tre   gruppi   di   soggetti,   indagati   in   base   al  genere,  età,  alla  famiglia  e  all’occupazione    

• Donatori:  120  soggetti  

   

• Non  donatori:  120  soggetti  

   

• Prima  donazione:  60  soggetti  

 

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L’equipe  della  sala  donatori    Una  riflessione  sugli  aspetti  psicologici  legati  alla  donazione  di  sangue  impone   di   prendere   in   considerazione,   oltre   alle   caratteristiche  riguardanti   il  donatore,  anche  le  dinamiche  riguardanti  gli  operatori,  al   fine   di   migliorare   l’accoglienza   e   quindi   potenziare   la   risposta  dell’utenza  alle  campagne  di  donazione.  Per   accoglienza   intendiamo   la   capacità   di   ricevere,   introdurre,  integrare  il  donatore  in  un  sistema  a  lui  sconosciuto.  L’obiettivo  dell’accoglienza  è  quello  di  creare  un  ambiente  idoneo  al  donatore,   facilitando   il   suo   adattamento   e   rassicurandolo   .È  fondamentale   che   l’operatore   preposto   all’accoglienza   abbia   piena  consapevolezza   del   significato   che   questo   momento   assume   per   il  donatore.  L’accoglienza   deve  prevedere   una   fase   dedicata   alla   consegna  delle  informazioni   circa   le   condizioni   fisiche   che   permettono   o   meno   la  donazione,   il   tipo   di   analisi   che   verranno   effettuate,   le  modalità   di  utilizzo  del  sangue  prelevato,  sottolineando  il  vantaggio  secondario  di  poter  controllare  periodicamente  e  gratuitamente  il  proprio  stato  di  salute.   Si   possono   presentare   rari   effetti   indesiderati   dopo   la  donazione,   per   esempio   giramenti   di   testa   dovuti   ad   un  abbassamento   di   pressione   o   addirittura   paura   di   svenire,   ma   per  prevenirli  è  opportuno  attenersi  a  precise  regole  comportamentali:    

ü presentarsi   alla   donazione   dopo   un   adeguato   riposo  notturno;  

ü consumare  una  leggera  colazione;  

ü riferire   immediatamente   al   personale   sanitario  qualsiasi  sensazione  di  malessere;  

ü restare   sul   lettino   o   sulla   poltrona   per   almeno   10  minuti  dopo  la  donazione;  

ü consumare  un  adeguato  ristoro;  

ü evitare,  durante  la  giornata,  sforzi  fisici  intensi.  

 

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La  qualità  dell’accoglienza  dipende  dall’interazione  di  fattori  interni  al  sistema  complesso  «medico-­‐infermiere  paziente-­‐familiari».  L’équipe   sanitaria   assume  un   ruolo   fondamentale   per   fare   in  modo  che   l’accoglienza  prima,  e  un  supporto  emotivo  poi,   rispondano  alle  delicate   esigenze   del   donatore.   Affinché   questo   diventi   possibile,  occorre   che   gli   operatori   conoscano   profondamente   la   particolare  condizione  psicologica  del  donatore.  Le   motivazioni   che   spingono   una   persona   a   donare   sono   dunque  varie,   e   un   Centro   Trasfusionale   attento   alla   propria  missione   deve  conoscerle   a   fondo,   per   poterle   utilizzare   come   strumento   elettivo  per   avvicinare   l’utenza   al   tema  della   donazione,   ai   suoi   scopi   e   alla  sua  utilità.  Occorre  che  l’operatore  sia  in  grado  di  rispondere  a  qualsiasi  quesito  che  il  donatore  ponga,  mostrando  una  capacità  empatica  di  ascolto,  e  che  sia  in  grado  di  restituire  al  donatore  la  propria  competenza.  Per   poter   fornire   un   servizio   che   risponda   a   queste   caratteristiche,  l’équipe  trasfusionale  deve  avvertirsi  come  un  gruppo  di  lavoro.  E’   stato   somministrata   un’intervista   anche   ad   alcuni   membri  dell’equipè,   dato   che   con   la   loro   esperienza   non   solo   possono  spiegare  correttamente  come  funziona  il  centro,  ma  possono  definire  i   possibili   cambiamenti   motivazionali   del   donatore   attraverso  l’osservazione  a  lungo  termine.(vedi  appendice1)  La   prima   domanda   che   abbiamo   posto   all’equipè   è   stata   quella   di  spiegare  qual  è  la  funzione  del  Centro  Trasfusionale:  è  una  struttura  responsabile,  sotto  qualsiasi  aspetto,  della  raccolta  e  del  controllo  del  sangue   umano   e   dei   suoi   componenti,   nonché   della   lavorazione,  conservazione,   distribuzione   e   assegnazione   quando   gli   stessi   sono  destinati  alla  trasfusione.  In  particolare   Il   reparto  di  Medicina  Trasfusionale  dell'Ospedale  San  Timoteo  di  Termoli  ha  come  Direttore  il  Dott.  Pasquale  Spagnuolo.  Il  reparto   è   responsabile   degli   aspetti   organizzativi   della   donazione,  della   trasfusione,   del   laboratorio,   dell'ambulatorio   e  dell’organizzazione   complessiva   delle   attività   di:   raccolta,  tipizzazione,   stoccaggio   e   distribuzione   delle   unità   di   sangue;  laboratorio  (ematologia,  virologia,  coagulazione,  immunoematologia,  biologia   molecolare,   allergologia   e   genetica);   ambulatorio;   Day-­‐Hospital   oncologico   ed   ematologico.   Svolge   inoltre   funzioni   di  

