258
Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

Lezioni di Analisi Matematica IV

Giancarlo Teppati

Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino

Anno accademico 2002-03

Page 2: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

1

Lezione 1

Campi vettoriali

Si dice campo vettoriale (nello spazio) una corrispondenza che abbia come dominio eimmagine sottoinsiemi di R3

(x, y, z) → (F1(x, y, z), F2(x, y, z), F3(x, y, z)).

Tale corrispondenza si puo anche indicare con la notazione:

~r → ~F (~r) (~r = x1~i1 + x2

~i2 + x3~i3), ~F = F1

~i1 + F2~i2 + F3

~i3.

Una corrispondenza R3 → R si dice invece campo scalare.

Un campo vettoriale piano si scrive, per analogia, come:

~F = F1~i1 + F2

~i2.

In ogni caso, l’intensita di un campo vettoriale ~F e rappresentata dal suo modulo|~F |.

Esempi.

1) Campo gravitazionale ~G(x, y, z) generato da una massa puntiforme m situatain P = (x0, y0, z0):

~G(x, y, z) = ~G(~r) = −g~r − ~r0

|~r − ~r0|3m

2) Campo elettrostatico ~E(x, y, z) generato da una carica puntiforme di valore qsituata in P = (x0, y0, z0):

~E(x, y, z) = ~E(~r) = −K~r − ~r0

|~r − ~r0|3 q

3) Campo di velocita di un solido rotante all’asse z con velocita angolare ω~i3:

~v(~r) = ω~i3 ∧ ~r = −ωy~i1 + ωx~i2

(tale campo, essendo costante rispetto a z, puo essere considerato come campo vet-toriale piano).

Page 3: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

2

Le linee di campo sono le curve tangenti in ogni punto al vettore ~F (~r).

Le linee di campo di un campo ~F non dipendono dall’intensita di ~F (che e il

modulo di ~F ) ma solo dalla direzione di ogni vettore del campo.

La determinazione delle linee di campo puo essere effettuata nel modo seguente.

Sia ~r(t) = (x(t), y(t), (z(t)) l’equazione parametrica di una linea di campo. La

tangented~r

dtdeve allora essere parallela, ∀t, a ~F (~r(t)). Segue:

d~r

dt= µ(t)~F (~r(t)),

ovvero:

dx

dt= µ(t)F1,

dy

dt= µ(t)F2,

dz

dt= µ(t)F3,

da cui, eguagliando:

dx

F1

=dy

F2

=dz

F3

.

Segue che le linee di campo si possono determinare se esiste una funzione f tale

chef

F1

= P (x),f

F2

= Q(y),f

F3

= R(z).

Esempi.

1) Linee di campo di un campo gravitazionale.

Sia:

~G(x, y, z) = ~G(~r) = −g~r − ~r0

|~r − ~r0|3m = −gm(x− x0)~i1 + (y − y0)~i2 + (z − z0)

~i3

(√

(x− x0)2 + (y − y0)2 + (z − z0)2)3.

Segue:

dx

x− x0

=dy

y − y0

=dz

z − z0

,

da cui si ottiene:

ln |x− x0|+ ln C1 = ln |y − y0|+ ln C2 = ln |z − z0|+ ln C3

e

Page 4: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

3

C1(x− x0) = C2(y − y0) = C3(z − z0).

Si tratta dunque di una famiglia di piani, passanti per il punto (x0, y0, z0), che dannoorigine ad una famiglia di rette dipendente da due parametri.

2) Le linee di campo del campo di velocita

−ωy~i1 + ωx~i2

soddisfano a:dx

−y=

dy

x

ovvero a:

xdx + ydy = 0

che equivale a:

x2 + y2 = C.

Si tratta pertanto di cerchi giacenti nel piano (x, y), mentre in R3 si ha:

x2 + y2 = C1, z = C2

3) Linee di campo del campo:

F = exyz(x~i1 + y2~i2 + z~i3).

Si ha:dx

exyzx=

dy

exyzy2=

dz

exyzz

da cui:

y2dx = xdy, zdx = xdz, y2dz = zdy

e si ricava:

ln x + ln C1 = −1

y, ln x + ln C2 = ln z, −1

y= ln z + ln C3,

cioe:

e−1y = C1x, z = C2x, e−

1y = C3z.

Si ricava infine:

z = kx, y = − 1

ln(C3z)

(essendo k e C3 costanti arbitrarie).

Nel seguito, utilizzeremo i seguenti operatori:

~∇ =∂

∂x~i1 +

∂y~i2 +

∂z~i3 (nabla),

Page 5: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

4

~∇ · ~∇ =∂2

∂x2+

∂2

∂y2+

∂2

∂z2(laplaciano).

Tramite questi operatori, gradiente, divergenza e rotore si esprimono nel modoseguente (F campo scalare, ~F campo vettoriale):

~gradF = ~∇F =∂F

∂x~i1 +

∂F

∂y~i2 +

∂F

∂z~i3,

~div · ~F = ~∇ · ~F =∂F1

∂x+

∂F2

∂y+

∂F3

∂z

~rotF = ~∇∧ ~F = (∂F3

∂y− ∂F2

∂z)~i1 + (

∂F1

∂z− ∂F3

∂x)~i2 + (

∂F2

∂x− ∂F1

∂y)~i3

Altre utili espressioni sono:

~div( ~gradF ) = ~∇ · ~∇F =∂2F

∂x2+

∂2F

∂y2+

∂2F

∂z2

~rot( ~rot ~F ) = ~∇(~∇ · ~F )−∇2 ~F = ~grad( ~div ~F )− ~grad · ~grad(~F ).

Campi vettoriali piani e coordinate polari nel piano.

Le coordinate polari nel piano sono definite da:

x = cos θ ρ =√

x2 + y2

y = sin θ θ = arctany

x

I versori lungo le direzioni r e θ sono definiti da:

~ir = cos θ~i1 + sin θ~i2

~iθ = − sin θ~i1 + cos θ~i2

da cui segue:

|~ir| = |~iθ| = 1

~ir ·~iθ = 0.

Pertanto, un campo vettoriale piano F (x, y) si puo anche esprimere, in coordinatepolari, nel modo seguente:

F (x, y) = F (ρ cos θ, ρ sin θ) = G(ρ, θ) = Gρ(ρ, θ)~iρ + Gθ(ρ, θ)~iθ.

Page 6: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

5

Esempi.

1) F (x, y) = (cos arctan yx− sin arctan y

x)~i1 + (cos arctan y

x+ sin arctan y

x)~i2 =

= (cos θ − sin θ)~i1 + (cos θ + sin θ)~i2 =~ir +~iθ

|F | =√

2

2) F (x, y) = (cos arctan yx−√x2 + y2 sin arctan y

x)~i1+

+(sin arctany

x+

√x2 + y2 cos arctan

y

x)~i2 =

= (cos θ − ρ sin θ)~i1 + (sin θ + ρ cos θ)~i2 =~ir + ρ~iθ

|F | =√

1 + ρ2

Page 7: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

6

Lezione 2

Potenziali

Dato un campo vettoriale ~F e lecito chiedersi se esista un campo scalare V tale che:

~F = ~gradV =∂V

∂x~i1 +

∂V

∂y~i2 +

∂V

∂z~i3.

La risposta a questa domanda e, in generale, negativa. Se pero, in un dominio Ddi R3, dato un campo vettoriale ~F , esiste un campo scalare V tale che:

~F = ~gradV

si dice che ~F e un campo vettoriale conservativo e V si dice potenziale scalare di ~F .

V e ovviamente determinato a meno di una costante arbitraria.

Condizione necessaria e sufficiente affinche un campo vettoriale ~F sia conservativoe che esista un campo scalare V tale che:

dV = F1dx + F2dy + F3dz.

Esempi.

1) Dato il campo scalare:

V =gm

|~r − ~r0|si deduce subito:

~gradV = gm ~grad1

|~r − ~r0| = gm ~grad1√

(x− x0)2 + (y − y0)2 + (z − z0)2=

= −gm(x− x0)~i1 + (y − y0)~i2 + (z − z0)

~i3

(√

(x− x0)2 + (y − y0)2 + (z − z0)2)3

2) (Esempio di un campo non conservativo).

Sia dato il campo piano di velocita

~F = −ωy~i1 + ωx~i2.

Cerchiamo un campo scalare V (x, y) tale che:

∂V

∂x= −ωy,

∂V

∂y= ωx

Page 8: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

7

Integrando le due equazioni (la prima rispetto a x, la seconda rispetto a y), siottiene:

V (x, y) = −ωxy + ϕ1(y), V (x, y) = ωxy + ϕ2(x).

Eguagliando, si ricava:2ωxy = ϕ1(y)− ϕ2(x),

equazione impossibile da soddisfare (a primo membro c’e il prodotto delle due vari-abili, che deve eguagliare la differenza di una funzione della sola x con una funzionedella sola y). Segue che il campo di velocita non e conservativo.

Vista la condizione necessaria e sufficiente affinche ~F sia conservativo, si deduceuna ulteriore condizione necessaria affinche ~F sia conservativo:

~rot ~F = ~0, (~0 = vettore nullo).

Cio equivale a scrivere:

∂F3

∂y=

∂F2

∂z,

∂F1

∂z=

∂F3

∂x,

∂F2

∂x=

∂F1

∂y.

Infatti, se ~F e conservativo, allora esiste V tale che:

∂V

∂x= F1,

∂V

∂y= F2,

∂V

∂z= F3

e di conseguenza:∂2V

∂y∂z=

∂F3

∂y=

∂2V

∂z∂y=

∂F2

∂z, etc.

purche al campo scalare V sia applicabile il teorema di inversione dell’ordine dellederivazioni parziali).

Superfici equipotenziali

Se ~F e un campo conservativo e V un suo potenziale, le superfici di livelloV (x, y, z, ) = C si dicono superfici equipotenziali di ~F . Le linee di campo sono ortog-onali a tali superfici.

Esempi

1) Superfici equipotenziali di

~G(x, y, z) = ~G(~r) = −gm~r − ~r0

|~r − ~r0|3 .

Sono definite da:gm

|~r − ~r0| = C

e sono sfere di centro r0 e raggi gmC

.

Page 9: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

8

2) Sia~F = −ex cos y~i1 + ex sin y~i2.

Essendo:F1 = −ex cos y, F2 = ex sin y,

si ricava:∂F1

∂y=

∂F2

∂x= ex sin y

e ~F e conservativo. Possiamo dunque determinare (a meno di costanti) un campo

scalare V tale che ~∇V = ~F . Si ha:

∂V

∂x= −ex cos y ⇒ V (x, y) = −ex cos y + ϕ1(y)

e

∂V

∂y= ex sin y ⇒ ex sin y +ϕ

′1(y) ⇒ ϕ

′1(y) = 0 ⇒ ϕ1 = K ⇒ V (x, y) = −ex cos y +K.

Le superfici equipotenziali sono allora definite da:

ex cos y = H

e su queste superfici giacciono curve equipotenziali definite da:

y = arccos He−x.

3) Determinare il campo ~F con potenziale

V (x, y, z) =1

|r − r0|2 .

Poiche:∂V

∂x= −2

x− x0

|~r − ~r0|4 , etc.

segue

~F = −2~r − ~r0

|~r − ~r0|4 .

Esercizio svolto.

Dire se il campo vettoriale:

~F =2x

z~i1 +

2y

z~i2 − x2 + y2

z2~i3

e conservativo e in caso affermativo trovare potenziale e superfici equipotenziali,nonche le linee di campo.

Soluzione. Si ha subito:

F1 =∂V

∂x=

2x

z, F2 =

∂V

∂y=

2y

z, F3 =

∂V

∂z= −x2 + y2

z2

Page 10: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

9

da cui:∂F1

∂y= 0 =

∂F2

∂x,

∂F3

∂y= −2y

z2=

∂F2

∂z,

∂F1

∂z= −2x

z2=

∂F3

∂x.

Pertanto:∂V

∂x=

2x

z⇒ V =

x2

z+ A(z, y)

∂V

∂y=

2y

z⇒ 2y

z=

∂A

∂y⇒ A =

y2

z+ B(z)

∂V

∂z= −x2 + y2

z2= −x2

z2+

∂A

∂z⇒ A =

y2

z+ C

da cui:

V (x, y) =x2 + y2

z+ C.

Le superfici equipotenziali sono allora i paraboloidi:

z = K(x2 + y2)

mentre le linee di campo sono le ellissi:

y = Ax

x2 + y2 + 2z2 = B

contenute in piani verticali passanti per l’origine.

Page 11: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

10

Lezione 3

Integrali curvilinei

Una curva regolare individua una linea ed e individuata dalle equazioni parametriche:

x = x(t), y = y(t), z = z(t)

ove t e un parametro reale che varia in un intervallo reale [α, β] e

dx

dt,

dy

dt,

dz

dt

esistono in [α, β] e non sono mai contemporaneamente nulle in [α, β].Se α e β sono finiti si parla di arco di curva regolare, indicato di solito con γ.Un arco di curva regolare a tratti, indicato di solito con Γ, e l’unione di archi di

curva regolari γi (i ∈ I), tali che ogni punto finale di un arco intermedio coincide conil punto iniziale dell’arco successivo: in tal caso si dice che gli archi sono raccordatiin punti di raccordo, punti nei quali non necessariamente esiste la tangente.

Sia dato un arco di curva regolare γ o un arco di curva regolare a tratti Γ. Sipuo calcolare la lunghezza dell’arco suddividendolo in piccoli archi mediante puntiche corrispondono a opportuni valori del parametro t:

α = t0 < t1 <2< ...th−1 < th < th+1 < ...tN = β

Se N e molto grande una buona approssimazione della lunghezza L dell’arco e dataprendendo le lunghezze |∆~rh| = |~rh − ~rh−1| dei segmenti di retta che congiungono~rh = ~r(th) a ~rh−1, ovvero:

L ∼N∑

h=1

|∆~rh|

Al limite per N →∞ e max|~rh−~rh−1| → 0 si ha (se tale limite esiste) la lunghezzaesatta L. In tale ipotesi si scrive allora:

γds = L (oppure

Γds = L)

essendo ds definito da: ds =

√(dxdt

)2+

(dydt

)2+

(dzdt

)2dt.

Per una funzione f(x, y, z) l’integrale curvilineo si definisce in modo analogo. Siainfatti (xi

h, yih, z

ih) un punto intermedio all’interno dell’h-esimo arco della suddivisione

di cui sopra.Consideriamo pertanto la somma:

S =N∑

h=1

f(xih, y

ih, z

ih)|∆~rh|

Page 12: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

11

Se questa somma ammette limite per N →∞ e max|~rh − ~rh−1| → 0 indipenden-temente dalla scelta di (xi

h, yih, z

ih) , allora tale limite si dice integrale curvilineo di f

esteso a γ (oppure esteso a Γ) e si scrive

γf(x, y, z)ds (oppure

Γf(x, y, z)ds).

Segue subito la formula per il calcolo esplicito di un integrale curvilineo:

I =∫

γf(x, y, z)ds =

∫ α

βf(x(t), y(t), z(t))

√√√√(

dx

dt

)2

+

(dy

dt

)2

+

(dz

dt

)2

dt

Il valore di I non dipende dalla parametrizzazione scelta per rappresentare γ.Sia infatti ~r = ~r(t) una parametrizzazione di γ e ~r = ~r(u) un’altra parametriz-

zazione (t e u parametri reali, t ∈ [α, β], u ∈ [a, b]).Se γ e regolare allora ~r = ~r(u(t)), con u(α) = a, u(β) = b e du

dtesiste per ogni t in

[α, β]. Si ricava pertanto:

∫ β

αf(~r(t))

∣∣∣∣∣d~r

dt

∣∣∣∣∣ dt =∫ β

αf(~r(t))

∣∣∣∣∣d~r

du

du

dt

∣∣∣∣∣ dt =∫ b

af(~r(u))

∣∣∣∣∣d~r

du

∣∣∣∣∣ du.

Esempio

Calcolare: ∫

γyds

lungo la semicirconferenza γ di raggio R e centro l’origine, giacente nel semipianoy ≥ 0, percorsa in verso antiorario e individuata dalle seguenti due parametrizzazioni:

~r(θ) = R cos θ~i1 + R sin θ~i2, 0 ≤ θ ≤ π

~r(x) = x~i1 +√

R2 − x2~i2, −R ≤ x ≤ R

Nel primo caso si ha:

d~r

dθ= −R sin θ~i1 + R cos θ~i2,

∣∣∣∣∣d~r

∣∣∣∣∣ = R

e segue: ∫

γyds = R2

∫ π

0sin θdθ = −R2[cosθ]π0 = 2R2.

Nel secondo caso si ottiene invece:

γyds =

∫ R

−R

√R2 − x2

∣∣∣∣∣d~r

dx

∣∣∣∣∣ dx =∫ R

−R

√R2 − x2

∣∣∣∣∣~i1 − x√

R2 − x2~i2

∣∣∣∣∣ dx =

=∫ R

−R

√R2 − x2

√1 +

x2

R2 − x2dx =

∫ R

−RRdx = 2R2.

Page 13: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

12

Lezione 4

Integrali di linea dei campi vettoriali

Sia ~F una forza variabile. Il lavoro fatto da tale forza durante lo spostamento diun lungo una curva regolare γ risulta dalla somma di lavori infinitesimi dW calcolatinel modo seguente:

dW = ~F · ~tds

essendo ~t =d~r

dsil vettore tangente alla curva γ nel punto prescelto.

Sommando i contributi dW su tutta la curva si ha:

W =∫

γ

~F · ~tds =∫

γ

~F · d~r

poiche

d~r = ~tds =d~r

dsds = dx~i1 + dy~i2 + dz~i3.

In generale, se ~F e un campo vettoriale e γ una curva regolare, l’integrale dellacomponente tangenziale di ~F lungo la curva regolare γ e definito da:

I =∫

γ

~F · d~r =∫

γ(F1(x, y, z)dx + F2(x, y, z)dy + F3(x, y, z)dz)

In questo tipo di integrazione e fondamentale la scelta dell’orientamento di γ.Convenzionalmente il verso positivo e quello antiorario, il verso negativo e quello

orario.Un segno negativo che precede γ indica che la curva e percorsa in verso opposto

a quello scelto come verso positivo.La proprieta fondamentale dell’integrale di linea e la seguente:

−γ

~F · d~r = −∫

γ

~F · d~r

Una curva γ si dice chiusa se ~r(α) = ~r(β): una curva chiusa semplice e una curvachiusa con la proprieta:

α < t1 6= t2 < β ⇔ ~r(t1) 6= ~r(t2).

Se γ e una curva chiusa semplice allora l’integrale di linea di ~F lungo γ si diceintegrale di circuitazione e si indica con il simbolo speciale:

γ

~F · d~r.

Il calcolo di I =∫γ

~F · d~r si esplicita mediante una opportuna parametrizzazione~r = ~r(t).

Si ottiene, ricordando la forma generale scritta:

I =∫

γ

~F · d~r =

Page 14: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

13

=∫ β

αF1(x(t), y(t), z(t))

dx

dt+

+∫ β

αF2(x(t), y(t), z(t))

dy

dt+

∫ β

αF3(x(t), y(t), z(t))

dz

dt.

Come gia visto per l’integrale curvilineo∫γ ds, tale tipo di integrazione non dipende

dalla parametrizzazione scelta per descrivere γ.

Esempio

Sia~F (x, y) = y2~i1 + 2xy~i2.

Calcolare ∫

γ

~F · d~r

essendo γ curva che congiunge (0, 0) a (1, 1), quando:

1) γ e la retta y = x

2) γ e la parabola y = x2

3) γ e la spezzata costituita dai segmenti di retta da (0, 0) a (0, 1) e da (0, 1) a(1, 1).

Caso 1)

Si ha:~r = t(~i1 +~i2), 0 ≤ t ≤ 1, d~r = dt(~i1 +~i2)

~F · d~r = (t2~i1 + 2t2~i2) · (~i1 +~i2)dt = 3t2dt,∫

γ

~F · d~r =∫ 1

03t2dt = [t3]10 = 1.

Caso 2)

Si ha:~r = t~i1 + t2~i2, 0 ≤ t ≤ 1, d~r = (~i1 + 2t~i2)dt

~F · d~r = (t4~i1 + 2t3~i2) · (~i1 + 2t~i2)dt = 5t4dt,∫

γ

~F · d~r =∫ 1

05t4dt = [t5]10 = 1.

Caso 3) Si ha (segmento da (0, 0) a (0, 1)):

x = 0, 0 ≤ t ≤ 1, y = t

Page 15: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

14

~F = t2~i1, d~r =~i2dt, ~F · d~r = 0

(segmento da (0, 1) a (1, 1)):

x = t, 0 ≤ t ≤ 1, y = 1

~F =~i1 + 2t~i2, d~r =~i1dt, ~F · d~r = dt,∫

γ

~F · d~r =∫ 1

0dt = 1.

Regioni nel piano reale.

Una regione Ω in R2 e un insieme non vuoto, aperto e connesso.Un insieme X in R2 e connesso se per ogni coppia di punti interni a X esiste un

arco di curva regolare tutta interna a X che congiunge i punti della coppia.Un insieme X in R2 e semplicemente connesso se ogni curva chiusa semplice in

X puo essere ridotta con continuita ad un unico punto. Le regioni semplicementeconnesse presentano una sola frontiera, le regioni connesse presentano almeno duefrontiere. Una regione Ω con p+1 frontiere ha ordine di connessione p (pertanto unaregione semplicemente connessa ha ordine di connessione 0). Una regione semplice-mente connessa Ω e tale che ogni curva chiusa semplice tutta interna a Ω e frontieradi una sottoregione semplicemente connessa.

Vale il seguente Teorema.Sia Ω una regione semplicemente connessa e ~F un campo vettoriale su Ω. Allora

le seguenti proprieta sono equivalenti:

i) ~F conservativo in Ω (∃V |∀P ∈ Ω, ~F = ~gradV );

ii)∮

γ

~F · d~r = 0, ∀γ ⊂ Ω;

iii) Se γ e un cammino che congiunge due punti P1, P2 interni a Ω, l’integrale

γ

~F · d~r

non dipende dalla scelta di γ.

Page 16: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

15

Lezione 5

Campi conservativi

Conseguenze del Teorema precedente (v.Lezione 4):

1) se ~F e un campo vettoriale conservativo (~F = ~∇V ) e se γ e una curva regolareche congiunge un punto iniziale P0 a un punto finale P1, allora:

γ

~F · ~dr =∫

γdV = V (P1)− V (P0)

2) Se ~F e conservativo in una regione semplicemente connessa, allora:

∂F1

∂y=

∂F2

∂x,∂F1

∂z=

∂F3

∂x,∂F2

∂z=

∂F3

∂y

Viceversa se in una regione semplicemente connessa valgono per ~F le tre equazioniprecedenti allora ~F e conservativo in tale regione.

Esercizio svolto.

Dire per quali valori delle costanti A e B il campo vettoriale:

~F = Ax sin y~i1 + (x2 cos y + Bye−z)~i2 − y2e−z~i3

e conservativo e determinarne il potenziale.

Dalle equazioni di condizione segue:

∂F2

∂z=

∂F3

∂y⇒ −Bye−z = −2ye−z ⇒ B = 2

∂F1

∂z=

∂F3

∂x⇒ 0 = 0

∂F1

∂y=

∂F2

∂x⇒ Ax cos y = 2x cos y ⇒ A = 2.

Segue che :~F = 2x sin y~i1 + (x2 cos y + 2ye−z)~i2 − y2e−z~i3

ammette potenziale V, da determinare.

V si determina osservando che:

∂V

∂x= 2x sin y ⇒ V (x, y, z) = x2 sin y + ϕ1(y, z)

Page 17: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

16

∂V

∂y= x2 cos y + 2ye−z ⇒ V (x, y, z) = x2 sin y + y2e−z + ϕ2(x, z)

∂V

∂z= −y2e−z ⇒ V (x, y, z) = y2e−z + ϕ(x, y)

e per confronto si ottengono le equazioni:

x2 sin y + ϕ1(y, z) = x2 sin y + y2e−z + ϕ2(x, z) = y2e−z + ϕ3(x, y).

Dall’ equazione:

x2 sin y + ϕ1(y, z) = x2 sin y + y2e−z + ϕ2(x, z)

si ha:ϕ1(y, z)− ϕ2(x, z) = y2e−z.

Dall’equazione:x2 sin y + ϕ1(y, z) = y2e−z + ϕ3(x, z)

si ha:ϕ1(y, z)− ϕ3(x, y) = y2e−z − x2 sin y

e, infine, dall’equazione

y2e−z + ϕ2(x, z) = y2e−z + ϕ3(x, y)

si ottiene:ϕ3(x, z)− ϕ2(x, z) = x2 sin y.

Risolvendo il sistema delle tre equazioni precedenti nelle tre funzioni incognite:

ϕ1(y, z), ϕ2(x, z), ϕ3(x, y)

si ottiene:ϕ1(y, z) = y2e−z, ϕ2(x, z) = 0, ϕ3(x, y) = x2 sin y

e immediatamente segue l’espressione per V :

V (x, y, z) = x2 sin y + y2e−z.

Superfici nello spazio.

Abbiamo descritto archi di curva regolare mediante l’uso di un parametro (essendouna curva un oggetto unidimensionale); descriveremo ora superfici mediante l’uso didue parametri.

Una superficie in R3 e un insieme Σ di punti le cui coordinate (x, y, z) sonoindividuate dalle equazioni parametriche:

x = x(u, v)y = y(u, v)z = z(u, v)

Page 18: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

17

con α ≤ u ≤ β e γ ≤ v ≤ δ.Consideriamo:

∂~r

∂u=

∂x

∂u~i1 +

∂y

∂u~i2 +

∂z

∂u~i3

∂~r

∂v=

∂x

∂v~i1 +

∂y

∂v~i2 +

∂z

∂v~i3

I vettori∂~r(P0)

∂u,

∂~r(P0)

∂v

giacciono allora nel piano tangente a Σ e passante per P0 (avendo indicato momen-taneamente con P0 il punto di tangenza).

Se∂~r

∂ue

∂~r

∂vnon sono paralleli , allora il prodotto vettoriale

∂~r

∂u∧ ∂~r

∂v

e un vettore normale alla superficie Σ, denotato con ~N . Pertanto l’elemento di area

dΣ si ottiene prendendo il modulo di∂~r

∂u∧ ∂~r

∂ve moltiplicandolo per dudv. Poiche:

~N =∂~r

∂u∧ ∂~r

∂v=

(∂y

∂u

∂z

∂v− ∂z

∂u

∂y

∂v

)~i1 +

(∂z

∂u

∂x

∂v− ∂x

∂u

∂z

∂v

)~i2 +

(∂x

∂u

∂y

∂v− ∂y

∂u

∂x

∂v

)~i3

si ricava subito :

dΣ =

√√√√(

∂y

∂u

∂z

∂v− ∂z

∂u

∂y

∂v

)2

+

(∂z

∂u

∂x

∂v− ∂x

∂u

∂z

∂v

)2

+

(∂x

∂u

∂y

∂v− ∂y

∂u

∂x

∂v

)2

dudv

Esempio.

La superficie Σ descritta dalle equazioni parametriche

x = R cos u sin v 0 ≤ u ≤ 2πy = R sin u sin v 0 ≤ v ≤ π

z = R cos v R > 0

e l’intera superficie di una sfera di centro (0, 0, 0) e raggio R. Infatti:

x2 + y2 + z2 = R2 cos2 u sin2 v + R2 sin2 u sin2 v + R2 cos2 u = R2.

Il vettore normale ~N ha componenti:

∂y

∂u

∂z

∂v− ∂z

∂u

∂y

∂v= −R2 cos u sin2 v

∂z

∂u

∂x

∂v− ∂x

∂u

∂z

∂v= −R2 sin u sin2 v

∂x

∂u

∂y

∂v− ∂y

∂u

∂x

∂v= −R2 sin v cos v

Page 19: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

18

e l’elemento di area dΣ vale:

dΣ = R2√

cos2 u sin4 v + sin2 u sin4 v + sin2 v cos2 vdudv =

= R2√

sin4 v + sin2 v cos2 vdudv = R2 sin vdudv.

Esercizio svolto.

Trovare l’elemento di area della superficie

x = 2uvy = u2 − v2

z = u2 + v2

Si ha:

∂y

∂u

∂z

∂v− ∂z

∂u

∂y

∂v= 2u · 2v + 2v · 2u = 8uv

∂z

∂u

∂x

∂v− ∂x

∂u

∂z

∂v= 2u · 2u− 2v · 2v = 4(u2 − v2)

∂x

∂u

∂y

∂v− ∂y

∂u

∂x

∂v= 2v · (−2v)− 2u · 2u = −4(u2 + v2)

Pertanto l’elemento di area vale:

dΣ = 4√

(u2 + v2)2 + (v2 − u2)2 + 4u2v2dudv = 4√

2(u4 + v4 + 2u2v2)dudv =

= 4√

2(u2 + v2)dudv

Page 20: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

19

Lezione 6

Integrali superficiali e integrali di superficie.

Sia data una funzione f e una superficie Σ descritta da equazioni parametriche:

x = x(u, v)y = y(u, v)z = z(u, v).

L’integrale superficiale di f esteso a Σ e definito da:

I =∫ ∫

Σf(x, y, z)dΣ =

∫ ∫

Σf(x(u, v), y(u, v), z(u, v))dΣ =

=∫

α≤u≤β

γ≤v≤δf(x(u, v), y(u, v), z(u, v))×

×√√√√

(∂y

∂u

∂z

∂v− ∂z

∂u

∂y

∂v

)2

+

(∂z

∂u

∂x

∂v− ∂x

∂u

∂z

∂v

)2

+

(∂x

∂u

∂y

∂v− ∂y

∂u

∂x

∂v

)2

dudv

e l’integrale e allora ricondotto ad un integrale doppio su di un rettangolo definitoda:

α ≤ u ≤ β, γ ≤ v ≤ δ.

Se l’equazione di una superficie Σ e esprimibile sotto la forma:

z = h(x, y)

con domh = D allora si possono scegliere come parametri proprio x.y, da cui:

x = u (u, v) ∈ Dy = v

z = h(u, v).

e:

dΣ =

√√√√1 +

(∂h(x, y

∂x

)2

+

(∂h(x, y)

∂y

)2

dxdy

Segue che l’integrale superficiale di una funzione f(x, y, z) si puo scrivere sottoforma di un integrale doppio su D:

∫ ∫

Σf(x, y, z)dΣ =

∫ ∫

Df(x, y, h(x, y))

√√√√1 +

(∂h(x, y

∂x

)2

+

(∂h(x, y)

∂y

)2

dxdy

Esercizio svolto

Calcolare ∫ ∫

ΣzdS

Page 21: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

20

sul cono:

z =√

2(x2 + y2)

compreso tra z = 0 e z = 3.

Con la rappresentazione parametrica x = u,y = v, z =√

2(x2 + y2) otteniamo:

∂z

∂x=

2x

z

∂z

∂y=

2y

z.

Segue

dΣ =

√1 +

4x2

z2+

4y2

z2dxdy =

√z2 + 2z2

z2dxdy =

√3dxdy.

Di conseguenza: ∫ ∫

ΣzdΣ =

√3

∫ ∫

x2+y2≤ 92

zdxdy.

Per il calcolo, si passa a coordinate polari x = ρ cos θ, y = ρ sin θ, 0 ≤ θ ≤ 2π, 0 ≤ρ ≤ 3

√2

2, ottenendo (con z =

√2ρ):

∫ ∫

ΣzdS =

√3√

2∫ 2π

0dθ

∫ 3√2

0ρ2dρ =

9π√

3

2.

Integrali di superficie per campi vettoriali.

Una superficie regolare Σ nello spazio si dice orientabile quando per ogni puntoP di Σ esiste un unico vettore unitario (cioe di modulo 1) ~N(P ) la cui orientazionevaria in modo continuo quando P varia su Σ senza subire salti di π quando si ritornial punto di partenza. Si dice positivo il lato di Σ che lascia al proprio interno ilvolume eventualmente delimitato da Σ. Una superficie regolare orientata e allora unasuperficie su cui e assegnata a priori una scelta opportuna del campo vettoriale ~N(p).

Si dice flusso di un campo vettoriale ~F attraverso una superficie orientata Σl’integrale di superficie:

Φ =∫ ∫

Σ

~F · ~NdΣ =∫ ∫

Σ

~F · d~Σ.

Esempio.

Calcolare il flusso di:

~F =x~i1 + y~i2x2 + y2

+~i3

verso l’alto, attraverso la superficie Σ definita da:

Page 22: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

21

x = u cos v 0 ≤ u ≤ 4y = u sin v 0 ≤ v ≤ πz = u2.

Si trova subito:

∂~r

∂u= cos v~i1 + sin v~i2 + 2u~i3

∂~r

∂v= −u sin v~i1 + u cos v~i2.

Si ricava:

∂~r

∂u∧ ∂~r

∂v=

∣∣∣∣∣∣∣

~i1 ~i2 ~i3cos v sin v 2u−u sin v u cos v 0

∣∣∣∣∣∣∣= −2u2 cos v~i1 − 2u2 sin v~i2 + u~i3

Risulta:dΣ = (−2u2 cos v~i1 − 2u2 sin v~i2 + u~i3)dudv.

Ora ~F su Σ vale:

2u cos v~i1 + 2u sin v~i2u2

+~i3 =2 cos v

u~i1 +

2 sin v

u~i2 +~i3

e pertanto:~F · d~Σ = −4u cos2 v − 4u sin2 v + u = −3u

Ricordando che u ≥ 0 implica ~N rivolto verso l’alto, si ha infine:

∫ ∫

Σ

~F · d~Σ =∫ 4π

0dv

∫ 4

0(−3u)du = π

[−3u2

2

]4

0

= −24π.

Ricordiamo infine alcune utili interpretazioni delle espressioni definite tramitel’operatore ~∇ (gradiente (significato), divergenza e rotore).

Innanzitutto ~∇f (gradiente del campo scalare f) da una informazione sulla ra-

pidita di variazione di f. Sia ora ~F un campo vettoriale e siano ~∇· ~F , ~∇∧ ~F divergenzae rotore di ~F . Il valore della divergenza di un campo vettoriale ~F in un punto P rap-presenta una misura di quanto il campo ”diverga” (ossia si affievolisca) nel punto P .Il valore di tale ”divergenza” puo essere misurato dal flusso uscente da una piccolasuperficie che racchiude P .

Un campo vettoriale ~F e detto solenoidale in un sottoinsieme X di R3 (o di R2)se:

∀P ∈ X, ~∇ · ~F = 0.

Un campo vettoriale ~F e detto irrotazionale in un sottoinsieme di R3 (o di R2)se:

∀P ∈ X, ~∇∧ ~F = ~0.

Il rotore di ~F , ~∇∧ ~f , misura infine di quanto il campo ~F tenda a ruotare attornoad un punto in cui ~F e definito.

Page 23: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

22

Lezione 7

Teoremi per campi vettoriali.

Supponiamo ora che ~F = ~∇V , ovvero che ~F sia conservativo. Se V e dotato diderivate parziali di ogni tipo e continue sino al secondo ordine in un volume delimitatoda una superficie semplicemente connessa, allora:

~F = ~∇V ⇒ ~∇∧ ~F = ~0.

Se invece ~F si puo ricavare dal rotore di un campo vettoriale ~G dotato di derivateparziali seconde miste, si ha:

~F = ~∇∧ ~G ⇒ ~∇ · ~F = 0.

Infatti:

∂x

(∂G2

∂z− ∂G3

∂y

)+

∂y

(∂G3

∂x− ∂G1

∂z

)+

∂z

(∂G1

∂y− ∂G2

∂x

)= 0.

Segue che ogni campo conservativo e irrotazionale e che il rotore di una campovettoriale ~G e solenoidale.

Quando un campo vettoriale ~F ammette un campo vettoriale ~G tale che ~F =~∇ ∧ ~G, si dice che ~F ammette un potenziale vettore G. ~G e ovviamente individuatoa meno di costanti arbitrarie.

Siano ora U ,V campi scalari e ~F , ~G campi vettoriali dotati di derivate parziali diogni tipo continue almeno fino al secondo ordine. Sono vere le seguenti identita:

1)~∇ (UV ) = U ~∇V + V ~∇U

2)~∇ ·(U ~F

)= ~∇U · ~F + U

(~∇ · ~F

)

3)~∇∧(U ~F

)= ~∇U ∧ ~F + U

(~∇∧ ~F

)

4)~∇ ·(~F ∧ ~G

)=

(~∇∧ ~F

)· ~G− ~F ·

(~∇∧ ~G

)

5)~∇∧(~F ∧ ~G

)=

(~∇ · ~G

)~F +

(~G · ~∇

)~F −

(~∇ · ~F

)~G−

(~F · ~∇

)~G

6)~∇(~F · ~G

)= ~F ∧

(~∇∧ ~G

)+ ~G ∧

(~∇∧ ~F

)+

(~F · ~∇

)~G +

(~G · ~∇

)~F

7)~∇ ·(~∇∧ ~F

)= 0

8)~∇∧(~∇U

)= ~0

9)~∇∧(~∇∧ ~F

)= ~∇

(~∇ · ~F

)−

(~∇ · ~∇

)~F

Page 24: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

23

Le formule da 1) a 9) si verificano tramite un calcolo diretto, tenendo conto che,ad esempio:

(~G · ~∇

)~F =

(G1

∂x+ G2

∂y+ G3

∂z

)~F

(e altre identita simili).

Teorema della divergenza.

Il teorema della divergenza (detto anche Teorema di Gauss) rappresenta, in uncerto senso, l’analogo del teorema fondamentale del calcolo integrale:

∫ b

af ′(x)dx = f(b)− f(a).

che nel caso di un integrale di linea di un campo vettoriale conservativo assumel’aspetto (detti B e A rispettivamente i punti finali e iniziali di γ):

γ

~∇U · d~r = U(B)− U(A)

Nel teorema della divergenza l’integrale della ”derivata” ~∇· ~F di un campo vetto-riale ~F su di un volume V racchiuso da una superficie chiusa orientata Σ e calcolatocome flusso di ~F uscente da Σ. Se Σ e dotata in ogni punto di un vettore normale~N e se ~F e un campo vettoriale dotato, almeno fino al secondo ordine, di derivateparziali di ogni tipo e continue fino al secondo ordine, si dimostra che:

∫ ∫ ∫

V

~∇ · ~FdV =∫ ∫

Σ

~F · ~NdΣ

(teorema della divergenza o di Gauss).

La dimostrazione e basata sul calcolo seguente (sviluppato sulla terza componente,scelta come esempio):

∫ ∫ ∫

V

∂F3

∂zdV =

∫ ∫

DV

∫ f2(x,y)

f1(x,y)

∂F3

∂zdz =

=∫ ∫

DV

[F3(x, y, f2(x, y)− F3(x, y, f1(x, y)] dxdy =

=∫ ∫

superficie superioreF3

~i3 · ~Nds−∫ ∫

superficie inferioreF3

~i3 · ~Nds,

essendo DV la regione piana proiettata sul piano (x, y) dalle parti di superficie z =f1(x, y) e z = f2(x, y) che delimitano V .

Il teorema della divergenza in due dimensioni asserisce che, data una regione Ωsemplicemente connessa nel piano, data una curva chiusa semplice γ tutta contenutain Ω e data la regione semplicemente connessa Σ racchiusa da γ, allora:

∫ ∫

Σ

~∇ · ~FdΣ =∮

γ

~F · ~Nds

Page 25: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

24

Lezione 8

Teorema di Green e di Stokes.

Il teorema della divergenza in due dimensioni puo essere riformulato in modoche l’integrale del campo vettoriale ~F faccia intervenire la componente tangente di~F piuttosto che la sua componente normale. Si ottiene allora il seguente risultato(noto sotto il nome di Teorema di Green). Sia Ω una regione (non necessariamentesemplicemente connessa), sia γ una curva regolare chiusa semplice tutta contenuta in

Ω e sia S la regione racchiusa da γ. Se ~F e un campo vettoriale dotato di derivateparziali continue in S e su γ, si ha:

∫ ∫

S

(∂F2

∂x− ∂F1

∂y

)dxdy =

γ(F1dx + F2dy) .

Il calcolo e simile a quello effettuato per il teorema della divergenza:

∫ ∫

S

∂F2

∂xdxdy =

∫ b

ady

∫ g2(y)

g1(y)

∂F2

∂xdx =

∫ b

a[F2(g2(y))− F1(g1(y))] dy =

γF2dy, etc.

Una versione lievemente diversa di questo risultato e rappresentata dal cosiddettoLemma di Gauss che viene scritto, sotto le ipotesi precedenti, nel modo seguente:

∫ ∫

S

∂f

∂ydxdy = −

γf(x, y)dx

∫ ∫

S

∂f

∂xdxdy =

γf(x, y)dy

(si dimostra con gli stessi calcoli precedenti).Il Lemma di Gauss puo essere esteso a tre dimensioni, ottenendo che, se V e

un volume nello spazio R3, la cui superficie di chiusura Σ sia orientata e regolare ef(x, y, z) un campo scalare:

∫ ∫ ∫

V

∂f(x, y, z)

∂xdxdydz = −

∫ ∫

Σf(x, y, z) ~N · i1dΣ

∫ ∫ ∫

V

∂f(x, y, z)

∂ydxdydz = −

∫ ∫

Σf(x, y, z) ~N · i2dΣ

∫ ∫ ∫

V

∂f(x, y, z)

∂zdxdydz = −

∫ ∫

Σf(x, y, z) ~N · i3dΣ

ove ~N la normale a Σ orientata in verso positivo.Veniamo ora all’ultimo importante teorema sui campi vettoriali, noto come Teo-

rema di Stokes . Questo teorema costituisce una generalizzazione del teorema di Greenquando si considerino superfici in R3 non necessariamente piane.

Sia Σ una superficie orientata nello spazio, dotata di una frontiera chiusa sempliceγ, sia ~N il campo delle normali a Σ e sia ~F un campo vettoriale dotato di tutte le

Page 26: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

25

derivate (continue) fino al secondo ordine e definito su di un insieme aperto contenenteΣ. Si ha: ∫ ∫

Σ

(~∇∧ ~F

)· ~NdΣ =

γ

~F · d~r.

La dimostrazione ricalca quella del teorema della divergenza. Basta scegliere z =z(x, y) come equazione parametrica della superficie Σ e determinare il campo normale~N . Dalle formule gia viste per ~N si ha:

~N =−∂f

∂x~i1 − ∂z

∂y~i2 +~i3√

1 +(

∂z∂x

)2+

(∂z∂y

)2

(la normale deve puntare verso l’alto) mentre l’elemento di area della superficie Σvale:

dΣ =

√√√√1 +

(∂z

∂x

)2

+

(∂z

∂y

)2

dxdy.

Sostituendo allora nel primo membro e tenendo conto che Σ si proietta su di unrettangolo R nel piano (x, y), si trova:

∫ ∫

Σ

(~∇∧ ~F

)· ~NdΣ =

=∫ ∫

R

[(∂F3

∂y− ∂F2

∂z

) (−∂z

∂x

)+

(∂F1

∂z− ∂F3

∂x

) (−∂z

∂y

)+

(∂F2

∂x− ∂F1

∂y

)]dxdy.

D’altro lato il secondo membro dell’equazione puo essere calcolato osservando che

dz =∂x

∂xdx +

∂z

∂ydy.

Allora, indicando con γ∗ la proiezione di γ sul piano (x, y) si ottiene:

γ

~F · d~r =∮

γ∗

[F1dx + F2dy + F3

(∂x

∂xdx +

∂z

∂ydy

)]=

=∮

γ∗

[(F1 + F3

∂z

∂x

)dx +

(F2 + F3

∂z

∂y

)dy

].

Se si applica ora il teorema di Green nel piano si ha:

γ

~F · d~r =∫ ∫

R

∂x

[F2 + F3

∂z

∂y

]− ∂

∂y

[F1 + F3

∂z

∂x

]dxdy =

=∫ ∫

R

(∂F2

∂x+

∂F2

∂z

∂z

∂x+

∂F3

∂x

∂z

∂y+

∂F3

∂x

∂z

∂x

∂z

∂y+ F3

∂2z

∂x∂y

)dxdy

−∫ ∫

R

(∂F1

∂y+

∂F1

∂z

∂z

∂y+

∂F3

∂y

∂z

∂x+

∂F3

∂z

∂z

∂y

∂z

∂x+ F3

∂2z

∂y∂x

)dxdy.

Nell’integrazione finale si elidono quattro termini, lasciando come termini rima-nenti proprio quelli dovuti all’espressione per

∫ ∫Σ

(~∇∧ ~F

)· ~NdΣ.

Page 27: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

26

Esercizio svolto.

Calcolare: ∮

γ

~F · d~r,essendo γ la curva ottenuta intersecando la superficie sferica

x2 + y2 + (z − 3)2 = 25

con il piano (x, y) e

~F = y4(1 + tan z)~i1 + x5√

1− zy~i2 − cos z(1 + e−x)~i3.

γ e la circonferenza x2 + y2 = 16. Orientiamola in verso antiorario. In questocaso, il cerchio x2 + y2 ≤ 16 ammette come campo normale ~N proprio il versore i3.Si puo allora applicare due volte il Teorema di Stokes (indicando con D il cerchiox2 +y2 ≤ 16 e con Σ la parte della superficie sferica che si trova in z ≥ 0) e si ottiene:

γ

~F · d~r =∫ ∫

Σ

(~∇∧ ~F

)· ~NdΣ =

∫ ∫

D

~∇∧ ~F ·~i3dxdy

Ora su D risulta:

~∇∧ ~F ·~i3 =

[∂

∂x(x5

√1− zy)− ∂

∂y(y4(1 + tan z))

]

z=0

= 5x4 − 3y3

e per la proprieta di simmetria della integrazione doppia:∫ ∫

Dy3dxdy = 0

si ha: ∮

γ

~F · d~r = 5∫ ∫

Dx4dxdy = 5

∫ 2π

0cos4 θdθ

∫ 4

0ρ5dρ

=5

6

[ρ6

]4

0

∫ 2π

0cos4 θdθ =

10240

3

∫ 2π

0cos4 θdθ

Ora:

∫ 2π

0cos4 θdθ =

∫ 2π

0

(1 + cos 2θ

2

)2

dθ =∫ 2π

0

1 + 2 cos 2θ + cos2 2θ

4dθ

2+

1

4[sin 2θ]2π

0 +1

4

∫ 2π

0

(1 + cos 4θ

2

)dθ

2+

π

4+

[sin 4θ

8

]2π

0

=3π

4

e pertanto: ∮

γ

~F · d~r =10240

3

4= 2560π.

Page 28: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

27

Esercitazione 1

Esercizi sull’integrazione di linea

1) Calcolare:

I =∮

γ(ex sin y + 3y) dx + (ex cos y + 2x− 2y) dy

ove γ e l’ellisse :4x2 + y2 = 4

percorsa una sola volta in verso antiorario.

Si ha:I =

γ

~F · d~rove:

d~r = i1dx + i2dy

~F = (ex sin y + 3y)~i1 + (ex cos y + 2x− 2y)~i2.

Si verifica subito che ~F non e conservativo. Pero, se si assume come potenziale:

V (x, y) = ex sin y + 2xy − y2

si ha:~F = ~∇V + yi1.

Pertanto:

I =∮

γ

~∇V · d~r +∮

γydx =

γydx = −2

∫ 2π

0sin2 tdt = −2

∫ 2π

0

1− cos2t

2dt = −2π

essendo nullo il primo integrale e avendo parametrizzato il secondo integrale con:

x = cos t, y = 2 sin t, 0 ≤ t ≤ 2π.

2) Calcolare l’integrale:

I =∫

γ

~F · d~rcon:

~F = y~i1 − x~i2

lungo i seguenti cammini:

i) segmento che unisce il punto (1, 0) al punto (0,−1);

ii) arco di circonferenza con centro (0, 0), raggio 1, percorso in verso antiorario.

Soluzione.

Page 29: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

28

Caso i)

Il segmento si puo parametrizzare nel modo seguente:

~r = (1− t)~i1 − t~i2, 0 ≤ t ≤ 1.

Quindi:d~r = −dti1 − dt~i2

e ∮~F · d~r =

∫ 1

0[(−t)(−dt)− (1− t)(−dt)] =

∫ 1

0dt = 1

Caso ii)

Il cammino si parametrizza nel modo seguente:

~r = cos t~i1 + sin t~i2, 0 ≤ t ≤ 3π

2

Risulta:d~r = − sin t~i1 + cos t~i2,

~F · d~r = − sin2 tdt− cos2 tdt = −dt

e segue: ∫

γ

~F · d~r = −∫ 3π

2

0dt = −3π

2.

Il risultato dipende dal cammino prescelto per andare da (1, 0) a (0,−1), pertanto

il campo ~F = y~i1 − x~i2 non risulta conservativo.

3) Calcolare ∫

γzds

ove γ e la curva nello spazio definita da:

~r = R cos t~i1 + R sin t~i2 + Rt~i3, 0 ≤ t ≤ 2π.

Si ha subito:

γzds = r

∫ 2π

0

√R2 sin2 t + R2 cos2 t + R2dt =

√2R2

∫ 2π

0tdt =

√8π2R2

4) Calcolare

I =∫

γ(x2 + y2)ds

ove γ e la curva:

x = et

y =√

2t 0 ≤ t ≤ 1z = e−t.

Page 30: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

29

Si ha:ds =

√e2t + 2 + e−2tdt =

√(et + e−t)2dt = (et + e−t)dt

da cui:

I =∫

γ(x2 + y2)ds =

∫ 1

0

(e2t + 2t2

)(et + e−t)dt =

=∫ 1

0e3tdt + 2

∫ 1

0t2etdt +

∫ 1

0etdt + 2

∫ 1

0t2e−tdt =

=e6 + 3e4 − 3e2 − 1

3e3.

Page 31: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

30

Esercitazione 2

Esercizi sui teoremi della divergenza e di Stokes

1) Calcolare ∮

γ

~F · d~rove

~F = −y5~i1 + x5~i2 − z5~i3

e γ e la curva orientata in verso antiorario di intersezione del cilindro x2 + y2 = 1 conil piano 3x + 3y + z = 4.

Un esercizio simile e gia stato svolto. Utilizziamo lo stesso metodo. Detta Σl’intersezione con il piano dato, il campo normale ~N si individua con:

~NdΣ = (3~i1 + 3~i2 +~i3)dxdy

Risulta anche:

~∇∧ ~F =

∣∣∣∣∣∣∣∣∣

~i1 ~i2 ~i3∂

∂x

∂y

∂z−y5 x5 −z5

∣∣∣∣∣∣∣∣∣= 5(x4 + y4)~i3.

Usando allora il Teorema di Stokes:∮

γ

~F ·d~r =∫ ∫

Σ

~∇∧ ~F · ~NdΣ =∫ ∫

Σ5(x2 +y2)dxdy = 5

∫ 2π

0dθ

∫ 1

0ρ5(cos4 θ+sin4 θ)dρ

=∫ 2π

0(cos4 θ + sin4 θ)dθ

[ρ6

6

]1

0

=5

6

∫ 2π

0(cos4 θ + sin4 θ)dθ =

5

4π.

Infatti:

∫ 2π

0(cos4 θ + sin4 θ)dθ =

∫ 2π

0

(1 + cos 2θ

2

)2

+

(1− cos 2θ

2

)2 dθ

=∫ 1

0

1 + cos2 2θ

2dθ

=∫ 2π

0

[1

2+

1

2

1 + cos 4θ

2

]dθ =

∫ 2π

0

[3

4+

cos 4θ

4

]dθ =

3

42π =

2.

2) Calcolare: ∫ ∫

Σ

~∇∧ ~F · ~NdΣ

ove Σ e la parte di superficie sferica della sfera di centro (0, 0, 3) e raggio 4 che sitrova al di sopra del piano (x, y) e

~F = cos x~i1 + x2ez~i2 − e−xy~i3.

Page 32: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

31

L’equazione della sfera e:x2 + y2 + (z − 3)2 = 16

e pertanto la frontiera di Σ risulta essere:

x2 + y2 = 7

che e anche la frontiera del cerchio aperto D : x2 + y2 ≤ 7. Con calcoli simili a quellidell’esercizio precedente, otteniamo:

~∇∧ ~F =

∣∣∣∣∣∣∣∣∣

~i1 ~i2 ~i3∂

∂x

∂y

∂zcos x x2ez −e−xy

∣∣∣∣∣∣∣∣∣= (xe−xy − x2ez)~i1 − ye−xy~i2 + 2xez~i3.

Possiamo applicare due volte il teorema di Stokes ottenendo:

I =∫ ∫

Σ

~∇∧ ~F · ~NdΣ =∮

γ

~F · d~r =∫ ∫

D

~∇∧ ~F ·~i3

poiche D ha come campo di normali ~i3 (D giace sul piano (x, y)).

Allora su D, con z = 0, ricaviamo:

~∇∧ ~F~i3 = 2xez

e pertanto:

I = 2∫ ∫

Dxdxdy = 2

∫ 2π

0cos θdθ

∫ √7

0ρ · ρdρ = 0

.

Uso del Teorema di Green per il calcolo di aree.

Si sa che: ∫

γ(F1dx + F2dy) =

∫ ∫

Σ

(∂F2

∂x− ∂F1

∂y

)dxdy

Se ~F e un campo vettoriale con la proprieta

∂F2

∂x− ∂F1

∂y= 1

si ha allora:area(Σ) =

∫ ∫

ΣdΣ =

γ(F1dx + F2dy).

Applichiamo questa formula.

3) Calcolare l’area di una regione Ω piana la cui frontiera sia una curva chiusasemplice γ, in almeno tre modi differenti, usando le formule sopra ottenute.

Modo a).

Page 33: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

32

Consideriamo il campo~F = x~i2.

Per questo campo:

∂F2

∂x= 1,

∂F1

∂y= 0 ⇒ ∂F2

∂x− ∂F1

∂y= 1

pertanto:

area(Ω) =∮

γxdy =

∫ β

αx(t)

dy(t)

dtdt

Modo b). Consideriamo il campo:

~F = −y~i1.

Per questo campo:

∂F2

∂x= 0,

∂F1

∂y= −1 ⇒ ∂F2

∂x− ∂F1

∂y= 1

pertanto:

area(Ω) = −∮

γydx = −

∫ β

αy(t)

dx(t)

dtdt

Modo c)

Consideriamo il campo:

~F =1

2(−y~i1 + x~i2).

Per questo campo:

∂F2

∂x=

1

2,

∂F1

∂y=−1

2⇒ ∂F2

∂x− ∂F1

∂y= 1

pertanto:

area(Ω) =1

2

γ(xdy − ydx) =

1

2

∫ β

αx(t)

dy(t)

dtdt− 1

2

∫ β

αy(t)

dx(t)

dtdt

4) Sia dato il campo vettoriale:

~F = (x2y +y3

3− y)~i1 + (

x3

3+ y2x)~i2.

Calcolare, con l’uso del Teorema di Green, l’integrale:∫

γ(F1dx + F2dy).

ove γ e l’ellissex2

4+

y2

25= 1.

Page 34: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

33

Osserviamo che:∂F2

∂x= x2 + y2

∂F1

∂y= x2 + y2 − 1

e allora:∂F2

∂x− ∂F1

∂y= 1.

Pertanto

γ

[(x2y +

y3

3− y

)dx +

(x3

3+ y2x

)dy

]=

∫ ∫

ΣdΣ = 2.5.π = 10π

ricordando la formula per il calcolo dell’area dell’ellisse di semiassi 2 e 5.

Esercizi proposti.

1) Calcolare: ∮

γ

[(cos x + y2dx + (2x− e−xy)dy

]

essendo γ la circonferenza x2 + y2 = 1.

2) Calcolare: ∮

R

[(x2 + 2y2)dx + (x2 − y)dy

]

ove R e il rettangolo −1 ≤ x ≤ 1, −1 ≤ y ≤ 5.

3) Calcolare: ∮

γ

~F · d~rove

~F = xey~i1 + (y + ez)~i2 + z~i3

e~r = (1 + sin t)~i1 + (1 + cos t)~i2 + (1− 2 sin 2t)~i3, 0 ≤ t ≤ 2π.

(Suggerimento: si possono usare due modi differenti, o calcolando direttamentel’integrale di linea, o eliminando t da :

x = 1 + sin ty = 1 + cos tz = 1− 2 sin 2t

ottenendo l’equazione in coordinate cartesiane della curva γ: in questo secondo casosi usa allora il teorema di Stokes, una volta determinato il campo normale N).

