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IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY DAL 19 DICEMBRE AL 1 GENNAIO PAG.7 LA TELEVISIONE DEL FUTURO Multimedia La lunga traversata del digitale terrestre Paolo Anastasio Concorrenza tecnologica, scarsità di contenuti al di là delle partite in modalità premium mancato interesse da parte del segmento pubblicitario insidiano l’avvento in massa dei decoder Switch over invece di switch off. Sembra la stessa cosa, ma non è così. Da qualche tempo, a dominare il panorama futuro della tivù digitale terrestre non è più la domanda sul termine ultimo dello spegnimento del vecchio segnale analogi- co (switch off), ma quella relativa al più prosaico concetto di migrazione (switch over). Non più rivoluzione digitale, quindi, ma attesa per assistere al definitivo avven- to del Dtt. Nel frattempo, dovrà passare un periodo di almeno due anni, più realistica- mente cinque, visto che il termine europeo dello switch off è fissato al 2012. È questo il nuovo orizzonte temporale in cui inserire il tema scottante della transizio- ne della tivù analogica alla nuova era del digitale terrestre (Dtt), dopo che il ministro Landolfi si è visto costretto a rimandare di due anni, al 2008, la data dello switch off nazionale. E ciò guardando alle nuove po- tenzialità interattive del mezzo televisivo in un panorama tecnologico complessivo, prendendo atto dell’evoluzione del “digi- tale” tout court, inteso come sostantivo e non semplice aggettivo, da contrapporre in ambito televisivo all’ “analogico” in via d’estinzione. Viene così ridimensionata la portata delle “over-promise” di matrice gasparriana, promesse con le gambe corte, basate sul sogno delle meravigliose sorti e di una fe- stosa accoglienza di massa del nuovo stan- dard digitale. “Un’illusione ottica”, come la definisce Vincenzo Vita, assessore alle politiche culturali, della comunicazione e sistemi informativi della Provincia di Ro- ma. Una “vulgata governativa”, secondo cui lo sbarco dei decoder interattivi nei sa- lotti degli italiani potrebbe davvero fornire la panacea universale al gap tecnologico che grava sui cybernauti di casa nostra, fra i meno digitalizzati d’Europa. Nel frattempo, i player coinvolti nella tra- versata digitale fanno i conti con numeri, fatti e nuove impreviste ondate tecnologi- che. Sono circa 4 milioni i decoder venduti nel nostro paese con gli incentivi pubblici stanziati dal governo. E Bruxelles sta per avviare una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, per indagare se vi sia stata discriminazione nei confronti di analoghe piattaforme (questa la tesi sostenuta da Sky) e mancata applicazione di quella neutralità tecnologica che l’Ue invoca a gran voce. Intanto, le regioni pilota “all digital” (Sardegna e Valle d’Aosta) fanno i conti con le nuove scadenze per il trasloco completo della vecchia tivù al digitale. Il termine resta invariato al 31 luglio 2006. Una data giudicata utopistica in Sardegna, dove il governatore Renato Soru ha dimo- strativamente dirottato 10 milioni di euro messi a disposizione dal Ministero delle Comunicazioni e dal Dgtvi (il consorzio di costruttori impegnati nello sviluppo del Dtt) verso un progetto considerato più ur- gente, l’estensione del sistema informativo sanitario dell’isola. Guardare al mercato del digitale in tutte le sue manifestazioni, di cui il Dtt rappresenta soltanto una fra le tante configurazioni tec- nologiche, in compagnia di ben altre auto- strade informatiche, è un must secondo En- rico Manca, presidente dell’Isimm (Istituto per lo Studio dell’Innovazione nei Media e per la Multimedialità), che tuttavia ricorda il primato italiano dei decoder. “Nel 2005 l’Italia è in ottima posizione rispetto alla media europea: con una penetrazione pari al 10% - dice Manca - siamo molto avanti rispetto a Paesi Bassi (1,5%), Spagna (1%), Francia (2,5%), Germania (8%). Molto più alto il livello di penetrazione invece in Sve- zia (12%) e in Gran Bretagna e Finlandia, entrambi al 30%. Secondo i dati dell’Uer (Unione europea di radiotelevisione) il digitale terrestre, per il periodo 2001-2007, si conferma come la tecnologia con cresci- ta più elevata in assoluto: più rapida anche