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MUSEI A CONVEGNO CONFERENZA NAZIONALE SUI MUSEI Roma, 11-13 marzo 1982 Promossa dal Ministero per i Beni Culturali e Ambien- tali, si è svolta a Roma, nei saloni di Palazzo Barberini, nei giorni II , 12 e 13 marzo rg82, la prima " Conferenza Nazionale sui Musei ". In apertura dei lavori, il ministro Vincenzo Scotti ha sottolineato come la Conferenza trovi origine nella esigenza non più procrastinabile, per la Amministrazione direttamente investita di responsabilità sui maggiori musei nazionali ed indirettamente nei con- fronti di tutti gli altri, di trovare risposte adeguate alle richieste che la collettività oggi pone a tali istituzioni. Nel momento in cui è in corso di elaborazione il progetto di legge sulla tutela, tanto più necessaria appare la rifles- sione sui metodi e gli strumenti di intervento maggior- mente idonei al fine di operare scelte concrete per la valorizzazione e la salvaguardia del patrimonio culturale, soprattutto in funzione della riorganizzazione di archivi, biblioteche, musei, ormai riconosciuti quali servizi cul- turali. In particolare per i musei occorre trovare soluzioni atte a migliorare una situazione che si presenta sempre meno adeguata alla domanda di cultura crescente; da qui la necessità per gli organi responsabili di proporre indirizzi generali ed indicare scelte immediatamente ope- rative, avvalendosi delle ricerche in atto e dei risultati cui è giunto il dibattito sull'argomento in Italia e all'este- ro, e con l'apporto e la collaborazione di altre Ammini- strazioni, dell'Università, di tutte le forze sociali inte- ressate. Sarà opportuno precisare subito che, a fronte di tali premesse, - come del resto inevitabile in qualunque con- vegno di così vaste proporzioni - scarsi sono apparsi i risultati emersi dalla Conferenza, almeno per quanto concerne la soluzione dei problemi concreti dei musei, forse anche in relazione alla poca tempestività con la quale le Soprintendenze erano state informate dell'iniziativa. Certamente la presenza, oltre a numerosi partecipanti esterni, di una nutrita schiera di Soprintendenti, molti dei quali preposti anche alla direzione di un museo - pure se, come è stato notato, non tutti i rappresentanti degli Uffici periferici e dei Musei di rilevanza nazionale erano presenti -segnava l'occasione propizia per affron- tare, a livello qualificato e su basi di concrete esperienze di lavoro, i problemi della vita del museo nei suoi molte- plici aspetti. Ma sebbene la Conferenza si sia svolta in diverse sessioni - ciascuna relativa ad uno o più temi corrispondenti a quelli che, articolati in più punti, erano riportati in un " Questionario ", inviato agli Istituti peri- ferici e pervenuto in molti casi in ritardo - è mancato in realtà un momento di effettivo confronto fra le diverse posizioni emerse. Soluzioni concretamente operative ri- spetto ai problemi posti si sarebbero potute individuare soltanto ove, come ha rilevato Paola Pelagatti, si fossero costituiti specifici e ristretti gruppi di studio per discu- tere ed approfondire i singoli temi. Si è invece avuto un susseguirsi di interventi, a ritmo serrato, che non sempre hanno rispettato l'ordine degli argomenti previsti in ciascuna sessione anche perchè, a causa del breve tempo disponibile, si sono spesso conden- sate in un unico intervento risposte a più domande fra quelle previste nel " Questionario "; il che ha dato luogo talvolta a sovrapposizioni di problemi diversi ed a trat- tazioni generiche di temi di fondo che, per la complessità degli aspetti presentati, avrebbero richiesto un più pre- ciso ed incisivo approfondimento. Numerosi gli interventi e molteplici i temi affrontati nelle prime due sessioni: " Il museo e la sua funzione; destinatari; tipologia dei complessi monumentali" e " Struttura del museo ; collezioni e servizi; esposizioni permanenti e temporanee ", coordinate rispettivamente da Carlo Bertelli e Dante Bernini. Motivo conduttore, affiorante in molti interventi e che ha raggiunto il suo acme nella infervorata denuncia di Anna Maria Chieco Bianchi della Soprintendenza Archeo- logica di Padova, un diffuso malcontento per la grave situazione in cui versano numerosi musei; alla sua ori- gine ricorrono i soliti motivi di sempre: chiusura di molti istituti per restauri e carenza di personale, esiguità dei fondi a disposizione, difficoltà di programmazione, carenze nei servizi, mancanza di un organico di perso- nale specificamente addetto, eccessivo affollamento e stato di abbandono dei depositi, assenza di sezioni didattiche, problemi derivanti dall'uso di edifici storici quali sedi museali. Tra i vari temi affrontati, Luciano Berti si è soffer- mato sui problemi e le funzioni che deve svolgere un grande museo come gli Uffizi, sul quale ogni giorno si riversano masse di visitatori ; Graziella Ballantini della Regione Toscana ha invece illustrato i progetti regionali fondati sul concetto di museo quale centro di documenta- zione del territorio. Da segnalare anche un certo inte- resse per il problema dei " depositi " che, secondo una indagine condotta dall'Ufficio Studi del Ministero, rife- rita all'anno 1976, ospitavano in media circa l'So % delle opere. Diverse le opinioni in proposito: da chi li vorreb- be mantenere rigorosamente chiusi e riservati solo a stu- diosi accompagnati (Santa Maria Scrinari), a chi ne pre- vede l'abolizione e propone, con uno spirito vagamente elitario, l'esposizione delle opere articolata su tre livelli a seconda della preparazione dei visitatori (arch. Minissi), a chi invece preferirebbe esporre la maggiore quantità di materiali possibile, privilegiando il sistema delle rotazioni. Altrettanto interessante e ricorrente il problema del rapporto tra museologia e architettura; mentre l' arch. Minissi propone l'istituzione di corsi per architetti spe- cializzati in museografia, Eugenio Riccomini dichiara che i'" effetto museo" non è creato dalla perfetta museografia ma da una corretta lettura delle opere e che l'obiettivo principale deve essere quello di insegnare a conoscerle ed amarle; Clara Palmas Devoti, a sua volta, sostiene che compito dell'architetto non è la progettazione del museo ideale ma lo studio per trovare soluzioni ai problemi con- creti che si pongono. Abbastanza ridotta, forse in correlazione con le effetti- ve carenze riscontrabili in proposito nella gran parte dei nostri musei, la partecipazione al dibattito sul tema della terza sessione ' ' Aspetti tecnici della conservazione e pro- blemi di sicurezza " . Il coordinatore Giovanni Scichi- lone ha illustrato l'importanza, per una corretta politica di tutela delle opere e dei materiali conservati, di un con- trollo continuo e sistematico dei dati relativi a umidità, !09 ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