4) Calcolare: ∫

γ(x2y3dx− x2ydy)

Page 35: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

34

ove γ e il cerchio di centro (0, 0) e raggio 5.

5) Calcolare: ∫

γ(xy2dx + yz2dy + zx2dz)

ove γ e il rettangolo 0 ≤ x ≤ 1, 0 ≤ y ≤ 2.

6) Sia γ la frontiera di una regione Ω e siano U ,V campi scalari dotati di derivateparziali fino al secondo ordine e continue.

Dimostrare che:∫ ∫

Ω

(~∇U ∧ ~∇V

)· ~N =

γU ~∇V · d~r = −

γV ~∇U · d~r

e determinare un potenziale vettore del campo vettoriale ~∇U ∧ ~∇V

7) Calcolare mediante il teorema di Stokes:

γ(zdx + ydz + xdy)

ove γ e l’intersezione di x2 + y2 + z2 = 4 con il piano x + y + z = 0.

Page 36: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

35

Lezione 9

Numeri complessi.

Richiami sui numeri complessi.

In R2 consideriamo l’insieme delle coppie di punti (x, y), e su tale insieme defini-amo due operazioni binarie e commutative, rispettivamente somma e prodotto, nelmodo seguente:

i) somma:(x1, y1) + (x2, y2) = (x1 + x2, y1 + y2)

ii) prodotto:

(x1, y1) · (x2, y2) = (x1x2 − y1y2, x1y2 + x2y1).

Con tale definizione, l’insieme delle coppie di punti (x, y) diventa un insieme strut-turato, che indicheremo con C. In C vale la seguente definizione di eguaglianza traelementi:

(x1, y1) = (x2, y2) ⇔ x1 = x2 e y1 = y2.

L’operazione di somma definisce su C una struttura di gruppo abeliano additivo,con elemento neutro (0, 0):

(x1, y1) + (0, 0) = (x1, y1)

mentre l’operazione di prodotto definisce su C una struttura di gruppo abelianomoltiplicativo, con elemento neutro (1, 0):

(x1, y1) · (1, 0) = (x1, y1).

Infine, per ogni (x, y) 6= (0, 0), esiste sempre la coppia:

(x

x2 + y2,

−y

x2 + y2)

con la seguente proprieta:

(x, y) · ( x

x2 + y2,

−y

x2 + y2) = (1, 0).

Di conseguenza, l’insieme strutturato C e un campo.

I numeri reali sono un sottocampo di C come risulta dalla corrispondenza:

x ∈ R ↔ (x, 0)

Page 37: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

36

che conserva le operazioni di somma e prodotto:

(x1, 0) + (x2, 0) = (x1 + x2, 0) ←→ x1 + x2

(x1, 0) · (x2, 0) = (x1x2, 0) ←→ x1x2

La coppia (0, 1) ha la seguente proprieta:

(0, 1) · (0, 1) = (−1, 0) ←→ −1.

Se indichiamo con j tale coppia, possiamo riscrivere la relazione precedente in questomodo:

j · j = j2 = −1.

j e dunque una radice quadrata di -1 (anche −j lo e). Si ha, in generale:

(x, 0) + (0, 1) · (y, 0) = (x, 0) + (0, y) ←→ (x, y).

Indicando con z la coppia (x, y) si puo dunque scrivere:

z = x + jy.

In questa scrittura z si dice numero complesso, x si dice parte reale di z e si scrivex = <(z), y si dice parte immaginaria di z e si scrive y = =(z). Pertanto :

z = x + jy = <(z) + j=(z)

Si dice campo complesso il campo costituto dai numeri complessi di C ottenuti comesopra. Gli elementi neutri rispetto alla somma e alla moltiplicazione sono rispettiva-mente (0, 0) e (1, 0).

In C valgono le seguenti proprieta:

i) ∀z, z + 0 = z;

ii) ∀z, ∃ − z : z + (−z) = 0

iii) ∀z, 1 · z = z

iv) ∀z 6= 0, ∃z−1 : z · z−1 = 1

Nell’ultima proprieta, la forma esplicita di z−1 =1

ze:

z−1 =1

z=

x− jy

x2 + y2.

In particolare

j−1 =1

j= −j.

Un numero complesso z scritto come z = x + jy si dice posto sotto forma carte-siana. Esistono altri due modi di scrittura di un numero complesso, che prendono ilnome di forma trigonometrica e forma esponenziale: li esamineremo tra poco.

Page 38: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

37

Si dice coniugazione complessa la corrispondenza:

x + jy −→ x− jy.

z − jy si dice allora coniugato complesso di z e si indica con z∗. Si ha subito <(∗) =<(z), =(z∗) = −=(z).

Sono vere le seguenti proprieta:

1) (z1 ± z2)∗ = z∗1 ± z∗2

2) (z1 · z2)∗ = z∗1 · z∗2

3) (z∗)∗ = z

4) z + z∗ = 2<(z), z − z∗ = 2j=(z)

5) z−1 =1

z=

z∗

zz∗

Osserviamo che zz∗ = x2 + y2. La quantita√

zz∗ =√

x2 + y2 si dice modulo di ze si indica con |z| (la radice e considerata in senso aritmetico, pertanto |z| ≥ 0).

Proprieta di |z|.

1) |z| ≥ 0

2) |z| = 0 ⇔ z = 0

3) |z| = |z∗|4) <(z) ≤ |z|, =(z) ≤ |z|

5) |z1z2| = |z1||z2|6) |z1 + z2| ≤ |z1|+ |z2|

7) |z1 ± z2| =√

(x1 ± x2)2 + (y1 ± y2)2

8) ||z1| − |z2|| ≤ |z1 − z2| ≤ |x1 − x2|+ |y1 − y2|

9)

∣∣∣∣∣N∑

h=1

zhwh

∣∣∣∣∣

2

≤∣∣∣∣∣

N∑

h=1

zh

∣∣∣∣∣

2 ∣∣∣∣∣N∑

h=1

wh

∣∣∣∣∣

2

10)

[N∑

h=1

|zh + wh|2]1/2

≤[

N∑

h=1

|zh|2]1/2

+

[N∑

h=1

|wh|2]1/2

Insiemi di numeri complessi di uso frequente.

Diremo circonferenza di centro z0 e raggio R e indicheremo con

γz0,R

Page 39: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

38

l’insieme dei punti definito da:|z − z0| = R.

Diremo cerchio aperto di centro z0 e raggio R e indicheremo con

Cz0,R

l’insieme dei punti definito da:|z − z0| < R.

Diremo cerchio chiuso di centro z0 e raggio R e indicheremo con

Cz0,R

l’insieme dei punti definito da:|z − z0| ≤ R.

Diremo corona circolare aperta di centro z0 e raggi r, R e indicheremo con

Cz0,r,R

l’insieme dei punti definito da:

r < |z − z0| < R.

Diremo corona circolare chiusa di centro z0 e raggi r, R e indicheremo con

Cz0,r,R

l’insieme dei punti definito da:

r ≤ |z − z0| ≤ R.

Hanno interesse anche altri insiemi particolari: tra questi, semipiani verticali de-stri definiti da:

<(z) ≥ x0 (x0 ∈ R)

semipiani verticali sinistri definiti da:

<(z) ≤ x0 (x0 ∈ R)

semipiani orizzontali inferiori definiti da:

=(z) ≤ y0 (y0 ∈ R)

semipiani orizzontali superiori definiti da:

=(z) ≥ y0 (y0 ∈ R).

Page 40: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

39

Lezione 10

Rappresentazione trigonometrica ed esponenziale di numeri complessi.

Finora abbiamo rappresentato i numeri complessi come vettori nel piano reale R2.Pertanto somma e differenza di numeri reali si traducono in somma e differenza divettori orientati ( questa rappresentazione era stata indicata come rappresentazionecartesiana). Consideriamo ora coordinate polari nel piano:

x = ρ cos θ,y = ρ sin θ,

essendo ρ = |z| = √

x2 + y2

θ = arctan yx

= arg z

L’angolo θ, detto anche argomento di z e indicato in questo contesto con arg z , edeterminato a meno di multipli di 2π. Il valore di θ nell’intervallo [0, 2π[ si dice valoreprincipale dell’argomento di z e si indica con Arg z.

La forma trigonometrica di un numero complesso z si ottiene subito sostituendoa x e y i valori ρ cos θ e ρ sin θ, con θ ∈ [0, 2π[, ottenendo:

z = x + jy = ρ(cos θ + j sin θ) = |z|(cos Arg z + j sin Arg z)

=√

x2 + y2(cos arctany

x+ j sin arctan

y

x)

Nell’intervallo [0, 2π[, i numeri reali positivi hanno Arg z = 0, i numeri immaginaripuri hanno Arg z = π

2se si trovano in Im(z) > 0,Arg z = 3π

2se si trovano in

Im(z) < 0, i numeri reali negativi hanno Arg z = π. z = 0 e l’unico numerocomplesso con modulo nullo e argomento indeterminato. Infine Arg z∗ = −Arg z, dacui

z∗ = x− jy = ρ(cos θ − j sin θ)

.

Con la rappresentazione trigonometrica si hanno alcuni vantaggi. Ad esempio:

z1z2 = ρ1ρ2(cos θ1 + j sin θ1)(cos θ2 + j sin θ2)

= ρ1ρ2 (cos θ1 cos θ2 − sin θ1 sin θ2 + j(sin θ1 cos θ2 + cos θ1 sin θ2))

= ρ1ρ2 (cos(θ1 + θ2) + j(sin(θ1 + θ2)) .

Pertanto il prodotto di due numeri complessi ha come modulo il prodotto dei modulie come argomento la somma degli argomenti.

Cio si esprime nel modo seguente:

|z1z2| = ρ1ρ2, Arg (z1z2) = Arg z1 + Arg z2.

Page 41: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

40

Analogamente, se z2 6= 0:

z1

z2

=ρ1

ρ2

(cos θ1 + j sin θ1)(cos θ2 − j sin θ2)

=ρ1

ρ2

(cos θ1 cos θ2 + sin θ1 sin θ2 + j(sin θ1 cos θ2 − cos θ1 sin θ2))

=ρ1

ρ2

(cos(θ1 − θ2) + j(sin(θ1 − θ2)) .

Pertanto il rapporto di due numeri complessi ha come modulo il rapporto dei modulie come argomento la differenza degli argomenti.

Cio si esprime nel modo seguente:∣∣∣∣z1

z2

∣∣∣∣ =ρ1

ρ2

, Arg(

z1

z2

)= Arg z1 − Arg z2.

Una relazione interessante e quella per l’elevamento di un numero complesso allan − esima potenza (n intero positivo), che si ricava per induzione dalla formula peril prodotto:

zn = ρn(cos nθ + j sin nθ)

Va notato infine che, grazie alle coordinate polari, e possibile mettere in corrispon-denza biunivoca i numeri complessi con le matrici di rotazione tramite la leggeseguente:

z = ρ(cos θ + j sin θ) ←→(

ρ cos θ −ρ sin θρ sin θ ρ cos θ

).

In particolare 1 ←→(

1 00 1

)e j ←→

(0 −11 0

).

Con questa corrispondenza, che conserva somma e prodotto, si puo utilmenteinterpretare l’operazione di prodotto tra numeri complessi come una rotodilatazione(la dilatazione e dovuta alla presenza dei moduli) che ruota il vettore rappresentativodi uno dei due numeri dell’ammontare dell’argomento dell’altro. Infatti:

z1z2 = ρ1ρ2(cos θ1 + j sin θ1)(cos θ2 + j sin θ2) ←→

←→ ρ1ρ2

(cos θ1 − sin θ1

sin θ1 cos θ1

) (cos θ2 − sin θ2

sin θ2 cos θ2

)

= ρ1ρ2

(cos(θ1 + θ2) − sin(θ1 + θ2)sin(θ1 + θ2) cos(θ1 + θ2)

).

Ad esempio jz e il numero z ruotato in verso antiorario di π2, jj e il numero j

ruotato di π2

in verso antiorario, cioe il numero −1, etc.

Ancora piu utile e significativa e la rappresentazione esponenziale che si ottieneutilizzando la relazione di Eulero che definisce l’esponenziale ejθ:

ejθ = cos θ + j sin θ

Page 42: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

41

da cui seguono le formule:

cos θ =ejθ + e−jθ

2, sin θ =

ejθ − e−jθ

2j.

Si ottiene la forma esponenziale (o polare) di un numero complesso z:

z = ρejθ.

Le proprieta piu importanti di ejθ sono:

ejθ1ejθ2 = ej(θ1+θ2)

ejθ1

ejθ2= ej(θ1−θ2)

ejθe−jθ = 11

ejθ= e−jθ

e2πnj = 1, ∀n ∈ N(ejθ

)∗= e−jθ.

Si ha inoltre:zn = ρnejnθ, n > 0.

Ad esempio,jn = ejn π

2 .

Allora, se (k essendo un arbitrario intero relativo)n = 4k± 2,jn = ±1, se n = 4k± 1,jn = ±j e questi sono gli unici possibili valori per jn.

Infine, dato z 6= 0 e possibile trovare numeri complessi w tali che wn = z. Talinumeri sono:

w = ρ1n e

θ+2kπn

j, k = 0, 1, ..n− 1

perche ∀n, en 2kπn

j = 1 e i soli valori distinti per eθ+2kπ

nj si ottengono quando

k = 0, 1, ..n− 1.

Intorni

Per l’analisi complessa e necessario definire in C una opportuna classe di intornidi un punto z0. Diremo ε − intorno I(ε, z0) di un punto z0 un cerchio aperto dicentro z0 e raggio ε e scriveremo

I(ε, z0) = Cz0,ε.

Dato un insieme Ω un punto z0 ∈ Ω si dice interno se esiste un intorno di z0 tuttocontenuto in Ω . Segue che un generico insieme aperto e un insieme i cui punti sonotutti punti interni di Ω. Si dice punto di frontiera di Ω ogni punto tale che un suointorno contenga almeno un punto interno a Ω e almeno un punto non appartenente

Page 43: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

42

ad Ω. Un punto che non e interno o di frontiera per Ω si dice punto esterno. Un puntoz0 si dice punto di accumulazione per Ω se ogni suo intorno contiene infiniti punti diΩ. Non necessariamente un punto di accumulazione di Ω appartiene a Ω. Un insiemeΩ si dice chiuso se ogni punto di accumulazione di Ω appartiene a Ω. Un insieme sidice limitato se e contenuto in un cerchio chiuso di raggio finito. Un insieme si dicecompatto se e chiuso e limitato.

Punto all’infinito

Al campo complesso e possibile aggiungere un (solo) punto all’infinito. Si trattadel numero complesso che si ottiene allontanandosi indefinitamente dall’origine lungouna direzione arbitraria. Si conviene di indicare tale punto come z = ∞ e gli siattribuisce un modulo infinito e un argomento indeterminato.

Si studia il punto all’infinito mediante una opportuna proiezione stereografica checonsiste nell’appoggiare sull’origine di R2 una sfera (di diametro convenzionalmenteeguale a 1) e nel tracciare il segmento che congiunge il punto della sfera (detto anchePolo Nord) diametralmente opposto all’origine con un punto arbitrario P in R2.Il segmento interseca la superficie sferica in un punto, che si dice immagine P ′ diP e che si pone in corrispondenza biunivoca con P . Quando si considerano puntiindefinitamente lontani dall’origine, tutte le loro immagini confluiscono nel polo norddella sfera, che pertanto si interpreta come punto all’infinito del campo complesso.Le regole di calcolo con z = ∞ sono:

z ±∞ = ∞∞+∞ = ∞

se z 6= 0, z · ∞ = ∞∞.∞ = ∞

z

∞ = 0

∞ =∞z

∞−∞, ∞∞ , ∞0, sono forme indeterminate.

Si definisce intorno di z = ∞ ogni insieme I∞ della forma:

I∞ = z : |z| > M, M > 0

cioe l’insieme di tutti i punti esterni ad una circonferenza di centro l’origine e raggioM .

Da notare un fatto interessante: una circonferenza

γ0,M = z : |z| = M

divide il piano complesso in due regioni disgiunte: quella interna e interpretabilecome intorno di z = 0 definito da:

C0,M = z : |z| < M

Page 44: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

43

mentre quella esterna, secondo la definizione sopra scritta, e interpretabile come in-torno di z = ∞. Unendo questa considerazione con il fatto che z = ∞ e l’unicopunto con modulo infinito e argomento indeterminato, si puo pensare a z = ∞ come”inverso” di z = 0 e reciprocamente, a z = 0 come ”inverso” di z = ∞. Il pianocomplesso C unito a z = ∞ si dice piano complesso esteso e si indica con C.

Page 45: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

44

Lezione 11

Funzioni di variabile complessa.

Nel caso dei complessi si possono considerare quattro possibilita:

f : X ⊂ R −→ f(X) ⊂ R (1)

f : Ω ⊂ C −→ f(Ω) ⊂ R (2)

f : X ⊂ R −→ f(X) ⊂ C (3)

f : Ω ⊂ C −→ f(Ω) ⊂ C (4)

Ci occuperemo sostanzialmente della possibilita (4) (funzioni complesse di vari-abile complessa) anche se non trascureremo le possibilita (2) (funzioni reali di variabilecomplessa) e (3) (funzioni complesse di variabile reale).

Indicheremo con f(z) sia la funzione che un suo valore.Esempi per funzioni reali di variabile complessa sono:

f(z) = |z|, f(z) = <(z), f(z) = =(z).

Esempi per funzioni complesse di variabile reale sono:

f(x) = jx, f(x) = ejx, f(x) = cos x + j tan x.

Le funzioni elementari di variabile complessa sono:

f(z) = C, C costante complessa (5)

f(z) = Cz, C costante complessa (6)

f(z) =1

z, z 6= 0 (7)

f(z) = zn, n > 0 (8)

Componendo i precedenti tipi di funzione tramite somma, prodotto, inversione siottiene la piu generale funzione elementare, che ha la forma:

f(z) =p(z)

q(z)

ove p, q sono polinomi complessi della forma:

N∑

i=1

aizi, ai ∈ C.

Tale tipo di funzione si dice funzione razionale (propria se il grado del denominatoree strettamente maggiore del grado del numeratore).

Data una funzione complessa di variabile complessa, f(z) = w, z ∈ C, w ∈ C,essendo w un numero complesso dotato di una parte reale u e di una parte immaginaria

Page 46: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

45

v potremo scrivere, tenendo conto che f e funzione delle variabili reali x e y tramitez = x + jy:

f(z) = f(x + jy) = u(x, y) + jv(x, y).

Esempi.

1)

f(z) = z2 = (x + jy)2 = x2 − y2 + 2jxy ⇒ u(x, y) = x2 − y2, v(x, y) = 2xy.

2)

f(z) =1

z2=

1

x2 − y2 + 2jxy=

x2 − y2 − 2jxy

(x2 − y2)2 + 4x2y2

⇒ u(x, y) =x2 − y2

(x2 − y2)2 + 4x2y2, v(x, y) =

−2xy

(x2 − y2)2 + 4x2y2

Al contrario, date due funzioni reali delle variabili x, y, u(x, y) e v(x, y), e possibile,tramite

x =z + z∗

2, y =

z − z∗

2j,

e la combinazione lineare complessa

u(x, y) + jv(x, y) = u

(z + z∗

2,z − z∗

2j

)+ jv

(z + z∗

2,z − z∗

2j

)

risalire ad una funzione di variabile complessa, che pero in genere dipende sia da zche da z∗.

Esempi.

1)

u(x, y) = x2 + y2, v(x, y) = 2xy ⇒ u

(z + z∗

2,z − z∗

2j

)+ jv

(z + z∗

2,z − z∗

2j

)

=(

z + z∗

2

)2

+

(z − z∗

2j

)2

+ 2jz + z∗

2

z − z∗

2j

=zz∗

2− z2 − z2

2.

2)

u(x, y) = x, v(x, y) = 2y ⇒ u

(z + z∗

2,z − z∗

2j

)+ jv

(z + z∗

2,z − z∗

2j

)

=z + z∗

2+ 2j

z − z∗

2j

=3z

2− z∗

2

Page 47: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

46

Funzioni non elementari

La piu importante tra le funzioni non elementari e la funzione esponenziale com-plessa, definita da:

ez = ex+jy =def= exejy = ex(cos y + j sin y)

ove ex e l’esponenziale reale e ejy = cos y + j sin y e la formula di Eulero: essendoentrambe le quantita ben definite, l’esponenziale ez risulta ben definito.

Proprieta fondamentali:

ez1ez2 = ez1+z2 , ∀z1, z2 ∈ C (9)

ez 6= 0, ∀z ∈ C (10)

ez = 1, se e solo se z = 2kπj (11)

e−z =1

ez(12)

ez1 = ez2 se e solo se z1 − z2 = 2kπj (13)

(ez)∗ = ez∗ (14)

Una funzione f(z) di variabile complessa si dice periodica con periodo complessoτ se ∀z ∈ C, f(z + τ) = f(z). Sorprendentemente, la funzione ez e periodica sull’asseimmaginario, e il periodo e un numero immaginario puro. Infatti, per le proprieta giaviste:

f(z + 2kπj) = ez+2kπj = ez = f(z).

Funzioni trigonometriche complesse

Tramite la funzione esponenziale e possibile definire le funzioni trigonometriche incampo complesso. Osserviamo anzitutto che:

eαz = ex<(α)−y=(α)+j(x=(α)+y<(α)) = ex<(α)−y=(α)ej(x=(α)+y<(α)), ∀α ∈ C

Pertanto e definito ejz = ejx−y e si hanno allora le seguenti definizioni fondamen-tali:

sin z =ejz − e−jz

2j, cos z =

ejz + e−jz

2

Le funzioni sin z e cos z sono periodiche di periodo 2π; si ha inoltre ejz = cos z+j sin z.La proprieta fondamentale:

sin2 z + cos2 z = 1

si verifica con un calcolo diretto:

(ejz − e−jz

2j

)2

+

(ejz + e−jz

2

)2

=e2jz + e−2jz − 2− e2jz − e−2jz − 2

−4= 1.

Page 48: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

47

Nello stesso modo si verifica che ∀z1, z2 ∈ C:

sin(z1 ± z2) = sin z1 cos z2 ± cos z1 sin z2

cos(z1 ± z2) = cos z1 cos z2 ∓ sin z1 sin z2

Da queste formule, ponendo z1 = x, z2 = jy , osservando che

cos jy =ejjy + e−jjy

2=

e−y + ey

2= cosh y,

sin jy =ejjy − e−jjy

2j=

e−y − ey

2j= j sinh y

si ricava:

sin z = sin x cosh y + j cos x sinh y, cos z = cos x cosh y − j sin x sinh y.

Segue subito:(sin z∗)∗ = sin z, (cos z∗)∗ = cos z

| sin z|2 = (sin x cosh y)2 + (cos x sinh y)2

= sin2 x(1 + sinh2 y) + cos2 x sinh2 y = sin2 x + sinh2 y

|cosz|2 = (cos x cosh y)2 + (sin x sinh y)2

= cos2 x(1 + sinh2 y) + sin2 x cosh2 y = cos2 x + sinh2 y.

Tramite sin z, cos z si definiscono poi le altre funzioni trigonometriche complesse:

tan z =sin z

cos z=

1

j

ejz − e−jz

ejz + e−jz, etc.

Gli zeri di sin z, cioe i punti per cui: ejz − e−jz = 0 si ricavano da: e2jz = 1, consoluzioni: z = kπj. Analogamente gli zeri di cos z, cioe i punti per cui ejz + e−jz = 0si ricavano da: e2jz = −1 = ejπ, con soluzioni z = π

2j + kπj.

Funzioni iperboliche complesse

Sono le funzioni definite da:

sinh z =ez − e−z

2cosh z =

ez + e−z

2

, e estendono le funzioni iperboliche reali a C. Le funzioni iperboliche complesse sonoperiodiche con periodo 2πj; si ha inoltre ez = cos z + sin z. Osserviamo che:

cosh2 z − sinh2 = 1

sinh z = sinh(x + jy) = sinh x cos y + j cosh x sin y

cosh z = cosh(x + jy) = cosh x cos y + j sinh x sin y

Inoltre:sinh jz = j sin z, sin jz = j sinh z

Page 49: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

48

cosh jz = cos z, cos jz = cosh z

(sinh z∗)∗ = sinh z, (cosh z∗)∗ = cosh z

| sinh z|2 = sinh2 x + sin2 y, | cosh z|2 = sinh2 x + cos2 y

Le espressioni per | sin z|, | sinh z| etc. sono simili. In generale, una funzione f(z)si dice non limitata in un insieme Ω se ∃M,M > 0|∀z ∈ Ω, |f(z)| < M . Segue chesin z, sinh z, cos z, cosh z sono funzioni non limitate in C.

Page 50: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

49

Lezione 12

Inversione di funzioni.

In genere, funzioni complesse di variabile complessa ammettono funzioni inverse.Pero, in casi anche semplici, puo essere impossibile trovare la funzione inversa diuna funzione data. Un esempio e gia stato esaminato: se si considera f(z) = zn, la

ricerca della funzione inversa (che di solito si indica con z1n ) porta alla conclusione

che l’inversione non e possibile: infatti la corrispondenza

z −→ z1n = ρ

1n e

θ+2kπn

j, k = 0, 1, ..n− 1

e una corrispondenza uno-a-n , dunque una relazione e non una funzione. La stessacosa capita nel caso in cui si voglia invertire la funzione esponenziale complessa. Datoz 6= 0, un numero complesso w si dice un logaritmo complesso di z, e si scrive w = ln z,se e solo se ew = z. Si vede facilmente che esiste una infinita numerabile di numericomplessi w tali che ew = z. Infatti, posto w = u + jv si ha subito:

eu+jv = euejv = z = ρejθ

da cui:eu = ρ, v = θ + 2kπ.

Segue che:

u = ln ρ = ln√

x2 + y2, v = θ + 2kπ

⇒ w = u + jv = ln ρ + jθ + 2kπj = ln√

x2 + y2 + jArgz + 2kπj.

Pertanto la corrispondenza z −→ ln z = ln√

x2 + y2 + jArgz +2kπj e una corrispon-denza uno-a-infinito. Vale tuttavia la proprieta fondamentale dei logaritmi:

ln(z1z2) = ln z1 + ln z2, ln(

z1

z2

)= ln z1 − ln z2

Situazioni di questo tipo portano a definire con il termine funzione polidroma ognicorrispondenza funzionale complessa uno-a-molti. Lo studio delle funzioni polidromeesula dagli scopi del presente corso.

Nella pratica, pero, si supera questa difficolta definendo tante corrispondenze uno-a-uno, dunque funzioni, quanti sono i valori possibili per k. Nel caso della radicen− esima si hanno pertanto n funzioni:

w1 : z −→ ρ1n e

θn

j

w2 : z −→ ρ1n e

θ+2πn

j

w3 : z −→ ρ1n e

θ+4πn

j

w4 : z −→ ρ1n e

θ+6πn

j

.........

Page 51: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

50

wn : z −→ ρ1n e

θ+2(k−1)πn

j

ciascuna delle quali e definita non su C, ma su C − R−, affinche si possa avere unpassaggio continuo dall’una all’altra (C−R− si dice allora piano complesso tagliato eR− si dice linea di taglio. La scelta di una linea di taglio e completamente arbitrariae puo essere decisa di volta in volta a seconda delle necessita.

Nel caso della radice quadrata si hanno due funzioni, corrispondenti al segnopositivo e negativo e scriveremo:

w+ =√

ρejθ2 , w− = −√ρe

jθ2 .

Ciascuna delle funzioni definite sopra si dice ramo della funzione polidroma z1n . Ci

sono due punti in cui i valori dei vari rami coincidono: tali punti si dicono punti didiramazione: questi punti sono z = 0 e z = ∞. Una linea che congiunge due puntidi diramazione si dice linea di diramazione. Un punto di diramazione deve alloraappartenere a tutte le linee di diramazione, altrimenti non e punto di diramazione.Le linee di diramazione si fanno infine, di solito, coincidere con le linee di taglio.Le stesse considerazioni si applicano alla funzione polidroma w = lnz, caso in cui siottengono pero infinite funzioni su infiniti piani tagliati:

w0 : z −→ ln√

x2 + y2 + jArgz

w1 : z −→ ln√

x2 + y2 + jArgz + 2πj

w2 : z −→ ln√

x2 + y2 + jArgz + 4πj

w3 : z −→ ln√

x2 + y2 + jArgz + 6πj

..........................

La funzione w0, indicata di solito con Ln, assume un nome speciale: si dice valorprincipale del logaritmo di z e si scrive:

Ln z = ln√

x2 + y2 + jArgz = ln ρ + jθ

L’argomento di z deve pero, ad esempio, essere compreso tra 0 e 2π (uno dei dueestremi escluso, a seconda della posizione del taglio)

Esempi1)

Ln (−1) = jπ

(linea di taglio R+, semiasse reale positivo)

2)

Ln (−1− j) =1

2ln 2 + j

4

Gli esempi illustrano una caratteristica peculiare di Ln z: non sempre Ln (z1z2) =Ln z1 + Ln z2: infatti, dagli esempi 1) e 2) risulta che Ln (−1) + Ln(−1 − j) =12ln 2 + j 9π

4mentre Ln ((−1)(−1− j)) = Ln (1 + j) = 1

2ln 2 + j π

4.

Page 52: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

51

Tramite la relazione ln si puo definire l’esponenziale complesso di un numerocomplesso con la formula:

zw = ew ln z

Nei calcoli, si usa il valor principale, ottenendo:

v.p.zw = ewLnz.

(v.p. abbrevia valor principale).

Esempi

1)v.p.(−1)2j = e2jLn(−1) = e2j(jπ) = e−2π.

2)v.p.(j)j = ejLn j = ejj π

2 = e−π2

3)v.p.(π)1+j = e(1+j) ln π = π(cos lnπ + j sin lnπ)

Anche l’inversione delle funzioni trigonometriche e iperboliche complesse da orig-ine a funzioni polidrome di tipo logaritmo. Ad esempio, cerchiamo l’espressione diw = arcsin z. Si ha:

w = arcsin z ⇒ sin w = z ⇒ ejw − e−jw

2j= z

Moltiplicando ambo i membri di quest’ultima equazione per ejw otteniamo:

e2jw − 2jzejw − 1 = 0

che e una equazione di secondo grado nella incognita ejw. Risolvendo:

ejw = jz ±√

1− z2 ⇒ w = arcsin z =ln

(jz ±√1− z2

)

j.

Con la stessa procedura si trova:

arccos z =ln

(jz ±√z2 − 1

)

j

arctan z =1

2jln

1 + jz

1− jz

arcsinhz = ln(z ±

√z2 + 1

)

arccoshz = ln(z ±

√z2 − 1

)

Page 53: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

52

arctanhz =1

2ln

1 + z

1− z

Esempio

Calcolare arcsin j. Si ha:

arcsin j =

ln(jj+√

1−j2)

j= ln(

√2−1)j

ln(jj−√

1−j2)

j= ln(−1)(

√2+1)

j= ln(

√2+1)j

+ π + 2kπ

Rappresentazione grafica di funzioni complesse

Non e possibile rappresentare in modo cartesiano una corrispondenza C −→ C,poiche sarebbero necessarie quattro dimensioni. Si puo ovviare all’inconveniente rap-presentando in R3 quattro superfici:

|f(z)| =√

u2(x, y) + v2(x, y) = c,

<(z) = u(x, y) = c, =(z) = v(x, y) = c, Arg z = arctanu(x, y)

v(x, y= c.

Queste superfici danno un’idea completa dell’andamento della funzione, ma non sonoil grafico della funzione.

Una funzione di variabile complessa puo anche essere vista come trasformazionedal piano complesso z al piano complesso w. In questo contesto e allora importanteesaminare come si trasformano le curve passando dal piano dei complessi z al pianodei complessi w. Consideriamo ad esempio la funzione esponenziale w = ez. Ponendow = Rejφ si trova subito:

w = Rejφ = ez = ex+jy = exejy

da cui, nel piano w,R = ex, φ = y.

Di conseguenza la retta x = a e rappresentata, nel piano w, sulla circonferenzaR = ea = cost., mentre la retta y = c e rappresentata, nel piano w, dal raggio (rettaspiccata dall’origine) φ = c. Un rettangolo nel piano z, descritto da a ≤ x ≤ b,c ≤ y ≤ d, e trasformato, nel piano w, nella regione

ea ≤ R ≤ eb, c ≤ φ ≤ d

limitata da archi di circonferenza e segmenti su raggi.Un’altra trasformazione interessante e quella generata dalla funzione:

w =z − 1

z + 1

(si tratta di un caso particolare della cosiddetta trasformazione bilineare fratta:

w ==az + b

cz + d, ad− bc 6= 0

Page 54: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

53

che trasforma rette e cerchi del piano complesso di partenza in cerchi e rette del pianocomplesso di arrivo). Se si risolve tale equazione rispetto a z si trova:

z =1 + w

1− w=

(1 + w)(1− w∗)(1− w)(1− w∗)

=(1 + u + jv)(1− u + jv)

(1− u− jv)(1− u + jv)

=1− u2 − v2 + 2jv

1 + u2 + v2 − 2u

da cui eguagliando parte reale e parte immaginaria:

x =1− u2 − v2

1 + u2 + v2 − 2u, y =

2v

1 + u2 + v2 − 2u.

Nel piano w queste equazioni sono le equazioni di due circonferenze:

(u− x

x + 1

)2

+ v2 =1

(x + 1)2

(u− 1)2 +

(v − 1

y

)2

=1

y2

la prima con centro(

xx+1

, 0)

e raggio R1 = 1|x+1| , la seconda di centro

(1, 1

y

)e

raggio R2 = 1|y| . Pertanto le rette x = α sono trasformate in circonferenze di centro(

αα+1

, 0)

e raggio R1 = 1|α+1| , le rette y = β sono trasformate nelle circonferenze di

centro(1, 1

β

)e raggio R2 = 1

|β| .In particolare il semipiano x ≥ 0 e allora trasformato nell’interno di un cerchio di

raggio 1 e centro (0, 0). Infatti a x = 0 corrisponde la circonferenza di centro (0, 0) eraggio 1, mentre a x −→∞ corrisponde la circonferenza di centro −→ (1, 0) e raggio−→ 0. Le semirette y = β > 0 si trasformano allora negli archi di circonferenza dicentro

(1, 1

β

)e raggio 1

|β| contenuti nell’interno del cerchio di raggio 1 e centro (0, 0)

gia individuato. La figura che si ottiene nel piano (u, v) si dice Carta di Smith.Un’ultima interessante trasformazione e quella generata dalla funzione (detta fun-

zione di Jukowski):

f(z) =1

2

(z +

1

z

).

Si ha (con z = ρejθ:

f(z) = u + jv =1

2

(ρejθ +

e−jθ

ρ

)

da cui:

u =1

2

(ρ +

1

ρ

)cosθ, v =

1

2

(ρ− 1

ρ

)sin θ.

Se ρ = R 6= 1, eliminando θ tra le equazioni parametriche per u e v, otteniamo:

u2

[12

(R + 1

R

)]2 +v2

[12

(R− 1

R

)]2 = 1

Page 55: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

54

equazione di un’ellisse i cui semiassi a e b sono dati da:

a =1

2

(R +

1

R

)b =

1

2

∣∣∣∣R− 1

R

∣∣∣∣ .

Si trova:√

a2 − b2 =

√1

4(R2 + 2 + 1/R2)− 1

4(R2 + 2− 1/R2) = 1

Pertanto la distanza dei fuochi dell’ellisse dal centro non dipende da R e si concludeche cerchi |z| = R sono trasformati in ellissi confocali: |z| = 1/R e trasformato nellastessa ellisse in cui e trasformato |z| = R. Se R = 1 si ha u = cos θ, v = 0, 0 ≤ θ ≤ 2π,ovvero il segmento [−1, 1] percorso due volte.

Tutte le trasformazioni che abbiamo esaminato hanno una proprieta comune: sedue curve si intersecano nel piano z in un punto P l’angolo da esse formato in P simantiene eguale all’angolo formato in f(P ) dalle corrispondenti curve immagine nelpiano w. Le trasformazioni conservano gli angoli: si dicono pertanto trasformazioniconformi.

Le funzioni analitiche generano trasformazioni conformi dal piano z al piano w,in tutti i punti in cui f ′(z) 6= 0.

Infatti, sia z = z(t) una curva in z. Si ha, per calcolare la tangente, la seguenteformula :

d

dtf(z(t)) =

df

dz

dz

dt.

Ora, se z = z(u) e un’altra curva che interseca z = z(t) in z0, con la stessa regola diderivazione otteniamo:

d

dtf(z(u)) |z0=

[df

dz

]

z=z0

dz

du

e ciascuna delle due tangenti e ruotata dello stesso angolo fisso pari a Arg

[df

dz

]

z=z0

.

Page 56: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

55

Lezione 13

Limiti e continuita.

Definizione di limite in C.

Sia f una funzione complessa di variabile complessa definita su di un intorno I diun punto z0 ∈ C, tranne al piu in z0. Diremo che il limite di f per z −→ z0 vale w0 escriveremo:

limz→z0

f(z) = w0

se per ogni intorno U di w0 esiste intorno V ⊂ I di z0 tale che:

∀z ∈ V, f(z) ∈ U.

Essendo questa definizione estesa a C, sono ammessi z0 = ∞ e w0 = ∞.La definizione data e la definizione di limite non direzionale: se il limite della

funzione esiste, allora e unico e non dipende dalla direzione di avvicinamento di zal punto z0. Cio implica che, se si trovano due diverse direzioni di avvicinamento alpunto z0, lungo le quali i risultati siano diversi tra loro, il limite non esiste.

Esempio di non esistenza del limite

Calcoliamo

limz→∞ ez.

Le direzioni di avvicinamento a ∞ sono le direzioni individuate dalle rette del pianopassanti per l’origine. Se si sceglie come direzione quella dell’asse reale positivo si ha:

limz→∞ ez = lim

x→∞ ex = ∞,

mentre se si sceglie come direzione quella dell’asse reale negativo si ha :

limz→∞ ez = lim

x→−∞ ex = 0.

Essendo diversi i due risultati, segue che non esiste

limz→∞ ez.

Enunciamo ora alcuni teoremi sui limiti, validi in C.

1) Condizione necessaria e sufficiente affinche esista

limz→z0

f(z) = w0

Page 57: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

56

e che esistano i limiti:

lim(x,y)→(x0,y0)

u(x, y) = u0, lim(x,y)→(x0,y0)

v(x, y) = v0.

In tal caso si ha:w0 = u0 + jv0.

2) Se∃ lim

z→z0f(z), ∃ lim

z→z0g(z),

allora:

∃ limz→z0

[f(z)± g(z)] ,∃ limz→z0

[f(z)g(z)] , ∃ limz→z0

[f(z)

g(z)

],

e inoltre [limz→z0

f(z)]∗

= limz→z0

f ∗(z)

Sia una funzione definita in un sottoinsieme di C: nel caso in cui limz→z0 f(z) = ∞,oppure non esiste, si dice che f presenta un punto singolare in z0.

Esempi.

1)

limz→j

1

z − j= ∞

2)

limz→−j

1

z + j= ∞

3)

limz→∞

z3 − z2 + 1

z − 4= ∞

4)

limz→∞

1

z − 1= 0

5) Sia f definita da:

f(z) = 0 per z = j

f(z) =z2 + 1

z − jperz 6= j

Alloralimz→j

f(z) = 2j 6= 0 = f(j).

Definizione di continuita.

Sia f una funzione complessa di variabile complessa definita su di un intorno I diun punto z0 in C. f si dice continua nel punto z0 se e solo se ∃f(z0), ∃ limz→z0 f(z) e:

limz→z0

f(z) = f(z0)

Page 58: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

57

Una funzione f si dice continua in una regione Ω se e solo se e continua in ognipunto di Ω.

Teoremi sulla continuita.

Siano f e g continue in una regione Ω. Allora f ± g, fg f ∗, <(f), =(f), |f | sonocontinue in Ω. Sia f continua in Ω e g continua in una sottoregione di f(Ω). Allorag(f) e continua in una sottoregione di Ω.

Sia f una funzione continua su di un insieme compatto ∆: allora f e limitata su∆.

Esempi.

1) I polinomi complessiez, cos z, sin z

sono funzioni continue su C. La funzione f(z) =1

z2 + 1e continua ∀z ∈ C, z 6= j, z 6=

−j.La funzione:

f(z) = 0 per z = j

f(z) =z + 1

z3 − jperz 6= j

,

e continua ∀z ∈ C, z 6= j.

Page 59: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

58

Lezione 14

Derivabilita e analiticita.

Rapporto incrementale e derivazione

Sia f una funzione complessa definita in un intorno I di un punto z0. Sia ∆z =∆x + j∆y tale che z0 + ∆z ∈ I. Sia ∆f = f(z0 + ∆z) − f(z0). Si dice rapportoincrementale complesso la quantita:

∆f

∆z=

f(z0 + ∆z)− f(z0)

∆z.

Si dice derivata complessa di f nel punto z0 il seguente limite:

lim∆a→0

∆f

∆z=

f(z0 + ∆z)− f(z0)

∆z.

Tale limite si indica con le notazioni:(

df

dz

)

z0

, f ′(z0), (Df)z=z0, etc.

L’esistenza del limite in z0 implica automaticamente che il risultato sia indipen-dente dalla direzione di avvicinamento al punto z0 (che e la direzione lungo la quale∆z tende a zero). f si dice anche derivabile in senso complesso.

Esempi di funzioni per le quali non esiste la derivata complessa.

1) Sia f(z) = z∗. Si ha:

∀z ∈ C,∆f

∆z=

f(z + ∆z)− f(z)

∆z=

[x + ∆x− j(y + ∆y)]− (x− jy)

∆x + j∆y

=∆x− j∆y

∆x + j∆y=

(∆z)∗

∆z= e−2jArg∆z

e−2jArg∆z dipende dalla direzione lungo la quale ∆z → 0, pertanto f non e derivabile

in senso complesso (ad es. se ∆z = ∆x , ovvero Arg∆z = 0, si hadf

dz= 1, se

∆z = j∆y, ovvero Arg∆z = π2

si hadf

dz= −1) .

2) Sia f(z) = zz∗. Si ha:

∀z ∈ C (z 6= 0),∆f

∆z=

(z + ∆z)(z + ∆z)∗ − zz∗

∆z

= z∗ + z(∆z)∗

∆z+ (∆z)∗ = z∗ + ze−2jArg∆z + (∆z)∗

Page 60: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

59

e il limite dipende dalla direzione lungo la quale ∆z → 0 (ad es. se ∆z = ∆x si hadf

dz= 2<(z), se ∆z = j∆y si ha

df

dz= −2j=(z)). L’unico punto in cui e garantita

l’esistenza del limite (che vale 0) e il punto z = 0.

Se esiste la derivata complessa di f in un punto z0 si ha una conseguenza interes-sante. Infatti l’indipendenza del limite dalla direzione porta a concludere che:

f ′(z0) = lim∆z→0

f(z0 + ∆z)− f(z0)

∆z= lim

∆x→0

f(z0 + ∆x)− f(z0)

∆x=

(∂f

∂x

)

z=z0

f ′(z0) = lim∆z→0

f(z0 + ∆z)− f(z0)

∆z= lim

j∆y→0

f(z0 + j∆y)− f(z0)

j∆y=

1

j

(∂f

∂y

)

z=z0

e allora: (∂f

∂x

)

z=z0

=1

j

(∂f

∂y

)

z=z0

.

Segue che se f ammette derivata complessa in ogni punto di un insieme X ⊂ C,allora:

∀x ∈ X,∂f

∂x=

1

j

∂f

∂y,

da cui:∂(u + jv)

∂x=

1

j

∂(u + jv)

∂y⇒ ∂u

∂x=

∂v

∂y

∂u

∂y= −∂v

∂x

pertanto:

df =∂f

∂xdz =

∂f

∂x(dx + jdy) =

∂f

∂xdx + j

∂f

∂xdy =

∂f

∂xdx +

∂f

∂ydy

e f risulta differenziabile (dunque continua) in ogni punto di X. La continuita diuna funzione derivabile in senso complesso in un punto z0 si prova anche tramite ilseguente calcolo diretto:

lim∆z→0

[f(z0 + ∆z − f(z0)] = lim∆z→0

∆z · lim∆z→0

f(z0 + ∆z)− f(z0)

∆z= 0 · f ′(z0) = 0 ⇒

⇒ lim∆z→0

[f(z0 + ∆z)] = f(z0).

Esempi di funzioni per cui esiste la derivata complessa.

1) Sia f(z) = Cz2, allora:

∀z ∈ C,∆f

∆z=

f(z + ∆z)− f(z)

∆z= C

(z + ∆z)2 − z2

∆z

= Cz2 + 2z∆z + (∆z)2 − z2

∆z= C

2z∆z + (∆z)2

∆z= 2Cz + C∆z ⇒ d

dz(Cz2) = 2Cz

2) Sia f(z) = ez. Si ha:

d

dzez = lim

∆z→0

ez+∆z − ez

∆z= ez lim

∆z→0

e∆z − 1

∆z= ez lim

|∆z|→0

e|∆z|ejArg∆z − 1

|∆z|ejArg∆z= ez.

Page 61: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

60

Da questo esempio segue anche che:

d(eαz)

dz= αeαz,

d(sin z)

dz= cos z,

d(cos z)

dz= − sin z,

d(sinh z)

dz= cosh z,

d(cosh z)

dz= sinh z.

Se una funzione possiede derivata complessa in ogni punto di un insieme X, allorala corrispondenza che a ogni z ∈ X associa f ′(z) si dice derivata complessa di f inX, e f si dice derivabile in senso complesso in X .

Siano f, g funzioni derivabili in X. Allora f±g , fg, fg

(nei punti in cui g′ 6= 0) sono

derivabili in senso complesso in X e (f±g)′ = f ′±g′, (fg)′ = f ′g+fg′,(

fg

)′= f ′g−fg′

g2 .

Funzioni analitiche.

Sia f definita in un intorno I di un punto z0 ∈ C: f si dice analitica in z0 se ∃intorno U ⊂ I in cui f e derivabile in senso complesso. f si dice analitica su di unaregione Ω se e analitica in ogni punto di Ω.

Una funzione analitica su C si dice analitica intera.

Esempi di funzioni non analitiche.

1) f(z) = z∗ non e analitica da nessuna parte in C.

2) f(z) = |z|2, non e analitica da nessuna parte in C, anche se e derivabile insenso complesso nel punto z = 0.

Esempi di funzioni analitiche.

1) f(z) = z2 e analitica in C, dunque e una funzione analitica intera. Ognifunzione polinomiale complessa e una funzione analitica intera.

2) f(z) = ez, f(z) = sin z, f(z) = cos z, sono funzioni analitiche intere.

3) f(z) = Ln z e analitica in C − R− (se il taglio e dato dal semiasse realenegativo).

4) w+ =√

ρejθ2 ‘e analitica in C − R− (se il taglio e dato dal semiasse reale

negativo).

f(z) =1

z2 + 1e analitica in C tranne che nei punti z = ±j. Ogni funzione

razionale e analitica in C tranne che negli zeri del denominatore.

Teorema. Siano f, g analitiche in una regione Ω: allora f ± g,fg,f

g(tranne che

negli zeri di g), sono analitiche in Ω. La funzione composta f(g(z)) di due funzionianalitiche f, g, con f analitica nell’immagine di g, e analitica.

Page 62: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

61

Si osservi che, secondo la definizione, una funzione puo essere analitica in z = ∞.

Estensione analitica

Sia data una funzione analitica in una regione Ω. Sia Ω′ ⊃ Ω e sia F(z) unafunzione analitica in Ω′. F (z) si dice estensione analitica di f(z) se e solo se ∀z ∈Ω, F (z) = f(z).

Esempi.

1) ez e l’estensione analitica a C di ex, funzione analitica reale definita su R (unafunzione analitica reale e una funzione sviluppabile in serie di Taylor in un intervalloaperto della retta reale).

2) sin z, cosz, sono estensione analitiche a C di sin x, cos x.

3) w+ = ejθ2 , f(z) = Ln z sono estensioni analitiche a C−R− di

√x, ln x.

4) f(z) =1

1− ze l’estensione analitica a C di 1 + x + x2 + x3 + .... definita in

|x| < 1.

Punti singolari di una funzione analitica.

Sia f(z) analitica in una regione Ω. Sia z0 un punto della frontiera di Ω . z0 si dicepunto singolare di della funzione analitica f se e solo se non esiste alcuna estensioneanalitica F di f che sia analitica su z0. (si dice che f ha, o presenta un punto singolarein z0). Una singolarita si dice apparente se invece f puo essere estesa a F analiticaanche in z0.

Page 63: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

62

Lezione 15

Condizioni di Cauchy-Riemann.

Se una funzione e analitica in una regione Ω, allora sappiamo che:

∀z ∈ Ω, df =∂f

∂xdx +

∂f

∂ydy

Si dimostra anche che, se f(z) e una funzione di variabile complessa definita in unaregione Ω e

∀z ∈ Ω, ∃∂f

∂x,

∂f

∂ycontinue per cui

∂f

∂x=

1

j

∂f

∂y,

allora f risulta analitica in Ω.Pertanto

∂f

∂x=

1

j

∂f

∂y

risulta condizione necessaria e sufficiente affinche f sia analitica in una regione Ω.La condizione:

∂f

∂x=

1

j

∂f

∂y

si dice condizione di Cauchy-Riemann sotto forma complessa (brevemente, condizionidi C.R.), mentre si dicono condizioni di Cauchy-Riemann sotto forma reale le dueequazioni:

∂u

∂x=

∂v

∂y,

∂u

∂y= −∂v

∂x

Osservazione 1. Una funzione f non costante delle due variabili reali x, y non potra

mai essere una funzione analitica: infatti, se f e reale lo saranno anche∂f

∂x,∂f

∂ye

pertanto la condizione∂f

∂x=

1

j

∂f

∂ynon potra mai essere vera, perche un numero reale

viene eguagliato ad un numero immaginario puro.

Osservazione 2. Se una funzione f non costante e analitica in una regione Ω, alloraf ∗ non puo essere analitica sulla stessa regione di analiticita di f . Infatti, f analitica

in Ω implica∂f

∂x=

1

j

∂f

∂y, f ∗ analitica in Ω implica

∂f ∗

∂x=

1

j

∂f ∗

∂ymentre la coniugata

complessa di∂f

∂x=

1

j

∂f

∂yimplica

∂f ∗

∂x= −1

j

∂f ∗

∂ye le due condizioni per f ∗ risultano

incompatibili, a meno che i due membri non siano entrambi nulli.

Osservazione 3. Sia f analitica in una regione Ω. Sia Ω∗ la regione complessa coniu-gata di Ω, definita da

Ω∗ = z|z∗ ∈ Ω .

Sia g(z) = f ∗(z∗): segue che g e analitica in Ω∗. Infatti:

∂f(z∗)∂x

=df(x− jy)

dz∗∂z∗

∂x=

df(z∗)dz∗

Page 64: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

63

1

j

∂f(z∗)∂y

=1

j

df(x− jy)

dz∗∂z∗

∂y=

1

j

df(z∗)dz∗

(−j) = −∂f(z∗)∂x

Se si calcola la complessa coniugata della prima equazione si ha:

(∂f(z∗)

∂x

)∗=

∂f ∗(z∗)∂x

=df ∗(z∗)

dz∗,

se si calcola la complessa coniugata della seconda equazione si trova:

(1

j

∂f(z∗)∂y

)∗=

(−∂f(z∗)

∂x

)∗⇒

⇒ 1

j

∂f ∗(z∗)∂y

=∂f ∗(z∗)

∂x=

df ∗(z∗)dz∗

e g(z) = f ∗(z∗) risulta analitica in Ω∗.

Una funzione analitica in una regione Ω si dice analitica hermitiana se :

∀z ∈ Ω, f ∗(z) = f(z∗),

il che equivale a dire che∀z ∈ Ω, f ∗(z∗) = f(z).

Sia f una funzione analitica hermitiana in una regione Ω. Allora:

α) Ω = Ω∗ ,

β) Ω⋂

R 6= ∅,γ) f(x) ∈ R.

α) segue dall’osservazione 3. β) segue dal fatto che Ω e una regione (dunque uninsieme connesso), γ) segue dal fatto che se z = x ∈ R, allora f ∗(z∗) = f(z) ⇒f ∗(x) = f(x) ⇒ f(x) ∈ R.

Esempi.

1) Ogni polinomio complesso con coefficienti reali e hermitiano. Dunque anche lefunzioni razionali rapporto di polinomi hermitiani sono hermitiane.

2) Le funzioni ez, sin z, cos z, sinh z, etc. sono hermitiane.

3) La funzione ejz non e hermitiana.

Page 65: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

64

Lezione 16

Conseguenze delle condizioni di Cauchy-Riemann sotto forma reale.

Sia f = u + jv analitica. Calcoliamo |f ′(z)|2. Si trova:

|f ′(z)|2 =

(∂u

∂x

)2

+

(∂u

∂y

)2

=∂u

∂x

∂u

∂x+

∂v

∂x

∂v

∂x=

∂u

∂x

∂v

∂y− ∂v

∂x

∂u

∂y=

=

∣∣∣∣∣∣∣∣∣

∂u

∂x

∂u

∂y∂v

∂x

∂v

∂y

∣∣∣∣∣∣∣∣∣=

∂(u, v)

∂(x, y)

pertanto |f ′(z)|2 e lo Jacobiano della trasformazione di coordinate (x, y) → (u, v).

Dalle condizioni di Cauchy-Riemann sotto forma reale si puo ricavare una con-dizione necessaria e sufficiente affinche u e v siano parte reale e parte immaginariadi una funzione analitica. Supponiamo dapprima (questa ipotesi, come si vedra piuavanti e superflua, ma necessaria per i calcoli che seguono) che u, v siano funzionidotate di tutte le derivate parziali fino al secondo ordine rispetto a x e y e continuefino al secondo ordine (si puo dunque invertire l’ordine di derivazione). Deriviamo

parzialmente rispetto a x la condizione∂u

∂x=

∂v

∂ye parzialmente rispetto a y la con-

dizione∂u

∂y= −∂v

∂x. Si ottiene:

∂2u

∂x2=

∂2v

∂x∂y,

∂2u

∂y2= − ∂2v

∂y∂x⇒ ∂2u

∂x2+

∂2u

∂y2= 0

In modo analogo, deriviamo parzialmente rispetto a y la condizione∂u

∂x=

∂v

∂ye

parzialmente rispetto a x la condizione∂u

∂y= −∂v

∂xSi ottiene:

∂2u

∂y∂x=

∂2v

∂y2,

∂2u

∂x∂y= −∂2v

∂x2⇒ ∂2v

∂x2+

∂2v

∂y2= 0.

Ne consegue che parte reale e parte immaginaria di una funzione analitica sono en-trambe soluzioni dell’equazione di Laplace

∂2F (x, y)

∂x2+

∂2F (x, y)

∂y2= 0.

Ricordiamo che una soluzione dell’equazione di Laplace si dice funzione armonica.Pero u, v sono non soltanto funzioni armoniche, ma anche, grazie alle condizioni realidi Cauchy-Riemann, funzioni armoniche che soddisfano alle due equazioni:

∂u

∂x=

∂v

∂y,

∂u

∂y= −∂v

∂x.

Page 66: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

65

Si dice che u e coniugata armonica di v e che v e coniugata armonica di u. Graziealla relazione di coniugazione tra u e v, e facile dimostrare che la conoscenza dell’unaimplica che l’altra sia individuata a meno di una costante arbitraria. Ad esempio,

sia nota u, allora v, (integrando parzialmente rispetto a y l’equazione:∂u

∂x=

∂v

∂y),

risulta:

v(x, y) =∫ ∂u(x, y)

∂xdy + ϕ(x).

Usando ora la condizione:∂u

∂y= −∂v

∂x

si ricava:

∂v

∂x=

∂x

(∫ ∂u(x, y)

∂xdy + ϕ(x)

)= −∂u

∂y⇒ ϕ′(x) = −∂u

∂y− ∂

∂x

(∫ ∂u(x, y)

∂xdy

).

