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--Mahatma Chandra Bala SERGE RAYNAUD DE LA FERRIÈRE YUG YOGA YOGHISMO UNA MATESI DI PSICOLOGIA

Libro Yug Yoga Yoghismo

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--Mahatma Chandra BalaSERGE RAYNAUD DE LA FERRIÈRE

YUG YOGAYOGHISMOUNA MATESI DI PSICOLOGIA

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2 Introduzione

MAHATMA CHANDRA BALA(Serge Raynaud de la Ferrière)

Il Mahatma Chandra Bala (Sublime Maestre RaYNaud de la FerRIere), che simbolizza l’Acquaiolo (Era astronomica di Aquarius), sta bevendo dalla sua lotha, compiendo e personalizzando così le parole di Gesù il Cristo quando proclamava che coloro che berranno l’acqua spirituale non avrebbero avuto più sete (Giovanni, cap. IV vv. 13-14; cap. VII v. 37).

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Introduzione 3

Il Mahatma Chandra Bala in pellegrinaggio. Un samnyAsin ha come

bagaglio unicamente un piccolo recipiente o lotha e la guerrua come vestito (due pezzi di stoffa color zafferano).

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4 Introduzione

Come curare le malattie?

Come evolvere spiritualmente?

Un libro di filosofia orientale per l’Occidente

LO YOGHISMO(UNA MATESI DI PSICOLOGIA)

del

MAHATMA CHANDRA BALA

Serge RaYNaud de la FerRIere

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Introduzione 5

SHANTI…!

In omaggio a tuttii Grandi Saggi dell'Antichità,ai Gurù del Passato, del Presente edel Futuro, e a tutti gli Yogin.

Con riconoscenza a:

SHRI SWAMI GURUJI YOGASWAMI di Jaffna; Professor NAVARATMAN di Vannarpunai;SWAMI GAURI BALA di Keerimalai;Yogi DAYA KUMAR di Chapra; Guru BABU PHALARI MAHARAJ di Kachneo;SWAMI SIVANANDA di Rishikesh; Dottor SHREE LAKSHMI KUMAR VAIDYA Yogin di Agra.

In ricordo del mio pellegrinaggio al Monte Sacro KAILAS,delle mie visite ai Templi dell' Himalayae della mia permanenza nei Ritiri delle regioni tibetane.

A U M T A T S A T … !

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6 Introduzione

Al Maestre Serge Raynaud de la Ferrière per il qualeRudyard Kipling pare aver scritto questa poesia.

Miss M. Dosmann, Londra 1951.

SEdi Rudyard Kipling

Se riuscirai a non perdere la testa, quando tuttila perdono intorno a te, e te ne addosseranno la colpa;Se riuscirai ad aver fiducia in te quando tutti ne dubitano,mettendo in conto anche il loro dubitare;Se riuscirai ad attendere senza stancarti dell’attesa, o, calunniato, non perderai tempo con le calunnie,oppure odiato saprai non odiare,senza atteggiarti a buono e saggio;

Se riuscirai a sognare senza che il sogno sia il tuo padrone;Se riuscirai a pensare senza che il pensiero sia il tuo scopo,Se riuscirai ad affrontare il successo e la sconfittatrattando questi due impostori allo stesso modo;Se riuscirai ad ascoltare la tua veritàdistorta da furfanti per intrappolarvi gli ingenui,o a veder crollare le cose per le quali desti la vita,e chinarti a raccoglierle con i tuoi logori arnesi.

Se riuscirai ad accumulare le tue vincite,e giocarle e perderle e ricominciare tutto daccapo, senza una parola di stizza o di rimpianto;Se riuscirai a tendere cuori, nervi e muscoli, benché sfiniti, a servire i tuoi scopi,e a tener duro quando in te non resta più nientetranne la Volontà di dir loro “Resistete!”;

Se riuscirai a parlare con i barboni e con i re senza cambiare il tono della tua voce;Se né gli amici più cari né i nemici più accaniti riusciranno più a ferirti;Se tutti contano per te, ma nessuno più degli altri;Se riuscirai a riempire il minuto che scorrecon una cosa che valga sessanta secondi,

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Introduzione 7

tua sarà la Terra con tutto quello che ci cresce sopra,e, quel che più conta, tu sarai un Uomo, figlio mio!

Tra tutti gli omaggi letterari offerti all’autore, fu questa poesia di Kipling ad essergli dedicata il maggior numero di volte.

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8 Introduzione

INTRODUZIONE

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Introduzione 9

Prima di affrontare qualsiasi considerazione sullo yoga, credo sia utile fornire una precisazione che ritengo indispensabile, dato che in quest’opera si esaminerà un argomento che può essere applicato all’autorealizzazione ontologica, ma anche alla dialettica, alla teoretica, alla logica e alla stessa scienza. Nello scrivere questo libro non ho la pretesa di considerarmi un siddha1 in quanto solo da alcuni anni pratico realmente lo yoga. In effetti, il sādhaka2 è colui che si abbandona completamente ad un’estasi continua. Non stiamo a giudicare se questo è, o non è, il cammino da seguire. Personalmente ho altre aspirazioni, che, se mi privano del diritto al titolo di Perfetto Yogin, mi lasciano però libero di esprimere la mia opinione al riguardo.

Si è scritto molto sullo yoga, ma è evidente che regna ancora una gran confusione su questo tema, sia nell’esporlo, che nell’esprimerne un giudizio. Il vero yogin non scriverà mai su tale argomento, in quanto lo stato che egli ricerca (samādhi) è una beatitudine sovracosciente che sostituisce ogni altro pensiero, e che pertanto pone il soggetto nella più completa impossibilità di farsi comprendere dai suoi contemporanei.

Va detto infatti, che lo yogin non aspira ad altro che al proprio perfezionamento, senza occuparsi, se non per lo stretto necessario, degli altri. Ciò non significa che sia un egoista, poiché, dal suo punto di vista, egli non può veramente aiutare i propri fratelli, gli esseri umani, fino a quando non ha raggiunto per sé il grado di saggezza denominato jyotis (illuminazione). Immerso in uno stato di costante concentrazione (dhāranā) come potrebbe preoccuparsi di istruire gli altri? Come potrebbe sentire la necessità di tornare alle occupazioni “ordinarie”, o anche solo di rientrare nel piano materiale per vivere come tutti gli altri? E se questo avviene nel dhāranā, come potrebbe non avvenire, a fortiori, nel gradino successivo, nello stato di

1 Perfetto Yogin. Colui che si è dedicato totalmente alla dottrina. Dopo essersi perfezionato, lo studente si separa dal suo Gurù e, in solitudine, vive nel sadhāna (pratiche spirituali).2 Aspirante. Colui che intraprende la pratica dello yoga (āsana, meditazione, concentrazione, purificazioni, ecc.). Questi è il chellah, il ‘discepolo’, fino al giorno in cui diventerà un siddha.

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10 Introduzione

Realizzazione? Si rimane nell’ekāgrata3 ascoltando la musica interna, in perfetto santosh (rapimento, sublimazione).

È necessario avere il più profondo e sincero desiderio di aiutare l’umanità per poter svolgere la Missione di educatore (Gurù). Non c’è nulla di più difficile che insegnare, intendendo con questo termine l’insegnamento spirituale iniziatico; non si tratta del comune insegnamento universitario, bensì di iniziare gli studenti alle Scienze Sacre. Il Gurù deve affrontare prove difficili per dimostrare le sue capacità, prima di essere riconosciuto come tale dagli yogin: prove di conoscenza intellettuale, prove di capacità spirituale, prove di controllo perfetto e totale del corpo e del pensiero.

È molto difficile scrivere con esattezza su qualsiasi questione riguardante lo yoga, per la semplice ragione che la traduzione nelle lingue occidentali preclude ogni possibilità di vera assimilazione. In sanscrito le parole hanno un significato che non è possibile riportare in altre lingue. Traducendole in tibetano, in cinese, in persiano, o in qualsiasi altra lingua orientale, è possibile dare l’idea del vero significato, ma è necessario ricorrere ad un’altra terminologia, mentre è molto più difficile tradurre il sanscrito nelle nostre lingue europee, così povere di sottili risorse lessicali quando si tratta di temi relativi allo Spirito o a Dio. È dal significato dei termini sanscriti o a volte pali, che si deve partire per fare una traduzione che sia “più o meno” valida. La traduzione è comunque molto imperfetta, poiché non tiene conto del meccanismo, del processo teologico, ecc. Non si può Inoltre non considerare l’ incidenza del problema dell’idea preconcetta tanto cara agli occidentali.

Sullo yoga è stata scritta una gran quantità di libri, sia da autori orientali che occidentali, e è stato tradotto un buon numero di opere e di articoli di yogin famosi. Ho ritenuto ugualmente interessante presentare un testo sullo yoga, visto da un occidentale che lo ha studiato e praticato.

Riuscii a comprendere il significato del termine yoga soltanto quindici anni fa. Prima di allora avevo praticato ipnotismo, magnetismo ed occultismo in genere. Confesso che i

3 ekāgrata significa ‘la concentrazione’. Letteralmente “isolamento del pensiero in un solo punto; unificazione dello spirito in una sola direzione”. Generalmente questo stato di estasi si ottiene chiudendo gli occhi e dirigendoli interiormente verso il bhrikute (intersezione delle sopracciglia) mantenendosi nella posizione (āsana) necessaria per tal effetto.

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Introduzione 11

miei primi esercizi di fachirismo risalgono a quando avevo meno di quindici anni!… A dodici avevo già sperimentato i digiuni, mi trapassavo la carne con aghi ed inghiottivo pezzi di lama di coltello ed oggetti taglienti, di nascosto dalla mia famiglia che ignorava i miei esperimenti. Negli esercizi di sviluppo della volontà che facevo con gatti od uccelli in gabbia raggiunsi un tale successo che con grande facilità potevo addormentare in breve tempo i miei piccoli compagni. Molto presto abbandonai questo tipo di prodezze, poiché mi resi conto che non erano del tutto corrette, nonostante non mi fosse ancora chiara la differenza tra yogin e fachiro, ed anche perché fui preso ben presto da studi di carattere piuttosto concreto come le scienze universitarie.

Il fachirismo (dall’arabo faqueer, mendicante) è un tipo d’esibizione orientale che consiste nell’esercizio della volontà attraverso dimostrazioni più o meno veritiere di mortificazione della carne, di “trucchi” suggestivi e di ogni tipo di atti spettacolari, mentre lo yoghismo è un lavoro di perfezionamento spirituale e lo yoga (dal sanscrito yug: unione, connessione, unificazione) è una filosofia trascendente, un modo di esistenza che affronta la soluzione dei problemi. Generalmente si confonde il fachiro con lo yogin perché sia l’uno che l’altro praticano esercizi di tipo soprannaturale. Ma la differenza è enorme: il fachiro ha come obiettivo quello di provocare, a scopo di lucro, l’ammirazione dei suoi spettatori, lo yogin, invece, si isola nella pratica dei suoi esercizi, poiché il suo fine è esclusivamente spirituale, se non mistico.

Nei luoghi in cui sono invitato ora, non sputo fuoco né provoco temperature glaciali, come facevo all’età di vent’anni, perché queste esibizioni sono segno di una mancanza di saggezza.

Quando la dimostrazione è pubblica, si parla di “fachirismo” (che non è altro che l’opera di un abile imbroglione che pratica l’illusionismo o una buona prestidigitazione), lo YOGHISMO, invece, è presentato al pubblico allo scopo di impartire un insegnamento.

Il termine yoga va inteso come ‘religione’. Lungi però dall’essere una dottrina dogmatica, come le numerose sette presenti nel mondo, lo yoghismo non ha né templi, né sacerdoti, né liturgia, né limitazione alcuna ... Non è corretto attribuire un significato religioso corrente a questa via che

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conduce alla liberazione (moksha). Nello yoghismo non c’è né il culto per una particolare divinità, né la promessa di un’ipotetica salvezza in un paradiso, pardes, cielo, nirvana, ecc. Il lavoro di perfezionamento serve a distruggere le impurità (mala), a sopprimere l’illusione (māyā) e a raggiungere la liberazione finale (mukti), ottenuta con la conquista di uno stato sovracosciente denominato samādhi (Coscienza Divina).

Naturalmente tutte queste parole estranee alla nostra mentalità c’impediscono di comprendere appieno il valore dello yoghismo. Non si tratta soltanto di comprendere il significato della parola con una traduzione, sempre relativa, ma soprattutto di identificarsi pienamente col senso profondo della sua ragion d’essere. Non mi dilungo a dare il significato etimologico di ogni parola dello yoghismo; mi limito solo a fornire un equivalente significato “approssimativo” dei termini più noti di questa filosofia da sempre praticata, soprattutto in Oriente, culla della nostra più recente civiltà. L’India è, in un certo senso, la matrice delle nostre religioni attuali. Dall’antico vedismo, con il succedersi delle epoche e l’evolversi dei tempi, derivarono altre concezioni mistiche, più consone alle nuove esigenze. Oltre al buddismo, che può essere considerato una forma drastica dell’antica dottrina indù, anche il mazdeìsmo, il cristianesimo, l’islamismo, ecc. hanno le proprie basi nella religione indiana. Sarebbe inesatto ritenermi induista, e a tal proposito faccio notare che non sono mai appartenuto alla religione indù piuttosto che al buddismo o al confucianesimo, ecc. Nell’esporre queste dottrine lo faccio con spirito imparziale,4 restando al di sopra di tutte queste concezioni, che vanno considerate come un’ipotesi di spiegazione del Grande Tutto.

Causa di scoraggiamento per gli studenti di yoga è quasi certamente la difficoltà di comprensione della terminologia. I vocaboli sono lasciati nella loro lingua originale, e sono apprezzati solo dai sanscritologi, oppure sono tradotti, e perdono allora il loro vero significato. È un grosso problema insegnare la scienza filosofica dello yoghismo ed è questa la ragione per cui bisogna, prima, armarsi di molta pazienza e,

4 Si veda il libro Misticismo nel secolo XX della serie dei Grandi Messaggi. Lo yogin non ha una religione definita; può visualizzare il Cristo durante la concentrazione, o essere di religione mussulmana, ecc. Anche se arriva a certi stadi del sādhana, nel processo yoghistico si libera da tutte queste forme settarie, sino ad arrivare ad essere uno col TUTTO.

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Introduzione 13

successivamente, penetrare nell’atmosfera stessa dello yoghismo. Intendo per ‘pazienza’ studiare a lungo varie opere con calma e con completa obiettività,5 non gettandosi sui primi libri commerciali di occultismo; per ‘penetrare nell’atmosfera’ intendo per lo meno impregnarsi della concezione orientale degli argomenti, se non si ha l’opportunità di vivere per qualche tempo tra gli indù, il che sarebbe più consigliabile.

Soltanto comprendendo la mentalità orientale si può apprezzare pienamente la lettura dei testi di yoga, generalmente assai difficili da assimilare per lo spirito occidentale, tutto preso dal proprio lavoro materialista, così inadeguato all’ambiente necessario per studiare approfonditamente gli argomenti spirituali.

In Occidente viviamo di frasi fatte, d’idee preconcette, ed abbiamo una mentalità egocentrica. Con un po’ più d’iniziativa, potremmo assimilare idee diverse ed avvicinarci agli altri, comprendendo più facilmente la natura umana e l’evoluzione del pensiero. Creiamo invece costantemente barriere tra le razze, le religioni, le credenze, le culture, ecc., dimenticando ciò che di buono sta alla base di ciascuna: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Gesù di Nazareth)6. “Non dimenticare il dovere di gentilezza e di carità” (Maometto)7. “Abbiamo diritto al lavoro ma non ai frutti” (Krishna)8.

È in Occidente che troviamo la maggiore confusione d’idee in materia di religione e di dottrine filosofiche. Basta vedere che gli Occidentali “colti” considerano la pratica islamica, la mistica indù, la filosofia buddista come una sola ed unica cosa. Generalmente chi si ritiene cristiano reputa tutte le altre religioni, come il lamaismo, il taoismo, il vedantismo, ecc. piccole sette fanatiche, dimenticando in che ordine proporzionale si suddivide il pensiero spirituale:

500 milioni di buddisti250 milioni di brahmani (induisti)250 milioni di musulmani150 milioni di cristiani.

5 De la Ferriere disse: “Tutte le opinioni sono buone, a condizione che siano sincere... ma sono sincere?”.6 Bibbia (Matteo XIX, 19).7 Corano.8 Bhagavad-Gîtâ.

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Naturalmente la quantità non è una prova di qualità. Lo yoga stesso, sebbene sia considerato una dottrina, non è tra le religioni organizzate; per il suo stesso carattere non può essere pienamente consideralo né una filosofia, né una religione, né una scienza, né un’arte.

Yoga significa identificazione: non si tratta perciò di sapere se Dio esiste o meno. Tale questione non è mai stata messa in discussione dallo yoghismo, perché significherebbe creare un dubbio, mentre yoga, che vuol dire anche unione, è la conoscenza perfetta delle cose, è realizzare; a tal fine è necessario che tutti i sensi concorrano, in modo onnicomprensivo, nella forma, nella natura, ecc., sino ad identificarsi e a sentirsi completamente uno con l’oggetto, estrinsecamente ed intrinsecamente, come contenente e come contenuto.

La Bhagavad-Gîtâ9 usa la parola yoga nel senso di via disciplinare che aiuta la realizzazione divina. Lo yoga quindi non può essere considerato come un semplice sistema filosofico. Patañjali, in realtà, non è stato sufficientemente compreso. Questo filosofo indù del II secolo a.C. scrisse un trattato (che comprende otto parti di esercizi fisici e mentali) rifacendosi ai venticinque tattva del Samkhya a cui aggiunse Ishvara, senza che si sappia esattamente il perché. Il sistema di Patañjali è riassunto in aforismi. Lo yoga è estraneo al brahmanesimo, la sua origine risale piuttosto agli antichi feudi indigeni pre-ari e se ne trovano tracce anche nello sciamanismo mongolo. La scuola del filosofo Patañjali si chiamava Seshvara Sāmkhya ed ammetteva, da un lato, il processo evolutivo esposto nel Sâmkhya e, dall’altro, un Dio che regolava tutto.

Il Sāmkhya è il più antico sistema filosofico dell’India. È una scienza speculativa che consiste nell’esercizio della ragione in funzione della contemplazione (e include, tuttavia, un Dio che regola tutto), ed è diverso dal vero yoga poiché questo non prende in considerazione un Dio, dato che questo stabilirebbe automaticamente la distinzione tra l’essere individuale (anima) e l’Essere Supremo (Divinità).

9 Canto del Beato. È la Bibbia popolare degli indù, composta nel secolo VII a.C., o forse prima. É un dialogo tra Krishna ed il suo discepolo Arjuna. Il poema è tratto dal Mahābhārata (posteriore alle Upanisad). Consta di 18 capitoli, considerati delle chiavi iniziatiche, ognuno dei quali costituisce una via di realizzazione.

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Il sistema Satkaryavada asserisce che l’effetto che si deve realizzare (kārya) esiste prima della causa operante, ossia, di ciò che permette il realizzarsi dell’effetto. Tale dottrina afferma che una cosa deve necessariamente provenire da un’altra e, pertanto, è impossibile che possa essere il prodotto del “nulla”. La metafisica dei Sāmkhya circoscrive l’evoluzione cosmica all’attività di Prakriti e di Purusha: Prakriti, il Principio materiale dell’Universo, Eterno e Indipendente; Purusha è lo Spirito, come Prakriti, per natura, è l’Eterna Soggettività.

Lo yoghismo, come io lo intendo, è l’unità e non può di conseguenza contenere in alcun modo divisioni antagonistiche, come nel caso di Purusha, che in principio ruppe l’equilibrio di Prakriti, creando così il processo evolutivo. Non essendoci un principio nel “nulla”, come potrebbe esserci in “Dio”?

Bisogna ammettere un Assoluto. Nella filosofia dell’antica India era Brahmā-Nirguna ed in quella degli ebrei Ayn-Soph (senza limite). Di Lui, l’Assoluto, si dice che “non è”, nel senso che non è un “ente concreto” o “manifestato” , e non che “non esiste” come Principio manifestato. Quindi, quando si parla di Dio, non si tratta più dell’ASSOLUTO (illimitato), ma del Dio-Creatore (limitato) delle religioni: Ishvara in India, Shaddai per gli Ebrei o il Demiurgo degli Gnostici, ecc.

Dall’Assoluto, il Gran Tutto, il Principio Intelligente che è il Dio-non Manifestato, deriverà, per emanazione, la trilogia comunemente conosciuta come Padre-Figlio-Spirito Santo, o Brahmā-Vishnu-Shiva della mitologia indiana, o Horus-Iside-Osiride di quella egizia. Chi comprende che il mondo non comincia con il Dio-Manifestato, solleva il velo superstizioso delle religioni decadenti ed intravede la profondità della conoscenza delle Leggi cosmiche che unificano i principi filosofici reali nell’Unità della Verità Eterna.

Per un curioso simbolismo il nome di Vishnu è Nārāyana, che significa “colui che cammina sulle acque”, e ci ricorda quanto fece Gesù di Nazareth alcune migliaia d’anni dopo. Comprendendo questo, si scopre una grande legge omogenea che va oltre i principi teologici, ma che già si intravede nelle mitologie religiose. Il Dio-Padre (Creatore), il Figlio (Salvatore) e lo Spirito Santo (Unificatore-Purificatore) corrispondono rispettivamente a Brahmā (Primo-Creatore), Vishnu (Colui che sostiene e fa evolvere) e Shiva (Distruttore delle passioni, perciò Purificatore): ha lo stesso valore di Trinità, sia per i

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cristiani sia per gli indù, ed equivale all’El-Aquil-El Aqlu-El Maqul dei maomettani.

Ovunque, come in un mantra,10 si ritrovano il bīja (germe vitale), la shakti (forza) ed il tilaka (colonna che sostiene l’orazione). Questa trinità che ritroviamo nei tre tempi della respirazione, inspirazione-ritenzione-espirazione, e nelle tre lettere della parola sacra A-U-M, è il Tei-Yang-Yin dei cinesi, il Kether-Chokmah-Binah dei cabalisti ebrei, il leggendario Brahmā-Vishnu-Shiva, il Sat-Cit-Ananda ed il mitologico Padre-Figlio-Spirito Santo, la cui realtà profonda corrisponde a Manifestazione-Cristo-Coscienza Universale. La differenza fra queste diverse trilogie consiste nel fatto che alcune di esse si basano su un ragionamento corretto, approfondito ed esoterico, altre sulla cieca credenza in una storia semplice, senza alcuna conoscenza e puramente essoterica.

Vita-Forma-Pensiero. Ecco il punto di convergenza o di arrivo di tutte le ricerche! Le corrispondenze con questa triunità vanno dal Tem-Shu-Tefnut degli egizi (invece del mito di Horus-Iside-Osiride) sino al Dio Creatore, Naturale e Manifestato nel gran mistero di

Vita (in luogo di un Dio-Padre antropomorfo che limita ogni vera concezione),

Forma, che regolarmente materializza il Divino come emanazione materiale dell’Essenza di Vita, come un Avatar Reale (Messia): il Cristo, come Maestre Jhesù (in luogo del Gesù storico costantemente sottoposto alla critica), come una realizzazione spirituale,

Pensiero Eterno, inteso come stato di coscienza universale (in luogo di un ipotetico Spirito Santo).

Bisogna perdere l’abitudine di limitare ‘Dio’ ad una parola (soprattutto quando il suo significato è molto povero, come nel caso del God degli inglesi, del Gott dei tedeschi, del Dios degli spagnoli, dell’Allah dei musulmani, del Bhagavan degli indù, ecc.), senza che ciò comporti la negazione dell’esistenza divina, come alcuni pretendono. Si arriverà così a superare l’adorazione di un “essere” sconosciuto, per comprendere che siamo un’emanazione del Gran Tutto, una parte di questo grande Corpo Universale: unirsi a tale principio è raggiungere

10 Mantra. Parole sacre salmodiate con vibrazioni speciali per provocare effetti sovramentali. Sono forme d’orazione studiate soprattutto dal punto di vista della modulazione al fine di produrre tonalità eccezionali sul piano astrale.

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un’intensa comunione con l’Eternità. Non porre limiti nella nostra adorazione significa stare in perfetta armonia, non importa in quali templi, chiese o pagode, poiché l’Essenza-Una è ovunque, sempre... (senza ore particolari). Pertanto non è necessario circoscriversi in un luogo di culto, fondare nuove religioni o avere ore fisse per le cerimonie... Lungi da me l’intenzione di criticare le Chiese organizzate; sono sempre stato il difensore dell’ordine e della disciplina, ma se dopo tanto tempo non è stato possibile offrire lo stato immediato di beatitudine a chi cerca rifugio nel Supremo, gli deve essere permesso cercarlo dove e quando lo desideri.

Si dice che “la religione è l’oppio dei popoli”. Io rispondo: “Sì, ma all’intossicato non va tolta completamente la droga”. Ricordo che un giorno, in una delle mie conferenze pubbliche, un vecchio erudito spagnolo mi disse che le religioni assomigliano alle stampelle. È vero, però. perché negare questo aiuto a coloro che non possono camminare da soli? Molto spesso si crede che uno sia in grado di camminare da solo prima del tempo e ciò è dimostrato dai vari casi d’ateismo, argomento troppo noto per fare commenti al riguardo.

Le varie correnti del pensiero umano sono indispensabili per portare lo spirito alla soglia che conduce al giardino della ricerca personale. Tutte le religioni hanno metodi di condotta morale che meritano rispetto. L’unica osservazione che mi permetto di fare è che esistono troppe o troppo poche religioni. Sono troppe, giacché tutte le sette dovrebbero essere unificate in una sola religione (dal latino religare, riunire, unificare, legare), dato che la base di tutte queste dottrine diffuse nel mondo attuale è identica; Sono invece, molto poche - attualmente neanche trecento -, perché se ad ogni individuo corrispondesse una religione, il che sarebbe magnifico, saremmo alla presenza di uno speciale fenomeno di reazione personale particolare che sarebbe oggetto speciale della ricerca psicologica. Le trecento religioni e sette più importanti, attualmente esistenti, si suddividono a loro volta al loro interno, a causa di discordanze sui dogmi, i rituali o l’interpretazione teologica, dando origine così a vere trasformazioni, non conformi alla pretesa immutabilità religiosa. Non c’è religione immutabile; in tutte sono stati modificati i dogmi primitivi, in tutte è avvenuta una

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trasformazione di una parte degli insegnamenti. Solo lo yoghismo rimane imperturbabile attraverso i secoli.

Di mia iniziativa ho denominato yoghismo questa dottrina, forse per distinguerla dallo yoga di cui tanto si parla. Mi propongo quindi di esporre il mio punto di vista su ciò che intendo per yoghismo: quel sistema che, per esprimere la totalità, esclude canalizzazioni e concetti incompleti.

Mi piacerebbe fare tabula rasa di tutti i concetti, soprattutto di quelli tradizionali, se non fosse necessario ricorrere all’insegnamento del passato per capire meglio il chiarimento che propongo in modo particolare al mondo occidentale, la cui mentalità è molto critica e i cui metodi d’analisi hanno raggiunto il progresso proprio della civiltà del XX secolo.

Continuiamo pertanto con il metodo analitico di ricerca.

* * *

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A N A L I S I

Lo yoga, risultato dello sviluppo della tradizione indù, è stato attribuito a Patañjali, come il Sâmkhya a Kapila, il Vaisheshika a Kananda, ecc.11

Partiamo dal presupposto che, attualmente, i filosofi occidentali e le persone religiose in Europa siano abbastanza istruiti da rendersi conto dell’importanza di studiare la religione indù. La Sanata-Dharma (Verità Eterna), termine corretto per definire la dottrina dei Brahmani, è molto più complessa delle pratiche di adorazione osservate all’interno dei templi dai turisti. Fortunatamente noti studiosi hanno pubblicamente ammesso l’importanza della religione in India, fatto di cui i cristiani dovrebbero tenere conto.12

Il Vaisheshika, attribuito a Kananda, è frutto della conoscenza oggettiva delle cose, che vengono individuate chiaramente nella loro esistenza, separate le une dalle altre (in maniera descrittiva). Questo sistema studia la Grande Causa attraverso l’analisi, come facevano i greci, ossia descrivendo i singoli elementi, come si riscontra anche nella cosmologia dei secoli XIV e XV.

L’esistenza, chiamata bhāva, è divisa in sei parti:dravya: è la sostanza, come la intende la Scolastica. Si

manifesta, da un lato, mediante i cinque bhūta, elementi che costituiscono le cose materiali: prithvi (terra), ap (acqua), tejas (fuoco), vāju (aria), ākāsha (etere), e, dall’altro, mediante le due condizioni fondamentali dell’esistenza fisica: kalā, il tempo, e dish, lo spazio, rispettivamente rappresentazioni di Shiva e Vishnu nel mondo sensibile;

guna: l’essenza di Prakriti, che determina la modalità di esistenza delle cose;

11 La vera origine dello yoga si perde nel tempo. Patañjali fu soltanto il primo compilatore delle regole che stabilirono metodi pratici per il

grande pubblico, ma nulla più.

12 “Il cattolico non si rende conto pienamente che la Sanata-Dharma è la via naturale (veramente adeguata) che conduce a Cristo”. (W.

Wallace, S.J.).

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20 Analisi

karman: caratterizzato dal costante cambiamento, è l’azione nella quale si manifesta la legge di causa ed effetto;

sāmānya: sono le qualità collettive costitutive dei generi su citati;

vishesha: è ciò che appartiene propriamente ad una sostanza ben definita in relazione a un’altra;

samavāya: è la relazione della sostanza con i suoi attributi. Talvolta viene aggiunto un settimo genere, padârtha, che

indica l’opposto di bhâva (l’esistenza), cioè abhâva (la non-esistenza), che si avvicina al concetto aristotelico di privazione. Kapila, cui si attribuisce la dottrina del Sâmkhya, considera la Natura come manifestazione universale, la cui realtà deriverebbe dalla sua stessa creazione ed avrebbe avuto origine dal principio determinatore.

Secondo il Sāmkhya l’essere si manifesta in 25 diversi gradi. Patañjali, come abbiamo visto, aggiunge Ishvara come parte dell’evoluzione individuale. Il Sāmkhya, invece, è Nirishvara, in altre parole non fa intervenire alcuna personalità divina. Riassumendo, il Sāmkhya, contempla nella Natura 25 tattva senza concepire Ishvara (personalità suprema), diversamente da quanto insegnato dal filosofo Patañjali. (Il che dimostra che egli non espose una dottrina di yoga assoluta, bensì un metodo personale e parziale).

Da questa teoria possiamo trarre le seguenti considerazioni. Ci sono due poli di manifestazione dell’Essere Universale: Prakriti e Purusha. Il 1° tattva (principio) è quindi Prakriti. (La sostanza universale non manifestata e indifferenziata, la radice della manifestazione). Da Prakriti nascono tre guna, elementi costitutivi in perfetto equilibrio in uno stato indifferenziato. La rottura di questo equilibrio produce le manifestazioni generali e le modificazioni delle sostanze. Questi tre guna si trovano nella costituzione degli esseri, ma in diverse proporzioni:Sattva è l’essenza pura, identificata con la luce e con la conoscenza. (L’alimento sattvico, come frutta, legumi, latte, aiuta ad elevarsi e perfeziona l’Essere).Rajas è l’impulso di espansione mediante il quale l’Essere si sviluppa, su uno stesso piano, fino ad un dato livello. (L’alimento rajasico come cipolle, spezie, condimenti, aceto, pepe, limita le qualità dell’Essere, impedendogli di progredire oltre il piano mentale medio).

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Analisi 21

Tamas è l’oscurità associata all’ignoranza. (L’alimentazione tamasica come carne, liquori, birra, ecc. conduce ad una degradazione della personalità).Il 2° tattva è Buddhi o Mahât, il Gran Principio. Intelletto puro, stadio trascendente dell’individualità. Questo grado costituisce uno stadio intermedio tra l’universale (primo tattva) e l’individuale (che comincia col terzo tattva). Il 3° tattva è Ahamkāra, la coscienza individuale.Tra il 4° e l’8° tattva ci sono i cinque Tanmatra (esistenze elementali incorporee). Da essi derivano i cinque Bhutā (tattva 20-24).Tra il 9° ed il 19° tattva si inseriscono le undici facoltà individuali. Queste funzioni della coscienza si possono così definire: dieci esterne, le cinque facoltà dei sensi nel mondo fisico e le cinque facoltà d’azione, conseguenti e correlate alle primeuna interna, manas, che è simultaneamente facoltà di conoscenza e di azione e si trova perciò in unione diretta e profonda con l’individualità. Tra il 20° ed il 24° tattva sono compresi i cinque elementi della materia (bhutā): etere, aria, fuoco, acqua e terra.Finisce qui l’enumerazione delle qualità individuali relative al primo Polo della Manifestazione, e con il 25° tattva, abbiamo il secondo Polo, Purusha, l’Essenza-Principio, corollario di Prakriti, il polo manifestatosi, come abbiamo già visto, a seguito della perturbazione dell’equilibrio.

Non menzioniamo qui Ishvara perché significherebbe complicare ancora di più l’argomento, dato che solo comprendere i tattva è già di per sé molto difficile.

Tali gradi gerarchici della tradizione indù dovrebbero corrispondere esattamente ai gradi evolutivi di qualsiasi dottrina o teoria. Sorprende che Ordini come la Framassoneria, considerati iniziatici, non siano sufficientemente armonizzati con essi.

In questi principi essenziali possiamo osservare sette grandi divisioni: il 1° tattva, il 2°, il 3°, dal 4° all’8°, dal 9° al 19°, dal 20° al 24°, ed il 25° tattva. Formano sette categorie, corrispondenti ai sette stati della materia secondo la teoria teosofica, ai sette colori principali, ai sette toni della gamma musicale, ai sette pianeti della tradizione astrologica, ecc.

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Come la Gran Fratellanza Universale ha diviso i suoi gradi iniziatici in sette corpi disciplinari corrispondenti ai sette chakra (i plessi più importanti) che emanano dalle sette ghiandole endocrine nella loro funzione primordiale, così alcuni movimenti esoterici hanno conservato la tradizione della Perfetta Armonia. Per esempio, nella Frammassoneria Antica, l’Ordine della Stretta Osservanza è rimasto fedele ai sette gradi secondo la concezione dei primi Grandi Maestri.

Anche l’Ordine di Schrepfer è fondato su questa base13, ma gli adepti praticano il suicidio all’età di 35 anni, e quindi ciò non permette di includerlo fra gli ordini tradizionali. Il Rito Massonico di Zinnendorf si basa su sette gradi tradizionali, come il Rito Cabalistico, gli Auspici di Parigi, il Rito Scozzese Riformato di San Martin, l’Iniziazione dei Sacerdoti,14 gli Ordini Umanitari della Città Santa di Gerusalemme: tutti con gradi derivanti dalla conoscenza. Altri riti massonici si basano ugualmente sui sette gradi dell’Iniziazione speculativa: il Rito degli Antichi, Liberi e Accettati Massoni d’Inghilterra, il Rito dei Perfetti Iniziati d’Egitto, il Rito Moderno Francese, il Rito Filosofico Persiano, il Rito Riformato di Dresda, ecc.

Solo il Rito della Stretta Osservanza, al quale il Cavaliere di Aumont nell’anno 1312 trasmise i Principi, rimase al ‘Lavoro’ (nel vero senso della parola) ed il titolo di eques professus, da esso conferito, ha realmente un significato.

In realtà, la vera Frammassoneria antica consta unicamente di tre gradi fondamentali: Apprendista, Compagno e Maestro, e in essi ritroviamo, come già detto, Prakriti da una parte, e Purusha dall’altra, e quindi i tattva individuali. Nella suddivisione di queste polarità della Manifestazione abbiamo visto quattro grandi distinzioni:il 1° tattva è universale;il 2° è trascendente;il 3° indica il principio della coscienza individuale, e così sino al 24°;il 25° tattva è il Purusha.

13 Fondato nel 1769 a Lipsia. Si veda Il Libro Nero della Frammassoneria.14 Il settimo grado di quest’Ordine, Saphenat Pancah, suggerisce l’idea che il Rito abbia una base iniziatica, di cui ci dovevano essere molte notizie negli archivi dell’Antica Tradizione, ma la necessità del reclutamento nelle Logge ha causato una degenerazione generale, sebbene alcuni, coscienti o meno del ruolo che svolgono, si sono sempre battuti per mantenere alta la fiamma della Verità.

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Oltre alle tre categorie principali, queste distinzioni corrispondono, naturalmente, ad un ordine tecnico e a prerogative particolari, come nei gradi del Rito Scozzese:Simbolici, dal 1° al 3° grado;Capitolari, dal 4° al 18° grado;Filosofici, dal 19° al 30° grado;Superiori, dal 31° al 33° grado.

La Frammassoneria divisa in logge azzurre, rosse o incarnato, in massoneria nera e bianca, rispetta questo ordine di lavoro secondo le capacità definite dagli stessi titoli. Infatti, l’Intendente degli edifici (8° grado del rito Scozzese A:. e A:.) deve dimostrare capacità matematiche, il 12° grado richiede al candidato conoscenze approfondite di geometria, il 23° di teologia ed il 24° prevede una non comune padronanza della filosofia, per non parlare del 30° grado, il Cavaliere Kadosh, che non può essere conferito se non a un esperto cabalista o a un perfetto yogi.

Tale omogeneità di principi è riscontrabile anche nella stessa applicazione delle virtù dei veri frammassoni, studiosi della scienza in generale e delle arti in particolare, e non solo nei sistemi di filosofia soggettiva. È noto che il vero obiettivo dell’istituzione massonica è quello di formare pensatori di grande levatura. I primi statuti di queste associazioni segrete stabilivano l’esercizio della beneficenza e la pratica delle virtù, il che si traduce in un pensiero ampiamente tollerante e all’osservanza di un completo naturismo (vegetarianismo, esclusione del vino e dell’alcool, del tabacco, ecc.). D’altra parte, chi pretendesse di essere un frammassone senza rispettare i primi rudimenti dell’Antica Iniziazione, sarebbe solamente un membro di queste associazioni occulte dei tempi moderni, che approfitta speculativamente del prestigio del Rito Massonico per interessi economici o politici.

Le norme speciali (studi scientifici, pratica yoga, disciplina vegetariana, ecc.), richieste nella vera frammassoneria, sono indispensabili al lavoro praticato su sfere sovranormali, giacché queste ultime richiedono condizioni magnetiche elevate per ottenere quei risultati che ogni santuario persegue. Un’idea dell’applicazione mentale richiesta (descritta brevemente nel mio II Messaggio, I Centri Iniziatici) è individuabile nel passo del capitolo IV dell’Esodo (v. 3-4) che si riferisce al simbolo massonico per eccellenza, spesso rappresentato nelle opere di

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esoterismo. Il significato naturalmente è velato nella Bibbia e il Grande Arcano (G∴A∴), così è chiamato questo famoso simbolo, può essere veramente compreso soltanto dagli Iniziati.

L’emblema esoterico del Grande Arcano è oggetto di vari insegnamenti nei Collegi Iniziatici della Gran Fratellanza Universale. La sua descrizione si ritrova nel II Messaggio dal titolo: I Centri Iniziatici.

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Voglio spiegare tuttavia semi-esotericamente il passo citato, soprattutto per segnalare l’importanza dell’illuminazione dei sette centri neuro-fluidici, condizione indispensabile per il conseguimento dei requisiti descritti sia nella frammassoneria che in altri ordini chiamati esoterici, mistici o iniziatici.

È proprio l’importanza dello yoga che avevo riconosciuto poco più di 15 anni fa, anche se allora non riuscivo a capirne il vero significato, né dal punto di vista del termine Yoga, né da quello della sua attuazione pratica. Evidentemente non mi era possibile - essendo troppo coinvolto dal mio senso critico e dalle mie concezioni di occidentale innamorato del concretismo scientifico - prendere in considerazione questa dottrina.

“Tutta la vita è yoga”, dice il grande filosofo Aurobindo Gosh, e con questo spirito ho purificato a poco a poco le mie tendenze troppo intellettualistiche. Ma a quell’epoca la filosofia yoga era per me solo una curiosità, ma, come ho detto prima, senza essere ancora in grado di assimilarne la definizione e lo studio dell’equilibrio tra il microcosmo ed il macrocosmo.

Il capitolo III del Vangelo di S. Giovanni, oltre a presentare il Grande Arcano, che rivela ai frammassoni il metodo della trasmutazione a cui si devono dedicare, insegna ai cristiani come procedere per ottenere la salvezza eterna (versetto 7 in particolare). Un’altra allusione relativa al Grande Arcano appare nei versetti 14 e 19 e fa riferimento, secondo gli esoteristi, ad una chiave magica. San Giovanni cita anche, nel capitolo VI, v.27, la necessità di una trasformazione e la dimostrazione di questo lavoro: la gerarchia che nasce inevitabilmente dallo studio e che, da buon pitagorico, riuscii a comprendere molto bene nonostante non abbia studiato molto il filosofo di Crotone.

Indubbiamente il famoso teorema pitagorico mi ha aperto splendidi orizzonti, forse più nel campo dell’astronomia che in quello della filosofia, e soprattutto un particolare ha richiamato la mia attenzione: Pitagora era il vero nome? Molti hanno constatato che questo nome si compone di Pithon, indovino, e Agoras, augurio, attributo, e, soprattutto, operando un’inversione si ottiene Gurus Pitris, Maestro di Luce, Guru, ciò che egli fu certamente: istruttore-tipo, insegnante dell’occulto con mezzi alla portata di tutti (tramite le tavole pitagoriche otteniamo le chiavi necessarie per una chiara interpretazione della Bibbia). Per me ciò fu una rivelazione e cominciai quindi a

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capire meglio il mondo visibile ed invisibile che mi aveva attratto sin dalla mia più tenera età.

È necessario innanzi tutto assimilare correttamente il concetto della Trimurti della teologia indù, cosa di non facile comprensione per il pensiero scientifico. Brahmā (la creazione) è l’elemento terra, Vishnu (la conservazione) è l’elemento acqua e Shiva (la distruzione) è l’elemento fuoco; questi tre simboli sono contenuti nel loto15 e, a partire dal primo chakra, sono simboleggiati dal triangolo al centro di questo fiore con quattro petali, che rappresenta Mûlādhāra (la radice della colonna vertebrale), primo centro di sviluppo per l’illuminazione delle forze interne.

Su questo primo centro (mūla: radice, base, supporto) poggia, in un certo senso, tutto il sistema kundalinico ed il triangolo è la base di una piramide che si eleva sino a brahmā-rundra (apertura Divina) nella sommità del cranio.

Questa Tri-Unità, costituita dalla base triangolare e dal vertice della piramide (assai simbolica), è la prima triplice manifestazione (Vita-Forma-Pensiero) espressa da tutte le trinità teologiche che emanano da un Dio-Unico Assoluto. Posso aggiungere l’assioma: “La Terra è un globo animato dallo spirito”, il che nell’esoterismo numerologico corrisponde a 365: la Terra, il numero 3 corrisponde al Creatore, a Brahmā (il Dio, il Padre), il globo animato; il numero 6 è l’elemento acqua (acqua celeste e liquido terrestre), il mistico e l’ostacolo che animano il mondo con l’antagonismo delle aspirazioni, è Vishnu16 il conservatore (la seconda persona divina); lo spirito, che corrisponde al numero 5, è l’elemento fuoco, simboleggiato dal Sole, che dirige le forze, è Shiva, il distruttore (lo Spirito Santo). 365 è il numero dei giorni della rivoluzione terrestre. Ciò porta a riflettere sul grande problema dell’evoluzione micro-macrocosmica: Brahmā è creatore, per la sua azione costruttiva che si manifesta attraverso la Causa universale;

15 Nella tradizione indù i plessi principali (centri neuro-fluidici), conosciuti come i sette chakra primordiali, sono simboleggiati da un fiore di loto. Ciascuno è rappresentato da un fiore con un diverso numero di petali; si comincia con quattro nel Mūlādhāra, per terminare con il loto dai mille petali nel Sahasrāra-Padma.16 Vishnu si è manifestato sulla Terra incarnandosi, attraverso le ere, in un pesce, un maiale, una tartaruga, un nano, Narashimha, Parasuvanu, Rama, Krishna, Buddha e nella sua attesa decima incarnazione nel Kalki Avatar (decimo Avatar o Messia), intesa come la Seconda Venuta del Cristo, o il Maitreya dei Buddhisti.

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Vishnu è conservatore, perché la sua potestà protettrice si manifesta nei suoi diversi avatar; è la forma che in tutte le Ere si materializza in un archetipo; infine Shiva è distruttore, perché abolisce le passioni, è quindi il purificatore (simboleggiato dallo Spirito Santo cristiano e dall’ideazione della nostra teologia) emanato dall’Assoluto (Vita-Forma-Pensiero).

Questo tempio piramidale interno è una struttura di sette camere iniziatiche sovrapposte: i tre elementi base (terra-acqua-fuoco) suggeriscono la necessità di lavorare, unitamente all’elemento aria, per arrivare al vertice della piramide, caratterizzato dall’elemento etere, giacché l’ultimo centro (chakra dai mille petali) è quello che segna il passaggio verso la coscienza universale, dove troviamo l’elemento eterico. Ecco il perché degli esercizi speciali di respirazione (assunzione dell’elemento aria) tanto cari agli yogin.

Riprendiamo l’assioma sopra citato “La Terra è un globo animato dallo spirito”, che ho associato al numero 365 (terra-acqua-fuoco), e vediamo che si manifesta in questo stesso ordine anche nell’evoluzione dei chakra:

Mūlādhāra: elemento terraSvādhistāna: elemento acquaManipūra: elemento fuocoAnāhata: elemento ariaVishuddha: elemento etereÂjñā: mentaleSahasrāra Padma: Assoluto.

Quindi il lavoro di perfezionamento si porta logicamente a termine con i tre primi elementi base individuati nei primi centri e con l’aiuto del quarto; infatti, l’equilibrio tra il macro e il microcosmo si ottiene grazie all’omogeneità degli elementi in gioco:

la terra, il corpo solido, l’oggetto, il risultato, la forma;l’acqua, l’elemento liquido, l’ostacolo, ma anche la prova indispensabile; il fuoco, il dinamismo, l’elemento igneo, che genera il conflitto ed offre la possibilità di purificazione;l’aria, l’elemento gassoso, adatto ad aiutare l’evoluzione delle cose.

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Nel macrocosmo la natura presenta questi quattro elementi: il nostro pianeta ed i continenti (la terra), i mari, gli oceani e le piogge (l’acqua), i vulcani, la lava, la temperatura, il sole (il fuoco) e l’atmosfera (l’aria). Nel microcosmo, il nostro corpo, ritroviamo gli stessi quattro elementi: quello solido (terra), è il nostro scheletro; il liquido (acqua), il nostro sangue, il liquido cerebrale, l’urina, il sudore; l’elemento igneo (fuoco), la temperatura e la putrefazione intestinale; infine l’elemento gassoso (aria), l’ossigeno costantemente assorbito dai nostri polmoni.

L’elemento etere si ottiene dall’unione perfettamente equilibrata dei quattro elementi contro cui l’uomo deve generalmente lottare, senza i quali però non potrebbe vivere. Interpenetrazione dell’uno nell’altro, vale a dire equilibrio dei quattro elementi basici dell’organismo con i quattro elementi costituenti il mondo manifestato nel piano fisico. Successivamente l’adepto al perfezionamento dovrà elevarsi allo stato eterico che gli permetterà di vivere esperienze sovranormali con le quali lavorare, nella sua evoluzione finale, per elevare il proprio stato mentale e per l’assorbimento nell’Assoluto.

Questo meccanismo deve essere ben compreso prima di penetrare nei meandri delle Scienze Sacre. Secondo quanto è stato detto si tratta di assimilare a uno stesso stato sia gli elementi che appartengono alla natura che quelli contenuti nel corpo umano, come enuncia il grande assioma ermetico: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto perché si compia il miracolo di tutte le cose” (Ermete Trismegisto).

Ho chiamato il mio studio yoghismo, e questo potrà dispiacere a numerosi studiosi che, come ho fatto iio stesso in altri tempi, forse diranno: “Ecco un altro ismo in più!”. Ho scelto questo nome proprio perché si è scritto molto sullo yoga e non ero soddisfatto delle spiegazioni parziali che portavano per lo più a mera curiosità lasciando gli studiosi assai delusi di non aver ottenuto la spiegazione finale. Ho pensato perciò di presentare in modo sistematico una dottrina che non è né nuova, né rinnovata. Con questo titolo, il mio piccolo studio ha in sé un carattere analitico, chiaro agli studiosi obiettivi che vogliono conoscere il perché ed il come. Non è nelle mie intenzioni fondare una nuova scuola filosofica, ma è su basi

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tradizionali che intendo presentare lo yoga al mondo attivo e pensante.

Non esiste un nuovo yoga; tutto è già stato detto e trattato. Solo i metodi sono diversi; è su richiesta di vari ricercatori che ho deciso di presentare il mio punto di vista in merito. Lo Yoghismo può essere oggetto di studio, invece lo yoga, che in realtà significa unione, non ha bisogno di spiegazioni e mi dispiace per quelli che non lo hanno capito! È proprio per costoro (essendomi trovato io stesso in tale condizione per molto tempo) che voglio affrontare la spiegazione di questa unione, l’ismo dello yoga: lo yoghismo.

Lo yoga, secondo l’insegnamento tradizionale, ha come obiettivo la realizzazione dell’unione dell’Essere individuale con l’Essere universale e indica anche i mezzi per raggiungerla. Abbiamo affermato che la realizzazione metafisica, che consiste essenzialmente nell’identificazione attraverso la conoscenza, vale a dire lo yoga, ha come punto di partenza l’ekâgrya (concentrazione).

Dal mio punto di vista (e non per preconcetto) le molteplici ramificazioni dello yoga hanno dato luogo a divisioni, proprio come nella religione, quando invece yoga vuol dire unione, come religione vuol dire riunire; tuttavia, nel caso della religione, la divisione, per quanto anomala, può essere tollerata, poiché è legittimo dare una spiegazione ipotetica del Gran Tutto in termini comprensibili, anche se ciò, come nel caso della religione cristiana, genera centinaia di sette in lotta fra loro, che si definiscono tutte cristiane ed garantiscono la loro legittima discendenza ed il loro discepolato da Cristo! Ma il caso dello yoga è diverso - ed è qui che il termine yoghismo assume il suo vero significato -, non ci sono argomenti dottrinali, lo studente, infatti, agisce sotto la guida di un Maestro (il Guru) per evitare incidenti fisici (per ciò che concerne l’Hatha Yoga), incidenti mentali (nel Bhakti Yoga), smarrimenti intellettuali (nel Jñâna Yoga) o una perdita di tempo (per i seguaci del Râja Yoga), senza che ciò comporti un castigo o una ricompensa. L’adepto yogin lavora per il suo perfezionamento personale, iniziando con basi concrete ed obiettivi conosciuti, seguendo una tradizione al fine di trarre profitto dalle lezioni degli Antichi e sotto la direzione di un Maestro, giacché ogni studente necessita di un professore. Siamo lontani dalla fede cieca richiesta dalle religioni su

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argomenti divini (completamente sconosciuti), e ancor di più dai dogmi da seguire (di cui non si conoscono le motivazioni). Ma lo yoga non è neppure una semplice filosofia; mi auguro di poter essere l’interprete dei Grandi Maestri dell’antichità nel difendere il pensiero puro d’elevazione spirituale dello yoghismo come lo intendo, pensando che anche altri lo vedano così.

Oggi nello yoga regna una gran confusione. È diventato una specie di religione, non necessaria a coloro che hanno già la propria profondamente radicata; diventerebbe semplicemente una setta in più. I sostenitori del Raja Yoga hanno già creato una divisione, sostenendo l’inutilità di fare esercizi di Hatha Yoga, dato che è facile ottenere il raggio spirituale meditando (infatti ciò che ci dà l’illusione d’esser buoni e quasi perfetti ottiene facilmente la nostra fiducia), anche se ciò in realtà si riduce ad un vago sogno chiamato concentrazione. Tale divisione ci costringe a dichiarare la nostra appartenenza all’uno o all’altro yoga (fisico, devozionale, ecc.), come fanno i frammassoni con i loro 150 riti differenti, o come i cristiani che sono obbligati a specificare la loro adesione a questa o a quella chiesa! Lo yoghismo non presenta queste suddivisioni che appaiono come un piacevole miscuglio di “pasticceria spirituale”: lo yoghismo è uno e tutto, una sintesi, e non una serie di fagottini con etichette del tipo: “Per persone intellettuali”, “Per signore dagli entusiasmi tardivi”, “Per signori curiosi di novità”!

Lo yoghismo non esclude nulla: sono le varie esperienze che portano lo studente ai diversi stati necessari all’Illuminazione finale. I vari tipi di yoga sono indispensabili; invece di separarli li dobbiamo presentare come un programma d’evoluzione. Sto parlando al mondo occidentale, perché l’India in gran parte ha compreso queste questioni, e difficilmente è esistito un paese così tollerante come quello di Rama, Krishna e Buddha.

L’eredità spirituale e la predisposizione mistica esimono l’indù da queste discussioni oziose su un sistema che da sempre ha praticato e dal quale dipende totalmente. Come sempre, però, l’insegnamento non è per colui che ha già incontrato il Sentiero, ma per chi lo cerca. Sto spiegando, dunque, i mezzi grazie ai quali si può entrare in contatto con l’Iniziazione Sublime dello yoghismo.

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Lo yogin è colui che si è realizzato pienamente: nel vero senso del termine è colui che si è definitivamente illuminato, altrimenti sarebbe uno studente, un chellah, un sâdhaka. I siddhi (poteri) possono essere acquisiti molto presto avanzando nell’hatha yoga; queste forze culminano a volte nella vibhûti (gloria divina) e lo yogin diventa un siddha, però non si autodefinisce mai tale, perché il perfetto sa che c’è sempre qualcos’altro da fare.

Jivatma e Paramatma devono essere totalmente uniti perché si possa affermare che ci sia yoga. Jîvatma (anima individuale) e Paramatma (anima universale), in perfetto equilibrio, producono il contatto di sublimazione finale, e ciò costituisce lo yoga (Identificazione Universale). Lo Yoga-Shastra è la scienza con cui si acquisisce la Conoscenza segreta dell’unione dello spirito incarnato con lo spirito illimitato. Quest’affinità tra le due polarità è molto difficile da capire, ma non concepisco dualità nello yoga; va detto inoltre che l’identificazione non è tra due emanazioni, ma è un riflesso della stessa anima (in senso teologico); in altre parole si tratta di una contemplazione dell’immagine proiettata nella realtà, o meglio, è come se l’immagine di una persona che si guarda allo specchio potesse pensare di integrarsi con la persona stessa. L’immagine nello specchio rappresenta il nostro spirito incarnato che crede di vivere veramente movendosi entro la cornice; l’immagine si muove ancora di più quando sopra questo specchio facciamo scorrere dell’acqua; se ci guardassimo in uno specchio immerso in una fonte d’acqua cristallina avremmo la rappresentazione esatta della nostra vita materiale, che crediamo essere quella vera, la parte oggettiva, mentre in realtà si tratta della parte soggettiva, dell’illusione (maya). La nostra vera individualità non si trova lì, come il vero io non può essere l’immagine nello specchio...! Ecco perché ho sempre trovato difficoltà a capire la dualità Jîvatma-Paramatma quando vengono presentate come due figure diverse; se provengono da identica fonte perché separarle nel processo di evoluzione? Nei trattati di yoga si ha sempre l’impressione che Jîvatma-Paramatma siano due forze in opposizione che cercano l’equilibrio; non sono l’unico a constatarlo, d’altra parte nessuno ha mai realmente spiegato ed analizzato l’eternità del

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La Trimurti del tempio sotterraneo di Gharapur. È una piccola isola di 30-40 ettari di superficie, abitata da alcune centinaia di nativi, nel Mare di Oman di fronte alla costa occidentale dell’India. Il nome si Isola di Elephanta le fu imposto dai portoghesi che sbarcando trovarono un elefante di pietra, ma il suo nome indù è Gharapur. L’isola è famosa principalmente per ilsuo passato e la sua fama proviene dalle grotte, o meglio dal suo ipogeo di origine brahmanica; il suo nome indigeno è città delle grotte. Un deposito di acqua limpida e fresca proveniente da una fonte sotterranea soddisfece le necessità dei brahmani del passato, ed è considerata attualmente una fonte di acqua miracolosa con proprietà benefiche, ricercata da tutti i pellegrini che giungono a questo luogo, che tuttavia è sia ammirato per il suo aspetto artistico che visto con devozione religiosa. Gharapur è da secoli un Tempio di Iniziazione.

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Il tempio sotterraneo è molto ben conservato anche se la sua costruzione risale al VII secolo e ha subito gli assalti dei cristiani che ne distrussero le statue. Varie statue sono dedicate soprattutto a Vishnu (seconda persona della divinità) e a Sarasvati (sposa e madre); tagliate nella roccia, la maggior parte raggiunge un’altezza di 3-3,5 metri; sul fondo della sala centrale vi è un’enorme rappresentazione della trilogia Brahma-Vishnu-Shiva, posta sopra un grande altare. Le teste di questa scultura sono alte più di 2,5 metri. Una dozzina di nicchie ornano le pareti della grande sala principale con statue di due metri di altezza e rappresentano scene della vita di Vishnu. Altre statue su piedistalli sono collocate ai lati, e vi sono anche piccoli altari secondari nelle sale attigue.-----------------------------

Gran Tutto nella mutevolezza soggettiva e limitata che dà origine a maya, la magia dell’esistenza del piano fisico.

Adhimuktikalakiriya è la morte volontaria, il privilegio dei bodhisattva,17 coloro che non devono ‘ritornare’ condizionati dai 18 stadi karmici, ma scelgono il momento e il modo di lasciare l’involucro corporeo e reincarnarsi con maggiori possibilità di aiutare il prossimo (su questo si basa il Rito Schrepfer dei frammassoni). Nella Bhagavad Gita questi diciotto stadi karmici corrispondono alle diciotto vie verso la realizzazione; Krishna (divinità in forma umana) ne parla al suo discepolo, insegnandogli la parte più importante della conoscenza e, in particolare, lo sviluppo della natura dell’anima, la definizione dell’uomo e i doveri da compiere.

La grande moralità di questa dottrina è costituita principalmente nella rinuncia ai frutti dell’azione. Il Canto del Beato è un poema indù, in cui il dialogo si svolge poco prima della battaglia di Kurukshetra, al principio della 4a Età del mondo e i suoi capitoli corrispondono ad altrettante lezioni classificate in questo modo:

17 Bodhisattva in pali (bodhi: sapienza; sattva: devoto) discepolo che si prepara all’Illuminazione. L’ideale bodhisattvico è esclusivamente buddhista, però un bodhisattva (è preferibile usare il termine sanscrito di bodhisattva) non deve essere necessariamente buddhista. L’ideale bodhisattvico si suddivide in tre periodi: Mano-Panidhi (risoluzione mentale presa da un devoto, in presenza di un onnisciente, per ‘ritornare’ come buddha in futuro), Vaci-Panidhi (espressione verbale di un devoto in presenza di un Buddha rispetto alla sua risoluzione mentale presa alcuni anni prima) e Kaya-Panidhi (dimostrazione particolare di un devoto, il quale, non potendo più contenersi, dimostra il suo ardente zelo per mezzo di un atto esemplare).

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1. Arjuna Visada Yoga2. Sanhya Yoga3. Karma Yoga4. Jñana Karma Samnyasa Yoga5. Samnyasa KarmaYoga6. Dhyana Yoga7. Jñana Vijñana Yoga8. Akshara Brahmâ Yoga9. Raja Vidya e Raja Guhya Yoga10. Vibhuti Yoga11. Vishvarupa Darshana12. Bhakti Yoga13. Ksetra Ksetrajña Vibhaga Yoga14. Gunatraya Vibhaga Yoga15. Purushottama Yoga16. Daiva Asura Sampad Vibhaga

Yoga17. Shraddhatraya Vibhaga Yoga18. Moksha Samnyasa Yoga

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Come il salmo 119 della Bibbia fornisce le 22 chiavi maggiori che permettono di penetrare negli arcani cabalistici della Scienza Segreta del Cristianesimo, così i 18 capitoli della Bhagavad Gita servono da guida per vivere i quattro periodi evolutivi chiamati in India ashrama,18 termine che significa modo di vivere, tappa della vita nel sentiero della realizzazione. Si progredisce secondo i seguenti stadi:Brahmacharya, la vita consacrata alle cose divine (studi,

preghiere, ecc.). Il brahmachari fa voto di celibato e di astinenza da ogni piacere.

Vanaprastha, lo stadio durante il quale l’uomo si ritira in un bosco (o in altro luogo solitario) per studiare le Scritture e per dedicarsi alla meditazione.

Grhastha, la tappa del capo famiglia; questo stadio non si riferisce solamente alla condotta della coppia, ma anche all’Iniziazione della moglie e all’insegnamento ai figli (in senso filosofico). È il periodo del cerimoniale: le consacrazioni sull’Altare familiare, le benedizioni, i diversi rituali.

Samnyasa, la rinuncia alla speranza della ricompensa; non si tratta della cessazione delle attività esteriori, ma di uno stato mentale interno d’indifferenza per i frutti dell’azione. La pratica del samnyasa comincia quando il candidato si sente capace di sacrificare completamente le cose mondane e sociali. Il samnyasin è quindi un eremita che, senza possedere niente, erra da un luogo santo ad un altro come pellegrino, e si può riconoscere, generalmente, dalla sua guerrua.19

18 Ashram deriva da un termine che significa: luogo dove vive un Saggio. Il luogo e il modo in cui si vive costituiscono l’ashram, che comunemente è la residenza di un Guru con i suoi chellah. L’ashram può essere una piccola casa di uno yogin, una capanna isolata od un edificio con locali adibiti a funzioni di tempio, studio, dormitorio, ecc., e che possono ospitare comunità di ‘idealisti’ che praticano la spiritualità (Vita thalansteriana).19 Guerrua è un colore rosso-ocra (zafferano) proveniente da una pietra che serve per tingere le stoffe per gli abiti dei Samnyasin. Si usa anche per indicare il pezzo di tela che veste il Samnyasin ed è il simbolo dell’abnegazione, rispettata in Oriente come sacra; questo vestito, di una semplicità estrema, è l’emblema della santità.

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In queste diverse tappe verso la realizzazione finale, lo yoga ha il suo ruolo: ogni compimento nel sentiero della perfezione è uno yoga. L’errore è stato l’aver classificato, molto dogmaticamente, i vari tipi di yoga. I suoi classificatori, che potremmo definire tecnici, hanno distinto quattro classificazioni dello yoga:Hatha-yoga: unione mediante la forza (aspetto fisico);Mantra-yoga: unione nel verbo (preghiere, invocazioni);Raja-yoga: unione reale (principio sintetico);Laya-yoga: unione attraverso la dissoluzione (vedi in precedenza il termine adhimuktikalakiriya).

Da questi sono derivati gli altri yoga come ulteriore suddivisione di un’unità nella quale vive la polarità, dando luogo così al kundalini yoga, al karma yoga, al kriya yoga e a molti altri, secondo le varie manifestazioni dell’ispirazione umana; l’errore è stato soprattutto l’aver dogmatizzato ogni ramo, anziché unire le varie tecniche di controllo delle inclinazioni del conscio in una dottrina, come io propongo con lo yoghismo, e riconoscere che tutto questo costituisce una realizzazione metafisica. Dovrebbe esserci una sola vera esperienza!

Quale che sia la realtà, lo stadio finale deve essere identico per tutti, e ciò mi fa pensare ai turisti che per diversi sentieri scalano una montagna verso la meta comune che è la cima; anche se questi sentieri sono differenti per ogni spedizione, tutti seguono uno stesso procedimento: passi lenti e misurati, corde, zaino sulle spalle con provviste per il viaggio, riposi durante il tragitto, accampamenti, ecc. Pure nell’ascesa verso la cima del perfezionamento si deve seguire lo stesso processo, nonostante le diverse caratteristiche dei vari sentieri.

Ci sono otto regole da rispettare in qualunque tipo di yoga; sono le basi di una disciplina indispensabile, come le leggi che reggono l’universo. Un essere umano per vivere deve mangiare, dormire, respirare; potrà controllare i suoi atti, ampliare le sue funzioni, ma potrà vivere normalmente solo se seguirà queste norme naturali, almeno per un periodo, per poi astenersene progressivamente (ma non è ora il momento di parlare di tale argomento). È chiaro che un essere umano, qualunque sia il suo modo di vivere, deve seguire certe leggi ben definite, sin dall’inizio della sua vita. Un bimbo deve

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seguire una disciplina nel sonno, nell’alimentazione, ecc., per potersi chiamare essere vivente.

Ho sempre sostenuto che la sola differenza che esiste fra l’animale e l’uomo è la facoltà di pensare. Se l’uomo vive meccanicamente per bere, mangiare e dormire, si colloca da solo nello stato animale; perciò l’uomo materialista che difende la tesi dell’ateismo è in sostanza un essere spiritualmente animalizzato, al punto da rimanere nello stadio precedente a ciò che gli compete nel corso dell’evoluzione della vita (minerale – vegetale – animale – umana - superumana).

Sul piano mentale gli esseri umani si dividono in due categorie: i materialisti e gli spiritualisti.20 Il piano mentale include due stati, uno inferiore e uno superiore, il primo è l’animale perfezionato o l’uomo selvaggio, il secondo l’uomo perfezionato pronto per passare allo stato di uomo-dio.

Il fatto di trovarsi in una regione cosiddetta civile, di appartenere ad una categoria di individui chiamati collettivamente nazioni, e di ostentare lauree universitarie, non garantisce la non appartenenza allo stato mentale inferiore; in questo caso l’individuo, invece di usare le sue ipotetiche qualità, si esime dal pensare realmente vivendo in disaccordo con le leggi naturali dell’evoluzione umana (assunzione di alcool che squilibra un corretto modo di pensare, alimentazione disordinata - soprattutto nel nutrirsi di carni di animali, contrariamente a tutte le norme del buon senso - veleni delle droghe e del tabacco, ecc.); non è raro quindi vedere in Occidente persone diplomate che ignorano i primi rudimenti della saggezza di vivere.

Nello yoga, ci sono dunque otto elementi base per la condotta dell’essere umano che desidera elevarsi sopra la condizione animale:

yama, le astinenze,niyama, le regole di vita,āsana, le posizioni del corpo,prānāâyāma, il controllo della respirazione,pratyāhāra, il controllo delle percezioni sensoriali organiche,dhārana, la meditazione,

20 È chiaro che esiste una moltitudine di divisioni del genere (ateista, materialista, positivista, relativista, spiritualista, e perfino spiritista, ecc.). Per semplificare enuncio qui solo le due grandi correnti di pensiero.

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dhyāna, la concentrazione, esamādhi, l’identificazione.

È impossibile eludere queste regole elementari, qualunque sia il tipo di yoga scelto, la cosa più importante è rispettare questi principi. Concludo quindi affermando che non bisogna stare a discutere quale è il migliore tra i vari tipi di yoga, e ribadisco che lo yoghismo significa riunire le regole di vita in una sintesi, il che presuppone la realizzazione di stati iniziatici, intesi nel senso ampio del termine, e non in quello limitato dei dogmi.

Lo yoghismo vuole essere una forma concreta di studio per il controllo dei turbamenti fisici o psicologici. Ritengo d’essere imparziale quando affermo che la tradizione yoga, nella sua applicazione trascendente, va seguita nei propri periodi di esistenza; i vari tipi di yoga infatti sono affluenti di un medesimo fiume chiamato yoghismo (ed arriviamo così allo yug iniziale, che è l’alfa e l’omega di tutte le cose).

Le otto caratteristiche dell’evoluzione corrispondono alle discipline, tutte naturali, che sono praticate, anche se insufficientemente, in quasi tutto il mondo.

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YAMA

YAMA: (da non confondere con il dio della morte dei Veda). È il primo di questa serie di principi ed è praticato più o meno in tutto il mondo, dato che quasi tutti si astengono dall’ammazzare, dal rubare, dalla lussuria, ecc. La coscienza, però, sempre troppo elastica, fornisce facilmente delle motivazioni all’essere umano per permettergli di soddisfare vizi e passioni, perciò la Scienza Yoga prevede una condotta da osservare rigorosamente.

Il principio del non ammazzare, non si riferisce solamente al crimine umano, ma anche a quello animale: anche il solo fatto di utilizzare la carne di bestie uccise è farsi complice di un crimine, ed anche chi compra la carne credendo di non essere colpevole, si comporta come quei dittatori che assoldano mercenari assassini. È certo che il fatto di mangiare legumi non esime dall’uccidere, però è anche chiaro che “ammazzare” una carota, una lattuga, un tubero, non ha le stesse conseguenze della strage organizzata della pesca, della caccia o del macello. Anche se proviene da un’Anima collettiva, l’”intelligenza” di un animale è più vicina all’uomo di quanto non lo sia la coscienza cellulare dei vegetali, anche dei più evoluti.

La legge di non uccidere è menzionata dappertutto, sia dagli ebrei, che dai cristiani e dai buddhisti: Esodo: XX,13, Levitino: XIX,16, Deuteronomio: V,17, Matteo: V,21 e XIX,18, nel primo pansila (comandamento) buddhista, ecc.

Si fa menzione dell’astensione dalla carne animale in particolare in: Genesi: I,29 e IX,4; Levitino: XXII,8 XVII,10-14 e analogamente nelle scritture orientali (Vinaya-Pitaka, Suta-Nipata, ecc.).

Vi sono riferimenti nella Bibbia anche sull’astinenza dall’alcool, dal vino, dalla birra (Lev. X, 9-10), per coloro che si consacrano alla vita cristiana (Numeri: VI,2-3); lo stesso vale per un essere convertito alla santità (Luca, I,15), e perfino il Gran Maestro di Nazareth ne ha mostrato l’importanza (Luca:XXII,18). Non solo tra gli indù vi sono i samnyāsin che si dedicano ad una vita d’eremita consacrata alla Divinità, ma questo genere di vita si trova anche nelle varie religioni , per esempio, nel cristianesimo se ne riscontrano le norme in

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numerosi passaggi biblici (Numeri: VI, 1-6); si trova menzione anche delle varie astensioni dalla violenza, dalla menzogna, dal furto, dalla lussuria e dall’attaccamento alle cose e alle persone (particolarmente in Luca: XIV,26). Per i cristiani, dunque, le astinenze previste dallo yoga non dovrebbero essere nuove.21

Potremmo dilungarci in citazioni e riferimenti, ma oggi è già ampiamente dimostrato, sia dalle autorità religiose che dalle analisi scientifiche, che l’astensione dalla carne animale, dalle bevande alcoliche, dal tabacco, ecc., costituisce il punto di partenza di ogni evoluzione verso qualsiasi perfezionamento, per cui è inutile insistere ancora su tale argomento. Sia sul piano spirituale, che su quello materiale, lo yama dello yoga, nella vita quotidiana, è la semplice precauzione contro la degenerazione delle facoltà umane. I nomi più illustri della storia hanno applicato il regime naturista, come i grandi maestri: Hanahpu, Quetzalcóatl, Hirakutcha, Osiride, Rama, Krishna, Lao-Tze, Confucio, Buddha, Gesù. I più grandi pensatori hanno difeso la causa vegetariana: Pitagora, Talete, Plutarco, Porfirio, Epicuro, Diogene, Omero, Eraclito, Platone, Ippocrate, Socrate, Aristotele, Seneca, Cicerone, ecc. Senza parzialità si possono nominare le più diverse celebrità, della scienza, dell’arte o della filosofia: S.Pietro, Leonardo da Vinci, Voltaire, Jean Jaques Rousseau, Humboldt, Nietzsche, Lamartine, Wagner, e molti altri personaggi famosi che si sono distinti per aver praticato questa disciplina alla quale ha aderito il 50% dell’umanità. In effetti, la metà degli abitanti del nostro pianeta non ha ancora accettato tale dimostrazione elementare di saggezza, primo passo verso la liberazione finale, che si manifesterà in un’Era di pace.

Esistono regole ben definite nella vita ed il non osservarle causa catastrofi come quella di Atlantide o come quella che si sta preparando in questo momento se il mondo non provvede in tempo!... Le Leggi del Cosmo sono una realtà ben precisa e andare contro quest’organizzazione tanto perfetta significa portare l’umanità verso la perdizione.

21 In particolare alcune sette cristiane e Ordini Cattolici seguono il regime naturista, sembra però che questi precetti siano stati dimenticati, eccetto naturalmente da quelli che praticano strettamente gli insegnamenti del Cristo come gli Esseni, i Mandeani, i Catari, i Templari, ecc.Gli stessi riferimenti si possono citare per le altre religioni, poiché però il mio libro è rivolto principalmente all’Occidente, in particolare al mondo cristiano, è nella Bibbia che trovo il maggior aiuto.

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NIYAMA

Niyama è il nome dato nello yoga alle regole che prevedono per prima cosa la purificazione interna ed esterna dell’essere umano. In primo luogo la purificazione interna, ossia lo stato spirituale, non potrà essere conseguita se prima non si è realizzata l’unità di tutte le cose in un mondo che ruota secondo diverse tonalità creando i regni minerale, vegetale, animale, umano e superumano. La distruzione di uno o dell’altro di questi regni provocherebbe uno squilibrio nell’Infinitamente Grande. L’essere umano, se invece di concentrare la propria energia nella distruzione, pensasse ad essere costruttivo, da molto tempo il nostro mondo si sarebbe reintegrato nella beatitudine originaria (mi esprimo così per rimanere nel quadro teologico).

Avete mai pensato alla pazienza di uno spirito distruttore, che passa un giorno intero con una canna in mano, tentando di eliminare un animaletto di pochi centimetri che vive in un elemento liquido senza molestare l’uomo? Questo squilibrio mentale che risveglia nell’uomo una sensazione quasi sensuale nel vedere un pesce lottare contro la morte, è ben noto agli psichiatri. Il caso della sensualità morbosa di tutti quei poveri sciocchi, che ritornano dal bosco con il fucile in spalla ed alcune bestioline inoffensive nel carniere, è stato troppo spesso descritto perché io debba aggiungere la mia opinione in merito. Cacciando o pescando, l’uomo dimostra di nascondere un complesso d’inferiorità, come l’abitudine agli eccitanti (tè, caffè, alcool, nicotina, ecc.) rivela una mancanza di controllo (queste sostanze, in realtà, non fanno che aggravarla).

In Spagna si prendeva la precauzione, prima di portare qualcuno ad una importante corrida, di farlo bere copiosamente e invitarlo a mangiare gran quantità di carne perché potesse sopportare la crudeltà di tale spettacolo. Mai uno spagnolo potrebbe “apprezzare” tanto tale vista cruenta se non con una bottiglia di vino: il piacere di presenziare alla morte dell’animale è, dunque, uno stato di disequilibrio di questi poveri “appassionati” delle corride. Non potendo resistere alla stupidità dei suoi contemporanei, l’uomo sente evidentemente la necessità di animalizzarsi con un’alimentazione carnivora e cercare di sfuggire al disgusto mediante le bevande e gli

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stupefacenti, per non reagire energicamente alla direzione presa dall’umanità attuale. Conosco la reazione generale del momento: ci sono grandi saggi che, nonostante ciò, mangiano carne, fumano e bevono... Sono d’accordo fino ad un certo punto, perché ho già dichiarato più di una volta pubblicamente di non essere assolutamente orgoglioso dei miei vari diplomi, i quali dimostrano solo la mia stupidità scientifica; a che servono le mie lauree se non a dimostrare che ho copiato diligentemente i miei predecessori senza preoccuparmi di un’opinione personale? Che cosa provano i miei gradi, i miei diversi titoli, se non che ho ben assimilato tutta la scienza inesatta ed impotente dei nostri giorni? Bisogna ammettere che la medicina moderna è molto lontana dal conoscere il procedimento di mummificazione che gli egizi praticavano comunemente, ed anche che le nostre matematiche sono tutte un’ipotesi relativa in confronto all’antica Numerologia; devo confessare anche che non mi dettero all’Università la formula della trasmutazione dei metalli, la quale faceva parte, in altri tempi, della fisica popolare. Lasciando da parte i miei titoli, non posso allora essere sensibile all’annuncio dei titoli degli altri, ad eccezione di quelli che si elevano al livello di Einstein, Varcollier, Alexis Carrel, Marcelin Berthelot ed altri rivoluzionari della scienza (o rinnovatori della conoscenza antica).

Il niyama comprende anche altre astinenze, oltre alle precedenti regole elementari di vita: la purificazione non è completa se è limitata unicamente ad una sana nutrizione; se il corpo non è fatto per ricevere un’alimentazione da necrofago22, lo spirito, da parte sua, deve essere padrone delle proprie abitudini (dominio dei cattivi costumi). Anche se non è facile controllare il modo di pensare, non si può arrivare ad una supremazia spirituale senza la capacità di pensare correttamente. Ci vorrebbe molto tempo per analizzare cosa vuol dire “pensare correttamente”, poiché è ovvio che non si tratta di approvare automaticamente i tipi di pensiero

22 Necrofago: colui che mangia cadaveri, carne di un morto. Nutrirsi con prodotti provenienti dal bue, dal maiale, dal vitello, da uccelli o dal pesce è essere necrofago, per il fatto di cibarsi con la carne di animali morti. Oltre alle tossine (purina, malveina, stricnina, ecc.) contenute abitualmente nella carne animale, si sa che certi germi invadono i tessuti quando la vita smette di animare i corpi, il che aggiunge un veleno terribile a quest’alimentazione, causa di tante infermità e morti premature.

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riconosciuti abitualmente come buoni: il “buono” ed il “cattivo” sono semplici concezioni; ognuno, infatti, può definire il significato di “buono” e di “cattivo”, ma lo fa in base al proprio giudizio, senza preoccuparsi dell’approvazione degli altri. Nel nostro Ashram di Maracay, in Venezuela, c’è scritta questa frase sulla parete molto indicata: “La libertà di ognuno termina là dove inizia la libertà dell’altro”.

La cosa più difficile da instaurare in questo mondo sarà una morale universale; quello che conviene ad uno non conviene all’altro; ci sono molti motivi per dividere l’umanità, e, oltre ai diversi principi sociali, esistono molte divergenze originate da reazioni biologiche e da effetti psicologici diversi secondo il tempo, il luogo, la razza, ecc.

Menziono spesso il caso dei costumi tibetani che accettano che la donna appartenga a cinque o sei mariti, mentre succede il contrario nel vicino Oriente, dove un uomo ha frequentemente varie mogli. Qual’è allora la vera moralità? Se noi europei crediamo di essere gli unici ben equilibrati, basta ricordare le statistiche di Sigmund Freud! Mi sono occupato delle norme sessuali, ma mi è stato impossibile ottenere un dato esatto sulla frequenza del coito. Tutti i medici, psicologi, biologi, ecc., che si sono dedicati alla stessa indagine, sono giunti alla medesima conclusione. Le risposte sul numero di rapporti sessuali variano nelle statistiche da una a cento volte al mese di media! Vari interpellati hanno espresso una necessità di 1000 coiti annuali: come si può allora avere un dato sull’equilibrio sessuale? Semplicemente non c’è una legge che regoli simili funzioni. La regola deve essere stabilita secondo la ragione stessa della vita, secondo il senso attribuito all’esistenza, le aspirazioni e l’ideale perseguito. Il bene e il male sono concetti umani che esistono di fatto solo sul piano mentale e secondo la creazione dello spirito di ognuno; ci sono anche atti sui quali si potrebbero avanzare delle riserve, data la loro estrema relatività, come avremo modo di vedere.

Il niyama rappresenta le regole di vita indispensabili allo studente di yoga, ancor più che allo yogin stesso. La purificazione interna ed esterna è da intendersi come una disciplina necessaria al discepolo di tutte le filosofie. Il valore delle discipline, la difficoltà, la ricerca di verifiche per l’apprendimento, sono inclusi in questo principio, il quale, secondo lo yoga, fa parte degli otto elementi basici della

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condotta dell’essere umano. Questa regola (niyama) consiste nello studio della scienza, della purezza, dell’austerità, della ricerca della perfezione. La morale deve provenire da queste conclusioni, e si manifesterà spontaneamente, senza bisogno di soffermarci ora ad analizzare la perfetta condotta di vita.

Peraltro, una volta che l’adepto ha acquisito il primo elemento base, lo yama, costituito dalle astinenze, passa al niyama, il quale automaticamente gli dà la chiave della sua regola di vita. L’assenza di vita sessuale non significa, in assoluto, purezza morale; tuttavia, l’aspetto biologico in questo caso è uno dei più importanti, lo sappiamo bene, poiché è richiesta la mancanza di “rapporti” quando si inizia la pratica dello yoga, come in tutti gli ordini mistici ed iniziatici; è, infatti, una precauzione elementare per quelli che affrontano un campo sovranormale in cui si rende necessaria una tensione mentale per lo sviluppo di un magnetismo particolare, per la conquista di forze psichiche o per la contemplazione: tutto ciò è irraggiungibile a coloro che non vogliono piegarsi a questa regola del controllo dei sensi. Il tempo, più o meno lungo, dell’astinenza prevista in questa pratica elementare, dipende dalle possibilità del discepolo; ciò significa che, una volta ottenuto il dominio assoluto dei sensi, lo yogin può permettersi di scegliere il genere di vita che preferisce avendo ormai il controllo completo dei suoi atti e potendo quindi trasmutare le forze secondo le finalità che pensa di ottenere.

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ĀSANA

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Gli āsana sono posizioni del corpo; ogni movimento deve avere una ragion d’essere e la conoscenza dei gesti è assai importante sia per la vibrazione emanata, che per la scelta dell’impostazione da dare a questi movimenti. Si è detto che l’uomo adotta 84.000 posizioni differenti e di queste la scienza yoga ha scelto le più importanti perché, grazie ad esse, il corpo possa realizzare notevoli possibilità di evoluzione nel controllo biologico e psicologico.

Nell’Hatha Yoga (controllo fisico) sono stati codificati ottantaquattro āsana tradizionali. Corrispondono, in un certo senso, ad 84 famiglie di animali che vivono sulla terra. Se il numero delle specie di creature viventi in questo pianeta corrisponde al numero delle posizioni scelte dall’Hatha Yoga, deve esserci una relazione di identificazione nell’ordine delle idee.

Āsana-Jaya è la maestria completa degli āsana, riconosciuta all’apprendista yogin che mantiene una posizione per almeno per tre ore. Infatti è necessario questo lasso di tempo, con le respirazioni e le concentrazioni adeguate, per ottenere un risultato effettivo, ossia sentire l’effetto dell’āsana.

A poco a poco nel mondo occidentale la medicina ufficiale sta riconoscendo il beneficio degli āsana e numerose riviste mediche ed organi scientifici hanno pubblicato articoli sull’Hatha Yoga. Io stesso ho dimostrato che non solo i malati ne hanno ricavato un notevole miglioramento o sono guariti completamente, ma anche che il paziente acquisisce una nuova energia praticando gli esercizi psico-fisici. Alcune posizioni sono senza dubbio molto complicate e riservate solo a coloro che desiderano dedicarsi interamente agli āsana. Due posizioni sono consigliabili per tutti, senza distinzioni di sesso, di età o di stato di salute: padmāsana e siddhāsana.

L’endocrinologia è oggi completamente accettata e, osservando le varie patologie, si nota che tutto proviene dal funzionamento delle ghiandole endocrine, il che costituisce una conferma dell’antica sapienza dell’India. Sarebbe veramente offensivo che la medicina moderna credesse di aver scoperto qualcosa di nuovo nell’applicazione endocrinologica, giacché lo yoga divulga questo meccanismo da millenni.

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Tutto ciò che si riferisce alle posizioni del corpo è basato sul fatto che le ghiandole devono essere stimolate per raggiungere un perfetto equilibrio, che si manifesta dapprima nella salute fisica e successivamente sul piano psichico. I chakra non sono che l’emanazione dei plessi endocrini, e rappresentao l’esatta relazione con le stesse ghiandole.

I sette principali chakra sono centri neuro-fluidici, esatte riproduzioni dei sette plessi ben conosciuti dagli occultisti, effluvi sottili delle sette principali ghiandole endocrine.

Lo yoga ha sempre sostenuto che gli āsana hanno come obiettivo il ristabilimento dell’ordine nei centri organici attraverso l’illuminazione dei chakra, ossia attraverso il rafforzamento dell’equilibrio di questi centri, il che corrisponde a quanto dichiara la scienza moderna sulla necessità di un equilibrio ghiandolare, senza il quale l’organismo contrarrebbe le malattie più strane, fino allo squilibrio mentale e a tutti gli altri disordini studiati in particolar modo da Jung. La psicanalisi basa tutta la sua scienza sullo studio delle ghiandole e delle loro inter-relazioni.

Il trattamento medico (psicoanalisi e altri sistemi) per coloro che soffrono di disordini nervosi, consiste in un’applicazione pratica delle lezioni dei grandi Guru dell’India antica. Sono evidente gli effetti degli āsana nei casi neuropatici come nella cura dei reumatismi, dell’artrite e di tutto ciò che è in relazione con il gran simpatico, anche se in realtà, non c’è limite per le possibilità curative dello yoga, dato che esercita la sua azione sull’intero sistema ghiandolare. Basato sugli āsana, il metodo dell’Hatha Yoga si pone come fine, dunque, il controllo dell’organismo e dello spirito, il che offre una valida soluzione a tutti i problemi dell’umanità. Sappiamo che se alcune ghiandole come il timo (Anahata chakra) o la tiroide (Vishuddha chakra) provocano effetti immediati nel corpo fisico, altre, come la pituitaria (Ajna-chakra) o la pineale (Sahasra Padma), agiscono ad un livello più sottile. Ciò conferma che le ghiandole hanno varie influenze su diverse parti del corpo fisico e sul piano mentale.

Ecco perché gli āsana hanno acquistato una grande importanza e non si deve considerare l’Hatha Yoga una pratica esibizionista, come alcuni hanno fatto, ma un metodo curativo sia per il corpo che per lo spirito. Il suo meccanismo non solo è valido, ma si trova anche in perfetto accordo con la scienza

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moderna come hanno dichiarato vari saggi e numerose personalità ecclesiastiche.

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PRĀNĀYĀMA

Il prānāyāma è il quarto elemento base nelle discipline dello Yoga. È il controllo della respirazione al fine di porre in movimento certe forze interne che conducono gradualmente ad un perfetto equilibrio dei chakra. Questa maestria respiratoria ha come base due importanti esercizi:

a) il calice esterno, nel quale si cerca di fermare la respirazione dopo aver esalato completamente, contando mentalmente fino ad 8 durante l’esalazione, fino a 16 nella ritenzione a vuoto e fino a 4 nell’inspirazione.

b) il calice interno, in cui si trattiene il respiro dopo l’inspirazione; si inspira per 4 tempi, si trattiene l’aria per 16 e si espira contando fino ad 8.

Gli esercizi di controllo della respirazione sono numerosi, ma sempre pericolosi se eseguiti senza la guida di una persona esperta. Non solo il ritmo non abituale della respirazione può produrre disturbi organici, ma la concentrazione dui punti sottili espone il principiante a complicazioni mentali.

I miei discepoli hanno sempre praticato almeno per tre mesi, i normali esercizi di cultura fisica, prima di affrontare qualsiasi ritmo respiratorio, anche se elementare. Io chiedo agli studenti sei mesi di lavoro preparatorio per cominciare veramente gli āsana con pranificazione, e non ho mai autorizzato gli adepti ad iniziare con il prānāyāma completo senza aver fatto preventivamente un anno di pratica di Yoga.

Tutto è costituito da ākāsha e prāna (corpo grossolano e corpo sottile), la parte materiale e la forza creativa, l’uno negativo e l’altro positivo, amalgama di cellule visibili ed essenza vitale: il fisico e lo spirito.

Quando ingeriamo un alimento come l’insalata, la foglia verde visibile è quella che produrrà la materia per il nostro organismo, però le vitamine saranno la fonte di energia soprafisica. Mentre beviamo un bicchiere d’acqua pensiamo al liquido (ākāsha) che penetra nel nostro corpo, mentre dirigiamo la mente alla parte sottile (prāna) per assorbirla attraverso i nostri centri psichici, accumulatori dell’energia vitale. La mancanza di prāna causa l’assenza di energia, ben conosciuta dagli sportivi; non consiste nel sentire la stanchezza di una dura salita, ma quello che i corridori chiamano nel loro

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gergo “gambe molli”, ossia la fatica che molti di noi hanno avvertito dopo lunghe escursioni, sentendosi scaricati ed impotenti.

L’energia vitale, il principio attivo, l’elemento dinamico, è il prāna. Come dice il grande filosofo belga Maeterlinck: “Il mistero, l’eterno e grande mistero è la vita”, sì, la vita, questa scintilla divina del movimento, è il prāna.

Esistono dei mezzi per recuperare e aumentare il prāna, questa energia, uno di questi è il prānāyāma.

In genere, la respirazione ritmica si attua nel modo seguente: seduti, senza rigidità, con la colonna vertebrale più eretta e verticale possibile, il mento leggermente abbassato, le spalle un poco indietro e le mani appoggiate semplicemente sulle gambe; si comincia inalando lentamente, contando fino a sei, per esempio, senza sforzo e secondo le proprie possibilità, si trattiene l’aria nei polmoni mentre si conta fino a tre e si esala lentamente l’aria per il naso contando fin a sei, per poi contare fino a tre a polmoni vuoti. Una volta abituati, si può aumentare il tempo poco a poco fino a 4, 5, 6, 7, ecc., ed arrivare, dopo alcuni anni di pratica, fino a 60, 70 o più. Però, anche se io l’ho praticato regolarmente, non l’ho mai consigliato a nessuno così a lungo.

Questo esercizio è molto utile quando viene eseguito bene, ma mi ha sempre preoccupato vedere con che audacia i principianti immettono l’aria nei loro polmoni senza aver mai praticato un metodo preparatorio. Certe organizzazioni occulte consigliano ai loro “clienti” la ritenzione della respirazione; a questo mi sono sempre opposto, avendo osservato, specie in America, il male causato da pratiche così rapide alla ricerca di poteri soprannaturali.

Va detto, tuttavia, che la regolarità del ritmo è molto più importante della durata. Per contare il tempo la cosa migliore è ascoltare il ritmo delle pulsazioni cardiache e ritengo prudente, inizialmente, non superare le 15 pulsazioni. Questo metodo è da praticare fino a che l’oscillazione del ritmo cardiaco non produce una vibrazione in tutto il corpo. Ricordiamoci che la ritenzione del respiro richiede un apporto sanguigno nell’involucro polmonare, e questo richiede maggiore energia cardiaca affaticando il cuore e predisponendolo alla tachicardia. D’altra parte, si possono rischiare anche ferite ai polmoni e altre complicazioni alle vie respiratorie. Tutto ciò deve farci

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riflettere sul delicato uso del prānāyāma che, nonostante ciò, resta un esercizio di grande importanza quando è eseguito sotto la guida di un Maestro.

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PRATYAHARA

Il pratyahara è ciò che lo yoga propone come “soppressione” delle percezioni sensoriali organiche, ma che a mio avviso è meglio definire come controllo delle percezioni sensoriali organiche; l’essere umano infatti ha le sue abitudini e un meccanismo percettivo incosciente, perciò credo che l’espressione controllo delle percezioni sia la più adatta, anche se in realtà il pratyahara indicherebbe la soppressione totale e non il controllo come io invece intuisco.

Non accetto del tutto la teoria di sopprimere le sensazioni stabilita dallo yoga (probabilmente a causa della mia cultura occidentale). Infatti, non credo necessario, anche in senso spirituale, “sopprimere” le funzioni organiche, che servono al nostro spirito per la sua evoluzione verso il perfezionamento. Lo yoga tradizionale richiede l’assenza completa delle emozioni e perfino delle sensazioni, invece, secondo i miei principi riformatori (e per questo ho usato la parola yoghismo) considero più accettabile e più equilibrato adottare esercizi di controllo dei sensi.

Non capisco perché si debba pervenire a questa esistenza fisica per essere poi obbligati ad “uccidere” i sensi o comunque ad accettare mortificazioni grottesche, come si può vedere. Non ho tempo di parlare della flagellazione o di altre mortificazioni usate da alcuni “mistici”, che sono tentato di chiamare piuttosto “mitici”. Il sadismo dell’Inquisizione è troppo conosciuto perché io ne parli, e poi Wundt, fondatore di un laboratorio per esperimenti psicologici, ha già definito molto bene l’aspetto mentale in questo genere di sofferenze corporali.

C’è una grande differenza tra sopprimere e controllare e mi domando se i Grandi Maestri Antichi non intendessero la maestria dei sensi e delle emozioni, piuttosto che il loro sradicamento; tuttavia, lascio all’attenzione e alla libertà di ognuno intendere come preferisce.

Voglio però proporre una piccola e rapida analisi di un’ipotesi frenologica: “Sapete dirmi perché la gallina canta quando depone l’uovo?”. Nella testa vi sono dei centri corrispondenti ad ogni funzione e l’eseguire un’azione produce calore nel centro corrispondente, il centro reagisce immediatamente, comunicando a sua volta calore ai centri

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vicini; sapendo che il centro degli organi genitali si trova molto vicino a quello degli organi della gola, si comprende la ragione per cui la gallina, al momento di fare l’uovo, sente la necessità di attivare l’organo della voce. Questo non è esclusivo della gallina, infatti la necessità di emettere suoni nel momento dell’orgasmo è assai nota, in particolare da parte delle persone che si abbandonano completamente durante l’atto sessuale. Nel cervello il riscaldamento eccessivo del centro corrispondente all’organo sessuale produce un’eccitazione nel centro corrispondente agli organi della gola, mettendo in movimento le corde vocali. Questa stretta relazione tra gli organi genitali e quelli della gola si riscontra in particolare nelle donne durante le mestruazioni23.

Hector Durville, Col, de Rochas, Baraduc, E. Osty, il professor Charcot e tanti altri, si sono dedicati allo studio delle relazioni tra queste protuberanze cervicali e le loro emanazioni magnetiche, ed è proprio da questo punto di vista che voglio esaminarle.

Sopprimere una sensazione significa “raffreddare”, se così si può dire, uno di questi centri della testa, in particolare quello corrispondente al senso o all’emozione che vogliamo eliminare definitivamente. Se mettessimo quindi “fuori uso” alcuni centri, ci dovremmo chiedere se ciò non significhi squilibrare le nostre facoltà.

Quando non esiste più la percezione sensoriale, cessano immediatamente le funzioni emanative, e nel caso in cui, per esempio, ad un apprendista di yoga venisse meno una funzione organica indispensabile, poiché i centri frenologici hanno settori di trasmissione, la cessazione del loro funzionamento potrebbe

23 L’astrologia rivela a questo proposito il suo magnifico simbolismo. Ogni segno dello zodiaco riassume una parte del corpo, indicando, secondo gli aspetti, le debolezze e le predisposizioni alle malattie. Il segno del Toro è conosciuto come reggente della gola, della voce; al segno dello Scorpione corrispondono gli organi genitali e tutto ciò che è in relazione con il sesso. Poiché il segno del Toro nello zodiaco si trova esattamente opposto al segno dello Scorpione, si nota immediatamente la loro relazione, e infatti, la tradizione astrologica richiede che si tenga sempre conto delle opposizioni nel simbolismo. Gesù di Nazareth non solo aveva nel suo schema natale la maggior parte dei pianeti nel segno dei Pesci, ma venne anche per manifestare l’era cristiana, l’Età Pesciana. Alla sua nascita il Sole, che in precessione equinoziale si trovava a 0 gradi dei Pesci (costellazione Piscis), era esattamente opposto al segno della Vergine (180°). Si dice infatti che sia nato da una Vergine.

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non solo causare atrofie del sistema nervoso, ma anche effetti psicologici molto più gravi.

Quando non si desidera la luce di una lampadina elettrica, si toglie la corrente. Bisognerebbe procedere allo stesso modo, ma poiché non si può eliminare l’interruttore, perché allora sopprimere le funzioni? È più prudente invece agire come un commutatore di linea telefonica quando non si desidera ricevere nessuna chiamata. Sicuramente i Guru hanno voluto dare al Pratyahara il senso di controllo e non di soppressione. Inoltre è difficile spiegare a uno studente la necessità di un’astinenza, quando non vi è alcun motivo per esigerla. È più corretto richiedere una trasmutazione. Non essendoci ricompensa nello yoga, non sussiste neppure alcuna ragione di soppressione, o privazione, e come spiegarle allora? A questo proposito, la mia proposta di trasformazione e di maestria delle sensazioni offre un obiettivo più nobile, un’aspirazione più sana, l’ottenimento di un ideale più bello e più stabile; in questo caso il discepolo sa la ragione del suo sacrificio, vede il perché della maestria, del controllo dei suoi istinti ed anche la necessità di dominare la tristezza, l’allegria, il dolore o il piacere. La “soppressione”, come è fatta intendere da certe divulgazioni della teoria dello yoga, consisterebbe nel porre fine alle percezioni sensoriali organiche e ad ogni tipo di sensazione valutativa; io preferisco insegnare a controllare le emozioni per non canalizzare completamente il pensiero altrui, né imporre una dittatura spirituale, ma lasciar libero la studente (dopo un certo periodo di controllo) di ritornare alla percezione sensoriale, se lo desidera.

In questo modo non ci sono voti, ma un’evoluzione lenta di poteri acquisiti mediante la semplice volontà naturale, accompagnata dalla comprensione del perché.

Sistole e diastole sono i movimenti regolari del cuore prodotti dalla misteriosa forza chiamata vita. Queste pulsazioni sono indipendenti dalla nostra volontà e hanno un ritmo di 72 battiti al minuto in un uomo adulto e sano. Anche se ho dominato questi movimenti al punto di aumentarne il numero a volontà e portare i battiti a 140 al minuto, come semplice esercizio di controllo, non mi è mai venuta l’idea di continuare a vivere in questo stato e dopo alcuni istanti ho fatto nuovamente battere il mio organo cardiaco secondo il suo corso normale. Perché produrre energia supplementare inutilmente?

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Lo stesso succede con il pratyahara: fintanto che è indispensabile il controllo degli esercizi per il perfezionamento o semplicemente per l’acquisizione di un’esperienza, è utile impiegare la propria energia in tal senso, però poi, perché dedicare tutta la propria volontà a questo lavoro quando abbiamo tanto bisogno della forza creatrice per altre attività molto più utili? Ricordo i miei primi esercizi di volontà, ad esempio quello di lasciare il dito sopra la fiamma di una candela in una gara che avevamo organizzato mio cugino ed io, quando avevamo dodici anni; lo facevamo con il proposito di sviluppare la volontà; il tempo di resistenza era davvero prolungato, seriamente, però oggi, anche se sono in grado di dominare il dolore di una scottatura o di controllare completamente le mie percezioni sensoriali, non ritengo utile farlo, se non in caso di assoluta necessità e non per esibizione. È preferibile vivere come un “signore qualunque” se si tratta di piccole sofferenze e non sciupare la propria energia in futilità, quando la collettività chiede un apporto di vibrazioni intense come supporto per una maggiore comprensione, che non potrà mai avverarsi con il fenomenalismo, ma solo con una analisi razionale e l’insegnamento per mezzo di un esempio equilibrato.

Sopprimere è un atto aggressivo che non può far parte delle idee di uno yogin; sopprimere le percezioni significa limitare la libertà di vita, concetto completamente opposto all’ideale dello yogin; invece controllare significa trasmutare in cerca di migliori risultati. La soppressione impedisce di essere responsabili dei doveri che abbiamo in questa incarnazione. L’idea di sopprimere delle percezioni implica bandire per sempre le sensazioni, di cui potremmo poi sentire la mancanza, dato che l’essere si evolve e niente è statico. Sopprimere il piacere di “toccare” significherebbe anche sopprimere il controllo sulle forme e sulle cose, sarebbe eliminare una parte dell’esistenza: inoltre non abbiamo diritto di “uccidere” la vita che ci è stata data. Si tratta, quindi, di controllare l’effetto del “toccare” per non cadere nell’eccitazione mentale, diventerebbe poi impossibile distinguere se un piatto è liscio o è rugoso dopo aver soppresso le percezioni organiche che regolano il senso del tatto. Cause ed effetti devono essere analizzati seriamente prima di lanciarsi nella pratica della soppressione sensoriale. Le persone che hanno “ucciso” o attutito inconsciamente il senso

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del gusto con spezie e alimenti forti, non possono percepire il sapore piuttosto marcato dei milioni di piccoli vermi nascosti nella carne che per la cottura non propagano l’odore di putrefazione, e che i vegetariani invece percepiscono da lontano; essi non disturbano necrofagi, macellai e carnivori, perché il loro olfatto ha perso le facoltà percettive. La distruzione dell’organo del gusto o dell’olfatto porta al consumo di carne, birra, vino, alcool, fumo, ecc.; in tal modo si distrugge la salute e si perdono i diritti all’evoluzione: non è naturale uccidere lentamente il corpo con tossine di carne animale, di nicotina, di alcool e di altrettanti prodotti nocivi per l’uomo, il quale “sopprime” se stesso per completa ignoranza delle sue facoltà

L’uomo deve vivere in modo naturale, il che non significa secondo il suo istinto, perché avendo abbandonato il regno animale, dobbiamo vivere con una coscienza umana e non con un istinto animale.

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DHARANA

Dharana, che vuol dire meditazione, è uno dei punti importanti della filosofia yoga, e dico della filosofia, poiché la vera importanza sta nell’insieme della disciplina da rispettare, disciplina che non è imposta, ma liberamente scelta.

Dharana consiste nel fissare l’attenzione su un oggetto (oggettivo o soggettivo) senza che rimanga immobile, ma visualizzando ciò che circonda l’oggetto.

Con questa pratica inizia lo stato finale detto samyama: attenzione, unione, illuminazione.

Dharana è l’attenzione che prepara l’unione con l’oggetto, cioè la concentrazione (dhyana) che renderà uno l’oggetto e il soggetto, affinché poi il soggetto sia illuminato verso la coscienza universale (samadhi). Samyama è, quindi, l’insieme dharana-dhyana-samadhi che potrà essere realizzato solo se l’adepto avrà praticato a lungo le discipline elementari precedentemente esposte.

Nel mondo occidentale molte persone parlano di meditazione o di concentrazione senza sapere esattamente cosa significhino; tale pseudo-misticismo è pericoloso non solo per le persone stesse, ma anche per coloro che li circondano, ai quali essi manifestano uno squilibrio che a lungo andare allontana i ricercatori di questa via.

Si parla con troppo facilità di “concentrarsi” su una cosa o di meditare, quando spesso si tratta di un’illusione o di un vago sogno. Quante volte ho sentito dire a certe gentili signore, membri di tanti comitati, che stavano facendo meditazione per salvare le anime, per aiutare gli ammalati, per la pace nel mondo, ecc.: sentimento puro e magnifica manifestazione di bontà, però insufficiente quando si pensa che queste persone ignorano del tutto il processo meditativo, il quale richiede uno stato speciale di coscienza ed una conoscenza profonda delle leggi della fisica e del meccanismo biologico e filosofico.

Dharana è il sesto principio disciplinare per il perfezionamento dell’individuo, ma passare direttamente alla meditazione, ignorando le astinenze, le posizioni, le regole di vita, il controllo respiratorio, la maestria delle sensazioni (Yama-Niyama-Asana-Pranayama-Pratyahara) sarebbe fare come gli studenti di occultismo facile che parlano di Raja-Yoga

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senza aver mai appreso le prime lezioni di Hatha-Yoga, come se si potesse passare all’Università senza aver fatto le scuole elementari.

C’è un programma per ogni cosa, ignorarlo significa esporsi alle peggiori catastrofi. Evidentemente le mentalità anarchiche attuali preferiscono negare i maestri e la disciplina definendosi “Raja-Yogi”, come quei membri di associazioni segrete che vantano un grado iniziatico ancora prima di aver ottenuto il minimo dominio sui comuni vizi umani.

La meditazione è l’esercizio del pensiero che prolunga la vista interiore su una cosa. Bisognerebbe avere cura, prima della meditazione, di isolarsi mentalmente dal mondo abituale, senza per questo perdere il controllo dell’esistenza, e senza arrivare a una specie di auto-ipnotismo; ciò sarebbe completamente opposto alle dottrine yoga, ma piuttosto una pratica di fachirismo.

Bodhidharma, il ventottesimo Buddha, praticò intensamente la meditazione cercandone la perfezione e, per lunghi anni era solito isolarsi fissando una parete. Il monaco dagli occhi chiari, come fu soprannominato, ha lasciato certamente istruzioni precise ai suoi discepoli più vicini, ma sembra che oggi lo Zen, (fondato in base al suo insegnamento) chieda ai suoi adepti molto più della contemplazione, il che, dal mio punto di vista, non è esattamente la stessa cosa.

Certo gli ordini contemplativi sono numerosi in Europa e gli esercizi praticati nei conventi e nei monasteri sono molto austeri, però non hanno il valore illuminante della meditazione, come è concepito dal dharana. Alcuni ordini della Chiesa Cattolica Romana sono molto severi e osservano strettamente le discipline, ma si tratta sempre di ottenere una specie di estasi contraria all’idea del progresso dello Yoga: lo yogin sa conservare la calma, il controllo e la conoscenza, mentre i mistici in genere non prendono in considerazione lo stato in cui si trovano e cercano semplicemente il punto finale, che per loro è la “beatitudine”, intesa in genere nel senso attribuitole dalla teologia.

A sua volta, il mistico indù (che non è da confondere con lo yogin) per mezzo delle orazioni, dell’incenso, degli incantesimi, delle prolungate veglie, dell’atmosfera chiesastica, ecc., come i religiosi d’Occidente, vuole stabilire un contatto con un piano soprannaturale: in una specie di “trance”, vuol

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sentire la presenza dell’”io superiore”. È evidentemente una “rapida realizzazione” che non può soddisfare coloro che amano la pazienza del lavoro, della vera meditazione, che potrà allora offrire tutte le possibilità, non di un’illusione medianica come sono tentato di definirla, ma piuttosto di una realizzazione trascendente della coscienza identificata con il dominio da cui proviene.

Nietzsche si oppone radicalmente all’umanesimo di Bacone perché desiderava la rapida trasformazione, di qui la sua mistica del grande piuttosto che del bene.

Non voglio qualificarmi “tomista”, però San Tommaso d’Aquino fu sempre per me una fonte di ispirazione e di documentazione ragionata. Se la Chiesa Cattolica Romana lo ha preso come simbolo della sua teologia è perché questo dotto saggio fu uno dei più grandi eruditi. Discepolo di Alberto Magno24, canonizzato nel 1934, San Tommaso d’Aquino, che per tutta la sua vita studiò scienze positiviste, lasciò insegnamenti e splendide analisi e negli ultimi anni della sua vita ebbe esperienze di estasi prolungata, con la conseguenza naturale di rifiutarsi di scrivere ancora.25. San Tommaso d’Aquino ha lasciato numerose opere sulla magia e sulle scienze occulte in genere; i suoi aforismi astrologici dimostrano che studiò la scienza degli astri, non solo in modo congetturale; ci ha lasciato infatti una seria astrologia esoterica, il che mi fa pensare che la sua “estasi”, in realtà fosse qualcosa di molto superiore.

Dharana, Dhyana e Samadhi rappresentano stati molto più interni dei cinque precedenti e non si possono ottenere se non con una sintesi del sapere e dell’intuizione, della ragione e della sensazione, dell’oggettivo e del soggettivo.

Meditare prima di avere conseguito conoscenza intellettuale significa esporsi ad immaginazioni fertili che

24 Alberto Magno morì nell’anno 1280 dopo essere stato vescovo di Ratisbona. Lasciò numerose opere sull’alchimia, la magia, l’astrologia. Egli iniziò Tommaso d’Aquino, che a sua volta lasciò notevoli opere di alchimia. Tommaso d’Aquino (1225-1274), detto il Doctor Angelicus, è il teologo tipico; tuttavia, scrisse tutto ciò che gli fu possibile sulla filosofia ermetica, conoscenza base dello Yoga.25 Roberto Bridges, autore del Testamento della Bellezza, narra la decisione di Tommaso d’Aquino di non scrivere più dopo le sue esperienze di estasi prolungata. (È lo stesso principio di tutti i perfetti yogin che, dopo aver sperimentato la grande estasi, non vogliono più scrivere).

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producono inaspettate fantasmagorie e creano pazienti per le cliniche di ammalati mentali. La meditazione può essere inizialmente su oggetti materiali, e lo consiglio sempre ai principianti; come potremmo infatti dirigere la nostra meditazione verso una cosa che non conosciamo perfettamente? È ridicolo che certe persone pretendano di meditare su Dio come se si trattasse di vedere l’ultima opera teatrale di grido!

Sarebbe preferibile praticarla per qualche tempo, per esempio, immaginando semplicemente una matita; potremmo, come oggetto di meditazione del giorno, pensare - in una sorta di ginnastica del cervello con il gioco delle visualizzazioni - prima al legno con cui è stata fabbricata la matita, poi all’albero dal quale è stato estratto il legno, al bosco dal quale è stato preso l’albero, ecc. Quando il cervello si è abituato a questo genere di esercizi, risulterà più facile meditare su cose di ordine più elevato, come la Luna, il Sole, la Stella Polare, ecc. Non mi piace dare ai miei allievi un esempio di meditazione su una data immagine di Dio, poiché è grazie ad una personale concezione di essa che possono arrivare più facilmente alla divinizzazione di se stessi.

Quando il pensiero ha vagato intorno all’oggetto, servendosi della meditazione, allora è il momento di fissarlo più specificatamente al centro dell’oggetto, cioè più vicino alla realtà oggettiva, allo scopo di delimitare il campo della meditazione ed arrivare così alla concentrazione.

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DHYANA

Dhyana, la concentrazione, non ammette più la disattenzione; consiste nel porre fermamente l’attenzione su un oggetto non solo dirigendo i pensieri verso di esso, per penetrare nella sua realtà, ma fondendo lo stesso pensiero con l’oggetto in modo che non ci sia separazione possibile fra i due.

Mentre nella meditazione l’oggetto è l’unico tema di attenzione del pensiero, nella concentrazione, invece, il pensiero diventa uno con l’oggetto. Si rende necessaria, pertanto, l’abnegazione del pensatore stesso, che non deve più essere consapevole di pensare all’oggetto, perché, in tal caso, esisterebbe divisione tra il pensatore, il pensiero e l’oggetto stesso.

Dhyana è l’ultimo punto prima di raggiungere la sublimazione e in questo stato bisogna già essere totalmente pronti a lasciare questa sfera di realtà in qualunque momento; infatti, mentre per la meditazione si trattava di una emanazione dello spirito, se vogliamo darne una definizione, la concentrazione rappresenta un trampolino verso l’illuminazione, che può erompere improvvisamente, dato che lo spirito non è separato né dal pensiero, né dall’oggetto.

Per questo dhyana è considerata, nella tradizione yoga, come “unione”, ma io non sono completamente d’accordo, perché così verrebbe a confondersi con il fine stesso dello yoga (che significa unione) e con la definizione del Samadhi, interpretato comunemente come unione.

Perciò penso sia preferibile definire dhyana (concentrazione) come una interpersonalizzazione dello spirito con l’oggetto.

Quando giudichiamo un oggetto dalla sua forma, dal peso, dall’odore, ecc., siamo limitati al mondo fisico, ai cinque sensi abituali; ma nel campo della meditazione, quando penetriamo di più nell’oggetto e concentriamo il nostro spirito nell’essenza stessa di quest’ultimo, allora ci liberiamo dalla forma, dal peso, dall’odore, ecc., cioè, in un certo senso, ci integriamo con esso.

Una volta scelto il tema di concentrazione, sia esso un albero, il sole, o Dio... non si dovrà più cercare un altro oggetto, non ci sarà più differenza tra passato, presente e

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futuro, si dovranno eliminare tutti i problemi di ricerca o di soluzione: concentrati nell’oggetto scelto, esso sarà eternamente lo stesso oggetto immutabile, come il pensiero che vi porremo, in caso contrario non si avrà concentrazione, ma meditazione. In altre parole, dhyana è il risultato finale di tutte le cose, è la preparazione allo stato di identificazione: il samadhi.

Dhyana non è l’autosuggestione di uno stato migliore o un pensiero fisso o una incorporazione, poiché le parole sono nell’aria, il pensiero nello spirito e l’oggetto in se stesso; non bisogna perdere di vista questo per non confondere le diverse possibilità.

Si sa di certi mistici con le stigmate che con la volontà riescono ad incidere sui propri corpi i segni che desiderano. Gli psichiatri hanno constatato che si tratta di isterismo26 e che questo tipo di ammalati può produrre a volte fenomeni molto strani. Anche se le macchie di sangue sulle mani, sulla testa e sui fianchi si sono verificate in donne in estasi, questo si può verificare anche negli uomini: si tratta di incorporazione per concentrazione nel Cristo.

A forza di visualizzare una cosa, il pensiero può emettere una forte vibrazione, al punto di materializzare la cosa stessa; perciò non è sorprendente che certe persone, particolarmente recettive, cadendo in una specie di trance, riescano a materializzare sul proprio corpo le macchie sanguinanti che appaiono nell’immagine del Cristo, che hanno contemplato per un periodo di tempo più o meno lungo27.

Pierre Charon scrisse nel 1602 un’opera molto valida sulla stregoneria intitolata Della sapienza e il passo sull’immaginazione (I, cap. 16) è fra i più interessanti per la definizione dei poteri che “crede” di possedere il sedicente stregone... Quante povere isteriche furono condannate dall’Inquisizione, convinte esse stesse di essere streghe!..

Il Comm. Darget ha fotografato delle immagini mentali, così Blondot, che ha dimostrato, per mezzo di fotografie, l’emissione di raggi fisico-chimici; a sua volta Charpentier ha 26 Si sa che l’isterismo è una malattia tipicamente femminile. Questo disturbo neuro-sessuale è stato raramente rilevato nei maschi. Berheim, Broca, Querineau ed altri professori dell’ospedale de la Salpêtrière di Parigi e di altri grandi ospedali hanno spiegato ampiamente il fenomeno, per cui mi esimo dall’analizzarlo.27 Theresa Neumann ne è un valido esempio nei tempi moderni.

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provato l’emissione del raggio N. Tutte queste sono dimostrazioni scientifiche del potere dello spirito di materializzarsi.

