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Le Frecce

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Monasteri Del Terzo Millennio

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  • Le Frecce

  • 2013 Lindau s.r.l.Corso Re Umberto 37 - 10128 Torino

    Prima edizione: novembre 2013ISBN 978-88-6708-222-3

  • Maurizio Pallante

    MONASTERIDEL TERZO MILLENNIO

  • MONASTERIDEL TERZO MILLENNIO

  • I monasteri del terzo millennio 1

    Durante il suo fare Dio riconoscecome buoni i prodotti del fare; e co-me altro concepiremo il settimogiorno se non come contemplazionedi ci che stato fatto? Ma, dunque mi sembra di poter dire il lavoronon positivo che a una condizione,cio che i prodotti siano contempla-bili e riconoscibili come buoni.

    Claudio Napoleoni,Micromega 1/88, p. 167

    Nel corso del XX secolo la vita monastica inoccidente ha subto un costante declino. Moltimonasteri non ospitano pi tra le loro muracomunit religiose e lafflusso dei pellegrini stato sostituito da comitive di turisti che si li-mitano a visitarne le chiese e i chiostri, ascol-

  • tando pi o meno attentamente qualche rias-sunto storico delle vicende che hanno attra-versato, osservando pi o meno distrattamen-te le loro strutture architettoniche e le operedarte che contengono. Le uniche funzioni re-ligiose che ancora si celebrano al loro internosono, di tanto in tanto, matrimoni di coppie at-tratte pi dalla bellezza e dalla suggestionedei luoghi che da una sintonia spirituale conchi vi si rinchiudeva per scelta di vita. Lo stes-so impegno delle amministrazioni pubbliche edelle sovrintendenze ai beni artistici e cultura-li a preservarne lintegrit, o a recuperarla neilimiti del possibile quando sia stata intaccatadallincuria e dallabbandono, motivato neicasi pi nobili da ragioni di carattere storico eculturale, pi spesso dalla speranza di trasfor-marli in attrattori turistici che facciano con-fluire sulle economie locali flussi di denaro ag-giuntivi. A chi li visiti, cercando di ricavareelementi di riflessione e di meditazione dallospirito che li animava, appaiono come conchi-glie fossili, di cui sono sopravvissute le strut-ture ma non la vita che ospitavano.

    Le cause di questo declino sono state am-piamente analizzate, a partire dalle riflessioni

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  • di Max Weber sul disincantamento del mon-do attuato dalla razionalit occidentale e dalprogresso scientifico. La fede in Dio stata so-stituita dalla fede nella scienza. La crescita in-cessante della produzione di merci consentitadalle innovazioni tecnologiche ha indotto aconfondere il ben-essere col tanto-avere e autilizzare come indicatore del benessere ilprodotto interno lordo, ovvero il valore mo-netario degli oggetti e dei servizi scambiaticon denaro nel corso di un anno. Inevitabileche nellimmaginario collettivo dei paesi in-dustrializzati la dimensione materialisticaprendesse il sopravvento su quella spiritualee ne derivasse un appiattimento degli esseriumani sulle due dimensioni complementaridi produttori e di consumatori di merci. Lacapacit di acquistare merci diventata il se-gno della realizzazione umana e il denarolasse portante del sistema dei valori. Le cosesono diventate pi importanti delle relazioni.La solidariet e la collaborazione hanno cedu-to il passo alla competizione e alla concorren-za. In questo quadro, la religione poteva con-tinuare a orientare le scelte degli esseri uma-ni? La spiritualit poteva continuare a eserci-

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  • tare il fascino che aveva esercitato in passato?Poco a poco le chiese si sono svuotate, si ri-dotto lafflusso dei giovani nei seminari, lecelle dei monasteri sono rimaste vuote.

    Ma i monasteri del primo e del secondomillennio non hanno davvero pi nulla da in-segnare allumanit che, sotto la guida delloc-cidente industrializzato e della sua irresistibi-le forza di attrazione nei confronti del resto delmondo, ha appena varcato la soglia del terzomillennio con un fardello di problemi semprepi gravi, a cui la cultura materialistica non sadare risposte? Davvero se ne possono conser-vare solo gli edifici come testimonianza diunepoca passata e ormai definitivamenteconclusa? Anche se non ci dovrebbero esseredubbi in proposito, prima di accettare questaconclusione vale la pena analizzare i principisu cui si organizzava la vita monastica, per ve-dere se non possano offrire qualche indicazio-ne utile ad affrontare le maggiori difficolt checaratterizzano la fase attuale della storia. Tresono i punti su cui occorre concentrare la ri-flessione: il rapporto dei monaci con il territo-rio (il lavoro), con gli altri (leconomia e la so-cialit) e con se stessi (il senso della vita).

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  • Dal punto di vista economico e produttivo,i monasteri erano strutture tendenzialmenteautosufficienti. Le competenze lavorative deifrati e dei loro coadiutori laici erano variegatee in grado non solo di soddisfare i bisogni in-terni, ma anche di offrire beni e servizi allapopolazione esterna limitrofa, di soddisfare lenecessit contingenti di alimentazione e rico-vero di viandanti e pellegrini, di provvedereallospitalit e alla cura di alcuni tipi di mala-ti. La base della loro autosufficienza economi-ca e produttiva era costituita dallagricolturapraticata nei terreni di loro propriet, dallatrasformazione dei prodotti agricoli, sia peruso alimentare, sia per uso terapeutico (erbo-risteria), dalle attivit artigianali connesse alfunzionamento della struttura. La produzio-ne di valori duso finalizzata alla massima au-tosufficienza non implicava per una chiusu-ra delle comunit monastiche in se stesse. Laproduzione di alcuni valori di scambio con-sentiva a esse di ricavare il reddito monetarionecessario per acquistare oggetti e servizi nonaltrimenti ottenibili. Particolarmente rilevan-ti, da questo punto di vista, sono stati gli in-vestimenti in edifici di particolare pregio ar-

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  • chitettonico e nelle opere darte che ancor og-gi si possono ammirare.

    Il modo di produzione industriale e leco-nomia mercantile hanno rovesciato il rappor-to tra produzione di valori duso e di valori discambio, ponendo la centralit sulla produ-zione dei valori di scambio e marginalizzan-do progressivamente la produzione di valoriduso, fino a farla sparire quasi del tutto.Lunico residuo significativo che oggi perma-ne il lavoro femminile allinterno delle fami-glie nucleari. Questo capovolgimento ha fa-vorito lo sviluppo delle specializzazioni pro-fessionali e delle tecnologie, determinandoforti accrescimenti della produttivit e dellaproduzione, ma in cambio ha ridotto lauto-nomia delle persone nella soddisfazione deiloro bisogni vitali. Oggi, nelle societ indu-striali, in particolar modo nelle citt che ne so-no il cuore, nessuno produce nulla di ci chegli serve per vivere e tutti dipendono dal mer-cato per ogni esigenza. Il corrispettivo a livel-lo culturale di questa totale mancanza di au-tonomia lesasperazione crescente delle spe-cializzazioni, che riduce sempre di pi lareadi conoscenza di ogni individuo creando bar-

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  • riere insormontabili a ricostruire una visionedinsieme anche allinterno di ogni singolabranca del sapere.

    La centralit della produzione di valoriduso in una comunit che persegue la massi-ma autosufficienza possibile, richiede a chi nefa parte di essere disponibile a svolgere, oltreal proprio lavoro, una pluralit di mansionianche in forma di collaborazione subordinata,e a costruire una rete di scambi fondati sul do-no e sulla reciprocit. Ognuno mette a dispo-sizione degli altri la propria competenza spe-cifica e pu contare sulle competenze degli al-tri. In questo tipo di struttura economico-pro-duttiva il dono non il regalo rituale della so-ciet consumistica, n latto caritatevole che lereligioni raccomandano ai fedeli per alleviarele condizioni di miseria in cui vivono i pove-ri, ma uno scambio di beni e servizi non me-diato dal denaro. Gli scambi fondati sul donoe la reciprocit hanno costituito il legame so-ciale delle societ pre-moderne in tutte le epo-che storiche e in tutti i luoghi del mondo.Lantropologo francese Marcel Mauss, che stato il primo a studiarli negli anni 20 del se-colo scorso, ha osservato che hanno sempre e

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  • dovunque rispettato tre regole: lobbligo didonare, lobbligo di ricevere, lobbligo di re-stituire anche pi di ci che si ricevuto. Gliscambi non mercantili sono sopravvissuti finoa quando la cultura industriale non riuscitaa instillare nellimmaginario collettivo la con-vinzione che la produzione e lacquisto di va-lori di scambio costituiscano un progresso ri-spetto alla produzione di valori duso e agliscambi basati sul dono e la reciprocit, perchconsentono alle persone di liberarsi da rap-porti sociali troppo vincolanti e di trovare suimercati quantit crescenti di oggetti e servizisempre pi evoluti tecnologicamente, in cui stata riposta laspettativa di far sparire la mi-seria e migliorare la qualit della vita.

    In Italia gli scambi non monetari hanno so-stanziato la vita delle campagne fino agli an-ni 50 del secolo scorso, quando lagricoltura stata completamente stravolta dalla logica in-dustriale e mercantile. Prima di allora nellepiccole propriet agricole si coltivava di tuttoper autoconsumo e si vendevano le ecceden-ze, non esistevano le monocolture anche se al-le essenze pi redditizie si riservavano glispazi pi ampi e i terreni pi produttivi; lal-

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  • levamento non era separato dallagricoltura.In questo contesto non ancora colonizzatodalleconomia mercantile, tutti gli uominiadulti attivi collaboravano nei lavori pi fati-cosi che scandivano nel corso dellanno latti-vit agricola: mietitura e trebbiatura del gra-no, vendemmia, raccolta e scartocciatura delmais, preparazione della legna per linverno.Le prestazioni che gli artigiani locali fabbro,falegname, cestaio, bottaio, impagliatore disedie svolgevano per i contadini venivanospesso scambiate con prodotti agricoli. Tutti icapifamiglia destinavano una quota di tempoconcordata per eseguire lavori di utilit pub-blica: manutenzione delle strade e dei fossi,realizzazione di canali di deflusso dellacquapiovana, sgombero e apertura di sentieri, ge-stione e uso comune degli stagni e degli ac-quitrini, in cui veniva messa a macerare la ca-napa. Accanto a queste forme regolari di col-laborazioni prestate sotto forma di dono deltempo, per i legami sociali della comunitcontadina tradizionale era particolarmenteimportante la norma non scritta, ma rigorosa-mente rispettata, che impegnava tutti a dareaiuto e assistenza alle famiglie che per svaria-

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  • te ragioni morte o malattia di un componen-te, gravi danneggiamenti alla cascina, perditadel raccolto non riuscivano temporanea-mente a sostenere il lavoro richiesto dallordi-naria conduzione del podere.