Integrando ora rispetto a x si ricava l’espressione seguente per ϕ(x):

ϕ(x) =∫ [

−∂u

∂y− ∂

∂x

(∫ ∂u(x, y)

∂xdy

)]dx + C,

e segue finalmente:

v(x, y) =∫ ∂u(x, y)

∂xdy +

∫ [−∂u

∂y− ∂

∂x

(∫ ∂u(x, y)

∂xdy

)]dx + C

pertanto:

f(z) = u(x, y) + j

∫ ∂u(x, y)

∂xdy +

∫ [−∂u

∂y− ∂

∂x

(∫ ∂u(x, y)

∂xdy

)]dx

+ jC

e pienamente individuata da u(x, y), a meno di una costante arbitraria.

Esempio.

Determinare la coniugata armonica di u(x, y) = x2 − y2 e scrivere la funzioneanalitica risultante.

Verificato che x2 − y2 e una funzione armonica, si ha:

∂u

∂x= 2x,

∂u

∂y= −2y.

Pertanto, la prima condizione fornisce, integrando parzialmente rispetto a y:

v(x, y) = 2xy + ϕ(x)

e la seconda condizione implica allora che:

ϕ′(x) = −(−2y)− 2y = 0 ⇒ ϕ = C

Segue:f(z) = x2 − y2 + j2xy + jC = (x + jy)2 + jC.

Page 67: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

66

Forma polare.

Le condizioni di Cauchy-Riemann possono essere espresse anche in coordinatepolari. Infatti, posto z = ρejθ si ha subito:

∂f

∂ρ=

df

dz

∂z

∂ρ= ejθ df

dz⇒ df

dz= e−jθ ∂f

∂ρ,

∂f

∂θ=

df

dz

∂z

∂θ= jρejθ df

dz⇒ df

dz=

1

jρe−jθ ∂f

∂θ,

da cui, per confronto, segue:

df

dz= e−jθ ∂f

∂ρ=

1

jρe−jθ ∂f

∂θ

ovvero:∂f

∂ρ=

1

∂f

∂θ

(condizione complessa di Cauchy-Riemann sotto forma polare: si noti che la derivatacomplessa di f(z) risulta ora espressa in termini delle coordinate polari ρ e θ). Lecondizioni reali di Cauchy-Riemann risultano allora:

∂u

∂ρ=

1

ρ

∂v

∂θ,

∂v

∂ρ= −1

ρ

∂u

∂θ.

Esempi di applicazione della derivata complessa sotto forma polare.

1) Sia w0 = n√

ρ

(cos

θ

n+ j

sin θ

n

).Allora, essendo:

∂w0

∂ρ=

1

nρw0,

∂w0

∂θ=

j

nw0,

si ha:dw0

dz=

1

jρe−jθ ∂w0

∂θ= e−jθ ∂w0

∂ρ⇒ dw0

dz=

1

nzw0z.

2) Sia f(z) = Ln z = ln ρ + jθ. Allora

∂f

∂ρ=

1

ρ

∂f

∂θ= j,

da cui:df

dz= e−jθ 1

ρ=

1

z.

Le funzioni w0 e Ln z risultano entrambe analitiche in un piano tagliato.

Operatore Laplaciano nel piano in coordinate polari.

Page 68: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

67

Deriviamo l’equazione:∂u

∂ρ=

1

ρ

∂v

∂θ,

rispetto a ρ, ottenendo:

∂2u

∂ρ2= − 1

ρ2

∂v

∂θ+

1

ρ

∂2v

∂ρ∂θ= −1

ρ

∂u

∂ρ+

1

ρ

∂2v

∂ρ∂θ⇒ ∂2u

∂ρ2+

1

ρ

∂u

∂ρ=

1

ρ

∂2v

∂ρ∂θ.

Deriviamo ora l’equazione:∂v

∂ρ= −1

ρ

∂u

∂θ

rispetto a θ, ottenendo:∂2v

∂θ∂ρ= −1

ρ

∂2u

∂θ2.

Per confronto, segue:∂2u

∂ρ2+

1

ρ

∂u

∂ρ+

1

ρ

∂2u

∂θ2= 0.

L’operatore:∂2

∂ρ2+

1

ρ

∂ρ+

1

ρ

∂2

∂θ2

e allora l’operatore Laplaciano in coordinate polari piane.

Page 69: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

68

Esercitazione 3

Esercizi su numeri complessi e funzioni complesse

1) Calcolare:

3

√j.

Si ottiene subito essendo |j| = 1, Arg j = π2

:

3

√j =

ej π6 =

√3+j2

ej π6 e

2πj3 = −√3+j

2

ej π6 e

4πj3 = −j

2) Calcolare:5√

1.

Si ottiene subito, essendo Arg 1 = 0:

5√

1 =

1

e2πj5 = (cos 72o + j sin 72o) =

√5− 1

4+ j

√10 + 2

√5

4

e4πj5 = (cos 144o + j sin 144o) = −

√5− 1

4+ j

√10− 2

√5

4

e6πj5 = (cos 216o + j sin 216o) = −

√5− 1

4− j

√10− 2

√5

4

e8πj5 = (cos 288o + j sin 288o) =

√5− 1

4− j

√10 + 2

√5

4

3) Risolvere l’equazione:

64z6 = (z + 1)6.

Tenendo conto che e2kπj = 1 si trova subito:

2ejkπ3 z = z + 1, k = 0, 1, 2, 3, 4, 5.

che ha soluzioni:

zk =1

2ejkπ3 − 1

, k = 0, 1, 2, 3, 4, 5.

Page 70: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

69

Si ha:

z0 = 1

z1 =1

1 + j√

3− 1= −j

√3

3

z2 =1

1− j√

3− 1= j

√3

3

z3 = −1

3

z4 =1

−1− j√

3− 1=

1

−2− j√

3=−2 + j

√3

7

z5 =1

−1 + j√

3− 1=

1

−2 + j√

3=−2− j

√3

7

Se si calcola il quadrato dei moduli del primo e del secondo membro dell’equazioneda risolvere si ha :

4|z|2 = |z + 1|2

ovvero:4(x2 + y2) = (x + 1)2 + y2

da cui:

3x2 + 3y2 − 2x = 1 ⇒(x− 1

3

)2

+ y2 =4

9

che e l’equazione di una circonferenza di centro(

13, 0

)e raggio 2

3, su cui giacciono le

sei soluzioni dell’equazione data.

4) Determinare la regione definita dalla condizione:

|z − 3| < |z − 5|.

Si trova subito:(x− 3)2 + y2 < (x− 5)2 + y2

da cui:−6x + 9 < −10x + 25 ⇒ 4x < 16

semipiano verticale sinistro costitutito da z : <(z) < 4 .

5) Determinare i punti di frontiera della regione:

Ω = z : |z − 1|+ |z − 2| ≤ 4 .

Si ha:√

(x− 1)2 + y2 +√

(x− 2)2 + y2 = 4 ⇒√

(x− 1)2 + y2 = 4−√

(x− 2)2 + y2

⇒ x2 − 2x + 1 + y2 = 16− 8√

(x− 2)2 + y2 + x2 − 4x + 4 + y2

−2x + 19 = 8√

(x− 2)2 + y2 ⇒ 4x2 − 76x + 361 = 64(x2 − 4x + 4 + y2)

curva descritta da:60x2 + 64y2 − 180x = 105,

Page 71: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

70

che, semplificata, fornisce:

4

7x2 − 12

7x +

64

105y2 = 1.

Con il metodo del completamento dei quadrati si trova:

x2 − 3x +9

47

4

+y2

105

64

=9

7+ 1 =

16

7⇒

(x− 3

2

)2

4+

y2

15

4

= 1,

che rappresenta un’ellisse di semiassi a = 2, b =

√15

2e centro

(3

2, 0

).

6) Trovare parte reale e parte immaginaria di:

f(z) =z − j

(z + 2)2

Si ha:

f(z) =z − j

(z + 2)2=

(z − j)(z∗ + 2)2

|z + 2|2 =(z − j)((z∗)2 + 4z∗ + 4)

x2 + y2 + 4x + 4

=z|z|2 + 4|z|2 + 4z − jz∗

2 − 4jz∗ − 4j

x2 + y2 + 4x + 4

=(x + jy)(x2 + y2) + 4(x2 + y2) + 4x + 4jy − jx2 + jy2 − 2xy − 4jx + 4y − 4j

x2 + y2 + 4x + 4pertanto:

u(x, y) =(x2 + y2)(x + 4) + 4x− 2xy + 4y

x2 + y2 + 4x + 4

v(x, y) =y(x2 + y2) + 4y − 4x− x2 + y2 − 4

x2 + y2 + 4x + 4.

7) Trovare parte reale e immaginaria di

tan z = tan(x + jy) =sin(x + jy)

cos(x + jy).

Si ha, dalla definizione:

tan z = tan(x + jy) =sin(x + jy)

cos(x + jy)=

sin x cosh y + j cos x sinh y

cos x cosh y − j sin x sinh y

=(sin x cosh y + j cos x sinh y)(cos x cosh y + j sin x sinh y)

cos2 x + sinh2 y

=sin x cos x(cosh2 y − sinh2 y) + j(cos2 x + sin2 x) sinh y cosh y

1 + cos 2x

2+

cosh 2y − 1

2

=sin 2x + j sinh 2y

cos 2x + cosh 2y

da cui:

u(x, y) =sin 2x

cos 2x + cosh 2y, v(x, y) =

sinh 2y

cos 2x + cosh 2y.

Page 72: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

71

Esercitazione 4

Esercizi su funzioni analitiche

1) Calcolare:

sin(

π

2− j ln a

), a > 0.

Si trova subito:

sin(

π

2− j ln a

)=

ej(π2−j ln a) − e−j(π

2−j ln a)

2j=

ej π2 eln a − e−j π

2 e− ln a

2j

=ja− (− j

a)

2j=

a + 1a

2=

a2 + 1

2a

Caso particolare a =1

2:

sin(

π

2+ j ln 2

)=

5

4> 1

Risulta anche:

lima→∞ sin

2− j ln a

)= ∞

2) Trovare i numeri complessi z che risolvono l’equazione:

cosh z =1

2

Si ha:

ez + e−z = 1 ⇒ e2z − ez + 1 = 0 ⇒ z1,2 =1± j

√3

2.

3) Calcolare:Ln (1 + j

√3).

Si trova:Ln| (1 + j

√3)| = ln

√1 + 3 = ln 2

Arg (1 + j√

3) = arctan√

3 =π

3e segue:

Ln (1 + j√

3) = ln 2 + jπ

3.

4) Calcolare parte reale, parte immaginaria, modulo e argomento di:

(1− j)Ln (1−j).

Page 73: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

72

Si trova:

1− j)Ln (1−j) = eLn2(1−j)

Ora:

Ln (1− j) =1

2ln 2 + j

4,

e pertanto:

Ln2(1− j) =1

4ln2 2 + j

4ln 2− 49π2

16,

da cui

<(eLn2(1−j)

)= e

14

ln2 2− 49π2

16 cos(

4ln 2

)

=(eLn2(1−j)

)= e

14

ln2 2− 49π2

16 sin(

4ln 2

)

|eLn2(1−j)| = e14

ln2 2− 49π2

16

Arg(eLn2(1−j)

)=

4ln 2.

5) Calcolare:

limz→ej 2π

n

(1 + z + z2 + .. + zn−1).

Si trova:

1 + z + z2 + ... + zn−1 =1− zn

1− z

da cui:

limz→ej 2π

n

(1 + z + z2 + .. + zn−1) = limz→ej 2π

n

1− zn

1− z=

1− enj 2πn

1− ej 2πn

= 0

6) Sia f(z) = ey cos x + jey sin x: provare che f non ammette derivata complessain nessun punto di C.

Si ha:

f(z) = ey(cos x + j sin x) = ey+jx = ejz∗ .

Pertanto:

∆f(z) = ejz∗+∆z∗ − ejz∗ = ejz∗(ej∆z∗ − 1

),

da cui:

lim∆z→0

∆f

∆z= ejz∗ lim

∆z→0

ej∆z∗−1

∆z

Ora:

lim∆z→0

ej∆z∗−1

∆z= lim

|∆z|→0

ej|∆z|e−jArg ∆z − 1

|∆z|ejArg ∆z= lim

|∆z|→0

j|∆z|e−jArg ∆z

|∆z|ejArg ∆z= je−2jArg ∆z

che dipende dalla direzione di ∆z.

Page 74: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

73

7) Calcolare la derivata complessa di:

f(z) = Ln [z(z + 1)(z + 2)...(z + n)] , 0 ≤ Arg [z(z + 1)..(z + n)] ≤ 2π

nel punto z = 1.Si trova subito:

Ln [z(z + 1)(z + 2)...(z + n)] = Ln z + Ln(z + 1) + ... + L(z + n)

da cui:

f ′(z) =1

z+

1

z + 1+ ..... +

1

z + ne

f ′(1) =n+1∑

k=1

1

k

8) Data la funzione:

f(z, z∗) = u + jv = x2 + jy2 =(

z + z∗

2

)2

+ j

(z − z∗

2j

)2

verificare che le condizioni di Cauchy-Riemann sono vere sulla bisettrice degli assi,pur non essendo f analitica in una regione di C. Si ha:

∂u

∂x= 2x,

∂v

∂y= 2y,

∂v

∂x= 0,

∂u

∂y= 0,

∂f

∂x= 2x,

∂f

∂x= 2jy,

e tali equazioni sono soddisfatte su

x = y.

Preso un punto su tale retta, la funzione ammette derivata complessa, ma non am-mette derivata complessa in un intorno di tale punto, dunque non e analitica.

9) Trovare la coniugata armonica di:

u(x, y) = 2(x2 − y2)− 5x

Bisogna prima di tutto verificare che u e armonica. Si ha:

∂u

∂x= 4x− 5,

∂2u

∂2x= 4,

∂u

∂y= −4y,

∂2v

∂2y= −4,

da cui, sommando le derivate seconde, si trova:

~∇ · ~∇u = 0

Si ha allora:v(x, y) =

∫(4x− 5)dy = 4xy − 5y + ϕ(x)

Segue:∂v

∂x= 4y + ϕ′(x) = −∂u

∂y= 4y ⇒ ϕ = c.

Si conclude:

f(z) = 2(x2 − y2)− 5x + j(4xy − 5y) + jc = 2z2 − 5z + jc.

Page 75: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

74

Esercizi proposti.

1) Calcolare3

√1 + j.

2) Determinare la regione definita da:

|z − 5 + 4j| < 2.

3) Data la funzione:

f(z) =az − j

jz + a, a reale 6= 0, z 6= ja,

calcolare f(−ja), f(a + j), f(1 + ja); dimostrare infine che |f(z)| = 1 se |z| = 1.

4) Risolvere l’equazione:cos z = 2

(Suggerimento: partire da ejz + e−jz = 4 e trovare, moltiplicando per ejz ambo imembri, una equazione di secondo grado in ejz.)

5) Risolvere l’equazione:ez = −2.

6) Sia f(z) analitica in una regione Ω, con la proprieta f(z)f ′(z) 6= 0,∀z ∈ Ω.Verificare che:

u(x, y) = ln |f(z)|e soluzione dell’equazione di Laplace.

7) Usando le condizioni di Cauchy-Riemann sotto forma polare, provare che:

u(ρ, θ) = ρ3 cos 3θ

soddisfa all’equazione di Laplace in coordinate polari.

Page 76: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

75

Lezione 17

Integrazione complessa.

L’integrazione di funzioni di variabile complessa che studieremo e quella lungocammini nel piano complesso. Un cammino nel piano complesso z e descritto da unarco di curva regolare (o da un arco di curva regolare a tratti):

γ = z ∈ C : z = z(t), t ∈ [α, β]

Esempi.

1) La circonferenza γz0,R di centro z0 e raggio R e descritta da:

γz0,R =z ∈ C : z = z0 + Rejt, t ∈ [0, 2π]

.

2) L’arco di curva:

γ =z ∈ C : z = t + jt2, t ∈ [−1, 1]

descrive l’arco di parabola tra i punti (−1, 1) e (1, 1).

Considereremo due tipi di integrazione:

γf(z)|dz|,

γf(z)dz,

essendo γ o un arco di curva regolare, o un arco di curva regolare a tratti. Moltoimportante e l’integrazione estesa a cammini chiusi semplici, che verra indicata con:

γf(z)|dz|,

γf(z)dz.

L’integrazione lungo cammini necessita di una definizione per l’integrale di unafunzione complessa di variabile reale. Sia in fatti f(t) = u(t) + jv(t) una funzionecomplessa di variabile reale (ad esempio, f(t) = ejαt, α ∈ C) la cui parte reale u(t)e parte immaginaria v(t) siano integrabili in un intervallo reale [α, β]. L’integrale dif esteso a [α, β] si definisce allora nel modo seguente:

∫ β

αf(t)dt =

∫ β

αu(t)dt + j

∫ β

αv(t)dt.

Questo integrale gode di tutte le proprieta vere per gli integrali reali di funzionidi variabile reale, ivi compreso il teorema fondamentale del calcolo integrale. Adesempio: ∫ β

αestdt =

1

s

(eαs − eβs

), α, β ∈ R, s ∈ C.

Page 77: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

76

In particolare, e possibile dimostrare una fondamentale disequazione modulare, cheassume la forma: ∣∣∣∣∣

∫ β

αf(t)dt

∣∣∣∣∣ ≤∫ β

α|f(t)|dt

(le quantita |f |,∣∣∣∫ βα fdt

∣∣∣ sono moduli di numeri complessi). Veniamo ora al calcoloesplicito dei due tipi di integrali sopra introdotti.

Si hanno le seguenti formule:

γf(z)|dz| =

∫ β

αf(z(t))

∣∣∣∣∣dz

dt

∣∣∣∣∣ dt =∫ β

αf(z(t))

√√√√(

dx

dt

)2

+

(dy

dt

)2

dt

Essendo ds =

√√√√(

dx

dt

)2

+

(dy

dt

)2

dt l’elemento di linea, l’integrale scritto sopra e un

integrale curvilineo. Per il secondo tipo di integrale si ha invece:

γf(z)dz =

∫ β

αf(z(t))

dz

dtdt

e risulta allora un integrale di linea, assumendo come campo vettoriale ~F il vettorecon componenti f(z), jf(z). Infatti, l’espressione data si puo anche scrivere nei modiseguenti, ponendo f = u + jv e dz = dx + jdy:

γf(z)dz =

γ(f(z)dx + jf(z)dy) =

γ(u + jv)(dx + jdy)

=∫

γ(udx− vdy) + j

γ(vdx + udy)

Nell’ultima espressione compaiono due campi vettoriali reali, il primo con componenti(u,−v), il secondo con componenti (v, u).

La proprieta fondamentale dell’integrale di linea, in questo contesto, si puo scri-vere: ∫

−γf(z)dz = −

γf(z)dz

Esempi.

1) Calcolare: ∫

γz2dz

essendo γ il cammino definito dall’unione dei due archi:

γ1 = z : z = t, 0 ≤ t ≤ 1 , γ2 = z : z = 1 + jt, 0 ≤ t ≤ 1 .

Si ha: ∫

γz2dz =

∫ 1

0t2(1 + jt)2(1 + j)dt ==

∫ 1

0t2dt +

∫ 1

0(1 + jt)2jdt

=1

3+

∫ 1

0(j − 2t− jt2)dt =

1

3+ j − 1− j

3= −2

3+ j

2

3.

Page 78: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

77

Si noti che γ1 + γ2 congiunge z = 0 a z = 1 + j. Se si considera il cammino:

γ3 = z : z = t + jt, 0 ≤ t ≤ 1

si vede che anch’esso congiunge z = 0 a z = 1 + j. Calcoliamo:

γ3

z2dz =∫ 1

0t2(1 + j)2(1 + j)dt = (1 + j)3

[t3

3

]1

0

= (1 + 3j − 3− j)1

3= −2

3+ j

2

3

Si puo allora concludere che:∫

γ1+γ2−γ3

z2dz = 0

2) Calcolare: ∫

γz2|dz|

ove γ e ciascuno dei cammini definiti nell’esempio precedente. Si ha:

γ1

z2|dz| =∫ 1

0t2dt =

1

3

γ2

z2|dz| =∫ 1

0(1 + jt)2dt =

∫ 1

0(1 + 2jt− t2)dt =

2

3+ j

γ3

z2|dz| =∫ 1

0(1 + j)2t2

√2dt =

2j√

2

3

Calcoliamo ora: ∫

−γ3

z2|dz|.

Allo scopo, −γ3 puo essere parametrizzata nel modo seguente:

x = 1− t, y = 1− t, 0 ≤ t ≤ 1

da cui:z = (1 + j)(1− t), z2 = (1− t)2(1 + j)2 = 2j(1− 2t + t2),

|dz| =√

(−1)2 + (−1)2dt =√

2dt,

pertanto: ∫

−γ3

z2|dz| = 2√

2j∫ 1

0(1− 2t + t2)dt =

2j√

2

3

I calcoli precedenti verificano le proprieta:∫

−γf(z)|dz| =

γf(z)|dz|,

−γf(z)dz = −

γf(z)dz.

Ulteriori proprieta comuni:∫

γ(λf(z) + µg(z))|dz| =

γλf(z)|dz|+

γµg(z)|dz|

Page 79: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

78

γ(λf(z) + µg(z))dz =

γλf(z)dz +

γµg(z)dz

γ1+γ2

f(z)|dz| =∫

γ1

f(z)|dz|+∫

γ2

g(z)|dz|∫

γ1+γ2

f(z)dz =∫

γ1

f(z)dz +∫

γ2

g(z)dz

Inoltre il valore degli integrali curvilinei e di linea non varia cambiando la parametriz-zazione dell’arco di curva regolare γ. Infine, il legame tra l’integrale curvilineo el’integrale di linea di f(z) e espresso dal seguente teorema (disequazione modularecomplessa), conseguenza della disequazione modulare vera per funzioni complesse divariabile reale: ∣∣∣∣

γf(z)dz

∣∣∣∣ ≤∫

γ|f(z)||dz|.

Da questo teorema, se ∃M > 0 : ∀z ∈ γ, |f(z)| < M , detta L la lunghezza dell’arcodi curva γ, allora segue: ∣∣∣∣

γf(z)dz

∣∣∣∣ ≤ ML.

Page 80: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

79

Lezione 18

Integrazione e funzioni analitiche.

Le funzioni analitiche presentano un comportamento peculiare anche nei confrontidell’integrazione curvilinea e di linea. Ricordiamo che un integrale di linea si puoscrivere come integrale di una forma differenziale:

γf(z)dz =

γ(f(z)dx + jf(z)dy) =

γ(Xdx + Y dy)

(con X = f ,Y = jf). Se invece si preferisce la forma reale, si ha subito:

γf(z)dz =

γ(udx− vdy) + j

γ(vdx + udy)

(e nel primo integrale X = u, Y = −v, nel secondo integrale X = v, Y = u). Sianella prima che nella seconda forma, l’integrale di linea puo essere allora ricondottoad un integrale doppio quando γ sia una curva chiusa semplice che al proprio internoracchiuda una regione semplicemente connessa Ω. In tal caso si applica il teorema diStokes e si ha, nel caso della forma complessa:

γf(z)dz =

γ(f(z)dx + jf(z)dy) =

γ(Xdx + Y dy) =

∫ ∫

Ω

(∂Y

∂x− ∂X

∂y

)dxdy

=∫ ∫

Ω

(∂(jf)

∂x− ∂f

∂y

)dxdy

mentre, nel caso della forma reale, si ottiene:∮

γf(z)dz =

γ(udx− vdy) + j

γ(vdx + udy)

=∫ ∫

Ω

(∂(−v)

∂x− ∂u

∂y

)dxdy + j

∫ ∫

Ω

(∂u

∂x− ∂v

∂y

)dxdy.

Le formule scritte sopra sono vere per funzioni integrabili di variabile complessa.Nel caso particolare di funzioni analitiche, forniscono pero un risultato molto impor-tante.

Sia infatti f(z) una funzione analitica in una regione semplicemente connessa Ω.Sia γ una curva chiusa semplice tutta contenuta in Ω e racchiudente al proprio in-terno una regione S (che, come sappiamo, continua a essere semplicemente connessa).

Allora le espressioni precedenti, tenendo conto che, nel caso complesso∂f

∂x=

1

j

∂f

y,

mentre, nel caso reale∂u

∂x=

∂v

∂y,∂v

∂x= −∂u

∂y, ci permettono di concludere che:

γf(z)dz =

∫ ∫

S

(j∂f

∂x− ∂f

∂y

)dxdy = 0

Page 81: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

80

(se si usa la forma complessa)

γf(z)dz =

∫ ∫

S

(−∂v

∂x− ∂u

∂y

)dxdy + j

∫ ∫

S

(∂u

∂x− ∂v

∂y

)dxdy = 0,

(se si usa la forma reale). Segue il fondamentale Teorema di Cauchy : l’integraledi circuitazione di una funzione analitica e sempre nullo, posto che la curva chiusasemplice su cui si integra sia tutta contenuta nella regione semplicemente connessa dianaliticita della funzione.

Il teorema di Cauchy non e tuttavia una condizione necessaria e sufficiente affinchef sia analitica, come si vede dal seguente esempio.

Esempio.

Calcolare: ∮

γf(z)dz

essendo f(z) = u + jv = x2 − jy2 e γ = ejθ, 0 ≤ θ ≤ 2π. f(z) non e analitica in C.Poiche x = cos θ, y = sin θ, dz = jejθdθ, si trova:

γf(z)dz = j

∫ 2π

ocos3 θdθ +

∫ 2π

0sin2 θ cos θdθ +

∫ 2π

0cos2 θ sin θdθ − j

∫ 2π

osin3 θdθ

=1

8

∫ 2π

o

(ejθ + e−jθ

)3dθ +

1

8

∫ 2π

o

(ejθ − e−jθ

)3dθ

=1

8

∫ 2π

0

(e3jθ + 3ejθ + 3e−jθ + e3jθ + e3jθ − 3ejθ + 3e−jθ − e3jθ

)dθ

=1

8

∫ 2π

0

(2e3jθ + 6e−jθ

)dθ =

2

24j

[e3jθ

]2π

0− 6

8j

[e−jθ

]2π

0= 0

Nell’esempio precedente, f(z) = x2 − jy2 soddisfa alle condizioni di Cauchy-Riemann solo sulla retta x + y = 0, pertanto non e analitica, ma solo derivabilee dunque continua, sui punti di tale retta.

Risulta possibile invertire il teorema di Cauchy, sotto l’ipotesi che f(z) sia continuain una regione semplicemente connessa Ω. Allora vale il seguente teorema di Morera:sia f(z) una funzione di variabile complessa continua in una regione semplicementeconnessa Ω e in piu sia, ∀ cammino chiuso semplice γ ⊂ Ω

γf(z)dz = 0

Allora f(z) e analitica in Ω.

Conseguenze del Teorema di Cauchy.

1) Sia f analitica in una regione semplicemente connessa Ω. Siano P e Q due punti∈ Ω. Siano γ1 e γ2 due archi di curva regolare a tratti che congiungono P a Q senzaintrecciarsi: allora ∫

γ1

f(z)dz =∫

γ2

f(z)dz

Page 82: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

81

Infatti se ad esempio P e il punto iniziale di γ1, il cammino γ1− γ2 parte da P , passaper Q e ritorna a P : si tratta pertanto di un cammino chiuso semplice ⊂ Ω e, per ilteorema di Cauchy:

γ1−γ2

f(z)dz = 0 =∫

γ1

f(z)dz −∫

γ2

f(z)dz

da cui il risultato.

2) Un’altra conseguenza importante e rappresentata dal Teorema fondamentaledel calcolo integrale che e valido soltanto per funzioni analitiche ed ha l’enunciatoseguente.

Sia f(z) una funzione analitica in una regione Ω semplicemente connessa, siaz0 ∈ Ω un punto fisso e z ∈ Ω un punto variabile in Ω: allora la funzione di z definitada

F (z) =∫ z

z0

f(ζ)dζ

e una primitiva di f(z), nel senso che, ∀z ∈ Ω,

dF (z)

dz= f(z)

La dimostrazione, molto semplice, di questo teorema si ottiene calcolando ∆f tramitela definizione di F :

∆F =∫ z+∆z

z0

f(ζ)dζ −∫ z

z0

f(ζ)dζ =∫ z+∆z

zf(ζ)dζ,

da cui, sottraendo dal rapporto incrementale ∆F∆z

la funzione f(z) e usando la proprietache l’integrale non dipende dal cammino (per cui e comodo integrare sul segmentoche congiunge z a z + ∆z) si ottiene :

F (z + ∆z)− F (z)

∆z− f(z) =

1

∆z

∫ z+∆z

zf(ζ)dζ − f(z) =

1

∆z

∫ z+∆z

z[f(ζ)− f(z)] dζ

(nell’ultimo passaggio si e tenuto conto che∫ z+∆zz dζ = ∆z). Si osserva poi che:

∣∣∣∣∣F (z + ∆z)− F (z)

∆z− f(z)

∣∣∣∣∣ ≤1

|∆z|∫ z+∆z

z|f(ζ)− f(z)||dζ|

e il teorema segue passando al limite per ∆z → 0. Una conseguenza immediata delteorema e che tutte le primitive differiscono per costanti. Un’altra conseguenza cheviene dedotta dal risultato e che la derivata di una funzione analitica e ancora analitica

(dF

dz= f implica che F e analitica perche derivabile in una regione). Pertanto una

funzione analitica e derivabile tante volte quante si vuole.

3) Come corollario del teorema fondamentale del calcolo integrale si ottiene laformula per il calcolo esplicito di un integrale di una funzione analitica in una regione

Page 83: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

82

semplicemente connessa Ω, f , esteso ad un cammino che congiunge i punti z0, z1 ∈ Ω etutto contenuto in Ω. Infatti, nota una primitiva F (z) di una funzione f(z) si ottienesubito: ∫ z1

z0

f(z)dz = F (z1)− F (z0)

Esempi.

1) Calcolare l’integrale di linea di z2 tra i punti z = j e z = 1 + 4j.

∫ 1+4j

jz2dz =

∫ [z3

3

]1+4j

j

=1

3

[(1 + 4j)3 − j3

]= −47

3− 17j

2) Calcolare l’integrale: ∫ kj

−kj

dz

z, k > 0

in Ω = C−z : <(z) ≤ 0,=(z) = 0, per ogni cammino ∈ Ω che congiunge −kj a kj.Poiche z = 0 /∈ Ω, la funzione 1

ze analitica in Ω. Segue:

∫ kj

−kj

dz

z= [Ln z]kj

−kj = Ln k + jπ

2−

(Ln k + j

2

)= −jπ.

Da notare infine che per le funzioni analitiche si mantengono vere le regole dicalcolo che derivano dal teorema fondamentale del calcolo integrale. Ad esempio,l’integrazione per parti per funzioni analitiche diventa:

∫ z1

z0

f(z)g′(z)dz = [f(z)g(z)]z2

z1−

∫ z1

z0

f ′(z)g(z)dz

Page 84: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

83

Lezione 19

Singolarita e integrazione, residui.

Le considerazioni fin qui svolte si basano sull’ipotesi che f sia analitica senzaeccezioni in Ω. Basta pero un semplice esempio per vedere come l’ipotesi non sia ingenere verificata. Eseguiamo in effetti il calcolo di:

∮(z − z0)

ndz, (n intero relativo)

lungo il cammino chiuso semplice γ dato da una circonferenza di centro z0 e raggioR, percorsa una sola volta in verso antiorario. Si trova, essendo z − z0 = Rejt, dz =jRejtdt, 0 ≤ t ≤ 2π:

∮(z − z0)

ndz = jRn+1∫ 2π

0ej(n+1)tdt =

jRn+1 1j(n+1)

[ej(n+1)t

]2π

0= 0 n 6= −1

j∫ 2π0 dt = 2πj n = −1

.

Proprio i casi n = −1, n = −2, etc. conducono a funzioni1

z − z0

,1

(z − z0)2, .. che

presentano una singolarita, il punto z0, contenuta all’interno di γ. Cio nonostante, ilcalcolo si e potuto eseguire. Il risultato precedente si puo scrivere in modo equivalentecome:

1

2πj

∮(z − z0)

ndz =

0 n 6= −11 n = −1

.

Ricordiamo che si dice punto singolare di una funzione f analitica in una regioneΩ un punto z0 della frontiera di Ω al quale f non puo essere analiticamente estesa(una singolarita apparente e allora un punto di frontiera al quale f e analiticamenteestendibile).

Si dice non isolato ogni punto singolare in ogni intorno del quale cade almeno unaltro punto singolare della funzione. Si dice invece punto singolare isolato ogni puntosingolare per il quale esiste un intorno in cui non cade nessun altro punto singolare.

Esempio

z = 0 e punto singolare non isolato per la funzione analitica:

f(z) =1

sin 1z

.

I punti singolari isolati di tale funzione sono infatti i punti per cui sin 1z

= 0, cioe i

punti zk =1

kπ, k = ±1,±2,±3, ..... Questi punti si accumulano in z = 0, poiche ogni

intorno di z = 0 ne contiene infiniti.

Un criterio generale per individuare punti singolari di funzioni analitiche e ilseguente: z0 e punto singolare di una funzione analitica f se f non e limitata in

Page 85: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

84

intorni di z0 (se f si potesse analiticamente estendere a z0 allora f sarebbe derivabileanche in z0, dunque limitata in intorni di z0, contro l’ipotesi).

Un punto singolare z0 di una funzione polidroma si dice non uniforme se risultapunto singolare su qualche ramo, ma non su tutti i rami. Ad esempio , per

f(z) =1√

z − 1,

z = 1 risulta punto singolare isolato per il ramo positivo in cui√

1 = 1, mentre risultapunto regolare per il ramo negativo in cui

√1 = −1. Si dice invece uniforme ogni

punto singolare su ogni ramo. In particolare, i punti singolari di funzioni analitichesono sempre uniformi.

Definizione di polo di ordine n.

Un punto singolare isolato uniforme z0 di una funzione f analitica in una regioneΩ si dice polo di ordine n (o polo n-plo) se e solo se f puo essere scritta come:

f(z) =g(z)

(z − z0)n,

essendo g(z) una funzione analitica anche in z0 e tale che g(z0) 6= 0.Osserviamo che (z−z0)

n ha uno zero di ordine n nel punto z0. Puo allora succedere

che una funzione non ammetta la scrittura precedente, ma ammetta la formag

hove

h e una funzione analitica che ha uno zero di ordine n in z0, cioe tale che h(z0) =h′(z0) = h”(z0) = ...hn−1(z0) = 0, hn(z0) 6= 0. Anche in questo caso, si dice che f haun polo di ordine n in z0.

Esempi.

1)

f(z) =1

(z − j)4

ha un polo di ordine 4 in z = j

2)

f(z) =sin z

z2 + 1

ha due poli semplici in z = j e z = −j.

3)

f(z) = tan z =sin z

cos z

ha poli semplici negli zeri (di primo ordine) di cos z, ovvero nei punti z =π

2+ kπ.

4)

f(z) =sin z

z

Page 86: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

85

presenta una singolarita apparente in z = 0 (puo essere ridefinita in modo che

limz→0

sin z

z= 1).

5)

f(z) =sin z

z7

presenta un polo di ordine 6 nel punto z = 0: in questo caso, infatti, risulta essere:

h(z) =sin z

z.

Definizione di singolarita essenziale.

Un punto singolare isolato uniforme che non sia un polo si dice singolarita essenziale.

Esempio

La funzione:

f(z) = e1z

presenta nel punto z = 0 una singolarita essenziale.

Un criterio pratico per distinguere poli da singolarita essenziali e il seguente: verificatoche f non e limitata in intorni di un punto singolare isolato uniforme z0, segue che z0

e polo se

limz→z0

f(z) = ∞,

e singolarita essenziale se il limite non esiste.

Vediamo ora come agisce la presenza di singolarita isolate uniformi racchiuse da uncammino chiuso semplice.

Definizione di residuo in un punto singolare isolato uniforme.

Sia f(z) una funzione analitica in una regione Ω. Sia z0 un punto singolare isolatouniforme di f(z). Sia γ ⊂ Ω un cammino chiuso semplice che al proprio internoracchiuda solo z0 come punto singolare (z0 non appartiene ad Ω, dunque si trovain una lacuna interna di Ω. Si dice residuo di f nel punto singolare z0 il numerocomplesso definito dal seguente integrale:

Rf (z0) =1

2πj

γf(z)dz,

ove γ e percorso una volta sola in verso antiorario.Si noti che il calcolo dell’integrale

∮γ(z − z0)

ndz, quando n < 0, ci permette diottenere gia il valore di alcuni residui notevoli. Infatti:

R 1z−z0

(z0) = 1, R 1(z−z0)2

(z0) = R 1(z−z0)3

(z0) = ... = 0

Page 87: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

86

La proprieta fondamentale del residuo e la seguente: il residuo non dipende dallascelta del cammino γ sul quale viene calcolato l’integrale. Infatti, detti γ1 e γ2 duecammini chiusi semplici privi di intersezioni comuni e racchiudenti entrambi z0, se sipratica un taglio T dai bordi infinitamente vicini che congiunga γ1 a γ2, risulta cheil cammino Γ = γ1 + T − T − γ2 racchiude una regione semplicemente connessa allaquale allora puo esser applicato il teorema di Cauchy, ottenendo:

Γf(z)dz =

γ1

f(z)dz +∫

Tf(z)dz −

Tf(z)dz −

γ2

f(z)dz = 0

Poiche i contributi dei tagli si elidono, ne segue:

γ1

f(z)dz =∮

γ2

f(z)dz.

Residuo in z = ∞.

Si puo estendere la definizione di residuo anche in z = ∞. Allo scopo, ricordiamoche un intorno di z = ∞ e costituito dai punti esterni ad una circonferenza di centro0 e raggio R. Supponiamo che la circonferenza sia percorsa in un verso predefinito (adesempio quello che lascia l’area interna a sinistra). Se i punti esterni si consideranocome appartenenti ad un intorno di z = ∞, il centro della circonferenza che definiscel’intorno diventa ora z = ∞ e il segno del verso di percorrenza cambia, perche, vistada z = ∞ la circonferenza e percorsa in modo da lasciare l’area interna a destra.Segue pertanto la definizione:

Rf (∞) = − 1

2πj

γ0,R

f(z)dz

ove γ0,R e la circonferenza di centro 0, raggio R percorsa nel verso originariamentescelto come positivo.

Pur senza possedere ancora i mezzi di calcolo per calcolare i residui, e pero possibilericondurre il calcolo del residuo in z = ∞ a quello del residuo di una opportunafunzione nell’origine.

Vale la seguente osservazione generale: lo studio di una funzione analitica in z = ∞si riconduce allo studio in intorni dell’origine, osservando che, se si pone z =

1

w, al

punto w = 0 corrisponde z = ∞. Allora:

z =1

w, ⇒ f(z) = f(

1

w) = g(w)

e lo studio della funzione f in intorni di z = ∞ e ricondotto a quello della funzione gin intorni di w = 0.

Calcoliamo ora il residuo Rf (∞) con il cambiamento di variabile z =1

w. Se i

punti della circonferenza sono dati da z = Rejθ, i punti della circonferenza immagine

sono dati da:w =1

Re−jθ, dunque la circonferenza γ0, 1

Rha verso opposto a quello di

γ0,R. Inoltre, dz = − 1

w2dw e si ottiene:

Page 88: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

87

Rf (∞) = − 1

2πj

γ0,R

f(z)dz = − 1

2πj

−γ0, 1

R

g(w)−1

w2dw

= − 1

2πj

γ0, 1

R

g(w)1

w2dw = −R g(w)

w2(0).

I residui di una funzione analitica assumono particolare rilievo nel cosiddetto teo-rema dei residui.

Teorema dei residui.

Sia f una funzione analitica in una regione Ω. Siano z1, z2, ..zn punti singolari isolatiuniformi di f . Sia γ ⊂ Ω un cammino chiuso semplice percorso una sola volta inverso positivo e tale da racchiudere al proprio interno i punti singolari isolati uniformiz1, z2, ..zn. Allora:

γf(z)dz = 2πj

k=n∑

k=1

Rf (zk)

La dimostrazione si effettua considerando circonferenze di centro zk, k = 0, 1, ..n− 1e raggio εk tale da includere solo zk al proprio interno, congiungendo ciascuna di essecon γ tramite tagli Tk dai bordi infinitamente vicini e poi integrando sul camminochiuso semplice:

Γ = γ + T1 − T1 − γ1 + ... + Tn − T1 − γn

che racchiude al proprio interno una regione semplicemente connessa in cui f e ana-litica. Segue che:

Γf(z)dz = 0 =

γ1

f(z)dz + .... +∮

γn

f(z)dz.

Si puo inoltre dimostrare una versione piu generale di questo teorema, che assume ladenominazione di teorema generalizzato dei residui.

Teorema generalizzato dei residui.

Se, nelle ipotesi precedenti per f , si tiene conto anche del residuo di f in z = ∞,allora la somma di tutti i residui di f e identicamente nulla, cioe:

k=n∑

k=1

Rf (zk) + Rf (∞) = 0.

Infatti, basta considerare un cerchio di centro l’origine e di raggio R tale da contenereal proprio interno tutti i punti singolari isolati uniformi z1, z2, ..zn: allora, per ilteorema dei residui ∮

γ0,R

f(z)dz = 2πjk=n∑

k=1

Rf (zk),

Page 89: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

88

mentre d’altra parte, per la definizione di Rf si ha:

γ0,R

f(z)dz = −2πjRf (∞)

e per differenza segue il risultato.

Page 90: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

89

Lezione 20

Formule integrali.

Residui in un polo di ordine 1.

Vale il seguente teorema. Sia f analitica in una regione Ω. Sia z0 ∈ Ω polo delprim’ordine per f(z). Allora, se

∃ limz→z0

(z − z0)f(z) = λ

si ha:Rf (z0) = λ.

Da questo risultato seguono subito i seguenti due corollari, utili ai fini del calcolo.

Corollario 1. Sia f data da:

f(z) =h(z)

z − z0

, h(z) analitica, h(z0) 6= 0.

Allora :Rf (z0) = h(z0).

Corollario 2. Sia f =h

g, ove h e funzione analitica anche in z0, h(z0) 6= 0 e g e

funzione analitica dotata di uno zero di ordine 1 in z0,( g(z0) = 0, g′(z0) 6= 0).Allora:

Rf (z0) =h(z0)

g′(z0).

Esempi.

1) Sia f(z) =1

z2 + 1. Trovare il residuo in z = j. Si ha:

f(z) =h(z)

z − j, h(z) =

1

z + j⇒ R 1

z−j(j) =

1

2j.

2) Sia f(z) =sin z

cos z. Trovare i punti singolari di f e calcolare i residui di f nei punti

singolari trovati. Si ha:

f(z) =sin z

cos z⇒ zk =

π

2+ kπ, (k = 0,±1,±2, ...) poli semplici.

I residui nei poli zk sono allora dati da, usando il Corollario 2:

R sin zcos z

(zk) = −sin zk

sin zk

= −1.

Page 91: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

90

Formula integrale di Cauchy.

La conseguenza piu importante della formula per il calcolo del residuo in un polo delprimo ordine e la formula integrale di Cauchy, oggetto del seguente teorema.

Sia f funzione analitica in Ω e sia γ ⊂ Ω un cammino chiuso semplice percorso unasola volta in verso positivo. Sia S la regione racchiusa da γ. Allora, se ζ ∈ γ e z ∈ S,si ha:

f(z) =1

2πj

γ

f(ζ)

ζ − zdζ.

(formula integrale di Cauchy.)

La funzione K(ζ, z) =1

ζ − ze analitica ∀z ∈ S. . Si ha (convenendo che K(0) = K e

0! = 1):dnK(ζ, z)

dzn=

n!

(ζ − z)n+1, (n = 0, 1, 2...)

Possiamo allora calcolare la derivata ad ogni ordine di f usando la formula integraledi Cauchy: si deriva sotto il segno di integrale e si ottiene:

fn(z) =n!

2πj

γ

f(ζ)

(ζ − z)n+1dζ.

Corollario 1. Sia f analitica all’interno di una regione S semplicemente connessa e siaγ il cammino chiuso semplice frontiera di S. Allora ∀n, fn e una funzione analiticain S.

Corollario 2. Sia f analitica in una regione semplicemente connessa Ω. Sia γ unacirconferenza tutta contenuta in Ω con centro z0 ∈ Ω e raggio R. Allora, detto Ml’estremo superiore dei valori di |f(z)| su γ, si ha :

|fn(z0)| ≤ Mn!

Rn.

(diseguaglianza di Cauchy per la derivata n-esima).

Corollario 3. Sia f(z) =h(z)

(z − z0)n, con h analitica in z0 e h(z0) 6= 0. Allora:

Rf (z0) =h(n−1)(z0)

(n− 1)!.

Infatti:

Rf (z0) =1

2πj

γ

h(z)

(z − z0)n=

h(n−1)(z0)

(n− 1)!.

Page 92: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

91

Dal Corollario 2 (diseguaglianza di Cauchy) si ricava il seguente teorema notevole.

Teorema di Liouville. Sia f analitica e limitata in C. Allora f e una costante.

Dal teorema di Liouville segue in modo molto semplice il teorema fondamentaledell’algebra.

Sia p un polinomio complesso di grado n (n ≥ 1): allora l’equazione p(z) = 0 haesattamente n soluzioni.

Infatti, se p non fosse mai nulla in z ∈ C, la funzione g(z) =1

p(z)sarebbe analitica

e non nulla ∀z ∈ C e, siccome limz→∞ g(z) = 0, g sarebbe limitata ∀z ∈ C e, peril teorema di Liouville, risulterebbe costante. Cio e assurdo: dunque ∃z0 tale chep(z0) = 0. Il risultato si ottiene allora notando che p(z) = (z − z0)p1(z) ove p1(z) eun polinomio di grado n− 1 a cui si applica l’argomento precedente.

Page 93: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

92

Lezione 21

Scomposizione in fratti semplici, applicazioni del teorema dei residui alcalcolo di integrali.

Una osservazione preliminare sui residui di funzioni hermitiane e la seguente: seuna funzione hermitiana f(z) presenta in un punto z0 un polo di ordine n, allora essapresenta un polo dello stesso ordine nel punto z∗0 . Infatti:

f(z) =h(z)

(z − z0)n⇒ f(z∗) =

h(z∗)(z∗ − z0)n

⇒ f ∗(z∗) = f(z) =h∗(z∗)

(z − z∗0)n=

g(z)

(z − z∗0)n.

Per una funzione hermitiana, il residuo in un polo complesso coniugato e il complessoconiugato del residuo. Infatti, sia γ∗ il cammino complesso coniugato di un camminosemplice chiuso γ lungo il quale e originariamente calcolato il residuo nel punto z0.Usiamo γ∗ come cammino per il calcolo di Rf (z

∗0). Tenendo conto che γ∗ e percorso

in verso opposto e che i suoi punti sono z∗ si trova:

Rf (z∗0) = − 1

2πj

γ∗f(z∗)dz∗ =

(1

2πj

γf ∗(z∗)dz

)∗=

(1

2πj

γf(z)dz

)∗= R∗

f (z0)

Come applicazione ulteriore del calcolo dei residui, siamo ora in grado di effettuarela scomposizione di una funzione razionale propria in fratti semplici (se la funzionerazionale non fosse propria, basterebbe effettuare la divisione per ottenere la fun-zione come somma di un polinomio e di una funzione razionale propria).Consideriamodunque una funzione razionale propria, nella quale i k zeri del denominatore sianoindicati con z1, z2, ..., zk. Scriviamo allora la funzione razionale propria f(z) sotto laseguente forma:

f(z) =A1,−1

z − z1

+A1,−2

(z − z1)2+ ... +

A1,−n1

(z − z1)n1

+A2,−1

z − z2

+A2,−2

(z − z2)2+ ... +

A2,−n2

(z − z2)n2

+... +Ak,−1

z − zk

+Ak,−2

(z − zk)2+ ... +

Ak,−n1

(z − zk)nk.

I coefficienti

Ai,ni+m (1 ≤ i ≤ k, 0 ≤ m ≤ ni − 1),

si determinano nel modo seguente. Definiamo le k funzioni hi(z) = (z − zi)ni , 1 ≤

i ≤ k. Per calcolare, ad esempio, A1,−1 basta integrare f(z) lungo una circonferenzaγ1 di centro z1 e raggio ε1 tale da contenere al proprio interno soltanto z1. Questointegrale fornisce

γ1

f(z)dz =∮

γ1

h1(z)

(z − z1)n1dz =

h(n1−1)1

(n1 − 1)!

Page 94: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

93

perche l’unico contributo proviene dalla frazione 1z−z1

che ha residuo 1 (tutte le altrefrazioni hanno residuo nullo), mentre a destra si ottiene A1,−1. Segue:

A1,−1 =h

(n1−1)1 (z1)

(n1 − 1)!

Il coefficiente A1,−2 si ottiene in modo analogo, perche, moltiplicando f(z) per z− z1,diventa il coefficiente della frazione 1

z−z1che, come gia detto, e l’unica ad avere residuo

diverso da zero. Segue:

A1,−2 =h

(n1−2)1 (z1)

(n1 − 2)!

etc. La formula generale risulta pertanto:

Ai,−ni+m =h

(m)i (zi)

m!, 1 ≤ i ≤ k, 0 ≤ m ≤ ni − 1

Se i poli della funzione razionale propria sono tutti semplici, allora la scomposizionediventa:

f(z) =Rf (z1)

z − z1

+Rf (z2)

z − z2

+ ... +Rf (zk)

z − zk

.

Esempi.

1) Scomporre in fratti semplici:

f(z) =5z2 + z − 1

z3 + 3z2 + 2z.

La funzione data ha 3 poli semplici in z1 = 0, z2 = −1, z3 = −2.Si ha:

5z2 + z − 1

z3 + 3z2 + 2z=

5z2 + z − 1

z(z + 1)(z + 2)=

Rf (0)

z+

Rf (−1)

z + 1+

Rf (−2)

z + 2

= −1

2

1

z− 3

z + 1+

17

2

1

z + 2.

2) Scomporre in fratti semplici:

f(z) =z + 1

z3 − z2.

La funzione data ha un polo doppio in z1 = 0 e semplice in z2 = 1. Posto

h1(z) =z + 1

z − 1,

da cui

h′1(z) = − 2

(z − 1)2,

Page 95: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

94

otteniamo:

f(z) =z + 1

z3 − z2=

h1(0)

z2+

h′1(0)

z+

Rf (1)

z − 1

= − 1

z2− 2

z+

2

z − 1.

Se la funzione razionale e hermitiana, il denominatore presenta zeri a coppie comp-lesse coniugate e i poli sono complessi coniugati, con residui a loro volta complessiconiugati. Consideriamo per esempio un polo semplice z0. Si ha:

Rf

z − z0

+R∗

f

z − z∗0=

2z<(Rf )− 2<(z0R∗f )

z2 − 2<(z0)z + |z|2

e i coefficienti della frazione sono tutti reali. Questa particolare scomposizione si dicescomposizione in fratti irriducibili, che sono denominatori di secondo grado con radicicomplesse coniugate (e discriminante minore di zero).

Esempio

Scomporre in fratti irriducibili:

f(z) =z2

z4 + 1.

I poli sono

z1,2 =

√2

2(1± j), z3,4 =

√2

2(−1± j).

Pertanto:

z4 + 1 = (z2 −√

2z + 1)(z2 +√

2z + 1)

e allora:

Rf (z1) =1

4z∗1 , Rf (z

∗1) =

1

4z1, Rf (z3) =

1

4z∗3 , Rf (z

∗3) =

1

4z3

La scomposizione in fratti irriducibili risulta allora:

z2

z4 + 1=

√2z

4

[1

z2 −√2z + 1− 1

z2 +√

2z + 1

].

Applicazione del teorema dei residui al calcolo di integrali.

Il teorema dei residui (o quello generalizzato dei residui) ha relativamente pocaimportanza, se considerato come risultato formale: riconduce infatti il calcolo diun integrale a quello di altri n integrali. Diventa invece importantissimo quando sidisponga di mezzi di calcolo dei residui che siano indipendenti dal calcolo dell’integraleimplicato nella definizione. Alcune applicazioni saranno viste qui di seguito.

1) Applicazione diretta del teorema dei residui.

Page 96: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

95

Prima di dare esempi dell’applicazione diretta, occorre ricordare che e possibile cal-colare il residuo di f anche in z = ∞. Se si tiene conto che tale residuo si calcola sudi un cammino costituito da un cerchio di centro l’origine e raggio arbitrario, suppo-nendo che f abbia un numero finito di poli, si estenda il raggio R fino ad includeretutti i poli di f . Si ottiene:

γ0,R

f(z)dz = −Rf (∞) =N∑

k=1

Rf (zk) ⇒N∑

k=1

Rf (zk) + Rf (∞) = 0

vale a dire: la somma di tutti i residui di f , ivi compreso quello all’infinito, e identi-camente nulla.

Diamo ora due esempi di calcolo basati sull’applicazione diretta del teorema deiresidui.

1) Calcolare: ∮

γ

4− 3z

z2 − zdz

nei seguenti due casi: γ1 circonferenza di centro 0 e raggio 2,γ2 circonferenza di centro

0 e raggio1

2. Il residuo in z = 0 e −4, il residuo in z = 1 e 1. Segue:

γ1

4− 3z

z2 − zdz = 2πj(−4 + 1) = −6πj

γ2

4− 3z

z2 − zdz = 2π(−4) = −8πj.

2) Calcolare: ∮

γ1,1

dz

(z3 − 1)2 .

La funzione ha poli del secondo ordine in z1 = 1, z2 = e2πj3 , z3 = e−

2πj3 . Pero solo

z1 si trova entro γ1,1. basta quindi calcolare il residuo di1

(z3 − 1)2 nel punto z1 = 1.

Tale residuo vale −2

9e pertanto:

γ1,1

dz

(z3 − 1)2 = −4πj

9.

Page 97: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

96

Lezione 22

Metodi di calcolo per integrali di variabile reale.

Per il calcolo di integrali di variabile reale, il teorema dei residui, benche vero perfunzioni analitiche di variabile complessa, puo essere applicato in moltissimi casi ecostituisce un aiuto indispensabile. Vedremo soltanto i casi piu importanti di metodidi calcolo.

1-Integrali reali di funzioni razionali di cosθ e sin θ.

Sia R(u, v) funzione reale dei suoi argomenti reali. Vogliamo calcolare:

I =∫ 2π

0R(cos θ, sin θ)dθ

nel caso in cui R(cos θ, sin θ) sia finita nell’intervallo [0, 2π].

Poniamo ejθ = z, da cui cos θ = 12

(z +

1

z

), sin θ = 1

2j

(z − 1

z

). Allora R(cos θ, sin θ)

diventa una funzione razionale di z, che chiameremo S(z), con z ∈ γ0,1 percorsa inverso antiorario. Risulta:

I =∮

γ0,1

S(z)

jzdz

e la funzioneS(z)

jz

e ancora una funzione razionale di z. Noti i poli diS(z)

jzall’interno di |z| = 1 si ha

infine:

I =∮

γ0,1

S(z)

jzdz = 2πj

k

RS(z)jz

(zk), (|zk| < 1).

Esempio.

Sia 0 < p < 1. Calcolare:

I =∫ 2π

0

1− 2p cos θ + p2.

Su γ0,1 si ha:

I =∮

γ0,1

1

jz

dz

1− 2p · 12

(z + 1

z

)+ p2

=1

j

γ0,1

dz

(1− pz)(1− z)

Page 98: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

97

L’integrando ha due poli semplici in z =1

p> 1 (che non interessa)e in z = p < 1.

Calcoliamo il residuo della funzione razionale in z = p. Si ha:

R 1j(1−pz)(1−z)

=1

j(1− p2),

e allora: ∫ 2π

0

1− 2p cos θ + p2=

1− p2.

Da notare, in questo come in altri casi, che il risultato deve essere un numero reale,nonostante siano in gioco funzioni analitiche di variabile complessa.

2-Integrali impropri di funzioni razionali reali soddisfacenti a date ipotesi.

2.1- Vogliamo calcolare integrali reali del tipo∫ +∞

−∞f(x)dx,

ove f(x) e una funzione razionale propria di x il cui denominatore non si annulla maisull’asse reale. Il metodo che useremo si dice metodo del cammino di chiusura (ometodo di completamento del cammino) e si effettua nel modo che segue. Sappiamoche: ∫ +∞

−∞f(x)dx = lim

R→∞

∫ +R

−Rf(x)dx.