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osservatorio  epidemiologico  nell'ambito  delle  infezioni  trasmesse  con  il  sangue,  garantisce  e  coordina  il  percorso  assistenziale  trasfusionale,  ematologico   ed   oncologico   rispetto   alle   esigenze   di   salute   del  paziente.    Successivamente,  abbiamo  chiesto  di  spiegarci  come  avviene  la  prima  accoglienza   del   donatore:   la   persona   compila   un   questionario   per  raccogliere  informazioni,  in  seguito  vengono  effettuate  le  analisi  e  in  base   ai   risultati   si   informa   se   è   idoneo   oppure   no   a   diventare  donatore.  Se  l’esito  è  positivo  gli  viene  spiegato  che  tipo  di  donazione  può  effettuare  (se  può  donare  sangue  o  plasma  o  entrambi),  in  modo  da  assicurare  un  buon  risultato  e  di  non  creare  possibili  problemi  al  donatore.  

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Donatori    Come   detto   in   precedenza   lo   scopo   di   questa   ricerca   è   quello   di  comprendere   le   intenzioni,   le   motivazioni   e   gli   atteggiamenti   dei  donatori  di  sangue  (vedi  appendice  2).  Dai  grafici  si  può  notare  che  ci  siamo  soffermati  sulle  motivazioni  che  hanno  spinto  i  soggetti  intervistati  a  diventare  donatori,  le  paure  che  possono  avere  i  donatori  e  infine  le  sensazioni  o  emozioni  che  questi  provano  dopo  aver  donato.    • Motivazioni:  il  34%  delle  donne  decide  di  diventare  donatore,  per  

una  scelta  personale,  alla  domanda  “perché  ha  deciso  di  diventare  donatore?”   rispondono   che   hanno   avuto   familiari   donatori   e  quindi   hanno   deciso   di   seguire   il   loro   esempio,   comunque   tutte  hanno   cercato   di   sottolineare   il   fatto   di   non   essere   state  influenzate  e  che  la  decisione  finale   l’hanno  presa  da  sole,   il  39%  delle  donne  e   il  42%  degli  uomini   spiegano  che  hanno  deciso    di  diventare  donatori  perché  in  questo  modo  possono  dare  un  aiuto  al   prossimo,   lo   fanno  nonostante  non   conoscono   il   ricevente  del  proprio  sangue  

 

   

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• Paure:   anche   i   donatori   di   sangue   possono   avere   delle   paure   di  fronte   alla   donazione   ma   il   desiderio   di   sostegno   al   prossimo  consente   di   affrontare   e   superare   una   piccola   paura   con   grande  gratificazione   personale.   Nei   soggetti   intervistati   il   90%   degli  uomini   e   il   77%   delle   donne   affermano   di   non   avere   paura  nell’affrontare   la   donazione,   anche   se   alcuni   hanno   spiegato   che  inizialmente   avevano   un   certo   timore   (dell’ago   o   della   vista   del  sangue)  ma   la   loro   voglia   di   fare   un’azione  buona   li   ha   spinti   ad  affrontare  e  superare  questa  paura.  