dell’IpTv (la tv su protocollo Internet). Si stima che nel 2007 la penetrazione di que- sta tecnologia digitale raggiungerà circa il 35% del totale delle piattaforme televisive, raggiungendo, nell’intera Europa, circa 20 milioni di utenze domestiche”. Di certo la concorrenza tecnologica al digitale terrestre non manca, in primis la banda larga via web. Un trend dimostrato dalle ultime mosse di Telecom Italia e Fa- stweb, che puntano molto sull’on demand televisivo e cinematografico via Adsl, trasferendo online il modello delle pay tv satellitari e via cavo. Si tratta di minacce concrete al futuro mercato del Dtt, minacce che godono del vantaggio competitivo di essere già operative. Tanto più che ad oggi le soluzioni di T-go- vernment ventilate da tempo come applica- zioni digitali di Crm (Citizen relationship management) televisivo sono ancora per lo più latitanti, a parte alcuni casi realizzati in comuni all’avanguardia come Parma. Il buon esito della tivù digitale terrestre come veicolo dell’e-gov con il telecomando di casa, dipenderà molto dalla capacità degli enti pubblici di dialogare con i broadcaster locali, detentori delle frequenze. Un fattore da non trascurare per garantire le condizioni necessarie alla nascita di un vero mercato della tivù digitale terrestre è il fronte pubblicitario. Oggi, l’interesse delle concessionarie per il Dtt non esiste. “Ho chiesto ai responsabili della pubblicità Rai l’entità del fatturato raccolto dai canali in digitale terrestre – dice Paolo Gentiloni, presidente della Commissione di Vigilanza Rai - Risposta: cifre simboliche, prati- camente zero. Nessuno fa pubblicità sul digitale terrestre perchè ancora (quasi) nes- suno lo vede. Oltre tre milioni di decoder Accantonato il prematuro switch off del segnale analogico il Dtt fa i conti con il mercato reale finanziati dallo Stato servono a vedere in digitale gli stessi programmi di prima. O a vedere le partite con le carte a pagamento Mediaset e La 7”. L’Auditel come sempre la fa da padrona e con la spada di Damocle dello share non sarà facile per canali come ad esempio Rai Utile, servizio pubblico al 100%, attirare gli interessi dei pubblicitari. Claudio Petruccioli, presidente della Rai, non si nasconde i problemi. “Il nostro modello deve essere la Bbc, che interpreta nel modo migliore il suo compito di servi- zio pubblico – dice Petruccioli – C’è da dire che in Gran Bretagna il changeover al digitale terrestre è finanziato dallo Stato, in ottica di welfare state”. Oggi, sono i servizi premium, in partico- lare il calcio, a generare la maggior parte del giro d’affari sul digitale terrestre (sono 28 i canali gratuiti che trasmettono in Ita- lia). Nel frattempo, sta prendendo corpo un’evoluzione forse inattesa ma assai pro- mettente del Dtt grazie alla convergenza dei tradizionali contenuti dei broadcaster sui cellulari multimediali con standard Dvb-h, la conversione del segnale digi- tale terrestre in formato per cellulari. Lo dimostrano i recenti contratti di fornitura di content stipulati fra Mediaset e Tim e l’acquisizione dell’emittente televisiva Canale 7 (detentrice di frequenze nazionali per la trasmissione del digitale) da parte di 3 Italia, che affiancherà un nuovo pacchet- to di content televisivo per videofonini al download di dati e immagini veicolati sul suo network 3G. Paolo Gentiloni «Pubblicità Rai con cifre puramente simboliche ancora nessuno punta su questa tecnologia» Enrico Manca «La tecnologia conferma un potenziale da record: entro il 2007 vi saranno 20 milioni di utenti europei» Gian Carlo Lanzetti A fine giugno 2005, secondo In- forma Telecoms and Media, gli utenti di servizi 3G a livello mondiale erano 43 milioni. Numero che dovrebbe superare quota 70 milioni alla fine dell’anno per poi inanellare una serie di sviluppi, tanto sostenuti da approdare in prossimità degli 800 milioni a fine decennio. La vera e propria corsa è prevista a partire dal 2006. Se questa è una notizia positiva il settore del wireless è dominato anche da notizie meno buone, Per esempio le imprese eu- ropee sono state piuttosto restie durante lo scorso anno nella adozione di soluzioni mobile, secondo la 2005 Enterprise Mo- bility Survey di Idc. Sebbene la “mobi- lization” sia