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Ricerche e problemi 03 Marco Rapetti Le molte dimensioni della memoria del musicista Strumenti e tecniche 11 Annibale Rebaudengo Creatività e didattica pianistica: novità o tradizione da recuperare? Pratiche educative 20 Viviana Fabbri Ricomporre l’ascolto: un’esperienza nella scuola media 26 Rossella Targetti Apriamo alla musica giocando con la voce Confronti e dibattiti 31 Fiorella Cappelli (a cura di) IL RUOLO DELL EDITORIA NELL INSEGNAMENTO MUSICALE 32 Giulio Forconi Proposte serie e organiche possono conquistare i docenti 34 Ilaria Narici Raggiungere pubblici diversi soddisfacendo molteplici esigenze 36 Elisabetta Pistolozzi I magnifici fatturati dell’editoria tradizionale Libri e riviste 38 Luca Marconi La difficile ricerca dei significati sociali in musica [su AA.VV., Soundtracks, Maltemi, Roma] 40 Franca Mazzoli La valigia dei cartoni [su E. Maule, La musica dei cartoni, EDIZIONI JUNIOR] 41 Luca Marconi, DA NON PERDERE 42 Maurizio Disoteo Alla ricerca delle radici dell’emozione musicale [su L. Marconi, Musica, espressione, emozione, CLUEB] 43 Antonio Giacometti Leggere la partitura: un’occasione ricca di stimoli [su L. Taschera, Forma e gesto nella composizione orchestrale, CLUEB] 44 Roberto Albarea, RASSEGNA PEDAGOGICA 46 SCHEDE Rubriche 08 Augusto Pasquali, MUSICA IN INTERNET: Ipermercato musicale 10 Francesco Bellomi, PAROLE CHIAVE: Tema 17 LETTERE E DOCUMENTI: Dal mondo della scuola 18 Emanuela Perlini – Davide Zambelli, DANZE A SCUOLA: Branle de Quercy 28 John Paynter, INVENZIONI MUSICALI: Titoli 30 Annibale Rebaudengo, GIORNALE SIEM: L’impegno della Siem nelle commissioni ministeriali 37 Carla Tessari, SPAZIO LABORATORI: Agrigento: il laboratorio come centro propulsore 47 Donatella Bartolini, QUESTIONI DI METODO: Cercare il senso della rappresentazione grafica Trimestrale di cultura e pedagogia musicale Organo della Siem Società Italiana per l’Educazione Musicale www.siem-online.it Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 411 del 23.12.1974 - ISSN 0391-4380 Anno XXXII, numero 123 Giugno 2002 Direttore responsabile Rosalba Deriu Redattori Franca Mazzoli e Davide Zambelli Segretaria di redazione Simonetta Bettio Comitato di redazione Maurizio Della Casa, Franca Ferrari, Luca Marconi, Ester Seritti Segreteria di redazione Vicoletto cieco San Carlo, 2 - 37129 Verona Tel. e Fax 045-8346104 e-mail: [email protected] Grafica copertina Raffaello Repossi Preparazione pellicole Cierre Grafica Caselle di Sommacampagna - Verona Tel. 045-8580900, Fax 045-8580907 Stampa Stampatre, Torino Editore EDT srl, 19 Via Alfieri, 10121 Torino Amministrazione Tel. 011-5591816, Fax 011-5591824 e-mail: [email protected] Promozione, vendite e abbonamenti Tel. 011-5591831, Fax 011-5591824 e-mail: [email protected] Pubblicità Tel. e Fax 011-9364761 e-mail: [email protected] Un fascicolo Italia e 4,50 - Estero e 6,00 Abbonamenti annuali Italia e 16,00 - Estero e 20,00, comprensivo di quattro fascicoli della rivista. Gli abbonamenti pos- sono essere effettuati inviando assegno non trasferi- bile intestato a EDT srl, versando l'importo sul c.c.p. 24809105 intestato a EDT srl, o tramite carta di cre- dito (Cartasì, Visa, Mastercard) con l’indicazione “Musica Domani”. La rivista è inviata gratuitamen- te ai soci Siem in regola con l’iscrizione. Quote associative Siem per l’anno 2002 Soci ordinari e 31,00 – Studenti e 26,00. Soci sostenitori da e 62,00 – Biblioteche e 31,00. Le quote associative si ricevono sul c.c.p. 19005404, intestato a Società Italiana per l’Educazione Musica- le e vanno spedite a: Siem, Via Dell’Unione, 4 – 40126 Bologna. Per comunicazioni e richieste: tel. e fax 011-9364761 – e-mail: [email protected]c.c.p.: 19005404. Iscrizione all’Isme per l’anno 2002 International Society for Music Education Socio individuale, senza rivista, $30; con le riviste $54. Le quote possono essere versate con carte di credito Visa, American Express, Master Card o chè- que bancario a: ISME International Office, PO Box 909, Nedlands, 6909 Western, Australia – fax 00 61-8-9386 2658. Indice Musica Domani