    Nei sistemi economici finalizzati alla cre-scita della produzione di merci, i rapportiumani sono mediati dal denaro, per cui diven-tano impersonali. Chiunque pu comprare dachiunque e vendere a chiunque prodotti e ser-vizi analoghi offerti da pi fornitori. La sceltaavviene in base alla disponibilit economicadegli acquirenti e alla convenienza dellofferta(il rapporto prezzo-qualit). Mentre gli scambifondati sul dono e sulla reciprocit creano le-gami sociali, gli scambi mercantili li distrug-gono. Tolgono le reti di protezione della soli-dariet e accrescono la dipendenza degli indi-vidui dal mercato per la soddisfazione di tuttii bisogni vitali; riducono la loro autonomia in-serendoli in un meccanismo di cui costituisco-no semplici ingranaggi intercambiabili. Allacollaborazione sostituiscono la concorrenza ela competizione tra produttori, alla reciprocitlindifferenza, alla centralit dei rapporti inter-personali la centralit delle merci.

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  • La prevalenza della produzione di valoridi scambio, oltre a distruggere i legami socia-li, modifica anche radicalmente il rapportodegli uomini con il mondo perch scioglie i le-gami col territorio. Se il fine dei produttorinon la soddisfazione dei propri bisogni vita-li, ma quello di vendere ci che producono,lobiettivo di fondo diventa estendere il cer-chio della propria potenziale clientela, da unaparte riducendo i costi di produzione per pre-valere sui concorrenti, dallaltra allargandolarea territoriale in cui vendono ci che pro-ducono. Pertanto, il legame con il territorio incui svolgono la loro attivit produttiva diven-ta un limite. Devono andare oltre, sia per ac-quistare le materie prime, i semilavorati, letecnologie e la manodopera dove sono piconvenienti, sia per trovare altri mercati per iloro prodotti. Gli aspetti positivi di questaevoluzione non si possono sottovalutare. Lal-largamento della sfera mercantile ha consen-tito di accrescere la disponibilit di merci eservizi per quantit crescenti di persone. E,inoltre, di estendere gli orizzonti culturali dicomunit precedentemente chiuse in una reteimmutabile di relazioni soffocanti e nella rigi-

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  • da conservazione delle proprie tradizioni.Non bisogna per sottovalutare neanche lal-tro lato della medaglia. La perdita dei legamicol territorio ha deresponsabilizzato gli esseriumani nei confronti degli ecosistemi. Se lamaggior parte dei mezzi di sussistenza si rica-vano dal territorio in cui si vive, non ci si punon sentire responsabili nei suoi confrontiperch se ne dipende. Non si sfrutta intensi-vamente perch produrre pi di quanto siconsuma non ha senso. Non si pensa solo alpresente e, per non avere carenze in futuro, sievita di danneggiarlo. Per accrescere la pro-duttivit e diminuire la fatica del lavoro nonsi usano sostanze nocive perch ci che si pro-duce si consuma. Non si deturpa il paesaggioperch costituisce la propria nicchia esisten-ziale. Il suo rispetto e la sua protezione nonsono affidati alletica o ai buoni sentimenti,che sono una merce rara, ma allinteresse.

    Se invece i produttori non hanno un lega-me diretto con il territorio in cui svolgono laloro attivit produttiva e questa attivit non finalizzata principalmente a produrre valoriduso per soddisfare i loro bisogni; se, in unalogica economica mercantile, il loro fine pro-

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  • durre valori di scambio e sono sottoposti alleleggi della concorrenza, per loro il territoriodiventa una risorsa da sfruttare in modi in-tensivi per ricavarne il pi possibile e gli uni-ci limiti che si pongono sono motivati dallesi-genza di non esaurire la fonte della loro ric-chezza fino al momento in cui non ne abbianotrovata una nuova. In un sistema economicofinalizzato alla produzione di valori di scam-bio lindice del benessere non pu che esserela crescita del prodotto interno lordo (il valo-re monetario delle merci e dei servizi scam-biati con denaro) e la crescita del prodotto in-terno lordo non pu che avere effetti distrut-tivi nei confronti degli ambienti, perch dauna parte richiede quantit crescenti di risor-se naturali da trasformare in merci, dallaltraladozione di tecnologie finalizzate alla cresci-ta della produttivit anche se, come succes-so negli ultimi tre secoli, generano forme diinquinamento sempre pi devastanti.

    Una delle conseguenze pi macroscopichedellestensione delleconomia di mercato stata la crescita tumorale delle aree urbane. Lecitt sono luoghi in cui la produzione di valo-ri di scambio non pu avere alternative, an-

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  • che se c chi cerca una parziale compensazio-ne a questa carenza facendo del bricolage ocoltivando orti in alcune aree provvisoria-mente non edificate delle periferie. Alliniziodel 900, gli abitanti delle citt erano il 3 percento della popolazione mondiale. Nel corsodel secolo, il loro numero cresciuto in conti-nuazione fino a superare nel 2008 il 50 percento. In Europa gi il 75 per cento, negliStati Uniti l80 per cento. Entro il 2050 il 75 percento dellumanit si ammasser nelle areeurbane, 27 delle quali supereranno i venti mi-lioni di abitanti e alcune di esse i trenta.

    Le aree urbane si sono sviluppate lungo ledirettrici seguite dallo sviluppo industriale edai flussi delle merci, attirando flussi crescen-ti di persone dai territori emarginati, che nelgiro di pochi anni sono stati abbandonati. InItalia un esempio emblematico di questo pro-cesso rappresentato dalla concentrazionedelle attivit economiche e produttive lungole fasce costiere e dallo svuotamento dei pae-si appenninici. Nelle Marche la costruzionedellautostrada adriatica lungo la costa ha tra-sformato la stretta fascia pianeggiante tra lependici delle ultime colline e il mare in

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  • ununica area urbana senza soluzione di con-tinuit. Tutte le attivit economiche e produt-tive si sono insediate lungo lasse di sviluppodelineato dal tracciato autostradale, trasci-nando con s le strutture culturali, sociali e re-ligiose. Lantica diocesi di Ripatransone, unapiccola citt del vicino entroterra ricca di sto-ria e di monumenti architettonici, stata tra-sferita nellarea portuale di San Benedetto delTronto, che in pochissimi anni ha allungatotentacoli di palazzi e palazzine in tutte le areedisponibili a nord e sud del suo nucleo origi-nario. Nella stretta fascia costiera la densitdella popolazione diventata altissima, iprezzi dei terreni e delle case sono aumentatirapidamente, il traffico caotico e gli imbotti-gliamenti allungano sempre di pi i tempi dispostamento, il rumore non conosce sostenemmeno di notte. Nellinterno, sulle collinea pochi chilometri di distanza, paesini bellis-simi, silenziosi e semivuoti, traffico inesisten-te, grandi orizzonti, prezzi di case e terrenimolto pi bassi. Altrettanto avvenuto in unaregione con unanaloga struttura morfologi-ca, la Liguria, e in tutte le aree montuose e col-linari che non abbiano avuto uno sviluppo tu-

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  • ristico. ( ancora il sonno della ragione, o lasua veglia febbrile, oggi, a generare mostri?)

    Tutto lascia supporre che al meccanismodelleconomia mercantile e alla sua implaca-bile estensione a quote sempre pi ampie del-la popolazione mondiale (la globalizzazione eloccidentalizzazione del mondo) sia moltodifficile contrapporsi. La forza del Leviatano completamente sfuggita al controllo degliuomini e continua a crescere per spinta endo-gena. Si possono per ricavare nicchie di au-tonomia in cui sottrarsi alla sua accettazionepassiva o rassegnata. A chi si proponga di fa-re questa scelta, i monasteri del primo e delsecondo millennio offrono indicazioni utili,da reinterpretare e adeguare ai tempi attuali,per costruire nel terzo millennio nuovi mona-steri in cui praticare relazioni umane fondatesulla solidariet e forme di economia alterna-tive, finalizzate alla massima autosufficienzaalimentare ed energetica possibile, non soloper consentire di vivere meglio a coloro che leadottano, ma anche con lobiettivo di diventa-re un modello di riferimento per coloro chevivono con disagio crescente nelle societ chehanno finalizzato le attivit produttive e i

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  • rapporti sociali alla crescita della produzionee del consumo di merci.

    A differenza dei monasteri del primo e delsecondo millennio, che venivano costruitilungo le strade di transito percorse da pelle-grini e mercanti, i monasteri del terzo millen-nio preferiranno i territori lontani dalle diret-trici dello sviluppo e delleconomia mercanti-le. I loro luoghi di elezione saranno i borghiabbandonati, dove le strade di scorrimentonon hanno rettificato le antiche vie di comuni-cazione, le reti commerciali non hanno estesole loro maglie per mancanza di una domandasufficiente, lindustria non ha creato le infra-strutture che le necessitano, la speculazioneedilizia non ha allungato i suoi tentacoli. Inmolti di essi si legge ancora lantica trama in-tessuta dal lavoro degli uomini nel corso deisecoli per adeguare alla morfologia del suololedificazione delle case, la distribuzione de-gli appezzamenti agricoli, i tracciati della via-bilit. Spopolati da un ininterrotto processomigratorio verso le aree urbane, non ritenutiinteressanti come luoghi di villeggiatura incui ristrutturare le case esistenti e insediarestrutture dintrattenimento e divertimento di

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  • massa, li avvolge una sorta di sospensione deltempo in cui a poco a poco i boschi riprendo-no il sopravvento sui terreni dissodati e gliedifici vanno lentamente in rovina. Anchequando la loro bellezza paesaggistica non siaeccezionale, nessun quartiere cittadino di pre-gio pu reggere al loro confronto e lemargi-nazione stessa dallo sviluppo conferisce a es-si una qualit ambientale e una vivibilit su-periori. Laria non attossicata da gas di sca-rico, non ci sono rumori n intasamenti, dinotte vi persiste il buio, le connotazioni dellestagioni sono pi nette. Segni di arretratezzache il progresso si premurato di eliminaredovunque arrivato. Persistenze del passatoa cui non viene conferito alcun valore e, quin-di, non incidono sui prezzi di vendita.

    Lantica sapienza di cui sono intessutequeste realt privilegiate non stata cancella-ta, ma rimasta custodita proprio dallabban-dono e persiste come una potenzialit ine-spressa. Riaffiora non appena se ne vadano acercare gli indizi e offre suggerimenti operati-vi a chi si propone di rivitalizzarli. Il recuperodi questi luoghi sar dunque anche un recu-pero della sapienza che li ha modellati. La ri-

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  • strutturazione delle case per farne le celle deimonasteri del terzo millennio non si limitera rispettarne rigorosamente le forme e le tipo-logie costruttive, ma valorizzer, potenzian-dola con le pi evolute tecnologie moderne, lacapacit della loro struttura di costituire unriparo dagli effetti indesiderati del clima e ri-cavare dal sole apporti energetici utili al ri-scaldamento invernale. Il riparo dal freddo,ottenuto con la collocazione in luoghi morfo-logicamente protetti dai venti del nord e conlo spessore dei muri perimetrali, sar integra-to dai doppi vetri basso emissivi alle finestree dalla coibentazione dei sottotetti. Lorienta-mento est-ovest degli edifici e la disposizionedelle finestre sulla parete esposta a sud perintiepidire col calore del sole le stanze, sarintegrato collocando sulle falde dei tetti espo-ste a sud i pannelli solari termici per riscalda-re lacqua e i pannelli fotovoltaici per produr-re elettricit. Lacqua di falda sar utilizzatadalle pompe di calore prima di essere utiliz-zata per irrigare i campi. Si useranno le pi ef-ficienti tecnologie idrauliche per effettuarneprelievi senza sprechi, gestioni efficienti e re-stituzioni pulite con impianti di fitodepura-

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  • zione. Il recupero delle tecniche agricole tra-dizionali sar integrato con le pi avanzateconoscenze biochimiche per potenziare i mec-canismi di difesa naturali delle piante coltiva-te e accrescerne i rendimenti senza stravolger-ne la fisiologia. Il recupero dei villaggi emar-ginati dallo sviluppo si prefigger la conser-vazione intelligente dei lasciti del passato, ar-ricchita da innovazioni qualitative che con-sentano darrestare il degrado causato dal-labbandono dellultimo cinquantennio e direstituirli a nuova vita.