MUSEI A CONVEGNO · MUSEI A CONVEGNO CONFERENZA NAZIONALE SUI MUSEI Roma, 11-13 marzo 1982 Promossa dal Ministero per i Beni Culturali e Ambien tali, si è svolta a Roma, nei saloni

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MUSEI A CONVEGNO

CONFERENZA NAZIONALE SUI MUSEI

Roma, 11-13 marzo 1982

Promossa dal Ministero per i Beni Culturali e Ambien­tali, si è svolta a Roma, nei saloni di Palazzo Barberini, nei giorni II , 12 e 13 marzo rg82, la prima " Conferenza Nazionale sui Musei ". In apertura dei lavori, il ministro Vincenzo Scotti ha sottolineato come la Conferenza trovi origine nella esigenza non più procrastinabile, per la Amministrazione direttamente investita di responsabilità sui maggiori musei nazionali ed indirettamente nei con­fronti di tutti gli altri, di trovare risposte adeguate alle richieste che la collettività oggi pone a tali istituzioni. Nel momento in cui è in corso di elaborazione il progetto di legge sulla tutela, tanto più necessaria appare la rifles­sione sui metodi e gli strumenti di intervento maggior­mente idonei al fine di operare scelte concrete per la valorizzazione e la salvaguardia del patrimonio culturale, soprattutto in funzione della riorganizzazione di archivi, biblioteche, musei, ormai riconosciuti quali servizi cul­turali.

In particolare per i musei occorre trovare soluzioni atte a migliorare una situazione che si presenta sempre meno adeguata alla domanda di cultura crescente; da qui la necessità per gli organi responsabili di proporre indirizzi generali ed indicare scelte immediatamente ope­rative, avvalendosi delle ricerche in atto e dei risultati cui è giunto il dibattito sull'argomento in Italia e all'este­ro, e con l'apporto e la collaborazione di altre Ammini­strazioni, dell'Università, di tutte le forze sociali inte­ressate.

Sarà opportuno precisare subito che, a fronte di tali premesse, - come del resto inevitabile in qualunque con­vegno di così vaste proporzioni - scarsi sono apparsi i risultati emersi dalla Conferenza, almeno per quanto concerne la soluzione dei problemi concreti dei musei, forse anche in relazione alla poca tempestività con la quale le Soprintendenze erano state informate dell'iniziativa.

Certamente la presenza, oltre a numerosi partecipanti esterni, di una nutrita schiera di Soprintendenti, molti dei quali preposti anche alla direzione di un museo -pure se, come è stato notato, non tutti i rappresentanti degli Uffici periferici e dei Musei di rilevanza nazionale erano presenti -segnava l'occasione propizia per affron­tare, a livello qualificato e su basi di concrete esperienze di lavoro, i problemi della vita del museo nei suoi molte­plici aspetti. Ma sebbene la Conferenza si sia svolta in diverse sessioni - ciascuna relativa ad uno o più temi corrispondenti a quelli che, articolati in più punti, erano riportati in un " Questionario " , inviato agli Istituti peri­ferici e pervenuto in molti casi in ritardo - è mancato in realtà un momento di effettivo confronto fra le diverse posizioni emerse. Soluzioni concretamente operative ri­spetto ai problemi posti si sarebbero potute individuare soltanto ove, come ha rilevato Paola Pelagatti, si fossero costituiti specifici e ristretti gruppi di studio per discu­tere ed approfondire i singoli temi.

Si è invece avuto un susseguirsi di interventi, a ritmo serrato, che non sempre hanno rispettato l'ordine degli argomenti previsti in ciascuna sessione anche perchè, a causa del breve tempo disponibile, si sono spesso conden-

sate in un unico intervento risposte a più domande fra quelle previste nel " Questionario "; il che ha dato luogo talvolta a sovrapposizioni di problemi diversi ed a trat­tazioni generiche di temi di fondo che, per la complessità degli aspetti presentati, avrebbero richiesto un più pre­ciso ed incisivo approfondimento.

Numerosi gli interventi e molteplici i temi affrontati nelle prime due sessioni : " Il museo e la sua funzione; destinatari ; tipologia dei complessi monumentali" e " Struttura del museo ; collezioni e servizi ; esposizioni permanenti e temporanee " , coordinate rispettivamente da Carlo Bertelli e Dante Bernini.

Motivo conduttore, affiorante in molti interventi e che ha raggiunto il suo acme nella infervorata denuncia di Anna Maria Chieco Bianchi della Soprintendenza Archeo­logica di Padova, un diffuso malcontento per la grave situazione in cui versano numerosi musei; alla sua ori­gine ricorrono i soliti motivi di sempre: chiusura di molti istituti per restauri e carenza di personale, esiguità dei fondi a disposizione, difficoltà di programmazione, carenze nei servizi, mancanza di un organico di perso­nale specificamente addetto, eccessivo affollamento e stato di abbandono dei depositi, assenza di sezioni didattiche, problemi derivanti dall'uso di edifici storici quali sedi museali.

Tra i vari temi affrontati, Luciano Berti si è soffer­mato sui problemi e le funzioni che deve svolgere un grande museo come gli Uffizi, sul quale ogni giorno si riversano masse di visitatori ; Graziella Ballantini della Regione Toscana ha invece illustrato i progetti regionali fondati sul concetto di museo quale centro di documenta­zione del territorio. Da segnalare anche un certo inte­resse per il problema dei " depositi " che, secondo una indagine condotta dall'Ufficio Studi del Ministero, rife­rita all'anno 1976, ospitavano in media circa l'So % delle opere. Diverse le opinioni in proposito: da chi li vorreb­be mantenere rigorosamente chiusi e riservati solo a stu­diosi accompagnati (Santa Maria Scrinari), a chi ne pre­vede l'abolizione e propone, con uno spirito vagamente elitario, l'esposizione delle opere articolata su tre livelli a seconda della preparazione dei visitatori (arch. Minissi), a chi invece preferirebbe esporre la maggiore quantità di materiali possibile, privilegiando il sistema delle rotazioni.