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Ricerche e problemi

03 Marco RapettiLe molte dimensionidella memoria del musicista

Strumenti e tecniche

11 Annibale RebaudengoCreatività e didattica pianistica:novità o tradizione da recuperare?

Pratiche educative

20 Viviana FabbriRicomporre l’ascolto: un’esperienza nella scuola media

26 Rossella TargettiApriamo alla musica giocando con la voce

Confronti e dibattiti

31 Fiorella Cappelli (a cura di)IL RUOLO DELL’EDITORIA NELL’INSEGNAMENTO MUSICALE

32 Giulio ForconiProposte serie e organiche possono conquistare i docenti

34 Ilaria NariciRaggiungere pubblici diversi soddisfacendo molteplici esigenze

36 Elisabetta PistolozziI magnifici fatturati dell’editoria tradizionale

Libri e riviste

38 Luca MarconiLa difficile ricerca dei significati sociali in musica[su AA.VV., Soundtracks, Maltemi, Roma]

40 Franca MazzoliLa valigia dei cartoni[su E. Maule, La musica dei cartoni, EDIZIONI JUNIOR]

41 Luca Marconi, DA NON PERDERE

42 Maurizio DisoteoAlla ricerca delle radici dell’emozione musicale[su L. Marconi, Musica, espressione, emozione, CLUEB]

43 Antonio GiacomettiLeggere la partitura: un’occasione ricca di stimoli[su L. Taschera, Forma e gesto nella composizione orchestrale,CLUEB]

44 Roberto Albarea, RASSEGNA PEDAGOGICA

46 SCHEDE

Rubriche

08 Augusto Pasquali, MUSICA IN INTERNET: Ipermercato musicale10 Francesco Bellomi, PAROLE CHIAVE: Tema17 LETTERE E DOCUMENTI: Dal mondo della scuola18 Emanuela Perlini – Davide Zambelli, DANZE A SCUOLA:

Branle de Quercy28 John Paynter, INVENZIONI MUSICALI: Titoli30 Annibale Rebaudengo, GIORNALE SIEM: L’impegno della Siem

nelle commissioni ministeriali37 Carla Tessari, SPAZIO LABORATORI: Agrigento: il laboratorio

come centro propulsore47 Donatella Bartolini, QUESTIONI DI METODO: Cercare il senso

della rappresentazione grafica

Trimestrale di cultura e pedagogia musicale Organo della Siem

Società Italiana per l’Educazione Musicale

www.siem-online.it

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 411del 23.12.1974 - ISSN 0391-4380

Anno XXXII, numero 123 Giugno 2002

Direttore responsabile Rosalba DeriuRedattori Franca Mazzoli e Davide Zambelli

Segretaria di redazione Simonetta Bettio

Comitato di redazione Maurizio Della Casa,Franca Ferrari, Luca Marconi, Ester Seritti

Segreteria di redazioneVicoletto cieco San Carlo, 2 - 37129 Verona

Tel. e Fax 045-8346104e-mail: [email protected]

Grafica copertina Raffaello Repossi

Preparazione pellicole Cierre GraficaCaselle di Sommacampagna - VeronaTel. 045-8580900, Fax 045-8580907

Stampa Stampatre, Torino

Editore EDT srl, 19 Via Alfieri, 10121 Torino

AmministrazioneTel. 011-5591816, Fax 011-5591824

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Promozione, vendite e abbonamentiTel. 011-5591831, Fax 011-5591824