Mi ricordo di una piccola esperienza: quando andavo a scuola decisi di mostrare ai miei amici che avrei fatto apparire nel cielo l’immagine di uno yogin. Presi la precauzione di far loro contemplare molto intensamente una piccola foto nella quale avevo fatto con la matita un punto fra gli occhi del personaggio. La concentrazione in questo punto aveva lo scopo di imprimere in loro un’immagine mentale che sarebbe apparsa immediatamente quando avessero levato gli occhi al cielo, che costituiva uno schermo per un’ottima visualizzazione dell’immagine che avevano contemplato per alcuni minuti.

Ecco che interviene la grande illusione cui lo yoga dà il nome di maya; è proprio questo spettacolo magico (in tibetano sgyuma) che bisogna evitare. Tutta la dottrina indù si occupa dell’eliminazione di questa falsa maniera di vedere l’oggettivo ed il soggettivo, l’abitudine di confondere il vero con il falso senza capirne il senso.

Dhyana non è un’illusione dei sensi, è la perfetta contemplazione di una cosa, considerata come vera, senza per questo essere la cosa stessa, ma la sua essenza vibratoria. È così che per mezzo di una cosa qualsiasi, il perfetto yogin trova la vibrazione iniziale, e scopo della concentrazione non è quello di integrarsi con questa cosa, ma piuttosto di vibrare alla stessa tonalità universale, per trovare, per mezzo di essa, il sentiero dell’Assoluto.

Concentrarsi per ottenere qualcosa, come fanno certe persone, è un esercizio completamente diverso da come viene praticata dhyana dallo yogin. La concentrazione è l’esercizio supremo prima di arrivare allo stato finale di reintegrazione, e poiché lo si può raggiungere attraverso qualsiasi cammino, lo yogin può concentrarsi su una sedia, il sole, o a raffigurazione divina da lui scelta.

Uno yogin è ben lungi dall’idea di diventare una sedia, il sole o l’immagine di una divinità qualsiasi: si tratta invece di dare un punto d’appoggio alla vibrazione, per arrivare, infine, allo stato di coscienza universale che anima tutto. Questo stato di dhyana apre la porta al samadhi.

* * *

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Figura n. 5Lo Yogi Chandra Bala dopo l’esperienza del Samadhi

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SAMADHI

Samadhi è lo stato finale, l’identificazione, l’unica vera esperienza. Questo stato, che è, in un certo senso, l’obiettivo dello yogin, è stato spesso dibattuto, dato che tutta la dottrina yoga dipende dal suo valore. Ma lo yogin non ha una meta precisa, perché mira a una realizzazione, ma non intesa nel senso attribuitole dagli occidentali. Il samadhi non è una ricompensa, non è niente di paragonabile al paradiso o al nirvana, non è uno stato della coscienza, ma il piano reale dell’eterno in senso universale.

Ci rendiamo perfettamente conto che tutto è maya, che tutto è illusorio e illusione, e che pertanto, se restiamo imprigionati nel tempo e nello spazio, siamo limitati alla nostra esistenza e alla nostra espressione. Questa è una delle prime cose che i miei discepoli hanno compreso: maya.

Lo studente del comune occultismo cerca poteri, ma il discepolo di ermetismo, il ricercatore dell’esoterismo, comprende ben presto l’illusione che ci fa prendere la vita sul serio. Questa prima realizzazione di ciò che è maya è il punto di partenza di tutte le comprensioni successive. I sette stadi disciplinari (di illusione) precedenti sono classificabili, ma l’ultimo è la verità, è il samadhi che dà risposta ai principi vitali della legge karmica e alla realizzazione finale.

Capire questo significa compiere un grande passo nella via della Saggezza, è l’acquisizione della teoria, e non resta che metterla in pratica per completare questa esperienza, la Vita, come è generalmente intesa.

Si sa che il nostro pensiero oscilla costantemente fra il passato e il futuro. Il nostro spirito è sempre occupato da qualche problema futuro o si contempla in un’azione passata. Il fatto di pensare nel presente tende già al futuro, e quando si desidera realizzarlo, è già passato. La verità, tuttavia, non può che essere che il presente, poiché è inconcepibile che la verità possa essere qualcosa di già passato o che deve ancora venire, non si può quindi accettare l’idea che la verità esista prima di averla pensata o che non esisterà più dopo che avremo realizzato ciò che essa è!

La Verità deve essere presente, presente in ogni istante, e come spiegarselo? Nella maniera seguente: quando un

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pensiero, vagando nel passato, vuole repentinamente fare un’incursione nel futuro, deve essere trattenuto nell’istante in cui, terminato con il passato, si introduce nel futuro; tra i due, infatti, c’è un istante: il presente. Il presente dura appena la frazione di un lampo; tuttavia il pensiero va trattenuto, immobilizzato in questo preciso istante e questa linea di separazione fra il passato e il futuro va ingrandita, allargarla in modo da rimanervi con il pensiero senza vacillare. Questo è il presente, e fissarvi il pensiero significa stare nell’Universo Eterno: la Verità.

La meditazione ha per obiettivo il viaggiare intorno al passato e al futuro nei quali ruota costantemente il pensiero; invece, la concentrazione consiste nel fissare la mente in quella linea verticale che costituisce il presente, e non distoglierla più. Purtroppo, per un meccanismo che fa parte delle leggi di Causa-Effetto (il karma), il pensiero è attratto sempre verso la meditazione per un tempo più o meno prolungato (variabile secondo la pratica degli esercizi) cioè, oscilla fuori dalla linea del presente verso un pensiero passato o un’idea futura.

La Verità è Presente ed Eterna, poiché è solo fuori dai limiti del tempo e dello spazio che si può intravedere la realtà; ciò mi permette di dire che nel sonno i sogni sono la vita reale vista nel sonno, e nell’attività quotidiana, la vita è un sogno nella realtà.

Finché rimaniamo nei limiti del tempo e dello spazio siamo nell’errore. Studi, discussioni, analisi, osservazioni, pratiche, dottrine, ecc., tutto è illusione, magia dei sensi, specchio dello spirito: solo l’identificazione è vera. Il samadhi è l’Identificazione con il Gran Tutto, con l’Eterno, con l’Universale nel Presente Immutabile.

Tutti gli studi e le esperienze mirano ad arrivare a questo stato di reintegrazione nel Principio Unico Intelligente.

Tale unione vera dell’Io con l’io ci fa capire l’impossibilità di spiegare questa Realizzazione finale che deve essere sperimentata da se stessi. Rari sono coloro che, avendo provato questa beatitudine, hanno avuto la forza di ritornare e offrire ai loro fratelli la propria esperienza per far comprendere la Libertà che ognuno possiede di realizzare la propria verità, dato che l’esperienza deve essere personale: tuttavia, il culmine finale è l’unione di tutto nel Samadhi, è la reintegrazione collettiva nell’individuale eterno.

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O M ! ...

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Prima Parte

ESPERIENZA

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Esperienza …

Le labbra del Giusto nutrono molti,gli stolti muoiono per mancanza di comprensione(Proverbi, X - 21)

In realtà tutti siamo maestri e, allo stesso tempo, tutti siamo discepoli. Ricordo che Paul Richard a New York, nel 1949, mi disse: “Ci sono tanti discepoli che vogliono insegnare e tanti maestri che non vogliono imparare”, e aveva ragione! L’ho verificato da molto tempo perché per me tutto è stato sempre materia di studio. Saper ascoltare è la più bella lezione: chiunque può insegnarci qualcosa; quante volte io ho imparato dalla bocca dei bambini o dall’esempio degli animali!

C’è una bella frase in Cristo in voi28, a pag. 11 che dice: “Non siamo in grado di predire gli avvenimenti futuri, ma è anche vero che ogni individualità decide il proprio futuro, la direzione e la tendenza degli avvenimenti con i pensieri e gli atti del presente. Voi siete oggi il risultato del vostro passato”.

La vita è una catena di esperienze e la sintesi delle diverse azioni ne costituisce la realizzazione spirituale. Chiunque possa insegnarvi a fare un passo in più su questo sentiero, è vostro maestro.

Troppo orgoglio agita gli uomini che non vogliono riconoscere in altri un grado più alto di evoluzione... Non ha importanza sapere chi sia il più grande (i “grandi” saranno umiliati e i “piccoli” saranno elevati); ciò che importa invece è ascoltare, fin quando ci sia qualcosa da imparare.

2828. Una bella opera di cui un’autorità religiosa ha detto “Non sono autorizzato, non sono degno di scrivere

un’introduzione ad un simile libro: non sono arrivato al livello di tale insegnamento, anzi, mi trovo a mille

miglia di distanza da esso, però lo sto seguendo...”. lettera del Rev. Superiore Alexandre Whyte, D.D.LI.D.

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66 Esperienza

Non arriveremo mai alla realizzazione senza uno studio costante; il nostro futuro dipende dal nostro presente il quale, a sua volta, è il risultato del nostro passato. Non ha molto valore avere delle conoscenze che vanno oltre l’incarnazione presente, lo ha invece cercare la trasmutazione finché siamo qui (Giovanni, III, 3, 7). Si deve nascere di nuovo, trasformare le forze vili in poteri sottili, e questo richiede un lavoro costante (Giovanni, VI, 27).

Abbiamo tutti molto da imparare e tutti, nello stesso tempo, possono insegnare, poiché l’unica ricchezza è l’esperienza personale, la quale però se non viene trasmessa veracemente può indurre a commettere errori. Apprendere è essere attenti, ascoltare tutte le teorie prima di emettere un giudizio. Chi sono questi “iniziati” che pretendono di sapere tutto e ripudiano libri, maestri, dottrine, ecc.? Costoro avranno certamente letto le opere più diverse prima di sostenere un’opinione, avranno ascoltato un Maestro per un certo periodo di tempo per conoscere ciò di cui vanno tanto orgogliosi e avranno seguito i dogmi e rispettato le dottrine prima di rifiutarle. Chi non ha seguito questo cammino, che cosa può sapere? Da dove può aver ricevuto le sue conoscenze? Conosciamo la risposta: dall’ispirazione, dalla sapienza venuta da fonti soprannaturali, dall’intuizione, dalle rivelazioni divine, ecc., ma dobbiamo vedere obiettivamente e non secondo le credenze di alcuni privilegiati dall’illuminazione. Dio stesso non usa niente di soprannaturale. Tutto è rivelato agli Iniziati (Amos, III, 7); la volta celeste tempestata di stelle, il movimento dei pianeti, gli effetti magnetici, sono altrettante lezioni per conoscere l’insegnamento di Dio. Il Creatore si rivela attraverso il simbolismo macrocosmico che l’Iniziato può trascrivere in linguaggio chiaro, come i Re Magi che riconobbero nel cielo il segno della venuta del Messia Cristico.

La Verità sta senza dubbio al di là dei libri, dei maestri e delle dottrine, però prima di arrivarci dobbiamo salire molti gradini perché, o sappiamo troppo o sappiamo troppo poco! Sappiamo troppo per essere umili, per essere puri, i ragionamenti ci impediscono di elevarci semplicemente attraverso la contemplazione; oppure sappiamo troppo poco per realizzare pienamente la sintesi di tutte le cose.

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Esperienza 67

Penso alla famosa Tavola di Smeraldo, chiave di tutta la Sapienza, base dell’Occultismo in genere. Questa pietra sulla quale furono incise le leggi della Conoscenza è attribuita a ERMETE TRISSMEGISTO29. La Tavola Smeraldina, è il monumento esoterico per eccellenza la cui interpretazione fu intrapresa più volte30; la comprensione dei suoi assiomi è garanzia di maestria completa. Tutti i filosofi, gli occultisti, i mistici e i ricercatori della verità in genere, l’hanno studiata per anni, ed essa continua ad essere un mistero, come il monumento dell’altopiano di Ghiza davanti al quale il discepolo veniva condotto perché gli fosse chiesto: “Da dove vieni? Chi sei? Dove vai?” mentre la Sfinge sembrava prendersi gioco di lui e dire: “Risolvi se sai e rispondi se osi”.

La Tavola di Smeraldo è la formula della Pietra Filosofale, è il segreto dell’elisir di lunga vita, è il Tao31, la chiave di tutte le dottrine esoteriche, la Luce Universale. Il testo della rivelazione delle Leggi Immutabili è il seguente:

- In verità, questo è senza inganno, certo, assai vero.- Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, perché si compiano i miracoli dell’Unità.- E come tutte le cose sono state originate da UNO, dal pensiero di UNO, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica, per adattamento.- Il Sole è il Padre, la Luna è la Madre, il vento la portò nel suo ventre, la Terra è la sua nutrice.- Il Padre di tutto il Telesma (mistero compiuto) è qui; la sua forza è integra se si converte in terra.29 Questo nome fu sempre un mistero: esistono circa 3.000 libri sotto questa firma e si tratta sicuramente di una collettività che lavorò sotto lo stesso pseudonimo. E’ stato detto che si tratta di 3 Collegi Iniziatici che si unirono per lavorare (TRI significa tre e MEGISTO, maestria: le tre Scuole di Sapienza di Egitto, Grecia e le Tradizioni Ebraiche). Anche i Tre Re Magi possono essere il simbolo di tre regni, o anche delle tre grandi Scienze (Magia-Astrologia-Alchimia) personificate da questi tre personaggi leggendari.30 Vedi “I Misteri Rivelati” dove analizzo a lungo le possibili traduzioni di tale misteriosa Prosa.31 Il Tao, che significa letteralmente Sentiero, è evidentemente inteso nel senso di Via Iniziatica. Il taoismo è oggi una religione ed esiste da quando Lao-Tzé presentò il suo insegnamento nell’unico trattato da lui scritto: il Tao-Te-King, libro della Via e della Vita retta. In realtà non ci sono “taoisti”, ma simpatizzanti del Taoismo. Lao-Tzé scomparve un giorno nel suo ritiro inaccessibile del Tibet ed è venerato oggi in tutta la Cina. Chi realizza esattamente il suo insegnamento forma parte della religione “taoista” come INIZIATO, e comincia ad isolarsi nella contemplazione delle alte sfere come lo yoghi, dato che ha trovato il SENTIERO, la LUCE, la VERITA’.

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- Separerai la terra dal fuoco, il sottile dal denso, soavemente, con grande abilità.- Egli sale dalla terra al cielo, egli discende di nuovo alla terra e riceve la forza delle cose superiori e inferiori.- Così possederai tutta la gloria del mondo e ogni oscurità si allontanerà da te.- E’ la forza di tutte le forze, poiché penetrerà ogni cosa densa e vincerà ogni cosa sottile.- Così fu creato l’Universo.- Da qui saranno e partiranno innominabili adattamenti il cui mezzo è qui.-E’ per questo che è stato chiamato Ermete Trimegisto, perché possiede le tre parti della filosofia del mondo totale. Ciò che è stato detto sull’operazione del Sole è compiuto e terminato.

Alcuni chiedono ingenuamente il perché di questo ermetismo32 quando si potrebbe esporre chiaramente un’etica; per quale ragione la verità dovrebbe essere velata quando sarebbe semplice offrire una lezione chiara al mondo?...Mi chiedo se si debba rispondere ad una simile domanda incosciente!

E’ esistito sempre un esoterismo per privilegiati ed un esoterismo per il grande pubblico. Gesù di Nazareth con i suoi discepoli non si esprimeva nello stesso modo in cui parlava alla gente ed inoltre anche a quelli che più gli si avvicinavano diceva che non poteva spiegargli molte cose (Giovanni XVI, 12). L’Iniziazione è la tradizione che preserva l’insegnamento sacro che deve essere velato; ciò non va confuso con le cerimonie di quelle associazioni più o meno speculative che danno titoli iniziatici: questi gradi vaghi che conferiscono dei privilegi sono soltanto prova del buon pagamento delle quote!... L’Iniziazione, con la “I” maiuscola, è un’esperienza che si deve vivere, un Sapere che bisogna acquisire, una Verità che si deve realizzare...

Mi fa particolarmente piacere trovare in un libro di cristianesimo, come Cristo in voi, il concetto della reincarnazione, perché ciò rappresenta veramente un passo

32 Il nome di Ermete (in greco, Mercurio) è diventato sinonimo di segreto. Le scienze ermetiche nascondono la tradizione segreta ed esoterica; chiudere ermeticamente significa: chiuso per tutti coloro che non conoscono il “trucco”, la “parola”, la “formula”, per aprire...

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avanti nell’evoluzione della storia religiosa. (E’ risaputo che la Chiesa Cattolica ha ammesso la reincarnazione fino al Concilio di Nicea)33. In questa opera si sottolinea lo scarso valore di libri, parole, e lettere, ampliando in questo modo i limiti abituali degli insegnamenti dogmatici. Ciò che abbiamo è unicamente una fonte di documentazione, un richiamo forse alle conoscenze dimenticate delle nostre diverse incarnazioni.

Per non forzare lo spirito di alcune anime giovani, si è messo in atto, attraverso le età, un modo di divulgare l’insegnamento senza rivelarne la forte realtà a cloro che non sono in grado di sopportarla. L’esoterismo, le scienze chiamate occulte, l’Iniziazione, richiedono la conoscenza di chiavi, rivelate all’adepto solo quando è pronto per riceverle, secondo la Grande Formula: “Quando il discepolo è preparato, allora appare il Maestro”...

Il libro sopra menzionato, dice ancora: “Pongo queste chiavi nelle sue mani”..., il che è una prova definitiva dell’esistenza di segni segreti nel cristianesimo, cosa a lungo ignorata. Chi se ne chiede il perché, dovrebbe aprire la Bibbia a metà per trovarvi il Salmo 119 composto da 22 capitoli (cosa davvero curiosa dato che tutto gli altri salmi ne hanno solo due o tre) ognuno dei quali comincia con una delle 22 lettere dell’alfabeto ebraico; questa chiave universale simbolizza i 22 arcani della Qabbalah che sono necessari per l’interpretazione delle Sante Scritture e che è ancora ignorata da molti ricercatori dei misteri biblici...

La Chiave Universale costituita dalla Bibbia, è un monumento esoterico, come il Corano dei mussulmani o il Bardo Thodol tibetano; tutti i libri sacri: il Popol Vuh dei maya, il Zend Avesta dei persiani, lo Zohar, il Talmud, i Veda, ecc..., sono opere tradizionali che preservano i codici dell’Antica Iniziazione. Interpretarli alla lettera significa entrare in una completa confusione; capirne lo spirito è esporsi a delusioni; bisogna quindi realizzarli per comprenderli totalmente, mediante l’aiuto del metodo di introdursi in quegli strati segreti 33 Inoltre, l’orazione del Credo contiene il seguente passo: “... credo nella Santa Chiesa Cattolica, nella comunione dei Santi, nel perdono dei peccati, nella resurrezione della carne, ecc...”. in qualsiasi modo si interpreti questa frase se ne deduce sempre che il corpo di carne deve resuscitare presto o tardi, e bisogna ammettere che secondo questa teoria niente va perduto, la distruzione completa è impossibile: niente si divide, si trasforma, però non può essere distrutto completamente, né fatto sparire per sempre, ciò non è nelle possibilità del nostro mondo.

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che sovrapposti costituiscono i sistemi filosofici, teologici, ghematrici, esoterici, ecc...

La conoscenza intellettuale è indispensabile per avere un’idea giusta del meccanismo universale, con la quale potremo elevare il nostro spirito attraverso la pura ispirazione. La radice oggettiva e positiva dalla scienza, o almeno del sapere, è la base della fondazione dell’edificio, anche del più soggettivo, che desideriamo costruire per arrivare a Dio.

Vale a dire, c’è bisogno della scienza per realizzare? La Verità si trova nel sapere? Non si tratta di rispondere con un si o con un no, perché non è possibile concepire la realtà al di fuori del Tutto e non si può ammettere l’assenza di conoscenza se non al di fuori della Luce. Per realizzare si deve conoscere il Tutto, e la Verità è nella Luce.

Ciò ribadisce il fatto che è necessaria una sintesi della Conoscenza e del Sapere. Molte persone colte non sono sagge e molti saggi non sono colti.

La Verità è il Verbo Eterno. Il saggio dei tempi lontani forse non era come il saggi della nostra epoca; l’erudito del Medioevo non era uno scienziato del secolo XX... però la Verità è eterna e di conseguenza è al di là dei limiti del Dotto e del Saggio: è la Sintesi di ambedue.

Scienza e Religione sono le due polarità indispensabili per arrivare alla Verità: per Scienza s’intende il Sapere in senso illimitato, è la conoscenza della scienza ufficiale e di quella occulta. Per Religione (dal latino “religare”, riunire) non deve intendersi una chiesa organizzata, ma il senso vero della riunione generale di tutte le concezioni della Saggezza e di tutte le dottrine, studiate col comune denominatore di religare i Grandi Principi Antichi.

Finché non sussistono gli studi, i libri, l’insegnamento, capiremo bene che esistono limitazioni, però essi sono necessari prima di lanciarsi nel mondo sconosciuto della Coscienza Universale.

I Sensi e la Religione, le due polarità della Magia, il Solve-Coagula dell’Alchimia, corrispondono all’Intuizione e all’Analisi; se non possiamo ottenere la FEDE dobbiamo ricorrere allo studio, poiché è naturale utilizzare le due possibilità che ci si offrono.

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E’ stato detto: “Con la Fede muoverete le montagne”. Siccome però non si è visto nessuno muovere le montagne, se deve provare per un’altra via. Questo non vuol dire che la Fede non sia un mezzo adeguato, però coloro che possiedono questo potere o devono essere pochi o non lo manifestano. In ogni modo ci sono persone di valore che chiedono una risposta; coloro che possiedono la Fede sono soddisfatti, ma gli altri...? e’ necessaria, quindi, la risorsa dello studio, della ragione, dell’intelletto.

La Verità deve essere Reale. La realtà è il Presente. Il passato non esiste, anche se può essere esistito... in

ogni caso non esiste più; esiste unicamente il Presente.Il futuro non esiste, forse esisterà! In ogni modo non esiste ancora, soltanto il Presente esiste. Realizzare il Presente è l’Unica VERITA’.

* * *

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La storia di Saliva-Hana, figlio del falegname Tachana, secondo il racconto dei Purana, è esattamente la stessa storia dell’eroe della mitologia maya, figlio di un padre artigiano del legno e di una madre vergine; Ripetizione della storia... alcune migliaia di anni dopo nacque Gesù, che si supponeva fosse figlio di Giuseppe (Luca III - 23); cos’è è detto testualmente nell’antica tradizione siriaca del vangelo secondo Matteo34.

Gesù il Cristo diceva nel Sermone della montagna esattamente le stesse cose enunciate da Gautama il Buddha nel discorso di Benares, 600 anni prima.

La scienza occidentale che solo ora comincia a scoprire ciò che spesso chiama col nome di Psicologia, si rende conto che anche migliaia di anni fa lo Yoga divulgava la stessa disciplina. Le scoperte scientifiche sono teorie conosciute dagli yoghi fin dai tempi più antichi. Esperienza...

La storia dell’umanità è un’eterna ripetizione; anche l’evoluzione spirituale segue il suo corso nella stessa maniera in ogni individuo. Esperienza...

El chellah recibe la enenanza de suGuru come este antes la habia recibido del suyo, pues la tradicion iniciatica se transmite de Maestro a Discipulo. Experiencia...

Lo YOGA è una linea di vita, un sistema di esperienza che permette una realizzazione più rapida della Verità nella sua manifestazione trascendentale. La gente invece di solito immagina che si tratti di esercizi praticabili solo dai contorsionisti!... Ecco una completa mancanza di comprensione dello Yoga in generale e degli asana in particolare. Come gli esercizi di ginnastica sono salutari per il corpo, così la disciplina mentale è eccellente per lo spirito; lo Yoga ne offre la sintesi, perché i suoi esercizi psicofisici (asana) consistono in un lavoro di controllo assoluto sia sull’organismo che sulla coscienza. Essere yoghi non significa pertanto essere un esibizionista. E se certe volte egli ingerisce cianuro di potassio, acido nitrico o acido solforico è per provare la possibilità di eliminare i veleni attraverso un sistema di controllo che permette una pulizia rapida degli organi. Questi esercizi, come tante altre dimostrazioni

34 s’è detto anche nell’antico manoscritto del Monastero di Santa Caterina (Monte Sinai). I testi ebrei, per esempio, non parlano della nascita da una vergine, ma da una ragazza. (Isaia VII-14). D’altra parte la storia insegna che nacquero da una vergine: Platone, Alessandro il Grande, Esculapio, Pitagora, Simone il Mago, Apollonio di Tiana, ecc...

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di poteri, non devono essere presentati al pubblico, malgrado questi esiga sempre delle prove e gridi: “Dateci i miracoli”.... (Marco VIII- 12)35.

Lo Yoga non è una dimostrazione di poteri o di controllo: è un’attitudine mentale, una tolleranza di principi, un minimo di impegno, una successione di esperienze psichiche per realizzare pienamente la futilità del mondo e la realtà della Sublimazione.

L’esercizio fondamentale è, naturalmente, il controllo in tutte le cose, ma non .l’esibizione della maestria; è il perfetto equilibrio per superare le principali difficoltà umane. A questo scopo nel nostro organismo si trova un centro che permette lo sviluppo di questa volontà fino al perfezionamento. Cito dall’opera Practical Yoga36 un passaggio molto significativo riguardo a questo argomento:

“Esiste un centro nel corpo umano che è conosciuto in Oriente come il Centro di Crocifissione che fu sempre impiegato come un simbolo per raggiungere la Coscienza Cristica migliaia di anni prima che Gesù di Nazareth fosse crocifisso. E’ stato detto dai Grandi Adepti dell’Oriente che lo Spirito Universale predestinò che Gesù morisse sulla croce col fine di simbolizzare la Crocifissione della Carne”.

Non credo di dover aggiungere commenti a queste righe che riguardano la sublime maestria nel suo più bell’esempio. Nel punto dove Ida e Pingala, le due correnti sottili, si incrociano sulla nuca, è situato questo centro, che ha la proprietà, mediante la forza di volontà, di agire sul corpo dei desideri situato vicino al midollo allungato, controllando completamente perciò le abitudini e i desideri.

Bisogna dominare le abitudini istintive per liberare lo spirito dalla schiavitù del vizio o delle passioni. Il fumatore, per esempio, non si rende conto dello spettacolo penoso che offre per propria debolezza, che lo obbliga a vivere sotto la pressione del suo narcotico preferito. Che terribile compromesso di inferiorità è quello delle persone che sono obbligate a bere o a fumare la pipa per potere sostenere una conversazione! Deve essere orribile dover avere davanti a sé un bicchiere di birra, di vino o di liquore o aspirare nicotina, per “controllarsi” o per “presentarsi meglio”!

Le ultime statistiche mediche hanno dimostrato che le bevande alcoliche ad alta o bassa gradazione, sono la causa maggiore del numero crescente delle infermità mentali, soprattutto in Australia e nell’America del Nord: la percentuale di queste malattie è bassa nei paesi buddisti, e sparisce completamente fra gli indù. Il 94% degli ammalati di cancro sono stati fumatori; tuttavia, possiamo essere sicuri che le cause di questa terribile affezione non siano state debitamente divulgate, perché certi medici specialistici, a

35 Sono dei poveri insensati che non vedono la Presenza Suprema: Benedictus Dominus Deus Noster, Qui Dedit nobis Signum... Si, Benedetto sia il Nostro Signore Iddio che ci ha dato un Segno.36 Pubblicato da Paul Poschinger, MsD, PsD, psicologo e metafisico. (Sydney).

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prescindere dall’esser membri delle Associazioni anti-cancro, sono essi stessi assuefatti a questo veleno. Il tabacco non è soltanto uno stupefacente come l’oppio e la cocaina, ma anche un veleno mortale. Non si deve dimenticare che gli indios d’America bagnavano nel succo di questa pianta le frecce che usavano contro i conquistatori.

Sicuramente i primi colonizzatori introdussero l’abitudine di aspirare il fumo delle erbe per aver visto gli indigeni che si passavano di bocca in bocca una pipa con alcune piante che bruciavano., anticamente i sacerdoti dei Templi riservavano alcuni giorni alla cerimonia dell’aspirazione del fumo di alcune piante, secondo determinati aspetti astronomici in relazione con le influenze del giorno37; il costume si generalizzò con l’uso di una pianta in alcune sette e più tardi in diverse razze d’Africa e d’America; le tribù conservavano la cerimonia della pipa o delle foglie arrotolate (come grossi sigari) però senza più rispettare il giorno adeguato; si praticavano cerimonie intorno al fuoco nel crepuscolo, ma servivano più che altro come ricreazione dopo un giorno di lavoro, e non come magia ancestrale.

* * *

37 Allo stesso modo della messa, il suffumicamento deve essere in relazione con il giorno, che a sua volta obbedisce ad un aspetto planetario (Lunedì, giorno della Luna; martedì giorno di Marte; Mercoledì giorno di Mercurio; giovedì, di Giove; Venerdì, giorno di Venere; Sabato, di Saturno; Domenica, giorno del Sole). Generalmente le chiese bruciano incenso per un’antica tradizione ebraica nel giorno del Sabbath (l’incenso corrisponde a Saturno, cioè si dovrebbe bruciarlo unicamente il Sabato). A volte certe chiese dal rituale primitivo bruciavano mirra (vibrazione assegnate al Sole in relazione alla Domenica). Si sa, per esempio, che nella cerimonia teurgica le candele rappresentavano l’elemento fuoco, le reliquie (ossa o la stessa Bibbia) l’elemento terra, le resine (legno, polvere o altri prodotti per il suffumicamento) sono il simbolo dell’aria e l’elemento acqua è il liquido impiegato nella messa: può essere il vino, l’acqua benedetta, ce... Sono i quattro elementi indispensabili per il contatto con il cosmico, similmente all’uso di piante da parte degli Iniziati di antiche Tribù il giorno delle loro cerimonie iniziatiche.

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La cosa più importante nello Yoga è superare i desideri e le abitudini. Lo yoghi può mangiare, bere e fare tutto ciò che gli sembra opportuno: egli ha vinto l’aspetto nocivo delle cose e, nello stesso tempi, ha vinto il desiderio; non è sottomesso all’auto-controllo: e non impiega le proprie energie in questa direzione, come invece faceva all’inizio. Per lui non esiste più il problema di astenersi da determinati alimenti o bevande; lo yoghi ha superato tutti questi ostacoli e vive senza complicazioni, e senza le innumerevoli necessità che affliggono l’essere umano comune.

Il sistema dello yoga ha come fine l’auto-perfezionamento tramite la concentrazione delle energie. Lo yoga non è una forma di psicologia né di filosofia e non è neppure una religione, piuttosto può essere classificato una Scienza Vitale, un sistema di miglioramento dell’esistenza che conduce alla Saggezza.

Mentre i sistemi di altre dottrine iniziano dalla soggettività per arrivare alla oggettività, lo Yoga, al contrario, parte dal corpo fisico per arrivare alla forma sottile della spiritualità. Le religioni chiedono una credenza cieca, mentre lo Yoga propone uno studio concreto. Le filosofie si perdono quasi sempre in un dedalo di teorie più o meno elaborate, mentre lo yoga progredisce sistematicamente attraverso le esperienze personali.

Completo rilassamento del corpo e dello spirito, forte tonificazione dell’organismo per ottenere una vigorosa resistenza, profonda concentrazione perché lo spirito acquisisca un potere di controllo sulla materia, respirazione dinamica che ringiovanisce il corpo e disciplina lo spirito; queste sono le basi della tecnica millenaria che sviluppa negli esseri possibilità supernormali.

Lo YOGA è il segreto della longevità, la chiave di misteriosi poteri, l’arcano maggiore della realizzazione. La parola stessa deve essere realizzata, il termine YOGA chiede prima di tutto di essere assimilato; comprendere, quindi, il valore dello yoga significa realizzare metà del Sentiero, della Via, del Tao...

Le cose possono essere godute solo per il piacere che danno e non per la sensazione di possederle. La fisiologia è intimamente legata alla psicologia. E’ noto oggi cosa sia il limite periferico degli assoni38, dei neuroni39 sensitivi che

38 Sono così chiamate nei neuroni le apofisi a forma cilindrica che si estendono notevolmente rispetto al nucleo delle cellule.39 La cellula nervosa o neurone, è costituita da un corpo cellulare in cui è situato il nucleo, avvolto nel protoplasma e da una o varie delicate apofisi protoplasmatiche che si prolungano da esso.

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ricevono le impressioni fisiche del mondo esterno. I neuroni sono provvisti di lunghi assoni e di corpi cellulari molto voluminosi che presiedono alla nutrizione dell’intera cellula nervosa. I corpi cellulari dei neuroni sono molto estesi e si prolungano lungo il corno anteriore del midollo spinale fino ai gangli basali del cervello.

Sembra che la teoria delle sinapsi40 non sia avanzata molto dal secolo scorso, tuttavia, il fatto che sia presente nella ramificazione della parte finale dell’assone deve essere analizzata con attenzione; esistono infatti in questi punti ramificazioni che avvolgono il corpo cellulare di un altro neurone e terminano in fragili nodi in contatto con il corpo cellulare vicino.

Per questi particolari del processo neurologico che si deve esaminare il problema del controllo delle emozioni. Trattandosi di impressioni fisiche, la trasmissione delle sensazioni di piacere all’organismo è un fnaturale,

40 E’ il punto in cui l’impulso nervoso passa da un neurone ad un altro grazie all’unione degli stessi. La forma più semplice di sinapsi è costituita dalla ramificazione della parte terminale dell’assone, però in altri casi queste ramificazioni sono mescolate ai dendriti (prolungamento ramificato dei neuroni n.d.t.) ed a volte a ramificazioni collaterali di altre cellule.

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però non si deve provare piacere per il “possesso”, perché si tratta della trasmissione di un’impressione che, ricevuta dal corpo fisico viene trasformata dalla concentrazione dl pensiero su di essa. Infatti, filosoficamente, la concentrazione di un’impressione, secondo il mio punto di vista, costituisce un “surrogato” della verità, e personalmente, se ne raccomando l’esercizio, è solo per soddisfare coloro che insistono per ottenere un ersatz momentaneo come base per una possibile Realizzazione.

Non si tratta qui di studiare la struttura del sistema nervoso, però, per apprezzarne nel suo giusto valore l’importanza fisiologica, il lettore deve conoscere il processo neurologico ed in particolare il processo metabolico che si divide in catabolico e anabolico. cellula vivente è sede di un processo metabolico ed in ogni neurone avvengono queste due fasi di processo. Il processo catabolico è la decomposizione parziale di alcune molecole instabili e molto complesse che costituiscono la sostanza essenziale del proprio processo di metabolismo. Per mezzo di tale decomposizione, alcune sostanze chimiche, che sono l’energia potenziale dello stato molecolare, vengono trasformate in energia libera, con la quale la cellula svolge le sue funzioni sociali. Nel tessuto invece il processo anabolico consiste nel ricostituire il complesso molecolare per mezzo dell’assimilazione dell’ossigeno e delle sostanze alimentari da parte della cellula del sangue.

E’ la funzione sociale, il ruolo compiuto dal neurone nell’economia dell’intero organismo, che costituisce la psicologia-fisiologica elaborata nello YOGA da molto tempo e che la scienza moderna occidentale inizia appena a scoprire.

La funzione sociale del neurone è quella di rispondere allo stimolo provocato dal cambiamento catabolico che origina l’impulso nervoso, e quella di condurre questa spinta attraverso la propria struttura. Sulla natura essenziale di questa “spinta”, la scienza sta ancora indagando a capire se si tratti di un cambiamento fisico (come avviene per la conduzione di calore o di elettricità in un filo o per le onde di un liquido soggetto alla pressione di un tubo), oppure se si tratti di invasioni chimiche nel neurone, come nel caso di quelle che ottengono in un punto stimolato, ad una velocità di diversi metri al secondo. Un’onda elettrica viaggia in entrambe le direzioni opposte di un nervo stimolato, da ciò possiamo dedurre che in ogni direzione l’impulso tende a liberarsi della particolare sostanza del neurone.

Da un lato questa sensazione generale della spinta liberata e dall’altro la natura stessa dell’impulso, possono dare un’idea delle indispensabili e delicate qualità che si devono usare per ottenere la maestria delle sensazioni, il controllo delle emozioni. La scienza dello Yoga ha risolto già da molto tempo questo problema per mezzo di un sistema completo di esercizi psicofisici, che può essere classificato all’interno di ciò che viene chiamato, nel processo riflesso del livello spinale, facilitazione e inibizione.

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La facilitazione è il sopportamento dell’eccitazione di un sistema motore, prodotto dallo stimolo di un neurone sensibile, il quale a sua volta è stimolato simultaneamente da un altro neurone che è in contatto con lo stesso sistema motore. Si capisce come il neurone sensibile, scaricando la sua nuova energia nel medesimo sistema motore, aumenta l’eccitazione che per mezzo del primo riflesso del neurone era stata insufficiente (fatica della sinapsi). Così, dunque, due stimoli applicati simultaneamente danno origine all’eccitazione sperato.

L’inibizione è l’opposto e consiste nella privazione dello stimolo di un neurone sensitivo al sistemo motore, ed è spesso il risultato di una eccitazione simultanea di un altro sistema motore. In quasi tutti i casi, la relazione di inibizione reciproca ha origine dall’innervazione dei due gruppi di muscoli antagonisti, come ad esempio nel caso dei flessori o degli estensori del gomito o del ginocchio (come pure nel caso dei muscoli che muovono gli occhi da destra a sinistra rispettivamente).

Gli archi spinali dei sensitivo-motori del sistema viscerale sono differenziati da quelli del sistema nervoso di relazione. Per molto tempo i fisiologi, i biologi, ecc., hanno cercato di sapere se negli archi della regione spinale il processo tocca direttamente la coscienza. Nel quadro ristretto ed elementare di quanto abbiamo esposto, sarebbe prematuro rispondere ad un simile quesito, dato che esistono numerose opere che trattano l’argomento 41. Per quanto riguarda la corretta comprensione della relazione fra il processo sensitivo e la coscienza, e lo studio delle funzioni nervose alla luce della filosofia, esistono autorità che non sono state ancora riconosciute dai fisiologi, o dagli psicologi; fra questi si distinguono Wundt, Lotze, Fechner, Helmotz... (si tenga conto che l’autore scriveva negli anni ‘50).

Tuttora sorge una gran confusione ogni qualvolta si cerca di definire la scienza naturale, la metafisica (ramo della filosofia relativa ai principi astratti), l’epistemologia (scienza della conoscenza), l’etica (scienza del comportamento), le quali sono parti integranti della psicologia (scienza dello spirito).

La psicologia è la sintesi della medicina e della pedagogia ed il suo obiettivo riguarda tutti gli aspetti della vita umana. Questi problemi sono stati trattati dai filosofi Greci, non così dagli scolastici latini i quali, probabilmente, non seppero esprimere con chiarezza il concetto di psiche.

Nei primi secoli dell’Era cristiana la psicologia era unita alla teologia della chiesa cristiana, e soltanto dopo il Rinascimento si è liberata dal dogma per manifestarsi come scienza trascendentale. Il ruolo di Sigmund Freud è stato determinante per questa evoluzione in senso specialistico della psicologia.

La psicologia come del resto gran parte delle scienze moderne, fu iniziata dai pensatori greci. Platone ne parla diffusamente 42, però, come tutta la scuola greca, identifica lo spirito con l’anima!43

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Dal punto di vista dello yoga l’identificazione di anima e spirito può essere accettabile, purché ad essi si unisca anche il corpo fisico, perché yoga è Unione completa.

Che cos’è l’anima? Che cos’è lo spirito?“Oltre i centri nervosi non c’è spirito”, secondo il professo C.B. Bruhl;

“l’anima è il cervello in azione e niente di più”, ha detto Broussais; “senza fosforo non c’è pensiero”, ha affermato Moleschott ed ha aggiunto che “il pensiero è una mozione della materia”: secondo Buchner “non esiste pensiero senza cervello”, come, per Carl Vogt “l’anima è il prodotto dello sviluppo del cervello”. In queste asserzioni, tuttavia, si avverte immediatamente una certa povertà di argomenti e una triste considerazione per l’essere umano.

E’ positivo accettare l’unità dell’Essere, ma non come fanno i “materialisti” che considerano l’uomo una macchina che sparisce completamente dall’universo con la cessazione dei palpiti del cuore... L’individuo umano se è unità indivisibile, è anche eterno, visto che “nulla si crea e nulla si distrugge”. La distruzione completa non esiste, esiste solo un processo di divisione, di moltiplicazione all’infinito. E’ elementare comprendere che quando il corpo si disintegra fisicamente, la sua decomposizione chimica genera una nuova forma fisica. I gas emanati originano una nuova forma astrale e la vibrazione del corpo dà luogo ad una nuova evoluzione. Detto in altro modo, il corpo materiale si trasforma e, come dice la Bibbia: “polvere siamo e polvere ritorniamo”; il corpo astrale (anima), dopo la morte del corpo fisico resta unito allo spirito per breve tempo, ma poi acquisisce una forma più eterica e si unisce ad un aggregato qualsiasi quando lo spirito (chiamato vibrazione o intelletto) viene precipitato in uno spazio libero dove necessariamente si evolve ritornando alla reintegrazione finale e viaggiando verso l’Assoluto nella coscienza dell’universalità. Infine, bisogna capire che: gli effetti fisici, che abbiamo appena visto, producono conseguenze psicologiche che non sono di tipo materiale, ma appartengono a un campo vibratorio più elevato. E’, quindi, chiaro che l’Unità dell’Essere Umano, intesa secondo la teoria materialista, è errata, perché in realtà gli individui sono composti da particelle vibratorie della Grande Vibrazione Universale.

Lo spirito è la vera essenza originale, il corpo fisico è la nostra personalità, e fra i due si trova la sostanza plastica chiamata comunemente corpo astrale (anima), che la teologia considera la nostra vera individualità. Nei corsi di Seminario si rifiuta la parola “corpo astrale”, però, si ammette il termine “aerosoma” per indicare la stessa cosa.

In realtà, c’è una differenza di funzione fra le suddivisioni dello spirito, del pensiero, dell’immaginazione, dell’intuizione, dell’intelletto, e dell’anima, del corpo eterico, del doppio, ecc... D’altra parte, esiste UNITA’ ESSENZIALE, provenienza UNICA, emanazione UITARIA, e differenza di

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tonalità, vibrazione diverse nella polarità, e trasformazione del Principio in progressione all’interno del processo evolutivo.

Infatti, ci sono tre corpi base, tre grandi divisioni accettabili ed accettate da tutte le dottrine (con diverse terminologie). Si devono prendere in considerazione queste tre parti dell’essere nel caso di uno studio fisiologico dell’uomo, in caso contrario perché fermarsi alle ipotesi e provocare discussioni sui dettagli, quando risulta anche più facile avvertire psicologicamente l’Unità perfetta e completa?

Nello YOGA né gli uni, né gli altri sistemi si discutono, ma si REALIZZANO.

* * *

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L’essere umano si manifesta sempre nello stesso modo, sia il selvaggio delle grandi foreste equatoriali che l’uomo civilizzato delle grandi città.Infatti le medesime necessità impellono tutti gli uomini: l’appetito fisico e la sete di devozione. I culti moderni sono simili alle cerimonie di adorazione degli Dei antichi. E non sono né migliori né peggiori di quelle.

I libri di Pheryllt e gli scritti di Pridian sono opere antichissime, insegnano che i Druidi avevano ricevuto da Atlantide le loro vaste conoscenze scientifiche. Il complesso megalitico di Stonehenge, prova in maniera definitiva che l’origine dei Druidi va fatta risalire prima del 3 500 a.C.

La trasmigrazione dell’anima era uno dei concetti fondamentali della religione druida, insieme al culto del Dio Hu. Il fatto che si richiedevano 20 anni di pratica disciplinare prima di essere ammessi all’Ordine, fa supporre l’esistenza di insegnamenti molto profondi alla base dell’Istituzione.

Tacito descrive i Druidi come semi-dei di venerabile aspetto. Rowlands dice che erano uomini di Pensiero costantemente occupati ad arricchire il loro Sapere. A conferma della loro grande conoscenza, un antico proverbio dice: “Nessuno sa nulla, soltanto Dio e i Santi Druidi”.

I Druidi vengono spesso associati alle pratiche di Magia; ciò è vero solo in parte, infatti per magia è da intendersi la fisica antica, rimasta a lungo sconosciuta; la magia è iper-chimica, super-fisica, cioè comprende tutti quei fenomeni che oggi non sono ancora spiegati, anche se in un futuro prossimo saranno considerate scientifiche ma gli esempi sono numerosi: la trasmutazione dei metalli, la disintegrazione atomica, le emanazioni, le vibrazioni, ecc...

I cerimoniali druidi ci possono essere intesi, non solo come pratiche di magia, ma anche e soprattutto di teurgia, vale a dire, come meccanismi iniziatici nel piano divino (teos).

I sortilegi, la magia e la teurgia sono attività sopranormali che corrispondono, rispettivamente ai piani fisico, astrale e divino.

I sortilegi sono paragonabili, più che altro, alle facoltà ipnotiche, alla forza di suggestione e all’uso di pratiche in contatto diretto con il soggetto, e non a veri e propri poteri. Tuttavia, alcuni capi tribù Iniziati, sono stati erroneamente definiti stregoni.

L’operatore di magia44 è molto più intellettuale, conosce le leggi della natura e le usa, mantenendo un maggior contatto con il piano sublunare, a

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differenza dell’operatore di bassa-magia il quale impiega sostanze speciali che agiscono direttamente su di lui.Il Teurgo, invece, è un Sacerdote, un Iniziato ai Grandi Arcani, che officia conoscendo perfettamente le leggi soprannaturali egli è depositario di un’Antica Sapienza, che lo eleva a Sfere Sublimi permettendogli di favorire con il suo lavoro il progresso dell’umanità.

Se non avessimo perso il tesoro costituito dalle opere antiche45 oggi non staremo indagando su questi argomenti; sebbene le SCIENZE occulte sembrino prodotto dell’immaginazione degli uomini, invece costituiscono veramente una Luce di SAPIENZA ORIGINALE.

Isolatamente appaiono resti di manoscritti, come la collezione di papiri egiziani di Leyde in Olanda, ma che non risalgono a prima del III° secolo.Per esempio, il numero 75 di questa biblioteca contiene frammenti di passi che parlano di un’usanza giornaliere presente nelle cerimonie di Magia che dava effetti taumaturgici per mezzo dell’amore mistico.

Nonostante gli scritti conservati attraverso i secoli, è solo attraverso l’insegnamento verbale che si è potuta trasmettere la vera Iniziazione. Le pergamene, le chiavi, le orazioni, non sono altro che punti di riferimento; infatti tutte le sette adottano regole, precetti dogmatici, formule, sigilli, ecc, che costituiscono successivamente, conoscenze di altri arcani; l’Iniziazione, però, di fatto, si trasmette sempre da Maestro a Discepolo. Dalla più alta istituzione, dall’Ordine meglio organizzato, allo stregone di campagna che non muore senza prima passare il suo segreto, in ogni luogo, la trasmissione del potere si fa da labbro ad orecchio.

Per ottenere a quell’epoca, il titolo di Druido, era necessario passare delle prove Iniziatiche molto severe che richiedevano, tra l’altro grossi meriti di studi; infatti il candidato veniva istruito da geografi, poeti, storici, filosofi... I Druidi dovevano essere sia astrologi (e astronomi di fatto) che medici (queste due scienze erano strettamente collegate), poeti, giudici, storici, ed istruttori del popolo.

La Cerimonia dell’Iniziazione avveniva in una grotta in un luogo nascosto, secondo la leggenda di Enoch, il quale aveva inciso sulla roccia dei preziosissimi segreti. Anche nell’Iniziazione Greca, l’aspirante doveva passare sotto un dolmen provvisto di un’apertura molto stretta (come nella tradizione Essenica), per simbolizzare la nascita ad una nuova vita, cioè la RI-generazione. Per tre giorni il candidato veniva chiuso in un sarcofago (allegoria che la Frammassoneria tuttora adotta nel terzo grado come simbolo della morte mistica); il fatto di essere rinchiusi in una bara per tre giorni si riferisce all’emblema alchemico espresso dalla teologia con la frase: “il terzo giorno resusciterà dai morti” (Orazione del Credo).

Le cerimonie che i sacerdoti Druidi offrivano al gran Dio HU erano celebrazioni-emblema che stavano a simbolizzare Noè e l’arca sfuggiti al

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diluvio. Essi praticavano molti riti, fra i quali, l’immersione nell’acqua, rito trasmesso agli Esseni e chiamato più tardi battesimo dai cristiani. Infatti ASCHAI (Battezzatore, Battista e -n.d.t. - nome di S. Giovanni il Battista), era il nome siriaco del gruppo essenio di ELKESAI. Un altro rito, praticato anche in America Centrale, consisteva nel passare l’ultima notte di iniziazione in una gabbia con animali feroci.

La maggior parte degli ordini mistici ed esoterici o delle associazioni occulte odierne, hanno conservato solo la parte simbolica dell’iniziazione, mentre in Oriente essa conserva il suo vero senso. Se si considerano due anni richiesti negli Ordini Pitagorici per il grado di Akoustikoi, i cinque anni di reclusione nei tempi egiziani prima di passare il portico, i dieci anni di meditazione per presentarsi tra le colonne dei Santuari di Atlantide, si comprende l’insufficiente preparazione dei teologi di oggi.

Anche ai nostri giorni le religioni conservano una parte essoterica, cioè l’insegnamento pubblico, ed una esoterica, cioè l’insegnamento riservato agli iniziati; i Druidi praticavano il culto popolare (essoterico) e la devozione allo Spirito Divino (esoterica). Inoltre non bisogna interpretare erroneamente le figure di semi-dei delle generazioni druidiche, ma considerarli nel senso druidico di Iniziati, Maestri, razza superiore in unione con il Gran Tutto.

I Druidi non ammettevano che Dio nella sua infinita grandezza fosse rappresentato da immagini o chiuso fra quattro pareti, per questo usavano la natura stessa come santuario. Inoltre i dolmen sono di pietra grezza, non intagliata dalla mano dell’uomo. La Kebla o Chiesa di Estate era una quercia sulla quale stava scritto: Hesus, sul ramo destro; Belenus su sinistro; Taraunis, sulla parte alta del tronco; Tau, alla base del tronco, e nuovamente il nome del Dio Tau nel centro.

La Quercia era venerata insieme al vischio, suo emblema. Il sesto giorno dell’ultima luna d’inverno, il Sacerdote andava nel bosco a raccogliere il vischio, magnifico simbolo di vita generato dalla natura quasi morta in un’epoca di neve. Il popolo era presente ed il Gran Sacerdote, in tunica bianca, tagliava con una falce d’oro il ramo della pianta sacra, che veniva preso da altri sacerdoti dalle vesti immacolate.

La pianta, mai esposta al sole, veniva distribuita per decorare le case. La venerazione del vischio fu dignificata anticamente dal culto cristico e adottata dagli stessi cristiani. Oggigiorno si pratica la Notte buona (festa anch’essa druida), fra i cattolici e i protestanti, essa è una cerimonia che si realizzava nelle comunità di Iniziati Druidi.

L’Iniziazione cristica all’infuori di alcuni gruppi esoterici di cristiani, ha oggi assai pochi adepti; le istituzioni sono diventate puramente essoteriche. I sedicenti successori dei Druidi o degli Esseni, non possiedono in realtà che titoli onorari con valore meramente sociale o politico. L’Iniziazione Cristica, esistente fin dall’antichità, fu la base dell’insegnamento dei Grandi Collegi e

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che si divisero in grandi rami fin quasi dall’inizio: gli As e i Sa. I Druidi (la cui Iniziazione Cristica stava a fondamento della loro civiltà fiorita 10 mila anni fa), costituivano il Collegio del Nord (As) e gli Esseni quelli del Sud (Sa); la loro iniziazione cristica risale al 5 000 a.c. E’ per questo che Gesù di Nazareth, del gruppo Essenio, venne a continuare la Legge Cristica: Jhesù (Jao da Sa) era il Maestro dei Maestri dei Collegi del Sud, il cui nome doveva contenere la lettera Yod (con valore 10), chiave cabalistica iniziale di Jehovà (JHVH), di Giove (Jupiter), di Gerusalemme (Jerusalem), di INRI46. Il nome del Gran Maestro di Maestri Nazareno doveva per forza avere la H del potere (l’Homo) nel suo monogramma che si scrive IHS (Yod, He, Shin) e che significa: Jesus Homo Solis, Gesù Uomo Solare.

I Druidi hanno lasciato degli indizi molto interessanti rintracciabili solo con un’indagine molto accurate. Per esempio, gli allineamenti di pietre, in ordine circolare, sono stati creduti cimiteri da alcuni che li interpretano in una maniera troppo superficiale. I luoghi dove si trovano menhir, dolmen (pietre collocate, rispettivamente in posizione verticale ed orizzontale), non furono certamente, per i Druidi, utilizzati per l’inumazione ma, piuttosto, destinati alle cerimonie, anche se per i Celti, che praticavano il culto dei morti, i dolmen potevano ben essere le “tavole” adeguate per i “colpi” degli spiriti.

I monumenti megalitici di Carnac offrono una bella immagine dell’allineamento di pietre che va da Locmariaquer fino quasi a Erdeven; anche le 145 pietre nella punta estrema dell’Exosse (isole Orcadi e Shetland), le 144 pietre di Stonehenge e le 67 pietre nel Donegal in Irlanda, sono resti dell’antica credenza di collocare i morti vicino al mare per dare più rapida e facile evoluzione alle loro anime. E’ possibile riconoscere quindi, niente altro che tombe in queste pietre, e non, come a detta degli spiritisti, delle “tavole parlanti” di quell’epoca, teoria improbabile visto che l’insieme delle pietre veniva ordinato secondo leggi ben stabilite, come abbiamo già detto.

Plinio ha definito, giustamente, i Druidi dei Maghi; infatti i luoghi che ancora oggi si conservano intatti, dimostrano senza dubbio le loro grandi conoscenze. Vicino a Parigi, e precisamente nel bosco di Meudon, c’è un luogo strategico di magia. Allo stesso modo in cui le chiese venivano costruite in zone propizie, generalmente sopra antichi templi edificati in luoghi di culto, le pietre del bosco di Meudon furono collocate in un luogo magnetico speciale.

Allo stesso modo in cui le cattedrali del Medioevo avevano gli altari disposti verso Est, così le pietre druide venivano sempre orientate in modo particolare.

Io avevo già studiato i menhir vicino alla fonte del bosco di Clamart e visitato le caverne vicine all’Osservatorio (luoghi molto adeguati per le operazioni magiche), però non avevo mai visto tali inequivocabili testimonianze di cerimonie antiche come quelle del bosco di Meudon. In una radura nel bosco, in perfetto ordine, sono collocati menhir e dolmen, il cui significato può essere

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inteso facilmente dei cabalisti. Essi si trovano a poca distanza dal bosco, in un ambiente meraviglioso dove nulla mi lasciava supporre di trovarmi appena a mezz’ora d’auto dalla capitale.

In quel paesaggio si respira un’aria di preistoria; in una pietra di scarse dimensioni si possono trovare ancora tracce di fuoco e incisioni profondamente marcate con la roccia di silice. Questa pietra centrale, non molto alta, fungeva da altare.

A nord si trova il menhir di 3,50 m. Di altezza, senza contare la parte interrata.

Seguendo una perfetta circonferenza di 25 metri di diametro, le pietre vanno diminuendo di misura, e così il primo dolmen è un po’ meno alto del menhir e si armonizza a sua volta con un altro dolmen che si trova più a sud-est ed entrambi cingono la pietra del potere che si trova ad Est di fronte alla Grande Entità (una quercia che segnala l’Ovest).

A sud, due dolmen che sono le pietre di equilibrio, più piccole delle precedenti, poiché l’ultima misura appena 75 centimetri.

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L’Entità vegetale, ad Occidente, è incaricata di ricevere le scosse e, nello stesso tempo chiude il triangolo di apparizione assai noto agli operatori di magia. Questo albero è connetato ad un dolmen per mezzo di due piccole pietre e al menhir per mezzo di un aro di pietre poste a 20? Centimetri di distanza fra loro. Lo stesso albero è circondato da un semicerchio di pietre che rientrano nel cerchio formato dall’insieme delle pietre e dell’albero uniti al dolmen e al menhir (vedi fig. 8).

Il raggio di azione della psiche superiore può estendersi fino ai confini del Cosmo. Non è necessario localizzarlo, ma, se nulla appare con perfetta chiarezza ai nostri sensi fisici, è necessario comprendere l’asserzione della Dottrina Segreta: “lo spazio interstellare contiene globi celesti negli Eteri che sono a noi invisibili...”

Senza accennare al problema della pluralità dei mondi, diremo che è bene rendersi conto che il Cosmo è popolato da esseri viventi provvisti di corpi psichici inimmaginabili per noi, essi sono per esempio, le Amadriadi, le Silfidi e le Ninfe di cui parlavano i Druidi.

Anche dei fluidi che ci circondano e delle teorie delle onde vibratorie o dei fenomeni elettromagnetici noi abbiamo soltanto una vaga idea... D’altra parte, nessuno ignora attualmente l’influenza della parola (le preghiere, i mantram, le orazioni), della musica (i cantici, le liturgie, ecc.) e dei profumi (gli incensamenti, i suffumigi sullo stato mentale, e l’effetto dei colori, dell’alimentazione), sulla psiche; questi effetti sono dovuti alla correlazione degli eteri, vale a dire alla trasformazione dell’energia fisica in poteri psichici. La forza del Mago consiste nel captare le particelle dinamo-eteriche per usarle in un modo diretto.

Con la conoscenza dell’Archeometria tutto si chiarisce ed ogni cosa ci parla individualmente. I Druidi, come tutti gli Iniziati usavano l’archeometria per le loro dottrine esoteriche, la conoscenza di questa legge è una porta aperta verso la comprensione di tutti i misteri.

L’Archeometro è uno strumento di cui si servivano gli antichi per strutturare le religioni, imbasandosi sulle leggi cosmiche nella loro più pura essenza. L’Archeometro è il canone dell’arte antica nelle sue diverse manifestazioni: architettoniche, musicali, poetiche o teogoniche. L’Archeometria mette in relazione le stelle, i colori, i suoni, le forme, le lettere dei diversi alfabeti, offrendo così agli Iniziati dei tempi futuri la possibilità di ricostruire immediatamente, con l’aiuto di alcune parole o di simboli, una religione nella sua totalità o i miti più diversi, senza nessun errore di interpretazione, perché il sistema archeometrico parla da solo a coloro che conoscono i presupposti delle scienze sacre.

Il cerchio dell’archeometro rappresenta 360 tonalità spettrografiche o vibrazioni di sonometria; il cielo intero che si manifesta in ogni stella, è

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racchiuso in una lettera o in una frase che spiega i segreti delle antiche tradizioni.

Oltre a praticare riti e cerimoniali, i Druidi erano in costante relazione con la natura ed avevano una perfetta conoscenza delle leggi che la regolano. La loro Scienza è resa evidente dal complesso del bosco di Meudon, vicino a Parigi e dalla disposizione dei suoi elementi.

FIGURA 9

L’immagine lunare si distingue chiaramente (vedi fig. 9) e, nello stesso tempo, si capisce perché la quercia sia circondata da piccole pietre: il suo simbolo cosmico viene isolato dal resto della figura. Si noti la forma della Luna crescente (forza in azione). L’asse della pietra di potere a mo’ di schermo (la quercia) segna la separazione dei due mondi, e la forza del menhir è aumentata a sua volta dal potere di proiezione che gli viene dato, perpendicolarmente sull’asse pietra di potere-quercia (est-ovest) e dalle antenne che poggiano sulle pietre in equilibrio (nord-sud).

E’ magnifico vedere come questi elementi in azione formino una stella a cinque punte (vedi figura 10). Questo paradigma, simbolo del macrocosmo, riassume bene l’azione dell’uomo nel macrocosmo. L’importanza del pentaclo nel cerimoniale magico (il pantaclo della teurgia) è noto, ed è necessario far notare che il pentagramma qui formato non è messo a rovescio, ma è diritto (con la punta verso l’alto), come il segno di riconoscimento dei discepoli di Pitagora; la stella a 5 punte, con la testa verso Nord, rappresenta l’essere umano che agisce sulla materia

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FIGURA 10

è un simbolo di azione creatrice e raffigura un uomo con le braccia distese e le gambe separate. Invece, messo a rovescio (con le due punte verso l’alto) il pentagramma è simbolo della passività distruttiva, rappresentata da una testa di caprone con le due corna alzate e con la barba, simbolizzata dalla punta verso il basso.

L’uomo agisce sulla materia in 7 modi diversi ed è per questo che bastò il totale degli elementi nel luogo magico del bosco di Meudon. Il settenario ha sempre inciso sulla storia dell’umanità, infatti vi sono:7 note nella scala musicale,7 colori principali nell’arcobaleno,7 stati della materia,7 pianeti dell’astrologia tradizionale,7 lampade dell’Apocalisse (cap. IV-5),7 gradi di Iniziazione Reale,7 regni della natura, 7 eteri differenziati,7 catene evolutive,7 grandi razze,7 continenti nel nostro pianeta7 peccati capitali,7 Arti Liberali,7 gradi di avanzamento nella scala mistica,7 aspetti di Ermete per la Liberazione,

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7 piani teosofici,7 sacramenti religiosi,7 ghiandole endocrine principali,7 chakra o centri nervo-fluidici, 7 Sefiri della conoscenza,7 leggi buddiste,7 giorni della settimana con 7 geni,7 Chiese d’Asia (Apocalisse I-4),7 Spiriti di Dio (Apocalisse V-6), 7 virtù (Apocalisse V-12),7 pratiche del Kadosh,7 luci nel Menorah,7 versetti in Al-Fatiha, prima pagina del Corano,7 sensi per sviluppare la Maestria,7 anni perché si formi il cervello di un bambino,7 anni ciclici dello stato psicologico dell’essere umano, ecc.

I mondi si manifestano in 7 piani (Divino, Monadico, spirituale, affettivo, mentale, astrale e fisico), lo spirito, a sua volta, muove la materia (Mens Agitat Molem) in 7 modi: solare, lunare, mercuriano, venusiano, marziano, jupiteriano e saturniano, è cioè simbolizzato dalla stella a 7 punte del bosco di Meudon.

La pietra del comando è il simbolo di Giove, il gran signore del cielo, il pianeta della personalità che produce la tipologia del capo. Di fronte c’è l’entità vegetale che può essere rappresentata da Venere che stabilisce l’unione fra i mondi, è l’Afrodite dei greci, è il pianeta della simpatia comunicativa.

Il Sole viene qui simbolizzato dal menhir: è il punto di partenza del sistema, è a capo del complesso ed illumina il lavoro (la punta della stella diretta verso il cielo l’aria).

Marte, l’Eso dei galli, è l’astro che crea la divisione, è la pietra del sacrificio, il dolmen “D” (pietra di base).

Saturno, malefico, è il secondo dolmen “D” che corrisponde, per la sua simmetria, alla santificazione. In questo modo, nella cerimonia, agiscono sempre due basi, come nella messa il fuoco, e l’acqua fungono da simboli di questa emblematica santificazione. Le basi sono indispensabili, perché impediscono gli incidenti magici e proteggono l’operante quando si trova sulla pietra del potere.Mercurio, il pianeta dell’intelletto, è la prima pietra dell’equilibrio, mentre la Luna, che simbolizza l’intuizione, è la seconda (E e E’): il raziocinio e l’impulso sono l’equilibrio dell’evoluzione, come questi due piccoli dolmen sono l’equilibrio delle forze di fronte al menhir.

Si noti, infine, come questi simboli non siano attribuiti a caso, ma come, per esempio, il menhir sia giustamente governato dal Sole e non da Marte, per vari motivi di cui uno dei primi e dei più logici è il seguente: seguendo un percorso immaginario tracciamo una linea che partendo dal menhir tocchi il

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piccolo dolmen D’, e questo arrivi al dolmen più grande, da lì la linea avanzerà un poco fino al secondo dolmen più piccolo per arrivare alla pietra del potere, e così via con questo percorso vediamo che abbiamo rispettato il simbolismo planetario, perché siamo partiti dal Sole (Domenica), per passare alla Luna (Lunedì), e poi a Marte (Martedì), continuare a Mercurio (Mercoledì), a Giove (Giovedì), a Venere (Venerdì), a Saturno (Sabato), e infine abbiamo concluso giustamente il ciclo nuovamente con il Sole. I 7 giorni della settimana, in ordine perfetto formano la stella dalle 7 punte, conosciuta con il nome di Stella dei Magi.

FIGURA 11

Questo processo non è una coincidenza, come non lo sono neppure gli elementi di una stazione radio; le pietre druide che hanno una ragione di essere, ma non possiamo approfondire di più il meccanismo elettromagnetico usato dagli Iniziati fin dai tempi più antichi.

A questo proposito, non dimentichiamo che le conoscenze di anni fa sono perdute e dimenticate ed ora la scienza sta scoprendo; i nostri fisici moderni sono, di fatto, degli stregoni se infatti la radio, il radar, la radioattività, e simili, sarebbero stati considerati opere di stregoneria due o tre secoli fa, mentre certamente non avrebbero stupito i Sacerdoti di ON (che i greci hanno chiamato Heliopolis) o gli Iniziati di 20 000 o 30 000 anni fa. Quella magnifica scienza chiamata Guametria e che è stata deformata in una incerta numerologia è una prova della decadenza scientifica, come la povera “scienza naturale” c’è rimasta

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al posto della sintesi della conoscenza degli esseri chiamata, anticamente, fisiogonia. Anche la famosa alchimia che rese possibile agli incas la trasformazione dell’oro, agli egiziani la colorazione del cristallo, ai cinesi la colorazione delle stoffe, agli Atlantidi la conoscenza dell’elettricità, ecc., si è trasformata “chimica” nei tempi moderni e si perde nella fabbricazione di prodotti che contaminano la terra, deteriorano i nostri prodotti alimentari e causano morti premature; senza parlare di quelle “belle invenzioni” con le macchine da guerra sempre pronte ad essere usate “per un buon motivo”.

Il celebre zodiaco di Tentira (scritto a volte Denderah) o il famoso calendario azteco vengono ammirati, ma non viene compreso (realizzato) la perfetta conoscenza dei loro autori, poiché essi non erano per gli astrologi dell’antichità dei mezzi di “predizioni dell’avvenire” (la divinazione non molto diffusa veniva praticata solo dai piccoli profeti; il titolo di astrologo implicava conoscenze di astronomia, di medicina, di alchimia, di filosofia, ecc. La parte esoterica della scienza astrologica è la base di tutte le religioni, e sia che si tratti delle 12 tribù di Israele (in relazione con i 12 segni dello Zodiaco), o delle 12 porte della nuova Gerusalemme, o dei 12 figli di Giacobbe, o dei 12 Apostoli di Gesù il quale ebbe 72 istruttori in corrispondenza ai 72 semidecani dello Zodiaco e 360 affiliati che simbolizzano i 360 gradi del cerchio zodiacale), ovunque si trovano i valori corrispondenti ai 24 mezzi-segni, ai 7 pianeti o ai 4 segni fissi (Toro-Leone-Aquila-Acqaiolo), citati a chiare lettere nella Apocalisse IV, vers. 4, 5, a6 e 7 e nel libro di Ezechiele I, vers. 5e 10.

In Occidente l’Astrologia è stata preservata dalle autorità religiose: i Papi, i cardinali, i prelati, la predicarono e la insegnarono fino al Medio Evo, epoca nella quale cadde in disuso e sembra che da allora l’astrologia non fu compresa molto bene.

La Frammassoneria ha come obiettivo particolare lo studio delle scienze47 e fin dal suo primo grado, l’iniziazione porta alla conoscenza degli astri dal punto di vista della scienza e da quello del simbolismo.

Oltre al Generale Albert Pick, che io considero l’illuminatore della massoneria americana, Franck C. Higgins, grado 32, Past-Master di New York, ha scritto degli articoli su “Lo Zodiaco e la Frammassoneria”; costoro si sono dimostrati veri MM, come Stanislas de Gaeita, Eliphas Levi, Jean Marie Ragon, ecc.

Higgins, nell’Ancient Craft Masonery, art. VI, scrive: “La dottrina segreta d’Egitto fu il culto all’universale Jehovà, fondato solamente e semplicemente sulle parti avanzate delle Scienze del Mondo Antico, ed, in particolare, dell’astrologia, della geometria e delle matematiche e, cosa incredibile per noi, e tuttavia vera, sulle più alte conoscenze di chimica, ottica, chirurgia e scienze fisiche, e ovviamente architettura, che fu tanto sviluppata in Egitto.”

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Questo autore si spinge ancora più avanti con uguale insistenza per ciò che riguarda il necessario recupero delle conoscenze antiche: “La base appropriata per lo studio scientifico dell’Egittologia non è ancora pienamente accettata da migliaia di scienziati, però i massoni anno sempre ostinatamente sostenuto che l’Egitto fu il paese di maggior sviluppo della Frammassoneria e che nei caratteri pittorici dei cofani delle mummie o nelle colonne scolpite, ci sono temi molto importanti, tenuti nascosti sotto gli splendidi camuffamenti delle pompose cerimonie e delle sontuose fondazioni sacerdotali”.

Il SPDRSFranck Higgins lascia trasparire nei suoi scritti una grande conoscenza di esoterismo in generale e di iniziazione massonica in particolare. Egli parla in modo particolare della divisione dello Zodiaco secondo i misteri egizi, e dell’occhio di Orus paragonabile a quello del triangolo che vigila i Templi.

Il Potente-Occhio-che-tutto-vede della Massoneria deriva dall’Occhio di Assur babilonese, il quale aveva le ciglia divise in tre gruppi (di 3, 4 e 5 ciglia ciascuno) che ha dato nascita al simbolo del triangolo, di cui vedremo più avanti l’uso. Utchat, l’Occhio di Orus, si può assimilare anche ai simboli della visione onnipotente, cioè della fonte immediata dell’esistenza caratterizzata dal Sole che dimostra l’infallibile regola del tempo, dello spazio e del numero, rappresentato dal celebre triangolo.

Sarebbe prolisso entrare nei particolari della Sacra Famiglia egiziana; basti dir che Osiris rappresenta Brahma, Orus equivale a Vishnù e Isis corrisponde a Shiva, la femminilità; abbiamo così la trilogia Padre-Madre-Figlio assai simile a quella del Triangolo Divino: Asar, Ishah e Chr. Asar equivale a 162 (cioè Aesch-Ra, il fuoco solare), Ishah è uguale a 216 (il principio femminile) e Chr equivale a 108 (la natura dotata di vita).48

E così arriviamo a formare un triangolo avente per cateti 162 (numero che è tre volte 54), e 216 (numero che è quattro volte 54) e 270 (numero che è cinque volte 54) per ipotenusa49. (Il numero 54 è prodotto del Sole 5 e della Luna 4).

La somma 162 più 108 che dà 270 dimostra la stretta relazione del Padre col Figlio, di Osiris con Orus, di Asar con Chr; come disse il Cristo: “Mio Padre ed Io siamo Uno”.

Si noti anche l’importanza di 345 che è il valore di Al SHDI, il Shaddai, numero che rivela Mosé, il cui numero inverso è 543, valore di AHIH ASHR AHIH (Eye Asher Ayeh), “Io sono ciò che Io Sono”. Esso si basa biblicamente sul nome di Jehovà, simbolizzato sempre da JHVH (Yod-He-Vau-He)50.

Prendendo tre volte Jehovah e permutandone le lettere originali (HJH-HVVH-VJHJH)otterremo tre volte 26, ossia 78, che proviene dalla somma, diremo “teosofica”, di Osiris (la progressione da 1 a 12 è uguale a 78)51.

Le tre Yod del circolo cabalistico rappresentano questa operazione che, a sua volta, è Dio 3 volte Santo, dello Zohar.

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Ora, prendendo tre volte il valore di JHVH ossia: 10, 5, 6, 5; 10, 5, 6, 5; 10, 5, 6, 5, e dividendo il numero 30 successivamente per ciascuno di questi numeri, si avrà per 3 volte consecutive, il valore dell’anno solare, che è di 365 giorni e 6 ore (365, 6; 365, 6; 365, 6).

Quando la leggenda di Isis e Orus si trasformò in quella di Maria e Gesù, si trasferì anche il simbolismo dei tre anni di missione pubblica che dovette compiere il Grande Nazareno con tutti i corrispondenti “segnali” come per Vishnù e Orus (e si potrebbe aggiungere anche per tutti gli altri Maestri venuti come Messaggeri, ossia, Messia).

Nello Zodiaco OSIRIS è il lato del triangolo avente l’angolo all’inizio dei Gemelli per arrivare fino all’inizio della Vergine ed includere così il terzo segno (Gemelli) il quarto (Cancro) ed il quinto (Leone) vale a dire, 3°, 4° e 5°; si vede subito il simbolismo 3-4-5 e il totale di 12 ha qualcosa di più profondo, posto che 345, il Shaddai, significa Il Signore.

ISIS comprende i segni della Vergine, Bilancia, Scorpione e Sagittario. Il 6° segno più il 7° più l’8° più il 9° fanno un totale di 30.

ORUS è il lato più grande del triangolo che parte dal Capricorno e va fino all fine del Toro facendo un totale di 36, l’antico numero del Sole Universale (la radice segreta del 666!) che simbolizza anche Orus, il Montone, Agni, l’Agnello (assimilato a RAM, Grande Istruttore dell’India); è l’Agnus Dei qui tollit peccata mundi (Agnello di Dio che togli i peccati del mondo) della CHRistologia.

Gli angoli di 45, 60 e 75 gradi del triangolo così inscritto nello Zodiaco sono la traduzione lineare di 3-4-5.

Si comprenderà ora che il lavoro dei Templi era teoria archeometrica, e che l’Astrologia rimarrà sempre un’espressione del macrocosmo a disposizione delle leggende umane.

* * *

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La Scienza dei pianeti si estende anche molto più lontano dei campi che possiamo percepire, e questa rapida riflessione sui Druidi, sugli Egiziani, ecc., dà un’idea della relazione esistente fra i diversi simboli geometrici, matematici, astronomici, mitologici e religiosi. Abbiamo deviato un istante dal corso normale delle nostre analisi delle necessità umane, per comprendere meglio le relazioni immediate tra scienze e religione, tra macrocosmo e microcosmo, tra l’oggettivo e il soggettivo.

Ritornando agli appetiti fisici ed alle aspirazioni idealistiche proprie di tutti gli uomini, è necessario fare appello alla psicofisiologia, di cui precedentemente abbiamo già esaminato alcuni particolari. Ciononostante, prima di tutto bisognerà esporre alcune nozioni preliminari di frenologia52 che non sono entrate nel quadro di questa esposizione. L’arte frenologica ha reso grandi servigi alla psicologia pratica ed il suo studio è dei più interessanti; essa ci conduce rapidamente all’astrologia pratica da cui è nata la frenoastrologia.

Si sa che alcune protuberanze o concavità della testa sono indici di particolari predisposizioni e che nel magnetismo curativo i passaggi magnetici, le frizioni o i massaggi di queste zone producono degli effetti immediati. E’ deplorevole che alcuni sapienti ricercatori di questa materia non abbiano opinioni concordi su questi centri. Per esempio, il Conte di Puyfontaine53, Van Helmont, M. De Rochas e tanti altri affezionati del mesmerismo, magnetismo, ipnotismo, che hanno stabilito alcune variazioni secondo le loro differenti teorie di “polarismo”, volizionismo”, ondulazionismo”, ecc.

Sono noti gli esperimenti di Braid, il quale, studiando alcune parti del collo, produceva alcune manifestazioni corporali o mentali che eccitavano le zone del cervello, corrispondenti alle passioni, alla religione, ecc. Oltre che col frenoipnotismo, le parti ammalate del corpo possono essere guarite semplicemente toccando alcuni punti particolari della testa. Grimes impiegava in parte questo metodo nella sua scienza chiamata elettrobiologia, ma oggi le funzioni delle facoltà frenologiche sono sufficientemente conosciute e si possono trattare con precisione, con certezza e con completa efficacia.

Anche l’endocrinologia comincia ad essere studiata seriamente e ormai i medici più eminenti ammettono che l’effetto delle funzioni delle ghiandole regolatrici non si limita al solo organismo (si tenga conto del periodo in cui è stato scritto questo testo). Anche l’astrofrenologia ha sempre maggiore diffusione. E’ perfettamente comprensibile che la vibrazione dei corpi celesti (e

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di tutti gli altri corpi, in misura ancora maggiore) causa emanazioni fluidiche ed influenze magnetiche enormi. Basta applicare un po’ di ioduro di potassio su un soggetto per ottenere l’esteriorizzazione della sensibilità attraverso sbadigli o starnuti; la ipeca applicata sulla testa di persone sensibili produce nausea e messa sul ventre di persone nevrotiche causa vomito e dissenteria.. E’ facile provocare crisi di aggressività in un soggetto applicandogli sulla nuca una piccola placca di ferro e poi far mutare i suoi atti cambiando metallo. Perciò si capirà facilmente perché il passaggio di Marte (pianeta composto di Ferro, la cui longitudine di onda cromatica è di 0.60) vicino alla terra produca sempre guerre perché il nostro pianeta è influenzato direttamente dal magnetismo di questo astro che stimola gli istinti bellici. Rispetto a questo, Rudolf Steiner ha sottolineato la necessità di applicare un sistema vitale di alimentazione in generale ed un trattamento biologico in particolare. Anche l’agopuntura54, la medicina egizia, la medicina degli Inca e quella di altri Iniziati dell’antichità, consideravano queste influenze.

Come ad ogni parte del corpo corrisponde un segno dello zodiaco55 così ogni parte del cervello corrisponde ad un pianeta e questa stretta relazione fra l’organismo umano e quella dell’Universo è stata dimostrata più di una volta: macrocosmo e microcosmo in perfetta armonia perché si compia l’assioma di Hermes: “Ciò che è in Alto è come ciò che è in basso”, ripreso da Pascal: “Io vedrei nell’infinitamente piccolo un Universo microscopico, considerando il protone come un Sole centrale e gli elettroni come i pianeti satelliti”...

In Astro-frenologia si considerano il Sole e Giove in relazione con le regioni superiori del cervello (il Sole nella parte posteriore e Giove nella regione frontale superiore) che sono la sede della natura morale e religiosa, rispettivamente. Marte e la Luna sono collegati con la parte inferiore (Marte in quella posteriore e la Luna verso la regione temporale); dove si trovano gli appetiti e le sensazioni animale. Venere con la parte posteriore della testa e Mercurio con la parte anteriore del cervello, luogo delle facoltà intellettuali. La parte centrale è riservata a Saturno. La zodiacologia non si riferisce solo al corpo nella sua interezza, ma ogni arte del corpo può anche essere divisa in zone di influenza di un segno particolare, per esempio, la testa, che in genere è retta dall’ARIETE, si divide anche in parti più piccole in correlazione con le zone frenologiche delle seguenti facoltà

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Esperienza 99

UBICAZIONE ZODIACALE NEL CERVELLO UMANO

FIGURA NO. 12

ARIETE: vitalità, violenza. AGGRESSIVITA’TORO: applicazione, progenie. TENACIA.GEMELLI: forma, peso, colore, linguaggio, individualità, maniere, efficacia, pretesto. INQUISITIVITA’.56CANCRO: sensibilità, alimentazione. SENSITIVITA’.LEONE: fermezza, autoapprovazione, stima di sé, coscienza. AUTORITA’.VERGINE: eventualità, tempo, ordine, calcoli. SISTEMATICITA’.BILANCIA: ideale, piacere, amicizia. IDEALISMO.SCORPIONE: distruzione, divisione. ENERGETICA.SAGITTARIO: speranza, venerazione, sublimità. ASPIRAZIONISMO.CAPRICORNO: acquisizione, secrezioni. PRUDENZA.ACQUARIO: comparazione, costruzione, causalità. MEDITATIVITA’.PESCI: imitazione, soavità, natura umana. SIMPATIA..

L’interesse di questa teoria è relativa non solo ai sensi, ma anche agli effetti psicologici in funzione della Maestria e del Controllo di sensazioni e di emozioni. Il carattere essenziale di ogni segno e le zone di influenza di ogni pianeta fanno immediatamente comprendere le enormi possibilità che si possono ottenere con questo sistema.

Nel lavoro filosofico di Platone si scoprono i primi elementi di psicologia; si sa che la sua filosofia è interamente basata sulla differenza fra il

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mondo dei fenomeni (le cose percepite) e partendo da ciò egli analizza il concetto psicologico soprattutto nel De Memoria.

Aristotele, il cui insegnamento filosofico era rivolto all’estetica e all’arte, sosteneva la superiorità del piano emozionale studiandolo in chiave psicologica, attraverso i sentimenti della pietà e del terrore ispirati alla Tragedia.

Si dovrà aspettare fino al IV secolo per leggere i trattati psicologici di San Agostino di Ippona. Per il Santo l’uomo è fondamentalmente cattivo, come per il dogma cristiano, ma può essere salvato dalla misericordia di Dio.Questo concetto determina una dicotomia tra il Libero Arbitrio e la predestinazione.

San Tommaso d’Aquino dedica la decima parte della Summa Teologica e alla discussione sulla natura dell’uomo. Egli sostiene, in parte, il determinismo; insiste, “a perseitatas boni”, su uno standard incondizionato di “bene”. Qui la relazione con la teologia è evidente e si tratta più di esperienza religiosa che di pura psicologia. I discepoli della Scuola di San Tommaso entrarono in contrasto con i seguaci di Duns Scotus che sostenevano la tesi della libertà pura, indipendente dei dettami della ragione. Il Tomismo è arrivato ad essere la filosofia ufficiale della Chiesa Cattolica Romana.

Il famoso filosofo francese Rene Descartes si può considerare l’iniziatore reale della ricerca psicologica; la Scuola Cartesiana si è rifiutata di piegarsi all’autorità ecclesiastica. Il diritto al dubbio e la ricerca sciolta dai dettami della tradizione, per la caratteristica di numerosi pensatori dei secoli XVI e XVII, e di Descartes in particolare. Il suo sistema si fonda sul dubbio di tutto, ad eccezione del proprio potere di pensare (il famoso “penso, dunque sono”). Attraverso un processo logico matematico il SE prova l’esistenza di Dio e retto dalle Leggi del movimento. Per Cartesio la vita animale e la vita fisica dell’uomo sono soggette a reazioni automatiche. Egli studia psicologicamente la dualità della natura dell’uomo: da una parte l’umanità fisica legata al resto del mondo animale e dall’altra il pensiero che è solamente una facoltà umana. Punto focale della sua filosofia sarà sempre il “cogito, ergo sum” (penso, dunque sono) da cui deriveranno anche i suoi concetti psicologici.

Non sono d’accordo su questo punto trattato nel Discorso sul metodo, perché il PENSARE non comporta necessariamente l’esistere, ma solo l’essenza nel modo del PENSIERO! La spiegazione che egli dà per dimostrare la fondatezza del suo ragionamento: “Dato un triangolo qualunque io percepisco distintamente che i tre triangoli sono necessariamente uguali a due angoli retti...”. a prescindere dalla mai grande ammirazione per Descartes, non posso fare a meno di dichiararmi insoddisfatto, sapendo perfettamente che questo principio geometrico è falso.

Preferisco considerare ciò che segue: “Io non perseguo, d’altra parte, altro che assicurarmi che un triangolo esiste”... Da un lato dunque l’accettazione

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dei teoremi matematici perfettamente stabiliti e, dall’altro, i principi filosofici di dubbio, sono di estremo interesse per l’analisi dei motivi cartesiani.

E’ noto che Renè Descartes rettificò alcuni suoi lavori di diottrica e meteorica per uniformarsi agli ultimi studi con Galileo. Sembra strano, ma probabilmente si tratta di una presunzione, che abbia scritto come prima massima del suo codice morale: “obbedire alle leggi del proprio paese!”... Egli insiste nel fatto che bisogna seguire i costumi del proprio paese ed accettare la fede che per Grazia di Dio è stata inculcata!...

C’è qualcosa di strano nella sua opera, però suppongo sia cosa difficile scoprire i fattori esatti che hanno influito nella sua gioventù, poiché egli dice, che aveva 23 anni soltanto, quando si rese conto che doveva sbarazzarsi di tutte le opinioni erronee che aveva assorbito.

La filosofia cartesiana venne sviluppata e difesa da Malebranche che, essendo un sacerdote cattolico, riconciliò i principi di Descartes con i dogmi della Chiesa (1638-1715).

Spinosa supera Cartesio considerando la materia non inferiore allo spirito inoltre il suo idealismo lo porta a vedere la uguaglianza delle cose senza negare la dualità dell’Essere, per esempio Dio e Natura sono due aspetti di una stessa realtà. Reazione a questo idealismo universale la scuola metafisica di Leibnitz si oppone alla filosofia di Spinosa e all’idealismo universale.

G. W. Leibnitz prende l’antica filosofia di Democrito, il quale considerava l’universo come un insieme di monadi o atomi individuali.Democrito, che risale a V secolo a.C., considerava le monadi puramente materiali. Gottfried Leibnitz (1646ò-1716) invece concepisce queste unità come centri di forze spirituali, il che significa vedere Dio stesso nelle monadi.

Il tedesco Emmanuel Kant (1724.1804) ha smentito molte teorie con la sua conoscenza (raggiunta mediante l’esperienza) a priori, che ‘ la verità astratta. Questi concetti metafisici sono spiegati meglio nel De mundi sensibilis et intelligibilis forma et principlis, e nel trattato Krittik der Reinen Vernunft (Critica della Ragion Pura).

A seguito della legge delle associazioni mentali, si rende necessario abbandonare definitivamente la scuola cartesiana e la sua psicologia astratta e seguire la teoria che l’idea viene allo spirito per la conseguente logica di un’altra idea già presente, vale a dire, un’idea chiama un’altra per similitudine, per contrasto, per legge di causa ed effetto, o per altri fattori di questo genere.

Vi era già una tendenza all’associazione delle idee degli scritti di Aristotele, che concepiva i pensieri soprattutto in relazione alla memoria. Anche Luis Vives, commentatore spagnolo di Aristotele del XVI secolo, sosteneva la stessa tesi.

La dottrina della psicologia associativa si trova per primo in Thomas Hobbes (1588-1679), autore del Leviathan, opera nella quale egli tenta di

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stabilire una relazione fra l’attività mentale e l’esperienza dei sensi, concependo le idee come derivanti dalla sensazione materiale.

Se Descartes non avesse unito al suo “cogito ergo sum” il desiderio di uniformarsi alle opinioni moderate (secondo quanto dice la sua 1° massima) si sarebbe entusiasmato nel vedere l’autore dei Principi della Filosofia e de La Passione dell’Anima57 aderire alla causa delle filosofie orientali proclamando l’illusione di tutte le cose, come quando scrisse che “nulla prova che il triangolo esista”...

La teoria di Spinosa è probabilmente quella che si avvicina di più alla filosofia dello Yoga di Patanjali: nella Unità Universale, sono due aspetti di una stessa realtà, come il Dio e la Natura dei filosofi del secolo XVII.

Leibnitz è molto vicino a tale immagine della emanazione divina nella individualità, come ho già detto all’inizio di questo capitolo. Lo specchio e le immagini sono quelle di Democrito e di Pascal, ma sia l’uno che l’altro hanno omesso un principio che Kant ha percepito assai giustamente nella sua teoria della conoscenza a posteriori ed a priori: la legge karmica però tutti e tre hanno evidenti lacune per ciò che concerne la divisione fra le cause e gli effetti. Sembra invece che John Locke (1632-1704) abbia una maggiore comprensione del fenomeno dell’associazione delle idee secondo quanto dice nel suo Saggio sulla comprensione umana. Egli distingue in modo molto interessante le idee delle sensazioni dalle idee della riflessione.

L’importanza dell’esperienza fu dettagliata molto bene da George Berkeley (1685-1753). La sua filosofia si basa tutta sulla proposizione che la “materia è un fenomeno”; egli fu vescovo di Cloyne e metafisico di prestigio che diede un valido contributo alla scienza psicologica con le analisi del processo mentale, che introducono un nuovo fattore nella sua teoria della percezione dello spazio. Secondo Berkeley la distanza e la profondità non sono percepite allo stesso modo di una sensazione fisica, ma richiedono un’altra facoltà mentale. D’altra parte, David Hume continua il lavoro di Berkeley con il metodo di ricerca di Locke, nelle opere Studio sulla Comprensione Umana e Trattato sulla Natura Umana. David Hume (1711-1776) è il primo, dopo Aristotele, ad elaborare una classificazione dei tipi di associazioni mentali.

Berkeley non nega l’esistenza e la realtà del mondo esterno al nostro corpo, e neppure la sua permanenza e la sua sostanza. La dottrina di Berkeley non potrà mai essere definita completamente realistica ed è un errore pretendere che essa si basi prevalentemente nell’affermazione che non possiamo vedere ciò che sentiamo o ascoltiamo, o che, per esempio, non possiamo soppesare una casa, o respirare un colore o vedere un suono; egli semplicemente richiama l’attenzione su questi fatti. La sostanza è essenzialmente fenomeno, ed egli dice che esistono quattro fenomeni i cui effetti possono essere classificati come segue:a) oggetti e sensi o “fenomeni-sensi”

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b) atti involontari e istintivi della sensazione di vedere, sentire, toccare, udire o gustare, e soprattutto gli atti istintivi e involontari dovuti alle emozioni,c) atti volitivi che nello scegliere le cose sotto l’azione di vedere, toccare, gustare, udire e odorare,d) l’insieme di tre tipi di oggetti che sperimentiamo attraverso le nostre “idee”, la nostra esperienza personale, quando parliamo o semplicemente pensiamo.

Lo studio dei miracoli compiuto da Berkeley ha provato che essi sono soltanto effetti della manifestazione della materia che per noi è insensibile, ma che viene chiamata sensibile. Berkeley si domanda: “Cosa dobbiamo pensare della verga di Mosè?58 Essa fu “realmente” trasformata in serpente o si tratta solo di un cambiamento di idee nel pensiero degli spettatori?” E prosegue, “dobbiamo pensare che il Salvatore alle Nozze di Canaan non fece che infondere negli invitati il gusto, il colore e l’odore del vino per creare, in essi, l’idea dell’apparenza del vino?”.

La problematica relativa ai concetti del “reale” ed “immaginario”, fa sorgere, naturalmente, aspre controversie. I cristiani da parte loro dichiarano la esistenza di un componente impercettibile nel vino, qualcosa al di là della percezione dei sensi e qualcosa di indiscernibile nell’acqua che permuta nell’Eucarestia Romana; inoltre, soltanto ciò che era impercettibile nella verga di Mosè nel deserto si trasformò a sua volta in cosa di impercettibile nel serpente: la semplice percettibilità o le qualità sensibili di tali oggetti o sostanze rimangono sempre le stesse sia prima che dopo il miracolo. I cristiani dicono, anche, che se si negasse questa supposta impercettibilità dell’ingrediente significherebbe negare le Sacre Scritture, la possibilità del miracolo...

Collyns Simon, il commentatore dei trattati di Berkeley, riguarda alla sostanza materiale (pag. 125, 2° parte) dice che “alla fine sarebbe meglio ascoltare con rispettoso stupore simili obiezioni dei principi cristiani del secolo XIX, perché è inutile rispondere loro...”

L’opera di David Berkeley, Osservazioni, contiene una chiara concezione della legge di associazione delle idee, che egli considera il principio fondamentale della psicologia. Hartley (1705-1757) descrive molto bene l’azione dei nervi in relazione al pensiero. La sua teoria della vibrazione, dipendente dai nervi che entra in attività con il pensiero, è molto interessante, ed è grazie ai suoi lavori che l’associazionismo inglese è diventato una scuola. Thomas Brown (1778-1820) fu uno dei suoi primi discepoli nella ricerca psicologica. Il metodo introspettivo gli permise di osservare che dalla successione e non dall’unione delle idee si ottiene l’associazione. Da allora gli psicologi non si fermarono più solo alle definizioni e ai principi, ma trovarono un nuovo sentiero, il cui rappresentante è James Mill, la cui opera, scritta nel 1829, è esemplare per l’associazionismo del secolo XIX. L’Analisi del fenomeno del pensiero umano è un trattato sul metodo di introspezione, il cui particolare più singolare è “credenza” che egli vede come inseparabile

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dall’associazione. Suo figlio John Stuard Mill (1806-1873) è più conosciuto per i suoi lavori di economia politica e di logica, pur avendo contribuito alla costruzione della psicologia moderna.

Il filosofo scozzese Alessandro Porain (1818-1903), rinomato educatore, separò in maniera definitiva la psicologia della metafisica, dimostrando l’ultimo legame della prima con la scienza naturale.Inoltre si potrebbero aggiungere i nomi di George Henry Lewis (1817-1878) ed Herbert Spencer (1820-1903) che si sono resi famosi nella storia del pensiero per i loro importanti scritti; sia l’uno che l’altro si dedicavano all’osservazione.

La Francia sentì profondamente l’influenza della scuola dei giovani pensatori come Etienne de Condillac (1715-1780), Charles Bonet (1720-1793) che scrisse Saggio di Psicologia e Saggio analitico delle facoltà dell’anima, e Claude Adrien Helvetius (1715-1771) con la sua psicologia empirica. Similmente alla psicologia di Mills e Porain in Gran Bretagna, la psicologia associativa francese viene rappresentata soprattutto da Hyssolyte Adolfère (1828-1893), più conosciuto come storiografo e critico letterario. I suoi scritti di psicologia apparvero nel 1870 sotto il titolo: L’intelligenza.

In Germania Johann Friedrich Herbart (1776-1841) rappresenta la psicologia empirica insieme a Friederich Eduard Bereke (1798-1854) che si interessa alle scuole associazioniste. Johannes Peter Muller (1801.1858) frequenta il movimento di psicologia sperimentale, come pure Ernst Heinrich Weber (1795-1878), Hermann Lotze (1817-1881), Gustav Theodor Fechner (1801-1887) e Wilhelm Max Wundt (1831-1920).

Per quanto riguarda le definizioni della psicologia è necessario rilevare che vi è una certa confusione e, spesso, la terminologia relativa è usata in maniera scorretta. Psicologia significa approssimativamente, esperienza mentale e suppone l’accertamento, per così dire, dell’esistenza dell’EGO, di una personalità cosciente in presenza di un “continuum di tempo e spazio” (un mondo oggettivo) a cui si può reagire.

La saggistica psicologica recente ha fatto un po’ più di luce sullo studio delle relazioni tra il corpo e lo spirito riscontrando un certo “parallelismo psiconervoso” cioè una relazione immediata tra lo spirito e il sistema nervoso, di cui abbiamo già detto. La setta religiosa “The Cristian Science” fondata a New York nel 1866 da Mrs. Edaly Baker, fu all’epoca della fondazione, la più insigne scuola di pensiero del suo tempo. L’insegnamento si fonda sul concetto che essendo il nostro corpo un’emanazione dello Spirito di Dio, deve essere perfetto, e che le infermità sono illusioni dovute ad un cattivo modo di pensare. Attraverso il rinnovamento del pensiero puro e soprattutto negando l’esistenza stessa della malattia, gli adepti di questa Scuola dicono di ottenere la guarigione. Esistono altre scuole di “cure miracolose” di indirizzo più ortodosso, per non parlare poi dei sistemi curativi tramite suggestione, fede o ipnotismo che hanno dato origine alla psicoanalisi, scienza il cui nome è legato

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al medico viennese Sigmund Freud (1856-1939). Egli lavorò principalmente attraverso l’ipnosi rivelando che le malattie mentali ed i disordini di natura nervosa sono dovuti in gran parte a choques, depressionismo, conflitti del pensiero, le carenze dei quali per la maggior parte sono state dimenticate dal paziente. Il lavoro dello psicoanalista consiste nel riportare di nuovo “alla luce del giorno” i sentimenti repressi chiamati tecnicamente complessi. Freud dapprima disse che i disordini mentali sono complessi di natura sessuale, mentre più tardi assunse l’intervento di altri agenti, come afffermavano il popolare dottore svizzero ed altri psicologi contemporanei.

La psicologia moderna svolge un ruolo educativo con successo ed i sistemi di J.H.Pestalozzi (1746-1821), di F.J.Herbart (1776-1841) e di F.W.Froebal (1782-1852) ne hanno confermato l’importanza.

Fin dai tempi più antichi l’etica e la morale hanno giocato un ruolo fondamentale nello Stato, prescindendo dalle opinioni generali dell’epoca. Platone, Aristotele, Ressing, Hegel, hanno diffuso ampiamente il principio di armonia e di cooperazione tra gli individui come principale fattore per la struttura stessa della politica e della sociologia nella rappresentazione ideale dello Stato. S.S.Rousseau nel Contratto Sociale lo ha dimostrato in modo particolare.

Le basi del nuovo Stato devono fondarsi nell’individuo, concetto ammirevolmente definito in quella che potrebbe essere chiamata la prima opera di psicologia, il trattato nell’Anima di Aristotele, il più grande successore di Platone. Egli conclude l’opera dicendo, tuttavia, che non si può arrivare ad un’opinione definitiva rispetto all’anima dal momento che le funzioni particolari che risultano dalla differenza tra l’essere animato e le cose inanimate corrispondono ad un’entità che può, in ogni caso, continuare ad esistere dopo la dissoluzione del corpo fisico! Mentre Platone dà maggiore importanza alla sublime e pura funzione intellettuale dell’Anima, Aristotele si interessa di più alle funzioni corporali che chiama anima-vita.

Il valore di queste congetture è di fondamentale importanza per la costituzione di un sistema di esistenza ed è per lo stesso motivo che il metodo sociale da considerare dipende totalmente dalla conferma che possiamo dare a queste osservazioni sull’anima, per avere una società indirizzata in questo e quel senso.

In effetti, la maniera di vivere degli individui dipende dal loro modo di pensare lungi dal voler scrivere una nuova Repubblica io voglio soltanto far notare che gli antichi si preoccupavano molto di più dei loro contemporanei di quanto facciano i nostri governanti che non sono che dei semplici pedagoghi.

Descartes, il fondatore, per certi versi, della filosofia moderna, non distingue l’uomo dalle altre cose materiali, lo ritiene solamente una macchina complicata il cui lavoro è spiegabile mediante i principi meccanici, anche se

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attribuisce all’Uomo un’anima che, secondo lui, ha la funzione mentale superiore.

L’anima è sempre un grosso punto di discussione e né John Locke sostenendo il principio della religione rivelata né il vescovo Berkeley attaccando il materialismo o lo scettico scozzese David Hume protestando contro la mancanza di prove da parte della tradizione sull’esistenza dell’anima poterono spiegare esattamente la natura di queste particelle dell’individuo e della personalità a causa della necessità di definire la nozione di Io superiore. Emanuel Kant cambia in parte il sistema di discussione, senza però dare in alcun modo una via d’uscita al problema, e lasciando senza spiegazione quello che io chiamo il doppio ossia l’anima intesa nel senso di ente intangibile o aerosoma. Quest’ultimo filosofo insiste sul fatto che percependo gli oggetti materiali possiamo solamente conoscere le loro apparenze e che la natura della nostra concezione del mondo fisico è quasi sempre determinata dalla natura del nostro pensiero. E’ lo stesso concetto da me esposto commentando il postulato di Descartes: “ci penso dunque sono” al quale io rispondo: “sì io esisto” però “esisto soltanto nel pensiero”: niente può provare che esisto realmente!

Il problema dell’anima non è il solo problema che ha approssimato da sempre i pensatori, ve ne è uno il più profondo di tutti che può essere considerato la base stessa della filosofia ossia l’idea di spirito. Ho voluto toccare questo punto dato che ho l’impressione che si perda di vista molto spesso la differenza tra l’anima e lo spirito.

L’anima è un mediatore plastico che serve come veicolo allo spirito per incarnarsi in un corpo che gli permette di evolversi verso la reintegrazione finale; anche durante la disintegrazione del corpo fisico che è servito per la preparazione al perfezionamento, per le prove necessarie, per ottenere lezioni, ecc., l’anima serve come veicolo per dare volo allo spirito che ritorna a sfere più elevate, cioè a vibrazioni più sottili.

La psicologia moderna è venuta in aiuto in parte a questo problema che inizia ad essere considerato più attentamente; infatti la psicologia è la scienza positiva della “maniera di vivere”, la scienza di “guidare le cose viventi”.

Però rimane un grosso punto interrogativo che è il perché del perfezionamento, il perché della ricerca di tutto questo, il perché della necessità di progresso e qual è la fine dello sforzo, l’oggetto, la finalità. La esattezza di questa risposta darà la chiave del movimento sociale da seguire, poiché, altrimenti, sarebbe una perdita di tempo, esigere forme sociali, morali, etiche, governamentali, al problema reale: la VERITA’.

Il problema dell’anima non è esclusivamente religioso, né mistico, né si ripensa unicamente alle relazioni delle nostre facoltà, delle nostre sensibilità, aspirazioni, emozioni, sistemi, metodi, ecc.

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Lo studio della coscienza permette di stabilire un movimento collettivo perché la comunità deve tenere conto delle reazioni individuali per poter con efficace certezza, rifare il proprio mondo, organizzato in società.

Bisogna analizzare la struttura del pensiero per verificare alcune idee che non hanno potuto essere accettate da tutti. Si tratta di una semplice avvertenza, però si rende necessaria, poiché discutere di questo problema è stato sempre privilegio di una classe, di una tendenza, di una parte dell’umanità: una classe in quanto sono stati sempre i filosofi ad avere il diritto di tendenza in quanto, generalmente, il pensiero umano è stato trattato in ambito religioso o solo dal punto di vista dissertativo, e in ogni caso mai secondo una dinamica trascendentale, applicata alla vita pratica: infine privilegio di una parte dell’umanità perché si è tenuto conto solo dei nostri pensatori occidentali.

La filosofia per noi è rappresentata da Platone, Aristotele, Descartes, Leibnitz, Kant e altri pensatori occidentali mentre escludiamo Confucio, Lao Tzé, Milarepa, Gautama, Abdullah, Iusuf Alì, Kapila-Muni, Zinnendorf, Zoroastro, Paracelso, per nominare solo i più celebri... Sono poco conosciuti studiosi come Eliphas Levi (abate Louis Constant), Raymond Lulle, Hillel Rabi Simeòn, per non parlare degli orientali, come San Arulmandhy-Sivachariar il più grande degli scolastici agamici 59. Anche Sancarakarya, il gran Maestro buddista, il Gurù Nanak (contemporaneo di Lutero e fondatore dei Sikhs, la setta dissidente dell’induismo, che rifiuta le caste), Nataputta, successore di Sarsva e contemporaneo di Gautama il Buddha, chiamato anche Mahavira (il gran Eroe) o Jina (il vittorioso), fondatore del jainismo, che predicò la vita ascetica60. Quanti dottori in filosofia appena usciti dall’Università, potrebbero dire alcune parole su Abuchaffar Mohamed Abenmusa-Al-Karismi, il celebre filosofo musulmano o su Sharihotsu il più saggio dei dieci discepoli di Gerberto de Amillac, celebre alchimista nominato Papa sotto il nome di Silvestro II, o sull’astronomo ed importante sufista Al-Biruni o su Mayer Lambert a cui si deve una bellissima traduzione del Sepher Yetzirah? Eppure essi hanno contribuito alla salvaguardia dell’Iniziazione, la cui esistenza l’insegnamento ufficiale ignora e VUOLE ignorare. Questi nomi non sono stati scelti come particolari, non sono infatti i più popolari e potrebbero non appartenere alla mia cerchia di preferiti; semplicemente mi sono venuti alla memoria come esempi di personaggi delle più diverse concezioni, senza parzialità.

Infatti, è strano che l’insegnamento universitario segna sempre una certa linea e, lungi dell’essere imparziale, si limiti al quadro di conoscenze voluto dai governanti. Questa canalizzazione del pensiero è ben nota in tutti i tempi e il dogma religioso e quello scientifico, hanno fatto troppi danni perché ciò si possa essere passato sotto silenzio. L’iniziazione è la tradizione metodica che preserva la VERITA’ e i principi della conoscenza, aiutando, nello stesso tempo, la comprensione di coloro che non possono sperare nella completa realizzazione. Il Padre gesuita Laffiteau ha detto: “L’Iniziazione dei misteri è

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una scuola di profeti, che conserva la essenza e lo spirito della religione là dove i non iniziati non vedono altro che l’apparenza... E’ magnifico vedere la tradizione iniziatica difesa da uno dei più fedeli rappresentanti della Chiesa Cattolica Romana, poiché essa, generalmente si erge con forza contro quelle che popolarmente sono chiamate “scienze occulte”, “ermetismi” o “pseudo-filosofie”!

E’ tempo ormai che il mondo conosca il valore di altre materie di studio oltre a quelle conosciute comunemente, poiché ho visto spesso anche gli intellettuali più insigni ignorare i primi rudimenti di astrologia confondendo questa scienza con la chiromanzia, lo yoga con il fakirismo e la Magia con l’illusionismo, ecc,... In secondo luogo è anche necessario che il mondo comprenda che solo risolvendo i problemi individuali si arriverà a creare un’Era di armonia, e ciò sarà possibile evitando la politica e le forme di governo provate fino ad oggi; mi riferisco al periodo di tempo che va sotto il nome di storia dell’umanità, dato che sono esistite in altri tempi (10, 15, 25,000 anni fa e più) Epoche di Pace, Età d’Oro, rese tali dal sistema esoterico che i Dirigenti, gli Iniziati, usavano per governare con giustizia e comprensione nella più perfetta unione di tutti gli uomini.

Le Grandi Comunità Iniziatiche hanno dimostrato il loro valore e si rendono più che mai necessarie ora che l’uomo anela di nuovo ai suoi diritti, alla conoscenza e alla vera Vita.

Tra lo studioso rigido e la massa superstiziosa a poco a poco si sono stabiliti dei contatti e lo studioso ha finito per diventare, per così dire, “superstizioso” (in quanto comincia ad accettare gli elementi soprannaturali) e la massa è diventata più “rigida”, perché vuole ricevere spiegazioni più oggettive e concrete. Il fatto è che sia l’uno che l’altra si avvicinano di nuovo come prima... come moltissimo tempo fa...

Quando vedo che gli studiosi si indirizzano verso la spiritualizzazione della materia mi riconforto e spero in un futuro meno fanatico; la stessa cosa mi succede quando ho modo di osservare la rinascita delle scienze “occulte” che la gente comincia a comprendere nuovamente in maniera corretta, poiché non vengono più usate per sfruttare la credulità umana.

E’ stimolante vedere lo studioso diventare non già superstizioso, ma recettivo nei confronti della superfisica e della iperchimica che, fino a poco tempo fa, erano considerate delle scienze magiche. E’ incoraggiante osservare la gente comportarsi in maniera meno “rigida”, più obiettiva, più disposta ad accettare, più aperta alla conoscenza e più preparata alla ricerca.

Leggere che delle personalità come William Mc. Dougall dell’Università di Oxford, William Glover di Cambridge, W.F. Barett del Collegio Scientifico di Islanda, dei seri studiosi come C. Richet, Eduard Arnoux ed altri scienziati contemporanei appoggino gli esperimenti del fisico W. Crooks e testimonino le “illuminazioni” di Swedenborg (uno dei più grandi studiosi d’Europa) ci fa

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sempre pensare che il mondo oggi abbia compiuto dei progetti definitivi verso l’unione tra la Scienza e la Religione, o meglio, verso la ricerca dell’equilibrio tra il soggettivo e l’oggettivo; una ricerca dell’armonia tra i sensi e la ragione, tra l’intuizione e l’analisi; detto altrimenti, il mondo inizia a recepire l’insegnamento dei Collegi Iniziatici: le due polarità, l’ispirazione e la conoscenza, la rivelazione e lo studio per raggiungere la Saggezza.

Lo studioso francese Marcellin Berthelot non ha avuto timore di dichiarare che la Scienza moderna deve ringraziare l’alchimia antica. Jollivet Castellot ha dimostrato la grandezza delle formule filosofiche degli antichi e Claude Bernard ha detto giustamente: “Verrà il giorno in cui il saggio, lo storico, il filosofo parleranno lo stesso linguaggio”.

Quindi, in poche parole, lo scetticismo dello studioso e la credulità dell’ignorante lasceranno il posto ad un più ragionevole atteggiamento dello spirito. Infatti, si diffonde sempre più il desiderio di conoscere i fenomeni che si trovano al di là del campo della scienza e che non sono più considerati frutto di superstizione.

Non dimentichiamo quel passaggio dell’Analogia di Butler che dice: “...il nostro concetto di ciò che è naturale si espande nella misura in cui aumentano le nostre conoscenze, ed una conoscenza più vasta della nostra diventa per noi pienamente naturale.Per esempio, l’assoluzione cristiana totale ci sembra ora tanto semplice quanto la più visibile delle cose che si manifestano attorno a noi...”. tutti i teologi sono d’accordo con S. Agostino nell’affermare che i miracoli non sono in contraddizione con la natura. Ciò è confermato anche dalla Bibbia (Amos III, 7) poiché Dio non impiega alcuna forza soprannaturale per manifestarsi.

E’ indubbiamente difficile stabilire un limite tra il naturale e il soprannaturale e ciò fino a quando non saremo in grado di conoscere la natura intera. Questa nostra conoscenza limitata ha dato origine alla ricerca scientifica anch’essa incompleta, in quanto ciò che si manifesta attraverso il nostro organismo è limitato come l’organismo stesso; pertanto si rende necessario fare riferimento alle facoltà soprannaturali, o meglio, supernaturali, che, in realtà, sono spirituali in quanto appartenenti allo spirito stesso. Esse superano i limiti delle facoltà meramente fisiologiche.

Nel 1866, presso l’Istituzione Reale di Londra, il Rev. Charles Kingsley in un’ottima conferenza sulla scienza e la superstizione ha definito quest’ultima “timore dell’ignoto”. Una definizione più precisa potrebbe essere: ”credenza senza relazione con i fatti, privai di connessioni tra la causa attribuita e l’effetto immaginato”. Tuttavia, sarebbe infantile collocare nel campo della superstizione tutto ciò che non conosciamo, poiché , come disse Arago (Jean François Dominique ARAGO: illustre scienziato francese (1786.1853). oltre all’attività politica e legislativa la sua opera maggiore rimane quella compiuta nel campo delle scienze fisico-matematiche (scoperte nel campo della teoria delle

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ondulazioni luminose, ecc.) (NdT): “dove andremmo se ci mettessimo a negare delle cose che non sapessimo come spiegare?”. nessuno è onnisciente; il filosofo John Herschell scrive: “il filosofo deve credere a tutte le cose che non sono impossibili”.

In Philosophical Transactions della Royal Society di Londra apparve un resoconto del 1736 sulle ricerche di Grey, famoso pioniere degli studi sulla elettricità. Vi si parlava dei movimenti rotatori di una piccola sfera sospesa ad un filo tenuto in mano dallo sperimentatore. Questi movimenti riflettevano quelli della rotazione dei pianeti intorno al Sole. Ciò fece concepire allo scienziato una nuova teoria sul movimento planetario. Tuttavia il “pendolo esploratore” non è una cosa nuova; i romani lo conoscevano già, e prima ancora sono state trovate tracce della “bacchetta divinatoria”. Ad intervalli regolari ritornano le antiche conoscenze sotto forme di nuove scoperte o teorie. Mortimer, Priestley, Wheeler e molti altri hanno ripreso l’esperienza di Gray per approvarla o confutarla; il filosofo tedesco Ritter pensava di aver trovato nel suo “sideriano” (sic!) una nuova forza. Si trattava in realtà dell’azione muscolare involontaria. Il gesuita Le Brun, nella sua Storia critica delle pratiche superstiziose , Parigi, 1702, racconta del suo metodo “divinatorio” di inseguire i criminali e rintracciare i padri dei figli abbandonati: la cosa divenne così risaputa che il Cardinale Camus invocò l’autorità dell’Inquisizione. Fu solo nel 1854 che il tema della “bacchetta divinatoria” venne trattato scientificamente dal francese M. Chevreul (La “Rivista dei Due Mondi” aveva già pubblicato nel 1833 delle lettere interessanti al riguardo), mentre il gesuita A. Kircher, due secoli prima, ne scrisse in Magnes Sire de Arte Magnetica e nel suo ultimo trattato Mundus Subterraneus. Altre due opere molto importanti per questo tema sono: Automatismo Psicologico di P. Janet e I movimenti incoscienti di C. Richet. La strada della ricerca scientifica è stata aperta, in epoca moderna, in maniera definitiva: un esempio ne sono i due volumi di Human Personality che dobbiamo al genio di H. Myers e che hanno riscosso un tale successo tra gli studiosi da essere inclusi nel programma d’esame di filosofia morale e mentale del Trinity College di Dublino.

Sidgwick, Edmund Gurney, Frederic Myers, Gerald Balfour furono dei valenti della personalità umana. I loro apporti hanno contribuito ad aumentare le nostre conoscenze e ad ampliare i nostri concetti al riguardo.E.Blyth, di Edimburgo, (Proc. S.P.R., vol.VIII, p. 352) racconta che una volta suo fratello Benjamin di 6 anni trovandosi a passeggiare con suo padre, alla domanda di quest’ultimo su quanti secondi erano trascorsi dalla sua nascita fino a quel momento, gliene fornì, dopo un attimo, il numero esatto. All’obiezione del padre: “Ti sei sbagliato di 172.800 secondi”, il bambino rispose: “oh papà, ti sei dimenticato di sottrarre i 2 giorni degli anni bisestili 1820 e 1824!”

Simili facoltà chiamate io sublimale sono di solito inspiegabili e scompaiono dopo l’infanzia. Il prof. Safford quando aveva 10 anni poteva

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calcolare a mente in un minuto una moltiplicazione dal totale di 36 cifre; in seguito perse questa facoltà con la crescita e se ne rammaricò poiché gli sarebbe servita di più da adulto. Il termine io sublimale secondo l’uso fattone da Myers e secondo l’accezione con cui è generalmente inteso, si riferisce ad un campo d’indagine molto vasto. John Hershell ha individuato questi fenomeni nell’area “vitale” e “mentale”, indicandoli con termini della psicologia ortodossa, quale: suggestione, facoltà o poteri reali ma incoscienti, elevate possibilità di genialità, bambini prodigio, ipnotismo, trance, coscienza duale o “io molteplice”. Ma il termine sublimale può anche essere usato per designare quelle facoltà che permettono, per esempio, di “vedere senza far uso degli occhi” e che sono in relazione con tutti i fenomeni non direttamente percepibili come la telepatia, e con le teorie riguardo agli spiriti disincarnati, ecc.; tutto ciò deve, in certi casi, essere classificato ed è percepibile farlo con il termine sopralunare (cioè oltre la soglia della coscienza); a volte però questo termine è stato usato in modo limitato per esprimere ciò che avviene nella nostra coscienza vagabonda e che sarebbe più corretto chiamare cisliminare (di qua dalla soglia, sotto il principio della coscienza, più o meno equivalente agli atti incoscienti).