Altrettanto interessante e ricorrente il problema del rapporto tra museologia e architettura; mentre l' arch. Minissi propone l'istituzione di corsi per architetti spe­cializzati in museografia, Eugenio Riccomini dichiara che i'" effetto museo" non è creato dalla perfetta museografia ma da una corretta lettura delle opere e che l'obiettivo principale deve essere quello di insegnare a conoscerle ed amarle; Clara Palmas Devoti, a sua volta, sostiene che compito dell'architetto non è la progettazione del museo ideale ma lo studio per trovare soluzioni ai problemi con­creti che si pongono.

Abbastanza ridotta, forse in correlazione con le effetti­ve carenze riscontrabili in proposito nella gran parte dei nostri musei, la partecipazione al dibattito sul tema della terza sessione ' ' Aspetti tecnici della conservazione e pro­blemi di sicurezza " . Il coordinatore Giovanni Scichi­lone ha illustrato l'importanza, per una corretta politica di tutela delle opere e dei materiali conservati, di un con­trollo continuo e sistematico dei dati relativi a umidità,

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©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

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temperatura, riscaldamento, illuminazione, frequenza dei visitatori, nonchè dei sistemi tecnici di sicurezza.

Decisamente più numeroso il gruppo degli intervenuti alla sessione riguardante '' La funzione culturale ed edu­cativa dei musei; qualificazione del personale scientifico " , coordinata da Maurizio Calvesi. Il ministro per la Pub­blica Istruzione, Guido Bodrato, ha sottolineato l'impor­tanza di realizzare una concreta collaborazione tra scuola e museo, riferendosi anche alla proposta di legge dell'o n. Amalfitano, tesa a regolamentare il settore della didattica.

Accanto alle diverse testimonianze sull'attività finora svolta in alcuni Istituti e sull'uso della metodologia più adeguata (Maria Fossi Todorow, Sara Staccioli), è stata ripetutamente affermata la necessità di istituire sezioni didattiche operanti con continuità e sistematicità, integrate nella vita del museo, nonchè di utilizzare personale spe­cificamente qualificato.

Ma al problema più generale dell''' Impiego del per­sonale" era stata riservata un'apposita sessione; con una scelta innovativa, il coordinamento di questa, come del resto di quella relativa a " Turismo e musei" , era stata affidata ad un " esterno " , quasi a voler assicurare, attraverso l'apporto delle forze imprenditoriali private, una garanzia di maggiore efficienza delle strutture pubbliche.

Renzo Zorzi, della Società Olivetti, ha così auspicato una preparazione del personale ai vari livelli (scientifico, amministrativo, di sorveglianza) più rispondente alle fun­zioni che il nuovo museo dovrebbe assumere, rilevando l'apporto positivo di collaborazioni volontarie.

Sul tema dei rapporti tra turismo e musei, le proposte di Camillo Semenzato del Touring Club Italiano si sono indirizzate verso un orario prolungato ed unico per tutti i musei, utilizzando anche personale a part time, sulla possibilità di renderli più confortevoli per il visitatore e sull'esigenza di predisporre un calendario delle mani­festazioni da distribuire ovunque.

Ma il tema che ha costituito uno dei nodi centrali, e che si inserisce in primo piano nel quadro della nuova legislazione, è stato quello affrontato nella sessione " Na­tura e sviluppo dei musei: aspetti e limiti di una gestione autonoma". Nell'attuale sistema normativa, come ha ricordato Italo Angle, il museo non è presente né come vocabolo né come concetto; per i musei statali non è prevista alcuna autonomia amministrativa e di gestione né tantomeno ruoli organici di personale specificamente addetto.

Se da un lato, come è stato rilevato da alcuni inter­venuti, una nuova legislazione sul museo non può essere scissa da quella più ampia che investe la gestione dei beni culturali nel loro complesso, individuando quali esi­genze prioritarie la chiara definizione e delimitazione delle competenze tra Stato, Regioni ed Enti locali (Enrica Pozzi) , o il problema della catalogazione di tutto il pa­trimonio esistente (Palmas Devoti, Vincenzo Scuderi), dall'altro ripetutamente è stata affermata la necessità di mantenere il collegamento del museo con gli organi che operano sul territorio, nel quadro del principio ormai acquisito della " tutela globale " , sul quale si è soffer­mata Donatella Mazzeo.

Così, a fronte delle ipotesi avanzate dal coordinatore Massimo Severo Giannini, per alcuni musei da trasfor­mare in " stabilimenti" o " aziende autonome " in gra­do di organizzarsi e gestirsi come enti produttivi auto­nomi, prevalente è apparso l'orientamento a rifiutare il distacco dei musei dalle Soprintendenze e dal territorio cui sono legati, pur riconoscendo per essi la necessità di una autonomia di gestione.

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Oltre alle opm10m m tal senso espresse da Antonio Caleca, Paola Pelagatti, Maria Luisa Veloccia- ed a quel­le di personaggi esterni all'Amministrazione come Renato Nicolini e Giuseppe Chiarante -, Adriano La Regina ha messo in rilievo la stretta integrazione e la connessione funzionale del museo con i vari momenti dell'attività scientifica della Soprintendenza, mentre per Rosalba Tardito solo quei musei direttamente collegati con il ter­ritorio dovrebbero mantenere tali legami.

Anche se scarse possono apparire, come si è già detto, le indicazioni specifiche emerse sui problemi concreti che ogni giorno devono essere affrontati, con mezzi insuffi­cienti, dai responsabili dei nostri musei, non è mancato tuttavia, in chiusura dei lavori, il delinearsi di un pre­ciso e più generale indirizzo politico.

Con l'evidente intento di introdurre in una più ampia prospettiva, dal tono insolitamente cosmopolita, la pro­blematica dei musei, allargando la discussione ad un confronto su base internazionale, si è svolta nell'ultima giornata una tavola rotonda alla quale hanno partecipato i direttori di importanti musei (dal Metropolitan Mu­seum di New York alla National Gallery di Washington, al Museo d 'Arte Moderna di Colonia) ed esperti stra­nieri (George Vallet e Hermann Fillitz), che hanno for­nito notizie dettagliate sull'organizzazione ed il funzio­namento degli istituti museali all'estero.