    I monasteri del terzo millennio non richie-deranno necessariamente voti di obbedienzaa regole, n comunioni di beni mobili e immo-bili. Saranno strutture leggere, o meglio anco-ra non-strutture, semplici luoghi dincontro incui si ritroveranno, per scelta e affinit, perso-ne e famiglie che avvertono in modo partico-larmente acuto il disagio, la sofferenza e i li-miti di vivere in un sistema economico fina-lizzato alla crescita della produzione di mercie desiderano annettere pi importanza allerelazioni umane che alla produzione di merci,collaborare invece di concorrere, ridurre lapropria impronta ecologica e la propria di-

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  • pendenza dal mercato, producendo non solovalori di scambio, ma anche valori duso ogniqual volta sia conveniente. In alcuni di questiluoghi stanno confluendo, e continueranno aconfluire, gruppi di persone che decidono diabitarli per scelta, o confermando con un attodi volont una collocazione avuta per caso (e,quindi, non vivendo come emarginazione lamarginalit), o arrivandoci dopo aver abban-donato le aree urbane in cui vivevano, i pre-cedenti ruoli di produttori di valori di scam-bio e leconomia mercantile.

    Le celle di questi monasteri saranno caseautonome e indipendenti (ci non esclude chealcune di esse possano essere strutture comu-nitarie) i cui abitanti valorizzeranno al massi-mo lagricoltura e il lavoro manuale. Natural-mente, nessuno sar in grado di produrre da stutto ci che gli serve per vivere, n del restosarebbe auspicabile che la maggior parte deltempo della vita venisse speso in attivit fina-lizzate alla semplice sopravvivenza fisica. Laproduzione di valori duso dovr dunque esse-re integrata in parte da scambi non mercantilidi beni e servizi ottenibili sulla base del dono edella reciprocit, in parte da scambi mercantili.

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  • Gli scambi basati sul dono e sulla reciprocitavverranno tra coloro che avranno fatto la stes-sa scelta esistenziale e, anche quando non sia-no legati da nessun vincolo formalizzato, sen-tiranno un forte senso di appartenenza a unacerchia di affini. I beni e i servizi che non po-tranno essere n autoprodotti, n scambiati informa non mercantile (beni non producibilicon tecnologie artigianali e servizi ad alta spe-cializzazione), verranno acquistati sul mercato.Ci implica che ogni individuo o nucleo fami-liare abbia la possibilit di accedervi, possacio disporre di redditi monetari derivanti dal-lo svolgimento di attivit artigianali o profes-sionali complementari alla produzione di valo-ri duso, e/o dalla vendita delle eccedenze del-la propria produzione di valori duso. Per evi-tare i disagi individuali e limpatto ambientaledel pendolarismo, le attivit professionali ver-ranno svolte utilizzando al massimo le oppor-tunit offerte dal telelavoro e dalla telematica.I monasteri del terzo millennio non sarannoluoghi in cui isolarsi dal mondo, tagliando irapporti con leconomia industriale e mercan-tile, ma luoghi in cui la vita verr impostatasulla base di una diversa gerarchia di priorit.

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  • La rivalutazione del lavoro manuale neimonasteri del terzo millennio non sar moti-vata da spirito di automortificazione o desi-derio di un romantico regresso ai bei tempiandati, ma sar una conseguenza della cen-tralit assegnata alla produzione di valoriduso e una scelta finalizzata a ridurre al mi-nimo limpronta ecologica individuale. Sitratter di un lavoro manuale colto, di un sa-per fare nutrito di un sapere pi vasto, chenon si limita alla conoscenza dei materiali uti-lizzati, delle loro potenzialit e dei loro limiti.A questi elementi tipici della cultura specificadi ogni bravo artigiano, si aggiunger la co-noscenza del ciclo completo della vita dei ma-teriali, dallestrazione alle possibilit di riusoe riciclaggio, al fine di eliminare il concettostesso di rifiuto, che non ha nessun fonda-mento logico. Ogni oggetto, quando non svol-ge pi la sua funzione, invece di essere inter-rato o bruciato, pu essere smontato, rag-gruppando per tipologie omogenee i materia-li che lo compongono in modo da poterli riu-tilizzare per produrre altri oggetti. Analoga-mente, la conoscenza delle tecniche sar inte-grata dalla consapevolezza del loro impatto

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  • ambientale. La finalit ultima di questo saperfare colto sar la produzione di oggetti pro-gettati per durare il pi a lungo possibile, peressere riparati e per essere riciclati completa-mente al termine della loro vita. Questi para-metri di riferimento consentiranno di definireil fare in termini qualitativi e non quantitativi,come un fare bene e non un fare fine a se stes-so. Ne risulter rivalutato il valore della len-tezza come presupposto del fare bene e il la-voro sar guidato dal motto: se hai fretta, ral-lenta.

    In relazione ai valori di scambio, la ridu-zione dellimpatto ambientale passa attraver-so lacquisto di merci prodotte con le tecnolo-gie meno inquinanti e meno energivore che, aparit di servizi, siano le meno inquinanti e lemeno energivore nel corso della loro vita equando vengono dismesse. Le certificazioniambientali delle industrie (ecoaudit) e dei pro-dotti industriali (ecolabel) sono strumenti utilinon solo per consentire ai consumatori di sce-gliere le merci pi ecocompatibili offerte dalmercato, ma per indurre i produttori a farsiconcorrenza sul miglioramento della qualitambientale dei loro cicli produttivi e dei loro

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  • prodotti. Nei sistemi economici fondati sullacrescita della produzione di merci si possonoottenere in questo modo risultati importantima non risolutivi, perch la riduzione del-limpatto ambientale delle merci viene conti-nuamente vanificata, come in una gigantescafatica di Sisifo, dalla crescita quantitativa del-le merci prodotte. Laumento del numero deichilometri percorribili in automobile con unlitro di benzina non ha comportato una dimi-nuzione dei consumi di carburante, perch lariduzione del costo chilometrico ha indotto lamaggior parte degli automobilisti a percorre-re un maggior numero di chilometri, o a com-prare unautomobile di cilindrata maggiore.Ladozione delle tecnologie che accresconolefficienza energetica non sufficiente secontestualmente non si riduce anche il consu-mo di merci. Poich il meccanismo della cre-scita economica e produttiva consustanzialea questo sistema, se si vuole che la riduzionedellimpatto ambientale individuale diventifattore di riduzione dellimpatto ambientaleglobale, occorre anche ridurre lincidenza deivalori di scambio nella propria vita, valoriz-zando al massimo la produzione di valori

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  • duso. Se e finch questa scelta sar fatta dapochi, il contributo al miglioramento dellaqualit ambientale che potr derivarne sarmodesto, ma in ogni caso culturalmente si-gnificativo, perch susciter unattenzioneche potr indurre altre persone a fare altret-tanto. In ogni caso, in termini etici non se nepu prescindere, se si vuole assumere un at-teggiamento di responsabilit e cura nei con-fronti della terra.

    Prendersi cura della terra attraverso il la-voro , secondo la tradizione biblica, il ruoloassegnato da Dio agli uomini.

    Finalmente Dio disse: Facciamo luomo anorma della nostra immagine, come nostrasomiglianza, affinch possa dominare sui pe-sci del mare e sui volatili del cielo, sul bestia-me e sulle fiere della terra e su tutti i rettili chestrisciano sulla terra 2.

    Poi il Signore Dio rap luomo e lo deposenel giardino dellEden perch lo lavorasse e locustodisse 3.

    Il potere di dominare su tutti gli altri esseriviventi, che Dio assegna alluomo, fatto a suaimmagine e somiglianza, stato per lo piconsiderato come il fondamento di una conce-

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  • zione antropocentrica del mondo, sia da chi lacondivide, sia da chi la rifiuta. Questa inter-pretazione non sembra per sorretta dal com-pito che Dio affida alluomo, di custodire collavoro il giardino dellEden. La sua suprema-zia sugli altri viventi sancita dallassegnazio-ne di una responsabilit che solo luomo puassumere perch si fonda sulla capacit di la-vorare, che gli altri animali non hanno e cheluomo ha perch stato fatto da Dio a sua im-magine e somiglianza. In genere questa dupli-ce connotazione viene considerata una sortadi ridondanza verbale. Una ripetizione usataper enfatizzare limportanza del ruolo asse-gnato alluomo da questa scelta cos decisivadi Dio. In realt le due parole hanno significa-ti diversi. La somiglianza definisce un livellodi identificazione molto inferiore a quello del-limmagine. Il concetto di somiglianza indicala compresenza di elementi di identit e di dif-ferenza tra due o pi soggetti. Si dice che dueo pi soggetti si somigliano quando presenta-no aspetti che li accomunano e aspetti che lidifferenziano. Il concetto di immagine si usainvece per indicare una sostanziale identitdaspetto tra due o pi soggetti. Due soggetti

    33I MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • sono limmagine luno dellaltro quando dif-ficile distinguerli. Limmagine il riflesso di sche vede chi si guarda allo specchio. In cosadunque luomo limmagine e in cosa a somi-glianza di Dio? La somiglianza degli uominicon Dio si manifesta nella capacit di lavorare,perch lavorando gli uomini creano cose chenon esistono in natura, come Dio ha creato ilmondo, ma a differenza di Dio, che crea dalnulla, essi per creare usano e trasformano ma-terie prime esistenti. Il lavoro dunque in parteli identifica con il Creatore e in parte li diffe-renzia da Lui. Ma Dio non si limita a fare.Ogni giorno, al termine del suo lavoro, si sof-ferma a valutare lesito di ci che ha fatto eogni volta constata che buono. Alla fine delsesto giorno, facendo un bilancio complessivodel suo lavoro vide tutto ci che aveva fatto,ed ecco, era molto buono, per cui nel setti-mo volle concluso il lavoro che aveva fatto ecess da ogni lavoro 4. Il fare di Dio dunqueconnotato qualitativamente, un fare bene, eil fine del suo fare bene il non fare: la pos-sibilit di contemplare ci che ha fatto. Secon-do la suggestiva interpretazione di ClaudioNapoleoni 5, luomo si realizza a immagine di

    34 MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • Dio se il suo fare connotato qualitativamen-te, se un fare bene che gli consente di con-templare ci che ha fatto.