 

       

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• Sensazioni/Emozioni:  tutti  i  soggetti  spiegano  di  sentirsi  soddisfatti  della   loro   donazione   dato   che   sono   consapevoli   di   aver   fatto  qualcosa  di  bello,  qualcuno  spiega  che  dopo  la  donazione  si  sente  più   leggero,  molte   volte   l’hanno   paragonata   ad   una   confessione  perché  si  ha  la  sensazione  di  essersi  tolto  un  peso.  

 

   

 

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Non  donatori    L’indagine   conoscitiva   Gli   italiani   e   le   pratiche   di   donazione   e  trasfusione   di   sangue   è   stata   condotta   da   Observa   –   Science   in  Society,che  ha  messo  a  punto  una  tipologia  dei  freni  alla  donazione  di  sangue,  composta  di  tre  tipi:    • non  donatori  “emotivi”  hanno  paura  dell’ago  e  del  sangue  stesso,  

della   sensazione   di   “essere   violati”   o   della   possibilità   di   avere  effetti  negativi  sulla  propria  salute  in  seguito  alla  donazione.  

• non   donatori   “pigri”   non   riescono   a   trovare   incentivi   giusti   e  convenienti  che  li  possono  spingere  a  donare  

• scetticismo  di  alcuni  non  donatori  nei  confronti  di  specifici  aspetti  legati   alla   pratica   della   donazione.   Qui,   tra   gli   altri   aspetti,   è  presente   la   sfiducia   nei   confronti   delle   strutture   e   del   personale  medico.  

Partendo   da   questa   indagine,   è   stato   deciso   di   intervistare   i   non  donatori  per   capire   cosa   spinge  queste  persone  a  non  donare   (vedi  appendice  3).  In  base  alle  risposte  date  possiamo  notare  che  esistono  paure  e  timori  diffusi  che  frenano  alcune  persone  nel  donare  il  sangue:a  

 

     

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• La  paura  dell’ago,  spesso  associata  a  quella  della  vista  del  sangue  e  delle   conseguenze   alla   donazione,   sembra   essere   una   della   più  diffuse,   soprattutto   nelle   donne   (45%).   Tutti   temono   gli   aghi,  anche  i  donatori  di  sangue,  ma  il  desiderio  di  sostegno  al  prossimo  consente   di   affrontare   e   superare   una   piccola   paura   con   grande  gratificazione  personale.  

• Non   è   raro   che   alcune   persone   riferiscano   di   aver   timore   della  vista   del   sangue,   chi   è   particolarmente   sensibile   alla   vista   del  sangue   può   non   guardare;per   questo   motivo,   durante   la  donazione,  alcuni  donatori  chiedono  di  coprire  con  un  piccolo  telo  sia  la  sacca  che  il  tubicino  che  collega  l’ago.  

• Donare  è  un  atto  volontario.   Le  Associazioni  e   le   Federazioni  dei  donatori  di   sangue  hanno   il   compito  di   convocare   i  donatori  una  volta  trascorso  l’intervallo  di  legge  tra  una  donazione  e  l’altra,  ma  non   possono   imporre   nulla.   Tutto   è   lasciato   alla   disponibilità,  sensibilità  e  responsabilità  del  singolo.  

• Il  33  %  degli  uomini  hanno  affermato  di  non  voler  perdere  tempo  nel   fare   la   fila,   aspettando   il   proprio   turno   di   donare.   Questa  convinzione   sembra   dovuta   al   fatto   che   spesso   non   si   è   a  conoscenza  della  possibilità  di  prenotare   la  donazione,   in  questo  modo  si  riducono  i  tempi  di  attesa.  

• Infine,  il  15%  degli  uomini  e  il  10%  delle  donne  hanno  spiegato  di  aver  il  timore  di  sentirsi  male  dopo  la  donazione.  