Infine le conclusioni del ministro Scotti, che con con­tinua presenza aveva animato il dibattito, si sono con­densate essenzialmente su alcuni punti. Oltre a rivendi­care maggiori risorse finanziarie da destinare al settore -attualmente solo lo 0,5 % del bilancio statale è assegnato al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali - il mi­nistro si è soffermato sulla possibilità di " inventare " modelli amministrativi nuovi, più flessibili, creando per alcuni grandi musei - sul modello americano - fonda­zioni a partecipazione pubblica e privata, autonome sul piano organizzativo rispetto alle Soprintendenze. Quan­to al problema del prolungamento degli orari di apertura e della mancanza di personale, la soluzione è stata indi­viduata nell'apporto del volontariato, utilizzando forze esterne come i giovani senza occupazione o le persone della terza età.

Se questo sarà il destino di alcuni grandi musei, resi autonomi e gestiti con criteri di produttività ed efficienza manageriale, rimane forse da chiedersi quale futuro sarà invece riservato agli altri musei, a quella miriade cioè di istituti, di competenza statale o locale che, disseminati in piccoli o grandi centri, contribuiscono (o dovrebbero contribuire) a costituire ed esprimere quel complesso tessuto di relazioni che chiamiamo cultura di un terri­torio; a meno che non si voglia concordare con le conclu­sioni di Massimo Severo Giannini il quale, nel definire sorprendentemente il soprintendente un " prefetto " che ha il potere di adottare " provvedimenti ammini­strativi autoritativi " , si chiedeva quale potesse essere il suo ruolo nei confronti del museo, e si chiedeva anche quale fosse il legame della gran parte dei musei con il territorio, invitando a non crearsi pseudo-problemi.

Affermazione non certo facilmente condivisibile anche alla luce di quanto si è andato elaborando, nel corso di questi · ultimi anni, da parte di quegli addetti ai lavori, le cui riflessioni hanno evidenziato i nessi inscindibili e le strette correlazioni esistenti tra ricerca e tutela, museo e territorio, in un arco che comprende tutte le compo­nenti archeologiche, storiche, artistiche, naturalistiche del mondo che ci circonda.

CATERINA STRANO

©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

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zo CONVEGNO INTERNAZIONALE DI MUSEO­LOGIA. IL MUSEO NEL MONDO CONTEMPORA­NEO. CONCEZIONI E PROPOSTE

Firenze, 26-30 maggio 1982

Nella ricorrenza del quarto centenario della Fonda­zione degli Uffizi, il Centro Studi per la Museologia, l'Espressione e la Comunicazione Visiva, · convenzionato con il c. N .R. presso l'Università Internazionale dell'Arte, ha promosso e organizzato con l'attiva partecipazione di C.L. Ragghianti e di L. Becherucci il 2° Convegno Inter­nazionale di Museologia, " Il Museo nel mondo contem­poraneo. Concezioni e Proposte ".

L 'incontro ha avuto luogo a Firenze all'interno della Villa T orna buoni nei giorni compresi tra il 26 e il 30 maggio 1982 e ha fatto seguito al r° Congresso svoltosi nel 1974 (Firenze-Venezia, 6-ro novembre).

Questa iniziativa di recente istituzione si affianca ad altre già esistenti e più note: per esempio, ai colloqui organizzati dall'ICOM (International Council of Museum), al quale va il riconoscimento di essersi prodigato, con azione costante nel corso degli ultimi trent'anni, a dif­fondere l'importanza del ruolo culturale e sociale del Museo oggi e i problemi collegati con la sua vita.

Nei temi generali, ai quali hanno fatto specifico rife­rimento le relazioni proposte all'attenzione e alla discus­sione dei convenuti, si sono riconosciute le ormai note problematiche, fondamento delle moderne discipline della museologia e della museografia.

Particolarmente vivi per il collegamento diretto alle esperienze della ricerca progettuale, alla sua realizzazione e alla riflessione critica, nonchè al settore della didattica, sono stati i giorni 28, 29 e 30 maggio.

Si è riproposto con attualità, alla luce dei numerosi esempi di progettazione museale in corso, il rapporto museo-contenitore.

In considerazione delle relazioni presentate sull'argo­mento mi pare sia emerso ancora una volta che lo spazio architettonico fa parte del museo solo in quanto dimora fisica delle testimonianze storico-artistiche e culturali. Quando, poi, il contenitore è esso stesso un documento di storia è assolutamente indispensabile per una corretta lettura che il museo viva lasciando trasparire la sua iden­tità e quella del monumento che lo ospita. Tuttavia, pur nell'attenzione massima da porre alla diversificazione tra museo e monumento e alla vigile constatazione che l'uno non sia prevaricante sull'altro, dalle ricerche progettuali proposte è risultato ancora valido il criterio di collocare una raccolta museale in un edificio storico. In questo modo, infatti, nella maggior parte dei casi, si consente, con opere di manutenzione e restauro, il recupero di complessi altrimenti destinati a divenire fatiscenti con il conseguente avvio della rivitalizzazione del tessuto urbano cui l'edificio si ricollega.

In questa direzione si muovono alcuni enti locali sen­sibili a far rivivere edifici particolarmente significativi per la storia del territorio o del comparto urbano. Ci si rife­risce alla organizzazione della struttura museale territo­riale nella Fortezza del Priamar a Savona presentata da Pasquale Gabbaria Mistrangelo, all'opera di restauro e di riqualificazione del complesso di Santa Giulia a Bre­scia illustrata da Mariano Comini e Bruno Passamani, all'esperienza dell'istituendo Museo Archeologico Comu­nale di Cupra Marittima, nelle Marche, all'interno di un edificio medioevale, secondo quanto ha riferito Vermiglio Ricci. In questa ultima iniziativa si riconosce un esempio

del risveglio presente in tanti piccoli centri della penisola a conservare sul posto il proprio patrimonio culturale; tuttavia, non si può non rilevare che spesso i siti, come nel caso di Cupra Marittima, non sono ancora sufficientemente esplorati e studiati nei complessi rapporti storico-topo­grafici in riferimento alle testimonianze archeologiche già note per poter giungere alla formazione di un Antiquarium.

La necessità di distinguere chiaramente il processo di musealizzazione delle opere conservate dal contenitore storico è stata sostenuta da Dante Bernini e da Paolo Dal Poggetto alla luce delle rispettive esperienze nella direzione della Galleria Nazionale delle Marche ad Urbi­no. Dante Bernini si è soffermato ad illustrare un tipo di concezione museografica prevalsa in un certo periodo e bene esemplificata a suo tempo nel Palazzo Ducale.