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PubblicitàTel. e Fax 011-9364761

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Un fascicolo Italia e 4,50 - Estero e 6,00

Abbonamenti annualiItalia e 16,00 - Estero e 20,00, comprensivo diquattro fascicoli della rivista. Gli abbonamenti pos-sono essere effettuati inviando assegno non trasferi-bile intestato a EDT srl, versando l'importo sul c.c.p.24809105 intestato a EDT srl, o tramite carta di cre-dito (Cartasì, Visa, Mastercard) con l’indicazione“Musica Domani”. La rivista è inviata gratuitamen-te ai soci Siem in regola con l’iscrizione.

Quote associative Siem per l’anno 2002Soci ordinari e 31,00 – Studenti e 26,00.Soci sostenitori da e 62,00 – Biblioteche e 31,00.Le quote associative si ricevono sul c.c.p. 19005404,intestato a Società Italiana per l’Educazione Musica-le e vanno spedite a: Siem, Via Dell’Unione, 4 –40126 Bologna. Per comunicazioni e richieste: tel. efax 011-9364761 – e-mail: [email protected] –c.c.p.: 19005404.

Iscrizione all’Isme per l’anno 2002International Society for Music Education

Socio individuale, senza rivista, $30; con le riviste$54. Le quote possono essere versate con carte dicredito Visa, American Express, Master Card o chè-que bancario a: ISME International Office, PO Box909, Nedlands, 6909 Western, Australia – fax 0061-8-9386 2658.

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Roberto Albarea docente di Pedagogia all’Università di UdineDonatella Bartolini docente di Pedagogia musicale all’Istituto musicale O.Vecchi di ModenaFrancesco Bellomi docente di Elementi di composizione per didattica al Conservatorio di Milano

Fiorella Cappelli docente di Pedagogia musicale al Conservatorio di FirenzeMaurizio Disoteo docente di Educazione musicale nella scuola media, Bruxelles

Viviana Fabbri docente di Educazione musicale, FanoGiulio Forconi direttore di redazione CLUEB, Bologna

Antonio Giacometti docente di Composizione all’Istituto musicale O.Vecchi di ModenaLuca Marconi docente di Pedagogia musicale al Conservatorio di Como

Franca Mazzoli pedagogista, BolognaIlaria Narici editor classical repertoire, BMG Ricordi, Milano

John Paynter compositore, East Yorkshire, InghilterraAugusto Pasquali docente di Educazione musicale nella scuola media, BolognaEmanuela Perlini docente di Educazione musicale nella scuola media a Verona

Elisabetta Pistolozzi curatrice del settore didattico UT Orpheus, BolognaMarco Rapetti docente di Pianoforte complementare al Conservatorio di Parma

Annibale Rebaudengo docente di Pianoforte complementare al Conservatorio di MilanoRossella Targetti operatrice musicale, Prato

Carla Tessari docente di Chitarra nella scuola media a indirizzo musicale a Sant’Ambrogio (Verona)Davide Zambelli docente di Educazione musicale nella scuola media a Verona

AMADEUS srlVia Regina Margherita, 1537060 Mozzecane - Verona

Tel. 045 6340500 - Fax 045 6340510www.amadeusmusica.com

l’evoluzione

della musica

«Il musicista vede con le orecchiee ascolta con gli occhi»

Artur Schnabel

Il termine memoria denota la «ritenzione da parte delsistema nervoso di un dinamico dato fisico relativo auna esperienza pregressa, esperienza che può essere dinatura percettiva, cognitiva, emotiva o cinestesica. Lamemoria musicale include tutti questi tipi di esperien-za, dal momento che la musica funziona sia come abi-lità motorio-percettiva che come linguaggio atto aesprimere stati soggettivi attraverso un sistema sim-bolico. La memoria comprende l’apprendimento siaintenzionale che involontario, sia autodiretto che sot-to istruzione, sia graduale mediante ripetizione checomplessivo-immediato [one-trial learning]» (Spen-der, 1980, p. 410). Contrariamente all’opinione per-durata fino al secolo XIX, la memoria non corrispon-de a una facoltà unica, ma ad un complesso di sistemi– o moduli – intercomunicanti adibiti a specifichefunzioni. Il verbo memorizzare descrive quindi il pro-cesso intenzionale e deliberato di fissazione delle in-formazioni in questo insieme di memorie. Tale pro-cesso presuppone un metodo analitico, un consolida-

