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Linee essenziali per una riforma dell'Istruzione

Linee essenziali per una riforma dell'Istruzione · unire le lotte contro le aberrazioni del capitalismo. 2 ... politiche, ci convince sempre di più della necessità di criticare

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Linee essenziali per una riforma dell'Istruzione

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L’ISTRUZIONE CHE VOGLIAMO Linee essenziali per una riforma dell’Istruzione

“La scuola è aperta a tutti” (art. 34 Cost.) Per un’Istruzione che sia davvero pubblica, gratuita, democratica e di qualità.

Preambolo La Federazione Giovanile Comunista Italiana presenta alla nostra generazione una riforma dell’Istruzione. Un riforma vera, giusta, che non distrugga ma crei davvero un’Istruzione di popolo, accessibile, gratuita, critica e di qualità.

Una riforma in netta rottura rispetto alla devastazione degli ultimi decenni, ispirata dal ruolo emancipatore della Scuola e dell’Università, così come delineato nella Costituzione della Repubblica. Questa riforma si ispira ai modelli più avanzati nel mondo, alle lotte e alle conquiste delle giovanili comuniste e dei movimenti studenteschi.

Il presente documento - elaborato nella forma di proposta – assume una duplice valenza: da un lato, quella di un vademecum sull’Istruzione, dall’altro quella di piattaforma politica e rivendicativa su cui basare la nostra azione, consentendoci, tramite i vari punti e i temi affrontati, di mobilitare studenti e docenti e di costruire un ponte tra mondo dei saperi e mondo del lavoro; col fine di unire le lotte contro le aberrazioni del capitalismo.

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ISTRUZIONE SUPERIORE

Fermare la distruzione della Scuola pubblica Nell’ampio panorama delle politiche neo-liberiste, che hanno annientato lo Stato sociale, i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione, nata della Resistenza, portando così ad un arretramento socio-culturale ed economico del Paese, la Scuola pubblica è stata una delle istituzioni statali maggiormente colpite. A partire dalla fine degli anni ’90 ad oggi, il decentramento delle competenze, la progressiva diminuzione del finanziamento ordinario, e, di contro, l’aumento delle sovvenzioni alle scuole paritarie e private, hanno portato alla differenziazione del diritto all’Istruzione nelle varie aeree geografiche del Paese e, di conseguenza, all’abbassamento della qualità dell’Istruzione. La “Buona Scuola” (o DDL “Renzi-Giannini”), punto d’arrivo di queste politiche, ci convince sempre di più della necessità di criticare e riformare - partendo da una prospettiva alternativa, sociale e di classe - il sistema scolastico vigente.

Per questo proponiamo:

1. Abrogazione della legge 13 luglio 2015 n. 107 (“Buona scuola”), una riforma antidemocratica che si sostanzia nell’accentramento dei poteri nella figura del preside-manager (esercitante persino funzioni di reclutamento e di determinazione delle retribuzioni attraverso “premi”), nella manomissione del carattere pubblico e nazionale della Scuola attraverso lo “school bonus”, nell’aziendalizzazione dell’Istruzione sia dal punto di vista dei metodi standardizzati di valutazione sia per quanto concerne gli obiettivi formativi, in un piano di assunzioni caotico e volto a impedire il riconoscimento effettivo del diritto alla stabilizzazione dei precari della Scuola, nell’aumento del numero degli alunni per classe e nella cancellazione di materie di insegnamento.

2. Abolizione dell’attuale sistema di alternanza Scuola-Lavoro, per veri percorsi volontari, adeguati e retribuiti, di studio e lavoro. Nei periodi di sospensione delle attività didattiche, le istituzioni scolastiche dovranno garantire a tutti gli studenti che ne faranno richiesta la possibilità di svolgere presso enti pubblici e/o privati, le cui funzioni siano consone al percorso di studi dell’istituto superiore di appartenenza, periodi di formazione professionale con una retribuzione oraria di 6 euro netti per un massimo di 200 ore accumulabili nel triennio. Alternanza scuola-lavoro vista quindi non solo come crescita e formazione lavorativa del singolo, ma come costruzione della soggettività critica e sociale. Il Percorso Studio-Lavoro non deve essere imposto né valutabile.

3. Innalzamento della “scuola dell’obbligo” fino alla maggiore età. Portare l’obbligo scolastico fino a 18 anni rappresenta una conquista di civiltà, nell’ottica di una scuola aperta a tutti, accessibile a tutti (attraverso la gratuità del Istruzione superiore) che permetta la fruizione del sapere critico e degli strumenti della Conoscenza a tutti i giovani.