L'ordinamento della Galleria, curato dal Serra e conservato fino alla vigilia della seconda guerra mondia­le, era stato, infatti, predisposto in modo tale che potesse sembrare l'arredo di un Palazzo signorile. ·

Questa concezione è ovviamente snaturante del museo stesso - se non nei casi in cui le collezioni appartenenti sin dall'origine al contenitore storico siano divenute insie­me patrimonio culturale di pubblica fruizione - sia per­chè ne vanifica l'autonomo valore semantico, sia perchè sacrifica la risoluzione dei problemi propri del museo, quali, per esempio, la conservazione e la funzione educa­tiva. Bernini, in continuazione ideale di un tipo di alle­stimento già avviato dal Rotondi, tendente a liberare gli ambienti del Palazzo Ducale da qualsiasi sovrastruttura, ha quindi richiamato l'attenzione sulla soluzione pro­posta sperimentalmente dall'arch. Giorgio Raineri, con­sistente nella sospensione delle opere, mediante alberelli meccanici, da una rete di punti d'appoggio nello spazio creato dall'involucro architettonico.

Altro tema, che si ricollega al precedente per ciò che il museo in se stesso vuole essere, è il rapporto museo­logia-museografia.

Si è ribadito, quale utile e indispensabile premessa, che il lavoro del museologo e del museografo sono corre­lati e complementari, ma non intercambiabili, se per museologia si deve intendere lo studio della mediazione e della scelta da operare tra i numerosi messaggi e signi­ficati di cui si carica l'oggetto culturale, a seguito della classificazione e dello studio critico che il museografo de­ve comprendere e sapere articolare nello spazio a sua disposizione.

Sull'importanza di mettere a punto un criterio espo­sitivo si è intrattenuta Franca Helg. Esso deve trarre ori­gine dalla conoscenza globale dei materiali custoditi nel museo. Successivamente si deve procedere alla selezione, cioè alla scelta di rendere visibili al pubblico le opere, gli oggetti, i contesti in se stessi più significativi non solo a livello qualitativo ma in quanto documenti di più ampie relazioni storico-culturali.

Interdipendente all'esposizione museale è l'organizza­zione degli spazi dedicati ai depositi, i quali, come ha ricordato Francesco Gurrieri, devono riflettere un ordi­namento scientifico in ambienti che garantiscano adegua­tamente la leggibilità e la conservazione dei materiali.

Quest'ultimo problema, cioè la salvaguardia all'interno degli ambienti museali, siano sale di esposizione o depo­siti, delle opere che ci sono state tramandate dal passato, solo da pochi anni tenta di inserirsi nel rapporto museo­logia-museografia.

Tenuto conto che già la musealizzazione costituisce un processo di decontestualizzazione dell'oggetto rispetto alla sua funzione e al suo luogo originario e considerato

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che alcuni materiali sono particolarmente sensibili alle variazioni del microclima all'interno dell'ambiente in cui sono stati collocati, per procedere correttamente a con­servare bisogna innanzitutto conoscere e controllare le cause delle alterazioni, cioè le fluttuazioni della tempe­ratura, l'eccesso o la mancanza di umidità , l'esposizione ai raggi ultravioletti, ecc ..

Tanto più interessante in quanto unico ad avere affron­tato questo problema nel convegno è stato l'intervento di Giovanni Scichilone, che ha precisato metodo e attrez­zature per la conservazione all'interno del Museo di Chieti.

Successive relazioni hanno richiamato altre ben note polivalenze del museo.

L'oggetto musealizzato non deve perdere il suo rap­porto con i contesti che lo hanno prodotto: la funzione storica del museo è proprio nel suo raccordo permanente con il territorio a cui si riferisce.

In questa ottica Oreste Ferrari ha sottolineato la neces­sità di organizzare in ogni museo un Centro di Docu­mentazione che sia un punto di riferimento, un labora­torio di ricerca e di collegamento per la lettura dei siti , dei monumenti e delle loro stratificazioni culturali.

Giorgio Bonsanti ha ribadito l'importanza del museo territoriale, auspicando che le richieste di nuove strut­ture, con il concorso delle istituzioni politiche e cultu­rali preposte, superino gli individualismi campanilistici e abbiano come " misura guida l'unità territoriale ".

La stretta relazione che intercorre tra ordinamento mu­seografico e comunicazione - nel senso che le opere, gli oggetti rappresentati nel museo, devono essere percepiti visualmente e trasmettere una serie di informazioni so­prattutto sul piano storico - si è evidenziata nella gior­nata ~onclusiva del convegno dedicata alla didattica nei muse1.

I vari interventi, pur essendo articolati secondo le spe­cifiche esperienze e ricerche dei singoli relatori nel settore, hanno unanimemente riconosciuto che tra i compiti pri­mari del museo è la promozione culturale, cioè il rap­porto vivo che l'istituzione deve avere con il pubblico per comunicare in tutto o in parte l'insieme dei messaggi che ciascun oggetto ha già rivelato allo studioso nella fase dell'approccio scientifico.

Si è quindi messa in rilievo la necessità di servizi edu­cativi permanenti affidati a personale qualificato, che sappia trasmettere le informazioni secondo scelte gra­duate sul tipo di pubblico che frequenta il museo.

Maria Fossi Todorow ha ricordato come nei musei ita­liani la didattica abbia " una storia molto recente " e come sia stata finora affidata ad iniziative spontanee ed episodiche per carenze legislative che non hanno per­messo di garantire strutture organizzate. Ribadendo la necessità che a questo punto bisogna uscire dalla fase spe­rimentale, Maria Fossi Todorow ha illustrato il progetto di legge promosso dall' on. Domenico Amalfitano e pre­sentato in Parlamento il ro marzo rg82, che, coinvolgendo il Ministero della Pubblica Istruzione e quello per i Beni Culturali, dovrebbe finalmente regolamentare " .... una attività che assicuri una mediazione fra gli organi preposti alla tutela dei beni-culturali e il pubblico fruitore ... ".

Al termine di questa breve rassegna, che vuole ricapi­tolare momenti tra i più significativi dell'incontro, sembra opportuno richiamare l'attenzione sull'assenza degli ar­cheologi, che avrebbero potuto contribuire al confronto costruttivo sugli argomenti proposti dal convegno e sen­sibilizzare sulle specifiche problematiche un più vasto

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pubblico di specialisti, non ristretto cioè al solo settore archeologico.

La causa di questa mancata partecipazione sembra es­sere principalmente dovuta all'impostazione del program­ma dei singoli convegni che non include relazioni su quanto si sta elaborando nel campo dei musei archeolo­gici. Ci si riferisce, in particolare, ai complessi problemi collegati alle nuove sistemazioni in corso in alcuni grandi musei: per esempio, il Museo Archeologico di Torino, il Museo dell'Etruria a Firenze, il Museo Nazionale delle Terme, il Museo Etrusco di Villa Giulia, il Museo Na­zionale di Ancona, il Museo Archeologico di Napoli.