mento a lungo termine e un’integrazione di rappre-sentazioni interiori che possono essere uditive, visive,cinestesiche o simboliche. L’informazione passa dun-que attraverso tre fasi: codifica, elaborazione e im-magazzinamento, recupero. La prima fase, quella della codificazione dati, coin-volge l’insieme delle memorie a breve termine e si ri-ferisce all’impressione generata sul sistema nervosoda uno stimolo di natura percettiva. Diverse finestresensoriali implicano differenti sistemi di codifica tra-mite i quali l’informazione viene filtrata. Durantequesta prima fase, l’informazione entrante permanedisponibile per un periodo di tempo proporzionalealla lunghezza della sua esposizione, periodo comun-que limitato. La codifica è un processo attivo inquanto richiede una selezione mirata, un’analisi eun’organizzazione delle informazioni in base a moti-vazione, conoscenze precedentemente acquisite e per-sonali caratteristiche o stili cognitivi. L’informazionepassa quindi attraverso il processo di immagazzina-mento nella memoria a lungo termine, mediante ilquale diventa possibile il suo recupero. Sarà propriola capacità di organizzare l’informazione al momentodel suo “stoccaggio”, parallelamente alla formazionedi funzionali strategie di recupero, a determinare lemodalità e il successo del suo “ripescaggio”.1

In ambito strettamente linguistico, Craik & Lockhart(1972) definirono l’apprendimento e la memorizza-zione come funzioni del livello di elaborazione; stabi-lirono, cioè, che l’affidabilità della memoria è deter-minata dalla profondità dell’analisi percettiva, laquale è resa possibile dalla natura e dall’organizza-zione della memoria a lungo termine. Un’elaborazio-ne semantica, ad esempio, produce una traccia mne-monica più profonda rispetto a una semplice codifi-cazione visiva o fonologica di stimoli verbali, facili-tandone così il recupero. In altre parole, la memoriaverbale si consolida quando combina la sua compo-nente lessicale con quella semantica.L’operazione di recupero è influenzata da molteplicifattori, ovvero:1. la formazione di immagini mentali;2. gli schemi organizzativi relativi al materiale da

memorizzare;3. la frequente ripetizione mirata a consolidare la

traccia mnemonica.2

Attraverso la sua ricerca sull’immaginario visivo e lesue connessioni con la memoria verbale, Allan Paivio(1971) dimostrò che la memoria si rafforza quandol’informazione viene codificata su più livelli. Posner& Warren (1972) provarono a loro volta che, nel ca-

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Le molte dimensionidella memoria del musicista

Memoria uditiva, logico-analitica, motoria,visiva: sono questi alcuni dei diversisistemi di memorizzazione utilizzati dallostrumentista.Infatti, poiché la musica è siaun’esperienza motorio-percettiva sia unlinguaggio simbolico, ovvero un’esperienzamultidimensionale, anche la memoriamusicale, così importante nella pratica diogni musicista, include diverse modalità diapprendimento e si avvale di diversemodalità di funzionamento;la sua efficacia pare dipendere propriodalla capacità dell’esecutore di fareriferimento a diversi livelli dimemorizzazione.

MARCO RAPETTI

so del linguaggio, i vari codici di una parola vengonodisposti e mantenuti in memoria in parallelo. In effet-ti, la rappresentazione visiva di una parola (il suosimbolo grafico) coesiste nella memoria a lungo ter-mine insieme alla sua rappresentazione acustica e alsuo significato semantico. La recente ricerca nel cam-po della neuropsicologia ha dimostrato che una dop-pia codifica corrisponde alla specializzazione emisfe-rica del cervello umano. Tra le funzioni dell’emisferodestro, infatti, rientrano quelle di filtro e di sintesidelle informazioni spaziali e degli stimoli non-verba-li, mentre una delle più rilevanti funzioni dell’emisfe-ro sinistro riguarda l’elaborazione delle informazioniverbali.

Prima la musica poi le parole?