un fenomeno che interessa le aziende di tutte le dimensioni e non solamente le grandi, per ora si è assistito a un’applicazione sporadica e circoscritta a determinate aree anziché permeabile a tutta l’organizzazione. I reali benefici del- la introduzione della mobilità, sottolinea la ricerca, si avranno solamente quando la tecnologia wireless si integrerà nei processi. La connettività è solo il punto di par- tenza, saranno i servizi a caratterizzare la supply chain. Ma occorrerà pazientare ancora: al momento appena il 6% delle organizzazioni passate in rassegna si è dichiarato interessato alla adozione di applicazioni dati. Di nuove strade e nuovi confini della comunicazione mobile sì è discusso in occasione del recente Mobi- com, l’evento della Busacca & Associati giunto alla sua 16° edizione. Due i punti maggiormente sviscerati: l’intrattenimen- E Nokia punta sulla tv «mobile» Per la casa finlandese entro il 2010 vi saranno tre miliardi di utenti to e la utilità come elementi in grado di imprimere slancio al mercato. Quindi da un lato i servizi, non solo a valore aggiun- to, e dall’altro i terminali. Tra i servizi No- kia ha posto l’enfasi sui “mobile phones” sempre meno phones e sempre più devi- ces multimediali. Il media emergente è la televisione: nel 2010, anticipa l’industria finlandese, ci saranno tre miliardi di utenti di device mobile, tutti anche spettatori te- levisivi. La produzione futura della socie- tà terrà quindi conto di queste aspettative e del fatto che lo standard tecnologico emergente sarà il Dvb-h che a fine decen- nio si affermerà sugli altri standard per il broadband mobile.Melodeo, azienda di contenuti, è invece dell’avviso che tra meno di 5 anni il mobile phone sarà la più importante piattaforma per l’acquisizione di musica digitale, anche per i personal computer. Per Vodafone una delle miglior op- portunità di business viene vista nella semplicità di utilizzo dei cellulari. Da una indagine di mercato su 16 mila persone è nata l’idea della famiglia Simply: c’è l’es- senzialità e non altre funzioni. Una scelta controcorrente. I telefoni di questa gamma non sono adatti per musica, televisione, ri- cevono messaggi Mms (non invio) ed in linea di massima hanno tasti dedicati per evitare parecchi clic. Tele2 ha rilanciato l’idea dell’operatore virtuale mobile an- che in Italia che però per il momento non trova sponsor politicamente forti. Infine Antonino Busacca, senior partner della società milanese di consulenza, interpreta le vicende di questi giorni come prove generali di convergenza. Il cliente, dice, vuole servizi e contenuti seamless; vuole telefonare da casa, dall’ufficio e per stra- da con lo stesso apparecchio; vuole anche musica, film, giochi e servizi usufruibili da un solo device e un unico contratto. In- somma tanta convergenza di cui nessuno quasi se ne accorge. ������������������������ �� ������ �� ���������������������������������������La wireless tivù con il canone Gli utenti di mobile tv in Europa saranno poco più di 7 milioni nel 2010, pari all’11% del numero complessivo di servizi video su mobile. Si tratta di un numero relativamente basso, se con- frontato con il totale degli utenti wireless. Questa la previsione di Italmedia Consulting, società romana di consulenza specializzata nel settore dei media digitali, che ha stilato un rapporto (“Mobile tv: Time for a choice”) che analizza lo sviluppo a medio termine di questo nuovo settore oggi in fase embrionale. La maggior parte degli utenti sceglierà di pagare un canone di abbonamento. Tuttavia saranno molto popolari anche forme di fruizione con paga- mento a consumo, adottate da circa il 40% degli utenti. Più della metà degli abbonati fruirà anche di con- tenuti pagati a consumo. I ricavi generati dal consumo della tv mobile ammonteranno a 20 milioni di euro nel 2006, e supereranno quota 1,3 miliardi di euro nel 2010. Tra i principali nodi da sciogliere prima dell’avvento di massa della tivù via cellulare l’identificazione di standard tecnici univoci, la pro- tezione dei contenuti e la questione dei diritti, gli aspetti competitivi legati al ruolo di broadcaster e operatori, l’uso dello spettro radioelettrico, l’assegnazione di regolari licenze.