Questo fatto ci porta ad interpretare l’intervallo [−R, R] come un tratto di un cam-mino chiuso ΓR nel piano complesso, costituito da [−R,R] + γR, ove γR, e la parteche non appartiene all’asse reale e che chiude[−R,R] (γR si dice cammino di chiusurae il semipiano nel quale giace γR si dice semipiano di chiusura). Se al posto di f(x)si considera la funzione f(z) estensione analitica di f(x) (nel caso di una funzionerazionale hermitiana, basta sostituire x con z), si ha, per il teorema dei residui:

ΓR

f(z)dz =∫ R

−Rf(x)dx +

γR

f(z)dz = 2πjN∑

k=1

Rf(z)(zk)

ove i punti zk, k = 1, 2.., N sono i poli della funzione razionale f(z) che cadono nellaregione interna a ΓR: questo determina il segno da considerare (positivo se si e in=(z) > 0, negativo in caso contrario. Risulta:

∫ R

−Rf(x)dx = 2πj

N∑

k=1

Rf(z)(zk)−∫

γR

f(z)dz

e pertanto:∫ +∞

−∞f(x)dx = 2πj

M∑

m=1

Rf(z)(zm)− limR→∞

γR

f(z)dz

ove questa volta i poli zm, m = 1, 2..,M, M ≥ N sono tutti quelli che giacciono nelsemipiano di chiusura. Se fosse possibile dimostrare che:

limR→∞

γR

f(z)dz = 0

Page 99: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

98

il risultato finale sarebbe:

∫ +∞

−∞f(x)dx = 2πj

M∑

m=1

Rf(z)(zm).

(notare che anche in questo caso 2πjM∑

m=1

Rf(z)(zm) deve essere un numero reale). Vale

un risultato piuttosto generale, noto come Lemma del grande arco di cerchio, che sienuncia nel modo seguente.

Lemma del grande arco di cerchio.

Sia S una regione angolare di vertice l’origine, sia f(z) funzione analitica tale che∀|z| > R > R0, R0 > 0 prefissato si abbia:

|f(z)| < C

|z|1+α, C > 0, α > 0

Sia γR,φ1,φ2 l’arco di circonferenza, compreso tra gli angoli φ1, φ2, che delimita S.Allora:

limR→∞

γR,φ1,φ2

f(z)dz = 0.

Questa condizione e certamente soddisfatta per tutte le funzioni razionali, il cui de-nominatore abbia grado maggiore di almeno due unita a quello del numeratore (inquesto caso α e un numero intero ≥ 1). Inoltre, il lemma del grande arco di cerchioci porta a scegliere generalmente come cammino di chiusura una semicirconferenza dicentro l’origine e raggio R.

Esempio.

Calcolare:

I =∫ +∞

−∞1

x4 + 1dx.

Il denominatore non si annulla mai sull’asse reale, l’estensione analitica di f(x) e1

z4 + 1, che presenta poli di ordine 1, dati da:

z1 =

√2

2(1 + j), z2 =

√2

2(−1 + j),

z3 =

√2

2(−1− j), z4 =

√2

2(1− j).

Essendo soddisfatto certamente il lemma del grande arco di cerchio, basta soloscegliere il semipiano di chiusura. Chiudiamo allora in =(z) > 0. I poli coinvolti sono

z1 =

√2

2(1 + j), z2 =

√2

2(−1 + j)

Page 100: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

99

. I residui di1

z4 + 1in questi poli valgono:

R 1z4+1

(z1) =1

4z31

= −z1

4= −

√2

8(1 + j)

R 1z4+1

(z2) =1

4z32

= −z2

2= −

√2

8(−1 + j)

La somma dei residui vale allora:

−√

2

8(1 + j)−

√2

8(−1 + j) = −

√2j

4

da cui segue il risultato finale:

I =∫ +∞

−∞1

x4 + 1dx = 2πj ·

(−√

2j

4

)=

π√

2

2.

Si sarebbe ottenuto lo stesso risultato chiudendo in =(z) < 0. Infatti in tal caso i policoinvolti sarebbero stati:

z3 =

√2

2(−1− j), z4 =

√2

2(1− j),

con residui:

R 1z4+1

(z3) =1

4z33

= −z3

4= −

√2

8(−1− j)

R 1z4+1

(z4) =1

4z34

= −z4

2= −

√2

8(1− j)

con somma:

−√

2

8(−1− j)−

√2

8(1− j) =

√2j

4

Poiche il cammino di chiusura giace in =(z) < 0, il verso di percorrenza e opposto alcammino di chiusura in =(z) > 0, la somma va dunque presa con il segno negativo eanche in questo caso si ottiene:

I =∫ +∞

−∞1

x4 + 1dx =

π√

2

2.

Page 101: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

100

Lezione 23

Calcolo di valori principali.

Un caso frequente e quello di integrali di funzioni razionali reali il cui denominatore

presenta zeri (ad es.x + 1

x2 − 1). Consideriamo l’integrale

∫ b

af(x)dx

il cui integrando diviene infinito in un punto x0, a < x0 < b. Si dice che f e integrabilein [a, b] se e solo se:

∃ limε→0

∫ x0−ε

af(x)dx + lim

η→0

∫ b

x0+ηf(x)dx

nel qual caso si pone

∫ b

af(x)dx = lim

ε→0

∫ x0−ε

af(x)dx + lim

η→0

∫ b

x0+ηf(x)dx.

I due limiti sono indipendenti. Puo tuttavia succedere che nessuno dei due limitiesista ma che esista il limite:

limε→0

[∫ x0−ε

af(x)dx +

∫ b

x0+εf(x)dx

],

in tal caso tale limite si dice valor principale secondo Cauchy dell’integrale∫ b

af(x)dx

e si scrive:

v.p.∫ b

af(x)dx = lim

ε→0

[∫ x0−ε

af(x)dx +

∫ b

x0+εf(x)dx

]

Esempio.

Il valor principale secondo Cauchy dell’integrale∫ 1

−1

dx

x3vale:

v.p.∫ 1

−1

dx

x3= lim

ε→0

[∫ −ε

−1

dx

x3+

∫ 1

ε

dx

x3

]= lim

ε→0

[−2

x2

]−ε

−1+ lim

ε→0

[−2

x2

]1

ε= 0.

Per usare il metodo del completamento del cammino anche nel caso di una funzionerazionale con poli sull’asse reale, occorre ridefinire sull’asse reale un cammino che evitiil polo (o i poli). Di solito, si fa consistere questo cammino con una semicirconferenzache abbia centro nel polo e che giri intorno al polo lasciandolo all’esterno della regioneche sara poi racchiusa dal cammino chiuso creato per il calcolo dell’integrale. Ilcontributo dovuto a questa ”dentellatura” e allora pari alla meta del residuo di f(z)nel polo, come risulta dal cosiddetto Lemma del piccolo arco di cerchio, il cui enunciatoe il seguente.

Page 102: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

101

Lemma del piccolo arco di cerchio.

Sia f(z) funzione analitica dotata di un polo x0 di ordine 1 sull’asse reale. Sia

γx0,r,φ1,φ2

l’arco di circonferenza di centro x0, raggio r e apertura angolare φ1, φ2. Allora:

limr→0

γx0,r,φ1,φ2

f(z)dz = j(φ2 − φ1)Rf (x0)

Infatti, ponendo f(z) = h(z)z−x0

, con h(z) analitica in x0 e h(x0) = Rf (x0), si ha:

γx0,r,φ1,φ2

f(z)dz =∫ φ2

φ1

h(x0 + rejt)

rejtjrejtdt = j

∫ φ2

φ1

h(x0 + rejt)dt

da cui passando al limite per r → 0 si trova, per la continuita di h(z) in x0:

limr→0

j∫ φ2

φ1

h(x0 + rejt)dt = j(φ2 − φ1)Rf (x0).

Se l’arco ha estensione di π, allora il contributo all’integrazione del polo x0 e πj(da notare che se la circonferenza fosse percorsa da 0 a 2π, allora il contributo sarebbe2πj, come gia noto). Si ha allora il seguente teorema per il calcolo di valori principali.

Teorema del valor principale.

Sia f(x) una funzione razionale e continua sull’asse reale, eccetto al piu in s polisemplici x1, .., xs e sia il grado del denominatore superiore di almeno due unita aquello del denominatore. Allora:

v.p.∫ +∞

−∞f(x)dx = 2πj

M∑

m=1

Rf (xm) + πjs∑

i=1

Rf (xi).

I punti z1, ..zM sono i poli di f che giacciono nel semipiano di chiusura: i residuicorrispondenti hanno segno positivo se il semipiano di chiusura e =(z) > 0, negativoin caso opposto. Vale anche il seguente corollario: nelle ipotesi fatte per la funzionerazionale reale f , risulta:

v.p.∫ +∞

−∞f(x)ejaxdx = 2πj

M∑

m=1

Rfejaz(xm) + πjs∑

i=1

Rfejaz(xi), a reale

(infatti f(z) e ejazf(z) hanno gli stessi poli). In questo integrale e pero necessariotenere conto che ejaz = ejaxe−ay: pertanto il cammino di chiusura si deve scegliere nelsemipiano nel quale e−ay → 0.

Esempio.

Page 103: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

102

Calcolare il seguente valor principale:

v.p.∫ +∞

−∞ejaxdx

(x− x1)(x− x2)

essendo a, x1, x2 reali, x1 6= x2. I poli della funzioneejaz

(z − x1)(z − x2)sono i punti x1

e x2 e si presentano sul cammino di integrazione. I residui valgono:

R ejaz

(z−x1)(z−x2)

(x1) =ejax1

x1 − x2

R ejaz

(z−x1)(z−x2)

(x2) =ejax2

x2 − x1

e pertanto segue:

v.p.∫ +∞

−∞ejaxdx

(x− x1)(x− x2)= πj

(ejax1

x1 − x2

+ejax2

x2 − x1

)=

πj

x1 − x2

(ejax1 − ejax2

)

Questo risultato puo essere riscritto in termini reali, eguagliando parte reale e parteimmaginaria dei due membri. Si trova:

v.p.∫ +∞

−∞cos axdx

(x− x1)(x− x2)= π

sin ax2 − sin ax1

x1 − x2

v.p.∫ +∞

−∞sin axdx

(x− x1)(x− x2)= π

cos ax1 − cos ax2

x1 − x2

.

Page 104: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

103

Lezione 24

Lemma di Jordan e integrali su cammini paralleli all’asse immaginario.

Finora sono stati viste applicazioni del teorema dei residui al caso di integrali su cam-mini giacenti sull’asse reale. Il metodo del completamento del cammino tuttavia siestende senza nessuna difficolta anche a integrali su cammini rettilinei qualunque. Uncaso molto importante, legato al calcolo di antitrasformate di Laplace, e quello di in-tegrali di funzioni analitiche su cammini paralleli all’asse immaginario. Tipicamente,un integrale del genere si scrive sotto la forma:

∫ α+j∞

α−j∞f(z)dz

intendendo che si sta integrando sulla retta <(z) = α e che l’integrazione e effettuatasull’intera retta.

Per applicare il metodo del cammino di chiusura, occorre allora considerare un arcodi circonferenza di centro l’origine e raggio R, che interseca la retta <(z) = α neipunti

α− j√

R2 − α2, α + j√

R2 − α2.

L’apertura angolare di tale arco e compresa tra i valori

− arctan

√R2 − α2

α, arctan

√R2 − α2

α

e l’arco si sceglie appartenente al semipiano <(z) > α. Indichiamo con

γ0,R,− arctan

√R2−α2

α,arctan

√R2−α2

α

= γR

tale arco. Il cammino :

ΓR = [α− j√

R2 − α2, α + j√

R2 − α2]− γR

(essendo γR percorso in verso orario) racchiude allora una regione all’interno dellaquale sono racchiusi eventuali N poli di f . Pertanto:

∫ α+j∞

α−j∞f(z)dz =

ΓR

f(z)dz +∫

γR

f(z)dz

= −2πjN∑

k=1

Rf (zk) +∫

γR

f(z)dz

Il segno negativo di fronte ai residui dipende dal fatto che il segmento e percorso dalbasso verso l’alto; ciascun polo ha inoltre <(z) > α. Come nel caso della integrazionesull’asse reale, se si riuscisse a provare che:

limR→∞

γR

f(z)dz = 0,

Page 105: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

104

allora il calcolo sarebbe ricondotto ad una semplice somma di residui. Un importanterisultato, noto come Lemma di Jordan stabilisce le ipotesi affinche cio avvenga.

Lemma di Jordan

Sia λ un numero reale < 0 e sia f(z) una funzione analitica tale che:

limz→∞ |f(z)| = 0,

sia inoltre dato α reale e sia γR l’arco di circonferenza di centro l’origine, raggio R,situato in =(z) > α, intersecante la retta <(z) = α nei punti α − j

√R2 − α2, α −

j√

R2 + α2. Allora:

limR→∞

γR

eλzf(z)dz = 0.

Si noti la presenza, nell’enunciato, dell’esponenziale complesso eλz, che ha moduloeλR cos θ, quando z = Rejθ sull’arco γR. Per la dimostrazione si usano due notevolidiseguaglianze (anch’esse dovute a Jordan) su sin θ e cos θ, che hanno il seguenteaspetto:

π≤ sin θ ≤ θ, 1− 2θ

π≤ cos θ ≤ 1, 0 ≤ θ ≤ π

2.

Per la dimostrazione vera e propria occorre maggiorare il modulo dell’integrale quando|f(z)| < ε, ottenendo:

∣∣∣∣∫

γR

eλzf(z)dz

∣∣∣∣ < εR∫ π

2

−π2

eλR cos θdθ < 2εR∫ π

2

0eλR(1−2 θ

π )dθ =επ

|λ|(1− eλR),

da cui, passando al limite per λ →∞:

∣∣∣∣∫

γR

eλzf(z)dz

∣∣∣∣ <πε

|λ| .

Dal lemma di Jordan seguono allora i risultati seguenti:

∫ α+j∞

α−j∞eλzf(z)dz = −2πj

M∑

m=1

Reλzf(z)(zm), λ < 0, <(zm) > α

(λ < 0 ⇒chiusura a destra),

∫ α+j∞

α−j∞eλzf(z)dz = 2πj

N∑

n=1

Reλzf(z)(zn), λ > 0, <(zm) < α

(λ > 0 ⇒chiusura a sinistra).

Esempio.

Calcolare l’integrale:1

2πj

∫ α+j∞

α−j∞ezλ

z2 + 1dz

Page 106: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

105

nei quattro possibili casi per α e λ:

1)α > 0, λ > 0, 2)α > 0, λ < 0, 3)α < 0, λ > 0, 4)α < 0, λ < 0.

I poli della funzione integranda sono z1 = j, z2 = −j, con residui:

R ezλ

z2+1

(j) =eλj

2j, R ezλ

z2+1

(−j) =e−λj

−2j

Allora:

Caso 1) (α > 0, λ > 0). Si chiude il cammino a sinistra, pertanto i poli sono entrambicontenuti nella regione racchiusa dal cammino chiuso e si trova:

1

2πj

∫ α+j∞

α−j∞ezλ

z2 + 1dz =

eλj

2j+

e−λj

−2j= sin λ.

Caso 2) (α > 0, λ < 0). Si chiude il cammino a destra, pertanto non ci sono poli nellaregione e si trova: ∫ α+j∞

α−j∞ezλ

z2 + 1dz = 0.

Caso 3) (α < 0, λ > 0). Si chiude il cammino a sinistra, pertanto non ci sono polinella regione e si trova ∫ α+j∞

α−j∞ezλ

z2 + 1dz = 0.

Caso 4) (α < 0, λ < 0). Si chiude il cammino a destra, pertanto i poli si trovano nellaregione racchiusa dal cammino chiuso (questa volta il verso di percorrenza e oppostoa quello del caso 1) ) e si trova:

∫ α+j∞

α−j∞ezλ

z2 + 1dz = −eλj

2j− e−λj

−2j= − sin λ.

Page 107: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

106

Esercitazione 5

1-Applicazione pura e semplice del teorema dei residui.

1) Calcolare: ∮

γ

z

z3 + 1dz

essendo γ il cammino chiuso costituito dalla semicirconferenza di raggio 2 e centrol’origine, giacente in <(z) > 0, e dal segmento che congiunge il punto (0, 2j) al punto(0,−2j) percorso in verso antiorario.

I poli (semplici) sono le radici terze di -1:

z1 = ej π3 , z2 = −1, z3 = e−j π

3 .

Il polo z2 non e pero incluso nel cammino, pertanto basta calcolare i residui in z1,z3.La funzione e hermitiana e i due poli sono complessi coniugati. I residui valgonoallora:

R zz3+1

(ej π

3

)=

[z

3z2

]

z=ej π3

=1

3e−j π

3 , R zz3+1

(e−j π

3

)=

1

3ej π

3 .

La somma dei residui e:

R zz3+1

(ej π

3

)+ R z

z3+1

(e−j π

3

)=

1

3e−j π

3 +1

3ej π

3 =2

3cos

π

3=

1

3.

Segue: ∮

γ

z

z3 + 1dz =

2

3πj.

2) Calcolare l’integrale: ∮

γ

sinh z

z2(z4 − 1)dz,

essendo γ la circonferenza |z − j| = 4.

La funzione integranda ha poli (tutti di ordine 1) nei punti:

z1 = 0, z2 = 1, z3 = −1, z4 = j, z5 = −j.

(si ricordi chesinh z

zha una singolarita apparente in z = 0). Segue:

R sinh zz2(z4−1)

(0) = limz→0

sinh z

z

1

z4 − 1= −1,

R sinh zz2(z4−1)

(1) =

[sinh z

6z5 − 2z

]

z=1

=sinh 1

4,

R sinh zz2(z4−1)

(−1) =

[sinh z

6z5 − 2z

]

z=−1

=sinh 1

4,

Page 108: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

107

R sinh zz2(z4−1)

(j) =

[sinh z

6z5 − 2z

]

z=j

=sinh j

4j=

sin 1

4,

R sinh zz2(z4−1)

(−j) =

[sinh z

6z5 − 2z

]

z=−j

=− sinh j

−4j=

sin 1

4.

L’integrale ha il valore:

γ

sinh z

z2(z4 − 1)dz = πj(sinh 1 + sin 1− 2).

3) Calcolare l’integrale: ∮

γ

z2 + z + 1

z2 + 2z − 24dz

nei due casi seguenti:i) γ = z : |z| = 5 ,

ii) γ = z : |z| = 7 .

La funzione integranda presenta due poli di ordine 1 nei punti z1 = 4, z2 = −6: iresidui in detti poli sono:

Rf (4) =z2 + z + 1

z + 6

∣∣∣∣∣z=4

=21

10

Rf (−6) =z2 + z + 1

z − 4

∣∣∣∣∣z=−6

= −31

10.

Pertanto, nel caso i) in cui e incluso il solo polo z1 si ha:

γ

z2 + z + 1

z2 + 2z − 24dz =

21πj

5,

mentre nel caso ii) sono inclusi entrambi i poli e si ha:

γ

z2 + z + 1

z2 + 2z − 24dz = −2πj

2-Integrali reali tra 0 e 2π di funzioni razionali di sin θ e cos θ.

4) Calcolare l’integrale: ∫ 2π

0

1 + cos θ

2 + cos θdθ.

La sostituzione standard cos θ = 12

(z +

1

z

), dθ =

dz

jz, ove z ∈ γ0,1, trasforma

l’integrale dato nel modo seguente:

∫ 2π

0

1 + cos θ

2 + cos θdθ =

γ0,1

1 + 12(z + 1

z)

2 + 12(z + 1

z)

dz

jz=

γ0,1

z2 + 2z + 1

z2 + 4z + 1

dz

jz,

Page 109: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

108

integrale di una funzione con poli semplici nei punti z1 = 0,z2 = −2−√3,z3 = −2+√

3.Solo z1 e z3 cadono in γ0,1: calcoliamone i residui relativi. Si trova:

R z2+2z+1

z2+4z+11jz

(0) =1

j

R z2+2z+1

z2+4z+11jz

(−2 +√

3) =z2 + 2z + 1

2z + 4

1

jz

∣∣∣∣∣z=−2+

√3

=

√3

3j

Segue pertanto:

∫ 2π

0

1 + cos θ

2 + cos θdθ = 2πj

(−j +

√3

3j

)= 2π

(1−

√3

3

).

5) Calcolare l’integrale: ∫ 2π

0ecos θ cos(sin θ − nθ)dθ.

Per il calcolo di questo integrale, conviene partire dall’integrale:

J =∫ 2π

0eejθ

e−jnθdθ

di cui I e la parte reale: I = <(I). Con la sostituzione standard z = ejθ,dz

jz= dθ, si

trova:

J =∮

γ0,1

−jez

zn+1dz,

la cui funzione integranda−jez

zn+1possiede un polo di ordine n+1 in z = 0. Calcoliamo

il residuo:

R −jez

zn+1(0) =

1

n!

dn

dzn(−jez)

∣∣∣∣∣z=0

=−j

n!

Pertanto:

J = 2πj−j

n!=

n!

Ora: I = <(J) e si conclude:

∫ 2π

0ecos θ cos(sin θ − nθ)dθ =

n!

∫ 2π

0ecos θ sin(sin θ − nθ)dθ = 0

(il secondo integrale rappresenta =(J)).

Page 110: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

109

Esercitazione 6

3 - Integrali impropri di funzioni razionali che soddisfano alle ipotesi dellemma del grande arco di cerchio.

1) Calcolare l’integrale:

∫ +∞

−∞x2

(x2 + a2)3 , a ∈ R, a 6= 0.

La funzione di variabile complessa da utilizzare e

f(z) =z2

(z2 + a2)3

con poli nei punti z1 = ja, z2 = −ja, entrambi di ordine 3. I residui sono:

R z2

(z2+a2)3(ja) =

1

2!

d2

dz2

[z2

(z + ja)3

]

z=ja

=1

2

d

dz

2z(z + ja)− 3z2

(z + ja)3

=1

2

d

dz

[−z2 + 2ajz

(z + ja)4

]

z=ja

=

[−(z2 + a2)(z + ja) + 4z2 − 8jaz

(z + ja)5

]

z=ja

=1

8ja3

R z2

(z2+a2)3(−ja) = − 1

8ja3.

Nel caso a > 0, il polo ja giace nel semipiano superiore. pertanto, scegliendo comecammino di chiusura la solita semicirconferenza di centro l’origine e raggio R si trova:

∫ +∞

−∞x2

(x2 + a2)3 =π

4a3

mentre, nel caso a < 0, il polo −ja giace nel semipiano superiore e segue:

∫ +∞

−∞x2

(x2 + a2)3 = − π

4a3

Ma se a < 0,−a = |a| e l’integrale si puo scrivere sotto forma compatta nel modoseguente, sia nel caso a > 0, sia nel caso a < 0:

∫ +∞

−∞x2

(x2 + a2)3 =π

4|a|3 .

2) Calcolare: ∫ +∞

−∞dx

x2 + x + 1

Page 111: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

110

I poli della funzione1

z2 + z + 1sono i punti z1 =

−1 + j√

3

2, z2 =

−1− j√

3

2e

sono poli di ordine 1. Se si chiude in =(z) > 0, si deve calcolare il residuo nel polo−1 + j

√3

2. Si ha:

R 1z2+z+1

(−1 + j

√3

2) =

[1

2z + 1

]−1+j

√3

2

=1

−1 + j√

3 + 1= −j

√3

3

e segue: ∫ +∞

−∞dx

x2 + x + 1= 2π

√3

3.

3) Calcolare: ∫ +∞

−∞x2

(x2 + x + 1)2dx.

I poli della funzionez2

(z2 + z + 1)2 sono come nell’esercizio precedente, pero sono

di ordine 2. Chiudiamo, questa volta, in =(z) < 0. Il polo coinvolto sara allora−1− j

√3

2, e il residuo in detto polo vale:

R z2

(z2+z+1)2

(−1− j√

3

2

)=

d

dz

z2

(z − −1+j

√3

2

)2

z=−1−j√

32

=

2z(z − −1+j

√3

2

)2 − 2z2(z − −1+j

√3

2

)

(z − −1+j

√3

2

)4

z=−1−j√

32

=(−1− j

√3)(−j

√3)2 − 1

2(−1− j

√3)2(−j

√3)

(−j√

3)4

=3 + j3

√3− 1

2(1− 3 + 2j

√3)j√

3

9=

3 + j3√

3 + j3√

3− 3

9=

2

3j√

3.

Segue pertanto che: ∫ +∞

−∞x2

(x2 + x + 1)2dx = 4π

√3

3.

4 - Integrali impropri di funzioni razionali che soddisfano alle ipotesi dellemma del piccolo arco di cerchio.

4) Calcolare:

v.p.∫ +∞

−∞ejπx

(x− 1)(x− 2)dx.

Si trova subito:

v.p.∫ +∞

−∞ejπx

(x− 1)(x− 2)dx = πj(e2jπ − ejπ) = 2πj.

Page 112: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

111

Eguagliando parte reale e immaginaria dei due membri si trova:

v.p.∫ +∞

−∞sin πx

(x− 1)(x− 2)dx = 2π, v.p.

∫ +∞

−∞cos πx

(x− 1)(x− 2)dx = 0.

5) Calcolare:

v.p.∫ +∞

−∞ejωx

x (x2 + a2)2dx, a ∈ R, a > 0, ω > 0.

La funzione:ejωz

z (z2 + a2)2

ha un polo di ordine 1 nel punto z1 = 0, z2 = ja, z3 = −ja = z∗2 . I residui sono:

R ejωz

z(z2+a2)2(0) =

[ejωz

(z2 + a2)2

]

z=0

=1

a4

R ejωz

z(z2+a2)2(ja) =

[d

dz

ejωz

z(z + ja)2

]

z=ja

=

[jωejωz

z(z + ja)2− 2ejωz

z(z + ja)3− ejωz

z2(z + ja)2

]

z=ja

=jωe−ωa

ja(2ja)2− 2e−ωa

ja(2ja)3− e−ωa

(ja)2(2ja)2= e−ωa

(− ωa

4a4− 1

4a4− 1

4a4

)= −e−ωa 2 + ωa

4a4

R ejωz

z(z2+a2)2(−ja) = −eωa 2− ωa

4a4

Il polo z1 = 0 si trova sul cammino di integrazione e contribuisce per meta residuo.Poiche ω > 0, l’esponenziale e−ωy diventa infinitesimo per grandi valori di y in =(z) =y > 0 e siamo obbligati a chiudere in =(z) > 0. L’unico polo coinvolto e z1 = ja e sitrova:

v.p.∫ +∞

−∞ejωx

x (x2 + a2)2dx =πj

a4− 2πje−ωa 2 + ωa

4a4.

Da questo risultato, eguagliando parte reale e parte immaginaria, si trova:

v.p.∫ +∞

−∞cos ωx

x (x2 + a2)2dx = 0

v.p.∫ +∞

−∞sin ωx

x (x2 + a2)2dx =π

a4

[1− e−ωa(2 + ωa)

2

].

L’ultimo valor principale e in realta un integrale vero e proprio, in quantosin x

xvale

1 in x = 0. Tenendo conto della simmetria della funzione, possiamo allora scrivere:

∫ +∞

0

sin ωx

x (x2 + a2)2dx =π

2a4

[1− e−ωa(2 + ωa)

2

].

5) Integrali calcolati mediante il lemma di Jordan.

Page 113: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

112

6) Calcolare il seguente integrale:

f(t) =1

2πj

∮ σ0+j∞

σ0−j∞est

s2 − 1ds

nel quale s e variabile complessa definita da s = σ + jω, t ∈ R e variabile reale, neiseguenti tre casi:

i) σ0 > 1,

ii) −1 < σ0 < 1,

iii) σ0 < −1.

La funzione di variabile complessa eest

s2 − 1, con poli di ordine 1 nei due punti s1 =

1, s2 = −1. I residui in ciascuno di questi poli sono:

R est

s2−1

(1) =

[est

2s

]

s=1

=et

2

R est

s2−1

(−1) =

[est

2s

]

s=−1

= −e−t

2

Studiamo ora i vari casi.

Caso i) Se t < 0 si chiude a destra: non sono coinvolti i poli e allora risulta:

f(t) = 0.

Se t > 0 si chiude a sinistra: sono coinvolti entrambi i poli e allora risulta (essendo ilverso di percorrenza quello antiorario):

f(t) =1

2πj2πj

(et

2− e−t

2

)=

et − e−t

2= sinh t.

Caso ii) Se t < 0 si chiude a destra: risulta coinvolto il polo s1 = 1, il verso dipercorrenza e quello orario e allora risulta:

f(t) = −et

2.

Se t > 0 si chiude a sinistra: risulta coinvolto il polo s2 = −1, il verso di percorrenzae quello antiorario e allora risulta:

f(t) = −e−t

2.

Caso iii) Se t < 0 si chiude a destra: sono coinvolti entrambi i poli, il verso dipercorrenza e quello orario e allora risulta:

f(t) = −et

2+

e−t

2= −1

2(et − e−t) = − sinh t.

Page 114: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

113

Se t > 0 si chiude a sinistra: non sono coinvolti i poli e allora risulta:

f(t) = 0.

Si puo dare una forma piu compatta ai risultati ottenuti, usando la funzione gradinounitario u(t) definita nel modo seguente:

∀t > 0, u(t) = 1, ∀t < 0, u(t) = 0.

Allora:

Caso i)f(t) = u(t) sinh t

Caso ii)

f(t) = −1

2[u(t)e−t + u(−t)et]

Caso iii)f(t) = −u(−t) sinh t.

(essendo u(−t) = 1− u(t) = 0 quando t > 0, u(−t) = 1 quando t < 0).

Esercizi proposti

1) Trovare i residui di:

f(z) =ejz

z3 + 1

in tutti i suoi poli.

2) Calcolare i residui di:

f(z) =sin z

z4 − 1

in tutti i suoi poli.

3) Scomporre in fratti semplici la funzione razionale:

f(z) =2z2 + 1

z2 + z − 2.

4) Scomporre in fratti semplici la funzione razionale propria:

f(z) =z2

(z − 1)3.

5) Calcolare l’integrale: ∫ +∞

−∞1

x2 + 5x + 14dx

Page 115: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

114

6) Calcolare:

f(t) =1

2πj

∫ +j∞

−j∞est

s2ds

sia in =(s) > 0 che in =(s) < 0.

7) Calcolare:

f(t) =1

2πj

∮ σ0+j∞

σ0−j∞est

s2 + 1ds

sia per σ0 > 0 che per σ0 < 0.

Page 116: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

115

Lezione 25

Serie in campo complesso, serie di Taylor e di Laurent.

La teoria delle serie (numeriche, di funzioni e di potenze) reali in campo reale siestende senza variazioni anche al campo complesso. Le nozioni di convergenza e diconvergenza uniforme, con i relativi criteri di convergenza e di convergenza uniforme,rimangono invariate, purche al termine valore assoluto si sostituisca il termine modulo.Ad esempio, una serie uniformemente convergente di funzioni continue integrabililungo un cammino converge ad una funzione continua integrabile termine a terminesullo stesso cammino (questo risultato sara utilizzato molte volte nel seguito).

Non tratteremo le serie numeriche e le serie di funzioni, mentre studieremo inmodo piu dettagliato le serie di potenze.

Citeremo soltanto un risultato importante sulle serie di funzioni analitiche (teo-rema di Weierstrass).

Teorema di Weierstrass.Siano f1(z), f2(z), .... funzioni analitiche in una regione semplicemente connessa Ω

e sulla sua frontiera. Se sulla frontiera di Ω la serie:

+∞∑

k=1

fk(z)

converge uniformemente ad una funzione f(z), allora tale serie converge uniforme-mente in Ω, f(z) e una funzione analitica in Ω ed e derivabile termine a termine inΩ.

Studieremo invece con piu dettaglio le serie di potenze in campo complesso. Poichezn e una funzione analitica ∀n intero relativo, e immediato rendersi conto del legameesistente tra serie di potenze della variabile complessa z e le funzioni analitiche (ilprimo approccio alle funzioni analitiche avvenne tramite serie di potenze). Il teoremaseguente enuncia le proprieta fondamentali dell’analiticita di una serie di potenze.

Teorema di Cauchy-Hardamard-Abel

Sia+∞∑

n=0

an(z − z0)n

una serie di potenze nella variabile complessa z. Allora ∃ un numero ρ, 0 ≤ ρ ≤ ∞,detto raggio di convergenza della serie, con le seguenti proprieta:a) la serie data converge assolutamente ∀z ∈ I(z0, ρ) e uniformemente, dato R < ρ,∀z ∈ I(z0, R);b) la serie data diverge ∀z tale che |z − z0| > ρ;c) ∀z ∈ I(z0, ρ), la somma della serie e una funzione analitica, tutte le derivate dellaserie si ottengono derivando termine a termine la serie e le serie derivate hanno lostesso raggio di convergenza ρ della serie originaria;

Page 117: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

116

d) se esiste limn→∞ n

√|an|, allora:

ρ =1

limn→∞ n

√|an|

(piu in generale:1

ρ= lim

n→∞n

√|an|).

Il cerchio aperto Cz0,R = z : |z − z0| < R si dice cerchio di convergenza della serie,z0 si dice centro della serie e ρ si dice raggio di convergenza della serie.

Una serie della forma:+∞∑

n=0

an(z − z0)n

si dice serie di Taylor. Il nome e giustificato dal fatto che, se si indica con f(z) lasomma di una serie di Taylor con centro z0 e raggio di convergenza ρ, allora, all’internodel cerchio di convergenza, vale l’eguaglianza:

f (n)(z0)

n!= an.

Infatti:f(z) = a0 + a1(z − z0) + a2(z − z0)

2 + ....

f ′(z) = a1 + 2a2(z − z0) + ....

..................................

fn(z) = n!an + (n + 1)!an+1(z − z0) + ....

..................................

da cui, ponendo z = z0 nelle formule scritte, segue subito:

an =f (n)(z0)

n!.

Esempi.

1) La serie:

f(z) =+∞∑

0

zn

ha raggio di convergenza 1. Poiche

1− zn+1

1− z= 1 + z + z2 + ... + zn,

al limite per n →∞ si conclude che ∀|z| < 1,

+∞∑

0

zn =1

1− z.

Page 118: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

117

2) La serie:

f(z) =+∞∑

0

zn

n!

ha raggio di convergenza ρ = ∞ poiche limn→∞n

√1

n!= 0.

3) La serie:

f(z) =+∞∑

0

n!(z − z0)n

ha raggio di convergenza 0 poiche limn→∞n√

n! = ∞.

In campo complesso interessano soprattutto serie che, oltre a contenere termini conpotenze positive del binomio z−z0, contengono termini con potenze negative di z−z0.Una serie siffatta si scrive allora nel modo seguente:

.... +a−n

(z − z0)n+

a−n+1

(z − z0)n−1+ .. +

a−1

z − z0

+ a0 + a1(z − z0) + .... + an(z − z0)n + ...

o, in modo piu compatto, come:

n=+∞∑

n=−∞an(z − z0)

n.

Tali serie si dicono serie di Laurent. Una serie di Laurent si puo considerare comeformata da due parti: la prima, che contiene solo le potenze positive di z − z0, laseconda, che contiene solo le potenze negative di z − z0. Si dice parte regolare dellaserie di Laurent (e si indica con r(z, z0)), la sottoserie:

r(z, z0) = a0 + a1(z − z0) + .... + an(z − z0)n + ...

si dice parte principale (o parte singolare della serie di Laurent (e si indica con p(z, z0))la sottoserie:

p(z, z0) = .... +a−n

(z − z0)n+

a−n+1

(z − z0)n−1+ .. +

a−1

z − z0

.

Determiniamo adesso la regione di convergenza di una serie di Laurent. Scriviamouna serie di Laurent nel modo seguente:

n=+∞∑

n=−∞an(z − z0)

n = r(z, z0) + p(z, z0).

La parte regolare della serie di Laurent e una serie di Taylor che pertanto convergenella regione interna (che e un cerchio) di una circonferenza di centro z0 e raggio R.

La parte principale puo essere ricondotta formalmente ad una serie di Taylor conil cambiamento di variabile:

Z =1

z − z0

.

Page 119: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

118

Infatti, con tale cambiamento si ha:

p(z, z0) = a−1Z + a−2Z2 + a−3Z

3 + ... + a−nZn + ...

che, come serie di Taylor converge ∀Z : |Z| <1

r(la scelta di scrivere il raggio

di convergenza come1

re di pura convenienza per il risultato successivo). Poiche

Z =1

z − z0

, segue subito che la convergenza della parte principale e assicurata quando

1

|z − z0| <1

r

cioe quando:|z − z0| > r,

che e la regione esterna ad una circonferenza di centro z0 e raggio r. Risulta pertanto,essendo la serie di Laurent somma della parte regolare e della parte principale, che laregione di convergenza e data dall’intersezione di |z − z0| < R e di |z − z0| > r: taleintersezione e non vuota se e solo se r < R. In tale caso, si conclude che la regione diconvergenza di una serie di Laurent e una corona circolare aperta definita da:

r < |z − z0| < R.

Indichiamo ora con f(z) una serie di Laurent. Sia cioe

f(z) =n=+∞∑

n=−∞an(z − z0)

n

Un discorso diverso da quello svolto per la serie di Taylor conduce a stabilire co-munque un legame tra i coefficienti an e f(z). Infatti, moltiplicando ambo i membridell’eguaglianza precedente per (z − z0)

−k−1, ove k e un intero prefissato, si ottiene:

f(z)(z − z0)−k−1 =

n=+∞∑

n=−∞an(z − z0)

n−k−1

Integriamo ora lungo un cammino chiuso semplice γ tutto contenuto entro la coronacircolare di convergenza e contenente z0 al proprio interno. Si ha, per l’integrabilitatermine a termine:

1

2πj

γ

f(z)dz

(z − z0)k+1=

+∞∑

n=−∞an

1

2πj

γ(z − z0)

n−k−1dz,

e, ricordando che gli integrali a secondo membro sono tutti nulli tranne nel caso incui n = k, si trova:

1

2πj

γ

f(z)

(z − z0)k+1dz = ak, k = 0,±1,±2, ..

Page 120: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

119

Lezione 26

Sviluppabilita in serie di Taylor.

La specifica forma delle serie di Taylor e di Laurent porta a utilizzare tali serienello studio di funzioni analitiche in intorni di un punto z0 (studio locale di funzionianalitiche).

Definizione di sviluppabilita in serie di Taylor.

Sia f funzione analitica in un cerchio chiuso Cz0,R. Diremo che f e sviluppabile inserie di Taylor all’interno del cerchio Cz0,R se e solo se ∃ una serie di Taylor concentro z0 e raggio di convergenza R tale che ∀z ∈ Cz0,R si abbia:

f(z) =∞∑

n=1

an(z − z0)n.

Vale il seguente teorema di esistenza e unicita dello sviluppo di Taylor per una fun-zione analitica f .

Teorema di esistenza e unicita dello sviluppo in serie di Taylor.

Sia f analitica in una regione Ω. Sia z0 ∈ Ω. Sia Cz0,Rmax il piu grande cerchio chiusodi centro z0 la cui circonferenza appartenga ad Ω. Allora esiste ed e unica una seriedi Taylor, tale che:

∀z ∈ Cz0,Rmax , f(z) =∞∑

n=0

an(z − z0)n

essendo:

∀n, an =f (n)(z0)

n!.

La dimostrazione del teorema e basata sulla formula integrale di Cauchy, scritta con-siderando come frontiera la circonferenza γz0,Rmax e come punti z interni alla frontierai punti del cerchio aperto Cz0,Rmax :

f(z) =1

2πj

γz0,Rmax

f(ζ)

ζ − zdζ.

Si pone, poiche

∣∣∣∣∣z − z0

ζ − z0

∣∣∣∣∣ < 1:

1

ζ − z=

1

1− z − z0

ζ − z0

1

ζ − z0

=1

ζ − z0

n=∞∑

n=0

(z − z0

ζ − z0

)n

Page 121: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

120

da cui segue subito:

f(z) =1

2πj

γz0,Rmax

n=∞∑

n=0

(z − z0

ζ − z0

)n1

ζ − z0

f(ζ)dζ

e integrando termine a termine si ricava:

f(z) =n=∞∑

n=0

(z − z0)n 1

2πj

γz0,Rmax

f(ζ)

(ζ − z0)n+1dζ

che e uno sviluppo in serie di Taylor con coefficienti:

an =1

2πj

γz0,Rmax

f(ζ)

(ζ − z0)n+1dζ =

f (n)(z0)

n!.

L’unicita segue osservando che se esistessero due serie distinte tali che

f(z) =∞∑

n=0

an(z − z0)n =

∞∑

n=0

bn(z − z0)n

allora, moltiplicando tutte le equazioni per (z − z0)−k−1, integrando lungo la circon-

ferenza γz0,Rmax si avrebbe

1

2πj

γz0,Rmax

f(z)dz

(z − z0)k+1=

+∞∑

n=−∞an

1

2πj

γz0,Rmax

(z − z0)n−k−1dz

=+∞∑

n=−∞bn

1

2πj

γz0,Rmax

(z − z0)n−k−1dz

e, ricordando che gli integrali a secondo membro sono tutti nulli tranne nel caso incui n = k, si trova:

1

2πj

γz0,Rmax

f(z)

(z − z0)k+1dz = ak = bk =

f (k)(z0)

k!, k = 0, 1, 2, ...

Osservazione importante.

Una funzione f di variabile complessa e analitica se e solo se si puo sviluppare in seriedi Taylor. Lo sviluppo e unico e rappresenta ed eventualmente estende la funzioneanalitica al massimo cerchio di centro z0 la cui frontiera non incontri punti singolari.quindi in genere il raggio di convergenza di una serie di Taylor che rappresenta f ela minima distanza del centro della serie dal punto singolare piu vicino. Puo perosuccedere che il raggio di convergenza dello sviluppo di Taylor di una funzione f siamaggiore del raggio Rmax del massimo cerchio contenuto nella regione di analiticitadi Ω, come risulta dal seguente esempio.

Esempio.

Data la funzionef(z) = Lnz,

Page 122: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

121

con taglio sul semiasse reale negativo, trovarne lo sviluppo di Taylor con centro z0 =−1− j.

Il massimo cerchio di analiticita di f ha allora raggio 1. Si ha:

f (n)(z) =(−1)n−1(n− 1)!

zn, n = 1, 2, ...

pertanto:

Lnz = Ln(−1−j)−n=∞∑

n=1

1

(1 + j)n(z+1+j)n =

1

2ln 2+j

4−

n=∞∑

n=1

1

(1 + j)n(z+1+j)n

e il raggio di convergenza della serie e:

ρ =1

limn→∞ n

√1

n|1 + j|n=

|1 + j|

limn→∞n

√1

n

= |1 + j| =√

2.

Il raggio di convergenza,√

2, risulta dunque maggiore del raggio del massimo cerchiodi analiticita con centro z0 = −1− j.

Altri esempi di sviluppi in serie di Taylor.

1) Sviluppare in serie di Taylor con centro z0 = 1 la funzione analitica f(z) =1

z2. Si

trova subito:

∀n ≥ 0, ∀z 6= 0, f (n)(z) =(−1)n(n + 1)!

zn+2

Pertanto:

f(z) =1

z2=

+∞∑

n=0

(−1)n(n + 1)!

n!(z − 1)n =

+∞∑

n=0

(−1)n(n + 1)(z − 1)n.

Il raggio di convergenza ρ e 1, che e la distanza del polo doppio z = 0 dal centro dellosviluppo z0 = 1. Ovviamente si verifica facilmente che:

ρ =1

limn→∞ n√

n + 1= 1.

2) Sviluppi in serie di Taylor con centro z0 = 0 di:

ez, sin z, cos z, sinh z, cosh z

Tutti questi sviluppi sono ricavati dallo sviluppo fondamentale:

f(z) = ez =+∞∑

n=0

1

n!zn

che si ottiene facilmente da f (n)(z) = ez. Il raggio di convergenza di tale sviluppo eρ = ∞, poiche ez e funzione analitica intera. Segue subito:

ejz =+∞∑

n=0

1

n!jnzn, e−jz =

+∞∑

n=0

1

n!(−1)njnzn

Page 123: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

122

da cui, tenendo conto che jn assume solo i valori 1, j,−1,−j rispettivamente nei casi4n, 4n + 1, 4n + 2, 4n + 3 quando n = 0, 1, 2, .. si ha:

sin z =n=∞∑

n=0

(−1)n z2n+1

(2n + 1)!

cos z =n=∞∑

n=0

(−1)n z2n

(2n)!

sinh z =n=∞∑

n=0

z2n+1

(2n + 1)!

cosh z =n=∞∑

n=0

z2n

(2n)!

Ognuno di questi sviluppi ha raggio di convergenza ρ = ∞.

3) Sviluppo in serie di Taylor di f(z) = tan z, con centro z0 = 0.

Questo sviluppo si determina con la tecnica della divisione tra serie di potenze.Scriviamo infatti:

tan z =sin z

cos z=

z − z3

3!+

z5

5!...

1− z2

2!+

z4

4!...

=

= c1z + c3z3 + c5z

5 + ...

(la serie che risulta dalla divisione conterra solo potenze dispari di z, essendo tan zdispari). Eseguendo la moltiplicazione si trova:

(c1z + c3z

3 + c5z5 + ...

) (1− z2

2!+

z4

4!...

)= z − z3

3!+

z5

5!...

ed eguagliando i coefficienti si ottiene il sistema a scala:

c1 = 1, c3− 1

2c1 = −1

6, c5− 1

2c3+

1

24c1 =

1

120, c7− 1

2c5+

1

24c3− 1

720c1 = − 1

5040, ....

che, risolto, fornisce:

c3 =1

3, c5 =

2

15, c7 =

17

315, ...

e allora:

tan z = z +1

3z3 +

2

15z5 +

17

315z7 + ....

Il raggio di convergenza ρ risulta pari alla distanza del centro z0 = 0 dal punto

singolare u vicino, che eπ

2: dunque ρ =

π

2.

Page 124: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

123

Lezione 27

Sviluppabilita in serie di Laurent.

Con un metodo analogo a quello seguito per ottenere uno sviluppo in serie di Taylor,potremo arrivare agli sviluppi in serie di Laurent.

Definizione di sviluppabilita in serie di Laurent.

Sia f funzione analitica in una corona circolare chiusa Cz0,,r,R. Diremo che f e svilup-pabile in serie di Laurent all’interno della corona circolare Cz0,r,R se e solo se ∃ unaserie di Laurent con centro z0 e raggi di convergenza r, R, r < R tale che ∀z ∈ Cz0,r,R

si abbia:

f(z) =∞∑

n=−∞an(z − z0)

n.

Vale il seguente teorema di esistenza e unicita dello sviluppo di Laurent per unafunzione analitica f .

Teorema di esistenza e unicita dello sviluppo in serie di Laurent.

Sia f analitica in una regione Ω anulare (cioe tale da possedere una lacuna). Siaz0 punto /∈ Ω, ma ∈ alla lacuna. Sia Cz0,,r,R la massima corona circolare chiusa concentro z0 contenuta in Ω, sia ζ un punto di frontiera di Cz0,,r,R e sia z un puntointerno a Cz0,,r,R. Allora esiste ed e unica una serie di Laurent con centro z0 e regionedi convergenza data da Cz0,,r,R tale che:

∀z ∈ Cz0,,r,R, f(z) =∞∑

n=−∞an(z − z0)

n

essendo:

an =1

2πj

γ

f(ζ)

(ζ − z0)n+1dζ, n = 0,±1,±2, ...

ove γ e un qualunque cammino chiuso tutto contenuto in Cz0,,r,R (eventualmentecoincidente con una delle sue frontiere) percorso una sola volta in verso antiorario.

La dimostrazione ricalca le linee di quella per l’esistenza di uno sviluppo di Taylor. Nelcaso attuale, pero, abbiamo due frontiere γz0,r e γz0,R, da cui, con un opportuno taglioT dai bordi infinitamente vicini che le congiunga, si ricava una regione semplicementeconnessa S con frontiera Γ = γz0,R − T + T − γz0,r, cui applicare la formula integraledi Cauchy. Allora:

f(z) =1

2πj

γz0,R

f(ζ)

ζ − zdζ − 1

2πj

γz0,r

f(ζ)

ζ − zdζ.

Ora, su γz0,R si ha: ∣∣∣∣∣z − z0

ζ − z0

∣∣∣∣∣ < 1

Page 125: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

124

e pertanto, come gia visto per la serie di Taylor:

1

ζ − z=

1

1− z − z0

ζ − z0

1

ζ − z0

=1

ζ − z0

n=∞∑

n=0

(z − z0

ζ − z0

)n

da cui segue subito:

f(z) =1

2πj

γz0,R

n=∞∑

n=0

(z − z0

ζ − z0

)n1

ζ − z0

f(ζ)dζ

e integrando termine a termine si ricava:

f(z) =n=∞∑

n=0

(z − z0)n 1

2πj

γz0,R

f(ζ)

(ζ − z0)n+1dζ

che e la parte regolare della serie di Laurent con coefficienti:

an =1

2πj

γz0,R

f(ζ)

(ζ − z0)n+1dζ, n = 0, 1, 2, ...

Il cammino γz0,R puo essere sostituito con una qualunque cammino chiuso sempliceγ, purche soddisfi alle stesse ipotesi.

Invece, su γz0,r : ∣∣∣∣∣ζ − z0

z − z0

∣∣∣∣∣ < 1

e allora:

− 1

ζ − z=

1

1− ζ − z0

z − z0

1

z − z0

=1

z − z0

n=∞∑

m=0

(ζ − z0

z − z0

)m

da cui (questa e pertanto la parte principale della serie di Laurent):

− 1

2πj

γz0,r

f(ζ)

ζ − zdζ =

1

2πj

γr

1

z − z0

m=∞∑

m=0

(ζ − z0

z − z0

)m

f(ζ)dζ

=m=∞∑

m=0

(z − z0)−(m+1) 1

2πj

γz0,r

(ζ − z0)mf(ζ)dζ.

Con la sostituzione n = −(m + 1) si ottiene:

− 1

2πj

γz0,r

f(ζ)

ζ − zdζ =

n=−∞∑

n=−1

(z − z0)n 1

2πj

γz0,r

f(ζ)

(ζ − z0)n+1dζ =

n=−∞∑

n=−1

an(z − z0)n

(parte principale della serie di Laurent) essendo:

an =1

2πj

γz0,r

f(ζ)

(ζ − z0)n+1dζ, n = −1,−2,−3, ...

Anche in questo caso il cammino γz0,r puo essere sostituto con un cammino γ, checoincida con il cammino precedentemente scelto per la parte regolare.

Page 126: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

125

Sommando:

f(z) =n=∞∑

n=−∞an(z − z0)

n

con i coefficienti an definiti da:

an =1

2πj

γ

f(ζ)

(ζ − z0)n+1dζ, n = 0,±1,±2,±3, ...

essendo γ un qualunque cammino chiuso, percorso una sola volta in verso antiorario,che avvolge z0 ed e contenuto in Cz0,r,R.

Anche in questo caso l’unicita segue osservando che se esistessero due serie distintetali che

f(z) =∞∑

n=−∞an(z − z0)

n =∞∑

n=−∞bn(z − z0)

n

allora, moltiplicando tutte le equazioni per (z−z0)−k−1, integrando lungo un cammino

γ ⊂ Cz0,r,R e avvolgente z0 si avrebbe

1

2πj

γ

f(z)dz

(z − z0)k+1=

+∞∑

n=−∞an

1

2πj

γ(z − z0)

n−k−1dz

=+∞∑

n=−∞bn

1

2πj

γ(z − z0)

n−k−1dz

e, ricordando che gli integrali a secondo membro sono tutti nulli tranne nel caso incui n = k, si trova:

1

2πjak = bk =

1

2πj

γ

f(z)

(z − z0)k+1dz, k = 0,±1, ±2, ...

Interpretazione dei coefficienti an di uno sviluppo di Laurent.

Quando n ≥ 0:

an =1

2πj

γ

f(z)

(z − z0)n+1dz 6= f (n)(z0)

n!

perche la funzione f non e analitica in z0 (se lo fosse, allora mancherebbe la parteprincipale dello sviluppo e i coefficienti an riacquisterebbero la loro interpretazioneoriginaria).

Quando n < 0 i coefficienti sono interpretabili come segue:

a−1 =1

2πj

γf(z)dz = Rf (z0),

a−2 =1

2πj

γf(z)(z − z0)dz = Rzf (z0)− z0Rf (z0)

a−3 =1

2πj

γf(z)(z − z0)

2dz = Rz2f (z0)− 2z0Rzf (z0) + z20Rf (z0)

...................

Page 127: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

126

sistema a scala nelle incognite

Rf (z0), Rzf (z0), Rz2f (z0), ..., Rznf (z0), n = 0, 1, 2, ...

che sono tutte residui (di f, zf, z2f...), In particolare, si ha subito:

Rf (z0) = a−1

e questo risultato fornisce il metodo piu immediato per il calcolo del residuo di unafunzione analitica f in un suo punto singolare isolato uniforme z0.

Metodo standard per trovare lo sviluppo in serie di Laurent quando z0

e un polo di ordine n.

a) Se f(z) =h(z)

(z − z0)n, basta sviluppare in serie di Taylor h(z) con centro z0 e poi

dividere termine a termine per (z − z0)n.

b) Se f(z) =h(z)

g(z), ove g(z) presenta uno zero di ordine n, allora si sviluppano in serie

di Taylor con centro z0 le due funzioni h(z), g(z) e, nello sviluppo di g(z), si mette inevidenza il fattore (z − z0)

n: infine si esegue la divisione tra le serie rimanenti.

Esempi.

1) Sviluppo in serie di Laurent disin z

z4con centro z0 = 0 (che e polo di ordine 3). Si

trova subito:

sin z

z4=

1

z4

(z − z3

6+

z5

120− ...

)=

1

z3− 1

6z+

z

120− ...

e segue anche:

R sin zz4

(0) = −1

6.

2) Trovare lo sviluppo in serie di Laurent con centro z0 = 0 di f(z) =1

sin z.

La serie di Taylor di sin z ci permette di scrivere:

1

sin z=

1

z − z3

6+

z5

120− ...

=1

z

1

1− z2

6+

z4

120+ ...

Si tratta di trovare la reciproca dell’ultima serie scritta. Poniamo:

1

1− z2

6+

z4

120+ ...

= a0 + a2z2 + a4z

4 + ....

Page 128: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

127

(si hanno solo potenze pari, essendo la serie a primo membro una serie pari), da cui,confrontando i coefficienti delle successive potenze di z a primo e secondo membro, sitrova il sistema a scala:

a0 = 1, a2 − a0

6= 0, a4 − a2

6+

a0

120= 0, ...

da cui si ricava:

a2 =1

6, a4 =

7

360, ...

e allora:1

sin z=

1

z+

z

6+

7z3

360+ ...

e segue:R 1

sin z(0) = 1.

Page 129: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

128

Lezione 28

Comportamento locale di funzioni analitiche in punti al finito.

Lo sviluppo in serie di Taylor risulta lo strumento piu adatto per lo studio di unafunzione analitica f in intorni di un punto di analiticita z0, mentre lo studio in intornidi un punto singolare isolato uniforme z0 si effettua mediante lo sviluppo in serie diLaurent.

Si hanno immediatamente i seguenti teoremi:

Teorema 1

Condizione necessaria e sufficiente affinche f sia analitica in un punto z0 e che f siasviluppabile in serie di Taylor in un intorno di z0.

Teorema 2

Condizione necessaria e sufficiente affinche una funzione analitica f presenti uno zerodi ordine N in un punto z0 e che la reciproca 1

fpresenti un polo di ordine N nel punto

z0.

Teorema 3

Condizione necessaria e sufficiente affinche una funzione analitica f presenti uno zerodi ordine N in un punto di regolarita z0 e che in un intorno di z0 la funzione siasviluppabile in serie di Taylor e lo sviluppo abbia la forma:

f(z) =∞∑

n=N

an(z − z0)n.

Teorema 4

Condizione necessaria e sufficiente affinche una funzione analitica f presenti una sin-golarita isolata uniforme in un punto z0 e che f sia sviluppabile in serie di Laurent inun intorno di z0.

Teorema 5

Condizione necessaria e sufficiente affinche una funzione analitica f presenti un polodi ordine N in un punto z0 e che la sua reciproca 1

fpresenti uno zero di ordine N nel

punto z0.

Teorema 6

Page 130: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

129

Condizione necessaria e sufficiente affinche f presenti un polo di ordine N in un puntoz0 e che la sua serie di Laurent abbia la forma:

f(z) =∞∑

n=−N

an(z − z0)n.