Si deve all'impegno e alla sensibilità di alcuni Enti lo­cali se questa materia ha di recente trovato adeguato spazio per una più ampia discussione.

L 'incontro " Musei Archeologici: realtà, esperienze, strutture e programmi per una politica dei musei locali in Umbria" , svoltosi a Orvieto tra il 29 e il 31 gennaio rg8r, è stato, infatti, promosso dall'Assessorato alla Cul­tura della Regione Umbria con la collaborazione di altre istituzioni, quali il Comune di Orvieto, l'Istituto di Ar­cheologia dell'Università di Perugia, la Soprintendenza Archeologica deli'Umbria, coinvolte dal comune inte­resse di vivificare " i luoghi della cultura ". 'l

Analogamente il convegno " Come l'archeologo opera sul campo " (Siena, 21-24 maggio rg8r) , realizzatosi gra­zie agli sforzi congiunti dell'Istituto di Archeologia di Pisa e di Siena, della Regione Toscana, del Comune di Siena e di altri Enti, pur essendo rivolto in primo luogo alle metodologie di scavo, ha ritenuto di non dover tra­lasciare la pubblica fruizione e la valorizzazione dei mate­riali archeologici e delle zone di scavo, anch'esse '' musei all'aperto, come Paola Pelagatti ha adeguatamente nella stessa sede illustrato. 2 >

GIUSEPPINA SPADEA

1) Al Convegno, che ha visto una viva partecipazione soprat­tutto di giovani, hanno tenuto relazioni, tra gli altri, l'Assessore alla Cultura R. Abbondanza, i professori P .E . Arias, G . Gualandi, M. Torelli, i Soprintendenti A.E . Feruglio, A. La Regina, P. Pela­gatti, F. Zevi, l'architetto F. Minissi; si sono avuti, inoltre, inter­venti di F . Parise Badoni, M. Governale, M.J. Strazzulla.

È preannunciata la pubblicazione degli atti da parte della Regio­ne Umbria.

::1) Gli atti sono in corso di stampa a cura dell'editore Di Donato.

LA CONSERVAZIONE NEI MUSEI

Torino, 25-27 novembre 1982

Il Museo e i suoi problemi sono stati oggetto di rifles­sione critica in un altro importante convegno, che ha avuto luogo a Torino nel Palazzo Lascaris nei giorni 25-27 novembre rg82.

Promosso e organizzato dall 'Assessorato alla Cultura della Regione e dalla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici del Piemonte nell'ambito delle manifestazioni in programma per celebrare i 150 anni della Galleria Sabauda, l'incontro ha voluto proporre all'attenzione degli studiosi e specialisti intervenuti specificamente la necessità della conservazione all'interno dei musei.

Indicativi a tal fine i temi affrontati nelle due giornate di lavoro congressuale: problemi organizzati vi e tecnici

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per la conservazione nei musei; formazione del per­sonale e informazione in materia; progettazione dei mu­sei e conservazione ; esperienze di conservazione.

L'apertura del convegno è stata preceduta da un di­battito su " Iniziativa privata e Beni Culturali " , cui hanno partecipato Giovanni Ferrero, assessore alla Cul­tura della Regione Piemonte, Vincenzo Cappelletti, Gio­vanni Merlini, Marcello Pacini e Luigi Firpo.

L ' incontro ha avuto particolare rilevanza: esso ha, in­fatti, costituito a Torino, città industriale per eccellenza, una delle prime occasioni di avvicinamento, superando tradizionali difficoltà e prevenzioni, tra rappresentanti dell 'industria e il mondo della cultura nel comune inte­resse della salvaguardia del patrimonio dei beni storico­artistici.

Si è parlato ancora una volta della crisi in atto dell 'isti ­tuzione pubblica nella gestione centralizzatrice dei beni culturali. Il museo è il risultato più tangibile della inca­pacità di funzionamento, in quanto privo di autonomia amministrativa e assimilato in un sistema di lentezze burocratiche.

In questa situazione di vuoto intorno al museo, assente nei suoi compiti primari, è emerso l'orientamento che debba cambiare l'atteggiamento del "pubblico" nei con­fronti del " privato " . Si è così proposto di dare spazio all'iniziativa privata con alcune forme di intervento, pur nel rispetto assoluto della funzione formativa ed educa­tiva del bene culturale e quindi del godimento comune dello stesso. Ciò anche alla luce delle considerazioni che il museo trae origine, il più delle volte, dal collezionismo e che la centralizzazione delle opere d'arte ha significato decontestualizzazione, " accumulo " nei depositi e, so­prattutto, assenza di promozione culturale.

In questa ottica la recente normativa (legge n. 512 del 2 agosto rg82) sul regime fiscale dei beni di rilevante interesse, assicurando sgravi e agevolazioni, rappresenta una prima apertura dello Stato verso chi possiede immo­bili e collezioni di importanza culturale.

Nell 'ambito della collaborazione tra privati da una parte, Stato ed Enti locali dall 'altra, si è segnalata la ne­cessità di incrementare le fondazioni, mentre una nuova forma è stata individuata nelle sponsorizzazioni, cioè nella possibilità per le aziende di attuare investimenti in alcuni settori, per esempio, in quelli del restauro, delle esposi­zioni temporanee, di progetti di nuovi musei, ecc ..

Al termine del dibattito è emerso che, per cambiare la qualità del museo e cioè la sua capacità operativa, che si deve modellare sulle nuove richieste di conoscenza, è indispensabile arrivare ad una gestione più agile per pro­muovere iniziative nel campo delle acquisizioni (acquisti, donazioni, ecc.), della ricerca (massima funzionalità di servizi quali la biblioteca e la fototeca) ed in quello della conservazione (conferenze, esposizioni temporanee, audio­visivi, ecc.) .

Il tema del convegno, la conservazione, è stato intro­dotto da Gael de Guichen dell'ICCROM, Centro Inter­nazionale di Studi per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali, già ampiamente noto per l'intensa atti­vità che svolge in merito alla diffusione dei risultati, acquisiti dalla ricerca scientifica circa le cause di dete­rioramento, e alle proposte per una corretta azione pre­ventiva di salvaguardia.