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I  giovani  e  la  donazione    E'   importante  anche   capire  non   solo  perché  una  piccola  parte  della  popolazione  decide  di  donare  il  sangue,  ma  anche  perché  solo  pochi  donatori  diventano  regolari  nel  tempo.  Quindi  è  piuttosto  sulla  realtà  del   donatore   che   bisogna   orientare   la   ricerca   trasfusionale,   in  particolare   è   molto   utile   capire   l’interesse   dei   giovani   verso   la  donazione.  Il   gruppo   intervistato   era   di   120   soggetti,   di   questi   16   sono   giovani  uomini   e   13   sono   giovani   donne  di   un’età   compresa   tra   i   18   e   i   30  anni.  Il   44%   dei   giovani   uomini   ha   deciso   di   diventare   donatore   per   una  scelta  personale,  provenendo  da  famiglie   in  cui  è  molto  considerata  la  relazione  d'aiuto,  facendo  proprio  l'atteggiamento  familiare.    

 

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Nelle   giovani   donne,   il   50%,   il   motivo   principale   è   quello   di   poter  aiutare   il   prossimo,   dimostrando   così   la   capacità   di   assumersi   la  responsabilità  e  addirittura  battersi  per  gli  altri.  Il  gruppo  mette  in  pratica  le  convinzioni  espresse  cercando  di  essere  generoso  e  di  aiutare  chi  è  in  difficoltà.  Emerge   anche   una   certa   disponibilità   ad   affrontare   il   disagio   e   la  paura  per  il  bene  altrui.  La  donazione  è  considerata  una  esperienza  stimolante  soprattutto  da  chi  farebbe  il  donatore  e  da  chi  è  già  attivo  nel  volontariato.  La   donazione   di   sangue   è   considerata   nel   suo   complesso   una  esperienza   che   non   è   agganciata   a   considerazioni   utilitaristiche   o   a  ricompense  in  denaro.  Il  gruppo  esprime  invece  in  modo  più  evidente  il   desiderio   di   ricevere   una   gratificazione   non   economica  ma   etico-­‐sociale.  Questo   è   anche   quello   che   si   osserva   nei   donatori.   Essi   infatti   non  vedendo   il   ricevente,   non   possono   ricevere   nulla   in   cambio   di  tangibile  dal  loro  gesto,  per  cui  se  vengono  accolti  in  modo  distaccato  e   freddo,  più  o  meno  consciamente   lo  avvertono  come  un  qualcosa  di  incompiuto  o  mancante.  Abbiamo   verificato   che   c'è   una   aspettativa   di   gratitudine   e  considerazione  proprio  dallo  staff  degli  operatori  sanitari  che  sono  gli  intermediari  tra  donatore  e  ricevente.  Da   come   il   suo   dono   è   accolto   il   donatore   realizza   l'intensità   del  valore  di  ciò  che  sta  facendo  e  questo  rafforza  in  lui  la  motivazione  a  tornare.   Il   gruppo   di   giovani   afferma   con   determinazione   che   è  importate   che   il   personale   sia   vicino   al   donatore   e   questa   è  un'affermazione   che   indirettamente   misura   la   paura   che   possa  accadere  qualcosa.  Per   quanto   riguarda   i   giovani   che   non   sono   donatori   si   può   notare  che  quando   si   fa   riferimento  diretto   alle  paure   specifiche,   lo   stesso  gruppo   dichiara   che   la   ragione   per   cui   non   hanno   donato   fin   qui   è  fortemente  collegata  alle  tensioni  legate  alla  donazione.    

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Come  si  nota  dai  grafici,  il  50%  dell  giovani  donne  e  il  37%  dei  giovani  uomini   decidono   di   non   donare   per   timore   dell’ago.   Osserviamo  invece  che  quelli  che  non  vogliono  donare  hanno  espresso  valori  più  alti  proprio  per   le  stesse  paure  dei  donatori:   la  paura  dell'ago,  della  quantità   di   sangue   prelevata   e   di   come   ci   si   sente   dopo.   Gli   stessi  dichiarano   che   i   timori   della   donazione   hanno   influenzato   la   loro  decisione  a  non  donare.  