La musica rappresenta, come afferma Howard Gard-ner (1983, p. 126), «un reame intellettuale autono-mo» particolarmente arduo da investigare. Il discorsosulla memoria musicale è reso difficile non solo dallanatura para o extra-verbale del pensiero musicale, maanche dalla sua complessa multidimensionalità, oltreche dalle differenze che intercorrono fra musicisti enon musicisti. Il moderno sviluppo dell’imagerie cere-brale ha infatti consentito di scoprire che le informa-zioni musicali vengono elaborate utilizzando parti di-verse del cervello secondo il grado di alfabetizzazionedell’individuo. I non musicisti paiono filtrarle in pre-valenza attraverso l’emisfero destro (quello olistico/analogico/intuitivo), mentre i musicisti adoperanoentrambi gli emisferi, in quanto la loro attivazionecorticale si estende ampiamente anche all’emisfero si-nistro (quello analitico/digitale/deduttivo).Afferma Jourdain: «I musicisti professionisti sono la-teralizzati diversamente rispetto ai normali ascoltato-ri poiché acquisiscono ulteriori e differenti capacitàdi analisi melodica. Invece di recepire una melodiasoltanto come linea unitaria (contour), essi la scom-pongono anche in sequenze di frammenti legati fraloro da rapporti astratti. Molto probabilmente l’emi-sfero destro dei professionisti non è meno attivoquando ascoltano una melodia; accade però che l’at-tività di quello sinistro venga sospinta al punto dipredominare. [...] La corteccia uditiva non coadiuva-ta conserva una fugace immagine dei suoni percepitiche dura tutt’al più pochi secondi. La memorizzazio-ne e l’apprendimento a lungo termine richiedono iprocessi di riduzione astratta operati dal cervello sini-stro. Quando si parla di “profonda” comprensionedella musica ci si riferisce appunto a tali profonde ge-rarchie riduzionistiche strutturate su più livelli»(Jourdain, 1997, pp. 84-85).Come suggerisce John Sloboda (1985, p. 3), «il modoin cui le persone si rappresentano internamente lamusica determina il livello di efficienza con cui se laricordano e l’eseguono». La principale caratteristicache distingue la memoria di un musicista da quella diun non musicista è la cooperante coesistenza di mol-teplici sistemi di codificazione che consentono di im-

magazzinare i dati musicali su vari livelli, con la sus-seguente integrazione di informazioni uditive, visive etattili/cinestesiche (memoria procedurale). La memo-ria uditiva, situata nel lobo temporale della corteccia,concerne l’immagine sonora di un dato musicale nel-le sue varie componenti ritmico-melodico-armonichenonché timbrico-dinamico-agogiche e si basa su unprocesso di continua anticipazione e contemporaneavalutazione e aggiustamento (feedback). La memoriavisiva, localizzata nel lobo occipitale, si riferisce inve-ce a immagini collegate alla pagina scritta e alla strut-tura dello strumento, cioè alla visualizzazione sia del-la notazione che di posizioni e movimenti specifici. Ilterzo tipo di memoria (spesso definito «muscolare» o«digitale») è quello che consente di eseguire sequenzemotorie anche di estrema complessità in modo auto-matico. Esso coinvolge aree assai ampie della cortec-cia cerebrale e include sia una componente stretta-mente tattile, ovvero legata a sensazioni esterocettive,sia una componente cinestesica, costituita dalle sen-sazioni di posizionamento e movimento corporeo ri-sultanti dalla stimolazione delle terminazioni nervosedi muscoli, tendini, legamenti, ossa e articolazioni(sensibilità propriocettiva conscia e inconscia).