    Per quanto potesse essere bello il paesag-gio delle crete senesi prima che Enea SilvioPiccolomini facesse costruire Pienza nel terri-torio del suo paese natale di Corsignano, lacostruzione di questa citt lo ha reso pi bel-lo e ha migliorato la qualit della vita di chi loabita. Consente, a secoli di distanza, di conti-nuare a contemplare la bellezza aggiunta dallavoro umano alla bellezza originaria del luo-go. Ma se col lavoro si deturpa la bellezza diun luogo, si soffoca la fotosintesi clorofillianasotto enormi distese di materiali inorganici, siriduce la biodiversit per far posto allossessi-va ripetizione di una monocoltura, si intossi-ca laria, si inquina il ciclo dellacqua, come sipu contemplare ci che si fatto? La costru-zione di una discarica, di un inceneritore, diuna centrale termoelettrica, di una periferia,di un polo industriale, peggiora anche i luo-ghi privi di attrattive paesaggistiche e stori-che. La finalizzazione delle attivit produttivealla crescita del prodotto interno lordo, ponea fine del fare il fare sempre di pi, non la

    35I MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • contemplazione di ci che si fatto. Attribui-sce al lavoro una funzione diversa da quelladi custodire il giardino dellEden, che Dio haaffidato agli esseri umani, e cancella in lorolimmagine di S con cui li ha formati.

    Nei monasteri del primo e del secondomillennio i concetti di immagine e di somi-glianza degli uomini con Dio si realizzanonellora et labora, della regola benedettina, chedovr essere ripresa nella pienezza del suo si-gnificato anche nei monasteri del terzo mil-lennio.

    Non solo ora e non solo labora, perch lacontemplazione senza lazione si pu sostene-re soltanto a spese del lavoro altrui e lazionesenza la contemplazione un fare fine a sestesso. Non solo lo spirito e non solo il corpo,perch la completezza umana data da en-trambi gli aspetti.

    Ora et labora non sono due attivit distinteche si alternano nel corso della giornata, madue facce della stessa medaglia. Solo se il fareha una valenza qualitativa, solo se un farebene, si pu contemplare ci che si fatto. Ilfare pu essere finalizzato alla contemplazio-ne solo se assume connotazioni etiche e spiri-

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  • tuali. La consapevolezza di questo valore in-sito nel lavoro testimoniata emblematica-mente dalla etimologia della parola agricoltu-ra, che formata dallunione di due parole la-tine: ager, che significa campo, e cultus, che si-gnifica venerazione.

    Lordine in cui sono posti lora e il laboranon casuale n intercambiabile. Non pu es-sere sostituito da labora et ora. La contempla-zione il fine, lazione il mezzo che consentedi raggiungerlo, purch sia finalizzata a rag-giungerlo.

    Lora pu anche essere la preghiera, purchcon questo termine non sintenda, come perlo pi avviene, la richiesta petulante di favorio privilegi al proprio Dio, ma la forma che as-sume la contemplazione di chi ha fede in Dio.Tuttavia il concetto di contemplazione piampio di quello espresso dalla parola pre-ghiera e, in ogni caso, i monasteri del terzomillennio non richiederanno professioni difede religiosa, n assunzioni di voti. Cosdunque la contemplazione? Cosa significacontemplare? Nelletimologia di questo verbo contenuta la parola latina templum, che si-gnifica tempio. Il tempio era lo spazio sacro

    37I MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • che, impugnando una verga ricurva chiamatalituo, gli uguri etruschi scontornavano sim-bolicamente nel cielo per osservare al suo in-terno il volo degli uccelli e trarne auspici peril futuro. Contemplare significa osservare conrispetto sacrale, mettere in un tempio, ci chesi osserva. Se il fare finalizzato a fare sempredi pi, losservazione finalizzata a capire inche modo si possa utilizzare, valorizzare,sfruttare, ci che si osserva: come si possa fardiventare un valore di scambio da cui ricava-re denaro. Se il fare finalizzato a fare di pi,losservazione interessata. Se, invece, unfare bene finalizzato a custodire e migliorareil mondo, la contemplazione un modo di os-servare disinteressato, finalizzato a percepirela perfezione intrinseca di ci che si osserva, aconoscere gli equilibri che regolano i rapportitra i fattori ambientali e le specie viventi, a ca-pire che ogni vivente lesito, nella forma ir-ripetibile di un corpo in uno spazio e in unperiodo di tempo, delle stesse sintesi deglistessi elementi nelle stesse molecole che com-pongono le macromolecole dellacido desos-siribonucleico, seppure a diversi livelli dicomplessit, e che ognuno di essi compie,

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  • seppure in modi diversi, le stesse funzioni vi-tali. Chi contempla percepisce che lo stessoprincipio vitale unifica, oltre le diversit incui si manifesta, tutte le forme di vita e si sen-te parte di questa unit, ma con il ruolo speci-fico che gli deriva dallappartenere allunicaspecie in grado di raggiungere questa consa-pevolezza, di conoscere e di intervenire sui ci-cli, i passaggi e gli eterni ritorni che la vitacompie trasmettendosi tra gli individui e lespecie. La contemplazione losservazionedel mondo con gli occhi di chi stato abilita-to a conoscerlo e incaricato di custodirlo collavoro per conto del Dio che lo ha creato.

    La contemplazione pu assumere molteforme: lo studio disinteressato, la ricerca arti-stica, la letteratura, la poesia, la musica, lameditazione, la preghiera, la filosofia, la con-servazione della memoria storica, la ricercascientifica, losservazione naturalistica.Ognuna di queste forme si pu vivere a diver-si livelli di intensit in relazione alla sensibili-t e alle caratteristiche individuali: creativa-mente o come interpreti, divulgandola o sem-plicemente fruendone; con un ruolo pubblicoo nella sfera privata; individualmente o in

    39I MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • modi condivisi; in modi e forme differentinelle varie fasi della vita. Il tempo della con-templazione tempo sottratto alla mercifica-zione, anche nei casi in cui si utilizzi per svol-gere attivit che forniscono un reddito mone-tario (opere darte, musica, ricerche scientifi-che, libri, rappresentazioni teatrali), perch ilreddito non il fine per cui si svolgono, ma ilmezzo che consente di svolgerle.

    Quando la vita dedicata al fare per faresempre di pi (ha dedicato interamente lavita al lavoro si scrive nei necrologi dei giu-sti), nei periodi di tempo libero dal fare, vienemeno il suo senso e si apre un vuoto. Non sisa come far passare le ore. Ci si annoia. Si cer-cano passatempi, modi di ammazzare il tem-po. Cos, dopo aver sprecato il meglio dellavita nel fare fine a se stesso, si spreca anche ilresto. Lalternativa alla noia il divertimento.Etimologicamente il verbo divertire significadeviare, allontanare, distogliere lattenzioneda qualcosa concentrandola su qualcosaltro.Il divertimento distoglie dal senso di vuoto edi inutilit che prova, quando non fa, chi can-cella dalla propria vita la dimensione dellacontemplazione e non finalizza a essa il suo

    40 MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • fare. In una societ fondata sul fare per fare dipi il divertimento ha quindi una funzioneessenziale. laltra faccia del fare fine a sestesso. Per soddisfare lesigenza di diverti-mento si sviluppato un apposito settore in-dustriale che vede crescere di giorno in gior-no la sua importanza e le sue dimensioni. Leofferte dellindustria del divertimento sonomolteplici e coprono ormai tutte le ore di tut-ti i giorni, con punte di massima intensit neifine settimana. La gamma dei prodotti va dal-le attivit sportive (in poco tempo le discipli-ne olimpiche si sono moltiplicate e il calcio passato da una scadenza settimanale a ungiorno settimanale di riposo), al ballo e allosballo (la crescita del consumo di droghe stata accompagnata da una crescita paralleladei tipi di droghe in commercio), al cinema ealla televisione (con unofferta plurima din-trattenimenti di vario genere che copre tuttele ore del giorno e della notte). Poich inuneconomia mercantile lofferta corrispondealle esigenze della domanda e la qualit delleofferte di divertimento il pi delle volte pe-nosa e ripetitiva in modo ossessionante, se nededuce che il bisogno di distogliersi cos

    41I MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • forte da far accettare come una liberazionequalsiasi proposta che in qualche modo con-senta di far trascorrere, senza pensare, gli ine-vitabili periodi di riposo dal fare fine a se stes-so.

    Per intercettare tutti i tipi di domanda, necessario diversificare lofferta (come succe-de negli autogrill, dove in relazione alle pro-prie disponibilit economiche e di tempo iconsumatori possono scegliere tra tre tipi diristorazione: panini, self service e ristorante).Nella programmazione della propria attivit,lindustria del divertimento non poteva nontener conto di questa elementare legge econo-mica e, per rispondere alla domanda della fa-scia di consumatori che manifestano qualchepretesa intellettuale e non si accontentanodella paccottiglia a buon mercato, ha annessoal suo dominio la pubblicazione di libri spo-standola progressivamente dal versante dellacultura a quello del tempo libero. Per la gi ci-tata legge economica della corrispondenza tradomanda e offerta, alla crescente produzionedi libri per il tempo libero ha fatto riscontrouna sempre pi diffusa concezione della let-tura come passatempo. Del resto, labitudine

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  • di compilare settimanalmente le classifichedei libri pi venduti non sta forse a indicare laloro equiparazione con tutti gli altri beni diconsumo di massa? E la recente innovazionedi affiancarle ad analoghe classifiche di vi-deogiochi, dischi e film non specifica ulterior-mente, se ce ne fosse ancora bisogno, la loroomogeneit merceologica e intercambiabilitduso con gli altri beni di consumo per il tem-po libero?

    Chi, nonostante tutto, continuer a consi-derare i libri la forma di comunicazione checonsente agli esseri umani di superare i limitidello spazio e del tempo (una delle funzionidei monasteri del terzo millennio, come quel-li primo e del secondo, sar proprio di conser-vare questa concezione alta dei libri) sentiruna totale sintonia con le parole scritte daGiacomo Leopardi nel suo Zibaldone il 6 apri-le 1827:

    Io stesso, che pure non ho maggior piacereche il leggere, anzi non ne ho altri, [] quan-do talvolta per ozio, mi son posto a leggerequalche libro per semplice passatempo, ed afine solo ed espresso di trovar piacere e dilet-

    43I MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • tarmi; non senza maraviglia e rammarico hotrovato sempre che non solo io non provavadiletto alcuno, ma sentiva noia e disgusto findalle prime pagine. [] Onde i libri che mihanno dilettato meno, e che perci da qualchetempo io non soglio pi leggere, sono statisempre quelli che si chiamano come per pro-prio nome, dilettevoli e di passatempo.