Brillanti personalità hanno contribuito alla ricerca psichica, tali come: A. J. Balfour, primo ministro d’Inghilterra nel 1893, Gladstone, altro primo ministro, l’eminente studioso William Crooks, A. R. Wallace, J. J. Thomson, Lord Raylligh, O, Lodge, Richet, illustre psicologo, Madame Curie, la scopritrice del radium, Bergson, Bernheim, Janet, Robot, Hertz, W. James, E. Pickering, Bowdith, Lord Tennyson, Ruskin, G. F. Watts e molti altri.

Sarebbe troppo lungo elencare tutte le esperienze di lettura del pensiero, trasmissione del pensiero, telepatia, transfert ipnotico o i sistemi di mesmerismo ipnotico, suggestione, ecc.

Mesmer (valido medico svizzero nato nel 1734 che operava a Vienna utilizzando un fluido che egli chiamava magnetismo animale) arrivò a Parigi nel 1778 e vi introdusse il suo nuovo metodo terapeutico grazie al quale curò con successo 8.000 persone. I membri dell’Accademia delle Scienze, però, lo attaccarono e lo resero impopolare. Nonostante tutto la rotta era segnata e il Marchese di Puysegur la illuminò scientificamente per un istante con le sue cure miracolose che A. Bertrand nel 1820 rifiutò come semplici stati di suggestione. A Londra Elliotson fondò un ospedale mesmerico; egli era professore di medicina presso l’University College Hospital e pubblicò il giornale “Zoist” che per 13 anni fu l’organo ufficiale dei medici mesmeristi. Un altro seguace del mesmerismo meritevole di nota è il Dr. Esdaile, chirurgo indiano, il quale fondò un ospedale a Calcutta dove operò 261 casi gravi sotto trance mesmerico, estraendo 200 tumori dal peso dalle 10 alle 103 libbre. E’ necessario sottolineare che seguendo questo procedimento i casi di mortalità per tali infezioni si ridussero dal 50% all’8%.

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Nel 1843 il D. Braid, medico di Manchester, introdusse l’ipnotismo. Egli sosteneva che chiunque poteva addormentarsi fissando lo sguardo in un punto luminoso. Fu uno dei primi sostenitori della tesi della frenologia, come abbiamo già detto.

Sull’onda dell’entusiasmo per l’ipnotismo, la pratica fu incentivata da celebri fisiologi come Charcot, Liebanet, Berheim, Bramwell e Lloyd Tuckey e da una serie di studiosi che contribuirono e continuarono a contribuire all’evoluzione delle conoscenze riguardo alle facoltà dell’uomo.

E’ un peccato però che il sistema non fosse diretto verso la pedagogia trascendentale. Proviamo a pensare ai servizi che possono offrire le teorie psicoanalitiche e psicoterapeutiche. La Scuola fisiologica fondata da Fechner pretende di aver fatto della psicologia una scienza esatta, pur essendo carente nel procedimento fisiologico puro e nell’esame psicologico. Nonostante l’uso che fa di strumenti meravigliosi come il cronografo, il dinamometro, lo stereoscopio, l’astesiometro, il pletismografo, l’algometro, lo pseudoptico ed altri si limita ad un esame della materia nervosa e cerebrale. Se il problema psicologico fosse risolvibile con i metodi della scienza esatta, sarebbe sufficiente un’operazione alla corteccia cerebrale per trasformare un criminale in pacifista ed un satiro in un asceta contemplativo!

In questo ambito rientra la teoria che considera lo spirito simbolizzato dalla “vis inertiae”. Il suo autore, Johann Friedrich Herbart, nacque in Germania nel 1776 e, sotto la tutela di Fichte, a 18 anni aveva già molta familiarità con le discussioni religiose e filosofiche61. Secondo questo filosofo lo spirito è un tutto omogeneo, carente di proprietà specifiche, è “vis inertiae”, che permane senza contenente né contenuto.

Nel mondo materiale il nitrogeno è senza dubbio la sostanza più negativa, ma se lo paragoniamo allo spirito concepito da Herbart, esso risulta pieno di qualità positive. Egli afferma che lo spirito al momento della nascita è un tutto omogeneo, una vis inertiae, che reagisce però alle impressioni, altrimenti non avrebbe qualità proprie, ma sarebbe sottomesso all’attività del corpo. Herbart aggiunge che gli spiriti sono tutti uguali, mentre i corpi cono diversi; ciò fa sì che alla nascita siamo tutti uguali spiritualmente ed il diverso stato fisiologico di ognuno di noi colloca lo spirito nel piano che gli corrisponde a seconda del corpo in cui si è incarnato. Ciò significa che lo spirito di un neonato è uguale a quello di un altro e che lo spirito di un selvaggio è identico a quello di un professore universitario e che un cancelliere inizia la “partita” allo stesso livello spirituale di un inserviente di gabinetti pubblici!... Inoltre Herbart, secondo la sua teoria atomica della chimica, dice che il mondo è composto da atomi di diverso tipo e, secondo la sua psicologia, che il mondo mentale è formato da sensazioni e che queste sono di varia natura; per esempio, un’idea visiva si fonda su una sensazione visiva e un’idea uditiva si fonda su una corrispondente sensazione uditiva.

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Non vorrei sembrare troppo critico, ma mi pare che questo studioso manchi di sintesi e conceda troppo o alla fisiologia o alla psicologia. A volte Herbart espone una teoria scientifica concreta e a volte educe spiegazioni di tipo più “eterico”... La psicologia herbartiana applicata all’educazione di Adam o Introduzione alla pedagogia di Herbart di Ufer, sono opere che dimostrano l’importanza di queste teorie psicologiche nella vita pratica, se pure a volte lo fanno in modo un po’ oscuro come quel libro di Hayward, Il segreto di Herbart, che (senza volere) riportò in auge il pensiero herbartiano.

E’ noto che Eucken non credeva alla spiritualizzazione del nostro pianeta e, come scrive Boyce Gibson ne La filosofia della vita di Eucken, pensava che “un mondo in cui le idee spirituali possono prevalere deve ancora essere creato, e il progetto di un regno con una cultura sociale spirituale non è per l’umanità che un sogno o una illusione”. Perché? Perché sembra che l’uomo e il pensatore in particolare vogliano sempre salvare la “personalità” e per tutto il tempo in cui questo atteggiamento è stato dominante non ha dato dei buoni risultati per la spiritualizzazione collettiva.

Cita da Know Your Own Mind di William Glover (pp. 92-93): “Così quindi dobbiamo abbandonare ancora una volta quelle che per lungo tempo sono state delle idee codificate perché il processo di studio per la loro ricostruzione non può essere generato sempre dalle nostre conoscenze. Con Archimede, Copernico, Galvani, Volta, Newton, Watt, Darwin, Edison e Marconi la storia della civiltà occidentale ci insegna come una semplice percezione può alterare e trasformare un intero sistema di conoscenze e dare occasione ad una sistemazione completamente nuova del vecchio materiale”.

Indubbiamente, si dovrebbe fare tabula ras di tutti i concetti ortodossi, dimenticare tutte le frasi fatte, liberarsi dai dogmi universitari e dal fanatismo filosofico che esiste qui come dappertutto...

Se a monte di tutte le spiegazioni sull’anima, sullo spirito, sulla coscienza e su tutte le altre “vibrazioni omogenee” tanto difficili da definire nello studio psicologico, vi fosse un’analisi di particolari, più concreti nei loro valori intrinseci volta all’elaborazione di concetti più solidi, allora si potrebbe vantaggiosamente rivedere quell’ambiguo materiale che, provenendo da tanto lontano, stimola direttamente le nostre basi e annulla da solo il nostro giudizio attuale. L’energia, questa forza misteriosa, impercettibile come la vita, come il Principio Unico, come l’Assoluto, esiste in tutte le cose e tuttavia noi la riduciamo ai principi più elementari della fisica. Sappiamo, ad esempio, che l’acqua che cade da un’altezza di 772 piedi in un profondo bacino è di un grado Fahrenheit più calda nel fondo rispetto alla superficie, poiché quasi tutta la sua energia cinetica viene convertita in calore62. Su questo particolare problema potremmo dilungarci per soddisfare la nostra curiosità scientifica, ma limitiamoci a considerare che, se è possibile convertire nella sua totalità l’energia chimica del carbone en lavoro, senza necessità di bruciarlo

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precedentemente, per liberarne l’energia termica, allora l’energia di una tonnellata di carbone sarebbe sufficiente per mandare avanti un battello di 20.000 tonnellate. D’altra parte l’energia chimica del carbone è pari alla massa del carbone che, soggetto alla gravità, cade da un’altezza di 2.000 miglia (quarta parte del diametro terrestre). Si chiarisce qui l’inesatta frase di S. Paolo: “Le cose visibili sono temporali, quelle invisibili sono eterne”.

In effetti esistono sia un mondo visibile che uno invisibile ed entrambi desiderano essere scoperti da tutti gli uomini il più presto possibile, altrimenti nessuno sarebbe invogliato a cercare la verità; non per questo però essi devono essere delimitati al campo dell’”effimero” e dell’”eterno”. Vi è per caso qualcosa di effimero sotto una forma che non sia quella conosciuta? Tutto sembra essere eterno, ma quando una sua parte assume forme diverse, l’involucro cambia, o quando acquista una nuova tonalità vibratoria, si trasforma in un elemento nuovo. Questo è il caso degli astri che formavano un’unica mass di polvere ignea la quale si frammentò proiettando le sue parti nello spazio siderale sotto forma di sfere di fuoco le quali, raffreddandosi, diedero luogo ai pianeti. La trasformazione è lenta, ma dimostra che anche ciò che sembra immutabile assume forme diverse, a volte del tutto sconosciute, come ad esempio quei corpuscoli che provengono dalla “galassia-matrice” e vanno a formare un corpo astrale e, dopo un’esistenza di alcuni milioni di anni, si fondono nuovamente in un altro universo.

In altri tempi si calcolava l’età della Terra dal suo grado di raffreddamento. Infatti nella misura in cui si discende verso il centro del nostro pianeta, la temperatura aumenta e, in base allo spessore della corteccia raffreddata nel corso degli anni, è possibile calcolarne l’età. Queste prove sono state di fatto completamente superate con la scoperta della radioattività. Un millesimo di milionesimo di milligrammo di radio, è la porzione più piccola che possa essere rilevata e questa porzione di radio è stata trovata in tutte le rocce comuni e nel terreno che compone la corteccia terrestre il cui spessore, che è di circa 50 miglia, contiene sufficiente calore dovuto alle emanazioni del radio per equilibrare tutto il calore perso per irradiazione dalla Terra. Nella corteccia terrestre, oltre che la presenza del radio sono stati recentemente scoperti l’uranio e il torio che sono altrettanto importanti per il loro contributo di calore. Tutto questo fa sì che la Terra, considerata dalle nuove teorie come un pianeta in processo di raffreddamento, si presenti invece come un globo che si riscalda sempre di più. Sembra trattarsi del fenomeno noto sotto il nome di aumento dell’entropia dell’universo per il quale, data la formula dell’equazione di trasformazione dell’energia termica in energia meccanica, ogni fenomeno nell’universo tenderebbe ad aumentare il livello di energia non più utilizzabile e quindi dispersa sotto forma di aumento di calore. Questo conterebbe all’aumento dell’entropia e quindi del calore in tutto l’universo (NdT). (Il calore sfugge dalla superficie attraverso emanazioni, però l’interno è una fonte

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generatrice di calore, che, in un milione di anni, potrebbe produrre una temperatura di 1.800 gradi centigradi).

L’età della Terra è valutata attualmente intorno ai 5 milioni di anni e chissà che domani altre teorie non vengano a sconvolgere tutte le nostre concezioni geologiche e geodesiche!

Con lo stesso argomento chiariamo due problemi: prima di tutto quello relativo alla materia e soprattutto all’energia, ed in secondo luogo quello riguardante la tesi che nulla si arresta, e in breve si giunge alla conclusione del perché San Paolo insista erroneamente sul fatto che ciò che è visibile è perituro... Da queste nozioni che stiamo analizzando, otteniamo le soluzioni che cercavamo e che concernono, nello stesso tempo, la questione dell’energia cosmica ed il problema della radioattività. Ogni istante della storia dell’Umanità ha gettato una nuova luce sul problema del dominio dell’uomo sulla materia; però ci si dimentica facilmente che il selvaggio che nella notte dei tempi acceso il primo fuoco non sospettò affatto le conseguenze future del suo atto. Nella misura in cui l’uomo si è imposto alla natura, nuove modificazioni, chiamate progresso, vengono a perturbare il corso della sua esistenza e questo per principio di causa ed effetto, fa sì che l’essere umano pensi sempre in maniera diversa.

Immediatamente e con facilità sorge una considerazione: quando si realizza 63 il problema posto in precedenza ci si domanda come impiegare la energia dell’uranio, del torio e del radio che sono apparsi come una nuova luce e che tuttavia rappresentano uno dei più annosi problemi già individuati dalle antiche razze.

I processi naturali riguardanti l’energia atomica si svolgono necessariamente molto lentamente. Con la scoperta che una libbra di uranio sviluppa la stessa quantità di energia di 100 tonnellate di carbone in combustione, risultò chiaro che appena poco più di una decimilionesima parte (1/100.000.000.000) di esso sarebbe usato ogni anno. Secondo Frederik Soddy M.A., F.R.S. (Lettore sulla radioattività dell’Università di Glasgow) se questi processi naturali potessero essere controllati, si potrebbe accelerarli mediante tutte le nuove fonti di energia che non vengono usate nell’ingegneria ordinaria. La trasformazione dell’uranio in elio, e presumibilmente anche in piombo, deve essere ottenuta artificialmente prima che l’energia del processo sia utilizzabile (e si parla qui solamente della trasformazione di un elemento in un altro). Questo nuovo problema è quello della trasmutazione, e sebbene gli alchimisti ed altri ricercatori abbiano cercato di risolverlo (alcuni ci sono riusciti)64 noi in genere siamo così molto ignoranti sull’uso di questo apporto di energia atomica, come lo è il selvaggio che accende il fuoco senza scoprire, per questo, l’applicazione della macchina a vapore.

Di conseguenza risulta chiaro nella ricerca della verità che nulla è immutabile e in questo senso si evolve sempre di stato in stato senza mai

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stabilirsi in un piano definitivo, in quanto nel problema della indagine sulla materia si sfugge sempre alla verità presente ed anche il campo della conoscenza è sfuggente dato che essendo l’intelletto effimero esso è invisibile, mentre la materia è tangibile. Essa si trasforma, ma essendo la trasformazione inerente alle particelle atomiche, la materia è riconoscibile in quanto visibile... Decisamente San Paolo non arrivò più in là di ciò.

Il celebre botanico Robert Brown scoprì nel 1827 il moto perpetuo, la cui esistenza era, tuttavia, già conosciuta. Ogni cosa è dotata di vita nell’universo e tutto segue un corso evolutivo definito. La materia è riconoscibile secondo i suoi 3 stati di aggregazione: liquido, solido e gassoso; la stessa sostanza può assumere forme diverse, come ad esempio l’acqua, il vapore ed il ghiaccio, che, pur provenendo dalla stessa sorgente, trasformano il loro stato secondo gli agenti esterni che li aggrediscono. Se ci atteniamo al movimento browniano rimaniamo limitati agli effetti visivi del fenomeno che ci mostrano solo il comportamento della particella più piccola visibile al microscopio, mentre noi dobbiamo analizzare anche quella particella che contiene milioni di molecole separate tra di loro; questo è stato precisamente ciò che Perrius ha cominciato a fare. Resta tuttavia un problema da risolvere (che Perrius non considera) che riguarda le migliaia di vite attive presenti in ogni corpuscolo visibile al microscopio: da dove proviene l’esistenza dei corpuscoli e la loro attività vitale? In altre parole, pur esaminando tutte le teorie sulla materia, l’energia, la potenzialità, la radiazione, l’inerzia, ecc., rimaniamo nel campo della fisica e d’altra parte ci rendiamo conto che la soluzione del problema si trova al di fuori di essa; tuttavia le sue nozioni ci sono indispensabili per affrontare, a livello intellettuale, il quesito che ogni uomo sensato si è posto: il perché e il come delle cose.

La scienza moderna viene riconosciuta definitivamente dal secolo XVI con Copernico e Vessalio come figure rappresentative, con Giordano Bruno come martire e Galileo come perseguitato. Se esaminiamo l’Europa la conoscenza era meno avanzata di quella dei tempi di Archimede che morì nel 212 a.C.

Giungono, tuttavia, epoche di miglioramento per il sapere, per l’arte e per la Scienza e il Mondo Moderno chiamò il secolo XVII il secolo dei geni, anche noi scopriamo alcune coincidenze interessanti. Nel 1605 Bacone pubblicò il suo Advancement of Learning e Cervantes il suo Don Chisciotte della Mancia; l’anno prima fece la sua apparizione la prima edizione dell’Amleto e pochi anni dopo nello stesso giorno, il 23 di aprile del 1616, Shakespeare e Cervantes lasciarono questo mondo. L’anno 1616 è celebre perché ci fu la prima esposizione della teoria di Harvey, in una conferenza al Collegio di Medicina di Londra, sulla circolazione del sangue. Galileo morì nel 1642, anno di nascita di Newton, esattamente cento anni dopo la pubblicazione dei Revolutionibus di

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Copernico. Un anno prima di Descartes pubblicava le sue Meditationes e due anni dopo i Principia Philosophiae.

Tutto questo, in verità, ha poca importanza, però è sempre interessante documentarsi su coloro che sono intervenuti nella storia del sapere umano.

In ogni caso, durante il secolo che stiamo terminando di esaminare è soltanto Francis Bacon, tra tutti i pensatori, che, uscendo dall’ambito puramente materialista, ha presentato una spiegazione delle cose collocabile tra il razionalismo deduttivo degli scolastici e il metodo induttivo di osservazione dei modernisti. E’ necessario riconoscere che già Galileo come altri uomini di scienza del suo tempo aveva questo spirito di sintesi. Insieme a Bacone si deve nominare un altro studioso generalmente conosciuto come artista, ma che in realtà si è dimostrato un vero Iniziato: si tratta di Leonardo da Vinci il quale visse un secolo prima di Bacone; egli dimostrò che l’applicazione dell’arte naturale è un agente importante per la nostra formazione scientifica; infine, è necessario riconoscere che da Vinci fu molto più uomo di scienza di Bacone. Questi due saggi hanno veramente forgiato il pensiero moderno.

Galileo aveva osservato che il punto critico nel ragionamento sulla linea retta non stava nel movimento dei corpi, ma nel cambiamento dei loro movimenti; questa scoperta u tradotta in formula da Newton il quale disse che: ”Ogni corpo permane nel suo stato di riposo o di movimento uniforme in linea retta, eccetto quando è obbligato da una forza a cambiare questo stato”.

Questa definizione mi piace molto perché dà modo di porre un quesito ai miei discepoli: perché ti lasci cambiare da questo stato?... Se ci troviamo in modo naturale in uno stato di riposo, questo non significa che siamo “in un punto morto”, stiamo vibrando in sintonia con la vibrazione dell’ambiente che ci circonda pur non essendo la causa del movimento di tutte le onde vibratorie che si presentano in ogni istante ai nostri sensi. Quando si parla di meditazione, di concentrazione, di riposo nella preghiera, di centralizzazione del pensiero, tutti dicono: “E’ necessario, per ottenere ciò, fare qualcosa...”. no, non è proprio necessario fare nulla, perché il problema consiste nel fatto che noi ci agitiamo, che vogliamo provare a tutti i costi la nostra “utilità” e abbiamo l’impressione che sia necessario far perdurare un’attività manifesta, rumorosa, perché il mondo si ricordi di noi, perché la nostra personalità riceva i suoi segni di distinzione sotto forma di gradi, titoli, diplomi, ecc., che appagano assai il nostro egocentrismo. Questo non significa che non si deve fare assolutamente niente: la verità sta in noi come dappertutto ed essa non si manifesta e chi si agita per cercarla, perché ciò significa prendere la perfetta armonia, la tranquillità che offre la migliore possibilità di incontrare il Sentiero, il TAO. Della quattro parole della Filosofia ermetica degli Antichi “Sapere-Volere-Osare-Tacere” l’ultima è certamente più difficile, ma anche la più saggia, è l’ultimo gradino del discepolato che permette la vera realizzazione (non dimentichiamo che corrisponde al segno dello Scorpione: la parte misteriosa

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dello zodiaco, il segno doppio che corrisponde sia alla costellazione dello Scorpione che a quella dell’Aquila, il simbolo della trasmutazione, della reincarnazione, il momento finale dell’alchimia esoterica).

Come dice Meister Eckhart: “Allora tutte le cose furono avvolte in un profondo silenzio e la Parola Misteriosa mi fu rivelata...”.

Come spesso ripeto è così lungo il tempo in cui non si è rimasti tranquilli per questo che non ci è dato di vedere la vera Luce, lo stato di Samadhi, l’unica esperienza vera; anche YOGA significa identificazione completa, che non è possibile se non nello stato di perfetta serenità, per cui a volte dico: “se non fossi yoghi, sarei taoista perché sarebbe lo stesso, perché aver incontrato il Tao o essere Yug ha lo stesso significato, significato che è stato egregiamente espresso da Lao-Tse (Tao-Te-King, cap. 47). Mettiamo questa traduzione che è presa direttamente dal Tao-Te-King:

Senza uscire dalla soglia, conoscere il mondo!Senza guardare dalla finestra, vedere le Vie del cielo!Più lontano si va meno si conosce.Perciò il Santo conosce senza viaggiare; egli nomina le cose senza vederle;egli compie senza azione.

* * *

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“Qualsiasi siano le nuove nozioni che le esperienze future ci daranno rispetto al mondo, siamo sicuri che ci sarà una cosa che persisterà costantemente e che potremo chiamare energia”.

Henri Poincarè.

Attualmente siamo abituati a vedere le cose solo dal punto di vista fisico, e le dimostrazioni che chiamiamo sono solo di ordine pratico, materiale, concreto, conciso, matematico, scientifico, analizzato, sperimentato. Si ricorderà come i filosofi inglesi si infastidirono quando Laplace disse che una intelligenza sufficientemente sviluppata e informata sulle posizioni e sui movimenti degli atomi in un momento dato, potrebbe predire la storia futura. Non è stato soltanto lo scontro fra Laplace e Young sulla capillarità, a produrre un nuovo movimento generale del pensiero; ma bisogna anche riconoscere che Young esprimeva un dubbio “estremo” riguardo alla logica matematica del suo rivale. Tutta la costruzione di Laplace fu così rifiutata, ma, una generazione dopo, venne rivalutata da Poisson il quale trovò proprio nelle teorie di Young il punto di contatto tra queste due correnti. Ciò stabiliva una base di lavoro per lo studio di una fisica teorica. Grazie alla scuola inglese, alcuni grandi uomini a cui si deve lo sviluppo della scienza fisica, come Carnot e Fresnel, ricevettero il loro primo riconoscimento.

Lo studio dell’evoluzione storica delle teorie fisiche è essenziale per la loro totale comprensione, così come quello dell’evoluzione delle intuizioni profonde, per esempio, di un Kelvin o di un Helmheltz.

Le leggi della scienza sono come un monarca assolutista che non sopporta nessuna modifica, e perciò viene spontaneo domandarsi a volte se lo studioso non sia preda delle sue stesse definizioni e se il mondo che egli concepisce e scopre non sia semplicemente la creazione di un suo capriccio...!

Le Roy, nella Rivista di Metafisica e di Morale (1901), espone il suo punto di vista su questo tema e Poincarè gli risponde: “No, noi stiamo assistendo a ciò che la scienza fa per noi ogni giorno. Di per se stesso, l’obiettivo scientifico non esiste, come i dogmatici nella loro semplicità immaginano, ma esiste la relazione fra le cose, e al di là di queste relazioni non c’è realtà conoscibile”.

Io non posso per il momento fare alcun commento a questo proposito, poiché come ho già detto riferendomi alla geometria non euclidea di

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Lobatschewsky, i principi scientifici ottenuti da deduzioni logiche, non hanno sempre per me il valore che generalmente si attribuisce loro.

Accettando la teoria che la somma degli angoli di un triangolo vale meno di due angoli retti, io entro in contraddizione con la corrente ufficiale che considera il ragionamento matematico realmente deduttivo, la geometria derivata dall’esperienza e la fisica basata sull’induzione ottenuta dalla ripetizione dei fenomeni sperimentali.

E’ noto il modo in cui Leibnitz ha voluto dimostrare che due più due fanno quattro: “Prendo il numero uno perché è definito e così effettuo l’operazione “più uno”, vale a dire, sommo l’unità ad un numero “x” (questa definizione non entra nel quadro del ragionamento). In seguito definisco i numeri 2, 3 e 4 attraverso le uguaglianze:1+1=2; 2+1=3; 3+1=4;e nello stesso modo definisco l’operazione “x+2” con la relazione.x+2=(x+1)+1.2+2=(2+1)+1, definizione di 4; (2+1)+1=3+1, definizione di 2;3+1=4, definizione di 3.

Dunque 2+2=4, che è ciò che si voleva dimostrare.In realtà questa non è una dimostrazione, in matematica si chiama

verifica Leibnitz usa definizioni convenzionali e il suo ragionamento è puramente analitico: la verifica differisce appunto dalla dimostrazione in quanto predomina l’analisi. Se la matematica fosse ridotta ad una serie di verifiche, non sarebbe più una scienza: guadagnare un pezzo nel gioco degli scacchi non dà origine ad un’altra scienza!

Potremmo così discutere sulla natura del ragionamento matematico, sorprendere il geometra nel suo lavoro, controllare i diversi rami della scienza; però questi studi si trovano in evoluzione costante ed io preferisco unirmi a ciò che dice Poincarè nell’ultima frase del suo libro Scienza ed ipotesi: “Mi guardo bene dal fare una profezia che potrebbe risultare falsa, perché fatta tra il giorno in cui un libro è pronto per la stampa ed il giorno in cui è posto davanti al pubblico

Una volta sbarazzatisi dei calcoli comuni, tutto l’interesse della ricerca sta nel continuum che Tannery in Introduzione alla teoria delle funzioni di una variabile, ha analizzato molto bene. El continuum es en efecto unidad y multiplicidad, però il vero continuum matematico è molto diverso da quello dei fisici e dei metafisici. Gli elementi del continuum sarebbero intimamente legati formando un tutto dove il punto non avrebbe esistenza prevista nella linea, anche se la linea esistesse precedendo il punto...

Si sa che fra due serie consecutive possono intersecarsi una o varie serie intermedie in continuazione e fra queste file, altre ed altre ancora, e così all’infinito. Abbiamo allora un numero illimitato di numeri o di termini che si

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Esperienza 121

chiamano: frazionali, razionali o commensurabili. Tra questi termini, già infiniti in numeri, si possono intercalare altri termini, che si chiamano: irrazionali o incommensurabili. In questo modo il continuum non è più un insieme di unità in un certo ordine (e di numero infinito), ma queste sono in relazione esterna le une con le altre.

Questo non è il concetto corrente, osserva Poincarè, ed aggiunge che, probabilmente esiste una connessione intima fra gli elementi del continuum; tali elementi costituiscono un tutto, nel quale il punto non esiste prima della linea, ma è la linea che esiste prima del punto. Il fatto che il continuum matematico sia costruito su una scala continua di numeri irrazionali e frazionali impiegando rigorosamente il numero intero, come i matematici della scuola tedesca e come Kronecker hanno fatto con fervore, è una pura creazione dello spirito senza realtà sperimentale.

Bisogna passare sopra alla definizione degli incommensurabili, sopra a ciò che è il continuum fisico e la creazione del continuum matematico e sopra tanti altri punti di analisi che non possono essere discussi qui e per i quali è necessaria un’ampia esposizione preliminare, prima di poter affrontare realmente il problema.

Mi ha sorpreso spiacevolmente vedere con quale incoscienza si prendono a volte alla lettera gli enunciati degli assiomi geometrici, malgrado si sappia che questa scienza deduttiva è basata sull’esperienza logica che è spesso assai irrazionale di fronte alla Verità pura.

Certi assiomi non sono altro che proposizioni in via di analisi, come: “Le cose uguali ad una stessa cosa sono uguali fra loro”, però non fanno parte delle proposizioni incluse nella geometria. Altre sì sono tipicamente proprie di questa scienza, come : “Solamente la linea può passare attraverso due punti” o, “La linea retta è la distanza più corta fra due punti”; e qui vorrei trattenermi un momento sulla erroneità di questo enunciato, di cui più di una volta ho provato l’inesattezza e non sono stato l’unico a farlo.

Il terzo assioma geometrico ha dato luogo a celebri controversie: conosciuto sotto il nome di postulato di Euclide, la sua dimostrazione è stata ricercata invano attraverso la storia. E’ enunciato nella forma seguente: “Da un punto si può tracciare solo una retta parallela ad un’altra retta data”. Il russo Lobatschewsky e il bulgaro Bolyai hanno dimostrato che la prova è impossibile e Riemann ne fece l’analisi in Uber die Hypothesen welce der geometrie zum grude liegen. Lobatschewsky è arrivato ad assicurare che da un punto si possono tracciare varie parallele ad una retta data. Per di più arrivò ad enunciare vari teoremi completamente opposti alla geometria euclidea, ma non per questo meno logici e che non furono rifiutati, come nel caso di: “è impossibile costruire una figura identica ad un’altra con diverse dimensioni” o, “se la circonferenza di un cerchio viene divisa in “x” parti uguali e si tracciano le tangenti attraverso i punti d’intersezione, le tangenti “x” formano un poligono, se il raggio del

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122 Esperienza

cerchio è abbastanza piccolo, viceversa se il raggio è abbastanza grande allora non si rassomiglieranno mai, ecc...

La geometria di Riemann non differisce affatto dalla geometria sferica, e quella di Lobatschewsky è semplicemente un ramo della geometria ordinaria visto che si limita a due dimensioni, come quella di Beltrami che, d’altra parte, potrebbe estendere il suo ragionamento anche più lontano, per mezzo delle curvature, chiamate positive e negative...

Per interpretare le geometrie non euclidee occorre prima di tutto chiarire le definizioni, com’è d’abitudine in altri campi della scienza.

Così per spazio intenderemo la parte di spazio situata sopra il piano fondamentale.

Il piano sarà inteso come una sfera che taglia ortogonalmente il piano fondamentale.

La linea sarà il cerchio che taglia ortogonalmente il piano fondamentale. Nello stesso senso, si deve intendere per “distanza fra due punti”, il

logaritmo del “ratio” disarmonico di questi due punti e dell’intersezione del piano fondamentale con il cerchio che passa per tali punti tagliato ortogonalmente.

In questo modo, il teorema della geometria non euclidea “la somma degli angoli di un triangolo è minore di due angoli retti” può essere tradotto in: “se un triangolo curvilineo ha per lati archi di cerchio il cui prodotto potrebbe tagliare ortogonalmente il piano fondamentale, la somma degli angoli di questo triangolo curvilineo sarebbe minore di quella di due angoli retti” e di conseguenza nessuna contraddizione è possibile.

Si sa che la parola “esistenza”, per esempio, non ha lo stesso valore che si tratti di matematiche o di un oggetto materiale; e John Stuart Mill, azzardando forse troppo, disse: “tutte le definizioni racchiudono un assioma”.

Spesso si tratta di una questione di parole, di terminologia, o di accettazione di definizioni. Quando a metà del secolo passato si rideva dei fluidi di Coulomb, non si sospettava allora che la teoria sarebbe stata accettata cinquanta anni più tardi con il nome di elettroni. In che cosa differiscono queste molecole permanentemente elettrificate, dalle molecole elettriche di Coulomb? Negli elettroni dell’elettricità esiste la “massa” (piccola particella di materia), però Coulomb non negò mai la “massa” dei suoi fluidi!...

Un altro esempio è il caso di Carnot che fondò su false ipotesi le sue teorie sul calore indistruttibile, assicurando che esso poteva convertirsi in forza d’uso per il lavoro. Questa teoria fu rapidamente respinta. Più tardi, Clausius vi ricorse nuovamente ed arrivò al trionfo. Nella sua forma primitiva la teoria di Carnot esprime, al di là delle vere relazioni, altre relazioni inesatte residui di vecchie idee, senza tuttavia danneggiare la realtà delle prime. Clausius semplicemente tolse il superfluo come fanno coloro che tolgono i rami secchi.

Il risultato fu la seconda legge della termodinamica.

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Esperienza 123

Tre francesi hanno segnato l’inizio del periodo della moderna geometria: Descartes, Desaegues e Pascal; inoltre si deve aggiungere Fermat per quanto si riferisce all’analisi moderna e al perfezionamento dei calcoli differenziali. Per associazione di idee, indubbiamente, penso immediatamente ai calcoli di probabilità. Se due dadi vengono lanciati sopra un tavolo, qual è la probabilità che in uno di essi esca il sei? Ogni dado può presentare sei facce diverse: il numero dei casi possibile è 6 volte 6, cioè 36. Il numero di casi favorevoli è 11, la probabilità si stabilisce con 11/36. Questa è dunque la soluzione corretta.

Però H. Poincarè ha detto: “Perché non possiamo procedere in una maniera diversa? I punti che girano nei dadi formano 6 x 7/2 uguale a 21 combinazioni distinte.

Di queste combinazioni 6 sono favorevoli, la probabilità è dunque uguale a 6/21”.

E termina dicendo: “Perché il primo metodo di calcolo del numero di casi possibili sarebbe più legittimo del secondo?”. si deve rispondere: il numero totale dei casi possibili produce casi ugualmente probabili. E’ necessario definire il probabile attraverso il probabile.

Ciò avveniva per l’impossibilità della quadratura del cerchio che fu dimostrata nel 1885 e l’Accademia delle Scienze rifiutò sistematicamente qualsiasi esame su questo punto. Una ragione psicologica, al di là di ogni ragionamento, e se gli accademici fossero stati obbligati a giustificarsi avrebbero detto: “Perché pretendere che un valore particolare di una funzione trascendentale, sia un numero algebrico?; se Pi è la radice di un’equazione algebrica, perché pretendere che questa radice sia un periodo della funzione “sen 2x”, e perché non succede la stessa cosa con altre radici della stessa equazione?”.

Se prendiamo i primi 10.000 logaritmi di una tavola è facile supporre che in metà di essi esista la probabilità di trovare numeri pari nella terza decimale e, in effetti consultando queste tavole, si troveranno tanti numeri pari quanti sono i dispari.

Tenendo conto della probabilità nelle scienze fisiche, possiamo fermarsi un istante nel calcolo della probabilità applicato ai giochi d’azzardo.

La questione “fortuna” nella roulette ha lo stesso fondamento dei comuni calcoli nelle ipotesi matematiche.

La roulette dei casinò è divisa in 37 parti uguali, sopra le quali una piccola boccia salta a causa della rotazione a cui è sottoposta la roulette stessa. La boccia si arresta dopo un determinato numero di giri, sopra una delle caselle segnate con un numero (da 1 a 36). Queste suddivisioni sono di colore rosso e nero e la scelta di esse corrisponderà per metà al rosso e per metà al nero.

Secondo la forza della spinta data alla boccia, la probabilità dell’angolo può variare da ? a ? + d?. Poincarè suppone la probabilità di (?) d?. Egli dice che la scelta viene fatta in maniera completamente arbitraria. Prendiamo

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come misura di ogni scompartimento rosso e nero e calcoliamo l’integrale: (?) d?, misura che verrà applicata sia ai rossi che ai neri per poter confrontare i x risultati. Si deve considerare un intervallo 2 che comprenda due scompartimenti rossi e neri consecutivamente. M e m rappresentano i massimi ed i minimi rispetto ai valori delle funzioni () in questo intervallo. L’intervallo applicato ai rossi sarà più piccolo di M e l’intervallo applicato agli scompartimenti neri sarà maggiore di m . La differenza sarà dunque minore di : (M-m) .

Tuttavia se la funzione si suppone continua e d’altra parte se l’intervallo è molto ridotto rispetto alla somma dell’angolo descritto dalla lancetta, la differenza M-m sarà molto piccola. La differenza dei due integrali sarà per questo fatto, molto ridotta, e la probabilità sarà intorno a 1/2.

Il professor Poincarè insiste sul fatto che anche senza conoscere nulla della funzione , noi dobbiamo agire come se la probabilità fosse di 1/2”. Questo spiega perché, da un punto di vista oggettivo, se osserviamo un determinato numero di giocate, i risultati di queste saranno sempre sia rossi che neri. A prescindere da questa logica, è un errore (ed i giocatori vi cadono sempre) immaginare per esempio, che dopo una serie di sei giocate rosse, si possa giocare un “colpo sicuro” sul colore nero. I giocatori credono di seguire una legge che li farà vincere perché ritengono difficile che si ripeta sette volte lo stesso colore, però in realtà dimenticano che la probabilità rimane SEMPRE di 1/2. Pertanto, se la serie dei sette rossi risulta difficile, non è meno difficile che anche una serie di sei rossi sia seguita da un “colpo” nero. Questo accade semplicemente perché è più facile avvertire l’improbabilità di sei rossi seguiti da un nero.

La maggioranza delle persone ha paura di pensare, di ragionare e vive di dati presi in prestito da altri; come dice Einstein: “Sarebbe mal accolto chi si azzardasse a criticare l’insegnamento ufficiale che ha ricevuto”. Lo studioso scrive nella prima parte de La Teoria della Relatività: “Cosa prova che le proporzioni della geometria euclidea siano esatte? La geometria dipende da alcuni concetti come il “piano”, il “punto”, la “linea retta”, ai quali possiamo associare determinati assiomi, che, in virtù di queste idee, siamo disposti ad accettare come veri.”.

La parola VERACE non dovrebbe essere applicata alla geometria pura, perché nel termine “verace” è insita una correlazione con il REALE, mentre la geometria si occupa solo della connessione logica delle idee fra di loro.

Albert Einstein66 definisce molto bene la relatività della Verità e della Realtà, quando dice: “Io mi metto alla finestra dello scompartimento del treno e lascio cadere una pietra perpendicolarmente sul terrapieno, senza lanciarla. Durante la sua discesa, vedo cadere questa pietra in linea retta. Un pedone, che lontano dai binari osservi cadere questa pietra, la vedrà toccare il suolo

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Esperienza 125

descrivendo una curva parabolica. Io mi domando allora: la traiettoria seguita dalla pietra segue in realtà una linea retta o una parabola?”.

Da questo fatto tanto semplice, nasce un enorme problema sullo spazio, di cui abbiamo già un’idea rispetto alla sua struttura, ma dobbiamo anche considerarlo rispetto al suo movimento ed in relazione ad un corpo rigido che ci serve come punto di riferimento. Anche la posizione è un fattore determinante come nell’esempio di Einstein: “Cosa dobbiamo prendere come punto di riferimento, il vagone o il terrapieno della via ferroviaria?”. qui subentra il sistema di coordinazione. Il celebre saggio conclude: “La pietra attraversa una linea retta relativa ad un sistema di coordinazione rigidamente soggetto al vagone del treno, però in relazione ad un sistema di coordinazione rigidamente soggetto al suolo (il terrapieno della via), essa descrive una parabola”.

Non possiamo intavolare qui un’analisi della teoria della relatività e consigliamo piuttosto di consultare le opere che trattano specificamente di questo argomento67.

Per esempio, se vogliamo farci un’idea della velocità prenderemo “u’I” come unità di un punto “P” rispetto ad “O” e in direzione di Ox (o Ox’) secondo il seguente grafico:y y’ P P’

(x, y, t) (x2 y2 t2) (x’, y’ t’) (x’2 y’2 t’2)

o’ x’o x

Prenderemo x1’ e x2’ per le “x distanze” di P al tempo t1’ e t2’ rispettivamente. Quindi P si sposta rispetto ad O’ ad una distanza PP’ o x2’ - x1’ in un tempo t2’ - t1’:

u1’ = x2’ - x1’ ______ t2’ - t1’

Dobbiamo trovare la velocità di P rispetto ad O.Se chiamiamo questa velocità u1, avremmo:

u1 = x2 -x1 t2 - t1

Le x e le t corrispondono alle O nella valutazione delle x e delle t’ date precedentemente rispetto ad O’.

Se sostituiamo con x1, x2, t1, t2 le equazioni del trasformismo di Lorentz68 del primo e del quarto, avremo69:

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126 Esperienza

u = B (x2’ + ut2’) - B (x1’ + ut1’) B (t2’ +ux2’) - B (t1’ ux’1) C c2

Se annulliamo la lettera B allora otterremo:

u1 = x’2 -x’1 + (t’2 - t’1)t’2 - t’1 + u (x’2 - x’1) c2

Dividiamo il numeratore e il denominatore per t’2 - t’1 e otterremo:

u1 = x’2 - x’1 + u t’2 -t’1 u + u’1__________________ = ______________

1 u + x’2 -x’1 1 + uu’1 c2 t’2 - t’1 c2

Questo risultato stabilisce il teorema della velocità secondo il principio della relatività.

C’è ancora qualcosa da aggiungere riguardo alla “quarta dimensione”, come scrive Albert Einstein in Relatività, Teoria generale, capitolo XVII: “Il non matematico si sente dominato da un fremito misterioso quando sente parlare della quarta dimensione. Tuttavia, non esiste nessuna espressione di buon senso, migliore di quella che dice che il mondo che ci circonda, è un continuum di spazio-tempo di quattro dimensioni. Lo spazio è un continuum di tre dimensioni; ciò significa che è possibile descrivere la posizione di un punto con tre numeri (coordinati), x, y, z ed esiste anche un numero indefinito di punti nella vicinanza di quello la cui posizione può essere descritta da coordinate come x1, y1, z1. Tali coordinate possono essere così prossime, come quelle che abbiamo scelto per i rispettivi valori delle coordinate x, y, z, al primo punto. E’ in virtù di quest’ultima proprietà che parliamo del continuum e grazie al fatto che esistono tre coordinate, ci esprimiamo come se fossero tre dimensioni.

Allo stesso modo la parola “mondo” impiegata da Minkowsky indica quattro dimensioni, perché è il mondo dei fenomeni fisici nel senso di spazio-tempo.

E’ un dato di fatto che, secondo la meccanica classica, il tempo è assoluto, cioè indipendente da posizioni e da condizioni nel movimento del

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Esperienza 127

sistema di coordinazione. Ciò è stato espresso da Galileo nell’ultima equazione della trasformazione: t’ = t.

La considerazione del mondo dal punto di vista della quarta dimensione è assai naturale per la teoria della relatività, dato che secondo questa teoria il tempo manca di indipendenza.

Ciò è dimostrato nella quarta equazione della trasformazione di Lorentz:

t = v x c2 t’ = ________________ 1 - v2 c2

Non è il momento di trattenersi in queste analisi che sarebbero troppo tecniche. Tutti i problemi della visione dell’universo, delle leggi fondamentali della meccanica, dei sistemi di coordinazione, del mondo-etere, delle esperienze di Michelson, di Morley, di H. A. Lorentz, del principio particolare di relatività secondo Einstein, del mondo a quattro dimensioni, ecc., ecc., sono temi appassionanti per la curiosità intellettuale, ma che oltrepassano i limiti che qui ci siamo posti.

Se abbiamo accentuato questi argomenti è stato per avvicinare fra loro le correnti del pensiero umano, spesso, facile preda della pura conoscenza oggettiva. Detto altrimenti, vogliamo proporre attraverso lo yoghismo la fusione delle varie direzioni che possono prendere in generale le idee degli uomini.

Così si comprenderà meglio forse il perché della scelta della parola yoghismo (a prescindere dalla impopolarità di un ISMO in più) atta ad abbracciare ciò che nella definizione di YOGA non potrebbe mai essere discusso. Della esperienza spirituale costituita dallo yoga, si fa un metodo di vita, definito yoghismo; esso è l’offerta di una MATESI alla portata dell’umanità contemporanea.

Abbiamo fatto in questo capitolo un rapido riassunto degli argomenti riguardanti direttamente la Scienza; avevamo già visto prima, nelle pagine precedenti, l’evoluzione del pensiero umano, da un punto di vista generale. Tutto ciò con l’intenzione di provare che non esiste motivo per cui la conoscenza umana si debba fermare e che attraverso il metodo scientifico è impossibile REALIZZARE pienamente e in maniera certa la VERITA’. Più si studia più sorgono problemi sempre più profondi, e così o si verifica una stasi nell’avanzamento della ricerca (dovuto a catastrofi, ad un periodo di oscurantismo, ecc.), oppure la ricerca dell’infinito si dirige verso qualcosa di sconosciuto.

Questo significa che si deve fare fin da ora una sintesi e non perdere tempo in una quantità di dettagli da lasciare ai tecnici specializzati. Il Saggio, il

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128 Esperienza

vero investigatore della Verità Pura, l’Iniziato, non cerca formule tecniche, analisi dei particolari, ma cerca una realizzazione generale che gli permetta di abbracciare, in una volta sola, l’universo nella sua infinita grandezza e nella sua infinita piccolezza. Egli aspira al raggiungimento di quel piano supernormale della realizzazione spirituale chiamato SAMADHI, che eclissa la personalità per far posto alla individualità che ritorna o meglio, che torna ad incontrare la sua vera natura nell’Infinito della Coscienza Universale.

* * *

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“La Verità può andare per il mondo senza armi”

Proverbio beduino

Quando nel 1905 Albert Einstein pubblicava i suoi studi sulla teoria della relatività generalizzata, il valore delle sue idee creò un grande scalpore, dovuto soprattutto al fatto che in quell’epoca le conferme sperimentali più importanti mancavano. Lo studioso conobbe indubbiamente molteplici obiezioni alle sue idee, in particolare i duri attacchi che gli furono diretti nel 1918 da Philip Lenard da Heidelberg (apprezzato per le sue ricerche sui raggi catodici), attacchi che diedero luogo a molti commenti. Attraverso di essi abbiamo potuto osservare come l’avanzamento scientifico fosse considerato più una distrazione cerebrale, che un punto vitale di veritiera ricerca.

La curvatura dello spazio è una concezione puramente intellettuale alla quale ci avviciniamo quando consideriamo le relazioni intelligibili di un continuum di quattro dimensioni come superfici dello spazio, secondo l’opinione di Harry Schmidt in Relativity and the Universe70. Prima di tutto bisognerebbe fare attenzione a non considerare “uno spazio curvo necessariamente come una sfera!

Diciamo subito che una comprensione esaustiva di questi problemi è sin troppo limitata a quelle persone che possono seguire da vicino le spiegazioni degli scienziati causando così degli inevitabili malintesi (del resto già esistenti anche all’interno della comunità scientifica); ciò significa che perdiamo molto tempo per cercare di comprendere una teoria di qualche ramo della Scienza, perché alcuni anni dopo, un eminente professore venga a rivoluzionare tutte le concezioni su detto argomento e sia necessario incominciare lo studio di una nuova teoria, di nuove applicazioni, ecc.

Deve esserci un sistema di comprensione generale, un metodo alla portata di tutti, una dottrina che offra un tutto.

Nella seconda metà del secoloXVIII, Lavoisier fonda praticamente la chimica sulle basi attuali. Afferma che nessuna materia si crea o si dissolve nella trasformazione chimica; ciò è di grande valore ed è stato posteriormente confermato ripetute volte. Infatti l’impossibilità di perdita o di guadagni in questo campo fa riflettere, da una parte sulla trasmutazione alchemica e, dall’altra, sulla costante evoluzione delle cose che impedisce di arrivare al punto finale costantemente sfuggente, come dice anche il celebre assioma biblico: “Non ha avuto principio né avrà fine....”.

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Tutti i processi della natura sono stati spiegati, però quando gli studiosi cominciarono a confessare che qualcosa sfuggiva al loro esame, il XVIII secolo aveva già convertito in un nuovo dogma la nozione meccanica delle cose; tale dogma culminò nell’opera del fisico-matematico Lagrange, Meccanica Analitica, pubblicata nel 1787 (si noti che Newton pubblicò i suoi Principi esattamente cento anni prima, cioè nel 1687). La pubblicazione di Elettricità e Magnetismo di Clark Maxwell (1873) chiude definitivamente questa corrente e apre nuovi orizzonti di pensiero, Maupertuis, Clairaut, d’Alambert, Laplace, Fourier, Carnot e tanti altri fisico-matematici caratterizzano l’epoca vittoriosa dell’analisi.

Nel 1801 Bichat elabora la teoria sui tessuti organici, nel 1835 Johannes Muller descrive le “cellule”, Schleiden nel 1838 e Schwan nel 1839 determinano il loro carattere fondamentale, e nel 1840 la biologia e la chimica si poggiano su basi atomiche; il trionfo dell’era atomica deve aspettare la fine del secolo: la scoperta dell’elettrone...

La conoscenza della materia dal punto di vista atomico comincia con Democrito e Lucrezio e, nei tempi moderni, John Dalton completa il lavoro di Lavoisier, introducendo l’idea dell’atomicità nella chimica. Mezzo secolo più tardi Louis Pasteur applica questo concetto alla biologia. Egli ha dimostrato l’esistenza dell’infinitamente piccolo come gli astronomi ci dimostrano l’esistenza dell’infinitamente grande...

La storia dell’umanità prosegue con una serie di nomi, uno più importante dell’altro, all’interno delle teorie rivoluzionarie della scienza, senza dare però risposta a interrogativi primordiali come: che cos’è la vita? Da dove proviene questa forza misteriosa chiamata vita? qual è lo scopo della vita?

Tralasciamo per ora altre domande altrettanto importanti, ma ancora più imbarazzanti per la Scienza...

La natura, come noi la conosciamo, contiene numerose stratificazioni di materia. Secondo i geologi, nelle rocce più antiche conosciute, le molecole sono rimaste intatte per più di mille milioni di anni non solamente rispetto alla struttura, ma anche rispetto alla disposizione. Durante questo lasso di tempo il numero di pulsazioni di una molecola vibra alla frequenza della luce al sodio giallo che approssimativamente deve essere di: 16,3 . 1022 = 163.000. (106)3.

L’atomo inizialmente sembrava indistruttibile, però ora sappiamo che non è così, ed anche l’apparente indistruttibilità dell’elettrone comincia ora ad essere messa in discussione.

E’ importante notare che gli elettroni sono sempre molto simili, per non dire identici, come lo sono anche tutti i nuclei di idrogeno e si possono ancora osservare un gran numero di corpi analoghi.

Da ciò si può dedurre che affinché un organismo possa sopravvivere tutte le sue parti, all’interno, devono lavorare all’unisono.

Ciò implica conseguenze enormi e richiede una buona meditazione.

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Esperienza 131

Aristotele nella sua Phisicae Auscultationes (lib.II, cap. 8) tratta degli incidenti biologici, applicando alla strutturazione delle specie gli stessi principi in base ai quali la pioggia non cade necessariamente per far crescere il grano o per distruggere i raccolti esposti alle intemperie...!

Il primo trattato in maniera veramente scientifica la modificazione delle specie, fu senz’altro Buffon; Lamarck però nelle sue Filosofia Zoologica e Storia Naturale degli Invertebrati richiamò l’attenzione sul problema. Per Buffon le specie (tra cui l’uomo) discendono da altre specie sviluppatesi in base alle necessità della sopravvivenza; il lungo collo delle giraffe, per esempio, sarebbe una conseguenza della necessità di arrivare a mangiare le foglie degli alberi. Buffon crede nella legge dello sviluppo progressivo. Quanto esposto nella sua Zoonomia è un compromesso tra le teorie di Lamarck e quelle di Erasmus Darwin (nonno di Charles Darwin). Anche Goethe aderisce in parte a queste idee ed insiste nel voler sapere perché i tori hanno le corna e non perché cosa le usano. Esponenti di questo tipo di ricerche sono dunque Goethe in Germania, e Darwin in Inghilterra e Geoffrey Saint Hilaire (1794-1875) in Francia.

Il Dr. W. C. Wells nel 1813, il Rev. W. Herbert nel 1822, il Prof. Grant nel 1826, Mr. Patrick Matthew in 1831, il celebre geologo Von Buch nel 1836 (descrizione fisica delle Isole Canarie) la pensano tutti allo stesso modo: le vaie specie si trasformano lentamente fino a formare una specie permanente che non potrà più incrociarsi. L’americano Haldeman nel 1843 avanza alcune ipotesi sullo sviluppo e la modificazione delle specie e nel 1846 il geologo M.J. d’Omallius d’Halley pubblica la sua teoria riguardante la maggior probabilità che le specie discendano attraverso modificazioni da un ceppo originario piuttosto che si originino separatamente. Nel 1849 il prof. Owen parla di fronte all’Associazione Britannica dell’archetipo delle idee che si manifesta nella carne attraverso varie modificazioni e più tardi esporrà l’assioma dell’operazione continua di un potere creativo. Nel 1858 confermerà la differenza di origine dell’Apteryx della Nuova Zelanda e del Brugo Rosso d’Inghilterra i quali furono, secondo lui, creati nelle loro rispettive isole (anche se dovette ammettere di non conoscerne il procedimento M. Isidore Geoffrey Saint Hilaire, nelle conferenze del 1850, disse che le caratteristiche specifiche di ogni specie sono fisse sempre che esse si riproducano nelle medesime situazioni ambientali, se le condizioni ambientali cambiano esse sono soggette a modifiche. In sintesi, l’osservazione degli animali selvaggi dimostra la variabilità “limitata” delle specie, attraverso esperimenti con gli animali selvaggi addomesticati e con gli animali domestici formati allo stato selvaggio. Questi esperimenti provano inoltre che le differenze prodottesi possono avere un “valore generico”.

Il Dr. Freke nel 1851 dichiarò che ogni essere organico discende da una stessa forma primordiale (Medical Press, Dublino).

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132 Esperienza

Herbert Spencer nel 1852 rende nota la sua tesi sulla creazione e lo sviluppo degli esseri organici. Tratta delle analogie tra alcune produzioni domestiche e attribuisce al cambiamento delle circostanze tutte le modificazioni degli embrioni delle varie specie, la difficoltà nel distinguere le specie e le loro varietà, oltre al principio di gradazione generale. Dal punto di vista psicologico parla della necessità di acquisire gradualmente delle capacità e un potere mentale.

Nel 1852 Naudin, come botanico, associa, per analogia, la formazione delle specie alla varietà delle culture e degli ultimi procedimenti scientifici ai quali egli attribuisce il potere di selezione dell’uomo! Da parte sua Dean Herbert pensa che la specie fosse più plastica di quella attuale.

Nel 1853 il Conte Keyserling avanza una teoria sulla nascita di nuove malattie le quali sarebbero causate da dei miasmi verificatisi quando il germe delle specie esistenti è stato chimicamente influenzato da molecole ambientali di un determinato tipo, dando così origine a nuove forme.

Nel 1854 M. Lecocq scrisse: “E’ chiaro che le nostre ricerche sulla fissazione o la variazione delle specie ci portano direttamente a confermare le idee di due uomini giustamente noti: Geoffrey Saint Hilaire e Goethe (Studi di Geografia Botanica, vol. I, pag. 250)”.

Il famoso botanico e paleontologo Unger aveva pubblicato71 nel 1852 la sua teoria sulla apparizione delle specie in base alle condizioni di sviluppo e alle loro modificazioni (la stessa cosa che Dalton aveva detto nel 1821). Punti di vista simili furono manifestati da Oken nella sua opera mistica Natur-Philosophie e da Gordon nel suo libro Sulla specie in cui cita Bory Saint Vincent, Burdach, Poiret e Fries insieme a coloro che sostenevano la tesi delle specie continuamente prodotte.

Nel 1855 il Rev. Baden Powell in Essays on the Unity of Worlds tratta una filosofia della creazione che rifiuta il fenomeno della casualità; così pure Sir John Herschel afferma che l’introduzione di una nuova specie sarebbe una contraddizione nella natura.

Nel 1859 Von Baer dichiara la discendenza di tutte le specie attuali da una forma di parentela (vedasi Zoologische Antropologische Untersirchungen e i lavori del prof. Rudolph Wagner).

Nello stesso anno in cui il Professor Huxley dava, alla Royale Institution, una conferenza su “Persistent Types of Animal Life”, il Dr. Hooker pubblicava la sua Introduction to the Australian Flora e Charles Darwin pubblicava finalmente la sua Origine delle Specie. Era il 24 novembre 1859.

Nonostante tutto il successo che ebbe il darwinismo, sembra che ora sia caduto in disuso, le teorie delle specie non vengono più discusse con tanta insistenza ed altri problemi sono venuti ad occupare le conversazioni nei salotti!... E’ passato quasi di moda parlare dell’”Origine delle specie”. Bisogna confessare che, da allora, varie nuove teorie hanno contraddetto le

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testimonianze del famoso naturalista. Ho sotto mano l’edizione inglese dell’opera del 1906 e non posso essere d’accordo con le definizioni della pagina 671 e seguenti; per non parlare poi della “Paleozoic strata” di cui non posso accettare la presentazione del Professor Ramsay, né la spiegazione datane da Darwin al capitolo X de l’Origine delle specie, la quale tuttavia ha valore in quanto un classico nel suo genere. Credo che invece di dissertare sulla divisione dell’ungulato (o quadrupede ungulato) in “dita pari del piede” e dita dispari del piede” e sul Macranchia dell’America del Sud considerato all’incirca l’anello di congiunzione tra questi due grandi rami, sarebbe stato meglio esaminare più accuratamente l’origine di queste due varianti! Il succitato autore scrive per esempio, alla pagina 471: “Nessuno negherà che l’Hipparion sia una specie intermedia fra il cavallo attuale e un certo tipo di antichi ungulati”... Sicuramente no! Però forse Darwin, da eminente naturalista, avrebbe potuto fornirci maggiori spiegazioni. E’ interessante notare che, nel capitolo riferentesi allo “stato di sviluppo della forma antica paragonata alle forme vive”, per i Foraminiferi, sarebbe stato fatale vivere nel periodo Laurenziano, o per i Brachiopidi essere stati presenti durante la formazione Cambricana, perché non avrebbero avuto il tempo sufficiente per sviluppare gli organi fino al massimo delle loro potenzialità. Tuttavia, rimane di fatto incerta l’esposizione tecnica relativa al problema vero: la risposta all’eterna ricerca.

I lunghi trattati di Charles Darwin mi fanno pensare, per associazione di idee, a Kant il quale, leggendo l’appendice dell’opera di Clairaut Rappresentazione della Terra fu freso da una tale ammirazione che si lasciò tra40sportare a fare quei superflui commenti de: Critica della Ragion Pura, Analitica Trascendentale, Second Analogy of Experience, in relazione all’azione capillare.

Ovunque si riscontra una medesima tendenza all’analisi, contraria al senso reale che dovrebbe manifestarsi nella mente di tutti i Pensatori.

Anche i più versatili, sembrano porsi in una determinata linea, limitandosi a somministrare alcune definizioni tecniche, spesso al di fuori della portata della comprensione generale, lasciando lo studente in uno stato di terribile ansietà, col desiderio di indagare ancora, o invece, di dimenticare subito il poco che aveva imparato.

Tranne Spinoza che conserva i vecchi metodi di pensiero, e di Leibnitz, con la novità della sua monade, gli altri, come Locke, Berkeley, Hume, Kant, seguono la stessa corrente rappresentata da Renè Descartes il quale, bisogna ammetterlo, non fa altro che esporre una volta per tutte, in maniera decisiva, ciò che “vagava nell’aria” nella sua epoca. William James, che spesso appare come simboizzatore di una nuova tappa nella filosofia, similmente rappresenta, in un certo senso, l’inaugurazione ufficiale dell’esperienza già esistente al suo tempo. Tuttavia, come ha fatto osservare A. N. Whitehead di Cambridge, vi è una certa qual approvazione di fronte al contrasto dei saggi di William James (Does

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Consciousness Exist), pubblicati nel 1904, e quelli di Renè Descartés (Discorso sul metodo) pubblicati nel 1637.

Nella prima parte del Principio della Filosofia, sezione 31, Descartés dice: “Per esempio, poiché certe sostanze cessano di resistere, cessano anche di esistere; la durata non è diversa dalla sostanza, se non nel pensiero”. Il gran filosofo francese voleva forse dire che pensiero e corpo esistono senza altra necessità che non sia la loro individualità?

Descartés, con le sue distinzioni di tempo e durata e, con la relazione tra materia ed estensione, in un certo senso anticipa assai la sua epoca sia per le moderne nozioni suggerite dalla dottrina della relatività sia per gli aspetti della dottrina di Henri Bergson sulla teoria della generazione delle cose.

Ma analizziamo un po’ più da vicino ciò che i commentatori generalmente tralasciano. Nelle sue Meditazioni II, Descartés dice: “Devo ammettere che non posso comprendere neppure con l’immaginazione ciò che fa essere ciò che è il pezzo di cera e, tuttavia, è solamente lo spirito quello che lo percepisce”. Ma perché il pezzo di cera può essere percepito solo dal pensiero? La percezione non è un atto della vista o del tatto, né della immaginazione, e non è mai stata qualcosa di questo tipo, e, anche se formalmente fosse così, essa è solo un’intuizione dello spirito...”. la parola “intuizione” è adottata generalmente per tradurre il termine latino “inspectio” usato da Descartés. Non sono d’accordo con questa maniera di tradurre “inspectio” con questo uso classico della nozione teorica che la oppone al significato pratico.Inoltre la parola “intuizione” è discutibile: ne ho già fatto menzione ne I Centri Iniziatici.

Non vorrei intavolare una discussione lessicologica, ma è un peccato osservare con quanta leggerezza vengono usate le parole, senza nessuna considerazione per il loro autentico significato. La “ispezione” (inspectio) non può in nessun caso essere associata all’intuizionismo, che sarebbe piuttosto il risultato di lunghe “ispezioni”. Bergson ne ha parlato a sufficienza. Egli introduce in filosofia il concetto organico della scienza fisiologica; cambia il materialismo statico del secolo XVII, protesta contro la spazializzazione che usa come argomentazione contro il pensiero newtoniano che la natura è qualunque cosa tranne un’alta astrazione. Il suo pseudo-anti-intellettualismo, in un certo senso, ricorre a Descartés, però con una istintiva intuizione della biologia moderna.

Qualcosa di più dovremmo dire sull’estrema difficoltà di conciliare la religione con la scienza, e triste è aggiungere quanto difficile sia che la religione, cristiana in particolare, possa essere spiegata dalla scienza e che, ugualmente, la scienza venga accettata dal dogma religioso. Prima si proclamava autoritariamente che solo il dogma cristiano aveva valore, contro ogni spiegazione scientifica; più tardi, dai rappresentanti religiosi venne concessa una maggiore tolleranza. E’ comprensibile ora che, sia la scienza che

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la religione, siano in continuo sviluppo, perché non esiste immutabilità né per l’una né per l’altra. La Religione non è meno mutabile della Scienza; ambedue sono soggette a costanti variazioni. Nei primi tempi della cristianità era credenza generale tra i cristiani che il mondo sarebbe finito insieme a loro. Di fatto ciò formava parte della dottrina e della disciplina allora in vigore; col trascorrere del tempo, però, la fede cristiana modificò varie volte secondo le circostanze, poiché sono il tempo e gli avvenimenti, in un certo senso, a fare la Religione. Più di una volta i solidi enunciati scientifici furono combattuti dai rappresentanti della cristianità.

Nell’anno 535 il monaco Cosma scriveva un libro intitolato Topografia Cristiana, nel quale sosteneva, basandosi direttamente sui testi biblici, che il mondo era un parallelogramma piano la cui lunghezza era il doppio della larghezza!... Nello stesso tempo negava gli antipodi. Bisogna aggiungere che si trattava di un viaggiatore il quale, dopo aver visitato l’India e la Etiopia, preferì ritirarsi in un monastero di Alessandria, grande centro di cultura in quell’epoca.

Si ricordi che il movimento della terra venne condannato da un tribunale cattolico nel XVII secolo. Nel secolo precedente la durata del tempo, citata dalla scienza geologica, mise in imbarazzo il popolo religioso. L’attuale dottrina dell’evoluzione pone la religione in costante turbamento e, per questo, la scienza è tuttora incompatibile con il sistema spirituale.

Sarebbe ingiusto però lasciar credere che la religione sia stata sempre falsa e la scienza sempre vera. Il fatto è in realtà più complesso, e risulta molto arduo spiegarlo, perché in fin dei conti, bisogna fare concessioni alle due parti. Nel corso della storia, la scienza non sempre ha avuto ragione, e la religione non sempre ha sbagliato.

Anche l’erudito gesuita Petavins ha dimostrato che i teologi dei primi secoli del cristianesimo fecero uso di frasi, condannate poi, dopo il secolo V, come eretiche. Il Cardinale Newman elaborò un bel trattato polemico sullo sviluppo di questa dottrina e non lo ritrattò mai durante la sua vita (lo scrisse prima di diventare un grande ecclesiastico cattolico romano).

La Scienza è ancora più cangiante della teologia, ma ciò succede a volte perché la Scienza non ha saputo imporre con prove sufficienti la veridicità delle sue teorie, che sono state discusse dalla religione. Al principio dell’epoca medievale il paradiso si trovava in cielo, mentre l’inferno era sotto terra. Forse questa definizione non veniva formulata dalle alte sfere ufficiali della religione ma questo tipo di spiegazione sorpassava di molto le possibilità del semplice popolo. Si potrà ricavare un’idea di questo tipo di spiegazioni nei Dialoghi di Papa Gregori Magno72, uomo la cui alta posizione sociale era superata dai servizi resi all’umanità.

Ho usato qui la parola “religione” nel senso di religione cristiana per due ragioni: perché, come ho già detto all’inizio del mio libro, è mio desiderio rivolgermi al mondo occidentale che è soprattutto cristiano e inoltre perché qui

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discuto della mia evoluzione da quando ero cattolico; in fondo il mio scritto è soprattutto la discussione che ho intrapreso con me stesso fin dall’infanzia. In questo libro sostengo le controversie come ho fatto molto spesso col pensiero, ho studiato con i metodi che erano a mia disposizione e perciò questa opera è una continuità evolutiva del mio metodo, un po’ alla maniera di Descartés nel suo Discorso...

La religione cristiana viene qui tirata in ballo, perché è necessario riconoscere che nessun’altra religione attraversò mai il cammino della scienza.

In effetti non presento questo libro come un metodo o un trattato, ma esso è semplicemente la norma che mi sono proposto di seguire; come intellettuale ho analizzato e come occidentale ho criticato e a poco a poco mi sono aperto una via in quel dedalo apocalittico che è la ricerca della verità. Così disse Alberto Magno73: “Colui che penetra in se stesso e si supera, sale veramente verso Dio”. Ciò si comprende, immediatamente per mezzo dell’introspezione e per questo il metodo buddista è forse il migliore per lo studio dell’essere, dato che non si trova mai in contraddizione con la Scienza vera (si vedano i dati che espongo in Misticismo nel Secolo XX). Per quanto mi riguarda però, io non potrò mai aderire completamente a questa filosofia perché è troppo passiva e non potrebbe soddisfare il mio temperamento attivo (giudizio completamente personale). Per altro, nessuna conversione ha avuto luogo nella mia vita. Durante i miei studi alla ricerca della verità, non ho fatto altro che analizzare, indagare, osservare le diverse teorie che si offrono al mondo pensante e la cui essenza ho cercato di estrarre, senza peraltro legarmi al dogma che studiava solo a titolo documentativo, seguendo pure i riti necessari per impregnarmi del culto. Per questa ragione non ho abbandonato niente, non ho rifiutato nessuna credenza, ho acquisito, sperimentato, accumulato secondo il procedimento delle mie osservazioni formando così una sintesi delle conoscenze e delle rivelazioni, come una specie di vero YOGA in tutta la accezione della parola.

Attraverso le Arti, la Scienza e la Filosofia, l’Uomo cerca una morale, dimenticando che una morale per tutto il mondo non esiste! Non è neppure possibile trovare una morale per tutto un paese, che dico! Neanche per una piccola comunità, e mi rimetto allora a quanto ha detto così bene Ouspensky nel Frammento di un Insegnamento Sconosciuto, pag. 227: “Si dice a volte che la morale europea è la morale cristiana, però prima di tutto, la morale cristiana dà luogo da sola a un gran numero di interpretazioni, e molti crimini sono stati giustificati in nome di questa morale cristiana!... L’Europa moderna, in realtà, non ha niente in comune con la morale cristiana, qualunque sia il senso che le si attribuisce. In ogni caso, se è la morale cristiana quella che ha condotto l’Europa a queste guerre spaventose, non sarebbe preferibile allora mantenersi il più lontano possibile da una tale morale?” Indubbiamente tutti agiscono sempre “per una buona causa”; e l’autore continua a pag. 229: “tutti si agitano per servire il bene come essi lo capiscono!”. Però ognuno lo intende in maniera

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diversa e, di conseguenza, gli uomini si uccidono e si massacrano “per servire il bene”! La ragione è la stessa: l’ignoranza e il profondo sonno in cui vivono!

L’ignoranza sì: ecco cosa sta alla base dei problemi sociali. La mancanza di conoscenza produce il dogmatismo e da questa intolleranza nascono le divisioni, le lotte, le guerre.

Si parla di morale cristiana, di amore, senza sapere, a quanto pare, di che si tratta. La morale cristiana è qualcosa di diverso da quello che possono insegnare la trentina di differenti religioni che si chiamano cristiane! Dell’amore si parla spesso, senza saper fare i primi passi in questo vasto campo, e come ben insegna il maestro Gurdjieff74:”chi vuole la Verità non parlerà mai di amore o di cristianesimo perché sa quanto lontani sono da questa. La dottrina è per i cristiani ed essi sono coloro che vivono secondo il Cristo, cioè fanno tutto secondo i suoi precetti. Possono vivere d’accordo ai precetti del Cristo coloro che parlano di amore e di morale? Naturalmente NO! Ma ci saranno sempre ciance di questo tipo. Tuttavia c’è un segno che non inganna: “coloro che parlano in tal maniera sono uomini vuoti e non vale la pena perdere tempo con loro”. L’insegnamento di Georges Ivanovich Gurdjieff si basava soprattutto nel lavoro di un gruppo in piena identificazione con il Maestro. Egli era vissuto in India e nel Tibet e le sue lunghe osservazioni lo avevano fatto arrivare alla conclusione dell’efficacia dei chellah che seguono ciecamente il proprio Gurù. Le sue stesse parole sono (pag. 233 del suo Insegnamento): “La conoscenza della propria nullità, e solo essa, può far cessare la paura di sottomettersi alla volontà dell’altro. Per strano che possa apparire, questa paura è infatti, uno dei maggiori ostacoli che l’uomo possa incontrare nel suo sentiero. L’uomo ha paura che gli facciano realizzare cose contrarie ai suoi principi, alle sue concezioni, alle sue idee. Per di più, questa paura produce immediatamente in lui, l’illusione di possedere realmente principi, concezioni e convinzioni, che in realtà non ha mai avuto e che sarebbe incapace di avere. Un uomo che mai, in tutta la sua vita, si è preoccupato della morale, ha improvvisamente paura che gli si faccia fare qualcosa di immorale! Un uomo che mai si è occupato della sua salute e che ha fatto di tutto per rovinarla, comincia a temere che gli si faccia fare qualcosa che possa essergli dannosa! Un uomo che ha mentito a tutti, in tutti i luoghi e nella maniera più sfacciata, trema alla sola idea che gli si chieda di mentire. Ho conosciuto un ubriaco che ciò che temeva di più al mondo era che lo si facesse bere! Molto spesso, a causa della paura di sottomettersi alla volontà dell’altro, è necessario dimostrare all’individuo che non potrà ottenere nulla, senza comprendere che una subordinazione volontaria e cosciente alla volontà dell’altro, è l’unico cammino che può condurre all’acquisizione di una volontà propria”.

Il metodo di seguire una Via tracciata da un Istruttore era stato abbandonato da molto tempo, poiché l’analisi individuale aveva sostituito l’insegnamento da labbro ad orecchio praticato nei Collegi di Iniziazione. La

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Saggezza Antica esigeva uomini perseveranti che ricevevano la Scienza Sacra direttamente dal loro Maestro, ed è soltanto il sistema yoga che rimane fedele a questa tradizione. Invece, ovunque, (in tutte le filosofie e le religioni più ermetiche) l’iniziazione può essere acquisita per mezzo di libri o di riflessioni personali: anche società più segrete offrono i loro insegnamenti al pubblico con la sola richiesta che il neofita si impegni per riceverli; in alcune opere di volgarizzazione si trovano le “parole d’ordine”, il “rituale”, la descrizione delle cerimonie occulte; non resta, insomma, ormai granché da salvaguardare del “vero potere”. Nello yoga, al contrario, resta sempre la parte da ricevere dal Gurù; la preparazione preliminare può essere compiuta senza nessun aiuto, ma arriva il momento in cui l’alunno necessita di consigli per le pratiche, che sarebbero pericolose senza la direzione di un Maestro.

In realtà soltanto lo yoga continua ad essere un insegnamento veramente iniziatico: rende necessario ricorrere ad un Maestro, ad una Guida che faciliti il lavoro di trasmutazione, che fornisca anche l’impulso indispensabile per il “grande salto” (la grande Realizzazione).

L’epoca moderna sembra voglia ritornare a questa psicologia del Sentiero Iniziatico caratteristica dei Grandi Collegi di altre epoche. In realtà, la psicologia considerata come scienza non risale che al 1833 con Herbart75, sebbene anche Wolff nel 1734 ne avesse già fatto menzione in Rational Psychology. Siamo lontani dalla classificazione dei cinque sensi di Aristotele, ancorché Aristotele ebbe altre conoscenze che non appartengono solamente al piano fisico. Sarebbe necessario, evidentemente, partire dalla semplice fisiologia per poi estendersi più lontano nel campo psichico. Con Joseph Gall, l’iniziatore della frenologia, si apre un gran campo alla ricerca psicologica ma soprattutto a Spurzheim (suo collaboratore fino al 1813) che dobbiamo il diffondersi di questo tipo di studi. Indubbiamente in Locke, Berkeley e Hume la filosofia tende a trasformarsi in psicologia, nonostante qualcosa sfugge ancora, come pure in Rousseau, Pestalozzi e Froebel.

In effetti, si ha l’impressione che quanto più si parla di psicologia tanto più essa ci sfugga; mentre in altre epoche gli Antichi erano in pieno possesso del dominio psicologico e non usavano parole di significato simile ad altre terminologie, mentre oggi il nostro metodo relativo a questa ricerca scientifica sembra ignorare interamente la base dell’analisi. Tuttavia, come già ho affermato prima, si direbbe che la nostra epoca ritorni ai metodi iniziatici di una volta76.

* * *

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”Non si evolve meccanicamente. L’evoluzione dell’uomo è evoluzione della sua coscienza e la coscienza non può evolvere incoscientemente! L’evoluzione dell’uomo è l’evoluzione della sua volontà e la volontà non può evolvere involontariamente! L’evoluzione dell’uomo è l’evoluzione della sua capacità di fare e questa capacità non può essere il risultato di quello che capita per caso!”

GURDJIEFF

Infatti, intesa nel senso tradizionale, l’INIZIAZIONE è l’esame dei diversi metodi, piuttosto che l’analisi profonda delle differenti scienze o filosofie, ma in ogni caso è necessaria una revisione di insieme per identificarsi con i sistemi. Dopo queste osservazioni, dopo aver fatto la Tesi e l’Antitesi, arriva questa sintesi che è il punto all’interno dei metodi analitici e dei sistemi intuitivi, perché possa finalmente prodursi la Matesi, cioè la Maestria completa della Conoscenza offerta precisamente dal Gurù, che è il Maestro, la Guida spirituale che trasmetterà l’ultima parola al suo discepolo.

La vera Iniziazione non è la cerimonia di consacrazione ad un grado più o meno autentico, ma lo stato di realizzazione, perché l’Iniziazione è uno stato di esistenza, una illuminazione, una rivelazione. E’ necessario, quindi, un lento processo di studio per avere una comprensione giusta delle cose; poi verrà il periodo di assimilazione e, infine, la Luce che giunge grazie alla proiezione individuale del Gurù nel Chellah.

Il Maestro illumina il suo Discepolo, lo forma, lo modella, lo fa a sua immagine, però, a questo punto sarebbe necessario fermarsi un momento per comprendere correttamente il versetto 5 del capitolo II della Genesi. Il testo originale dice: “Noi faremo Adamo” e non “Noi faremo l’uomo”. In queste parole c’è una differenza che a prima vista ha poca importanza teologica, ma che per gli studi bene equilibrati presenta all’analisi un’importanza capitale. Per esempio, sarebbe difficilmente comprensibile che l’uomo, del quale si fa menzione nel versetto 26 della Bibbia, non esistesse ancora nel capitolo II, versetto 6!!! Si parla di crearlo solamente! In ciò non c’è errore, sempre e quando si vogliano seguire gli studi della dottrina segreta e delle versioni occulte: l’Uomo Universale esiste in potenza dall’inizio, poi viene formato in atto e, infine, creato effettivamente: tutto ciò è di dominio dei Misteri Iniziatici.

Indubbiamente è necessario comprendere che i testi antichi scritti in lingue sacre, in lingue madri, possono interpretarsi in diverse maniere, secondo i

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gradi di iniziazione, e i valori interpretativi sono giustamente in relazione con la chiave cercata.

I testi di Mosè, per esempio, sono scritti in conformità ai tre sensi abituali: senso proprio, figurato e geroglifico77.

I traduttori della Genesi hanno spesso tralasciato i diversi sensi e in questa maniera hanno alterato definitivamente l’insegnamento biblico. Quello che San Gerolamo traduce con “inanis et vacua” (inane e vaga), ossia, “informe e vuoto” (Genesi 1,2), come dice il testo moderno della Genesi, significava secondo gli Ellenisti “invisibile e decomposto”, mentre la versione samaritana lo interpreta come “distesa fino alla incomprensibilità e molto strana”, e che è necessario esporre correttamente come “potenza contingente di essere in una potenza di essere”, se si fossa naturalmente tradotta correttamente la prima parola, Beraeshith.

Questa prima frase della Genesi ha dato luogo evidentemente ai commenti più vari ed un esempio di analisi di tipo eccezionale per lo studio della ricerca della Verità78.

Alcuni hanno analizzato esotericamente i versetti della Bibbia, come St. Yves de Alveydre; però prima di tutto sarebbe necessario correggere la parte grammaticale, come ha osservato Fabre d’Olivet, che rettificò la Cosmogonia di Mosè tenendo presente le quattro versioni originali: quella dei Samaritani, dei Targums caldei, la versione ellenistica dei Settanta e la Vulgata Latina di San Gerolamo. Notiamo innanzitutto una questione di lessicologia. Alcune lingue sono molto ricche, però mancano di varietà di espressione; una delle lingue più varie del mondo è il francese che ha le radici nel celtico ed è un miscuglio di franco e di tedesco, modificato dal goto e raffinato dal greco e dal latino. La lingua francese ha un numero di “tempi” verbali che nessuna altra lingua può coniugare; se ne contano fino a 2079.

Gli Etiopi, gli Egizi, gli Assiri, i Fenici, gli Arabi non coniugavano più di due tempi, che non si devono interpretare esclusivamente come “passato” e “futuro”, ma come una base fondamentale al servizio delle variazioni del linguaggio. Così per esempio, all’inizio della Genesi: “Egli creò” può tradursi in “Egli aveva creato” perché, come ha fatto osservare Fabre d’Olivet nella sua Cosmogonia di Mosè, l’espressione verbale “essa esisteva” si riferisce alla Terra, provando, quindi, una creazione anteriore.

La miglior prova che il Sepher è malcompreso già da lungo tempo, è fornita da due autorità, prima da San Paolo nella sua Seconda Epistola ai Corinti, cap. 3, e poi da Sant’Agostino nel suo libro della Genesi contro i Manichei I, cap. 3, num..II. quest’ultimo si esprime esattamente come Fabre d’Olivet nella sua traduzione della Cosmogonia di Mosè

mancano pagine 155 , 156 e parte 157

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Il commentario di Fabre d’Olivet spiega: il sonno simpatico è una specie di letargo (un sonnambulismo) che si impadronisce delle facoltà sensibili e le sospende con l’estasi, come dicono gli ellenisti, ma questo fenomeno è assai diverso da ciò che San Gerolamo chiama “soporem”, cioè sopore. Inoltre la abituale traduzione di “i suoi involucri” con “una costola” è veramente meschina! E’ evidentemente infantile credere nella formazione di Eva attraverso una parte della cassa toracica di Adamo; potrebbe invece trattarsi della costa (la riva, la sponda) di Adamo (territorio in cui abitavano gli AD e gli AM) che avrebbe dato origine a una nuova parte di continente; detto altrimenti dalla collettività di Adamo si sarebbe formato un nuovo ramo, una nuova famiglia che si sarebbe stabilita al confine con la prima. Spesso ho esposto un’altra teoria durante le lezioni dei nostri Collegi Iniziatici: nel Gran Manifesto (I-E-V-E) le due polarità sono espresse dalla chiave di potere (I, ossia YOD) e dalla potenzialità (E-V-E). Naturalmente I (yod) è il soffio, l’idea. Egli (nel senso espresso da “Io sono quello che sono”82 ed E-V-E(he-vau-he) è la manifestazione (vita-forma-pensiero); simile è il caso di PURUSHA che, essendo l’essenza-principio (lo Yod, la Chiave, lo Spirito) invia la sua vibrazione sublime a PRAKRITI (che l’agente della sua manifestazione, EVA, la Natura, il mondo materiale).

Ciò corrisponde al maschio (Adamo-Yod-Purusha, ecc.) che sposa la femmina (Eva-He Vau He-Prakriti, ecc.) nella grande comunione (YOGA) delle polarità.

E’ comprensibile che Adamo sia l’ALEPH (prima lettera dell’alfabeto ebraico), ma allora perché menzionare lo YOD (decima lettera dello stesso alfabeto)?

A è la prima lettera dell’alfabeto in quasi tutte le lingue. E’ il simbolo dell’Uomo Universale, il geroglifico dell’unità, il segno del potere; per i rabbini è l’articolo grammaticale ed in aritmetica rappresenta il numero 1. In ognuna delle sue accezioni è possibile associarla all’uomo che Dio crea nel cap. 1 della Genesi, mentre YOD sarebbe l’uomo creato da Dio nel cap. II! Il passaggio da ALEPH a YOD, da 1 a 10 si spiega come segue:

10 è l’espressione dinamica dell’Unità, è Dio nella potenza dell’atto. Sommando al PADRE, simbolizzato dall’1, il FIGLIO, simbolizzato dal 9, si ottiene un totale che include l’Unità, ma l’Unità modificata dall’esteriorità dello zero, il simbolo di una distanza inesistente (cifra nulla) e insormontabile in seno all’Essere. Questa relazione tra l’1 e il 10 spiega il mondo manifestato il quale viene simbolizzato generalmente da un cerchio (uguale a 360 gradi). UNO è, pertanto, ADAMO (inteso come lettera YOD uguale a 10ò) e 360 è EVA ( il cerchio, l’utero da cui nascerà il mondo in manifestazione, la materia).

Uno è YOD (1 in potenza che si manifesta nel 10) perché la relazione dei numeri che lo costituiscono dà 360 (il cerchio) che simbolizza il mondo

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manifestato. Infatti se eleviamo al quadrato i primi dieci numeri (ad eccezione del 5) otterremo 360. (12=1) + (22=4) + (32=9) + (42=16) + (62=36) + (72=49) + (82=64) + (92=81) + (102=100) = 360. Pertanto lo YOD è il PI Universale, è il vero ADAMAH che si unisce ad EVA la quale può essere considerata il raggio del cerchio (il mezzo, la possibilità; insieme si espandono nel mondo in manifestazione, simbolizzato dal cerchio, il quale è in relazione a sua volta con le 22 lettere dell’alfabeto ebraico (si ricorderà che le 22 lettere divise dai 7 pianeti danno la formula universale del PI greco, ossia 22: 7 = 3,1428571...). La Qabbalah, scienza dei 22 83 è l’espressione di tutti i problemi dell’esistenza, è il mondo in tutta la sua manifestazione (i 22 arcani), da cui l’allegoria di Eva estratta da Adamo (estrazione della polarità materiale). E’ il mondo fisico, la natura, la materia, l’Akash, la forma, la vergine-madre, isolata dal Gran Tutto (IEVE) affinché permanga lo Spirito, l’essenza-Substratum, il Prana, il Pensiero.

Una parola ancora per spiegare l’esclusione del numero 5 nella progressione dei numeri che danno 360, descritta più sopra.

Il numero 5 è veramente esoterico (la stella a 5 punte simbolizza l’uomo perfetto con le braccia e le gambe aperte), caratterizza il Figlio dell’Uomo (è l’Iniziato che si manifesta). La chiave corrispondente a questo numero è composta da una parte esoterica (orale) e da una essoterica (scritta), ambedue indicate dal 5, mentre la loro somma dà nientemeno che 10 (la lettera I, lo YOD ebraico) associato all’Identità (YUG) nell’Universo doppio (duplice); successivamente la I, nella scrittura, si trasforma in H o HE, equivalente a 5 (H, HE ed E si equivalgono nella fonetica semitica), la quale si trova 2 volte nel nome sacro IEVE. YOD-HE-VAU-HE. Ora, la somiglianza tra la quinta e l’ottava lettera dell’alfabeto ebraico (HE ed HETH) dispensa dall’uso del 5 nella progressione aritmetica esposta. Bisogna notare inoltre che 5 moltiplicato per 8 dà 40, il numero dell’immagine perfetta che simbolizza le prove mistiche: i 40 giorni passati da Gesù nel deserto, la meditazione di Maometto, Alì Babà e i 40 ladroni (racconto iniziatico), ecc.

Interessante è anche il fatto che: 52 + 1 = 26 (variazione del meccanismo del nome divino nel primo mondo).

26 è L’Io sono, lo IHOH dell’Esistenza Divina. Il radicale di 26 (la sua parte intima) è 13, numero che in etrusco equivale

a IG ed in veda ed in sanscrito ad AG (secondo il metodo decimale: 1 e 3); da ciò deriva Agni (o Ignis), simbolo del fuoco (materia ignea o forza del fuoco spirituale), la cui inversione produrrà GA e GI che in ebreo significano “splendore” e in veda “la potenza organica di agni”; quest’ultima è anche la penetrazione universale e viene espressa dall’assioma: il nostro Dio è un fuoco divoratore.

Tornando ai numeri che, elevati al quadrato, danno 360, indicando così il cerchio, simbolo del mondo manifestato, è d’uopo osservare la loro

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applicazione alla fisica. Prendiamo pertanto i suddetti numeri elevati al quadrato e sommando loro l’Uno otterremo quanto segue:22 + 1 = 5: Aspirazione alla conoscenza.32 + 1 = 10: Rivelazione.42 + 1 = 17: Simbolo del cloro (il Sole nero).52 + 1 = 26: Simbolo del ferro (elemento marziano).62 + 1 = 37: Soffio cosmico.72 + 1 = 50: Simbolo dello stagno (espressione di personalità).82 + 1 = 65: Simbolo del cloruro di piombo.92 + 1 = 82: Simbolo del piombo.102 + 1=101: Scala di Giacobbe.___393

Ora se prendiamo i 7 numeri dei metalli tradizionali, la cui lega è lo electrum, otterremo sempre 393. Infatti: Ferro = 26; Rame = 29; Argento = 47; Stagno = 50; Oro = 79; Mercurio = 80; Piombo = 82; Electrum = 393.

La comprensione perfetta della scala dei simboli (come quella a cui si allude in Frammento di un Insegnamento Sconosciuto) che apre la porta della misteriosa fisica ermetica, darebbe la chiave di molti problemi sia scientifici, che filosofici; inoltre, perché credere ancora in due domini diversi mentre l’uno è conseguenza dell’altro, come dimostra molto bene il sistema yoga?

Questi due rami della conoscenza sono quasi come le due vie della Sapienza Antica (Analisi e Rivelazione) che riconosciamo anche nel motto alchemico: Solve-Coagula; essa ci ricorda il sistema delle due forze opposte già dimostrato da Parmenide che le chiamava fuoco etereo e notte; o ciò che Eraclito simbolizzava con via in alto e via in basso: Timeo di Locri le definiva intelligenza e necessità; Empedocle amore e odio, e Platone egli stesso e ciò che non è egli! Renè Descartes diceva movimento e resistenza, mentre Newton parlava di forza centrifuga e forza centripeta.

* * *

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E’ molto pericoloso per un uomo fare uso su di sé della Luce della Conoscenza, non essendo ancora padrone di se stesso.Jacob BoehmeDio è vita. Il riconoscimento di questo significa coscienza spirituale.Radhakrishna

La luce non è stata fatta per stare nascosta sotto il celemin(?) ha detto Gesù il Nazareno, però, ciò nonostante, offrire la conoscenza a tutti quelli che si avvicinano può arrecare conseguenze disastrose, come ci è stato dato di osservare alcune volte. Confesso che molto spesso non do la soluzione di un problema: lascio che i miei discepoli realizzino da soli l’ultimo gradino, poiché, in verità, i discepoli possono essere guidati sul Sentiero, però spetta loro lo sforzo per intravedere lo stato finale che non può essere spiegato o insegnato; questo stato di illuminazione può essere solo stimolato, perché in realtà deve provenire dall’adepto stesso. Per questo esiste uno yoghismo84 che segna la linea da seguire per arrivare allo stato dello Yoga.

Di solito all’inizio si pensa che lo Yoga sia una religione, una specie di setta o un gruppo di asceti orientali. E’ necessario insistere che non venga confuso il “fachiro” con lo yoghi; infatti non sono la solitudine contemplativa o l’ascetismo mistico a fare lo yoghi: tutto è movimento, è identificarsi, essere YUG veramente con tutto.

Che qualche aspirante al Sadhaka (ricercatore) preferisca rinchiudersi in una caverna, lontano da tutte le civiltà, non presuppone che per essere yoghi egli debba vivere così o in un eremo solitario. La solitudine è uno stato, una esperienza da provare (quasi indispensabile, è vero) ed una tappa che corrisponde certamente allo stato finale. Inoltre, per la loro indole orientale, quasi tutti gli yoghi terminano la loro esistenza fisica in questo modo, in condizioni meditative. Una parola ancora: l’opinione generale che ritiene il sistema yoga un metodo orientale è tanto sbagliata quanto dire che la filosofia è una scoperta greca.

Il metodo denominato yoga deve il suo sviluppo a Patanjali, ma questo pensatore indù non ne è l’inventore, ma semplicemente, in un certo senso, il divulgatore. Lo Yoga è un sistema di realizzazione attraverso la Conoscenza e gli yoghi non devono essere confusi con i mistici dell’India, con i Saggi dell’Himalaya o con i filosofi delle rive del Gange. E’ un dato di fatto che la

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maggior parte degli yoghi provengono dalla religione del bramanesimo (o dalla sua derivazione, il buddismo), però sarebbe sbagliato credere che tutti gli indù (abitanti dell’India) siano Induisti di religione. L’indù o indostano può ben essere buddista, mussulmano, cristiano, ecc. Da parte sua, lo yoghi non appartiene più ad una religione determinata, non è limitato da un dogma, né dipende più da una “etichetta” o come la si voglia chiamare. I cristiani, gli israeliti, i maomettani hanno tutti le stesse opportunità per arrivare ad essere yoghi: è semplicemente una questione di evoluzione per mezzo della volontà, una ascensione per mezzo del sapere, un’acquisizione di Sapienza.

Il sistema Yoga non proviene né dall’Oriente, né dall’Occidente: è in Asia dove si è sviluppato, è in India (e nel Tibet) dove ha avuto la maggior parte di adepti, è l’Oriente, infine, che ha conservato il metodo tradizionale, ma è stato praticato in tutte le iniziazioni antiche (siano d’America, d’Africa o d’Australia). Per ciò che si riferisce alla cultura fisica, lo Yoga è una ginnastica orientale, tranquilla, che si basa su principi non di forza, ma di resistenza; ha un ritmo armonioso e non violento. Eppure alcune posizioni di hatha-yoga vengono praticate anche in alcune negre dell’Africa durante le cerimonie; gli aborigeni australiani adottano delle posizioni prima dei loro “corroborree” (riti iniziatici). Si sono potute vedere posture identiche alle posizioni di meditazione (dhyana-asanas) sia tra i maori che tra i lapponi e gli incas: alcune statue e certi geroglifici provano che gli egizi praticavano pure asanas del genere dello hatha-yoga. Come sempre, tutto fa pensare ad una stessa origine di origini e che invece di esserci differenti iniziazioni esista una sola INIZIAZIONE, che è stata preservata dalla Tradizione, da labbra a orecchio, da Maestro a discepolo, come Scienza Sacra conservata nel corso delle Ere dai Gurù che l’hanno trasmessa ai loro Chellahs.

La sete di Conoscere e la ricerca di ciò che potrà soddisfarla, si riconosce sempre e ovunque, il che fa pensare anche alla somiglianza esistente fra le lingue: per esempio tra le parole ACQUA e CHE...

In Cinese, acqua si dice “choui” che equivale anche a “che” o “chi”. In ebreoeabcdefghijklmnopqrstuvwxyzin in in in ff iIn ebreo in è come in , “chi” or “quali”. Anche in latino aqua è l’acqua e le parole che vi assomigliano, come quis, quoe, quod, significano “chi” o “quali”. I teutoni e i sassoni usano parole quasi simili per denominare l’acqua (waser o water) e “che”, “quali” (was o wath).

Si dice anche che le sette vocali dell’alfabeto ebreo corrispondano ai sette pianeti della tradizione astrologica; in effetti, i sette caratteri: v d g e f i r designavano originariamente le vocali e simbolizzavano allo stesso tempo i glifi dei sette pianeti: vocale dolce rappresentata dalla a.

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Vocale più forte rappresentata dalla e e dalla h. Vocale molto forte (pettorale) rappresentata da e, h e ch. Vocale oscura (chiusa) rappresentata dalla u e dalla y. Vocale brillante rappresentata dalla o. Vocale larga rappresentata dalla i. Vocale gutturale (profonda) rappresentata da ho e who85.

Questi glifi avevano la peculiarità di trasformare una parola in un’altra, di senso più elevato e superiore, pur conservando l’idea di base espressa dalla prima parola, e risultando tras-FORMATA. Così per esempio x y z Malach o Moloch, ossia Re viene ad essere con la vocale x aleph: w x y z (Eon), Angelo, vale a dire, una emanazione divina, una Dignità Reale superiore, per cui captiamo molto meglio il valore di x (Aleph) in senso cabalistico.

Ho già indicato questo parallelismo fra i caratteri, che prova una stessa origine per le scritture 86. Per esempio, i segni trovati nelle vestigia di un tempio sepolto nel Mato-Grosso, Brasile, sembrano provenire dagli ultimi atlandidi e si osservano in numerosi alfabeti antichi.

Il segno t, di simbolismo tanto particolare, che si trova in un porticato in piena selva brasiliana, è identico a quello che si vede frequentemente nei grafici del Messico Antico; è anche il Tau dell’alfabeto greco che corrisponde all x in Egitto, e che simbolizza l’onnipotenza, la grandezza. Questo motivo ha un significato soprattutto fallico ed esprime l’atto del coito fra maschio e femmina. La sua variante in Egitto era y o j e seconda della diversa tonalità datale; in India abbiamo la t e in Cina la z.

Il segno atlantide o indica indubbiamente lo yoni (sesso femminile) che è rappresentato in modo identico in sanscrito; era ciò che gli egiziani esprimevano con w, nei tempi antichi, per simbolizzare la regione del mons veneri (attributo femminile) usato sicuramente soprattutto nei periodi matriarcali. Derivato dall’anteriore, un altro dei caratteri atlantidi è p che si trova anche nella paleografia fenicia come ou o anche nel segno moabita j o in quello di Tiro q. Il teth babilonese si scriveva f.

Di ancora maggiore attualità risulta l’importante segno che è stato scoperto nelle vestigia atlantidi z e che sembra il gemello di un altro, proprio dei caratteri dell’alfabeto mistico del Monastero di Kounboum87. Per altro, il “ta” sanscrito gli si avvicina molto invertito z, e il carattere cinese z (che significa passaggio) è ugualmente identico. La ieratica egizia ci offre z rappresentato dall’ideogramma di un uccello rapace: p. Queste similitudini si devono ampliare con un piccolo schema di esempi (vedi figura 15).

Si dice che prima degli alfabeti solari di 22 lettere88 le forme di espressione fossero basate sulle nove principali grida di animali (AB, AD, AG, AF, AM, AN, AR, AW) che secondo i cinesi corrisponderebbero agli otto kouas che avrebbero dato vita alle 64 chiavi primordiali 89 con le quali gli asiatici

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hanno formato la loro grammatica. Secondo la teoria iniziatica preistorica si tratterebbe di 9 sillabe, provenienti dalle variazioni dei 9 suoni primari, che uniti a HEL (il nome di Dio) hanno formato la base del linguaggio originale dell’Occidente. La parola HEL, più tardi El o Al, secondo gli accenti dei diversi dialetti sorti immediatamente, è, secondo un’ipotesi molto soddisfacente, il nome della Divinità; si pensi che H o Ha o Hh era il nome che impiegavano le razze antiche per simbolizzare il Tutto Poderoso e inoltre si trova di nuovo questa funzione superiore della H nei nomi dei Grandi Istruttori come Hananpu (il Cristo dei Maya), Huiracocha (il Messia degli Incas); tra i Druidi era l’Hu e ai tibetani bastava un’aspirazione H per designare la prima manifestazione divina. E’ nota anche la importanza di scrivere Jhesù invece di Gesù per designare il Grande Nazareno, che si manifesta veramente come Figlio di Dio. Ciò che si chiama comunemente in esoterismo la H del PotereG, si trova anche nel monogramma del Cristo di Giudea (vedi Figura 14). La H è, quindi, indubbiamente di origine creativa (è per questo che la H dell’alfabeto ebreo, con valore 5, è esclusa dalla nostra progressione numerologica, come abbiamo spiegato anteriormente). E’ l’ispirazione originale, il Soffio, il Prana.

I 9 suoni degli animali furono allo stesso tempo il simbolo delle prime fig. 159 tribù, i 9 emblemi (totems) che espressero allora le patrie di una Razza ed è per questo che ci rimangono le bandiere dei popoli, gli scudi, l’araldica familiare, e tutte le insegne che hanno indicato via via le categorie degli individui e delle collettività.

Escludiamo il Vattan, lingua sacra che risale all’origine dei tempi, la cui analisi ci porterebbe troppo lontano, e vediamo semplicemente una volta ancora le concordanze fra le lingue antiche. Esistono nel maya tre tipi di A secondo il

fig. 16

senso che si dà ad ognuna e che manifestano un’idea differente a secondo se vogliono indicare: l’Assoluto, la Manifestazione o la Generazione Creatrice. Scegliamo, per esempio, il terzo di questi segni ed otterremo non soltanto l’ideogramma egizio che gli

fig. 17

è similare, ma anche un carattere scoperto nel sud della California, proveniente da un continente scomparso, simile ad un glifo che è stato scoperto nell’antico Brasile e che senza dubbio rappresenta il lingam. Non è curioso vedere lo stesso simbolo scoperto in due lati opposti dell’Atlantico? Anche in Messico c’è un segno che descrive gli “uomini al nero” che hanno civilizzato i barbari

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148 Esperienza

dell’America Centrale 12.000 anni prima dell’Era cristiana, e un altro, un disegno identico,

fig 18

è stato trovato in Egitto, e in Cina... Questa Concordanza è compresa meglio dagli esoteristi che sono al corrente delle similitudini fra gli alfabeti (non precisamente rispetto ai caratteri ma principalmente nel senso della filosofia) che sono in relazione con le chiavi di Iniziazione (Tarocchi, Kabala, elementi di Magia, ecc.) e in concordanza con la tradizione dei simboli planetari.

Fig 19

Ciò fa immediatamente pensare all’archeometria. Scienza Sublime che permette la ricostruzione di qualsiasi mitologia, storia, religione, filosofia, scienza o arte dell’Antichità.

Scienza disgraziatamente molto poco conosciuta, della quale si servivano gli antichi per le loro composizioni musicali, poetiche, architettoniche, teogoniche, ecc. Con l’aiuto dell’Archeometria si intraprende la conoscenza delle cause: adattando i colori secondo le necessità, le forme secondo gli imperativi, le filosofie secondo le regole ben definite, le scienze secondo una comprensione perfetta.

L’Archeometro è uno strumento che dovrebbe essere diffuso ai nostri giorni per applicazioni professionali, artistiche, religiose, però purtroppo il senso della vera estetica sembra perduto per sempre. Saint Yves d’Alveydre ha rinnovato questa Antica Scienza; ha presentato un sistema iniziatico basato sulle concordanze ghematriche della grammatica sanscrita, ebrea, veda, d’accordo alle loro rispettive vibrazioni. Però attualmente pare che siano ormai pochi gli adepti di questo Grande Uomo di Pensiero che seguitano a lavorare per la diffusione del suo metodo. L’Archeometria è un lessico universale condensato in una ventina di significati essenziali che sono la chiave del linguaggio. Il segreto di questa costruzione si trova negli alfabeti delle lingue primitive perché sono costruiti in un modo tale che ogni lettera è un geroglifico che corrisponde ad un principio cosmico o psichico. Questi alfabeti sono le chiavi del Verbo Umano, sono un riflesso del Verbo Divino che si dirige ai nostri sensi (forma, colore, suono, ecc.). (ved fig. 20)

Il più antico alfabeto dell’India, il Magadhi, che si sviluppa attraverso cinque famiglie (devanagari, pali, dravidiana, oceanica e tibetana), è simile all’alfabeto moderno dal punto di vista dell’origine delle lingue. La storia chiarisce il metodo evolutivo dell’umanità esoterico ed iniziatico. Il sanscrito, o, pur correttamente, il devanagari proviene dalla zona del Bharat-Wersh, contiene 49 lettere (33 consonanti e 16 vocali) delle quali la settima è l’Avatar. Essa ci

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Esperienza 149

rammenta che esistono 7 chakras principali che devono essere sviluppati secondo 7 piani (7 volte

fig 20

7 è uguale a 49) e 7 sensi, dei quali solo 5 sono in funzione nella maggior parte degli uomini e che devono invece essere virtualmente rafforzati prima che i chakra vengano illuminati dall’ascesa di Kundalini. Ogni lettera dell’alfabeto sanscrito viene simbolicamente iscritta sui petali dei fiori di loto (chakra) formando così una parola sacra, un mantram da pronunciare per ottenere la vibrazione che mette in movimento i centri nervo-psichici.

Si noti che le 16 vocali di questo alfabeto si trovano nel chakra Viccuddha, cioè nel plesso faringeo, centro della parola (emanazione della tiroide); ciò fa pensare all’importanza del modo di esprimersi attraverso il suono, la cui modulazione è il linguaggio umano. Il chakra Viccuddha è il primo centro al di sopra della condizione fisica, cioè al di sopra degli elementi; infatti si trova nell’Etere, mentre i primi 4 chakra sono simbolizzati da: Terra, Acqua, Fuoco e Aria. Quindi, proprio perché possiede una condizione semi-divina (questo centro è retto da Mercurio, il pianeta che fa da intermediario fra i 2 mondi) chiamato dai Greci “Messaggero degli Dei”) è il chakra che ci mette in contatto con il mondo sopra-normale (clariudienza). Le vocali dell’alfabeto sanscrito (svaras) sono disposte sopra IDA, mentre le consonanti (pranbis) appartengono a PINGALA. Le vocali sono considerate di essenza divina, mentre le consonanti sono ritenute create dall’uomo. Ci sono, dicevano, 16 vocali: 2 volte 8, dicono i cinesi, cioè 2 combinazioni di 8 kouas (una per lo Yinn e una per lo Yang); anche nella progressione teosofica delle cifre si verifica un meccanismo interessante (1+6=7) che sarà ancora una volta in relazione con i 7 Spiriti Divini.

Le 33 consonanti sono le lettere delle creature animate, associabili, nella Qabbalah, ai 33 gradi di comprensione (le 32 vie della Saggezza, le 32 vie che emanano da 109 Sefiroth dell’Albero della Vita per realizzare l’Ain-Soph) i quali corrispondono ai 33 gradi delle associazioni segrete, alle 33 creazioni umane per raggiungere il Principio Unico.

Per quanto concerne l’ebraico (la lingua pura degli antichi egizi) la storiografia ne fa risalire l’origine al patriarca Heber. E’ probabile che si tratti di un eponimo o di un semplice simbolo grammaticale. La parola Heber significa “posto dietro, più in là” o, anche, “allontanato”. L’ebraico è più antico dell’arabo, prova ne è la parola habri o harbi: dall’ebreo Habar deriva Habri che significa “un ebreo” e dal termine arabo Hâbar deriva Harbi che significa “un arabo”...

La lingua ebraica è andata perduta dopo la presa di Babilonia e gli ebrei si trasformarono in giudei (privi di lingua originale). Sei secoli prima dell’era

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cristiana si forma, dalle lingue assirio e fenicio, il dialetto siriano, chiamato aramaico. Le basi profonde della sua formazione possono essere scoperte attraverso le Sacre Scritture. Viene detto infatti nel SEPHER (originale della Bibbia) che ogni lettera è l’espressione di una vibrazione planetaria, di un senso sia fisico che psichico, ed anche di una concordanza tra Macrocosmo e microcosmo, di una volontà divina nelle attività individuali.

Nel Sepher Yetzirah, cap. V, vers. 4, si legge: “Le 7 scritture doppie (b, g, d, k, p, r, t) Egli ha tracciato, formato, mescolato ed equilibrato. Egli ha creato con esse i pianeti, i giorni, le aperture del viso”. E nel vers. 5: “Egli ha fatto regnare il BETH, gli ha posto una corona (KETHER), li ha mescolati l’uno con l’altra ed ha creato con ciò: Saturno nel mondo, il Sabath nell’anno, la bocca nell’uomo. Vers. 6: “Egli ha fatto regnare il GHIMEL, gli ha messo una corona, li ha mescolati l’uno con l’altra ed ha fatto con ciò: Giove nel mondo, ecc.

In questo modo le 7 lettere sono in corrispondenza con i 7 pianeti e i 7 orifizi della testa dell’uomo.

Fig 21

e’ evidente che gli elementi in gioco sono in coppia (l’organo della vista ha 2 polarità ed anche l’udito e l’olfatto possiedono un lato positivo ed uno negativo) anche se uno di essi è centrale e pertanto solitario. Dal punto di vista della scienza numerologica, il 4 è solo, equilibrato, isolato e può essere collocato nel mezzo dello spazio necessario per operare una proiezione matematica secondo la cabala. Abello, nel suo libro La Bibbia, documento cifrato ha esposto magnificamente l’argomento. Il 4 è collocato in mezzo a SEI direzioni fenomeniche dello Spazio e gli altri 3 gruppi di 2 costituiscono il diametro del cerchio. Così otteniamo il SIGILLO DI SALOMONE:

fig. 22.

Dissociando i tre gruppi diametrali otteniamo tutte le combinazioni possibili per i 6 numeri in coppia, cioè 8 variazioni di posizione.

OTTO posizioni: ecco di nuovo il numero simbolico dell’esoterismo cinese.

Il punto di partenza della Tradizione Iniziatica Cinese è l’opposizione e la combinazione di due forze: lo YINN e lo YANG, le due polarità che corrispondono, in un certo senso, alle due colonne B e J della Frammassoneria, però, nella sua INIZIAZIONE REALE e non nel senso simbolico-speculativo.

Fig 23.

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Esperienza 151

Il Sigillo della Saggezza, come viene chiamato a volte, è ricco di filosofia, nonostante sia uno dei simboli più semplici dal punto di vista grafico. Lao Tze, il grande pensatore, lo teneva tra le mani durante la meditazione, e ancora oggi numerosi discepoli della Luce si concentrano su questo simbolo, come mandala.

Esso è un cerchio che indica il mondo in manifestazione; il centro della circonferenza si trova al confine tra i due mondi, simbolizzati dalla parte bianca (la luce) e dalla parte scura (le tenebre). Non rappresenta l’infantile “Bene e Male” dei filosofi occidentali, ma le due fasi dell’istruzione esoterica. I due punti di concentrazione epigenica sono l’elemento ARIA, che mantiene l’equilibrio, e l’elemento TERRA, rappresentato dalla circonferenza che sta a indicare il mondo fisico e la materia. La parte bianca è ascendente: è l’elemento FUOCO; la parte oscura è discendente: è l’elemento ACQUA.

Fig 24.

Da queste due forze in azione (Yinn e Yang) sorgono i 4 elementi che conosciamo e dalla loro combinazione (2 volte 4) nasce il celebre trigramma, detto di FO-HI. Con queste 8 combinazioni appaiono anche automaticamente i gruppi che costituiscono la numerologia cabalistica del Sigillo di Salomone.

Lo Yang (principio maschile) è l’unità (simbolizzata da una linea intera) mentre lo Yinn (principio femminile) è il binario (simbolizzato da una linea spezzata). Con l’aiuto del maschio e della femmina avremo rappresentato, nelle tre linee, i principi maschile e femminile secondo gli elementi e, di conseguenza, un’intera filosofia che è stata poco studiata.

La natura di ogni tema viene analizzata così alla luce dei kouas. La malattia per i cinesi rappresenta un eccesso di Yinn o di Yang e ogni temperamento è conseguenza sia delle vibrazioni dello Yinn che dello Yang. Questa caratteristica duale della composizione di ogni elemento era chiara agli alchimisti del Medio Evo, i quali consideravano il tutto composto da tre elementi di principi sintetici risultanti dalla densità, dal punto di fusione, dalla resistenza e dalla conduttibilità dei metalli.

I tre principi erano: lo zolfo (colorazione e sonorità), il mercurio (malleabilità) e il sale (che unisce lo zolfo al mercurio). Ma nel loro significato più profondo questi principi non avevano niente a che vedere con gli elementi a cui si riferiscono. Si diceva, infatti, per esempio: l’Oro proviene dal Mercurio e dallo Zolfo puri e fissati; l’Argento proviene dal Mercurio impuro, ma fisso e dallo Zolfo impuro e non fisso, ecc.

I simboli usati erano:Zolfo:Mercurio:Sale:

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torniamo all’analisi del nostro Sigillo della Saggezza: lo Yang e lo Yinn nel cerchio formano il simbolo del ternario che per dualità mette di nuovo in risalto il meccanismo del 3 e del 7. Ecco i 3 elementi basici: la circonferenza, la parte scura e la parte bianca, cioè la trinità che si trova ovunque, come abbiamo già visto. In quanto al simbolo SETTE, esso appare nelle sette parti di questo disegno: la circonferenza, il suo centro, i 2 centri delle parti bianca e scura, la curva serpentina che segna il limite tra le 2 parti e le 2 parti stesse; in totale SETTE elementi. Il passaggio dal 3 al 7 è il mistero dei Sefiri, i quali vengono rappresentati in 3 superiori e 3 inferiori. Nel Sigillo di Salomone il simbolismo del SETTE viene dato dalle SEI punte della Stella inscritte in UN cerchio (6+1=7).

Fig. 25.

Evidentemente si tratta sempre dello stesso significato presentato con modi e metodi diversi. Il Sigillo di Salomone (o Stella di Davide) presenta molteplici simboli che possono essere compresi mediante la meditazione, ma che possono venire rivelati per intero soltanto dallo studio della cabala. Questo simbolo misterioso non è l’unico nel suo genere, ma è la riproduzione di altri simboli la cui profondità è pari al livello di comprensione di chi li interpreta.

In ogni caso si può ormai capire perché si è detto che il Sigillo di Salomone rappresenta l’equilibrio dei mondi. Infatti esso sta ad indicare soprattutto l’armonia perfetta tra il macrocosmo ed il microcosmo. Perciò sono importanti i numeri inscritti sulle punte. Uno dei due triangoli presenta i numeri 6, 20 e 120 e l’altro i numeri 5, 60 e 360. Con questi valori ghematrici passiamo ad operare la trasposizione in valori segreti90.

Avremo quindi:Valore Segreto di 6 = 27Valore Segreto di 20 = 210 +120 ----- 351Valore Segreto (V.S.) di 5 = 15 + 60 + 360 ______ 435

pag. 176 manca

Involuzione dello Spirito nella materia, la materializzazione dello Spirito. L’uno suggerisce il metodo da seguire e l’altro le risorse che sono a disposizione. Così

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Esperienza 153

per esempio, se si scompone il Sigillo di Salomone secondo i dettami della filosofia indù, avremo da una parte Shiva e dall’altra la sua Shakti, o, detto altrimenti, Spirito e Materia, la Forza inerente e il potere potenzializzato, lo Spazio e il Tempo della Scienza moderna. Resta per il momento da scomporre la Stella a sei punte in due triangoli ognuno con le sue particolarità che avremo l’uno col metodo e l’altro con l’oggetto:SHIVA SHAKTISpazio TempoSpirito Materia

fig 26

Nello studio delle cose e nell’aspirazione al Divino, l’idea, il principio, la ricerca, sono sempre diretti verso un Ideale Sublime che è la felicità nella Terra. Esistono, dunque, in altre parole: l’Esistenza Assoluta, la Felicità (Ananda); la Conoscenza, la Coscienza Universale (Chit), e la Vera Esistenza o l’Essere (Sat).

I mezzi, i sistemi, le possibilità che si offrono sono sempre diversi e risultano più o meno proficui a seconda della scelta effettuata. Alcuni adottano un atteggiamento ignorante, incurante delle leggi, vivono un’esistenza senza principi definiti, inutile, che corrisponde secondo la filosofia indù al TAMAS-GUNA e alla corrispondente alimentazione a base di carne e di alcolici. Alcuni sono soggetti all’impulso passionale, dissipano l’energia con cattive intenzioni, sono sottoposti alla necessità di cambiare continuamente esperienze e prove a causa del RAJAS-GUNA che implica un’alimentazione a base di cose piccanti ed eccitanti. Infine il sistema della purezza, l’evoluzione secondo il processo delle leggi naturali, una vita di realizzazione, corrisponde al SATTVAS-GUNA e alla sua dieta vegetariana a base di frutta e prodotti freschi.

Questi guna (qualità) offrono agli uomini le possibilità che si meritano secondo il genere di vita che hanno scelto; ognuno forgia il suo cammino più o meno rapidamente secondo le sue mire e i suoi desideri, poiché la natura fa che esista la Libera Scelta essendo sufficiente mettere in azione la propria Volontà.