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4. Ri-centralizzazione della potestà legislativa statale esclusiva, nell’ottica di una riforma dell’art.117 della Costituzione (Titolo V): oneri e servizi relativi alla scuola pubblica attribuiti allo Stato e svincolati dall’obbligo del pareggio di bilancio (che, assieme agli altri vincoli europei di austerity, deve essere cancellato in favore della sovranità del Paese e dell’effettività dei diritti), in conformità alla recente pronuncia della Corte costituzionale (sent.n.275/2016), che ha sancito l’inefficacia del vincolo del Patto di Stabilità per quanto riguarda l’attribuzione dei servizi essenziali.

5. Azzeramento dei finanziamenti agli istituti privati e paritari in conformità con l’art. 33 della Costituzione. I soldi pubblici del popolo italiano devono essere destinati al finanziamento e al potenziamento dell’Istruzione pubblica, al fine di renderla migliore qualitativamente, universalmente accessibile.

6. Tutela del diritto allo studio anche per i giovani migranti. L’effettività del diritto all’Istruzione deve essere universalmente riconosciuto, abbattendo non solo distinzioni o discriminazioni di classe, ma anche quelle del colore della pelle.

7. Affermazione della laicità dell’istituto scolastico. La Scuola deve essere laica, tollerante, accogliente. Pertanto non è accettabile l’imposizione dello studio di una confessione particolare.

8. Biennio comune nelle scuole superiori seguito da un triennio di indirizzo. 9. Piena attuazione dello Statuto degli studenti e delle studentesse (DPR 24-06-1998,

n.249) per una scuola che sia dimora di sovranità decisionale, partecipazione e di democrazia.

10. Abolizione dei test INVALSI. I test sono limitanti per valutare uno studente. Le prove invalsi hanno l’obiettivo di gerarchizzare le scuole. Infatti, con la pubblicazione dei risultati delle prove invalsi di ogni scuola, le famiglie saranno indotte a iscrivere i propri figli presso gli istituti con i “risultati migliori”, in una logica standardizzata e mercatista. Quindi vi è il rischio concreto che si creino scuole di serie A e di serie B, con boom di iscrizioni e con maggiori fondi in dotazione per alcune a discapito di altre, creando divisione e contrapposizione tra istituti. Questo scenario potrebbe favorire il proliferarsi di scuole di grandi dimensioni, privando molte zone del Paese degli istituti e creando ulteriori difficoltà nella concretizzazione del diritto allo studio, violando il principio di diffusione geografica.

11. Assorbimento e stabilizzazione del precariato in conformità alle necessità materiali e alle urgenze dei lavoratori. Bisogna rispondere in maniera contraria ai tagli che la Scuola ha costantemente subito in questi anni. La stabilizzazione può essere resa possibile, anzitutto, garantendo adeguate risorse pubbliche al mondo della Scuola e attuando una politica di ridistribuzione del lavoro attraverso riduzione di orario (a parità di salario) ed età di lavoro anche nel settore pubblico.

12. Aumento della retribuzione ai docenti ed al personale ATA. In Italia i docenti della scuola secondaria guadagnano in media uno stipendio di 30.431 euro annui, mentre in Lussemburgo la retribuzione si attesta su una media di 104.049 euro annui. Il personale

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ATA ha la retribuzione più bassa nella Pubblica Amministrazione. Lo stipendio annuo si attesta sui 22 mila euro lordi, 10 volte in meno rispetto ai dirigenti di prima fascia.

13. Corsi di aggiornamento professionale periodici per i docenti (metodologia, approfondimento, ricerca, nuove tecnologie, lingue straniere, etc.).

14. Attuazione di un piano pubblico per la ristrutturazione dei locali scolastici. La condizione precaria e sovente incompatibile con gli standard di legalità e sicurezza degli edifici scolastici è intollerabile. Le strutture scolastiche sono vecchie e fatiscenti, un edifico su cinque presenta lesioni strutturali, inoltre il 74% di essi non rispetta le norme di sicurezza (assenza di porte antipanico, scale di emergenza, presenza di barriere architettoniche per i disabili). Si rende necessario un piano pubblico di recupero, riqualificazione e adeguamento degli edifici attraverso un grande intervento straordinario dello Stato e la previsione di fondi ordinari per una regolare e periodica manutenzione garantita.

15. Abolizione TFA, al fine di un più celere e funzionale ingresso nel mondo dell’insegnamento secondario, tramite concorso pubblico su base nazionale, dopo aver effettuato un anno scolastico di tirocinio – svolto con l’affiancamento di un insegnante - che costituisca requisito fondamentale insieme ai CFU necessari, conseguiti nella propria carriera accademica, per coprire la classe di concorso.