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CONCLUSIONI    Il   donatore   di   sangue   è   per   definizione   un   soggetto   sano,   quindi  potremmo  essere  indotti  a  considerarlo  come  un  cliente  "  anomalo  "  perché  non  ha  bisogno  di  cure  mediche.  Il  suo  stato  di  salute,  in  uno  sbilanciamento   di   prospettiva,   viene   infatti   preso   in   considerazione  solo   esclusivamente   in   funzione   del   ricevente.   Appunto   perché  malato  è  colui  che  riceverà  il  sangue,  ci  si  interessa  primariamente  di  quest'ultimo.  La   medicina   trasfusionale   ha   l'opportunità   unica   di   occuparsi   del  paziente   curando   nel   donatore   la   promozione   alla   salute   nel   senso  più  completo  del  termine.  Proprio  per  il  tipo  di  rapporto  continuativo  che   si   instaura   con   il   donatore   è   possibile   mettere   in   atto   la  prevenzione  attraverso  l'  educazione  alla  salute.  Mantenendosi   in   relazione   con   il   medico,   il   donatore   stabilisce   e  consolida  nel   tempo  un  atteggiamento  di   fiducia,  dal  momento  che  sente   di   essere   accompagnato   nei   percorsi   della   salute   dei   nuovi  donatori,   continua   a   donare,   possiamo   affermare   che   fin   dall'inizio  c'è   l'intenzione   di   tornare   (vedi   appendice   4).   Non   a   caso   nella  stragrande  maggioranza,in  particolare  il  43%  degli  uomini,  i  donatori  dicono   spontaneamente   in   occasione   della   prima   visita:   "   Era   da  tanto  tempo  che  ci  pensavo  ...”    

   

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Fin   dall'inizio   chi   si   presenta   a   donare,   vuole   essere   "donatore   per  sempre."  Pertanto  sono  due  gli  obiettivi  che  un  sistema  trasfusionale  deve   porsi:   prendersi   cura   del   donatore   e   mantenere   vivo   in   lui   il  desiderio  di  tornare.  Per  raggiungere  queste  mete  è  fondamentale  un  atteggiamento  di  ascolto  attivo.  Non  è  il  donatore  che  deve  ascoltare  noi,   ma   noi   per   primi   dobbiamo   ascoltare   lui!   Implicitamente   ciò  significa   prendere   in   considerazione   la   soggettività   di   colui   che  abbiamo  di  fronte,  per  aderire  alle  sue  necessità  e  richieste.  E'  necessario  che  egli  sappia  come  lo  stile  di  vita  sia  importante  per  la  prevenzione  delle  malattie  e  per  proteggere  il  ricevente  da  eventuali  patologie  trasfusione-­‐correlate.  Tuttavia  è  anche  necessario   liberare  il   donatore   da   tutte   le   reazioni   emotive   legate   alle   paure   della  donazione   che   possono   interferire   sul   suo   stato   di   benessere.   Il  donatore   può   sperimentare   di   essere   quello   che   in   realtà   è:   il  protagonista   della   situazione,   non   tanto   perché   porta   un   prodotto,  ma  piuttosto  perché  senza  la  sua  collaborazione  non  si  può  fare  nulla.  Possiamo   concludere   dicendo   che   il  miglior  modello   da   utilizzare   è  quello   centrato   esclusivamente   sul   donatore   e  non   sul   processo   e   i  prodotti  della  donazione  stessa.  

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APPENDICE  1  Intervista  all’èquipe  del  Centro  Trasfusionale  

 

Sesso:  M/F  

Qualifica:  medico/infermiere  

Da  quanti  anni  lavora  nel  CT:  

1. Quale  è  la  funzione  di  un  Centro  Trasfusionale?  

2. Come  avviene  la  prima  accoglienza  di  un  donatore?  

3. Quali  sono  le  informazioni  fondamentali  da  fornire  ad  un  donatore?  

4. Quali  sono  le  caratteristiche  principali  che  una  persona  deve  avere  per  diventare  donatore?  

5. Quali  sono  le  motivazioni  che  spingono  una  persona  a  donare  il  sangue?  

6. Secondo  lei  c’è  qualche  aspetto  che  può  essere  migliorato  all’interno  del  Centro  Trasfusionale?Quale?  

7. Lei  dona  il  sangue?  Si/no,  perché?  

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APPENDICE  2  Intervista  ai  donatori  

 Età:  

Sesso:  M/  F  

Professione:  

Stato  Civile:  

Famiglia:  

1. Quando  ha  iniziato  a  donare?  

2. Con  che  frequenza  dona  il  sangue?  

3. Che   tipo   di   rapporto   ha   con   lo   staff   medico-­‐infermieristico(sono   stati   disponibili,   hanno   risposto   alle   sue  domande,  hanno  chiarito  i  suoi  dubbi)  e  con  gli  altri  donatori?  