    Valorizzando lautoproduzione di beni e irapporti di scambio fondati sul dono e la reci-procit, si riduce la necessit di acquistare sot-to forma di merci tutti i beni che servono persoddisfare i bisogni primari e per rendere lavita piacevole. Limportanza del denaro dimi-nuisce oggettivamente. Il lavoro non pisoltanto unattivit finalizzata a ottenere unreddito monetario e il suo fine non pi lacrescita della produzione di merci per accre-scere il reddito monetario che si ricava dallaloro vendita. Il denaro torna a essere il mezzonecessario ad acquistare i beni che si possonoottenere solo sotto forma di merci. Soltantonei sistemi economici finalizzati alla crescitadella produzione di merci, che, quindi, di ne-cessit mercificano tutto, il denaro esige una

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  • dedizione assoluta e diventa lo scopo della vi-ta. Nessun servitore scritto nel Vangelo diLuca pu servire due padroni, perch oodier luno e amer laltro, oppure si affezio-ner alluno e disprezzer laltro. Non poteteservire Dio e la ricchezza 6. Nelle societ chehanno finalizzato leconomia alla crescita del-la produzione di merci gli esseri umani sonoal servizio del denaro. Dedicano il meglio del-le loro energie alla produzione di merci, tra-scurano le relazioni umane, si combattono traloro, si sacrificano tutta la vita per avernesempre di pi. Chi riesce ad accumularne dipi invidiato e diventa un modello per chine ha di meno. I monasteri del terzo millennioliberano gli esseri umani da questa servit,recuperando il valore della dimensione spiri-tuale e delle relazioni umane fondate sullacollaborazione e lempatia. Testimoniano cheun altro modo di rapportarsi con se stessi, congli altri e con i luoghi in cui si vive, possibi-le, vantaggioso, desiderabile. Che chi usa ildenaro come un mezzo perch ha organizza-to la sua vita in modo di non dipenderne to-talmente, vive meglio di chi ne fa il fine dellapropria vita. Facendo uscire questa alternati-

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  • va al modo di produzione industriale dallemura dei monasteri del primo e del secondomillennio, in cui negli ultimi tre secoli statapreservata come in una teca dai tentativi difarne sparire ogni traccia dallimmaginariocollettivo, e portandola nel mondo, la tradu-cono in una forma di disobbedienza civile aimodelli di comportamento a cui leconomiadella crescita, utilizzando un imponente ap-parato di mezzi di persuasione di massa, haomologato un numero sempre maggiore diesseri umani in un numero sempre pi vastodi luoghi del mondo. I monasteri del terzomillennio possono indicare la strada per usci-re dalla crisi ambientale ed economica che stamettendo a repentaglio il futuro dellumanite contribuire ad aprire una fase pi evolutadella storia.

    1 Questo capitolo la riscrittura del capitolo conclusi-vo del libro Ricchezza ecologica, Manifestolibri, Roma2003 (ristampato nel 2009). Si ripropone qui in unaversione ampiamente rivista. Oltre ad aver modificatoalcuni passaggi per renderli pi coerenti con le mie ri-flessioni successive, ho corretto luso delle parole bene

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  • e merce ogni qual volta non erano state utilizzate se-condo le accezioni che ho approfondito a partire dallapubblicazione del libro La decrescita felice, Editori riuni-ti, Roma 2005, pi volte ristampato, ripubblicato dalleEdizioni per la decrescita felice nel 2009 con lintegra-zione 4 di capitoli inediti. Nella versione originaria diquesto testo, invece delle parole bene e merce avevo uti-lizzato le formulazioni marxiane di valore duso e valo-re di scambio, che hanno lo stesso significato e ho man-tenuto nella maggior parte dei casi.2 Genesi 1,26.3 Genesi 2,15.4 Genesi 1,31 e 2,2.5 Claudio Napoleoni, Massimo Cacciari, Dialogo sul-leconomia politica, in Micromega 1/88, pp. 157-169.6 Luca 16,13.

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  • Un orto, una comunit, una fede

    Nellottobre del 2004, alla Certosadi Saint Hugon in Savoia presso lacomunit buddhista Karma Lingche aveva organizzato un grandeincontro sul tema Ecologia e spi-ritualit fecero questa domanda aTeddy [Goldsmith]: Se prima dimorire dovesse trasmettere a unodei suoi figli o nipoti tre e solo treidee essenziali, cosa gli direbbe?.Una domanda da giornalisti, unpo irritante Ma dopo aver ri-sposto a bruciapelo mantenendosisulle generali, Teddy fu assillatotutto il giorno da quella domanda ela sera venne a dirmi in tutta fran-chezza: S, se dovessi tramandaresolo tre idee, direi: un orto, una co-munit e la fede 1.

  • La crescita economica non di per s unfatto negativo, se la quantit di risorse rinnovabili che vengo-no trasformate in merci non eccede la loro ca-pacit di rigenerazione annua, le emissioni dei cicli produttivi metabolizza-bili dai cicli biochimici non eccedono le lorocapacit di metabolizzarli, non vengono prodotte ed emesse sostanzenon metabolizzabili dai cicli biochimici, i materiali contenuti negli oggetti dismessi enegli scarti non si accumulano in qualche ma-trice della biosfera, ma vengono riutilizzatiper produrre altre merci.

    Se si rispettano questi vincoli entropici,laumento dei beni e dei servizi che consento-no alla specie umana di non patire la fame, ilfreddo e il caldo, di alleviare il dolore e la fa-tica, di curare le malattie, di ampliare i saperie il saper fare, di togliersi dei capricci, di ozia-re, migliorano la qualit della vita.

    la finalizzazione delleconomia alla cre-scita a creare problemi sempre pi gravi sia alpianeta terra, sia alla specie umana, perch, selobiettivo delle attivit economiche e produt-

    50 MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • tive accrescere di anno in anno la produzio-ne di merci, il consumo delle risorse rinnovabili crescedi anno in anno fino a eccedere la loro capaci-t di rigenerazione, le emissioni metabolizzabili aumentano finoa eccedere la capacit di assorbimento da par-te della biosfera, si utilizzano quantit crescenti di risorsenon rinnovabili fino al loro esaurimento, si sintetizzano sostanze non metabolizzabilidai cicli biochimici, per tenere alta la domanda di merci se ne ac-celera la trasformazione in rifiuti, si intasa latmosfera di gas nocivi, si ricoprono superfici sempre pi vaste dellasuperficie terrestre di incrostazioni di materia-li inorganici, di sostanze putrescenti, di sostan-ze non biodegradabili, di sostanze inquinanti.

    Un sistema economico e produttivo fina-lizzato alla crescita ha le caratteristiche di untumore: si nutre sottraendo quantit crescentidi sostanze vitali allorganismo in cui si svi-luppa, ne altera progressivamente le funzionie i cicli biochimici, lo fiacca riducendone gior-

    51UN ORTO, UNA COMUNIT, UNA FEDE

  • no dopo giorno la capacit di nutrirlo e muo-re nel momento in cui lo fa morire. Che la cre-scita economica abbia gi ridotto la capacitdella biosfera di nutrirla e di assorbire i suoiscarti testimoniato da alcuni indicatori fisiciampiamente documentati: dal 1987 la specie umana consuma primadel 31 dicembre una quantit di risorse rinno-vabili pari a quelle rigenerate annualmentedal pianeta e, da allora, si avvicina di anno inanno la data del loro esaurimento: stata il 21ottobre nel 1993, il 22 settembre nel 2003, il 20agosto nel 2013; nel settore petrolifero il rapporto tra lener-gia consumata per ricavare energia e lenergiaricavata (eroei: energy returned on energy in-vested) tra il 1940 e il 1984 (data dellultima ri-levazione pubblicata da una rivista scientificainternazionale), sceso da 1 a 100 a 1 a 8; dal1990, ogni anno si consuma una quantit dibarili di petrolio molto superiore a quanta sene trovi in nuovi giacimenti: 29,9 miliardi afronte mediamente di meno di 10 miliardi(dato 2011); le emissioni di anidride carbonica eccedonoin misura sempre maggiore la capacit del-

    52 MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • lecosistema terrestre di metabolizzarle con lafotosintesi clorofilliana, per cui se ne accumu-lano quantit sempre maggiori in atmosfera:sono state 270 parti per milione negli ultimi650 mila anni, sono diventate 380 nel corsodel XX secolo, nel mese di maggio del 2013hanno raggiunto il valore di 400, lo stesso delPliocene, circa 3 milioni di anni fa, quando laspecie umana non era ancora comparsa, latemperatura media del pianeta era pi caldadellattuale di 2-3 C, il livello dei mari erapi alto di 25 metri; in conseguenza dellaumento delle concen-trazioni di anidride carbonica in atmosfera,nel secolo scorso la temperatura media dellaterra aumentata di 0,74 C e, secondolUnione Europea, solo se si riuscir a ridurrele emissioni del 20 per cento entro il 2020, ob-biettivo pressoch impossibile da raggiunge-re, laumento della temperatura terrestre inquesto secolo potr essere contenuto entro i 2C, quasi il triplo del secolo scorso; negli oceani Atlantico e Pacifico galleggianoammassi di frammenti di plastica estesi comegli Stati Uniti, con una densit di 3,34 x 106

    frammenti al km;

    53UN ORTO, UNA COMUNIT, UNA FEDE

  • la fertilit dei suoli agricoli si drasticamen-te ridotta e la biodiversit diminuisce di annoin anno (si estinguono 50 specie viventi [vege-tali e animali] al giorno, a un ritmo da 100 a1000 volte superiore rispetto a quello natura-le).

    Oltre alle difficolt derivanti dalla progres-siva riduzione della disponibilit di molte ri-sorse rinnovabili e non rinnovabili, dalliniziodel XXI secolo la crescita ha cominciato a in-contrare ostacoli sempre pi forti anche a li-vello economico, perch le tecnologie che au-mentano la produttivit riducono lincidenzadel lavoro umano sul valore aggiunto, per cuimentre fanno aumentare costantemente lof-ferta, causano una riduzione della domandadi merci. Questo squilibrio crescente statocompensato facendo ricorso per decenni aidebiti pubblici e privati per sostenere la do-manda, fino a quando il loro ammontare haraggiunto un valore cos alto da mettere indifficolt il sistema bancario, facendo fallirenel 2008 alcuni tra i pi importanti istituti dicredito del mondo. Dal quel momento la cre-scita, che, pur mantenendosi positiva, avevaregistrato tassi dincremento decrescenti do-

    54 MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • po i livelli raggiunti nei trentanni successivialla fine della seconda guerra mondiale, si bloccata e le misure tradizionali di politicaeconomica non sono state in grado di farla ri-partire, perch, se sono finalizzate a ridurre ildebito pubblico, deprimono la domanda elaggravano, se sono finalizzate a sostenere ladomanda per rilanciare la produzione richie-dono un aumento dei debiti. La crescita ar-rivata al livello in cui si blocca da s. Eppure verrebbe da dire: inspiegabilmente la ristret-ta lite finanziaria, industriale e politica chegoverna il mondo dietro unapparenza sem-pre pi evanescente di democrazia, continuaa operare come se prima o poi gli strumentitradizionali di politica economica potesseroriuscire a riavviare il motore inceppato, comese bastasse sostenere la domanda per far ri-partire la produzione e non fosse necessariauna disponibilit di risorse che non c pinella quantit necessaria, come se per rilan-ciare i consumi fosse sufficiente una riduzio-ne delle tasse che forse accrescerebbe quelliprivati ma ridurrebbe sicuramente la spesapubblica, come se laumento della produttivi-t potesse essere la soluzione della crisi quan-

    55UN ORTO, UNA COMUNIT, UNA FEDE

  • do ne la causa, come se per indurre le azien-de senza ordini in portafoglio ad assumere idisoccupati bastasse ridurre le tasse sul lavo-ro. Il fatto che lideologia della crescita hacos profondamente plasmato il modo di pen-sare e il sistema dei valori che non si riescepi nemmeno a immaginare la possibilit diuneconomia orientata diversamente. Il mas-simo che si arriva a concepire concettualmen-te la giaculatoria del nuovo modello di svilup-po, anche se nessuno sa in cosa consista, o unamescolanza di capre e cavoli, attribuendo aun sostantivo una qualit non compatibilecon la sua sostanza, tipo una patata coraggiosa,per tirare fuori dal cappello la miracolosa al-ternativa della crescita qualitativa. Iddio hascritto il profeta Isaia acceca quelli che vuolperdere.