16. Disponibilità dei locali scolastici in orario extra-curriculare, vincolante in tutto il territorio nazionale, per una riappropriazione degli spazi di socialità, che abbia come scopo lo sviluppo della persona.

17. Fuori i privati dai Consigli d’Istituto. La Scuola pubblica dev’essere preservata da logiche di mercato e dalle interferenze dei privati nella didattica, nelle scelte fondamentali della vita delle Scuole. L’Istruzione, diritto fondamentale e non mercificabile, è in quanto tale incompatibile con logiche di profitto e interesse particolare.

18. Contributo alle scuole volontario e libero. E’ inaccettabile costringere famiglie – già alle prese con le difficoltà della crisi economica capitalistica – a erogare contributi, a parole volontari, ma spesso imprescindibili per garantire la corretta erogazione dei servizi scolastici. Lo Stato e gli enti locali devono farsi interamente carico della regolarità e dell’ordinaria erogazione dei servizi delle scuole.

19. Stabilire in via definitiva un tetto massimo di studenti per classe nel numero di 22. Specialmente nel Mezzogiorno, molte classi arrivano a contenere fino a 30 studenti circa. Eliminare le classi-pollaio è un obiettivo prioritario per la sicurezza degli studenti e per un migliore svolgimento del processo didattico.

20. Fornitura gratuita del materiale scolastico da parte dello Stato. L’accesso al Sapere e quindi l’effettività del diritto all’Istruzione vive attraverso la completa gratuità del sistema dell’Istruzione. Per questo motivo, tutto il materiale scolastico deve essere fornito dallo Stato.

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ISTRUZIONE UNIVERSITARIA

L’Università di popolo, dimora del sapere critico

Il progressivo smantellamento dell’Università pubblica comincia agli inizi degli anni ’90, con la Legge “Ruberti”. Questa legge è stata la prima ad introdurre elementi di aziendalizzazione e a dare il via all’autonomia dei singoli atenei prospettando, a conti fatti, la disomogeneità tra corsi di laurea identici. Da allora, il sistema universitario ha subito attacchi costanti e più acuti, volti a rendere l’Istruzione elitaria e la ricerca impossibile. La diminuzione costante delle immatricolazioni (meno 60.000 immatricolati negli ultimi 6 anni) i costi delle rette, le difficoltà nell’inserimento nel mondo del lavoro, sono problemi di cui bisogna occuparsi e sui quali bisogna formulare una proposta. Proposta basata su:

1. Intera gratuità degli studi universitari. Finanziamento del sistema universitario con una spesa del 3% in conformità con gli altri Paesi OCSE. L’attuale spesa italiana si attesta intorno all’1,7% La gratuità dell’Università può raggiungersi mediante una riduzione dei fondi attualmente destinati al ministero della Difesa e per le politiche di guerra (l’Italia spende circa 80 milioni di euro giornalmente per le guerre di aggressione imperialista) e con una tassa fortemente proporzionale esigibile da tutti i cittadini o come frazione dei proventi di una tassa sulle grandi ricchezze milionarie. L’Italia investe nell’Università lo 0,8% del PIL, contro una media OCSE dell’1,4%. Un aumento dell’intervento finanziario pubblico è condizione minima e necessaria per avvicinarsi sempre di più alla gratuità completa della formazione universitaria.

2. Un biennio di lavoro presso le strutture dello Stato per i neolaureati. I neolaureati nelle Università pubbliche sosterranno un periodo di 2 anni di lavoro retribuito (applicando la contrattazione nazionale del settore), immediatamente dopo il conseguimento della laurea, presso le strutture dello Stato, Pubblica amministrazione, Enti pubblici ed Enti locali, per mansioni conformi al corso di laurea concluso. Ciò contribuisce, da un lato, a ricompensare lo Stato e la collettività dell’investimento nella formazione della gioventù, dall’altro, a non abbandonare a sé i giovani al momento della conclusione del percorso universitario.

3. Nuovo sistema di valutazione delle Università basato non sulla ricerca effettuata ma su quella programmata garantendo una base di fondi omogenea per tutti gli atenei.

4. Azzeramento dei fondi pubblici per le Università private nel pieno rispetto dell’articolo 33 della Costituzione.

5. Lotta a clientelismo e familismo.

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6. Abolizione del numero chiuso, trattandosi più di un ostacolo che di un metro di valutazione valida. Per le modalità degli stessi test (svolti in coincidenza della fine del percorso formativo della scuola secondaria e con marcato squilibrio tra preparazione di partenza degli studenti all’inizio di un percorso universitario e domande dei test medesimi, ecc.) e per una ragione di principio posta alla base dell’effettività del diritto allo studio, l’ingresso deve essere possibile a tutti gli studenti dando così spazio alla libera scelta, soppiantando la logica della domanda e del mercato.