Gli ambienti museali non sempre presentano le condi­zioni più adatte affinchè gli oggetti si conservino come ci sono stati tramandati: un sistema di illuminazione, na­turale o artificiale, non ben studiato nei confronti delle opere e dei manufatti ai quali si riferisce, nonchè rile-

vanti squilibri tra i due fattori che determinano il micro­clima, cioè umidità relativa e temperatura, possono avere effetti dannosi.

È indispensabile, pertanto, intervenire sin dalla fase di progettazione dei luoghi destinati ad esposizioni per­manenti o temporanee e ai depositi con metodi di con­trollo della luce e del clima in proporzione alla sensibilità degli oggetti.

Eddy De Witte del Koninklijk Instituut voor Het Kunstpatrimonium di Bruxelles ha approfondito, per quanto riguarda l'illuminazione, i danni provocati dai raggi ultravioletti. Queste radiazioni, non percepite dal­l' occhio umano e contenute in notevole quantità nella luce solare ed in quella artificiale ottenuta mediante tubi fluorescenti, possono avere effetti distruttivi soprattutto sulla pittura ad olio e a tempera, sui tessuti, sulle minia­ture, sulla carta, sul cuoio, sulle piume, sul legno e sul­l' avorio decorati.

L 'azione di controllo prevede, come intervento preli­minare, la misurazione dei raggi U.V. con appositi dispo­sitivi negli ambienti museali che devono accogliere gli oggetti individuati come molto sensibili a questo tipo di radiazione. Se il risultato sarà superiore a 75 microwatt per lumen, occorre mettere in opera delle protezioni che impediscano ai raggi U.V. di giungere sui manufatti.

Si potrà intervenire direttamente sulle finestre impie­gando qualità di vetro che assorbono i raggi in questione (vetro laminato, vetro al policarbonio, plexiglas) o, con una riduzione di costi, schermando i vetri normalmente usati mediante vernici speciali o fogli in poliestere che possono durare anche prolungatamente.

Dalla relazione di J ohan Lodewijks del Ministero della Cultura Olandese si è appreso che molta attenzione deve essere rivolta anche alla scelta dei materiali per i conte­nitori e per i supporti degli oggetti musealizzati.

Il legno è piuttosto sensibile all'umidità e, inoltre, alcu­ne qualità possono produrre sostanze dannose (per esempio, il legno di quercia può emettere gli acidi acetico e gallico pericolosi per carta e cuoio); attualmente per armadi, scaffalature e supporti in genere si consigliano l'acciaio inossidabile e l'alluminio anodizzato. Carta, cartone e tessuti sono materiali pratici e poco costosi, anche se occorre prestare attenzione alle sostanze coloranti che possono eventualmente contenere.

Paolo Cadorin del Kunstmuseum di Basilea ha con­cluso la rassegna delle cause di deterioramento per gli oggetti conservati nei musei, facendo riferimento ai danni provocati da azioni meccaniche: cioè ai trasporti, in occa­sione delle sempre più frequenti esposizioni temporanee, agli atti volutamente vandalici dei visitatori o a quelli provocati solo dall'enorme affluenza.

Che il museo debba essere il luogo dove le collezioni siano protette dagli attacchi del tempo e della natura nonchè dalle rovine che possono causare gli uomini è stato sostenuto anche da Giovanni Scichilone. Illustrando le attrezzature, già in gran parte realizzate nel museo di Chieti circa la conservazione e la sicurezza, Scichilone ha voluto dimostrare, offrendo un esempio in concreto, che la validità di un museo si misura dalla progettazione accurata dei suoi dispositivi tecnici. Ottemperando alle " leggi " della conservazione, equivalenti alla conoscenza in primo luogo dei materiali che costituiscono le colle­zioni, al controllo dell'ambiente, alla massima attenzione nei trasporti, agli interventi di restauro da non rimandare nel tempo, al problema della circolazione dei visitatori, e provvedendo alle apparecchiature per la sicurezza (im­pianti antifurto e antincendio) , si potranno ottenere strut-

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ture museali efficienti e funzionali, cui il direttore scien­tifico darà un sostanziale contributo con la sistemazione delle collezioni e lo stimolo alla diffusione delle informa­zioni e delle idee attraverso l'istituzione di servizi edu­cativi permanenti.

Questa concezione del museo, in base alla quale conser­vazione non significa più soltanto " ricovero " delle opere di interesse culturale e il fine conoscitivo e critico viene ad essere privilegiato con una serie di apparati sussidiari, si è manifestata, almeno in apparenza, divergente dal modello di museo presentato dagli architetti.

È sembrato di cogliere la diffidenza di quest'ultimi -ci si riferisce soprattutto ad Ignazio Gardella e a Roberto Gabetti - verso il museo prevalentemente didattico e tecnologico. L'arch. Gardella, pur riconoscendo le molte­plici funzioni che il museo è chiamato a svolgere nella nostra società, e alle quali deve corrispondere un'ade­guata progettazione, ha sostenuto che compito primario dell'architettura nei musei è saper stabilire la "comuni­cazione poetica " , intendendo cioè un rapporto creativo tra l'opera e lo spazio che la contiene. Si è richiamato a tal fine alla grande esperienza museografica realizzatasi in Italia negli anni 'so soprattutto con Albini e Scarpa. Sembra opportuno a chi scrive ricordare che, svolgendo la loro attività in un momento storico che vedeva la ripresa di vita dei musei dopo il drammatico periodo bellico, questi architetti, coadiuvati da scelte coraggiose dei diret-

. tori scientifici delle collezioni, hanno dato per quel perio­do un contributo sostanziale nel senso del " moderno ". A Genova per esempio, come è noto, Albini e la Marce­naro, all'inizio della loro collaborazione, trasformavano il museo di Palazzo Bianco operando secondo criteri di rigorosa selezione tra opere di interesse primario e se­condario e, adottando una disposizione semplice degli oggetti, accentuavano la carica di " suggestione " del­l' opera d'arte nei confronti dei visitatori.

Quanto affermato dagli architetti ha suscitato nel con­vegno reazioni varie e contrastanti, dalle quali è emersa l'attuale insufficienza del museo in quanto preminente espressione creativa del progettista; l'organizzazione mu­seografica dovrebbe invece essere il risultato di un lavoro condotto in équipe tra il direttore delle collezioni, il con­servatore e l'architetto.

Una organizzazione così articolata è stata già sperimen­tata in alcuni paesi europei e ha dato risultati apprezzabili.