    Un noto aforisma di Einstein recita: Non sipu risolvere un problema con la stessa menta-lit che lha generato. Se la causa ultima dellacrisi economica ed ecologica che lumanit stavivendo in questa fase storica la finalizzazio-ne delleconomia alla crescita, occorre capireinnanzitutto come un processo oggettivamen-te vantaggioso, qual laumento della produ-

    56 MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • zione di beni atti a soddisfare i suoi bisogni esi-stenziali, si sia trasformato nella causa dei pro-blemi pi gravi che abbia mai dovuto affronta-re. In secondo luogo, occorre verificare se siapossibile costruire uneconomia non finalizza-ta alla crescita e quali caratteristiche debbaavere per attenuare i problemi causati dal si-stema economico vigente, senza rinunciare albenessere materiale che consente di ottenere.Infine, necessario individuare quali scelte oc-corra fare per favorirne laffermazione.

    La finalizzazione delleconomia alla cresci-ta si basa sullidentificazione del benesserecon la crescita del prodotto interno lordo.Questa identificazione si basa a sua volta sudue mistificazioni: lidentificazione della crescita del prodottointerno lordo con laumento della produzionedi beni e servizi; lidentificazione del miglioramento dellaqualit della vita con laumento della disponi-bilit di beni e servizi.

    Il prodotto interno lordo un valore mo-netario che risulta dalla somma dei valori ag-giunti nelle varie fasi di produzione degli og-getti e dei servizi scambiati con denaro, cio

    57UN ORTO, UNA COMUNIT, UNA FEDE

  • delle merci comprate e vendute, in un perio-do di riferimento temporale dato. Pertanto,pu essere considerato un indicatore di be-nessere soltanto se si ritiene che: tutti i beni necessari a soddisfare i bisogniumani si possono ottenere esclusivamentecomprandoli; tutto ci che si compra soddisfa qualche bi-sogno umano, indispensabile, superfluo, in-dotto, fittizio, o storicamente determinato chesia; indipendentemente cio da ogni valuta-zione sulle motivazioni soggettive che ne de-terminano lacquisto.

    Entrambi i presupposti sono falsi. Innanzi-tutto perch non tutti i beni e i servizi neces-sari a soddisfare qualche bisogno umano sidevono necessariamente comprare. Alcuni,pi di quanti siano in grado di immaginarepersone abituate a comprare tutto ci di cuihanno, o credono di aver bisogno, si possonoautoprodurre o scambiare nellambito di rap-porti comunitari basati sul dono e la recipro-cit. In secondo luogo, perch non tutte lemerci che si comprano soddisfano qualche ti-po di bisogno, indispensabile, superfluo, in-dotto, fittizio o storicamente determinato che

    58 MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • sia, come nel caso del cibo che si butta e del-lenergia che si spreca, o per inefficienza tec-nologica, o per irresponsabilit comporta-mentale. Pur facendo crescere il prodotto in-terno lordo, gli sprechi non solo non soddisfa-no alcun tipo di bisogno, ma causano danni: ilcibo che si butta accresce la parte putrescibiledei rifiuti, la pi difficile da gestire; lenergiache si spreca aumenta inutilmente le emissio-ni di anidride carbonica aggravando leffettoserra. La crescita del prodotto interno lordodeterminata dagli sprechi di materia ed ener-gia comporta un peggioramento e non un mi-glioramento della qualit della vita

    Un paese in cui lautoproduzione e gliscambi basati sul dono e la reciprocit abbia-no unimportanza rilevante, in cui cio la po-polazione non sia totalmente dipendente dalmercato per la soddisfazione delle proprieesigenze esistenziali e i rapporti sociali sianobasati sulla collaborazione e la solidariet, haun prodotto interno lordo inferiore a quello diun paese in cui la popolazione non sappia enon possa far altro che comprare tutto ci dicui ha bisogno per vivere e in cui i rapportisociali siano conflittuali e concorrenziali. In

    59UN ORTO, UNA COMUNIT, UNA FEDE

  • due paesi con queste caratteristiche la qualitdella vita e il benessere sono inversamenteproporzionali al valore del loro prodotto in-terno lordo.

    Uneconomia finalizzata alla crescita dellaproduzione e del consumo di merci presup-pone che le conoscenze necessarie allauto-produzione di beni vengano progressivamen-te sradicate dallambito della cultura condivi-sa, perch chi sa fare qualcosa, a differenza dichi non sa fare niente, non deve comprare tut-to ci che gli serve per vivere. E chi non devecomprare tutto fa crescere il prodotto internolordo meno di chi non sa fare niente. In Italialobiettivo stato raggiunto nellarco di duegenerazioni a partire dagli anni 50 del secoloscorso. A eccezione di alcune donne di unacerta et che vivono in paesi di campagna delmezzogiorno, dove il processo di industrializ-zazione non ha fatto del tutto terra bruciata,nessuno sa fare pi nulla e i supermercati so-no dilagati anche nelle contrade pi sperdute.Questa perdita generalizzata di saperi, checostituisce oggettivamente un impoverimen-to culturale, stata presentata e vissuta comeun progresso, come un processo di liberazio-

    60 MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • ne dalla triste necessit di spendere tempo edenergia per produrre cose che si possono mol-to pi vantaggiosamente acquistare. Come se,per avere il reddito monetario necessario adacquistarle, non si dovesse spendere pi tem-po e pi energia svolgendo lavori privi disenso, in luoghi insalubri, in condizioni peno-se, correndo rischi elevati di incidenti anchemortali, inalando e maneggiando sostanzenocive. Uno stillicidio continuo di messaggiripetuti dai mezzi di comunicazione di massa,amplificati da film e spettacoli televisivi, rive-stiti di pseudo-dignit culturale dagli intellet-tuali progressisti di tutti i colori, interiorizza-ti e rilanciati nelle conversazioni private daun numero sempre pi ampio di persone che,attratte dagli specchietti della modernit, sitrasferivano nelle aree urbane, hanno ridico-lizzato la presunta ignoranza e ottusit deicontadini, il loro modo di parlare e di vestire,la loro diffidenza nei confronti delle novit eil loro testardo attaccamento ai modi tradizio-nali di lavorare e di vivere. I cittadini, che so-no incapaci di tutto e non riuscirebbero a so-pravvivere pi di una settimana se per qual-che intoppo non venissero riforniti regolar-

    61UN ORTO, UNA COMUNIT, UNA FEDE

  • mente i supermercati, i distributori di carbu-rante e le caldaie dei riscaldamenti condomi-niali, hanno trattato gli abitanti delle campa-gne con spocchia chiamandoli con nomi of-fensivi, il cinema ne ha fatto delle macchiettee le ragazze rifiutavano di sposarli. Scava sca-va, i contadini hanno interiorizzato la convin-zione di appartenere a una categoria socialeinferiore da cui bisognava fuggire. Cos, gior-no dopo giorno, anno dopo anno, le campa-gne si sono svuotate e le citt sono cresciute adismisura. Lunica classe sociale non dipen-dente totalmente dal mercato per la soddisfa-zione delle proprie necessit vitali stata ri-dotta dal 40 al 5 per cento degli occupati, i po-chi rimasti si sono trasformati in imprendito-ri agricoli, i poderi in cui la biodiversit era unvalore perch la produzione era finalizzata al-lautoconsumo e la vendita era riservata alleeccedenze, sono diventati aziende monocoltu-rali produttrici per il mercato, la terra statatrattata come un supporto fisico da sfruttare ilpi intensamente possibile, lagricoltura sta-ta ridotta a industria estrattiva. Lannienta-mento dei contadini e la loro trasformazionein cittadini ha accresciuto il numero dei pro-

    62 MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • duttori e consumatori di merci. Di conseguen-za, per un certo numero di anni il prodotto in-terno lordo cresciuto a ritmi cos sostenutida far gridare al miracolo economico.

    Analogo trattamento stato riservato airapporti comunitari e alleconomia del dono,laltro formidabile ostacolo al dilagare incon-trastato della mercificazione. Che i rapporticomunitari ponessero limiti alla libert indi-viduale indubbio. Leconomia del dono po-ne vincoli di reciprocit, le famiglie patriarca-li e i legami sociali troppo stretti che si forma-no nei paesi dove tutti si conoscono e sannotutto di tutti, esercitano un controllo socialesoffocante. Offrono in cambio il supporto diuna rete di solidariet e il sostegno dellaiutoreciproco, che nelle circostanze pi difficilidella vita pu diventare determinante pernon soccombere, ma impediscono, soprattut-to ai giovani, di fare scelte diverse da quelleche hanno fatto gli anziani anche quando or-mai queste siano diventate la norma nelle cit-t, gli avamposti del progresso e dellabbon-danza, dove linnovazione la regola, nessu-no ti conosce e si gode di una libert assoluta.Tutto vero, indubbiamente, ma la rottura dei

    63UN ORTO, UNA COMUNIT, UNA FEDE

  • rapporti comunitari, se libera dai vincoli delcontrollo sociale impone tuttavia altri tipi divincoli, ancora pi stringenti. I vincoli di unavita scandita dagli orari e dai ritmi di lavoronelle fabbriche e negli uffici, dove entri lamattina che ancora buio ed esci la sera che di nuovo buio, i vincoli dei turni di lavoro, ivincoli per cui devi comprare tutto quello cheti serve per vivere, non solo i beni materiali,ma anche i servizi alla persona. La retta del-lasilo nido dove i genitori devono lasciare ifigli appena nati, perch un reddito solo nonbasta per arrivare alla fine del mese ed en-trambi devono stare fuori casa tutto il giornoper guadagnarne due. Cos, se non hanno re-lazioni nemmeno con i vicini di pianerottolo,non possono fare a meno di affidarli in custo-dia a pagamento a qualcuno, mentre in paesese ne occupavano i nonni e cera una rete direlazioni che, se ti mancava qualcosa per pre-parare il pranzo, bussavi alla porta della casaaccanto, se stavi male qualcuno si prendevacura di te. Ma tutti i servizi e i lavori che siscambiano gratuitamente e reciprocamente,al contrario di quelli che si comprano e si pa-gano, non fanno crescere il prodotto interno

    64 MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • lordo. Maggiore lisolamento, maggiore lanecessit di comprare, anche se ci che sicompra spesso non vale ci che ci si scambiasotto forma di dono. Nelle relazioni umaneci che si d e si riceve per amore vale ben pidel surrogato che si riceve in cambio di dena-ro. La liberazione dal controllo sociale di unacomunit che pratica lautoproduzione eleconomia del dono non apre spazi di libertincondizionata, come ha voluto far credere lacultura delle societ che hanno finalizzatoleconomia alla crescita per indurre un nume-ro crescente di persone a farsi risucchiare dal-la spirale della mercificazione.