Multimedia · Dvb-h, la conversione del segnale digi-tale terrestre in formato per cellulari. Lo ... cevono messaggi Mms (non invio) ed in linea di massima hanno tasti dedicati per

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IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGYDAL 19 DICEMBRE AL 1 GENNAIOPAG.7

L A T E L E V I S I O N E D E L F U T U R OMultimedia

La lunga traversata del digitale terrestre

Paolo Anastasio

Concorrenza tecnologica, scarsità di contenuti al di là delle partite in modalità premium mancato interesse da parte del segmento pubblicitario insidiano l’avvento in massa dei decoder

Switch over invece di switch off. Sembra la stessa cosa, ma non è così. Da qualche tempo, a dominare il panorama futuro della tivù digitale terrestre non è più la domanda sul termine ultimo dello spegnimento del vecchio segnale analogi-co (switch off), ma quella relativa al più prosaico concetto di migrazione (switch over). Non più rivoluzione digitale, quindi, ma attesa per assistere al definitivo avven-to del Dtt. Nel frattempo, dovrà passare un periodo di almeno due anni, più realistica-mente cinque, visto che il termine europeo dello switch off è fissato al 2012.

È questo il nuovo orizzonte temporale in cui inserire il tema scottante della transizio-ne della tivù analogica alla nuova era del digitale terrestre (Dtt), dopo che il ministro Landolfi si è visto costretto a rimandare di due anni, al 2008, la data dello switch off nazionale. E ciò guardando alle nuove po-tenzialità interattive del mezzo televisivo in un panorama tecnologico complessivo, prendendo atto dell’evoluzione del “digi-tale” tout court, inteso come sostantivo e non semplice aggettivo, da contrapporre in ambito televisivo all’ “analogico” in via d’estinzione.

Viene così ridimensionata la portata delle “over-promise” di matrice gasparriana, promesse con le gambe corte, basate sul sogno delle meravigliose sorti e di una fe-stosa accoglienza di massa del nuovo stan-dard digitale. “Un’illusione ottica”, come la definisce Vincenzo Vita, assessore alle politiche culturali, della comunicazione e sistemi informativi della Provincia di Ro-ma. Una “vulgata governativa”, secondo cui lo sbarco dei decoder interattivi nei sa-lotti degli italiani potrebbe davvero fornire la panacea universale al gap tecnologico che grava sui cybernauti di casa nostra, fra i meno digitalizzati d’Europa.

Nel frattempo, i player coinvolti nella tra-versata digitale fanno i conti con numeri, fatti e nuove impreviste ondate tecnologi-che. Sono circa 4 milioni i decoder venduti nel nostro paese con gli incentivi pubblici stanziati dal governo. E Bruxelles sta per avviare una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, per indagare se vi sia stata discriminazione nei confronti di analoghe piattaforme (questa la tesi sostenuta da Sky) e mancata applicazione di quella neutralità tecnologica che l’Ue invoca a gran voce.

Intanto, le regioni pilota “all digital” (Sardegna e Valle d’Aosta) fanno i conti con le nuove scadenze per il trasloco completo della vecchia tivù al digitale. Il termine resta invariato al 31 luglio 2006. Una data giudicata utopistica in Sardegna, dove il governatore Renato Soru ha dimo-strativamente dirottato 10 milioni di euro messi a disposizione dal Ministero delle Comunicazioni e dal Dgtvi (il consorzio di costruttori impegnati nello sviluppo del Dtt) verso un progetto considerato più ur-gente, l’estensione del sistema informativo sanitario dell’isola.

Guardare al mercato del digitale in tutte le sue manifestazioni, di cui il Dtt rappresenta soltanto una fra le tante configurazioni tec-nologiche, in compagnia di ben altre auto-strade informatiche, è un must secondo En-rico Manca, presidente dell’Isimm (Istitutoper lo Studio dell’Innovazione nei Media e per la Multimedialità), che tuttavia ricorda il primato italiano dei decoder. “Nel 2005 l’Italia è in ottima posizione rispetto alla media europea: con una penetrazione pari al 10% - dice Manca - siamo molto avanti rispetto a Paesi Bassi (1,5%), Spagna (1%), Francia (2,5%), Germania (8%). Molto più alto il livello di penetrazione invece in Sve-zia (12%) e in Gran Bretagna e Finlandia, entrambi al 30%. Secondo i dati dell’Uer (Unione europea di radiotelevisione) il digitale terrestre, per il periodo 2001-2007, si conferma come la tecnologia con cresci-ta più elevata in assoluto: più rapida anche dell’IpTv (la tv su protocollo Internet). Si stima che nel 2007 la penetrazione di que-sta tecnologia digitale raggiungerà circa il 35% del totale delle piattaforme televisive,

raggiungendo, nell’intera Europa, circa 20 milioni di utenze domestiche”.