4. Perché   ha   deciso   di   diventare   donatore   di   sangue?  (monitorare   il  proprio   stato  di   salute;  motivazioni   legate  alla  sfera  relazionale  o  alla  storia  personale)  

5. Quali   sensazioni   ha   provato   la   prima   volta,   dopo   che   ha  donato  il  sangue?  

6. Quali  paure  ha  provato  la  prima  volta  che  ha  deciso  di  donare  il  sangue  

7. Ha  dei   suggerimenti  per  migliorare   la   fase  di   accoglienza  del  reparto?  

8. Ha  dei  suggerimenti  volti  ad  incrementare  l’attività  di  volontariato  specialmente  nel  mondo  giovanile?  

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APPENDICE  3  

Intervista  ai  non  donatori  

 

Data  di  nascita:  

Sesso:  M    F  

Professione:  

Famiglia:  

1. Svolge  attività  di  volontariato?(  Se  si,  quali?quanto  tempo  dedica?  Se  no,  perché?)  

2. Sa  che  cosa  è  un  centro  trasfusionale?  

3. E’  a  conoscenza  dell’esistenza  di  un  Centro  Trasfusionale  presso  l’Ospedale  di  Termoli?  

4. Secondo  lei  è  giusto  donare  il  sangue?  

5. Cosa  ritiene  possa  guadagnare  una  persona  nello  svolgere  tale  attività?  

6. Ha  mai  pensato  di  donare  il  sangue?(si/No,perché?)  

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APPENDICE  4  

Intervista  per  la  prima  donazione  

 

Età:  

Sesso:  

Professione:  

Stato  civile:  

Famiglia:  

1. Come  le  sembra  il  Centro  Trasfusionale?  

2. Lo  staff  medico-­‐infermieristico  le  è  sembrato  disponibile?  

3. Come  mai  ha  deciso  di  diventare  donatore?  

4. Quali  paure  ha  provato  la  prima  volta  che  ha  deciso  di  donare  il  sangue?  

5. Se  dovesse  persuadere  una  persona   a   venire   a   donare,   cosa  gli  direbbe?  

6. Effettua  altre  forme  di  volontariato?  

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BIBLIOGRAFIA

- “L’approccio psicologico sul donatore di sangue nei vari momenti del suo percorso”, Dott.ssa Elisabetta Razzaboni, AVIS provinciale Modena;

- “Il ruolo dell’altruismo, dell’empatia e della responsabilità sociale nel comportamento di donazione del sangue”, (“The  role   of   altruistic   behavior,   empathetic   concern,   and   social  responsability   motivation   in   blood   donation   behavior”,   W.   R.  Steele   et   al.   Blood   donors   and   blood   collection,   2008),   Michele  Lenzi,  Silvia  Facci;  

- “Gli italiani e le pratiche di donazione e trasfusione di sangue”, Observa science in society, report di ricerca per il centro nazionale di sangue;  

- “Psicologia della donazione di sangue”, Dott. Furlani, Tesi di laurea;  

- “L’atto della donazione di sangue”, Alberto Vito, Giuseppe Viparelli, Raffaella Crescenzo, Gea Vollaro, Rivista babele psicologia.  

- “Avere cura del donatore significa mantenere vivo in lui il desiderio di tornare”, Antonella Pagliariccio e Maria Marinozzi, Psychomedia telematic review

- “Come evitare la reazione vaso-vagale nei donatori di sangue attraverso un approccio psicologico randomizzato”, Antonella Pagliariccio e Maria Marinozzi, Psychomedia telematic review

- “I giovani e la donazione di sangue tra timore e desiderio”, Antonella Pagliariccio e Maria Marinozzi, Psychomedia telematic review

- “Il sangue: l'eterno linguaggio della vita per la vita Diamo voce a chi non ha voce”, Antonella Pagliariccio e Maria Marinozzi, Psychomedia telematic review

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