In un certo senso il triangolo con la punta verso l’alto può essere identificato con PURUSHA che è simbolizzato dalle tre idee, tutte nel campo dello spirito (intendendo la Felicità ananda non come felicità terrestre, la Conoscenza chit non come una curiosità intellettuale, la Realtà dell’Essere sat non come materia manifestata) che si uniscono a PRAKRITI (triangolo con la punta verso il basso) simbolizzato dai sistemi del campo fisico.

Purusha91 è l’aspirazione, il Prana, il Soffio, il “nel principio era il Verbo”. Prakriti è la manifestazione, l’Akash, “il Verbo si fece carne”; Purusha è Prakriti prima della sua manifestazione, e Prakriti da parte sua è Purusha materializzato; il disequilibrio provocato dal primo Soffio, durante l’esperienza

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del caos (l’istante precedente al passaggio biblico: “e lo spirito discese sopra le acque”), ha formato il mondo-materia; l’equilibrio ristabilisce nuovamente la reintegrazione totale nel Gran-Tutto. La realizzazione di ciò, la perfetta comprensione di questo principio e la totale adesione atmica ad esso è lo YOGA. D’ora in poi possiamo usare il simbolo della Stella di Salomone (senza per questo rifarsi alla dottrina di cui per vario tempo è stato proprio di una dottrina). In Alchimia non sono solo tre gli elementi (zolfo, mercurio e sale) che prendono parte alla materia; il significato della Stella esagonale del Sigillo di Salomone diventa chiaro quando si medita su di essa come simbolo alchemico, dato che la vera Alchimia è anche Yoga. Ricordiamo i simboli dei quattro elementi della chimica antica:FUOCOACQUAARIATERRAfig 27

Di conseguenza il Fuoco e l’Acqua formano una Stella di Davide, come pure l’Aria e la Terra. L’elemento FUOCO produce la siccità e la solidità (Zolfo), l’elemento ACQUA è umido ed essenzialmente fluido (Mercurio), e l’uno e l’altro sono sottomessi all’influenza di un principio unico, una materia che i filosofi ermetici chiamano AZOTH (Spirito Universale).

Ciò ci spinge a considerare l’analisi fisica dell’origine:Democrito è il primo nel nostro mondo occidentale ad enunciare la teoria

degli atomi; per il filosofo greco del V sec. A.C. non esiste che una differenza apparente tra le cose, mentre la base della loro composizione è la stessa. Questo jnana-yoghi di 2.500 anni fa fu spesso mal interpretato: più tardi tocca a Lucrezio divulgare l’atomismo, se si può chiamare così (con un poema Sulla natura delle cose). Il tema restò indiscusso per molto tempo, fino a quando nel 1661 Roberto Boyle richiamò l’attenzione del mondo scientifico sull’importanza di una perfetta comprensione delle leggi della natura; tuttavia fu Isacco Newton che con la scoperta della legge universale della gravità permise nuove ricerche. (Nel suo libro sull’ottica scrive: “Forse che le piccole particelle del corpo umano non hanno un potere, delle virtù, delle forze, con le quali può essere messa in moto un’azione a distanza? Non è per caso un’interazione fra di esse a produrre gran parte dei fenomeni della natura? L’attrazione della gravità, il magnetismo, la elettricità, si producono a grandi distanze, però possono esistere altre forze che non hanno effetto che a piccole distanze e di conseguenza sfuggono per ora all’osservazione”).

Nel 1780 il francese Lavoisier cataloga 50 elementi con precisione e apre definitivamente la porta delle analisi e della statistica.

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Esperienza 155

Ecco confermato che nulla si crea e nulla si distrugge o, secondo l’enunciato della mistica non c’è stato inizio né ci sarà fine.

La prova che la materia non può essere distrutta si otterrà mediante un esperimento assai semplice. Se si mette sul piatto di una bilancia una candela accesa dentro un contenitore chiuso si osserverà che una volta che la candela si sia completamente consumata, il peso resterà identico! O meglio, la quantità di materia sarà sempre la stessa, sebbene le caratteristiche siano cambiate. Si potrà facilmente fornire la spiegazione tangibile del fatto che la fiamma della candela che evapora sotto forma di gas invisibile, costituisca tuttavia una materia che esiste effettivamente con un peso e una composizione chimica, dal momento che la disintegrazione della cera produce carbone ed acqua i quali possono essere facilmente analizzati collocando un paralume sopra la fiamma per recuperare il carbone prodotto dalla combustione della candela e mettendo anche la stessa candela sotto una campana di vetro per osservare le gocce di acqua che si depositano sulle pareti interne. L’acqua è composta da due elementi (idrogeno ed ossigeno), però uno di questi, l’ossigeno, non è un prodotto della candela, ma dell’ossigeno che la fiamma ha sottratto all’aria per poter ardere (la candela è composta di idrogeno e carbonio i quali si separano quando si consuma la materia della candela!).

La scomparsa della candela e la sua trasformazione in altre forme non costituisce l’unico esempio, poiché questo succede a tutte le cose sulla faccia della terra; la trasformazione (cambiamento di forma) è il principio eterno dell’evoluzione. Prendiamo un blocco di ghiaccio sul quale posiamo un ferro incandescente e vedremo subito innalzarsi del fumo e una parte del ghiaccio trasformarsi in acqua; così in una volta otteniamo tre elementi da uno stesso prodotto grazie al principio della temperatura (materia solida, liquida e gassosa); in base ai concetti di spazio e tempo, si comprenderà facilmente la trasformazione dell’essere umano e pertanto il problema della sopravvivenza. Il Dott. Duncan Mac Dougall dichiara che l’essere umano perde da 14 a 26 grammi di peso nel momento della morte. Sappiamo d’altra parte, che si verifica una perdita di 17 centesimi di milligrammo dopo un’ora e mezza da che il cadavere è stato pesato caldo; è il fluido vitale (l’anima che se ne va) che evapora questa volta per una ragione differente che nella prima perdita. Non c’è nulla di sorprendente nel fatto che solo molto difficilmente si percepiscano queste emanazioni, poiché certi corpi, mescolandosi ad altri, perdono di densità e per osservare questo fenomeno non è necessario ricorrere ad esperienze occulte. Mescoliamo, per esempio, 500 c.c. di acqua con 500 c.c. di alcool; questo miscuglio dovrebbe dare normalmente 1000c.c., però non è così, perché ci dà solamente 934 c.c.! Ciò è dovuto al fatto che questi liquidi sono costituiti da particelle e le particelle di uno si introducono nelle particelle dell’altro, secondo una celebre teoria il mondo intero sarebbe composto da atomi roteanti nello spazio vuoto!

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156 Esperienza

L’atomo si presenta come un nucleo di protoni e neutroni circondati da elettroni e questa stessa costituzione di tre elementi è la base di tutti gli atomi; solamente la diversa disposizione e il diverso numero degli elettroni e protoni fanno sì che un atomo differisca dall’altro.

L’atomo più semplice è quello dell’idrogeno con un solo protone e un solo elettrone; l’elio ha due protoni e due elettroni; il litio possiede tre elettroni (l’ultimo ruota in una orbita maggiore degli altri primi). L’uranio è per ora l’atomo più complicato che si conosca con i suoi 92 elettroni disposti in 7 orbite concentriche (seven concentric shells) intorno a 92 protoni e 146 neutroni.

Si può stabilire una tabella degli elementi naturali come segue:

NOME SIMBOLO PESO ATOMICO N° DEGLI ELETTRONI PER ATOMOIdrogeno H 1.0 1Elio He 4.0 2Litio Li 6.9 3Berillio Be 9.0 4Boro B 10.8 5Carbonio C 12.0 6Azoto N 14.0 7Ossigeno O 16.0 8Fluoro F 19.0 9Neon Ne 20.2 10Sodio Na 23.0 11Magnesio Mg 24.3 12Alluminio Al 27.0 13Silicio Si 28.1 14Fosforo P 31.0 15Zolfo S 32.1 16Cloro Cl 35.5 17Argo A 39.9 18Potassio K 39.1 19Calcio Ca 40.1 20Scandio Sc 45.1 21Titanio Ti 47.9 22Vanadio V 51.0 23Cromo Cr 52.0 24Manganese Mn 54.9 25Ferro Fe 55.9 26Cobalto Co 58.9 27Nichelio Ni 58.7 28Rame Cu 63.5 29

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Esperienza 157

Zinco Zn 65.4 30GallioGa 69.7 31Germanio Ge 72.6 32Arsenico As 74.9 33Selenio Se 79.0 34Bromo Br 79.9 35Dripton Kr 83.7 36Rubidio Rb 85.5 37Stronzio Sr 87.6 38Ittrio Y 88.9 39Zirconio Zr 91.2 40Niobio Nb 92.9 41Molibdeno Mo 96.0 42Tecnezio Tc 99.0 43Rutenio Ru 101.7 44Rodio Rh 102.9 45Palladio Pd 106.7 46Argento Ag 107.9 47Cadmio Cd 112.4 48Indio In 114.8 49Stagno Sn 118.7 50Antimonio Sb 121.8 51Tellurio Te 127.6 52Iodio I 126.9 53Xenio Xe 131.3 54Cesio Cs 132.9 55Bario Ba 137.4 56Lantanio La 138.9 57Cerio Ce 140.1 58Praseodimio Pr 140.9 59Neodimio Nd 144.3 60Promezio Pm 147.0 61Samario Sm 150.4 62Europio Eu 152.0 63Gadolinio Gd 156.9 64Terbio Tb 159.2 65Disprosio Dy 162.5 66OlmioHo 164.9 67Erbio Er 167.2 68Tulio Tm 169.4 69Itterbio Yb 173.0 70Lutezio Lu 175.0 71

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158 Esperienza

Afnio Hf 178.6 72Tantalio Ta 180.9 73Tungsteno W 183.9 74Renio Re 186.3 75Osmio Os 190.2 76Iridio Ir 193.1 77Platino Pt 195.2 78Oro Au 197.2 79Mercurio Hg 200.6 80Tallio Ti 204.4 81Piombo Pb 207.2 82Bismuto Bi 209.0 83Polonio Po 210.0 84Astazio At 211.0 85Radon Rn 222.0 86Francio Fr 223.0 87Radio Ra 226.1 88Attinio Ac 227.1 89Torio Th 232.1 90Protoattinio Pa 231.0 91Uranio U 238.1 92

Elementi creati dall’Uomo

Nettunio Np 237.0 93Plutonio Pn 239.0 94Americio Am 241.0 95Curio Cm 242.0 96

E’ possibile anche creare teoricamente altri otto elementi. Questa possibilità di prevenire la scoperta di nuovi elementi, conoscendo anche le loro proprietà, non implica un metodo speciale; si sa che Dimitri Mendeleef92 predisse le caratteristiche di alcuni elementi ancora sconosciuti nella sua epoca, soprattutto quando, nel 1871, indovinò il peso, il volume, la densità e il punto di ebollizione dell’elemento 32 che allora era sconosciuto e capì anche che detto elemento era una sostanza insensibile agli acidi e agli alcali.

Quando fu scoperto il Germanio (/elemento 32), solo 15 anni dopo, fu provata l’esattezza della “predizione”, la quale aveva potuto prodursi grazie alla serializzazione degli elementi prodotti. Esistono solo due elementi (in stretta relazione) che fanno eccezione: questa “anomalia” avviene con le terre rare (elementi dal 57 al 71) e con gli elementi transuranici (dal 93 al 96).

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Esperienza 159

Il profano difficilmente può rappresentarsi l’atomo e lo potrebbe soltanto facendo un paragone con il nostro sistema solare in miniatura. Infatti intorno ad un nucleo positivo (composto da uno o più protoni) gravitano gli elettroni negativi che sono una esatta rappresentazione del Sole con i suoi pianeti, e così come la terra gira intorno al suo asse di rotazione anche gli elettroni girano su se stessi oscillando. L’atomo è composto da protoni (granelli di elettricità positiva) e da elettroni (granelli negativi). Il diametro del protone equivale approssimativamente alla duemillesima parte dell’atomo.

L’elettrone è una centomillesima parte dell’atomo (la sua energia è di 80.000.000 H.P. per secondo).

Il positrone è la massa isolata dal protone (uguale alla massa negativa dell’elettrone).

Il neutrone costituisce la massa neutra isolata dal protone (uguale alla massa del protone).

Non esiste che un solo tipo di protone o di elettrone, mentre esistono 92 tipi di atomi e secondo la disposizione dei protoni e degli elettroni gli atomi si differenziano e formano le molecole. Per fissare nella mente la nozione delle dimensioni molecolari bisognerebbe ricorrere ad una piccola analisi di osservazione che permetterebbe ai 29 bilioni di bilioni di molecole di idrogeno contenute in 1 cm cubo di formare, allineate 10 volte, la distanza tra la Terra e la Luna. Le molecole sono neutre, sono in movimento perpetuo e sono esse che compongono i corpi (solidi, liquidi e gassosi); per esempio un centimetro cubo di un gas qualunque a zero gradi di pressione normale contiene 29 bilioni di bilioni di molecole.

La radioattività ha dimostrato che i corpi si trasformano nello stesso momento in cui si disintegrano; con trasformazioni successive si arriverebbe all’ultimo atomo (l’Eterone) e questo puntino di Etere facilita ancor più l’analisi secondo la quale la materia sparisce e si arriverebbe all’esperimento in cui alcuni atomi rimangono nel vuoto nel tubo di Crooks dando origine a tre tipi di raggi che sono conosciuti col nome di alpha, beta e gamma. Poi ci sono i raggi ultragamma che provengono da zone al di là della Via Lattea (in genere si è creduto che venissero dal sole), e perché prolungare di più lo studio se dobbiamo per forza da un momento all’altro deciderci a riconoscere una prima Vibrazione e battezzarla con un nome qualsiasi se vogliamo evitare quello di DIO... In ogni caso questo Principio-Vita non può essere smentito, tutto comincia da lì; e questa origine comune di tutte le cose in questo mondo stabilisce la Giustizia perfetta che ci rende parte di un Grande Tutto del quale dobbiamo realizzare l’Identica Essenza, sia nell’inerente ai principi organici che agli inorganici, e tale identificazione è lo YUG.

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160 Esperienza

***

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"Gli uomini non sono governatidalle loro istituzioni, ma piuttostodal loro carattere" Gustavo il Buono

Meng Tzeu iue; "Ou wei wenn ki,eul tcheng jou ki,i tchonj tien hia tche hou

Mencius disse:"Mai ho udito dire che chi abbia riformatol'impero abbia deformato se stesso,e meno ancora che colui che avesseriformato l'impero avessedisonorato se stesso.

Ovunque si dà prova di buoni principi, di moralità sovrana, di un culto perfetto, tuttavia regnano la ingiustizia, la corruzione e l'angoscia.

Cosa succede allora? Tutti credono di essere possessori della Verità, Saggezza infusa del supremo grado di evoluzione; si disputano le prerogative dell'insegnamento, ognuno desidera la sua autonomia; le chiese gareggiano per la loro "clientela", le associazioni per i loro "membri contribuenti"! Mentre il mondo muore e la voce di Cristo ripete per coloro che ancora hanno il coraggio di ascoltarlo: Amatevi gli uni con gli altri.

Le belle citazioni con questo significato sono numerose.Non offendere gli altri se non vuoi essere offeso (Dalle scritture buddiste:

Udana-Varga).Ciò che ti molesta non farlo al tuo prossimo (Dall'insegnamento israelita

del Talmud).Non fare agli altri quello che non vuoi che venga fatto a te (del gran

filosofo Confucio).Niente di ciò si compie; si grida, ci si agita e si fa chiasso per non

ascoltare la propria voce interiore! Come dice una popolare orazione scintoista: "I nostri occhi possono vedere il sudiciume degli altri, però al nostro spirito non

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162 Esperienza

dobbiamo lasciar vedere le cose sporche. Le nostre orecchie possono ascoltare cose sudicie, però al nostro spirito non dobbiamo permettere di udire cose che non sono pulite".

Forse l'essere umano ha paura di se stesso? Complesso di inferiorità, diremmo in psicanalisi, però più o meno tutti sono soggetti a complessi da quanto sappiamo dalla psicologia, e allora? Allora si deve cercare di liberare gli esseri umani da se stessi, di separarli dalla loro personalità per farli nascere nella loro individualità pura. Un grande personaggio ha detto: "L'uomo è buono, però la società lo corrompe". Cosa si deve riformare? L'uomo o la società? Sarebbe pericoloso cercare di riformare direttamente l'intera collettività; significherebbe esporla ad una estasi collettiva, ad uno sconvolgimento perturbatore e al rischio di perdere definitivamente l'umanità almeno per un'intera generazione. Il metodo che io consiglio può essere esemplificato attraverso la seguente ricetta di cucina: quando la maionese "impazzisce" è sbagliato cercare di rimediare lavorando l'intero composto; si devono estrarre invece delle piccole quantità di maionese alle quali si aggiungerà un po' di aceto e si sbatteranno con movimenti circolari. Quando la consistenza sarà di nuovo compatta (186), si aggiungeranno via via altre porzioni del composto fino a quando tutta la maionese non avrà assunto quella apparenza e quel sapore caratteristici tanto apprezzati dai gastronomi.

E' stato detto che "nessuno percorrendo il proprio cammino, ha incontrato Dio" (Ram-Das). A questo punto sottolineiamo di nuovo la necessità di un insegnamento, di una direzione, di una linea di condotta da seguire, di un maestro. Infatti tutti i grandi saggi hanno avuto la loro guida, gli iniziati hanno dovuto prima seguire i consigli di un INIZIATO, gli istruttori dell'Umanità hanno avuto i loro Maestri. Gesù il nazareno stette per un periodo sotto l'autorità di Giovanni Aschai (chiamato il Battista) che a sua volta era stato formato nella scuola di Elkesai.

E' facile abiurare i libri, gli insegnamenti, le scuole, i maestri, una volta terminata la propria preparazione, ma prima si deve passare per lo stadio della ricerca, dell'approfondimento anche parziale, di una disciplina, secondo le proprie possibilità; tenendo presente che non si cessa mai di imparare. Quali sono questi "spiriti avanzati" che rinnegano il cammino che essi stessi hanno percorso? Non è necessario bruciare quello che si è adorato.

Indubbiamente ci si scontra con una serie di pregiudizi, di incomprensioni dovute all'ignoranza. Quante volte ho dovuto spiegare i particolari di alcuni costumi, le ragioni del culto, le abitudini di una razza, che sotto una semplicità apparente nascondono un profondo significato. Per esempio, molti si sorprendono vedendo passare i monaci buddisti col braccio sinistro avvolto sotto il loro simbolico abito giallo! E' solo un'abitudine per questi bikhu? Certamente no; sono troppo saggi. La ragione è più profonda. Il lato sinistro del corpo è stato sempre considerato il più nobile, perché i sacerdoti dell'Antichità

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Esperienza 163

si voltavano verso il Sole tenendo il Polo Nord alla loro sinistra (e il Sud a destra), sapendo perfettamente che un emisfero è più elevato dell'altro e che un Polo del nostro pianeta è pertanto superiore all'altro, il quale è inclinato sulla linea equinoziale. I costumi antichi volevano che il lato sinistro del corpo fosse sempre il più coperto e in molti popoli il braccio sinistro si copre ancora durante la preghiera; i giudei usano ancora dei cordoni speciali a questo fine.

Come educare rapidamente l'umanità? La meta è la liberazione, ma quanti sono quelli che comprendono questa parola? Evidentemente ognuno lo fa nel suo campo, ognuno nel proprio elemento; chi ha le ali cerca di volare, chi non le ha si trascina...! Qualcuno ha detto: "Chi desidera essere ammesso tra gli angeli deve sforzarsi di vivere come loro in questo frammento di vita"! Alimentarsi di carne di cadavere è ingerire la morte, è rinunciare alla vera vita! Il macello organizzato degli animali è l'inizio di una legge di azione-reazione che seppellirà gli uomini! Questa lotta intrapresa contro le leggi naturali offende la Natura, la quale per vendicarsi produce un crimine (chiamato guerra) col fine di assorbire i milioni di vandali che l'hanno mutilata. Tutti i pensieri sono creatori, il più piccolo gesto è preceduto da un meccanismo cerebrale, perciò le vibrazioni che emanano dal corpo fisico si propagano nello spazio. La più piccola reazione brutale non solo si ripercuote nell'ambiente, ma è anche captata da un altro cervello in stato ricettivo il quale si trova immediatamente impregnato di quella stessa idea e perciò manifesta un uguale desiderio di brutalità. E' noto il fenomeno di un'idea nell'aria. Quante volte vari studiosi fanno la stessa scoperta nello stesso momento! Gli inventori vengono spesso a sapere che altre persone li hanno preceduti, pur risiedendo in altri paesi. Il fenomeno si spiega col fatto che l'idea viene proiettata dal cervello nello spazio e se questa vibrazione viene captata da una persona in sintonia con essa lo stesso progetto verrà messo in atto. La coscienza collettiva di cui parla Jung non è forse in relazione con quanto detto? Siamo a conoscenza della psicosi di guerra provocata da alcuni abili politici (o commercianti di cannoni!). Perché non creare allora una psicosi di Pace?

L'ideale sarebbe un governo mondiale di Yoghi; però gli yoghi non si occupano del governo e non sono nemmeno organizzati in collettività! Essi sono liberi come gli uccelli che attraversano i cieli...

In tutti i tempi un solo paese fu preservato dalle rivolte e dalla guerra: il Tibet, la cui forma di governo è la Teocrazia; essa non ha basi del tutto iniziatiche, ma è piuttosto una religione organizzata; questa piccola deficienza si ripercuote sulla tranquillità del paese, in quanto questa forma di governo non è perfetta. E' senz'altro necessario ricorrere alle forme di governo iniziatico, istituendo una Teocrazia scientifico-esoterica che veda i Saggi alla testa di una istituzione mondiale basata sui veri valori degli elementi. La Pre-Antichità, se si possono chiamare così le civiltà che fiorirono 50 o 100.000 anni fa, fu un'età di completa pace che durò migliaia di anni grazie al sistema e alla forma di

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164 Esperienza

organizzazione sociale diretta dagli Iniziati, i quali governavano sia spiritualmente che culturalmente. Una direzione Spirituale Mondiale, con centri Organizzatori in ogni paese, con Collegi Iniziatici nelle regioni; una gerarchia di Saggi, un'Aristocrazia dello Spirito, una Comunità libera, un mondo dove fiorisca il Pensiero Umano attraverso una Morale Universale, è per tutti conveniente e senza pericoli per nessuno.

La nostra società attuale si rotola in un pantano senza nome e sembra felice così, ignorando che esiste una acqua chiara, una vita cristallina; è come un uomo che si compiace di stare fra i suoi escrementi mentre esistono verdi prati; l'umanità sembra godere di vivere sopra un ammasso di detriti senza sapere che esistono picchi innevati dove l'atmosfera è pura. Perché vivere, dunque fra infami e sudicie erbacce quando esistono tanti spazi liberi solcati da rivoli cristallini? E' doloroso constatare questa ignoranza, tanto più se colui che tende la mano per elevare i suoi fratelli verso le religioni più degne vede respinta la propria offerta da coloro che, malgrado tutto, desiderano continuare un'esistenza di larva cieca rivoltandosi instancabilmente nelle sozzezze più immonde. In effetti, quando mancano le membra si è costretti a strisciare; però in fondo le nostre ali sono facili da scoprire: è sufficiente studiare un po’ di simbolismo, se non possiamo basarci sulla Fede nel nostro sistema di possibilità da realizzare. Esiste proprio la Fede con la quale si possono "muovere le montagne", come disse il Gran Nazareno, però per quelli che non hanno questa facoltà, per tutta la massa che non è stata toccata dalla Grazia, per tutto questo mondo che non considera possibile compiere il miracolo del fico secco nemmeno secondo la promessa di Gesù il Nazareno...allora, per questa maggioranza che popola la Terra, rimane lo studio, l'analisi e il Sapere. Nel simbolismo si trova la Via, che è facile quando si sono captate le chiavi che aprono le porte "del giardino del Tempio". Poi è necessario, per mezzo dell'esperienza, arrampicarsi sulle scale del portico per toccare il portone del Santuario. In termini chiari, il simbolismo offre il vantaggio di una comprensione rapida, una sincronizzazione di conoscenze alla portata di coloro che non hanno grandi possibilità intellettuali né il tempo disponibile per lunghi studi specifici.

Per mezzo di queste nozioni tecniche si possono salire le scale, cioè, avanzare nel sentiero iniziatico dove le diverse esperienze individuali sono richieste per presentarsi davanti alla porta del Santuario perché si compia: "bussate e vi sarà aperto". E' allora il momento sublime nel quale "quando il discepolo è preparato appare il Maestro" senza dimenticare mai che discepolo deriva da disciplina...E' compito dello studente andare incontro alla sua Guida, è compito del Chella mettersi ai piedi del suo Gesù perché non è mai il Maestro a darsi all'adepto.

Dato che di esempi ne sono stati dati tanti nel corso della storia dell'umanità, perché ostinarsi a provare nuove cose quando tutto è stato tentato e

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Esperienza 165

niente ha dato risultato? Si deve guardare allora l'esempio delle civiltà antiche che hanno governato iniziaticamente il mondo in altri tempi, nei periodi d'oro, nell'età della pace, nelle epoche di Saggezza.

Si deve prima volgersi verso la razza americana alla quale lo studioso Spiden attribuisce 10.600 anni di antichità, senza menzionare gli archivi esoterici che ci insegnano che c'erano civiltà di saggi in questo continente già qualche migliaio di secoli fa!

La teoria che l'America debba il suo nome a uno dei primi naviganti che sbarcarono sul continente, cioè Amerigo Vespucci, non è poi così certa. Infatti quel navigatore si chiamava in realtà Alberico! Quando Alonso de Ojeda passò per il centro America nel 1499, gli indigeni della costa di Cumara chiamavano l'intero continente Amerriqua che, in lingua maya, significa: paese dei venti. Le vestigia di questa civiltà: le pietre, i templi, tutti gli scavi intrapresi ai nostri giorni, tendono a provare in maniera definitiva la sua incontestabile superiorità rispetto ad altre culture. Circa 12.000 anni fa i Maya diffondevano nel mondo il rituale segreto delle loro dottrine, la sintesi originale delle loro conoscenze, il codice delle leggi e le tradizioni del costume. Gli aymarus (coloro che alzano la voce), i Superiori degli Amautas (sacerdoti) hanno lasciato degli insegnamenti di cui si cerca ancora oggi il significato; gli studiosi infatti si interessano delle lezioni lasciate da questi Grandi Iniziati pur possedendo solo i primi rudimenti dell'alfabeto Maya!...Gli aymarus hanno dato il loro nome alla lingua aymara (linguaggio sacro dell'impero Maya), idioma-chiave per risolvere gli enigmi di altre lingue. Vi si trovano radici di atlante, sanscrito, ebraico, tibetano, ecc. Per quanto concerne le civiltà americane precedenti al XV sec. a.C., epoca in cui regnava Inti-Kapak, il quinto monarca pirhua, è necessario ricorrere alla dottrina esoterica. Tutto ciò che generalmente si sa dei toltechi riguarda solo quelli che arrivarono ad Anahuac (nome originario del Messico) nell'anno 667; gli aztechi si stabilirono in Messico solo nel 1216, tuttavia, essendo originari di Aztlan (terra dell'aurora), provenivano a una civiltà anteriore a quella che noi conosciamo; la stessa cosa vale anche per i Maya e gli Inca, di cui siamo a conoscenza solo attraverso le usanze ormai degenerate con cui vennero a contatto con gli spagnoli della conquista. Ignoriamo quasi tutto di quelle splendide civiltà di Iniziati che per noi appartengono alla preistoria!

Come tutti i grandi Stati moderni, gli spagnoli hanno una macchia di sangue sul loro passato; la guerra civile sta facendo espiare loro l'assassinio degli aztechi e degli Inca! L'America del Sud è destinata ad avere uno dei futuri più brillanti. La storia si ripete. L'America latina accoglierà l’élite di tutti i popoli del mondo e sarà la fonte di uno splendido rinnovamento culturale. D'altro lato a causa dello spostamento dell'elettromagnetismo del globo (a partire dal 1948, inizio dell'epoca acquariana) il centro spirituale del mondo si situa nella cordigliera delle Ande, nello stesso luogo in cui, migliaia di anni fa, il Santuario Supremo proteggeva i Grandi Maestri.

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166 Esperienza

L'era del meccanicismo non è che uno degli episodi più oscuri della storia degli uomini: i posteri ne parleranno come una delle epoche più tenebrose!

In concomitanza con l'emersione di un continente (sorgeranno nuove isole nel Pacifico), cosa che equilibrerà la scomparsa delle razze corrotte, si svilupperà una grande Era, come quella presente prima dell'Atlantide o della Lemuria. La "fine del mondo" (o meglio, "di un mondo") é attesa ovunque e nominata da tutte le profezie; ma può essere scongiurata mediante l'emanazione di forze armoniche, poiché, di fatto, la fine di uno stato di cose non proviene che da uno squilibrio: basta sostenere l'equilibrio per conservare tale stato. In poche parole lo squilibrio attuale, che diventa ogni giorno più forte, e che sarà causa di un enorme cataclisma, proviene dallo stato d'animo della maggior parte degli umani; perciò basterebbe educare sufficientemente in fretta l'umanità per evitare la grande catastrofe. L'educazione è in mano degli Iniziati, i quali tenteranno di prolungare la razza umana.

Questi cataclismi si verificano con periodicità regolare ed ogni volta si salva solo una parte dell'umanità per conservare la saggezza Antica. (E' il mito di Noè e del diluvio che si ripete in tutti i popoli, con un nome diverso e con caratteristiche diverse, ma conservando lo stesso intento: prolungare una razza attraverso la selezione). Quelli che si salvano sono gli eletti, i prescelti, i discepoli della luce.

Nonostante queste catastrofi e queste perturbazioni la Terra gira instancabilmente e girerà ancora per 50 bilioni di anni prima che il Sole consumi i pianeti intorno a lui e causi così la fine del nostro sistema. E’ difficile pensare che il nostro sistema esista da tre bilioni e mezzo di anni, dallo scoppio di una stella vicina al Sole - supernovae - (secondo la teoria di Fred Hoyle e Raymond A. Lyttleton dell’Università di Cambridge).

Col sistema indù del tempo si comprende meglio la durata del nostro sistema; poiché le cifre sono più adatte, nella grandezza e nella piccolezza, a far comprendere le misure che delimitano sia la nostra vita che l’esistenza dell’umanità intera.UNITA’ VALORI INDU’ VALORI EUROPEIUn giorno e una notte di Parabrahm 200 Yuga di Brahma

92.725.120.000.000.000.000.000 anniChatur-Yuga di Brahm 12.000 anni di Brahma

463.625.600.000.000.000.000 anniUn anno di Brahma 365 giorni e notti di Brahma

38.468.800.000.000.000 anniUn giorno e una notte di Brahm 2.000 Yuga di Deva 105.120.000.000.000 anniManvatara 71 Yuga di Deva 3.731.760.000.000 anniYuga dei Deva 12.000 Chatu-Yuga 52.560.000.000 anniChatin-Yuga 4 Yuga o 12.000 anni Deva 4.380.000 anni93

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Esperienza 167

Anno dei Deva 365 giorni di Deva 365 anniGiorni dei Deva 12 mesi terrestri 1 annoGiorni dei Pitris 30 giorni terrestri 1 meseGiorni terrestri 30 Markutas-60 Gharis 24 oreMakurta 30 kalas-Gharis 18 minutiKala 30 Kabitas (4 Palas) 1 minuto e 3/5Kastha 18 Nimeshhas (8 Vipales) 8/45° di secondoNimesha 260/3 trutis 8/45° di secondo

Ad uso degli astronomi, o meglio, degli Astrologi, bisogna segnalare che il tempo si conta, da quando si leva il Sole, nella seguente maniera:

24 ore equivalgono a 60 Gharis1 Gharis equivale a 24 minuti1 ora equivale a 2 Gharis e mezzo (o 155 Palas).I cicli hanno sempre svolto un grande ruolo nel Tempo, però ci sembra

che gli Indù o gli orientali in genere abbiano compreso meglio di noi occidentali questi valori: infatti il nostro tempo misurato in "anni" o "secoli" o anche in "millenni" cosa rappresenta in confronto alla storia dell'umanità passata e futura! Si richiedono cifre di altro ordine per poter cogliere l'importanza del Tempo relativo alle generazioni civilizzatrici!

Un Kalpa equivale a 4 bilioni e 320 milioni di anni terrestri.Un Maha-Yuga è uguale a 4 milioni e 320.000 anni.Il ciclo chiamato caldeo di 432.000 anni esiste anche tra i cinesi, la

rivoluzione egiziana (36.000 anni) equivale alla dodicesima parte di quella cinese e caldea (36.000 X 12 = 432.000) ossia 120a parte del Maha-Yuga degli indù. 6.480 è un numero interessante (segnala l'Era Adamitica) e, ponendo in gioco, i cicli, dentro i cicli i 4/10, 3/10, 2/10 e 1/10 del grande ciclo danno 2592, 1944, 1296 e 648 che sono date importanti per il nostro calendario occidentale.

Interessante è notare, come divertimento numerologico, che 648 più 18 dà 666 (il numero della bestia!) cioè, 37 cicli di 18 anni; 37 è uguale a 18 (periodo lunare) più 19(periodo solare).

Il periodo VAN del Tibet è di 180 anni che dà 72, 30 e 18 anni come derivati degni di nota.

Torniamo ai nostri cicli della Tradizione Indù. Il SATYA-YUGA (Età d'Oro) è la prima Età, la quale corrisponde alla rivelazione della Verità per mezzo dello studio dei Veda e l'osservazione del Dharma: è il periodo che può corrispondere ad Apollo. Il TETRA-YUGA (Età d'Argento) è la seconda età, che è caratterizzata dalle leggi di Manù e delle Upanishads, durante la quale l'uomo trova molto difficile aderire alle rigide leggi dei Veda prendendo così molto superficialmente la letteratura conosciuta con il nome di Smriti: il suo inizio è segnato dall'entrata del Sole in Cancro e la sua fine negli ultimi gradi

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168 Esperienza

dello Scorpione. Il DWAPARA-YUGA (Età del rame è la terza Età e simbolizza l'epoca in cui l'uomo abbandona le regole delle prescrizioni smritis e prende esempio dai Puranas; la fine di questa epoca è segnata dal Sole che termina il suo giro negli ultimi gradi del Toro. Il KALI-YUGA (Età del Ferro) è la quarta Epoca e segnala la completa distruzione del Dharma (forma di vita corretta) mediante la rivelazione dei Tantras per la liberazione dell'uomo; questo periodo termina con il Sole in Acquario. Il segno dell'Acquario è simbolizzato da Giunone, la Dea che fa cadere le catene della schiavitù.

L'entrata del sole nella costellazione dell'Acquario (Acquaiolo) in dica, in questo caso (si sa che il Sole torna in questa costellazione ogni 25.920 anni (94) un'epoca molto importante perché coincide con la fine di una grande Età (naturalmente sono necessari vari giri dello zodiaco per completare questi grandi Cicli o Yuga).

L'Era Acquariana è di una tonalità che vibra nella sintesi, è l'epoca in cui la rivelazione accompagna l'analisi, è l'età dell'unione, il periodo della coordinazione.

Dappertutto si levano richieste di sopprimere le barriere razziali, culturali, politiche, geografiche, linguistiche, religiose o altro, create da vari interessi. La Direzione Spirituale del Mondo (la Gran Fratellanza Universale) ha riunito più di 150 delle 300 grandi sette che si dividono il mondo; le diverse correnti del pensiero umano debbono essere accentrate, non per canalizzare gli spiriti, ma per collaborare gli uni con gli altri col fine di stabilire una morale universale. L'era dell'Acquario è simbolo di comprensione, tolleranza e pace. La fusione della Scienza e della Religione è la caratteristica della nuova psicologia che darà soluzione a tutti i problemi, elaborando, grazie a un sistema di studio semplificato, un metodo di lavoro che si basa sullo sviluppo delle possibilità intellettuali e delle facoltà umane (mediante un processo fisico-psichico); in una parola: la ragione e la fede al servizio del Grande Ideale.

Ecco, allora, l'importanza del simbolismo, della coordinazione delle parole, delle lettere, dei disegni, dei numeri, dei colori, ecc., al fine di venire in aiuto a questa fede tanto sovente deficiente e a questa ragione con frequenza troppo pigra, per mezzo della memoria prima che dell'intellettuale. E' chiaro che ciò non può dare un insegnamento completo, ma dà una documentazione che aiuta a rappresentare le diverse fasi delle lezioni iniziatiche lasciate dalla Tradizione Esoterica. La Dottrina Sacra comprende una teoria denominata archeometria e una pratica chiamata yoga, però, ciò nonostante, si deve capire che tali denominazioni sono inesatte e si danno solamente per invocare il Sentiero in qualche maniera dato che la sua ascesa non ha nome, ma costituisce la vera Iniziazione, al di sopra di tutti i rituali, di tutti i dogmi o della stessa dottrina, e prima di arrivare alla realizzazione si devono salire questi scalini simbolici del Tempio Eretico la cui scalinata si trova ovunque e il cui vestibolo non è in nessun luogo!

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Esperienza 169

Gli stadi del pensiero poggiano sul famoso settenario, cioè sul principio spirituale sempre triologico e sulla sua manifestazione nel quaternario. Il sistema già esposto di VITA-FORMA-PENSIERO è l'emanazione della idea ARCHETIPO-MACROCOSMO-MICROCOSMO simbolizzata dalla triplicità ideologica SPIRITO-ANIMA-MATERIA. I sette stadi simbolici sono un modo di espressione che si trova ovunque nel colore, nella musica, nelle modalità evolutive, ecc....Questi simboli (per la: i 7 sigilli della Qabbalah, i 7 Spiriti di Dio nell'Apocalisse, i 7 pianeti tradizionali in relazione ai 7 metalli, ai 7 chakras che emanano dalle 7 ghiandole, ecc.) sono i mezzi pratici di evoluzione per raggiungere quella trinità che è comune a tutte le filosofie religiose (Padre-Figlio-Spirito Santo, Brahma-Vishnù-Shiva, El Aquil-El Aqlù-El Maql, Tem-Schu-Tefnut, Kether-Hochmah-Binah, Tei-Yei-Yuu, Sat-Chit-Ananda, ecc)

In quanto al quaternario lo si descrive alcune volte come un Tutto da realizzare: un esempio ne è il famoso termine INRI. Le differenti interpretazioni che gli si possono attribuire attestano i diversi modi possibili per la Identificazione; così succede anche allo Yoga (che significa Identificazione): esso offre una gamma di vie corrispondenti ad ogni temperamento: la Bakti (devozionale), la Jnana (intellettuale), la Hatha (energica) la Laya (ermetica), la Raja (mentale), la Karma-Yoga (d’azione), ecc. Ma analizziamo più da vicino la nostra parola INRI.

FIGURA N.28

I (yod), in lingua sacra Yothi, che simbolizza il Principio creatore attivo e la manifestazione del Potere Divino.N (nun), lettera passiva, il Nano che è il modello di tutte le forme, l'arcano XIV (le due urne).R (resh), l'unione dei due principi; questo Rasith è la perpetua trasformazione delle cose create (arcano XX).I (yod), nuovamente il Principio Creatore per indicare ciò che è emanato e torna continuamente (senza principio né fine) e di nuovo emana con impeto. (La stessa idea del termine divino: IEVE).

Anche il vocabolo INRI è una parola sacra perché denota un profondo simbolismo oltre che una forma di potere in ogni lettera; siamo in presenza di 4 elementi (Terra, Fuoco, Aria, Acqua) che la fisica degli ebrei chiama:

IabeschehNourRouahIammim

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170 Esperienza

Considerando questa sintesi, è nato il seguente assioma alchemico: IGNE NATURA RENOVATUR INTEGRA (con il fuoco si rinnova la Natura).

Evidentemente ci troviamo di fronte al problema della trasmutazione spirituale, della forza kundalinica che ascende per illuminare i chakras e rinnovare la natura umana secondo le parole di S. Giovanni "Necessario è per tutti voi nascere di nuovo".

Alcune varianti sono state date da diverse concezioni: Igne in Natura Regerando Intefrat, Igne Nitrum Roris Inevnitur o anche Ineipium Novum Regnum Immortibis. Infine è chiaro soprattutto che questa parola INRI nasconde un significato molto profondo ed indubbiamente una lezione immortale, dato che si dice che questa iscrizione figurasse sulla Croce che fece di Gesù un martire. Naturalmente le differenti concezioni religiose hanno avuto presto l'intenzione di appropriarsi di questa chiave per farne un uso consono alla propria morale.

Jesùs Nazareth Rex Ieudi (Io vengo dalla Giudea, sono passato da Nazareth condotto da Rafael e sono della tribù di Giuda) ha indubbiamente un significato molto più profondo di Jesùs di Nazareth Re dei Giudei. Questo segno indicatore ha valore specialmente educativo poiché si può constatare che i numerosi Grandi Istruttori avevano anche loro nel nome queste quattro lettere. Per esempio: iquYNgaRI, re dei Taraschi nella città di Petatzecuaro, o ancora, il Grande Messaggero d'America, l'Hunanphu che le scritture (Popol-Vuh) chiamavano Jefe Nino Rey de la Justicia.

Questo INRI potrebbe applicarsi molto bene al Grande Maestre che viene ad istruire l'Umanità di una Era portando questo segno nel suo nome come parola chiave; egli mostrerebbe così di sapere tutto ciò che concerne ad uno yoghi (Essere Universale, Identificato, Unificato) avendo compiuto l'esperienza del Nazzareato (colui che si è offerto a Dio, con l'abnegazione del Sannyasin degli indù, e ha fatto il voto di Nazareth, o meglio, del Nazzareta) ed essendo stato riconosciuto Supremo Iniziato. Per cui si potrebbe dare una tradizione in più: Yug Nazaren Rex Initiate.

La Bibbia stessa afferma " che colui che verrà per vincere" avrà questa indicazione nel suo nome (Apocalisse III, vers.12) come insegna del Cristo-Re.

Si dice che tutte le religioni aspettano in questo periodo il ritorno del Grande Messaggero. Quasi tutte le predizioni sono d'accordo nell'annunciare il Sublime Istruttore nell'attuale inizio della nuova Età (Era dell'Acquario). Egli è colui che è chiamato Avatar dagli indù, che viene rappresentato come manifestazione di Vishnù (Dio nella sua forma); i buddisti lo chiamano Boddhisattva (Maitreya), mentre i cristiani aspettano il Figlio dell'Uomo Colui che porta l'anfora, l'Urna Sacra del segno dell'Acquaiolo; è il simbolo dell'Era dell'Acquario nella quale siamo entrati a partire dal 1948.

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Esperienza 171

Ogni religione ammette che questo Supremo Maestre sarà al di sopra dello aspetto religioso (dunque potrà ben essere uno Yoghi, uno Psicologo e un uomo di Scienza) e che sarà riconosciuto e accettato da tutte le ideologie. Perfino le profezie, le più famose, a dispetto della loro diversità di origine, sono d'accordo nell'indicare il suo arrivo in questa nostra epoca. Sono attesi anche le Riserve Iniziatiche, l'Archetipo, che deve simbolizzare l'Era (Età Acquariana, periodo di due mila anni e più) il cui segno distintivo sarà: YNRI, cioè, rinascita per lavorare su se stessi, analisi dei quattro grandi principi (Scienza-Religione-Arte-Didattica) e disciplina nei confronti dell'Assioma Antico per comprenderne il significato esoterico di evoluzione iniziatica: SAPERE-VOLERE-OSARE-TACERE.

"Chi vincerà lo farò colonna nel Tempio del mio Dio" è detto nelle Rivelazioni (Apocalisse, Cap.III, vers.12), cioè lo farà INIZIATO, non semplicemente missionario, bensì una parte di questo Grande Tempio. Il versetto continua: "scriverò su di lui il nome del mio Dio", ossia YNRI, le quattro lettere dal profondo significato presentate da tutti i Grandi Istruttori in ogni ciclo 95.

Queste quattro lettere caratterizzano le quattro parole dell'assioma che sono in stretta relazione con i quattro segni fissi dello Zodiaco (Toro, Leone, Aquila, Scorpione e l'Uomo della Broca). Si sa che i 12 segni dello Zodiaco hanno una estrema importanza simbolica, soprattutto considerando le due fasi di ognuna delle 12 divisioni della ruota dell'eclittica, cioè i mezzi segni, le 24 porzioni del cielo che sono le ali (le ramificazioni) dei 4 simboli principali i cui valori chiave sono menzionati in Ezechiele, il libro biblico occulto. Esaminiamo dettagliatamente il quaternario poiché costituisce il lato intellettuale del cammino evolutivo lungo il quale dobbiamo fare 7 tappe (i gradi iniziatici). I sette chakra non possono essere compresi a dovere senza l'aiuto di vari simboli che si manifestano attraverso il detto quaternario, il cui assioma antico è SAPERE-VOLERE-OSARE-TACERE.

Prima di tutto, la parola INRI, come monogramma di Cristo, è uguale ad AZOT (lo azoth alchemico) come pure IEVE (Yod-He-Vau-He); cabalisticamente essi formano le rappresentazioni dei 4 elementi manifesti nei 4 segni dello Zodiaco; caratterizzano le 4 grandi razze, le 4 direzioni della scrittura, e le 4 stagioni della vita umana (infanzia, giovinezza, età adulta e vecchiaia).

I tarocchi non sono solo un gioco di carte, un sistema divinatorio, ma un metodo archeometrico. I Tarocchi usati in Egitto come sistema grafico di insegnamento sono una tipica forma di iniziazione senza parole; era sufficiente che il Maestro presentasse al suo discepolo alcuni arcani perché questi, essendo al corrente delle concordanze, comprendesse quella filosofia e quel linguaggio che il Maestro voleva che conoscesse. A volte, in un determinato collegio segreto, il Gurù presenta al suo chellah un arcano, una carta, cioè una chiave

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(uno yentram) e il suo discepolo dopo avervi meditato, trova la soluzione ed attende così un insegnamento iniziatico. Il gioco comune delle carte, il gioco di società, deriva dai tarocchi: i giocatori di bridge sono lontani dal sospettare di avere fra le mani degli elementi di magia dei "cuori", negli "ori", nelle "spade" e nei "bastoni" i quali sono l’espressione grafica, rispettivamente, della coppa (di cristallo o specchio in relazione alle Ondine o elementi dell'Acqua), del pentacolo (chiamato a volte massa per la sua relazione con gli Gnomi, elementi della Terra), della spada (che governa le Silfidi, elementi dell'Aria) e dello scettro (la bacchetta che comanda le Salamandre, elementi del FUOCO). Sono i 4 mondi rappresentati cabalisticamente nell'albero sefirotico: Atziloth, Briah, Yetzirah e Asiah (il vero significato dello Yod-He-Vau-He e dell'INRI!).

Inoltre la parola Taro (da cui Tarocchi) è di per sé, quasi un principio magico appartenente ad una serie di parole ottenute attraverso un sistema di rotazione di alcune lettere; essa si presta di volta in volta ad una interpretazione diversa, per poi sfociare in un antico assioma TARO: è il destino, con i 22 arcani maggiori.AROT: significa lavorare, dal greco arotos, lavoro.ROTA: la ruota del divenire.OTAR: significa ascoltare, dal greco otarion, orecchia.

L'insieme dà, dunque un assioma: Vigila attentamente la ruota del destino e lavora...

La ruota del destino è indubbiamente in TARO stesso e lo ZODIACO (ruota di animali simbolici) la ruota dell'eclittica, la manifestazione psicologica del Cielo o, detto altrimenti, la capacità di interpretare e conoscere il fato, il destino. Si è detto di vigilarla, cioè, di studiarla; questo non è però l'obiettivo finale, ma solo un invito alla conoscenza, poiché è indispensabile LAVORARE e sperimentare per evolvere. Tutta l'iniziazione risiede, dunque, in questa frase.

Ora vediamo il significato dato di una diversa combinazione di queste 4 lettere.

ORAT: il Verbo, il linguaggio, dal latino oratio.RATO: la realizzazione, dal latino ratus (che si realizza).ATOR: Athor o Athys, divinità iniziatica egiziana.TORA: la Legge della evoluzione (parola ebraica).L'insieme, questa volta, dà: Il Verbo si realizza attraverso la legge di

Athor... Il Verbo può essere Dio stesso che viene a realizzarsi nell'individuo

preparato per la Iniziazione e può anche essere il soffio divino che si manifesta attraverso l'Iniziato (il Verbo si fa carne mediante l'incarnazione cristica): Il soffio divino, la manifestazione suprema, si rivela nella legge della trasmutazione, della trasformazione alchemica (Ator è il crogiolo della mitologia iniziatica di Saint Germain).

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Esperienza 173

Riassumendo, il primo assioma richiede studio, ragionamento, analisi, conoscenza dello Zodiaco, delle concordanze dei parallelismi simbolici e di conseguenza di una specie di archeometria. Il secondo sottolinea la importanza dell'esercizio interiore, della trasmutazione, dell'alchimia spirituale e quindi dello Yoga. Ecco nuovamente questi due grandi aspetti iniziatici, la ragione e la fede, l'obiettività e la soggettività, la scienza positiva e la filosofia, la teoria e la pratica. La conoscenza assoluta (vigilare attentamente: studiare, analizzare, esaminare minuziosamente) della Ruota del destino (la Natura, le leggi dell'Universo) si ottiene, non per intuizione, ma attraverso l'attività (lavora, dice l'assioma) paziente e attenta. E' necessaria poi la realizzazione, e trasmutazione di se stessi, e consacrazione del proprio corpo nel crogiolo alchemico (è necessario che nasciate di nuovo), il perfezionamento delle facoltà fino alla purificazione completa (il vostro corpo è il Tempio di Dio) affinché il VERBO si stabilisca (il Sentiero divino, la musica interiore) nel Sé...

L'enigma Sapere-Volere-Osare-Tacere assume ora una forma migliore: il sapere è la conoscenza perfetta delle cose; il volere è la volontà di continuare l'analisi, nonostante il pericolo che la conoscenza comporta (l'albero della scienza); l'osare o il coraggio di penetrare nel "giardino" o meglio nell'orto della "Qabbalah", di manifestare la propria opinione, di rivelare la Verità a coloro che hanno sete di Luce (essere missionario, educatore, istruttore); il tacere è il silenzio necessario per ascoltare il suono interiore e la capacità di rivelare solo gli insegnamenti che sono alla portata della gente comune, per non abbagliare i poveri umani-ciechi.

Sapere (conoscere) le facoltà che si possono sviluppare, volere apprendere la trasformazione psichica, osare avventurarsi nel sentiero iniziatico e operare in se stessi, la vera costruzione del nuovo Tempio, e tacere tanto la propria missione quanto il lavoro che si è intrapreso.

Sapere che i chakra attendono l'illuminazione; conoscerne, quindi, il meccanismo; volere aprire questi centri, essere cosciente del nuovo stato in cui ci si verrà a trovare; osare intraprendere l'ascesa del Kundalini senza temere di lasciare questo mondo d'illusioni; tacere per abbandonarsi alla completa meditazione fino al samadhi finale. Tutto ciò e più ancora evocano, per l'Iniziato, le parole TARO, IEVE, INRI, AZOT, ANKH e YOGA.

Con l'aiuto di uno schema possiamo visualizzare meglio le varie corrispondenze ottenibili per mezzo del quaternario simbolico, base delle parole-chiave. Potremo così aprire alla ricerca le vie che conducono alla sintesi, la quale, unita all'esperienza personale, sfocia nella Matesi. Quest'ultima dev'essere dominata da tutti gli studiosi dello yoghismo prima di passare al metodo pratico che farà di loro degli Iniziati.

T

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174 Esperienza

A R OElementi Terra FuocoAria AcquaArchetipo (hè) (yod) (vau) (hè) = IEVEZodiaco Toro Leone Acquaiolo ScorpioneAnimali di -SantitàVitello LeoneAngelo AquilaAngeli degli Assi del Cielo UrieleMichele Raffaele GabrieleReggenti degli Elementi ArieleSerafini Cherubini TharsisAsse del Mondo Occidente Mezzogiorno Settentrione OrientePunti Cardinali Est Nord Sud OvestStagioni Primavera Estate Inverno AutunnoQualità degli elementi terrestri Secco Caldo Freddo UmidoQualità degli elementi celesti: Comunanza Chiarezza Diafanità AgilitàQabbalah Trab Nar Hasui MaRazza Negra Semitica Ariana AsiaticaScrittura dal basso in alto Da destra a sinistraDa sinistra a destraDall’alto in bassoEspressioni Volontà antica Materialismo Saggezza MisteroStelle fisse Aldebaran Regulus Antares FomalhautDirezione astrologica Ascendente Nadir Discendente ZenitEvangelisti San Luca San Marco San Matteo San GiovanniCiviltà (Maya)\ Tzone-Iz Tak Cante Cib CameEpoca secondo i colori (Quiché) Bianco GialloRosso NeroDirezione e colori (Mopi)Gala (Est) Nika (Sud) Arba (Nord) Sala (Ovest)Divinità celesti (Mandes) Saga-Djigi FiantoKunato TelluguriCorrispondenza secondo Tchon-Hi Drago Azzurro Uccello Rosso

Tartaruga nera Tigre biancaAltre corrispondenze (Egitto) Sciacallo Scimmia UomoAquilaAltre corrispondenze (ebraiche) Bue LeoneUomoAquilaPiani CorpoCorpusSomaticon SpiritoSpiritusPneumaticon MenteMensPsychicon Anima AnimusAerosomeStato Vita materiale Iniziazione Filosofia ReligioneFrammassoneria Squadra Compasso Livella ArchipendoloRosacroce Sale Azoto Zolfo Mercurio

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Esperienza 175

Alchimia Spesso Assoluto Volatile SottileCategoria Pietre Animali PianteMetalliTipo di animali Striscianti Ambulanti Volatori NuotatoriElementi delle piante Radici Semi Fiori FoglieMetalli Piombo-Argento Oro-Ferro Rame-Stagno MercurioPietre Pesanti Brillanti Leggere ChiareGemme Opache Ardenti Trasparenti CongelatePotenza dell’animaSenso Cuore Ragione FantasiaPotenza giudicante Esperienza Fede Scienza OpinioneVirtù morali Forza Giustizia Temperanza PrudenzaSensi Tatto Vista Udito Gusto-OlfattoElementi del corpo Umano Ossa Spirito Carne UmoriSpirito quadruplo Naturale Animale Vitale GenerativoUmori Malinconia Collera Sangue MucoCostituzioni Lentezza Impetuosità Allegria PigriziaTemperamenti Pessimista AttivoAmbizioso FlemmaticoGeni Amajmon (Gob o Bob) Djin (o Egym) Paralda (o Magoa) Nickia (o Bayemon)Demoni nocivi Mahazael Samael Azasel AzaelDemoni maestri Amacus Orien Pagnus EgyenFiumi dell’inferno Acheronte Flegetonte Coeyte EstixRituale della Messa Ossa Candele (ceri) Incenso Vino consacratoCerimonie Reliquie Oli Profumi Acqua AstraleIdealizzazione Frutta Sale Montagna MarePratiche Vegetarianismo Preghiere AsanaBagni

Questo quadro potrebbe essere continuato all'infinito; esso dà una prima idea dei principali elementi di una conoscenza sintetica, indispensabile per andare avanti nel campo iniziatico.

Agli studenti privi di una forte volontà ad iniziarsi, frequentemente sfuggono le conoscenze necessarie che devono oltrepassare i limiti della documentazione comune. Quanti lettori di occultismo spicciolo pretendono di conoscere la Magia e di praticarla!...Noi limitiamoci semplicemente alle discipline, alle regole, a ciò che implica questa parola, in primo luogo. La Magia è l'arte di poter manovrare (gli elementi) in un piano superiore, per mezzo della conoscenza delle leggi naturali; essa è una iper-fisica che richiede, da parte dell'operatore, il rispetto delle seguenti condizioni preliminari: sobrietà, continenza, ascetismo, respirazione coraggio, sport, scienze, arti, concentrazione, riposo, rilassamento, sospensione del pensiero, sospensione della respirazione, controllo dei battiti del cuore, captazione del prana, digiuno, suffumigi, circoli protettivi, evocazioni, incantesimi, orazioni, mantram, verga

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176 Esperienza

attrattiva, spada dissolvente, dominio e maestria degli elementi, degli elementari e degli elementali. Si deve magnetizzare, attrarre, sedurre, concentrare le forze radianti, magnetiche, telluriche, elettro-dinamiche, con il fine di evolvere, progredire, ascendere, aumentare le forze interne, sviluppare le forze esterne, captare, canalizzare le forze radianti-magnetiche, mediante la legge delle affinità, delle simpatie, delle corrispondenze e delle analogie. Eccoci ancora una volta dinanzi a simboli indispensabili alla comprensione della filosofia più semplice e dell'ermetismo più esoterico.

L'ideale del naturismo dovrà nuovamente essere insegnato e dovranno essere diffusi ovunque i principi del naturismo, del frutto-vegetarianismo, gli sport, l'atletica, la respirazione, lo spiritualismo, il misticismo, le scienze, le arti, la psicologia, la pedagogia iniziatica. Il lavoro di rimboschimento, l'adattamento della cultura, la ricerca di mezzi curativi naturali, l'insegnamento non-dogmatico, l'educazione esente da interessi fanatici, la non-credenza in un dogma senza comprensione, la non-pratica del rituale senza conoscenza, la sana aspirazione ad un libero studio esoterico-naturale che conduca ad una Realizzazione perfetta dell'individualità vera posta al servizio della collettività. Il rispetto dei mendicanti, dei filosofi, dei saggi, degli eremiti, dei pellegrini, dei sannyasin, e delle devozioni ai Sadhu, Rishi, Yoghi e Mahatma.

Ero a questo punto delle mie considerazioni quando realizzai per la prima volta l'iniziazione, con le sue due polarità (se così posso dire): l'archeometria e lo yoga; intesi non nel senso grammaticale del termine né nella loro interpretazione corrente, ma nel significato che questi due metodi, o meglio queste due parti del sistema di evoluzione, possiedono, significato esoterico e, soprattutto, sintetico.

In una parola, nel corso della mia vita di studio io ho seguito una via, forse poco ortodossa, però iniziatica, in quanto non ho mai tralasciato l'aspetto esoterico. Essa è il metodo da me esposto in questa prima parte, e presentato non come l'unico modo di progredire e di giungere allo stesso stadio in cui mi trovavo quando realizzai la parola YUG ma come un procedimento che può essere ricordato.

Avendo messo ora per iscritto le basi dei sistemi di pensiero analizzati nel corso del mio lungo cammino verso la Sapienza voglio sottolineare che esse non hanno pretese di completezza ma che sono piuttosto dei memorandum, fonti di documentazione da approfondire in altri corsi.

Nella mia prima giovinezza sono stato attratto dallo Yoga, ma solo a livello intellettuale, come curiosità dello spirito e anche come ricerca di "poteri" e di facoltà superiori utili alla speculazione... Comunque io avevo avvertito presto la necessità dello studio vario e non specializzato; seguivo cioè sia gli insegnamenti universitari ed ufficiali che quelli delle società segrete e del mondo occulto. Mi ero istruito presto nell'ermetismo mentre andavo all'università per completare la mia educazione di ingegnere; più tardi studiai

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Esperienza 177

medicina, contrariandola solo come una documentazione superficiale, avendo già conosciuto le origini di questa arte nell'antica astrologia (dalla quale provengono la Magia, l'astronomia e la medicina); infine, abbordai la filosofia con uno spirito sufficientemente ampio per sapere che prima dei greci il mondo aveva avuto i Grandi Saggi. In una parola avevo in mano l'archeometria e almeno una parte del Sapere; ora dovevo ricevere la parola della rivelazione, dovevo passare quindi alla pratica, essere veramente un INIZIATO, dato che fino a quel momento non ero stato che un "iniziato"...

* * *

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Seconda Parte

IL SISTEMA YOGA(LA PRATICA)

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IL SISTEMA YOGA(La pratica)

L'Iniziazione è una Tradizione organizzata conservatrice delle Scienze Esoteriche

Sulla Terra esistono, indubbiamente, dei centri magnetici; per esempio, prendendo il 30° parallelo di latitudine nord, scopriremo lungo di esso cinque città che sono antichi luoghi di Iniziazione, in quanto vi risiedevano le Scuole Sotterranee che proteggevano i Collegi di Maghi. Abbiamo, in primo luogo, vicino alle piramidi d'Egitto, un tempio sotterraneo, vero luogo delle Iniziazioni, mentre la piramide di Kheope serviva unicamente per la meditazione degli adepti, i quali dopo aver meditato venivano condotti dinanzi alla Sfinge per rispondere a certe domande e poi fatti scendere nel tempio sotterraneo. Più avanti, alla stessa latitudine, troviamo la capitale del Tibet, Lhassa, importante non solo come centro del mondo buddista e residenza del Dalai-Lama (autorità suprema della quarta parte dell'umanità), ma anche come sede del monastero più grande del mondo che ospita 25.000 monaci; il Po-ta-la è un palazzo-monastero di 8 piani, sede sia delle funzioni amministrative del paese che di quelle religiose, il che richiede un grosso numero di Lama che vigilino nei destini del paese. Sotto una roccia, nel luogo in cui si trova lo smeraldo più grosso del mondo, ai piedi del Buddha, si trova anche un tempio segreto dove viene trasmesso l'insegnamento millenario dei Rimpochehs. Seguendo sempre il trentesimo grado di latitudine nord, arriviamo nel nord del Pacifico, in una piccola porzione di terra conosciuta con il nome di Isole Gange: è ciò che resta di un continente scomparso; esistono ancora le grotte misteriose testimoni delle antiche Iniziazioni che avevano luogo nei collegi occulti sotto le montagne. Un po' più in là, sempre sulla stessa linea geografica, abbiamo un paesino messicano, presso Hermosille, donde perdura, come indizio della grande civiltà maya, un sepolcro sotterraneo con le tracce delle cerimonie di una scuola Iniziatica. Infine, nelle isole Canarie (vestigia dell'Atlantide) troviamo, sulle montagne, un popolo che parla un idioma sconosciuto, ricordo di una razza estinta; anche le entrate di gallerie che sono state scoperte, ci danno la certezza di trovarci alla presenza di luoghi un tempo abitati da sette segrete. Ovunque le vestigia rivelano la vita di una comunità di Iniziati o per lo meno il segno di cerimonie Iniziatiche. Questi grandi luoghi di Iniziazione disposti su una stessa

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180 Il sistema yoga

linea sotto la superficie del globo terrestre, sono come i grandi centri nervo-psichici disposti, sempre su una stessa linea, sotto la superficie del corpo umano. Questi punti geografici furono dei centri di Luce per l'umanità e corrispondono, su grande scala, ai punti fisiologici dell'uomo, suoi centri di luce...La rappresentazione dell'infinitamente grande si trova sempre nell'infinitamente piccolo, secondo il celebre assioma: "Com'è in alto è in basso".

I Centri magnetici in cui si formano le Scuole Iniziatiche non sono il prodotto del caso, nè sono dei luoghi miracolosi. A questo proposito è nota l'equilibrata disposizione dei luoghi di pellegrinaggio più importanti, i quali sono uniti l'uno all'altro da una linea geomagnetica. Se osserviamo la costa occidentale dell'Europa nella parte mediterranea, ci rendiamo conto che essa è la riproduzionie (meglio delineata) della costa sud-ovest dell'Asia. Se la costa iberica avanzasse nel mare insieme all'Arabia, troveremmo ugualmente una relazione fra lo "stivale" italiano nel Mediterraneo e la punta dell'India nell'Oceano Indiano; anche la Sicilia sarebbe una copia dell'isola di Ceylon. Inoltre si ricorderà che quattro importanti luoghi sono considerati Sacri in Europa e altri quattro in Asia. In Europa: Roma, Santiago de Compostela (Spagna), la popolare Lourdes e Pray-le-Monial (Francia); in Asia: Gerusalemme per i giudei (e per i cristiani), la Mecca per i mussulmani, Benares, che attrae sulle rive del Gange tutta la popolazionie indù, e Lhassa nel Tibet (Capitale Sacra dei Buddisti). La meraviglia arriva al massimo quando, ignari, si scopre che prolungando una linea tracciata da Paray-le-Monial a Roma si trova la Mecca; prolungando la linea Lourdes-Roma si arriva a Gerusalemme; prolungando quella che passa da Santiago a Gerusalemme si arriva a Benares, in India, e quella che parte da Santiago passando per Roma sbocca a Lhassa, nel Tibet...

E' chiaro, a questo punto, che la Terra non è un semplice strato di materia inerte, ma piuttosto una pelle sotto la quale vibrano dei nervi, dei centri psichici, dei punti magnetici...Essa corrisponde all'epidermide umana sotto la quale vive un sistema nervoso, delle regioni magnetiche, dei plessi, ecc...

Non è una coincidenza che il Monte Kailas (cima spirituale del mondo) veda nascere ai suoi piedi SETTE fiumi sacri. Deve esserci una ragione perchè sette sorgenti scaturiscano intorno alla montagna benedetta, il luogo di pellegrinaggio segnato da milioni di individui.

I SETTE fiumi nei quali i pellegrini gettano denaro e alimenti per ricevere la benedizione degli dei, sono la rappresentazione geografica di 7 stati evolutivi, di 7 esperienze che l'Adepto deve affrontare nella sua vita iniziatica; certi devoti amano percorrere le sponde di questi 7 fiumi sacri per bagnarsi nelle loro 7 differenti acque, ciascuna di esse benedetta dai Geni.

Vengono anche indicati ai pellegrini sette luoghi geografici da visitare, che simbolizzano i SETTE chakra da illuminare. Partendo da Kataragana, al sud

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di Ceylon, l'eremita percorrerà tutta l'India fino a raggiungere i templi di Kedarnath e Badrinath nell'Himalaya, i due occhi di Brahma, (l'uno è dedicato a Vishnù e l'altro a Shiva) prima di arrivare al Santo Kailas nel Tibet, simboli del Loto dei mille petali. Questa salita (è la parola ben scelta quando si pensa che si è partiti dal livello del mare per raggiungere l'Himalaya, quasi a 6000 metri di altezza per addentrarsi nel "passo" della frontiera tibetana), questa ascensione geografica, è la rappresentazione simbolica dell'ascesa di Kundalini nell'Essere umano. Quindi, come un pellegrino, il Kundalini deve elevarsi attraverso SETTE Centri Sacri (i Chakra) fino alla sommità della testa. Il villaggio di Kataragana è, in un certo senso, il simbolo materiale del Chakra muladhara nel corpo astrale e, a sua volta, il monte Kailas simbolilzza il Brama-Rundra. Questo pellegrinaggio simbolico era conosciuto già dagli Alchimisti del Medio Evo i quali dicevano che il metallo vile (piombo) doveva essere trasformato in metallo puro, (oro), poichè, infatti, il piombo (simbolo di Saturno), vibrazione identica a quella del chakra Muladhara, può trasformarsi in oro (simbolo del Sole), vibrazione identica a quella del Sahasrara-padma o chakra dei mille petali mediante la trasmutazione delle forze fisiche in potenze psichiche. E' l'ascesa dell'energia sacra dal centro inferiore (metallo vile) fino al centro superiore (metallo puro), la trasformazione, la sublimazione del mondo materiale in misticismo. E' ciò che gli occultisti chiamano la grande trasformazione. Per caso non fu Gesù a dire ai suoi discepoli: "Perchè per non avere pane? Non avete ancora riflettuto, nè capito?" Infatti, i discepoli non comprendevano, il simbolo sfuggiva loro, anche quando rispondevano: "Dodici", e poi "Sette" (San Marco, Cap.VIII, Vers.17,18,19,20 e 21).

Quando ci si avvicina allo Yoga, al principio ci si scoraggia per il gran numero di termini incomprensibili, perchè non si è familiarizzati con le lingue orientali in generale e con il sanscrito in particolare; in seguito si viene disorientati da un meccanismo di pensiero poco comune, per cui, troppi studenti prendono questo sistema come una semplice filosofia indiana o come il pensiero di alcuni mistici isolati senza cultura nè metodo!

Di fatto, lo Yoga è la sintesi di tutte le scienze e filosofie; solo per iniziare a comprenderne le prime parole è necessaria una gran quantità di conoscenze. Molti si meravigliano che sia tanto complicato e che allo stesso tempo sia praticato da individui che non sembrano possedere un alto grado di avanzamento; di qui il giudizio rapido degli occidentali che si credono i più avanzati, perchè hanno l'elettricità ad ogni porta, i frigoriferi, le radio, ecc... Non si tratta neppure, comunque, di prendere per Saggi tutti i mendicanti del Cherengee di Calcutta, nè per Yoghi tutti i fachiri delle rive del Gange, nè per Iniziati le guardie del Taj-Mahal di Agra! In India vi sono uomini senza cultura, come a Londra e a New York vi è una moltitudine di individui avidi di potere; ma in India possiamo trovare anche dei Maestri che, senza menzionare il loro Sapere, sbalordirebbero i nostri eruditi d'Europa e d'America. E' vero che alcune

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questioni di dettaglio sfuggono agli yoghi e che non si può svilluppare una discussione tecnica tra uno yogarudha (adepto dello yoga) e un cattedratico universitario, anche se, su molti temi, uno Jnani-yoghi, potrebbe divertirsi dell'ignoranza dei nostri "geni"!

Lo yoghi non è uno scienzato, non nutre l'idea di imporre le sue opinioni al mondo: semplicemente EGLI SA! Bisogna riconoscere che è una cosa magnifica constatare come questi umili mistici conoscessero da migliaia di anni ciò che i nostri studiosi moderni scoprono solo ora; i Mumukshus (cercatori della Liberazione) per esempio, anche se non conoscono nei particolari le applicazioni dell'elettricità o della radioattività, è anche vero che, da millenni, non ignorano nulla della disintegrazionie atomica. L'endocrinologia è una scienza del tutto moderna da noi, mentre i Gurù hanno da sempre insegnato l'arte di porre i chakra in perfetto equilibrio per conservare un buono stato fisico e per ottenere il dominio dello spirito.

Ci si dimentica facilmente che ci sono uomini comuni in India come in tutti i luoghi, non è meno vero che incoscientemente, gli abitanti di questo paese siano più o meno tutti degli yoghi, nelle loro opinioni, nelle loro concezioni, nelle pratiche e perfino nella loro costituzione. Le regole di vita in Oriente sono tali che gli individui nonostante il loro stato profano, si avvicinano allo Yoga e spesso l'uomo volgare dell'India è più vicino allo stato di Yogaarudha (96) dello studente occidentale dopo molti anni di disciplina!

La respirazione è un'arte che deve ancora essere insegnata nel nostro mondo moderno; i professori non sono abbastanza numerosi, nè esperti (in molti casi) per insegnare a salvaguardare i polmoni e neppure per comprendere che sono organi addetti all'alimentare del sangue, in quanto assimilano magneticamente in modo parallelo e sincronico le forze radianti attraverso il respiro, ricaricando così i centri nervosi, dopo l'eliminazione dei residui d'aria. I 3 tempi della respirazione (Puraka-Kumbhaka-Rechaka) simbolizzano le varie trilogie (Brahma-Vishnù-Shiva; Padre-Figlio-Spirito Santo, ecc.), ma non dobbiamo perdere di vista che il respiro (il ritmo respiratorio) è l'agente principale che permette l'ascesa dell'energia ignea (kundalini) ai 7 centri (chakra) per ottenere la liberazione, come abbiamo già visto. Per i Qabbalisti, per gli Alchimisti, per gli Iniziati, e in genere, ovunque questo meccanismo è oggetto di ricerca.

FIGURA 31L'Albero Qabbalistico

Nell'albero della vita (i 10 Sefiri) vediamo in primo luogo le due polarità. Queste due colonne (simboli impiegati dalla framassoneria) rappresentano cabalisticamente i due poli (- e +) che esistono in tutte le cose, PINGALA (lato destro e positivo della respirazione) e IDA lato sinistro e negativo della

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canalizzazione pranica), lo Yang o l'Yinn dei cinesi come il maschio e la femmina nella generazione fisiologica.

FIGURA 32Il sublime MAESTRE adempie qui al voto di sannyassin (pellegrinaggio di abnegazione completa, durante il quale si porta come unico vestito la guerrùa color zafferano e non si tocca mai i capelli, se non per fare il bagno) per tutto il pellegrinaggio e l'ascensione al monte Kailas, secondo la regola dei Paramhansa. Generalmente i saddhu non si lasciano fotografare, ma per insistenza del Gurù Guari (l'uomo col turbante), i tre saddhu eremiti vi acconsentirono. (Questa foto fu scattata da un alunno del Maestre, il brahmino Amar Lall, il quale fece una parte del pellegrinaggio e poi ritornò a Calcutta, dove consegnò questa foto alla Gran Fratellanza Universale).

FIGURA 33L'emblema dei Paramhansa, il Cigno Mistico d'argento sopra l'acqua, cinto da un cerchio che simbolizza un fiore di loto dai 31 petali. Il titolo di Paramhansa (Gran Cigno) viene attribuito agli eremiti che hanno effettuato il pellegrinaggio al Santo Monte Kailas (Himalaya del nord); il viaggio non è però l'unica ragione per la quale si conferisce loro questo titolo; esso rispecchia anche il risultato di un lavoro mentale di anni, di una lunga preparazione spirituale.

Riguardo alla numerolgia è conveniente accennare al fatto che il 365, il numero dei giorni della rivoluzione della Terra intorno al Sole, è negativo, mentre è considerato principio positivo il 248, il numero di anni della rivoluzione di Plutone intorno al Sole. Si osservi che la somma degli anni della rivoluzione di Nettuno (164) e di Urano (84) dà il numero di anni della rivoluzione plutonica, vale a dire, 248.

L'albero Qabbalistico è rappresentato da 3 Sefiri superiori e 7 inferiori; il passaggio dal 3 al 7 si trova anche nel mistero del Sigillo di Salomone (triangolo originale che forma poi una figura di 7 elementi) e nel Sigillo della Sapienza dei cinesi, precedentemente analizzati. La settimana, che è un gioco sabbatico, è uguale ad una parte temporale di 6 più una parte atemporale di 1: i 7 giorni ("E il settimo giorno Dio si riposò, è stato detto, per far notare la differenza tra il 6 e l'1). Anche le SEI punte della stella di Salomone, inscritte il UN cerchio, formano il settenario. I chakra da sviluppare sono in realtà 6, perchè l'ultimo (il loto dai mille petali) si illumina da solo quando AGNA, il sesto chakra, si è sviluppato: si verifica la consacrazione simbolizza ta dal Sigillo di Salomone inscritto nel cerchio, e dal settimo giorno della settimana.

Oltre al numero guametrico dei sefiri, abbiamo il numero 32 che indica le vie della Sapienza. Le 32 vie delle scuole segrete, costituiscono una scala di conoscenze, come le 33 consonanti inscritte nei petali dei chakra. Queste ultime

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possono essere vocalizzate quando il chakra VICCUDHA si è sviluppato (si ricorderà che questo chakra è un loto di 16 petali contenente, questa volta in ogni petalo, una vocale). Le 33 consonanti più le 16 vocali dell'alfabeto sanscrito sono inscritte così nei 50 petali dei chakra (una lettera è raddoppiata per completare il numero) e ognuna di loro indica che i 7 chakra debbono essere "lavorati" ognuno su 7 piani (7x7=49) col fine di intersecarli l'uno con l'altro, come succede tra un sefiro e l'altro, offrendo così le vie, i piani e le diverse realizzazioni.

La colonna del rigore e quella della clemenza equivalgono al SOLVE-COAGULA della Magia alchemica, la cui operazione è dissolvere e unire (più esattamente espansione e contrazione), vale a dire, smaterializzare e spiritualizzare, separare il sottile dal denso, come è detto nella Tavola di Smeraldo: disintegrare la materia e sublimare la quintessenza, dissolvere il corpo e fissare lo spirito.

I sefiri dividono il mondo qabbalistico in quattro piani:Atizluth (emanativo),Briah (creativo),Yetzirah (formativo) e

Asiah (attivo), e, nello stesso modo, la materia si divide in 4 modalità fisiche: solida, acquosa, ignea e gassosa corrispondenti ai 4 primi chakra simbolizzati dagli elementi: terra, acqua, fuoco e aria. Queste 4 fonti di luce sono oggetto di meditazione degli apprendisti dell'alchimia spirituale, la quale, ancora una volta, manifesta il quaternario. Nella parola TARO, si scorge la parola ROTA, equivalente ad ATOR, in senso contrario: l'uno è la grande ruota (ROTA), la zona celeste che influenza l'uomo, il cui disegno presenta i quattro raggi, espressione dei quattro segni fissi che sono la manifestazione più semplice dei12 mesi; l'altro è il crogiolo (ATOR o meglio ATHOR) vale a dire, l'uomo stesso sotto questeinfluenze.Uno è il macrocosmo e l'altro è il microcosmo.

FIGURA 34Un embema alchemico: Athor. Il verbo si realizza attraverso la Legge di Athor.

Uno, l'Universo che segna il destino (ROTA); l'altro, l'accettazione o la resistenza di essere l'Urna (ATHOR) che si riempie con le Acque Celesti.La croce centrale è il Khi (dal quale derivano Kone, Krusos e Kronos: l'oro, il crogiolo e il tempo, attribuiti all'alchimia).Non allontaniamoci però dall'argomento specifico che vogliamo esaminare in questa seconda parte, anche se in verità non ci si distacca mai dal tema, quando

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si parla di Yoga, dato che il termine stesso YOGA significa "lo scopo di unirsi" (YUJ: unire, GHAN: fine); esso è per-tanto il fine di ogni cosa; ogni scienza e ogni folosofia deve forzosamente convogliarsi se aspira ad arrivare abbastanza lontano. La parola yoga (testualmente: identificazione) è applicabile quindi ad ogni indagine quando questa sia intrapresa con la intenzione di Realizare qualcosa, in maniera tale che tutti i sensi siano in accordo con essa: esistenza, essenza, forma, intimità della natura, conoscenza perfetta; affinchè l'oggetto considerato non sia separato dal considerante e tutto, formando un medesimo punto, sia YUG.Prima di intraprendere qualsiasi studio di yoga sarebbe bene consultare le opere classiche che trattano del tema per formarsi un'idea di ciò che si accinge a studiare. E' risaputo che quando uno vuole presentarsi ad una scuola specializzata o ad una università, esamina il programma, si informa dei corsi che saranno tenuti, ec., così pure non si passa dal mondo profano a quello Iniziatico senza avere una nozione dell'argomento, sotto pena di scoraggiarsi ai primi passi, o di rimanere con una idea completamente erronea di ciò che si vuole studiare e di arrivare alla pratica con un'idea completamente diversa da quella reale. En primer lugar L'opera più popolare è una specie di Bibbia degli Indù: il Bhagavad Gita (Inno al Divino); benchè questo Canto Celestiale non sia un libro di Yoga, esso racchiude una lezione magnifica per chi è in grado di capirla. I 18 capitoli del Canto Beato corrispondono a 18 piani, 18 stadi, 18 chiavi che aprono le porte della filosofia indù.Il Bhagavad Gita è il dialogo tra Krishna e Arjuna agli inizi della quarta età del mondo.E' l'Iniziazione di un discepolo secondo la dottrina degli indù; in ogni capitolo tratta dellevarie parti dello Yoga per mezzo degli assiomi, di proverbi o di insegnamenti a doppio senso

Le opere più antiche sono indubbiamente i Veda, il Charaka e la Susruta (in Cina sono il Pentsa e il Pun-Tsaon-Kang-Mu, di 52 volumi con circa 2.000 soluzioni). Queste opere non sono proprio dei trattati di Yoga (98) nel senso comune della parola, ma sono sicuramente fonti di indispensabile valore documentativo, come quel magnifico scritto che pure risale noto solo al principio del secolo XVII, contiene dei preziosi insegnamenti: si tratta dell'Amphiteatrum Sapientiae Aeternae solius verae, christiano-kabalisticum, divino-magicum, necnon phisico chemicon, tetrium, katholikon, instrutore Henrico Khunrath, Hanoviae 1609.

Prima di arrivare allo Yoga-Shastra, che è la scienza di acquisire la Conoscenza Occulta per mezzo dell'unione dell'anima individuale con l'anima universale (cioè l'equilibrio fra Jivatma e Paratma), bisogna prendere confidenza con il sistema (rappresentato da Hatha-yoga, Mantra-yoga, Laya-yoga, Raja-

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yoga); a tale scopo confrontare i seguenti testi generali: Kalyana, Yogabijia (Upanishads), Yoga Dharshana, Yajnavalkya, Yoga Shastra, Yoga Sara, il Vishnù Puruana, in particolare il capitolo VI, Gheranda Samhita, Shiva Samhita, Goraksha Samhita, Yoga Pradipa, Vishua Kosha, Anubhava Prakasha, Jnanasankalini.

I principali testi in sanscrito sullo Yoga sono: Darshana Upanishads, Shandilya Upanishads,Hatha Yoga Pradipika, un poema di 393 strofe di Svatmarnama Yogindra, Yoga Dipaka, Pavana Vijasyasvarodaya, Yoghi Yajnavalkya Samhita, Anubhava Prakasa.

Per lo Jnana-Yoga si possono consultare: Akshi Upanishads, Varaha Upanishads.

Per il Laya-Yoga: Shat Chakra Nirupana, Paduka, Panchaka.Per ciò che concerne il Mantra Yoga è bene ricorrere a: Hamsa

Upanishads, Brahma Vidya Upanishads, Nada Bindu Upanishads, Pashupata Brahma Upanishads, Maha Vakya Upanishads.

Per il Raja-Yoga si possono consultare: Jivan Mukti Viveka di Vidyaranaya, e lo Yoga Darshana con gli Aforismi di Patanjali e il commento di Vyasa (comprende 200 aforismi in 4 capitoli). Inoltre si possono studiare Advaya Taraka Upanishads, Trishikhi Upanishads, Mandala Brahmana Upanishads, Amrita Nada Upanishads, Amrita Bindu Upanishads, Kshurika Upanishads, Tejo Bindu Upanishads, Dyana Bindu Upanishads, Yoga Tapna Upanishads, Yoga Shika Upanishads, Sri Jabala Upanishads.

Esiste anche il Rnam-Snag-Ngon-Byang, famoso trattato tibetano di Yoga, come altre opere che, anche se tecnicamente trattano meno di Yoga, non sono fonti di minore necessità per le regole, come gli scritti dei Veda: Sabdapramana (offre tutte le conoscenze per il Dharma e l'Adharma) e i 14 libri sacri dei Saiva Siddhanta Sastras; si potrebbero anche consultare copie autentiche di testi buddhisti come il Sutasangaha e altri trattati che dettano norme per gli stati di coscienza e la direzione del pensiero. Con lo studio di queste opere ci si può formare un'opinione per comprendere la pratica del perfezionamento e dirigersi definitivamente verso ciò che Lao-Tsè chiama il TAO, cioè il Sentiero; per cercare quindi di essere YUKTA (unito).

* * *

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Lo Yoga è il controllo delle tendenze del cosciente; ma siccome esistono 17 vie tradizionali, si dovrà intendere lo YOGA come Identificazione; come si dovrà intendere Religione derivato da RI-LEGARE.

Abbandoniamo ora la parte teorica, tanto a lungo trattata nella prima parte di quest'opera, per abbordare il campo pratico. In primo luogo studieremo alcuni testi fondamentali, ed anallizzeremo le opere della tradizione. Così saremo più preparati a comprendere il significato dello Yoga, il suo obiettivo principale e i suoi aspetti complementari.

Prima di passare alle avvertenze preliminari per intraprendere gli esercizi, si deve procedere con ordine, e spendere alcune parole riguardo al loro meccanismo, e alle basi su cui si fonda il meccanismo stesso.

Cominciamo dall'Hatha-Yoga, cioè lo Yoga-Fisico. C'è sempre bisogno di un punto di partenza e cosa c'è di più logico che considerare per primo il campo materiale sul quale gli occidentali posano il loro sguardo, e la loro certezza.

Sarebbe pregiudiziale credere che per essere uno Hatha-Yoghi sia sufficiente eseguire alcune contorsioni in modo esatto. Si tratta di qualcosa di molto diverso perchè è necessario non solo sapere il motivo di queste supposte acrobazie, ma anche conoscere a fondo il metodo di esecuzione dei movimenti e, soprattutto, in quale modo le posizioni fanno vibrare certe forze molto spesso sconosciute.

L'adepto Yoghi deve arrivare a conoscere perfettamente se stesso e per questo deve aver dimistichezza dei dettagli della tecnica e verificare gli indispensabili elementi di lavoro.

Sia chiaro che questo libro non è un'opera completa di Yoga, nè di quel ramo chiamato Hatha-Yoga; nè è in grado di offrire una centesima parte delle conoscenze necessarie per la sua pratica; questo testo è un piccolo trattato documentario per aiutare gli studenti a percorrere meno pericolosamente il sentiero iniziatico. Dobbiamo tenere sempre presente che la ignoranza ha perduto migliaia di sinceri ricercatori impreparati ad afforntare questa Via. Lo Yoga è un sentiero pericoloso quando manca un Maestro perchè si tratta di un sistema che sviluppa delle forze, prima inavvertite, e che poi una volta liberate, richiedono una maestria assoluta e una conoscenza perfetta della loro utilizzazione.

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Non è molto difficile abbassare la leva dello switch di una centrale elettrica, però se alcuni cavi sono staccati, se certi collegamenti si diramano verso apparati sconosciuti, può succedere a volte una catastrofe irrimediabile.

Tuttavia il fatto di fare semplicemente gli esercizi senza concentrazione, non espone a nessun pericolo reale. Alcuni ritengono che l'Hatha-Yoga sia pericoloso perchè scatena forze sconosciute, il che è vero solamente per chi opera con le opportune conoscenze, ma non per i principianti, i quali ignorano tutto ciò che è in relazione con le vibrazioini interne e con la maniera di metterle in atto. I non-simpatizzanti dell'Hatha-Yoga dicono che gli esercizi sono pericolosi, però essi accettano, di buon grado, per esempio, la cultura fisica; ora, il principiante, praticando le asanas, non fa altro che degli esercizi che hanno il solo potere di conservargli una buona condizione fisica. Perchè lo Yoga arrivi ad essere pericoloso è necessario che siano aperti i centri nervofluidici, il che non si produce se non dopo un lasso di tempo di pratica, durante il quale lo studente, con pazienza, sopporta le sue prove, prepara il suo spirito, purifica i suoi pensieri e quasi sempre gli si permette di incontrare un Maestro. D'altra parte le asana sono prive di effetti reali se non vengono accompagnate da altre discipline dello Yoga. Inoltre colui che durante il suo allenamento non ha trovato un Maestro, una Guida, un Istruttore (un Gurù), per lo meno avrà realizzato (con indubbie restrizioni) il processo interno verso il quale si lancerà. Dobbiamo anche sapere che il pericolo dello Yoga consiste nell'elevare in maniera difficoltosa il Kundalini; vale a dire che se la purificazione è stata imperfetta, e ciononostante la forza interna si eleva nel canale centrale illuminando i centri (chakra), questi sviluppano delle facoltà prima che l'Essere umano sia preparato a controllare questo potere per applicarlo nelle cosidette buone azioni. Risulta chiaro quindi che prima che una forza simile si elevi nell'individuo, è indispensabile possedere una formidabile volontà di disciplina e di allenamento che elevino la persona ad un alto stato di coscienza propendente verso il "bene"...

Ora è quasi impossibile liberare le forze vere, i poteri reali, fino a quando l'adepto non è completamente pronto, la qual cosa ricorda il problema del Determinismo, in quanto un evento non può prodursi prima del momento in cui deve prodursi...

A prescindere da tutto ciò, è bene seguire i consigli della prudenza, come nel caso di quelle persone che, senza aver mai fatto nella loro vita il più leggero esercizio di flessibilità o di respirazione, decidono da un giorno all'altro di praticare la cultura fisica in palestra. Nello Yoga si raccomanda soprattutto di lavorare con conoscenza di causa, cioè, di documentarsi prima di praticare qualsiasi asana. Più tardi vedremo che vi sono degli esercizi preliminari alle asana, dei movimenti elementari da eseguire prima dell'Hatha-Yoga.

Ritornando ad alcune spiegazioni concrete su questo meccanismo, è necessario accennare alla base su cui poggia tutto il lavoro dell'Hatha-Yoga, che

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si può riassumere in una parola:trasmutazione. In breve lo Yoga è il sistema che permette il liberarsi di un potere interno, che viene simbolizzato da una formidabile vibrazione (kundalini) la quale passa attraverso i diversi centri, li alimenta, ed in questo modo mette in moto le energie delle nostre facoltà, fino al punto di trasformare gli appetiti fisici, i desideri materiali, in aspirazioni spirituali e in potenzialità mistica. Tale potere, il fuoco centrale (forza irradiante interiore), l'INRI, l'IO SONO, ecc. passa per detti centri chiamati chakra e simbolizzati nella simbologia indù dai fiori di loto. Questi famosi centri sono le "porte" di un mondo superiore e sono anche gli intermediari fra il piano fisico ed il piano divino; se pure ubicati nel piano astrale appartengono al campo psichico. Nonostante esistano numerosi centri, se ne privilegiano SETTE, non solo per il famoso simbolismo del settenario che abbiamo analizzato a lungo, ma perché ancora una volta il tipico settenario trova il suo posto anche in questo campo.

Sono quindi, queste 7 importanti collocazioni che danno allo Yoga il suo valore pratico, i 7 chakras, che sono nè più ne meno l'emanazione delle 7 principali ghiandole. La Medicina moderna incomincia solo ora a capire la importanza di queste ghiandole che erano conosciute già da millenni dalla Dottrina esoterica la quale veniva divulgata attraverso la Scienza Magica (Medicina originaria). La Magia, che era la Scianza dei Maghi, la MAESTRIA, la Tradizionie Sacra, veniva insegnata solo nei Collegi Iniziatici, e quando più tardi venne volgarizzata sotto il nome di occultismo o di scienza occulta (scienza segreta), i positivisti non la presero sul serio. La Magia, scienza della Maestria, comprende tra l'altro, lo studio astrosofico, che è stato diviso in Astrologia (non l'oroscopia moderna, ma la scienza completa degli astri) e in Fisiogonia, che hanno dato, rispettivamente, nascita all'Astronomia ed alla Medicina; queste ultime discipline non sono altro che scienze analitiche e non scienze sintesi come in altri tempi.

L'endocrinologia, che solo oggi comincia ad essere studiata, (potremo dire: scienza ritrovata) era conosciuta da molto tempo dagli Yoghi, essa è il punto di partenza del sistema dell'Hatha Yoga. Dobbiamo avere quindi un'idea corretta di queste ghiandole, ed è quanto studieremo rapidamente, alla maniera di una lezione di embriologia umana, al principio di un anno scolastico.

Ci interessiamo delle 7 ghiandole principali, cioè: le surrenali, la milza , il timo, la tiroide, la pituitaria e la pineale. Le ghiandole SURRENALI dei mammiferi e dell'uomo sono dei complessi nei quali dobbiamo distinguere due organi differenti: una sostanza corticale che proviene dall'epitalium coelomico e una sostanza midollare chiamata paraganglio simpatico surrenale, organo cromaffine della surrenale che ha origine dalle cellule simpatico-embrionali.

Figura 35

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Ghiandole surrenali. Il chakra svadhistana è l'emanazione dell'ipogastrico del parasimpatico, e si trova nel centro del corpo sopra la linea che va dal plessosacro all'ombelico. Collegato ai gangli simpatici, questo plesso sta all'altezza della quinta vertebra lombare; il nervo pelvico si collega nella parte chiamata promontorio (precisamente sotto la quinta lombare) e potremmo prendere la distanza da questo punto verso la parete del ventre per localizzare il chakra.

Le capsule surrenali sono le uniche ghiandole che si trovano leggermente spostate in alto rispetto alla posizione dei chakra. Come vedremo più avanti il primo centro nervo-fluidico risiede alla base della colonna vertebrale (come un plesso sessuale) e il secondo centro è la emanazione del plesso prostatico. Dopo le due ghiandole surrenali, abbiamo una ghaindola di origine mesodermica che deriva da una proliferazione locale dell'epèitelium coelomico: la MILZA. Essa è situata sopra il bordo sinistro del mesogastro posteriore ed è unita allo stomaco per mezzo dell'involucro anteriore di detto mesogastro che forma l'epiplon gastro-splenico.

Quando l'embrione misura da 7 a 10 mm., verso la fine del primo mese, la milza appare sopra la cima della grande curvatura dello stomaco.

Il Timo è situato verso il retro del manubrium esterno. La ghiandola timica proviene dall'epitelio del labbro dorsale e dalla parete laterale della terza borsa endodermica: è un piccolo corpo epiteliale che si distacca dalla borsa e scende con l'estremità cefalica dell'abbozzo.

Figura 36

La ghiandola timica

timico fino al livello del bordo inferiore dell'abbozzo tiroideo medio e si fissa nell'unione dell'istmo con i lobi laterali della faccia posteriore. (Gli si dà a volte erroneamente il nome di ghiandola paratiroidea esterna; ne esistono una destra e una sinistra).

La TIROIDE: l'epitelio della parte laterale della quarta borsa brachiale endodermica fornisce un piccolo corpo epiteliale che si separa e che si situa definitivamente nell'abbozzo tiroidiano mediano dove forma la ghiandola tiroidea. Il corpo pituitario: la primitiva bocca ectodermica viene originariamente separata dall'interstizio cefalico da una membrana didermica, ossia, la membrana faringea che si riassorbe rapidamente, mentre rimane momentaneamente un piccolo lembo pendente dalla parete superiore della bocca primitiva che delimita dal lato ectodermico la borsa di Rathke e dal lato endodermico la borsa di Seessel. La borsa di Rathka è quella che forma una

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piccola proliferazione epiteliale che si introduce nel mesodermio e si dilata in qualità di vescicola sotto le vescicole cerebrali: è l'embrione della GHIANDOLA PITUITARIA.

Infine c'è la PINEALE situata nella parete superiore del terzo ventricolo (alla base del cervello). Nel "soffitto" del cervello intermedio o diencefalo (parte concava trasversalmente), questa parte posteriore presenta, nella giuntura con la parete posteriore, un organo di forma conica chiamato GHIANDOLA PINEALE o anche EPIFISI, il quale poggia nel solco medio che separa i tubercoli quadrigemini anteriori. Il vertice libero guarda indietro, la base che corrisponde al ventricolo medio è attraversata da un diverticolo ventricolare: il recessus pineale (compreso tra i due ripiegamenti, superiore ed inferiore).

Le sette ghiandole sono parallele ai 7 chakra come segue:La surrenale sinistra a MULADHARA, il quale sviluppa la facoltà di

locomozione.La surrenale destra a SVADHISTANA, il quale sviluppa la facoltà di

prensione.La milza a MANIPURA, il quale sviluppa la facoltà di escrezione.Il Timo con ANAHATA, il quale sviluppa la facoltà di riproduzione.La tiroide a VICUDDHA, il quale sviluppa la facoltà di elocuzione, di

espressione.La pituitaria ad AGNA, il quale sviluppa il piano mentale.La pineale a BRAHMA-RUNDRA, il quale dà la fusione con

l'Universale.Esistono inoltre altri chakra secondari dei quali non parleremo perchè

considerati centri segreti che sviluppano facoltà occulte, per cui è preferibile non descriverli in un'opera di divulgazione. Alcuni di essi sono: il LOTO SEGRETO (chakra occulto), il NIRALAMBA-PURI (casa senza appoggio), il PRANATVA (la lama raggiante), il NADA (o mezzaluna bianca) e il BINDU (ultimo punto) che è anche l'aspetto esoterico di PARAPATI. Abbiamo tralasciato il chakra SAHASRARA, il SOMA-CHAKRA ed altri loti per sviare gli studenti troppo "curiosi"! E' opportuno non dare informazioni troppo precise riguardo a ciò che deve essere custodito in segreto, secondo la parola TACERE del celebre assioma, la quale esige il silenzio sulla realtà del dogma: azione dell'anima perfezionabile mediante l'antagonismo

Le facoltà anzidette, che vengono sviluppate attraverso l'illuminazioine dei rispettivi centri devono essere completate prima di acquisire i nuovi sensi che devono manifestarsi nell'uomo della nuova razza.

FIGURA 37

Il cervello umano. Non si tratta di studiare la struttura del sistema nervoso, quanto il processo reurologico che deve essere conosciuto dal lettore perchè

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possa apprezzarne l'importanza fisiologica; e in particolare il metabolismo che in ogni neurone ha queste due modalità: il processo catabolico che è la scomposizione parziale di certe molecole instabili e molto complesse che costituiscono la sostanza essenziale del normale processo del metabolismo. Con una scomposizione simile, alcune materie chimiche o l'energia potenziale muscolare, vengono trasformate in energia libera per mezzo della quale la cellula adempie le sue funzioni sociali. Il processo anabolico invece consiste nel ricostruire il complesso muscolare per mezzo dell'ossigeno e delle sostanze alimentari che sono assorbite dalla cellula tramite il sangue. E' la funzioine sociale, è il ruolo compiuto dal neurone nell'economia dell'organismo intero, che costituisce questa psicologia fisiologica che lo Yoga ha elaborato da molto tempo e che la scienza occidentale inizia appena a scoprire.

La facoltà di locomozioine, ottenuta grazie allo sviluppo del primo centro, consiste nella possibilità di spostarsi senza fatica, anche astralmente. Sono noti quei Gurù dell'India che si smaterializzano per poi materializzarsi in altri luoghi, anche se non è solo in India che si verificano tali "miracoli"; in genere la gente è a conoscenza di alcuni fenomeni di ubiquità, ad opera di stregoni o Iniziati apparsi improvvisamente, per sparire subito dopo. Ricordiamo che Apollonio di Tiana venne assolto dai suoi giudici perchè appariva e spariva davanti al Tribunale.

Il secondo centro sviluppa i mezzi di prensione, cioè la possibilità di raggiungere degli oggetti situati a grande distanza, di prelevarli per depositarli in seguito in altri luoghi

Il terzo centro governa l'escrezione, permette, cioè, il blocco della sudorazione e dell'emissione di orina ed escrementi, permettendo, per esempio, la sopravvivenza di un individuo chiuso per diversi mesi in un baule, senza alimentarsi e allo stesso tempo senza perdere nè peso nè forza. L'illuminazione di questo centro conferisce il potere di diventare piccoli o grandi a volontà.

I mezzi per la riproduzione conferiti dalle vibrazioni del quarto centro appartengono ad un piano supernormale: possono dar nascita sia a cose che ad esseri. Consistono nella facoltà di poter creare a volontà. (Far crescere una pianta di fagiolo in pochi minuti è spesso un trucco da fakiro, benchè possa tuttavia essere prodotto dal magnetismo che proviene dallo sviluppo di questo centro; avendo osservato certi yoghi effettuare queste prodezze, i fakiri le utilizzano per intrattenere il pubblico delle fiere.

Il quinto centro conferisce la vera clariudienza, la quale non ha nulla a che vedere con le "voci" sentite da alcuni medium e con le conversazioni più o meno reali di alcuni simpatizanti dello spiritismo; ma, invece, è la facoltà di udire chiaramente una conversazione avente luogo in un altro continente, e anche di farsi sentire da una persona residente in un luogo assai lontano; in questo modo vengono inviati i messaggi tra gli Iniziati.

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Infine, il sesto centro stabilisce il contatto con il piano mentale superiore, conferendo non solo la chiaroveggenza, ma anche la conoscenza assoluta di tutte le cose.

Il settimo centro è di difficile comprensione per chi ha poca familiarità con l'esoterismo. Lo yoghi che raggiunge questo stato è in grado di scegliere la propria incarnazione futura, può disincarnare a volontà e reincarnarsi immediatamente, abbandonare il corpo in decomposizione per prenderne un altro, oppure, rimanere nello stesso veicolo fisico per il tempo necessario a compiere la sua missione in questo pianeta.

Queste facoltà che superano molto spesso la comprensione dell'uomo comune, non perdono la loro autenticità per il fatto di non essere state studiate a sufficienza da uomini di scienza, i quali pure non sapendole spiegare, non le considerano un trucco e sono convinti dell'esistenza dei poteri sopranormali (e non soprannaturali).

Il vero yoghi però non usa tali facoltà per stupire i suoi contemporanei, neanche durante l'insegnamento delle asana. Il sadhak sa astenersi dall'uso delle sue conoscenze e dei suoi poteri , pertanto, le rappresentazioni per il pubblico, gli "spettacoli straordinari", sono quasi sempre semplici trucchi o abili prestidigitazioni; in altri casi, alcuni fakiri (i quali non devono mai essere confusi con gli yoghi) al corrente di certi fenomeni producibili per mezzo della volontà e di un pò di pratica, si dedicano a dare spettacolo con fini speculativi, oppure, non accettano denaro, ma agiscono per soddisfare il loro orgoglio.

Fin dai primi mesi di pratica dell'Hatha-Yoga, gli studenti sono in grado di constatare un potenziamento dei loro sensi che aumenta con la pratica; no unicamente por el mejoramiento de las condiciones fisicas sino que consiste en un desarrollo verdadero de los sentidos en proporcion a los ejercicios los cuales canalizzano l'energia verso i chakra (senza aprirli troppo presto come succede se li si friziona!)

L'olfatto si sviluppa con il primo centro, poi il tatto con il secondo centro, in seguito la vista con il terzo; successivamente il gusto si sensibilizza con il quarto centro, come l'udito con il quinto. Una volta che questi cinque sensi si sono sviluppati, bisogna perfezionarli prima di acquisire i due supplementari che caratterizzano l'Uomo del futuro.

E' noto che i nostri sensi attuali sono ancora lontani dall'essere perfetti; essi sono ancora da sviluppare; noi li possediamo ad un livello per così dire elementare.

Respiriamo l'aria però non possiamo distinguere i diversi gas che la compongono, e non ne "sentiamo" l'odore! Un profumo non vi lascia altro che una gradevole sensazione per breve tempo, nonostante la fotografia ultrasensibile ne indichi le vibrazioni aeree anche dopo vari mesi e perfino anni, nel caso di alcuni profumi tenaci. Secondo quanto affermano gli esperti, una goccia di ambra lascerebbe una forte traccia di sè all'interno di una stanza ben

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chiusa, anche per un migliaio di anni; tuttavia il nostro olfatto dopo alcune ore non percepirebbe più nulla.

Il nostro tatto è una sensazione molto povera, e ce ne accorgiamo riflettendo sul fatto che ci è impossibile sapere che qualcuno entra in una stanza, se abbiamo gli occhi bendati e le orecchie otturate. Il papavero invece si ripiega su se stesso se gli avviciniamo un dito a 10 centimetri!

Siamo molto lontani da una simile sensibilità posseduta da una semplice pianta; quanto più raffinati di essa dovremmo invece essere, dato che apparteniamo al regno perfetto!... Quanti animali posseggono antenne capaci di sentire ogni essere che si avvicina e che sensibilità quella dei pipistrelli che volano nella oscurità a velocità sostenuta, pur essendo ciechi grazie al loro senso di percezione tattile.

Poca cosa è la nostra vista che può vedere solo 6.000 dei milioni di stelle che esistono, e di cui siamo a conoscenza grazie al telescopio; l'imperfezionie di questo nostro senso risulta ancora più evidente nel caso dell'arcobaleno di cui vediamo solo una piccola parte, mentre gli strumenti captano una grande fascia cromatica ai lati dei colori a noi visibili: fascia infrarossa e ultravioletta usata oggi per applicazioni scientifiche.

Il nostro tatto non è in grado di riconoscere i liquidi; per esempio, una persona, con gli occhi chiusi, sarebbe incapace di dire se le è stato versato sulla mano del vino o del latte in base alla sola sensazione tattile. Così pure la nostra vista sarebbe incapace di rilevare lo spessore di due fogli di carta, senza il concorso del tatto.

E che debolezza quella del senso del gusto che divide la propria sede, nel quarto centro, con gli organi di elocuzione (la voce): già sappiamo che ogni sapore varia da persona a persona e che il gusto è una cosa del tutto relativa; per quanto riguarda la voce si sa che alcuni posson cantare ed altri non possono emettere il più piccolo suono armonico; lo stesso vale per la potenza della voce: il grande tenore Caruso fece tremare gli enormi lampadari della cupola della Scala di Milano, mentre noi siamo incapaci, a volte, di farci udire da un amico anche gridando con tutte le nostre forze, perchè la distanza, il vento, ecc.., impedisco no al suono della nostra voce di raggiungerlo.

Infine, neanche l'udito è più efficace dei nostri sensi, dato che il nostro amico di prima non riusciva a sentire la nostra voce; d'altra parte noi non possiamo percepire da lontano il tic-tac di un orologio, anche se le vibrazioni permangono a lungo nell'atmosfera, in quanto il nostro udito è in grado di captarle solo in parte e ad una distanza variabile secondo le capacità individuali.

Ecco qui i nostri cinque sensi imperfettamente sviluppati e tuttavia numerose persone dicharano di avere anche il "sesto senso"! Ciò è indubbiamente possibile, non siamo troppo scettici, però ci piacerebbe vedere se questi "chiaroveggenti", "extralucidi", "medium" e tutti gli appassionati di fenomeni spiritoidi, una volta chiusi in una stanza completamente buia fossero

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in grado di disegnare oggetti collocati sopra una tavola, senza averne previa conoscenza! Mai un "medium" (che pretende di vedere al di là del mondo, di conversare con gli spiriti dei morti, di sentire i messaggi di altri pianeti, ecc.) è stato capace di sentire un solo discorso pronunciato da una persona in una stanza contigua, debitamente chiusa, perchè è impossibile che il suo udito lo senta! Mai uno spiritista ha potuto riconoscere nell'oscurità completa le persone presenti ad una riunione, pur pretendendo di vedere altri orizzonti, di trasferirsi nel Tibet e di descrivere i paesaggi (senza timore di essere contraddetto date le poche persone che hanno visitato questi luoghi). Tutto questo come se il fatto di "vedere" nell'astrale togliesse il senso della vista agli occhi fisici, come se il fatto di sentire messaggi a migliaia di miglia impedisse di ascoltare una lettura effettuata ad alcune centinaia di metri; pertanto, nei rari casi in cui i fatti sono controllabili, si tratta o di una coincidenza o di un trucco o, ancora più spesso, di una illusione sulla possibilità dei medium, i quali quasi sempre sono sinceri e vengono tratti in inganno sia dalle immagini astrali dell'inconscio, sia dalla fertilità dell'immaginazione, sia dall'orgoglio e dalla presunzione nascosti sotto l'apparenza di persone umili, semplici e, soprattutto, ricettive.

Gli yoghi non parlano di questo tipo di fenomeni che essi sono in grado di produrre, oltre ad aver sviluppato sensi fisici, tutte cose che richiedono in dominio della materia.

Anche se gli spiritisti non sono sempre buoni spiritualisti, la diplomazia anglo-sassone concede loro lo stesso termine idiomatico; fra gli anglosassoni infatti non esiste il termine particolare di spiritista per designare la persona che si occupa di negromanzia e di medianità! Spiritualista e spiritista fusi in una medesima mescolanza! Povero Leibniz, se dovesse sentire quello che si fa della sua filosofia...

Diciamo una volta per tutte che gli spiritualisti sono i sostenitori di una filosofia opposta al materialismo; lo spiritualista crede nella superiorità dell'anima, dello spirito sopra la materia. Invece lo spiritista è una persona negativa ( e molto spesso ignora ogni filosofia) che pretende di essere in contatto con gli spiriti dei morti e di ricevere messaggi dal mondo dell'aldilà. I medium, gli spiritisti in genere, sono persone inclini alla fertile immaginazione; anche alcuni intellettuali, negli ultimi tempi, si dedicano a questo genere di passione per il fenomenismo.

Ad un altro livello, invece, operano i prototipi della Nuova Era, quelle persone che si distinguono per i loro sensi più acuti e per aver iniziato realmente a sviluppare il sesto senso, privilegio dall'avanguardia della nuova civiltà: la Sesta Razza.

Gli yoghi rappresentano, in un certo senso, l'esempio tipo per tutte le generazioni, perché non si evolvono secondo il condizionamento delle razze e delle civiltà, ma sono stati fin dai tempi più antichi e continueranno ad essere

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fino ai tempi più lontani gli esseri che nella incarnazione fisica hanno raggiunto lo stato di perfezione.

Uno yoghi non deve perfezionarsi, EGLI E', è l'archetipo di tutte le età, il modello delle epoche del passato e del futuro, perchè non sono solo i suoi sensi ad essere completamente sviluppati, ma lo sono anche le sue qualità superiori, che derivano dall'aver trasceso lo stadio dell'umanità presente: egli non deve evolversi più, poichè è UNITO, è uno con il Gran Tutto, è unificato all'Universo intero, è IDENTIFICATO...è YUG...

Questa identificazione è possibile grazie alla decomposizione stessa del nostro corpo fisico (polvere siamo e alla polvere ritorniamo) che fu creato dalla terra: "Formò, quindi, Jehovà, Dio, l'uomo dalla polvere della terra e alitò nelle sue narici il soffio di vita". (Genesi, cap.II, vers.7).

Il nostro pianeta è una parte del grande Cosmo, è una cellula dell'enorme corpo universale, e noi siamo una parte di questo pianeta, un "parte della parte" Cosmica, un atomo del corpo di Dio, una particella atomica di questo gran corpo chiamato Natura; tutto è legato, è UNO, senza inizio nè fine, niente si crea, niente si distrugge, tutto è in relazione, una cosa è l'insieme di molte altre cose, una materia viene estratta dall'altra, tutto si trova intimamente collegato.

L'essere umano è composto di sali minerali, una specie di estratto di composizioni planetarie un universo in sè nel funzionamento e nella struttura (abbiamo visto lo stretto parallelismo tra i numeri del microcosmo e del macrocosmo),; diventa comprensibile allora il suo campo di influenza. In effetti, come il bambino e l'uomo sono condizionati nella loro educazione dall'atmosfera nella quale sono stati educati, così i pianeti sono legati fra loro e hanno le loro simpatie e antipatie come in un conflitto familiare; in altre parole: le influenze prodotte a causa delle "relazioni" di un pianeta con un altro, durante l'esistenza di un uomo, condizionano la sua vita fino al punto di predisporlo molto fortemente a determinate azioni, le quali può però evitare, sempre e quando, con la propria forza di volontà, acconsenta a fare uno sforzo di trasmutazione.

Ritorniamo ancora una volta al problema della trasmutazione tanto spesso citato. L'uomo è destinato fin dalla nascita (per non dire da prima,perchè dovrebbe entrare in causa il problema karmico) e per tutta la vita, ad essere limitato dalle influenze stellari; ma può anche sfuggire a questa limitazione, può liberarsi dallo zodiaco e porsi fuori dalla zona di influenze.

In primo luogo è necessario sfuggire allo zodiaco mentale, vale a dire, ai pregiudizi, per concetti atavici, agli interessi, ai dogmi fanatici; questa liberazione colloca l'essere faccia a faccia con il Cosmo e con le Forze che si manifestano per mezzo dei pianeti le cui influenze possono essere perfettamente conosciute mediante i dettagli del meccanismo zodiacale. I pianeti influiscono sull'uomo soprattutto attraverso i chakra; attraverso queste "porte" penetrano le influenze astrali, giacchè ogni ghiandola è in contatto con un pianeta, con un

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senso, con un colore, ecc. I loro valori archeometrici ci permettono di comprendere meglio il significato dello yoga inteso come Identificazione e il parallelismo esistente tra il corpo umano ed il cielo in genere.

Tutti abbiamo uno zodiaco nella testa! Intendo con ciò uno zodiaco simbolico costituito da quelle limitazioni a cui obbediamo in questa vita: nazionalità, nome, linguaggio, educazione, cultura, idee preconcette, attaccamento familiare, abitudini di razza, credenza, religione, ecc... Trascendere questi limiti è il primo passo: non a caso disse il Cristo: "Se qualcuno viene a me e non abbandona e padre, e madre, e moglie, e figli, e fratelli, e sorelle, e anche la sua vita per seguirmi, non può essere mio discepolo"! (San Luca, cap.XIV vers.26); devi fare abnegazione di te stesso, continuò e disse anche: "Colui che trova la sua vita per me, la perderà, e colui che la perde la troverà"! Ecco un insegnamento Tradizionale.

Sicuramente Gesù di Nazareth si esprime simbolicamente quando domanda tanti sacrifici ai suoi discepoli, tuttavia, in ogni frangente dobbiamo riflettere sui nostri attaccamenti, perché sono troppo materiali le nostre idee sulla realtà la quale è effimera, è il Maya, l'illusione, il miraggio...

Una volta che questi attaccamenti, questi legami, questi beni, queste concezioni siano sparite, siamo allora liberi, anche se non interamente, poichè se pure siamo riusciti ad uscire dallo zodiaco mentale, da questa limitazione dello spirito dobbiamo ancora sfuggire allo Zodiaco cosmico, cioè, alla zona di influenza che circonda il nostro pianeta.

Lo zodiaco è la fascia di costellazioni che influisce più immediatamente sul nostro pianeta, anche se esistono altri zodiaci più lontani, superzodiaci di altri cosmi, ecc.

Il nostro sistema solare, composto di 20.000.000 di stelle (delle quali da 5.000 a 6.000 sono visibili ad occhio nudo), non è altro che una particella di questo grande universo costituito da 2 milioni di sistemi solari con 40 trilioni di stelle conosciute fino ad oggi.

Zodiaco significa ruota di animali, e si chiama così, perchè la maggio parte delle costellazioni portano nomi di animali ad eccezione di alcune che hanno nomi umani o semi-umani (mitologici). I 12 segni dello Zodiaco sono l'espressione simbolica delle 12 costellazioni principali che circondano la nostra Terra ed attraverso le quali è stata tracciata l'eclittica (cammino apparente percorso dal Sole).

Nomi dei segni dello Zodiaco che si usano in italiano Nomi latini delle CostellazioniArieteAriesToro TaurusGemelli GeminiCancro Cancer

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LeoneLeoVergine VirgoBilancia LibraScorpione ScorpiusSagittario SagittariusCapricorno CapricorniusAcquario Aquarius (Anfora)Pesci Piscis

Ognuno dei segni menzionati influisce in modo particolare su una parte del corpo umano; per questo spesso una persona tipica di uno di questi segni sarà debole nella parte del corpo simbolizzata dal segno sotto il quale è nata. Ciò è valido solo a livello generale, poichè per considerare seriamente una predisposizione si deve stendere uno schema natale completo, secondo la ora e il luogo di nascita, nel quale si terrà in poco conto il segno di nascita, che indica solamente la posizione apparente del Sole ; questo spiega, per esempio, perchè tutte le persone nate fra il 21 di marzo ed il 20 aprile sono dello stesso segno, ma non hanno le stesse debolezze o lo stesso carattere; si deve considerare infatti che queste persone non sono nate tutte nello stesso anno, nè nello stesso posto, nè nello stesso tempo (anche in unità di minuti). Ciò nonostante, anche se simbolicamente, possiamo tener conto delle seguenti caratteristiche:

Il segno dell'Ariete è in relazione con la testa, le malattie degli occhi, il cervello.