In Francia, a seguito della programmazione promossa agli inizi degli anni '70 dal Servizio Funzionamento e Direzione dei Musei, si è conseguito un notevole miglio­ramento nella qualità dell'intervento per la salvaguardia del patrimonio artistico all'interno degli edifici museali. La costruzione di nuovi musei e la ristrutturazione di quelli esistenti è stata prevista insieme ad altri importanti adempimenti nel campo della conservazione; si è inco­raggiata la ricerca scientifica in rapporto alle cause di deterioramento dei beni storico-artistici presso istituti universitari e presso il C.N.R.s. , che hanno anche colla­borato a far conoscere queste problematiche ad un pub­blico più vasto (significativa in tal senso la mostra che ha avuto luogo a Parigi nel Ig8o-'8I , La Science au ser­vice de l'art). Si sono, inoltre, incrementati i laboratori di restauro con attrezzature specifiche in relazione ai ma­teriali da restaurare e si è dato rilievo al controllo dell'am­biente e ai problemi della sicurezza.

Nell'ambito di questo programma particolarmente riu­scita è sembrata l'attività di conservazione in campo ar­cheologico presentata da Claude Poinssot della Direzione dei Musei di Francia.

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L'esperienza, che ha suscitato molta attenzione per la coerenza di metodo finora seguito, è quella relativa alla ec­cezionale scoperta avvenuta nel 1968 presso la sorgente del­le Roches de Chamalièrs, nelle vicinanze di Clermont-Fer­rand, di un deposito votivo, nel quale sono state rinvenute 1500 sculture !ignee e 8500 frammenti, segno della presen­za di un santuario nell'antichità (prima metà del I sec. d.C.) ricollegabile all'azione salutare delle acque termali.

Premetto che la riflessione metodologica di questi ulti­mi anni ha già più volte indicato come le operazioni di scavo siano in se stesse distruttive : prelevando gli oggetti si scompongono, infatti, tutti i rapporti di questi con gli elementi e con gli strati; ma vale la pena di ricordare che raccogliere un oggetto dal suo contesto di scavo signi­fica anche scomporre un equilibrio fisico-chimico tanto più delicato in proporzione alla degradabilità della materia.

Pertanto le operazioni di conservazione in occasione di rinvenimenti fortunati per la loro singolarità, come nel caso del deposito dei votivi !ignei delle Roches de Chama­lièrs, sono piuttosto complesse e iniziano contempora­neamente alla scoperta.

Secondo quanto ha illustrato Poinssot, trattandosi di legni che si sono conservati in un sito molto umido, per ottenere un essiccamento lento e progressivo, si è pro­ceduto per fasi distinte. Dapprima si è provveduto all'im­mersione in una soluzione di Arigal C ad una tempera­tura di 20°/25°C che ha permesso la pulizia e la demine­ralizzazione; successivamente si sono sottoposti gli og­getti a risciacquo in acqua calda e, infine, i legni, protetti in sacchi di plastica, sono stati messi in stufe a 65° C di temperatura. Solo al termine di questi interventi si è resa possibile la ricomposizione dei pezzi frammentari.

L'esposizione museale per gli oggetti già restaurati ha, infine, comportato lo studio e la realizzazione di vetrine climatizzate con temperatura a 18°C e umidità costante al 70 %, in una grande sala del Museo Bargoin di Cler­mont-Ferrand, ove sono state sistemate anche cassettiere a muro per i materiali di deposito. Dispositivi adatti al raffreddamento, in caso di aumento di temperatura e di essiccamento dell'aria nella sala di esposizione, sono stati collocati all 'esterno del museo.

I procedimenti sperimentati sui legni delle Roches de Chamalièrs comportano indubbiamente, come ha pre­cisato Poinssot, difficoltà per i tempi lunghi con conse­guenti alti costi e problemi non ancora del tutto risolti: per esempio, quelli connessi con il deposito provvisorio degli oggetti in attesa di essere sottoposti a restauro.

I risultati conseguiti sono, a mio parere, da ritenersi eccellenti e l'attività del Museo di Clermont-Ferrand si presenta in questo delicato settore del restauro e della conservazione come un modello a cui far riferimento anche per quanto è in corso di realizzazione nel campo dei tessuti (interventi su vesti di lana rinvenute negli scavi effettuati nel 1893 nella necropoli gallo-romana di Martres de Veyre).

Sembra opportuno, infine, ricordare che per raggiun­gere risultati ottimali occorrono non solo investimenti, ma anche personale qualificato.

In rapporto alle numerose esigenze connesse al con­cetto di conservazione, Alessandra Vaccaro Melucco ha posto in rilievo in modo articolato le attuali difficoltà per la formazione del personale.

L'Istituto Centrale del Restauro ha finora assolto, per proprio compito istituzionale, sia alla ricerca metodologica, secondo le teorie sul restauro di Cesare Brandi, sia, con­formandosi agli stessi presupposti, all'attività didattica fina­lizzata a formare personale preparato sul piano teorico

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e su quello tecnico, capace di operare in modo " cono­sci ti v o e cri ti co ".

All'unitarietà di metodo perseguita dall'rcR si sono, come ha proseguito A. Vaccaro Melucco, di recente affiancate le iniziative promosse dalle Regioni, molteplici e disordinate per l'assenza del necessario coordinamento impostato su leggi del governo centrale.

L'attuale situazione di disagio, in un campo ove l'uni­tarietà di formazione per l'intervento sul bene culturale è presupposto indispensabile, dovrebbe essere superata da quanto previsto in un preliminare accordo tra Stato e Regioni, che istituisce laboratori regionali con la colla­borazione dell 're R per la preparazione del personale docente e corsi decentrati per gli allievi restauratori se­condo metodologie uniformate.

Purtroppo in Italia la legislazione in vigore è piuttosto carente anche per ciò che riguarda la formazione e l'ag­giornamento di tutto il personale tecnico-scientifico che dovrebbe essere esclusivamente addetto alla vita del museo, come è stato evidenziato da Carlo Bertelli.

Vale in proposito riportare testualmente quanto questo ultimo scriveva già nel 1979 (cfr. C. Bertelli, in Casabella, 443, 1979, p. 14): " ... ...... un museo italiano ha uno staff limitatissimo, non si cura della sua formazione, non con­cede viaggi ~ congedi per motivi di studio, non è quasi mai in grado di far eseguire in sede i restauri, è costretto a vedere le attività didattiche come un'appendice estranea, o come una futile concessione ''.

GIUSEPPINA SPADEA

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