7. Aumento stipendi ricercatori. Ogni anno si ha una vera fuga di massa di cervelli: infatti circa il 16% dei ricercatori italiani emigra all’estero, causando un grosso danno al nostro Paese che si vede privato di una larga fetta di risorse umane preparate, competenti ed istruite all’interno delle strutture statali. Queste uscite non vengono nemmeno compensate in entrata, solo il 3% dei ricercatori arriva dall’estero. Aumentare gli stipendi significa essere più attrattivi; quindi, investire in Ricerca & Sviluppo è una scelta strategica, oltre che di giustizia sociale.

8. Riformulazione e ampliamento del sistema delle borse di studio. Chiediamo, come primo atto, l’abolizione del nuovo metodo di calcolo dell’ISEE- entrato in vigore nel 2016 - che ha provocato l’estromissione di migliaia di studenti dal beneficio della borsa di studio. Riteniamo indispensabile riaprire la lotta per l’ampliamento e il pieno beneficio delle borse di studio (eliminando la categoria degli “idonei non beneficiari” e rendendo effettivamente beneficiari tutti coloro che siano in possesso dei requisiti per l’accesso alle borse), come prima tappa verso un sistema d’Istruzione universitaria pienamente gratuito. In un quadro di gratuità dell’Istruzione, rientra anche un piano di edilizia pubblica per la costruzione di alloggi garantiti per gli studenti fuorisede. Si rende necessario, a tal fine, un serio contrasto all’evasione fiscale che inficia una equa fruizione delle borse di studio.

9. Gratuità trasporti per gli studenti. I servizi di supporto atti a garantire il diritto allo studio devono essere gratuiti, un sistema industriale pubblico e nazionale del trasporto potrebbe, da un lato, garantire l’effettività della gratuità per gli studenti e dall’altro sopperire alle carenze dei servizi di trasporto nelle città universitarie italiane.

10. Abolizione del Prestito d’onore. L’Istruzione, oltre ad essere un diritto inalienabile, è uno strumento utile all’emancipazione sociale di ogni individuo e della collettività nel suo insieme. Siamo contrari a prestiti effettuati dalle banche (su modello USA) per poter proseguire gli studi. Gli studi devono essere gratuiti.

11. Rilancio del dottorato di ricerca. I dottorandi sono troppo spesso considerati ancora come “studenti”, titolo che non compete al loro incarico di ricerca, che invece dovrebbe essere più sostenuto e sovvenzionato.

12. Democrazia e autorganizzazione, favorire l’associazionismo studentesco e il potere decisionale degli studenti nelle sedi decisionali universitarie.

13. Analisi dell’effettivo ruolo di corsi triennali o “3+2” completamente slegati dal mondo del lavoro che mettono a rischio investimenti di tempo e denaro da parte degli studenti.

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Questa divisione temporale, derivata da un’influenza europea che ha implementato nel tempo l’adozione del 3+2, causa infatti perdita di tempo per motivi esclusivamente burocratici: può capitare di perdere interi semestri a seconda dal mese in cui si consegue la triennale propedeutica. Oltre a questo, alcuni corsi universitari non hanno prospettive adeguate, non preparano cioè al mondo del lavoro.

14. Uniformità nazionale dei programmi di studio delle Università arrivando ad una definizione collegiale degli stessi tra organizzazioni rappresentative dei docenti e degli studenti.

15. Riformulazione della politica sul metodo a CFU. Il metodo che conferisce CFU va ripensato o perlomeno uniformato. Il metodo di assegnazione dei crediti formativi varia infatti per ogni ateneo anche in facoltà identiche.

16. L’Università e la ricerca per lo sviluppo del Sud. La parte più cinica delle politiche di spolpamento dell’Università ha colpito negli ultimi anni il Meridione. Le cause della “fuga di cervelli” dal Sud verso le Università del Nord è da attribuire anche ai fattori che ci proponiamo di combattere e cambiare. La causa principale deve rintracciarsi nel già citato metodo di finanziamento, un metodo di tipo anglosassone che va ad arricchire Università con una disponibilità finanziaria già cospicua e che grazie a questa posizione mantengono un’alta quota di fondi pubblici assegnati. Bisogna favorire un finanziamento che si basi su criteri di uguaglianza, innovazione e insediamento dell’Università nelle aree finora escluse. Si tratta di una misura minima per consentire l’arresto della emigrazione giovanile per lo studio e di investire nel Mezzogiorno anche nel settore della ricerca e della formazione. Una stretta sinergia tra territorio e Università permetterà la promozione di uno sviluppo nuovo per il Sud, in termini culturali, formativi e occupazionali.