Di certo la concorrenza tecnologica al digitale terrestre non manca, in primis la banda larga via web. Un trend dimostrato dalle ultime mosse di Telecom Italia e Fa-stweb, che puntano molto sull’on demand televisivo e cinematografico via Adsl, trasferendo online il modello delle pay tv satellitari e via cavo. Si tratta di minacce concrete al futuro mercato del Dtt, minacce che godono del vantaggio competitivo di essere già operative.

Tanto più che ad oggi le soluzioni di T-go-vernment ventilate da tempo come applica-zioni digitali di Crm (Citizen relationship management) televisivo sono ancora per lo più latitanti, a parte alcuni casi realizzati in comuni all’avanguardia come Parma. Il buon esito della tivù digitale terrestre come veicolo dell’e-gov con il telecomando di casa, dipenderà molto dalla capacità degli enti pubblici di dialogare con i broadcaster locali, detentori delle frequenze.

Un fattore da non trascurare per garantire le condizioni necessarie alla nascita di un vero mercato della tivù digitale terrestre è il fronte pubblicitario. Oggi, l’interesse delle concessionarie per il Dtt non esiste. “Ho chiesto ai responsabili della pubblicità Rai l’entità del fatturato raccolto dai canali in digitale terrestre – dice Paolo Gentiloni, presidente della Commissione di Vigilanza Rai - Risposta: cifre simboliche, prati-camente zero. Nessuno fa pubblicità sul digitale terrestre perchè ancora (quasi) nes-suno lo vede. Oltre tre milioni di decoder

Accantonato il prematuro switch off del segnale analogico il Dtt fa i conti con il mercato reale

finanziati dallo Stato servono a vedere in digitale gli stessi programmi di prima. O a vedere le partite con le carte a pagamento Mediaset e La 7”.

L’Auditel come sempre la fa da padrona e con la spada di Damocle dello share non sarà facile per canali come ad esempio Rai Utile, servizio pubblico al 100%, attirare gli interessi dei pubblicitari.

Claudio Petruccioli, presidente della Rai, non si nasconde i problemi. “Il nostro modello deve essere la Bbc, che interpreta nel modo migliore il suo compito di servi-zio pubblico – dice Petruccioli – C’è da dire che in Gran Bretagna il changeover al digitale terrestre è finanziato dallo Stato, in ottica di welfare state”.

Oggi, sono i servizi premium, in partico-lare il calcio, a generare la maggior parte del giro d’affari sul digitale terrestre (sono 28 i canali gratuiti che trasmettono in Ita-lia). Nel frattempo, sta prendendo corpo un’evoluzione forse inattesa ma assai pro-mettente del Dtt grazie alla convergenza dei tradizionali contenuti dei broadcaster sui cellulari multimediali con standard Dvb-h, la conversione del segnale digi-tale terrestre in formato per cellulari. Lo dimostrano i recenti contratti di fornitura di content stipulati fra Mediaset e Tim e l’acquisizione dell’emittente televisiva Canale 7 (detentrice di frequenze nazionali per la trasmissione del digitale) da parte di 3 Italia, che affiancherà un nuovo pacchet-to di content televisivo per videofonini al download di dati e immagini veicolati sul suo network 3G.

Paolo Gentiloni«Pubblicità Rai con cifrepuramente simbolicheancora nessuno puntasu questa tecnologia»

Enrico Manca«La tecnologia confermaun potenziale da record:entro il 2007 vi saranno20 milioni di utenti europei»

Gian Carlo Lanzetti

A fine giugno 2005, secondo In-forma Telecoms and Media, gli utenti di servizi 3G a livello mondiale erano 43 milioni. Numero che dovrebbe superare quota 70 milioni alla fine dell’anno per poi inanellare una serie di sviluppi, tanto sostenuti da approdare in prossimità degli 800 milioni a fine decennio. La vera e propria corsa è prevista a partire dal 2006. Se questa è una notizia positiva il settore del wireless è dominato anche da notizie meno buone, Per esempio le imprese eu-ropee sono state piuttosto restie durante lo scorso anno nella adozione di soluzioni mobile, secondo la 2005 Enterprise Mo-bility Survey di Idc. Sebbene la “mobi-lization” sia un fenomeno che interessa le aziende di tutte le dimensioni e non solamente le grandi, per ora si è assistito a un’applicazione sporadica e circoscritta a determinate aree anziché permeabile a tutta l’organizzazione. I reali benefici del-la introduzione della mobilità, sottolinea la ricerca, si avranno solamente quando la tecnologia wireless si integrerà nei processi.