Il segno del Toro è in relazione con il collo, le malattie della gola, le orecchie.

Il segno dei Gemelli è in relazione con il petto, i bronchi e le braccia.Il segno del Cancro è in relazioine con lo stomaco, la tubercolosi, gli

umori.Il segno del Leone è in relazione con il cuore, la schiena, la pelle.Il segno della Vergine è in relazione col ventre, l'intestino, le depressioni.Il segno della Bilancia è in relazione coi reni, i disturbi epatodigestivi.Il segno dello Scorpione è in relazione con il sesso e le malattie veneree.Il segno del Sagittarioè in relazione con le cosce, le anche e gli infortuniIl segno del Capricorno è in relazione con le ginocchia e i tendini.lI segno dell'Acquario è in relazione con le gambe, le vene e le varici.Il segno dei Pesci è in relazione con i piedi e le perturbazioni psichiche.Si osserverà che con frequenza le persone sono più influenzate dal segno

dell'ascendente, che da quello solare. L'ascendente è il segno che si alzava all'orizzonte orientale al momento della nascita, che viene calcolato in base all'ora e al luogo natali (la data di nascita non basta perchè fornisce unicamente la posizione del sole). Gli studi astrologici che si basano solo sul giorno di nascita sono puramente simbolici, perchè non si deve perdere di vista che

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OROSCOPO proviene da ORA; esso è lo studio degli astri secondo l'ora (ed il luogo) di nascita.

Anche se i pianeti girano ininterrottamente, nello Zodiaco si è loro conferito un domicilio, in altre parole, una ubicazione in un segno affine alle caratteristiche del pianeta, come certe particolarità esoteriche, troppo lunghe per essere prese qui in considerazione.

I pianeti percorrono il ciclo zodiacale a velocità diverse, dovute alle loro rispettive distanze dal centro solare, e le longitudini che ad ogni istante formano tra di loro, danno forma agli aspetti, i quali producono diverse influenze astromagnetiche che hanno ripercussione in tuttociò che vive: piante, animali, uomini.

Quando due pianeti si trovano nella stessa longitudine si dice che sono in congiunzione (con un margine di alcuni gradi); quando si trovano ad una distanza di 30° formano un semi sestile (sempre con un margine di tolleranza), a 45° una semiquadratura, a 60° un sestile, a 90° una quadratura, a 120° un trigono, a 150° un quinconce, a 180°, ossia quando li separa la metà dello zodiaco (un cerchio ha 360 gradi) una opposizione (è tollerato qualche grado di approssimazione, per prendere in considerazione la relatività della forza di influenza). Esistono inoltre i cosidetti aspetti intermedi come la sesquiquadratura: 135°, i paralleli: quando questi due pianeti si trovano alla stessa latitudine dall'Equatore, ecc.

Il segno dell'Agnello è il domicilio del pianeta Marte.Il segno del Toro è il domicilio di Venere.Il segno dei Gemelli è il domicilio di Mercurio, anche se esotericamente è

attribuito agli asteroidi (100) (Mercurio, come vedremo, ha un secondo domicilio).

La Luna ha il suo domicilio nel segno del Cancro.Il Sole nel Leone.Mercurio nella Vergine.Il segno della BILANCIA è considerato tradizionalmente domicilio di

VENERE, però questa seconda residenza del pianeta è essoterica in quanto vela la posizione della TERRA in detta parte dello Zodiaco (101).

Secondo gli antichi il pianeta MARTE ha il domicilio notturno nel segno dello Scorpione e il domicilio diurno nell'AGNELLO (Venere è considerata avere il domicilio diurno in Toro, e il domicilio notturno nella Bilancia; Mercurio il domicilio diurno nei Gemelli e quello notturno nella Vergine). Tuttavia, dobbiamo oggi prendere in considerazione le recenti scoperte di Urano (nel 1781), di Nettuno (nel 1846) e di Plutone (nel 1930) il che non vuol dire che gli Antichi avessero ignorato le loro influenze, se nonchè in quei tempi questi pianeti non avevano nomi (si sa, per esempio, che l'astronomo francese Leverrièr scoperse Nettuno senza averlo propriamente visto, ma, per mezzo del calcolo ne dimostrò l'esistenza, proprio come gli Antichi conoscevano le diverse

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zone d'influenza, senza vederne gli astri e ne conoscevano gli effetti).A partire dalle nuove scoperte planetarie, PLUTONE è stato messo in relazione allo SCORPIONE-AQUILA il che concorda molto bene con il suo carattere trasmutatore comune anche al simbolismo del segno.

Il pianeta Giove è sempre domiciliato nel CENTAURO.SATURNO nel CAPRICORNO.

Anteriormente anche SATURNO era stato collocato nel segno dell'ACQUARIO, ora attribuito ad URANO.

Così pure i PESCI erano anticamente domicilio di GIOVE, mentre, nell'astrologia moderna, sono il domicilio di NETTUNO.

Resta inteso che questi domicili sono simbolici e che i pianeti non "risiedono" lì, evadendo dalle loro traiettorie, ma vi passano soltanto in lassi di tempo ben definito, secondo i percorsi e le rispettive velocità.

Mercurio, il pianeta più vicino al SOLE, impiega per il suo percorso 88 giorni, Venere 225 giorni, la nostra Terra 365 giorni e 1/4, sempre che si consideri il sistema solare eliocentricamente, (elio=sole) secondo il movimento reale, prendendo il Sole come punto centrale; invece prendendo la Terra come punto d'osservazione, ossia geocentricamente (geo=terra), guardando il Sole girare apparentemente attorno alla Terra, (il Sole traccia il cerchio zodiacale di 360 gradi in questo lasso di tempo), Marte compie la sua rotta zodiacale in 687 giorni, Giove in 11 anni e 315 giorni, Saturno in 29 anni e 167 giorni, Urano in 84 anni e 8 giorni Nettuno in 164 anni e 281 giorni, e infine Plutone in 248 anni.

Dobbiamo prendere in considerazione anche altri elementi, come le circa 150 combinazioni delle 12 case con i 12 segni, i transiti, ecc., per conoscere un pò di astrologia, il che richiede previe nozioni di astronomia e di semplice cosmografia; è necessario sapere inoltre che si deve tener conto sia degli aspetti celesti che di quelli terrestri per ottenere le conclusioni dell'orientamento del cielo planetario, e che la Terra compie una dozzina di movimenti oltre alla rivoluzionie intorno al Sole e alla rotazionie su se stessa (la mutazione del suo asse, il suo "allargamento", la sua proiezione nello spazio alla velocità di 20 km. per secondo) (102).

Dobbiamo aggiungere la ripartizione dei quattro elementi della natura nello zodiaco, il FUOCO, che rappresenta il dinamismo, è situato all'inizio dell'anno astronomico (21 di marzo) quando il Sole incomincia la sua marcia davanti alla pista zodiacale; è l'energia indispensabile a tutte le cose per il conseguimento di un progetto. Quando il progetto è deciso, si visualizza generalmente il risultato, se ne scorge la fine: il risultato è l'elemento solido che corrisponde alla Terra nel segno del Toro; come il fuoco è in sintonia con il pianeta Marte, il cui domicilio è l'Agnello (primo segno dello Zodiaco), così la terra è l'elemento del pianeta Venere, il quale governa le arti, la simpatia e l'amore, che sono funzioni puramente terrestri. L'elemento ARIA, che rappresenta i gas, oltre ad essere l'elemento della fusione, delle possibilità di

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associazione di unione, sta ad indicare la necessità di appoggio, di aiuto, di assistenza in tutte le cose, ragion per cui prende il suo posto nel segno dei Gemelli, segno simbolizzato da due figure umane (Adamo ed Eva), a significare l'intelligenza e la cooperazione. Come in tutte le attività, dobbiamo fare i conti con gli ostacoli, rappresentati dall'elemento acqua nel segno del Cancro. I quattro elementi formano il quaternario, il quale, suddiviso nei segni dello Zodiaco, dà luogo alle seguenti triplicità:

L'elemento FUOCO nei segni Ariete-Leone-Sagittario.L'elemento TERRA nei segni Toro-Vergine-Capricorno.L'elemento ARIA nei segni Gemelli-Bilancia-Acquario.L'elemento ACQUA nei segni Cancro-Scorpione-Pesci.Si potrebbe insistere sul magnifico simbolismo dell'elemento FUOCO nei

segni caratterizzati da una forza dinamica, da un potere attivo, mentre l'elemento TERRA è rappresentato dai segni che esprimono attaccamento, ponderazione, studio, servizio, ecc. L'elemento ARIA appartiene ai segni doppi: i Gemelli (2 figure umane), la Bilancia (2 piatti) e l'Acquaiolo (2 rivoli d'acqua che escono dall'Anfora); l'elemento ACQUA è proprio di quei segni che esprimono il movimento ondulatorio dei liquidi, la instabilità, l'ostacolo, la lotta delle aspirazioini, il lavoro sui vari piani, il karma.

E' bene sapere che l'uomo si forma sotto le seguenti influenze planetarie: il primo mese del concepimento è governato da Saturno, nel secondo Giove dà all'embrione il calore e l'umidità necessarie e nel terzo mese aiuta alla formazione del piccolo corpo, insieme a MARTE che dà l'energia; nel quarto mese il SOLE dà la spinta vitale: il cuore entra in movimento (ricordiamo che il Sole governa il cuore nel segno del Leone); nel quinto mese VENERE interviene a modellare la figura, definendo le membra e il sesso; MERCURIO si occupa dei capelli, delle ciglia, delle unghie e delle corde vocali nel sesto mese; durante il settimo la LUNA ripulisce e modella l'elemento di vita dato da Venere e da Mercurio; nell'ottavo mese ritorna SATURNO a regolare il calore e a fissare la ponderazione nell'organismo in procinto di vedere la luce; questa fase può però corrispondere anche a Urano che nella Nuova Era e nell'evoluzione dello Zodiaco regge il secondo domicilio di Saturno; e, infine, nel nono mese si dice che sia Giove a prendersi cura degli ultimi particolari, ma, come prima, per l'evoluzione dello Zodiaco, è ora NETTUNO a presiedere al passaggio dell'essere dal mondo psichico al mondo terrestre, dato che Giove è stato sostituito da Nettuno nel governo del segno dei Pesci, adattandosi meglio alle caratteristiche del segno.

La legge di causa-effetto (il karma), così strettamente legata ai pianeti dal concepimento in poi, diventa comprensibile nella misura in cui si penetra negli arcani della scienza astrologica. Quando ci si renderà conto che vibrando i pianeti nello spazio, vibrano anche dentro di noi, nei nostri centri nervo-fluidici, saranno presi in maggior considerazione per quanto riguarda la vita terrestre;

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infatti noi ci evolviamo sotto l'influenza dei pianeti come un cosmo di proporzioni infinitesimali. Facendo entrare i centri in stato di recettività otterremo la fusione con l'Infinitamente Grande, l'Unione Cosmica, l'Identificazione, lo YUG...

Ogni chakra è, come un pianeta o,piuttosto, come l'immagine di un pianeta che può manifestarsi dentro di noi, sintonizzandoci quindi con la "longitudine d'onda" di un pianeta, trarremo beneficio dalle sue influenze positive, saremo i suoi "simpatizzanti", diventeremo come un apparato ricevente che capta la musica di un apparato emissore. Ogni chakra corrisponde ad un pianeta particolare per cui è necessario "accendere" il chakra corrispondente per essere "in relazione" con tale pianeta, allo stesso modo in cui un apparecchio radio può captare varie emittenti secondo la lunghezza d'onda captata dal quadrante ricevente.

E’ perfettamente possibile paragonare l’uomo ad un apparecchio radio, vediamo pertanto che non basta avere l’apparecchio per poter ascoltare la musica (non è sufficiente avere un corpo per essere in contatto con il Divino), dobbiamo introdurre il contatto (risvegliare la corrente kundalinica); solo allora si farà la Luce (sia in senso proprio nell’apparecchio, che in senso figurato, nell’essere umano), poi è conveniente cercare l’emittente desiderata per captarne la musica; questa ricerca nel quadrante dell’apparecchio ha come conseguenza l’applicazione dell’antenna all’apparecchio ricevente per captare l’emissione (così, allo stesso modo, dobbiamo porre il corpo in stato di ricettività e usare i chakra come tanti condensatori).

Il parallelismo fra i pianeti e gli elementi più sotto esposti è una specie di Archeometria, la cui conoscenza è indispensabile per poter realizzare in seguito il “meccanismo” della meditazione, giacchè senza la comprensione di questi elementi la concentrazione è impossibile.

PIANETA METALLO LUNGHEZZA D’ONDA CROMATICOCOLORE EMESSO PLESSI ELEMENTI VIBRAZIONE

Saturno Piombo 0.58 GialloSacro Terra 600Giove Stagno 0.41 Violetto Prostatico Acqua 6000Marte Ferro 0.60 Arancione SolareFuoco6000Venere Rame 0.65 Rosso Cardiaco Aria 5000Mercurio Mercurio 0.52 Verde Faringeo Etere 1000Luna Argento 0.00 Incolore Cavernoso Mentale 1000Sole Oro 0.47 Azzurro Cerebrale Assoluto Emanativo

Siamo ora un po’ più istruiti sulle materie da studiare per produrre lo scateneamento delle forze interne sarebbe infatti difficile orientarsi fra chakra, pianeti, metalli, ecc., senza documentazione; dobbiamo inoltre comprendere le

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relazioni esistenti tra questi diversi elementi che sono l’origine del sistema fisico-psichico, oggetto del nostro attuale interesse.

Il parallelismo dei metalli con i centri di sviluppo è alla base della scienza dei “talismani”103. In quanto ai colori non devono essere confusi con quelli dei chakra o con il colore simbolico dei pianeti (Saturno: nero; Giove: azzuro pallido; Marte: rosso; Venere: arancione; Mercurio: marrone; Luna: bianco; Sole: giallo oro) e neppure con i colori detti “della fortuna” e attribuiti ad ogni segno zodiacale (Ariete: rosso vivo; Toro: verde scuro; Gemelli: grigio scuro; Cancro: biano; Leone: giallo; Vergine: multicolore; Bilancia: verde acqua; Scorpione: cinabro; Saggitario: azzurro chiaro; Capricorno: nero; Acquario: grigio o argentato; Pesci: azzurro scuro); si tratta invece del colore emesso dalle vibrazioni delle onde in relazione allo spettrografo.

Possiamo ora analizzare i vari chakra.

Muladhara, nil centro della base

Muladhara, la base della colonna vertebrale, +è il primo centro nella parte bassa del corpo, essendo l’emanazione del plesso sessuale; il suo cuore è lo yoni: è la parte estrema dell’”arteria” Sushumna (il condotto centrale ai lati del quale sale pingala e scende ida).

Questo chakra è di colore giallo, con i petali rossi dalle lettere dorate ed è simbolizzato da un loto di 4 petali contenente al centro il carattere magico LANG, situato sopra l’elefante AIRAVATA; le lettere sono V(vam)-CAM-SHAM-S(sam). Meditando su questo chakra si sviluppa il talento della parola, dell’abilità e dell’organizzazione. Esso è chiamato KULA (matrice); è il soggiorno di SIDDHA, denominato DVIRANDA (luogo doppio); la deità è DAKINI (la strega).

Si localizza facilmente, tra la base del sesso e l’ano, con un po’ di allenamento; questo centro, che si riscalda rapidamente, richiede concentrazione sul GANESHA, e meditazione sugli elementi che abbiamo elencato più sopra. Solo dopo aver visualizzato l’elemento vibratorio, stabilito il contatto con il pianeta e praticato le asana adeguate, sarà possibile concentrarsi, e produrre le vibrazioni per mezzo delle respirazioni ed ottenere con l’aiuto delle divinità (simboli dei piani), l’apertura di questo primo centro.

SVADISTHANA(sva: soffio vitale; sva-adhisthana: dimora del Soffio della Vita)

Questo secondo centro, dimora del Soffio Vitale (prana) è il punto di partenza di tre arterie principali: Ida, Pingala e Sushumna, situate alla base della pelvi.

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Il centro del chakra è bianco con 6 petali contrassegnati dalle lettere: B, Bh, M, Y, R, L. Qui risiede BANA (la freccia), la cui deità è RAKINI. Il carattere magico VANG è sopra il mostro marino MAKARA, accompagata da VISHNU (la Onnipotenza).

L’elemento Terra, proprio del primo centro, è simbolizzato dell’elefante, animale pesante, terrestre, lento, legato fortemente alla materia; mentre nel secondo centro l’elemento acqua è simbolizzato da un animale acquatico. Dobbiamo ricordare che l’elemento terra è rappresentato in Grafia da un triangolo con la punta verso il basso, attraversato da una linea, e l’elemento acqua da un triangolo con la punta verso il basso, senza la linea trasversale; essi indicano i primi due elementi inferiori, per cui non sorprende trovarli in questi due primi chakra, propri del mondo materiale che appartengono al dominio della involuzione, della personificazione, del personalismo, della personalità (nei gradi iniziatici simbolizzano i novizi (GETULS) e gli affiliati (GAG-PA).

MANIPURA (Nabhi-Padma)

e’ il loto dell’ombelico, chiamato così perché è l’emanazione del plesso solare, che si trova sotto l’epigastrico. La Città del Gioiello di color rosso con 10 petali dorati dalle lettere D, Dh, (cerebrale), T, Th, N, D, Dh, P, Ph, N (dentale).

Vi risiede RUDRA (signore delle lacrime) e la deità è LAKINI (la dea virtuosa). Il simbolo è Rudra-Aksha-Siddha (Occhio del Signore delle lacrime). Il carattere magico RANG si trova sopra un Agnello. Per mezzo della meditazione sulla Divinità Vahni-Bija (Signore del Fuoco) si può ottenere PATALA (potere speciale).

L’elemento FUOCO, simbolizzato da un Agnello (il dinamismo, la focosità) è rappresentato da un triangolo con la punta verso l’alto, segno della prima evoluzione, della aspirazione all’elevarsi. Corrisponde agli Adepti (GELONG), gli Iniziati che si preparano ad istruire il mondo.

ANAHATA (il centro del Suono Spontaneo)

Possiede 12 lucenti petali rossi dalle lettere K, Kh , G, Gh, N, (gutturali), Ch, Chh, J, Jh, N (palatali), T, Th (cerebrali). In questo centro risiede VAYUBIJA (seme del vento); qui predomina infatti l’elemento ARIA (triangolo con la punta verso l’alto con una linea trasversale) simbolizzato anche da un’antilope nera (animale molto veloce) portatrice del carattere magico YANG.

Da qui si innalza il soffio di vita, il cui simbolo è BANALINGA (una freccia). Anahata è la dimora di PINAKI (portatore del tridente) e della deità KAKINI (corvo femmina). In questo centro è presente JIVATMA ed è il

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soggiorno di PAVANA-BIJA (seme dell’aria), benchè il suo Reggente Supremo sia ISHA.

VISHUDDA (il centro della Estrema Purezza)

Governa i nervi trasmissori delle percezioni e le loro relazioni con i seguenti 16 punti: dita dei piedi (in particolare gli alluci), polpacci, ginocchia, cosce, fianchi, organi sessuali, ombelico, cuore, gola, collo, glottide, naso, fronte, cranio, protuberanze dietro le orecchie e Brahma-Rundra.

Si dice che sia color oro fino o color fumo, poichè in effetti un velo sembra occultare il suo splendore.

Le 16 vocali sono disposte sopra i 16 petali del chakra. Qui si trova CHAGALANDA (occhio di capra); la deità è SHAKINI insieme a NATESHVARA (signore della danza). Il carattere magico HANG si trova sopra un elefante bianco. L’elefante manifestava nel primo centro la solidità (l’elemento Terra), mentre il secondo chakra è generalmente caratterizzato da un coccodrillo per manifestazione animale dell’elemento Acqua: l’agnello, nel terzo chakra simboleggia il Fuoco mediante la natura orgogliosa di questo animale, e infine, l’antilope, simbolo della velocità, rappresenta il vento o l’elemento Aria. Ora ci troviamo nel piano super-psichico dell’elemento Etere, al quale corrisponde l’elfante bianco, considerato animale Sacro, poichè rappresenta la Sapienza.

La divinità di questo chakra è MAYA-DHISHA (Signore che induce alla Illusione). Subito dopo viene il CHAKRA LALANA, centro del gioco dell’Amore, che si trova poco sopra Vicuddha, chiamato a volte CHAKRA KALA (centro dell’abilità). Ha 12 petali e, come centro secondario, sviluppa facoltà molto utili per il Laya-Kriya-Yoga.

AGNA (il Centro del Comando)

Le tre arterie si riuniscono nel luogo chiamato TRIVENI, triplice confluente di IDA (corrispondente al fiume Gange), PINGALA (corrispondente allo Yamuna) e SUSHUMNA (corrispondente al sottile fiume Sarawati). Questo chakra ha due petali contenenti, rispetivamente, le lettere H e KSH.

E’ la residenza del MAHA-KALA (l’Essere Arci-Tempo), della deità HAKINI e di MAHESHVARA (Supremo Signore). E’ il luogo dei 3 Alberi Sacri: Nada, Bindu e Shakti.

La Divinità è JYOTI-SVARUPA-ISHWARA (divinità la cui natura è Luce) oppure SHAMBHU (datore di Pace).

Citiamo solamente il CHAKRA MANAS (centro mentale) e i suoi 6 petali, il CHAKRA SOMA (centro di offerta) e i suoi 16 petali, i KARANA RUPAS (le 7 forme causali), il CHAKRA MANI-PITHA (centro dell’altare dei

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Gioielli) e i suoi 12 petali e, infine, l’ultimo chakra, il SAHASRARA (loto di mille petali) dove dimorano KAMANATHA la dea KAMAISHVARI, benchè poi vi sia anche l’apertura chiamata BRAHMARUNDRA, che equivale alla città Sacra di PRAYAGA.

Prima di affrontare un quadro di ricapitolazione ricordiamo che i 50 petali dei 6 chakra principali (il settimo, il loto di 1.000 petali contiene 50 lettere ripetute 20 volte) corrispondono alle 49 lettere dell’alfabeto sanscrito, più la ripetizione di una, per un totale di 50 lettere.

Vi sono poi 16 vocali: a, â, i, î, u, u?/u, ri rî, tri, trî, e, ai, o, au, am, ah.Le consonanti sono 33, divise in:Aspirate: Ha, Ksha.Gutturali: Ka, Kha, ùGha, Ga, Na.Palatiali: Cha, Chha, Ja, Jha, Na.Celbrali: Ta, Tha, Da, Dha, Na.Dentali: Ta, Tha, Da, Dha, Na.Labiali: Pa, Pha, Ba, Bha, Ma.Semi-vocali: Ya, Ra, La, Va.Sibilanti: Sha, Ca, Sa.Ricordiamo che le vocali sono disposte sopra i 16 petali di Viccudha;

Agna ha Ha e Ksha; Anahata invece ha dalla lettera Ka fino a Tha; Manipura dall Da fino alla Pha; Svadhistana da Ba fino a La, e Miladhara da Va fino a Sa.

Quindi ogni chakra è simbolizzato da un fiore di loto con un determinato numero di petali; la parte centrale è di un colore e i petali sono di un colore diverso; i VARNAS (le lettere inscritte) sono delle parole Sacre da pronunciare durante le meditazioni sull’elemento simbolizzato da un animale inscritto nel chakra e accompagnato da una parola magica. Inoltre una figura geometrica evoca il chakra, alla maniera di uno Yentram, contenendo tutte le forme di ogni sensazione e procurando il trasporto nei diversi Eteri. Le divinità, gli dei, i residenti sacri, corrispondono ad altrettanti piani, stadi, simboli di stati speciali, che devono essere acquisiti per mezzo di vibrazioni particolari per identificarsi col piano desiderato, prima di praticare la elevazione Kundalinica.

Fig 38chakra muladhara

fig 39chakra svadhisthana

fig 40chakra manipura

fig 41

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Il sistema yoga 207

chakra anahata

fig 42chakra vishudda Localizzazione approssimativa Pianeta Facoltà Colore centrale

Colore petali Forma geometrica Residente Deità Parola magicaAnimale Divinità

Plesso pelvico del simpatico Saturno Emozione GialloRossoTriangolo con la punta verso il basso Siddha Dakini LangElefante Ganesha

Plesso ipogastrico Giove Memoria Bianco Rosso Quadrato BanaRakini Vang Coccodrillo Vishnù

Plesso solare Marte Sensazione Rosso Oro Cerchio Rudra LakiniRang Agnello Shiva

Plesso cardiaco Venere Simpatia Azzuro LucenteTriangolo con la punta verso l’alto Vayubita Kakini YangAntilope Isha

Plesso faringeo Mercurio ClariudienzaGrigio fumo Oro StellaChacalanda Shakini Hang Elefante bianco Mayadisha

Plesso del comando Luna ClarividenzaViola BiancoMahakala Hakini

Plesso cavernoso Sole Unione Oro Oro Kama-natha Kama-iswari

Naturalmente è utile ricordare che tutto è come il sistema planetario nell’infinitamente Grande o come il principio atomico nell’infinitamente piccolo: il corpo dell’uomo presenta la stessa composizione dell’uno e dell’altro insieme; è una frazione del Gran Tutto, sempre simile a sè in ogni sua parte, in virtù della omogeneità di vibrazioni dovute ai centri attivi; è un centro vibratorio.

L’atomo con i 7 elettroni principali, l’uomo con i 7 chakra più importanti, il nostro sistema solare con i 7 pianteti tradizionali, tutto evolve facendo parte di altri sistemi sempre più importanti, per costituire, nell’insieme, questo Gran Corpo Universale.

Vediamo di nuovo con più attenzione i nostri chakra.

IL CHAKRA MULADHARA

E’ situato nel Mulasthana, cioè, nel perineo, il plesso pelvico del parasimpatico; Muladhara, che significa base della colonna, è il punto di partenza, il sostegno, la base di Sushumna, la colonna centrale situata in Mer-

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danda (la colonna spinale) ai lati della quale si eleva da una parte Ida (la canalizzazione nervosa della parte sinistra che arriva alla narice destra) e dall’altra Pingala (il nadi positivo alla destra della colonna vertebrale che arriva alla narice sinistra). Questi nadi sono corrispondenti astrali delle corde gangliari del gran simpatico e nascono nel chakra Muladhara per elevarsi fino al chakra Bhrukuti, nel cervello, dove i plessi adiacenti si riuniscono al cordone spinale (Sushumna) che è il punto d’incontro anche di altri condotti secondari. Il Nadi Sushumna ha il suo centro in Kanda (il sacro) e passa attraverso Talu (la base dello scheletro) per arrivare a riunirsi con il chakra Brahma (plesso delle 1.000 diramazioni nervose), il cerebrum.

Muladhara, che ha 4 dala (rami), ha la forma di un triangolo, di cui una delle punte corrisponderebbe alla base del sesso e le altre due punte ai lati del retto. Il simbolico triangolo di questo chakra sarebbe, quindi, collocato orizzontalmente alla base del corpo. La contemplazione di questo chakra libera da tutte le malattie e conferisce poteri psichici.

La deità Dalini è simbolo della forza che dirige questo centro neuro-fluidico. Nell’uomo vi è una Shakti Universale, la forza in generale simbolizzata da Kundalini (il potere misterioso) ma ogni chakra possiede anche una shakti particolare e Dakini è quella del chakra Muladhara.

Il Muladhara è il centro di tutte le sensazioni, da cui bisogna cominciare per l’eliminazione dei vizi, delle passioni e perfino dei più semplici attaccamenti terrestri. Vero magazzino di desideri, questo chakra una volta illuminato costituirà il primo passo per la Liberazione, la quale può essere ottenuta molto rapidamente una vez que este centro sea desarrollado; ma come in tutte le cose il primo passo è faticoso! Il Muladhara è il chakra più difficile da porre in movimento.

Nel promontorio del sacrum si trova Kanda, luogo molto importante dove dorme il serpente simbolico chiamato Kundalini; si trova giusto sopra l’ano ed ha le dimensione di un uovo di uccello, con la parte più ampia verso l’alto e la punta verso il basso. Il Mula-Kanda, nel limite posteriore di Yoni (perineo), è il ricettacolo del plesso che porta il nome di chakra Muladhara.

L’attribuzione a quest’ultimo di Saturno, il pianeta che corrisponde al piombo, chiarisce il problema alchemico della trasmutazione spirituale. I suoi 4 petali fanno pensare alle 4 direzioni cardinali che, come punti di orientamento per il corpo umano, sono contenute alla base di esso come una bussola! Abbiamo visto l’importanza del quaternario per cui risulta ovvio insistere su questi importanti parallelismi, esistenti in ogni cosa, per dimostrare la sincronizzazione possibile per lo yoghi che ha raggiunto lo stato di comprensione, non solo a livello intellettuale, ma anche emozionale; le emozioni infatti non si scatenano più staccandosi dalla parte interna dell’essere ma formano parte inerente del SAPERE (inteso nel senso del celebre assioma

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della Antica Scienza Segreta; questa parola si trova spesso nella Bibbia scritta a lettere romane per richiamare l’attenzione sulla chiave in essa contenuta).

Si dice che, una volta sviluppato, il primo chakra conferisca pulsioni fisiche molto forti; è logico infatti che il risveglio della Shakti in questo centro, accentui una energia naturale (prima di tutto la pulsione sessuale, la forza virile), dato che prima di sviluppare poteri sopranormali + necessario perfezionare i sensi normali. A questo proposito sia chiaro che lo yoghi deve essere un uomo virile e non un effeminato; infatti, gli è necessaria tutta la sua forza sessuale, poiché lo Yoga esige esseri completi e la mancanza di una qualche facoltà pregiudica ogni manifestazione di magia. Neppure le religioni accettano persone con menomazione ai cinque sensi. Tuttavia, si sa che la Chiesa Cattolica richiede ai suoi sacerdoti l’astinenza sessuale e con ciò non vieta nessuna ordinazione agli eunuchi! Però sarebbe impossibile ottenere il più piccolo risultato di magia se l’operatore non avesse sviluppato tutte le sue facoltà sensoriali; è nota inoltre la proscrizione dal regno degli iniziati a tutti coloro che difettano nelle loro capacità sia intellettuali che fisiche. E’ senz’altro conosciuta anche la regola chiamata (in Francia) della “B”, che impedisce di prendere parte ad un Ordine qualsiasi a persone che soffrono di un difetto organico il cui nome cominci con la lettera “b”, la qual cosa vieta di partecipare ad ogni assemblea mistica, filosofica, religiosa, esoterica, ecc. Ai Begues (balbuzienti), ai Borgnes (guerci), ai Bancals (con le gambe a x), ai Bossus (gobbi), ecc. Sono vietati anche i portatori di binocles (occhiali), bequilles (stampelle), benajes (cinti erniari), ecc. (Vedere Levitico, Cap. XXI ver. Dal 17 al 23).

Il rifiuto della Chiesa di ordinare sacerdoti con qualche deformazione fisica, non è dovuta ad una questione di prestigio (il fatto che un uomo manchi di perfezione fisica non pregiudica le facoltà intellettuali né tantomeno le aspirazioni spirituali).

Non è di poca importanza per un uomo essere in buone condizioni fisiche; infatti gli scompensi causati da menomazioni rallentano anche l’evoluzione, nonostante il desiderio di progresso dell’individuo (si sa che secondo le leggi karmiche i suicidi ritornano in corpi deformati al fine di pagare l’”auto crimine” commesso in una vita precedente).

Il chakra Muladhara conferisce un primo controllo sulle emozioni da un punto di vista sentimentale e allo stesso tempo sviluppa il senso della emozione in un piano superiore con lo scopo di favorire lo stabilirsi di un contatto fra l’adepto e il Cosmo. La sensazione di calore che gli studenti di Hatha-Yoga generalmente percepiscono è dovuta al fatto che Kanda si trova a galleggiare nell’Oceano vibratorio costituito da tutto il corpo e non dalla illuminazione del Muladhara come alcuni pensano! Inoltre, il risveglio di Kundalini non si verifica se non dopo lunghi anni di pratica della Asana, accompagnata da altre discipline delle quali abbiamo già accennato che affronteremo nei particolari più

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avanti. Quando il kundalini si mette in movimento passa attraverso diversi chakra illuminandoli ad uno ad uno; quindi è erroneo pensare che un chakra si apra prima del suo turno corrispondente; il processo si realizza con ordine e il Muladhara deve essere la prima porta ad aprirsi nell’ascesa dell’energia dinamica della Grande Shakti Interna. Prima che questo centro si apra è sottinteso che Kanda deve lasciar salire il kundalini da esso contenuto, poiché per il semplice riscaldamento del calice è richiesta una grande energia, una lunga purificazione e un enorme lavoro su se stessi. Quando kundalini esce dal suo ricettacolo mette in movimento i petali del loto iniziale producendo il primo vero riscaldamento che si ripete varie volte, prima che un calore costante si stabilisca e catesi la luminosità del centro del chakra che a sua volta entra in piena vibrazione.

Evidentemente, Kundalini è sempre in stretto contatto con il chakra inferiore del corpo, ma sarebbe un errore pensare che il Serpente Sacro del Simbolismo Yoghi permanga nel chakra Muladhara; forse questa interpretazione deriva dall’uso di alcuni autori della parola Muladhara-Chakra che designa il centro neurofluidico; per indicare il Mula-Kanda, il supporto della radice di Meru-Danda; la base della colonna vertebrale è un ricettacolo per Kundalini e dà nascita ad un centro psichico che porta il nome di plesso del supporto della colonna ossia chakra muladhara. Questo plesso fondamentale ha 4 rami, che mantengono per così dire un equilibrio e contiene un triangolo (il Garuda Purana, ovvero Bhanga, cioè la forma triangolare di quella regione compresa tra il coccige posteriore e le due tuberosità dell’ischio ai lati del pudendum pubis. Questo chakra è generalmente vicino a Svadhistana, ed è situato nel Guhya-Desha (regione pelvica al livello della radice del pene).

IL CHAKRA SVADHISTHANA

E’ il plesso ipogastrico del gran simpatico. Le diverse localizzazione dei chakra sono state effettuate in diverse occasioni da uomini di scienza e attualmente non sussiste alcun dubbio sull’esistenza di questi centri, la cui autenticità era stata messa in discussione alcuni anni fa dal mondo occidentale ma che l’Oriente accettava come parte della sua tradizione scientifico-filosofica da millenni. Ci sono numerosi medici nella nostra epoca che non solo si dedicano allo studio dei chakra e dei loro poteri ma praticano anche con successo il sistema yoga. Per ciò che concerne le definizioni scientifiche, secondo il metodo occidentale, si è fatto il possibile per non ricadere nei termini della anatomia occidentale che considera ora l’Hatha-Yoga un metodo fisico-psichico per lo sviluppo delle facoltà. La fisiologia moderna ha stabilito eccellenti basi fisiche sia per tutto ciò che concerne il meccanismo kundalinico che per l’ubicazione dei centri chakrici.

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Il sistema yoga 211

Quanto esposto nel The Bombay Medical Union nel mese di luglio 1926 dal dottor Vasant G. Rele, alunno di C.H.L. Meyer (M.D. London), ordinario di Fisiologia nel Grant Medical College di Bombay, ha contribuito grandemente all’accettazione ufficiale dello Yoga come scienza. Da allora se ne è discusso ovunque del tema Yoga (in Europa e in America ora è molto noto); è stato illustrato dagli stessi yoghi, trattato nelle Università, pubblicato su articoli di riviste scientifiche in genere, e mediche in particolare, in relazione alla tecnica di sviluppo dei chakra; senza dimenticare la grande diffusione dei principi dello Yoga soprattutto fra gli psicologi, i quali la considerano una soluzione possibile dei problemi dei disordini sia mentali che fisici. Nel corso del mio ciclo di conferenze in Europa, dagli incontri con gli psicanalisti è risultato che il loro metodo è incompleto e i discepoli più avanzati di Jung e di Freud mi hanno sempre dichiarato la loro incompetenza nel risolvere il problema dell’orientamento degli ammalati. Solo il metodo dello yoga che ho loro proposto è in grado di portare la soluzione per superare il muro, dinanzi al quale la psicologia contemporanea si trova molto spesso.

Il chakra Svadhisthana, emanazione del plesso ipogastrico, si trova al centro del corpo, sopra la linea che va dal plesso sacro all’ombelico. Collegato ai gangli simpatici, è all’altezza della quinta vertebra lombare; il nervo pelvico si collega nel luogo chiamato promontorio (precisamente sotto la quinta lombare); e a metà tra questo punto e la parete ventrale si trova il chakra.

Il mostro marino indicato come simbolo dell’elemento ACQUA che governa questo centro, è il Typhon della mitologia egiziana. Nel bassorilievo di Esne è possibile osservare la divinità, sotto forma di coccodrillo, in procinto di trasmutarsi secondo lo Zodiaco di Esne; Typhon ha operato il rinnovamento dell’Impero delle Tenebre (simbolo che si trova nel Tempio di Hermoutis) che sta a significare il trionfo della personalità reale; avendo annientato le leggi saturniane corrispondenti al primo chakra, l’adepto riesce a sfuggire al proprio zodiaco mentale e si sottomette all’autorità tradizionale della Maestria (bisogna insistere sul fatto che la vera volontà, l’azione dinamica, il voler agire, si può manifestare solo quando il discepolo abbandonava la propria volontà per quella del Maestro il quale è simbolizzato da Giove, pianeta di questo centro). Nella simbologia Iniziatica (vedi il GA nel II° Messaggio: I Centri Iniziatici) il primo chakra corrisponde al primo grado dell’evoluzione vero la Saggezza e si trova ancora fuori dalla Corona Ecclesiastica (cerchi di protezione); il chakra Svadhisthana, invece, è il grado degli affiliati (secondo grado Iniziatico), coloro che sviluppano il vero 10 (il simbolo della personalità è Giove che, astrologicamente, indica la fama, il successo, la grandezza). L’illuminazione di ogni chakra corrisponde al grado Iniziatico REALE e non simbolico come per certe associazioni massoniche, rosacroce, martiniste, ecc. In alcune società chiamate segrete i portatori di “alti gradi” non conoscono neanche i rudimenti dell’esoterismo e ancor meno hanno raggiunto il più piccolo sviluppo dei loro

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chakra; si dedicano piuttosto alla vita profana senza possedere alcuna nozione, neppure teorica, dello yoga... Quanti di questi “grandi 33” dovrebbero ricominciare tutto dall’inizio! Habria necesidad de que previamente se presentaran de nuevo en calidad de piedra bruta

Si dice che i sogni sono il prolungamento della vita diurna, che durante il sonno, invece di restare entro i limiti del corpo e dell’attività del cervello, ci liberiamo dall’involucro materiale e lo spirito (il vero io, l’individualità può allora vivere senza limitazioni. Al risveglio in genere si perde la coscienza delle esperienze vissute durante il sonno, eccetto di quelle che si sono infiltrate in parte nel cervello e sono state spesso deformate da circostanze molteplici e non analizzabili qui. In poche parole si può dire che lo sviluppo di questo chakra permette, tra le altre cose, di memorizzare i sogni; cosa spesso molto utile, perché il lavoro cominciato nel sogno può essere proseguito e le indicazioni ricevute possono essere applicate alla vita di tutti i giorni; i benefici sono grandissimi quando si riescono a ricordare nei particolari le discussioni, gli studi e gli atti in genere, in modo da poterli aggiungere all’esperienza della vita diurna. Benefici ancora maggiori si possono avere dallo sviluppo completo del chakra, il quale permette il ricordo non solo dei sogni, ma anche delle nostre esistenze precedenti, le quali non sono vite diverse, ma la stessa vita vissuta in corpi diversi. (Non perché l’automobilista cambia macchina, cambia anche la propria natura interna, ma solo l’apparenza esterna che viene sempre più arricchita).

IL CHAKRA MANIPURA

A volte viene confuso con il chakra kundalini. Sono così vicini che in genere non si distinguono. Nella regione ombelicale il kundalini forma un plesso, noto con il nome di plesso solare, che, estendendosi, produce il chakra Manipura; quest’ultimo può essere anche identificato con il plesso del coeliac-axis (asse celiaco). E’ chiamato loto della Beatitudine e conferisce allo yoghi, una volta sviluppato, la facoltà di entrare nel corpo di un’altra persona; rende possibile anche la trasmutazione dei metalli e il risanamento degli interni attraverso l’emanazione del suo potere curativo.

Questo chakra è molto importante, essendo l’emanazione superiore del plesso solare di cui conosciamo i notevoli effetti nel nostro esoterismo occidentale. Il plesso solare, essendo formato dallo stesso Kundalini (chakra kundalini), è il primo punto di concentrazione dell’energia Suprema.

Conosciamo tutti il malessere diffuso in questo centro quando si è affaticati e la sensazione di vuoto causata dall’eccesso di consumo di energia. Conosciamo anche il dolore alla milza (che si situa nella zona del chakra in

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Il sistema yoga 213

questione), la sensazione di malessere nella cavità dell’epigastrio dopo uno sforzo particolare; inoltre, le persone che hanno sperimentato forti impressioni di paura, dicono sempre di aver sentito un vuoto allo stomaco; infine, le persone che praticano fenomeni spiritoidi sono particolarmente familiarizzate agli effetti di questo plesso.

Riassumendo, il plesso solare sembra essere in stretta relazione con il Vagus Nervus (Nervo Vago), il quale è stato identificato da vari studiosi con lo stesso Kundalini.

Il Vago, o Pneumogastrico, è il decimo nervo craniale, il quale discende dalla materia grigia fino al quarto ventricolo con il nono e l’undicesimo nervo. Collegato al midollo allungato attraverso una decina di filamenti, discende dalla base del cranio dove forma un ganglio (ganglio della radice del Vago) chiamato anche giugulare, il quale estende una ramificazione fino al plesso carotideo (chakra Taluka). Più in basso appare il ganglio nodoso e poi il nervo avanza verticalmente parallelo alla colonna cervicale, al petto e all’addome, dove si ferma nel plesso solare. Il Vago ha alcune ramificazioni in prossimità dei reni, nella milza e nel pancreas. Per noi è importante osservare la posizione del chakra Kundalini (plesso solare) secondo questa disposizione anatomica.

Esattamente sopra il plesso solare (chakra Kundalini), abbiamo il plesso della Asse Celiaco (chakra Manipura; ma sono collegati così strettamente che spesso, parlando di Manipura, ci si riferisce a tutti e due).

All’altezza delle ultime vertebre “dorsali”, sotto il diaframma, si trova il chakra MANIPURA, la Città del Gioiello, appellativo denso di significato! Salta agli occhi che i Guru dell’Antichità erano concordi nell’attribuire un potere particolare a questo centro, poiché, quando si illumina, rivela grandi tesori. In un certo senso esso è il centro dell’essere, pur dividendo questo ruolo con Anahata, centro dell’uomo (cfr. Il cerchio intorno al simbolo dell’ascesa kundalinica, di cui si parla nel passo biblico di Mosè e il serpente nel deserto: Esodo, IV, 3-4; ne ho parlato in vari punti nei miei libri precedenti).

Il plesso solare è considerato dagli occultisti il centro di gravità, per così dire, poiché in questo luogo il cordone astrale trattiene il corpo eterico durante i viaggi medianici.

Nel saluto dei membri dell’Ordine dell’Aquarius (parte interna della GRAN FRATELLANZA UNIVERSALE) si pone la mano sinistra sul plesso solare mentre la mano destra viene sollevata, all’altezza della spalla, con il pollice ripiegato e le altre quattro dita tese (simbolo del quaternario e delle quattro parole: SAPERE-VOLERE-OSARE-TACERE). Il pollice piegato all’interno del palmo della mano rappresenta la forza interna in attività, l’energia non aggressiva che ritorna all’interno. La mano sinistra sul plesso solare denota la filtrazione delle forze sia emanative che recettive. Vero filtro di vibrazioni, il plesso solare è l’organo che permette di resistere alle formidabili influenze cosmiche. Anche la terza ha il suo filtro; infatti è circondata da una

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specie di aura che la protegge dai raggi solari, i quali altrimenti, essendo molto potenti, brucerebbero in poco tempo l’intera natura. Invece, grazie a questa protezione, sia la terza che l’uomo trattengono solo il necessario da queste grandiose vibrazioni interstellari.

Come uno schermo, il chakra Manipura, capta per noi le forze del Cosmo e le ritrasmette secondo gli ordini emessi da noi. Essendo il più noto, per lo meno nell’antichità, esso è stato reso il più popolare. Se ne trovano le tracce in numerosi reperti di antiche civiltà, come, per esempio, nelle statuine dell’Isola di Pasqua, nelle sculture dei Maya e degli Inca, nei graffiti africani, ecc. Ovunque è indicato per mezzo di un segno, un rilievo, un anello o un marchio qualsiasi per indicare la sua sacralità, il suo essere considerato parte sopranormale del corpo fisico e porzione, quindi, di un corpo più sottile o, per lo meno, intermediario tra il corpo fisico e un altro corpo in un piano invisibile.

IL CHAKRA ANAHATA

Questo centro, chiamato Musica delle Sfere, è situato nel Hridayadesha (regione del cuore); è il plesso cardiaco del sistema simpatico, ed è l’ultimo centro nervo-psichico da illuminare per raggiungere la maestria completa sugli elementi (Terra-Acqua-Fuoco e ARIA, elemento di questo chakra). Lo sviluppo completo di Anahata permette un reale controllo sulle forze della natura conferisce quella facoltà comunemente chiamata di “fare miracoli”, anche se sappiamo che i miracoli non esistono, ma sono fenomeni prodotti con sistemi diversi da quelli di laboratorio. Non possono neppure considerarsi miracoli, per esempio, gli esperimenti del chimico francese Georges Claude, che nel 1928, a Fontainebleau, dimostrò la possibilità di creare zaffiri, smeraldi e altre pietre preziose con un po’ di sabbia. Queste esperienze di trasformazione dell’ossigeno sono notevoli ed è deplorevole che non sia stata presa in considerazione la teoria di Claude sull’acqua del mare la quale offrirebbe una forza motrice di vari milioni di cavalli vapore, e la cui utilità potrebbe essere enorme. D’altronde è nota la resistenza dei governi ad utilizzare il genio di Claude che, pur essendo di beneficio per l’umanità, impedirebbe l’arricchimento di vari sfruttatori. Lo studioso affermava che entro pochi anni l’uomo potrà raggiungere il fondo del mare senza scafandri, grazie ad una semplice tecnica d’uso delle nostre facoltà. Non si tratta forse anche qui di trasmutazione?

Il dominio sugli elementi ottenuto attraverso lo sviluppo del chakra anahata è stato oggetto di varie teorie, diverse nella forma, ma identiche nella sostanza. Abbiamo già fatto la lista degli elementi primari e dei loro simboli e speci specifici e con l’aiuto di Marcelin Berthelot otterremo gli elementi che ci aiuteranno nella comprensione della GRANDE ALCHIMIA. Lo scienziato

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francese ha illustrato, sotto forma scientifica, questa materia, in opere che sono al tempo stesso trattati di chimica e di alchimia. Berthelot non ha esitato nell’affermare la necessità di ritornare definitivamente alla scienza alchemica; piuttosto di perdersi in analisi particolareggiate e ignorare perfino i primi rudimenti delle vere scienze come l’alchimia, l’astrologia, la Magia, ecc.

Abbiamo visto che in alchimia i simboli degli elementi si scrivono sotto forma di triangoli: un triangolo con la punta verso il basso per l’elemento Acqua; un triangolo con la punta verso il basso, intersecato da una linea trasversale per l’elemento Terra; un triangolo con la punta verso l’alto per l’elemento Fuoco; un triangolo con la punta verso l’alto, attraversato da una linea orizzontale per l’elemento Aria. I triangoli con la punta verso il basso corrispondono ai primi due chakra, in quanto simbolizzano l’involuzione, l’attaccamento al mondo fisico; soprattutto il primo chakra per l’affinità con il nostro pianeta (la Terra), suo elemento. I triangoli con la punta verso l’alto (Fuoco e Aria) corrispondono l’uno al chakra Manipura e l’altra al chakra Anahata, in quanto rappresentano l’evoluzione, l’aspirazione verso un ideale più elevato dello spirito che cerca di liberarsi dall’involucro materiale. Nel chakra Anahata risiede JIVATMA: lo spirito incarnato, cioè l’anima individuale, riflesso dell’Anima cosmica. L’Anima, da Hridaja (il mare), si eleva lungo il Nadi Sushumna fino a Brahma Rundra, dove uscirà all’esterno per unirsi alla PARATMA (Anima Universale, Spirito del Gran Tutto). Troviamo una corrispondenza con il simbolismo cristiano dell’anima la quale, per molti cattolici, risiede nel cuore, e, per purificarsi, deve uscire da quell’apertura nel cranio chiamata fontanella (e che è ben visibile ed aperta nei neonati a causa della recente incarnazione dell’anima), e riunirsi con DIO. Da questo mito l’usanza di attribuire anche ai Santi quella piccola fiamma sulla testa sempre presente nelle rappresentazioni medioevali degli Apostoli.

L’annessione dell’Anima Individuale ad Anahata, o meglio, la materializzazione di un riflesso dello Spirito-Uno si spiega col fatto che questo chakra è il primo che, pur appartenendo a un elemento del piano fisico-materiale, si trova il contatto con l’Alto; infatti, il più sottile degli elementi della fisica terrestre è anche il più indicato a fare da intermediario tra i piani superiore e i piani del mondo mentale nei quali ci evolviamo. E logico, quindi, che in Anahata venga a incarnarsi il riflesso divino; così si spiega anche la relazione con i sentimenti, dal momento che Venere (pianeta del sentimento, dell’amicizia, dell’amore) vi risiede; pertanto Anahata è il centro dell’amore universale, di quell’amore che Cristo provò nei confronti dell’Umanità. L’illuminazione di questa chakra porta l’Adepto al grado di Istruttore, che è colui che ha vinto il sentimentalismo personale per professare solamente l’Amore Universale, il Sentimento Unificato, l’Unione con i suoi Fratelli Umani, e con i suoi fratelli degli altri regni inferiori.

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Questo chakra indica, per così dire, la separazione del mondo superiore dal mondo inferiore, del Regno della Luce dal Regno delle Tenebre (vedere il disegno del GA a pag. 32. Il grado di Istruttore è al centro, in corrispondenza del plesso cardiaco, quindi del chakra Anahata). E’ provvisto di 12 petali, rappresentazioni dei 12 discepoli del Cristo, mentre il Cristo stesso è indicato dal centro del chakra, simbolo dell’Amore Universale. Ecco spiegato perché l’amore viene generalmente collocato nel cuore (gli innamorati porgano la mano al cuore quando dichiarano il loro amore!...)

Questo chakra, che sta ad indicare anche i 12 segni dello Zodiaco, necessita anche di una perfetta comprensione della ronda delle costellazioni, di una realizzazione da parte dell’Adepto, come se egli fosse il centro stesso e da lì potesse visualizzare lo Zodiaco intero; per questo nel Simbolo Grafico Frammassonico104 il centro rappresenta sia il grado di Istruttore che Anahata, il chakra che separa i due mondi (si osservi, nel disegno, la parte scura in basso e la parte chiara in alto), attraverso i quali ascende il serpente della saggezza (Kundalini), di cui si parla in Esodo, cap. IV, vv. 3 e 4. Si tratta proprio del punto di equilibrio tra il Macrocosmo e il Microcosmo (le 2 parti, chiara e scura, presenti anche nel pavimento delle logge delle società segrete, simbolizzano l’assioma: “Com’è in alto così è in basso”), cioè il punto di fusione tra l’uomo e Dio, il grado degli Istruttori, delle Guide, dei Guru (rappresentazioni divine sulla terra). Il Guru è la manifestazione del Gran Tutto, egli è UNO, è Colui che resta in questo pianeta per istruire i suoi fratelli meno avanzati. Il Chellah vede nel Guru non un semplice Maestro, ma il MAESTRO, Dio stesso, perché il Guru è Colui che è Unificato, Colui che deve essere venerato; e ancora una volta scopriamo in questo chakra il simbolo dell’amore, della venerazione, della devozione...

IL CHAKRA VISHUDDA

Viene chiamato anche il chakra della Purezza. E’ situato in kantha (regione della gola) e viene, per così dire, materializzato da quella prominenza che abbiamo nel collo (Pomo d’Adamo); è il plesso laringeo del simpatico.

Questo punto si rivela molto interessante in quanto è il punto di unione-separazione di alcuni nadi primordiali; infatti in kantha (laringe) i nadi si biforcano in due direzioni; per poi dirigersi verso Brahma Rundra, alcuni attraverso la parte anteriore vicino al chakra Agna, gli altri attraverso la parte posteriore vicino alla cavità cerebrale.

Ci troviamo in presenza del primo elemento del piano sopraterrestre: l’Etere, il quale entra in funzione grazie all’influenza di Mercurio (il

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messaggero degli Dei). Lo studente, arrivato a questo stadio, ha dominato le facoltà di questo mondo e progredisce verso un piano difficile da illustrare a coloro che non lo hanno sperimentato. Alcune leggi, scoperte migliaia di anni fa dagli yoghi, permangono tuttora inspiegabili per la scienza moderna a causa dell’ortodossia scientifica, nonostante alcuni studiosi abbiano dimostrato sufficiente integrità per affermare che non sempre le Accademie sono all’altezza del loro compito. Così, per esempio, il dott. Giuseppe Calligaris, durante una dimostrazione presentata presso l’Università Reale di Roma il 26 novembre 1934, dimostrò ampiamente che nell’uomo esistono facoltà televisive; infatti un suo paziente, sottoposto a pressione digitale in alcuni punti, fu in grado di riferire particolari di persone ed oggetti nascosti dietro un muro. La frizione di certi punti particolari, per esempio del torace, può attivare in qualsiasi persona le facoltà sopranormali di televisione. E’ facile comprendere quindi che, per mezzo di alcuni auto-massaggi prodotti dalle asana (posizioni speciali studiate dai Gurù), gli yoghi possono ottenere “poteri” che spesso superano qualsiasi comprensione; bisogna inoltre riconoscere che l’ortodossia scientifica è una conseguenza dell’ignoranza; non sarebbe infatti difficile agli uomini di scienza, riuscire, con un po’ di pazienza, a spiegare questo problema in particolare; è sufficiente infatti che si prendano la briga di analizzare un tipo di materia per scoprire rapidamente il motivo di certi fenomeni, se non completamente, almeno in parte.

L’illuminazione del chakra vichudda permette di lavorare ormai in un’altra dimensione; è evidente infatti che lo studente a questo punto ha trasceso i 4 elementi della nostra fisica e può allora permettersi di usare le vibrazioni di questi elementi in funzione di altri e, in questo modo, sfuggire al “nostro mondo” per raggiungere mete meno limitate, per abbracciare uno spazio (in senso cosmico) più vasto e, soprattutto, per tentare di avvicinarsi all’Essenza-Una.

Si dice che, con la contemplazione di questo chakra, lo yoghi possa vivere mille anni in piena e permanente gioventù; di fatto egli è morto per gli altri mondi, poiché vive in se stesso e, nello stesso tempo, è il tutto.

Io sono Dio in Se stesso, dice lo yoghi.“Quell’Essere delle regioni celesti,tra la Luna e le costellazioni,Io sono quell’Essere, sono il medesimo essere...Quell’Essere: Alito, Spazio, Cielo, Fulmine,che si vede nel raggio,Io sono quell’essere, sono il medesimo essere....”

(Tchandog, VI, 12, I)

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Shakini governa questo centro. Tale shakti è la forza che nasce dai nervi cervicali e dalle ramificazioni del vago attraverso il centro nervoso del midollo; questa forza ha origine dalla cavità ventricolare media del cervello. Il fluido cerebro spinale dà l’energia simbolizzata da shakti della quale si dice che versa il nettare nella testa.

Essendo arrivato a questo stadio, lo studente realizza perfettamente l’unificazione in senso religioso; anche prima egli l’aveva indubbiamente predicata, ma, con l’aiuto della Luce del chakra, percepisce meglio l’idea-essenza di tale Unità che tanti sforzi richiede per essere adattata a questo mondo. Il Profeta Mohammed l’aveva capita molto bene. Il suo insegnamento insisteva in un Dio Unico per non disperdersi nelle Idee di una Trinità come fanno i cristiani (o in una molteplicità divina, come i cattolici moderni) o in diverse manifestazioni di un Dio Onnipotente come gli ebrei. Di fatto, l’Opera Santa dei maomettani impartisce una splendida lezione di saggezza, poiché invece di cercare di far guadagnare adepti all’Islamismo, preferisce insegnare il pericolo insito nelle conversioni, come dal versetto 187 del II capitolo del Corano: “Il cambiamento di religione è peggio del crimine”.

Anche lo yoghismo chiede non una conversione, ma una evoluzione (e forse ora sarà più chiaro il perché nel titolo di questo Libro compare l’impopolare termine ISMO, tipico dei nome delle sette). Di solito la conversione richiesta dalle religioni che hanno poca sicurezza in se stesse e sentono pertanto la necessità di avere dei missionari che cerchino di ottenere delle conversioni, esponendo, alla maniera dei rappresentanti commerciali, le qualità della nuova fede!... Invece non si vedono missionari dell’insegnamento di Gautama il Buddha: la lezione è chiara e non richiede difensori; in tutte le parti del mondo per convertire le persone all’adorazione di Krishna, i maomettani non sentono la necessità di predicare il Corano che è una Scrittura Rivelata come lo è la Bibbia, la quale viene sfruttata da molti rappresentanti della religione cristiana. Tuttavia il Corano può essere considerato come la CONFERMAZIONE del Pentateuco e dei Vangeli; essendo il libro Sacro dei Musulmani, è anche, in un certo senso, l’ultima rielezione; pertanto l’Islam è in diritto di affermare che esso costituisce l’ultima parola in materia di religione, così come gli Indù potrebbero rivendicare di essere i più antichi conservatori della Tradizione Originaria, cioè i più vicini alla Verità. Mi sono sentito spesso in disaccordo con la mia religione di nascita (cattolica) per il fatto che deve proclamare sempre e ovunque di essere l’unica valida quando non ha la forza necessaria di farsi rispettare per se stessa senza propaganda missionaria. Così, è assai penoso essere un Discepolo del Cristo, del Grande Yoghi, del Guru dei Guru, del Sannjasin per eccellenza, errante, eremita, terapeuta, astrologo, di colui che insegnava l’Unione, l’Unificazione, lo Yug, la soppressione delle sette religiose e delle barriere razziali e culturali, che insegnava l’indispensabile vincolo con il Gran Tutto senza alcun dogma e senza i riti dei Vangeli e vedere

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invece una trentina di movimenti religiosi chiamati cristiani disputarsi il luogo di preferenza del Pensiero umano; disputare su chi costruirà la chiesa più bella, mentre lo stesso Re dei Re pregava sopra una pietra; su chi otterrà le entrate più cospicue, mentre Lui insegnava: “Ne oro né argento nella vostra cintura” (San Luca, cap. 10, vers. 4).

Sì, il Vitello d’Oro continua a vivere, perché abbiamo materializzato quello che gli Indù, per esempio, hanno spiritualizzato. A questo proposito sappiamo che all’epoca in cui il Sole, nel suo movimento apparente, attraversava il segno del Toro (costellazione di TAURUS) i movimenti religiosi usavano come simbolo il Toro, la Vacca, il Vitello, il Bue alato, ecc. Sa poco a poco, secondo le manifestazioni della cultura di ogni nazione, questo simbolo veniva assimilato e interpretato. Così alcuni eressero delle statue all’animale, altri lo considerarono piuttosto un simbolo iniziatico ed altri ancora lo rispettavano come bestia sacra. Ancor oggi il simbolo sopravvive sotto forma diverse: gli spagnoli mantengono in uso le corride dei tori; in India si dice che Vishnù (manifestazione materializzata di Dio o seconda forma di Parahma) scese a visitare la terra seduto sopra un Toro e, da allora, il Toro è venerato; la vacca, sempre in India, oltre ad essere un simbolo, è rispettata in quanto molto utile per il latte da cui si ricavano il burro e il formaggio (elementi ricchi di proteine che si ottengono senza bisogno di uccidere l’animale, al contrario della carne che, tra l’altro, contiene poche proteine). Bisogna sottolineare che Krishna (il Cristo degli Indù) è considerato dagli scolastici indù l’ottavo avatar (inviato speciale, incarnazione divina) fin dal 3.200 a.C. Perciò fin dall’Era del Toro, quando il Sole passava di fronte alla costellazione di Taurus, Krishna è stato considerato il Grande Istruttore ed è tuttora venerato in Oriente. Mentre in India si è spiritualizzata la materia divinizzando la vacca e considerandola un animale sacro, da noi, al contrario, si è materializzato lo spirito esaltando il SIMBOLO materiale di questo animale e ci si crede ancora intelligenti! In effetti, il segno del TORO corrisponde in astrologia ai beni, alla predisposizione al comfort, alla fortuna, ecc.; la seconda casa astrologica in uno schema natale indica il denaro, le finanze, l’economia. Perciò Mosè, al ritorno dal Monte Sinai, ordinò agli ebrei di non adorare il Vitello d’Oro: non solo perché avevano preso alla lettera il simbolo di quell’Era in cui il Sole si trovava nella costellazione del Taurus. Oggi vi sono le Banche, le Borse, le grandi Società dagli enormi capitali (simbolizzati dalla seconda Casa astrologica) che contano sul favore del pubblico il quale celebra i suoi culti a questi Templi di Mammone... Oggi, non siamo più evoluti degli indù, i quali, migliaia di anni fa, adoravano freneticamente la vacca. Così pure, sia gli spagnoli che vanno ad applaudire una corrida (simbolo della fine dell’Era del Toro, verificatasi migliaia di anni fa), dimostrando di essere in ritardo rispetto alla storia dell’umanità, sia le persone che mangiano carne di agnello, dimostrano non solo un ritardo di 2.000 anni

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(Era dell’Ariete), ma soprattutto ignoranza, poiché dimenticano lo spirito del simbolo, prendendolo alla lettera, quando sacrificano pecore, agnelli, ecc.

Ecco, in poche parole, come bisogna sfuggire dal piano inferiore per mezzo del SAPERE e tale è il simbolo superiore di questo chakra che non è più limitato dai 4 elementi, ma che si trova in una atmosfera più sottile (l’etere). Sapere è anche la parola chiave per lo sviluppo di questo centro diretto da Mercurio, il pianeta dell’intellettualità; ma, ancora una volta, non bisogna attaccarsi alla parola, ma vederne lo spirito: l’intellettualità è qui intesa come base di elevazione ad uno stato superiore. Nella gola risiede un magnifico mezzo di espressione umano: la voce, le corde vocali, il suono, l’espressione attraverso la parola, il Verbo!

IL CHAKRA AGNA

Si scrive a volte AJNYA-CHAKRA. E’ l’estensione naso-ciliare del plesso cavernoso del simpatico, sotto la divisione oftalmica del 5° nervo cranico. Le due ramificazioni (i due petali del loto) si estendono fino alle sopracciglia: è il centro in cui si sviluppa quello che comunemente è chiamato “il terzo occhio”. All’altezza del ganglio cervicale superiore, i nervi direttori della lingua, si dirigono verso una linea inferiore, mentre i nervi del glosso-faringeo si dirigono verso l’alto. Abbiamo così 4 ramificazioni principali (la lingua, la radice e la punta del naso, il plesso naso-ciliare e il plesso cavernoso).

In realtà il chakra Ajynya si trova leggermente verso la parte inferiore del plesso cavernoso, all’uscita del nervo motore oculare comune chiamato Hakini (che passa per il centro attraverso il talamo).

Si tratta sicuramente del centro più pericoloso da sviluppare; le asana ad esso relative devono essere eseguite con prudenza e mai senza gli avvertimenti di un Guru, poichè l’illuminazine di questo chakra prima di concludere l’illuminazione della serie completa dei centri anteriori, potrebbe arrecare terribili conseguenze. E’ logico che prima di svilupparsi qualsiasi centro deve essere preparato per molto tempo e, naturalmente, i chakra devono essere illuminati uno per uno, secondo il normale processo evolutivo, poichè è pericoloso mettere in attività un chakra più elevato di un altro, prima che questo sia stato sviluppato completamente. Per quanto riguarda questo 6° chakra, esso si trova situato anatomicamente in una posizione delicata che richiede un uso esperto; inoltre, il coronamento della serie dev’essere comprensibilmente intrapreso con una perpetua conoscenza del procedimento. E’ così complicata l’illuminazione del chakra Agna, che perfino i sadhaks che sono i più esperti, hanno avuto degli incidenti.

Sembra che questo sia il chakra di cui si parla di più, pur essendo quello che si conosce di meno!

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E questo non solo perché è molto scarso il numero degli yoghi che hanno raggiunto un tal stadio di sviluppo, ma soprattutto perché è molto difficile dare una definizione alle facoltà che entrano in movimento.

Naturalmente, molti mediums o spiritisti di ogni tipo gridano ai quattro venti che il loro chakra della clarividenza e della clariudienza si è sviluppato, ma sappiamo bene cosa pensarne al riguardo. Non è raro neppure che alcune persone vengano a riferirmi che il chakra del terzo occhio sta dando loro dei fastidi! Queste persone mi dicono, in tutta serietà che, nonostante siano completamente “illuminati”, sono disturbati da suoni, musiche, messaggi dall’al di là; che non possono dormire, che i loro corpi servono da canali a Dio stesso, ecc. Ma l’0illuminazione richiede bene altro. Non è una semplice documentazione di spiritualista da biblioteca; non è un’informazione intellettuale; e neppure la cosiddetta “saggezza” di una vita esemplare quella che può sviluppare questi centri, ma un lavoro costante di anni; bisogna avere una conoscenza delle più variate e una realizzazione totale di se stessi per abbordare il piano pratico consistente in quelle regole che, già di per sé, costituiscono un problema (Yama-Niyama-Asanas-Pranayama-Pratyahara-Dharana-Dhyana-Samadhi).

Confessiamo, una volta di più, che in Occiddente non conosciamo niente riguardo alla pituitaria né riguardo alle cause delle perturbazioni del plesso cavernoso. Quali sono realmente le nostre osservazioni su questo punto? Il prof. W. Norman Brown dell’Università della Pennsylvania affermò nel maggio del 1939 che il contributo che l’India ha dato alla scienza è enome e, molto spesso, sconosciuto. Era sua convinzione che l’India abbia contribuito enormemente allo sviluppo filosofico, sociologico, artistico e in quello di molte altre specialità della esperienza intellettuale. Come tanti altri scienziati deplorò che le università manchino di delegazioni per lo sviluppo di queste conoscenze che dobbiamo all’India. “Crediamo pertanto - aggiunse - (si veda il Bollettino dell’American Council of Learned Societies, 907, 15th St., Washington) che nessun indirizzo di studio, e soprattutto quello Umanistico e Universitario superiore possano arrivare ad essere attrezzate sufficientemente, senza la partecipazione di specialisti che abbiano una preparazione adeguata nelle diverse fasi della disciplina indù”. Vi sono cattedre di Indoogia o di Sanscrito ad Harvard, Yale, Columbia, Princeton, John Hopkins, Pennsylvania, Chicago e California, ma resta indispensabile la fondazione di un Ashram, o per lo meno che i Discepoli dell’Ashram arrivino ad insegnare nei Collegi di Studi Superiori. Tuttavia, sembra che l’americano si sia reso conto dell’immenso servizio che può offrire la filosofia indiana, che è forse più scientifica di una qualunque delle “nostre scienze”. Per esempio, della struttura atomica della materia aveva già parlato Aulukya, 2.800 anni fa (è noto, sotto il nome di Kanada, “colui che mangia l’atomo”, l’esponente del visaka, filosofia dell’individualità atomica). Gli indù sono, sicuramente, coloro che per primi hanno scoperto la vera

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costituzione dell’atomo, poichè, se per noi è una rivelazione recente che l’atomo sia un sistema solare in miniatura, per loro è una vecchia teoria che risale fino a quando è nata la loro misura del tempo. Infatti, i filosofi dell’India antica avevano diviso il tempo il più piccolo concetto matematico in loro possesso, cioè l’unità di tempo (kala) che corrisponde al periodo in cui un atomo attraversa la propria unità spaziale! Detto in breve, la teoria atomica che consideriamo un meraviglioso progresso scientifico, esisteva molto tempo prima della nostra Era, nell’esplosione di Kanada, attraverso dimostrazioni scientifiche come il movimento di un ago verso un campo magnetico, la circolazione dell’acqua nelle piante, l’etere come base di trasmissione per le forze sottili, il fuoco solare come causa di altri tipi di calore, il calore come causa del cambiamento molecolare, la dissoluzione universale per mizzo della disintegrazione dell’atomo, la relatività del tempo e dello spazio, ecc.! Questi concetti si possono trovare nei trattati del Vaisesika.

Quanto si è detto può sembrare che ci allontani dal tema dei chakra, ma ha lo scopo di focalizzare il chakra AGNA in particolare. Tale centro di potere è il timone, è l’ultimo passo prima dello stadio finale di contemplazione; infatti quando AGNA è stato messo in movimento l’illuminazione è quasi automatica: è l’ultimo baluardo del ragionamento e dell’analisi. Dopo, la forza kundalinica prosegue da sola il suo percorso, ormai senza controllo. Nel punto tra le sopracciglia si riuniscono i nadi principali e si incontrano per l’ultima volta Ida e Pingala: come in un contatto, la corrente prodotta dall’unione di questi canali è fortissima e necessita di una preparazione previa pp 272-73 dello spagnolo mancano 2/3 paragrafi

possibilità di una illuminazione collettiva, la quale segnerà sicuramente una Rinascita Spirituale nel vero senso della parola. Il chakra del Comando è molto difficile da illuminare, come abbiamo già visto, per questo è necessario insistere sul pericolo di totale squilibrio in cui incorre lo studente mal preparato. Quasi sempre il Guru per sperimentare al suo Chellah circa un minuto di estasi perfetta, gli fa intravedere, per un istante, il Samadhi, gli apre, per così dire, l’ultima porta, in modo tale che il canale non sia più vergine, anche se poi spetta al Discepolo portare a termine il lavoro di perfezionamento. Il Maestro illumina il suo discepolo toccandolo delicatamente all’altezza della pituitaria; tale frizione sul chakra Agna dura soltanto alcuni secondi, e perciò il sadhak, da parte sua, dovrà farsi trovare pronto, purificato, preparato, ricettivo, aperto, come un ricettacolo, come un calice o un vaso sacro, per ricevere dalle mani del Guru il nettare, l’Essenza Divina. Potrà godere così per un minuto, o un secondo, o la frazione di un secondo, la magnifica esperienza, l’unica vera, l’unica Cosa valida dell’esistenza: la Verità, la Luce, lo YUG...

Tale Diksha (iniziazione) viene concessa solo a quei discepoli, sufficientemente preparati, che abbiano giaà aperto completamente gli altri 5

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chakra attraverso il loro sforzo personale. Da questo momento sarà il Maestro a far assaporare per diverso tempo, la felicità divina al discepolo, il quale non evolve immediatamente, ma soddisfa una curiosità e si prepara la Via per poter, avendola già intravista, percorrerla più facilmente. Questa Visione è, a volte, l’unica soddisfazione di quei discepoli che non godono di altre esperienze se non di quelle “illusorie” procurate loro dal Maestro. Essi infatti, nonostante la buona volontà, non sono abbastanza forti da sostenere la tremenda tensione per raggiungere stadi di illuminazine così perfetta che richiedono come necessità imprescindibile, il soggiorno in un Ashram (eremo, luogo di ritiro, santuario magnetico) per dedicarsi interamente al lavoro di trasmutazione, che comporta: purificarsi, perfezionarsi, studiare, analizzare, completare, REALIZZARE.

Si tratta dello stesso processo che si verifica nell’evoluzione di una scala musicale in cui bisogna far vibrare le note una dopo l’altra per mettere in movimento l’armonia tonale di ogni suono. La base della musica hindu si compone di 6 Raga105 le quali si suddividono in 126 Raginis (onde) e nei Putras che sono le sonorità. Ogni Ragas ha 5 note: una VADI (il Re), una SAMAVADI (il Primo Ministro), che è una nota secondaria, due ANUVADI (gli intendenti) che sono note d’appoggio e una VIVADI (la nemica) o nota discordante.

L’ottava musicale viene a sua volta suddivisa in 22 SRUTIS o mezzi semi-toni che permettono una delle variazioni più ricche tra quelle sonore, che risulta irripetibile dalla scala Occidentale con i suoi 12 semitoni.

Bisogna ricordare che le note sono in relazione con colori, animali, metalli, ecc.DO... verde..... pavone realeRE... rosso...... allodolaMI.... oro........ capraFA.... crema....... gazzaSOL..... nero....... usignoloLA...... giallo...... cavalloSI....... multicolore..... elefante

Questo parallelismo, come tutti i parallelismi, deve essere compreso correttamente per raggiungere l’identificazione e la contemplazione. L’illuminazine del chakra Agna non può dipendere che da un completo equilibrio tra ragione e intuizione, analisi e rivelazione, oggettività e soggettività.

Tralasciando il chakra MANA poichè il BRAHMA RUNDRA corrisponde alla cavità venticolare media del cervello. Il passaggio di Kundalini attraverso tale cavità avviene attraverso lo stretto condotto che ha inizio dall’estremità meno pronunciata dei ventricoli cerebrali che conduce al quarto ventricolo. I venticoli sono collegati tra loro per mizzo del Nadi Sushumna (canale del cordone spinale) e da Akasha (spazio subaracnoideo).

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IL CHAKRA SAHASRARA (Loto dei Mille Petali)

A volte viene chiamato SAHASRADALA-KAMALA.L’Anima è trattenuta prigioniera nella cavità (randhra) fino a quando

riesce a liberarsi e a riunirsi all’esterno con Paramatma (l’Anima Universale). La cavità secerne costantemente un fluido detto Nettare della Vita (il fluido cerebro spinale). Al termine di questa cavità si trova lo spazio sub-aracnoideo, l’orifizio che permette il contatto tra PRANA (cavità interna) e AKASH(cavità esterna) e si trova alla sommità dl cervello; il cervello è bagnato dal fluido divino secreto nel Brahma-Rundra. Questa parte del cervello è coronata da un chakra dalle mille ramificazioni che, a volte, viene identificato col BRAHMA-CHAKRA.

E’ risaputo che i tessuti del corpo umano contengono elettricità di polarità negativa, ad eccezione del cervello e dei tessuti del sistema nervoso, i quali sono di polarità positiva; pertanto questi ultimi recuperano l’ossigeno rigeneratore con maggiore rapidità; per questa ragione il metodo psicofisiologico di ricaricare di ossigeno il sangue decarbonizzato, è perfettamente logico. Lo Yoghi conosce il procedimento più rapido per assorbire l’ossigeno nelle migliori condizioni, come pure il mezzo di estrarre dall’eccesso di ossigeno gli atomi che potrà trasformare, nel cervello e nei centri del cordone spinale, in corrente rigeneratrice. Detto in altri termini, si tratta di assorbire il Prana per mezzo di asana adeguate unite alla concentrazione delle forze in Sushumna al fine di elevarlo attraverso i chakra, con l’aiuto di Kundalini, fino a Brahma-Rundra.

Il cuore, che pompa in un anno più di due milioni e mezzo di litri di sangue, possiede, in un certo senso, il segreto della longevità: è infatti il suo meccanismo che mantiene la vita nel corpo umano; ora, poiché detto movimento deve la propria origine alla respirazione, il sistema di aspirazione dell’aria merita tutta la nostra attenzione. Da molto tempo i Grandi Guru hanno compreso che la maestria nella respirazione è la base del segreto della coscienza cosmica, nella quale bisogna identificarsi. Anche la scienza moderna fa progressi in questo senso e comincia a rendersi conto dell’importanza del sistema respiratorio e di una corretta respirazione ottenuta con un buon metodo. Circa il 40% dei tubercolosi hanno recuperato la salute attraverso il rilassamento locale del pneumotorace. Gli apparecchi costruiti in America che permettono agli ammalati la sospensione della respirazione in ambienti allestiti allo scopo, hanno dato splendidi risultati in 6 casi su 14 di tubercolosi avanzata 106. Tale pranayama artificiale ideato da uomini di scienza dell’Occidente è una prova dell’efficacia dei metodi dello Yoga usati già da molto tempo dai Saggi dell’Oriente. Le respirazioni ritmiche, le ritenzioni e soprattutto le sospensioni del respiro per un periodo di tempo più o meno prolungato devono naturalmente essere praticate sotto il controllo di un Maestro in materia, nello stesso modo in

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cui la terapia sulle vie respiratorie compromesse viene eseguita sotto controllo medico. La scienza moderna è sulla via di riconoscere che la sospensione della respirazione ha degli effetti benefici sulla salute; riuscire a dimostrare i risultati curativi e di ringiovanimento del corpo e dello spirito è uno dei passi più importanti per lo sviluppo della medicina occidentale del ventesimo secolo 107. Inoltre i medici riconoscono sempre più spesso l’azione benefica delle asana, anzi, sono proprio loro a raccomandare con frequenza lo yoga come l’unica possibilità di recuperare la salute e a risvegliare l’interesse per tale metodo psicofisico che permette di portare il corpo in condizioni tali da sperimentare la fusione dell’Anima Individuale (Jivatma) con l’Anima Universale (Paratma). Se l’uomo potesse vivere il periodo naturale di 250 anni avrebbe tempo sufficiente per studiare, e lavorare per il perfezionamento della sua evoluzione, cosa che, normalmente, richiede varie incarnazioni successive. Questo lasso di tempo di 250 anni 108, considerato naturale, permette agli yoghi di liberarsi una volta per tutte delle indispensabili esperienze terrestri e di terminare il ciclo evolutivo di perfezionamento; se non fosse così egli sarebbe obbligato a ricominciare ogni volta la pratica di un’infinità di discipline che, quando si è penetrati nel Sentiero, non sono più necessarie. Normalmente, però, sono indispensabili varie vite prima di capire dove si trova la rotta, il Cammino, e, una volta trovato, bisogna seguirlo. Quante anime troppo deboli non hanno saputo osare, non hanno saputo intraprendere il viaggio iniziatico per impadronirsi dell’assioma Sapere-Volere-Osare-Tacere.

Quando tutti i centri sono illuminati, quando tutto il corpo è veramente rilassato e pronto a ricevere la Grazia Divina, l’Illuminazione, in sé, non richiede troppo tempo: è sufficiente un secondo, un solo istante di vera unione con il Gran Tutto; ma questo secondo, questo istante tanto desiderato, è il più delle volte, conseguenza di molti anni di preparazione.

Per illuminare questo centro non è necessario emettere vibrazioni speciali, non è necessario praticare un numero determinato di respirazioni o concentrarsi su elementi particolari; la sua apertura è il risultato del lavoro compiuto dagli altri chakra e soprattutto da AGNA, come abbiamo visto.

Il chakra SAHASRARA, illuminato, permette la fusione nella Contemplazione Eterna, il raggiungimento della Coscienza Universale, lo YUG.

***

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Solo lo Yoga può eliminare qualsiasi tipo di idolatria perché non impone obblighi sociali e pratiche di culto. Esso fissa il pensiero in un Dio Unico, dà vita a questa immagine e poi la trascende. Allora lo Yoghi pone se stesso in Dio, senza più limiti e forme né interne né esterne. Infine, lo Yoghi si fa tutt’uno con Dio; egli è UNO, è YUG...

Quando si è ottenuta una sufficiente familiarità rispetto al tema dei chakra e agli 8 elementi da praticare (i quali non hanno niente a che vedere con gli 8 siddhi, o compimenti), allora si può cominciare a familiarizzarsi con il metodo meccanico, se così si può chiamare, o, per meglio dire, a imparare la tecnica interna, prima di applicare quella esterna, ovvero le asana.

Gli otto elementi dello Yoga sono già stati illustrati in modo particolareggiato nella prima parte di questo libro. Essi sono:

YAMA, e cioè la sincerità, la continenza, l’astensione dal furto o dal desiderio stesso di possedere (Yoga Darshana, II, 30).

NIYAMA, e cioè la pulizia interna ed esterna; il periodo di studio e di adorazione, le regole di vita Yoga Darshana, II, 32).

ASANA, o posizioni del corpo. Esse non vengono applicate solo come mezzo terapeutico (esistono infatti posizioni che riescono a curare perfino la lebbra o l’epilessia, come Sarvangasana), ma anche, nel campo fisico-psichico, per facilitare la concentrazione attraverso il rilassamento completo del sistemo nervoso e attraverso lo sviluppo di certi centri nervo-fluidici. La posizione migliore per ciascuno di noi è quella che riusciamo a conservare per il maggior tempo possibile senza fare alcun movimento. Due posizioni, però devono essere eseguite da tutti gli studenti: Siddhasana (posizione del compimento, o del triangolo o della figura perfetta) e Padmasana (posizione del loto).

PRANAYAMA, e cioè il controllo del respiro, il ritmo adeguato per produrre la messa in movimento dell’energia, il controllo dei nervi, la maestria delle vibrazioni, il movimento interno prodotto dalla maestria del Prana.

PRATYAHARA, cioè il controllo delle percezioni sensoriali, frenare i sensi. Questo controllo delle sensazioni è molto importante e si acquisisce superando molte difficoltà e praticando un’arte da certosino.

DHARANA o Meditazione consiste nel fissare un oggetto e riuscire a vederne le emanazioni, le “vibrazioni”, l’esteriorizzazione che sfugge allo sguardo normale. DHAR può essere inteso come un contatto, oltre che come “vedere intorno a”. Dharshana è la benedizione di un santo; i discepoli vanno spesso dal Maestro a chiedere il Darshan (un istante di esame, un punto di vista,

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la contemplazione della sua persona che permette di ricevere una vera benedizione dall’emanazione sacra).

DHYANA, la Concentrazione (Yoga Darshana, III, 2) è il mantenimento della coscienza fissa su di un oggetto; tale contemplazione implica quasi la soppressione dell’oggetto stesso, poiché la vista strettamente “legata” all’oggetto (e quando dico “vista” mi riferisco alla visione interna, alla penetrazione dello sguardo che comprende l’Essenza dell’oggetto).

SAMADHI o l’Identificazione; essa si verifica quando l’individualità sparisce, cioè quando la forma individuale di colui che medita e si concentra fino al punto da essere assorbito dall’oggetto, arriva a percepire la Sopra-Coscienza.

E’ necessario distinguere due tipi di samadhi (letteralmente, “morto”, “paralizzato”, “che non è più in vita”): il primo stadio si chiama Savikalpa-samadhi e permette di ritornare nel mondo fisico, mentre l’ultimo stadio, il Nirvikalpa-samadhi, è la fusione con l’infinito, l’Assoluto, il Nirguna.

Il Savikalpa costituisce un periodo di preparazione preliminare all’esperienza samadhica vera e propria. Esso, infatti, pur conservando l’individualità, permette la fusione con la Coscienza Universale. Lo Yoghi ritorna dallo stato di “estasi” e recupera subito l’individualità (il termine “estasi” è usato correntemente per definire il samadhi, ma non è il più appropriato perché la estasi indica solo un’evasione dallo stato di coscienza precedente; in questo caso invece si tratta di uno stato raggiunto coscientemente per mezzo di un’operazione psichica e non solo mentale. Secondo me c’è una differenza enorme tra un medium che rimane nel piano terrestre e uno yoghi che ottiene l’unione con l’UNO.

Lo Yoghi si abbandona al Nirvakalpa quando vuole godere per sempre della pace sublime, del samadhi completo, senza restrizioni o desideri di ritorno nel piano fisico; quando desidera la fusione finale e la reintegrazione nel Gran Tutto con la totale perdita dell’individualità.

Quando lo studente Yoghi ha sciolto i legami del piano cosciente, quando ha compreso l’illusione della materia che lo incatena a questo mondo e, infine, quando esercita facoltà diverse da quelle normali, allora è in grado di realizzare gli otto poteri (siddhi), cioè quei mezzi fondamentali di ricerca che rendono possibile l’accesso a conoscenze molto al di sopra di quelle scientifiche dei nostri giorni. Servendosi di questi mezzi i Saggi dell’Antichità ottenevano conoscenze tali che ancor oggi restano senza spiegazione. La formazione planetaria venne descritta molto tempo prima che si inventassero i telescopi e i Guru dell’India conoscevano la struttura dell’atomo senza l’ausilio del microscopio e descrivevano l’anatomia e la fisiologia degli organi senza ricorrere alla dissezione. I metodi usati erano completamente diversi da quelli che noi oggi conosciamo; la nostra analisi è sempre limitata perché osserviamo

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solo l’esterno di questo “interno”. Gli Yoghi penetrano nella cosa, non si accontentano di visualizzare l’oggetto, ma si identificano in esso.

Gli otto siddhi (compimenti) sono dei metodi di studio dei vari piani della esistenza umana (bisognerebbe dire quasi sovrumana!). Essi sono:

ANIMA, che vuol dire farsi piccolo come un atomo; esso permette l’analisi della costituzione interna, o meglio, della quintessenza degli oggetti.

LAGHIMA/LAGHINA?, che significa perdere peso per sfuggire alla legge di gravità e visitare regioni sconosciute.

PRAPTI è il risultato dei siddhi precedenti e consiste nello spostarsi istantaneamente in qualunque luogo, potendo così esercitare un aiuto immediato e senza limiti.

PRAKAMYA permette di ottenere immediatamente qualsiasi cosa si desideri. Questa facoltà, ancor più delle altre, non viene esibita dallo Yoghi; egli si astiene dal manifestarla e utilizza quasi sempre le vie naturali per ottenere le cose di cui ha bisogno per non disperdere un’energia che gli è necessaria per fini più utili ed universali.

MAHIMA, aumentare grandemente la propria astensione in modo tale da non essere disturbati o per manifestarsi là dove c’è bisogno di assistenza.

ISHITA è la Potenza Totale il potere di creare (come abbiamo già detto) non solo degli oggetti, attraverso la trasformazione di una cosa in un’altra, ma anche la creazione completa, non mentale, realizzabile per mezzo della forza di volontà dello Yoghi.

VASHITA è il potere di controllare elementi ed esseri, cosa che permette agli Yoghi di sopprimere il tempo e lo spazio e, a volte, di attivare un Karma, una legge di causa ed effetto, oppure aiutare una collettività, una razza o l’umanità.

KAMAVASAYITA è la capacità di essere sempre soddisfatto e in perfetta beatitudine. (A queste otto siddhi alcuni aggiungono anche GARIMA che è la facoltà di raggiungere un peso enorme).

E’ chiaro che questi poteri conferiscono la possibilità di REALIZZARE pienamente gli esseri e le cose, poiché, in effetti, quello che tocchiamo non è sempre quello che vediamo e le percezioni non sono identiche per ciascuno. Perciò gli yoghi insistono non solo sull’imperfezione dei nostri sensi, ma anche sul metodo di percezione, dato che i nostri sensi che non sono altro che “mezzi” di percezione, deformano spesso la realtà (così come i diversi approcci psicologici delle varie religioni vestono la REALTA’). Solamente identificandoci negli esseri e nelle cose possiamo conoscerle perfettamente, percepire segretamente l’intima natura. Identificarsi, ecco uno dei significati dello YOGA. E’ indispensabile sapere che la percezione non è nell’organo, ma nella coscienza a cui l’organo trasmette la percezione, pertanto è logico che si possa trascendere l’organo e operare direttamente sulla coscienza. Per questo è stato detto: “Quello che chiamiamo esperienza non è che una limitazione

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soggetta alla illusione (maya). L’unica esperienza vera è l’Identificazione Mistica (samadhi) e solo essa permette di arrivare alla conoscenza totale (Yogatrayananda, Shiva Archana Tattva

Perdiamo moltissimo tempo a specificare, ad analizzare, a studiare attraverso i sensi che sono imperfetti e spesso snaturalizzano le cose, ci ingannano; per esempio, quando assaggiamo qualcosa la troviamo diversa da come la nostra vista ce l’aveva presentata, oppure restiamo piacevolmente sorpresi quando conosciamo la persona che al telefono aveva una voce così sgradevole e che ci eravamo immaginata completamente diversa da com’è in realtà. Detto in breve, l’illusione ci aspetta sempre all’angolo per condurci ad esperienze incomplete, ad abbagli; invece la percezione diretta della nostra conoscenza (mediante il samadhi) è l’identificazione completa che permette la Vera immagine, l’Unione Perfetta, l’Interpretazione Totale.

Le religioni esistono, a centinaia, per comunicare un concetto più o meno esatto sulla natura delle cose soggettive; le scienze esistono anche numerose per offrire, secondo l’epoca, teorie più o meno esatte sulla natura oggettiva delle cose; tuttavia, quanta relatività in questi campi! Le religioni, che sono soggettive, hanno tentato di dare una morale oggettiva agli uomini e le scienze, a loro volta, così obiettive, già da molto tempo hanno dovuto introdurre un po’ di soggettività nelle loro spiegazioni, sotto pena di perdersi in un universo per altro limitato. La REALTA’, la VERITA’ è sempre stata proclamata dappertutto, ma nessuno può attestare l’esistenza e neppure dimostrare una parte di questa sublime aspirazione di tutta l’Umanità. Le religioni si perdono nelle immagini tanto quanto le scienze si perdono nei simboli: le prime simbolizzano il fanatismo e le seconde fanatizzano i simboli!

Solo lo YOGA persiste attraverso i tempi perché non si tratta di un’immaginazione pittorica soggettiva o di una cosiddetta “obbiettività”, ma E’... l’Unione, la Fusione, l’Identificazione, è un’esperienza che ognuno può intraprendere, senza dover per questo sottomettersi ad obblighi sociali, come coloro che seguono una religione o si occupano di scienza, poiché per essere yoghi non è necessario praticare un rituale religioso o dedicarsi ad un culto scientifico: è sufficiente REALIZZARE pienamente, da soli, la REALTA’, senza bisogno di ginnastica metafisica come nelle varie filosofie o di equilibrismo fisico come nelle scienze. Lo YOGA è un SISTEMA, il Sistema è un METODO, il Metodo è la Sublimazione del SAPERE.

Abbiamo l’abitudine di provare tutto materialmente, vogliamo toccare col dito: siamo talmente bambini che non comprendiamo neppure le lezioni del Passato. Gli Antichi erano più saggi, questo lo sappiamo, tuttavia mentre loro hanno preservato le loro conoscenze, noi siamo sempre a caccia di dimostrazioni, vogliamo prevalere grazie alle nostre conoscenze applicandole a ciò che chiamiamo campo pratico. I cinesi hanno scoperto la polvere da sparo alcune migliaia di anni prima di Cristo, ma si sono ben guardati dal darle

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applicazioni diverse da quella della pirotecnica, i bizantini hanno scoperto il principio della macchina a vapore ma, molto più saggi di noi, sono stati capaci di astenersi dall’applicarlo. Ai nostri giorni, eccetto uomini come il Mahatma Gandhi che praticava la dottrina dell’Ahimsa109, ci emozioniamo solo quando si tratta di apparecchi che offrono un comfort apparente che spesso hanno conseguenze disastrose. In effetti, mentre l’Occidente è specializzato nel progresso materiale, l’Oriente sa evolvere spiritualmente.

Il termine AUM non + solo una parola sacra che più tardi analizzeremo, ma essa può essere espressa anche con SATCHIDDANANDA che è il simbolo delle tre manifestazioni della filosofia indù (Sat-Chit-Ananda). SAT è l’Essere, la Verità; CHIT è la Conoscenza, la Saggezza; ANANDA è la Beatitudine, la Contemplazione. Di conseguenza abbiamo questa grande linea filosofica: la Verità dell’Essere (il Padre); la Saggezza che è il Verbo, il Logos (il Figlio); la Felicità, la Coscienza di tutto (lo Spirito Santo); e intorno a questa Trinità vibra tutta la Tradizione dell’India.

Comprendere bene questo significato triologico è aver percorso millenni di Tradizione Sacra. Gli Occidentali che studiano l’India si perdono spesso nella critica dell’amore degli indù per le vacche invece di analizzare la teologia di questa cuna di civiltà. Con troppa leggerezza, inoltre, gli spiriti aggressivi della razza bianca si sono precipitati a scoprire che la religione dell’India è basata sull’adorazione del sesso maschile e che i templi e i luoghi sacri hanno tutti un emblema fallico venerato dai devoti. La cosa non è nuova perché in tutti i tempi l’organo di riproduzione maschile è stato oggetto di particolare devozione; quante religioni perpetuano questa adorazione rivestendola dei simboli più vari, come la croce, il triangolo, il cerchio con la spirale, ecc. La croce, in tutte le sue rappresentazioni, (romana, uncinata, con impugnatura, ecc.) allude sempre al principio generatore, sia sotto forma di accoppiamento tra l’uomo e la donna, sia attraverso la rappresentazione del sesso maschile... Il triangolo è la sintesi perché raffigura tanto l’organo sessuale femminile pronto a ricevere quello maschile, quanto il membro virile in procinto di penetrare la vagina: nel primo caso la punta del triangolo è rivolta verso il basso, nel secondo verso l’alto; la stella di Salomone invece, nella quale i triangoli si intersecano a guisa i due corpi strettamente uniti, indica il compimento dell’azione. Il Sigillo della Saggezza degli antichi cinesi, il TAO, riproduce perfettamente nelle sue due parti, di cui una è nera e l’altra bianca, l’accoppiamento di due esseri che si abbracciano e, in particolare, quella certa preparazione al coito; può inoltre simbolizzare un disegno stilizzato dell’ureato visto di fronte.

Scandalizzarsi perché l’India adora il fallo, significa dimostrare ignoranza rispetto alle religioni e soprattutto a quella cristiana, la quale venera l’organo maschile mascherandolo sotto altre vesti quali la croce a forma di trifoglio (il pene con i suoi attributi), il campanile e altri simboli ecclesiastici usati comunemente per suscitare la venerazione di quanto vi è di più sacro. Le

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piramidi, gli obelischi, i copricapo delle donne di alcuni paesi (come la Bretagna e la Normandia) riproducono con esattezza il fallo munito dei suoi preziosi “collaboratori”.

Il Lingam, che si trova ovunque in India, e assai meno nascosto che in altri paesi, è il vero simbolo della Vita. Lingam significa fallo, ma ancor più SEGNALE: è una chiave magica. Il sesso maschile, composto da tre parti principali, non esprime soltanto una triplice immagine, ma rimanda, ancora una volta, alla parola A U M, e alle nostre relative riflessioni precedenti. Questo organo è alla base del problema vitale, noi lo sappiamo bene, ma quando si tratto di parlare ostentiamo un falso pudore, e perfino i più arditi si rinchiudono in un completo mutismo! Quando ho cercato di indirizzare la conversazione su questo tema, ho sempre visto salire il rossore alle guance e spesso mi hanno intimato di evitare questo genere di argomenti. Ho dovuto pertanto smettere di dare conferenze sulla sessualità e perfino di trattare le simbologie esoteriche e psicologiche relative al fallo... E siamo in pieno secolo XX e ci crediamo avanzati... In India si parla liberamente dell’igiene intima e dei contatti sessuali, ma non verrebbe mai permessa la più insignificante volgarità o barzelletta “sporca” di quelle che si usano in Occidente.

Krishna (il Pastore Celeste) rubò i vestiti alle pastorelle, fatto che può essere inteso sia letteralmente, sia come il furto degli abiti egocentrici da parte di un ladro di anime che cercava di far realizzare la Nudità Spirituale. Nel bosco di Brindaban il Signore Divino era il beneamato degli animali e delle donne e si dice che ebbe 16.000 mogli! Anche se si tratta di simboli, questa leggenda deve avere un fondo di verità, come tutte le mitologie. E’ certo che la storia della vita di Krishna, Buddha, Gesù, Quetzalcoatl, Hanapu, ecc., è un resoconto vero dell’esistenza di questi Inviati, ma racchiude anche simboli che, per la maggior parte, debbono essere interpretati secondo lo spirito e non alla lettera. Perché sorprendersi di trovare storie d’amore nella vita di un Santo come Sri Krishna, soprattutto quando le si considera, come oggi è d’uso, secondo il punto di vista sessuale. E’ noto che i Baccanali, i Liberatori, i Saturnali, le Falloforie erano tutte orge sacre che onoravano le fonti della generazione e dello Spargimento del seme. E’ noto anche il loro svolgimento e il senso dato ai rituali, la cui forma operativa può essere a ragione definita una disciplina iniziatica. Tuttavia giudichiamo con eccessiva frettolosità, basandoci soltanto sui fatti materiali che si offrono ai nostri occhi ignoranti.

Vediamo in ogni cosa solo il senso profano, senza avere alcuna idea del senso sacro, così familiare agli Antichi. E così commettiamo l’ingiustizia di bandire la donna dalla vita dell’iniziato, come se non fosse stato scritto: “Adorare gli Dei senza venerare la donna è rendere nullo ogni atto pio” (Manù, III, 55-56).

In India la donna è rispettata e perfino venerata sotto la forma di Gauri (la Madre); è la Natura, chiamata a volte Kali (divinità femminile); tuttavia è

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l’uomo a prevalere in superiorità nell’evoluzione e costituisce per la sposa la rappresentazione divina: ad egli infatti corrisponde farsi carico dell’evoluzione di lei, la quale come elemento negativo non avrebbe possibilità di progredire: “La donna virtuosa deve costantemente venerare suo marito come un Dio” (Manù, V, 154).

Questi concetti non hanno niente di strano in India dove tutto si rispetta, soprattutto i precetti. Ciò potrebbe costituire, fino ad un certo punto, una morale occidentale, come tante altre discipline che non provengono da filosofie “straniere”, ma che comunque noi occidentali generalmente non rispettiamo. Normalmente si crede che il precetto di non mangiare carne sia proprio degli orientali (anche se non si sa con esattezza se appartiene ai buddisti, agli indù o ai taoisti...!), invece bisogna chiarire subito che si tratta di una regola religiosa generale riscontrabile sia nella Bibbia che nei Veda e nel Corano, e che proibisce sia gli alimenti animali (Corano, II, 168) che il vino (Corano, II, 216). Queste discipline religiose sono state introdotte per questioni igieniche e si prestano ad essere seguite anche ai nostri giorni da coloro che possiedono un pur minimo senso dell’estetica!

L’unione di due elementi (maschio e femmina) corrisponde alla fusione delle due polarità (positiva e negativa) presenti in tutte le cose. Essa diventa di secondaria importanza quando, avvenuta la trasmutazione, è possibile accoppiarsi senza le polarità di “forma”, poiché non si rispetta più la materia, ma si lavora in un piano superiore. Il suo simbolo è il già menzionato A U M, manifestazione delle polarità positive, negative e neutre (Pingala-Ida-Sushumna). La parola sacra AUM, nominata dai Veda, viene tradotta dai tibetani con H U M e corrisponde all’AMEN degli egiziani (in ebreo significa sicuro, sincero) che i musulmani hanno trasformato in AMIN. L’AMEN non proviene da “ame” (anima) come potrebbero pensare i francesi, ma da una parola difficilmente spiegabile che appare nell’Apocalisse (III, 14): “L’Amen, il testimone fedele e vero, l’inizio della creazione di Dio”; si tratta, in un certo senso, del Soffio, del Prana, la prima manifestazione. Sappiamo che l’H è stata per molto tempo l’espressione simbolica di Dio, e che è stata riscontrata nel linguaggio di varie tribù le quali usano Ha come nome di Dio; l’H si trova inoltre nel nome degli Inviati cHristici (Hanapu, Hu, Huiracocha, JeHsu), nell’AUM la cui pronuncia dà un suono che assomiglia all’HHH prolungato e nella parola tibetana H U M che si avvicina di più a tale fonetica. Questa parola sacra (AUM) è indefinibile, è allo stesso tempo il nome di Dio e una benedizione; il suo significato è talmente profondo e simbolizza talmente tante cose che bisognerebbe scrivere vari libri per enumerarle tutte.

L’AUM racchiude l’intero meccanismo dello Yoga, come pure la sua finalità, definendolo il lavoro da compiere sia nei tre piani (materiale, astrale, divino), che nei campi (fisico, intellettuale, mistico), che nei corpi (somatico, psichico, pneumatico). Esso indica anche un procedimento, una tecnica

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attraverso la quale il Prana produce l’energia trasmutabile che si diffonde attraverso i centri luminosi fino alla meta finale simboleggiata dall’AUM stesso. Dobbiamo ora mettere a fuoco questo meccanismo che permette l’illuminazione.

Abbiamo visto finora le condizioni indispensabili per prepararsi allo Yoga, le facoltà che devono essere impiegate nella ricerca, gli elementi in gioco; passiamo ora ad esaminare il modo in cui funziona la Shakti Generale; esso può essere paragonato ad una forza attiva simbolizzata da un serpente chiamato Kundalini, che viene ad integrarsi con l’energia individuale; le sue radiazioni illumineranno in primo luogo i centri fisici, poi si trasformano in forze psichiche che permettono la trasmutazione del potere materiale al fine di Identificarsi; si giunge così al Nirguna, colui che è senza qualità, cioè l’Assoluto; in altri termini, si tratta di una trasmutazione del piano fisico, considerato normalmente “la verità”, per arrivare agli orizzonti illimitati dello spirito, il quale è a sua volta molto spesso negato, o per lo meno messo in dubbio.

I chakra sono gli elementi principali del sistema, tuttavia, ai fini della nostra ricerca scientifica, è preferibile intenderli come plessi il cui sviluppo è comprensibile se messo in relazione con il sistema nervoso. Di conseguenza, il fatto che i chakra, quando vengono messi in movimento dai Nadi, danno l’energia necessaria a Kundalini, si traduce col fatto che plessi, una volta messi in movimento dai principali nervi, forniscono la forza vitale al Vago.

I 10 nervo-impulsi principali (Vayu-Nadi) sono:

IDA canalizzazione destraPINGALA canalizzazione sinistraSUSHUMNA canalizzazione centraleGANDHARI nell’occhio sinistroHASTAJIVHA nell’occhio destroPUSHA nell’orecchio sinistroYASHASWINI nell’orecchio destroALAMBUSHA nella boccaKUHU nel peneSHANKINI nel perineo

Essi canalizzano e permettono gli impulsi dello sviluppo (prana-Vahaka).I 72.000 nadi debbono essere resi più acuti affinché le loro vibrazioni

possano entrare in contatto con i piani superiori, i quali a loro volta trasmettono alle sfere sublimi il potere energetico dispiegato dall’impulso individuale per la fusione nell’ACINTYA (l’inconcepibile).

Come dice Arthur Avalon, il Kundalini è la Shakti-Statica, è il rappresentante incarnato nell’individuo del Grande Potere Cosmico che crea e sostiene l’Universo.

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Il potere statico (anabolico) è la parte parasimpatica e il potere dinamico (catabolico) è la parte simpatica.

Swami Vivekananda definisce Kundalini come l’energia d’azione, acciambellata sopra il Muladhara, il centro in cui si accumulano i residui delle sensazioni. Mi scuso di trovare povera questa definizione, poiché da parte mia preferisco riconoscere Kundalini come una forza attiva dai poteri illimitati, quali la possibilità di rigenerazione, il dono della vera Gioia, della Fede e della Saggezza, e, in quanto alla sua localizzazione, non credo a quanto dice Vivekananda (il quale purtroppo è stato un vedantista e non uno yoghi come il suo Maestro Ramakrishna, il Paramhansa) e cioè che si possa circoscrivere ad un solo chakra, il Muladhara.

Secondo quanto afferma l’Hatha-Yoga-Pradikipa, il Kundalini, addormentato, custodisce il condotto che conduce alla sede di Brahma (Brahma-Rundra); ciò significa che Kundalini (la forza energetica vitale) sorveglia il passaggio (canalizzazione) che avanza fino alla cavità cerebrale di cui abbiamo parlato più su. E’ stato sempre detto, dai classici dello Yoga e dalle fonti autorizzate, che Kundalini si trova in KANDA il quale, a sua volta, è collocato nella parte inferiore del corpo umano, appena sopra l’orifizio anale. Anche se il Goraksha-Shataka lo situa un poco più alto, non mi trovo d’accordo con i trattati che dispongono Kundalini nel chakra Muladhara, in quanto si tratta di una definizione semplicistica, adatta per i principianti. Si dice anche, generalmente, che il chakra Manipura è il plesso solare anche se sappiamo bene che si trova sull’asse celiaco, ma non c’è motivo di specificare troppo quando lo studente tenta appena di farsi un’idea generale dell’argomento; ci sarà sempre tempo di rettificare quando il curioso o lo studente diventerà un vero ricercatore.

Il Vanya-Valka situa Kanda appena sopra l’ano (circa un pollice) prolungandolo secondo una linea che arriva un poco sotto la radice del pene; ciò corrisponde ad un bulbo radice la cui espansione dà origine al chakra Muladhara, il quale corona questo supporto-radice, vero calice-ricettacolo del Kundalini Sacro. Nel corso di una rapida conversazione si suole dire che Kundalini è nel chakra Muladhara, mentre quando lo si descrive lo si deve collocare al di sotto di questo chakra (e non al di sopra, come dice Vivekananda, le cui esperienze psichiche gli sono costate la vita, prova inconfutabile della sua mancanza di conoscenza del meccanismo e delle corrette ubicazioni.

Il libro di Vasant G. Rele (The Mysterious Kundalini) è senz’altro quello che meglio definisce scientificamente la posizione e il meccanismo di detta energia interna; esso è approvato anche da Theos Bernard il quale completò i suoi studi universitari prima di diventare yoghi. Il dottor V. Rele seppe spiegare in maniera chiara al mondo occidentale il processo di questo dinamismo vitale che permette il completo sviluppo delle facoltà. Egli illustrò con esattezza la somiglianza di Kundalini con il nervo Vago destro, che è, dei due Vaghi, l’unico a po0ssedere una dinamica corrispondente a quella attribuita a Kundalini

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della letteratura yoghi. Il Vago sinistro svolge un ruolo insignificante nella formazione del plesso solare e dei plessi situati sotto di esso, mentre il destro attraverso il ramo ipogastrico entra in contatto diretto col plesso solare e con i plessi situati più sotto. La stimolazione della connessione centrale del nervo Vago destro può servire a controllare l’attività dei sei plessi del sistema simpatico che comprendono, secondo la definizione del dottor Rele, la parte più importante del sistema nervoso autonomo del parasimpatico.

Abbiamo visto i Chakras, le ruote vibranti che captano le forze eteriche, che ci pongono in contatto con il mondo stellare e mediante le quali vibriamo al punto di trasformare la materia in spirito; conosciamo anche quelle canalizzazioni che, secondo l’anatomia occidentale, sono i cavi di unione del sistema nervoso; secondo la terminologia orientale sono anche le vie fluidiche che conducono l’Energia Vitale Universale verso il potere individuale per permettere l’unione; esse corrispondono altresì ai 7.200 nervi diretti da 10 capi e guidati da un gran Maestro che si trova nell’ombelico che sale verso la testa.

Abbiamo già menzionato gli otto elementi su cui lavorare e abbiamo enunciato un momento fa le otto facoltà, ma non dimentichiamo le dieci energie con le loro corrispondenti funzioni:PRANA respirazioneAPANA escrezioneUYANA circolazioneUDANA tosseSAMANA digestioneNAGA eruttazioneKURMA ammiccamento degli occhiKRIKARA starnutoDEVADATTA sbadiglioDHANAM-JAYA assimilazione

Dobbiamo esaminare i CHATURVARGA (di cui i primi tre sono detti TRIVARGA):DHARMA la vita in accordo con la LeggeARTHA l’obiettivo da raggiungereDAMA i desideri e il loro adempimento, e infineMOKSHA la Liberazione

Poi penseremo alle Purificazioni e potremo in seguito passare agli esercizi preliminari all’Hatha-Yoga, che consiste soprattutto nelle Asanas (posizioni).

Le 6 azioni (processi di purificazione), chiamate SHAT-KARMAS, sono:1. DHAUTI: consiste nel lavaggio interno tramite una tela di cotone (una

garza asettica di 25 piedi) imbevuta previamente di acqua (per facilitare i principianti di latte o di acqua zuccherata). Non si lasci mai nello stomaco la garza più di mezz’ora, ma all’inizio se ne inghiottisca solo una parte

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mantenendola per alcuni secondi fino ad arrivare progressivamente, ad un quarto d’ora (periodo più prolungati possono essere autorizzati soltanto da un Guru). Prima però si deve fare il lavaggio della bocca con un pezzo di tela (seta di preferenza), non solamente sciacquandola bensì facendo pressione come si fa per mungere le mammelle delle mucche, Khauti include il lavaggio interno della bocca, dello stomaco e del retto.

2. BASTI: è la pulizia dell’ano e del colon. Si pratica in due maniere differenti, una a secco e l’altra con acqua. Gli Yoghi praticano l’aspirazione dell’acqua attraverso l’ano, stando seduti in un recipiente colmo; una volta assorbita l’acqua, essa va trattenuta un istante e poi espulsa: il procedimento viene ripetuto fino a quando l’acqua che esce dal corpo non è perfettamente pulita.

3. NETI: è il lavaggio della testa e dei seni frontali mediante aspirazione di acqua per il naso ed espulsione attraverso la bocca, senza inghiottirla.

4. NAULI: è un massaggio interno dell’addome a base di contrazioni muscolari. Nauli (o Naukili) consiste nel far rientrare l’epigastrio sotto il torace (uddiyana), facendo giocare uno ad uno i muscoli addominali destri, poi quelli sinistri e infine separando gli organi e premendo nel centro del basso ventre: tutto questo con una perfetta maestria dei nervi e dei muscoli.

5. TRATAKA: la ginnastica degli occhi. Consiste in vari movimenti verticali, orizzontali, obliqui e circolari, per far agire separatamente l’occhio sinistro dal destro, e nel fissare un punto esterno o interno alla testa (la punta del naso, tra le sopracciglia, la fronte, le mascelle, etc.).

6. KAPALABHATI: sono le respirazioni speciali per il sistema vascolare. Questa pratica assesta i disordini causati da KAPHA (flemma).

A questi principali purificazioni, oltre al lavaggio della bocca e della lingua (raspare la lingua, sfregarla, pulirla), si pratica giornalmente il Kechari-Mudra che consiste nel far arrivare la lingua alla punta del naso, per poi introdurla nella gola ed eliminare la saliva che è in eccesso. L’allungamento della lingua a volte non riesce e allora il Guru pratica una piccola incisione alla base per facilitarlo (essa però non è indispensabile perché con la pratica si può riuscire a coprire con la lingua la glottide e ad ostruire la apertura della gola).

Per eseguire correttamente questi esercizi è indispensabile molta pazienza, poiché lo studente è autorizzato a praticarli solo con molte restrizioni. Inoltre si rende necessaria una preparazione mentale e psicologica a queste purificazioni (che consistono soprattutto nell’eliminazione di Kapa) per mezzo della pratica quotidiana del Pranayama e del Bija-mantram.

Il sistema Yoga presenta diverse possibilità di accostamento affinché ognuno possa trovare il proprio metodo di realizzazione secondo la sua peculiare costituzione. Di qui i diversi tipi di Yoga (la cui diversità è solo apparente): il Bhakthi-Yoga, per i devoti, il Jnani-Yoga per gli intellettuali, il

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Yantra-Yoga per gli psichici, etc. La catalogazione dei temperamenti è generalmente di tre tipi:

PASHU (coloro che possiedono una natura prevalentemente fisica)VIRA (gli individui di temperamento mentale)DIYA (gli uomini di estrema spiritualità).Ciascuna individualità corrisponde ad una Via (uno Yoga). Tuttavia,

bisogna tener conto che questa Via è momentanea. Bisogna agire come se questi cammini non esistessero, con l’obiettivo di praticare lo YOGA per eccellenza, (cioè l’unione dei diversi metodi). Le quattro forme principali di Yoga sono:

HATHA-YOGA: il dominio dell’azione dinamica. HA vuol dire Sole e THA Luna; è l’unione delle due polarità simbolizzate dei due luminari (l’occhio del giorno e l’occhio della notte, le luci del Cosmo); è il cammino della realizzazione attraverso la forza, è l’azione violenta sul corpo fisico per ottenere la maestria delle reazioni, per controllare le sensazioni, per sopprimere le reazioni incoscienti (tics, manie), per dirigere la volontà nella direzione desiderata, per ottenere un’energia capace di guidare il pensiero verso l’unione assoluta dell’individuale con l’universale.

Esistono sette periodi nell’Hatha-Yoga:1°. La Purificazione,2°. La fortificazione del corpo,3°. La calma e la possibilità di non provare impulsi,4°. La pazienza e la fiducia,5°. Il corpo è infine illuminato, irradia,6°. Il corpo usa dei poteri oggettivi,7°. Il corpo usa dei poteri soggettivi.

In effetti, l’Hatha-Yoga, che rappresenta la porta di entrata di ogni ulteriore metodo, è l’inizio e la fine di un paradosso esistente in quasi tutte le cose, giacché la verità è semplice e complicata allo stesso tempo. L’Hatha-Yoga è la prima disciplina, indispensabile per intraprendere le altre vie dello Yoga, poiché è logico che il sistema Yoga inizi con il corpo fisico, è naturale che l’azione sulla materia costituisca il primo passo in un sistema fisico-psichico, e che dobbiamo soggiogare la nostra natura inferiore prima di procedere ad altra cosa: così pure alla fine di ogni via evolutiva appartenente ad uno di quei rami dello Yoga che abbiamo appena citato, vediamo la necessità di ricorrere nuovamente all’Hatha-Yoga per terminare l’esperienza. D’altra parte, vedremo più avanti, quando esamineremo ciascuna linea dello Yoga (Jnana, Bhakti, Rajas, etc.) che le discipline elementari tornano sempre a ripetersi, che è impossibile essere un Dhyana-Yogi senza fare le asanas dello Hatha-Yoga, che ogni Rajas-yogi è dovuto passare attraverso l’Hatha-Yoga, senza di cui non potrebbe eseguire le sue posizioni giornaliere. Per questo dobbiamo studiare soprattutto l’Hatha-Yoga che è la base, il mezzo ed il fine del sistema Yoga.