Tutti i teoremi precedenti sono facilmente provati con l’utilizzo dei risultati ot-tenuti. Inoltre:

a) se f analitica non nulla in un punto z0 allora:

limz→z0

f(z) = f(z0) 6= 0;

ed esiste un intorno di z0 in cui f e limitata.

b) se f presenta uno zero di ordine N in z = z0 allora:

limz→z0

f(z) = 0, f ′(z0) = ...f (n−1)(z0) = 0, f (n)(z0) 6= 0;

ed esiste un intorno di z0 in cui f e limitata.

c) se f presenta un polo di ordine N in z = z0 allora:

limz→z0

f(z) = ∞,

f non e limitata in intorni di z0, mentre1

fe limitata in intorni di z0.

Le considerazioni appena svolte ci permettono uno studio semplice in un intornodi una singolarita essenziale.

Valgono infatti i seguenti teoremi:

Teorema 7 Condizione necessaria e sufficiente affinche una funzione analitica f pre-senti una singolarita essenziale in un punto singolare isolato uniforme z0 e che f losviluppo in serie di Laurent in un intorno di z0 contenga infiniti termini con esponentinegativi.

Teorema 8 Condizione necessaria e sufficiente affinche una funzione analitica f pre-senti una singolarita essenziale in un punto singolare isolato uniforme z0 e che nonesista :

limz→z0

f(z).

In intorni di una singolarita essenziale il comportamento di f e completamente de-terminato dai seguenti due teoremi.

Teorema di Casorati

Page 131: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

130

In un intorno di una singolarita essenziale, una funzione analitica assume valori ten-denti ad un valore arbitrariamente prefissato α ∈ C.

Teorema di Picard

In un intorno di una singolarita essenziale una funzione analitica assume infinite voltetutti i valori di C, tranne al piu uno.

(il valore che non viene assunto si dice valore eccezionale).

Ad esempio f(z) = ez , in un intorno di z = ∞, assume infinite volte tutti i valoridi C, tranne il valore 0, che e pertanto il valore eccezionale previsto dal teorema diPicard.

Esercizio svolto.

Data la funzione e1z dire che tipo di punto singolare e il punto z = 0 e discutere il

comportamento di e1z in intorni di z = ∞.

Soluzione

Si puo scrivere:

e1z = e

1R

cos θe−j 1R

sin θ

e allora: ∣∣∣e 1z

∣∣∣ = e1R

cos θ, Arg(e1z ) = − 1

Rsin θ

In ogni intorno di z 6= 0 la funzione si mantiene limitata (basta scegliere M = e1R )

Verifichiamo se esiste:

limz→0

e1z .

Si vede subito che quando z = x il limite vale ∞ mentre quando z = −x il limite vale0. Dunque in intorni di z = 0 la funzione non si mantiene limitata e pertanto z = 0e una singolarita isolata uniforme; inoltre il limite non esiste e allora z = 0 e unasingolarita essenziale. Consideriamo ora un arbitrario numero complesso α = rejφ eproponiamoci di risolvere l’equazione:

e1R

cos θe−j 1R

sin θ = rejφ.

Si trova:

e1R

cos θ = r, − 1

Rsin θ = φ ⇒ cos θ = R ln r, − sin θ = Rφ

da cui:

R2 =1

ln2 r + φ2, tan θ = − φ

ln r

e segue che, aggiungendo a φ un multiplo arbitrario di 2π (con il che α non cambia),l’equazione

e1R

cos θe−j 1R

sin θ = rejφ

Page 132: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

131

ha infinite soluzioni. Il valore eccezionale che e1z non puo mai assumere e 0.

Un’ultima osservazione: se f(z) presenta una singolarita essenziale in z = z0, allora la

funzione reciproca1

fpresenta una singolarita non polare (poiche non esiste limz→z0

1

f)

che in casi particolari potrebbe essere ancora una singolarita essenziale.

Esempio

La funzione

f(z) = sin(

1

z

)

presenta in z = 0 una singolarita essenziale, mentre la funzione reciproca

1

sin(

1

z

)

presenta in z = 0 una singolarita non isolata.

Page 133: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

132

Lezione 29

Comportamento locale di funzioni analitiche in intorni di z = ∞.

Il caso z = ∞ presenta interesse in analisi complessa, dato che tale punto, come si egia visto, non si differenzia dagli altri punti di C. Come gia ripetutamente affermato,un intorno di z = ∞ e l’esterno di una circonferenza di centro l’origine e raggio R.

Per studiare una funzione analitica f in un intorno, si ricorre alla sostituzione z =1

w,

in modo da ricondurre lo studio di:

f(z) = f(

1

w

)= g(w)

in un intorno di z = ∞ allo studio di g in un intorno di w = 0. Diremo pertanto chef, in z = ∞:

a) e analitica (eventualmente dotata di uno zero di ordine N), se g e analitica inw = 0 (eventualmente dotata di uno zero di ordine N);

b) ha una singolarita isolata, se g in w = 0 ha una singolarita isolata, non isolata seg ha una singolarita non isolata in w = 0;

c) ha una diramazione, se g in w = 0 ha una diramazione;

d) ha un polo di ordine N , se g in w = 0 ha un polo di ordine N ;

e) ha una singolarita essenziale, se g ha in w = 0 una singolarita essenziale.

Esempi.

1) f(z) =1

z5 + 1ha in z = ∞ uno zero di ordine 5 perche g(w) =

w5

1 + w5ha in w = 0

uno zero di ordine 5. In generale, la funzione reciproca di un polinomio di grado Npresenta uno zero di ordine N in z = ∞.

2) f(z) = z3 + z + 2 ha in z = ∞ un polo di ordine 3 perche g(w) =2w3 + w + 1

w3ha

un polo di ordine 3 in w = 0. In generale, un polinomio di grado N presenta un polodi ordine N in z = ∞.

3) La funzione ez presenta una singolarita essenziale in z = ∞ perche e

1

w presentauna singolarita essenziale in z = 0.

Una osservazione semplice sull’analiticita di f in z = ∞ e la seguente: sia f analiticain z = ∞, allora f ′(z) presenta uno zero almeno di ordine 2 in z = ∞. Infatti:

g′(w)|w=0 =d

dw

[f

(1

w

)]∣∣∣∣∣w=0

= −f ′(

1

w

)1

w2

∣∣∣∣w=0

= −z2f ′(z)∣∣∣z=∞ .

Page 134: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

133

e affinche −z2f ′(z)|z=∞ si mantenga finita occorre che f ′(z), in un intorno di z = ∞,si comporti almeno come:

f ′(z) =a

z2+

b

z3+ ...

Se invece f e analitica in un intorno di z = ∞ ma non in z = ∞, condizione necessariae sufficiente affinche f sia analitica anche in z = ∞ e che f sia limitata in dettointorno.

Si noti che manca un risultato analogo in campo reale: ad esempio sin x e limitatain ogni intorno di z = +∞ o di z = −∞, ma limz→±∞ non esiste.

Sia ora z = ∞ polo di ordine N per f(z). Allora g(w) presenta un polo di ordineN in w = 0 e pertanto e dato lo sviluppo di Laurent di g con centro w = 0. Talesviluppo ha la forma seguente:

g(w) =+∞∑

n=−N

anwn

Ma g(w) = f(

1w

)= f(z) e allora si avra:

f(z) =+∞∑

n=−N

an

(1

z

)n

= a−NzN + a−N+1zN−1 + ... + a1z + a0 +

a1

z+

a2

z2+ ...

che puo essere considerato come lo sviluppo in serie di Laurent di f in un intorno diz = ∞; se r < |w| < R e la corona circolare di convergenza dello sviluppo di Laurent

di g(w), allora1

R< |z| < 1

re la corona circolare di convergenza di dello sviluppo di

f .

Sia invece z = ∞ zero di ordine N per f(z). Allora g(w) presenta uno zero di ordineN in w = 0 e pertanto e dato lo sviluppo di Taylor di g con centro w = 0. Talesviluppo ha la forma seguente:

g(w) =+∞∑

n=N

bnwn

e, come gia visto:

f(z) =+∞∑

n=N

bn

(1

z

)n

=bN

zN+

bN+1

zN+1+

bN+2

zN+2+ ....

che puo essere considerato come lo sviluppo in serie di Taylor di f con centro z = ∞;

se |w| < R e il cerchio di convergenza per lo sviluppo di Taylor di g, allora |z| > 1

Re

la regione di convergenza dello sviluppo di f .

Page 135: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

134

Lezione 30

Comportamento globale delle funzioni analitiche in base alle singolarita.

Le funzioni analitiche si classificano usualmente in base alle singolarita che esse pre-sentano. Ci chiediamo anzitutto se possono esistere funzioni non costanti prive disingolarita in C. La risposta e gia stata data dal Teorema di Liouville : ogni fun-zione analitica in C e limitata in intorni di z = ∞ e una costante. Dunque le unichefunzioni analitiche in C sono le costanti.

Prendiamo ora in esame le funzioni analitiche intere. Se non sono costanti, alloranecessariamente z = ∞ e una singolarita isolata uniforme, dunque o polo di ordineN o singolarita essenziale.

Sia z = ∞ un polo di ordine N: segue subito che f e un polinomio di grado N.

Infatti lo sviluppo di Taylor di f con centro z = 0 non puo che contenere N potenze

positive di z, affinche il corrispondente sviluppo in1

zsi arresti al termine N − esimo,

essendo z = ∞ un polo di ordine N .

Sia invece z = ∞ singolarita essenziale: allora f e una funzione il cui sviluppo inserie di Taylor con centro z = 0 deve avere un numero infinito di termini, affinche il

corrispondente sviluppo in1

zabbia un numero infinito di termini: pertanto lo sviluppo

di Laurent con centro z = ∞ conterra un numero infinito di termini con esponentinegativi. Tali funzioni si dicono trascendenti intere: ne sono esempi ez, sin z, cos z.

Il caso immediatamente successivo e quello delle funzioni che presentano singolaritaisolate uniformi al finito (cioe in C).

Vale il seguente teorema:

Sia f(z) una funzione analitica in C, eccetto che in un numero finito n di punti singolariisolati uniformi, ciascuno dei quali sia un polo di ordine finito. Allora f e una funzionerazionale, che in z = ∞ puo presentare un polo di ordine finito, o uno zero di ordinefinito.

Definizione di funzione meromorfa.

Si dice meromorfa ogni funzione analitica le cui uniche singolarita in C sono poli diordine finito, anche in numero infinito numerabile.

Nulla viene detto circa la natura di z = ∞ per le funzioni meromorfe.

Esempi 1) Ogni funzione razionale e meromorfa.

Page 136: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

135

2) Le funzioni tan z, tanh z,1

sin z,

1

cos zsono gli esempi piu comuni di funzioni mero-

morfe non razionali. Si noti che per ciascuna di esse z = ∞ e punto di accumulazionedi poli.

Cosı come una funzione razionale (funzione meromorfa con un numero finito di poli)e il rapporto di due polinomi (funzioni intere con un polo di ordine finito in z = ∞),risulta che una funzione meromorfa con un numero infinito numerabile di poli e sempreesprimibile come rapporto di due funzioni trascendenti intere (funzioni intere con unasingolarita essenziale in z = ∞). Ad esempio, si ha:

1

cos z=

2ejz

e2jz + 1

Sappiamo che un polinomio si puo fattorizzare come prodotto di binomi (z−zi)ni , ove

zi e uno zero di molteplicita ni. Analogamente sappiamo che una funzione razionale

si puo scomporre in fratti semplici del tipoai,j

(z − zi)mi, ove zi e un polo di ordine mi.

Due importanti teoremi estendono rispettivamente alle funzioni intere e alle fun-zioni meromorfe con una infinita numerabile di poli la fattorizzazione per i polinomie la scomposizione in fratti semplici per le funzioni razionali.

Il primo teorema e noto come teorema di Weierstrass ed ha l’enunciato seguente:

Teorema di Weierstrass.

Sia zii∈I una successione di punti aventi come unico punto di accumulazione z = ∞.Allora ogni funzione analitica intera f con zeri tutti e soli i punti zii∈I (piu uneventuale zero di ordine m nell’origine) si scrive sotto la forma generale:

f(z) = zmeg(z)∞∏

i=1

(1− z

zi

)e

zzi

+ 12

(zzi

)2

+...+ 1mi

(zzi

)mi

Come corollario del teorema di Weierstrass si deduce che ogni funzione meromorfa inC e il rapporto di due funzioni intere. Infatti, se F (z) e una funzione meromorfa inC, si puo costruire una funzione intera g(z) che abbia come zeri i poli di F (z). Maallora il prodotto F (z)g(z) e una funzione intera (perche i poli di F(z) sono cancellatidagli zeri di g(z) che coincidono con i poli di F (z)) che potremo chiamare f(z): segue

F (z) =f(z)

g(z).

Esempi.

1) La funzione sin πz, che ha zeri in ±n, ammette la seguente espressione:

sin πz = πz∞∏

i=1

(1− z2

n2

).

Page 137: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

136

2) La funzione cos πz, che ha zeri in ±(n− 1

2

)ammette la seguente espressione

cos πz =∞∏

i=1

(1− z2

(n− 12)2

).

3) La piu semplice funzione con zeri negli interi negativi e:

F (z) =∞∏

i=1

(1 +

z

n

)e−

zn

e dall’esempio 1) si ricava:

zF (z)F (−z) =sin πz

πz.

Inoltre F (z−1) ha gli stessi zeri di F (z) a cui si aggiunge uno zero semplice in z = 0.Si ha allora:

F (z − 1) = zeγ(z)F (z)

e si dimostra facilmente che γ(z) = γ ove γ = limn→∞(1 + 1

2+ 1

3+ ... + 1

n− ln n

)=

0, 57722... e la costante di Eulero-Mascheroni. Segue che la funzione:

H(z) = eγzF (z)

ha la proprieta:H(z − 1) = zH(z)

e segue la definizione della importante funzione Γ di Eulero:

Γ(z) =1

zH(z)

La funzione Γ di Eulero ha allora la seguente espressione:

Γ(z) =e−γz

z

∞∏

i=1

(1 +

z

n

)−1

ezn

ed e la piu semplice funzione meromorfa con poli semplici in z = 0,−1,−2,−3, ... esenza zeri (infatti H(z) ha solo zeri in -1,-2,-3,...).

Il secondo importante teorema riguarda la scomposizione delle funzioni meromorfe, enoto come teorema di Mittag-Leffler ed ha l’enunciato seguente:

Teorema di Mittag-Leffler.

Sia zii∈I una successione di punti aventi come unico punto di accumulazione z = ∞e per ciascun i = 1, 2, 3, ... siano aj,i , j = −ni,−ni + 1, ...,−2,−1 costanti non nulle.Siano pi(z) opportuni polinomi e sia g(z) una funzione intera. Allora la piu generalefunzione meromorfa con poli zii∈I si scrive sotto la forma:

F (z) =∑

i

−1∑

j=−ni

aj,i(z − z)j − pi(z)

+ g(z)

Page 138: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

137

Esempi.

1) La funzione:π2

sin2 πz

ha poli doppi in z = n, n = 0,±1± 2,. Segue subito:

π2

sin2 πz=

+∞∑

n=−∞

1

(z − n)2.

2) La funzione:π2

cos2 πz=

π2

sin2 π(z − 12)

ammette allora la seguente scomposizione:

π2

cos2 πz=

+∞∑

n=−∞

1(z − n− 1

2

)2 .

3) Poiche:

−πd

dzcot πz =

π2

sin2 πz

segue subito, per integrazione:

π cot πz =1

z+

+∞∑

n=1

(1

z + n+

1

z − n

)+ k

Si dimostra subito che k = 0 e segue:

π cot πz =1

z+

+∞∑

n=1

(1

z + n+

1

z − n

).

4) Partiamo dalla identita:

π cotπz

2− π cot πz =

π

sin πz

Sostituendo in questa identita i risultati precedenti, si ottiene:

π

sin πz=

1

z+

+∞∑

n=1

(−1)n(

1

z + n+

1

z − n

).

Page 139: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

138

Esercitazione 7

Esercizi su serie di Taylor.

1) Sviluppare in serie di Taylor la funzione:

f(z) = Ln(2− z)

con centro z = 0 e determinare il raggio di convergenza.

Il punto singolare piu vicino a z0 = 0 e z = 2, dunque il raggio di convergenza dellosviluppo e 2. Inoltre:

d

dzLn(2− z) = − 1

2− z;

d2

dz2Ln(2− z) = − 1

(2− z)2; ...

dn

dznLn(z − 2) = − (n− 1)!

(2− z)n

da cui:

Ln(2− z) = ln 2−∞∑

n=1

1

2nnzn.

Ad esempio, se z = 1 si ricava:

ln 2 =∞∑

n=1

1

2nn.

2) Sviluppare in serie di Taylor, con centro z0 = 0, la funzione:

f(z) = (2− z)(1− Ln(2− z)),

e trovarne il raggio di convergenza.

Il raggio di convergenza e pari alla distanza del punto z0 = 0 al punto singolare piuvicino, che e z = 2: dunque ρ = 2. Inoltre:

d

dz[(2− z)(1− Ln(2− z))] = −1 + Ln(2− z)− (2− z)

1

2− z(−1) = Ln(2− z)

e pertanto la serie di Taylor si ricava integrando termine a termine la serie di Taylorottenuta nell’esercizio precedente. Pertanto:

f(z) = (2− z)(1− Ln(2− z)) = z ln 2−∞∑

n=1

1

2nn(n + 1)zn+1 + c

Ora f(z) assume il valore 2− 2 ln 2 nel punto z0 = 0, da cui c = 2− 2 ln 2 e pertanto:

f(z) = (2− z)(1− Ln(2− z)) = 2− 2 ln 2 + z ln 2−∞∑

n=1

1

2nn(n + 1)zn+1.

Page 140: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

139

Ad esempio, se z =3

2, si ricava:

f(

3

2

)=

1

2

(1− ln

(1

2

))=

1

2+

ln 2

2

mentre la serie fornisce:

2− 2 ln 2 +3

2ln 2−

∞∑

n=1

1

2nn(n + 1)

(3

2

)n+1

e per confronto:

ln 2 =3

2−

∞∑

n=1

3n+1

22n+1n(n + 1).

3) Sviluppare in serie di Taylor con centro z0 = 0 la funzione:

f(z) =1

(1 + z)m

e trovarne il raggio di convergenza.

La distanza di z0 = 0 dal punto singolare piu vicino, che e z = −1, vale 1, dunqueρ = 1. Ora:

f(0) = 1, f ′(0) =

[d

dz

1

(1 + z)m

]

z=0

= −[

m

(1 + z)m+1

]

z=0

= −m, ....

f (n)(0) = (−1)nm(m + 1)(m + 2)...(m + n),

da cui:f (n)(0)

n!=

(−1)nm(m + 1)(m + 2)...(m + n− 1)

n!=

(−mn

)

Pertanto:1

(1 + z)m=

∞∑

n=0

(−mn

)zn

Se, qualunque sia α 6= 0 reale, si pone:(

αn

)=

α(α− 1)...(α− n + 1)

n!

si ha il seguente sviluppo di Taylor, valido in |z| < 1:

(1 + z)α = 1 + αz +α(α− 1)

2z2 + ... +

α(α− 1)...(α− n + 1)

n!zn + ... =

∞∑

n=0

(αn

)zn.

Lo sviluppo trovato si dice serie binomiale.

4) Sviluppare in serie di Taylor con centro z0 = 1 la funzione:

f(z) =2z2 + 9z + 5

z3 + z2 − 8z − 12

Page 141: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

140

e determinarne il raggio di convergenza.

Invece di usare la forma standard dello sviluppo di Taylor conviene scomporre lafrazione data in fratti semplici. Si vede subito, cercando fra i divisori di 12, che z = 3e una radice del denominatore; effettuando la divisione segue:

z3 + z2 − 8z − 12 = (z − 3)(z2 + 4z + 4) = (z − 3)(z + 2)2.

La scomposizione in fratti semplici risulta:

2z2 + 9z + 5

z3 + z2 − 8z − 12=

1

(z + 2)2+

2

z − 3.

Conviene allora sviluppare le frazioni in serie binomiale. Si ha:

1

(z + 2)2=

1

[3 + (z − 1)]2=

1

9

1[1 + 1

3(z − 1)

]2

2

z − 3=

2

2− (z − 1)=

1

1− 12(z − 1)

pertanto:

1

(z + 2)2=

1

9

∞∑

n=0

(−2n

) (z − 1

3

)n

=∞∑

n=0

(−1)(n + 1)

3n+2(z − 1)n

2

z − 3=

∞∑

n=0

(z − 1

2

)n

da cui infine:

f(z) =2z2 + 9z + 5

z3 + z2 − 8z − 12=

∞∑

n=0

(−1)(n + 1)

3n+2(z − 1)n −

∞∑

n=0

(z − 1

2

)n

.

Il raggio di convergenza della serie e la distanza di z0 = 1 dal punto singolare piuvicino, che e z = 3: dunque ρ = 2.

5) Sviluppare la funzione:

f(z) =1

c− bz

in serie di Taylor con centro z0, essendo c− bz0 6= 0 (b 6= 0) e determinarne il raggiodi convergenza.

Poiche z =c

be l’unico punto singolare isolato uniforme di f(z) (ed e polo di ordine

1), segue subito ρ =∣∣∣∣z0 − c

b

∣∣∣∣ . Si ha subito:

1

c− bz=

1

c− bz0 − b(z − z0)=

1

(c− bz0)

[1− b(z − z0)

c− bz0

]

Page 142: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

141

Si ottiene una serie geometrica convergente quando:∣∣∣∣∣b(z − z0)

c− bz0

∣∣∣∣∣ < 1

ovvero quando:

|z − z0| <∣∣∣∣z0 − c

b

∣∣∣∣ .

Si conclude:

f(z) =1

c− bz=

1

c− bz0

∞∑

n=0

[b(z − z0)

c− bz0

]n

=∞∑

n=0

bn

(c− bz0)n+1(z − z0)

n

Esercizi proposti.

1) Trovare lo sviluppo di Taylor di

f(z) = arctan z

con centro z0 = 0 e determinarne il relativo raggio di convergenza.

2) Sviluppare la funzione

f(z) =1

z3 − 3z2

con centro z0 = 1 e determinarne il relativo raggio di convergenza.

3) Dimostrare che ∀z ∈ C, vale la disequazione:

|ez| ≤ e|z|.

4) Sviluppare in serie di Taylor con centro z0 = 0 la funzione:

Ln(z + 1),

trovare il raggio di convergenza della serie e dimostrare che entro il cerchio di conver-genza:

|Ln(z + 1)| ≤ ln(1− |z|).

5) Sviluppare in serie di Taylor con centro z0 = 1 la funzione:

f(z) =1

z2 − 2tz + 1

essendo t un numero reale tale che |t| < 1 e determinarne il raggio di convergenza.

6) Sviluppare in serie di Taylor con centro z0 = 0 la funzione:

f(z) = arcsin z

Page 143: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

142

e determinarne il relativo raggio di convergenza.

7) Sviluppare in serie di Taylor con centro z0 = 1 la funzione:

f(z) =1

z3

e trovarne il relativo raggio di convergenza.

Page 144: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

143

Esercitazione 8

Esercizi su serie di Laurent.

1) Sviluppare in serie di Laurent con centro z0 = 0 la funzione:

f(z) =1

z(1− z − z2),

trovare i relativi raggi di convergenza e il residuo di f in z = 0.

Il centro dello sviluppo si trova nel polo di ordine 1 z = 0, mentre il polo piu vicinoa z = 0 e da ricercarsi tra le radici di:

z2 + z − 1 = 0.

Tali radici valgono:

z1 =

√5− 1

2, z2 = −

√5 + 1

2.

Pertanto la serie cercata converge in 0 < |z| <√

5− 1

2. Notiamo ora che:

1

z1

=

√5 + 1

2= −z2,

1

z2

=−√5 + 1

2= −z1

⇒ z1z2 = −1,1

z1

− 1

z2

=√

5,1

z1

+1

z2

= 1.

Vale dunque la seguente identita(che equivale ad una scomposizione in fratti semplici):

g(z) =z

1− z − z2=

z

(z − z1)(z − z2)=

Rg(z1)

z − z1

+Rg(z2)

z − z2

=1

z2 − z1

[1

z − z1

− 1

z − z2

]

=1

1

z1

− 1

z2

1

1− z

z1

− 1

1− z

z2

e pertanto, usando la serie geometrica per le due frazioni:

g(z) =∞∑

n=0

Fnzn

essendo i coefficienti Fn dati da:

Fn =

(1

z1

)n

−(

1

z2

)n

1

z1

− 1

z2

=(zn

2 − zn1 )z1z2

(z2 − z1)(z1z2)n= (−1)n−1(zn−1

2 − zn−32 + ...− zn−3

1 + zn−11 ).

Page 145: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

144

Sorprendentemente, i coefficienti Fn sono tutti numeri interi. Si ha:

F0 = 0, F1 = 1, F2 = 1, F3 = z22−1+ z2

1 =

(√5 + 1

2

)2

−1+

(√5− 1

2

)2

= 2, etc..

Non e difficile rendersi conto del fatto che Fn sia un numero intero. Infatti, da:

(1− z − z2)g(z) = z = g(z)− zg(z)− z2g(z)

si ottiene: ∞∑

n=0

Fnzn −

∞∑

n=0

Fnzn+1 −∞∑

n=0

Fnzn+2 = z

(cio implica F0 = 0, F1 = 1), identita che possiamo riscrivere come:

∞∑

n=0

Fn+2zn+2 −

∞∑

n=0

Fn+1zn+2 −

∞∑

n=0

Fnzn+2 = 0

ovvero:Fn+2 = Fn+1 + Fn, (n = 0, 1, 2, ...)

Visti i valori di F0 e F1, questa relazione ricorrente genera allora numeri interi positivi.I numeri cosı generati si dicono numeri di Fibonacci. La successione di Fibonacci haallora come elementi F0 = 0, F1 = 1, F2 = 1, F3 = 2, F4 = 3, F5 = 5, F6 = 8, .... Segueallora lo sviluppo cercato:

f(z) =1

z(1− z − z2)=

∞∑

n=0

Fnzn−2 =

1

z+ 1 + 2z + 3z2 + 5z3 + 8z4 + ....

Il residuo di f(z) in z = 0 vale 1.

2) Trovare lo sviluppo di Laurent con centro z0 = 1 della funzione:

f(z) =sin z

(z − 1)2

indicarne la corona circolare di convergenza e calcolare il residuo della funzione nelpunto z0 = 1.

Poiche z = 1, polo doppio, e l’unico punto singolare al finito della funzione, lo sviluppoe valido nella corona circolare 0 < |z− 1| < ∞. Per ottenerlo, basta allora svilupparein serie di Taylor con centro z0 = 1 la funzione sin z. Si trova:

sin z =∞∑

n=0

sin(n) z∣∣∣z=1

n!(z−1)n = sin 1+cos 1(z−1)− sin 1

2(z−1)2− cos 1

6(z−1)3 + ....

pertanto:

f(z) =sin 1

(z − 1)2+

cos 1

z − 1− sin 1

2− cos 1

6(z − 1) + ..

Segue subito che il residuo in z = 1 vale cos 1.

Page 146: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

145

3) Trovare lo sviluppo di Laurent con centro z0 = 0 della funzione:

f(z) = cot z =cos z

sin z

indicarne la corona circolare di convergenza e calcolare il residuo della funzione nelpunto z = 0.

Poiche il punto singolare piu vicino a z = 0 e z = π, lo sviluppo di Laurent convergein 0 < |z| < π. Per trovare lo sviluppo, conviene osservare che:

z cot z =cos zsin z

z

=1− z2

2!+

z4

4!− ...

1− z2

3!+

z4

5!− ....

= 1− z2

3− z4

45− 2z6

945− ...

Pertanto:

cot z =1

z− z

3− z3

45− 2z5

945− ...

e risulta:

Rcot z(0) = 1.

4) Trovare lo sviluppo di Laurent con centro z0 = 0 della funzione:

f(z) =1

z6(z − 2)

indicarne la corona circolare di convergenza e trovare il residuo di f in z = 0.

Si ha subito che lo sviluppo converge in 0 < |z| < 2. In tale corona circolare allora sipuo scrivere:

1

z − 2= − 1

2(1− z

2

) = −1

2

(1 +

z

2+

z2

4+

z3

6+ ...

)

e allora:

1

z6(z − 2)= −1

2

∞∑

n=0

(z

2

)n

= − 1

2z6− 1

4z5− 1

8z4− 1

16z3− 1

32z2− 1

64z− 1

128− z

256− ...

e pertanto risulta:

R 1z6(z−2)

(0) = − 1

64.

5) Trovare lo sviluppo di Laurent con centro z0 = 0 di

f(z) = e1z

e indicarne la corona circolare di validita.

Page 147: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

146

Siccome l’unico punto singolare isolato uniforme della funzione e proprio z = 0 segueche lo sviluppo sara convergente in 0 < |z| < ∞. Si trova subito:

f(z) = e1z = 1 +

1

z+

1

2!z2+

1

3!z3+ ... +

1

n!zn+ ...

Il residuo della funzione nel punto z = 0 e allora z = 1.

6) Noto lo sviluppo di Laurent con centro z0 = 0 della funzione e1z , determinare il

residuo della funzione:

f(z) = eze1z

nel punto z = 0.

Il residuo si calcola determinando il valore del coefficiente di 1z

dello sviluppo in seriedi Laurent della funzione con centro il punto indicato. Sappiamo che:

f(z) = eze1z

=

(1 + z +

z2

2!+

z3

3!+ ... +

zn

n!+ ...

) (1 +

1

z+

1

2!z2+

1

3!z3+ ... +

1

n!zn+ ...

).

Si tratta di isolare il coefficiente di 1z. Si vede subito che:

a−1 = Reze

1z(0) =

1

2!+

1

3!2!+

1

4!3!+ ... =

∞∑

n=0

1

n!(n + 1)!

Esercizi proposti.

1) Sviluppi di Laurent con centri z0 = 0, z0 = −1 e relative corone circolari di con-vergenza, della funzione:

f(z) =cos z

z(z + 1).

2) Sviluppo di Laurent con centro z0 = 0 e relativa corona circolare di convergenza,della funzione:

f(z) =coth z

z2.

3) Sviluppo di Laurent con centro z0 = 0 e relativa corona circolare di convergenza,della funzione:

f(z) =(z − 1)2 cos z

z.

4) Sviluppo di Laurent con centro z0 = 3 e relativa corona circolare di convergenza,della funzione:

f(z) =Ln(z − 1)

z − 3.

Page 148: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

147

5) Sviluppo di Laurent con centro z0 = 1 e relativa corona circolare di convergenza,della funzione:

f(z) =z

(z − 1)2(z + 2)3.

6) Sviluppo di Laurent con centro z0 = 0, relativa corona circolare di convergenza eresiduo in z = 0, della funzione:

f(z) =Ln(z − 2)

z2

.

7) Sviluppo di Laurent con centro z0 = 2, relativa corona circolare di convergenza eresiduo in z = 2, della funzione:

f(z) =tan z

z − 2.

Page 149: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

148

Lezione 31

Introduzione al concetto di distribuzione.

Le distribuzioni rappresentano una generalizzazione del concetto classico di funzione.Nel seguito considereremo funzioni complesse di una variabile reale t. Diremo fun-zionale integrale (associato a f e operante su ϕ) e indicheremo di solito con f [ϕ],l’integrale seguente: ∫ +∞

−∞f(t)ϕ(t)dt.

Dal punto di vista formale, questo integrale e, prefissata f , una corrispondenza chealla funzione ϕ associa uno specifico numero complesso f [ϕ] ∈ C (per indicare talenumero complesso si usa anche la notazione < f |ϕ >).

Se ϕ appartiene ad uno spazio vettoriale complesso X di funzioni, allora la cor-rispondenza:

f : ϕ ∈ X −→ f [ϕ] ∈ C

e un funzionale complesso (cioe una corrispondenza tra vettori e numeri complessi)lineare su X (infatti,

∀ϕ1, ϕ2 ∈ X,∀λ1, λ2 ∈ C, f [λ1ϕ1 + λ2ϕ2] = λ1f [ϕ1] + λ2f [ϕ2]).

Notiamo ora che possiamo considerare una funzione f sotto due punti di vista differ-enti:

f : t ∈ R −→ f(t)

f : ϕ ∈ X −→ f [ϕ]

La descrizione classica di una funzione si ottiene facendo variare t in R nella cor-rispondenza t −→ f(t): otterremo dunque una descrizione alternativa di f facendovariare ϕ in X nella corrispondenza ϕ −→ f [ϕ].

In questo contesto le funzioni ϕ ∈ X si dicono funzioni di prova, mentre la funzionef e la funzione da descrivere mediante le funzioni di prova. Anche le funzioni f dadescrivere mediante funzionali integrali verranno scelte in opportuni spazi vettorialicomplessi. La scelta dello spazio delle funzioni di prova influenza in modo determi-nante la scelta delle funzioni da descrivere: infatti, deve comunque sempre esisterel’integrale ∫ +∞

−∞f(t)ϕ(t)dt.

Vediamo ora quali sono le scelte che ci saranno utili.

Cominciamo con l’osservazione che, nel seguito, useremo spesso la funzione gradinounitario(o di Heaviside) u(t) definita da:

u(t) =

1 ∀t > 00 ∀t < 0

Page 150: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

149

Con questa funzione possiamo dare subito un esempio di confronto tra la descrizioneclassica e la descrizione tramite funzionali integrali.

Esempio di descrizione tramite funzionali integrali.

La descrizione classica di u(t) e rappresentata dalla definizione appena data. Ladescrizione tramite funzionali integrali avviene nel modo seguente, detta ϕ(t) unaopportuna funzione di prova:

u : ϕ(t) −→∫ ∞

−∞u(t)ϕ(t)dt =

∫ ∞

0ϕ(t)dt

Definizione di supporto.

Si dice supporto di una funzione il piu piccolo insieme chiuso al di fuori del quale lafunzione f e nulla. Il supporto di ϕ si indica con supp ϕ o anche con supp[ϕ].

Esempi.

1) La funzione:

f(t) =

1 t ∈]0, 1[0 t /∈]0, 1[

= u(t)− u(t− 1),

ha come supporto [0, 1].

2) La funzione:

f(t) =

1 + t t ∈]− 1, 0[1− t t ∈]0, 1[

= (1 + t)[u(t + 1)− u(t)] + (1− t)[u(t)− u(t− 1)],

ha come supporto [−1, 1].

Definizione di funzione a decrescita rapida.

Si dice a decrescita rapida ogni funzione f che soddisfa, quando |t| → ∞, a:

∃C > 0 : ∀n, |f(t)| < C

|t|n

Siamo ora in grado di indicare, tra tutte le scelte possibili, le due scelte che faremoper gli spazi vettoriali complessi delle funzioni di prova: lo spazio D delle funzioni diprova a supporto limitato e infinitamente derivabili in R e lo spazio S delle funzioniinfinitamente derivabili in R e a decrescita rapida.

Esempio di funzione infinitamente derivabile a supporto limitato.

La funzione:

ϕ(t) =

e

1t2−1 |t| < 1

0 |t| ≥ 1

Page 151: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

150

ha come supporto [−1, 1] ed e infinitamente derivabile in R (ivi compresi i punti -1,1):pertanto ∈ D.

Esempio di funzione a decrescita rapida.

La funzione f(t) = e−t2 appartiene a S.

La scelta di uno di questi spazi condiziona fortemente il tipo di funzioni che vengonodescritte tramite funzionali integrali. Vediamo cosa comporta per la natura di f lascelta di ϕ ∈ D.

Definizione di funzione localmente integrabile.

Si dice localmente integrabile ogni funzione f tale che:

∀a, b ∈ R, a, b finiti,∫ b

a|f(t)|dt < ∞.

L’insieme delle funzioni localmente integrabili e uno spazio vettoriale complesso chesi indica con L1

loc .

Poiche deve essere integrabile in R il prodotto fϕ, risulta che, se ϕ ∈ D, allora f ∈L1

loc (infatti, il supporto delle funzioni di prova ha misura finita, e∫ +∞−∞ f(t)ϕ(t)dt =∫

supp ϕ f(t)ϕ(t)dt).

Esempi di funzioni localmente integrabili.

1)

sin t, cos t, tn(n intero > 0), et, et2 ,[u(t− 2)− u(t− 1)]

t2

appartengono allo spazio L1loc.

2) Le funzioni1√t, ln |t|,

appartengono allo spazio L1loc (sono integrabili localmente anche in intervalli che con-

tengono t = 0).

3) Le funzioni:1

t,

1

tn(n intero > 0),

e−t

t

non appartengono allo spazio L1loc.

Dunque la scelta di D come spazio delle funzioni di prova implica che le funzioni dadescrivere con funzionali integrali siano tutte e sole le funzioni ∈ L1

loc.Vediamo invece cosa comporta la scelta di S sulle funzioni f . Si osserva che

∀ϕ ∈ S, ∀n intero positivo, tnϕ ∈ S.

Page 152: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

151

Dunque le funzioni che potranno essere descritte mediante funzionali integrali su Ssaranno funzioni che per |t| → ∞ crescono al piu come polinomi di grado finito n.

Definizione di funzione a crescita lenta. Si dice a crescita lenta ogni funzione fche soddisfi alla proprieta seguente:

f(t) = O|t|→∞(tn)

(O e il simbolo di Landau) che equivale a scrivere:

∃n, ∃T > 0, ∃M > 0 : ∀|t| > T, |f(t)| ≤ M |t|n.

L’insieme delle funzioni a crescita lenta e uno spazio vettoriale complesso che si indicacon O.

Esempi di funzioni a crescita lenta.

1) Le funzioni:

(1 + t2)4 sin t, e−t2 , u(t)− u(t− 1), cos t

sono funzioni a crescita lenta.

2) Le funzioni

tnejt,sin t

t, ln |t|

sono funzioni a crescita lenta.

3) Le funzioni:

e−t, et, e√|t|

non sono funzioni a crescita lenta.

Dunque se ϕ ∈ S, segue che f ∈ O. Useremo questo fatto quando tratteremo latrasformata di Fourier di distribuzioni.

Page 153: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

152

Lezione 32

Distribuzioni.

Un punto di partenza concreto per arrivare a definire il concetto di distribuzione edi provare a derivare la funzione gradino unitario u(t) nel suo unico punto di discon-tinuita t = 0. Nel senso classico del termine, si sa che la derivata di u(t) viene amancare proprio nel punto t = 0. Si puo tentare di aggirare la difficolta considerandosuccessioni di funzioni continue che abbiano come limite (puntuale) proprio u(t). Unapossibile successione con questa proprieta e quella che ha elementi un dati da:

un(t) =

0 t < − 1

2n

n(t +

1

2n

)− 1

2n≤ t ≤ 1

2n

1 t >1

2n

Si ha:∀t 6= 0, lim

n→∞un(t) = u(t)

Consideriamo ora le derivatedun

dt= gn(t) delle funzioni un, espresse da:

gn(t) = n[u

(t +

1

2n

)− u

(t− 1

2n

)].

La rappresentazione grafica di tali funzioni e costituita da rettangoli di altezza n e

base1

n(centrata in t = 0) di modo che l’area sottesa e sempre 1. In genere la funzione:

pT (t) =

0 t < − 1

2T

1 − 1

2T≤ t ≤ 1

2T

0 t >1

2T

si dice funzione porta di ampiezza T e pertanto segue anche che gn(t) = np1(nt).

Nello stesso modo in cui unn→∞ → u potremmo aspettarci che gn(t)n→∞ → du

dt.

Ora, all’aumentare di n, i rettangoli avranno basi sempre piu decrescenti e altezzesempre piu crescenti. Nella posizione limite, la base sarebbe nulla, l’altezza sarebbeinfinita, ma l’area (base per altezza) dovrebbe continuare a valere 1. Nessuna funzionepuo avere tali caratteristiche. Infatti, se indichiamo con δ(t) l’ipotetica funzionelimite, avremmo una funzione diversa da zero soltanto in t = 0 (che e un insieme dimisura nulla), ma tale che

∫∞−∞ δ(t)dt = 1 (area sottesa dalla posizione limite): questo

fatto e incompatibile con la definizione classica di integrale di Riemann. Se pero, alposto della successione gn(t) si considera la successione i cui elementi sono:

∫ ∞

−∞dun

dtϕ dt

Page 154: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

153

essendo ϕ una funzione di classe C1, si ottiene:

limn→∞

∫ ∞

−∞dun

dtϕ dt = lim

n→∞

∫ 12n

− 12n

nϕdt = limn→∞n.

1

nϕ(θn) = ϕ( lim

n→∞ θn) = ϕ(0)

ove θn ∈ [− 1

2n,

1

2n] e un opportuno valore da usarsi per l’applicazione del teorema

del valor medio per l’integrale. Se formalmente si definisce una corrispondenza δ nelseguente modo:

δ : ϕ → δ[ϕ] = ϕ(0),

si puo anche scrivere:

limn→∞

dun

dt[ϕ] = δ[ϕ] = ϕ(0).

Si vede dunque che, cercando il limite dei funzionali integrali associati adun

dt, si trova

un risultato corretto. Ora,dun

dte una funzione L1

loc e ϕ puo essere allora scelta in

D. Segue che, data una successione fn di elementi tutti ∈ L1loc, si puo ricercare il

limite della successione dei funzionali integrali fn[ϕ], ∀ϕ ∈ D. Si dimostra che talelimite esiste sempre.

Viene cosı giustificata la prima definizione di distribuzione (ne daremo altre due,tutte equivalenti tra loro).

I definizione di distribuzione.

Data una successione fn di elementi tutti ∈ L1loc, si dice distribuzione su D il limite:

∀ϕ ∈ D, limn→∞ fn[ϕ] = F [ϕ].

Useremo in seguito la scrittura (impropria) F (t) per indicare una distribuzione.t non e una variabile nel senso stretto del termine: e piuttosto la variabile di inte-grazione dei funzionali integrali associati agli elementi della successione. Tuttavia ecomoda la scrittura F (t) e anche la piu completa F (t)[ϕ(t)].

L’insieme di tutte le distribuzioni su D si indica con D′. Si potra allora scriverein modo compatto:

limn→∞D′

fn = F

e si dice che F e il limite ”nel senso delle distribuzioni” della successione fn.Ogni distribuzione F ∈ D′ e un funzionale lineare su D. Naturalmente F gode

di un’altra propriea importante, che vedremo in seguito. Se F fosse un funzionaleintegrale su D, si potrebbe ritornare alla descrizione classica delle funzioni: dunque,ogni funzione f ∈ L1

loc e una distribuzione, mentre, ovviamente, ci sono distribuzioniche non sono funzioni. Di qui la comodita della notazione F (t). L’esempio piusemplice e proprio fornito dal limite della successione dei funzionali integrali associati

adun

dt, limite che abbiamo indicato con δ: tale limite e un funzionale lineare, come si

verifica subito, ma non puo essere in alcun modo essere ricondotto ad un funzionaleintegrale. La definizione della distribuzione δ(t) e dunque, con la notazione introdotta:

δ(t) : ϕ → δ(t)[ϕ(t)] = ϕ(0)

Page 155: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

154

La distribuzione δ(t) si dice distribuzione di Dirac.Un altro modo (per ora solo formale) per indicare il limite precedente e quello di

scrivere:

limn→∞

dun

dt[ϕ] =

du

dt[ϕ]

con il che si verrebbe a stabilire che:

du

dt= δ(t).

La distribuzione δ di Dirac e dunque da intendersi come derivata ”nel senso delledistribuzioni” della u.

Definizione di supporto di una distribuzione.

Consideriamo tutti gli insiemi aperti della retta reale sui quali una distribuzione F enulla, cioe tale che, ∀ϕ ∈ D con supporto contenuto in uno di questi aperti, F [ϕ] = 0.Allora F e nulla sull’unione di tutti questi aperti. Il complemento di questa unione,che e il piu piccolo insieme chiuso al di fuori del quale F e nulla, si dice supporto delladistribuzione F .

Esempio

Il supporto della distribuzione δ e t = 0. Infatti, ∀ϕ il cui supporto non contienet = 0, si ha δ[ϕ] = 0, e questo vale su ogni aperto della retta reale che non contengat = 0 e che contenga un supporto di una funzione di prova.

Questo risultato permette allora una rappresentazione grafica della distribuzione δ diDirac, che pero non ha nulla a che vedere con un grafico. La δ viene rappresentata conuna freccia di lunghezza unitaria, spiccata a partire da t = 0 e diretta verso l’alto.Siccome sappiamo anche eseguire il prodotto di una distribuzione per un numero,quando occorre rappresentare aδ, a ∈ R, si disegna una freccia di lunghezza |a| apartire da t = 0 e diretta verso l’alto o verso il basso a seconda che a > 0 o a < 0.

La distribuzione δ si puo ottenere come limite di infinite successioni di funzionali.Vale infatti il seguente teorema.

Sia f ∈ L1loc tale che: ∫ ∞

−∞f(t)dt = 1

allora la successione:

fn(t) = nf(nt)

e tale che:

limn→∞ fn(t)[ϕ] = δ[ϕ]

Esempi.

Page 156: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

155

1) la funzione:

f(t) =1

π

1

1 + t2

e tale che: ∫ ∞

−∞1

π

1

1 + t2dt = 1

e allora la successione:

fn(t) =n

π

1

1 + n2t2

tende a δ.

2) La funzione:

f(t) =sin t

πt

e tale che: ∫ ∞

−∞sin t

πtdt = 1

e allora la successione:

fn(t) =sin nt

πt

tende a δ. Questo risultato e vero quando al numero intero n si sostituisce un numeroreale Ω. Risulta infatti:

limΩ→∞D′

sin Ωt

πt= δ(t)

3) La funzione:

f(t) =1√π

e−t2

e tale che: ∫ ∞

−∞1√π

e−t2dt = 1

e allora la successione:

fn(t) =

√n

πe−nt2

tende a δ (si noti la sostituzione di n con√

n, possibile perche t e elevata al quadrato).

Page 157: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

156

Lezione 33

Operazioni sulle distribuzioni.

L’insieme D′ diventa uno spazio vettoriale complesso definendo la distribuzioneλ1F1 + λ2F2 nel modo seguente:

∀ϕ ∈ D, (λ1F1 + λ2F2) [ϕ] = λ1F1[ϕ] + λ2F2[ϕ].

Questa struttura ci permette allora di dire che lo spazio vettoriale L1loc e un sottospazio

vettoriale di D′ (le funzioni sono distribuzioni, ma ci sono distribuzioni che non sonofunzioni, come δ).

Lo spazio vettoriale delle funzioni di prova deve poter ammettere una definizione dilimite di successioni. Su D il limite ϕ di una successione ϕn di elementi di D sidefinisce nel modo seguente:

limn→∞ϕn = ϕ

se e solo se i supporti di ogni ϕn sono contenuti in uno stesso insieme di misura finitae se e solo se ∀m, ϕ(m)

n −→ ϕ(m) uniformemente.

Diremo che un funzionale lineare F su D′ e continuo su D se e solo se, data unasuccessione ϕn di elementi ϕn ∈ D che tendono al limite ϕ ∈ D si ha:

limn→∞F [ϕn] = F

[lim

n→∞ϕn

]= F [ϕ].

II definizione di distribuzione.

Si dice distribuzione ogni funzionale lineare e continuo su D.

Si dimostra che ogni limite di successioni e lineare e continuo: dunque la prima e laseconda definizione sono equivalenti.

In particolare, il funzionale integrale associato ad ogni funzione f ∈ L1loc e lineare

e continuo. Viene confermato dunque che ogni funzione localmente sommabile edistribuzione, ma non viceversa.

Definiremo adesso ulteriori operazioni lineari sulle distribuzioni, utilizzando il fattoche, se F (t) fosse in particolare una funzione, allora il funzionale che la descrive e∫R F (t)ϕdt, con tutte le proprieta tipiche dell’integrale (

∫R =

∫ +∞−∞ ). Ogni operazione

definita nel seguito potra dunque essere verificata esplicitamente sugli integrali. In-oltre, se

∀ϕ ∈ D, A(t)[ϕ(t)] = B(t)[ϕ(t)]

scriveremo semplicemente

A(t) = B(t).

Page 158: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

157

1 - Traslazione.

Data una distribuzione F (t) ∈ D′ e un numero reale t0, la distribuzione traslataF (t− t0) e la distribuzione definita da:

∀ϕ ∈ D, F (t− t0)[ϕ(t)] = F (t)[ϕ(t + t0)].

Verifica per funzioni.

Se F (t) e funzione, allora:∫

RF (t− t0)ϕ(t)dt =

RF (t)ϕ(t + t0)dt

(si effettua il cambio di variabile t′ = t− t0 e si tiene conto del fatto che ogni variabiledi integrazione e muta, vale a dire che si puo rinominare ad arbitrio).

Applicazione a δ.

La distribuzione traslata δ(t− t0) opera su ϕ nel modo seguente:

∀ϕ ∈ D, δ(t− t0)[ϕ(t)] = δ(t)[ϕ(t + t0)] = ϕ(t0)

Il supporto risulta allora il punto t0 e la rappresentazione grafica di δ(t− t0) consistedi una freccia unitaria rivolta verso l’alto e spiccata da t = t0. Considerazioni similiper aδ(t− t0), ∈ R.

Periodicita.

Se:∀ϕ ∈ D, ∃T > 0 ∈ R : F (t− T )[ϕ(t)] = F (t)[ϕ(t + T )]

allora F si dice distribuzione periodica di periodo T .

2 - Cambiamento di scala.

Sia F ∈ D′, a ∈ R, a 6= 0. La distribuzione F (at) e allora la distribuzione definitada:

∀ϕ ∈ D, F (at)[ϕ(t)] =1

|a|F (t)[ϕ

(t

a

)].

Verifica per funzioni. Se F e funzione, allora:

RF (at)ϕ(t)dt =

1

|a|∫

RF (t)

(t

a

)]dt

(si effettua il cambio di variabile t′ = ta

e si tiene conto del fatto che, quando a > 0 ilimiti non cambiano, mentre quando a < 0 i limiti si scambiano).

Distribuzioni pari.

Page 159: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

158

Si dice pari ogni distribuzione F tale che:

∀ϕ ∈ D, F (−t)[ϕ(t)] = F (t)[ϕ(−t)] = F (t)[ϕ(t)]

Si dice dispari ogni distribuzione F tale che:

∀ϕ ∈ D, F (−t)[ϕ(t)] = F (t)[ϕ(−t)] = −F (t)[ϕ(t)]

(si e usata la definizione nel caso a = −1.)

Applicazione a δ.

∀ϕ ∈ D, δ(−t)[ϕ(t)] = δ(t)[ϕ(−t)] = ϕ(0) = δ(t)[ϕ(t)];

δ e una distribuzione pari .

3 - Moltiplicazione di una distribuzione per una funzione di classe C∞(R).

In generale, non esiste il prodotto di due distribuzioni ∈ D′ (ad esempio, 1√t∈ L1

loc,

ma 1√t

1√t

= 1t

/∈ L1loc). Se pero, data una distribuzione F ∈ D′ si considera una

funzione Ψ di classe C∞(R), si puo definire il prodotto Ψ · F come la distribuzioneche opera nel modo seguente:

∀ϕ ∈ D, Ψ(t) · F (t)[ϕ(t)] = F (t)[Ψ(t)ϕ(t)]

Verifica per funzioni

Immediata, vista la definizione di funzionale integrale:∫

R(Ψ(t)F (t))ϕ(t)dt =

RF (t)(Ψ(t)ϕ(t))dt.

Applicazione a δ.

Se F = δ si ha subito:

∀ϕ ∈ D, Ψ(t) · δ(t)[ϕ(t)] = δ(t)[Ψ(t)ϕ(t)] = Ψ(0)ϕ(0) = Ψ(0)δ(t)[ϕ(t)]

Si puo allora scrivere l’identita:

Ψ(t) · F (t) = Ψ(0)F (t).

Ad esempio:

t · δ(t) = 0, et · δ(t) = δ(t), (A cos t + B sin t) · δ(t) = Aδ(t),

t · δ(t− t0) = t0δ(t− t0), (t2 − t− 1) · δ(t + 2) = 5δ(t + 2), etc.

4 - Derivazione.

Page 160: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

159

Sia F (t) ∈ D′. La distribuzione derivata di F, indicata con F ′(t), e la distribuzionedefinita da:

∀ϕ ∈ D, F ′(t)[ϕ(t)] = −F (t)[ϕ′(t)].

Siccome ϕ(t) e infinitamente derivabile, segue anche:

∀n, ∀ϕ ∈ D, F (n)(t)[ϕ(t)] = (−1)nF (t)[ϕ(n)(t)].

Una distribuzione e dunque infinitamente derivabile. Per la derivata si puo anche

usare la notazionedF (t)

dt,

d(n)F (t)

dt. La derivata definita in questo modo si dice derivata

nel senso delle distribuzioni o anche derivata funzionale.

Verifica per funzioni.

La formula data equivale all’applicazione del teorema di integrazione per parti. In-fatti:

RF ′(t)ϕ(t)dt = [F (t)ϕ(t)]+∞−∞ −

RF (t)ϕ′(t)dt = −

RF (t)ϕ′(t)dt

poiche ϕ(±∞) = 0, essendo ϕ(t) a supporto limitato.

Applicazione a u(t).

∀ϕ ∈ D,du

dt= −u(t)[ϕ′(t)] = −

∫ ∞

0ϕ′(t)dt = ϕ(0) = δ(t)[ϕ(t)]

e, piu semplicemente:du(t)

dt= δ(t).

All’ordine m:u(m)(t) = δ(m−1)(t), m ≥ 1

Derivata di funzioni discontinue.

Sia f una funzione dotata di una discontinuita di prima specie in t = 0 (i risultati siapplicano a qualunque altra discontinuita, purche di prima specie). Sia:

σ = f(0+)− f(0−)

Allora f(t) si puo scrivere come:

f(t) = fc(t) + u(t)σ

ove fc e la funzione continua che si ottiene da f sottraendo σ dalle ordinate di fquando t > 0. Allora:

df(t)

dt= σδ(t) +

dfc(t)

dt,

dovedfc

dte la derivata in senso classico, in tutti i punti in cui esiste. Ad esempio:

d

dt[u(t) cos t] =

d

dt[u(t)[cos t− 1] + u(t)] = δ − u(t) sin t.

Page 161: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

160

Lezione 34

Distribuzioni fondamentali.

Tramite l’operazione di derivazione si puo definire una distribuzione altrettantoimportante della distribuzione δ di Dirac.

Distribuzione pseudofunzione1

t.

Partiamo dal fatto che ln|t| e una funzione localmente sommabile: dunque

ln|t|[ϕ(t)] ∈ D′.

Poiche | ln |t| ha una singolarita in t = 0 il funzionale integrale associato a ln|t| e unvalor principale:

ln |t|[ϕ(t)] = v.p.∫ ∞

−∞ln |t|ϕ(t)dt = lim

ε→0

[∫ −ε

−∞ln |t|ϕ(t)dt +

∫ ∞

εln |t|ϕ(t)dt

]

Deriviamo nel senso delle distribuzioni. La definizione di (ln |t|)′ fornisce:

(ln |t|)′[ϕ(t)] = − ln |t|[ϕ′(t)] = −v.p.∫ ∞

−∞ln |t|ϕ′(t)dt

= − limε→0

[∫ −ε

−∞ln |t|ϕ′(t)dt +

∫ ∞

εln |t|ϕ′(t)dt

]

= limε→0

−[ln |t|ϕ(t)]−ε

−∞ − [ln |t|ϕ(t)]∞ε

+ limε→0

[∫ −ε

−∞ϕ(t)

tdt +

∫ ∞

ε

ϕ(t)

tdt

]

= limε→0

− ln(ε)ϕ(−ε) + ln(ε)ϕ(ε)+ v.p.∫ ∞

−∞ϕ(t)

tdt

= v.p.∫ ∞

−∞ϕ(t)

tdt

Si dice pseudofunzione1

t, e si indica con p.f.

1

t, la distribuzione definita da:

∀ϕ ∈ D, p.f.1

t: ϕ −→ v.p.

∫ ∞

−∞ϕ(t)

tdt

Si ha subito che:

t · p.f.1

t= 1.

Infatti:

∀ϕ ∈ D, t · p.f.1

t[ϕ(t)] = v.p.

∫ ∞

−∞tϕ(t)

tdt =

∫ ∞

−∞ϕ(t)dt = 1[ϕ(t)].

Derivate del prodotto di una funzione Ψ ∈ C∞(R) per una distribuzioneF ∈ D′.