    La mistificazione insita nellidentificazio-ne del benessere con la crescita della produ-zione e del consumo di merci rafforzata dal-la mistificazione della correlazione tra la cre-scita del benessere e laumento della disponi-bilit di beni materiali e servizi, non solo per-ch oltre una certa quantit il benessere cheoffrono diminuisce progressivamente (unfrullatore utile, due lo sono un po meno, trenon si capisce a cosa possano servire), ma so-prattutto perch lidentificazione del benesse-re col possesso di cose presuppone un appiat-

    65UN ORTO, UNA COMUNIT, UNA FEDE

  • timento materialistico degli esseri umani o,per usare una definizione di Leonardo daVinci: una loro riduzione a transiti di cibo, e unridimensionamento della dimensione spiri-tuale, relazionale e creativa. Se si convintiche il benessere aumenti con laumento delnumero di cose che si posseggono, il tempo divita che si dedica a produrre merci per averein cambio il reddito monetario necessario adacquistarle viene considerato pi importantedel tempo che si dedica agli affetti, la dimen-sione spirituale si riduce progressivamente ela creativit viene considerata una stranezzacomportamentale, o, tuttal pi, un modo nonbanale di impiegare il tempo libero. A menoche non assuma le connotazioni professionalinecessarie allindustria culturale per rifornireil mercato dellarte contemporanea o dellin-trattenimento di massa (non a caso la parolaartista viene usata indifferentemente per indi-care chi opera in entrambi i settori merceolo-gici). La riduzione del tempo dedicato alle re-lazioni umane, la mortificazione della creati-vit e la mancanza di spiritualit sono dellevere e proprie mutilazioni, che causano pro-fonde sofferenze interiori e una perdita di

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  • senso della vita. Le conseguenze pi gravi chene derivano sono la violenza verso se stessi everso gli altri, la diffusione di comportamentiprevaricatori nei confronti dei pi deboli,lutilizzazione delle loro debolezze a propriovantaggio, lindifferenza nei confronti delleloro sofferenze, laumento dei crimini, lesten-sione del senso di insicurezza sociale e, comedocumentano le statistiche, laumento delladipendenza da psicofarmaci e della percen-tuale dei suicidi in proporzione diretta con lacrescita del prodotto interno lordo.

    La diffusione dellabitudine di pranzarenelle mense delle scuole e dei luoghi di lavo-ro, quando ci sono, o con i buoni pasto inqualche tavola calda convenzionata e lau-mento di pari passo delle vendite di surgelatida riscaldare nei fornetti a micro-onde perpreparare la cena, rappresentano lultimo sta-dio dellintenso lavoro di abrasione del saperfare dal patrimonio delle conoscenze condivi-se e di distruzione delle famiglie come nucleocomunitario di base. Se non si sa fare pi nul-la e non si pu contare sul sostegno di nessu-na rete di solidariet, non si pu far altro cheacquistare tutto ci che serve per vivere, per

    67UN ORTO, UNA COMUNIT, UNA FEDE

  • cui il denaro diventa ragione di vita: chi hapi denaro pu comprare pi cose e, se il be-nessere si misura col possesso di cose, rag-giunge livelli pi alti di benessere. Se il finedel sistema economico e produttivo accre-scere la produzione di merci e se la crescitadella produzione di merci presuppone unacrescita parallela del consumo di merci, il de-naro acquista unimportanza spropositata, di-venta il riferimento ultimo di tutto il sistemadei valori, indipendentemente da ogni pi omeno spinta inclinazione individuale a desi-derarlo, accumularlo, spenderlo, ostentarne ilpossesso. Chi ha pi denaro pi ricco, puacquistare maggiori quantit di merci e fa gi-rare di pi leconomia, viene considerato unbenefattore perch fa mangiare molte perso-ne, come dicono coloro che hanno redditimonetari appena sufficienti per la sopravvi-venza e vedono come un modello da imitarechi riuscito a fare ci che vorrebbero e nonsono capaci di fare. La consapevolezza di unaverit banale, presente nella cultura dei popo-li mediterranei dal tempo in cui fu formulatoil mito del re Mida, che il denaro non si man-gia (si provi a farcire un panino con un bi-

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  • glietto da dieci euro), col denaro non ci si ve-ste e sotto al denaro non ci si ripara, stataespunta dai criteri di valutazione a cui si ispi-rano le scelte individuali e collettive. Personeche hanno accumulato quantit di denaro nonspendibili nel corso di una vita continuano adedicare tutte le loro energie ad accumularnealtro. Per il denaro vengono commesse le peg-giori nefandezze verso se stessi e verso gli al-tri, ingiustizie, prepotenze e sopraffazioni,senza provarne rimorso. Lequit stata ri-dotta alla diminuzione del divario tra i reddi-ti pi alti e i pi bassi, la povert si misura colreddito monetario: assoluta quando si di-spone di meno di 2 dollari al giorno; relati-va quando inferiore alla met del redditomedio del paese in cui si vive. Ma con menodi 2 dollari al giorno si poveri solo se si de-ve comprare tutto quello che serve per vivere.Se si possiede un piccolo podere in cui si au-toproduce gran parte di quanto serve allapropria alimentazione, si pu contare su unarete di solidariet e la maggior parte della po-polazione vive allo stesso modo, con 2 dollarial giorno si possono acquistare sotto forma dimerci i beni che non si autoproducono e non

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  • si scambiano come doni reciproci. Se si ha unreddito inferiore alla met del reddito mediodel paese in cui si vive e si vive in un sistemaeconomico finalizzato alla crescita, il redditomedio cresce di anno in anno per cui si conti-nua a esser poveri, relativamente, anche se ilproprio reddito monetario aumenta. Chi hainteriorizzato il valore del denaro sar porta-to a credere che sia insito nellanimo umano,che in tutte le societ e in tutte le epoche sto-riche stato il desiderio del denaro a guidarele scelte degli individui e dei popoli, che il de-naro d potere e il potere si persegue perchconsente di accumulare denaro. Questa pul-sione indubbiamente presente nellanimoumano, ma nellanimo umano alberga anchela pulsione opposta. Non per tutti i popoli de-naro e potere sono stati oggetti di desiderio,n due facce della stessa medaglia, non tuttigli esseri umani hanno improntato le loroscelte di vita allaccumulazione del denaro.Gli individui in cui lumanit si realizzata almassimo grado hanno improntato ad altri ri-ferimenti le loro scelte esistenziali: alla creati-vit, alla ricerca scientifica disinteressata, allagenerosit, allattenzione nei confronti dei pi

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  • deboli. Certo, la componente individuale con-ta. In alcuni pi forte quella materialista, inaltri quella spirituale. Ma nelle scelte indivi-duali pesano anche i valori su cui ogni socie-t si struttura e modella limmaginario collet-tivo. Uneconomia finalizzata alla crescitadella produzione di merci non potrebbe esi-stere se i modelli di comportamento condivi-si non fossero orientati dal valore del denaro,se gli individui non dedicassero la loro vita ele loro energie alla produzione di merci per ri-cavare il denaro necessario a comprarle e senon identificassero la realizzazione umanacol possesso di cose.

    La capacit di fare, cio di pensare, proget-tare e realizzare cose inedite, mai pensate,progettate e realizzate prima, che rispondonoa un bisogno umano, attenuano un disagio ouna sofferenza, aumentano il rendimento diun lavoro e ne riducono la fatica, potenzianole possibilit di conoscenza, migliorano unaspetto della vita, favoriscono la comunica-zione, questa una caratteristica esclusivadella specie umana rispetto a tutte le altrespecie viventi. la connotazione distintiva diun essere che, secondo il racconto della Bib-

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  • bia, Iddio ha voluto fare a sua immagine e so-miglianza per affidargli il compito di custodi-re il creato, completando e perfezionando conil loro lavoro la sua opera: Finalmente Diodisse: Facciamo luomo a norma della nostraimmagine, come nostra somiglianza 2.Poi il Signore Dio rap luomo e lo deposenel giardino dellEden perch lo lavorasse e locustodisse 3.

    La motivazione a fare qualcosa che nonesiste in natura costituita fondamentalmen-te dallesigenza di rendere pi agevole la sod-disfazione dei bisogni fondamentali della vi-ta: nutrirsi, vestirsi, avere un luogo protettodai pericoli e dallesposizione alla forza deglieventi climatici, in cui poter instaurare rela-zioni umane soddisfacenti e trovare riposo. Ilfare ha una connotazione originaria qualitati-va: unattivit finalizzata a realizzare mi-glioramenti. Il fare unattivit complessache richiede capacit progettuali e abilit ma-nuali, inventiva, creativit, conoscenza dellecaratteristiche dei materiali che si utilizzano edegli strumenti con cui si lavorano, capacitdi risolvere problemi inediti. Nel fare si attivaun flusso di indicazioni dal cervello alle mani,

    72 MONASTERI DEL TERZO MILLENNIO

  • che queste eseguono attraverso il tatto e i va-ri tipi di prensione consentiti dallopposizio-ne del pollice alle altre dita (pinza semplice,presa palmare e presa a coppa), ma, mentrefanno, le mani inviano a loro volta al cervelloun flusso di informazioni molto precise, piprecise di quelle che gli inviano gli altri sensi.Per riprendere una frase attribuita a Kant: Lamano la finestra della mente. Leconomiadella crescita mortifica e non pu non morti-ficare questa capacit che consente agli esseriumani di non dipendere totalmente dal mer-cato, perch ha bisogno che non sappiano fa-re niente e siano costretti a comprare sottoforma di merci tutti i beni necessari a vivere.Per questo ha perseguito una sistematica ope-ra di abrasione del saper fare dallambito del-le conoscenze condivise, ha favorito la produ-zione industriale e creato ostacoli giuridici efiscali alla produzione artigianale, ha scredi-tato lapprendistato come se fosse una formadi riduzione in schiavit e lha abolito, ha de-nigrato il lavoro manuale. Recuperare il saperfare e rivalutare la valenza culturale dellau-toproduzione sono pertanto scelte fondamen-tali per contrastare la finalizzazione delleco-

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  • nomia alla crescita, rallentare le sue conse-guenze devastanti sullecosistema terrestre eliberare gli esseri umani dalla dipendenza as-soluta dal mercato.