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Il MANTRA-YOGA è la Via successiva, è la liberazione attraverso il Mantram (preghiera speciale che non chiede nulla, al contrario delle preghiere cristiane, che sono piene di domande e richieste di benefici, come se Dio non sapesse ciò di cui necessitiamo). Il Mantram è il potere del Verbo. MAN significa pensare, TRA è liberarsi; il Mantra Yoga è la linea dello Yoga che cerca l’Unione mediante il Verbo, è la concentrazione nella parola, nel suono; è pensare di essere il suono stesso per fondersi con esso nell’Universale. Esistono due suddivisioni di questo sentiero di reintegrazione: la KRYA (l’azione) e BHAVA (la sensazione) che danno il piacere tenero e la benedizione eterna nella Liberazione.

Il LAYA-YOGA è considerato generalmente la terza tappa; è il sentiero della reintegrazione per mezzo della dissoluzione, è, in un certo senso, la vera alchimia spirituale. Laya vuol dire assorbimento e permette di Identificarsi per mezzo della concentrazione nei suoni interni, nelle vibrazioni praniche (durante gli esercizi speciali, l’Hatha-Yoga è sempre una necessità.

Il RAYA-YOGA, considerato lo Yoga superiore, è di fatto una ginnastica metafisica. Non vorrei contraddire i concetti abituali diffusi dalla letteratura sullo Yoga, dicendo che secondo me si tratto piuttosto di un’estasi; infatti, quando si dice che i Raja-Yoghis abbiano appena iniziato la ricerca del controllo mentale; invece anche il minore dei Sadhaks l’ha già ottenuto mediante alcune asanas e un buon metodo di Pranayama. E’ noto che il Raja-Yoga include diverse discipline, la prima delle quali è la pratica delle asanas; cioè salta agli occhi grazie ad alcuni occidentali che si dicono “rajas-yoghis” e che credono di aver raggiunto lo stato finale quando non hanno nemmeno la più piccola idea di quello che è una disciplina mentale; essa esclude ogni mondanità e si accorda con la mentalità degli “spiritualisti”, “teosofisti” e altri studenti di pseudo-esoterismo.

Vi sono anche altre forme secondarie di Yoga, come il Bhakti (in realtà annesso al Mantra-Yoga), il Karma-Yoga (seconda parte dello Hatha-Yoga), lo Jnana-Yoga (che assomiglia al Laya-Yoga), lo Yantra-Yoga che è il sentiero della meditazione sui simboli (può essere unito al Raja come yoga soggettivo o al Dhyana-yoga che è un metodo solo contemplativo), lo Shakti-yoga che esercita un’azione diversa da quella dell’Hatha-Yoga (è la ricerca di certi yoghi spesso non purificati, è il potere, è la Magia indirizzata verso il fakirismo). Certamente i fakiri, considerati frequentemente come yoghi musulmani, non sono altro che mendicanti dell’Islam; esistono nel mondo arabo Veri Yoghis, però i fakiri sono semplicemente esibizionisti di prove di forza o di esercizi di volontà e che solo raramente possiedono veri poteri acquisiti mediante alcune conoscenza dello Yoga. Il Kundalini-Yoga è pure una forma di Hatha-Yoga dove l’elemento principale e la quasi unica fonte di lavoro, è l’energia vitale nell’esercizio della sua funzione dinamica. Il Samadhi-Yoga è una tappa finale

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che lo yoghi affronta quando ha sperimentato le diverse vie e non desidera altro che lo stadio finale e definitivo.

Di fatto le diverse linee dello Yoga sono come le leggi dell’esistenza; lo YOGA è una LEGGE di Vita, è un Sistema Reale, uno Standard di Vita, una conoscenza delle leggi naturali per sfruttare al massimo i poteri che esistono dentro di noi. Alcuni autori considerano il Jnana-yoga il primo stadio: l’intellettualismo, la domanda di conoscenza, la documentazione, la scienza, la Saggezza; poi viene il Raja-yoga (lo Yoga Reale) che serve per dominare le passioni e l’instabilità dello spirito, il cui soggiogamento è necessario prima di passare al Karma-yoga. Esso è l’azione dinamica, la vita al servizio del lavoro, l’abbandono totale della propria volontà, che produce un periodo secondario (il Bhakti o devozionale), e permette infine di raggiungere l’HATHA YOGA. Hathe-Yog è lo Yog della mortificazione della carne, l’ultimo poiché esso produce la vera trasmutazione visibile e vivente; non si tratta più di un semplice ragionamento come nel Jnana, di un’estasi psichica come nel Raja, di un’attività probatoria come nel Karma-Yoga, ma piuttosto di un’espressione obiettiva e trascendentale. L’Hatha-Yoga è veramente quello che offre le migliori dimostrazioni del lavoro, è il più concreto, positivo e definitivo per l’equilibrio della nostra vita attuale.

Nello Yoga esistono gradi iniziatici propriamente detti; se esistono diverse iniziazioni, in realtà non sono che nell’ordine dell’evoluzione. E’ possibile iniziarsi all’Hatha-yoga prima o dopo essere stato iniziato al Jnana-Yoga, sia sotto lo stesso Guru, sia sotto diversi Gurus.

Si può stabilire una gerarchia nel campo dell’ascesi, ma essa è relativa e dipende dalla vita personale di ogni elemento e non dal grado di evoluzione.

Il BRAHMACHARI è il casto, è il Novizio della comunità; le sue regole sono rigide, tutti un giorno dovranno passare di lì. BRAHMACHARIA è la prima disciplina che consiste nel consacrarsi all’esistenza divina e la cui regola elementare è la continenza, l’astinenza sessuale.

Il SADHAK è colui che cammina nel Sadhana, è il penitente (in via di liberazione), il ricercatore, secondo la traduzione testuale.

Poi c’è il SADHU, il Liberato, il Santo, che non segue più in queste regole definite e può, a suo piacere, permettersi le più grandi libertà.

Il MAHATMA (Anima Grande) è l’Uomo Sacro che compie una Missione ben definita sulla Terra; questo è il più alto titolo che può essere conferito ad un essere vivente.

Coloro che portano il titolo di PARAMHANSA (Gran Cigno) sono gli eremiti che hanno effettuato il pellegrinaggio al Santo Monte Kailas (Himalaya del nord). Compiere questo viaggio non basta per ottenere questo titolo onorifico. La strada percorsa durante alcune settimane corrisponde al risultato di un cammino mentale durato degli anni; il pellegrinaggio alle frontiere del Tibet non nasconde solo la difficile ascesa alla Grande Catena di montagne attraverso

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sentieri deserti, ma anche una forza magnetica che impedisce il passo ai profani, che deve essere trascesa, non mediante la forza fisica, ma con una lunga preparazione spirituale, necessaria per intraprendere il viaggio con le gambe...

Il nome di MAHARISHI (Gran Veggente) è parte delle onorificazioni dei Grandi Maestri dell’invisibile; questo titolo di Gran Saggio viene conferito, a volte, ad alcune Guide Spirituali dell’India, ma in realtà appartiene all’ordine segreto. L’unica cosa che si può dire dei Grandi Uomini che possiedono tale titolo di Onore, è che essi sono i Gurudevas (Istruttori Divini).

La DIKSHA (iniziazione) costituisce una seconda nascita; non è in India un atto cerimoniale propriamente detto, benché alcuni Gurus mettano i loro Chelas sotto condizioni ritualistiche per ricevere le loro iniziazioni. La Diksha è solamente l’iniziazione attraverso i Veda; il discepolo, a partire da quel momento, deve dire sempre la verità, ma questa iniziazione non implica di per se stessa alcun grado esoterico e spesso consiste solo in una serie di conversazioni filosofiche e nel Darshan di un Mattant (Gran Sacerdote).

Con l’obiettivo di attivare il processo, a volte certi yoghi usano debitamente l’oppio, il bhang, il charas, il ganju e alcuni vini speciali secondo una delicata amministrazione, per operare un avanzamento più rapido nei 18 stati verso l’astrazione mentale; tuttavia, bisogna sottolineare che queste pratiche si addicono agli elementi più avanzati

FIGURA 46Il Vasas-dhauti, uno dei metodi di pulizia e purificazione, praticato qui dal GURU’ Mejiaas. E’ il momento dell’espulsione della benda di 3 metri di lunghezza per 3 pollici di larghezza.

FIGURA 47Il nauli o naukili consiste in contrazione dei muscoli addominali per ottenere un massaggio interno; è la pratica del piegamento muscolare con assorbimento dell’epigastrio sotto il torace (uddiyana). (Russel Artemisan, del nostro Istituto di Yoga di Sydney, Australia).

Perché sono molto pericolose. La nicotina è un eccitante che può far ottenere fenomeni soprannormali; tuttavia il modo in cui gli occidentali la usano non fa altro che deteriorare il loro organismo. Durante le cerimonie di iniziazione, gli Antichi praticavano un rituale in cui facevano uso di tabacco (in certe ore e in certi giorni favorevoli), però il vero significato di questo atto si è perso gradatamente per trasformarsi in una semplice routine di riunioni notturne, intorno al fuoco; gli europei che si sono imbattuti nel cerimoniale del fumo non ne hanno sospettato il contenuto sacro. Il costume collettivo si è convertito rapidamente in abitudine individuale e tutti si sono messi a fumare “l’erba di Nicot” (Nicot, studioso francese che scoprì il veleno che esiste nella pianta del

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tabacco), contenuto principale delle moderne sigarette. Se i Sadhus possono permettersi di fumare come gli yoghis, è perché ne conoscono il procedimento di eliminazione (Laya-Yoga in particolare).

Anche per ciò che concerne la castità, per uno yogi non è importante rispettare tale disciplina (bensì quasi sempre la segua avendone iniziata la pratica tempo addietro), perché l’atto non si trova nella mente del Saggio, che, se si astiene, non la fa per saggezza ma per mancanza di interesse, come noi non giochiamo più con le biglie o con il cerchio, non perché ci sia proibito, ma perché questo desiderio non più in noi, nella nostra maniera di vedere le cose. Meditiamo, tuttavia, su quel passo del KULARNAYA-TANTRA che dice: “L’uomo cade a causa di ciò che lo fa vincere” (l’uomo cade per la stessa cosa che lo fa vincere, Lyn) (in inglese: “By what men fall, by that they rise”).

Così ci avviciniamo ancora una volta al problema dell’alimentazione. Gli Iniziati seguono il vegetarianismo per molteplici ragioni; è primo fra tutti il motivo igienico e il fatto che l’organismo umano non sia formato in modo da poter mangiare carne, come è sufficientemente dimostrato dalla Scienza moderna. E’ conveniente ribadire che Dio ha creato le piante, gli ortaggi e la frutta il terzo giorno, (Genesi cap. I, vers. 11, 12 e 13) mentre ha creato gli animali il quinto giorno (Genesi, cap. I, vers. 21, 22 e 23), stabilendo così una chiara differenza tra la natura vegetale e la natura animale di cui, tra l’altro, noi facciamo parte. Dio ha creato gli animali del genere alato e quelli che si muovono nell’acqua, DOPO aver creato le piante (il terzo giorno la terza epoca se si vuole), perciò Egli ha pensato bene di separare le rane, le trote, le pernici dalle carote, i legumi, i fagioli!... Ma soprattutto, insistiamo sul fatto che, tra gli animali della terra, Egli ha creato il sesto giorno la maggior parte dei mammiferi. Quindi il bestiame è completamente separato dai pesci e dagli uccelli. Allora le piante da una parte, i pesci e gli uccelli dall’altra, e il bestiame al terzo posto. Inoltre, lo stesso giorno in cui ha terminato il regno animale Egli ha creato ciò che corona la sua opera: l’Uomo! L’uomo creato il sesto giorno, insieme al bestiame, viene assimilato alla stessa natura carnale. Perché allora svilirsi mangiando carne di uguale costituzione alla nostra? (Vedi il Sepher di Mosè). La cosa migliore sarebbe, evidentemente, nutrirsi di minerali (il regno più elementare, la creazione più lontana dalla nostra, e più inferiore) ma ciò abbisognerebbe di capacità particolari. L’alimentazione minerale è ancora ad uno stadio inferiore rispetto all’alimentazione pranica. E’ risaputo che alcuni yogi non ingeriscono alcun alimento solido e vivono esclusivamente di aria che trasformano in energia vitale, cosa che è sufficiente per il loro sostentamento nel mondo fisico; sono molto conosciuti inoltre reportages giornalistici sui “santoni” che vivono molti anni senza prendere il più piccolo alimento.

Infatti, il livello spirituale dell’individuo è una conseguenza inevitabile dell’alimentazione e da essa dipende la sua evoluzione.

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I temperamenti più rudi sono causati da un’alimentazione a base di carne: l’assimilazione di carne di bue, di agnello, di maiale, etc..., non solo può causare forti fermentazioni nello stomaco, perturbando l’energia emanativa dei plessi, il cui funzionamento fisiologico è alla base dell’indirizzo psicologico dell’individuo, ma determina anche delle conseguenze morali: si tratta né più né meno di una partecipazione all’uccisione di una creatura tanto vicina e simile a noi, i cui effetti negativi si faranno sentire sia in questa nostra vita, che nella prossima (in questa vita, per la legge di azione e reazione, la prima conseguenza di questa uccisione organizzata dai macelli e dalle macellerie è la guerra; nell’altra vita: per tante anime che avremo assorbito tramite l’alimentazione fatta di sangue, altrettante volte la nostra anima sarà richiesta (Genesi IX, 4).

L’antropofagia (il cannibalismo) considerato come il culmine peggiore, ha tuttavia un’attenuante. Le tribù che mangiano carne umana infatti lo fanno spesso attraverso un rituale sacro, una specie di culto che non merita di essere liquidato tanto facilmente. La vittima, quasi sempre, dà la propria approvazione e considera un privilegio essere immolata. In certe regioni africane ho visto tribù che dividendosi i pezzi del corpo di uno dei loro fratelli vivono con ciò una specie di iniziazione. Colui che si offre volontariamente al sacrificio viene preparato durante una notte di Luna Piena. In quella occasione si balla, si canta, e si succhia il sangue della vittima a poco a poco, per mezzo di un tubicino applicato nel collo tramite una piccola incisione; e si pratica così una specie di vampirismo che ha per obbiettivo invitare i partecipanti a prendere parte al festino finale. Si intende che ogni persona che mangia questa carne dovrà offrire se stessa a sua volta un giorno. Ma non soltanto tra i selvaggi esistono pratiche di offerta e di sacrificio: il Rito framassonico dei Fratelli Invisibili pretende il suicidio dei suoi membri (che comunque non sempre lo praticano, ma per lo meno si radunano per offrirsi in sacrificio al GADU).

In secondo luogo (o nel terzo se si considera quella cannibale la prima alimentazione! - c’è l’alimentazione a base di pesci e di uccelli, crimine non minore contro la creazione.

Segue l’alimentazione vegetariana, più lontana dell’alimento carne, consistendo in frutta e ortaggi (creazione del terzo giorno). Essa viene ordinata nel versetto 29 del primo capitolo della Genesi, nel comandamento dato nel capitolo XX dell’Esodo, versetto 13, e nel versetto 26 del capitolo XIX del Levitico. Sia per i cristiani che per gli ebrei è valido quanto si dice in Levitico, cap. XIX, vers. 16, Deuteronomio cap. V, vers. 17, Matteo cap. V, vers. 21 e cap. XIX vers. 18.

Alcuni obbietteranno che gli uomini dei tempi preistorici mangiavano carne; rispondiamo che la loro costituzione fisica era diversa (basta vedere la forma delle mascelle) e che non c’è ragione perché l’uomo della nostra epoca non voglia evolvere, benché evidentemente ognuno sia libero di cercare di assomigliare ad un leone, ad una tigre, o ad un uomo nelle caverne, il quale non

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era né più né meno che un animale, nel senso essenziale della parola. Non dimentichiamo che l’uomo primordiale camminava a “quattro zampe” e che la posizione verticale risale all’epoca in cui si trasformò in Adamah. A partire da ciò, cominciò a pensare, a contemplare, ad aspirare di elevarsi verso il cielo, sia con la posizione fisica che con il pensiero mistico. Secondo la Bibbia (Genesi cap. II, vers. 8) l’alimentazione voluta dal Divino Creatore si differenzia in: prima e dopo il peccato originale. Abbiamo quindi un’alimentazione di carne prima di Adamo (dell’uomo bruto) e una alimentazione vegetariana dopo la caduta; questo modo di nutrirsi permette una media di vita di 912 anni come indicato dalla Genesi (capitolo V, versetti dal 3 al 20, capitolo IX, versetto 29) e come dimostrato ai nostri giorni da indù, tibetani, nepalesi, mongoli, etc., i quali vivono anche 300, 400, 500 anni. Non si tratta di anni di durata particolare, come i lettori biblici potrebbero credere, poiché l’anno di 365 giorni era conosciuto fin dalla più remota antichità; si tratta di anni di 365 giorni, o spesso, di anni di 13 lune (ossia 364 giorni).

Se il mondo seguisse l’esempio degli yoghi che vivono di aria pura, di acqua fresca, di raggi solari, di riposo e di esercizi, si verificherebbe un miglioramento complessivo della razza umana. Invece gli uomini si riempiono di medicine, sia per abitudine che per snobismo. Basta il più piccolo disturbo perché iniettiamo nel nostro corpo un nuovo tossico (disturbi che sono un richiamo alla nostra logica, come un segnale sulla rotta che indica un cammino pericoloso che è indispensabile affrontare; un disturbo al fegato, un dolore di testa, etc., sono altrettante indicazioni che ci chiedono di smettere i nostri eccessi e di seguire una vita più naturale). Se una medicina è capace di uccidere il microbo, è capace anche di uccidere le cellule dei nostri tessuti; altre impurità come sono le medicine, possono sanarci dalle diverse impurità che abbiamo accumulato ma che, d’altra parte, chiedono semplicemente una pulizia, un ritorno ad una esistenza più naturale.

Nutrirsi di minerali sarebbe la cosa più adeguata, in modo da ricevere la vita da ciò che è meno evoluto.

Infatti, malgrado l’alimentazione a base di minerale sia molto poco conosciuta, sarebbe da preferire in quanto rispetta la vita: non sopprime una vita che è pari alla nostra (animale moventesi sopra la superficie della terra) o simile alla nostra (animale dell’aria o acquatico) o delle creazioni divine che pure includono una vita propria (gli ortaggi, la frutta). Soltanto il minerale ha una reazione molecolare e non una vita cellulare dotata di principio intelligente. Resta ancora un’ultima possibilità, la più saggia di tutti, la vita sostenuta non già da una alimentazione terrestre, bensì da cibo celeste, vissuta quale esistenza spirituale pura, seguendo l’esempio di numerosi cristiani, come Lidwina de Schiedman, Elizabeth de Reut, Catherine de Gene, Domenica Lazzari, Angela di Foligno e, nel secolo XIX, Louise Lateau, Nicolas de Flue, etc. E’ perfettamente possibile, dunque, dominare il corpo per mezzo dello spirito;

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numerosi casi di cristiani che hanno vissuto per vari anni senza prendere nessun alimento, dimostrano che non si tratta di un “trucco” da fakiri, come spesso è ritenuto il digiuno. E inoltre non solo Shankari Mai Jiew (la donna yoghina) pratica ancora all’età di 115 anni digiuni prolungati o Giri Bala (la grande yoghina) non ingerisce alcun alimento, né solido, né liquido, dal 1880, ma tutta una moltitudine di yoghis (maschi e femmine), praticano regolarmente questa disciplina in India. E’ superfluo ricordare che questi fatti sono debitamente comprovati dalla polizia indoinglese (per la maggior parte cristiani, cosa che dà maggior peso alla testimonianza) e dalle autorità britanniche (le quali non hanno la minor simpatia per queste cose e le controllano molto severamente); non esistono in queste pratiche “trucchi”, “combinazioni” o falsificazioni, esse semplicemente si devono al dominio sulla materia; quelli che vengono considerati “miracoli” dai devoti cristiani, e coloro che sono chiamati “santi”, vengono ugualmente riconosciuti dagli Indù, come pure gli esercizi di volontà dei maomettani; non c’è ragione infatti di credere ai fatti esposti da una Chiesa, quando si confutano gli stessi fatti se riguardano un’altra religione. Se l’acqua di Lourdes è capace di operare miracoli, lo è altrettanto quella del Gange; si sa che il fiume sacro dell’India è, in effetti, contaminato, tuttavia, sono molti i milioni di indù che si lavano il corpo, si sciacquano la bocca e perfino bevono l’acqua di questo fiume senza mai venire contagiati110. Infatti, oltre ai miracoli che il Gange opera tutti i giorni, è un vero mistero per qualsiasi istituto batteriologico che questo liquido che non contagi nessuno, nonostante sia contaminato da non si sa quanti microbi! Il Dottor John Howard Northrep, Premio Nobel per la Chimica nel 1946, ha dato eccellenti spiegazioni in merito, dimostrando la supremazia spirituale e le proprietà mistiche e sacre di questo fiume. Lo stesso San Francesco d’Assisi cantò la gloria dell’acqua, dei fiumi, dei ruscelli: “Benedetto sia Dio per nostra Sorella l’Acqua, tanto utile, tanto umile, e tanto preziosa e casta” (Blessed be my Lord for our Sister Water, useful, humble, chaste and precious).

Allora, dobbiamo concentrarci soprattutto sulle otto qualità-elementi di tutte le cose. Assimilarci, identificarci, unirci a questi elementi, è perfezionare il nostro stato fino al punto di sospendere le necessità abituali.

Il Dottor Georges W. Crile, di Cleveland, ha dichiarato: “Un giorno l’uomo vivrà esclusivamente di energia solare”. Siamo completamente d’accordo con questo moderno uomo di scienza, poiché da migliaia di anni gli yoghi invitano l’uomo a vivere di PRANA.

Se si ingerisce la carne animale è in realtà per estrarne le erbe, le piante che gli stessi animali hanno assorbito, poiché in queste piante si trovano immagazzinate le energie praniche. Ma perdiamo il nostro tempo estraendo di seconda o terza mano ciò che possiamo ottenere direttamente (il prana); anche nel caso che fossimo eccessivamente deboli per captare da soli queste forze (per mezzo dell’esercizio del pranayama) non ci resta che assorbire direttamente

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dalle piante queste energie e non aspettare che vengano in gran parte distrutte dalla digestione degli animali. Nel cadavere dell’animale non esiste quasi più nulla della quintessenza delle piante. Il dottor William L. Lawrence ha parlato dell’energia dei raggi solari che si accumula nelle piante mediante le funzioni chiamate clorofilliane e ha dimostrato che l’inconscio dell’uomo ha cercato la carne semplicemente per l’estratto delle piante che in essa si trova e di lì ha contratto un’abitudine alimentare. Si ignora (la maggior parte dei medici per primi) che la carne non fa che dare una “frustata”, agitare la circolazione sanguigna, eccitare il sistema nervoso e fare in modo che l’uomo si creda più forte, mentre in realtà si trova solo sotto una pressione che a poco a poco diminuisce la sua energia cardiaca.

Questo eccesso di energia che deve essere consumata l’organismo lo rovina prematuramente, come l’eccesso di respirazioni prodotto dallo sforzo dell’affaticamento. (Si osservi che la tartaruga vive 300 anni e respira solamente 4 volte per minuto, mentre noi facciamo normalmente 18 respirazioni per minuto, e viviamo in media appena un quarto della vita della tartaruga). Ora noi dovremmo non solo prolungare la nostra vita, ma neppure morire (vedere San Giovanni cap. VIII, versetto 51): e non si tratta solo di un simbolo della vita eterna, per mezzo della successiva reincarnazione dello spirito in un altro corpo, ma piuttosto della possibilità di permanere nel medesimo veicolo carnale, mediante la conservazione di una coscienza Cristica, di una materializzazione dello spirito che manterrebbe le indispensabili vibrazioni per l’esistenza della materia.

L’intero problema risiede nell’ottenimento e nella conservazione del PRANA. Questa vibrazione essenziale, questa energia vitale, è molto poco conosciuta in Occidente. Noi iniziamo appena a conoscere l’atomo, mentre invece i Guru dei tempi antichi, otre a conoscere l’atomo (l’anu), consideravano anche una unità minore, un infra-atomo (il paramanu), una specie di particella atomica di cui noi supponiamo solamente l’esistenza quale elemento dell’infinitamente piccolo, ma che la Scienza moderna non ha ancora definito; tuttavia, quando avremo queste conoscenze, non eguaglieremo ancora la Saggezza dei Guru che hanno scoperto un principio ancora più infinitesimale che chiamiamo PRANA. Il Prana è la vibrazione ultima, della quale il sistema yoga espone gli effetti e analizza il contributo alla vita ; e della quale i Saggi dell’Antichità conoscevano tutti i particolari insieme al segreto della sua utilizzazione.

Testi che risalgono a molto tempo prima della nostra Era espongono le strutture atomiche conosciute anticamente: il Vaiseska e il Wyaya-Yoga-Vasishtha.

Spesso si dimentica che l’India possiede una Scienza che risale a molto tempo addietro, ciò si deve al fatto che oggi l’India che conosciamo è povera, decadente e, soprattutto, da 300 anni ha perso completamente la sua Maestria, a

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causa della mancanza di indipendenza e dall’impossibilità non solo di svilupparsi materialmente, ma anche di conservare il proprio patrimonio spirituale. La Scienza Medica dell’Antica India era divisa in otto specializzazioni che denotavano un perfetto equilibrio della conoscenza:

SALYA (chirurgia)SALAKYA (malattie al di sopra del collo)KAYACHI-KITSA (medicina adeguata)BHUTAVIDYA (infermità mentali)KAUMARA (vigilanza dell’infanzia)AGADA (tossicologia)RASAYANA (anzianità)VAGIKARANA (i tonici).Abbiamo scoperto che i Dottori Vedici impiegavano già strumenti molto

perfezionati, praticavano il taglio cesareo e le operazioni del cervello usando utensili molto perfezionati. Ippocrate ricavò i suoi materiali medici dalle fonti indù.

La Scienza Yoga viene sempre più riconosciuta e il Sapere dell’Oriente è ovunque proclamato. Non si tratta però di glorificare l’India, ma di riconoscere che le ultime briciole del Sapere Antico sono rimaste legate a questo paese. Esso ha saputo preservare la Grande Conoscenza occupandosi molto di più del suo benessere spirituale che del suo comfort materiale, cosa che altri popoli hanno cercato per alimentare il loro potere.

Il biologo inglese, Julian Huxley, Direttore Generale della U.N.E.S.C.O. (Organizzazione Educativa, Scientifica e Culturale) ha sollecitato le Federazioni di Salute Pubblica, ad esaminare i temi dello Yoga (Associated Press, London, 21-VIII-1948). Non siamo lontani dal vedere una divulgazione ufficiale dei principi degli Iniziati dell’Himalaya.

Oltre al mio esempio personale111 o quello dei miei discepoli, numerosi yoghi stanno attualmente lavorando nel mondo per istruire coloro che desiderano partecipare non soltanto alla salvezza dell’Umanità, ma anche a salvare essi stessi, sia fisicamente che spiritualmente. Sta per giungere il giorno in cui lo Yoga sarà un sistema comune, un metodo di vita corrente, una morale, una forma di esistenza adottata da tutti per il massimo benessere delle generazioni future.

* * *

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“Io credo che anche se abbiamo una gran quantità di cose da fare, dobbiamo trovare il tempo necessario per le asanas, così come troviamo un momento per mangiare”.M. K. Gandhi.

A poco a poco abbiamo esaminato le discipline e, in un certo senso, i diversi stadi dello spirito. Abbiamo trattato del controllo preliminare per iniziare le pratiche, giacché è necessario un periodo preparatorio ben assimilato prima di dedicarsi alla nuova vita. Sarebbe di poco beneficio intendere lo Yoga unicamente come esercizio fisico, come una cura per ringiovanire o come un metodo di buona condotta. E’ vero che lo Yoga in sé contiene tutto questo, ma è dubbio che per uno solo di questi motivi lo studente troverà la pazienza sufficiente per preservare fino ad ottenere i risultati sperati.

Sia come sia, bisogna seguire un sentiero tracciato molto tempo fa e questo metodo di superamento è rispettato tuttora come sistema di vita comune in India; certamente una maniera molto imperfetta, però per lo mento è considerato come un sistema evolutivo di base (riconosciuto nel sistema delle caste) e come processo normale di ogni evoluzione. Sono bene conosciute le quattro caste dell’India: i Sudras (casta inferiore) che sono i contadini, i Vaisyas, commercianti, i Kshatriyas o soldati, guerrieri, e infine i Brahmini che si dedicano alla vita culturale perfezionando lo spirito. Queste quattro classi esistono generalmente anche nel nostro mondo: abbiamo infatti i servi, gli impiegati, la borghesia, e infine l’aristocrazia. Esaminiamo l’evoluzione dell’umanità e vedremo in origine una Civiltà formata da classi alte di uomini, da esseri superiori, da Iniziati (Uomini-Dei): è il predominio del sistema teurgico; più tardi, quando fu dimenticata l’epoca dei collegi Iniziatici e dei suoi governi sacerdotali (non religiosi, ma educatori, iniziatici, quindi sacerdotali in senso esoterico), quando furono dimenticate le forme di organizzazione sociale secondo una struttura di gerarchia spirituale, allora presero il sopravvento i governi dei conquistatori, i sistemi militari; fu l’epoca dell’organizzazione per mezzo della forza, che tuttavia fu sostituita (per necessità di contatti con l’estero, per lo scambio di prodotti) cono il regno commerciale, questo a sua volta degenerò fino a cedere la direzione del mondo alla casta inferiore, il proletariato, il regno dei servitori, che diventano governanti. Il mondo cambia continuamente il suo sistema direttivo, l’umanità prende ogni volta una nuova linea. Ogni 500 anni, approssimativamente, emerge di nuovo una di queste forme di questi quattro stadi evolutivi, vediamo ogni volta culminare una forma sociale e a sua volta profilarsi la seguente. Così per esempio la venuta di Cristo coincide con il punto culminante del popolo. (Gesù ripete l’ “Amatevi gli uni con gli altri" senza distinzioni di classi, l’uguaglianza per tutti: Egli predica la Grande Comunità). I Re Magi simbolizzano molto bene la fine del regno dei

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commercianti (consegnando l’incenso, l’oro e la mirra come rappresentanti dell’ideale di scambio, di relazione commerciale e di prodotto). Durante 500 anni i Sacerdoti-Iniziati cercarono di stabilirsi una volta di più, ed il momento culminante di questo ciclo si fece sentire quando la Chiesa Cattolica si stabilì da sè sebbene solo in forma temporale poiché il dogma esoterico venne ab-bandonato in forma decisiva (nel secolo VI la Chiesa si distacca dall’insegnamento della reincarnazione, dai principi sulla spiritualità pura, etc. per adottare una nuova fase in accordo all’epoca).Gli ultimi collegi Iniziatici funzionavano molto irregol~ente (la chiusura ufficiale ebbe luogo quando Jehsu il Nazzareno, Gran Maestredell’ordine della Confraternita Bianca, diede pubblicamente la Lezione Tradizionale del Sannyasin , il cui senso vedremo inm seguito).Il regno delle conquiste volge a fiorire e nell’anno 1.000 si vede culminare il sistema del potere attraverso la forza, i militari costituivano la rappresentazione simbolica di questa terza manifestazione dell’evoluzione delle "caste", che caratterizza l’umanità in generale. Subito apparvero le relazioni più importanti tra i paesi ed anche tra i continenti, gli stati desideravano lo scambio delle merci ed i contatti culturali ed è tra il 1450 e il 1500 che predomina l’idea della scoperta di nuovi paesi (nascita di Amerigo Vespucci nel 1451, scoperta dell’America da parte di Colombo nel 1492, vasco De Gama scoprì la rotta delle indie per il Capo di Buona Speranza nel 1498, etc.). Mentre quespidea di preponderanza commerciale non finisce di compiere il suo ciclo corrispondente, già si profila allora la forma seguente di un’evoluzione umana collettiva, è il nuovo ritorno alla prima forma, cioè il popolo a poco a poco si emancipa e nell’anno 1950 si contempla una volta di più il punto culminante dello spirito del popolo e la collettività inferiore del mondo sociale si manifesta. Dall’anno 1950 all’anno 2000 s’andrà infiltrando a poco a poco il sistema teurgico, il movimento iniziatico, la struttura governativa mondiale di un sacerdozio esoterico, la rieducazione dell’umanità portata avanti da una collettività di Iniziati. Non si tratta di una direzione di monaci o di rappresentanti di qualche religione, ma di una teocrazia nel senso più intendibile per tutto il mondo, di una gerarchia spirituale ed un’autorità sia per la conoscenza che per la Saggezza, un regno di Realizzazione per ognuno.Queste epoche di 500 anni non sono periodi di mezzo millennio esattamente, e nemmeno sono completamente di un solo e medesimo tipo,come sappiamo che le stagioni che dividono l’anno hanno alcuni giorni caldi in invern6 e alcune settimane molto fredde in estate, etc., però in ogni caso rimangono ben delimitate, allo stesso modo si presenta il fatto per codesti quattro stadi successivi nella storia dell’umanità. Come i Brahmini, gli Kshatriya, i Vaisya ed i Sudra si sono succeduti ognuno nel suo turno durante 500 anni per tenere la direzione mondiale, così i sacerdoti, i guerrieri, i

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commercianti e i servi del nostro mondo hanno diretto successivamente a loro volta il movimento in genere di una gran parte della civiltà.

Attualmente stiamo tornando allo stesso punto una volta di più nella storia perché è emerso il punto culminante del ciclo del governo del popolo o per lo meno del ciclo delle idee profane che supera le altre che caratterizzano i Saggi (l’aspirazione iniziatica), i soldati (il gusto per la forza) e i negozianti (l’idea materiale).Vediamo infatti profilarsi di nuovo il regno della Iniziazione come duemila anni fa, però gli elementi di questa Saggezza Antica si presentano aggrappandosi ancora agli ultimi resti di un proletariato raffinato.Nella stessa maniera in cui questo quaternario si manifesta nella vita dell’uomo nell’aspetto collettivo, esistono anche quattro stadi nella vita individuale che gli indù denominano Ashramas (piano di lavoro secondo un metodo evolutivo). Un Ashrama è uno stato di esistenza, una maniera di vivere. Si adopera altrettanto la parola Ashram per indicare il luogo dove vive un Guru circondato dai suoi discepoli, un eremo di un Saggio, la residenza di un Santo, il ritiro di uno Yoghi. I quattro ashramas sono:BRAHMACHARIA: che è lo stato di devozione a Dio, lo studio e il rispetto della Tradizione. Si intende spesso per Brahmacharin (celibe) colui che si trova in continenza sessuale.GRAHASTA: il lavoro sociale, il secondo periodo nel quale l’adepto può allora sposarsi e perfino iniziare la sua sposa alle orazioni, al rituale delle cerimonie etc...VANAPRASTHA: piano di vita dell’eremita per consacrarsi alla meditazione, nel quale la sposa generalmente segue suo marito nel bosco, però l’adepto intravede già la Luce e non contano più le regole familiari; è l’abnegazione come un buon cristiano deve intenderla (Matteo cap. X vers. 27,28 e 29, e cap. XVI vers. 24,25 e 26; Marco cap. VIII vers. 34 e 35, e cap. X vers. da 21 a 29; Luca cap. III vers. 11 e cap. X vers. 4).SANNYASIA:è lo stato di abnegazione totale: il Sannyasin non è attaccato neppure ad un luogo del bosco, non ha il ritiro, si corica qua e là nel corso dei suoi pellegrinaggi, cosa che Gesù.ha definito in vari passaggi del suo insegnamento promulgando l’abbandono (Matteo cap. X vers. 9 e io). I Sannyasin nell’India usano la guerrua (pezza di color ocra, simbolo del distacco da tutti i beni) come unica veste, senza bagaglio, sono i pellegrini che vanno per i templi e per altri luoghi santi, non essendo legati però nemmeno a questo stesso obbligo, liberi da tutte le preghiere, dai precetti o dalle leggi spirituali. Essi peregrinano....o rimangono in qualche luogo non perché a loro piaccia, ma secondo le circostanze. Senza possedere nulla nel mondo il Sannyasin è ricco, dato che a colui che abbandona tutto (moglie, casa, beni, famiglia) tutto ritornerà moltiplicato (Marco cap. X vers. 29 e 30). Nel caso di non seguire

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questi ashramas alla lettera, è conveniente almeno apprenderli come documentazione per comprendere il metodo che ha dimostrato la sua validità, lo si voglia o no.

A sua volta il mondo occidentale si divide in quelle che si potrebbero classificare come quattro categorie secondo la dimostrazione esteriore di ognuno nell’ordine che gli è proprio. Così abbiamo tamas: è quel modo di essere tanto conosciuto e predisposto all’ignoranza dovuto all’alimentazione fatta di carne, liquori, etc.,è l’attività dei sensi, è la vita stabilita semplicemente sul meccanismo che ricerca la materialità, il comfort e il godimento fisico senza altre considerazioni. Questa condizione tamasica deriva dalla mancanza di disciplina e come conseguenza porta che il perfezionamento non possa effettuarsi, dato che l’essere non ha nemmeno la conoscenza di questa evoluzione;è il regno simbolizzato dai Sudras, è cioè la plebe, il regno del popolo, della massa cieca.Tamas-rajas è il nostro secondo stato da considere, è una combinazione di due gunas (sappiamo infatti che un uomo mai è governato interamente da un solo guna - qualità - ma, congiuntamente, da un guna, e un’altro pò da un~ altro guna con una parte di qualche altra peculiarità. etc.) Il tamas-rajas rappresenta il pensiero. allo stesso modo in cui il tamas rappresenta il corpo. Si tratta di un’attività ignorante, è il controllo ancora molto mal stabilito dei sensi, è lo stato che si potrebbe simbolizzare con la casta dei Vaisyas, i negozianti che idealizzano quello che loro pensano sia la Verità: il denaro che è per loro ancora l’unico mezzo per soddisfare la propria aspirazione.Rajas-sattva: è la buona attività che permette un avanzamento, il quale equivale alla categoria dei Kshatriyas, Nobili guerrieri dell’antichità che risorgono piuttosto dalla Mitologia che dalla Storia propriamente detta. È lo sviluppo del potere della volontà; c’è questa volta una disciplina che si impone, c’è Rajas (passione, forza, energia) verso Sattva (illuminazione, sapienza). Qui si manifesta il Dharma inteso come religione stessa, come regola di esistenza che si attua di conseguenza simile ad una linea ascendente. Sattva: è l’ultima categoria di questi quattro stati, è l’Illuminazione. Già abbiamo visto questa guno che corrisponde all’alimentazione vegetariana (frutta, latte); è lo spirito che può essere espresso qui in corrispondenza alla casta dei Brahmini. È in un certo senso lo stato verso la Liberazione, la ricerca di Moksha (liberazione) che costituisce tutta l’aspirazione dei sattvici..

Qualità TAMAS TAMAS-RAJAS RAJAS SATTVA SATTVACaratteristiche ignoranza attività inutile attività idealizzata

IlluminazioneAlimentazione animale regolata controllata naturalePunto di vista materiale studio Spirituale iniziatico

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Simbolizzato da il corpo il pensiero la Volontà lo spiritoCasta (approssimativa) Sudras Vaisiyas Kshatriyas BrahminiLavoro Kama Artha Dharma Moksha

Tuttavia non è sufficiente appartenere alla buona categoria dei sattvas per avere l’Illuminazione, poiché se pure per raggiungerla bisogna compiere con questa prima condizione della qualità guna sattvica, si capisce che ancora c’è di che adempiere con altre discipline. I quattro elementi, Prithiui (Terra), Apa (Acqua), Agni (Fuoco), Wayu (Aria), debbono essere bene assimilati perché si possa unirsi pienamente all’Akasha (Etere) di cui si richiede di estrarre l’essenza, sebbene per ottenere anche un solo piccolo beneficio reale sia necessaria ancora una grande pratica. Non si comprende veramente il Pratyahara prima di 3 ore di sospensione della respirazione, per questo torno a dire che si richiede una larghissima preparazione per raggiungere questo stato.

È a poco a poco, minuto per minuto, che si aumenta il regime del Kumbhaka (ritenzione dell’aria) . Bisogna segnalare che per cominciare ad eliminare il Kapha (il lavaggio di questa flemma si denomina Kapha-labhati) la cosa più importante è l’espirazione e al secondo posto viene l’inspirazione. L’esercizio consiste nell’adottare il padmasana e praticare un pranayama la cui recheka (espirazione) è più pronunciata del puraka.Generalmente l’inizio delle discipline dell’Hatha-Yoga si interpreta molto male, poiché se pure si riconosce una grande importanza al regime alimentare, in cambio si dorme troppo; infatti è molto poco conosciuto il fatto che l’essere Umano in realtà non riposa completamente più di 11 o 12 minuti, poiché il tempo rimanente del “dormire” è occupato in attività mentali e muscolari (una persona dormendo effettua durante una notte 1500 movimenti approssimativamente). Bisogna abituarsi poco a poco a diminuire le ore di permanenza nel letto, poiché il riposo non richiede più di 4 ore e per alcune persone 2 ore sono sufficienti; d’altra parte è molto dannoso dormire durante il giorno, e cioè dopo il sorgere del sole, tuttavia è consentito un riposo dopo il pranzo, però non si tratta di dormire, ma di facilitare la digestione con mezz’ora di riposo.E come questi esistono molti piccoli dettagli che tralasciamo di menzionare per seguire con altre norme che pensiamo siano più importanti.

Il Vyutthana può da solo sopprimere queste discipline e vivere senza restrizione alcuna. Maestro che torna ad essere sopra la terra, il cui karma non è delimitato, egli è un “volontario” che ritorna in questo pianeta per aiutare gli altri, non con l’esempio che non è necessario, ma per mezzo dell’insegnamento, poiché la sua lezione costituisce il suo messaggio ed è secondario che egli viva o no secondo l’esperienza che propone e che ha trasceso da tempo. Nonostante ciò, egli vive

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molto spesso d’accordo ai grandi principi, sebbene per avvicinarsi alle masse ed assomigliare di più al mondo profano si distacchi da alcune discipline secondarie, compiendo alla lettera, tuttavia, durante questa esistenza, i diversi stati restrittivi e rispettando le leggi evolutive correnti.La stessa cosa succede ai Paramhamsa, coloro che hanno sperimentato gli ultimi gradi dell’Illuminazione (Param: il più alto; Hamsa: cigno, il simbolo del discernimento, la sapienza inmmacolata rappresentata da un cigno bianco) . Questi due termini sanscriti sono come due parole sacre perché le loro vibrazioni speciali osservano uno stretto contatto con la parola Aham-Sa (Io sono Lui), che ci può ricordare l’“Io sono colui che sono!”.

Il Paramhamsa è lo Yoghi che ha scalato il Santo Kailas, in parte come risultato del suo pellegrinaggio al monte sacro e d’altra parte come conseguenza della sua Illuminazione completa (si sa che il Monte Kailas nel Tibet simboleggia il loto dai mille petali). Infatti il pellegrinaggio alla montagna dei Maestri si esegue con un rituale speciale per il quale bisogna seguire un itinerario di viaggio attraverso sette città sacre, proprio come avviene all’interno dell’essere l’ascesa del Kundalini d’accordo ad un procedimento sacro in un percorso mentale di sette città sacre (i chakras) di questo piccolo universo (il corpo). Sia all’interno del corpo che geograficamente, si segue questa simbolica peregrinazione che farà dell’adepto un Saggio completo, un Santo immacolato: un Paramhamsa.

Qui si deve realizzare che esistono due tipi di Samadhi, cioè uno che permette la sperimentazione e l’altro che implica il realizzarlo senza possibilità di scampo dopo l’integrazione, l’identificazione.

Già abbiamo visto precedentemente la spiegazione di questi due periodi di uno stesso stato.Il Sabikalpa Samadhi e il Nirvikalpa Samadhi. Sappiamo già che il termine Kalpa significa tempo, però questo termine vuoi dire anche Eone, che è più importante, perché l’Eone ha una portata capitale nella Cabala e la Bibbia lo menziona spesso: è precisamente uno stato speciale del mondo angelico. Sabikalpa è in relazione con il tempo e il mutamento, in altre parole, avendo raggiunto il Samadhi Sabikalpa si può sperimentare relativamente lo stadio di reintegrazione finale senza perdere completamente l’individualità e in questo modo ritornare a prendere la propria identità terrestre per spiegare il meccanismo ai discepoli; invece il Nirvikalpa è inerente all’immutabilità, e cioè,una volta che si è sperimentato tale stato non esiste più scampo possibile, detto periodo non permette di ritornare a nessun’altra forma (è il metodo del Laya Yoga).

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Questi stati o stadi possono essere ottenuti da un Hatha-yoghi e non necessitano la sperimentazione delle diverse linee dello Yoga (Laya, Mantra, ecc.). Tuttavia attraverso ogni linea dello Yoga si potrà raggiungere lo stadio del Samadhi e lo stadio del Paramhamsa. Nonostante ciò si terrà presente che è necessario passare sempre per il primo tipo di Yoga (la disciplina preliminare) ossia l’HATHA, che si trova del resto in ognuna delle altre specializzazioni. Così, un bakti-yoghi, per perfezionare la sua devozione, dovrà adottare posizioni speciali (asana) e praticare alcune vibrazioni (pranayama) per elevare la forza interna (kundalini) per mezzo del controllo delle valve (bandhas) fino alla fusione delle orazioni (i mantra) nell’Infinito della Coscienza Universale. Il Raja Yoga, che significa Unione Regia, o Yoga-Completo, deve quindi includere le altre linee di yoga per essere completo, e a sua volta il Raja-Yoghi deve essere anche un Hatha-Yoghi. Del resto abbiamo visto che in realtà esistono due lineee vere ben distinte come due polarità:

Hatha che è lo Yoga positivo, attivo, dinamico e base di altre forme energiche di Yoga: Jnana, Laya, etc.

Mantra che è lo Yoga negativo, passivo, calmo e base di altre forme di yoga a carattere linfatico: Bakti, Raja, etc.

Allora dobbiamo procedere per ordine per entrare nuovamente in un canpo un pò più tecnico, con l’obiettivo di comprendere perfettamente il meccanismo analitico degli esercizi cui ci stiamo avvicinando.

I sei punti lungo la colonna vertebrale (midollare, cervicale, dorsale, lombare, sacro, coccigeo) sono come sei stazioni sensitive del sistema nervoso autonomo che lavorano per l’illuminazione della cavità ventricolare del cervello. I sei plessi, tanto strettamente legati ai chakras sono la rappresentazione bipolarizzata dei segni dello Zodiaco con le loro rispettive reggenze planetarie. Si sa che le ghiandole surrenali sono governate da Saturno e Giove, la milza da Marte, il timo da Venere, la tiroide dal pianeta Mercurio, la pituitaria da Urano (ma viene anche simbolizzata dalla Luna) ed infine la pineale retta dal pianeta Nettuno anche se frequentemente è rappresentata dal Sole.

Se nello Zodiaco esoterico si prende il Polo di Seth (linea divisoria tra il segno del Capricorno e dell’Acquario), avremo in questo punto la Porta delle Tenebre secondo la mitologia egizia, cioè il domicilio di Saturno (si sa che Saturno regge tradizionalmente questi due segni dello Zodiaco: Capricorno e Acquario) e corrisponde al piombo degli Alchimisti, il centro inferiore nel corpo umano. Nel punto opposto dell’eclittica abbiamo due costellazioni, Cancro e Leone, separate da una linea chiamata Polo di Horus che i Sacerdoti d’Egitto

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denominavano la Porta della Luce, domicilio dei due Luminari (quello della notte, la Luna, e quello del giorno, il Sole) che può essere chiamato il metallo puro degli Alchimisti, il centro superiore nel corpo umano. La trasmutazione del piombo (Saturno) in oro (Sole) si opera mediante l’ascesa di Kundalini attraverso i centri. Si intende che quanto detto costituisce anche la ronda dello Zodiaco (nel lavoro esoterico)

Pianeta Domicilio Diurno Domicilio NotturnoSaturno Acquario CapricornoGiove Pesci SagittarioMarte ArieteScorpioneVenere Toro BilanciaMercurio Gemelli VergineSole Leone(Domicilio fisso)Luna Cancro(Domicilio fisso)

Resta da segnalare che le surrenali sono rette da Saturno e Giove (la sinistra da Saturno e la destra da Giove), la milza da Marte (alcuni dicono dal Sole a causa del meridiano milza-fegato denominato plesso Solare), il timo da Venere, che è il plesso cardiaco che manifesta le amicizie, gli amori, gli affari di cuore e la tiroide è governata da Mercurio, e subito arriviamo alle due ghiandole superiori che, abbiamo detto, sono rette da Urano e Nettuno anche se si trovano principalmente in relazione con la Luna e il Sole, dato che questi ultimi le rappresentano meglio, ossia il chakra Agna e il Loto dai Mille Petali (Sahasrara-Padma). Tra l’altro, lo vediamo chiaramente nel disegno precedente nel quadro che mostra i domicili dei pianeti, tutto è perfettamente equilibrato. Dobbiamo menzionare che Urano e Nettuno, recentemente scoperti, non fanno parte dell’Astrologia Tradizionale e meno ancora di quella esoterica; d’altra parte vedremo che questi corrispondono alle vibrazioni maggiori (ottave superiori) di alcune influenze che esistono in tonalità più semplici attraverso i pianeti chiamati “antichi” (conosciuti fin dalla più remota antichità). Ugualmente sappiamo che le ghiandole pituitaria e pineale neppure sono in corrispondenza esatta con il chakra Agna e con il Sahasrara-Padma, ma piuttosto si prendono in considerazione approssimativamente per localizzarli più facilmente.

Possiamo quindi stabilire una tavola come segue:

Ghiandole Pianeti ChakraSurrenale sinistra Saturno MuladharaSurrenale destra Giove Svadhisthana

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Milza Marte ManipuraTimo Venere AnahataTiroide Mercurio VishuddhaPituitaria Luna AgnaPineale Sole Sahasrara-Padma

Sappiamo che nella loro relazione con il Sole, per ordine di distanza, i pianeti sono: Mercurio, Venere, Marte, Giove e finalmente Saturno, e così altrettanto in una classificazione involutiva, per esempio, discendendo dalla testa ai piedi.Vediamo nella figura la successione dei pianeti (partendo dal basso):Saturno, Giove, Marte, Venere, Mercurio, in relazione con i quattro elementi Terra, Acqua, Fuoco, Aria, ed Etere per giungere alla conoscenza sopraterrestre delle cose, e, a partire da questo stato, penetriamo in un piano mentale mediante il chakra Agna. Questa suddivisione di piani origina nello stesso tempo, la suddivisione ditoni, come nella musica si passa da un’ottava all’altra. Qui Mercurio costituisce il punto di unione (Mercurio è sempre il Messaggero degliDei, l’intermediario tra i mondi).

Essendo giunti a Mercurio abbiamo in seguito Urano che è, in certo modo, la tonalità superiore delle facoltà mercuriali. Mercurio è l’intelletto, la ragione, lo studio, la Scienza: Urano è tutto questo però con più forza, è il genio, l’analisi profonda (per cui questo pianeta rimpiazza in forma migliore Saturno come reggente dell’Acquario), è il pianeta della Sapienza, dell’altruismo, degli avvenimenti anticipati, dell’utopia e lo si qualifica in questo modo, che il profano non comprende, perché Urano caratterizza quello che è innanzi al tempo presente, e corrisponde poi alla pituitaria o terzo occhio, alla chiaroveggenza, alla tele-visione.

In seguito abbiamo Nettuno che è per Venere quello che Urano è per Mercurio. Venere implica il sentimento, l’arte, l’intuizione, però Nettuno è superiore a ciò che Venere emana solamente in tonalità normali. Nettuno è la devozione, la mistica, la rivelazione. L’amore terrestre è Venere quanto l’amore celeste è Nettuno ; il primo dà il valore artistico mentre il secondo predispone alla recezione dei messaggi superiori.

Infine, raggiungere la Coscienza Universale è aver operato la trasmutazione e Plutone è il simbolo di questa trasformazione. Marte indica l’energia, mentre Plutone il dinamismo violento; il primo contrassegna l’attività, il secondo la super-potenzialità. Plutone, che è considerato attualmente il reggente dello Scorpione (al posto di Marte che era tradizionalmente il governatore di questo segno) è veramente al suo posto, giacchè costituisce pienamente il simbolo della

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personalità trasformata. La figura di Plutone rappresenta sola come un centro di fuoco sacro che si eleva e si libera, infine, nell’aldilà delle sfere. Il piccolo cerchio è il centro neurofluidico dal quale l’energia sale in colonna (kundalini); si vede anche una piccola sbarra che indica la separazione dal corpo fisico e rappresenta la salita impetuosa in cima alla testa (Brahma Rundra). Conosciamo molto bene la massa ignea del centro della terra che sale nella via vulcanica per sgorgare dal cratere: la sua lava purifica le impurità commesse dagli uomini. Plutone, semplicemente nella rappresentazione del suo simbolo, si manifesta poderosamente. Caratterizza sempre quello che è nascosto, sotterraneo (era il re degli inferi nella mitologia) e partecipa in ogni scoperta di tesori o miniere (lo si trova formante aspetti poderosi nel cielo in tutte le grandi scoperte minerali). Ricordiamo che durante la seconda guerra mondiale, la benzina americana fu inviata in Europa sotto la superficie del mare per rifornire le truppe da sbarco ed era canalizzata nella tubazione chiamata Pipe Line Under The Ocean (le cui iniziali danno Pluto, come ho già segnalato in “Misticismo nel Secolo XX”).È indicativo al massimo il domicilio di questo pianeta nel segno dello Scorpione, poiché si sa che il segno dello Scorpione in realtà è doppio. Infatti, l’eclittica taglia in questo luogo due costellazioni, quella dello Scorpione e quella dell’Aquila, e perciò non è puramente immaginativa la trasmutazione dello Scorpione (cieco e strisciante nel fango) in Aquila (che vola nelle Alte Sfere) come la indica la Tradizione del Simbolismo, ma è pienamente una verità tangibile in astronomia e diviene maggiore solidità nella Astrologia Esoterica sia per le caratteristiche che qui abbiamo esposto, sia per ciò che concerne la trasformazione di forza fisica in potenza spirituale, in realizzazione mistica.

E ora, in possesso della conoscenza degli organi e degli elementi che entrano in gioco nel meccanismo dell’alchimia spirituale, dobbiamo vedere come si opera la trasmutazione. Prima bisogna sapere che l’elevazione di Kundalini si effettua secondo un meccanismo aiutato molto dal pancha-vayu, detto in altra maniera dai cinque tipi di energia che governano il nostro organismo. Queste cinque forze vitali sono il prana, l’udana, il samana, l’apana e il vyana.Il prana è ubicato generalmente alla base del cuore, un poco verso la regione della laringe e si dice che governi la parola, è quello che regge il sistema respiratorio e dà la forza al Verbo. Questa parte del funzionamento umano è diretta dalla porzione cervicale del sistema nervoso.L’udana regge la parte che si trova sopra il collo; le funzioni del movimento di questa parte anatomica sono dirette dalla porzione cefalica del sistema nervoso.Samana è ubicato tra il cuore e la base dello stomaco e regge il meccanismo del sistema metabolico. Questa regione è sotto il controllo dei nervi splanici; la circolazione del sangue riceve energia dai cinque eteri (pancha-vayu) che

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vigilano anche sul mantenimento delle secrezioni del fegato, del pancreas e degli intestini.L’apana, sotto l’ombelico, dirige le funzioni renali, il colon e le parti genitali. Questa energia proviene dalla porzione lombo-sacrale del sistema.Vyana dà energia ai movimenti del corpo, è quello che comanda i muscoli e le giunture. Si dice che grazie ad esso abbiamo la nostra posizione verticale. La sua azione ha luogo soprattutto nel midollo spinale.Queste energie vitali sono i cinque centri nervosi del cervello e del cordone spinale, sono naturalmente anabolici ed equilibrano l’attività catabolica della porzione simpatica attraverso le fibre del parasimpatico. Esse costituiscono le cosiddette Shakti dei chakra.

Tali centri nervosi dirigono le funzioni e le sensazioni situate nella corteccia cerebrale, essendo sia recettivi, che emissori, e hanno i loro centri sussidiari nelle due formazioni alla base del cervello, che sono il talamo e il corpus-striatum. Oltre a questi centri-riflessogeni (pancha-vayu) esiste anche un tipo di energie che sono conosciute attualmente dalla fisioìogia come quelle che governano gli sbadigli, il singhiozzo, lo sbattere degli occhi, la sonnolenza prima di dormire etc.... Esse sono il Naga, il Kurma, il Krikkara, il Devadatta ed il Dhananjaya.

Tutto ciò è diretto dai Vayus, i quali posseggono le correnti principali dell’impulso nervoso. La loro stessa ubicazione è chiamata a volte “prana”, come per esempio, i cinque pancha-prana che io chiamo pancha-vayu per differenziarli. Per arrivare ad avere il controllo assoluto di questi pancha-prana è necessario attivare la shakti principale (il nervo Vago), quando viene attivata Kundalini. Allora non solo si governano i pancha-prana (i vayu), ma si stabilisce un controllo completo sul sistema nervoso sospendendo l’attività catabolica che generalmente è la causa dei costanti disordini mentali. La corrente kundalinica è condotta con un perfetto controllo mediante la pratica di alcune contrazioni chiamate bandha efettuate in certe posizioni (asana) con atteggiamenti ben definiti di alcune parti del corpo (mudras), durante il processo di controllo vibratorio (pranayama).

Avendo raggiunto il controllo assoluto delle facoltà, lo yoghi chiamato allora Ichchhamarani, può godere di tutti i piaceri senza restrizioni, perché egli controlla completamente lo spirito che generalmente istiga il corpo. Egli può vivere o morire secondo la sua volontà, può optare per la disintegrazione del corpo fisico che può abbandonare come si leva un vestito, una camicia sporca, un abito usato, oppure può conservare il suo corpo come un veicolo sempre pronto a servire poiché ha saputo trovare il segreto per condurre la sua

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coscienza alla Sopra-Coscienza e non seguitare ad essere un incosciente che vive meccanicamente in mezzo al materialismo ignorante.

Stiamo, quindi, adesso alla soglia del dominio pratico dopo aver compreso la lezione, la teoria, gli elementi indispensabili per cominciare veramente gli esercizi con cognizione di causa e non solo in maniera automatica, copiando semplicemente le posizioni che si mostrano qui o nelle opere o articoli di volgarizzazione dell’Hatha-Yoga e che molte volte sono pubblicati unicamente per dare soddisfazione fisica ad alcune signore in cerca dell’eterna bellezza o ad alcuni uomini che cercano di scoprire metodi di esibizionismo per richiamare l’attenzione del sesso debole con le loro acrobazie! Lo Yoga è qualcosa di molto diverso da codesta cosa “meravigliosa” che il gran pubblico è troppo avido di conoscere e che come tale generalmente si presenta.

Decisamente non posso essere d’accordo con Theos Bernard, nè astenermi dal levarmi contro il suo metodo troppo rapido per gli Occidentali, per quanto io gli riserbi molta simpatia per i sacrifici che ha fatto e per lo sforzo di volontà da lui impiegato per arrivare alle discipline dell~Hatha-Yoga. Io credo che il suo insegnamento sia dei piu seri; tuttavia egli è più uno studente di Yoga per sè stesso, che un educatore per gli altri. Il suo difetto può essere l’essere rimasto un americano puro, anche durante il suo viaggio in India. Infatti mi sembra terribilmente pericoloso insegnare ai lettori non preparati che le tre prime cose più importanti nello Yoga sono: la Padmasana, l’Uddiyana (e il Nauli) e infine la Shirshana. Vale a dire che essendo appena nei preliminari egli descrive in “Heaven Lies Withing Us” (“I Cieli sono dentro di noi”) che la posizione del loto deve essere eseguita prima di qualsiasi altra cosa; che è necessario praticare tutte le mattine non solo l’Uddiyana (contrazioni e rilassamento del ventre) fino a 1500 volte, ma pure effettuare il nauli (ritrazione degli organi verso la colonna vertebrale separando i muscoli addominali), esercizio questo che richiede, mi sembra, un serio allenamento, e infine, consiglia ancora di mettersi sul capo (sirshasana), postura che non solo richiede uno studio prolungato, ma che non raccomando agli Occidentali perché non hanno la stessa costituzione degli orientali.

Riassunendo, T. Bernard espone una teoria esageratamente americanizzata e io la considero come un metodo che si presenta troppo rapido. Non intendo dire che egli abbia dato troppa enfasi alla esposizione di ciò che mi sembra piuttosto una ginnastica che un sistema di realizzazione mistica, giacché egli non insiste sufficientemente, secondo me, su ciò che gli stessi Guru raccomandano: prudenza, pazienza, studio...

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Già ho dato, nel capitolo “La Scienza Yoga” del libro “Misticismo nel secolo XX”, un breve riassunto circa i preliminari indispensabili per le asana. Ripeto che non esiste limite all’età per cominciare gli ecercizi, poichè si tratta giustamente di iniziare con esercizi preparatori prima di affrontare le posizioni (asana)e le posizioni complete soprattutto. Ho in alcune delle mie scuole studenti che fanno le stesse lezioni e la cui età varia dai 12 ai 74 anni. La questione delle malattie non si tiene in conto(sempre e quando si seguano dal principio le raccomandazioni di prudenza), poiché giustamente gli Yoghi occidentali mettono in pratica le asana anche come metodo curativo. Tra i miei alunni sono numerosi i casi di malati gravi che hanno recuperato la salute grazie all’Hatha-Yoga ben eseguito; ho molti casi di paralisi parziali che ho curato con le asana appropriate. Uomini e donne possono praticare ugualmente Hatha Yoga ed alcune signore non interrompono le loro pratiche di Yoga durante il periodo mestruale (secondo lo stato di ciascuna, naturalmente).

Soprattutto non bisogna mai dimenticare che l’Hatha Yoga è un sistema di eserci fisico-psichici, che ha risultati in diversi piani, cioè che non bisogna focalizzare solamente il lavoro materiale, ma la maestria del corpo deve servire per il controllo dello spirito.

Ho insistito nel mio libro recentemente citato tanto nellòe priome discipline che nei primi esercizi da compiere prima di arrivare alle asana propriamente dette. Per le persone che non hanno mai praticato nella loro vita la minima cultura fisica, esistono tre esercizi che si dovranno praticare all’aria aperta tutte le mattine progressivamente, tre volte ciascuno fino a praticarli 6 volte ciascuno in capo a una settimana, 12 volte dopo un mese e 24 volte in capo a 60 giorni, dopodiché al compiersi di questo lasso di tempo, si saranno già iniziati ugualmente altri esercizi.

1) In piedi le braccia lungo il corpo, aspirare lentamente alzando le braccia davanti al corpo e sollevarsi soavemente sulla punta dei piedi fino a portare le braccia distese sopra la testa nello stesso tempo che l’inspirazione arriva ad essere totale e che il corpo è sostenuto dalle dite dei piedi. Abbassare le braccia, sempre ben tese, nello stesso tempo che si abbassa il corpo sulle punte dei piedi e si esala l’aria immagazzinata nei polmoni, arrivando a poggiare sulla pianta dei niedi contemporaneamente a che le braccie si abbassano sui lati del corpo simultaneamente al momento di terminare l’esalazione.(Figura I delle tavole di esercizi, figure numero 50 e 51 del libro).

Con il corpo eretto, lasciando questa volta i piedi ben distesi sul pavimento durante l’esercizio, sollevare le braccia completamente distese sopra la testa, inspirando come nel primo esercizio, mantenendo le gambe dritte e piegando in

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seguito il corpo fino a lasciare che le mani tocchino il suolo (senza piegare le ginocchia). Questo istante corrisponde all’espirazione totale dell’aria espellendola per la seconda e terza volta dai polmoni appoggiando sopra il suo1o il palmo delle mani. Rizzarsi lentamente inspirando leggermente per arrestare le braccia lungo il corpo in un istante di ritenzione e ricominciare il movimento di elevazione delle braccia sopra la testa con inspirazione profonda, etc. La ginnastica psico-fisica preparatoria delle asana dovrà essere praticata progressivamente tutte le mattine all’aria aperta o, per lo meno, con le finestre aperte sia in estate che in inverno. Secondo la forma in cui viene praticata nell’Ashram, è divisa in tre serie: nella prima parte si dà maggior preferenza alla respirazione, nella seconda alla flessibilità e nella terza alla tensione muscolare preparatoria per le Asana Yoga, essendo leggermente stimolante. Le donne non devono temere di acquisire una muscolatura esagerata a causa di questi movimenti poichè la struttura femminile non è costituita per sviluppare muscoli, bicipiti, etc. nemmeno con gli stessi esercizi degli uomini. Queste respirazioni indicate come “profonde” non devono mai eccedere nel momento in cui si avvertano molestie al petto, alla gola o al viso. Bisogna impedire le gesticolazioni e il più piccolo arrossamento delle faccia.

3. Posizione eretta, piante dei piedi al pavimento, braccia tese di fronte al corpo, palme delle mani rivolte verso il pavimento. Incrociare le braccia due volte: la prima volta il braccio destro va sopra il sinistro e le palme delle mani sono rivolte verso il pavimento, la seconda volta il braccio sinistro va sopra il destro e le palme delle mani sono rivolte verso l’alto; si inspira e si trattiene il respiro. Poi si esala con forza allargando le braccia tese dietro le spalle; si continua ad esalare lentamente riportando le braccia alla posizione iniziale.

Il primo esercizio descritto aiuta la respirazione, il secondo favorisce la flessibilità e il terzo è stimolante, formativo della muscolatura delle spalle e dell’ampliamento del torace. (Le donne non temano di acquisire una muscolatura esagerata a causa di questi movimenti, poiché è la loro stessa struttura fisica a non consentirlo).

La pratica di esercizi al mattino potrà essere accompagnata da una posizione di meditazione alla sera. Seduti sul pavimento, si piega una gamba e, mantenendone il ginocchio al pavimento, si porta il tallone sotto l’ano; il piede dell’altra gamba verrà portato sulla coscia di questa (sempre tenendone appoggiato il ginocchio al pavimento). Si avrà cura di collocare la gamba sinistra sotto il corpo durante i giorni positivi e quella destra durante i giorni negativi, mantenendo le gambe opposte in posizione dominante: infatti il lato destro del corpo corrisponde alla polarità attiva e il lato sinistro a quella passiva115. Le mani andranno appoggiate sulla caviglia esposta: la mano sinistra sopra la destra quando la gamba sinistra si trova sopra la destra (giorno

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negativo) e la mano destra sopra la sinistra quando il piede destro si trova sulla coscia sinistra (giorno positivo).

Inizialmente la meditazione durerà cinque minuti, poi dieci, quindici, fino ad arrivare, in capo a un mese, a mezz’ora. Durante tutta la durata il corpo deve rimanere eretto, il mento leggermente inclinato verso il collo (non verso il petto!), le spalle diritte, lo sguardo fisso in avanti o verso l’alto, oppure gli occhi chiusi.

Dopo tre mesi di pratica della meditazione in questa posizione ardha-padmasana ovvero mezzo loto. Cfr. Tav. ***), si potrà prolungarne la durata fino ad un’ora di tempo e, in capo a un anno, si potrà prolungarla ancora di più. Comunque allora si praticherà già il loto completo (padmasana, Tav. *): le gambe sono incrociate, i talloni poggiano sulle cosce opposte. A poco a poco si dovrà cercare di perfezionare la posizione facendo raggiungere ai talloni la zona inguinale. Il tempo di pratica sarà di tre ore e più, facendo attenzione a non risentire di uno sforzo fisico troppo forte.

La pratica di altre asana risulta inutile se lo studente non ha abbandonato totalmente il regime alimentare a base di carne, pesce, alcolici o narcotici. Tutt’al più potrà fare mezz’ora di ginnastica più un quarto d’ora di siddhasana (posizione perfetta o del triangolo, Tav. *) al mattino; e alla sera mezz’ora o quarantacinque minuti di padmasana o ardha-padmasana in meditazione. Ma non potrà eseguire altre asana e il pranayama e non potrà neppure adottare l’adeguata concentrazione nelle asana consentite, fino a quando non si sarà purificato da tempo da carne ed alcolici.

Ritornando alla cultura fisica preparatoria alle asana, consiglio anche altri esercizi. Uno di questi consiste in alcune rotazioni del busto a gambe divaricate e con le mani appoggiate ai fianchi. Il busto ruota tre volte a sinistra e tre volte a destra, cercando di spingersi bene all’indietro inarcando leggermente la zona dei reni.(n° 4).

Un altro buon esercizio consiste nel flettere il busto per toccare il piede destro con la mano sinistra e poi il piede sinistro con la mano destra. Poi si porteranno le mani ai fianchi e si toccheranno le ginocchia, alternativamente, con il naso, e poi con la fronte (fig. N° 5).

L’esercizio n° 6 della Fig. * consiste nello stare in piedi su una gamba sola mentre l’altra esegue delle rotazioni complete (da tre a sei). Si fa prima con una gamba e poi con l’altra.

Alcuni esercizi servono per sviluppare i muscoli delle braccia e i pettorali. Uno di questi è il n° 7 nel quale le braccia tese eseguono delle sforbiciate prima verso l’alto e poi verso il basso. Nel n° 8 le braccia formano dei piccoli cerchi prima in un senso e poi nell’altro. Il n° 9 è una rotazione delle braccia tese con i pugni chiusi. Nell’esercizio 10 si cerca di unire i pugni dietro la schiena.

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Dopo di ciò si potranno iniziare dei movimenti di equilibrio e di resistenza, come quello di flettere le ginocchia lentamente e dolcemente mentre con i glutei si arrivano a toccare i talloni (n° 11) e le braccia sono incrociate sul petto. L’esercizio n° 12 è lo stesso con la variante delle mani sui fianchi e i talloni sollevati dal pavimento ed uniti tra loro. Il numero di volte di esecuzione di questi esercizi verrà aumentato gradualmente fino ad arrivare a 12 volte per ogni esercizio.

Seguono gli esercizi di rilassamento. Supini (n° 13) si solleverà il busto fino a toccare con le mani le punte dei piedi e si ritornerà sul pavimento con le braccia sopra la testa. Si ripeterà più volte mantenendo una respirazione profonda e lenta.

Il n° 14 mostra il movimento inverso: questa volta sono le gambe che si sollevano lentamente fino a toccare il pavimento dietro la testa. Le gambe devono essere unite, tese e i piedi devono appena sfiorare il pavimento, sia all’andata che al ritorno. In seguito, tenendo la testa leggermente sollevata dal suolo e le mani incrociate dietro di essa, si faranno piccole rotazioni con le gambe in un senso e nell’altro (n° 15); poi tagli verticali (n° 16); poi la bicicletta (n° 17) e infine sforbiciate, mantenendo le gambe rette e toccando il suolo prima con un piede e poi con l’altro (n° 18). L’esercizio n° 19 consiste nel fare la verticale per poi incrociare le gambe, portarle a toccare il pavimento dietro la testa, e ruotare lentamente fino ad assumere la posizione eretta (n° 20). Infine l’esercizio n° 21 per rafforzare le braccia: una serie di flessioni sostenendosi prima sulla gamba sinistra e poi su quella destra e poi su tutte e due le gambe.

Eccoci pronti per parlare della pratica delle asanas. Sappiamo già che nell’Hatha-Yoga esistono 84 posizioni tradizionali che simbolizzano le 84 specie di animali viventi sulla Terra e gli 84.000 movimenti che il corpo umano può eseguire. L’Hatha-Yoghi perfeziona la pratica di queste 84 posizioni il cui effetto si manifesta sia nel corpo fisico che in quelli mentale e spirituale. Le asanas sono di importanza fondamentale per la concentrazione e per il dominio del corpo, così pure per migliorarne l’estetica, prevenire le malattie e perfino sviluppare facoltà latenti o farne sorgere di nuove; si può dare anche la possibilità di raggiungere, grazie alle asanas, uno stadio sopranormale tale da manifestarsi attraverso fenomeni psichici e realizzazioni mistiche. All’importanza delle asanas si aggiunge quella della pratica di alcune respirazioni, concentrazioni e contrazioni muscolari speciali. Bisognerà concentrarsi sui centri posti in vibrazioni attraverso contrazioni muscolari in un primo tempo, e infine attraverso un metodo straordinario di identificazione simbolica; ciò farà sì che si risvegli l’energia misteriosa che aprirà i fiori darà la Luce.

Abbiamo già consigliato di iniziare la pratica con due posizioni: Siddhasana al mattino, insieme al controllo respiratorio e a una breve Meditazione; Padmasana alla sera per favorire la concentrazione.

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Si dice che attraverso Siddhasana (posizione del triangolo) si può ottenere la grande realizzazione. Siddha viene da sidhi che significa “potere”, e infatti si pensa che una pratica giornaliera di tre ore di questa posizione renda possibile ottenere la Liberazione molto rapidamente, e che una pratica di un anno conferisca i poteri. Questa è senz’altro la posizione più adatta per il pranayama (controllo del respiro). Si osservi, nella Tav. *, che io colloco il pollice sopra la narice destra mentre inspiro per la sinistra, poi chiudo la narice sinistra con il mignolo ed esalo attraverso quella destra. Bisogna fare attenzione a non togliere il pollice dalla narice destra prima di aver posto il mignolo sulla sinistra. Le due narici non possono stare aperte insieme; chiuse lo potranno stare solo un secondo: il tempo necessario per aprire la narice che è chiusa. Il procedimento continua così: dopo aver esalato l’aria dalla narice destra, si inspira da questa stessa narice, mantenendo chiusa quella sinistra con il mignolo. Poi si chiude l’orifizio destro con il pollice e si esala da quello sinistro; si inala dalla parte sinistra, mentre il pollice chiude quella destra, e così via per 3, 6, 9, 12 volte per ogni lato, aumentando gradatamente.

Nella Tav. *, presento la posizione del loto, ovvero padmasana che è, in un certo senso, l’esercizio-tipo della Hatha-Yoghi. Come ho già detto si può fare anche il mezzo-padmasana rispettando i giorni positivi (a cui spetta la posizione chiamata maschile) e quelli negativi (a cui corrisponde la posizione femminile). Coloro che abbandonano tutte le asanas e si staccano dall’Hatha-Yoga, continuano a praticare queste due posizioni che sono alla base della meta del Sadhak: l’Illuminazione finale; ciò si deve al fatto che il controllo dello spirito attraverso il dominio del corpo (soprattutto delle sensazioni) si ottiene grazie a queste due asanas-tipo. Vedremo più avanti che negli altri tipi di Yoga (Bakthi, Jnana, Raja, ecc.), la pratica delle asanas si riduce a poche posizioni e principalmente a queste due.

Altre due asanas che debbono essere praticate all’inizio sono Hastha-padamang o Janusirasana (posizione preparatoria: Tav. *) e Paryankasana (posizione per il rilassamento: Tav. *). In Hastha-Padamang si colloca un piede sotto i glutei, chiudendo l’ano con il tallone, mentre l’altra gamba è tesa sul pavimento. Il busto si flette in avanti, mentre le mani afferrano il piede e la testa va a toccare il ginocchio della gamba tesa. E’ un esercizio molto efficace per il controllo sessuale, rende la colonna vertebrale più flessibile e aiuta l’eliminazione delle impurità accumulate tra le vertebre che danno luogo a tanti disordini organici.

Nella Tav. XXII si può osservare l’esecuzione della posizione: lì la mano destra afferra la pianta del piede destro introducendo il pollice tra l’alluce e le altre dita. L’alluce viene tirato verso il corpo dal pollice e l’indice della mano sinistra. Dopo aver eseguito alcune respirazioni regolari, si esegue la posizione dell’altra parte, collocando questa volta il tallone del piede destro sotto l’ano e distendendo la gamba sinistra.

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Questa posizione viene praticata soprattutto dai Brahmacharis, ma non è molto consigliabile per le persone sposate, le quali possono praticare, qualche volta Pashimottana, che è meno dura e produce un minor controllo sul plesso sacro; si tratta, comunque, di una variante dell’ultima; qui le mani afferrano la caviglia di un piede, mentre l’altro non si trova sotto l’ano, ma vicino alla coscia della gamba tesa, il più vicino possibile al perineo. (Tav. IL).

In Paryankasana (Tav. IIL) ci si distende, supini, con le gambe piegate sotto il corpo, le dita dei piedi si toccano sotto i glutei e le ginocchia, vicine, sono ben appoggiate sul pavimento; le braccia riposano lungo il corpo e la zona renale non deve essere inarcata. E’ una posizione di riposo.

A volte si esegue la variante di questa posizione che è supta-vajrasana (Tav. LXIV). Qui si uniscono le ginocchia e i polpacci, mentre i piedi sono divaricati; i talloni si trovano vicino alle cosce e le braccia sono incrociate sotto la schiena.

Quindi queste sono, insieme a Padmasana e Siddhasana, delle buone posizioni per cominciare la pratica dell’Hatha-Yoga. L’una (Janusirasana) dà maggiore elasticità e controllo sulla sensibilità; l’altra (Suptavajrasana), in quanto posizione di riposo, può essere praticata alla fine degli esercizi come rilassamento.

Dopo aver praticato queste posizioni, insieme agli esercizi preparatori, si potrà passare alla pratica delle 84 posizioni tradizionali. Dopo circa un anno o due di pratica di asana molto varie e numerose, si arriva ad uno stadio nel quale è necessario semplificare e scegliere alcune posizioni in relazione alla meta propostasi. Io ho selezionato 12 asanas, oltre alle 4 viste precedentemente, di cui 6 sono le principali; ognuna di esse è in relazione ad un chakra, mentre il settimo viene illuminato mediante la posizione del loto. Consiglio anche una variante per ciascuna di queste sei posizioni, per mantenere l’equilibrio nello sviluppo dei centri. Resta inteso che non si procederà alla pratica di queste sei posizioni senza prima aver provato almeno una volta tutte le 84 asanas della Tradizione.

Le sei asanas principali sono le seguenti:ARDHA-BADDHA-PADMASANA: essa serve per lo sviluppo del

plesso sacro, per l’illuminazione del primo chakra. La concentrazione deve focalizzarsi sul Muladhara, usando il meccanismo adeguato e con la visualizzazione dei petali, l’assimilazione dell’elemento corrispondente, l’identificazione con il piano della divinità, l’illuminazione del colore per mezzo della vibrazione adeguata, la pronuncia interna delle parole sacre, la respirazione ritmica, ecc.

La posizione che io eseguo nella Tav. IV, è con le gambe separate, le quali però, a poco a poco, dovranno unirsi, per prepararsi ad un’altra posizione che vedremo più avanti.

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UTTHITA-PADMASANA (Tav. LXXIII): serve per l’Illuminazione di Svadhisthana e va eseguita con la stessa concentrazione spiegata prima, solo che questa volta va indirizzata sul secondo chakra.

CHIRIYA-ASANA: è la posizione dell’uccello e si pratica per aprire la terza porta, cioè per Illuminare il chakra Manipura. Alcuni eseguono questa posizione incrociando le gambe e sollevandosi lentamente nella posizione del loto facendo forza sulla braccia e sui pugni. Per i principianti può essere più facile eseguirla direttamente nella posizione del loto, dato che si deve praticarla per 30 minuti o un’ora per ottenere il risultato sperato (Tav. LXXIII).

TOLANGULASANA: grazie a questa posizione si illumina il chakra Anahata; la concentrazione va sul plesso cardiaco, avendo cura di farla in modo completo, altrimenti la posizione non ha altro effetto che quello di dare maggiore elasticità al corpo. Una variante di questa asana consiste nel mantenere sollevati dal suolo la testa e tutta la parte superiore del corpo; le gambe sono incrociate e sollevate anch’esse grazie alle mani poste sotto i glutei. Nella Tav. LXVII la quale però è sufficiente per l’Illuminazione di Anahata (il loto dell’amore universale).

PADMA-SARVANGA-ASANA(Tav. LVI): essa illumina il chakra Vicchudha; si pratica con bandha (contrazione muscolare), oltre alla solita concentrazione.

BADDHAYONIASANA (Tav. V) serve per l’Illuminazione del chakra Agna. Naturalmente non si tratta solo di visualizzare il terzo occhio, perché un’asana non è solo un metodo di sviluppo di poteri psichici o di acquisizione di facoltà medianiche; tuttavia la posizione conferisce la clarividenza e la clariudienza, qualità naturali per un adepto dello Yoga. Nel chakra che viene illuminato si riuniscono i tre principali canali (Sushumna-Ida-Pingala) ed è l’apertura di questa porta che permette all’adepto di stabilire il contatto finale con la Coscienza Universale (Samadhi).

Queste sei asanas fondamentali vengono accompagnate da altre sei che devono essere praticate esclusivamente sul piano fisico col fine di perfezionarsi a tal punto da non accusare più alcun problema di resistenza. E’ necessario infatti mantenerle per diverse ore per penetrare nello stato vibratorio indispensabile all’illuminazione dei chakra e ottenere infine la sublimazione. Essa non deve provenire da una specie di ipnosi, bensì dal controllo dei centri neuro-fluidici, di cui mezzo principale sono le asanas.

Ecco qui di seguito le sei asanas che completano la serie delle dodici posizioni che devono essere praticate prima di intraprendere l’arduo lavoro finale per la fusione con il Gran Tutto, per la nostra Reintegrazione...

MATSYENDRASANA(Tav. XXXVII): è, in un certo senso, l’ottava superiore di Ardha-Baddha-Padmasana. Anche questa posizione sviluppa il primo plesso ed è un po’ più complicata della sua corrispondente nella prima serie (che chiameremo serie “A”). D’altronde tutte le posizioni della seconda

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serie (che chiameremo serie “B”) lo sono, essendo la prima preparatoria alla seconda.

PARVATASANA: è la posizione della montagna. In padmasana si assume la posizione eretta appoggiandosi sulle ginocchia e stendendo le braccia verso il basso, come appare nella Tav.XLVII. per canalizzare meglio i fluidi, le mani formano il noto mudra con il pollice piegato sopra l’unghia dell’indice e le altre dita distese (simbolo dei tre nadis eretti ai lati del Kundalini attorcigliato). Come la Utthita-padmasana (seconda asana della serie “A”), anche questa posizione serve per l’Illuminazione di Svadhistana; essa richiede un minore sforzo di resistenza, ma un maggiore senso dell’equilibrio che si ottiene, tuttavia, con il tempo.

LOLASANA: è una variante di mayurasana. corrisponde a Chiriyasana della serie “A”. queste posizioni sviluppano il plesso solare, ragion per cui si avrà cura di praticarle con l’uddhiyana-bandha (contrazione del ventre). Si tratta di contrarre e rilassare il ventre a livello dell’ombelico in maniera ritmica, come si può osservare nella Tav. XXXIII.

VATAYANASANA (Tav. LXXIX): come Tolungalasana serve per illuminare il 4° chakra (Anahata), emanazione del plesso cardiaco. La concentrazione verte sui principi dell’amore universale, oltre a: ripetizione mentale dei bij-mantras, visualizzazione dei petali del fiore di loto che simbolizzano, ciascuno, l’apertura delle 12 serrature simboliche. La concentrazione sui petali, e non solo sull’intero fiore, è molto importante. Sappiamo infatti che il Muladhara è un fiore di quattro petali, mentre il secondo ne ha sei, il terzo dieci e Anahata dodici e che nella concentrazione si deve metallizzare il numero corrispondente alle rispettive sillabe sacre.

SARVANGA (Tav. LVI): è Sarvangasana insieme a Jalandara-bandha e a uddhiyana-bandha. Sia il ventre che il collo vengono contratti. Nella corrispondente posizione della prima serie non è possibile fare i bandhas per via della posizione delle gambe; qui, invece, il fatto che le gambe siano allungate (per lo sviluppo della ghiandola tiroide e l’Illuminazione del chakra Vicchuddha) permette le contrazioni muscolari della gola e dell’epigastrio.

GOMOUKHTA-ASANA: è al servizio del chakra Agna e nonostante la sua semplicità è molto pericolosa. Gomoukhta richiede una forte concentrazione sulla ghiandola pituitaria e può arrecare seri disturbi se la si fa troppo presto o senza la previa pratica di altre asanas. Le gambe sono una sopra l’altra e le mani si toccano dietro la schiena: si avrà cura che la gamba che è sopra l’altra sia quella contraria al braccio sollevato verso l’alto; ciò produce un circuito di energie (e qui sta il pericolo della posizione) che rende possibile la liberazione dal piano degli elementi fisici. Cfr. Tav. XVII. Gli occhi è meglio che siano chiusi perché ciò facilita la concentrazione nel punto di intersezione delle sopracciglia.

Riassumiamo allora il nostro lavoro:

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a) Alcuni esercizi di cultura fisica finalizzati all’esecuzione della posizione del triangolo e della posizione del loto.

B) Dopo alcune settimane iniziare la scelta di varie asanas della Tradizione, cominciando con Janusirasana e terminando la pratica di Hatha-Yoga con la posizione del rilassamento.

C) Dopo qualche tempo, quando si domina la pratica di diverse asanas, ci si può dedicare alle dodici asanas-tipo consigliate per lo sviluppo finale. Possiamo, quindi, concludere con il seguente prospetto:

1. Una ventina di esercizi di cultura fisica (per la respirazione, elasticità e resistenza fisica).2. Scegliere una serie di asanas di preparazione (Pashimottanasana, Padhahasthasana, Vrkasana, Halasana, Bhujangasana, etc....)3. Siddhasana con Pranayama (da praticare al mattino).Una serie definitiva di asanas (cominciando con Janusirasana e terminando con Supta-Vajrasana).Ardha-Padmasana alla sera per la meditazione e Padmasana per la concentrazione.4. Applicazione della serie “A” all’inizio e della serie “B” più avanti.(Le dodici asanas vanno praticate alla perfezione secondo il metodo completo).

Prima di procedere con i dettagli tecnici è preferibile passare in rivista le asanas della Tradizione Yoga che sono, come abbiamo visto, ottantaquattro.

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Le

Ottantaquattro

Asana

della Tradizione Yogi

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Finiamo di vedere, poi, le 84 posizioni tradizionali dell’Hatha.-Yoga, ma evidentemente restano anche una moltitudine di varianti. Possiamo passare in primo luogo all’ardha-asana (mezza posizione) di varie posizioni.

Ardha-Kurma, Ardha-Matsyendrasana, Arda-Padasana, Arda-Padmasana Ardha-Savasana, Ardha-Sarvangasana. Ardha-Shirshasana, Ardha-Vrikshasana e molte altre mezze posizioni, che è possibile eseguire con gli stessi risultati, solamente in una tonalità più debole per il fatto che la posizione non si fa completa ed è molto comprensibile che tutte le ardha equivalgano alle posizioni esistenti, ma più semplificate. Penso, poi, che si renda necessario insistere di più su questo punto. Non credo di aver già menzionato la Dradhasana, la posizione della quale è appoggiato di lato, la testa riposa in una mano o in un vuoto formato dal braccio; si tratta evidentemente di una posizione di rilassamento. Esistono anche alcune asana che sono semplicemente esercizi di cultura fisica o posizioni molto semplici tra le quali possiamo menzionare la Hasta-Padasana: in piedi, gambe separate, le braccia in alto, si abbassano le braccia verso avanti o preferibilmente si passano tra i piedi separati, poi si pongono le due mani al suolo esternamente al piede destro, in seguito esternamente al piede sinistro e finalmente si può variare tenendo i piedi uniti, le gambe ben diritte (in tutto l’esercizio) e senza piegare le caviglie abbassare le braccia perché i palmi delle mani tocchino il suolo, in seguito con il dorso delle mani e nuovamente con i palmi si torna a toccare il suolo, per raddrizzarsi in seguito e riprendere l’esercizio. Si conclude facendo Padha-hasta (figura n°--) (Paschimottana nella sua forma. in piedi) flettendo il corpo fino a toccare le ginocchia con il naso e le mani che stringono le caviglie. Queste posizioni sono tra le più vantaggiose per la spina dorsale, fortificano le gambe ed i muscoli dell’addome.

Esiste inoltre la Purvottanasana: con la schiena al suolo, alzare le gambe fino a formare un angolo retto con il corpo, le braccia distese con i palmi pure al suolo, che è in un certo modo la preparazione alla Sarvanganasana, poichè a partire da questo istante si possono collocare le mani sulla curvatura delle reni ed occorre soltanto sollevare la parte inferiore della schiena per adottare la posizione verticale invertita fino restare appoggiati sulla nuca e le spalle, come già abbiamo visto. È bene che queste posizioni siano seguite da Halasana (badando di appoggiarsi soltanto alla punta dei piedi).

Generalmente si chiama Siddhasidhasana quando in posizione di Siddhasana si fa il mudra collocando l’indice alla metà dell’interno del pollice, lasciando le altre dita distese. La Vrsasana è seduti sopra un tallone, l’altra gamba incrociata flessa sopra portando il piede presso il lato esterno dell’altra coscia (come in Gomukhasana) e non come in Muktasana, quando i piedi restano presso al corpo ai lati delle cosce, cioè, seduti con le gambe incrociate l’una sopra l’altra, incrociando le dita delle mani e coprendo con i palmi delle mani il ginocchio sopra. A sua volta, nel caso della Samkatasana si pone una mano sopra l’altra in collocazione opposta all’incrocio delle gambe. La

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Le 84 posizioni della tradizione yogi 19

Vrsasana, nosizione chiamata del toro, ha gli stessi effetti delle asana delle quali essa stessa costituisce una variante (Vedi fig. --).

Esiste inoltre la Sakticalasana, ma si tratta piuttosto di un bandha al contrarre il ventre per fare inalazioni ed esalezioni con massaggio interno dell’addome, incrociando le mani ben strette dietro la schiena per aiutare lo sforzo di questa posizione che si fa in piedi. Così, poi, tralasciamo le varie suddivisioni di posizioni per menzionare i bandha.

In primo luogo ci sono le tre grandi contrazioni indispensabili che si devono eseguire preferibilmente in Siddhasana.

Mula-Bandha: consiste nel contrarre la parte superiore dell’ano afflosciandolo ritmicamente (si esegue con lo Yoni-mudra, cìoè atteggiamento della vulva). Si chiude l’ano con il tallone e si spinge verso su fortemente l’energia escretiva (apana) fino a portarla alla regione superiore (prana). Questo bandha si fa per mezzo di una contrazione simile alla ritenzione dell’orina, si opera come se subito si dovesse sospendere l’azione di defecare esagerando in seguito il movimento interno per completare l’esercizio.

Uddiyana-Bandha, chiamato anche Mrityu-MATANGA-Kesari (il leone che doma l’elefante della morte). Contrazione ed afflosciamento del ventre a livello dell’ombelico. Questo bandha fa salire il soffio di vita attraverso l’arteria centrale del corpo sottile. Si pratica come se si volesse affondare il ventre il più possibile con l’idea di toccare con l’ombelico la colonna vertebrale.

Jalandhara-Bandha, consiste nel chiudere la rete delle arterie del collo. Si colloca il mento sopra il petto (all’altezza dello sterno) e si contrae la faringe al fine di impedire che discenda l’ambrosia del loto dai mille petali.

Questi tre bandha sono eseguiti alcune volte congiuntamente alla posizione del mezzo loto, collocando il dorso delle mani all’estremità delle caviglie, il pollice arriva ad unire la sua punta con la punta dell’indice e le altre tre dita si flettono leggermente.

Esiste anche il Maha-Bandha: si colloca il tallone sinistro nell’ano, la gamba destra si estende,il naso resta soora il ginocchio destro, si afferra la pianta del piede con i palmi delle mani ed i pollici si collocano sorra la punta del piede. Con questa asana si esegue lo yoni-mudra e lo jalandhara-bandha concentrandosi nel Sushumna durante la ritenzione della respirazione. Alcuni assicurano che il maha-bandha si esegue in ardha-padmasana. È così che in questa posizione di mezzo loto il maha-bandha si denomina Maha-Vedha, quando si è terminato e collocando le mani al suolo si scuotono i glutei contro il suolo per far ascendere il kundalini e si dice pure che è per vincere la morte.

Familiarizzando con le asana ed i bandha dobbiamo anche familiarizzare con i Mudra (attitudini), che sono molto numerosi e dei quali già ne abbiamo

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visti alcuni. Il più importante dall’inizio è ricordare la posizione delle mani d’accordo alle asana che si eseguono ed inoltre d’accordo allo Yoga-mudra, al Maha-mudra, al Vajroli-mudra, al Viparitakarani-mudra e dobbiamo menzionare l’ultimo e più avanzato dei mudra poichè serve per la sublimazione finale: il Kechari-mudra. Si tratta di inghiottire la lingua. In effetti, previamente si pratica poco a poco il “gesto di colui che si muove nello spazio” seguendo le indicazioni del Guru, collocandosi generalmente in siddhasana e forzando quotidianamente la lingua fino a farla salire all’intersezione delle sopracciglia (alcuni Guru tagliano la membrana del frenulo della lingua ai loro discepoli al fine di facilitare il suo stiramento). Più tardi lo Yoghi collocherà la sua lingua nella cavità posteriore della glottide per chiudere così l’orifizio della laringe e finalmente praticare quello che si chiama a volte Yoni-mudra , che chiude tutti gli orifizi del corpo: con il tallone nell’ano, l’altro tallone comprime il sesso, i pollici negli orecchi, l’indice sopra gli occhi, le altre dita tappano le narici e la bocca, e con l’obiettivo di assicurare l’ermeticità, la lingua ostruisce completamente questo condotto. Allora si fissa il kanda si fa lo japa e per mezzo dell’ultima tecnica si intraprende il gran salto nell’universo impersonale dell’esperienza del Samadhi.

Per completare dobbiamo dire anche alcune parole sulle purificazioni: il Neti-kriya ed il Dhoti-kriya, lavaggio nasale e lavaggio gastrico. Si introduce un cordone nel naso ed una benda di tela nello stomaco al fine di estrarre le impurità, ma preferisco non insistere su questo metodo perché in Occidente abbiamo altre possibilità; in questo stesso genere di sistemi abbiamo anche la pulizia per mezzo di una cannuccia che si colloca nel canale dell’uretra per introdurre prima acqua e in seguito latte ed olio, cosiccome c’è l’assorbimento di acqua dall’ano (Basti) stando seduti in un recipiente con acqua. Per terminare, si possono menzionare anche i Nauli, che sono contrazioni dei muscoli addominali oer ottenere un ritirarsi degli organi. Prima si elevano gli organi dell’epigastrio come nella pratica dell’uddiyana-bandha, in seguito si fa risaltare il muscolo centrale, che costituisce il Nauli-madhyama (aspetto centrale del nauli), poi il destro, che corrisoonde al Nauli-dakshina e, finalmente, contraendo soltanto il sinistro che è il Nauli-vama (chiamato anche uttar, che significa: per il lato sinistro). Credo di aver detto già e lo ripeto, che i tentativi di perfezionamento possono variare secondo tempo e luogo o, per spiegarmi meglio: le Ere originate dal movimento della precessione degli equinozi (con un nuovo ciclo ogni 2.160 anni e la cui rivoluzione completa si effettua ogni 25.920 anni) procura differenti possibilità in ogni occasione. Si sa che i raggi elettro-tellurici, da una parte, e le influenze cosmiche dall’altra, si manifestano nell’individuo attraverso diverse facoltà ed ogni nuova era ci porta vari effetti in una psicologia ogni volta migliore adattata all’epoca che si apre ed è così che abbiamo queste ere di 2.000 anni con le loro rispettive forme

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religiose, mistiche e filosofiche, cha cambiano d’accordo al passaggio apparente del sole davanti ad ogni costellazione, così come per l’inclinazione dell’asse terrestre che pure provoca l’esteriorizzazione di forze che provengono dal centro della terra e che producono nella superficie del globo in cui viviamo nuove influenze, possibili da captare a nostro beneficio.

I nostri centri, chiamati neuro-fluidici (chakras), sono come i punti ultrasensibili che con un magnetismo speciale possono spostarsi con poteri che hanno ripercussione nei diversi domini della psicologia attraverso facoltà sempre più sovrumane. Così come il tempo influisce favorevolmente sulle nostre possibilità fisico-psichiche a partire dalla Nuova Era (Era dell’Acquario) nella quale cominciamo ad entrare nel 1948, anche il fattore del luogo gioca una carta ugualmente importante; in effetti, sebbene la Tradizione esiga che rispettiamo una disciplina completamente speciale che non varia, è anche certo che dobbiamo adattarci meglio ad ogni nuovo ciclo, al clima, alla latitudine ed al paese, tutti fattori che esercitano la loro influenza su colui che pratica le regole di questa tradizione. Così, quindi, l’aria., la vibrazione, l’ambiente, ecc. sono fattori che si devono tenero in conto in tutte le cose e specialmente nello Yoghismo. Per esempio, se la terra gira ad una velocità di 465 metri al secondo nella linea equatoriale, in cambio in Inghilterra questa velocità si riduce a 250 metri al secondo, a causa della differente latitudine di questo paese, che produce una distinta reazione nell’individuo come si comprende immediatamente: senza entrare nei dettagli dei parallelismi tecnici, noi realizziamo molto bene tutte le conseguenze di questi movimenti, reazioni, vibrazioni, ed i loro differenti effetti psicologici, come già sappiamo. Nello stesso modo succede con il metodo dello Yoga, che non richiede propriamente un sistema sociale per ogni paese o per ogni razza, però impone almeno leggere varianti e soorattutto per quanto concerne il mondo orientale ed il mondo occidentale. In effetti, esistono per noi leggere restrizioni nella pratica del sistema e abbiamo considerato già alcune posizioni che mi vedo nell’obbligo di sconsigliare, come le ritenzioni di respirazione contro le quali mi sono opposto più di una volta dooo aver constatato i disordini causati da queste pratiche tra gli alunni di gruppi chiamati esoterici, ed ho dovuto cambiare frequentemente il modo di vivere degli studenti che sono arrivati ai miei corsi dopo essere stati membri di alcune organizzazioni pseudomistiche che fanno praticore ai loro aderenti i controlli respiratori (per corrispondenza per la maggior parte!) ed altrettante pratiche di magia, ecc.. Sotto il nome di Yoga, Occultismo, Rosacrocianesimo, Teosofia, Studi Iniziatici, ecc. si volgarizzano insegnamenti che per essere tanto seri sono esposti con molta frequenza in forma incompleta e come semplici metodi per il raggiungimento di tutto il mondo, senza mettere in guardia gli alunni contro il pericolo di queste pratiche; le lezioni di questi corsi per corrispondenza sono

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mal comprese e si convertono in fattori di squilibrio per le persone deboli, causa la mancanza di conoscenza tanto filosofica quanto scientifica.

Non si sapranno mai mettere sufficientemente in guardia le persone contro l’abuso di nomi, titoli, qualità di insegnamenti; si confonde Yoga con Fakir, magnetismo con ipnotismo; si fa uso di termini di teosofia o di antroposofia senza rendersi conto esattamente di quello che significano; si pretende di essere iniziati per il fatto di appartenere ad una società qualunque che vende diplomi senza nemmeno essere passati per il primo Ashram.

Speriamo che la nuova Era (Età Acquariana) porti le magnifiche qualità delle facoltà sopranormali, allo stesso tempo della comprensione delle regole elementari dell’INIZIAZIONE.

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Cosiccome è indispensabile eseguire asana in qualunque delle linee dello Yoghismo, così anche il fatto di praticarle non concede a nessuno il titolo di Yogi, nè procura nozione dello Yoga.

Guru Chandra Bala

Secondo lo Shiva Samhita (cap. V, 14) esistono quattro stadi per ogni grado d’iniziazione: Mantra Yoga, Hatha Yoga, Laya Yoga e Raja Yoga. Si sa che quest’ordine non è rispettato da tutte le scritture Yogistiche, però affronteremo questo argomento in seguito; ad ogni modo per ognuna di queste dottrine particolari esistono le stesse discipline basilari che iniziano dalle asanas più o meno intensive, secondo la linea scelta.

Nello Yoghismo, come in tutto, ci sono due polarità: un metodo positivo ed un’altro negativo, se così si può dire, in modo che Mantra Yoga, Bakthi Yoga, Raja Yoga, ecc. costituiscono tecniche passive negative che implicano un lavoro soggettivo, mentre l’Hatha Yoga, lo Jnana, il Laya, ecc., sono gli aspetti positivi, attivi, oggettivi. Possiamo ridurre questi metodi a due solamente, lasciando tutti gli altri come derivati; si tratta dell’HATHA YOGA per il lavoro attivo e concreto e del BAKTHI YOGA nel meditativo ed astratto. Comprendiamo anche che il mantram è un aspetto del Bakhti, è del dominio devozionale, e che il Raja appartiene ad un ordine mentale, ad una ginnastica cerebrale, è il più alto punto della metafisica, ma che tuttavia è anche passivo ed è una varietà dipendente del Bakthi e del Mantra Yoga. Lo Jnana o Yoga scientifico, è lo studio tecnico della filosofia ma portato alla pratica, è l’intellettualità attiva; così anche il Laya, o metodo di dissoluzione delle facoltà mentali, costituisce l’abolizione del piano soggettivo e quest’attività sorge dall’Hatha Yoga (yoga del tipo concreto).

Le attività nel mentale sono il maggior ostacolo nello Yoga e sono le seguenti:

Pramana (discernimento dei fatti).Vyparyaya (false conoscenze), è la nozione contraria dei fatti.Vikalpa (immaginazione)Nidra (sogno), è l’esperienza dell’incoscienza. Smriti (memoria).

Per tutte queste questioni possiamo rimetterci ai testi classici: Vedas, Puranas, Itihasas, Dharma-Shastras, Tantras, ecc., tra tanti altri Libri Sacri della

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Tradizione. Credo di aver già menzionato il Rang-Snang-Ngon-Ryang che è il trattato tibetano sullo Yoga.

Secondo Patanjali gli otto elementi dello Yoga (astinenze, osservanze, posizioni, controllo della respirazione, controllo delle percezioni esterne, meditazione, concentrazione ed identificazione) sono considerati entro tre periodi: i primi 4 elementi sono considerati come Bahira-Anga (periodo esterno) ed i 4 restanti Antara-Anga (periodo interno) e dentro questi, i 3 ultimi (dharana, dhyana e samadhi) come Samyama (periodo unito). Questi otto elementi equivalgono a gradi. Nel Kalyana (Yoga-anka) si dice che i 7 gradi dell’Hatha-Yoga sono:

1): i sei atti di purificazione (Dhauti, Neti, Nauli, Basti, Trataka per gli occhi, Kapalabhati che è un soffio respiratorio per il sistema vascolare, e finalmente, l’eliminazione di Kapha (o flemma) i quali costituiscono le sadhasana che sono praticate da un Sadhaka (ricercatore) in due modi principali: pranayama e bija-mantra.

2): Le posizioni e le attitudini, 3): La retrazione mentale, 4) Controllo del respiro, 5): Astinenze, 6): Contemplazione, che equivale alla meditazione ed alla

concentrazione, 7): Identificazione (o sublimazione).

I processi delle purificazioni (Shatkarma), sono qui considerati come la cosa più importante da realizzarsi prima di tutto; in seguito le asana ed i mudra; in terzo luogo viene il pratyahara (che è la soppressione, o meglio, il controllo delle percezioni sensoriali organiche) definito come ritiro mentale, cioè acquisire l’abitudine di non essere attaccato, non sapere di odio nè di amore, ritirare tutte le considerazioni affettive e pertanto mentali. Il controllo del respiro (pranayama) viene qui al quarto posto come nell’ordine tradizionale già spiegato più di una volta. Le astinenze che sono considerate abitualmente come il primo che si deve praticare vengono qui (secondo il Kalyana) al quinto posto. Sotto il termine contemplazione si intende quello che Patanja1i cita come meditazione e concentrazione (dharana e dyana) e che è seguito quasi sempre dagli yoghi in questo ordine di idee, ma in caso che l’alunno sia dotato di una predisposizione speciale questo permette evidentemente di fare una sintesi dei du aspetti. In verità, quanti trovano molto difficile capire che meditare non è l’idea nel vago, che il sogno o il sonno non hanno niente a che vedere con la meditazione e mi è stato molto difficile far comprendere agli occidentali la differenza tra dharana e dyana.

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Infine, dopo queste purificazioni primordiali dei Nadis-sansho-dhana (arterie interne) viene la neutralizzazione di nirliptata (effetto dei contatti con il mondo) per arrivare a Mukti (liberazione finale).

Lo Yoghi-Rudha (adepto dello yoga che è a cavallo del metodo e già manca di desiderio) per perfezionarsi deve dedicarsi persistentemente in ogni istante e arrivare ad essere Mumukshu (ricercatore della Liberazione) che si deve astenere completamente dal disperdere il Prana-vayu (energia vitale) nell’uso dei Siddhis (gli otto poteri che già abbiamo visto al principio del libro)* e che aspira soprattutto ad essere un Imperturbabile fino al punto di Vinishpanna-Samadhi che è lo stadio raggiunto dallo Yoghi nell’Identificazione totale con l’Essere Supremo.

Si deve riconoscere la Grande Astinenza (Mahavrata) che costitusce l’osservanza delle cinque astinenze principali: Ahimsa Satya Asteya, Brahmacharya, Aparigraha, ossia, la non violenza, la veracità, l’onestà, la castità, e la non-possessione, secondo Patanjali. Tuttavia, le Upanishad ne segnalano dieci (non-violenza, veracità, onestà, castità, affabilità, rettitudine, perdono, resistenza, temperanza e purezza) e a. loro volta i Brahmana-Upanishad indicano da trentadue a trentatre astinenze.

Tuttavia, in tutte le discipline si distingue un avvenimento primordiale ed indispensabile di fronte a qualsiasi tentativo o speranza di esito: è il Guru. Le relazioni del Guru e del Chellah sono descritte nel cap. III, versetti dal 10 al 19, dello Shiva-Samhita, nel quale ci rendiamo conto che può tutto e senza il quale nulla si può. Vari classici ed i Libri e le Scritture Sacre hanno insistito sull’importanza li servire il Guru, di vivere per il Maestro, di avere la propria speranza in Lui, per il quale è ovvio fare maggior

In questo capitolo insisto sul fatto che gli esercizi non costituiscono l’unico fattore dello Yoga, le asana sono indispensabili qualunque via si segua, ma in un certo senso non sono le prime regole e per questo ho menzionato varie teorie differenti per porre in evidenza i casi di cambiamento di regole, ed anche per assestare una volta per tutte l’idea che le asana sono come le lettere dell’alfabeto quando si confrontano ad un importante libro: è indispensabile conoscere ed usare le lettere da principio, nonostante si pensi molto poco ad esse nella composizione di un poema; le asana sono l’abc dello Yoga, però si devono praticare senza nessuna difficoltà e senza ritardo speciale al fine di restare nella capacità di praticare il sistema completo senza sentire fastidi per il fatto di eseguirli.

Per questa ragione, secondo alcune teorie, l’Hatha Yoga è la prima via da prendere, poi viene il Mantra Yoga, il Raja Yoga e finalmente il Laya Yoga. Allo stesso tempo abbiamo visto che lo Shiva Samhita offre un altro ordine.

Da parte mia, sonmo propenso a credere che l’Hatha sussiste come il primo gradino allo stesso tempo che l’ultimo ed ho detto questo soprattutto per

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la soppressione dei termini hatha bakthi, jnana, raja, laja, ecc., poi è in parte ciò che il mio libro dimostra, uno Yoghismo cioé, lo Yoga posto in dottrina, una spinta, un’evoluzione al raggiungimento tanto del mistico quanto dello scientifico. Ho optato ner esporre lo Yoga in questa forma al fine di far seguire all’alunno lo stesso sviluppo che io stesso ho seguito durante i miei anni di ascesa nel Gran Sentiero. La classificazione è diversa anche in “Yoga Thibetain et Doctrines Secretes”: 1) Hatha-Yoga; 2) Laya-Yoga, suddiviso in Bhakti, Shakti, Mantra e Yantra-Yoga, essendo questi quattro sentieri come metodi per l’amore, l’energia, il suono e la forma che daranno la volontà (Laya); 3) il Dhyana-Yoga e finalmente: 4) il Raja-Yoga composto da Jnana (conoscenza), Karma (attività), Kundalini (potere vitale) e Samadhi (realizzazione di sè), cioé, pure quattro vie di identificazione dentro quest’ultima: Raja-Yoga (via discriminativa).

Da parte mia sono stato sempre tentato dall’idea di non frazionare lo YOGA, che è l’unità, un Tutto, l’inseparabile e lasciar segure i diversi aspetti, per esempio, nelle polarità del giorno: da mezzanotte a mezzoziorno (forze nositive in azione) si potrebbe praticare l’Hatha-Yoga con le sue divisioni di laya, shakti, yantra, jnana, karma, e poi da mezzogiorno siccome le forze sono negative si potrebbe riservare questo periodo al Bakti ed ai suoi derivati: mantra, dhyana, raja samadhi- Yoga. Non ho il proposito di stabilire una nuova dottrina Yoga poichè semplicemente deploro l’idea di divisione cho separa perfino gli stessi alunni di Yoga, che dev’essere un sistema universale senza suddivisione. Si potrebbe stabilire un metodo che abbracci tutto con il nome di Yoghismo ed il fatto di raggiungere la meta finale di questo sistema costituirebbe lo Yoga, poiché esso sarebbe il compimento dello YUG in tutta l’accezione del termine.

Si sa che i Fratelli Bikkus nelle regioni buddiste usano la mattina per le attività positive e si dirigono sempre a cercare il proprio cibo prima di mezzogiorno, ora nella quale ingeriscono alimenti per l’ultima volta nel giorno, poichè dopo il mezzogiorno e di sera si dedicano all’orazione ed alla meditazione. In questa forma dovremmo organizzare la nostra vita, cioé secondo le polarità di tempo, dalla mezzanotte a mezzogiorno (attivo), da mezzogiorno a mezzanotte (passivo) e utilizzare in questo modo il meglio delle radiazioni che concorrono nel nostro mondo con molto maggior benessere per coloro che sanno raccogliere i benefici di simili conoscenze.

Da parte mia realizzo completamente e sono il primo ad insegnare che é necessario lasciare ciascuno nella sua via, nel suo cammino ad andare secondo le sue aspirazioni, senza forzare gli spiriti ed in questo modo le diverse linee offrono per tutto il mondo una possibilità di liberazione, però credo anche che non si insista sufficientemente sul fatto che anche nelle più diverse linee dello yoga mentale come nel raja-yoga, samadhi-yoga, ecc., è indispensabile continuare a praticare i primi elementi dello yoga che frequentemente

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si considerano inerenti unicamente all’hatha-yoga, cioè le asanas, i mudra, il pranayama, ecc. È indispensabile non perdere di vista questo imperativo di ricorrere sempre con logica alle regole tradizionali che sono le stesse in forza, scienza e metodo per tutto il mondo e per tutte le tecniche particolari dello yoga, comunque queste siano, mistiche, mentali, meditative o attive.

Una delle grandi regole dello Yoga consiste nel controllo del respiro e da qui proviene la parola Hatha; HA è il Sole e THA la Luna, che s’intende estensivamente alla narice destra per la respirazione solare (positiva in Pingala) e alla narice sinistra la respirazione lunare o femminile (negativa in Ida). Questa regolarizzazione della respirazione costituisce di fatto tutta la scienza dell’Hatha-Yoga, dell’unione di forze polarizzate (yug proviene da unire). L’idea tradizionale di Hatha è principalmente: forza, e così è intesa come lo Yoga violento. Per il criterio generale costituisce il dominio fisico, che in verità è completamente falso, ed è così che si arriva a trasformare il senso di una parola in un’altra, estendendosi rapidamente la generalizzazione di un’idea.

È soprattutto a proposito di suscitare una purezza nell’organismo che si effettuano le asana e le diverse tecniche prima di praticare la fusione delle polarità per mezzo del controllo respiratorio. È allora che si comprende meglio perché in tutte le linee dello Yoga, che siano Bhakti, Laya, Raja, ecc., è indispensabile praticare le posizioni, i mudra e, finalmente, le respirazioni ritmiche per poter abbracciare il sistema finale, sia devozionale, intellettuale, mentale, ecc.

Preferirei denominare Grathastha-Yoga il metodo di perfezionamento completo per mezzo degli esercizi e dell’allenamento del corpo con fini di reintegrazione mediante posizioni, esercizi, attitudini, ecc~, invece di Hatha-yoga, che sarebbe riservato come periodo finale per operare la fusione delle due polarità, che non si può raggiungere se non attraverso una perfetta comprensione della devozione al Gurù (Bakthi), una scienza acquisita (Jnana), uno studio comparativo mediante attività metafisiche (Raja) aiutato dalla forza della parola (Mantra) e dall’energia in ascesa (Shakti-yoga) per poi conseguire la dissoluzione dei centri (Laya-yoga) quando l’alunno già è un Gratastha-yoghi (yoga fisiologico). Questo sarebbe abbattere l’idea ortodossa sullo yoga che sempre pretende di collocare come primo scalino l’Hatha-Yoga. È tuttavia indispensabile osservare il carattere di uno studente, prima di avviarlo in una o altra categoria, tale come è esposto nell. Shiva-Samhita (v.10, 14).

Si considera che gli uomini di iniziative piccole, legati alla loro donna, timidi, infermi, nè liberi nè indipendenti, in una parola gli studenti “soavi”, devono prendere la via del Mantra-Yoga, e possono sperare che con uno sforzo molto grande l’esito sia al suo raggiungimento in dodici anni. Quelli che anelano la virtù, tranquilli nelle loro parole, senza estremi nelle loro azioni, spiriti liberali, cioè, i “moderati”, possono in dieci anni per mezzo del Laya-

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Yoga ottenere la grande esperienza, sempre e quando seguano il Maestro in questa linea.

Quelli considerati coine “ardenti”, gli indipendenti, pieni di energia, quelli che amano la verità pura, pieni di Fede come di entusiasmo nello studio, quelli sempre pronti a rendere culto alla pratica completa dello yoga, devoti ai piedi sacri del loto del Guru, sono pronti per l’Hatha-yoga con il quale in si anni possono ottenere la liberazione. Restano anche i “grandemente ardenti”, quelli che sono più che energici, gli eroici, quelli che non hanno desideri, competenti, fermi, sereni, che hanno la Fede nelle Scritture e la devozione nel Guru rappresentante di Dio, sono quelli che possono senza vacillamento iniziarsi al metodo completo, fare una sintesi (in certo modo come l’ho proposto prima per mezzo di un. Yoghismo completo) ed abbracciare non importa quale linea dello Yoga con la certezza dell’esito in tre anni.