Page 162: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

161

Vale il seguente risultato:

(Ψ · F )′ = Ψ′ · F + Ψ · F ′.

Infatti:

∀ϕ ∈ D, (Ψ · F )′[ϕ] = −Ψ · F [ϕ′] = −F · [Ψϕ′] = −F [(Ψϕ)′ −Ψ′ϕ]

= F [Ψ′ϕ]− F [(Ψϕ)′] = Ψ′ · F [ϕ] + F ′[Ψϕ] = Ψ′ · F [ϕ] + Ψ · F ′[ϕ]

Segue, ∀m:

(Ψ · F )(m) =m∑

k=0

(mk

)Ψ(m−k) · F (k).

Applicazione a δ.

Derivando una volta il prodotto Ψ · δ = Ψ(0)δ si ha:

d

dt(Ψ · δ) = Ψ(0)δ′ = Ψ′ · δ + Ψ · δ′ = Ψ′(0)δ + Ψ · δ′

da cui segue:Ψ · δ′ = Ψ(0)δ′ −Ψ′(0)δ

Se si deriva ancora una volta si ha:

(Ψ · δ′)′ = Ψ(0)δ′′ −Ψ′(0)δ′ = Ψ′ · δ′ + Ψ · δ′′ = Ψ′(0)δ′ −Ψ′′(0)δ + Ψ · δ′′

da cui, isolando Ψ · δ′′, si ha:

Ψ · δ′′ = Ψ(0)δ′′ − 2Ψ′(0)δ′ + Ψ′′(0)δ.

All’ordine m:

(Ψ · δ)(m) =m∑

k=0

(−1)k

(mk

)Ψ(m−k)(0) · δ(k).

Ad esempio:t · δ(m) = −mδ(m−1).

Una ulteriore proprieta di δ e la seguente: data f , derivabile in R e dotata di n zerisemplici t1, t2, .., tn, allora:

δ(f(t)) =n∑

k=1

δ(t− tk)

|f ′(tk)| .

Ad esempio:

δ(t2 − 1) =1

2[δ(t− 1) + δ(t + 1)].

Definizione del treno di impulsi.

Sia T > 0: la distribuzione:

sT (t) =∞∑

−∞δ(t− nT ),

Page 163: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

162

si dice treno di impulsi (o anche pettine di Dirac) di ampiezza T .

Come applicazione delle proprieta della distribuzione δ si ha:

Ψ · sT (t) =∞∑

−∞Ψ(nT )δ(t− nT )

e si ottiene il campionamento della funzione Ψ: i valori Ψ(nT ) si dicono campioni diΨ ad intervalli di ampiezza T (che si dice intervallo di campionamento) e 1

Tsi dice

frequenza di campionamento.

Struttura di D′.

Vale il seguente teorema.

Sia F ∈ D′: allora esiste una funzione continua g(t) ∈ L1loc ed esiste un intero n tali

che, almeno su di un prefissato intervallo limitato I si abbia:

F = g(n).

La funzione continua e definita a meno di un polinomio arbitrario di grado n− 1.

Esempio 1.

La funzione tu(t) e continua e allora:

d2

dt2[tu(t)] =

d

dtu(t) = δ(t).

Esempio 2.

La funzione t ln |t| − t e continua e:

d2

dt2(t ln |t| − t) =

d

dtln |t| = p.f.

1

t.

La terza definizione di distribuzione puo infine essere formulata nel modo seguente.

III definizione di distribuzione.

Si dice distribuzione ogni derivata ad un opportuno ordine di una funzione continua∈ L1

loc.

Segue un teorema piuttosto importante che sara in seguito usato per risolvereequazioni alle distribuzioni.

Distribuzioni con supporto in t = 0. Sia F ∈ D′ una distribuzione con supportonel punto t = 0: allora F ha la forma:

F = α0δ + α1δ′ + α2δ

′′ + ... + αmδ(m) =m∑

k=0

αkδ(k).

Page 164: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

163

essendo α0, α1 α2δ, .., αm ∈ C.

Equazioni alle distribuzioni.

Data una funzione Ψ ∈ C∞(R) e una distribuzione F ∈ D′ si presenta talvolta ilproblema di risolvere rispetto ad una distribuzione incognita X l’equazione:

Ψ(t) ·X(t) = F (t).

Una tale equazione e lineare e non omogenea. Pertanto la sua soluzione generale hala forma:

X(t) = X0(t) + W (t)

ove X0 e una soluzione particolare dell’equazione completa e W (t) e la soluzionegenerale dell’omogenea associata:

Ψ(t) ·W (t) = 0.

Il caso piu semplice e rappresentato da Ψ(t) = t. Risolviamo anzitutto l’equazioneomogenea: t · X(t) = 0. Questa equazione equivale a dire che il supporto delladistribuzione X(t) e il punto t = 0. Allora si applica il teorema precedente e siconclude che:

X(t) =m∑

k=0

αkδ(k).

Pero X(t) deve soddisfare alla equazione t ·X = 0 e allora:

t · (α0δ(t) + α1δ′(t) + ... + αmδ(m)(t)

= −α1δ(t)− 2α2δ′(t)− ..− nαnδ

(n−1)(t) = 0

e l’equazione e soddisfatta se e solo se α1 = α2 = ... = αn = 0. Conosciamo inoltre

una soluzione particolare della equazione : si tratta della distribuzione p.f.1

t. Segue

allora che la soluzione generale di t ·X(t) = 1 e:

X(t) = p.f.1

t+ aδ(t).

Il risultato si puo generalizzare nel modo seguente: data l’equazione:

Ψ(t) ·X(t) = 0

ove Ψ ∈ C∞(R) ammette una infinita numerabile di zeri isolati semplici t1, t2, .... eX(t) e incognita, allora la soluzione e:

X(t) =∞∑

k=1

akδ(t− tk).

Esempio.

Risolvere l’equazione: (ejω0t − 1

)·X(t) = 0.

Gli zeri di ejω0t − 1 sono tn =2nπ

ω0

= nT, (T =2π

ω0

) e allora:

X(t) =∞∑

n=−∞anδ(t− nT ).

Page 165: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

164

Lezione 35

Prodotto di convoluzione di funzioni.

Siano f, g due funzioni ∈ L1loc. Si dice prodotto di convoluzione delle funzioni f e g e

si indica con f ∗ g, la funzione h(t), quando esiste, definita da:

h(t) = f(t) ∗ g(t) = (f ∗ g)(t) =∫

Rf(τ)g(t− τ)dτ.

Il prodotto di convoluzione e lineare a destra e a sinistra e commutativo. Infatti:

∀λ1, λ2 ∈ C, (λ1f1 + λ2f2) ∗ g =∫

R(λ1f1 + λ2f2)(τ)g(t− τ)dτ

= λ1

Rf1(τ)g(t− τ)dτ + λ2

Rf2(τ)g(t− τ)dτ = λ1(f1 ∗ g)(t) + λ2(f2 ∗ g)(t),

f ∗ (λ1g1 + λ2g2) =∫

Rf(τ)(λ1g1 + λ2g2)(t− τ)dτ

= λ1

Rf(t)g1(t− τ)dτ + λ2

Rf(t)g2(t− τ)dτ = λ1(f ∗ g1)(t) + λ2(f ∗ g2)(t).

(f∗g)(t) =∫

Rf(τ)g(t−τ))dτ = −

∫ −∞

+∞f(t−θ)g(θ)dθ =

Rf(θ)g(t−θ))dθ = (g∗f)(t)

L’integrale di convoluzione si puo interpretare come il risultato di una serie dioperazioni geometriche qui di seguito elencate:

1) riflessione di g(τ) attorno all’asse delle ordinate, allo scopo di ottenere g(−τ);2) traslazione di g(−τ) di ammontare pari a −t, onde ottenere g(t− τ);3) moltiplicazione per f(τ);4) calcolo dell’area di f(τ)g(t− τ) intersecata dall’asse τ .

Un caso interessante e fornito da:

f() ∗ 1

kp1

(t

k

)=

Rf(τ)p1

(t− τ

k

)dτ =

1

k

∫ t+ k2

t− k2

f(τ)dτ,

pertanto il prodotto di convoluzione risulta essere il valor medio della funzione f(t)

nell’intervallo

[t− k

2, t +

k

2

]. Quando k → 0,

1

kp1

(t

k

)(che sottende area unitaria)

tende a δ(t) e si conclude (con questo passaggio al limite nel senso delle distribuzioni)che f ∗ δ = f , ovvero che δ rappresenta l’unita del prodotto di convoluzione.

Funzioni unilatere.

Si dice funzione unilatera (destra) ogni funzione f(t) nulla per t < 0. Si dice funzioneunilatera (sinistra) ogni funzione f(t) nulla per t > 0. La funzione u(t) e unilateradestra, la funzione u(−t) e unilatera sinistra. Ogni funzione unilatera destra si puo

Page 166: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

165

scrivere sotto la forma u(t)g(t), ove g(t) non e necessariamente nulla per t < 0, mentreogni funzione unilatera sinistra si scrive sotto la forma u(−t)g(t).

Prodotto di convoluzione di funzioni unilatere destre.

Consideriamo due funzioni unilatere destre u(t)f(t), u(t)g(t) con f, g ∈ L1loc, non

necessariamente nulle per t < 0. Allora:

u(t)f(t) ∗ u(t)g(t) =∫

Ru(τ)f(τ)u(t− τ)g(t− τ)dτ =

∫ ∞

0f(t)u(t− τ)g(t− τ)dτ,

ove si e usato il fatto che ∀τ < 0, u(τ) = 0. Avendo limitato l’integrazione a τ > 0,u(t− τ) risulta diverso da 0 solo nel caso t > 0, τ < t: pertanto:

u(t)f(t) ∗ u(t)g(t) = u(t)∫ t

0f(τ)g(t− τ)dτ.

Esempio.

Calcolare u(t) sin t ∗ u(t) sin t.

Si ha subito:

u(t) sin t ∗ u(t) sin t = u(t)∫ t

0sin τ sin(t− τ)dτ

= u(t) sin t∫ t

0sin τ cos τdτ − u(t) cos t

∫ t

0sin2 τdτ

= u(t)sin3 t

2− u(t)

t

2cos t + u(t) cos t

sin 2t

4=

u(t)

2(sin t− t cos t).

Derivata di un prodotto di convoluzione.

La derivata di un prodotto di convoluzione e pari alla derivata di uno dei due fattorimoltiplicata, secondo la convoluzione, per il fattore rimanente. Infatti:

Se ∃f ′ ⇒ d

dt(f ∗ g) = f ′ ∗ g

Se ∃g′ ⇒ d

dt(f ∗ g) = f ∗ g′

Se ∃f ′, g′ ⇒ d

dt(f ∗ g) = f ′ ∗ g = f ∗ g′

Ad esempio, se ∃g′,d

dt(f ∗ g) =

d

dt

Rf(τ)g(t− τ))dτ =

Rf(τ)

d

dtg(t− τ))dτ = f ∗ g′,

e in modo simile per le altre espressioni.

Page 167: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

166

Segue anche che, detto p(D) un polinomio di grado n a coefficienti costanti

nell’operatore D =d

dt, allora si deduce (nel caso in cui le derivate f (k), g(k), n = 1, .., k

esistono):p(D)(f ∗ g) = (p(D)f) ∗ g = f ∗ (p(D)g).

Sia ora f infinitamente derivabile, allora il prodotto di convoluzione f ∗ g risulta in-finitamente derivabile: per la derivabilita infinita basta pertanto quella di uno deidue fattori. Questa proprieta viene correntemente usata per effettuare lo smooth-ing(lisciatura) di funzioni dotate di discontinuita. Basta infatti effettuare il prodottodi convoluzione per una opportuna funzione infinitamente derivabile per ottenere unafunzione priva di discontinuita e infinitamente derivabile.

Esempio.

Consideriamo il prodotto di convoluzione di u(t) con la funzione infinitamente

derivabilesin Ωt

πt(entro l’integrale poniamo Ω(t− τ) = θ):

uΩ(t) = u(t) ∗ sin Ωt

πt=

1

π

∫ ∞

0

sin Ω(t− τ)

t− τdτ =

∫ Ωt

−∞sin θ

θ.

Detta Si(t) la funzione integralseno definita da:

Si(t) =∫ t

0

sin θ

θdθ,

si ricava subito:

uΩ(t) =1

2+

1

πSi(Ωt).

L’andamento di uΩ e quello di una funzione indefinitamente derivabile che segue invalor medio l’andamento di u(t), con oscillazioni sopra e sotto i valori 0 e 1 assunti

dalla funzione a gradino. Infatti Si′(t) =sin t

te pertanto i punti di massimo sono in

(2k + 1)π mentre i punti di minimo sono in 2kπ. Ad esempio Si(π) ∼ 0.59π, mentreSi(2π) ∼ 0.455π . Pertanto uΩ, quando t > 0, compie oscillazioni attorno alla rettay = 1 e le oscillazioni si smorzano man mano che t →∞.

Associativita del prodotto di convoluzione.

In generale, il prodotto di convoluzione non e associativo. Se pero, date tre funzionif, g, h localmente sommabili esistono f ∗ g, (f ∗ g) ∗ h, g ∗ h, f ∗ (g ∗ h), allora, in talcaso:

f ∗ (g ∗ h) = (f ∗ g) ∗ h = f ∗ g ∗ h.

Infatti, sotto le ipotesi indicate:

(f ∗ g) ∗ h =∫

R

[∫

Rf(τ)g(θ − τ)dτ

]h(t− θ)dθ =

Rf(τ)dτ

Rg(θ − τ)h(t− θ)dθ

=∫

Rf(τ)dτ

Rg(u)h((t− τ)− u)du =

Rf(τ)(g ∗ h)(t− τ)dτ = f ∗ (g ∗ h).

Page 168: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

167

Integrale del prodotto di convoluzione.

Come applicazione, siano f, g integrabili (secondo l’integrazione impropria) sull’interoasse reale, cioe tali che:

Rf(t)dt < ∞,

Rg(t)dt < ∞.

Supponiamo esista f ∗ g: calcoliamo allora l’integrale di f ∗ g. Si ha:

f ∗ 1 =∫

Rf(t)dt, g ∗ 1 =

Rg(t)dt,

(f ∗ g) ∗ 1 =∫

R(f ∗ g)(t)dt, f ∗ (g ∗ 1) =

Rf(t)dt

Rg(t)dt

⇒∫

R(f ∗ g)(t)dt =

Rf(t)dt

Rg(t)dt

Supporto di un prodotto di convoluzione.

Abbiamo il seguente risultato: se f ∗ g esiste e se si definisce:

supp f + supp g = τ + θ, τ ∈ supp f, θ ∈ supp g

allora:supp f ∗ g ⊆ supp f + supp g.

Infatti, per la definizione di supporto:

supp f ∗ g = t|(f ∗ g)(t) 6= 0 = t|∃τ : f(τ) 6= 0, g(t− τ) 6= 0

= τ + θ|f(τ) 6= 0, g(θ 6= 0 = τ + θ, τ ∈ supp f, θ ∈ supp g = supp f + supp g.

Si ha la seguente conseguenza: se f = 0 per t < a e g < 0 per t < b, allora f ∗ g = 0per t < a + b. Infatti:

supp f + supp g = τ + θ|τ ≥ a, θ ≥ b = t|t ≥ a + b.

Page 169: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

168

Lezione 36

Prodotto di convoluzione di distribuzioni.

Per arrivare alla definizione del prodotto di convoluzione di distribuzioni, occorredeterminare il funzionale integrale associato al prodotto f ∗g. Sia pertanto f ∗g ∈ L1

loc

e ϕ ∈ D; allora

(f ∗ g)[ϕ] =∫

R(f ∗ g)(t)ϕ(t)dt =

Rϕdt

Rf(τ)g(t− τ)dτdt

=∫ ∫

R2f(τ)g(t− τ)ϕ(t)dτdt,

da cui, ponendo θ = t− τ , si ricava:

(f ∗ g)[ϕ] =∫ ∫

R2f(τ)g(θ)ϕ(θ + τ)dτdθ =

Rf(τ)dτ

Rg(θ)ϕ(τ + θ)dθ

Ora, essendo: ∫

Rg(θ)ϕ(τ + θ)dθ = g(θ)[ϕ(τ + θ)]

ancora una funzione di prova in τ , segue che:

∀t = θ + τ, (f ∗ g)(t)[ϕ(t)] = f(τ) [g(θ)[ϕ(τ + θ)]] .

Si generalizza questo risultato al caso delle distribuzioni e si ottiene la seguentedefinizione del prodotto di convoluzione per distribuzioni.

Definizione di convoluzione tra distribuzioni

Siano F, G ∈ D′: il prodotto di convoluzione (F ∗G)(t) e la distribuzione definita da:

∀ϕ ∈ D, ∀t = θ + τ, (F ∗G)(t)[ϕ(t)] = F (τ) [G(θ)[ϕ(τ + θ)]] .

La definizione non assicura l’effettiva esistenza del prodotto di convoluzione. Infatti,anche se ϕ(t) e a supporto limitato in R, la funzione ϕ(τ + θ) non e a supportolimitato in R2. Infatti, indicati con a e b, a < b, gli estremi del supporto di ϕ, risultaϕ 6= 0, ∀a < τ + θ < b e pertanto il supporto di ϕ(τ + θ) risulta essere in R2 unaintera striscia racchiusa dalle rette τ + θ = a e τ + θ = b.

Si dimostra al proposito il seguente teorema.

Siano F,G ∈ D′ e siano supp F, supp G i loro supporti. Poiche il supporto diF ∗ G e il prodotto cartesiano supp F × supp G Allora il prodotto di convoluzioneesiste se, qualunque sia la striscia supp ϕ(τ + θ), l’insieme:

∀ϕ ∈ D, supp F × supp G ∩ supp ϕ(τ + θ)

ha misura finita.

Page 170: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

169

Ad esempio, il prodotto di convoluzione di due distribuzioni a supporto limitatoesiste sempre. Esiste dunque anche il prodotto di convoluzione di una distribuzione asupporto limitato con una a supporto non limitato. Esiste infine sempre il prodottodi convoluzione di due distribuzioni a supporto [a,∞] o a supporto [−∞, b].

Proprieta.

1) Siano F, G ∈ D′ tali che ∃F ∗G. Allora:

F ∗G = g ∗ F.

2) Siano F, G ∈ D′ tali che ∃F ∗G. Segue:

supp F ∗G ⊆ supp F + supp G

(in particolare, se F, G ∈ D′ hanno supporto contenuto in R+, allora F ∗G ha supportocontenuto in R+).

3) Siano F, G, H ∈ D′ tali che ∃F ∗G,G ∗H,F ∗ (G ∗H), (F ∗G) ∗H; allora:

F ∗ (G ∗H) = (F ∗G) ∗H = F ∗G ∗H.

Applicazioni a δ.

1) Sia F ∈ D′ e G = δ. Allora:

F ∗ δ = δ ∗ F = F

cioe δ e l’unita del prodotto di convoluzione. Infatti:

∀ϕ ∈ D,∀t = θ+τ, (F ∗δ)(t)[ϕ(t)] = F (τ) [δ(θ)[ϕ(τ + θ)]] = F (τ)[ϕ(τ)] = F (t)[ϕ(t)].

2) Sia F ∈ D′ e G = δ(t− t0). Allora:

F (t) ∗ δ(t− t0) = F (t− t0).

Infatti:

∀ϕ ∈ D,∀t = θ + τ, F (t) ∗ δ(t− t0)[ϕ(t)] = F (τ) [δ(θ − t0)[ϕ(τ + θ)]]

= F (τ)[ϕ(τ + t0)] = F (t− t0)[ϕ(t)]

Per traslare una distribuzione (e dunque anche una funzione) di t0, basta farne laconvoluzione con δ traslata di t0.

3) Siano F, G ∈ D′ tali che ∃F ∗G. Allora:

(F ∗G)(t− t0) = F (t− t0) ∗G(t) = F (t) ∗G(t− t0).

Page 171: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

170

Infatti e possibile usare la associativita, ottenendo:

(F ∗G)(t− t0) = (F ∗G)∗δ(t− t0) = F (t)∗ (G(t)∗δ(t− t0)) = (F (t)∗δ(t− t0))∗G(t).

Per traslare un prodotto di convoluzione, basta allora traslare soltanto uno dei duefattori.

4) Sia F ∈ D′ , allora:F (m) = F ∗ δ(m)

Infatti:

∀ϕ ∈ D,∀t = θ + τ, (F ∗ δ(m))(t)[ϕ(t)] = F (τ)[δ(m)(θ)[ϕ(τ + θ)]

]

= F (τ)[(−1)mϕ(m)(τ)] = F (m)(t)[ϕ(t)].

Per derivare una distribuzione m volte basta farne il prodotto di convoluzione con laderivata m− esima di δ.

Esempio di un prodotto di convoluzione non associativo.

Sia F = 1, G = δ′, H = u; segue:

(1 ∗ δ′) ∗ u = 0, 1 ∗ (δ′ ∗ u) = 1 ∗ δ = 1.

L’associativita non e verificata perche non esiste 1 ∗ u.

Reciproca di una distribuzione rispetto alla convoluzione.

Sia F ∈ D′: si dice reciproca di F rispetto alla convoluzione la distribuzione G (seesiste) tale che:

F ∗G = δ.

Applicazione alle equazioni differenziali.

Una equazione differenziale di ordine n a coefficienti costanti, scritta sotto la forma:

n∑

k=0

aky(k)(t) = s(t)

si puo scrivere sotto la forma equivalente:

(n∑

k=0

akδ(k)

)∗ y(t) = s(t).

Sotto questa forma, compare la distribuzione:

P (δ) =n∑

k=0

akδ(k)

Page 172: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

171

che e un polinomio formale in δ e nelle sue derivate fino all’ordine n. Se fosse pos-sibile determinare la distribuzione reciproca di P (δ), allora sarebbe facile trovare unintegrale particolare dell’equazione data. Infatti, da:

P (δ)(t) ∗G(t) = δ(t)

segue subito, visto che l’associativita e soddisfatta:

G(t) ∗ (P (δ(t)) ∗ y(t)) = (G(t) ∗ P (δ(t))) ∗ y(t) = y(t)

da cui segue la soluzione cercata:

y(t) = G(t) ∗ s(t).

In questo contesto, G(t) si dice distribuzione di Green della equazione differenzialedata.

Si noti che:P (δ(t)) ∗G(t) = δ(t)

e la stessa equazione di partenza, con s(t) sostituita da δ(t). Questa osservazione cipermette di determinare G(t).Infatti, essendo supp δ il punto t = 0, sia per t > 0 cheper t < 0 l’equazione per G coincide con l’omogenea associata:

n∑

k=0

akw(k)(t) = 0.

Allora G(t) puo essere messa sotto la forma:

G(t) = u(t)n∑

h=1

λkwh,

ove w1, w2, .., wn sono n soluzioni linearmente indipendenti della omogenea associata.Sostituendo nella equazione cui soddisfa G si ottiene allora un sistema di n equazioninelle n costanti incognite λ1, λ2, .., λk che ammette una ed una sola soluzione.

Esempio.

Sia data l’equazione, con s(t) = u(t)r(t) unilatera:

y′′ + ω2y = s(t).

In questo caso:

G′′ + ω2G = δ, w1 = cos ωt, w2 = sin ωt, G(t) = u(t)(λ1 cos ωt + λ2 sin ωt),

da cui λ1 = 0, λ2 = 1ω

e:

G(t) =u(t)

ωsin ωt ⇒ y(t) = u(t)

∫ t

0r(τ) sin ω(t− τ)dτ.

Page 173: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

172

Esercitazione 9

Esercizi su distribuzioni.

1) Verificare che le seguenti corrispondenze sono lineari:

a)

f : D −→ C : ϕ −→ f [ϕ] =∫

Rf(t)ϕ(t)dt

ove f ∈ L1loc;

b)δ : D −→ C : ϕ −→ δ[ϕ] = ϕ(0);

c)δ′ : D −→ C : ϕ −→ δ′[ϕ] = −ϕ′(0).

Soluzione.

Per provare a) si deve verificare che:

∀λ1, λ2 ∈ C, ∀ϕ1, ϕ2 ∈ D, f [λ1ϕ1 + λ2ϕ2] = λ1f [ϕ1] + λ2f [ϕ2]

Essendo data la definizione di f , si ricava subito:

∀λ1, λ2 ∈ C, ∀ϕ1, ϕ2 ∈ D,∫

R[λ1ϕ1 + λ2ϕ2]dt = λ1

Rϕ1dt + λ2

Rϕ2dt

Per provare b) si utilizza la definizione della distribuzione δ:

∀λ1, λ2 ∈ C, ∀ϕ1, ϕ2 ∈ D, δ[λ1ϕ1 + λ2ϕ2] = λ1ϕ1(0) + λ2ϕ2(0) = λ1δ[ϕ1] + λ2δ[ϕ2]

Per provare c) si usa la definizione di δ′:

∀λ1, λ2 ∈ C, ∀ϕ1, ϕ2 ∈ D, δ′[λ1ϕ1 +λ2ϕ2] = −λ1ϕ′1(0)−λ2ϕ

′2(0) = λ1δ

′[ϕ1]+λ2δ′[ϕ2]

2) Si consideri la successione di funzioni definite da:

wn(t) =

n ∀ t : 0 ≤ t ≤ 1

n

0 ∀ t < 0,∀ t >1

n

Dire qual’e il limite puntuale per n →∞ della successione wn e calcolare:

limn→∞D′

wn.

Soluzione.

Page 174: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

173

La successione data converge puntualmente se:

∀t ∈ R, limm,n→∞ |wm − wn| = 0.

La disequazione e certo verificata per t ≤ 0. Sia ora t0 > 0. Sia N ≥ 1

t0. Allora

∀m > N ≥ 1

t0e ∀n > N ≥ 1

t0risulta

1

m< t0,

1

n< t0: dunque per definizione

wm(t0) = wn(t0) = 0 e allora si e trovato un N tale che ∀m,n > N ,|wm − wn| = 0.Pertanto la successione wn converge puntualmente. Si ha inoltre:

limn→∞wn = 0

ove il limite e il limite puntuale. Per t < 0 il risultato e ovvio. Per t > 0, basta

prendere N ≥ 1

t, n ≥ N ≥ 1

n. Segue che ∀n > N, t >

1

ne pertanto si ha limn→∞ wn =

0.Per calcolare limn→∞D′ wn osserviamo che:

limn→∞

Rwn(t)ϕ(t)dt = lim

n→∞n∫ n

0ϕ(t)dt = lim n · 1

nϕ(θn) = ϕ(0), 0 < θn <

1

n.

3) Indicare la funzione f ∈ L1loc descritta da:

∀ϕ ∈ D, ϕ →∫ b

aϕ(t)dt

Soluzione.

Si tratta della funzione caratteristica dell’intervallo [a, b], che puo essere messa sottola forma:

f(t) = χ(t) = u(t− b)− u(t− a).

4) Sia data la successione:

ln(t) =

C(n)(1− n|t|) ∀ t : − 1

n≤ t ≤ 1

n

0 ∀ t < 0,∀ |t| > 1n

Determinare C(n) in modo che:

limn→∞D′

ln = δ(t)

e calcolare allora:

limn→∞D′

l′n.

Soluzione.

Page 175: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

174

Il grafico della funzione (1 − n|t|) e costituto da un triangolo di base2

ne di altezza

1: l’area e1

n. Se la successione deve tendere a δ, l’area sottesa da ciascun elemento

della successione deve essere 1 e pertanto C(n) = n.La successione delle derivate prime e:

l′n(t) =

0 t < − 1

n

n2 − 1

n≤ t ≤ 0

−n2 0 < t ≤ 1

t

0 t >1

n

Allora, tenendo conto che ϕ(−∞) = ϕ(+∞) = 0:

limn→∞D′

l′n = limn→∞

∫ +∞

−∞l′n(t)ϕ(t)dt

= − limn→∞

∫ +∞

−∞ln(t)ϕ′(t)dt = −ϕ′(0) = δ′(t)[ϕ(t)].

5) Esprimere:u(t)f ′(t), u(t)f ′′(t)

ove f ∈ C∞(R) mediante la funzione unilatera fu(t) = u(t)f(t) e le sue derivate.

Soluzione

Per quanto riguarda la prima formula, osserviamo che:

d

dt[u(t)f(t)] = (fu)

′ = u(t)f ′(t) + f(t)u′(t) = u(t)f ′(t) + f(0)δ

da cui:u(t)f ′(t) = (fu(t))

′ − f(0)δ.

La seconda formula si ottiene, derivando la derivata ottenuta:

(fu(t))′′ = (u(t)f ′(t) + f(0)δ(t))′ = f ′(t)δ(t) + u(t)f ′′(t) + f(0)δ′(t)

= f ′(0)δ(t) + u(t)f ′′(t) + f(0)δ′(t)

da cui:u(t)f ′′(t) = (fu(t))

′′ − f(0)δ′(t)− f ′(0)δ(t).

6) Trovare la derivata prima della funzione:

f(t) = sgn(t3 − t).

Soluzione.

Page 176: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

175

Si ha:

sgn(t3 − t) =

−1 ∀t : t < −1+1 ∀t : −1 < t < 0−1 ∀t : 0 < t < 1+1 ∀t : t > 1

Pertanto:d

dt(sgn(t3 − t)) = 2δ(t + 1)− 2δ(t) + 2δ(t− 1).

7) Derivare fino all’ordine 4 la funzione:

|t3 − t|.

Soluzione. Si ha:d

dt|(t3 − t)| = d

dt[(t3 − t)(sgn(t3 − t))]

= (3t2− 1)(sgn(t3− t))+ (t3− t)[2δ(t+1)− 2δ(t)+2δ(t− 1)] = (3t2− 1)(sgn(t3− t))

d2

dt2|(t3 − t)| = 6t(sgn(t3 − t)) + (3t2 − 1)[2δ(t + 1)− 2δ(t) + 2δ(t− 1)]

= 6t(sgn(t3 − t)) + 4δ(t + 1) + 2δ(t) + 4δ(t− 1)

d3

dt3|(t3 − t)| = d

dt[6t(sgn(t3 − t)) + 4δ(t + 1) + 2δ(t) + 4δ(t− 1)]

= 6sgn(t3 − t)− 12δ(t + 1) + 12δ(t− 1) + 4δ′(t + 1) + 2δ′(t) + 4δ′(t− 1)]

d4

dt4|(t4 − t)| =

= 12δ(t+1)−12δ(t)+12δ(t−1)−12δ′(t+1)+12δ′(t−1)+4δ′′(t+1)+2δ′′(t)+4δ′′(t−1)].

Page 177: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

176

Esercitazione 10

Esercizi sul prodotto di convoluzione.

1) Calcolare il seguente prodotto di convoluzione:

u(t)eat ∗ u(t) sin(bt), a ∈ R, b ∈ R, a2 + b2 6= 0.

Soluzione.

Si trova subito:

u(t)eat ∗ u(t) sin(bt) = u(t)∫ t

0eaτ sin[b(t− τ)]dτ

= u(t)[∫ t

0eaτ sin(bt) cos(bτ)dτ −

∫ t

0eaτ cos(bt) sin(bτ)dτ

]

= u(t)[sin(bt)

∫ t

0eaτ cos(bτ)dτ − cos(bt)

∫ t

0eaτ sin(bτ)dτ

].

Ora: ∫eat sin(bt)dt =

eat

a2 + b2[a sin(bt)− b cos(bt)]

∫eat cos(bt)dt =

eat

a2 + b2[a cos(bt) + b sin(bt)]

e pertanto:

u(t)eat ∗ u(t) sin(bt) = u(t) sin(bt)

[eat

a2 + b2

(a cos(bt) + b sin(bt)− a

a2 + b2

)]

−u(t) cos(bt)

[eat

a2 + b2

(a sin(bt)− b cos(bt) +

a

a2 + b2

)]

=u(t)

a2 + b2[beat − a sin(bt)− b cos(bt)].

2) Data la funzione:

pT (t) = u(t +

T

2

)− u

(t− T

2

)

verificare che: ∫

R(pT ∗ pT )(t)dt =

RpT (t)dt

RpT (t)dt.

Soluzione.

Si trova subito che:

(pT ∗ pT )(t) = [u(t + T )− u(t)](t + T ) + [u(t)− u(t− T )](T − t).

Page 178: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

177

Pertanto:∫

R(pT ∗ pT )(t)dt =

R[u(t + T )− u(t)](t + T ) + [u(t)− u(t− T )](T − t) dt

=∫ 0

−Ttdt +

∫ 0

−Tdt +

∫ T

0Tdt−

∫ T

0tdt = T 2

mentre: ∫

RpT (t)dt = T,

e segue il risultato.

3) Calcolare il seguente prodotto di convoluzione:

u(t− 2) ∗ tu(t).

Soluzione.

Si trova subito:

u(t− 2) ∗ tu(t) = u(t)∫ t

0u(τ − 2)(t− τ)dτ =

u(t− 2)(t− 2)2

2

L’integrale puo anche essere calcolato nel seguente modo:

tu(t) ∗ u(t− 2) = u(t)∫ t

0τu(t− 2− τ)dτ =

u(t− 2)(t− 2)2

2.

Lo stesso risultato puo essere trovato osservando che il prodotto di convoluzione dacalcolare e ottenuto traslando di 2 la funzione u(t): basta pertanto calcolare:

tu(t) ∗ u(t) = u(t)∫ t

0τdτ =

u(t)t2

2.

Se si trasla uno dei due termini di 2, il prodotto risulta allora traslato di 2.

4) Calcolare il seguente prodotto di convoluzione:

[u(t)− u(t− 2)] ∗ tu(t).

Soluzione.

Si ha subito:

[u(t)− u(t− 2)] ∗ tu(t) =u(t)t2

2− u(t− 2)(t− 2)2

2.

5) Calcolare il seguente prodotto di convoluzione:

1

T1

[u(t)− u(t− T1)] ∗∞∑

−∞αne

jnω0t.

Page 179: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

178

Soluzione.

1

T1

[u(t)− u(t− T1)] ∗∞∑

−∞αnejnω0t =

R

1

T1

[u(τ)− u(τ − T1)] ∗∞∑

−∞αnejnω0(t−τ)

=∞∑

−∞αn

ejnω0t

T1

∫ T1

0e−jnω0τdτ

= α0 +∑

n 6=0

αnejnω0t

T1

1

−jnω0

[e−jnω0T1 − 1]

= α0 +∑

n 6=0

αnejnω0t

T1

2

nω0

e−jnω0T12

ejnω0

T12 − e−jnω0

T12

2j

= α0 +∑

n 6=0

2αne−jnω0T12

nω0T1

sin(nω0

T1

2

)ejnω0t.

6) Verificare che:d

dt(u ∗ f) = f.

Soluzione.

Si ha subito:d

dt(u ∗ f) =

(d

dtu ∗ f

)= δ ∗ f = f.

7) Sia f funzione a supporto limitato. Provare che:

d2

dt2[|t| ∗ f(t)] = 2f(t).

Soluzione.

La condizione che f abbia supporto limitato assicura l’esistenza del prodotto diconvoluzione. Pertanto:

d2

dt2[|t| ∗ f(t)] =

(d2

dt2|t| ∗ f(t)

)= 2δ(t) ∗ f(t) = 2f(t).

8) Risolvere la seguente equazione differenziale:

y′′ + 2y′ − 3y = u(t)e−t.

Soluzione.

Page 180: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

179

L’equazione caratteristica e s2 + 2s − 3 = 0 con soluzioni s1 = 1, s2 = −3 e lesoluzioni linearmente indipendenti della omogenea associata sono w1 = et, w2 = e−3t.Si tratta di trovare la distribuzione di Green G(t) dell’equazione. Poiche:

G′′ + 2G′ − 3G = δ

si puo porre:

G(t) = u(t)(aet + be−3t).

Si trova:

G′(t) = (a + b)δ + u(t)(aet − 3be−3t)

G′′(t) = (a + b)δ′ + (a− 3b)δ + u(t)(aet + 9be−3t)

Si ricava subito: a + b = 03a− b = 1

a =1

4, b = −1

4.

La distribuzione di Green e:

G(t) =u(t)

4(et − e−3t).

La soluzione particolare dell’equazione completa si ottiene calcolando:

y(t) = u(t)e−t ∗ u(t)

4(et − e−3t).

Si trova subito:

u(t)e−t ∗ u(t)

4(et − e−3t) =

u(t)

4

∫ t

0(e−τ (et−τ − e−3(t−τ))dτ =

u(t)

8(et + 3e−3t − 2e−t).

Esercizi proposti.

1) Usando la proprieta di traslazione, calcolare:

tu(t) ∗ tu(t− 4).

2) Calcolare il prodotto di convoluzione:

p1 ∗ u(t) sin t.

3) Calcolare il prodotto di convoluzione:

[u(t)− u(t− 1

2

](4t− 1)

∗ u(t) cos t.

Page 181: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

180

4) Calcolare il prodotto di convoluzione:

[u(t)− u(t− 1)]t + [u(t− 1)− u(t− 2)](2− t) ∗ u(t) cos t

5) Calcolare il prodotto di convoluzione:

δ′′′ ∗ | sin t|

6) Calcolare il prodotto di convoluzione:

[u(t)− δ′(t− 1)] ∗ u(t)e−t.

7) Calcolare il prodotto di convoluzione:

u(t)(ejt + e−3jt) ∗ (δ(t− 1) + δ′(t− 4)).

Page 182: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

181

Lezione 37

Trasformata di Fourier di funzioni.

Sia f : R −→ C una funzione della variabile reale t. La corrispondenza:

F : f −→ F (ω) =∫

Rf(t)e−jωtdt

si dice trasformazione di Fourier. Quando esiste, la funzione F (ω) si dice trasformatadi Fourier di f . Si scrive anche:

F (ω) = F [f(t)].

Si dice anche che, quando esiste, F (ω) e l’integrale di Fourier di f(t), per mettere inevidenza che, come vedremo, la trasformata di Fourier molte volte non esiste comefunzione perche generalmente sara una distribuzione.

Abbiamo subito una condizione sufficiente (ma non necessaria) affinche una fun-zione ammetta trasformata di Fourier che sia una funzione.

Definizione dello spazio di funzioni L1.

Una funzione complessa della variabile reale t si dice sommabile se e solo se:∫

R|f |dt < ∞.

Le funzioni sommabili costituiscono uno spazio vettoriale complesso che viene indicatocon L1. Ovviamente L1 ⊂ L1

loc.

Esempi di funzioni ∈ L1

e−t2 , e−|t|,1

1 + t2, u(t), [u(t + 1)− u(t− 1)]ln|t|, [u(t + 1)− u(t− 1)]

1√t.

Condizione sufficiente per l’esistenza di F (ω).

Sia f ∈ L1 e continua: allora esiste F (ω) continua, limitata e tale che limω→∞ F (ω) =0.

Infatti:

|F (ω)| =∣∣∣∣∫

Rf(t)e−jωtdt

∣∣∣∣ ≤∫

R|f(t)|dt < ∞.

La continuita rispetto a ω proviene dalla continuita di e−jωt rispetto a ω, mentrel’annullarsi del limite proviene dalla continuita di f .

Non e difficile trovare funzioni f /∈ L1 per le quali esiste l’integrale di Fourier.

Si puo collegare la trasformata di Fourier alla serie di Fourier tramite il seguenteargomento euristico.

Page 183: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

182

Sia f(t) ∈ L1 continua: consideriamo il suo sviluppo di Fourier nell’intervallo[−T

2,T

2

], scritto sotto la forma complessa:

f(t) =∞∑

−∞anejnω0t, |t| < T

2,

ove:

ω0 =2π

T, an =

1

T

Rf(t)e−jnω0tdt.

La serie di Fourier e una funzione periodica di periodo T che coincide con f(t)

nell’intervallo [−T

2,T

2], mentre al di fuori dell’intervallo [−T

2,T

2] non ha piu a che

vedere con la funzione, essendo f(t) in genere non periodica.Allora, se si aumenta T , e evidente che la serie coincidera in parti sempre maggiori

della retta reale con la funzione f(t). Al limite per T −→ ∞, serie e funzionecoincideranno dappertutto. Si tratta di vedere come si modificano le formule quandoT −→ ∞. Innanzi tutto osserviamo che nω0 e una variabile discreta, i cui valoriconsecutivi differiscono di ω0. Pertanto l’intervallo tra due valori consecutivi diventatanto minore quanto maggiore diventa T . Al limite per T −→ ∞, la variabile nω0

diventa una variabile continua ω e l’intervallo tra i valori consecutivi diventa unaintervallo infinitesimo dω: possiamo cioe affermare che:

T −→∞⇒ nω0 −→ ω, ω0 −→ ω

Con questa osservazione risulta allora che:

T −→∞⇒ Tan →∫

Rf(t)e−jωtdt = F (ω).

Scriviamo ora la serie sotto la forma:

f(t) =1

Tω0

∞∑

−∞Tanejnω0tω0 =

1

∞∑

−∞(Tan)ejnω0tω0

Con la stessa argomentazione euristica di prima concludiamo:

T −→∞⇒ 1

∞∑

−∞(Tan)ejnω0t −→ f(t) =

1

RF (ω)ejωtdω,

poiche la somma sulla variabile discreta nω0 diventa l’integrale sulla variabile continuaω. La trasformata di Fourier puo allora essere assimilata all’analogo continuo deicoefficienti di una serie di Fourier in un intervallo di ampiezza finita. L’espressioneottenuta per f(t) ci permette allora di considerare il concetto di antitrasformazione.

Antitrasformazione di Fourier.

Sia F (ω) una funzione complessa della variabile reale ω. Si dice antitrasformazionedi Fourier la corrispondenza:

F−1 : F (ω) −→ f(t) =1

RF (ω)ejωtdω.

Page 184: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

183

Si scrive F−1[F [(ω)] = f(t) e si dice che f e la antitrasformata di Fourier di F (ω).Per la definizione si ha:

F−1[F [f(t)]] = f(t), F [F−1[F (ω)]] = F (ω),

ovvero:F−1 F = 1 = F F−1.

Tramite l’antitrasformata di Fourier e di fatto possibile generare due trasformate dauna sola funzione, come risulta dal seguente teorema.

Teorema di simmetria.

Sia f(t) tale che esista come funzione F (ω) = F [f(t)], cioe:

F : f(t) −→ F (ω)

Allora:F : F (t) −→ 2πf(−ω)

cioe la funzione F (t) ha come trasformata di Fourier la funzione 2πf(−ω). Bastainfatti, nella definizione di integrale di Fourier, cambiare la variabile muta t in −ω(questo implica lo scambio dei limiti, ma anche un cambio di segno del differenziale)e poi, per evitare ambiguita, cambiare la variabile ω in t. Si puo dunque scrivere:

F (ω) =∫

Rf(t)e−jωt

⇒ F (t) =∫

Rf(−ω)e−jt(−ω)dω =

1

R2πf(−ω)ejωtdω = F−1[2πf(−ω)].

Esempi di calcolo di trasformate e di applicazione del teorema di simme-tria.

1) Calcolare:F [pT (t)]

e trovare la trasformata disin Ωt

πtusando il teorema di simmetria.

Si ha subito:

F [pT (t)] =∫

RpT (t)e−jωtdt =

∫ T2

−T2

e−jωtdt

=

T ω = 0

sin(

ωT2

)

ω2

ω 6= 0

perche, quando ω 6= 0, la primitiva di e−jωt risulta − 1

jωe−jωt da cui:

− 1

[e−jωt

]T2

−T2

= −e−

jωT2 − e

jωT2

=

2

ωsin

(ωT

2

).

Page 185: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

184

Poiche:

limω→0

2

ωsin

(ωT

2

)= T

ricaviamo che:

∀ω, F [pT (t)] =sin

(ωT

2

)

ω

2

.

Osserviamo adesso che:

sin(

tT

2

)

t

2

/∈ L1.

Tuttavia e possibile calcolare la sua trasformata di Fourier mediante il teorema disimmetria. Infatti:

F

sin(

tT

2

)

t

2

= 2πpT (−ω) = 2πpT (ω).

PonendoT

2= Ω e dividendo per 2π entrambi i membri della equazione precedente,

si ricava:

F[sin Ωt

πt

]= p2Ω(ω).

Con il calcolo appena effettuato possiamo ottenere un risultato importante. Ricor-diamo che:

limΩ→∞D′

sin Ωt

πt= δ(t).

Passando al limite sotto il segno di trasformata si ha:

limΩ→∞D′

F[sin Ωt

πt

]= F

[lim

Ω→∞D′sin Ωt

πt

]= F [δ(t)] = lim

Ω→∞D′p2Ω(ω) = 1(ω).

Si conclude dunque che la trasformata di Fourier della distribuzione δ vale la funzionecostante 1(ω):

F [δ(t)] = 1(ω).

Se si applica formalmente il teorema di simmetria si conclude altresı che (essendo δuna distribuzione pari):

F [1] = 2πδ(ω).

Quest’ultima espressione si puo scrivere sotto la forma (scorretta):

δ(ω) =1

Re−jωtdt

che diventa, cambiando t in ω e ω in t:

δ(t) =1

−Rejωtdω.

Page 186: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

185

Storicamente questa espressione fu una delle prime definizioni di δ: si tratta pero diuna scrittura inconsistente dal punto di vista matematico.

2) Calcolare:

F (ω) = F [e−α|t|], α > 0, F[1

π

α

α2 + ω2

]

Poiche e−α|t| = u(t)e−αt + u(−t)eαt, si trova:

Re−α|t|e−jωt =

∫ ∞

0e−(α+jω)tdt +

∫ 0

−∞e(α−jω)tdt

=1

−(α + jω)

[e−(α+jω)t

]∞0

+1

(α− jω)

[e(α−jω)t

]0

−∞ =1

α + jω+

1

α− jω=

α2 + ω2.

Usando il teorema di simmetria si deduce allora che:

F[1

π

α

α2 + t2

]= e−α|ω|.

Page 187: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

186

Lezione 38

Proprieta della trasformata di Fourier di funzioni.

Le proprieta della trasformazione di Fourier sono importanti soprattutto per ilcalcolo effettivo delle trasformate, che dunque non andranno mai calcolate usandola definizione (tranne casi semplici quali quelli visti negli esempi precedenti). Primadi elencare le proprieta possiamo esaminare la struttura dell’integrale di Fourier ededurne alcune conseguenze utili per semplificare i calcoli.

Sia f = f1 + jf2. Segue che

[f1 + jf2](cos ωt− j sin ωt) = f1 cos ωt + f2 sin ωt + j(f2 cos ωt− f1 sin ωt),

e allora:

F (ω) =∫

R(f1 cos ωt + f2 sin ωt)dt + j

R(f2 cos ωt− f1 sin ωt)dt.

Discutiamo questo integrale quando 1) f e reale, 2)f e immaginaria pura.

1) f reale (⇔ f2 = 0). Risulta:

F (ω) =∫

Rf1 cos ωtdt− j

Rf1 sin ωtdt.

A questo punto facciamo intervenire la parita di f . Se f = f1 e pari, segue che:

F (ω) = 2∫ ∞

0f1 cos ωt

e pertanto F (ω) e reale e pari in ω.

Segue: i) f reale e pari in t ⇒ F reale e pari in ω.

Se invece f = f1 e dispari, allora:

F (ω) = −2j∫ ∞

0f1 sin ωt

e pertanto F (ω) immaginaria pura e dispari in ω.

Segue: ii) f reale e dispari in t ⇒ F immaginaria pura e dispari in ω.

2) f immaginaria pura (⇔ f1 = 0). In questo caso:

F (ω) =∫

Rf2 sin ωtdt + j

Rf2 cos ωtdt.

Facciamo di nuovo intervenire la parita di f . Se f e pari, allora:

F (ω) = 2j∫ ∞

0f2 cos ωtdt

Page 188: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

187

e pertanto F (ω) e immaginaria pura e pari in ω.

Segue: iii) f immaginaria pura e pari in t ⇒ F immaginaria pura e pari in ω. Seinfine f e dispari, allora:

F (ω) = 2∫ ∞

0f2(t) sin ωtdt

pertanto F (ω) e reale e dispari in ω.

Segue: iv) f immaginaria pura e dispari in t ⇒ F reale e dispari in ω.

Una ulteriore proprieta si ottiene dal calcolo seguente:

F(f ∗(t)) =∫

Rf ∗e−jωtdt =

(∫

Rf(t)ejωtdt

)∗= F ∗(−ω),

ovvero:F : f ∗(t) −→ F ∗(−ω).

L’elenco che segue indica le proprieta piu significative della trasformazione F .

1) Linearita.

Siano f1, f2 funzioni tali che esistono F [f1],F [f2]. Allora:

∀λ1, λ2 ∈ C, F [λ1f1 + λ2f2] = λ1F [f1] + λ2F [f2].

2) Cambiamento di scala.

Sia a 6= 0 e sia f funzione tale che esiste F [f ]. Allora:

F [f(at)] =1

|a|F [f(t)](

ω

a

)=

1

|a|F(

ω

a

).

La proprieta si ottiene con il solito cambiamento di variabile t′ = at nell’integrale diFourier. Se a = −1 si ottiene:

F [f(−t)] = F (−ω) .

Allora, quando f(t) = f(−t), si ricava:

F [f(−t)] = F (−ω) = F [f(t)] = F (ω) ,

pertanto la trasformata di Fourier di una funzione pari e pari.Se invece f(t) = −f(−t), si ricava:

F [f(−t)] = F (−ω) = F [−f(t)] = −F (ω) ,

pertanto la trasformata di Fourier di una funzione dispari e dispari.

Page 189: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

188

(Questi risultati sono in accordo con quanto visto prima).

3) Traslazione in t.

Sia f tale che ∃F [f ] e sia t0 reale. Allora:

F [f(t− t0)] = e−jωt0F (ω).

(basta calcolare l’integrale di Fourier con il cambiamento t− t0 = t′).

4) Traslazione in ω.

Sia f tale che ∃F [f ] e sia ω0 reale. Allora:

F[ejω0tf(t)

]= F (ω − ω0).

(basta calcolare l’integrale di Fourier).

Regola mnemonica.

Di solito, si dice modulazione la moltiplicazione di una funzione per un esponenzialeimmaginario del prodotto di una costante per la variabile. Allora le proprieta 3 ) e4) si possono facilmente ricordare nel modo seguente:

traslazione in t −→ modulazione in ω,traslazione in ω −→ modulazione in t.

Le proprieta che seguono sono le piu importanti.

5) Derivazione in t.

Sia f di classe C1(R) e ∈ L1. Sia a sua volta f ′ ∈ L1. Allora:

F [f ′] = jωF (ω).

Infatti:

F [f ′] =∫

Rf ′e−jωt =

[f(t)e−jωt

]+∞−∞ + jω

Rf(t)e−jωtdt = jωF (ω)

poiche, se f e in L1 e continua, lim|t|→∞ f(t) = 0.

Se f e di classe Cn(R) e f ′, f ′′, .., f (n) sono ancora in L1, allora, fino all’ordine n:

F [f (n)] = (jω)nF (ω).

Questa proprieta ha una conseguenza molto importante. Infatti, prendendo i moduli,si trova: ∣∣∣F [f (n)]

∣∣∣ =∣∣∣∣∫

Rf (n)e−jωtdt

∣∣∣∣ = |ω|n|F (ω)|,

Page 190: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

189

da cui, usando la disequazione modulare:

|F (ω)| = 1

|ω|n∣∣∣∣∫

Rf (n)e−jωtdt

∣∣∣∣ ≤∫R |f (n)|dt

|ω|n ≤ C

|ω|n .

Si conclude: tanto piu f e derivabile a derivate sommabili, tanto piu velocementedecresce all’infinito F (ω).

Al limite per n → ∞ si conclude che una funzione f infinitamente derivabile in tammette una trasformata di Fourier F a decrescita rapida in ω.

6) Derivazione in ω.

Sia f continua e ∈ L1 e tale che tf ∈ L1. Allora:

dF (ω)

dω= F [(−jt)f(t)].

Se inoltre, fino all’ordine n, tf, .., tnf sono elementi continui di L1, allora:

dnF (ω)

dωn= F [(−jt)nf(t)].

I risultati si ottengono derivando sotto il segno.

Anche questa proprieta ha conseguenze importanti. Infatti, nel caso in cui esistednF (ω

dωnsegue che la funzione continua tnf ∈ L1. Allora lim|t|→∞ tnf(t) = 0 e:

lim|t|→∞

tnf(t) = 0 ⇔ ∃c > 0, α > 0 : |f(t)| ≤ c

|t|n+α.

f dunque decresce piu velocemente di1

|t|n .

Si conclude: tanto piu velocemente decresce all’infinito la funzione f , tanto piu ederivabile la sua trasformata di Fourier F (ω).

Al limite per n →∞ si conclude che una funzione f a decrescita rapida in t ammetteuna trasformata di Fourier F infinitamente derivabile in ω.

Con questi due importanti risultati si dimostra allora il teorema seguente.

Sia St lo spazio vettoriale delle funzioni infinitamente derivabili a decrescita rapidanella variabile t e sia Sω il corrispondente spazio nella variabile ω. Allora F e unacorrispondenza iniettiva , suriettiva e continua tra St e Sω:

F : St −→ Sω

F−1 : Sω −→ St.

Sostanzialmente le trasformate di Fourier di funzioni infinitamente derivabili e adecrescita rapida rimangono a decrescita rapida e infinitamente derivabili. Questaimportante conseguenza ci permettera di definire la trasformata di Fourier di dis-tribuzioni.

Page 191: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

190

Lezione 39

Trasformata di Fourier di distribuzioni a crescita lenta.

La proprieta che segue permette formalmente il calcolo di un prodotto di con-voluzione, anche se vedremo che tale calcolo e piu semplice con l’uso delle trasformatedi Laplace.

7) Trasformate e convoluzione.

Siano f, g continue e in L1 e tali che esista f ∗g continuo e in L1. Siano F = F [f ], G =F [g] funzioni tali che esiste F ∗G. Allora:

F [f ∗ g] = F (ω)G(ω)

F [fg] =1

2πF (ω) ∗G(ω).

Infatti (ponendo t′ = t− τ):

F [f ∗ g] =∫

R

(∫

Rf(τ)g(t− τ)dτ

)e−jωtdt =

Rf(τ)dτ

Rg(t− τ)e−jωtdt

=∫

Rf(τ)dτ

Rg(t′)e−jω(t′+τ)dt′ =

Rf(τ)e−jωτdτ

Rg(t′)e−jωt′dt′ = F (ω)G(ω).

La seconda formula si ottiene dal teorema di simmetria, osservando che F (t)G(t) hacome trasformata 2π(f ∗g)(−ω) e pertanto f(t)g(t) ha per trasformata 2π(F ∗G)(ω).

8) Formula di Parseval-Plancherel.

Siano f, g come in 7) con le ipotesi aggiuntive che f(t)g∗(t) e F (ω)G∗(ω) siano in L1.Allora:

Rf(t)g∗(t)dt =

1

RF (ω)G∗(ω)dω

(=

1

RF (t)G∗(t)dt

).

(il passaggio all’ultimo integrale e possibile poiche ω e variabile muta). Il calcolodiretto e basato sull’osservazione seguente (quando la funzione f(t) possiede trasfor-mata di Fourier a sua volta funzione di ω):

Rf(t)dt = F [f(t)]ω=0.

Pertanto:∫

Rf(t)g∗(t)dt = F [f(t)g∗(t)]ω=0 =

1

2π[F (ω) ∗G∗(−ω)]ω=0

=1

[∫

RF (Ω)G∗(Ω− ω)dΩ

]

ω=0=

1

RF (Ω)G∗(Ω)dΩ,

e con opportuni cambi della variabile muta si giunge al risultato.

Page 192: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

191

Applicazione.

Quando f = g si ricava:

R|f(t)|2dt =

1

∫|F (ω)|2dω =

1

∫|F (t)|2dt.

Si dice spazio L2 lo spazio vettoriale complesso delle funzioni f tali che:

R|f |2dt < ∞.

Segue che F trasforma funzioni ∈ L2 in funzioni ∈ L2.

Esempio.

Calcolare la trasformata di Fourier di:

f(t) = e−αt2 , α > 0.

Si devono usare le proprieta viste. Otteniamo, indicando con F (ω) la trasformata diFourier di e−αt2 :

dF (ω)

dω= F [−jte−αt2 ] = F

[j

2αf ′(t)

]=

j

2αF [f ′(t)] =

j

2αjωF (ω) = − ω

2αF (ω),

da cui segue l’equazione differenziale cui soddisfa F (ω):

dF (ω)

dω+

ω

2αF (ω) = 0.