    Il recupero dellautoproduzione e del saperfare assume la massima importanza nellagri-coltura e nellalimentazione, dove, peraltro, stagi avvenendo in forme sempre pi ampie.Autoprodurre, almeno in parte, in un orto fa-miliare il cibo che si mangia innanzitutto unaforma di autotutela della propria salute, per-ch il passaggio dallagricoltura contadina perautoconsumo con vendita delle eccedenze allaproduzione agricola per il mercato stato resopossibile dalluso/abuso di concimi chimici esostanze nocive per accrescere i rendimenti eridurre lincidenza del lavoro umano sul valo-re aggiunto. Questo passaggio avvenuto con-sapevolmente a scapito della salute dei consu-matori. Quando non sia possibile praticarelautoproduzione in un orto familiare, comesuccede a chi si trova nella triste condizione divivere in citt, o sia necessario integrare la pro-pria autoproduzione che, in ogni caso, difficil-mente riesce a rispondere al 100 per cento delfabbisogno di una famiglia, si pu acquistare

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  • la frutta e la verdura direttamente dai contadi-ni residui, o di ritorno, operanti nel territorio incui si vive partecipando a un gruppo dacqui-sto solidale, o mediante altre forme di com-mercializzazione diretta. Lautoproduzione ne-gli orti familiari e lacquisto diretto da piccolicontadini di prossimit consentono di spende-re meno, mangiare prodotti pi sani, recupera-re un saper fare importante com quello ne-cessario alla gestione di un orto, reinserire irapporti economici allinterno dei rapporti so-ciali, restituire alla compravendita la sua origi-naria dimensione relazionale. Mettono inoltreal riparo dai rischi insiti nella dipendenza dalmercato globale: luso incontrollato di sostanzenocive e gli aumenti dei prezzi in relazione al-laumento del costo delle fonti fossili, di cuilagricoltura chimica e la mondializzazione deimercati agricoli hanno un tale bisogno che perottenere una caloria alimentare occorrono at-tualmente da 5 a 12 calorie fossili.

    Lautoproduzione agricola particolar-mente importante per altre due ragioni. In-nanzitutto consente di avere un contatto fisicocon la terra e con la fotosintesi clorofilliana, glielementi costitutivi di una naturalit total-

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  • mente abolita nelle sempre pi estese incrosta-zioni di asfalto e cemento che ricoprono learee urbane. Un contatto fisico che molti citta-dini cercano di recuperare nei fine settimanafuggendo in massa dalle citt, perch gli esse-ri umani ne hanno un bisogno che pu essereanestetizzato ma non soppresso. In secondoluogo, lautoproduzione agricola consente direcuperare il senso e il valore della misura, che il fondamento dellarmonia. Se si produconoortaggi per autoconsumo, non ha senso semi-narne o piantarne pi di quanti siano necessa-ri al proprio fabbisogno, perch si farebbe unafatica del tutto inutile. Se invece si produconoortaggi per venderli e ricavarne un redditomonetario, pi se ne producono e maggiore il reddito che si ricava. E se per accrescere laproduzione necessario usare sostanze nocivealla terra e ai viventi, non ci sono scrupoli afarlo, perch laumento del reddito occupa ilposto pi alto nella scala dei valori funzionalialla crescita. Nei sistemi economici finalizzatialla crescita della produzione di merci, la pro-duzione di merci deve crescere per definizione.Leconomia della crescita si fonda sulla dismi-sura e la dismisura sulla possibilit di estende-

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  • re la mercificazione a un numero sempre mag-giore di esseri umani e a sfere sempre pi am-pie della loro vita. Il recupero del valore dellamisura non pu prescindere dal recupero del-lautoproduzione e del saper fare in tutti gliambiti in cui sia possibile.

    Ci non significa, naturalmente, che sipossa autoprodurre tutto ci di cui si ha biso-gno, ma che la produzione di merci pu esse-re ridotta, come sempre stato nella storiadellumanit, esclusivamente ai beni che nonsi possono autoprodurre perch richiedonotecnologie evolute ed elevate specializzazioniprofessionali. Lautoproduzione capovolgeuno dei capisaldi culturali su cui si fondaleconomia della crescita. Riscoprire e appli-care lautoproduzione nella propria vita unascelta sovversiva nei confronti di un processoche a partire dalla rivoluzione industriale hautilizzato un impressionante dispiegamentodi strumenti di persuasione di massa per con-vincere e, quando non bastato, la coercizio-ne e la violenza per costringere un numerosempre maggiore di esseri umani a inserirsicome produttori e consumatori di merci nel-leconomia della crescita. Un sistema econo-

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  • mico equilibrato deve consentire alle personedi suddividere il tempo della loro vita in treparti di lunghezza variabile in relazione alleinclinazioni personali di ognuno e al variaredelle esigenze nelle varie fasi della vita: unaparte alla produzione di beni che non si pos-sono avere se non in forma di merci, in cam-bio del reddito monetario necessario ad ac-quistarli, una parte allautoproduzione di be-ni e una parte alle relazioni umane, alla spiri-tualit, alla contemplazione, alla creativit.

    La parola comunit formata dalla sintesidi due parole latine: la preposizione cum, chesostiene il complemento di compagnia, e ilnome munus, che significa dono. La comunit un insieme di persone unite da legami so-ciali che si fondano sulleconomia del dono.Loggetto del dono sostanzialmente il tem-po. Possono anche essere le cose, ma nel do-no del tempo insita la relazione, la solida-riet, la condivisione, la compassione in sen-so etimologico. Lobbligo della restituzionenon immediato, leconomia del dono non un do ut des (ti do qualcosa affinch tu mi diaqualcosa). La restituzione avverr quandochi ha donato si trover in condizione di po-

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  • ter ricevere aiuto dalla persona a cui ha dona-to. Su donu torrau: il dono restituito, o sajudutorrau: laiuto restituito, la formulazione cheha assunto leconomia del dono nelle campa-gne della Sardegna. Lo stesso concetto,espresso con parole analoghe, si ritrova nelleculture contadine di tutto il mondo. Laiutoreciproco offre vantaggi sperimentati nei se-coli, ma anche un obbligo che impone il ri-spetto di alcune regole di comportamento neirapporti interpersonali e definisce rigida-mente i ruoli degli individui in relazione al-let e al sesso. Il rispetto delle regole garan-tito dal controllo sociale che la comunit ingrado di esercitare. Le comunit tradizionalipongono alla libert degli individui limitimolto rigidi, che diventano insopportabiliquando si vincolati con persone da cui sipreferirebbe stare lontani, ma non si pu,perch di una comunit tradizionale si fa parteper nascita e non per scelta. Il modo di produ-zione industriale ha fatto leva sullinsofferen-za soprattutto dei giovani e delle donne neiconfronti di questi vincoli per spazzare via leresistenze che lautoproduzione e leconomiadel dono frapponevano alla sua affermazio-

    79UN ORTO, UNA COMUNIT, UNA FEDE

  • ne. La cultura e i valori delle comunit, basa-ti sulla sobriet, sulla solidariet e sulla tradi-zione sono incompatibili con la mercificazio-ne e leconomia della crescita, che si fondanosul consumismo, la competizione e le innova-zioni. Le comunit hanno un forte sensodidentit fondato sul consolidamento nelcorso del tempo dei modi di ricavare il neces-sario per vivere dalle caratteristiche specifi-che dei luoghi in cui vivono. Il modo di pro-duzione industriale ha bisogno di annullarele identit per imporre a un numero semprepi vasto di persone gli stessi modi di lavora-re, di consumare, di rapportarsi con gli altri.Le comunit sono tendenzialmente conserva-trici. La cultura del modo di produzione in-dustriale si fonda sul valore del cambiamen-to. Le prospettive di abbondanza materiale edi libert individuale promesse dallecono-mia della crescita hanno frantumato le comu-nit, non solo perch i giovani pi intrapren-denti se ne sono andati a cercare fortuna nel-le citt industriali, ma anche perch i model-li di comportamento consumistici e la merci-ficazione hanno fatto breccia nel loro imma-ginario e si sono diffusi al loro interno, cor-

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  • rompendo progressivamente le loro connota-zioni originarie.

    La crisi delleconomia della crescita ha in-dotto un numero sempre maggiore di perso-ne a rivalutare i rapporti comunitari. In par-ticolare ci si domanda se sia possibile rico-struire delle comunit per scelta, in grado disuperare il limite di fondo delle comunit tra-dizionali e al contempo di recuperarne gliaspetti che consentirebbero di liberare gli es-seri umani e gli ecosistemi dalla subordina-zione e dalle sofferenze cui vengono sottopo-sti dalle esigenze della crescita. Le riflessionisulla possibilit di avviare un percorso diquesto genere stanno coinvolgendo gruppi dipersone che, pur essendo collocate in ruoli la-vorativi e professionali non marginali, condi-vidono un disagio esistenziale sempre piprofondo nei confronti di una societ che haesaltato il consumismo e il materialismo, laconcorrenza e la rivalit tra gli individui. Ilbisogno di realizzare forme di vita alternati-ve inducono queste persone a progettare diricolonizzare luoghi abitati per secoli e ab-bandonati da decenni per inseguire i modi divivere della modernit, o di ricostruire, in

    81UN ORTO, UNA COMUNIT, UNA FEDE

  • luoghi che la modernit non ha ancora uni-formato ai suoi canoni, forme di economia erapporti sociali finalizzati ad accrescere il be-nessere di chi li abita e non la produzione dimerci. In quei luoghi, una riproposizionescientificamente rivisitata dei modi di produ-zione tradizionali e la scelta delle tecnologiepi avanzate in funzione della loro capacitdi ridurre gli impatti ambientali dei processiproduttivi, luso dellinformatica per le tele-comunicazioni e per il telelavoro, un dosag-gio liberamente scelto tra la definizione deglispazi individuali e la disponibilit alla condi-visione di spazi comuni, tra lautoproduzio-ne di beni, la reciprocit e la dimensione mer-cantile, avranno lobiettivo di realizzare lamassima autosufficienza possibile, almeno neidue ambiti fondamentali: dellagricoltura, ridefinita nel senso etimo-logico di attivit con una connotazione reli-giosa (cultus) nei confronti della fertilit dellaterra (ager); dellenergia, in cui lautonomia pu essereperseguita solo se il fabbisogno viene ridottoal minimo eliminando gli sprechi e pu cosessere soddisfatto dal sole in tutte le forme in

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  • cui si trasforma la sua potenza energetica: ca-lore, luce, vento, ciclo dellacqua, fotosintesiclorofilliana.

    Nelle comunit per scelta tutte le attivit sa-ranno finalizzate a ridurre lentropia a livellicompatibili con lapporto energetico che il so-le fornisce quotidianamente alla terra, ovveroa contenere limpronta ecologica individualea un valore inferiore a 1 4.

    Per raggiungere questo valore, le comunitper scelta dovranno estendere lautoproduzio-ne e gli scambi non mercantili ad altre attivitlavorative, come la preparazione degli ali-menti, labbigliamento, la medicina naturale,la produzione di utensili, le manutenzioni e leriparazioni. In ogni caso, non sar possibileperseguire lautosufficienza totale. I prodottie i servizi che richiedono tecnologie evolute ocompetenze professionali specializzate si pos-sono solo comprare. Le comunit per scelta nonpotranno e non vorranno essere strutturechiuse in se stesse. Acquisteranno inevitabil-mente prodotti e servizi dallesterno, non so-lo perch non possono farne a men