Essendo di quest’ultima categoria evidentemente è possibile permettersi un sistema più o meno combinato, cioé non precisamente un metodo personale ma una sintesi di diverse pratiche prese dalle differenti linee dello yoga. Quando il Chellah é pronto il Guru dà generalmente un asana che viene ad essere allora una posizione personale e che non sempre è compresa nelle posizioni tradizionali. Nella figura LXXXIII presento la mia asana particolare che può essere chiamata yoga-utthita-kukkutasana, però che non appartiene alle posizioni ereditate dalla Tradizione. A forza di abitudine ho potuto conservare l’equilibrio facilmente in questa posizione appoggiato sulle mani, le dita dei piedi si toccano; in questa posizione pratico i bandha con gli occhi chiusi e in capo a 30 o 40 minuti si sente la polarizzazione della forza vitale all’altezza della pituitaria.

Evidentemente l’esercizio non è tanto complicato nella sua esecuzione esteriore ma sono le contrazioni interne quelle che bisogna prendere in considerazione, giacché si possono fare i tre bandha in questa posizione, sebbene da parte mia abbia praticato soprattutto l’uddijana ed alcune volte, abbassando un pò la testa ho eseguito anche jalandhara-bandha.

Come già sappiamo, esistono 84 asana della tradizione (lo Shiva-Samhita ha descritto il numero di queste posizioni come corrispondente al numero di creature che vivono nel nostro mondo) e delle quali unicamente 32 sono considerate come quelle che conferiscono la perfezione in questo mondo. Queste posizioni sono denominate alcune volte differentemente e soprattutto la loro descrizione non è mai uguale da un testo all’altro.

Secondo il Gheranda Samhita queste 32 posizioni sono:Bhadrasana (posizione della comodità), figura VI.Bhujangasana (pos. del cobra), fig. VIII. Dhanurasana (pos. dell’arco), fig. XII.Garudasana (pos. dell’aquila), fig. XV.

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Gomukhasana (il muso di vacca), fig. XVII.Goraksasana (del Guru Goraksa), fig. XVIII.Guptasana (pos. nascosta), fig. XIX.Kukkutasana (pos. del gallo), fig. XXXII.Kurmasana (pos. della tartaruga), fig. XXXI.Mandukasana (posizione della rana), fig.XXXV.Makarasana (pos. del delfino), fig. XXXIV.Mayurasana (pos. del pavone reale), fig. XXXVIII.Matsyasana (pos. del pesce), fig. XXXVI.Matsyendrasana (pos. del Gran Rishi Matsyendra),fig. XXXVII.Mritasana (pos. del cadavere, chiamata anche Savasana),fig XXXIX.Muktasana (pos. libera), fig. XLI.Padmasana (pos. del loto), fig. XLV.Paschimottasana (pos. terribile, chiamata anche Ugrasana), fig. IL.Shalabasana (pos. della cavalletta), fig. LIII.Samkatasana (pos. pericolosa), fig. LV.Siddhasana (pos. perfetta), fig. LIX.Simhasana (pos. del leone), fig. LX.Swastikasana (pos. di prosperità), fig. LXV.Ustrasana (pos. del cammello), fig. LXIX.Utkatasana (pos. elevata o chiamata della casualità), fig.LXX.Uttama-kurmakasana (la tartaruga elevata), fig. LXXI.Uttama-Mandukasana ( la rana elevata)Vajrasana (pos. del fulmine), fig. LXXV.Virasana (pos. dell’eroe), fig. LXXX.Vrkasana (pos. del toro)Yogasana (pos. dell’unione), fig. LXXXIV.A parte la riduzione delle 84 asana a queste 32 posizioni si deve

comprendere che tutte sono operate in uno stato di calma del pensiero, di serenità dello spirito, di maestria della volontà. Ognuna delle posizioni ha un valore particolare rispetto alla formazione muscolare di ogni parte del corpo, ma il proposito principale è più o meno un automassaggio delle ghiandole e viene diretto verso la meta principale: la pulizia delle canalizzazioni e, come abbiamo visto, la preparazio ad una corretta meditazione, che è possibile una volta raggiunta una calma completa.

Alcune volte le asana sono ridotte a 4 posizioni chiamate fondamentali: Padmasana, Siddhasana, Swastikasana e Vajrasana. Alcuni testi, invece di Vajrasana segnalano Ugrasana, cioè la Paschimottasana e conservano le altre 3 posizioni, ma incontriamo sempre varianti nelle spiegazioni di queste posizioni. Per esempio, le più diverse spiegazioni per swastikasana, sia per collocare i piedi al centro come è scrittto nel Gheranda-Samhita, o anche mantenendo i piedi sopra le gambe tra le ginocchia ed i muscoli come si può leggere

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nell’Hatha Yoga Pradipika. Comunque potremmo attenerci più particolarmente alle posizioni che già ho indicato come base di lavoro per tutto il mondo senza eccezione: Padmasana e Siddhasana. Queste due posizioni possono essere praticate da qualunque persona che desideri intentare un perfezionamento qualsiasi e sono sufficientemente efficaci per il rilassamento, la resistenza e le meditazioni. Alcune volte si sono date 12 posizioni tradizionali per la meditazione, però nel corso delle età si sono introdotte alcune varianti in modo che ai nostri giorni esistono 28 posizioni di meditazione: siddhasana, hathasiddhasana, sidha-sidhasana, padmasana, ardha-padmasana baddha-padmasana, subhabadmasana, suptapadmasana, urdhavapadmasana, vajrasana, tristhitasana, dhirasana, muktasana, guptasana, samasana, sukhasana, ksemasana, sthirasana, sistasana, swastikasana, samanasana, panasana, yogasana, virasana, bhadrasana, vrsasana, tarkasana, dhyanasana.(I nomi sottolineati corrispondono alle 12 posizioni tradizionali).

Evidentemente la pratica di tutte queste asana viene a capo quando si tratta di raggiungere l’Asana-Jeja (maestria delle asana), però non essendo così si elimineranno quasi tutte queste posizioni ed i loro risultati, conservando solamente un minimo di posizioni ed attendendo meglio alle discipline che a parte il fatto che sono primordiali per l’igiene tanto organica come mentale, molte volte rimangono relegate in secondo piano.

Gli Yamis (praticanti di posizioni) si esercitano naturalmente in tutte le pratiche corporali, ma il Saggio è piuttosto quello che non eccede in niente e da qui viene che lo Yoghi è giustomente il ricercatore della Liberazione che non eccede né nell’ascetismo né nella dissipazione. Non dormire troppo, né troppo poco, né mangiare troppo, né digiunare, ecc., dicono i testi Sacri.

Quando si parla di yoga con l’uomo della strada, immediatamente associa la sua idea agli uomini strani che cercano di appoggiarsi sulla testa e che pretendono così di dimostrare di essere persone ben equilibrate! In effetti, è particolarmente esagerato adottare questa posizione (shirsasana) quando tutti gli esseri umani si appoggiano generalmente ai piedi!

È molto più comprensibile che dopo qualche tempo dall’aver ottenuto una maestria perfetta in alcune asana si pratichi ugualmente la shirsasana, che non è in realtà una posizione tradizionale, ma è piuttosto un mudra per cui la si classifica alcune volte con il termine di Viparita-Karani, cioè, corpo invertito. In considerazione del fatto che il Sole è localizzato in relazione alla regione dell’ombelico (plesso solare), e la Luna sotto il palato, e che quando il nadi solare mangia il nettare l’uomo è soggetto alla morte, la tecnica ordina che il procedimento per vincere la distruzione sia:

condurre il “sole” verso l’alto e far discendere la “luna” per mezzo di un mudra sacro menzionato in tutti i testi classici (specialmente nei Tantra) ossia shirsasana (fig. LXI) che è quasi sempre descritta come viparita-karani che costituisce giustamente la tecnica dell’intervento delle forze e dev’essere

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praticata per tre ore ogni giorno per vincere la distruzione. Ugualmente si considera con frequenza questo esercizio come un “bandha”, e si afferma nel Siva-Samhita che anche il Pralaya (dissoluzione dell’universo alla fine di un grande periodo) non può distruggere lo voghi che ha vinto e conquistato la morte grazie a questo esercizio che lo fa uguale ai Siddha.

Riassumiamo ora le ragioni pratiche di alcune asana.Per quello che concerne la meditazione si potranno eseguire: padmasana

e siddhasana (fig. XLV e LIX).Per lo studio: sukhasana(fig. LXIII).Per la sublimazione, il controllo sessuale, contro la sifilide, la piorrea, la

gonorrea, la sterilità, il diabete, l’asma, il reumatismo, per aumentare la memoria, per gli occhi e le orecchie, si potranno usare: siddhasana (fig. LIX), shirshasana (fig. LXI), sarwangasana (fig. LVI), matsyasana (fig. XXXVI) ardha~matseyndrasana (fig. XXXVI). Nel caso di leucorrea, amenorrea, dismenorrea, infiammazione dell’utero, ovarite, bisogna eseguire: sarvangasana (fig. LVI), paschimottana (fig. IL), shalabasana (fig. LIII), bhujangasana (fig. VIII).

Nei casi di bronchiti croniche si possono impiegare: shalabasana (fig. LIII) e matsyasana (fig.XXXVI).

Per la digestione si avrà cura di fare: sarvangasana (fig. LVI), vajrasana (fig. LXXV), baddha-padmasana (fig. IV), paschimottana (fig. IL).

Per le infermità del fegato e per curare la milza: sarvanga (fig. LVI), halasana (fig. XX), mayurasana (fig. XXXVIII) e baddha-padmasana (fig. IV).

Nei casi di stitichezza cronica impiegare: halasana(fig. XX), mayura (fig. XXXVIII), dhanura (fig. XII), matsya(fig. XXXVI)

Contro l’idropisia, l’elefantiasi, la costrizione delle membra: garuda (fig. XV), trikona (fig. LXVIII), utkatasana (fig. LXX).

Padahasta è efficace centro il dolore rettale.Contro le emGrroidi praticare regolarmente: siddhasana (fig. LIX),

paschimottasana (fig. IL), shirsha (fig.LXI), gomukha (fig. XVII), e fare di quando in quando il maha-mudra.

Per la dissenteria bisognerà ricorrere a:Baddha-padmasana (fig. IV) o a kukutasana (fig. XXXII).

Mialgia, Reumatismo: Vrishchikasana (fig. LXXXI), Sirsha (fig. LXI), paschimottana (fig. IL) o Sarvangasana (fig. LVI).

Contro la lebbra impiegare: shirshasana(fig. LXI), e praticare il Maha-mudra.

Per il rilassamento effettuare con regolarità: shavasana (fig. LVIII). Sono distruttrici di tutte le infermità: Padmasana(fig. XLV), Shirsasana(fig. LXI), Sarvanga (fig. LVI), e Paschimottasana (fig. IL), le quali assicurano ugualmente la lingevità.

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32 Le 84 posizioni della tradizione yogi

Anche quando sappiamo che esiste un gran numero di infermi che cerca nell’Hatha-yoga un mezzo di cura e che una moltitudine di persone ha incontrato in queste posizioni le loro proprietà curative, è evidente che le asana non hanno solamente un proposito curativo. Già abbiamo visto che in ognuna di queste posizioni esiste un determinato sviluppo di facoltà che permettono di intravedere anche nuove aspirazioni, che possono svilupparsi mediante la completa illuminazione dei chakra.

Bisogna tener presente che come metodo curativo la pratica delle posizioni può venire a capo soltanto in senso fisico, cioè che le asana praticate unicamente come ginnastica del corpo sono sufficienti per l’organismo, però se si asoira ad avere un qualche beneficio mentale, psichico o anche la speran za di nuove facoltà bisognerà far intervenire qualcosa dl più di questa specie di cultura fisica. Sappiamo che ogni asana offre un aspetto particolare non solamente per la salute ma anche per gli altri piani dell’essere umano a patto che le posizioni siano accompagnate da concentrazione cominciando dal controllo respiratorio verso le canalizzazioni fluidiche.

Ci resta, poi, da abbracciare primariamente il solo piano fisico e ricordare che l’Hatha-Yoga è nella maggior parte il mezzo per ottenere il controllo della. respirazione, il quale non è possibile se non dopo determinate purificazioni. Già abbiamo visto l’importanza di queste purificazioni nei testi della Tradizione. Il controllo della respirazione è chiamato generalmente Pranayama (prana: forza vitale dell’aria-yama: controllo, maestria). Per supposto, bisogna sempre parlare prima della dieta alimentare della quale già abbiamo detto alcune parole e bisogna ricordare che uno yoghi non mangia troppo né mangia poco.

I digiuni sono per alcune esperienze, però l’ascetismo costante non è raccomandato per i saddhaks. Così, dunque, si considera che la metà dello stomaco deve essere piena di alimenti, la quarta parte di liquidi e l’ultima quarta parte deve essere vuota per servire al pranayama.

È inutile cominciare il pranayama quando le canalizzazioni sono piene di impurità, per cui già sono state menzionate le sei purificazioni: questi kriyas (doveri) devono essere compiuti prima di tutti gli altri, quindi, visto più profondamente, sono in un certo senso gli elementi di igiene preparatori a qualunque altro intento di pulizia. Queste 6 pratiche (satkarma è il nome che a volte si dà loro) sono conosciute come Sadana, cioè regole della vita stessa, intese con un senso di religione, così come un cristiano reciterebbe le sue preghiere ogni gioFno o come in un altro senso noi spazzoliamo i denti dopo ogni pasto.

Già ho fatto riferimento ai Dhautis, che significa lavaggi, pulizie, purificazioni che concernono specialmente l’interno del corpo. Abbiamo in primo luogo l’Antar-dhauti, che costituisce il lavaggio interno che si può praticare in diversi modi: nel Vatasara-dhauti si contrae la bocca alla maniera di un becco d’uccello e prendendo aria dolcemente si inspira dalle labbra così

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compresse e dopo che l’aria ha agito un attimo nello stomaco la si espelle dolcemente verso il basso. In seguito c’é il Varisara-dhauti che consiste nel riempire la bocca d’acqua (il liquido discende verso la gola che si trova compressa per mantenere la riserva d’acqua in questo posto) lasciando scendere il liquido lentamente nello stomaco e facendo pressione per espellere il liquido dal retto. Poi c’è l’Agnisara-dhauti, chiamata purificazione col fuoco, nella quale si fa pressione sull’ombelico per unirlo alla spina dorsale, ripetendo rapidamente questo movimente un centinaio di volte al fine di sollevare il fuoco intestinale. Finalmente, il Bahiskrta-dhauti, che implica che lo stomaco sia riempito d’aria per conservarla là per un’ora o un’ora e mezza e poi dirigerla verso l’intestino, ponendosi allora in un catino con acqua fino alla cintura ed operando allora l’uscita degli intestini per lavarli con le mani molto accuratamente con gran prudenza.

Abbiamo poi il Danta-dhauti che consiste nella pulizia dei denti includendo la radice della lingua, la bocca, le trombe di Eustachio ed il seno frontale. I denti si possono pulire (danta-mula-dhauti) con terra, sebbene in alcuni paesi ed in India in particolare siano raccomandati alcuni legni in modo che un ramo di un albero che abbia un contenuto speciale restituirà forza e vigore non solamente ai denti ma anche alle gengive dopo un massaggio adeguato. In Oriente si ha cura di massaggiare fortemente con le dita le gengive dopo ogni pasto e sciacquare con acqua; l’uso di dentifrici è poco salutare.

Si sa che le paste emollienti sono contrarie al buono stato della dentatura. Sarà meglio, per esempio, usare sale; lo spazzolino è anch’esso criticabile molto seriamente; è molto più sicuro il massaggio con il dito pollice e l’indice. La pulizia della lingua (jihvasodhana) si effettua allargandola e tirandola come per mungere; si introducono anche 3 dita (indice, medio e mignolo) nella gola e girando leggermente si farà un massaggio alla radice della lingua, si pulirà con burro e si sciacquerà con latte, ricominciando varie volte, sempre prima o dopo del sorgere o del tramontare del sole. La frizione della base della lingua o trazione della sua punta per produrre poco a poco il suo allargamento, puliscono la lingua da una parte e dall’altra preparano enche per il kechari-mudra.

Il Karna-dhauti è la pulizia delle orecchie con il dito mignolo.Il Kapala-Randra-Dhauti si pratica frizionando con il pollice la

depressione della fronte sopra il naso, che conferisce maggior sensibilità per la chiaroveggenza e sospende ugualmente tutte le complicazioni che possono provenire dagli umori della flemma; si pratica quando ci si alza e quando ci si corica.

L’Hird-dhauti è la pulizia della gola (per mezzo di vomito è vamana; per mezzo di una tela speciale è vasas e con un bastoncino è danda). Si intende per vamana la pratica di riempirsi d’acqua fino alla gola immediatamente dopo un pasto, che provoca il desiderio di vomitare, pulendo così in capo ad alcuni giorni tutta la bile ed il disordine flemmoso.

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Il Vasas consiste nell’inghiottire una tela (fascia di 3 pollici per 15 di lunghezza) inumidita con acqua calda; di nuovo tirata fuori e lavata, la fascia (garza asettica) può essere nuovamente ingoiata e vomitata o come si vuole.

Infine, il Mula Sodana costituisce la purificazione del retto con la punta del medio e con abbondante acqua per sciacquare convenientemente, che si effettua anche con l’aiuto di un piccolo tubo vuoto, una parte del quale è introdotta nell’ano e l’altra nell’acqua, che viene assorbita dagli intestini per compressione muscolare e ritenzione della respirazine, espellendola in seguito. Ripetendo questo esercizio si ottiene la pulizia perfetta degli intestini.

Arriviamo ora agli esercizi di respirazione che già abbiamo visto nell’introduzione di questo libro, nel tema del Pranayama nelle definizioni delle prime regole dello yoga.

Gli esercizi del ritmo respiratorio sono numerosi e già ne abbiamo visto dettagliatamente uno dei più semplici in detta parte di quest’opera. È nella posizione del triangolo o del loto che si esegue il controllo respiratorio sebbene esistano altre posizioni che anche possono essere usate a questo proposito. Nella figura LIX della siddhasana si può osservare che pratico giustamente un pranayama del quale ho parlato riretute volte. Si tratta di inspirare dalla narice sinistra, mantenendo la destra ben chiusa, e poi espirare dalla destra chiudendo la narice sinistra. Mai devono essere aperte le due fosse nasali allo stesso tempo ma, al contrario, c’è un istante in cui le due fosse nasali restano ermeticamente chiuse allo stesso tempo, cioè, durante il lasso di sospensione in cui entra l’aria che si inspira e che va per i nadis ed il momento in cui si espelle l’aria viziata. Il pollice ed il mignolo della mano operano questo ritmo, sebbene dopo un pò di tempo si pratichi senza l’aiuto delle dita per sola contrazione della narice. Si prende aria dalla narice sinistra aspirando profondamente dalla parte di IDA (canale negativo e femminile), il prana dev’essere concentrato nella testa e discendere lungo la colonna vertebrale (lato sinistro), venire ad appoggiarsi alla base del corpo (concentrazione in muladhara) che costituisce il momento in cui si opera il kumbhaka (ritenzione della respirazione), cioè, che si tappano le due narici un istante, poi il prana si distribuisce per tutto il corpo e si visualizza l’aria che sale dal lato destro della colonna vertebrale attraverso il canale PINGALA (lato positivo, nadi maschile) per arrivare ad essere spinta fuori dall’organismo attraverso la narice destra. Si inspira nuovamente l’aria da questa stessa narice destra avendo cura di continuare a tappare la fossa sinistra col mignolo, si visualizsa il prana che scende attraverso il canale PINGALA a destra della spina dorsale, concentrazione, kumbhaka, ed il pollice preme la narice destra un secondo e si apre la narice sinistra, dopo che l’aria torna indietro da Ida e viene espulsa allora da quesa narice che è pronta per ricominciare l’esercizio.

Generalmente si richiedono 3 mesi affinchè si eliminino tutte le impurità con l’aiuto di questo pranayama. Gli Yamis (praticanti di asana) si possono

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allora considerare appena rozzamente purificati e cominciare le asana con una vera concentrazione in una meta spirituale. All’inizio del pranayama si segnalerà naturalmente un piccolo istante di ritenzione, però poco a poco si darà più importanza a questa sospensione (khumbaka). Questa ritenzione respiratoria abbraccia diversi metodi (Murocha, Shitali, Sahita, Surya-Beda, Bhramari, Bhastrika, Kevali e Ujjayi)*. Il pranayama ha il suo effetto per l’apportazione del prana nel canale centrale (Sushumna) che calma lo spirito e permette di porre la maestria completa dei pensieri allo stesso tempo di un perfetto condizionamento fisico mediante la pulizia dei nadis; che sono costantemente imbrattati di grasso, principalmente nel canale centrale dove l’aria non passa mai.

Abbiamo appena visto la tecnica del khumbaka d’accodo al metodo Bhastrika; vediamo ora il metodo Bhramari. Bisogna riempirsi di aria rumorosamente ed espellerla altrettanto sonoramente (si indica che è preferibile praticarlo durante la sera in mezzo ad un completo silenzio, così questo esercizio offre diversi suoni e prepara al samadhi). Durante la sospensione della respirazione nella quale si ritiene l’aria nell’organismo uno si concentra fino all’estasi nel mezzo delle sooracciglia (secondo la mia opinione, completamente personale, mi pare che qui si tratti soprattutto di un’autosuggestione. Secondo il Gheranda-Samhita, questa pratica fa sentire: flauti, campane, trombe, ecc., per cui penso che si tratti piuttosto di una specie di ipnosi personale!).

Kevala è la completa sospensione della respirazione, cioè, non è possibile cominciare quest’esperienza tranne dopo una completa purificazione e soprattutto dopo una sufficiente pratica del pranayama per avere la completa maestria della respirazione. Prima si cercherà ai praticare ampiamente l’alternanza respiratoria semplice. Così, poi, il solo kumbhaka praticato completamente fino al Sahita, costituisce in un certo senso la preparazione per ottenere completamente il kevala.

Nel Murccha si tratta di riempirsi di aria e chiudere immediatamente il passaggio dell’aria per poi far salire l’aria molto lentamente. Bisogna anche aggiungere l’ideazione (manas) con l’anima (atman). Questo non si deve fare all’inizio delle pratiche di Yoga perché quest’esercizio richiede un controllo dello spirito piuttosto serio e che dev’essere eseguito correttamente. Sahita è semplicemente confinare l’aria molto comodamente senza respirazione (puraka) nè espirazione (rechaka), è la pratica per mezzo della quale il khumbaka va in aumento a poco a poco fino a conseguire il kumbhaka totale ed unico, che arriva allora ad essere kevala.

Surya-bhedana implica respirare dalla narice destra unicamente e sentire la penetrazione del prana dalle dita dei piedi fino all’estremità della testa, prima di lasciar fuoriuscire di nuovo l’aria lentamente dalla narice sinistra. Si dice alcune volte che dopo aver inspirato l’aria dal nadi solare (narice destra) si deve

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fare lo jalandhara-bandha e contenere il kumbhaka fino a che la traspirazione appaia dalla punta dei piedi fino alla testa.

Ujjayi, che significa il vittorioso, si pratica per mezzo di una respirazione forte dalle due fosse nasali tenendo la bocca ben chiusa, l’aria deve arrivare a colpire fortemente contro la gola e la parte superiore del petto deve sentire la pressione del prana, si ritiene brevemente l’aria e si esala dalla narice sinistra. Si può fare anche camminando, seduti e senza nessuna asana speciale così come in qualsiasi circostanza della vita comune. Finiamo ora di vedere gli otto modi di fare il kumbhaka, che dovrà essere eseguito come disciplina prima di cominciare qualsiasi sublimazione e durante ogni momento, da un mese a tre mesi quattro volte al dì (di mattina, a mezzogiorno, di pomeriggio e di sera), per quelli che desiderino veramente ottenere una purificazione personale. Naturalmente si potrà iniziare con due volte, che arriveranno ad essere ampiamente sufficienti se si raggiungono 75 respirazioni alla fine del mese, avendo procurato per questo di aumentare un po’ ogni giorno.

Il Sitkari o il Sitali-Khumbaka sono magnifici esercizi per produrre il freddo e sono i pranayama impiegati per ottenere il raffreddamento.

Sitali corrisponde allo stesso procedimento che ha il serpente quando cambia la pelle. Si è detto che oltre all’inspirazione dalla bocca e l’esalazione dal naso come abbiamo appena visto, è efficace praticare il manduka-mudra (attitudine della rana) che consiste nel raccogliere la lingua verso l’indietro con la punta sul palato e così aspirare l’aria; sospendere allora l’inspirazione dal naso per lasciar scappare il prana per tutto il corpo. È benefico alimentarsi con latte e burro in abbondanza durante il periodo di questa disciplina.

Il Sitkari, che ugualmente è impiegato per rinfrescarsi, si applica inspirando fortemente e rumorosamente per la bocca, esalando immediatamente coi denti stretti, sospendendo la lingua in modo che non tocchi nè il palato nè la base della bocca. Si deve respirare comprimendo la parte bassa dell’addome fino a riempire i polmoni nella loro capacità (per la sera si può eseguire da 50 ad 80 volte avendo cura di prendere un bicchiere di latte 20 minuti prima).

Come questi 2 ultimi (Sitali e Sitkari) procurano la freschezza del corpo, ci sono altri due kumbhaka che producoco calore. In effetti, l’Ujjavi è efficace contro le infezioni e anche come sudorifero. In quanto al Bhastrika, è impiegato per riscaldare i Templi; questi Esercizi sono effettuati due volte al giorno da uno o vari yoghi per mantenere la temperatura in alcuni santuari dei ritiri montani del Tibet.

L’Ujjavi si può fare in qualsiasi posizione per far salire la temperatura del corpo e si può praticare controllando un poco i muscoli addominali per mezzo di una leggera contrazioner, 7 volte all’inizio ed aumentando ogni settirnmna 3 volte però senza superare 320 contrazioni al dì accompagnate da 3 a 4 posizioni diverse in 3 o 4 sedute. Alcuni descrivono il Bhastrika nella seguente forma: inalare fino a riempire lo stomaco (in posizione di padmasana) (fig. XLV), di

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siddhasana (fig. LIX), o anche di vajrasana (fig. LXXV), esalare fortemente (dopo una espansione dal petto) dalle narici. Inalare ed esalare allora rapidamente con enfasi per l’esalazione e farlo rumorosamente, in modo che si risenta dalla gola e dal petto i quali si riscaldano. Venti volte. Inalare in seguito da Ida fino a riempire l’addome, sospendere e fermarsi nel punto d’incontro. Fare allora il kumbhaka in tutta la durata possibile fintanto che sussista la comodità. Dopo la sospensione esalare dal lato sinistro, inalare dalla stessa narice, sospendere un momento, esalare dalla narice destra e tornare a prendere aria dalla stessa narice destra (Pingala). La circolazione del sangue viene attivata rapidamente ed il cervello è rinvigorito.

Due cose si devono considerare molto seriamente: l’igiene rispetto alle asanas, i bhandha, i mudra, il pranayama, ecc., cioè, non dimenticare mai che prima di ogni pratica si devono evacuare gli intestini e ci si deve bagnare (la doccia, o un minimo di igiene), così tener conto che si deve cessare immediatamente ogni esercizio nel momento in cui si sente il primo dolore. Lo yoghi non insiste mai se ha sentito una fitta, un calore troppo persistente, un crampo, una molestia qualsiasi. Sospende immediatamente e riposa brevemente o sospende totalmente per tutto il giorno in caso che il fastidio continui (dolore, crampo,ecc.). Mai forzare eccessivamente, bisogna lasciar lavorare la volontà, forzare leggermente i muscoli ma senza esagerazione. Senza affrettarsi, il lento meccanismo della persistenza forgerà gli Yamis e finalmente gli yoghi.

I diversi metodi di controllo respiratorio possono avere molte più variazioni delle diverse tecniche tradizionali che ho enumerato. Tutte le possibilità di ritenzione, ritmi o ripetizioni possono essere focalizzate quando l'alunno abbia soddisfatto le prime regole indispensabili. Per esempio, ecco un’altra variante: si tratta di un pranayama che si fa generalmente nel Raja-yoga.

Stando in padmasana, il corpo ben eretto ma senza rigidezza, si inspira dalla narice sinistra concentrando il pensiero sulla corrente nervosa (dall’alto al basso della colonna vertebrale facendo ricadere la mente fino all’ultimo plesso) ed espirare in seguito dalla narice destra. Inspirare per 4 secondi e ritenere il respiro 16 secondi per poi esalare l’aria in 8 secondi. Non dimenticare di concentrarsi nel triangolo del primo chakra inferiore e meditare su tutti i suoi attributi. Si fa seguire generalmente da una inspirazione lenta dopo una espirazione che sarà seguita da una ritenzione dell’aria per lo stesso tempo dell’espirazione precedente, con la sola differenza che nel primo esercizio si ritiene con i polmoni pieni e nel secondo la pausa della resrirazione è con i polmoni quasi vuoti. Il secondo esercizio è più facile del primo; tuttavia, non bisogna abusare di questi esercizi (soprattutto per ciò che riguarda il trattenere l’aria nei polmoni). È sempre gradualmente che si deve praticare. È efficace in questi pranayama concentrarsi nel Bija-mantra AUM. Si fa una respirazione completa e poi si pronuncia internamente la parola sacra durante la

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epsoirazione; detta enunciazione si fa come se si salmodiassero le 3 note (do-mi-sol) da 3 a IO minuti.

Durante gli esercizi (specialmente in occasione dei pranayama) la traspirazione non deve essere seccata o asciugata ma frizionata sul corpo (frizione affinché il corpo non perda il suo umore) perché lo yoghi non perda il suo dhatu (carattere, umore). In poche parole, questi esercizi (asana e pranayama) hanno soprattutto per oggetto di eliminare l’acido carbonico, il cuore modera i suoi sforzi, li controlla, e somministra con calma un aiuto efficace alle vene, spesso estenuate da un eccessivo lavoro, conseguenza di un sovraccarico che si infligge al cuore e che a sua volta deve attingere alle sue riserve per venire in aiuto al compito che gli si impone. Abbiamo visto gli effetti generali di ogni asana, sappiamo già che per il futuro un nuovo vigore si offre mediante Shirsahasana (fig. LIX), Sarvangasana (fig. LVI), Halasana (fig. XX), e che oltre a questa forza fisica può sorgere rapidamente la concentrazione spirituale grazie a Siddhhasana (fig. LIX), a Padmasana (fig. XLV), a Swastikasana (fig. LXV), a Sukhasana (fig. LXIII). È con Shirshasana (fig. LXI) che il cervello si sente pieno di un nuovo beneficio, Halasana viene in aiuto alla parte dorsale, ai muscoli lombari, alla regione della spina dorsale. Padmasana gioca la sua carta nella regione sacra e lombare, Mayurasana nelle varie sezioni della colonna vertebrale ed anche nelle lombari superiori. Sappiamo allora che un mudra è un’attitudine; mudra vuol dire sigillare, tappare, e si può intendere come un corto circuito yoghistico, ne esistono 25 tradizionali. Siamo passati semplicemente con rapidità su tutte queste tecniche, poiché quest’opera non è dedicata specialmente ad una sola forma pratica, ma ad una filosofia dell’unione dei metodi. Certi mudra sono difficili da portare in pratica e bisognerà aver pazienza, come per esempio per la pratica dell’aswimi-mudra (apertura muscolare rettale), che si fa con frequenza in Uddiyana per aiutare la contrazione dell’ano (si appoggia l’ombelico contro la colonna vertebrale) che tenta di riunirsi all’ombelico (si sospende la respirazione durante questo tempo). Durante il rilassamento l’ano viene espulso verso l’esterno, poi si riprende la contrazione, l’acqua viene mancata dentro l’intestino (è il basti, il maliayada sa-basti che consiste nel lavaggio del colon che si porta a termine sulle rive di un fiume).

Le grandi tattiche per la trasmutazione sarebbero ugualmente interessanti da conoscere e considerare, però dovremmo iniziare tutto un capitolo a parte su questo tema. L’Ojul (prodotto del seme) è sempre ben preservato nella scienza yoga e da qui proviene tutta una disciplina ed i metodi di trasformazione e di preservazione completa per salvaguardare l’energia.

Il Bindu (fluido seminale) è del più prezioso negli ordini mistici, questo tema di continenza di una forza molto ben conosciuta è stato oggetto da sempre di un particolare studio che si basa evidentemente sulla Gran Tradizione che è stata conservata soprattutto per i Rishi, i Guru, gli Yoghi.

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La presa d’aria dal plesso solare, per esemoio, con concentrazione nel chakra Anahata unita ad una meditazione sulle attribuzioni del plesso cardiaco può condurre poco a poco alla Luce sulla questione della trasmutazione dell’energia chiamata sessuale. Si sa che il kundalini è madre di 3 qualità:

Sattwaguna (luminosa), Rajaguna (attiva) e Tamaguna (tenebrosa) e queste conseguenze provengono dallo stato tanto fisiologico quanto psicologico e da qui il nostro stato in questo mondo, cioé, dobbiamo vigilare attentamente sulla formazione della nostra fisiologia, prima constatazione dell’effetto psicologico e ugualmente causa degli effetti che generano le qualità (guna) precitate. Tutto un metodo resta allora da considerare e qual è la filosofia o la religione che ha la possibilità di offrire una Scienza tanto preziosa come il Sistema Yoga? Adatto a tutte le discipline, lo Yoghi raggiungerà lo stadio del Samyama (sintesi dei tre stadi finali dello Yoga) in cui sospenderà i sensi per dieci minuti, 48 secondi; poi effettuerà la ritenzione della respirazione nel dharana (21 minuti e 36 secondi) e finalmente il dhyana (43’ e 12’’) che condurrà al Samadhi in capo a un’ora, 26 minuti e 24 secondi.

Il Pranayama permane, quindi, come uno degli elementi più importanti dell’Hatha-Yoga, poiché permette il perfetto impregnamento nel principio positivo, il Prana (il principio negativo è l’Akash)*.

Il prana opera in tutto, origina la nostra comprensione; quando si modifica si converte in akash, come quando l’akash si modifica opera come etere e l’etere modificandosi si disintegra in una serie di TATWAS.

Dovuto all’influenza pranica l’Akash si converte in materia e cristallizza anche le forme. Si può, allora, concludere che l’Akash è il mondo visibile attraverso le forme più o meno dense, che è mosso dalla vibrazione del Prana e di conseguenza mentre le vibrazioni sono più rapide i corpi sono più fluidi e più sottili, il che dà chiarezza sulla questione del pranayama. Abbiamo detto che Sushumna non riceve aria poiché corrisponde all’Akash ed il Prana è trasmesso in cambio da due canali: Ida e Pingala. Perciò, è conveniente fare per un istante ogni 2 ore una respirazione identica per ognuna delle due fosse nasali. Si può cominciare con Ida all’aurora del giorno del Novilunio, dopo due ore con Pingala e così alternando successivamente per tre giorni; ogni volta (tutte le mattine) durante questo lasso di tempo si comincerà questa volta da Pingala nel corrispondente lasso delle due orime ore. Nel Pienilunio si avrà cura di cominciare da Pingala (alternando ogni 2 ore ed anche ogni 3 ore).

Ecco un quadro per aiutare nella direzione delle meditazioni:

A titolo di documentazione si potrebbe aggiungere anche:AKASHA ha qualità sonora (relazionata con l’udito), il suo sapore è

amaro, e la sua qualità secondaria è lo spazio (l’universo etereo), situa la sua base nella spina dorsale nella regione della gola (Vicchudda), il numero di petali è il che hanno rispettivamente le lettere: a, â, i, î, u, û, ri, rî, bu, bû, e, ai, o, au,

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ang, ah. La deità è Shambu e la forma femminile Shakini, la tonalità del suono è media ed ordinaria, l’inspirazione è poco sensibile e la direzione mediana.

Vayu ha la sua qualità nel tatto o nel linguaggio, il suo sapore è agro ed acido, la sua qualità secondaria è la locomozione (stato gassoso), si localizza nella spina dorsale nella regione cardiaca (Anahata). Sopra i suoi 12 petali simbolici si trovano: ka, kha, ga, gha, visa, cha, châ, ja, jna, hija, ta, tha. La sua deità è Isha e la forma femminile Hakini, la tonalità del suono è molto alta e molto lieve, la natura è fresca al contatto, l’inspirazione di 8 dita di lunghezza e la sua direzione verso il Nord.

Teja (o anche Agni) è luminoso, il suo sapore è piccante, caldo e caustico, la sua qualità secondaria è l’espansione, è lo stato igneo (la luce, il fuoco), la sua ubicazione è nella spina dorsale all’altezza del diaframma (manipura). Le 10 lettere sopra ognuno dei suoi petali sono: da, dha, pa, ta, tha, dâ, dhâ, na, pâ, pha. La deità è Rudra seduta sopra un toro e nella sua forma femminile abbiamo Lakini; il tono alto ed il suono leggero, la natura molto focosa al contatto, l’inspirazione 4 dita di durata, la direzione è a sud.

Apas (o anche Djala) la cui qualità è d’accordo al resto, è di sapore astringente ed ha facoltà di contrazione (stato liquido), la si può situare nella spina dorsale nella regione lombare (svadisthana); le sue lettere:ba, bha, ma, ya, ra e la, sopra i 6 petali sacri. La Deità è Vishnù sopra Garuda (divinità femminile Rakini) il tono è basso con un suono grave, la natura è fredda come al contatto dell’acqua in un tuffo, l’inspirazione 16 dita di durata, corrisponde all’occidente. Prithivi è di qualità olfattiva (olfatto) e di sapore dolce, è un elemento di coesione (stato solido, come la terra), è situato alla base della colonna vertebrale (muladhara) con

4 petali le cui lettere sono: va, sca, sha, sa. Come deità Brahma (sopra Hangsa) con Dadini come forma femminile, il tono è molto basso con un suono profondo, il contatto è tiepido e l’inspirazione è di dodici dita di durata; è l’est. Allora siamo già ben avvisati e realizziamo pienamente che l’Hatha-yoga è soprattutto un lavoro vibratorio che richiede respirazioni con contrazioni speciali (mudra significa racchiudere, chiudere e bandha significa fissare, bendare), per la conservazione dell’aria e soprattutto del prana (la forza sostanziale, l’essenza stessa) nell’organismo per svegliare questa forza sottile chiamata kundalini. In stato statico nell’essere umano, kundalini richiede una corrente per illuminare tutto l’essere, che costituisce il compito in cui si impegna lo Yoghi. Mediante posizioni (asana) ben studiate e con l’aiuto di purificazioni (pranayama) si arriva a produrre un circuito (shakti) capace di stabilire questo potere kundalinico di facoltà illimitate.

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Non si può praticare il Raja Yoga senza previa pratica dell’Hatha YogaShiva-Samhita, V, 181

L’Hatha Yoga costituisce sin dall’antichità la base di partenza dello studio e l’indispensabile pratica preliminare prima di seguire qualsiasi altra linea. Mai nessuna scienza filosofica si è dimostrata più adattabile alla vita di chiunque, nessuna religione ha saputo dare tanto aiuto morale e supporto psicologico quanto il metodo Yoga. Il mondo avrebbe raggiunto la perfezione se il sistema Yoga fosse diffuso su tutta la superficie del nostro pianeta...

Sappiamo che i cristiani, i musulmani, i buddisti, i seguaci di Brahma, ecc. presentano analogie filosofiche e persino una sorprendente somiglianza sia per quanto riguarda i principi teologici che, spesso, le stesse basi del rituale. Il Grande Maestre atteso tanto dagli uni che dagli altri, quello cioè che potremmo chiamare Istruttore, Guida, Messaggero o Avatar, che deve iniziare il nostro periodo, è annunciato da tutte le sette religiose come un essere che simboleggia l’unione dei principi insegnati attraverso le varie direzioni del pensiero umano, Egli sarà chiamato Iman-Mahdi dai musulmani, Cristo Re o Figlio dell’Uomo dai cristiani, l’Uomo dell’Anfora d’Acqua, l’Acquario, il Maestre di Aquarius dagli Esoteristi e dai Simbolisti, il Bodhisattva o Maitreya per i buddisti, l’Avatar e la Decima Incarnazione di Vishnù per gli Orientali, ecc. Tutti sono d’accordo sul fatto che il Grande Istruttore dell’Umanità non può essere se non uno Yogi Perfetto, un Siddhana, un Sat Guru un Mahatma.

L’errore è stato che ai Maha-Rishi, ai Grandi Saggi, ai Maestri del Passato sono state imposte delle limitazioni da parte di gruppi di adepti, causando così ogni volta la formazione di nuovi gruppi che, aumentando di dimensioni, si sono trasformati in potenti sette religiose come il cristianesimo, l’induismo, il confucianesimo, ecc., invece di mantenere l’unione di una Gran Fratellanza prendendo come simbolo tutti i Grandi Maestri in una perfetta e globale unione illuminata dai nomi di Abraham, Huiracocha, Osiride, Zoroastro, Krishna, Gautama, Bodhidarma, Gesù, ecc.

L’unione senz’altro esisteva alle origini e dalla sparizione di questa unione (yoga) sono nate le religioni, la necessità di RI-unire, unirsi nuovamente, ed è in parte per questo che lo Yoga si è suddiviso in metodi più o meno adattabili ai vari temperamenti degli individui anche se il sistema in sé rimane unito, UNO, completo, identico, sintetico. Si presenta tuttavia in ogni occasione sotto diverse forme e aspetti, in relazione alle facoltà più speciali di modo che può attrarre i vari temperamenti secondo le loro caratteristiche più precise che si manifestano soprattutto in un settore o l’altro della psicologia umana.

In ogni linea di Yoga abbiamo i gradi corrispondenti a un metodo particolare; abbiamo così il BHAKTI-YOGA120 che è la via della reintegrazione mediante l’amore. Bhakti è la devozione ed è in questa facoltà che si

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specializzano gli Yogi attratti da questa linea, dedicandosi completamente ai loro sentimenti devozionali e abbandonando quasi tutto il resto per seguire la via che hanno scelto: quella dell’amore. Naturalmente si tratta del concetto dell’amore divino ed è in questa forma di Yoga che si manifesta la devozione completa al Guru, i sacrifici per compiacere il Maestro che agli occhi del discepolo rappresenta la manifestazione divina. Orazioni, atti d’amore, meditazione sono le attività principali del Bhakti Yogi. Abbiamo già visto che questo metodo è considerato come parte del Mantra Yoga ed è costituito da nove gradi che debbono essere raggiunti:

1. Shravanam (attenzione).2. Kirtanam (canto di lode).Smaranam (la meditazione su un punto particolare, generalmente con lo

sguardo al Guru, con l’intento di indovinare i desideri del Maestro).3. Pada-Sevanam (l’adorazione dei piedi) con la pratica di rituali alle

sante estremità del Guru, con 4 cerimonie speciali in queste occasioni, saluti multipli durante il giorno, ecc.

4. Achanam (adorazione rituale) mediante la conoscenza delle formule (parole, azioni) dei templi, santuari, ashram e la comprensione completa dell’amore sublime.

5. Vandanam (riverenza).6. Dayam (schiavitù) è l’affidarsi al Guru, la continua offerta la Maestro,

il desiderio di donarsi completamente a lui e seguire la volontà dell’Istruttore-Guida come unica aspirazione.

7. Sakhuam (amicizia).8. Atma-nivedanam (abbandono).9. Samadhi, utilizzando gli asana e la tecnica dello Hatha Yoga.Il sentiero devozionale è spiegato nella Gita e la Tradizione ha spesso

ricordato che esistono quattro tipi umani che dedicano culto a Dio: colui che si trova in angustie, colui che richiede un beneficio, colui che lo fa per desiderio di conoscenza e infine il Saggio. I primi tre si collocano nella categoria del Bhakti preparatorio, l’altro invece realizza la Para-bhakti, che non si basa sulle circostanze esterne o dogmi o cerimonie, ma proviene da una condizione di esperienza interna. Naturalmente questa aspirazione Superiore sopravviene soltanto dopo un’Illuminazione.

Il DHYANA-YOGA è la via di reintegrazione per mezzo della concentrazione ed è pertanto una fase passiva dello Hatha Yoga, oltre a far parte dello Hatha Yoga, dato che corrisponde al 7° degli 8 elementi che impongono quest’ultimo.

Va anche ricordato per esempio il Deva-Asura-Sampatvibhaga Yoga del Capitolo XVI della Bhagavad Gita in cui si parla della spiritualità e del materialismo. Il DHARMA, che è la legge della Vita, è intesa come religione (secondo la primigenia idea morale che esprime la parola religione e non nel

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Le 84 posizioni della tradizione yogi 43

senso attuale di una setta che raggruppa persone che si dichiarano di una stessa opinione politico-filosofica). In sanscrito la parola dharma significa morale o legge nel senso di dottrina, vuol dire Ordine, aspetto dell’idea nel suo insieme legale, legislativa. In Pali si scrive DHAMMA e nel mondo buddista si usa questo termine per designare la VERITA’ (predicata da Gautama il Buddha). Nel linguaggio buddista corrisponda a essenza o concetto; in effetti Dhamma (o Dharma in sanscrito) equivale ai pensieri o alle nozioni delle cose. E’ dal Dharma, da questo Codice Morale, che promanano in certo qual modo i Darshana (punti di vista), cioè il samkhya, il vaisheshika, il nyaya, il mimansa, il vedante e lo Yoga.

Il JNANI-YOGA è il sentiero che si percorre per mezzo della Saggezza (il Jnani costituisce il grado di perfezione tra gli Indù e Agnan). Sarebbe l’equivalente di Bodhi o la Vera Gnosi degli occidentali.

Passiamo al GRATASTHA-YOGA che è già stato spiegato e che è l’addestramento del corpo come fine, come meta completa, solo per mezzo degli asana, i mudra, i bandha, il pranayama, fino alla Liberazione definitiva nel Samadhi raggiunto alla fine degli otto elementi dello Hatha Yoga.

Si può sempre seguire una linea diretta, un’evoluzione spontanea, un’ispirazione immediata che liberi lo spirito dal corpo, ma alla fin fine ciò risulta piuttosto problematico, per non dire miracoloso; invece diventa molto più logico e normale procedere secondo la scelta tradizionale che vuole che tutti i Guru, i Rishi, i Maestri Guida forniscano un simile esempio come intrinseca prova di aver ottenuto la maestria dello spirito per mezzo della maestria del corpo. I testi più seri menzionano l’impossibilità di realizzarsi attraverso una qualsiasi via che prescinda dallo Hatha Yoga (che ha il suo punto di partenza entro il Gratastha Yoga). Si prosegue secondo la regola evolutiva analoga alla proiezione nello spazio del macrocosmo. E’ per mezzo del numero elicabale/elicoidale che in certo qual modo posso spiegarlo.

FIGURA N° 65

Suddividendo la spirale in 6 parti, la settima che è data dal passaggio da A a B, è capitalizzata nello spazio durante la traiettoria degli altri sei. E’ noto che tutto il nostro sistema si proietta nel cosmo in forma elicoidale e può anche indicare che un’evoluzione microcosmica dovrà seguire naturalmente questa stessa linea di condotta perché vi sia sempre equilibrio tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Se il mondo vibra a determinate pulsazioni è giusto ricercare la stessa pulsazione nel ritmo se non l’identica cadenza per realizzare lo YUG (l’identificazione). Abbiamo visto che il nostro mondo compie una rivoluzione in 25.920 anni come in una grande pulsazione; analogamente le 25.920 respirazioni normali nelle 24 ore simboleggiano la rivoluzione quotidiana della nostra vita. Tutte le pratiche, le discipline, le regole

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44 Le 84 posizioni della tradizione yogi

non sono che esercizi momentanei (artifizi, dato che ci fanno uscire dalla linea corrente e naturale della nostra esistenza). Dopo aver realizzato il dominio dei nostri complessi l’organismo purificato sarà un veicolo cosciente del suo compito e solo allora potremo identificarci veramente con il Gran Tutto.

L’HATHA-YOGA è già stato sufficientemente definito nel corso di questo libro, pertanto non è necessario insistere su questa linea di identificazione che è seguita mediante la forza, l’energia, la volontà, l’attività, il senso del concreto.

Proseguiamo in questo sommario e rapido riassunto delle diverse linee dello Yoga (in ordine alfabetico per trovarne facilmente le regole, nel caso che il lettore lo desideri).

Il JNANA YOGA è il sentiero della conoscenza, del lavoro, dello studio. Le Upanishad proclamano la superiorità di questa Via. Si tratta di impostare la vita su uno studio razionale delle Scritture, della Scienza, ecc., (è in un certo senso quello che noi presentiamo con questo libro sullo Yoghismo). Questa intellettualità va evidentemente associata con la contemplazione. Nel periodo upanishadico l’uomo si ritirava nel bosco per contemplare le Verità Eterne della Vita (Vanaprastha). Per Krishna si trattava di una sintesi di Karma e Jnana e tale filosofia è esposta nel secondo capitolo della Gita.

E’ stato detto che è la Via in virtù della quale l’avarana (il velo della ignoranza) viene allontanato dallo Yogi ed è costituita dai Bhumi (piani) seguenti:

Vikshiptata - stato di dispersione.Gatayata - avvicinamento del passato.Shlishtata - stato di paura.Sulinata - dissoluzione.Questo metodo richiede le quattro condizioni elencate, ma deve a sua

volta essere preservato da quattro ostacoli, che sono:Laia - inattività.Vikshepa - dispersione.Kashaya - fastidio.Rasvadana - piacere della pratica.Spesso si confonde il Jnana Yoga con il JNANA, il Sapere. JNANA è la Coscienza Brahmica (Brahma-Jnana dicono i Vedantisti,

mentre gli Yogi lo chiamano Nirvikalpa-Samadhi).La Conoscenza (sarebbe più coretto dire il Sapere) è di due tipi:Sa-Vishaya - con oggettoAvishaya - senza oggetto.I sette Bhuma del Sapere, che non vanno confusi con quelli della

conoscenza, sonoSubha-Ichha - buona volontàVicharana - riflessione

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Tanu-Manasa - sottigliezza di spiritoSattwa-Apatti - percezione della realtàAsansakti - scomparsa delle attrattive del mondo Padartha-Abhavani - scomparsa delle forme visibiliTuryaga - il non-manifesto.Esiste inoltre il JNANA-VIJNANA-YOGA che corrisponde al settimo

capitolo della Bhagavad Gita, che si può riassumere come un insieme di conoscenza e realizzazione, è l’esposizione dell’Alto-Prakriti o, se si preferisce, della relazione di Dio con il mondo.

Il JAPA-YOGA è il sentiero della reintegrazione mediante la fede con la ripetizione di un nome al quale si rende culto. Il Japa costituisce la recitazione di un’orazione, soprattutto la ripetizione ritmica di una formula ermetica, per esempio un mantra ripetuto mentalmente.

Il Nitja è il mantra quotidiano che si pratica la mattina e la sera.Il Naimittika è il Japa die giorni di celebrazione Iniziatica o per

occasioni speciali.Il Kamya è il Japa per ottenere i risultati desiderati.Il Nishidda (il protetto) non ha metodo, regole, conoscenza, è l’orazione

che si improvvisa in qualsiasi forma.Il Prayashchitta (penitenza) si pratica in seguito a qualche mancanza.L’Achala (immobile) in un luogo particolare, con accessori, ecc.Il Chala (in movimento) in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, senza

limitazioni né regole, anche se non si deve lasciare vedere che si pronuncia questo Japa.

Il Vachika (japa parlato) si pronuncia con forza per il fatto che si ascolta e si dice per ottenere in qualche beneficio o un interesse in questo mondo.

L’Upanshu (mormorato) è quello in cui si articolano i suoni senza che alcuno li intenda; è un Japa che prepara ad un mondo più sottile.

Il Bhramara (japa dell’ape) viene mormorato come il ronzio dell’ape, mentre la lingua e le labbra rimangono immobili. Permette la concentrazione mentale e dà uno stato mistico.

Il Manasa (japa mentale), risiede unicamente nel mentale e possiede essenzialmente un senso occulto (kuta-artha).

L’Arkhanda (ininterrotto) è per coloro che rinunciano a questo mondo.L’A-Japa (il non pronunciato) è il mantra dell’identificazione, in cui si

ripete 21.600 volte al giorno “Io sono Lui Egli è Me”.Il Pradakshina (circumambulatorio) si recita con il rosario rudraksha (o

con il Tulasi) attorno a un pippala (albero di fichi sacro) di un Tempio, di un Luogo Santo, di un Giardino Consacrato.

E’ chiaro che si tratta evidentemente di una parte del Mantra Yoga.Il KARMA YOGA consiste nella pratica delle Scritture, delle cerimonie

religiose e dei doveri morali. E’ l’attività, il lavoro, il dovere, le conseguenze.

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46 Le 84 posizioni della tradizione yogi

E’ la via della reintegrazione attraverso l’azione (si veda la Gita, II, 48). Il karma non è, come molti pensano, soddisfare in qualche modo le esigenze della vita. E’ infatti indispensabile avere adeguate conoscenze delle Scritture, dei fatti, dei rituali, delle loro conseguenze e delle circostanze per dare l’avvio a una missione speciale che deve essere compiuta, è un metodo Yoga e non un lasciar scorrere l’esistenza. Lungi dall’essere un determinismo, è al contrario una lotta costante per il servizio, l’impersonalismo, il lavoro da compiere in ogni istante per trasformare l’applicazione delle leggi generali di causa ed effetto e soddisfare le esigenze dello spirito, che non può essere soddisfatto se non da un lavoro intensivo.

Esiste anche una suddivisione denominata Karma-Kanda o Sentiero dei rituali, dei dogmi, delle Scritture, dei sacrifici, ecc., che viene insegnata nella seconda parte delle Scritture Rivelate (la prima parte corrisponde al Jnana-Kanda).

Il KRIYA YOGA è la Via dell’azione, sia interiore che esteriore. I modi di realizzazione sono vari:

Sthula-Kriya, azione fisica e materiale.Sukshma-Kriya, azione sottile.Laya-Kriya azione fusionante.La parola Karma deriva da una radice in lingua pali che significa

“azione” e in senso derivato “azione e risultato dell’azione”.In certo qual modo è la legge di causa ed effetto che agisce su tutti i piani

dell’esistenza. Il karma secondo questo concetto appare come un’Etica nella sfera morale in cui l’uomo forgia il suo carattere e determina il suo destino. Il Kriya è un’attività che contiene un concetto di disciplina che ha inizio nel mondo interiore, cioè in questo senso si tratta propriamente di Hatha Yoga, anche se il lavoro può essere portato più avanti. Il Kriya Yoga, è per coloro che hanno superato il periodo dello Yoga esclusivamente fisico, vale a dire che dopo vari anni di pratica di asana si può intraprendere questo lavoro di azione interna, che consiste in un certo senso nel Laya Yoga per l’”apertura” dei chakra: è la trasmutazione dei centri nervofluidici a una nuova vibrazione molto più sottile.

E’ la preparazione al Kundalini Yoga; in altre parole, è richiesta una grande esperienza di Hatha Yoga prima di affrontare il Kriya che peraltro consente di rimanere nella vita mondana, senza che si renda necessaria una vita ascetica, anche se le discipline per essere un kriya yogi sono molto severe.

Il KUNDALINI YOGA è il metodo di reintegrazione per mezzo del risveglio dell’Energia Vitale. Oltre agli otto gradini dello Hatha Yoga ve ne sono altri sette supplementari. Vale a dire che coloro che hanno completato lo Hatha Yoga (sia che abbiano o meno scelto il kriya), possono perfezionarsi in nuove discipline per completare il cammino verso la Liberazione. Si deve tenere presente che per quanto riguarda il Kundalini Yoga è quasi indispensabile

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ritirarsi dal mondo poiché il tempo richiesto per dedicarsi alla pratica non consente una vita sociale, oltre al fatto che è necessario troncare con tutte le mondanità.

Oltre agli otto elementi dello Hatha Yoga si devono quindi praticare:Shodana - purificazioni particolari.Dhriti - coraggioSthirata - costanzaDhairya - resistenzaLaghava - sottigliezzaPratyaksha - evidenza immediataNirvikalpa-samadhi - identificazione senza pensiero.Il LAYA YOGA è l’unione mediante la dissoluzione. Questo tipo di

Yoga consiste nel concentrarsi sull’oggetto della contemplazione che diventa così il centro dell’individualità all’esterno del corpo. E’ il fondamento dell’adorazione di immagini o simboli (principi della Chiesa Cattolica, ad esempio).

La tecnica consiste nel risveglio dell’Energia della Natura (è Prakriti, l’elemento femminile in relazione al chakra Muladhara) in modo da farla salire lungo il canale, ad opera della forza kundalinica, fino al loto dai mille petali (dimora del Purusha, l’elemento maschile). Realizzata la fusione, l’unione (Yug) abbiamo le Grandi Nozze Mistiche, la Grande Opera degli alchimisti, la trasmutazione del piombo (simbolo del chakra inferiore) in oro (simbolo del loto dei mille petali), Sahasrara Padma, che è rappresentato dal Sole o dall’oro.

Il Laya Yoga è dunque la dissoluzione delle facoltà mentali nell’oggetto stesso della concentrazione o nell’astrazione completa (mediante il suono interiore) poiché il soffio vitale (prana) si fonde con la Coscienza Universale (Brahma-Rundra).

Shiva stesso afferma, simbolicamente, che esistono centocinquantamila forme di Laya, ma le quattro più comuni sono le seguenti:

Contemplazione con shambavi-mudra,Ascolto del suono interiore con bhramari-mudra,Assaporamento del nettare (Rasa) con kechari-mudra,Felicità con lo Yoni-mudra.Il Laya Yoga consiste in nove gradini, osservando sempre più o meno le

stesse discipline, regole, purificazioni, ecc.1. Yama - astinenze.2. Niyama - regole di vita3. Sthula-Kriya - azione fisica e materiale4. Sukshma-Kriya - azione sottile.5. Pratyahara - controllo delle percezioni sensoriali organiche.6. Dharana - meditazione.7. Dhyana - concentrazione.

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8. Laya-Kriya (mediante asana più avanzate) - fusione.9. Samadhi - identificazione.E’ l’ottava superiore dell’Hatha Yoga, una forma elevata del metodo di

base, poiché ribadiamo che è l’Hatha Yoga il sistema tipo sul quale poggiano gli altri sistemi.

Il MANTRA YOGA. Vi è un libro sui “Poteri del Suono”, il Mantra Shastra che costituisce la Scrittura Rivelata delle formule ermetiche e del modo di pronunciarle. Abbiamo visto finora i Japa che devono essere formulati con diversi toni perché si realizzino i desideri. Questi Incantesimi Magici sono la Potenza del Verbo che si manifesta per mezzo di vibrazioni particolari. Ad esempio:- per mezzo di una sillaba: AUM- per mezzo di due sillabe: SOHAM (Egli è Me)- aggiungiamo anche: HANSAH-AHAM-SAH (Io sono Lui)- per mezzo di sei sillabe: AUM-NAMAH-SHIVAYA.- per mezzo di otto sillabe: AUM, HRAM, HRIM, NAMAH SHIVAYA.

Vi è una gran quantità di mantra, ciascuno con risultati diversi:vi sono innanzitutto i mantra Siddha (i compiuti)

I Sadhya (strumentali) che producono il loro effetto dopo molto tempo.I Sasidha (con realizzazione) che producono un effetto secondo i meriti

personali.Ari oRipu (nemici) che distruggono i meriti e il successo.Il Sentiero della Reintegrazione per mezzo della potenza del Verbo

(Mantra Yoga) è lungo e richiede enorme assiduità, come si può vedere dalle vie che si devono percorrere. Vi sono sedici Anga o gradini:

I. Bhakti - abbiamo visto tutto il rigore che esso comporta.II. Shuddi - purezzaIII. Asana - naturalmente scelte tra le principali, che abbiamo menzionato

come asana-tipo tra le 84 posizioni tradizionali. Padmasana, Siddhasana, Paschimottanasana e Vajra devono sempre essere incluse nella sequenza prescelta, come pure tecniche di pranayama e i bandha principali.

IV. Panchanga-Sevana - osservazione del calendario con i suoi cicli e le posizioni planetarie.

V Achara - condotta, che può essere di tre tipo; Divya-achara, o condotta angelica; Dakshina-achara, o buone azioni; Vama-achara o uso dei sensi. Questi tre tipi di condotta sono in relazione con il genere di esistenza e sono assimilati in particolare ai tre guna. Ne consegue che il divya-achara, la condotta dei ricercatori, corrisponde al sattva-guna, il dakshina-achara corrisponde al raja-guna e il vama-achara è connesso con coloro che sperimentano il tamas-guna.

VI Dharana - meditazioneVII Divya-desha-sevana - Divya è una sorte di iniziazione che si dà

dopo la Sparsha-diksha, desha è un termine sanscrito che significa spazio, e dal

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Le 84 posizioni della tradizione yogi 49

quale deriva la parola paradiso, paradesha, più in là nello spazio, usato poi dai cristiani per designare un mondo di beatitudine. I tre termini associati significano: ricerca delle regioni divine. E’ così che gli indù definiscono le sedici dimore delle deità adorate.

VIII Prana-kriya - azione interna ed esterna per raccogliere l’energia vitale che esiste in tutte le cose

IX Mudra - atteggiamentiX Tarpana - soddisfare, calmare, è l’offerta prescritta nei Veda. E’ il

rituale che gli indù praticano ogni giorno, per esempio con acqua, che viene offerta agli antenati (con orazioni, ecc.).

XI. Havana - offerta per mezzo del fuoco. Gli utensili per il rituale sono posti sedici volte nel fuoco con salmi, mantra, ecc., prima di essere usati nei cerimoniali.

XII. Bali - è un demonio dell’India che regnava sui tre mondi, Cielo-Terra Inferno e al quale Vishnù, sotto forma di nano, chiese che egli lasciasse fare tre passi entro i suoi territori e riprendendo poi la sua vera forma, poté riconquistare tutto, meno l’Inferno. Ancor’oggi gli indù conservano un rituale per commemorare questo fatto.

XIII. Yajna - adorazione rituale nel Mantra yoga per la quale sono richiesti profumi, incenso, ambra, cibo, acqua per lavare i piedi e da aspergere, e acqua e miele, per adorare il Gurù, ed anche acqua per gli ornamenti, gli attributi (luce, vesti, ecc.,) per i cerimoniali.

Quindi, come nel Bhakti, non si tratta di essere mistici, ma è indispensabile compiere tutto un cerimoniale e seguire le stesse regole che si hanno nel campo concreto dello Yoga: studio, posizioni, purificazioni, ecc. Nel Mantra Yoga poi è indispensabile impadronirsi completamente di una tecnica prima di arrivare a pronunciare i mantra, il che richiede una preventiva maestria del corpo e dello spirito. Il Mantra Yoga e il Bhakti Yoga non sono cammini più facili degli altri; per lo più tutte le vie dello Yoga sono metodi basati sugli stessi primi elementi dello Hatha Yoga, come lo indica la stessa parola, HA (Luna) e THA (Sole), le due polarità che devono essere unite prima di poter sperare sulla minima realizzazione.

I Mantra Yogi si concentrano generalmente sul Cigno Mistico (Kala-Hamsa) e praticano il Pranava-Mantra (il monosillabo A U M). Il Bija-tipo è l’AUM, le cui tre lettere rappresentano vari simboli filosofici. A è l’equilibrio, U la conservazione, M la trasformazione. Sono anche evidentemente Brahma (la creazione), Vishnù (la forma che evolve e che è ogni volta rappresentata all’inizio dell’Era), Shiva (il distruttore delle passioni, la trasmutazione delle cose e dei fatti).

Il BIJA (seme) è la quintessenza, il centro vitale e di un Mantra, ed è associabile ai tre momenti della respirazione: puraka, khumbaka, rechaka (inspirazione, ritenzione, esalazione).

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50 Le 84 posizioni della tradizione yogi

Il Mantra è composto dal Bija (il germe), lo Shakti (la forza del verbo) e dal Tilaka (la colonna, il supporto del Mantra). Questi tre piani sono simboleggiati dal Cigno Mistico. La testa corrisponde alla A, Brahma, l’idea primigenia, la creazione, la Vita, la U è il corpo, è Vishnù, la forma, la seconda manifestazione di Dio, la M è simboleggiata dalle ali del Kala-Hamsa, è Shiva, il pensiero che trasforma, gli agenti della trasmutazione (da terrestre o acquatico, l’animale arriva ad essere aereo grazie a questo attributo). Vi è analogia con il mistero filosofico della Sfinge d’Egitto che è rappresentata da una testa umana (segno dell’Acquario), l’intellettualità, il Sapere; il corpo che rappresenta la forma, la materia, il piano sul quale siamo, e infine le ali che caratterizzano il segno dello Scorpione che si trasforma in Aquila, il mistero dell’ottavo segno zodiacale).

Questo trilogismo è l’identificazione dell’uomo con Dio per mezzo dei tre piani del microcosmo (fisico, mentale e spirituale) uniti a quelli del macrocosmo (materiale, astrale, divino).

Si devono anche rispettare le ore per eseguire le formule secondo le esigenze. Il giorno di 24 ore viene diviso in due parti: il giorno e la notte, che costituiscono rispettivamente un periodo di tempo positivo ed uno negativo.

GIORNO NOTTE AHORATRA/G.N. = Giornata di 24 ore

Le diverse vibrazioni in funzione del momento aiutano sull’esecuzione dei Mantra; analogamente, sulle posizioni (asana) si osservano le posizioni positive (lato destro) o negative (lato sinistro). Esistono anche delle modalità nei Mudra (gesti, in particolare delle dita) secondo le posizioni di meditazione o di concentrazione. Si dovrà tenere conto non solo dei giorni cosiddetti maschili (martedì, giovedì e sabato) e femminili (lunedì, mercoledì, venerdì) e degli aspetti planetari, ma anche delle ore, che sono rette dai Geni (gli Spiriti corrispondenti a ciascuna ora costituirebbero uno studio troppo lungo per affrontarlo ora).

I tre MANTRA essenziali abitualmente praticati sono:AVALOKITA o Bodhisattva Chenrazee (colui che vede con occhi

penetranti) è il più famoso mantra riportato da tutti i testi di divulgazione corrente:

AUM MANI PADME HUM... (Saluto Colui che è la gioia del loto)MANJUGHOSHA o Bodhisattva Jampalyang (Dio del Sapere Mistico)

che si pratica con la formule delle più acute tonalità del mantra:AUM WAGI SHORI MUM... (Saluto il Signore della Parola Mum).VAJRA-PANI o Bodhisattva Chakdor (Il Dio del Tuono) per mezzo del

mantra che sale sulla scala musicale lentamente e in modo sostenuto:AUM VAJRA PANI HUM (Saluto Colui che sostiene il Dorje).

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Le 84 posizioni della tradizione yogi 51

Queste formule possono essere pronunciate solo dagli Adepti debitamente preparati da un Guru che avrà insegnato loro a pronunciarli. Il Maestro ripete varie volte il mantra in presenza del discepolo, dato che vi è una tecnica speciale sia per il suono che per il respiro. Ribadiamo ancora una volta che i mantra non possono essere affrontati se non dopo che il discepolo ha acquisito dominio degli asana, del pranayama, ecc.

Riportiamo alcuni BIJ-MANTRA sui quali ci si potrà concentrare:

BHAGAVAN SignoreLAKSHMAN Fratello di RamaBHARATHA Nome dell’India o anche ArjunaSATBAHARAT SAT

Bhagavan - SignoreLakshman - Fratello di Rama.Bharata - nome dell’India, a volte riferito ad Arjuna, letteralmente

“grande”.Laseraghukul.Sattruhan.Sat - E’ parola sacra che significa le qualità vere e quelle sante. Si applica

anche alle opere degne di elogio. E’ l’Esistenza Reale, opposta a Asat, la non-esistenza.

Bharat Sat - Bhar, paese. Bharathavarsha fu l’Impero maggiore della Persia, che si estendeva fino ai confini con la Cina, oggi ridotto sotto il nome di India. Ha il significato di la Vera Regione Ideale, il Grande Paese Ideale, l’Impero dell’Esistenza Reale.

Le ripetizioni di nomi o termini sacri origina importanti forze, vibrazioni che possono scatenare il calore mistico:

Ya Na Ra IaBrahma (il Creatore)Rama (con il significato indicato in Matteo, cap. II, v. 18)Hari-Aum (la cui ripetizione dà Mariam).Radesham.Sat-Chit-Ananda (Padre-Figlio-Spirito Santo; Vita-Forma-Pensiero. La

trilogia Sat-Chit-Ananda può essere accostata a El Aquil-El Aqul-El Maqul dell’Islam, intendendo per Sat la Realtà, per Chit la Natura e, talvolta la forma, e Ananda testualmente come beatitudine, gioia, felicità).

Tat Tvam Asi (letteralmente Tu Sei Quello, anche se è meglio intendendo come Tu Sei l’Assoluto - Tat può essere considerato come Assoluto).

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Aum Tat Sat (Saluto l’Assoluto nella Realtà della sua Esistenza, poiché esso solo esiste realmente e l’unica esperienza che si può insegnare è il Samadhi, ecco perché si dice che tutto è maya al di fuori del Samadhi).

Segnaliamo inoltre l’orazione buddista: Namo Tasseu Bhagavat Aragato Samma Sam Buddha Seu.

Può essere utile ricordare anche il Mantra del Saggio Ramalingam (nella versione originale in lingua tamil):

Arul Perum Jyoti, Tani Perum Kuranai, la cui traduzione è la seguente: Jai Parama Diviya Jyoti, Jai Parama Karunamayi (Gloria alla Suprema Luce Divina, Gloria Suprema, Grazia Divina).

E infine il Mantra del Mahatma Gandhi:

(Antenato di Ram, nome di Ram, Re oppresso, pietosa Sposa di Ram. Signore, il tuo nome dà la Sapienza, Benedetto).

Termino queste parti chiedendo che venga fatta una meditazione molto speciale sul seguente Mantra tanto importante nell’assimilazione delle parole che lo compongono quanto per il significato che ha impregnarsi completamente di esse.

DHARMA CHARDharma Char (attenersi alla Legge Divina).E’ indubbiamente preferibile passare sotto silenzio le caratteristiche dello

OJAS-SHAKTI-YOGA (Ojas è l’energia seminale). Questo sistema forma parte dello Yoga Esoterico, è una specie di Laya-Kriya Yoga, sintesi dei principi dello Hatha Yoga nell’ordine segreto (insegnamento trasmesso unicamente da Maestro a Discepolo).

Il PURUSHOTTAMA YOGA è il Sentiero dello Spirito Supremo di cui fa menzione la Gita nel capitolo XV. Il mondo del Samsara (ruota dell’esistenza) è messo a confronto con l’Albero Pippal (il fico sacro le cui foglie tremano al più leggero vento): le foglie rappresentano i Veda e gli oggetti dei sensi sono rappresentati dai boccioli. L’analisi ci condurrebbe troppo lontano, in quanto questo aspetto andrebbe considerato in modo approfondito da un punto di vista filosofico con un apporto di principi teologici per i quali non abbiamo spazio in questo contesto.

Il RAJA–YOGA, come si è detto, è la forma più elevata, anche se l’incomprensione di questo metodo è molto maggiore che per qualsiasi altro sistema. Raja si può tradurre letteralmente come “passione”. La qualità raja (RAJA GUNA) è violenta, ******** , focosa. È il guna che vincola lo spirito incarnato all’inclinazione al lavoro dinamico, è la Via appassionata, il culto a Yakshas (corpo di Shiva). L’alimentazione rajasica e salata, saporita, amara e provoca una certa aggressività il desiderio di comandare, di dominare (per

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questo il termine “raja” è applicato al Re, al governante, al capo, a un’idea dittatoriale). Una società che consente di soddisfare gli aspetti vitali economici, è una società rajasica. Il RAJADHI-RAJA YOGA, ad esempio, è la Via del materialismo, è la reintegrazione attraverso la conoscenza terrestre (molla del tantrismo). Alcuni testi non insistono sufficientemente, a quanto pare sull’aspetto della conoscenza fisica nel Raja-Yoga; infatti nel Raja è indispensabile innanzitutto una perfetta comprensione della questione terrestre con le sue molteplici esperienze. Si deve praticare uno Hatha Yoga in modo pressoché completo prima di affrontare il Raja Yoga (forma superiore del Mantra Yoga, ottava superiore del Bhakti); in altri termini, è la Maestria del Laja-Yoga.

RA è l’inverso della radice-chiave AR, che indica un carattere universale. La radice RA viene usata nel nome del Dio Solare in tutte le religioni. I segni delle sue lettere aleph (potenza) e resh (movimento) costituiscono un Insieme che in stile geroglifico viene rappresentato mediante una linea retta (valore 123; già si sa che disponendo 1, 2 e 3 nelle SEI possibili permutazioni di due ternari, si ottiene 666, numero della Bestia secondo l’Apocalisse, cap. XIII, v. 18; in greco avremmo Attis, il rivale di Gesù).

Alcuni hanno ritenuto di vedere nel Raja Yoga una specie di spiritismo (o come si dice nei paesi sassoni, spiritualismo, per indicare la negromanzia, la medianità, le relazioni con gli spiriti dei morti, ecc.). Ciò deriva certamente dal fatto che alcuni anni fa alcuni movimenti di diffusione della filosofia orientalista si sono adattati allo stampo dello spirito occidentale e si sono rifugiati nell’importanza e nella superiorità del Raja Yoga. Tra le numerose associazioni che si dichiarano teosofiche, sono rare quelle in cui i loro membri non pratichino una specie di autoipnotismo, chiamato pomposamente Raja Yoga, in cui si cerca di vedere le cose dell’altro mondo e di “ricevere dei messaggi”!

Tutto questo però non ha niente a che vedere con alcuna parte del Vero Yoga. Ancora una volta dobbiamo fare una rettifica sul vero significato dei termini impiegati. Lo spiritualismo è la filosofia che dimostra la supremazia dello spirito contro la teoria materialista, mentre lo spiritismo ha soltanto a che fare con le possibili relazioni con gli spiriti dei morti. La “Teosofia” invece è un metodo fiorito sin dai tempi dell’antica Grecia, come indica la parola stessa che deriva da Theos = Dio e Sophia = sapienza; di questo termine si sono appropriate numerose sette moderne (numerose società costituitesi soprattutto in America).

Molte persone che si interessano di letture cosiddette “esoteriche” seguono delle vie di cui ignorano persino il signifato. In tal modo molti si attribuiscono il titolo di Raja Yoga per tagliar corto (secondo loro) con qualsiasi discussione tecnica o per dare dimostrazione del loro avanzamento. Non è vero che il Raja Yoga sia puramente mentale, anzi al contrario ricerca l’abolizione

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dell’attività mentale, ma per come lo intende la maggior parte della gente e per il modo in cui è stato spesso volgarizzato , si tratterebbe di un’acrobazia psichica basata su una vaga conoscenza di una mescolanza di buddismo e di induismo, senza alcuna pratica particolare (neppure teorica).

Basta dare uno sguardo all’imprescindibile disciplina dello studi nel Raja Yoga per capire com’è facile smascherare tutti coloro che si adornano di questo titolo, e il cui nome stesso non dovrebbe essere pronunciato senza il supporto di un’adeguata documentazione. Oltre all’indispensabile conoscenza metafisica, si deve possedere una perfetta Maestria del corpo e dello spirito mediante una lunga pratica dello Hatha Yoga e dopo aver almeno affrontato il Laja Yoga con un intensivo lavoro interiore, dopo essersi saziati con le conoscenze intellettuali del Jnana-Yoga e con la devozione del Bhakti con i suoi rituali, la sua comprensione dell’amore universale e illimitato, si potrà arrivare allora alla via della contemplazione dei tre piani che costituiscono il Raja Yoga.

Nessuno può definirsi nemmeno studente di Raja Yoga finchè non ha completato tutti i metodi preliminari per poter poi affrontare i gradi dello Yoga-Reale. Vi sono nel Raja Yoga quindici gradini:

Yama – astinenzeNiyama - osservanze, e solo con queste due regole o discipline si

possono valutare gli alunni che dicono di studiare il Raja, poiché anche se non hanno voluto perdere tempo con l’Hatha, il Laja, il Bhakti, ecc., devono rispettare un minimo di pratiche alle condizioni richieste al principio (yama e niyama, le astinenze, le regole di vita, con tutte le purificazioni che ciò implica).

Tyaga – rinuncia a tutte le forme manifestate al fine di contemplare unicamente l’Esistenza.

Mauna – silenzio che gli Yogi si impongono durante alcuni giorni, settimane mesi.

Vijana – solitudine. È il proprio Sé personale nello Yoga.Kala – il tempo. Va inteso nello Yoga come la successione degli istanti

che appaiono come la Felicità Suprema, Individuale, Non-duale. Asana – le posizioni tradizionali. Vengono solamente al settimo posto; si

vede subito la difficolta di questo sentiero superiore, che è molto più esigente con i praticanti prima di permettere loro di effettuare le posizioni fisico-psichiche. Nello Hatha Yoga invece è al terzo gradino che si deve realizzare il perfezionamento per mezzo degli asana.

Mulabandha – che dà l’idea dell’importanza degli esercizi che vanno praticati preventivamente poiché si deve essere sufficientemente flessibili prima di effettuare la più piccola contrazione.

Deha–samya – affinamento del corpo, realizzazione questa che deve valere per tutti i gradi dello Yoga.

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Drishti – sguardo, inteso nel senso di contemplazione che si realizza mediante la Conoscenza del Raja Yoga in cui si manifesta il Principio Universale. È in un certo qual modo ciò che i teosofi giudei chiamano il Daath.

Pranayama – controllo del respiro.Pratjahara – controllo delle percezioni sensoriali.Dharana – meditazione.Dhyana – concentrazione.Samadhi – identificazione.Quest’ultima sublimazione è costituita da:Vitarka – facoltà raziocinante quando lo scopo è un principio di

esistenza materiale.Vichara – facoltà pensante quando si tratta dell’esistenza sottile.Ananda – felicità, beatitudine assoluta. Gioia provata nel Sentiero

Iniziatico. È un attività creativa con il principio, di percezione sensoriale, non uno stato negativo. È un’attività con il principio, non uno stadio negativo.

Aham-Kara – Principio di Esistenza con la Persona Suprema (Purusha), cioè l’io opposto all’Asmita.È la conoscenza di se stesso. È il cammino dei praticanti il Bhakti mediante l’identificazione con il Gurù, per fondersi poi con la Divinità,attreverso una spersonalizzazione del Sé.

Il Raja Yoga è la contemplazione del Gran Principio nei piani: esterno, intermedio, interno; è l’abolizione di ogni movimento mentale. Lo Hatha Yoga è l’unico che può condurre a questo stato, che deve essere unificato con tale linea, linea che non può essere ridotta ad un semplice metodo fisico. Lo Hatha Yoga è il punto di partenza ed arrivo e si potrebbe intandere semplicemente come Yoga o, se si preferisce, si può intendere lo Yoga come l’insieme dei vari metodi che abbiamo considerato, avremo così che tutti si basano sullo Hatha Yoga che costituisce la parte essenziale e rappresenta il leit-motif di tutte le linee, ed è chiaro che esso non è costituito soltanto dagli asana ma anche dall’insieme delle purificazioni e delle tecniche richieste per aggiungere la fusione dei due principi. Allora il Bhakti Yoga, il Mantra Yoga, il Raja Yoga che sono metodi di polarità negativa (passivi nell’ambito del lavoro più soggettivo come ora lo intendiamo ) non hanno più ragione di essere poiché lo Hatha Yoga riassume in sé le due polarità, e dobbiamo anche menzionare il Jnana Yoga, il Laja e il Krija, ecc., che invece sono tipicamente positivi.

Il Raja Yoga, sentiero della reintegrazione per mezza di quella che si potrebbe considerare una sintesi, è in realtà poco diffuso tra i grandi Maestri. Per esempio, Ramakrishna Paramhansa fu soltanto un Bhakti, e il suo discepolo lo Swami Vivekanada, anche se insegno il metodo del Raja, era ben lungi dal seguire questa Via, il Mahatma Gandhi seguì il Karma Yoga più di qualsiasi altra cosa e i suoi principi dell’Ahimsa (non violenza) formano parte di un concetto di Bhakti, anche se essa rappresenta una delle prime regole dello Hatha

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Yoga. Solo i grandi Rishi dell’Antichità hanno praticaro il Raja propriamente detto, oltre ad alcuni Saggi, i cui nomi sono sconosciuti. Nelle grotte dell’Himalaya vi sono dei Santi che non si sono mai fatti conoscere dall’umanità e sono le vere guide che hanno diritto al titolo di Raja Yogi.

Il Raja Yoga comprende quattro stadi:Samadhi-Pada – identificazione del principio inferiore con quello

superioreSadhana-Pada – stadio della pratica indispensabileSiddhi-Pada – i poteri che è possibile acquisire nel mondo terrenoKaivalyia-Pada – realizzazione suprema su questo pianete.È attraverso questo processo che il Raja-Yogi si libera completamente e

si fonde con l’universalità eterna. Si potrebbe ricordare anche lo SHIVA YOGA o MAHA YOGA

(Grande Yoga) che sono nomi che si applicano al Raja-dhiraja Yoga (Via del materialismo) che è uno Yoga archetifico, senza pratica esteriore, per coloro che hanno completato tutto il giro dei metodi. È lo Yoga essenziale che unisce il sé individuale con il Sé supremo. La parola io non esiste più e lo Yogi concentrato giunge a liberare il suo spirito e a identificarsi con la forma totale, mediante l’adorazione del Gurù e la suprema conoscenza.

Il RAJA-ATMIKA-BAKTI è un sentiero di applicazione passionale che comprende otto aspetti

Stambha – stuporeSveda – sudoreRomanchaSwara-bhanga – difficoltà di allocuzioneKampa – tremitoVaivarna – cambiamento di coloreAshru – lacrimePralaya – svenimentoSi possono ancora citare altre linee quali il SANNYASA-YOGA o via

dell’abnegazione, che porta alla rinuncia per mezzo di uno stato interiore (senza che si veda l’ultimo capitolo della Bhagavad Gita).

Vi sono tutti i tipi di Yoga indicati nel testo della Bhagavad Gita (18 metodi), oltre agli insegnamenti della Scuola di Patanjali (Seshwara-Samkhya), e il SAMO-MANA-TANTRA YOGA che consistecnell’unione del principio metafisico e della conoscenza, lo SVADHYAYA-YOGA o lo sviluppo del Sé per mezzo dello studio delle Scritture Sacre e rivelate insieme alla ripetizione del nome di un aspetto della Divinità (Japa), e ancora tante altreforme secondarie di Yoga.

Lo YENTRAM YOGA è in un certo qual modo una parte della tecnica di concentrazione su una specie di pantaclo (yentram). Questa concentrazione

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su un punto (disegno, statuetta, formula, ecc.) provoca un fenomeno di ,si di colui che visualizza che dell’oggetto visualizzato.

Gli Yentram possono anche essere quadri magici, simboli in una parola Mandala (fissi o mobili, come per esempio quelli dela vita quotidiana o quelli del simbolismo vivente).

Non è necessario continuare a menzionare altre tecniche, poiché le loro varie forme non sono che differenti metodi di ciò che possiamo definire “yoghismo”, anche se in realtà non esiste che una sola Via, un Cammino Perfetto, un Sentiero Iniziatico che è lo YUG.

Questo perfezionamento che va praticato allo scopo di raccogliere i frutti della Sapienza è stato insegnato in tutti i tempi. Nella lettera ai Galati (cap. VI, v. 7-9) S. Paolo parlava delle conseguenze che possono derivare dai nostri alti, cioè il Karma, la Legge di causa/effetto che indubbiamente deriva dalla nostra mancanza di Fede e al mancato sviluppo dell’attività spirituale. Una concezione materialista permette di raccogliere soltanto un raccolto materiale e poiché il fatto di non credere in un prolungamento non può portare al concetto di una cessazione completa dell’esistenza, questa filosofia è veramente scoraggiante; non genera, per cosi dire, se non dolore e non dà alcuna lezione da cui si possa trarre vantaggio. I Buddisti hanno un concetto profondo del dolore, che affonda le sue radici essenzialmente nell’ignoranza umana:

“Ecco o monaci, la santa verità sul dolore: la nascita è dolore, la vecchiaia è dolore, la malattia è dolore, la morte è dolore, l’unione con chi si ama è dolore, la separazione è dolore non realizzare i propri desideri è dolore, i cinque tipi di attaccamento sono Dolore”.

“Ecco o monaci la santa Verità sull’origine del dolore: è la sete di esistenza che ci porta di rinascita in rinascita accompagnati dal piacere e dalla cupidigia, la sete di piacere la sete di esistere la sete di impermanenza”.

“Ecco o monaci la santa Verità sulla soppressione del dolore l’estinzione della sete dell’esistenza mediante l’annichilimento totale del desiderio, estirpando il desiderio e liberandosene senza lasciargli alcuno spazio”.

“Ecco o monaci la santa Verità sulla via della soppressione del dolore: che consiste negli otto sentieri del cammino sacro: volontà pura, azioni pure, pensieri puri, linguaggio puro mezzi di sussistenza puri, applicazioni pure, memoria pura e meditazione pura”.

“Che cosa pensate, o discepoli che sia più importante: l’acqua che contengono i grandi oceani o le lacrime che sono state piante e che avete versato durante questa grande giornata in cui avete vagato di migrazione in migrazione e in cui avete gemito e pianto? La morte della madre, la morte del padre, la morte di un figlio, la perdita di beni, tutto questo avete sperimentato nel corso degli anni e quando nel corso di questi lunghi anni avete sofferto queste prove, son state e sono versate più lacrime dell’acqua che vi è nei grandi oceani…..”

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Ogni essere umano che per un istante della sua vita abbia percepito la Grande Legge del Dolore e la non-esistenza dell’io, scatena una forza cosmica: è entrato nella Corrente, dicono i testi buddisti.

La Paktimoksha (confessione generale) viene praticata pubblicamente nei monasteri buddisti. Questo riconoscimento del dolore, del mondo effimero e illusorio, è una parte della Liberazione. Analogamente per tutto il tempo che viviamo non esistiamo veramente, bensì l’esistenza comincia quando si cessa di credere alla vita.

Che differenza vi è tra “vita” ed “esistenza”, eppure quanto pochi se ne sono accorti! Se pensate alla carne sarete ricompensati con carne, a detto Gesù il Cristo. Pensando unicamente alla materia, la ricompensa è di tipo materialista ed è necessariamente un altro inganno quello al quale si va incontro. Se invece si è ricompensati nello spirito, si riceve la visione eterna della coscienza universale.

Questa coscienza cosmica viene percepita mediante uno stato conosciuto solo dagli Yoghi, cioè il Samadhi, non una vaga estasi di tipo ipnotico, bensì una rivelazione diretta dell’universo illimitato ed eterno, è l’evasione dal Tempo e dallo Spazio, la grande Visione del Vero, la cessazione dello stato di vita abituale per lo stato di esistenza.

Il Samadhi, chiamato anche Unmani o Manonmani, è chiamato a volte Amatatatva, Niranjana, Jivanmkti, Sahaja, Turia e secondo lo Hatha Yoga Pradipika (IV - 3 e 4), Sunja, Parama-Pada, Amanaska, Niramba o Asunja.

È detto nelle Scritture che solo da un Gurù può provenire questo stato di perfetta conoscenza, mukti o siddhi. La realizzazione personale non si può verificare se non dopo che si sono ricevute le istruzioni della Guida spirituale. È impossibile essere guidato da voci interne o da maestri dell’Invisibile. Ciò è possibile mediante un istruttore in carne ed ossa che parli, insegni e che produca le vibrazioni che preparano i discepoli a uno stato di coscienza che può venire soltanto dall’esterno, cioè da una volontà diversa… È chiaro che tutto dipende da noi, cioè la e forze esistono in tutti gli individui allo stato latente, ma è un essere superiore, un Maestro che provoca lo scatenarsi di queste forze che vanno allora indirizzate sotto la guida di colui che sa ( il Dissipatore di Tenebre, il Gu-Rù ) secondo un processo che fornirà al discepolo le regole necessarie per affrontare la Grande Opera, dare inizio alla conoscenza della Coscienza Universale, faccia a faccia con Dio.

La liberazione dal Karma (legge di causa ed effetto) si ottiene soltanto con il Samadhi, vale a dire che il potere vitale (Kundalini) si risveglia per mezzo della diffusione de Prana entro Sushumna, il che consente di fare entrare lo spirito nel Sunja (Samadhi). Tutto si basa su un principio molto semplice.le 72.000 aperture delle Nadi sono collegate al canale principale del corpo umano, Sushumna, che mediante l’unione di Ida e Pingala riceve una corrente che pone

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in attività la Sambhavi Shakti (energia divina, forze supreme,il sambhu, che significa il Tranquillo, Colui che è perfettamente in Pace). Tutto si basa sul meccanismo di purificazione dei due canali principali (Ida e Pingala che in tal modo arrivanoa porre in attività una forzaenergetica che passa attraverso il canale centrale (nel midollo-spinale), Sushumna. Va ancora una volta ribadito che tutto il sistema si basa sullo stesso principio di Ha-Tha (Sole-Luna, nel senso di canale solare e canale lunare, nadi positiva e nadi negativa). L’Hatha Yoga costituisce l’idea basilare di tutti i sistemi, comunque li si voglia chiamare secondo le circostanze; è in ogni caso l’inizio e la fine, l’Aleph e il Tau nel substrato più esoterico della formula “Io Sono l’Alfa (Aleph) e l’Omega (Tau)” disse il Cristo per esprimere “Io Sono lo Yug”, il principio e la fine, le due polarità, l’Ha e il Tha , le due polarità che consentono la Grande Vibrazione dell’Unificazione spirituale, compresa da coloro che hanno seguito non il Gesù storico o il profeta simbolo di varie sette religiose, ma il Cristo, Colui che ha cristallizzato le forze in una corrente centrale, colui che ha realizzato lo Yug, il Maestre, la Guida, il Grande Istruttore, il JeHsù Nazareno. Io sono la Via (il Tao), la Verità (il Samadhi) e la Vita erroneamente tradotta invece in Esistenza. Io sono il Tao, lo Yug, l’Unione, l’unico Sentiero, il punto centale, l’inizio e la fine di tutte le cose, l’insieme di tutte le teorie. Io sono l’unica esperienza vera, la coscienza universale realizzata, il samadhi, il microcosmo fuso con il macrocosmo o la conoscenza della coscienza cosmica. Io sono l’esistenza perché mi manifesto eternamente sul piano cristico senza limitazioni di tempo o di spazio (chi vuole guadagnarsi la vita perde l’esistenza, ma chi perde la vida guadagna l’esistenza).

Io Sono lo Yug, il Samadhi e il Bhuva… e malamente lo traduciamo come Io Sono la Via, la Verità e la Vita!…

Dimentichiamo facilmente che Gesù il Nazareno rappresentò l’incarnazione del CRISTO, non per instaurare una nuova religione, ma per RI-stabilire la Religione Antica, che è sempre esistita: loYug, il Tao, la Via, il Cammino, il Sentiero Iniziatico Tradizionale. Non è venuto per istituire quello che noi ora chiamiamo “Cristianesimo”, ma per ricevere il culto divino, l’omaggio alla Grande Legge di Comprensione e di Unità.

Ateismo, anarchismo, socialismo, comunismo, cristianesimo, teosofismo, spiritismo sono tutte dottrine di cui dispone il mondo ma nessuna può risolvere i problemi perché se anche il materialismo si presenta come quello che offre la “ricetta” risolutiva, l’umanità decisamente non potrà evolvere realmente. Si capisce allora perché ho parlato di “yoghismo” esponendolo in senso materiale e secondo una formula, che è poi un analisi poiché lo yoga deve essere praticato e non spiegato, si deve fare una sintesi e non una separazione. Il fatto che esista una dottrina dello Hatha Yoga, del Mantra-Yoga, del Raja-Yoga, del Laja-Yoga che ne esponga le diverse modalità applicative, per non specificare che i più importanti, costituisce lo yoghismo dato che lo YOGA deve essere Unione,

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Fusione, Identificazione. Trasformando lo Yoga in yoghismo si commetterebbe lo stesso errore che hanno fatto i primi Apostoli quando hanno fondato un cristianesimo dall’Insegnamento Tradizionale di JeHsu il Nazareno.

Esporre come una teoria ben definita una dottrina, un “ismo” significa allontanarsi dalla Verità, che è semplice, netta, Una, YUG.

Ho cercato di far rivivere in questo libro la mia esperienza personale facendo seguire man mano le varie analisi, su cui mi sono dilungato molto di più che sulla spiegazione, cosicché si comprenderanno, attraverso di un processo di ricapitolazione, le tappe per le quali sono passato, e il motivo per cui mi rifiuto oggi di fare dello YUG, della parola stessa, uno yoga o uno yoghismo, che è quello che hanno fatto comunemente i volgarizzatori. Lo Yug eterno e puro è stato inteso come una dottrina tradizionale che è lo Yoga, e da questo sistema si sono fatti derivare diversi metodi di lavoro con diversi nomi di yoga a seconda che si tratti del mistico devoto, dell’intellettuale, di quello dell’azione, ecc. Anche se la parola “yoghismo” non esisteva, bisogna ammettere che vi è attualmente uno yoghismo dato che si espone una dottrina frazionata, i cui aderenti non sempre accettano gli altri metodi del sistema Yoga, proprio come coloro che si disputano Gesù il Nazareno sotto il nome di cristianesimo opponendosi violentemente gli uni agli altri; cattolici e protestanti disputano sulle parole e sui concetti come gli “hatha-yogi” e i “raja-yogi” occidentali, dato che nel Vero Sentiero Yug queste differenze non esistono e al massimo si considera lo Yoga come il sistema che porta dagli esercizi psico-fisici al samadhi, per mezzo dello studio della devozione, delle discipline speciali esposte in questa parte del libro. In una parola, si deve seguire uno yoghismo (come dottrina) per documentarsi sullo Yoga (come sistema), il che comporta un complesso di scienze e filosofie che consentono in fine la grande Realizzazione, l’Unione, l’Identificazione, lo YUG.

Il pensiero è il maestro dei sensi, e il movimento respiratorio è il maestro del pensiero, è per mezzo del respiro che si effettua l’assorbimento e la dissoluzione (Laja) indispensabili per la Liberazione (Moksha). Si capisce quindi perché alcune teorie pongono il Laja Yoga come il sistema ultimo e supremo (dopo il Raja-Yoga). Tutte le attività e i pensieri devono cessare completamente per raggiungere il piano del Laja.

Si sa che il pensiero non è stato ancora esattamente definito da parte della scienza occidentale. Come ho già detto nelle mie conferenze (e nel mio libro “Medicine e Malattie”) l’origine del pensiero non è ben compresa neppure dai nostri saggi moderni. Sarebbe interessante sapere se il pensiero è di fabbricazione intr-cerebrale (come l’insulina del pancreas, per esempio) o se è persistente (come il glucosio che proviene dal glucogeno) o se magari è il prodotto delle cellule della corteccia cerebrale in forma di energia speciale o se infine esiste aldilà del Tempo e dello Spazio e si introduce nel cervello provenendo dall’Universo.

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Le teorie materialiste trovano grandi difficoltà nello spiegare questa questione, non così la spiritualità religiosa per la quale il principio è chiaro il pensiero è emesso dallo spirito, e proviene, si ritiene, dall’esterno verso l’interno, poiché è diretto da Dio stesso. Nello Yoga non vi è posto per la discussione su questi principi, perché vanno messi in pratica invece che spiegati. Tutti i metodi (Hatha, Bhakti, Raja e Laja) sono di preparazione allo stadio finale, l’oggetto stesso del samyama (sintesi dei tre stadi finali: meditazione, concentrazione e contemplazione), il Samadhi, che consiste in un certo qual modo nel perdere il pensiero nello spirito. Come il sale è unito all’acqua di mare e la canfora si dissolve nel fuoco, così il pensiero si fonde nello spirito. Il pensiero è una conoscenza, che sempre presenta due polarità (la tesi e l’antitesi) e questo stato di dualità si deve prima disintegrare in una sintesi (la contemplazione) per giungere poi alla matesi dove non esiste altro cammino se non la sola Via, il Sentiero, lo YUG.

In un certo qual modo l’Atman si unisce a Paramatma, anche se io ritengo che non siamo mai stati separati, dato che l’una è il riflesso dell’altra; poiché Dio ha creato l’uomo a sua immagine (Paramatma riflette la sua immagine nell’Atma), lo spirito è un riflesso della Divinità.

Non si può sperimentare il Samadhi se non dopo uno stato di vuoto completo nel cervello: si devono escludere tutti i pensieri e naturalmente è difficile considerare questa possibilità senza la pratica dello Yoga. Non si acquisisce questa facoltà se non dopo aver realizzato le quattro grandi fasi dello Yoga :

ARAMBHA-AVASTHA (il periodo iniziale), quando con l’aiuto del pranayama si apre completamente il centro del cuore e si sperimenta un immensa gioia attraverso l’amore universale che si manifesta come una vibrazione che coinvolge tutte le cose e tutti coloro che le si avvicinano. Il chakra Anahata emette meravigliosi suoni come di campanelle, di piccoli strumenti sonori, e un benessere che si estende in tutto il corpo sia fisicamente che psichicamente.

GHATA-AVASTHA (periodo di coordinazione), nel quale si percepisce l’aria che riempie il canale centrale o Sushumna, gli asana si rafforzano e si sente in gola (all’altezza del modo di Vishnù) la fusione di prana e afana, della Nadi con il Bindu e infine, l’unità di Jivatma ( lo spirito incarnato) e di Paramatma (lo spirito universale). Nel chakra Vishudda si udranno suoni simili a colpi di tamburo metallici. Il Ghata (anfora, urna, vaso d’acqua) è l’emblema dell’Acquario, e lo stato rappresentato da questo simbolo: la cooperazione. si sa infatti che l’Era dell’Acquario si manifesta con una coordinazione di scienza e religione (movimento unificatore di tutte le associazioni, che a poco a poco si raggrupperanno nella Missione dell’Ordine di Acuarius, veicolo pubblico della Gran Fratellanza Universale).

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Ghata significa urna, vaso è il simbolo del Santo Graal, è l’Aquarius (il segno zodiacale dell’Acquario), con le sue caratteristiche di fusione delle polarità, di unione dei diversi modi di pensare dell’umanità, come si ha la fusione delle dualità nell’organismo fisico o in quello psichico con l’illuminazione di questo stato si realizza pienamente la vera Missione umana.

PARICHAYA-AVASTHA (terzo periodo) quello della conoscenza, o meglio, del Sapere. Quando ad opera del Krjia-Shakti (potere attivo) vengono aperti i sei centri (chakra), lo Yogi soddisfa il Kayavjuha, cioè il procedimento mistico per controllare gli Sklanda i vari elementi che costituiscono l’organismo.

In questo stato è possibile adottare misure per non soffrire più la legge Karmica e finire per sempre con il ciclo delle reincarnazioni. Tra le sopracciglia si produce una vibrazione che emette un suono di tamburo il cui ritmo regolare sale lungo il Sunja per il fatto che l’aria avendo incrociato Ida e Pingala (canale sinistro e destro l’ungo la colonna vertebrale) a pulito la corrente all’interno della colonna di sostegno e avendo in tal modo purificato sushumna, lascia libero corso all’ascesa di Kundalini oltre all’illuminazione dei chakra Ajna che dà le facolta di chiaroveggenza e di chiariudienza, vi è una musica interna che si diffonde da questo centro energetico che annulla totalmente la personalità preparando realmente la fusione dell’individuo e dell’universale. Si sa che in effetti questo è l’ultimo chakra ad illuminarsi e da esso proviene la Luce che va al Loto dai mille petali. Sul settimo chakra (Sahasrara Padma) non si deve lavorare come sugli altri sei chakra, ma si illumina grazie alla complete apertura del chakra Ajna che trasmette la sua “fluidicità” alle sfere superiori nella sommità del capo.

NISPATTI-AVASTHA (realizzazione finale), è l’ultimo periodo quando infine lo Yogi gode dell’acqua spirituale, del nettare dell’immortalità, contempla la coscienza cosmica. Può allora scegliere lo stato di samadhi con ritorno alla vita fisica o il smadhi che libera da questa vita materiale e consente l’esistenza su altri piani superiori. Si diffonde un suono di flauto come ha simboleggiato Krishna questa facoltà (si veda il disegno relativo nel “Misticismo del Secolo XX”).

Il raggiungimento di questo stato implica la dispensa da tutti i metodi, lo Yoga è stato realizzato e si è raggiunto lo YUG. Quando si è adeguatamente preparati con sei mesi circa di corretta contemplazione, e avendo bevuto l’ambrosia secondo le regole già specificate sui mudra e sui bandha, allora per conseguire il Jivan-mukta (liberazione in questa vita) è necessaria soltanto una pratica di 15 giorni.

Nel periodo di tirocinio di Muni (asceta, saggio, yogi perfetto) in cui non ci si deve distrarre neppure un solo istante, si pratica il Siddhasana e con le istruzioni finali del Gurù si sperimenta l’ultima prova di questa vita di

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esperienze, l’unica esperienza vera, il Samadhi, al quale ci si deve preparare integralmente sin da quando si comincia a percorrere il Sentiero.

Il pensiero (antahkarana) viene assorbito comletamente nel suono musicale prodotto dal sollevarsi progressivo dei petali di loto man mano che la corrente penetra nei chakra. Per tutto questo tempo si tratta di “akasha”, ma nel momento in cui i suoni spariscono si ha l’integrazione nel Para-Brahma (Paramatma).

Evidentemente tutto il tempo in cui si proclama o semplicemente si penza “Io Sono” si è lontani dalla reintegrazione nella coscienza cosmica, poiché si deve abbandonare completamente questo personalismo cartesiano. È noto che in quest’ultimo secolo si sono formati numerosi gruppi e nuove scuole di pensiero in molti dei quali si insegna l’assimilazione di un “Io Superiore”, ma questa insistenza in un “io” intellettuale, ancorché elevato, materializza lo spirito; al contrario, bisogna spiritualizzare la materia, anche se l’esperienza vera non è ne l’una ne l’altra di queste teorie, bensì l’equilibrio tra le forze al fine di Unire e di Identificare.

Bisogna decisamente rinunciare all’ “Io Sono” e a tutte le sue conseguenze, bisogna realizzare l’astrazione dalla personalità per trovare il fondo di se stessi, l’individualità che costituisce l’unica possibilità di unirsi con l’universalità. Lo Yogi deve essere libero da ogni attaccamento anche alla sua personalità per essere distaccato soprattutto da questo “Io Sono”, senza che esista più l’ “io” e il “tu”; poiché Tutto è UNO, anche Jivatma e Paramatma sono indivisibili.

Vi è soprattutto una cosa fondamentale che deve restare ben impressa: un allievo non potrà mai raggiungere il Samadhi o anche uno stadio avanzato sullo Yoga senza l’aiuto di un Gurù. Molti hanno sperimentato o hanno realizzato perfettamente la pratica degli asana, del pranayama e delle discipline descritte da alcuni testi, ma i libri sono inadeguati a portare l’adepto ad uno stadio avanzato. I fenomeni descritti dai classici della Tradizione sono reali, ma, salvo alcune eccezioni, si richiede pazienza e vari anni di lavoro per poterli sperimentare e sempre in ogni caso con l’assistenza di una Guida che non è solo l’Istruttore della tecnica da usre, ma anche il Maestro che trasmatte il potere: l’ultimo gradino deve essere insegnato dal Gurù il quale non fa altro che aiutare il discepolo il quale deve compiere da solo la sua realizzazione personale.

Ho passato in rassegna la regole principali relative alla Grande Esperienza che consistono in una preperazione iggienica sia corporale che mentale, in un ritiro completo, e infine in tutte quelle pratiche che precedono il tentativo di realizzare il Samadhi.

Nella contemplazione lo Yogi segue le regole dello Sthula (concentrazione collettiva), visualizzando la Divinità o il Suo Gurù (che è lo stesso), o le regole del Jyotis-dhyana (concentrazione luminosa), quando

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contempla Brahma o la Prakriti che è lo stesso (121), o le regole del Sukshma (contemplazione sottile) quando il punto di relazione è Kundalini o Bindu. Vi è natulalmente una quantità di dettagli, rituali, japa, yentram, ecc., da rispettare, e durante il periodo in cui pratica lo Yoghismo l’adepto può continuare la sua vita normale, ma arriva un momento in cui se vuole tentare la Grande Esperienza, deve sottoporsi a tutte le regole che ciò impone, isolandosi dal mondo per lo meno tre mesi per perfezionare completamente la sua purificazione degli ultimi preparativi precedenti il Samadhi, sia inteso come meta di sperimentazione o come obbiettivo finale.

Non è richiesta una capacità fisica particolare, né una data chè, né vi è differenza tra uomo e donna, né vi sono requisiti intellettuali o psichici, si tratta insomma semplicemente di SAPERE, VOLERE, OSARE, TACERE.

Sapere: implica una conoscenza che non si raggiunge con corsi universitari, poiché corrisponde più a una realizzazione mentale che a un analisi di dettagli tecnici. Si tratta di una Sapienza che permette una rapida assimilazione di conoscenza mediante l’insegnamento trasmesso dal Gurù.

Volere: non è l’orgoglio che spinge a conseguire dei risulati, bensì la volontà serena di raggiungere la meta; non consiste in una parola o un giuramento da rispettare, ma in uno stato di sicurezza interiore per proseguire lungo il Sentiero.

Osare: consiste nel distaccarsi da tutto e da tutti per completare la propria evoluzione, è l’abnegazione dei beni e la rinuncia ai frutti dell’azione, è la rottura con il passato e i concetti atavici dovuti all’educazione, alla cosiddetta educazione morale, all’ambiente in cui viviamo, ecc.

Tacere: è realizzare il silenzio interiore ed evitare lo spreco di parole, è soprattutto edificare una pace in tutto il nostro essere; sparisce lo stato di incertezza, il caos mentale cede il posto alla tranquillità di spirito.

È molto efficace meditare sul mantra AUM MANI PADME HUM H’RI; prima di pronunciarlo mentalmente si deve comprenderne il significato completo perché, ripetendolo poi interiormente, sia possibile, con l’aiuto dell’Istruttore, sentir vibrare tutto l’effetto del suo potere. Segue poi lo studio della sua pronuncia poiché non lo si potrà pronunciare veramente se non dopo aver ascoltato il Gurù. All’inizio solo il Maestro pronuncia i Mantra, mentre il discepolo emette suoni (fino a quando non ne riceve l’autorizzazione) accontentandosi di farlo mentalmente, preparandosi in tal modo interiormente, senza correre il rischio di vibrazioni negative.

FIG. 69

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Le 84 posizioni della tradizione yogi 65

L’Aum tibetano (si veda il testo esplicativo e l’illustrazione relativi al chakra Ajma).

Nel geroglifico qui riprodotto (che può servire come Jentram), le tre parti rappresentano le tre Nadi (Ida a sinistra, Pingala a destra, al centro Sushumna, attraverso il quale Kundalini illuminerà lo Yogi).

La centrale culmina con un accento circonflesso rovesciato (il segno tibetano O) e con un cerchi ( terminazione nasale di M) ed è il segno dell’AUM o della realizzazione totale.

AUM: la sintesi completa dei tre piani,MANI:la gioia porta la benedizione, è il simbolo della coscienza, il senso

sacro, il rituale, il simbolo tradizionale;PADME: è il loto, il simbolo dell’uomo, il centro delle forze,i diversi

stati psicologici prodotti dallo Yoga;HUM: è la duplicità (la coppia) del Verbo essere, che indica lo stato

attuale.H’ri: è un comando, un ordine espresso, la richiesta di aiutare

nell’incantesimo. Si sa che il fatto di essere uomini ci consente la liberazione, e che solo la

condizione di uomo ci dà il privilegio di questa evoluzione, dato che gli dei stessi sono obbligati a incarnarsi nella catena dell’Umanità per completare l’evoluzione e riunirsi all’Unità Creatrice. Ogni uomo ogni cosa possiede un genio, un Dio protettore e vi sono riti speciali per dar vita tanto alle cose che agli esseri. Di fatto ogni cosa possiede vita, basta ridestarla, come la forza energetica chiamata Kundalini è presente perfettamente esistente, ma addormentata, ed è lo Yoga che rappresenta il mezzo per ridestarla e farla vivere realmente in modo che possa riunirsi alla sua vera coscienza: l’Esistenza Eterna.

La vita intesa nel suo significato più profondo, è un campo di preziose ricerche che si deve apprezzare nel suo giusto valore: le cose cosiddette sacre sono quelle precisamente dotate di maggiore vita.

In tal senso gli oggetti sono aiuti preziosi per la nostra evoluzione come lo sono le orazioni tradizionali, gli incantesimi i Mantra.

Profanare la vita costituisce un fatto grave e biasimevole...Oh Sapienza che vai, vai, vai verso l’altra sponda, guidata verso l’altra

sponda. Svha!Gate, gate, paragate, parasamgate. Bhodi, Svaha!

AUMin sanscrito in tamice in indostano

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CONCLUSIONE

Colui che non pratica lo Yoga nel corso della sua esistenza in questo corpo fisico, non avrà altro scopo nella sua vita che la bassa soddisfazione sensi

(Shiva Samhita, V)

Siamo giunti ora alla fine dell’esposizione della filosofia pratica è in un certo qual modo una biografia mentale, se così si può dire. Ho infatti descritto via via i pensieri che hanno occupato il mio spirito nel corso delle mie ricerche verso ciò che generalmente viene denominato Verità.

Non pretendo di aver esposto la VERITÀ, bensì una forma di ricerca verso quella che è la mèta di ogni essere pensante: la Pace del corpo e dello spirito. Quanti sono coloro che hanno cercato di imporre le loro idee al mondo e quanti sono coloro che vi sono riusciti completamente? Da parte mia non ho mai cercato di canalizzare i pensieri, ma di dare alcuni lumi sui problemi che hanno interessato sempre i ricercatori.

L’epoca della credenza cieca è finita, il genere umano vuole capire; lo Yoga stesso come è stato spiegato il più delle volte, non è stato esposto in modo soddisfacente, benchè le opere sull’argomento siano numerose; il mio lavoro sarà indubbiamente uno fra i tanti e ben lungi dall’essere completo, ma la sua pubblicazione costituisce un tentativo che ho ritenuto di offrire con una documentazione più organizzata. I trattati classici sullo Yoga non sono alla portata di tutti, i testi seri sono nella maggior parte in sanscrito e ritengo che gli scritti di volgarizzazione popolare omettano molto spesso l’idea generale dello Yoga per limitarsi unicamente a dettagli tecnici, che affaticano il lettore o sono opere di una superficialità che spaventa tutte le persone intellettuali ed equilibrate.

In realtà, più che esporre lo Yoga ha esposto una dottina (lo yoghismo) che permette di metterlo in pratica: un sistema di realizzazione personale. Da parte mia non vorrei essere qualificato in questo o quel modo, poiché i titoli sono sempre semplici “approssimazioni” e non hanno riscontro nella realtà. Sono quasi sempre gli alunni, i seguaci i discepoli che qualificano un Maestro facendo si che con questo vocabolo si costituisca una scuola che molto spesso lo stesso Maestro disapproverebbe. Che direbbe Gesù il Nazareno di tutto quello che viene definito “cristianesimo”? Per non parlare di quelli che rappresentano il suo esempio! Sono molto rari i vari discepoli di Cristo e per di più molto spesso non portano denominazione alcuna. Sono ben lontano dal voler costruire una nuova scuola di filosofia ed il fatto di avere scelto il titolo di Yoghismo per il mio libro dispiacerà a molti (il che può essere proprio ciò che voglio), ma in tal modo evito che alcuni simpatizzanti reclamino per sé questo “ismo” e che magari venga loro l’idea di reclamarlo in nome dell’autore stesso: ho sempre

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Conclusione 67

cercato di tenere a freno qualsiasi movimento basato su un nuovo pensiero, ma non voglio in alvun modo che questo movimento guardi al personaggio più che tenere conto del suo Messaggio. Se alcuni milioni di esseri mi hanno scelto come Maestro, da parte mia non ho ancora scelto alcun discepolo; ho studenti ai quali espongo le diverse teorie considerando le correnti di opinione che vi sono sulla superficie del nostro pianeta, il che non impedisce di avere un mio concetto particolare, che non ho mai esposto ad alcuno. In realtà non presento un concetto personale, ma sarebbe meglio dire che aderisco ad un idea millenaria e sempre perché di fatto vive ETERNAMENTE, si applica al PRESENTE e costituisce in certo modo una SINTESI di tutte le opinioni, poiché basandosi su tutte le idee penetra nell’intimo di ciascun essere, e indubbiamente essendo troppo PURA e LUMINOSA, non può sempre essere esposta e anche coloro che la possiedono la custodiscono al fine di non offrire la sua nudità, che potrebbe costituire un forte shock per il mondo. Di essa si parla ovunque, si trova sulle più minuscole particelle di tutto ciò che È sempre e ovunque IMMUTABILE e tuttavia appare sotto diverse vesti, il nome stesso che la simboleggia costituisce un velo; quando si arriva a possederla ci si guarda bene dall’abusarne o dal descriverla a chiunque, la si isola, la si ripara la si brama, in una vera propria festa di nozze mistiche, in una tale atmosfera sovraterrena, il Samadhi…

Nel corso di questa pagine non ho esposto esattamente il mio intimo pensiero delle cose, ma piuttosto ho considerato i vari periodi sui quali si sono basate le mie ricerche. Com’e ovvio, è stato difficile fare un analisi completa essendo stato inizialmente attratto, tanto dagli studi scientifici, quanto dalle ricerche sull’esoterismo, pertanto ho cercato di fare una sintesi con l’aiuto delle mie esperienze personali, il che mi ha portato ha rigettare una dopo l’altra le filosofie cosiddette classiche. Anche il misticismo (verso il quale mi sono sentito attratto piuttosto tardi e dopo aver riconosciuto la supremazia dello spirito sulla materia), misticismo che sfugge a una ricerca globale, l’ho basato molto più sulla Tradizione Iniziatica che sulla fede cieca in una religiosità alla quale non sono mai riuscito ad aderire completamente.