La soluzione e:

F (ω) = Ke−ω2

4α .

Si tratta ora di determinare K. Allo scopo, usiamo il fatto che F−1[F (ω)] = f(t)ottenendo l’eguaglianza:

∀t ∈ R,K

Re−

ω2

4α ejωtdω = e−αt2 ,

che, nel caso particolare t = 0 ci da:

K

Re−

ω2

4α dω = 1.

Con il cambiamento di variabile

w =ω

2√

α, dw =

2√

α

l’integrale precedente fornisce l’eguaglianza:

K

2π2√

α∫

Re−w2

dw = 1

Page 193: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

192

ed essendo ∫

Re−w2

dw =√

π

otteniamo:K

2π2√

α√

π = 1 ⇒ K

√α√π

= 1 ⇒ K =

√π

α.

Segue infine:

F [e−αt2 ] =

√π

αe−

ω2

4α .

Vediamo ora come si puo estendere la trasformata di Fourier alle distribuzioni. Ricer-chiamo al solito il funzionale integrale associato alla trasformata di Fourier di unafunzione f(t) che possegga una trasformata di Fourier F (ω) che sia una funzione diω. Si ha, con ϕ(ω) funzione di prova:

F [f(t)](ω)[ϕ(ω)] =∫

RF (ω)ϕ(ω)dω =

∫ ∫

R2f(t)e−jωtϕ(ω)dtdω

=∫

Rf(t)dt

Rϕ(ω)e−jωtdω = f(t)[F [ϕ](t)]

(si e cambiata la variabile ω con t e viceversa).Questo calcolo sembrerebbe portare ad una buona definizione di trasformata di

Fourier di distribuzioni, perche la trasformazione di Fourier viene trasferita dallafunzione f alla funzione di prova ϕ. Purtroppo, se ϕ ∈ D, in generale F [ϕ] /∈ D(infatti la trasformata di Fourier di una funzione a supporto limitato non risultain genere a supporto limitato, come il calcolo della trasformata di Fourier F [pT ] =2

ωsin

ωT

2ci permette di verificare).

Si dovra allora scegliere, come spazio delle funzioni di prova, uno spazio invariantesotto la trasformazione di Fourier. Uno spazio del genere lo conosciamo: si tratta dellospazio vettoriale complesso delle funzioni infinitamente derivabili a decrescita rapida,per cui sappiamo che:

F : St −→ Sω

F−1 : Sω −→ St.

Pertanto, onde poter utilizzare la definizione ricavata dal calcolo del funzionale inte-grale associato alla trasformata di Fourier di una funzione, sceglieremo come spaziodelle funzioni di prova proprio St. Ma allora le funzioni descritte dai funzionali in-tegrali su St saranno le funzioni a crescita lenta e il corrispondente spazio S ′t delledistribuzioni sara lo spazio delle distribuzioni a crescita lenta. Siamo dunque in gradodi scrivere, detta σ ∈ St una funzione di prova e detta Σ una distribuzione a crescitalenta, la definizione di trasformata di Fourier FΣ (useremo le parentesi graffe dopoil simbolo di trasformazione per racchiudere distribuzioni, mentre le parentesi quadredopo il simbolo di trasformazione racchiuderanno funzioni). Si ha:

∀σ ∈ St, ∀Σ ∈ S ′t, FΣ[σ] = Σ[F [σ]].

Risulta utile considerare la principale proprieta delle distribuzioni a crescita lenta,che ci permettera di individuarle.

Page 194: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

193

Tutte le funzioni a crescita lenta sono distribuzioni a crescita lenta e la derivata diuna distribuzione a crescita lenta e ancora una distribuzione a crescita lenta.

Esempi.

1) La funzione u(t) e una funzione a crescita lenta: segue che δ =du

dte una dis-

tribuzione a crescita lenta.

2) La funzione ln|t| e una funzione a crescita lenta: segue che p.f.1

t=

d ln |t|dt

e una

distribuzione a crescita lenta.

3) La funzione∑∞−∞ u(t − nT ) e una funzione a crescita lenta: segue che sT (t) =∑∞

−∞ δ(t− nT ) e una distribuzione a crescita lenta.

4) La funzione sin et e una funzione a crescita lenta: segue che et cos et e una dis-tribuzione a crescita lenta.

Non sarebbe difficile dare esempi di funzioni che non sono a crescita lenta e chepurtuttavia danno origine a distribuzioni a crescita lenta.

Un teorema che caratterizza completamente le distribuzioni a crescita lenta e ilseguente.

Data una qualunque distribuzione a crescita lenta Σ ∈ S ′ e sempre possibile trovaredue interi positivi m,n e una funzione f(t) ∈ L1 limitata e continua, tali che:

Σ(t) =dm

dtm[(1 + t2)nf(t)].

Questo teorema permette una definizione alternativa equivalente di trasformata diFourier di una distribuzione Σ ∈ S ′. Si definisce infatti (essendo F [f(t)] = F (ω)):

FΣ(ω) = (jω)m(1− d2

dω2)nF (ω).

Si dimostra che questa definizione risulta equivalente a quella gia scritta, e che nondipende da m, n, f .

Page 195: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

194

Lezione 40

Trasformate di Fourier di distribuzioni notevoli.

Si dimostra il teorema seguente:

la trasformazione di Fourier e una corrispondenza iniettiva e suriettiva tra S ′t (lospazio vettoriale delle distribuzioni a crescita lenta in t) e S ′ω(lo spazio vettorialedelle distribuzioni a crescita lenta in ω):

Osserviamo ora che le proprieta della trasformazione di Fourier vere per le funzionisi mantengono vere per le distribuzioni a crescita lenta, senza che siano necessarieparticolari ipotesi aggiuntive per l’esistenza.

Si hanno dunque le proprieta seguenti:

1) Linearita.

∀λ1, λ2 ∈ C, Σ1, Σ2 ∈ S ′, Fλ1Σ1 + λ2Σ2 = λ1FΣ1+ λ2FΣ2.

2) Traslazione in t.

∀t0 ∈ R, FΣ(t− t0) = e−jωt0FΣ.

3) Traslazione in ω.

∀ω0 ∈ R, Fejω0tΣ(t) = F(ω − ω0).

4) Cambiamento di scala.

∀a ∈ R, a 6= 0, FΣ(at) =1

|a|FΣ(

ω

a

).

5) Derivazione in t.

F dn

dtnΣ(t) = (jω)nFΣ.

6) Derivazione in ω.

F(−jt)nΣ(t) =dn

dωn

FΣ.

7) Convoluzione.

Siano Σ1, Σ2 ∈ S e tali che o FΣ1 o FΣ2 siano funzioni di classe C∞(R). Allora:

FΣ1 ∗ Σ2 = FΣ1 · FΣ2

Page 196: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

195

Inversamente, se o Σ1 o Σ2 sono funzioni di classe C∞(R), allora:

FΣ1 · Σ2 =1

2πΣ1 ∗ Σ2.

Anche per le distribuzioni a crescita lenta vale il teorema di simmetria:

F : Σ(t) −→ FΣ(ω)

F : FΣ(t) −→ 2πΣ(−ω)

Calcolo di trasformate di distribuzioni.

1) Calcolare F1 e Fδ.

Dalla definizione:

∀σ ∈ S, F1[σ] = 1[F [σ]] =∫

R[F [σ]](ω)dω

Ricordiamo ora che, per la formula di antitrasformazione:

∀t ∈ R, σ(t) =1

R[F [σ]](ω)ejωtdω,

dunque, cambiando t in ω e t in ω:∫

R[F [σ]](t)dt = 2πσ(0) = 2πδ(ω)[σ(ω)].

Si conclude:F1 = 2πδ(ω).

Dal teorema di simmetria segue:Fδ = 1

essendo 1 distribuzione pari.

Il calcolo puo anche essere effettuato tramite la definizione alternativa. Infatti:

F1 = F(1 + t2)

1

1 + t2

=

(1− d2

dω2

)F

1

1 + t2

=

(1− d2

dω2

)πe−|ω|.

Ora:d

(e−|ω|

)=

d

(u(−ω)eω + u(ω)e−ω

)

= u(−ω)eω − δ(ω)− u(ω)e−ω + δ(ω) = u(−ω)eω − u(ω)e−ω

d2

2 (e−|ω|

)= u(−ω)eω − δ(ω) + u(ω)e−ω − δ(ω) = e−|ω| − 2δ(ω).

Segue: (1− d2

dω2

)e−|ω| = 2δ(ω)

Page 197: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

196

da cui:

F1 = 2πδ(ω).

Applicazione delle proprieta.

Come applicazione delle proprieta della trasformazione di Fourier abbiamo subito:

Fejω0t

= 2πδ(ω − ω0)

F sin ω0t = F

ejω0t − e−jω0t

2j

= jπ[δ(ω + ω0)− δ(ω − ω0)]

F cos ω0t = F

ejω0t + e−jω0t

2

= π[δ(ω + ω0) + δ(ω − ω0)]

Fδ(n) = (jω)n

Fδ(t− t0) = e−jωt0

Fδ(n)(t− t0) = e−jωt0(jω)n.

2) Calcolare Fu(t).

Sappiamo chedu

dt= δ.Allora, detta F (ω) = Fu(t) e usando la proprieta della

derivazione in t, otteniamo:

jω · F (ω) = 1 ⇒ F (ω) = p.f.1

jω+ αδ(ω).

α si determina osservando che:

F1 = 2πδ(ω) = Fu(t)+u(−t) = p.f.1

jω+αδ(ω)+ p.f.

1

−jω+αδ(−ω) = 2αδ(ω)

per cui α = π e pertanto:

Fu(t) = p.f.1

jω+ πδ(ω).

3) Calcolare Fp.f.1t, Fsgn(t), F|t|.

Si ha, per il teorema di simmetria:

F

p.f.1

jt+ πδ(t)

= 2πu(−ω)

ovvero:

Fp.f.1

jt = 2πu(−ω)−π = −π(2u(ω)−1) = −πsgn(ω) ⇒ Fp.f.

1

t = −jπsgn(ω).

Page 198: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

197

Dal teorema di simmetria si deduce anche:

Fsgn(t) = −2jp.f.1

ω.

Infine, essendo |t| = t · sgn(t), si ricava:

F|t| = −2p.f.1

ω2.

4) Calcolare Fu(t)ejω0t,Fu(t) cos jω0t, Fu(t) sin jω0t.

Si ha subito:

Fu(t)ejω0t = πδ(ω − ω0) + p.f.1

j(ω − ω0),

da cui:

Fu(t) cos ω0t = F

ejω0t + e−jω0t

2

=

π

2[δ(ω − ω0) + δ(ω + ω0)] + jp.f.

ω

ω20 − ω2

,

Fu(t) sin ω0t = F

ejω0t − e−jω0t

2j

=

π

2j[δ(ω − ω0)− δ(ω + ω0)] + p.f.

ω0

ω20 − ω2

.

5) Calcolare F−1u(ω).

Si usa il teorema di simmetria:

F : u(t) −→ p.f.1

jω+ πδ(ω)

F : p.f.1

jt+ πδ(t) −→ 2πu(−ω)

da cui, usando il cambiamento di scala con a = −1 e dividendo per 2π:

F : − 1

2πjp.f.

1

t+

1

2δ(t) −→ u(ω).

6) Calcolare:F−1u(ω)F (ω).

Si ha subito, per la proprieta della convoluzione e detta f(t) = F−1F (ω):

F−1u(ω)F (ω) =

(− 1

2πjp.f.

1

t+

1

2δ(t)

)∗ f(t) = − 1

2πjv.p.

R

f(τ)

t− τdτ +

1

2f(t)

Page 199: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

198

Lezione 41

Trasformate di Fourier del treno di impulsi e distribuzioni periodiche.

Proponiamoci ora di calcolare la trasformata di Fourier del treno di impulsi:

sT (t) =∞∑

−∞δ(t− nT ).

Si ha:

F sT (t) =∞∑

−∞Fδ(t− nT ) =

∞∑

−∞e−jnTω = S(ω).

Segue che S(ω) e una distribuzione: non puo essere una funzione essendo una sommainfinita di esponenziali. Sia ora

ω0 =2π

T.

Risulta allora che S(ω) e una distribuzione periodica di periodo ω0. Infatti:

S (ω + ω0) =∞∑

−∞e−jnT (ω+ω0) =

∞∑

−∞e−jnTωe−jnT 2π

T =∞∑

−∞e−jnTω = S(ω)

Inoltre S(ω) soddisfa alla relazione:

e−jωT · S(ω) = S(ω)

Infatti:

e−jωT · S(ω) = e−jωT ·∞∑

−∞e−jnTω =

∞∑

−∞e−j(n+1)Tω =

∞∑

−∞e−jmTω = S(ω)

avendo cambiato l’indice di somma da n a m = n + 1. S(ω) soddisfa pertantoall’equazione:

(e−jωT − 1) · S(ω) = 0.

Gli zeri della funzione (e−jωT − 1) sono i punti ωn = nω0 e sono tutti zeri di ordine1 per (e−jωT − 1). Allora la soluzione S(ω) dell’equazione e, ricordando che S(ω) hasupporto nei punti nω0:

S(ω) =∞∑

−∞cnδ(ω − nω0).

Ora ricordiamo che S(ω) e periodica di periodo ω0: cio implica che ogni cn sia egualead un unico valore costante C. Si ottiene dunque:

S(ω) = C∞∑

−∞δ(ω − nω0).

Si tratta ora di determinare il valore di C. Questo valore si ottiene calcolando in duemodi diversi l’effetto della distribuzione S(ω) su di una opportuna funzione di prova.Scegliamo come funzione di prova una versione infinitamente derivabile ΛT della porta

Page 200: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

199

di ampiezza T , cioe una funzione che coincida con 1 nell’intervallo[−T

2,T

2

]tranne che

in intorni di misura infinitesima degli estremi −T

2,T

2, in modo tale che sia assicurata

la infinita derivabilita anche in detti intorni (basterebbe la convoluzione pT ∗ sin Ωt

πt,

con Ω molto maggiore di T ). Allora, se usiamo per S(ω) l’espressione ultima, si ha:

S(ω)[ΛT (ω)] = C∞∑

−∞δ(ω − nω0)ΛT (ω) = CΛT (0) = C,

mentre, se consideriamo il funzionale integrale associato all’esponenziale e−jnω0t otte-niamo: ∫

Re−jnω0T ΛT (ω)dω =

∫ ω02

−ω02

e−jnω0T dω =

ω0 n = 00 n 6= 0

,

e pertanto:

S(ω)[ΛT (ω)] = limN→∞

R

N∑

−N

e−jnω0T ΛT (ω)dω = ω0,

da cui, per confronto, segue:C = ω0

che finalmente ci permette di scrivere che:

F sT (t) = ω0sω0(ω).

Segue l’importante risultato:

la trasformata di Fourier di un treno di impulsi di ampiezza T e ancora un treno di

impulsi di ampiezza ω0 =2π

T, moltiplicato per il fattore ω0.

Il risultato ottenuto ha notevole importanza. Vediamone alcune conseguenze.

Funzioni e distribuzioni periodiche.

Sia f0(t) ∈ D′ una distribuzione con supporto limitato dato da[−T

2,T

2

]: allora il

prodotto di convoluzione f0 ∗ sT esiste sempre e vale:

f0(t) ∗ sT =∞∑

−∞f0(t− nT ).

Questo prodotto di convoluzione e ancora periodico di periodo T , essendo il treno diimpulsi periodico di periodo T (ricordiamo la proprieta di traslazione di un prodottodi convoluzione). Se scriviamo:

f(t) = f0(t) ∗ sT =∞∑

−∞f0(t− nT )

possiamo concludere che questa e la forma piu generale sotto cui scrivere una funzioneo una distribuzione periodica di periodo T .

Page 201: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

200

Vale la seguente condizione necessaria e sufficiente per la periodicita.

Condizione necessaria e sufficiente affinche una distribuzione (e quindi anche una

funzione) f(t) sia periodica di periodo T e che, posto ω0 =2π

T, la trasformata di

Fourier Ff(t) = F (ω) abbia la forma:

F (ω) =∞∑

−∞βnδ(ω − nω0)

ove i coefficienti βn sono a crescita lenta in n.

Dimostriamo anzitutto la sufficienza.

L’ipotesi e che: F (ω) =∑∞−∞ βnδ(ω − nω0), con βn a crescita lenta in n; la tesi da

dimostrare e che F−1F (ω) e periodica di periodo T =2π

ω0

. Il calcolo fornisce:

f(t) = F−1F (ω) = F−1∞∑

−∞βnδ(ω − nω0) =

∞∑

−∞βnF−1δ(ω − nω0)

=∞∑

−∞

βn

2πejnω0t.

Segue subito che f(t) e periodica di periodo T =2π

ω0

. Infatti:

f(t +

ω0

)=

∞∑

−∞

βn

2πe

jnω0

(t+ 2π

ω0

)=

∞∑

−∞

βn

2πejnω0te

jnω02πω0 =

∞∑

−∞

βn

2πejnω0t = f(t).

La distribuzione f(t) risulta a crescita lenta in t, essendo i coefficienti βn a crescitalenta in n.

Dimostriamo ora la necessita. L’ipotesi e che f sia periodica di periodo T =2π

ω0

;

la tesi da dimostrare e che F (ω) =∑∞−∞ βnδ(ω − nω0), con βn a crescita lenta in

n. Siccome f e una distribuzione periodica, sappiamo che puo essere posta sotto laforma:

f(t) = f0(t) ∗ sT (t)

ove f0 ha supporto limitato in[−T

2,T

2

]. Allora, detta F0(ω) = Ff0 la trasformata

di Fourier di f0 (che esiste sempre ed e una funzione essendo f0 a supporto limitato),si trova:

F f0(t) ∗ sT (t) = F0(ω)ω0

∞∑

−∞δ(ω − ω0)

=∞∑

−∞ω0F0(nω0)δ(ω − ω0) =

∞∑

−∞βnδ(ω − ω0)

I coefficienti βn = ω0F (nω0) sono a crescita lenta in n perche F0(ω) e la trasformatadi Fourier di una distribuzione a crescita lenta e dunque anch’essa a crescita lenta:F0(nω0) e allora a crescita lenta in n.

Page 202: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

201

Possiamo applicare il risultato trovato al caso delle funzioni periodiche di periodo T,

che ammettono, nell’intervallo[−T

2,T

2

]lo sviluppo in serie di Fourier dato da:

f(t) =∞∑

−∞αne

jnω0t, ω0 =2π

T.

Allora:

Ff(t) = F ∞∑

−∞αnejnω0t

=

∞∑

−∞2παnδ(ω − nω0).

da cui, per confronto con le espressioni precedenti:

αn =βn

2π=

1

TF0(nω0).

Pertanto se di una funzione periodica sono noti i coefficienti αn del suo sviluppo in

serie di Fourier nell’intervallo[−T

2,T

2

]:

f(t) =∞∑

−∞αne

jnω0t,

si puo allora subito ricavare la sua trasformata di Fourier:

F (ω) = F (ω) =∞∑

−∞2παnδ(ω − nω0).

Inversamente, se sono noti i coefficienti βn della trasformata di Fourier di una funzioneperiodica:

F (ω) =∞∑

−∞βnδ(ω − nω0)

allora si puo subito ricavare la sua serie di Fourier:

f(t) =∞∑

−∞

βn

2πejnω0t.

Page 203: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

202

Lezione 42

Formula di somma di Poisson, teorema del campionamento.

Sia f una distribuzione ∈ S ′ e supponiamo esista:

f ∗ sT =∞∑

−∞f(t− nT ) = ϕ(t).

ϕ(t) e una distribuzione periodica di periodo T , dunque appartiene ancora a S ′.Indichiamo con F (ω) = Ff la trasformata di Fourier di f .

Vale la seguente formula di somma di Poisson:

∞∑

−∞f(t− nT ) =

1

T

∞∑

−∞F (nω0)e

jnω0t.

Infatti:

Ff ∗ sT = ω0F (ω)∞∑

−∞δ(ω − ω0) = ω0

∞∑

−∞F (nω0)δ(ω − ω0)

da cui antitrasformando:

ϕ(t) =∞∑

−∞f(t− nT ) =

1

T

∞∑

−∞F (nω0)e

jnω0t,

Applicazione a δ.

Si trova subito:

sT (t) =∞∑

−∞δ(t− nT ) =

1

T

∞∑

−∞ejnω0t,

che puo essere interpretato come lo sviluppo in serie di Fourier del treno di impulsisT (t).

Molte volte la formula di somma di Poisson si usa nel caso speciale t = 0, ottenendo(l’indice di somma cambia da n in −n):

∞∑

−∞f(nT ) =

1

T

∞∑

−∞F (nω0),

(naturalmente occorre che le due serie convergano).

Anche il caso T = 1 e di interesse: si ottiene:

∞∑

−∞f(n) =

∞∑

−∞F (2πn).

Page 204: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

203

Esempio 1.

Sia:

f(t) = e−α|t|, α > 0, F (ω) =2α

α2 + ω2.

Segue:∞∑

−∞e−α|n| =

∞∑

−∞

α2 + (2πn)2

Esempio 2.

Sia:

f(t) = e−αt2 α > 0, F (ω) =

√π

αe−

ω2

Segue:∞∑

−∞e−αn2

=

√π

α

∞∑

−∞e−

π2n2

4α .

La funzione

Θ(t) =

√α

π

∞∑

−∞e−α(t−n)2

si dice funzione theta di Riemann ed e importante nella teoria dei numeri.

Teorema del campionamento.

Il problema che il teorema del campionamento vuole risolvere e quello della ri-costruzione di una funzione a partire da un suo insieme di valori, detti campioni,presi ad intervalli regolari di ampiezza T (campionamento effettuato con frequenza di

campionamento pari a1

T). Cominciamo con l’osservare che, dati i campioni f(nT )

di una funzione f , si puo costruire una distribuzione:

ϕ(t) = T∞∑

−∞f(nT )δ(t− nT ) = Tf(t) · sT (t).

Questa distribuzione ha una trasformata di Fourier periodica di periodo ω0. Infatti:

Fϕ(t) = T1

2πω0F (ω)

∞∑

−∞δ(ω − nω0) =

∞∑

−∞F (ω − nω0) = Φ(ω),

e Φ(ω) risulta essere una distribuzione periodica di periodo ω0, che ripete periodica-mente la distribuzione F (ω) . Questa e l’osservazione di partenza per arrivare alladimostrazione del seguente teorema (teorema del campionamento).

Sia f una funzione reale, dotata di una trasformata di Fourier a supporto limitatonell’intervallo [−ωC , ωC ]. Indicata con T la misura dell’intervallo di campionamentosegue che f e completamente individuata dai suoi campioni f(nT ) (n = 0,±1,±2, ...)

nel caso in cui T soddisfi a 0 ≤ T ≤ π

ωC

.

Page 205: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

204

Infatti, l’ipotesi su f implica che la trasformata di Fourier F (ω) sia simmetrica rispettoall’asse delle ordinate con supporto [−ωC , ωC ]. Ora, con i campioni a nostra dispo-sizione (e tutto cio che conosciamo di f) costruiamo la distribuzione gia definita:

ϕ(t) = T∞∑

−∞f(nT )δ(t− nT ) = Tf(t) · sT (t).

La trasformata di Fourier di ϕ(t) vale

Φ(ω) =∞∑

−∞F (ω − nω0).

Questa e la distribuzione che costruiamo dai nostri dati: sappiamo anche che essa

ripete periodicamente la trasformata F (ω) con periodo ω0. Se ωC <ω0

2, allora

F (ω) e ripetuta senza sovrapposizioni. Pertanto si puo isolare F (ω) in Φ(ω) adesempio moltiplicando Φ(ω) o per una versione infinitamente derivabile Λω0della portadi ampiezza ω0 (nel caso in cui F sia distribuzione e non funzione) o per pω0 . Inentrambi i casi vengono soppresse tutte le ripetizioni di F (ω) esterne all’intervallo[−ωC , ωC ] e si ricava f antitrasformando:

f(t) = F−1Λω0Φ(ω), oppure f(t) = F−1pω0Φ(ω).

Il caso T =π

ωC

si dice campionamento critico, mentre nel caso T >π

ωC

non e possibile

alcuna ricostruzione.

La condizione T <π

ωC

=1

2νC

si puo scrivere anche:

1

T> 2νC

e significa che la frequenza di campionamento deve essere piu grande del doppio dellamassima frequenza contenuta nello spettro del segnale. Ad esempio, se la massimafrequenza fosse pari a 20 kHz, la frequenza di campionamento dovrebbe essere supe-riore a 40 kHz.

Si puo ottenere una formula esplicita per la ricostruzione di f(t), quando ha senso lamoltiplicazione pω0Φ. Infatti:

f(t) = F−1pω0Φ(ω) = ϕ(t) ∗ sin ω0

2t

πt= T

∞∑

−∞f(nT )δ(t− nT ) ∗ sin ω0

2t

πt

= T∞∑

−∞f(nT )

sin ω0

2(t− nT )

π(t− nT ).

Quando T =π

ωC

si trova:

f(t) =∞∑

−∞f

(n

π

ωC

)sin(ωCt− nπ)

(ωCt− nπ)

Page 206: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

205

In questo caso il campionamento critico puo dare luogo a fenomeni di aliasing, ovveroa ricostruzioni di funzioni che non sono la funzione di cui erano stati consideratioriginariamente i campioni.

La funzionesin x

xsi dice anche, in questo contesto, funzione di interpolazione e

viene di solito indicata con:

sincx =sin x

x.

Page 207: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

206

Esercitazione 11

Esercizi su calcolo di trasformata di Fourier di funzioni.

1) Data la funzione a supporto limitato:

f(t) = (1 + t)[u(t + 1)− u(t)] + (1− t)[u(t)− u(t− 1)]

calcolare F (ω) con l’uso della definizione di trasformata di Fourier.

Soluzione.

Si ha subito ∀ω 6= 0:

F (ω) =∫ ∞

−∞f(t)e−jωtdt =

∫ 0

−1(1 + t)e−jωtdt +

∫ 1

0(1− t)e−jωtdt

=∫ 1

−1e−jωt +

[∫ 0

−1te−ωtdt−

∫ 1

0te−jωtdt

]

= − 1

(e−jω − ejω

)+

[− 1

jωejω +

1

ω2

(1− ejω

)+

1

jωe−jω − 1

ω2

(e−jω − 1

)]

= − 1

ω2

(ejω + e−jω

)+

2

ω2=

1

j2ω2

(ejω − 2− e−jω

)= 4

[ej ω

2 − ej ω2

2jω

]2

=

[sin ω

2ω2

]2

.

Quando ω = 0 si ha:

F (0) = 2− 1

2− 1

2= 1 = lim

ω→0F (ω).

F (ω) risulta continua, infinitamente derivabile e

limω→∞F (ω) = 0.

2) Siano f, g continue ∈ L1 e dotate di trasformate di Fourier F [f ] = F (ω),F [g] =F (ω) continue e di classe L1. Dimostrare che:

∫ ∞

−∞f(t)G(t)dt =

∫ ∞

−∞g(t)F (t)dt.

Soluzione.

Usiamo la proprieta:∫ ∞

−∞f(t)G(t)dt =

[∫ ∞

−∞f(t)G(t)e−jωtdt

]

ω=0.

Segue subito: [∫ ∞

−∞f(t)G(t)e−jωtdt

]

ω=0=

1

2πF (ω) ∗ 2πg(−ω)

Page 208: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

207

=[∫ ∞

−∞F (Ω)g(Ω− ω)dΩ

]

ω=0=

∫ ∞

−∞F (Ω)g(Ω)dΩ.

Cambiando la variabile muta Ω in t si ricava allora il risultato.

3) Sia f continua, di classe C1 e dotata di una trasformata di Fourier continua e diclasse C1. Sia g(t) = e−|t|. Dimostrare che:

∫ ∞

−∞f(t)

1 + t2dt =

1

2

∫ ∞

−∞F (t)e−|t|dt.

Soluzione.

Basta ricordare che:

F : e−|t| −→ 2

1 + ω2.

Allora, per quanto visto nell’esercizio precedente:

∫ ∞

−∞f(t)

2

1 + t2dt =

∫ ∞

−∞e−|t|F (t)dt,

che e il risultato richiesto.

4) Calcolare, con i metodi degli esercizi precedenti, il seguente integrale:

I =∫ ∞

−∞sin(Ωt)

πt(1 + t2).

Soluzione.

Ricordiamo che:

F :sin(Ωt)

πt−→ p2Ω(ω).

Allora, applicando la formula dell’esercizio precedente, segue:

∫ ∞

−∞sin(Ωt)

πt(1 + t2)=

1

2

∫ ∞

−∞p2Ωe−|t|dt =

1

2

∫ Ω

−Ωe−|t|dt

=1

2

∫ 0

−Ωetdt +

1

2

∫ Ω

0e−tdt =

1

2

[1

Ω(1− e−Ω)− 1

Ω(e−Ω − 1)

]=

1

Ω(1− e−Ω).

5) Antitrasformare secondo Fourier la funzione:

F (ω) = u(ω)− u(ω − 2).

Soluzione.

Page 209: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

208

Si ha, utilizzando la formula di antitrasformazione:

f(t) =1

∫ ∞

−∞[u(ω)− u(ω − 2)]ejωtdω =

1

[1

jtejωt

]2

0

=1

2jπt(e2jt − 1) =

ejt

πtsin t.

6) Trovare l’espressione generale di una funzione f la cui trasformata di Fourier con-tenga solo frequenze positive fino ad una frequenza massima ωM .

Soluzione. La funzione di ω, G(ω) = u(ω)−u(ω−ωM) contiene solo frequenze positivefino alla frequenza massima ωM . Se ne calcoliamo la antitrasformata, otteniamo:

g(t) =1

∫ ∞

−∞[u(ω)− u(ω − ωM)]ejωtdω =

1

[1

jtejωt

]ωM

0

=1

2jπt(ejωM t − 1) =

ejωM2

t

πtsin

ωM

2t.

Sia ora f una funzione continua ∈ L1 dotata di una trasformata di Fourier F (ω)anch’essa continua ∈ L1 . Allora:

f(t) ∗

ejωM2

t

πtsin

ωM

2t

,

ha come trasformata di Fourier la funzione:

F (ω)G(ω) = F (ω)[u(ω)− u(ω − ωM)]

che contiene solo frequenze positive 0 < ω < ωM . Pertanto la forma generale di unafunzione f il cui spettro contenga solo frequenze positive 0 < ω < ωM , e:

f(t) ∗

ejωM2

t

πtsin

ωM

2t

.

7) Calcolare la trasformata di Fourier di:

f(t) = ejt2 .

Soluzione.

Poniamo F (ω) = F [ejt2 ]. Per le proprieta della trasformata segue subito:

dF (ω)

dω= F [−jtejt2 ] = −1

2F

d

(ejt2

)

dt

= −jωF (ω)

2,

pertanto F (ω) e la soluzione dell’equazione differenziale:

dF

dω+

2F = 0.

Page 210: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

209

Si trova subito:

F (ω) = Ce−jω2

4

e C si ricava dall’osservazione che:

ejt2 =1

∫ ∞

−∞Ce−

jω2

4 ejωtdω.

Ponendo t = 0 si trova:

1 =1

∫ ∞

−∞Ce−

jω2

4 dω =C

[∫ ∞

−∞cos

(ω2

2

)dω − j

∫ ∞

−∞sin

(ω2

2

)dω

]

=C

π

[∫ ∞

−∞cos(w2)dw − j

∫ ∞

−∞sin(w2)dw

]=

C

π

√π

2(1− j),

da cui

C =

√π

2(1 + j).

Segue:

F [ejt2 ] =

√π

2(1 + j)e−

jω2

4 .

8) Calcolare:

v.p.F[1

t

].

Soluzione.

Si ha subito:

v.p.F[1

t

]= v.p.

∫ ∞

−∞e−jωt

tdt = lim

ε→0

[∫ −ε

−∞e−jωt

tdt +

∫ ∞

ε

e−jωt

tdt

]

= limε→0

[−

∫ ∞

ε

ejωt

tdt +

∫ ∞

ε

e−jωt

tdt

]= lim

ε→0

[−

∫ ∞

ε

ejωt − e−jωt

tdt

]

= −2j∫ ∞

0

sin(ωt)

tdt = −jπsgn(ω).

Page 211: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

210

Esercitazione 12

Esercizi sulla trasformata di Fourier di distribuzioni.

I risultati sulla trasformata di Fourier della δ e sue derivate, ci permettono di utiliz-zare un metodo generale per il calcolo di trasformate di Fourier, anche di funzioni.Data infatti una funzione f , deriviamo f tante volte quante sono necessarie per farcomparire soltanto δ, δ′, δ′′, ... sino ad un opportuno ordine N : ottenuta cosı f (N) siapplica la formula:

F [f (N)] = (jω)NF (ω)

che ci permette di ricavare F (ω).

1) Calcolare la trasformata di Fourier della funzione:

f(t) =

0 t < −1t + 2 −1 ≤ t ≤ 02− t 0 < t ≤ 10 t > 1

Soluzione.

La derivata prima vale:

f ′(t) =

0 t < −1δ(t + 1) t = −11 −1 < t < 0−1 0 < t < 1−δ(t− 1) t = 10 t > 1

La derivata seconda vale allora:

f ′′(t) = δ′(t + 1) + δ(t + 1)− 2δ(t) + δ(t− 1)− δ′(t− 1).

Pertanto:

Ff ′′ = −ω2F (ω) = jωejω +ejω−2+e−jω−jωe−jω = jω(ejω−e−jω +ejω−2+e−jω)

= −2ω sin ω +(ej ω

2 − e−j ω2

)2= −2ω sin ω − 4 sin2 ω

2

da cui:

F (ω) = 2sin ω

ω+

sin2(

ω

2

)

2

)2 .

Page 212: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

211

2) Trovare la trasformata di Fourier della funzione periodica di periodo 2:

f(t) = f0(t) ∗∞∑

−∞δ(t− 2n)

essendo f0 la seguente funzione a supporto limitato costituito dall’intervallo [−1, 1]:

f0(t) =

0 t < −1

−1 −1 ≤ t < −1

2

1 −1

2≤ t ≤ 1

2

−11

2< t ≤ 1

0 t > 1

.

Soluzione.

Dobbiamo anzitutto calcolare F0(ω) = F [f0(t)] con il metodo delle derivate. Si hasubito:

f ′0(t) = −δ(t + 1) + 2δ(t +

1

2

)− 2δ

(t− 1

2

)+ δ(t− 1).

F [f ′0(t)] = jωF0(ω) = −ejω − 2ej ω2 − 2e−j ω

2 + e−jω = 2j sin ω + 4j sinω

2

da cui:

F0(ω) =2

ωsin ω +

4

ωsin

ω

2.

Poiche T = 2 si ha ω0 = π. Si ha allora:

F0(nπ) =2

nπsin nπ +

4

nπsin

2= c.

Ricordando che βn = ω0F (nω0) si ricava:

βn =4

nsin

2

Ma:

sin(2m)π

2= 0, sin(2m + 1)

π

2= (−1)m

e allora:

F [f(t)] = 4∞∑

−∞

(−1)m

2m + 1δ(ω − (2m + 1)π)

e nello stesso tempo si ottiene lo sviluppo in serie di Fourier, con coefficienti αn =βn

2π:

f(t) = 2∞∑

−∞

(−1)m

(2m + 1)πej(2m+1)πt.

Page 213: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

212

3) Dire quali delle seguenti distribuzioni F (ω) sono trasformate di Fourier di funzioniperiodiche f(t), trovarne, nei casi affermativi, ω0 e T e scrivere senza antitrasformarelo sviluppo in serie di Fourier delle funzioni f(t):

2sin ω

4

ω·∞∑

−∞δ(ω − 2nπ); sin(2πω); 2πω2 ·

∞∑

−∞δ(ω − n); 2π

∞∑

−∞n2δ(ω − n);

2πδ(ω − 2); πδ(ω + 2) + δ(ω − 2); δ(ω − 1) + δ(ω − 2); e−ω ·∞∑

0

δ(ω − n);

0∑

−∞e−nδ(ω − n); δ(ω − 2) + δ(ω −

√2).

Soluzione.

1) Per la distribuzione:

F (ω) = 2sin

ω

·∞∑

−∞δ(ω − 2nπ) =

∞∑

−∞

sinπn

2πn

δ(ω − 2πn)

i coefficienti

βn =sin

πn

2πn

sono a crescita lenta in n e pertanto la antitrasformata e periodica di periodo T = 1.Lo sviluppo in serie di Fourier e pertanto il seguente:

f(t) =1

2π2

∞∑

−∞

sinπn

2πn

ej2nπt.

2) La funzione:F (ω) = sin πω

non puo essere trasformata di funzione periodica.

3)

F (ω) = 2πω2 ·∞∑

−∞δ(ω − n) =

∞∑

−∞2πn2δ(ω − n)

e combinazione lineare di δ(ω−n) con coefficienti βn = 2πn2 a crescita lenta in n. Inquesto caso ω0 = 1 e T = 2π. Lo sviluppo in serie di Fourier e allora:

f(t) =∞∑

−∞n2ejnt.

4)

F (ω) =∞∑

−∞2πn2δ(ω − n)

Page 214: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

213

coincide con F (ω) del punto 3).

5) Nel casoF (ω) = 2πδ(ω − 2)

si ha subito 2 = nω0 da cui , ad esempio, n = 1, ω0 = 2, T = π. Allora F (ω) puo essereconsiderata una trasformata di Fourier di una funzione periodica con coefficienti:

βn =

0 n 6= 12π n = 1

In questo caso:f(t) = e2jt.

6)F (ω) = πδ(ω + 2) + δ(ω − 2)

Si puo scegliere ω0 = 2, T = π e in tal caso:

βn =

0 n 6= ±1π n = −11 n = 1

Lo sviluppo in serie di Fourier e allora il seguente:

f(t) =1

2e−2jt +

1

2πe2jt.

7) Per la distribuzione:F (ω) = δ(ω − 1) + δ(ω − 2)

risulta ω0 = 1, T = 2π e i coefficienti βn sono dati da:

βn =

0 n 6= 1, 21 n = 1, 2

Lo sviluppo in serie di Fourier risulta:

f(t) =1

2π[ejt + e2jt].

8)

F (ω) = e−ω ·∞∑

0

δ(ω − n) =∞∑

0

e−nδ(ω − n)

ha ω0 = 1, T = 2π e :

βn =

e−n n ≥ 00 n < 0

La antitrasformata e periodica essendo i coefficienti a crescita lenta in n e segue losviluppo in serie di Fourier:

f(t) =1

∞∑

−∞e−nejnt.

Page 215: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

214

9)

F (ω) =0∑

−∞e−nδ(ω − n)

ha ω0 = 1, T = 2π e coefficienti βn dati da:

βn =

0 n ≥ 0e−n n < 0

Pertanto i coefficienti βn non sono a crescita lenta e l’antitrasformata non e periodica.

10)F (ω) = δ(ω − 2) + δ(ω −

√2)

non e trasformata di una funzione periodica poiche2√2

non e razionale.

Esercizi proposti.

1) Calcolare:F [(1− t2)u(1− |t|)].

2) Calcolare:

F[

t

sinh t

].

(Suggerimento: calcolare dapprima:

v.p.∫ ∞

−∞e−jωt 1

sinh tdt

con il teorema dei residui e applicare poi la proprieta di derivazione in ω).

3) Calcolare:

F[sinh(at)

sinh(bt)

], 0 < a < b.

(Suggerimento: anche in questo caso usare il teorema dei residui per la funzione:

f(z) = ejz sinh az

sinh bz.)

4) Calcolare:

F

f0(t) ∗∞∑

−∞δ(t− n)

ove:f0(t) = u(t + 1)− u(t− 1).

5) Calcolare:F [ | sin t| ] .

Page 216: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

215

6) Calcolare, con l’uso della formula di Poisson,

∞∑

0

1

n2 + 1

(Suggerimento: trovare la trasformata di Fourier di1

t2 + 1osservando che:

F[

1

t2 + 1

]= 2

∫ ∞

0

cos ωt

1 + t2dt

e usando il teorema dei residui per

f(z) =ejz

1 + z2).

7) Calcolare:∞∑

0

sin(2nπa)

n, a > 0,

usando la formula di Poisson.

Page 217: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

216

Lezione 43

Trasformata di Laplace di funzioni.

Sia f : R −→ C una funzione localmente sommabile. Sia s = σ + jω unavariabile complessa. Si dice trasformazione di Laplace bilatera, e si indica con L, lacorrispondenza:

L : f −→ L[f ] =∫ ∞

−∞f(t)e−stdt = FL(s).

Si dice trasformazione di Laplace unilatera, e si indica con Lu, la corrispondenza:

Lu : f −→ Lu[f ] =∫ ∞

0f(t)e−stdt = FLu(s).

La definizione scritta mette subito in evidenza un primo legame fondamentale tratrasformata di Laplace e di Fourier. Infatti:

L[f ] = F [e−σtf(t)].

Siamo dunque in grado di asserire che la trasformata di Laplace esiste per tutti i σreali tali per cui e−σtf(t) e distribuzione a crescita lenta. Possiamo pertanto definireil dominio di esistenza della trasformata di Laplace nel modo seguente.

Dominio di esistenza della trasformata di Laplace.

Si dice dominio di esistenza della trasformata di Laplace e si indica con domLFL(s),l’insieme dei punti s definito da:

domLFL(s) =s : e−<(s)tf(t) ∈ S ′

.

Il dominio di esistenza caratterizza in modo univoco l’immagine di una funzione fsotto trasformazione di Laplace: infatti due funzioni differenti possono avere la stessatrasformata di Laplace, ma con domini di esistenza differenti, come mostra il seguenteesempio.

Esempio.

Consideriamo la funzione u(t) e calcoliamone la sua trasformata di Laplace:

L[u] =∫ ∞

−∞u(t)e−stdt =

∫ ∞

0e−stdt = −1

s

[e−st

]∞0

=1

s,<(s) > 0,

e risulta:domLFL(s) = s : <(s) > 0,

altrimenti non sarebbe possibile calcolare la primitiva al limite t →∞. Consideriamoora la funzione −u(−t) e calcoliamone la sua trasformata di Laplace:

L[−u(−t)] = −∫ ∞

−∞u(−t)e−stdt = −

∫ 0

−∞e−stdt =

1

s

[e−st

]0

−∞ =1

s,<(s) < 0,

Page 218: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

217

e risulta:

domLFL(s) = s : <(s) < 0,altrimenti non sarebbe possibile calcolare la primitiva al limite t → −∞.

Le due funzioni u(t),−u(−t) hanno dunque la stessa trasformata F (s) =1

s: pero

i domini di esistenza di1

scome trasformata sono diversi : nel caso f(t) = u(t) si ha

domLFL(s) = s : <(s) > 0, nel caso f(t) = −u(−t) si ha domLFL(s) = s : <(s) <0.

Vale il seguente fondamentale teorema:

l’insieme domLFL(s) e una striscia verticale aperta che puo essere un semipiano oppureanche l’intero piano complesso e FL(s) e una funzione analitica in ogni punto s didomLFL(s).

Cominciamo con il dimostrare che il dominio e una striscia verticale aperta. Poiche:

∣∣∣∣∫ ∞

−∞f(t)e−stdt

∣∣∣∣ <∫ 0

−∞|f(t)|e−σtdt +

∫ ∞

0|f(t)|e−σtdt

basta discutere separatamente l’esistenza dei due integrali

∫ 0

−∞|f(t)|e−σtdt,

∫ ∞

0|f(t)|e−σtdt

che corrispondono rispettivamente al caso t < 0, t > 0.

a) Caso t > 0. Supponiamo esista σ1 tale che:

∫ ∞

0|f(t)|e−σ1tdt < ∞.

Allora:

∀σ > σ1,∫ ∞

0|f(t)|e−σtdt < ∞.

Infatti, essendo per ∀t > 0, e−(σ−σ1)t < 1, si ha:

|f(t)|e−σt = |f(t)|e−(σ−σ1)te−σ1t < |f(t)|e−σ1t

e pertanto: ∫ ∞

0|f(t)|e−σtdt <

∫ ∞

0|f(t)|e−σ1tdt < ∞.

Sia ora:

σ1f = infσ1 :

∫ ∞

0|f(t)|e−σ1tdt < ∞

Si dice che σ1f e la prima ascissa esponenziale (o ascissa esponenziale destra). Allora:

∀σ > σ1f ,∫ ∞

0|f(t)|e−σ1tdt < ∞

Page 219: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

218

e pertanto l’integrale esiste in un semipiano destro aperto:

S1 = s : <(s) > σ1f .

b) Caso t < 0. Si procede in modo analogo. Supponiamo che esista σ2 tale che:

∫ 0

−∞|f(t)|e−σ2t < ∞.

Allora:

∀σ < σ2,∫ 0

−∞|f(t)|e−σtdt < ∞.

Infatti, essendo per ∀t < 0, e−(σ−σ2)t < 1, si ha

|f(t)|e−σt = |f(t)|e−(σ−σ2)te−σ2t < |f(t)|e−σ2t

e pertanto: ∫ 0

−∞|f(t)|e−σtdt <

∫ 0

−∞|f(t)|e−σ2tdt < ∞.

Sia ora:

σ2f = supσ2 :

∫ 0

−∞|f(t)|e−σ2tdt < ∞

Si dice che σ2f e la seconda ascissa esponenziale (o ascissa esponenziale sinistra)Allora:

∀σ < σ2f ,∫ 0

−∞|f(t)|e−σ2tdt < ∞

e pertanto l’integrale esiste in un semipiano sinistro aperto:

S2 = s : <(s) < σ2f .

Si conclude pertanto che: ∫ ∞

−∞|f(t)|e−σtdt

esiste quandoS1 ∩ S2 6= ∅

e questo avviene se e solo se:σ1f < σ2f .

Segue allora:domLFL(s) = s : σ1f < <(s) < σ2f

che definisce una striscia verticale aperta. Consideriamo ora ∀n, la funzione

tne−σte−jωt.

Allora, se e−σt ∈ S ′, allora ∀n, tne−σt ∈ S ′. Segue che la trasformata di Laplace ditnf ha la stessa striscia di esistenza della trasformata di Laplace di f . Ma allora:

∀n, ∀s ∈ domLFL(s),d(n)FL(s)

dsn=

R(−1)ntnf(t)e−stdt

Page 220: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

219

e questo prova l’analiticita di FL(s), poiche ∀n la derivata esiste nella regione

s : σ1f < <(s) < σ2f .

Una prima conseguenza fondamentale di questo teorema e che, se l’asse jω e internoalla striscia verticale di esistenza, allora si puo calcolare la trasformata di Fourier dif semplicemente passando al limite per σ → 0 nella funzione analitica FL(s):

F [f ] = limσ→0

FL(s).

Esempio di determinazione del dominio di esistenza.

Determinare la striscia di esistenza di L[e−α|t|] e calcolare:

L[e−α|t|] = FL(s), α > 0

Osserviamo che e−α|t|e−st = u(t)e−(α+s)t + u(−t)e(α−s)t. Allora, per t > 0, e−(s+α)t

decresce quando <(s) > −α, mentre per t < 0 e(α−s)t decresce quando <(s) < α.Segue σ1f = −α, σ2f = α e allora:

domLFL(s) = s : −α < <(s) < α .

Con questo risultato allora si possono calcolare i limiti per t → ±∞ (sono entrambinulli) e pertanto si ha:

L[e−α|t|] = FL(s) =∫

Re−α|t|e−stdt =

∫ 0

−∞eαte−stdt +

∫ ∞

0e−αte−stdt

=1

α− s

[e(α−s)t

]0

−∞ −1

α + s

[e−(α+s)t

]∞0

=1

α− s+

1

α + s=

α2 − s2.

Questo esempio ci permette anche di calcolare subito la trasformata di Fourier dellafunzione e−α|t|: infatti:

F [e−α|t|] = limσ→0

α2 − s2= lim

σ→0

α2 − σ2 + ω2 − 2jωσ=

α2 + ω2.

Page 221: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

220

Lezione 44

Striscie di esistenza e inversione della trasformata di Laplace.

Ascisse di convergenza per funzioni con comportamento simile per t →∞e t → −∞.

i) Per le funzioni a supporto limitato:

σ1f = −∞, σ2f = ∞.

segue allora che FL(s) e analitica nell’intero piano complesso, cioe intera. Pertantoesiste anche la trasformata di Fourier che e funzione ottenuta passando al limite perσ → 0.

ii) Per le funzioni a decrescita rapida:

−∞ ≤ σ1f < 0 < σ2f < ∞.

La striscia di esistenza per FL(s) puo anche essere un semipiano o l’intero pianocomplesso e la trasformata di Fourier esiste sempre come funzione ottenuta passandoal limite per σ → 0.

iii) Per le funzioni a crescita lenta:

σ1f = σ2f = 0.

Esiste solo la trasformata di Fourier come distribuzione e non esiste la trasformata diLaplace.

iv) Per le funzioni a crescita esponenziale (come e|t|, et2) si ha:

−∞ ≤ σ2f < 0 < σ1f < ∞e allora non esiste ne la trasformata di Fourier ne quella di Laplace.

Ascisse di convergenza per funzioni unilatere

Se la funzione f e unilatera, allora σ2f = ∞. Allora:

i) f a supporto limitato a destra: in questo caso σ1f = −∞ e FL(s) e intera.

ii) f a decrescita rapida a destra: in questo caso −∞ ≤ −σ1f < 0 e FL(s) e analiticain un semipiano destro che contiene l’asse ω (esiste allora anche la trasformata diFourier ed e funzione).

f a crescita lenta. In questo caso σ1f = 0 e FL(s) e analitica in un semipiano destroche puo includere o non includere l’asse ω (in generale allora la trasformata di Fourieresiste o come funzione o come distribuzione).

Page 222: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

221

iv) f a crescita esponenziale: FL(s) e allora analitica in un semipiano destro che noncontiene ω e allora non esiste la trasformata di Fourier.

Formula di inversione di Riemann-Fourier.

La formula di inversione per la trasformazione di Laplace si deduce facilmente dallaformula di inversione per la trasformazione di Fourier. Sia data infatti L[f ] = FL(s):risulta allora assegnato

s : σ1f < <(s) < σ2f .

Ora, fissiamo un numero reale σ0 : σ1f < σ0 < σ2f. Si vede subito che la funzionedi ω:

FL(σ0 + jω) = F [e−σ0tf(t)]

e una trasformata di Fourier dalla quale, mediante la formula di antitrasformazione,puo essere ottenuta la funzione e−σ0tf(t). Esplicitamente:

e−σ0tf(t) =1

RFL(σ0 + jω)ejωtdω.

Questo integrale puo essere ricondotto ad una integrazione complessa, effettuando ilcambiamento di variabile:

s = σ0 + jω ⇒ ds = jdω, jω = s− σ0,∞→ σ0 + j∞,−∞→ σ0 − j∞.

Sostituendo:

e−σ0tf(t) =1

RFL(σ0 + jω)ejωtdω

=1

∫ σ0+j∞

σ0−j∞1

jFL(s)e(s−σ0)tds =

1

2jπe−σ0t

∫ σ0+j∞

σ0−j∞FL(s)estds

e pertanto:

f(t) =1

2πj

∫ σ0+j∞

σ0−j∞FL(s)estds.

La formula precedente si dice formula di antitrasformazione di Riemann-Fourier e laretta s = σ0 e una retta parallela all’asse immaginario jω che si dice anche camminodi Bromwich: l’integrale e allora un integrale di un tipo gia visto e si calcola usandoil Lemma di Jordan. Si dimostra facilmente che il risultato non dipende dalla sceltadel cammino di Bromwich.

Infatti, scegliamo un’altra retta s = σ′ diversa da s = σ0 e congiungiamo entrambecon due segmenti paralleli all’asse reale =(s) = R,=(s)−R. Otterremo un rettangoloil cui perimetro si sceglie come cammino chiuso semplice di integrazione per FL(s)est:risulta allora che l’integrale di Riemann-Fourier su <(s) = σ0 e percorso in versoopposto a quello su <(s) = σ′ . Essendo FL(s) analitica l’integrale vale 0. Passandoal limite per R → ∞ e usando il Lemma di Jordan si conclude che i contributidovuti ai due segmenti paralleli all’asse reale sono nulli e segue che gli integrali diRiemann-Fourier su <(s) = σ0 e su <(s) = σ′ sono eguali.

Nel calcolo di una antitrasformata, la presenza dell’esponenziale eσtejωt stabiliscela regola che nel caso t > 0 si e obbligati a scegliere un cammino di chiusura contenutoin un semipiano sinistro (chiusura a sinistra) mentre nel caso t < 0 si e obbligati

Page 223: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

222

a scegliere un cammino di chiusura contenuto in un semipiano destro (chiusura adestra). Inoltre va sempre dichiarato a priori il dominio di esistenza entro il qualescegliere il cammino di Bromwich. Ad esempio, per una funzione razionale con Npoli, i possibili domini di esistenza sono al piu N + 1 (tenendo dunque conto chepossono anche esserci poli immaginari puri).

Esempi. 1) Calcolare tutte le possibili antitrasformate della funzione:

F (s) =s

s2 + 1.

In questo caso i poli sono s = ±j e le possibili striscie di esistenza sono solo due ecioe <(s) > 0 e <(s) < 0. Si vede inoltre che la ipotesi di applicabilita del Lemma diJordan risulta soddisfatta:

lims→∞F (s) = 0.

a) Sia σ0 > 0. Allora, nel caso t > 0 si deve scegliere la chiusura a sinistra. Sonocoinvolti entrambi i poli e tenendo conto che il verso di percorrenza e quello antiorario,si trova:

R ss2+1

(j) = R ss2+1

(−j) =1

2

da cui:

f(t) =1

2jπ

∫ σ0+j∞

σ0−j∞s

s2 + 1estds =

1

2ejt +

1

2e−jt = cos t.

Invece, nel caso t < 0 si chiude a destra, nessun polo e coinvolto e segue f(t) = 0. Ilrisultato finale e allora:

f(t) = u(t) cos t.

b) Sia σ0 < 0.Allora, nel caso t > 0 si deve scegliere la chiusura a sinistra, nessun poloe coinvolto e segue f(t) = 0. Invece, nel caso t < 0 si chiude a destra, sono coinvoltientrambi i poli e tenendo conto che il verso di percorrenza e quello orario, si trova:

f(t) =1

2jπ

∫ σ0+j∞

σ0−j∞s

s2 + 1estds = −1

2ejt − 1

2e−jt = − cos t.

Il risultato finale e allora:f(t) = −u(−t) cos t.

Abbiamo dunque ottenuto due funzioni differenti a partire dalla stessa trasformata,utilizzando pero due striscie di esistenza differenti tra loro.

2) Calcolare tutte le possibili antitrasformate della funzione:

F (s) =s

(s + 1)(s− 2).

In questo caso i poli sono tutti reali (s1 = −1, s2 = 2) e le possibili striscie di esistenzasono tre. L’ipotesi di applicabilia del Lemma di Jordan e soddisfatta. I residui della

Page 224: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

223

funzione nei due poli sono:

R s(s+1)(s−2)

est(−1) =e−t

3, R s

(s+1)(s−2)(2) =

2e2t

3

a) Sia σ0 > 2. Allora, nel caso t > 0 si deve scegliere la chiusura a sinistra. Sonocoinvolti entrambi i poli e tenendo conto che il verso di percorrenza e quello antiorario,si trova:

f(t) =e−t + 2e2t

3.

Invece, nel caso t < 0 si chiude a destra, nessun polo e coinvolto e segue f(t) = 0. Ilrisultato finale e allora:

f(t) = u(t)e−t + 2e2t

3.

b) Sia −1 < σ0 < 2. Allora, nel caso t > 0 si deve scegliere la chiusura a sinistra.Risulta coinvolto il polo s1 = −1 e tenendo conto che il verso di percorrenza e quelloantiorario, si trova:

f(t) =e−t

3.

Invece, nel caso t < 0 si chiude a destra, risulta coinvolto il polo s2 = 2 e tenendoconto che il verso di percorrenza e quello orario si ha:

f(t) = −2e2t

3.

In definitiva:

f(t) = u(t)e−t

3− u(−t)

2e2t

3.

c) Sia σ0 < −1. Allora nel caso t > 0 si deve scegliere la chiusura a sinistra. Nessunpolo e coinvolto e pertanto:

f(t) = 0.

Invece, nel caso t < 0 si chiude a destra, risultano coinvolti entrambi i poli s2 =−1, s2 = 2 e tenendo conto che il verso di percorrenza e quello orario si ha:

f(t) = −e−t + 2e2t

3.