La connettività è solo il punto di par-tenza, saranno i servizi a caratterizzare la supply chain. Ma occorrerà pazientare ancora: al momento appena il 6% delle organizzazioni passate in rassegna si è dichiarato interessato alla adozione di applicazioni dati. Di nuove strade e nuovi confini della comunicazione mobile sì è discusso in occasione del recente Mobi-com, l’evento della Busacca & Associati giunto alla sua 16° edizione. Due i punti maggiormente sviscerati: l’intrattenimen-

E Nokia punta sulla tv «mobile»Per la casa finlandese entro il 2010 vi saranno tre miliardi di utenti

to e la utilità come elementi in grado di imprimere slancio al mercato. Quindi da un lato i servizi, non solo a valore aggiun-to, e dall’altro i terminali. Tra i servizi No-kia ha posto l’enfasi sui “mobile phones”

sempre meno phones e sempre più devi-ces multimediali. Il media emergente è la televisione: nel 2010, anticipa l’industria finlandese, ci saranno tre miliardi di utenti di device mobile, tutti anche spettatori te-levisivi. La produzione futura della socie-tà terrà quindi conto di queste aspettative e del fatto che lo standard tecnologico emergente sarà il Dvb-h che a fine decen-nio si affermerà sugli altri standard per il broadband mobile.Melodeo, azienda di contenuti, è invece dell’avviso che tra meno di 5 anni il mobile phone sarà la più importante piattaforma per l’acquisizione di musica digitale, anche per i personal computer.

Per Vodafone una delle miglior op-portunità di business viene vista nella semplicità di utilizzo dei cellulari. Da una indagine di mercato su 16 mila persone è nata l’idea della famiglia Simply: c’è l’es-senzialità e non altre funzioni. Una scelta controcorrente. I telefoni di questa gamma non sono adatti per musica, televisione, ri-cevono messaggi Mms (non invio) ed in linea di massima hanno tasti dedicati per evitare parecchi clic. Tele2 ha rilanciato l’idea dell’operatore virtuale mobile an-che in Italia che però per il momento non trova sponsor politicamente forti. Infine Antonino Busacca, senior partner della società milanese di consulenza, interpreta le vicende di questi giorni come prove generali di convergenza. Il cliente, dice, vuole servizi e contenuti seamless; vuole telefonare da casa, dall’ufficio e per stra-da con lo stesso apparecchio; vuole anche musica, film, giochi e servizi usufruibili da un solo device e un unico contratto. In-somma tanta convergenza di cui nessuno quasi se ne accorge.

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La wireless tivùcon il canoneGli utenti di mobile tv in Europa saranno poco più di 7 milioni nel 2010, pari all’11% del numero complessivo di servizi video su mobile. Si tratta di un numero relativamente basso, se con-frontato con il totale degli utenti wireless. Questa la previsione di Italmedia Consulting, società romana di consulenza specializzata nel settore dei media digitali, che ha stilato un rapporto (“Mobile tv: Time for a choice”) che analizza lo sviluppo a medio termine di questo nuovo settore oggi in fase embrionale. La maggior parte degli utenti sceglierà di pagare un canone di abbonamento. Tuttavia saranno molto popolari anche forme di fruizione con paga-mento a consumo, adottate da circa il 40% degli utenti. Più della metà degli abbonati fruirà anche di con-tenuti pagati a consumo. I ricavi generati dal consumo della tv mobile ammonteranno a 20 milioni di euro nel 2006, e supereranno quota 1,3 miliardi di euro nel 2010. Tra i principali nodi da sciogliere prima dell’avvento di massa della tivù via cellulare l’identificazione di standard tecnici univoci, la pro-tezione dei contenuti e la questione dei diritti, gli aspetti competitivi legati al ruolo di broadcaster e operatori, l’uso dello spettro radioelettrico, l’assegnazione di regolari licenze.