A volte ho stupito gli occidentali con le mie conferenze troppo critiche sui punti di vista cristiani, come pure ho dissociato gli indù, i buddisti e i musulmani, durante la mia permanenza in Oriente con i miei audaci commenti sulle loro religioni. In effetti salvo due dottrine che sono veramente profonde: la Tradizione Ebraica che con la solita teoria pone con tutta serietà le basi per la comprensione dei misteri umani, e la Filosofia Indù che glorifica l’Altissimo mediante una teologia a tutta prova. Ma anche in questi casi, se da un lato l’applicazione pratica della filosofia d’Israele fa perdere tutte le caratteristiche della vera Qabbalah, dall’altero dall’altro la religione dell’India si trasforma in deprecabile fanatismo del mondo materiale perché gli adepti, lungi dal praticare il sistema Yoga, lo riducono a una forma mistica troppo mentale. La Qabbalah

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68 Conclusione

cessa di essere quella che è se la si applica alla vita quotidiana (è una tradizione orale che non deve neppure essere scritta); lo Yoga è una pratica di vita e non un metodo metafisico. Di fatto l’unione della Qabbalah e dello Yoga costituirebbe una dottrina applicabile alla nostra collettività, anche se ad ogni modo ho la sensazione che gli adepti formerebbero una nuova dottrina con un nome, delle leggi e dei regolamenti che porterebbero come risultato conseguenze completamente diverse da ciò che io intendo con la fusione dei due principi. Esiste tuttavia un metodo completo, in cui non è necessario ricorrere alla soggettiva Qabbalah né all’oggettivo Yoga, che è il TAO (cammino, in cinese), la Via Tradizionale, il Sentiero Iniziatico, definito dallo YuI (l’Identificazione), l’unione, la congiunzione degli aspetti fisiologici e psicologici, l’applicazione dello spirito e della materia su un terreno alla portata di tutti. Purtroppo questi Principi sono stati applicati in modo parziale alle dottrine, il che ha fatto degenerare l’idea originale.

Inoltre l’uso dei termini implica immediatamente una deformazione del pensiero a causa delle diverse interpretazioni delle parole stesse e delle idee che esse generano. Quando dico Qabbalah le idee si indirizzano verso l’occultismo popolare distaccandosi dal senso della radice QBL(relazione di due cose posta l’una di fronte all’altro) =accogliere, ricevere, il verbo qabal da cui deriva qabbalah: ciò che si riceve che è trasmesso (in latino traditum). È dunque la Tradizione Esoterica o Iniziatica.

La Qabbalah era orale ed è esistita dai tempi più remoti; gli ebrei l’hanno trasmessa e si è trasformata in Kabbalah, una forma d’ermetismo (scienza occulta) complicata e poco accessibile al mondo profano. Di cui deriva la Cabala, che è una specie di magia applicata ad idee di stregoneria!

Quando si parla di Yug, immediatamente si pensa allo Yoga cercando di specificare, secondo la propria ignoranza, esercizi più o meno mal compresi e trasformandolo in uno Yoghismo, dato che viene ridotto ad una dottrina.

Si comprende in effetti che nel loro significato profondo Qabbalah e Yug sono identici al Tao dei cinesi e a tutti i pensieri fondamentali che sono serviti alla formazione delle religioni, delle filosofie, delle dottrine, che si sono ampliate come conseguenza di un rituale accompagnato da dogmi e da divisioni che inevitabilmente si verificano a causa di incomprensioni degli adepti stessi e che provengono dagli adepti stessi, i quali si ergono a difensori di una scuola che si impone al mondo con caratteristiche rispondenti all’era e al luogo, ma che si è evidentemente allontanata dalla sua origine.

Infine, si ritorna sempre alla stessa cosa: la Tradizione Iniziatica come l’unica preservativa le Scienze Sacre, come movimento che rimane immutabile nel corso dei secoli e che aldilà di tutte le religioni e al di sopra di tutte le limitazioni lancia la sua Grande Lezione sintetizzata nell’assioma SAPERE, VOLERE,OSARE E TACERE.

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Conclusione 69

È necessario collocarsi in questa linea di condotta per godere del beneficio di questa totale comprensione delle cose. Si deve sapere, e di qui deriva quanto si è detto sui diversi concetti; è indispensabile come documentazione, altrimenti si hanno ignoranza e rifiuto di tutto, persino dell’esistenza stessa; si deve evidentemente volere ( e volere è potere ) e lo sforzo non deve essere risparmiato; sapere anche che per volere si deve osare e che per osare con successo si deve saper tacere fino al momento di agire. Per acquisire il diritto di possedere la Scienza e il Potere si deve volere pazientemente con infaticabile perseveranza.

Per restare sulle vette della Vita è necessario aver appreso a sondare con uno sguardo, senza provare vertigini, le più vaste profondità.

“All’inizio era la Parola” dice il Vangelo secondo Giovanni ( è il Vangelo alla maniera di Giovanni ma S. Giovanni, avrebbe detto “All’inizio era il VERBO”) quanto alla Parola, essa sarebbe HEL ( il nome di Dio in lingua originale ) che sarebbe diventata il mantra tibetano AUM; se si tratta del Verbo, esso è la Potenza del Soffio ( la H di potere, la H contenuta in cHrist, jeHsu, Hananhpu, Huiracocha, buddHa, ecc. ).

La forza del Soffio ( pranayama ), il PRANA ( il corrispondente dell’aria che Dio introduce nel naso di Adamo, secondo la Genesi, cap. ll,v. 7 ), ci pone sin dall’inizio in presenza di un principio che merita tutta la nostra considerazione se vogliamo RIVIVERE ( è necessario nascere di nuovo, cosi è detto nel Vangelo di Giovanni, lll, 7 ), benché per l’applicazione di tale massima, sia nello spirito che nella lettera, non ci si può basare completamente sulla sola filosofia.

RINASCERE perfezionando il nostro corpo, superando tutte le prove fisiche di questo basso mondo, RINASCERE reintegrandosi nello spirito universale quale proveniamo.

Quale altra dottrina se non quella dello YUG ci può offrire il recupero della salute e al tempo stesso una trasmutazione verso la coscienza cosmica? Si tratta di qualcosa di logico, tangibile, efficace, completo, di una rinascita dell’organismo per mezzo di esercizi fisici e psichici per quanto riguarda la nostra esistenza, e mediante le discipline mentali che indirizzano lo spirito verso una mistica sanamente equilibrata e basata non già su soggettività o astrazioni religiose, ma su un’esperienza personale mediante una realizzazione del Sè, tanto per quanto riguarda l’incarnazione che l’eterno e l’universale.

Ho appena finito di citare Adamo che ciò mi porta ad affrontare un altro problema che occupa la mente di tutti gli uomini: l’origine dell’Umanità, cui ho già accennato. Secondo la cronologia delle Scritture si pone Adamo ( il primo uomo ) nell’anno 4000 a. C. come mai gli studiosi non se ne meravigliano, soprattutto dopo che le ultime scoperte fanno risalire l’origine dell’Umanità a più di 12 milioni di anni fa? Già nel 1958 la stampa mondiale (122) dette la sensazionale notizia del ritrovamento dello scheletro di un ominide risalente a

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70 Conclusione

12 milioni di anni fa, scoperto in Italia a in una miniera di lignite semiabbandonata. Il suo scopritore, il prof. Johannes Hurzeler, Direttore del Museo di Storia Naturale di Basilea, lo ha chiamato l’Uomo di Grosseto, Oreopithecus Bambolli.

Fino a non molto tempo fa si valutava da 5 a 6 mila anni l’età della specie umana (123 ). Anche i naturalisti del XVIII secolo concordavano su tale valutazione; la religione ( e soprattutto il cristianesimo, dato che si trattava dell’Occidente ), forte dei suoi privilegi, sosteneva saggiamente tale teoria. Attualmente gli studiosi e numerose autorità ecclesiastiche hanno apertamente dichiarato che il primo uomo della Bibbia non è che un simbolo e che sarebbe sciocco credere di dover prendere alla lettera la storia di Adamo ed Eva, e molti altri racconti biblici. Quale che fosse l’idea sulla comparsa dell’uomo sulla terra in epoca molto recente, va ora respinta tanto da un punto di vista scientifico che religioso.

I più antichi ominidi conosciuti non ci farebbero risalire a più di un milione di anni fa, ma malgrado ciò ho espresso più di una volta il mio concetto sul fatto che l’uomo è vissuto molto prima, e che prima dell’epoca che chiamiamo preistorica sono esistite civiltà intere e grandi culture che sono scomparse. Naturalmente esponendo tali principi abbiamo spesso disturbato tanto il dogmatismo religioso che il fanatismo scientifico, ma un po’ alla volta abbiamo visto che le teorie che esponevamo dieci, quindici, venti anni fa sono state confermate dalle recenti scoperte. (Nota)

Analogamente non abbiamo potuto fare a meno di pensare durante la nostra permanenza in Australia e in Africa e di nutrire la certezza che sia esistita molto tempo fa una civiltà, più tardi scomparsa, che ha lasciato al suo posto le tribù cosiddette “primitive”. Che direbbero ad esempio i ricercatori che, dopo un ipotetica catastrofe universale, trovassero nell’anno 3000 i resti di aborigeni dell’Australia, i loro boomerang, le loro pietre con tracce di fuoco, ecc.? ne dedurrebbero che l’uomo del secolo XX ere un “selvaggio” appena uscito dal regno animale, che si nutriva di lucertole, serpenti, buoi, agnelli, maiali, che non avesse abitazioni, ne vesti, ecc.

Ed ecco che ora si scopre l’Uomo di Grosseto e la lignite che conteneva questi fossili e i fossili stessi dell’Oreopithecus, possono essere posti nella scala geologica come testimonianze del miocene superiore vale a dire che l’Oreopitechus Bambolli è vissuto al finire del terzo quarto dell’Era Terziaria, da dieci a dodici milioni di anni fa (125).

In altre parole i saggi non si accontentano di citare le scoperte al riguardo come tracce dell’ “inizio”, ma si vanno sempre più considerando i ritrovamenti come semplici vestigia, porzioni minime di tutto ciò che è realmente esistito,

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Conclusione 71

inoltre i campioni reperiti non sono sempre i più antichi o al contrario può trattarsi di una specie che in fatto di antichità si colloca molto più indietro.

Questo ci riporta al primo capitolo della Genesi (I, 26-27) dove leggiamo: “Facciamo l’uomo a nostra immagine”, ancora una volta rileviamo che Dio dice “Facciamo”, poiché si rivolge a qualcuno o perlomeno alle SUE DUE POLARITÀ (Dio Non-Manifestato e Dio Manifestato, Purusha e Prakriti, Brahma e Brahman, la Grande Figura e la Piccola Figura della Qabbalah, ecc.). È detto: “Dio creò l’uomo a sua immagine”, cioè sotto la sua ombra (“ti coprirà con la sua ombra” è detto in Luca, 1, 35), la Sua Ombra. Poiché tutto è in Lui, nulla può essere fuori di Lui (altrimenti non sarebbe il TUTTO, il Completo, il Gran Tutto). Noi siamo Dio ed Egli è noi. È la proiezione sulla Materia di un Principio sempre più esistente, lo YUJ. Noi siamo “suoi rappresentanti”, ma senza alcuna differenza con Lui, non ci saremmo Dio e Noi! TUTTO è UNO, e noi siamo illuminati da questa Luce. Egli ( la Luce) è in ciascun uomo (Giovanni, I, 9), questa forza divina, questo potere (Shakti) è in noi, EGLI è in NOI, si tratta di realizzarlo, di identificarsi(YUG), ed è questo il fine dello Yoga (la Via).

Insisto tuttavia nel dire che l’uomo fu creato il sesto giorno (si intende la sesta epoca, quando gia il mondo datava di molti millenni, con le sue erbe, i suoi alberi, i frutti, le sementi) e sottolineo che fu nello stesso periodo che Dio creò gli animali (Genesi, I, 24), il che getta una nuova luce sulla teoria che siamo fratelli sia degli esseri umani che di tutte le specie animali che esistono sulla faccia della Terra. “e Dio vide che era buono (v. 25).Dopo aver creato l’uomo, Egli disse: “.. che possa dominare sui pesci del mare e sui volatili del cielo, sul, bestiame, ecc.” (I,26), ma dominare non vuol dire inghiottire, uccidere e mangiare. Come un re domina sui suoi sudditi, cosi l’uomo, grazie all’intelletto, domina sulle altre specie, dirige, organizza, ma non commette un crimine ogni volta che mangia. Il cannibalismo consiste nel mangiare carne umana, ma se mangiassimo gli animali (che sono stati creati nella stessa epoca per Volontà di Dio) il termine si può analogamente applicare a questa necrofagia (atti di mangiare cadaveri, carne morta, animali morti).

È peccato trasgredire la Legge (Prima Lettera di Giovanni III, 4) e in particolare la Legge di non mangiare carne (carne animale o umana) è menzionata varie volte (126).

Il popolare “NON UCCIDERAI” non indica in nessun punto alcuna eccezione che dia il diritto di uccidere alcun animale (127).

Gli Esseni ( di cui fu membro tra i più progrediti Gesù di Nazareth) avevano un profondo rispetto per la LEGGE; erano comunemente conosciuti con l’appellativo di Saggi e vivevano nel rispetto della regola della Tradizione Iniziatica per la quale il sacrificio di animali è soltanto un allegoria, praticata in modo simbolico, come nel caso del vino che rappresenta il sangue di Cristo

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(128). In due occasioni Gesù il Cristo dice di volere la compassione, non il sacrificio.

Plinio (23-79 d. C.) accenna ampiamente agli Esseni e io gli ho già citati sufficientemente in varie opere perché sia necessario insistere(si possono consultare i testi di l’Ghtfoot e di Duiley Wright).

Come era possibile che Lui, il Nazareno, il Sannyasin, lo Yogi, il Saggio, l’Iniziato, si rendesse complice di un crimine? Tutt’ al più potrebbe aver concesso a qualcuno di quelli di lasciarli bere vino (e si badi che i testi originali non parlano di uva fermentata, ma di succo fresco) e di mangiare pesce (anche se sappiamo che si tratta soprattutto del simbolo dell’Era dei Pesci, l’Era Pesciana, come pure di un termine simbolico per designare un Iniziato). Gli Evangalisti parlano di frutto della vite e non di vino (in greco “oinos”). Va anche detto che vi sono tredici vocaboli ebraici o caldeiper designare la parola che traduciamo letteralmente come vino.

Le scritture in inglese parlano spesso di “meat” o “food” senza badare al significato, si dovrebbe invece dire “flesh meat”. L’alimentazione, gli alimenti, la carne stessa possono indicare la foglia dei frutti e ancora una volta le parole della nostre lingue moderne sono povere di significato e per questo appresso, tra gli altri, gli scritti del celebre ebraista Fabre d’Olivet per lo spirito e il senso della traduzione nonché per le correzioni grammaticali. La comprensione spirituale è una realizzazione mistica e non lo spirito del mondo (I lettera ai Corinzi, II, 12); gli uomini hanno interpretato a modo loro la lezione dell’Alto che va letta con occhi diversi da quelli della carne (I lettera ai Corinzi, III, 3). Camminiamo, impariamo, siamo istruiti da uomini e l’errore è umano, d’accordo, ma allora dobbiamo ricercare l’insegnamento di Dio in un altro modo.

Vi è anche nelle citazioni bibliche un valore molto più alto delle semplici regole morali. No è solo per l’imperativo di una causa religiosa che i Maestri hanno insegnato l’astensione dalla carne, ma anche per un imperativi dietetico. Oggi sappiamo che le secrezioni contengono vari veleni a seconda degli stati psicologici; si sono fatti in tal senso vari esperimenti e abbiamo potuto constatare che una persona sotto l’effetto della collera emette per un certo periodo di tempo una traspirazione che contiene ptomaine e catastatis (prodotti di rifiuto tossici), mentre per effetto del timore o della tristezza l’emissione escretiva risulta diversa. È molto probabile poi che l’animale che viene condotto al macello sia sotto l’effetto del terrore, il che lo pone in uno stato in cui produce secrezioni tossiche capaci di avvelenarci se ne assumiamo la carne. Lasciamo stare le tossine presenti nella carne animale e i bacilli che si sviluppano immediatamente dopo la morte dell’animale; la frase “ mangerai dell’erba dei campi” ( i legumi) riportata nel capitolo III v. 19 della Genesi, non è un consiglio mistico, ma soprattutto un indicazione igienica. Di fatto è un complesso di ragioni (fisiche, psichiche e spirituali) che deve farci

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Conclusione 73

aderire ad un’idea, prendendo in considerazione il piano materiale, l’ordine morale e mentale (punti di vista terrestre,astrale e divino) per giungere ad una sintesi soddisfacente tra le varie considerazioni (sul piano intellettuale, psicologico e mistico). È in questo modo che ho considerato il tema prima di pronunciarmi in un senso o nell’altro.

Si osservi che è la prima volta che uso l’IO nei miei scritti, perché finora mi sono attenuto alla consuetudine di usare il “noi” per esporre gli insegnamenti della Grande Tradizione Iniziatica; ora mi assumo la responsabilità personale, non già di rettificare la Tradizione, ma di apportare una annotazione sperimentale con un punto di vista mio personale relativo a un insieme di idee che mi sono sorte nel corso della mia evoluzione.

“Non sono venuto ad abrogare la Legge ma ad applicarla”, ha detto Gesù il Nazareno (Matteo, V, 17). Egli di fatto è venuto a completarla. La Grande Tradizione Iniziatica sussiste immutabile attraverso i tempi, e se anche gli uomini pensano che essa passi di moda, Essa si presenta in ogni occasione in forma nuova (non perché e Essa sia incompleta, ma perché è non-contemplata, incompresa) che deve essere attuata.

Il compimento della Legge poggia, in realtà, su qualcosa di veramente speciale, su un principio molto esoterico, non per nulla il Cristo disse ai suoi discepoli “Ancora molte cose ho da dirvi, da insegnarvi, che dovete apprendere, ma non siete in verità ancora sufficientemente preparati, non siete sufficientemente evoluti per comprenderli” (si veda Giovanni, XVI, 12). Non può trattarsi di un semplice insegnamento, inoltre tutto è stato già dato, nessuno può aggiungere nulla alla Grande Legge della Tradizione poiché i Collegi Iniziatici hanno preservato integri gli insegnamenti delle Scienze Sacre; dunque il Maestre Jhesù non è venuto a rettificare la Legge, non è possibile dare al mondo un altro insegnamento. Tuttavia l’insegnamento cosiddetto esoterico non viene divulgato ai più se non sotto forma di simbolo e il Cristo, continuando la Tradizione, si è espresso in parabole (Giovanni, XVI, 25), gli ermetici si sono fatti comprendere mediante formule, gli alchimisti usando i loro procedimenti, i saggi offrendo una filosofia universale, e tutti hanno apportato un indicazione che questa Grande Realizzazione a tutti coloro che sono pronti ad ascoltarla, a vederla, a comprendere questo YUG.

In che modo avviene questa trasmutazione? Da dove si comincia la disciplina per trasformarsi e con quale energia si pone in atto la Grande Opera?

Tutte le religioni hanno apportato elementi più o meno mistici e soprattutto la loro morale che a poco a poco ha lasciato insoddisfatti gli adepti, che si vanno staccando da un dogma inadeguato a sostenere la ricerca del vero spirito. La Verità non può essere privilegio di alcuni o di un luogo particolare. Dio si trova ovunque, sempre, senza limitazioni, senza che sussista la possibilità

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74 Conclusione

di rinchiuderla sia pure entro le mura della più bella cattedrale o nel rituale del più sontuoso dei templi.

Ricorrendo ai semplici principi della filosofia classica, apprendiamo sin dall’inizio dello studio che esistono tre classi di pulsioni: l’uomo sin dall’inizio lotta per la sua esistenza, è la legge di conservazione della vita, è lo spirito di conservazione che in seguito si manifesta sotto l’impulso di nutrirsi, di alimentare il proprio corpo il che rappresenta il secondo principio di pulsione che caratterizza la specie vivente e infine, avendo conservatola propria vitalità l’energia si sposta verso la terza pulsione che è la sessualità.

Abbiamo cosi: la conservazione, l’alimentazione, la procreazione. Un inspirare, un ritenere, un esalare. E in un certo qual modo un sistema respiratorio (di nuovo il soffio, l’elemento aria, il simbolo dell’H). Si aspira alla vita con tutto l'essere, si vuole restare legati a questo principio di "essere" e pertanto non solo possediamo l'istinto di conservazione, ma ci si prende ancora cura del corpo per conservarlo al meglio nelle condizioni ottimali perché possa servire da veicolo, infine questa energia accumulata ha bisogno di uno sbocco, di uno sfogo verso qualcosa che realizzi l'idea della conservazione (personalizzandosi cioè nelle conseguenze di un concetto fisico e biologico, ad esempio attraverso un figlio, o psichicamente e psicologicamente mediante ad esempio un'idea che si manifesta attraverso la filosofia, l'arte, ecc.

Si osserva nella psicologia corrente che quasi tutti gli esseri reagiscono in modo simile per preservare la propria vita, ma si alimentano alquanto diversamente e sono quasi del tutto differenti per quanto riguarda la loro psicologia sessuale. In effetti, la psicologia e la psicoanalisi hanno recentemente dimostrato che le differenze tra le (conservazione, alimentazione, procreazione) partono soprattutto da principi completamente diversi e legati agli stati d'animo, alla moralità o alle discipline, il che fa sì che il tema sessuale diventi un punto basilare, secondo quanto ha dimostrato S. Freud.

In effetti, le reazioni di chi cade in acqua sono identiche nel 99% dei casi: si dibatte in tutti i modi possibili per raggiungere la terraferma. Sul fatto di nutrirsi l'essere umano differisce notevolmente secondo i suoi principi spirituali o igienici o di pura e semplice moralità : il 50% della umanità è vegetariano mentre l'altro 50% del mondo è ancora allo stato di uomo primitivo che si alimenta di carne animale, ma sotto l'aspetto della necessità di mantenersi, si può presupporre una somiglianza del 75% per quanto riguarda la quantità, il numero dei pasti129, ma sulla reazione di fronte allo alimento un buon numero di persone si comporta diversamente, non come nel caso dell'uomo che cade in acqua e assume lo stesso atteggiamento nel 99% dei casi. Quanto ai bisogni sessuali sono ancora più diversi. Se la necessità di lottare per conservare l'esistenza è identica pressoché per tutti (per non dire per tutti) e la necessità di alimentarsi già ammette sufficienti differenze, in campo sessuale ciò che è obbligo per gli uni, risulta anormale per gli altri.

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Conclusione 75

E' proprio verso queste considerazioni che tutte le psicologie hanno indirizzato le loro ricerche.

La questione sessuale sita alla base di tutte le psicologie (e non insisto a considerare questo aspetto in campo religioso, poiché tutte le sette , comprese quelle cristiane, contengono alla base una problematica sessuale).

La vita sessuale è diventata un mistero per tutti ; il mondo parla di lottare per la vita, di mantenersi mediante la nutrizione, ma mai del problema più importante, quello del sesso.

SESSO, dal latino "seco" (=taglio, separo), esprime l'idea di una differenza di genere. Questa differenza non esiste nello spirito ma solo nella incarnazione carnale e diremo, come ad un discepolo che recentemente mi ha scritto "Dovremo procreare sempre nello stesso modo?", che l'idea generale si limita a possedere quest'unica possibilità. Come accettare il fatto che tutte le religioni più o meno proteggono le relazioni sessuali facendo quindi vivere la gente nel peccato e d'altra parte non offrono una spiegazione più chiara di altre possibilità?

SEX porta a pensare attraverso una logica deduttiva a SEI (tralascio di commentare il Egli Creò Sei" al principio "Bereschith". Tale numero SEI (forze equilibrate tra macrocosmo e microcosmo) è molto simbolico per quanto riguarda il principio generatore, anche se si può pensare più semplicemente che abbiamo cinque sensi perfezionali e che il sesto si fa sentire come senso creativo.

Il crescete e moltiplicatevi della Genesi non è certo una raccomandazione dell'atto sessuale rivolta da Dio ai suoi figli Adamo ed Eva mediante un'azione normale che implica immediatamente questo fatto poiché vi sono due esseri di genere diverso. Questo comandamento riguarda piuttosto la formula N (n + 1) per trovare i valori segreti dei numeri. 2

Il sesto senso, il senso della creazione deve essere presente sulla carne, dato che si sa che lo spirito è creativo. Conosciamo ad esempio il principio che forma l'alimento proiettato", la creazione di un essere o di un oggetto soltanto con la forza del pensiero. Perché l’umanità non dovrebbe acquisire il principio della creazione allo stesso modo di alcuni yogi che detengono l’atto sessuale normale e diretto, mediante la sublimazione dell’ojas (come creatore).

Vi sono molteplici metodi per questi principi creativi secondo varie modalità sovranormali (studio del laya-krya-yoga), ma la difesa dell’atto sessuale davanti alla gente che non lo comprende in tal senso, diventa quasi un crimine anche se si vedono tutte le deformazioni che causano simili astinenze. La maggior parte delle case di cura per alienati sono piene di persone la cui vita sessuale è stata contrastata dalla morale, l’educazione familiare o la pratica di un malinteso misticismo che non fa altro che turbare gli spiriti delle anime sensibili.

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La continenza sessuale deve essere praticata con piena cognizione di causa e con lo scopo ben preciso di utilizzare questa energia, sempre presente, per un altro obiettivo che non sia il piacere dei sensi come generalmente si dice. E’ specificato chiaramente nello yoga che può essere praticata da tutti: non si vede di buon occhio che un uomo e una donna sposati si sottraggano ai loro doveri coniugali, ma possono astenersene se e qualora siano d’accordo entrambi allo scopo di perfezionare la loro esperienza. La prima via reale da imboccare, per realizzare le possibilità di sublimazione, è il brahmacharya; una volta realizzato, costituirà un’esperienza da conservare formalmente o temporaneamente o porterà a scegliere di ritornare alla vita normale con tutte le conseguenze che ciò implica. I bhautika-yogi sono quegli asceti che ritornano alla vita sociale e che esplicano le funzioni biologiche cosiddette normali, ma con la possibilità di aiutare coloro con i quali entrano in contatto grazie ad un’energia che essi sono in grado di dirigere in modo particolare, praticando un determinato metodo yoga (pratica segreta), che consente di non consumare l’energia sessuale sull’atto della copulazione, ma al contrario di aiutare, sviluppare e illuminare.

La Santità non ha mai avuto nulla a che vedere con l’atto sessuale, chi parla di Yoga non parla di astinenza sessuale, la vita coniugale non è un ostacolo per l’evoluzione spirituale se questa viene confusa e perseguita. Resta peraltro il fatto di realizzare il controllo dei sensi e d’altra parte la libertà di coito non comporta necessariamente un eccesso poiché ciascuno si comporta secondo le proprie necessità, le proprie esigenze, soprattutto secondo la meta da perseguire, tenendo presente principalmente di non fare nulla senza comprenderne perfettamente il perché. E’ preferibile vedere un essere senza inibizioni che vive secondo natura sia pure con i suoi desideri di soddisfazione animale, che vedere pullulare il mondo di gente frustrata, completamente introversa, con orribili volti da morti che vagano senza godere la vita, ignari della realtà dell’esistenza contrastando le loro aspirazioni fisiche sotto l’apparenza di un ideale mistico, la cui incomprensione è dimostrata dalla mancanza di serenità.

Lo Yoga costituisce invece una perfetta conoscenza delle diverse esperienze della vita, i metodi in fondo importano poco, ma va sottolineata la necessità di un insieme di sistemi ed è pertanto indispensabile passare attraverso i vari stati delle realizzazioni della saggezza. Penso che ora sarà sufficientemente chiaro ciò che ho voluto dire presentando lo YUG sotto l’aspetto di una dottrina, che di fatto esiste, ma non era ancora il tempo, l’Umanità non era pronta; sono perfettamente convinto che gli Uomini di questa generazione siano in generale pronti per recepire il concetto di Yoghismo.

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Qual è il primo comandamento, domandò unoscriba al Cristo. Amerai il Signore Dio tuo,con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima, in ognipensiero e con tutta la tua forza.

E’ l’insegnamento dato da tutte le religioni. I Giudei hanno come primo principio che il loro Dio è il Dio di tutto il mondo e che sia che gli si renda culto o meno, non cambia nulla, poiché anche i non giudei possono ugualmente salvarsi in base al principio di universalità insegnato dal Patriarca Abrahm, che fu il primo a proclamare la Paternità di Dio. Il primo credo del giudaismo è “Credo con tutta la mia Fede che il Creatore è l’Autore e la Guida di tutte le cose create che Egli solo fa, fece e farà”.

Mentre i cristiani suddividono Dio in più persone, il dio d’Israele è UNO e Indivisibile. Allo stesso modo il Dio dei musulmani, che viene dichiarato solo e assoluto Maestro dell’Universo (El-Hamdu Lillahi Rabbi el Aalamin) ed è a Lui che i maomettani rendono grazie cinque volte al giorno. Lo stesso insegnano i Brahmini, che sostengono che solo pronunciare il nome di Dio significa aderire al suo culto.

Si sa che Krishna diceva che non importa il modo in cui si nomina Dio, rendendogli omaggio o insultandolo, poiché si dimostra la sua esistenza pronunciando il suo nome.

Amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con ogni pensiero e con tutta la forza, significa vivere per Lui in ogni istante e intensamente. Praticare la religione una volta la settimana non vuol dire rendere omaggio alla divinità! Lo Yogi si perfeziona allo scopo di acquisire maggiore forza; la pratica delle discipline lo porta a realizzare un controllo del corpo e dello spirito, che è l’unica cosa che lo può rendere capace di “amare Dio in tutta la forza, con ogni pensiero”. Il suo cuore rimane chiuso ai beni di questo mondo e la sua anima è rivolta completamente a un sol punto, cosa che un mistico, un religioso, un illuminato non possono fare. Quale religione o quale filosofia insegna o fornisce i mezzi per una tale possibilità? Il Cristo dà un comandamento e le Chiese si accontentano di ripeterlo senza offrire un metodo, questo povero mondo va in rovina, poco ma sicuro, e nessuna filosofia è stata capace di prevederlo nel corso dei secoli, tutto rimane in forma soggettiva, ma il Cristo ha detto Amate con tutto il vostro cuore, cioè con l’abnegazione di qualsiasi altro amore (Luca, XVI, 26-27), anche di se stessi, con tutta l’anima cioè in questo caso lo psichismo, è tutta la psicologia che deve mirare a realizzare questa intenzione o andare persino ancora più in là intendendo con “anima” (i chakra) la materia plastica, vale a dire il “doppio”, i centri energetici del corpo fisico, offrire infine l’illuminazione completa, nascere psychicon anche quando si sia stati seminati somaticon, come direbbe S. Paolo. E dico: con ogni pensiero e questo è in

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relazione allo Yoga, il pensiero sempre unito, lo Yug, l’identificazione e infine: con tutta la forza, si tratta qui specificatamente della forma fisica, poiché è necessario perfezionare il corpo per essere in grado di offrire qualcosa di decoroso a Dio. Siamo precisamente in presenza dello Yoga, l’unico sistema che offre un metodo completo; infine la capacità di seguire il comandamento dato dal Cristo, l’unificazione di noi stessi con Dio , la comprensione che noi non costituiamo se non UNO, rappresenta l’Unione, la comunione, la reintegrazione, lo YUG.

Non intendo dilungarmi, sull’atto d’amore che costituisce l’Amare Dio... Tutte sanno naturalmente che non si tratta dell’amore abituale e normale, ma dell’amore universale, dell’amore mistico, dell’amore santo, ecc... e ancora con questo si esprime male il concetto di questo amore e la gente parla dell’amore come fonte principale nell’approfondimento del grande problema da risolvere. Niente di tutto questo, l’amore, anche nella sua forma più elevata, non cessa di essere un codice morale. Amatevi gli uni gli altri vuole dire: intendetevi, comprendetevi, unificatevi.

Dio dà a Jehsu Christo due degli attributi dell’Assoluta perfezione: verità ed Esistenza. Questi attributi lo rendono Divino, ma per quanto concerne il suo attributo morale: l’Amore, egli fu umano, quindi, in un certo qual modo “imperfetto”. Lui stesso poi disse che non era perfetto, e che solo Dio lo era. La sua Missione, che si diffondeva grazie all’attributo umano dell’Amore, aveva pure lo scopo di rivelare un attributo divino, la Verità, mediante l’insegnamento dell’Esistenza (spesso mal tradotto con il termine “Vita” che è completamente diverso e non una qualità Divina, bensì umana).

Come famoso terapeuta (terapeuta fu anche l’appellativo di alcuni Esseni, che non vivevano reclusi, ma viaggiavano insegnando e curando) non sempre curava per ottenere buoni risultati con le sue cure (Marco,I,34) ma per insegnare che lo spirito è più forte del corpo (Luca,XII,4) e che è dello stato mentale di cui dobbiamo soprattutto preoccuparci. La malattia è per lo più dovuta la nostro squilibrio psicologico, pertanto è verso un ristabilimento essenzialmente psichico che dobbiamo orientare i nostri sforzi. La medicina vecchio stile consiste unicamente in una sintesi di anatomia e patologia. Da parte loro le religioni dei nostri giorni insistono unicamente sul carattere spirituale mentre alcune filosofie sono attente soltanto al lato materiale dell’organismo. Per quanto riguarda l’essere umano dobbiamo considerare la sua composizione globale, sia biologica che psicologica, ed è questo che ci insegna lo Yoga.

La psicologia freudiana ha dato un notevole impulso a questo fatto: l’interpretazione dei sogni da parte del celebre professore viennese è stata fonte di importanti rivelazioni. Già Aristotele (385 a.C.) aveva scritto un’opera sui sogni e sulla loro interpretazione. Il fenomeno del sogno non è un semplice fatto incidentale nella vita dell’uomo; non è soltanto importante come simbolismo dell’inconscio, in quanto ciò consente di tenere presenti e trarre vantaggio dalle

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scene viste che lasciano intravedere la coscienza addormentata. C’è da domandarsi a volte se il sogno non è una specie di autosuggestione dell’inconscio, infatti molto spesso il sogno è la reminiscenza dei ricordi celati nel più profondo del proprio io interiore. Il problema dell’autosuggestione è stato sempre molto importante nel campo delle religioni. Il cristianesimo in particolare adotta mezzi molto semplici per risvegliare l’autosuggestione fra i suoi adepti; il modo in cui la Chiesa presenta la sua architettura, la musica, gli incensamenti, i cantici, in una parola tutto un ambiente, ha lo scopo di indurre i membri della comunità verso un’idea che la mente accetterà più facilmente grazie all’effetto psicologico prodotto. E’, in un certo qual modo, una eterosuggestione, vale a dire una idea suggestiva che proviene dall’esterno e che prepara la suggestione personale (autosuggestione). Il meccanismo è semplice: prima si accetta l’idea come possibile, poi come ragionevole e infine essa viene globalmente riconosciuta come Verità.

Il prof. Coue ha già sufficientemente descritto questo metodo, per cui si può prescindere dal riportare esempio sulla trasformazione che avviene per mezzo della suggestione.

L’opposto dell’autosuggestione, il nemico in certo qual modo di questo stato mentale, è la pratica Yoga in generale, che consente alla Volontà di esercitare appieno il suo ruolo. Sin dalle prime discipline di Hatha-Yoga ci si deve abituare ad esaltare al massimo il Libero Arbitrio instaurando una forza di pensiero che domini le abitudini, costumi, il normale meccanismo al quale risponde la maggior parte degli esseri umani. Superare i complessi, i tic, le manie è il primo lavoro da compiere per poter analizzare in perfetta coscienza l’”io” che dovrà staccarsi da tutte le personalità strane o individuali, poiché generalmente viviamo sotto una massa di meccanismi; una specie di automatismo regge sia la vita fisica che quella psicologica dell’individuo. Lo Yoga aiuta a trascendere questo stadio e a realizzare la sua potenzialità sfuggendo al tipo di ipnosi sotto il quale evolve.

E’ per opporsi al determinismo della maggior parte delle religioni che il sistema Yoga si pone, non come un credo, ma come un metodo di realizzazione personale, e non si basa sulla necessità di credere, per così dire, nei principi religiosi di accettare qualcosa ciecamente senza sapere esattamente cos’è, poiché credere significa pensare che una data cosa possa essere o non essere, e non esistono verifiche, ma semplicemente un “credo”.

Si può però dire che la fede gioca un ruolo nel metodo dello yoghismo nel senso che si tratta di confidare in noi stessi, è cioè indispensabile armarsi di una potenzialità sovranormale, diciamo di una forza divina o di ciò che nella lettera di S: Paolo agli Efesini (VI, v.11), viene chiamata l’armatura di Dio di cui dobbiamo rivestirci secondo questo grande Istruttore cristiano, ovvero di ciò ce è a nostra disposizione, l’armatura del piano divino, le forze sovranormali per

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lottare, non contro il corpo (v.12) ma contro l’ignoranza (il principe delle tenebre cuoi si allude nel v.13).

Pertanto lo spirito che non si rende conto che egli è Dio non può resistere ai “giorni funesti” (v.13), cioè alle cattive influenze, ai giorni nefasti (quando le configurazioni planetarie sono malefiche). Lo Yoga è l’unico modo che offre la possibilità di sfuggire alle influenze astrali, uscire dallo Zodiaco, trascendere la zona d’influenza, sfuggendo prima ai costumi, alle abitudini, ai concetti limitati, ecc. (zodiaco mentale), per sottrarsi infine al meccanismo della collettività. Il karma può così essere modificato mediante la realizzazione dell’Unione: Jivatma-Parmatma, cioè: Realizzazione...

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17 agosto 1952

Prima di concludere definitivamente facciamo pausa e a titolo di divertimento ho preso oggi alcuni libri scelti a caso dalla biblioteca, che mi hanno fatto trascorrere una giornata in lettura. “Psychology in the Service of the Soul” di L.D.Weatherhead, “The Higher Power you can use” del prof. McDonald Bayne, “So send I you” do O. Chambers, e come quarto libro “The True Christian Religion” di E. Swedenborg. Stavo leggendo questa mattina durante una leggera colazione la rivista giapponese dell’ Ananai-Kyo e la mia conclusione è identica a quella cui sono pervenuto già da molto tempo: finora si è trattato di un’esposizione incompleta di teorie e naturalmente non ho la pretesa di fornire una teoria completa (soprattutto in quest’opera), ma sostengo che esiste e che è alla portata di chiunque. E’ chiaro che la via intellettuale è molto difficile da realizzare dato che la sua estensione è incommensurabile. Credo di avere una capacità eccezionale per quanto riguarda la rapidità di lettura; vi era un tempo che avevo l’abitudine di tenere sopra il tavolo 3 o 4 libri che leggevo contemporaneamente. Ho perso un po’ della mia abilità di quei giorni in cui giocavo a scacchi, definivo un problema di scienza planetaria e consultavo testi di teologia per non perdere tempo. Ho letto molto poco in questi ultimi anni e sono arrivato a pesare, come molti altri, che i libri non insegnano grandi cose e che la vera conoscenza proviene da una scala più elevata mediante un sistema di realizzazione intuitiva, anche se qui dissento spesso dai miei contemporanei, giunti alla stessa conclusione, per quanto riguarda il metodo per conseguire questa realizzazione intuitiva che, secondo gli altri, non si presta ad essere definita. Uno si lamenta delle complicazioni che vi sono intorno alla verità, dio deve essere qualcosa alla portata di tutti, è vero, ma da parte mia mi affretto a rispondere: si, la Verità è semplice, ma ci sfugge perché si vuole trasformarla secondo la propria volontà o frapporre alibi, scuse o condizioni alla sua realizzazione, che avviene in forma molto semplice. L’ho detto tante volte che non so se è ancora necessario insistere sul fatto che la Verità non può appartenere al passato (perché NON SAREBBE PIÙ la Verità), né al futuro (perché NON SAREBBE ANCORA la Verità), ma deve necessariamente appartenere al PRESENTE. Dimenticare il passato e il futuro (sfuggire al tempo e allo spazio), in altre parole distaccarsi dal mondo fisico, è il mezzo per constatare che ci troviamo nell’ordine del presente eterno e non limitato (coscienza

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universale) nella pienezza della contemplazione di Dio (samadhi). Ogni volta che si espone quest’idea, la risposta non si fa attendere e la gente dice “ma mio marito mi aspetta”, oppure “mia moglie ha bisogno di me” o ancora “io devo pur pensare ai miei figli”, o “devo fare una cosa”, ecc. Tutte le futilità delle risposte ignoranti, mi ribatte Luca in particolare al v.26 del cap. XIV, al quale fanno riferimento tutti gli Istruttori. Ma se ci si impegna a cercare qualcos’altro, in effetti vi è qualcos’altro: è il programma che si sviluppa nei Collegi Iniziatici che ho predisposto con le materie di studio più diverse (astrologia, psicologia, esoterismo, teurgia, teosofia, teologia, ermetismo, simbolismo, magnetismo, ipnotismo, psicoterapia, metafisica, metapsichica, archeologia, archeometria, geometria esoterica, guametria, musica, pittura, misticismo, ecc.).

In tutte queste materie vi è certamente la Verità, ma la Verità è semplice e deve essere colta istantaneamente senza ulteriori considerazioni conoscitive, il che non è alla nostra portata dato che non abbiamo saputo rendercene conto pienamente, infatti le dottrine sono rimaste semplici fonti di documentazione come la letteratura che ho letto oggi, piacevole indubbiamente, con punto di vista molto interessanti da prendere in considerazione, ma rimane esente da possibilità pratiche, non offre una sintesi di realizzazione. Forse Yug Yoga Yoghismo otterrà un miglior risultato in tal senso. Evidentemente i miei scritti scombussolano un po’ la morale comune; la gente vive con l’idea del peccato, la libertà è limitata da ciò che diranno gli altri, le persone si impongono una specie di morale ipocrita o una sorta di codice che definisce “ciò che è bene” e a tal proposito mi piace molto questo passaggio di Psychology of the Soul (p.176):

“Sex hunger is not more wicked than food hunger, unless you become morbid about it, and by gloating over it, and by turning it towards a perverted goal, you make it into sin. It is interesting to notice that when Jesus said: “every one that looketh on a woman to lust after her hath committed adultery with her already in his heart” (Matteo, V,28). He used the greek word gunaika (juvatka) which often means “married women” and many scholars think the phrase is “who looketh upon a woman, with the intention to lust”, which is a very different thing from the mere stirring of physical feeling. Sex feeling by itself is not sin”. Che tradotto in italiano è “L’appetito sessuale non è peggiore dell’appetito alimentare, amenochè non lo si rivolga verso uno scopo perverso, perché allora lo si trasforma in peccato. E’ interessante osservare che quando

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Conclusione 83

Gesù disse: “Chi guarda una donna con lussuria, ha già commesso adulterio nel suo cuore” (Matteo, V, 28) ha usato il termine greco “gunaika” che spesso viene usato nell’accezione di “donna sposata”, ma molti eruditi pensano che questa frase suoni come “colui che guarda una donna con intenzione sessuale” che è molto diverso dal semplice insorgere di una sensazione fisica. L’impulso sessuale non è di per sé peccato.

A poco a poco gli psicologi offrono al mondo una visione più ampia delle cose e le libertà naturali sono sempre meno considerate come anormali: si va vieppiù imponendo una maggior indipendenza.

Ma evidentemente si sfugge ancora la consapevolezza di tutto un mondo, tema questo del secondo libro menzionato all’inizio di questo capitolo, poiché sono le vibrazioni dense di ciò che si trova tra 34 e 64 onde per pollice che danno al mondo le forme fisiche cosicchè molti credono che queste siano tutto ciò che esiste, dato che forzatamente una gran quantità di cose rimangono invisibili (al di sopra e al di sotto della gamma di vibrazioni citata), ma non per questo non esistono.

Per quanto riguarda la serie di studi missionari di O Chambers, non vi è in realtà esposto niente di nuovo, è una concezione infantile di una religione esposta poveramente.

Si osservi ad esempio che le grosse religioni come il buddismo e il brahmanesimo non hanno missionari, come non li ha il giudaismo. La profondità dei loro concetti e le loro solide basi non richiedono propaganda o pubblicità scandalosa da parte di religiosi che assumono a volte l’aspetto di agenti commerciali.

In “So I send you” vi è un commento azzeccato su Matteo, cap. XIV, v.19, che si può riassumere dicendo che camminare sulle acque sembra essere molto più facile di andare sulla terra ad insegnare la dottrina del Cristo. E’ un fatto, perché far arrivare la luce a una moltitudine che vuole continuare a rivoltarsi nel fango non è cosa facile, ma a volte sarebbe necessario spiegare in che consiste questa Luce e non offrire soltanto un’immagine che rappresenta un Messia di cui nessuno comprende la Missione o la Ragione. La massa si lascia facilmente trasportare dal sentimentalismo o dalle suggestioni, il che andrebbe analizzato in un trattato a parte. E’ insomma indispensabile un metodo e non una conversione, il mondo ha bisogno di un sistema e non di una credenza.

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E’ anche indispensabile che questo sistema venga compreso prima che (giunga il tempo che) degeneri in dogma. Cito da “La Vera Religione Cristiana” di Swedenborg: “L’unico Dio è chiamato Jehovah, ecc.”

Che cos’è esattamente Jehovah? Va innanzitutto chiarito il significato di Yod-He-Vaw-He che quest’autore non spiega nella sua opera dando così luogo a grosse deformazioni Questo svedese Illuminato così continua (pag.27): “Jehvah significa “Io sono”...ed è chiaro che Dio è stato chiamato in questo modo sin dai tempi più remoti secondo quanto dice il libro della Creazione (Genesi).

Eso es correcto: Nel primo capitolo della Genesi troviamo la parola “Dio” ma nel secondo capitolo troviamo al vers.5 “Jehova Dio”, nell’edizione francese “Dio Eterno”, nell’edizione inglese di King James troviamo “Lord God” (con la parola Lord scritta maiuscola per richiamare l’attenzione).

Perché la versione francese di Luigi II riporta “Eterno”, e in quella inglese troviam “Lord”, che vuol dire signore. Nella Bibbia inglese moderna di Ferrar Fenton leggiamo: “Ever Lasting” (sempiterno) al posto di “Lord” e anche in grassetto per dare enfasi al concetto. Non ho sfortunatamente a portata di mano altre Bibbie, ma ricordo di aver consultato la versione olandese, scandinava, spagnola, tedesca, russa, greca, latina, ecc. e di aver trovato numerose differenze tra parole che dovrebbero invece esprimere uno stesso concetto in senso ben preciso. In realtà si tratta spesso di un significato completamente opposto a quello originale.

Se consideriamo la Cosmogonia di Mosè, da cui fu tratta questa parte della Bibbia, troviamo in tutta la prima parte del Sepher Bereshith la parola Elohim, mentre nella seconda parte vediamo comparire la parola Ihoah (cioè Jehovah).

Questo termine Jehovah è evidentemente di importanza capitale nelle ricerche mistiche, perché è Dio in una manifestazine diversa da Elohim come viene chiamato primigeniamente all’inizio del tempo.

Jehovah è la deformazione di IEVE, i quattro elementi dell’antica fisica, il Valore Simbolico in quintessenza di YNRI, è anche l’Azoth o la Sacra Torah, come pure il resto del quaternario che abbiamo già considerato precedentemente.

Poiché Yod-He-Vaw-He (IEVE) è il testimone dell’Adamah unito ad Eva, si riferisce dunque all’Yod primigenio unito al nome della prima donna; il nome di Dio (Jehovah) IEVE è così materialmente dei due

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Conclusione 85

primi esseri umani (Adam simboleggiato dallo Yod e Eva) e significa in senso letterale Io Sono, poiché ci è dato di essere sempre Adamo o Eva.

Si osservi che la parola “donna” viene usata nella Bibbia a partire dal terzo capitolo della Genesi ed è allora che compare il nome Eva (v.2). Nel testo originale abbiamo: “Wa-ikera ha-Adam shem Aisheth-o hawah chihiwa haith aen-cholhai”(ed egli, Adamo, dette nome alla sua sposa intellettuale (130), Hewah (131) poiché essa era la madre di ogni esistenza).

Questo Io Sono, attraverso l’idea in tal modo espressa, costituisce la spiegazione del nostro stato di ESSERE, intendendo con ciò il fatto di esistere, trovarsi costantemente nello stato PRESENTE. Dobbiamo comprendere che la matrice, la madre di tutte le cose è il Verbo essere eternamente in azione e rappresentato da Dio nella formazione di Eva (mitologicamente la prima donna) e la conferma di esistere di fatto mediante l’idea dell’Io che Dio fa vivere allegoricamente attraverso Adamo (creazione umana originaria).

“Si sa che Jehovah vuol dire Io sono” dice Swedenbong, ma dimentica che la massa ignorante non ne comprende il fondamento e allora si frammischia un guazzabuglio di concetti.

Abbiamo innanzitutto il “Penso, dunque sono” di Rene Descartes, quindi l’io sono” materializzato nell’egocentrismo, o spiritualizzato nel Jehovah dei giudei; infine vari gruppi si sono appropriati del termine “Io Sono” per farne il motto di qualche nuova scuola di psichismo dove ho visto poveri alunni dibattersi in un orribile stato ipnotico, pretendendo di essere in contatto coi “maestri dell’invisibile” o di avere realizzato l’io superiore” grazie a una specie di autosuggestione ripetendo la parola “io sono”. La maggior parte di questi studenti poi ignora completamente da dove derivi il termine in sé. Ho parlato con un’anima che non conosceva Descartes e non si rendeva nemmeno conto che stava rendendo culto a un Dio di concezione giudaica, e poi parlava del conte di St. Germain senza aver mai visto una sola lezione o estratto della Trinosofia; in una mescolanza di spiritismo e di documentazione presa a casaccio, questi “maestri” danno in pasto una terribile brodaglia di occultismo che provoca sofferenze nella povera gente non adeguatamente preparata. E’ generalmente negli Stati Uniti che si formano questi gruppi, che poi diffondono le loro dottrine ovunque. Gli americani sono abituati a venir cercare, principalmente in Francia, i fondamenti degli insegnamenti esoterici, e con una piccola dose formano un catechismo molto suggestivo.

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Le possibilità implicite nel pronunciare l’”Io Sono” sono molto diverse secondo quello che si intende. Si afferma la personalità (l’io egoista), si venera Dio secondo la concezione ebraica (Jehovah; le stesse sette cristiane usano nelle loro missioni il nome di Dio secondo questo concetto), o si aderisce alla filosofia cartesiana, ecc.

Si sa che i discendenti di Abraham avevano dimenticato il nome di Dio durante la permanenza in Egitto e fu di nuovo trasmesso al popolo mediante l’insegnamento di Mosè. Il Grande Istruttore interroga Dio attraverso se stesso (Esodo, II, 13), su qale è il suo nome e la risposta di Dio (v.14) è: Io Sono Colui che Sono (nella versione inglese dice: I am THAT I am, mentre nell’edizione di Fenton abbiamo: I am WHAT I am) e ancora una volta uno si perde in congetture...

Possiamo sempre evidentemente affermare Io Sono se si pensa che sia il nome di Dio, poiché siamo fatti a sua immagine, siamo Lui.

Ho già trattato questo passo (Genesi, I, 29) che non solo è stato trascritto nelle varie lingue con parole diverse, ma presenta anche un significato diverso nelle varie edizioni Torniamo ancora una volta all’originale:

“Wa-iaomer Aelohim nahasheh Adam be-tzallme-nou chi-de-mouthe-nou, wire-ddou bideggath ha-lam-w be-hoph ha-sha-maum, w’be-behemah, w’bechol-ha-aretz w’be-chol-ha-remesh ha-romesh hal-ha-aretz”.

“E disse, Lui-gli-Dei, facciano Adamo a nostra immagine, conforme all’simile-alla-nostra, ed essi avranno lo scettro sui pesci del mare e gli uccelli del cielo e sulla razza dei quadrupedi e su tutti gli animali della terra e su tutti gli esseri viventi che strisciano sulla terra”

“And, He said, He-the-gods, we will make Adam in the shadow of us, by the like-making ourselves, and they shall hold the sceptre, in the spaun breeding Kind of the seas, and in the flying of the heavens, and in the quadrupedly-walking kind, and in the whole earth-born life, and in all moving thing crawling along upon the earth”.

Facciamo l’uomo a nostra somiglianza, quindi come nostro riflesso (somiglianza fra macrocosmo e microcosmo) e poi: essi avranno, espresso questa volta al plurale. Essi avranno lo scettro, cioè regneranno (lo scettro come quello dei sovrani, dei re, come ho già detto in precedenza).

Non so se è chiaro per tutti, ma mi pare che faccia una qualche luce sul problema di Dio che fa l’uomo a sua immagine. Sfuma l’impressione che Dio e l’uomo siano due cose separate e si comincia a rendersi conto

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Conclusione 87

dell’Unità di queste due diurne manifestazioni (ma questo può anche essere un fatto illusorio, come sempre la maya orientale).

Abbiamo visto il problema delle forme e in effetti molto poco si sa sul fatto che dove c’è la realtà, è sempre presente ciò che è specioso, effimero, fallace.

Leggo poi in “La vera religione cristiana” (nel capitolo “Dio Creatore”):“Quando Dio ebbe creato il Cielo e la Terra, si riposò il giorno del sabbath...”.

Immagino che non sia necessario che io esprima il mio punto di vista sulla “creazione” del Cielo e della Terra, poiché ho già detto che si tratta del PRINCIPIO di corrispondenza, ma per quanto riguarda il sabbath sussiste spesso un falso concetto che è bene dissipare. Gli ebrei hanno l’abitudine di contare i giorni della settimana e “sabbath” significa semplicemente “settimo”. Ho sentito dire, specialmente nei paesi anglosassoni, che il sabbath corrisponde alla Domenica! Alcuni considerano questo giorno come il sabato, ma si deve tener presente che non si tratta di un giorno particolare e che neppure corrisponde alla nostra enumerazione di lunedì, martedì, mercoledì, ecc. E’ un nmero e va quindi considerato in corrispondenza della successione dei giorni della nostra settimana.

La maggior parte dei testi dice: “Wa-ichall Elohim baiom ha-shebini melacheth-o asher hasah, wa-sheboth baiom ha-shebihi mi-chol milacheth-o ascher ha-hah”. (Ed Egli, Lui-gli-Dei, completò nella manifestazione fenomenica, la settima, l’atto sovrano che aveva esercitato, ed Egli ritornò alla manifestazione, ed Egli ritorò alla manifestazione luminosa universale, la settima, dopo aver esercitato ogni azione della Sua sovrana potenza) (And he fulfilled, He-the-Gods, in the light’s manifestation,the seventh, the sovereign work which he had performed, and He restored himself in the light’s manifestation, the seventh, from the whole sovereign work which he had performed).

Non si tratta di sabbath come nome di un giorno ma di settimo, e ci si domanda come i traduttori siano arrivati ad una simile interpretazione: “Si riposò il sabato”. Ciò è già in Swedenborg e anche prima del secolo XVII e i pensatori hanno esposto i loro commenti su questi temi che ignorano completamente.

Evidentemente il “settimo giorno” comporta una certa difficoltà nello spiegare quale fù il primo giorno e i vari autori si trovano in imbarazzo nell’avanzare una qualche teoria.

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88 Conclusione

In Occidente, dove si usa il calendario solare, l’inizio del mondo dovrebbe essere posto in relazione con la domenica (giorno del sole) e allora il “settimo” giorno corrisponderebbe al sabato (giorno di Saturno), perciò la fine della settimana sarebbe rappresentata dal “Sabbath” (il settimo” e sarebbe quindi del tutto logico riposare per rispettare i precetti cristiani. Allora ci si domanda: perché tutta la cristianità onora la domenica? Si considera generalmente come primo giorno della settimana il lunedì (giorno della Luna), il che è un concetto giudaico. Infatti per li ebrei la Luna è il “pianeta” prmordiale e il loro calendario è basato sul movimento lunare (e non su quello solare come per i cristiani). Il primo giorno dunque per i Figli d’Israele è il Lunedì, l’inizio della settimana, il che pone come “settimo” giorno la domenica, in cui dovrebbe cadere la consacrazione settimanale, ma ecco invece che i giudei considerano “sacro” il sabato. E allora?

Il “settimo giorno” si è perso dunque da qualche parte...e uno si perde nel volerlo cercare.

Insistiamo ancora una volta sul testo originale della Bibbia

(Genesi, II, 3): “Wha-ibarech Elohim aeth-iom hashebihi, wa-ikad desh aoth-o chi b’o shabath” E Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò (la sua esistenza).

Questa è un’interpretazione del tutto diversa e un ragionamento ben differente, allora perché ripetere in maniera idiota: “Il settimo giorno Dio creò il Settimo” (il settimo giorno Dio creò il Settimo” (il settimo giorno Dio creò il Sabbath!..)132

Dio (in realtà è da dimostrare che si tratta di un Dio differente, ma comunque tralasciamo pure questa questione) benedisse il settimo giorno ed ESSO si santificò (ne santificò l’esistenza per il fatto che ritornava ad essa); è così che si esprime il testo ebraico: Egli ritorna alla sua ineffabile deità.

Nulla impedisce di rispettare questo settimo giorno che indica il ritorno del Creatore al suo stato non-manifestato precedete a quello creativo. Sabbath, Saturno, Sette... concetto di reincarnazione, stato finale, morte di un ciclo, ritorno ad un altro piano.

Si ricorderà che anche nei Collegi Iniziatici del Sud, le Scuole di SA, quelle che emigrarono verso Oriente (poiché quelle di AS, i Nordici, ristagnavano) l’insegnamento ha subito una trasformazione, ha concluso uno stadio, è proseguito ad un altro diverso, non è stato Assimilato agli

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altri principi occidentali ma ha Salvato il patrimonio iniziatico avendolo portato altrove.

Le sette di SA (che sono diventate SA-mata, SA-me-te, SE-mi-ti, semitiche) sono state più tardi considerate come Santificate, come il popolo benedetto il popolo eletto (gli eletti, i prescelti).

Si può poi parlare di un giorno santificato, un giorno di riposo se si vuole, ma non si deve usare una parola ebraica che vuol dire sabato per indicare la nostra domenica (ce è il primo giorno e non il settimo se si segue l’antico principio semitico in basde al quale il giorno della Luna (il lunedì) è quello primordiale.

Per me, di fatto, tutti i giorni sono santificati dal Creatore e nello Yoga si inizia proprio con una santificazione trasmutando il primo centro neurofluidico (cakra Muladhara) simboleggiato dal pianeta Saturno. L’illuminazione delle sette ruote magnetiche segna un ordine che va da Saturno al Sole, poiché l’involuzione (l’incarnazione divina nell’uomo, l’ombra della Divinità che riveste l’individuo, Dio che fa l’uomo a sua immagine) è dal Sole (Brahma-Rundra) che l’Anima Universale è discesa nell’essere incorporandosi attraverso i chakra fino a poggiare alla base della colonna (Mula-Dhara), caratterizzata da Saturno, il compimento del lavoro di Dio, il riposo del settimo giorno, la fine della settima epoca, i sette gradini discesi da Elohim lungo gli stadi del microcosmo: la Santificazione di se stesso, il SHABATH...

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18 agosto 1952

Arriva sempre un momento in cui i libri non insegnano più niente, è vero e so quale riflessione fa la maggior parte degli studiosi che è alla ricerca della Verità. Il fatto è che non può essere espressa in parole. Tuttavia prima di arrivare a questo stato di rifiuto di scuole, libri, maestri, ecc. Ci si deve formare un’opinione che non può scaturire se non da studi molto approfonditi dei testi, dei vari concetti e degli istruttori che si sono succeduti nel corso dell’evoluzione.

Già da tempo non leggo più libri, tuttavia in questo momento sono ricorso ad alcune opere come riferimento, ed anche, lo confesso, per pormi entro la corrente delle varie opinioni, ma constato, ahimè, che spesso le opere anche quelle istruttive non forniscono, malgrado tutto, la chiave del mistero; il lettore si trova a dibattersi fra diverse impostazioni, e non sa che fare. Che metodo seguire? Si trova di fronte a varie teorie, molto spesso convergenti, bisogna ammetterlo, cambia solo il valore delle parole e l’interpretazione del significato viene lasciato arbitrariamente a ciascuno, secondo la sua mentalità.

Il grande illuminato scandinavo Swedenborg, che ho già menzionato ieri, ha indubbiamente dato un contributo al mondo, ma ho finito questa sera il suo libro La Vera Religione Cristiana e devo dire che se l’approccio era molto buono per l’umanità del secolo XVIII, non so se il valore di questi trattati è ancora lo stesso a partire dal secolo XIX. Il misticismo dei nostri giorni è una sintesi di intellettualismo e di esperienza personale, il filosofo non deve più necessariamente fare riferimento alla Chiesa organizzata per esporre il suo insegnamento religioso, la religiosità stessa è di altro ordine. L’intelletto, la conoscenza, il Sapere in generale non sono più privilegio di monaci o di pochi eruditi fuori della religione; l’uomo di strada ha spesso concetti sufficientemente ampi sui vari problemi scientifici e filosofici e il mondo attuale richiede soprattutto una psicologia trascendentale in luogo di una religione (va detto, molto spesso mal compresa) cui non può aderire per mancanza di spiegazioni adeguate al suo spirito evoluto.

Si sa che il peccato originale non è l’atto carnale cui si è pensato molto spesso a causa della nostra formazione sul catechismo cristiano, né è un peccato conoscere la Verità, perché (è il caso di dirlo) si capisce che è stato per voler “sapere” che Adamo ad Eva hanno commesso il crimine del quale oggi è responsabile tutta l’umanità. Si trattava di un albero (la

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mela simbolica) al centro del giardino dell’Eden, che essi non potevano toccare perché era l’albero della scienza. La scienza sarebbe dunque un peccato? L’albero in effetti insegnerebbe molte cose, questo frutto proibito è la conoscenza ed è vista come male. Perché Dio dovrebbe impedire agli uomini di avere un intelletto? E arrivare poi ad unire l’oggettivo con il soggettivo?

Nel Supplement (p. 843), Swedenborg scrive: “ogni uomo eredita dai suoi progenitori la perversione ma solo pochissimi sanno dove risiede questa perversione. Essa è radicata nell’amore per il possesso, nell’amore per il dominio, che se non è avvertito, si trasforma in ambizione di dominio su tutto, fino al punto di voler essere invocati e adorati come Dio”. Questo amore è il serpente che ha ingannato Adamo ed Eva, dicendo alla donna: “Dio sa che il giorno in cui voi ne mangerete, si apriranno i vostri occhi e diventerete come Dio” (Genesi, III, 4-5).

L’autore continua con una dissertazione filosofica e, troppo occupato contro la teologia della Chiesa Cattolica Romana, tralascia l’analisi di questo passo biblico così importante.

Osservo innanzitutto che in molte versioni inglesi è detto: diventerete come gli dei (plurale) poiché nel testo è detto come Aelohim che significa Lui-gli-Dei perché mai dunque non si è usato fin dall’inizio gli dei dato che a partire dal primo versetto della Genesi è detto “In principio Aelohim creò, ecc.”, che si dovrebbe tradurre come “In principio gli dei hanno creato, ecc.”.

C’è sempre questo fatto illogico delle traduzioni troppo libere; difatti si sono rilevati molti errori, poiché c’è innanzitutto una bibbia in versione originale, poi una versione autorizzata, poi una rettificata, corretta, ampliata, ecc. E non immutabile come devono essere i testi sacri.

D’altro lato, per quanto concerne “il giorno in cui voi ne mangerete”, osservo che in alcune versioni è detto “nel giorno”, il che introduce un altro concetto poiché nel giorno, nella Luce, nella comprensione, rappresenta l’opposto di: nelle tenebre, nell’ignoranza, ecc. Inoltre “il giorno” è una definizione che fa anche pensare a: in un certo giorno, in una data fissa, il giorno, il periodo, l’epoca in cui assimilerete, ecc.

Quando si parla del serpente (Genesi, III, 1), nel testo originale è scritto Nahash, che si può tradurre letteralmente come serpente, ma l’ebraico non va sempre inteso nella sua accezione grammaticale, ma il più delle volte in quella simbolica, poiché sappiamo che ogni parola

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(specialmente nelle lingue antiche e soprattutto secondo un concetto orientale) ha un’0interpretazine testuale, figurativa, ecc. Anche per noi, malgrado la povertà delle nostre forme d’espressione. Per esempio: “W’ha Nahash haîah, haroum...” significherebbe “L’ansioso ardore era una passione generale in mezzo a una completa animalità”133.

La passione, il principio cieco, il desiderio, l’invidia, l’amore del sapere, non sono più un semplice rettile, ma una conoscenza. Il serpente rappresenta per alcune razze il simbolo del Sapere, della Sapienza stessa come negli Antichi Testi Orientali. Non è forse qualcosa di benefico piuttosto che di malefico? Perché dobbiamo interpretarla come malefica a causa di un serpente? Non sto facendo un’affermazione, semplicemente presento i due aspetti, non suppongo nulla, esprimo soltanto un’idea, questo è tutto; dobbiamo contrapporci molto energicamente agli atteggiamenti assunti dai meno versati.

Il nahash è soprattutto un principio, un’idea, un piano mentale forse contrapposto a Ionah (Genesi, VIII, 10), che è stato malamente tradotto con “colomba”, come thebah è stato tradotto con il termine “arca”...! Ricordiamo un’ultima volta il testo della “Cosmogonia di Mosè” (trascrizione di Fabre d’Olivet): “E aspettò ancora un settenario di giorni (periodi luminosi) e di nuovo inviò Ionah fuori della Thebah”.

Sarebbe evidentemente necessario scrivere un libro apposta per approfondire questo concetto, poiché è chiaro che esprime qualcosa di più importante del fatto di inviare una colomba fuori da una casa galleggiante. Siamo soprattutto in presenza di un insegnamento dei più esoterici di cui non intendo divulgare i principi, come nel caso della precedente menzione dello Ojas-Yoga con il metodo del Laya, ometto quindi i commenti su nahash, Ionah e la stessa thebah, riservando all’insegnamento orale questa lezione di cui non ricordo che i fondamenti.

Non vanno prese come coincidenze le analogie tra quanto detto e ciò che abbiamo analizzato in precedenza (IEVE), poiché i vari passi (Matteo, V, 28; Esodo, III, 13-14; Genesi, II, 3) indicano un parallelismo entro l’evoluzione iniziatica e l’atto sessuale indica qualcosa di molto diverso da ciò che abbiamo appreso fino ad ora. L’unione dei due principi (maschio e femmina) ha qualcosa di sacro, che è stato profanato da un’idea indubbiamente materiale, naturale, e di qui deriva il termine EVA per la prima donna, del quale il simbolico Adamo, sostituito in esoterismo dalla lettera YOD, è la chiave della funzione. Questa relazione nei suoi diversi aspetti può essere Ionah o Nahash (puro o

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Conclusione 93

impuro), lo stato mentale durante il coito (la simbolica Thebah) che dà come risultato la fusione delle due polarità (Adamo ed Eva nello Yod unito a He-vaw-he), per ottenere l’illuminazione, lo YUG.

Gli uomini hanno aderito a varie religioni, si sono legati a diversi dogmi, hanno dato la loro vita per credo dei quali per lo più non avevano compreso nulla, e io ammetto che non sarà grazie a questa mia esposizione che il mondo sarà salvato; lungi da questa pretesa, intendo rivolgere più un richiamo che dare una vera spiegazione.

L’essere umano oscilla tra un estremo e l’altro senza rendersene quasi mai conto. Va molto bene credere in un’idea fiutando che essa è motivo di pace ma il mondo è veramente in pace? L’essere in particolare ha veramente vinto lo stato caotico con il quale affronta anche il più piccolo problema? Le religioni sono scuole di morale che a volte offrono una belle disciplina, ma non risolvono il problema centrale: quello della Vita.

Se vogliamo vivere con il proposito di perfezionarci e prepararci ad esistere realmente si rende assolutamente necessario un codice, una dottrina e indubbiamente il mondo ha bisogno di essere orientato verso una migliore comprensione delle relazioni (interpersonali). Ogni religione o sistema filosofico porta una nuova oggettività, ma dimentica la realtà della Vita, che è per molti l’unico problema. Per quanto riguarda coloro che non credono nella vita, quelli che si ritirano del mondo credendo in un principio eterno, la cosa è fatta: essi non chiedono nulla, hanno trovato la soluzione ai loro problemi, ma sono molti? Vi sono alcune grotte nel Tibet occupate da asceti di questo genere. Ho visto caverne nelle rocce dell’Himalaya dove vivono saggi in meditazione, ma a parte questa manciata di esseri che si sono realizzati, sono molto pochi i privilegiati che vengono al mondo per compiere una missione ben definita, quelli che hanno avuto la fortuna della realizzazione e si dedicano quindi ad aiutare e ad assistere i fratelli per far provare anche a loro il Nettare Sublime.

Il mondo è tuttavia popolato soprattutto da uomini che anelano ad arrivare alle Cime della Spiritualità, ma come?... hanno prima la necessità dell’apprendistato della Vita, per poterla poi lasciare per l’Esistenza.

Per quanto riguarda il sistema di vita, nessuna psicologia è stata finora in grado di offrire al mondo, non diciamo il godimento e la felicità, ma neppure la Pace. Se molto tempo fa, per alcuni millenni si è offerto un sistema psicologico basato sulla Tradizione Iniziatica, per una civiltà, un’Era di calma, alla quale oggi nuovamente aspiriamo, l’unico rimedio

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94 Conclusione

appare ora il ricorso a questo sistema, sereno dei Collegi Iniziatici, che non costituiscono in sé la soluzione, ma preparano il genere umano a una rieducazione, avviandolo per il Sentiero della Completa Realizzazione.

La moderna psicologia (che è al tempo stesso quella antica di migliaia di anni) si basa sull’esteriorizzazione dell’individualità che deve annicchire la personalità; è la realizzazione personale mediante un metodo che va bene a tutti senza tener conto di credo, religione o cultura, è lo Yoga inteso nel suo vero significato, come ho cercato di dimostrare qui. E’ un complesso di conoscenze insieme a un’identificazione del sé, ma non di un “io superiore” e un “io inferiore”, come molti credono. L’Identificazione è uno stato di realizzazione puro e semplice, senza discussioni sullo spirito, o Dio, o l’anima, un’esperienza personale che inizia con l’essere fisico, con la salute, con gli esercizi che danno un equilibrio al mondo della materia, prima di iniziare ad agire sul piano soggettivo. Il piano metafisico sarà preso in considerazione dopo aver posto le basi di una vera cultura.

J. Krishnamurti ha chiaramente definito questa necessità di ricercare la comprensione e non il comfort. Si cerca sempre il comfort sia nel mondo materiale che in quello mentale, e un momento o l’altro sopravviene necessariamente la disillusione. Perché cercare di soddisfare lo spirito, quando è indispensabile soprattutto comprendere il perché e il come. Basta osservare tutte le brave persone che vanno alla messa domenicale per capire che esse provano un’aspirazione alla pace (che in realtà, ricevono). All’uscita dalla cerimonia, vi è una radiosa luminosità sui loro volti, ma questo stato al quale sono pervenute non è duraturo. Lo stato nel quale si trovano è come quello di colui che è stato in ipnosi ed è felice e considera come assolutamente reali le idee che gli sono state invece infuse dall’ipnotizzatore; l’illusione continua fino a quando il soggetto non lascia la scena del teatro dove è stato ipnotizzato.

La Verità non è qualcosa di bello né di repulsivo, come Dio non è né buono né cattivo e la luce non è dentro la religione o dentro l’occultismo. Si deve ricercare la Verità nell’infinito eterno e non in un insegnamento, in una dottrina, in un libro, in una scuola, in un concetto, e tantomeno nell’intellettualismo, nell’arte o nella scienza, perché non sono che dei costumi che delineano il cammino, sono tappe che aiutano a percorrere il Sentiero. L’Iniziazione non è una cerimonia, uno studio più o meno complicato, ma piuttosto uno stato di realizzazione da raggiungere, e benché si raggiunga per mezzo di una documentazione sui

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vari aspetti del pensiero umano, va chiarito che le materie considerate non sono l’oggetto, ma semplicemente i mezzi.

I membri di alcune congregazioni affermano di essere liberi per il fatto di trovarsi in determinate condizioni, liberi di agire entro il cerchio di limitazioni del dogma al quale appartengono.

Lo struzzo è il miglior esempio di questo tipo di umanità che nasconde la testa sotto la sabbia per non vedere il pericolo; aderendo a un dogma, un credo, un tempio, limitandosi a una credenza, la gente generalmente rimane a livello della prima educazione che corrisponde all’istruzione infantile. Come i cavalli da tiro ai quali nelle grandi città vengono messi i paraocchi perché non si spaventino, così gli uomini si rifiutano di vedere la Verità ed è sicuramente l’unico rimedio offerto loro come pozione contro la paura.

Invece di aspettare il disinganno, perché non avere uno spirito critico abbastanza forte da affrontare il dubbio realizzando le interrogazioni su se stessi, invece di aspettare che il dubbio venga seminato da altri nel nostro spirito? Analizziamo, studiamo, cerchiamo di perfezionarci nei diversi campi e avremo allora un edificio (e questa parola è stata scelta apposta) concreto, il vero Tempio di Dio (dato che siamo fatti a sua immagine).

Questo metodo avrà come conseguenza l’instaurarsi di una verità propria al di là dei confini delle possibili limitazioni delle varie sette che sono state organizzate per canalizzare il pensiero della gente. Tuttavia questa Verità completamente personale si riunirà, ne sono sicuro, alle Verità altrettanto completamente personali di tanti altri e quando avremo raggiunto completamente questa luce che regna ovunque e soprattutto avremo stabilito la vera INIZIAZIONE, che si realizza mediante l’esperienza personale, abbandonando sia i propri pregiudizi come pure quelli di qualsiasi altro. L’Unione con la grande collettività è il Regno dello Spirito Santo, la Coscienza Universale, il terzo stadio dell’Assoluto (Vita-Forma-Pensiero). Ci resta da formare questa coscienza, non come un magnetismo astrale bensì in forma tangibile, poiché il PENSIERO è Creativo e otterremo allora il ristabilimento della nostra vera FORMA; il movimento non è limitato a un numero di vibrazioni percettibili unicamente attraverso il nostro corpo fisico ma vanno rimosse tutte le limitazioni di colore, di luce, di tonalità del mondo fisico conosciuto, per esistere in un mondo senza limitazioni che ci farà veramente vivere, cioè non semplicemente aderire a un meccanismo funzionale organico, ma esistere di fatto nel principio VITA.

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In effetti Adamo ha peccato nell’abbandonare lo stato contemplativo per “vivere” semplicemente; in un certo qual modo ha cessato di esistere. L’uomo generalmente riflette questo stato, volgendosi al mondo dei sensi malgrado i suoi ideali. Ciò avviene per quasi tutti ed è uno stato nel quale per di più si pretende che l’uomo viva necessariamente due tipi di vita e si limiti ad essi: quello materialista che segue la morale tradizionale, l’educazione ortodossa, ripetendo le parole della religione, e il piano dell’uomo spirituale, diviso tra la Fede e l’applicazione della ragione alla vita quotidiana.

L’essere umano ricerca una concordanza tra la religione e la vita moderna, che non è tanto un fatto di applicazione, quanto piuttosto di uscire dai confini tanto del soggettivo quanto dell’oggettivo e soprattutto di capire prima di mettere in pratica. Negare la realtà del soggettivo è dimostrare ignoranza, ma negare l’esistenza del mondo oggettivo è lasciare il problema irrisolto. Non stiamo considerando l’Unione dei due aspetti, poiché la Fede non va confusa con la Ragione, bisogna andare al di là di queste considerazioni e realizzare uno stato reale con entrambi, sopprimendo le complicazioni del mondo materiale e convertendo il mondo spirituale n un fatto concreto. L’oggettività del campo astratto non solleva dubbi nel mistico anche quando si trovi obbligato a soddisfare le sue necessità fisiche, biologiche, o ad adeguarsi ai costumi della collettività nella quale vive. La soggettività è presente anche nei più accaniti atei, e questa relatività nel nostro modo di intendere le cose e i fatti che ci stanno intorno è stata oggetto di più di una considerazione scientifica e fa rilevare l’esistenza di un piano sovranormale. Di fatto l’iniziato è l’unico che può fare questo esame ponendosi al di là delle suddette barriere. Si intende generalmente per mondo civile la generazione che ha saputo modernizzarsi in un apparente comfort di forme, mentre in realtà non ha apportato grande soddisfazione al pensiero umano turbato sempre dagli stessi problemi molto più profondi della politica o della sociologia in generale.

I discepoli di R. Tagore pretendono che il loro Maestro abbia offerto al mondo la soluzione del problema. Platone ha bandito tutti i poeti dalla sua repubblica ideale e Nietzsche afferma che i poeti raccontano bugie e di fatto sanno ben poca cosa, invece il divulgatore del Gitanjali è su una posizione completamente diversa, anche se da parte mia penso che si rivolga soprattutto agli idealisti e non risolva granché il problema che di fatto continua ad esistere.

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Voglio dire che Tagore si limita ad essere un espositore emotivo di amore e di orazioni, vive intensamente e conosce molte cose; il mantra Shantam, Shivam Advaitam (Pace, Beneficenza e Unità) costituisce il suo leitmotiv.

Tuttavia egli afferma che non vi è che UN solo Sentiero per conoscere la verità, che esiste attraverso l’interpretazione di noi stessi, attraverso tutte le cose, è di fatto lo Yoga, l’Identificazione. Si presenta in un certo qual modo come un banthika e si leva contro gli asceti isolati, ma il suo motto principale di volontà e di sacrificio è male interpretato dall’Istituzione che lui stesso ha fondato. E’ certamente un mistico-idealista, ma è questo che dà un’educazione al mondo?

E’ stato Ruskin a dire che l’educazione non consiste nell’insegnare alla gente le cose che non conosce, poiché questo compete all’istruzione.

Far imparare le cose che non si sanno è compito delle scuole ufficiali con istruttori, con professori che insegnano alla gente a conoscere cose che ancora non conoscono. Bisogno Educare l’umanità e questo consiste nell’insegnarle a comportarsi come non si sta comportando.

L’istruzione ha bisogno di materiale; Platone l’ha definita come “la direzione che si deve indicare alla gioventù verso una retta ragione confermata dalla Legga e sanzionata come buona dall’esperienza degli antichi”. Per quanto riguarda l’educazione non è necessario disporre di opere scritte, ma si deve cominciare dall’organismo per studiarlo come mezzo di perfezionamento, poiché è grazie alla fisiologia che otteniamo una corretta psicologia, come ho già dimostrato precedentemente. L’Educazione riguarda insieme la natura fisica, intellettuale e spirituale.

Da Platone in poi (ed anche prima di lui) sono numerosi quelli che hanno cercato di dare al mondo un sistema governativo adeguato, con piena soddisfazione di tutti. Anche alcuni movimenti, sotto il nome di religione, hanno cercato di avocare a sé la direzione dell’umanità; la Chiesa di Roma senza esservi riuscita e sette musulmane, quali il Sufismo e il Bahaismo hanno cercato in questi ultimi tempi di espandere il loro potere.

Il Sufismo, setta di musulmani persiani, ha avuto dei grandi mistici quali Saadi, l’astrologo Al-Birumi, Avicenna, Ralizis, Averroè e l’alchimista Geber.

Il Bahaismo, da parte sua, è un movimento religioso sorto in Persia a metà del secolo XIX ad opera di Mirza Alì Mahomet (1819-1850); all’inizio fu denominato babaismo (Bab è il nome religioso di Mirza).

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98 Conclusione

Alla morte del fondatore i discepoli seguirono il successore Mirza Husain Alì Nuri nella città di Costantinopoli dove egli si dichiarò Gran Profeta e adottò il nome di Baha ‘U’LLah; alla sua morte nel 1892 fu suo figlio maggiore Abdul Baha che assunse la direzione del movimento e alla sua morte il capo del Bahaismo divenne suo figlio, il grande Shoghi Effendi. Baha ‘U’LLah continuò ad essere venerato come il grande illuminato, e fu lui che ne scrisse i regolamenti e organizzò il movimento amministrativamente ed ebbe la fermezza di dichiararsi il Profeta annunciato dal culto (nel 1863); fu imprigionato nel 1868 e in un certo qual modo pone le basi della sua religione come Mahomet utilizzando come “rivelazioni” le opportunità fornite dalle circostanze.

Tutte queste associazioni adottano un tono di universalismo, anche se non si tratta che di un’idea, e la maggior parte dei movimenti dell’ultimo secolo sentono la necessità di affermare che è indispensabile unirsi, anche se spesso non si tratta che di una dichiarazione, invece che di un’attuazione, dato che in realtà ciascuno pretende di dominare. In teoria tutte le nuove organizzazioni proclamano l’obiettivo dell’unione di tutte le idee mentre in realtà resta sottinteso che ciascuno conserva le sue posizioni. Ho avuto la possibilità di constatare che in varie sette e gruppi di molte parti del mondo il termine “fraternità” è un titolo che si accaparrano generalmente i piccoli raggruppamenti.

Nei paesi occidentali si appropriano del termine “fraternità cristiana” ecc., con una facilità che lascia tutti soddisfatti, poiché con il nome di “cristiano” si intende “civilizzato”.

La GRAN FRATELLANZA UNIVERSALE che è un’Istituzione che esiste realmente ignora queste banali piccole discussioni da parrocchietta, allo stesso modo in cui un adulto non presta attenzione ai bambini che giocano ai cow-boy e agli indiani. Naturalmente è inutile spiegare ai ragazzi che il cavallo sul quale stanno dondolandosi è di legno o di cartapesta e non ha nulla del Vero cavallo.

Non c’è affatto fratellanza universale in tutte queste associazioni che continuano ad essere tipicamente islamiche, induiste o buddiste. Voglio dire, come, immagino, qualsiasi persona sensata, che il termine fraternità universale non si può applicare se non a quella Istituzione che insegna in un modo universale tutti i concetti del pensiero umano senza fare pressione per un’idea piuttosto che un’altra.L’Augusta Gran Fratellanza Universale da migliaia d’anni veglia sui destini del mondo e riprende il suo posto per Rieducare l’Umanità

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Conclusione 99

affinché, come in altri tempi in alcuni periodi obliati dalla nostra storia, il genere umano possa vivere di nuovo in un’Era di serena comprensione, in perfetta armonia, perché si compiono le predizioni sull’Età dell’Oro, l’epoca acquariana, il grande periodo di Pace.

Non posso negare che la Grande Istituzione sia servita da veicoli i cui nomi terminano in “isma” per diffondere, secondo l’epoca e il luogo, le teorie che, benché più o meno inficiate dai dogmi, pure poggiano sulle basi del suo insegnamento. In altre parola, tutte le società di spiritismo, occultismo, teosofismo, islamismo, ebraismo, buddismo, ecc., sono state agenti non coscienti o involontari che indirettamente hanno ricordato le chiavi, le parole chiavi, gli insegnamenti basilari che non sono stati compresi dalla massa, ma sono stati raccolti qua e là degli “iniziati” (non INIZIATI), esseri sufficientemente pronti a staccarsi da questi “ismi” e stare all’erta nel momento in cui, come dice il celebre assioma: Quando il discepolo è pronto, appare il Maestro.

Questo ulteriore “ismo”, mi riferisco al titolo di Yoghismo di questo libro, va inteso come un richiamo, la base dell’insegnamento dello YUG posto come dottrina, espresso ancora una volta in forma di “ismo”; non si tratta di una nuova scuola di pensiero, ma sempre la stessa, la Via. Questa Iniziazione Tradizionale richiede tuttavia di seguire un cammino, e lo Yoghismo descrive lo stato di coscienza e l’evoluzione dell’autore, che ha percorso velocemente i “crocevia” esoterici, si cui annota qui i punti principali.

I Vedanta erano un tempo di moda, grazie al loro divulgatore dei nostri tempi, cioè Swami Vivekananda che ha saputo rendere attraente questa filosofia basata sulla più pura essenza metafisica (si tratta di una metafisica!).

Vedanta vuol dire etimologicamente fine dei Veda e nella vita d’oggi siamo molto lontani dall’applicazione dei Veda. Si deve tuttavia rendere omaggio ai Veda, che sono stati i primi libri ad insegnare che l’Universo è infinito in spazio e eterno in durata, anche se abbiamo creduto che si trattasse di un concetto moderno e soprattutto occidentale. Sappiamo che c’è una frase, che non sappiamo da dove provenga, che dice: Non ci fu inizio e non ci sarà fine.

Anche quando la religione poggia sui Veda, come possiamo verificare, 206 milioni di indù in India non riescono a raggrupparsi nel Vedantismo puro (gli indostani si dividono in 206 milioni di induisti, 69 milioni di maomettani, 9 milioni di buddisti). Vanno sempre più aumentando gli induisti non indostani, ed anche molti occidentali fuori

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100 Conclusione

dell’India hanno abbracciato la religione dei Bramini. E’ noto che mentre i cristiani credono che ogni anima abbia inizio con la nascita in questo mondo, gli indù da parte loro insegnano che l’anima dell’uomo è immortale (Veda), che lo spirito dell’uomo è un’emanazione dell’Essere Eterno e non ha inizio come non lo ha Dio stesso.

Il Vedantismo e specialmente la volgarizzazione di Vivekananda, va bene soprattutto per l’India, come lui stesso ha scritto ne Il problema dell’India moderna e la sua soluzione (articolo introduttivo in bengali nell’Udvodhana del 14 gennaio 1899):

“L’Europa e l’America sono i figli progrediti dello Yavana, la gloria dei loro antenati, ma i moderni abitanti del paese di Bharata (l’Indostan) non sono forse la gloria degli antichi Arii?”

Lo Swamiji ricercò soprattutto una soluzione per il suo paese e viaggiò allo scopo di intensificare i contributi e l’aiuto contro le altre religioni dalle quali rifuggiva. In occasione del primo numero del bollettino bisettimanale in bengali della Missione Ramakrishna disse:

“La delegante propaganda buddista vuole fare nuovamente dell’India un grande monastero?”

Dal mio punto di vista mi sembra che ciò non abbia niente della religione universale, ma sia piuttosto una propaganda nazionalista (fondamentalmente religiosa, a quanto capisco), ancora una religione a senso unico, come il cristianesimo pretende di fare del mondo un pianeta cristiano o l’Islamismo che vuole convertire il mondo alla fede di Maometto. Il Maestro dello Swami era un po’ più saggio, si sa che Vivekananda era un passionale, mentre il suo Guru, Sri RamaKrishna il Paramhansa era più sereno. E’ per questa sua passione attiva (qualità rajasica) che lo Swami ha dedotto una forma di Yoga con caratteristiche piene di calore, un Raja Yoga in accordo con le sue idee e soprattutto con il suo temperamento che disgraziatamente ha divulgato e si adatta troppo bene al mondo attuale. Magari si trattasse del vero Raja Yoga nella sua linea tradizionale, si tratta invece del suo commento, della sua idea personale sul Raja Yoga. Da parte mia mi sono guardato bene dallo scrivere un libro intitolato “YOGA” poiché esprimo un’opinione n po’ personale sul complesso del tema e preferisco usare il termine YOGHISMO senza imporre a nessuno la via che ho tracciato, un po’ influenzato forse dalla mia individualità, e non esigo assolutamente che gli altri se ne facciano partecipi come invece ha tentato di fare lo Swami, cercando di imporre la sua personalità, invece di eclissarsi dietro la saggia figura del suo Maestro.

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Conclusione 101

In questo stesso ordine di idee, ma con molto maggior tolleranza, con uno spirito più universalista, si esprime lo Swami Jatiswarananda. Faccio una citazione del suo libro La Vita Divina.

“Cercando di realizzare la sua vera natura, egli (l’uomo) trova che quello che chiamo il suo “sé” è unicamente un’ombra della Realtà e che la sua personalità è semplicemente un riflesso del Principio Eterno. Raggiunge la Perfezione nel suo ideale quando diventa uno con esso. Parlando su questo tema Sri Ramakrishna osserva: conosci te stesso e conoscerai Dio.

Che cos’è il mio ego? E’ la mano o il piede o la mia carne, o il mio sangue o qualche altra parte del mio corpo? Riflettete bene e vi renderete conto che no esiste l’”Io”. Se anche si continua a curare una cipolla non si trova il seme, il nocciolo. Così succede quando si analizza l’ego, ci si perde nella vacuità (nothingness). In breve, quello che si trascura è l’Atman (il SE’), il Chit puro (Coscienza Assoluta).

Dio appare quando l’ego muore”.

Siamo in presenza di un profondo insegnamento, in poche parole è stata definita la questione; è lo YUG, di fatto senza personalità, senza apparenza, senza riflesso, senza confini, in realtà solo il SE’ permane, universale, imperturbabile, immutabile, eterno, illimitato, come l’unico elemento di tutte le cose. Un sé, non personale, non divino, non spirituale né materiale, un se che include tutto e tutti, l’Ideazione di cui ho fatto menzione precedentemente, è questo il vero Yoga, il sistema da realizzare.

Nell’induismo i metodi non sono oggetto di discussioni metafisiche come nella maggior parte delle religioni, dei soggettivismi o degli insegnamenti basilari; sono invece vere realizzazioni. I filosofi indù sono stati uomini di realizzazione spirituale pertanto il loro sistema si basa sull’esperienza trascendente. I Darshana (punti di vista) costituiscono per estensione i metodi filosofici, sono le visioni dirette sull’esperienza della Verità.

E’ detto nella Katha Upanishad (II, 24): “Né coloro che non si sono dedicati a frenare la perversione, né i disordinati, né coloro che non meditano, né quelli che hanno pensieri confusi possono raggiungere il SE’, sia pure con la Conoscenza”.

Ci vuole uno stato di serenità per affrontare il Sapere; fin dall’inizio deve essere raggiunto uno stato di calma, è necessaria innanzitutto la maestria del corpo e dello spirito, la salute fisica quanto la salute morale.

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102 Conclusione

Generalmente si cura il corpo ma non lo spirito oppure lo spirito ma non il corpo; si deve trovare un giusto mezzo; un equilibrio.

In questo senso lo Yoga è inteso nelle Scritture come un termine che significa dissociazione del Sé dalle cose fisiche (dall’io personale) e mentali (dell’io superiore) e l’unione con ciò che è Impersonale ed Eterno, Immutabile (Dio), è la bilancia frapposta fra due principi che sembrano esistere, ma si devono fondere perché si possa constatare che la realtà è UNA.

La Bhagavad Gita (XVIII, 62) insegna: “Rifugiati nel Divino con tutto il tuo cuore, e attraverso la sua grazia otterrai la pace suprema e l’eterna dimora”. E’ da questo insegnamento che il cristianesimo ha tratto i suoi fondamenti, che è poi la stessa lezione data dalla Tradizione Giudaica nel primo comandamento.

“Tenendo sempre il pensiero rivolto allo Yoga, lo yogi che ha sottomesso il suo spirito, raggiunge la pace che ha in Me la sua sede, e culmina nella liberazione finale” (Bhagavad Gita, VI, 15). Ecco una linea di condotta indispensabile per ottenere il risultato, poiché le vie, i metodi offerti agli aspiranti si differenziano soltanto per soddisfare i diversi temperamenti e le varie tendenze, ma, come si è visto, poggiano sulla stessa base ed è soltanto la tecnica che si differenzia leggermente. Credo di aver insistito a sufficienza sulle discipline e di aver fornito una documentazione di carattere generale per familiarizzare con gli esercizi per il corpo e gli esercizi per lo spirito, vale a dire, una conclusione che lascia libertà a ciascuno, ma che al tempo stesso pone in guardia contro una accettazione troppo rapida e qualche teoria che verrà confutata per mancanza di basi solide, ho cercato insomma di fornire una protezione allo studente per evitare che si venga a trovare in uno stato di suggestione o di grandi promesse che in seguito lo lascino in mezzo a delle alternative. Credo, se il mio pensiero è stato adeguatamente compreso, di aver indicato una linea di lavoro, uno stimolo per una filosofia pratica e possibile per tutti.

Bisogna distinguere naturalmente tra Hatha-Yoga e mortificazione, tra Bhakti e sentimentalismo, tra Jnana e mero intellettualismo, tra Raja e morbida inattività.

Fermarsi ad uno di questi stati significa arenarsi miseramente, sarebbe come fermarsi a un insegnamento infantile, ma la comprensione di ciò che è alla nostra portata non ha dopo poco alcun valore e si deve tener conto che esistono altri insegnamenti che non sono ancora alla portata dell’individuo che evolve lentamente in un’ascesa che lo porta a

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Conclusione 103

quelle cime dove non esistono più né gli uomini né le dottrine o le religioni, ma unicamente la Verità.

Lo Swami Vivekananda ha detto umoristicamente: “Va bene nascere in Chiesa, ma non morirvi”.

Lo Swami Yatiswarananda ha scritto (a pagina 55 della sua Introduzione alla Vita Divina) “Le religioni istituzionali possono fare del loro meglio per mantenere i loro seguaci in uno stato di perpetua infanzia, ma un vero aspirante che utilizzi al meglio la protezione e l’appoggio che gli vengono dati durante le prime fasi della sua vita, dovrà evolvere e sostenersi con le sue sole forze traendo la sua ispirazione più dal Divino, che dagli uomini e dalle loro istituzioni. E’ questo il segreto dell’espansione nel mondo della Vera Religione”.

Dal vedantismo puro è stata tratta la seguente citazione (che si contrappone alla religione cristiana) la cui fondatezza è avvalorata dal Dr. Deussen, erudito vedantista tedesco: “I Vangeli sostengono molto correttamente l’Ama il tuo prossimo come te stesso come la più alta Legge morale. Ma, si domanda l’eminente cattedratico, perché devo comportarmi così. E continua: “Per ordine della natura non sento le sofferenze e i piaceri se non in me stesso e non nel mio prossimo. La risposta non si trova nella Bibbia; prosegue, poiché questo venerabile libro è ancora eccessivamente sotto l’influenza semitica e non si libera dal realismo giudaico, piuttosto nel Veda e in particolare attraverso la formula TAT TVAM ASI134 che esprime mediante tre parole metafisiche la stessa morale”.

Come le altre filosofie l’universalismo del Vedanta finisce qui poiché costituisce una soggettività, forse anche una morale, ma è soprattutto una metafisica cui risulterebbe difficile inserirsi nei costumi moderni.

Nella Mundaka Upanishad (III, 9 e 11) si legge “In verità, colui che arriva ad essere Brahma, è perché ha realizzato Brahma, egli si pone aldilà della perversione dato che è libero da tutti i vincoli del cuore, e raggiunge la Immortalità”.

Tuttavia, poiché appare che la Realizzazione deve essere un’assimilazione mediante una totale comprensione e un intendimento perfetto, si dovrà studiare, analizzare, constatare, meditare e sublimare infine la parte più profonda di se stessi, per arrivare ad essere completi: cioè, unirsi, identificarsi: Yoga.

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“Ciò che è l’0essenza sottile in Quello, e che è tutte le cose. Quello è il Sé, Quello è la Verità, Quello sei Tu”.(Chandogja Upanishad, VI, X-3) 19 agosto 1952

Ricevendo ieri sera la corrispondenza, una lettera dall’India mi ha riportato per un istante l’atmosfera della mia permanenza a Bharata. Quante volte, durante i miei pellegrinaggi mi sono fermato nei piccoli villaggi e subito mi si riuniva attorno un piccolo gruppo con cui ci mettevamo a fare delle discussioni teologiche.

Molte volte durante i miei viaggi a Dehra-Dun, Delhi, Agra, Lucknow o Benares, ho sostato agli angoli delle vie, a parlare di filosofia con l’uomo di strada... E’ stupefacente vedere con quanta facilità si parla in India delle cose dello spirito; si parla di Dio senza alcun problema. L’uomo della strada è sempre un po’ filosofo. Ciò che generalmente rappresenta per l’occidentale una vera e propria disciplina o quanto meno una cosa difficile da accettare, è per l’indù un problema dei più semplici, egli assimila i problemi relativi al divino con una perfetta comprensione.

Le Upanishad insegnano che Brahma (Dio) è TUTTO e che noi siamo lo stesso Brahma; la separazione non esiste e la diversità di manifestazione costituisce in certo qual modo un’illusione (Maya). Non esiste niente altro che Brahma, né prima né dopo.

Nel cristianesimo abbiamo Dio Creatore, vale a dire che già prima della creazione c’era Dio e che poi c’era qualcos’altro, cioè Dio mediante la creazione fa un’aggiunta al suo stato di Divino Creatore. EGLI è l’Universo. Invece l’Universo è in Brahma ed Egli è nell’Universo; non si pone cioè il problema della creazione, poiché esiste senza principio e senza fine: è l’Eternità. Tutti i temi oziosi delle nostre metafisiche perdono di significato davanti al Brahma, come lo vedono gli indù. Non “LUI” e “qualcos’altro”, ma Lui come qualcos’altro; le Upanishad poi non si preoccupano di dimostrare né di sostenere l’esistenza dell’”io” o dello spirito, o dell’anima, non è necessario portare alcuna dimostrazione, semplicemente tutto E’.

Il Sé è Brahman e Brahman è il Sé, cioè il Sé Universale o il Sé particolare, sono di fatto false divisioni, siamo noi che vediamo le cose in questo modo, noi che facciamo delle distinzioni tra le forme, i pensieri, la materia, lo spirito, ecc. Brahman è TUTTO e pertanto è UNO.

Gli Indù accettano questo fatto con molta semplicità, ma non ciecamente bensì perché se ne rendono conto. Quello che più gli fa

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piacere è che ciò venga loro confermato di tanto in tanto, così io ripetevo sempre e ovunque, durante la mia vita errante per la terra di Krishna, tutte queste teorie che pure essi conoscevano perfettamente e che in ogni occasione tutti riconoscevano come vere, anzi alcuni affermavano che era così prima ancora che io lo dicessi; non insegnavo loro nulla, semplicemente confermavo il fatto che essi amano averne testimonianza.

Ricordo una sera a Kutab-Pur, un paesino del distretto di Muzzafarnagar, dove ero arrivato in un giorno molto caldo camminando sulla strada catramata, con i piedi che sprofondavano nell’asfalto bollente, poiché avevo da un po’ di tempo smesso i sandali e indossavo soltanto la “gerrua”, portando come unico equipaggiamento la mia “lotha”. Qui trovai gli amici che mi avevano offerto generosamente ospitalità quando mi trovavo a Dehra-Dun. La famiglia Sharma, pur dotata di un’istruzione media, seguiva per quanto possibile la morale induista tanto magnificamente definita nei Veda. Terminato il pasto, mi resi perfettamente conto che il mio ospite voleva parlare con me, anche se sua moglie cercava di impedirglielo “Mahatmaji sarà stanco, bisogna lasciarlo riposare”, ma intanto il marito mi aveva seguito sulla terrazza dove mi stavo sistemando per passare la notte.

Dal tetto piatto della casa fatto a forma di terrazza, si godeva una splendida vista della campagna che si estendeva ai piedi del villaggio; in lontananza le iene ululavano per alcuni avanzi di carogna e sotto un cielo stellato si respirava un’aria di leggenda che una leggera brezza portava dalla cordigliera dell’Himalaya. Dopo avermi espresso la sua soddisfazione per avermi rivisto, mi spiegò che preferiva vivere lontano dalle grandi masse, dove sono così numerose le tentazioni di ogni genere. Quanti europei sarebbero capaci di lasciare il comfort delle loro belle abitazioni, le comodità delle grandi città, per venire a vivere spartanamente in uno di questi piccoli villaggi isolati, come il mio amico di Kutab-Pur? Ben piazzato come commerciante a Dehra Dun, vi avrebbe potuto vivere con la famiglia godendo di tutte le possibilità offerte dalla vita relativamente moderna di quella città rispetto a questo villaggetto senza comodità e privo di ogni sosta di distrazione.

Come molti uomini della sua razza, preferisce una vita sana, seguendo il dharma, praticando le discipline che la Tradizione insegna. Quella notte filosofeggiammo con tanta semplicità, come molte poche volte mi è capitato di fare con dotti saggi. Con quest’uomo di cultura così semplice è stato possibile parlare delle più alte realizzazioni spirituali, mentre in Occidente spesso i miei interlocutori, uomini di chiesa,

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avevano bruscamente tagliato corto con la conversazione. In effetti, ad eccezione a volte dei monaci buddisti, sono state molto poche le conversazioni veramente profonde con i membri di qualche religione; i cristiani in realtà non hanno basi solide (lasciamo stare i protestanti che evidentemente non possono sostenere seriamente una tesi) e anche tra i cattolici è difficile che vi siano veri psicologi, ad eccezione dei gesuiti. E’ in Tibet, con i Lama, che si possono avere sobrie e solide esposizioni filosofiche. Il Geche tibetano (titolo che corrisponde approssimativamente a Dottore in Filosofia) è veramente preparato per una comprensione totale dei problemi, anche metafisici, non come noi occidentali che non abbiamo che un’idea relativa della filosofia, completamente rivolta verso concetti sociologici, il che fa pensare che i nostri educatori non pensino ad altro che alla politica e non realmente al problema dello spirito. A Ghjgatzeh (200 miglia a est di Lhassa) si formano dei veri saggi ed è un peccato che non si abbia la possibilità di avere a che fare di tanto in tanto con i Rabjamba (Dottore universale) nelle università europee ed americane, anche se si calcola che vi sia una media di 3 prescelti su 1000 aspiranti al titolo. Nel Tibet gli studi si dividono in quattro facoltà:

a) Norma di vita contemplativa,b) Liturgia e culto,c) Le 440 malattie e l’enumerazione e la conoscenza dei loro

medicamentid) In 13 gerarchie sono classificati le orazioni (esorcisti,

incantesimi, mantra, ecc.,) e gli studi teologici (cristiano, musulmano, vedantista, buddista, ecc.).

Anche se siamo ben lontani da questo nelle nostre facili universalità, arriveremo indubbiamente un giorno a prendere infine esempio dall’antico metodo del Sapere Tradizionale. Dovremmo cominciare con un semplice metodo di coordinamento come nelle filosofie orientali dove tutto è centralizzato e in un certo qual modo ogni cosa è il prodotto di una linea basilare. Tutto converge verso un’idea principale senza disperdersi come avviene nelle nostre metafisiche.

A U M, il celebre bija-mantra, è la rappresentazione delle 3 manifestazioni dello stato divino, dei 3 piani dell’uomo, nonché dei 3 stati di coscienza dell’essere. Pur essendo tre sillabe, sono in realtà una sola, il titolo stesso del mistero della santa trinità cristiana, o meglio ancora sono in relazione con il trilogismo indù.

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Conclusione 107

Vi è in tal modo un’ampia verità di spiegazioni che si possono dare sul significato di queste tre lettere che sono in un certo senso le lettere madri dell’alfabeto ebraico (Aleph, Mem e Shin) che si trovano in tutti i dati importanti della Qabbalah. E’ possibile trovare rappresentata ciascuna di queste tre lettere negli stati stessi di Ishwara, Maya e Bhuva, per esempio identificati come Vita-Forma-Pensiero.

Non insisto oltre sulla qualità dell’esistenza (dal latino Existere) cioè al di fuori dell’essere manifestato e fisico. Comincia l’esistere quando ha termine la vita. Non intendo un terminare dovuto alla morte (disintegrazione dell’organismo) poiché si può esistere in questa vita materiale se si cessa di limitarsi a vivere (o meglio vegetare) e si inizia a rendersi conto dell’esistenza eterna (bisogna nascere di nuovo).

Siamo in questo caso in presenza della parola sanscrita SAT (esistenza); parola sacra per designare le vere qualità, quelle sante (anche se si dovrebbe usare in questo caso la parola “sacre”). Nella trilogia indù (Sat-Chit-Ananda) può essere posta in relazione con il Dio Creatore (Dio Padre) della teologia cristiana con El Aquil della dottrina musulmana, il Tem degli egizi. E’ l’ESSERE (l’opposto di Asat).

E’ dall’Asat che il Sat è nato! Poiché dal Nulla promana l’Essere, dalla Non-Esistenza proviene l’Esistenza, e tutto il principio Yoga consiste nel ritorno a questo stato primigenio, dobbiamo cioè ritornare al Non-Esistere. In tal modo tutta la dottrina si basa non solo su un lavoro senza ricompensa, ma anche senza una vera meta come generalmente la intendiamo, senza un obiettivo finale, senza nulla da contemplare, senza un paradiso gradevole, senza una divinità di nostro gradimento, Nulla, lo stato del Nulla, la Non-manifestazione dalla quale siamo stati manifestati e verso la quale ritorniamo allo stato immutabile. Di fatto, bisogna chiarire che non si deve parlare propriamente di creazione, di vita, di morte, di reincarnazione, di reintegrazione, poiché tutto questo è attività mentale, è in relazione alla nostra soggettività, è il lavoro psichico che dà gioie, dolori, aspirazioni, inganni, lotte, riposo, ecc... SAT rimane imperturbabile: E’.

Dobbiamo renderci conto che Ishmara si riflette in Jivatma, è come un raggio luminoso su un vaso; Ishvara (il Sé universale) è il Saguna Brahman che prende un nome e diventa Jivatma, che è il Sé che ha preso una forma.

Non è necessario ricorrere a pseudo-filosofie per insegnare che il sistema solare si riflette esattamente nell’atomo e che noi ci poniamo tra i due come esatta riproduzione dell’uno e dell’altro. Quando vediamo che i

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principali pianeti evoluti nel cosmo sono in numero di sette, non possiamo fare a meno di contemplare estasiati questa stessa evoluzione nell’infinitamente piccolo e infine, quasi a stabilire un equilibrio tra ciò di cui siamo interamente composti (i milioni di atomi) e quello di cui siamo i costituenti (i milioni di esseri visibili ed invisibili che compongono un sistema solare) vi sono le nostre sette ghiandole principali (di cui i chakra sono le emanazioni), e così tutto si trova veramente in un perfetto equilibrio, non per coincidenza ma perché di fatto si tratta della stessa cosa. La relatività interviene ancora una volta, tutto dipende da dove si colloca il punto di relazione, ma tutto costituisce una sola e identica cosa. Ciò che si intende per Gerarchia altro non è, di fatto, che i gradi di manifestazione secondo un processo di relatività, per così dire, della nostra visione. Riflessi multipli di una stessa cosa costituiscono questo universo, il nome e le forme diverse per manifestare in diversi campi il Principio Unico.

Di qui derivano tutte le deformazioni religiose che prendono dei semplici aspetti nei loro significati intrinseche ed esaltano il riflesso di una di queste manifestazioni fino al punto che alcune sette materializzano l’idea di un nuovo dogma. Infine proclamando che “Fuori di qui non vi è possibilità di salvezza”, le Chiese creano il ben noto fanatismo che la verità è racchiusa unicamente nel proprio dogma e in nessuna altra parte, come molti sostengono.

“I giudei e i cristiani dicono: abbracciate il credo se volete percorrere il cammino della Salvezza. Rispondete loro: noi seguiamo la fede di Abraham che ha proibito di incensare gli idoli e di adorare più di un Dio” (Corano, cap. II, v. 29).

I musulamani135 non negano in alcun modo l’insegnamento del Cristo e neppure la sua “rivelazione” divina; dice il Corano: “Noi crediamo in Dio, nel libro che ci è stato inviato, in ciò che è stato rivelato ad Abraham, a Israele, a Isacco, a Giacobbe e alle sue dodici tribù; crediamo nella dottrina di Mosè, di Gesù e dei profeti, noi non facciamo alcuna differenza tra loro e noi, siamo musulmani” (ripetuto in varie occasioni).

Un intero capitolo del Corano (III, la Famiglia di Imran) è dedicato a Gesù il Nazareno. “L’Angelo disse a Maria: Dio ti annuncia il suo verbo. Si chiamerà Gesù, il Messia, figlio di Maria, grande in questo mondo e nell’altro e confidente dell’Altissimo” (v. 40).

Infine sempre l’incomprensione e il dogmatismo sono dovuti all’ignoranza; in effetti l’ignoranza costituisce un grande pericolo per

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Conclusione 109

l’umanità; da questa ignoranza (che nessuno vuole confessare) nasce la mancanza di tolleranza con la sua immediata conseguenza: il fanatismo causa atroci guerre.

Bisogna cercare di porre rimedio a questa ignoranza. I Collegi Iniziatici aprono ora le loro porte al grande pubblico, il che rappresenta indubbiamente un notevole progresso in questo senso. Riassumendo, tutte le società e tutte le religioni, soprattutto in quest’ultima Era di 2000 anni hanno contribuito a istituire la Gran Fratellanza Universale. Tutte le sette di varie filosofie, le società teosofiche, i gruppi antroposofici, le associazioni rosacroce, le Logge massoniche, le scuole esoteriche oltre a tutti i movimenti islamici, cristiani, buddisti, ecc, sono stati gli agenti diretti o indiretti dell’AUGUSTA GRAN FRATELLANZA UNIVERSALE, che sussiste come Istituzione Suprema per il raggruppamento di tutte le idee, senza distinzione alcuna, non già teoricamente o come semplice proposito, ma di fatto, e attualmente sta agendo in circa 50 paesi nei quali l’Assemblea dei Saggi è rappresentata da una Missione pubblica per intervenire nei fatti sociali e indicare nuovamente la linea di condotta al mondo in disfacimento. Di fatto GRAN FRATELLANZA UNIVERSALE è un termine generico per indicare i milioni di esseri che senza etichetta particolare si sono raggruppati per lavorare alla rieducazione dell’Umanità senza alcun “ismo”.

Questo periodo Acquariano (l’Era di Acquario) vedrà sempre più le persone di buona volontà sottrarsi deliberatamente al complesso generale di religiosità per porsi a disposizione del Servizio Impersonale. AUM!!!

AquarianUniversalMission

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30° DEL LEONE, ANNO V DELL’ETA’ ACQUARIANA

Eccoci alla fine di questo volume. Quale sarà la sua sorte? Il pensiero è creativo e questa esposizione prenderà forma, senza dubbio in seguito cambierà aspetto come ogni idea che all’inizio viene concepita, poi materializzata e infine trasformata fino a perdersi tra le tante teorie che sono state lanciate nel mondo.

Gli ebrei conoscono questi tre significati del mondo: Briah, Assyah e Yetzirah; il campo briatico è la creazione, il mondo assyatico è quello che dà la forma alla materia e, infine, lo yetziratico è quello che causa i cambiamenti di forma; siamo ancora una volta di fronte alla trilogia come la espongono gli indù: Brahma che crea, Vishnù che sostiene la forma e Shiva che distrugge per trasmutare.

Un autore si aspetta sempre per i suoi scritti qualcosa di diverso, crede di aver trovato il modo migliore di esprimere ciò che il mondo sta sempre cercando, in altre parole di poter dare la soluzione del problema.

Sono sufficientemente umano da pensarla così. Ho già detto all’inizio del libro che non ho la pretesa di essere un vero yogi, malgrado abbia insegnato lo Yoga ad alcuni Saddak dell’India e raggiunto il Sadhana con tutte le sue esperienze.

Ho notato che si descrive troppe volte lo Yoga come una semplice filosofia e ho cercato, analizzandolo come dottrina, di far capire che si tratta di qualcosa di molto diverso da un concetto puramente orientale, non si tratta nemmeno di esercizi o credenze speciali, di una forma di ascesi o di una religione, infine non ha niente a che vedere con tutti i concetti relativi allo Yoga che comunemente la gente gli attribuisce.

Di fatto è un Sistema che richiede prima un’evoluzione attraverso tutte le teorie fino a trovarvi una relazione fondamentale che serva a costruire un metodo pratico di vita, non basato su un ideale qualsiasi ma su un Principio di Realizzazione Integrale.

Potrà sembrare in alcuni casi che abbia mancato l’obiettivo; ciò è dovuto al fatto che si è avuta troppo spesso un’idea preconcetta sull’argomento e che si vuole racchiudere lo yoga entro dei limiti ai quali non si può adattare. E’ un sistema completo e ha ramificazioni nella scienza, nell’arte, nella filosofia e lo si può sintetizzare in una psicologia applicabile in qualsiasi momento senza barriere di razza, religione, credo, cultura, sesso, concetti o metodo.

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Conclusione 111

Tutto è posto a disposizione degli alunni per il loro sviluppo con l’aiuto di quelle esperienze che si sono dimostrate di vera utilità nel corso della storia dell’umanità. Non reclamo, in realtà, la paternità di alcuna dottrina e neppure di un sistema personale. So che mi sono stati conferiti tutti i nome e i titoli possibili, sono usciti centinaia di articoli di riviste sulla mia persona, non impedisco e non sollecito opinioni, ognuno deve essere libero, come voglio esserlo io...

Si insiste sempre troppo sulla mia persona e mai abbastanza sul MESAGGIO, si discute sulla nazionalità, l’età, l’aspetto, ecc... che importa tutto questo! Si vuole sapere a tutti i costi da dove proviene l’insegnamento di un Istruttore, quali sono i suoi studi, le sue “iniziazioni”, le sue esperienze ma tutto questo non serve a far progredire gli altri. Quando si capirà che è indispensabile progredire da soli, si sarà fatto un gran passo avanti... Il discepolo non ha bevuto lo stesso nettare che ha dissetato il Maestro...

Le mie conoscenze provengono dalla Bibbia, dal Corano, dai Veda, dal Bardo Thodol, dalla Torah, da opere come il Mathnawi libro sufi di Jalala’uddin Rumi, la Santa Trinosofia di Saint-Germain, l’Archeometro di Saint Yves d’Alvedre, la Lingua Ebraica Restituita di Fabre d’Olivet, dai classici della filosofia e dalle opere divulgative della psicologia moderna. Si apprende nelle scuole, dalla natura, per mezzo dei bambini, degli animali, e tutto contribuisce a formare quelle esperienze che un giorno produrranno l’ESPERIENZA. Non voglio etichetta, al massimo posso affermare di essere un Acquariano nel senso che vivo nell’Era di Acquarius, che sono una persona di tipo acquariano, come si avverte sempre più nell’Era dell’Acquario. Se Diogene stesse ancora cercando ad Atene in pieno giorno con la sua lanterna per trovare l’UOMO, forse mi presenterei a lui semplicemente per vedere il risultato, come un’esperienza in più...

Il mio libro non ha lo scopo di convertire o di fare proselitismo per la mia causa, perché i discepoli da parte loro troverebbero difficoltà a raggrupparsi sotto un nome e un titolo. Non basta essere Cristiano, si deve realizzare il CRISTO, è inutile essere buddisti se non si è raggiunta la coscienza buddica, e per chiamarsi yogi è indispensabile raggiungere lo YUG.

Vi è uno stadio nella vita dell’essere in cui si trascendono i nomi e i sistemi, e ciò si distacca dal piano fisico per un mondo in cui regna l’Universalità dell’Infinito Immutabile che lascia intravedere la Liberazione Eterna.

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112 Conclusione

“Ho conosciuto l’Essere Infinito che Risplende al di là di tutte le tenebre e le disillusioni; solo conoscendolo si sfugge alla morte. Non vi è altro cammino verso l’immortalità”.(Svetasvatana Upanishad, III, 8).