Il risultato finale e:

f(t) = −u(−t)e−t + 2e2t

3.

Dagli esempi precedenti risulta anche che, se si piazza il cammino di Bromwich alladestra del polo con la parte reale piu grande, allora la antitrasformata relativa risultaessere la antitrasformata unilatera della funzione FL(s). Se invece si piazza il camminodi Bromwich alla sinistra del polo con la parte reale piu piccola si ottiene la cosiddettaantitrasformata antiunilatera di FL(s).

Page 225: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

224

Lezione 45

Proprieta della trasformata di Laplace.

Le proprieta della trasformazione di Laplace sono ovviamente le stesse della trasfor-mazione di Fourier: va pero tenuto conto del dominio di esistenza della trasformatadi Laplace di ogni funzione in esame. Inoltre saranno evidenziate le proprieta dellatrasformazione unilatera di Laplace, quando queste si discostino dalle proprieta dellatrasformazione bilatera.

1) Linearita.

Siano f , g tali che esistono le trasformate

L[f ] = FL(s),L[g] = GL(s)

e siano:domLF (s) =]σ1f , σ2f [, domLG(s) =]σ1g, σ2g[

le rispettive striscie di esistenza. Allora:

∀λ1, λ2 ∈ C, L[λ1f + λ2g] = λ1FL(s) + λ2GL(s)

e la striscia di esistenza e (purche sia sup(σ1f , σ1g) < inf(σ2f , σ2g):

] sup(σ1f , σ1g), inf(σ2f , σ2g[.

Si noti che la condizione sulla striscia di esistenza e necessaria al fine di evitare errorisull’esistenza della trasformata di Laplace.

Ad esempio, ci possiamo chiedere se ∃L[1]. Se scriviamo 1 = u(t) + u(−t) eapplichiamo la linearita senza controllare quale sia la striscia di esistenza, troviamo:

L[1] = L[u(t) + u(−t)] =1

s− 1

s= 0

mentre, se si fosse controllato a priori il dominio, si sarebbe potuto vedere che essoera l’insieme vuoto (infatti sup(σ1f , σ1g) = 0, inf(σ2f , σ2g = 0).

2) Cambiamento di scala.

Sia f funzione tale che esiste la trasformata L[f ] = FL(s) con dominio

domLF (s)F (s) =]σ1f , σ2f [.

Allora,

∀a 6= 0, L[f(at)] =1

|a|FL(s

a)

e la striscia di esistenza e |a|domLF (s).

Page 226: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

225

3) Traslazione nel tempo.

Sia f funzione tale che esiste la trasformata L[f ] = FL(s) con dominio domLF (s) =]σ1f , σ2f [. Allora,

∀t0, L[f(t− t0)] = e−st0FL(s)

e la striscia di esistenza rimane invariata.

4) Traslazione nella frequenza complessa s.

Sia f funzione tale che esiste la trasformata L[f ] = FL(s) con dominio domLF (s) =]σ1f , σ2f [. Allora,

∀s0, L[es0tf(t)] = FL(s− s0)

e la striscia di esistenza e s0 + domLF (s).

5) Derivazione nel tempo.

Sia f funzione tale che esiste la trasformata L[f ] = FL(s) con dominio domLF (s) =]σ1f , σ2f [. Allora, se esiste f ′ ed e funzione, allora:

L[f ′] = sFL(s).

Se esistono le derivate fino all’ordine N e sono funzioni, allora:

L[f (k)] = skFL(s), k = 1, 2, ..N,

e la striscia di esistenza rimane invariata.

6) Derivazione nella frequenza complessa s.

Sia f funzione tale che esiste la trasformata L[f ] = FL(s) con dominio domLF (s) =]σ1f , σ2f [. Allora, ricordando che FL(s) e una funzione analitica:

∀n,dnFL(s)

dsn= L[(−t)nf ]

e la striscia di esistenza rimane invariata.

7) Trasformata di un prodotto di convoluzione.

Siano f , g tali che esistono le trasformate

L[f ] = FL(s),L[g] = GL(s)

e supponiamo esista f ∗ g. Allora:

L[f ∗ g] = FL(s)GL(s),

e la striscia di convergenza e

domLF (s) ∩ domLG(s).

Page 227: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

226

Questo risultato permette di individuare il metodo piu conveniente per il calcolo diun prodotto di convoluzione. Se sono note le trasformate di Laplace di due funzionif, g, allora:

f ∗ g = L−1[FL(s)GL(s)]

La formula corrispondente per la trasformata di un prodotto ordinario e simile aquella ricavata nel caso della trasformazione di Fourier:

L[fg] =1

2πj

∫ σ0+j∞

σ0−j∞FL(σ)GL(s− σ)dσ

ove σ0 individua una retta parallela all’asse immaginario compresa in

domLF (s) + domLG(s)

(che e l’insieme dei complessi

s = sF + sG : sF ∈ domLF (s), sG ∈ domLG(s)).

8) Trasformata di un integrale indefinito.

Sia f funzione tale che esiste la trasformata L[f ] = FL(s) con dominio domLF (s) =

]σ1f , σ2f [. Allora, se esiste∫ t

0f(τ)dτ si ha:

L[∫ t

0f(τ)dτ

]=

FL(s)s

e la striscia di convergenza risulta essere:

] sup(σ1f , 0), σ2f [.

Proprieta specifiche della trasformazione unilatera.

Se si considera la trasformata unilatera Lu, le proprieta che non sono valide nellaforma scritta sopra sono tutte quelle che comportano una variazione dei limiti diintegrazione (ad esempio, il cambiamento di scala e la traslazione nel tempo).

Merita evidenziare la corrispondente proprieta della trasformazione unilatera neiriguardi della derivazione. Infatti, ∀s ∈ domLuF (s):

Lu[f′] =

∫ ∞

0f ′(t)e−stdt = [f(t)e−st]∞0 + s

∫ ∞

0f(t)e−stdt = −f(0) + sFLu(s)

Una semplice generalizzazione allora porta a scrivere ∀s ∈ domLuF (s):

Lu[f(n)] = snFLu(s)− sn−1f(0)− sn−2f ′(0)− ..− sfn−2(0)− fn−1(0).

La striscia di convergenza rimane invariata.

Anche per la trasformazione unilatera del prodotto di convoluzione vanno osservatele opportune cautele. Infatti:

Lu[f ∗ g] =∫ ∞

0

(∫ ∞

−∞f(τ)g(t− τ)dτ

)e−stdt =

∫ ∞

−∞f(τ)dτ

∫ ∞

0g(t− τ)e−stdt

Page 228: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

227

=∫ ∞

−∞f(τ)e−sτdτ

∫ ∞

−τg(θ)e−sθdθ

e l’ultimo integrale non coincide per nulla con Lu[f ] · Lu[g]. Risulta invece vera laseguente proprieta:

L[u(t)f(t) ∗ u(t)g(t)] = Lu[f ] · Lu[g].

Page 229: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

228

Lezione 46

Trasformate notevoli di funzioni.

L’uso delle proprieta della trasformazione di Laplace permette il calcolo di trasfor-mate in modo semplice e senza ricorso alla definizione.

Esempio 1.

Partiamo dal risultato:

L[u(t)] =1

s, domLF (s) = s : <(s) > 0 .

Allora, applicando m volte la proprieta di integrazione, si ricava:

L[u(t)

tm−1

(m− 1)!

]=

1

sm, domLF (s) = s : <(s) > 0 .

e con la proprieta di traslazione si ottiene:

L[u(t)

es0ttm−1

(m− 1)!

]=

1

(s− s0)m, domLF (s) = s : <(s) > <(s0) .

Questo risultato puo essere interpretato in questo modo: la antitrasformata unilateradi una funzione razionale propria e una combinazione lineare di prodotti di potenze dit per esponenziali complessi. Sia data infatti una funzione razionale propria in s chepresenta n poli s1, .., si, .., sn con molteplicita m1,m2, .., mi, .., mn rispettivamente:

F (s) =∑

k,lk

Ak,−lk

(s− sk)lkk = 1, 2, .., n, lk = 1, 2, ..mk

Scelto il cammino di Bromwich in modo che sia alla destra della parte reale del polocon parte reale piu grande, si trova:

L−1

k,lk

Ak,−lk

(s− sk)lk

= u(t)

k,lk

Ak,−lktlk−1eskt

(lk − 1)!

L’estensione al caso λ ∈ R, λ > 0 avviene tramite la funzione Γ(λ) di Eulero:

L[u(t)

es0ttλ−1

Γ(λ)

]=

1

(s− s0)λ, domLF (s) = s : <(s) > <(s0) .

Un caso particolare delle formule precedenti e rappresentato dal calcolo della trasfor-mata di Laplace delle funzioni trigonometriche. Si ha infatti:

L[u(t)ejω0t] =1

s− jω0

, L[u(t)e−jω0t] =1

s + jω0

, domLF (s) = s : <(s) > 0 .

Page 230: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

229

Per linearita si ricava subito:

L[u(t) cos ω0t] =s

s2 + ω20

, L[u(t) sin ω0t] =ω0

s2 + ω20

, domLF (s) = s : <(s) > 0 .

Esempio 2.

Trasformata di Laplace di

f(t) = u(t)sin t

t.

Sia FL(s) = L[u(t)

sin t

t

]. Allora:

L[−tu(t)

sin t

t

]=

dFL(s)ds

= L [−u(t) sin t] = − 1

1 + s2= − 1

s2

1

1 +1

s2

=d

(1

s

)

1 +(

1

s

)2

Pertanto:

FL(s) = arctan1

s+ k

Ora:

L−1[arctan

1

s+ k

]= u(t)

sin t

t+ kL−1[1]

e dovendo questa identita essere vera ∀t, segue k = 0 e allora

FL(s) = arctan1

s, domLF (s) = s : <(s) > 0 .

Consideriamo ora la funzione integralseno definita da:

Si(t) =∫ t

0

sin τ

τdτ

Usando la proprieta di integrazione segue subito:

L [u(t)Si(t)] =1

sarctan

1

s, domLF (s) = s : <(s) > 0 .

Esempio 3.

Se le funzioni sono a supporto limitato, la trasformata di Laplace risulta essere unafunzione analitica intera. Sia data la funzione a supporto limitato: f(t) = t[u(t) −u(t− T )]. Allora:

FL(s) = L [t[u(t)− u(t− T )]] = − d

ds

1

s+

d

ds

e−sT

s=

1

s2(1− e−sT − sTe−sT )

che risulta intera in quanto

lims→0

FL(s) =T 2

2.

Page 231: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

230

Sia data ora la funzione a supporto limitato:

f(t) = k[u(t)− 2u

(t− T

2

)+ u(t− T )

].

Segue subito che:

FL(s) =k

s

[1− 2e−s T

2 + e−sT]

=k

s(1− e−s T

2 )2

che risulta intera in quantolims→0

FL(s) = 0.

Sia infine data la funzione a supporto limitato:

f(t) =2k

T

[tu(t)− 2

(t− T

2

)u

(t− T

2

)+ (t− T )u(t− T )

].

Si ottiene, usando le proprieta di derivazione e di traslazione :

FL(s) =2k

T

1

s2− 2

s2e−

sT2 +

1

s2e−sT =

2k

Ts2(1− e−s T

2 )2

che risulta intera in quanto

lims→0

FL(s) =kT

2.

Trasformata unilatera di una funzione periodica.

Una funzione periodica di periodo T si puo sempre scrivere sotto la forma:

f(t) =∞∑

−∞f0(t− nT )

ove:

f0(t) =

f(t) 0 < t < T0 t < 0, t > T

Il supporto di f0(t− nT ) e l’intervallo [nT, (n + 1)T ]. Si ha subito:

Lu

[ ∞∑

−∞f0(t− nT )

]=

∞∑

0

∫ (n+1)T

nTf0(t− nT )e−stdt =

∞∑

0

e−nTs∫ T

0f0(t

′)e−st′dt′

avendo osservato che la trasformata unilatera elimina i termini della somma con n < 0e che si puo fare il cambiamento di variabile t′ = t− nT . Segue allora:

FL(s) = F0L(s)∞∑

0

e−nTs

ove:

F0L(s) =∫ T

0f0(t)e

−stdt.

Essendo f0 a supporto limitato, segue che F0L(s) e analitica intera. La serie geomet-rica fornisce, quando <(s) > 0:

∞∑

0

e−nTs =1

1− e−sT

Page 232: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

231

e segue il risultato finale:

Lu[f(t)] =F0L(s)

1− e−sT.

Essendo le funzioni a numeratore e a denominatore intere, si ricava che la trasformataunilatera di un funzione periodica di periodo T e una funzione meromorfa.

Esempio.

Calcolare la trasformata unilatera della funzione:

f(t) =∞∑

−∞f0(t− nT )

ove:

f0(t) = k[u(t)− 2u

(t− T

2

)+ u(t− T )

].

Poiche:

F0L(s) =k

s(1− e−s T

2 )2

si ricava subito:

Lu[f(t)] =F0L(s)

1− e−sT=

k

s

(1− e−s T2 )2

1− e−sT

=k

s

(1− e−s T2 )

1 + e−s T2

= tanhsT

4.

Page 233: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

232

Lezione 47

Trasformazione di Laplace nell’ambito delle distribuzioni.

La trasformata di Laplace potra essere definita nel caso delle distribuzioni ∈ D′.Basta infatti utilizzare la relazione:

L[f ] = F [e−σtf(t)]

tra la trasformata di Laplace di una funzione f e la trasformata di Fourier di e−σtfper definire la trasformata di Laplace di una distribuzione f ∈ D′ come la trasformatadi Fourier della distribuzione e−σt · f . In simboli:

Lf(t)(σ + jω) = Fe−σt · f(t)(ω) = FL(s).

Si dice trasformazione di Laplace nell’ambito delle distribuzioni ∈ D′ in la corrispon-denza:

L : f ∈ D′ −→ Lf(t).Si definisce anche la trasformazione unilatera di distribuzioni nel modo seguente (es-sendo u(t) una versione infinitamente derivabile di u(t):

Lu : f ∈ D′ −→ Lu(t) · f(t).Il dominio di esistenza della trasformata di Laplace di una distribuzione f e definitoda:

domLFL =s = σ + jω : e−σt · f(t) ∈ S ′

.

Vale il seguente risultato fondamentale:

Sia f ∈ D′ una distribuzione. Il dominio di esistenza della trasformata di LaplaceLf(t) e una striscia verticale aperta (che puo essere un semipiano oppure anchel’intero piano complesso) e, all’interno del dominio di esistenza Lf(t) = FL(s) euna funzione analitica di s.

La prima parte si dimostra con la stessa tecnica usata per le funzioni. Cominciamodal caso t > 0. Supponiamo che:

∃ σ1 : e−σ1t · f ∈ S ′.Allora

∀σ > σ1, e−σt · f ∈ S ′.Infatti:

e−σt = e−(σ−σ1)te−σ1t < e−σ1t

e a maggior ragionee−σt · f ∈ S ′.

Detto:σ1f = inf

σ1 : e−σ1t · f ∈ S ′

Page 234: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

233

segue subito che ∀σ > σ1f , e−σt · f ∈ S ′. σ1f si dice prima ascissa di esistenza dellatrasformata di Laplace della distribuzione f .

Nel caso t < 0 si procede analogamente. Supponiamo che:

∃ σ2 : e−σ2t · f ∈ S ′.

Allora∀σ < σ2, e−σt · f ∈ S ′.

Infatti:e−σt = e−(σ−σ2)te−σ2t < e−σ2t

e a maggior ragionee−σt · f ∈ S ′.

Detto:σ2f = sup

σ1 : e−σ1t · f ∈ S ′

segue subito che ∀σ < σ2f e−σt · f ∈ S ′. σ2f si dice seconda ascissa di esistenza dellatrasformata di Laplace della distribuzione f . Si conclude che:

domLFL

risulta non vuoto quando:σ1f < σ2f

e in tal caso si tratta di una striscia verticale.Veniamo ora alla dimostrazione della seconda parte. Sia s ∈ domLFL. Poiche

Lf = FL(σ + jω) e una funzione di σ infinitamente derivabile in σ, possiamoscrivere:

∂σFL(σ + jω) =

∂σFe−σt · f = F(−t)e−σt · f

e te−σt e ancora a decrescita rapida. Usiamo ora la proprieta di derivazione rispettoa ω della trasformazione di Fourier. Ricaviamo:

1

j

∂ωLf =

1

j

∂ωFe−σt · f =

1

jF(−jt)e−σt · f = F(−t)e−σt · f

e per confronto:∂

∂σFL =

1

j

∂ωLf.

Risulta allora FL(σ + jω) funzione al piu a crescita lenta sulle rette verticali ap-partenenti alla striscia verticale aperta domLFL e dunque funzione analitica in dettastriscia verticale (che e una regione).

Inversione della trasformata di Laplace nella’ambito delle distribuzioni.

Sia f ∈ D′ distribuzione che non sia una funzione: ovviamente non si puo applicarela formula di inversione di Riemann-Fourier per il fatto che FL(σ + jω) e funzionea crescita lenta in ω, fatto che impedisce l’uso del Lemma di Jordan nel calcolodell’integrale. Daremo quindi la seguente definizione dell’antitrasformata di Laplace.

Page 235: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

234

Sia FL(σ + jω) una funzione analitica a crescita lenta in ω in una striscia verticale

σ1f < <(s) < σ2f .

Allora, se∀σ ∈]σ1f , σ2f [

la distribuzione:f(t; σ) = eσtF−1FF(σ + jω)

risulta indipendente da σ, si dice che f(t; σ) e l’antitrasformata di Laplace di FF(σ +jω).

Ci si chiede se, data una funzione analitica F (s) che sia analitica in una strisciaverticale, tale funzione possa sempre essere considerata come la trasformata di Laplacedi una opportuna distribuzione. La risposta a questo quesito e fornita dal seguenterisultato:

Sia F (s) funzione di variabile complessa s. Allora le seguenti condizioni sono equiv-alenti:

i) F (s) e la trasformata di Laplace di una distribuzione f con dominio di esistenzacostituito da una striscia verticale finita (che puo essere un semipiano o l’intero pianocomplesso);

ii) F (s) e una funzione analitica a crescita lenta su striscie verticali finite (susemipiani, o l’intero piano complesso).

Infatti la trasformata di Laplace e una funzione analitica che in ω puo al massimoessere a crescita lenta.

Esempi di funzioni che non possono essere trasformate di Laplace di alcunadistribuzione.

1) Sia λ = λ1 + jλ2, λ2 6= 0. Consideriamo la funzione:

F (s) = e(λ1+jλ2)(σ+jω) = eλ1σ−λ2ωej(λ2σ+λ1ω)

Lungo parallele all’asse ω la funzione non e a crescita lenta e pertanto non esistenessuna distribuzione f di cui eλs sia trasformata di Laplace. Ad esempio, F (s) = ejs

non puo essere trasformata di Laplace di alcuna distribuzione.

2) Sia

F (s) = e−s2

= eω2−σ2

e−2jωσ.

La funzione non e a crescita lenta in ω, dunque non puo essere antitrasformata. Invecela funzione:

F (s) = es2

= eσ2−ω2

e2jωσ

e addirittura a decrescita rapida in ω e dunque la sua antitrasformata esiste come

funzione (si tratta della gaussiana1

2√

πe−

14t2).

Comportamento di F (s) agli estremi del dominio di esistenza.

Page 236: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

235

Sia F(s) una funzione analitica in un semipiano destro S: si dice indice di crescitaesponenziale destra il numero reale

αF = inf α : F (s) = eαF sG(s), G(s) a crescita lenta in S .

Si dice ascissa del fronte di una distribuzione f(t) il numero reale

tf = sup a : f = 0 ∀ t < a .

Vale il seguente risultato (teorema dell’ascissa del fronte): Sia f ∈ D′ tale cheesista Lf = FL(s). Allora, detto αF l’indice di crescita esponenziale destra diFL(s), vale la seguente identita:

tf = −αF .

Il significato concreto di questo teorema e il seguente: tanto piu f comincia in ritardorispetto a t = 0, tanto piu velocemente decresce F (s) per s −→∞.

Ad esempio u(t) ha come trasformata1

s, u(t − 1) ha come trasformata

e−s

s: nel

primo caso tf = 0, nel secondo caso tf = 1.La dimostrazione del teorema dell’ascissa del fronte e basata sul risultato seguente:

data una distribuzione f ∈ D′ che sia la distribuzione nulla per t < a allora la suatrasformata di Laplace FL(s) e analitica in un semipiano destro e si puo metteresotto la forma:

F (s) = e−asG(s)

essendo G(s) a crescita lenta in s. Allora:

tf = sup a : f = 0 ∀ t < a

= supa : F (s) = e−asG(s), G(s) a crescita lenta in S

= sup −α : F (s) = eαsG(s), G(s) a crescita lenta in S= − inf α : F (s) = eαsG(s), G(s) a crescita lenta in S = −αF .

Page 237: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

236

Lezione 48

Trasformate di distribuzioni notevoli, teorema del valore iniziale e finale.

Con l’uso delle proprieta che verranno ora elencate, saremo in grado di calcolare letrasformate di Laplace delle distribuzioni piu importanti. Prima di ogni calcolo, ci sideve pero assicurare che il dominio di esistenza della trasformata di Laplace sia nonvuoto.

Vediamo prima di tutto le proprieta, con l’osservazione che la dimostrazione eimmediata, grazie al legame tra trasformata di Laplace e di Fourier.

Proprieta della trasformazione di Laplace.

1 - Linearita.

Siano f, g distribuzioni dotate di trasformate di Laplace FL(s), GL(s) nei rispettividomini di esistenza domLFL, domLGL. Allora:

∀λ1, λ2 ∈ C, Lλ1f + λ2g = λ1Lf+ λ2Lg, s ∈ domLFL ∩ domLGL

2 - Cambiamento di scala.

Sia a ∈ R, a 6= 0 e sia f distribuzione per cui ∃FL(s) in domLFL. Allora:

Lf(at) =1

|a|FL(

s

a

), s ∈ |a|domLFL.

3 - Traslazione in t.

Sia f distribuzione per cui ∃FL(s) in domLFL e sia t0 ∈ R. Allora:

Lf(t− t0) = e−st0FL (s) , s ∈ domLFL.

4 - Traslazione in s.

Sia f distribuzione per cui ∃FL(s) in domLFL e sia s0 ∈ C. Allora:

Les0t · f(t) = FL (s− s0) , s ∈ s0 + domLFL.

5 - Derivazione in t.

Sia f distribuzione per cui ∃FL(s) in domLFL. Allora:

Lf ′(t) = sFL (s) , s ∈ domLFL.

Page 238: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

237

6 - Derivazione in ω.

Sia f distribuzione per cui ∃FL(s) in domLFL. Allora:

L(−t) · f(t) =dFL (s)

ds, s ∈ domLFL.

In particolare, se si considera la trasformata unilatera e se esiste f(0) :

Luf ′(t) = sFLu (s)− f(0), s ∈ domLFLu .

7 - Convoluzione.

Siano f, g distribuzioni dotate di trasformate di Laplace FL(s), GL(s) nei rispettividomini di esistenza domLFL, domLGL e tali che esiste f ∗ g. Allora:

Lf ∗ g = FL(s)GL(s), s ∈ domLFL ∩ domLGL

Per la trasformata unilatera:

L(u · f) ∗ (u · g) = FLu(s)GLu(s), s ∈ domLuFLu ∩ domLuGLu

Esempi.

1) Sia f(t) = δ(t). Allora:

e−σt · δ(t) = δ(t),∀σ ∈ R

e pertanto:σ1f = −∞, σ2f = +∞⇒ domLFL = s : s ∈ C.

Si conclude:Lδ(t) = Fe−σt · δ(t) = Fδ(t) = 1.

2) Sia f(t) = δ′(t). Allora:

e−σt·δ′(t) = δ′(t) + σδ(t) ∈ S ′ ∀σ ∈ R

e pertanto:domLFL = s : s ∈ C.

Segue:Lδ′(t) = Fδ′(t) + σδ(t) = jω + σ = s.

Possiamo iterare il procedimento precedente. Per n = 2 si ha:

Lδ′′(t) = Fe−σt · δ(t)′′ = Fσ2δ(t) + 2jσδ′(t) + δ′′(t) = σ2 + 2σjω − ω2 = s2.

Per induzione completa:Lδ(n)(t) = sn.

Page 239: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

238

3) Sia f(t) = δ(t− t0), t0 ∈ R. Allora:

e−σt·δ(t−t0 = e−σt0δ(t− t0)

e allora:

domLFL = s : s ∈ C.Segue:

Lδ(t− t0) = Fe−σt0δ(t− t0) = e−σt0Fδ(t− t0) = e−σt0e−jωt0 = e−st0 .

Combinando con la regola di derivazione si trova anche:

Lδ(n)(t− t0) = sne−st0 .

I seguenti risultati sono molto utili nelle applicazioni e collegano l’andamentodella distribuzione f in intorni destri dell’origine con l’andamento della trasformatadi Laplace per s → ∞ (teorema del valore iniziale) oppure il comportamento delladistribuzione f per s → +∞ con il comportamento della trasformata di Laplace surette parallele che si avvicinano indefinitamente all’asse immaginario (teorema delvalore iniziale)

Teorema del valore iniziale.

Sia f(t) ∈ D′ una distribuzione unilatera tale da ammettere in un intorno destrodell’origine uno sviluppo in serie di potenze, nel quale f (n)(0+), n = 0, 1, 2... sia ilprimo coefficiente non nullo:

f(t) =f (n)(0+)

n!tn +

f (n+1)(0+)

(n + 1)!tn+1...., t > 0,

allora, detta FLu(s) la trasformata di Laplace di f(t) con dominio <(s) > 0 e suppostoche sn+1FLu(s) sia analitica in un semipiano destro si ha:

f (n)(0+) = lims→∞ sn+1FLu(s).

Basta infatti ricordare che Ltn =n!

sn+1, da cui:

Lu

f (n)(0+)

n!tn +

f (n+1)(0+)

(n + 1)!tn+1....

=

f (n)(0+)

sn+1+

f (n+1)(0+)

sn+2+ ....

ed essendo s = ∞ al piu un polo di ordine n per ipotesi, segue, al limite per s →∞,la tesi.

Nel caso n = 0 questo teorema non serve per calcolare il limite per t → 0+ di f perchequesto limite si suppone che esista per ipotesi.

Esempio 1.

Page 240: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

239

Sia

F (s) =1

s(1− e−s) + se−2s

in <(s) > 0. Si ha :lims→∞ sF (s) = 1 + lim

s→∞ s2e−2s = 1

e in effetti:f(t) = u(t)− u(t− 1) + δ′(t− 2).

Esempio 2.

Sia

F (s) =1

s2

in <(s) > 0. Si ha:lims→∞ s2F (s) = 1

e in effetti: f(t) = tu(t) da cui:

d

dt[tu(t)]|t=0+

= 1.

Teorema del valore finale.

Sia

F (s) = G(s) +N∑

k=1

Ak

s− jωk

ove G(s) e analitica a crescita lenta in un semipiano destro che comprenda al propriointerno l’asse immaginario: pertanto

domLFL = s : −|σ| < <(s) < ∞ .

Allora l’antitrasformata di Laplace di F (s) e una distribuzione limitata per t → ∞.Se in particolare:

F (s) = G(s) +A

s

ed esiste limt→∞ f(t) allora:

limt→∞ f(t) = A = lim

s→0sF (s)

La dimostrazione si effettua calcolando le corrispondenti antitrasformate. Si trova,nel primo caso:

f(t) = g(t) + u(t)N∑

k=1

Akejωkt

con g(t) distribuzione di ordine esponenziale negativo per t →∞, mentre nel secondocaso si ha:

f(t) = g(t) + Au(t)

.

Page 241: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

240

Il teorema non serve per calcolare limt→∞ f(t) la cui esistenza e presupposta peripotesi.

Esempio 1.

Sia F (s) =1

s2 + 1+ s5, allora:

f(t) = u(t) sin t + δ5(t)

che si mantiene limitata per t →∞ mentre:

lims→0

sF (s) = 0.

Esempio 2.

Sia F (s) =s5

s + 1+

1

s. Allora

f(t) = (u(t)e−t) ∗ δ(5)(t) + u(t) = δ(4) − δ′′′ + δ′′ − δ′ + δ − u(t)e−t + u(t)

e si verifica subito che:

limt→∞[δ(4) − δ′′′ + δ′′ − δ′ + δ − u(t)e−t + u(t)] = 1 = lim

s→0sF (s).

Page 242: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

241

Esercitazione 13

Esercizi su calcolo di trasformata di Laplace di funzioni.

1) Calcolare la trasformata di Laplace della funzione:

f(t) =∞∑

0

u(t− nT ).

Soluzione.

Si ha subitodomLFL = s : <(s) > 0

e pertanto:

F (s) =1

s+

1

se−sT +

1

se−2sT + ... =

1

s

∞∑

0

e−nsT

=1

s

1

1− e−sT=

1

2s

[1 + coth

(sT

2

)].

2) Calcolare la trasformata di Laplace della funzione:

f(t) = u(t) + 2∞∑

0

(−1)nu(t− nT ).

Soluzione.

Si ha subitodomLFL = s : <(s) > 0

e pertanto:

F (s) =1

s− 2

se−sT +

2

se−2sT − 2

se−3sT + ...

=1

s− 2

e−sT

1 + e−sT=

1

s

1− 2

e−sT2

esT2 + e−

sT2

=1

s

e

sT2 + e−

sT2 − 2e−

sT2

esT2 + e−

sT2

=

1

stanh

(sT

2

).

3) Calcolare la trasformata di Laplace della funzione:

f(t) = u(t)e−at sin(bt + c).

Soluzione.

Scriviamo:

u(t)e−at sin(bt + c) = u(t)e−at sin(bt) cos c + u(t)e−at cos(bt) sin c

Page 243: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

242

Allora:domLFL = s : <(s) > −a

e ricordando che:

Lu(t) sin(bt) =b

s2 + b2,Lu(t) cos(bt) =

s

s2 + b2,<(s) > 0

segue subito, usando la proprieta di traslazione in frequenza complessa s:

Lu(t)e−at sin(bt) cos c + u(t)e−at cos(bt) sin c =(s + a) sin c + b cos c

(s + a)2 + b2.

4) Calcolare la trasformata di Laplace della funzione:

f(t) =1

2T(t + T )[u(t + T )− u(t− T )] + u(t− T ).

Soluzione.

Si ha subitodomLFL = s : <(s) > 0

e pertanto, usando la linearita e le proprieta di traslazione:

L

1

2T(t + T )[u(t + T )− u(t− T )] + u(t− T )

=1

2TL[(t + T )u(t + T ) − 1

2TL(t + T )u(t− T )]+ Lu(t− T )

=esT

2Ts2− 1

2TL(t− T + 2T )u(t− T )]+

e−sT

s

=esT

2Ts2− e−sT

2Ts2− e−sT

s+

e−sT

s=

1

Ts2sinh(sT ).

5) Calcolare la trasformata di Laplace della funzione:

f(t) = u(t)t− u(t− 1)et + 2u(t− 2) cosh(2t).

Soluzione.

Osserviamo che la funzione u(t)t ha come prima ascissa di esistenza σ1f = 0, lafunzione u(t − 1)et ha come prima ascissa di esistenza σ1f = 1 e la funzione u(t −2) cosh 2t ha come prima ascissa di esistenza σ1f = 2. Segue allora:

domLFL = s : <(s) > 2.

Per usare la proprieta di traslazione scriviamo:

u(t− 1)et = u(t− 1)et−1 · e

Page 244: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

243

2u(t− 2)e2t + e−2t

2= u(t− 2)e2(t−2) · e4 + u(t− 2)e−2(t−2) · e−4.

Pertanto:

Lu(t)t− u(t− 1)et + 2u(t− 2) cosh(2t) =1

s2− e−(s−1)

s− 1+

e−2(s−2)

s− 2+

e−2(s+2)

s + 2.

6) Calcolare la trasformata di Laplace della funzione:

f(t) = u(t)e−

τ2

4t√πt

.

Soluzione.

Si ha subito:domLFL = s : <(s) > 0.

Allora:

Lu(t)

e−τ2

4t√πt

=

∫ ∞

0u(t)

e−τ2

4t e−st

√πt

dt = e−τ√

s∫ ∞

0

1√πt

e−(√

st− τ2√

t)2dt

Poniamo:w(t) =

√st− τ

2√

t

da cui si ricava:√

t =w ±

√w2 + 2τ

√s

2√

se:

dt√t

=1√s

1± w√

w2 + 2τ√

s

dw.

Ora√

t intesa in senso aritmetico varia da 0 a ∞. Scegliamo

−2π < Arg(s) < 2π, <(s) > 0.

Cio implica che:

<w ±

√w2 + 2τ

√s

2√

s

≥ 0, =

w ±

√w2 + 2τ

√s

2√

s

= 0

e pertanto che w variera tra −∞ e +∞. Sostituendo nell’integrale di Laplace si ha:

Lu(t)

e−τ2

4t√πt

= e−τ

√s∫ ∞

−∞1√πs

e−w2

1± w√

w2 + 2τ√

s

dw.

Il secondo integrale e nullo perche integrale di una funzione dispari, mentre il primointegrale e l’integrale di una gaussiana. Segue:

Lu(t)

e−τ2

4t√πt

=

1√s

1√π

e−τ√

s∫ ∞

−∞e−w2

dw =e−τ

√s

√s

.

Page 245: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

244

Il caso τ = 0 fornisce:

L[u(t)√

πt

]=

1√s.

7) Calcolare la trasformata di Laplace della funzione:

f(t) = u(t)e−s0t

√πt

.

Soluzione.

Per la traslazione:domLFL = s : <(s) > −<(s0)

e pertanto: [u(t)

e−s0t

√πt

]=

1√s + s0

.

8) Calcolare la trasformata di Laplace della funzione:

f(t) = u(t)∫ t

0

e−s0τ

√πτ

dτ.

Soluzione.

Per la traslazione:domLFL = s : <(s) > −<(s0)

e pertanto, usando la proprita dell’integrazione:

L[u(t)

∫ t

0

e−s0τ

√πτ

]=

1

s

[u(t)

e−s0t

√πt

]=

1

s√

s + s0

.

9) Calcolare la trasformata di Laplace della funzione:

f(t) = u(t)

[s0

∫ t

0

e−s0τ

√πτ

dτ +e−s0t

√πt

].

Soluzione.

Per la traslazione:domLFL = s : <(s) > −<(s0)

e pertanto, usando la linearita:

F (s) =s0

s√

s + s0

+1√

s + s0

=

√s + s0

s.

10) Calcolare la trasformata di Laplace della funzione:

f(t) =∫ t

0

e±jτ

√2πτ

dτ.

Page 246: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

245

Soluzione.

Si ha subito:domLFL = s : <(s) > 0

e per le proprieta di traslazione in s e di integrazione, segue subito:

[∫ t

0

e±jτ

√2πτ

]=

1√2s

1√s∓ j

.

Page 247: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

246

Esercitazione 14

Esercizi su calcolo di antitrasformate di Laplace e su calcolo ditrasformata di Laplace di distribuzioni.

1) Calcolare la antitrasformata unilatera di Laplace della funzione

F (s) = Ln(1− 3

s2

),

sapendo che:domLFL = s : <(s) > 0.

Soluzione.

Usiamo la proprieta di derivazione in s:

L[−t · f(t)] =dF (s)

ds.

Allora:dF (s)

ds=

2 · 31− 3

s2

1

s3=

6

s(s2 − 3).

Scomponiamo in fratti semplici:

6

s(s2 − 3)=

R 6s(s2−3)

(0)

s+

R 6s(s2−3)

(√

3)

s−√3+

R 6s(s2−3)

(−√3)

s +√

3

I residui valgono:R 6

s(s2−3)(0) = −2,

R 6s(s2−3)

(√

3) =6

3s2 − 3

∣∣∣∣s=√

3= 1,

R 6s(s2−3)

(−√

3) =6

3s2 − 3

∣∣∣∣s=−√3

= 1

e allora:6

s(s2 − 3)=−2

s+

1

s−√3+

1

s +√

3.

Segue la antitrasformata unilatera:

L−1u

[dF (s)

ds

]= −2u(t) + u(t)e

√3t + u(t)e−

√3t = −t · f(t)

ed essendo

f(t) =u(t)

t

[2

t− (e

√3t + e−

√3t)

]

continua in t = 0 segue:

L−1u

[Ln

(1− 3

s2

)]=

2u(t)

t

[1− cosh(

√3t)

].

Page 248: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

247

2) Calcolare la antitrasformata unilatera di:

F (s) =1

1 + s2

1

tanh(

πs

2

)

sapendo che:domLFL = s : <(s) > 0.

Soluzione.

Si ha:

F (s) =1

1 + s2

eπs2 + e−

πs2

eπs2 − e−

πs2

=1 + e−πs

1 + s2

1

1− e−πs.

Consideriamo:

F0(s) =1 + e−πs

1 + s2

Questa funzione e analitica intera (i poli s1,2 = ±j sono singolarita apparenti), dunquetrasformata unilatera di Laplace di una funzione a supporto limitato. Infatti si trovasubito:

L−1u

[1 + e−πs

1 + s2

]= u(t) sin t + u(t− π) sin(t− π) = [u(t)− u(t− π] sin t = f0(t)

che e funzione a supporto limitato. Allora, ricordando l’espressione per la trasformatadi Laplace di una funzione periodica, si conclude che la antitrasformata f(t) e laripetizione periodica di f(0(t), con periodo T = π, e si scrive:

L−1u

1

1 + s2

1

tanh(

πs

2

)

= u(t)| sin t|.

3) Calcolare il seguente prodotto di convoluzione:

g(t) = u(t) cos2 t ∗ u(t) cos2 t.

Soluzione.

Possiamo calcolare il prodotto di convoluzione in due modi differenti.

I modo.

g(t) = u(t) cos2 t ∗ u(t) cos2 t =1

4[(u(t)(1 + cos 2t) ∗ (u(t)(1 + cos 2t)]

=1

4[u(t) ∗ u(t) + 2u(t) ∗ u(t) cos 2t + u(t) cos 2t ∗ u(t) cos 2t]

=u(t)t

4+

u(t)

2

∫ t

0cos 2τdτ +

u(t)

4

∫ t

0cos 2τ cos 2(t− τ)dτ

Page 249: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

248

=u(t)t

4+

u(t) sin 2t

4+

u(t)

4

∫ t

0cos2 2τ cos 2tdτ +

u(t)

4

∫ t

0sin 2t cos 2τ sin 2τdτ

=u(t)t

4+

u(t) sin 2t

4+

u(t) cos 2t

8

∫ t

0(1 + cos 4τ)dτ +

u(t) sin 2t

8

∫ t

0sin 2τd(sin 2τ)dτ

=u(t)t

4+

u(t) sin 2t

4+

u(t) cos 2t

8

(t +

1

4sin 4t

)+

u(t) sin3 2t

16

=u(t)t

4+

u(t) sin 2t

4+

u(t)t cos 2t

8+

u(t) cos 2t sin 4t

32+

u(t) sin3 2t

16

=u(t)t

4+

u(t) sin 2t

4+

u(t)t cos 2t

8+

u(t) cos2 2t sin 2t

16+

u(t) sin3 2t

16

=u(t)t

4+

u(t) sin 2t

4+

u(t)t cos 2t

8+

u(t) sin 2t

16

=u(t)t

4+

5

16

u(t) sin 2t

4+

u(t)t cos 2t

8.

II modo.

Basta calcolare:

L[u(t) cos2 t] = FLu(s) =1

2L[u(t)(1 + cos2t)] =

1

2

[1

s+

s

s2 + 4

].

Il prodotto cercato e allora fornito dalla formula:

g(t) = L−1[F 2Lu

(s)]

= L−1

[1

4

[1

s+

s

s2 + 4

]2]

=1

4L−1

(2s2 + 2

s(s2 + 4)

)2

La scomposizione in fratti semplici e semisemplici allora fornisce:

1

4L−1

[1

s2+

3

s2 + 4− 4

(s2 + 2)2

]

da cui:

g(t) =u(t)t

4+

3u(t) sin 2t

8+ L−1

[− 1

(s2 + 2)2

].

Il calcolo di

L−1

[− 1

(s2 + 2)2

]

puo essere fatto in due modi differenti, o usando la formula di antitrasformazione diRiemann-Fourier, o usando ancora una volta un prodotto di convoluzione. Con ilprimo metodo si ottiene 0 quando t < 0 mentre per t > 0, σ0):

L−1

[1

(s2 + 2)2

]=

1

2πj

∫ σ0+j∞

σ0−j∞est

(s2 + 4)ds =

d

ds

est

(s + 2j)2

∣∣∣∣∣s=2j

+d

ds

est

(s− 2j)2

∣∣∣∣∣s=−2j

=

[test

(s + 2j)2− 2est

(s + 2j)3

]

s=2j

+

[test

(s− 2j)2− 2est

(s− 2j)3

]

s=−2j

Page 250: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

249

= −te2jt

16+

2e2jt

64j+−te−2jt

16− 2e−2jt

64j= −t cos 2t

8+

sin 2t

16

e pertanto:

g(t) =u(t)t

4+

3u(t) sin 2t

8+

u(t)t cos 2t

8−u(t) sin 2t

16=

u(t)t

4+

5u(t) sin 2t

16+

u(t)t cos 2t

8

Con il secondo metodo si ottiene:

L−1

[1

(s2 + 2)2

]=

1

4(u(t) sin 2t) ∗ (u(t) sin 2t) =

u(t)

4

∫ t

0sin 2τ sin 2(t− τ)dτ

=u(t)

4

[∫ t

0sin 2t sin 2τ cos 2τdτ −

∫ t

0cos 2t sin2 2τdτ

]

=u(t)

4

[sin 2t

∫ t

0

sin 2τd(sin 2τ)

2− cos 2t

∫ t

0

1− cos 4τ

2dτ

]

=u(t)

4

[sin3 2t

4− t cos 2t

2+

cos 2t sin 4t

8

]= −u(t)t cos 2t

8+

u(t) sin 2t

16.

4) Calcolare la antitrasformata unilatera di:

F (s) =e−2s − e−4s

1− e−8s

sapendo chedomLFL = s : <(s) > 0.

Soluzione.

Se si pone:F0(s) = e−2s − e−4s

e

F1 =1

1− e−8s

si ha:L−1

u [F0(s)] = L−1u [e−2s − e−4s] = δ(t− 2)− δ(t− 4)

e

L−1u [F1(s)] = L−1

u

[1

1− e−8s

]=

∞∑

0

δ(t− 8n)

e allora:

L−1u [F (s)] = [δ(t− 2)− δ(t− 4)] ∗

∞∑

0

δ(t− 8n).

Esercizi proposti.

1) Calcolare la trasformata di Laplace della funzione:

f(t) = [u(t)− u(t− π)]| sin 2t|.

Page 251: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

250

2) Discutere l’esistenza della trasformata di Laplace di

ln |t|, p.f.1

t,∞∑

−∞δ(t− nT ).

3) Determinare, con le relative striscie di esistenza, tutte le antitrasformate di:

F (s) =s2 + 5s + 1

(s + 2)(s2 + 4s + 8).

4) Calcolare il seguente prodotto di convoluzione, usando le proprieta della trasfor-mata di Laplace:

g(t) = u(t) sin t ∗ u(t)e−t sinh t.

5) Determinare la antitrasformata unilatera di:

F (s) =s6 + s5 + 1

(s2 + 1)2.

6) Determinare la antitrasformata unilatera della funzione:

F (s) =s2 − 16

(s2 − 1)3.

7) Determinare la antitrasformata unilatera di:

F (s) = lns + a

s + b, a > 0, b > 0

e determinare anche la striscia verticale di esistenza.

Page 252: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

i

Indice

Lezione 1. Campi vettoriali................................................................................1

Lezione 2. Potenziali............................................................................................6

Lezione 3. Integrali curvilinei...........................................................................10

Lezione 4. Integrali di linea dei campi vettoriali..........................................12

Lezione 5. Campi conservativi..........................................................................15

Lezione 6. Integrali superficiali e integrali di superficie..............................19

Lezione 7. Teoremi per campi vettoriali.........................................................22

Lezione 8. Teoremi di Green e di Stokes........................................................24

Esercitazione 1. Esercizi sull’integrazione di linea.........................................27

Esercitazione 2. Esercizi sui teoremi della divergenza e di Stokes.............30

Lezione 9. Numeri complessi..............................................................................35

Lezione 10. Rappresentazione trigonometricaed esponenziale di numeri complessi.................................................................39

Lezione 11. Funzioni di variabile complessa....................................................44

Lezione 12. Inversione di funzioni.....................................................................49

Lezione 13. Limiti e continuita..........................................................................55

Lezione 14. Derivabilita e analiticita................................................................58

Lezione 15. Condizioni di Cauchy-Riemann...................................................62

Lezione 16. Conseguenze delle condizioni di Cauchy-Riemannsotto forma reale...................................................................................................64

Esercitazione 3. Esercizi su numeri complessi e funzioni complesse..........68

Esercitazione 4. Esercizi su funzioni analitiche...............................................71

Lezione 17. Integrazione complessa..................................................................75

Lezione 18. Integrazione e funzioni analitiche.................................................79

Lezione 19. Singolarita e integrazione, residui................................................83

Lezione 20. Formule integrali.............................................................................89

Lezione 21. Scomposizione in fratti semplici, applicazionidel teorema dei residui al calcolo di integrali..................................................92

Lezione 22. Metodi di calcolo per integrali di variabile reale.......................96

Page 253: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

ii

Lezione 23. Calcolo di valori principali..........................................................100

Lezione 24. Lemma di Jordan e integrali su camminiparalleli all’asse immaginario............................................................................103

Esercitazione 5. Applicazione pura e semplice del teorema dei residui...106

Esercitazione 6. Integrali impropri di funzioni razionali chesoddisfano alle ipotesi del lemma del grande arco di cerchio ....................109

Lezione 25. Serie in campo complesso, serie di Taylor e di Laurent........115

Lezione 26. Sviluppabilita in serie di Taylor.................................................119

Lezione 27. Sviluppabilita in serie di Laurent...............................................123

Lezione 28. Comportamento locale di funzioni analitichein punti al finito..................................................................................................128

Lezione 29. Comportamento locale di funzioni analitichein intorni di z = ∞..............................................................................................132

Lezione 30. Comportamento globale delle funzioni analitichein base alle singolarita.......................................................................................134

Esercitazione 7. Esercizi su serie di Taylor...................................................138

Esercitazione 8. Esercizi su serie di Laurent..................................................143

Lezione 31. Introduzione al concetto di distribuzione..................................148

Lezione 32. Distribuzioni..................................................................................152

Lezione 33. Operazioni sulle distribuzioni....................................................156

Lezione 34. Distribuzioni fondamentali.........................................................160

Lezione 35. Prodotto di convoluzione di funzioni.......................................163

Lezione 36. Prodotto di convoluzione di distribuzioni.................................168

Esercitazione 9. Esercizi su distribuzioni.......................................................172

Esercitazione 10. Esercizi sul prodotto di convoluzione.............................176

Lezione 37. Trasformata di Fourier di funzioni............................................181

Lezione 38. Proprieta della trasformata di Fourier di funzioni................186

Lezione 39. Trasformata di Fourier di distribuzioni a crescita lenta.......190

Lezione 40. Trasformate di Fourier di distribuzioni notevoli....................194

Lezione 41. Trasformata di Fourier del treno di impulsi edistribuzioni periodiche.....................................................................................198

Lezione 42. Formula di somma di Poisson,teorema del campionamento.............................................................................202

Esercitazione 11. Esercizi su calcolo di trasformatadi Fourier di funzioni.........................................................................................206

Esercitazione 12. Trasformata di Fourier di distribuzioni..........................210

Page 254: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

iii

Lezione 43. Trasformata di Laplace di funzioni.............................................216

Lezione 44. Striscie di esistenza e inversionedella trasformata di Laplace.............................................................................220

Lezione 45. Proprieta della trasformata di Laplace....................................224

Lezione 46. Trasformate notevoli di funzioni................................................228

Lezione 47. Trasformazione di Laplace nell’ambito delle distribuzioni...232

Lezione 48. Trasformate di distribuzioni notevoli,teoremi del valore iniziale e finale...................................................................236

Esercitazione 13. Esercizi su calcolo ditrasformate di Laplace di funzioni..................................................................241

Esercitazione 14. Esercizi su calcolo di antitrasformate di Laplacee su calcolo di trasformate di Laplace di distribuzioni...............................249

Page 255: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

Indice Analitico

δ come unita della convoluzione, 164ε-intorno, 41F del treno di impulsi, 199F di distribuzioni periodiche, 200F -trasformata della convoluzione , 190L di un prodotto di convoluzione, 225Lu di un prodotto di convoluzione, 226

zw, z, w ∈ C, 51

aliasing, 205antitrasformata antiunilatera , 223antitrasformata di Fourier, 183antitrasformazione di Fourier, 182argomento di un numero complesso, 39ascissa esponenziale destra, 217ascissa esponenziale sinistra, 218ascisse di convergenza per funzioni uni-

latere, 220

cambiamento di scala, 157cambiamento di scala per L[f ] , 224cammino di Bromwich, 221cammino di chiusura, 97cammino nel piano complesso, 75campionamento critico, 204campo complesso, 36campo scalare, 1campo vettoriale, 1campo vettoriale conservativo, 6campo vettoriale irrotazionale, 21campo vettoriale solenoidale, 21centro di una serie di Taylor, 116cerchio di convergenza di una serie di

Taylor, 116comportamento globale delle funzioni

analitiche, 134comportamento locale, 128Comportamento locale in intorni di z =

∞ , 132condizioni di C.R. in forma polare, 66

condizioni di C.R. reali, 62condizioni di Cauchy-Riemann, 62coniugata armonica, 65coniugazione complessa, 37continuita, 56convoluzione di distribuzioni, 168convoluzione e associativita, 166convoluzione tra funzioni, 164corona di convergenza di una serie di

Laurent, 118costante di Eulero-Mascheroni, 136curva chiusa semplice, 12curva regolare, 10curve equipotenziali, 8

derivabili a complessa, 58derivata complessa, 58derivata di F [f ], 188derivata di F (ω), 189derivata di funzioni discontinue, 159derivata di una convoluzione, 165derivata di una distribuzione, 159derivazione in s di L[f ], 225derivazione in t e L, 225diseguaglianza di Cauchy , 90disequazione modulare, 76disequazione modulare complessa, 78distribuzione δ di Dirac, 154distribuzioni a crescita lenta, 192distribuzioni con supporto 0, 162distribuzioni dispari, 158distribuzioni pari, 157divergenza, 4divergenza (significato), 21dominio di esistenza della trasformata

di Laplace, 216dominio di esistenza della trasformata

di Laplace di una distribuzione,232

i

Page 256: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

ii INDICE ANALITICO

equazioni alle distribuzioni, 163estensione analitica, 61

flusso di un campo vettoriale, 20forma cartesiana, 36forma esponenziale, 41forma trigonometrica, 39formula di inversione della trasformata

di Laplace, 221Formula di Parseval-Plancherel, 190formula di somma di Poisson, 202Formula integrale di Cauchy, 90frequenza di campionamento, 203funzionale complesso, 148funzionale integrale, 148funzionali integrali, 151funzione Γ di Eulero, 136funzione integralseno, 166funzione a crescita lenta, 151funzione a decrescita rapida, 149funzione analitica, 60funzione analitica hermitiana, 63funzione armonica, 64funzione complessa, 44funzione complessa periodica, 46funzione di Heaviside, 148funzione di interpolazione, 205funzione di Jukowski, 53funzione esponenziale, 46funzione localmente integrabile, 150funzione meromorfa, 134funzione non limitata, 48funzione polidroma, 49funzione porta, 152funzione sommabile, 181funzione theta di Riemann, 203funzione unilatera destra, 164funzione unilatera sinistra, 164funzioni di prova, 148funzioni intere, 60, 134funzioni inverse, 49funzioni iperboliche, 47funzioni trigonometriche, 46

gradiente, 4gradiente (significato), 21gradino unitario, 148gradino unitario u(t), 113

insieme connesso, 14insieme semplicemente connesso, 14integrale curvilineo, 10integrale del prodotto di convoluzione,

167integrale di Fourier, 181integrale di linea, 12integrale di superficie, 20integrale superficiale, 19interpretazione dei coefficienti di una

serie di Laurent, 125intorno di z = ∞, 42

Laplaciano, 4Laplaciano in coordinate polari, 66legame tra le trasformate di Laplace e

Fourier, 216Lemma del grande arco di cerchio, 98Lemma del piccolo arco di cerchio, 100Lemma di Gauss, 24Lemma di Jordan, 104limite, 55linea di diramazione, 50linea di taglio, 50linearita di F , 187linearita di L[f ], 224linee di campo, 2logaritmo complesso, 49

metodo del cammino di chiusura, 97modulazione in ω, 188modulazione in t, 188modulo di un numero complesso, 37

nabla, 4, 21non esistenza del limite, 55numeri di Fibonacci, 144

ordine di connessione, 14

parte regolare di una serie di Laurent,117

parte singolare di una serie di Laurent,117

pettine di Dirac di ampiezza T , 162piano complesso esteso, 43piano complesso tagliato, 50polo di ordine n, 84potenziale scalare, 6

Page 257: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

INDICE ANALITICO iii

potenziale vettore, 22prima def. di distribuzione, 153prodotto di distribuzioni e funzioni, 158proprieta dell’integrale di Fourier, 186proprieta della trasformazione di Laplace

di distribuzioni, 236proprieta di F di distribuzioni, 194

pseudofunzione1

t, 160

punti di diramazione, 50punti singolari, 61punto all’∞ nel campo complesso, 42punto singolare, 83punto singolare isolato, 83punto singolare non isolato, 83punto singolare non uniforme, 84punto singolare uniforme, 84

radice n-esima, 49raggio di convergenza di una serie di

Taylor, 116ramo, 50rapporto incrementale, 58reciproca per la convoluzione, 170regione, 14Residui in un polo di ordine 1, 89residuo di f , 85Residuo in z = ∞, 86riscalamento di F , 187rotore, 4rotore (significato), 21

scomposizione in fratti irriducibili, 94Scomposizione in fratti semplici, 92seconda def. di sistribuzione, 156semipiano di chiusura, 97serie binomiale, 139serie di Laurent, 117serie di Taylor, 116singolarita apparente, 83singolarita essenziale, 85smoothing di funzioni discontinue, 166spazio D, 149spazio L1

loc, 150spazio S, 149spazio di funzioni L1, 181striscia di esistenza della trasformata di

Laplace , 218

successione di Fibonacci, 144superfici equipotenziali, 7superficie, 16supporto della distribuzione δ, 154supporto di f ∗ g, 167supporto di una distribuzione, 154supporto di una funzione, 149supporto limitato, 149Sviluppabilita in serie di Laurent, 123Sviluppabilita in serie di Taylor, 119

Teorema dei residui, 87teorema del campionamento, 203Teorema del valor principale, 101teorema del valore finale, 239teorema del valore iniziale, 238Teorema di Abel et al., 115Teorema di Casorati, 129Teorema di Cauchy, 80teorema di Gauss, 23Teorema di Green, 24Teorema di Liouville, 91teorema di Liouville, 134Teorema di Mittag-Leffler, 136Teorema di Picard, 130teorema di simmetria, 183Teorema di Stokes, 24Teorema di Weierstrass, 115Teorema fond. del calcolo integrale, 81teorema fondamentale dell’algebra, 91Teorema generalizzato dei residui, 87terza def. di distribuzione, 162trascendenti intere, 134trasformata di Fourier, 181trasformata di Laplace di sistribuzioni,

232trasformazione di Fourier, 181trasformazione di Laplace, 216trasformazione di Laplace unilatera, 216trasformazione lineare fratta, 52trasformazioni conformi, 54traslata di una distribuzione, 157traslazione in ω, 188traslazione in t, 188traslazione in frequenza di L[f ], 225traslazione nel tempo e L, 225treno di impulsi di ampiezza T , 161

Page 258: Lezioni di Analisi Matematica IV - mondovi.polito.it · Lezioni di Analisi Matematica IV Giancarlo Teppati Dipartimento di Matematica del Politecnico di Torino Anno accademico 2002-03

iv INDICE ANALITICO

unicita dello sviluppo in serie di Lau-rent, 123

unicita dello sviluppo in serie di Taylor,119

valor principale, 50valor principale secondo Cauchy, 100