I diversi livelli di codificazione dell’esperienza musicale

La molteplicità delle codifiche utilizzate da un musi-cista e le modalità con le quali esse interagiscono, sianello stato di veglia che di sonno, costituiscono un af-fascinante campo di ricerca ancora largamente ine-splorato. Risulta evidente, comunque, che «un musi-cista non fa affidamento soltanto sulla memoria ecoi-ca (dal gr. ékos = suono) o soltanto su una memoriacodificata a livello uditivo; egli possiede un comples-so di codici paralleli, altamente integrati e determina-ti in modo multiforme. Questo tipo di memorizzazio-ne è divenuto per certi aspetti involontario grazie adabilità conseguite da lungo tempo, sebbene al di là ditali capacità il musicista affidi consciamente alla me-moria le diverse codifiche nel processo di sovra-ap-prendimento (overlearning) necessario per un’effica-ce esecuzione concertistica. Nel contempo, essendomusicalmente alfabetizzato, egli può essere in gradodi tradurre la traccia mnemonica codificata uditiva-mente di ciò che ascolta in immagine visiva del codi-ce simbolizzato» (Spender, op.cit., p. 412).Fra le prime pubblicazioni di didattica strumentale incui si affronta – per quanto empiricamente – il dis-corso sulla memoria esecutiva e sulle strategie di me-morizzazione vanno citati i lavori di Hughes (1915),Matthay (1926) e Leimer-Gieseking (1931). Tuttiquesti testi sono accomunati sia dalla focalizzazionesul pianoforte come ideale strumento d’indagine, siadalla consueta tripartizione della memoria esecutivain uditiva, visiva e muscolare. Nel suo pionieristico saggio sulla memorizzazione,Matthay usa significativamente l’aggettivo musicaleal posto di uditivo, intendendo l’insieme dei vari

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parametri musicali, quali ritmo, melodia, armonia,timbro ecc. Attraverso un’ulteriore suddivisione deitre principali canali mnestici, l’autore perviene all’i-dentificazione di otto fondamentali tipi di memoriaesecutiva:Memoria musicale (uditiva):1 memoria melodica;2 memoria armonica;3 memoria ritmica;4 memoria del carattere espressivo (comprendente

sonorità, tempo e agogica).Memoria visiva:5 memoria della pagina scritta;6 memoria delle posizioni e delle combinazioni di

tasti.Memoria muscolare (cinestesica):7 memoria per posizioni e movimenti sulla tastiera;8 memoria per il movimento dei tasti e per la resi-

stenza d’attacco.Secondo Matthay (op. cit., pp. 8-9), «una connessio-ne o concatenazione mentale può verificarsi in cia-scuno dei suddetti otto modi distinti. [...] In ogni ca-so essa implica un’analisi». Numerosi pianisti, celebrianche come didatti, sono concordi nel rimarcare l’im-portanza di un approccio analitico; fra questi, AlfredCortot (1960, p. 18): «Per lo studio a memoria, la cuiutilità è considerata da un punto di vista puramentemusicale, si deve abituare l’allievo a sostituire la pra-tica dei mezzi empirici della ripetizione a oltranza delmedesimo passaggio, che conduce solo alla memoriadelle dita, con quella dei mezzi mnemotecnici fondatisull’analisi dell’armonia e della forma».Anche Dale Reubart (1985, pp. 132-133), autore diun illuminante saggio sulla memoria pianistica, riba-disce quanto sia indispensabile aggiungere alla com-ponente intuitiva, su cui poggia in massima parte l’in-segnamento tradizionale, «una capacità di analisi ba-sata su processi razionali/intellettuali, sull’apprendi-mento e sui processi cinestesico-uditivi fondati su ta-le apprendimento. [...] Lo scopo di questo tipo dianalisi è stabilire una solida base di consapevolezzagestaltica – un’analisi pratica che indicherà al piani-sta, in ogni momento, “dove si trova” in termini dimacrostruttura e qual è il rapporto del “qui e ora” ri-spetto all’insieme». Il ruolo dell’intuizione e dell’analisi in rapporto all’e-secuzione è discusso approfonditamente da WallaceBerry (1989) ed è centro di svariati esperimenti con-dotti negli ultimi anni (tra cui, Chaffin & Imreh,1994, 1996, 1997; Hallam, 1995). I risultati di talistudi attesterebbero che l’analisi strutturale della par-titura rappresenta il mezzo più efficace per memoriz-zare una composizione. Secondo Nicholas Cook(1987, pp. 19-22), «l’analisi [andrebbe] consideratacome perno centrale dell’educazione musicale e noncome una sorta di esoterismo specialistico. [...] Nelmomento in cui si analizza un brano musicale in pra-tica lo si ricrea per se stessi; si arriva alla fine con ilmedesimo senso di possesso che il compositore provaper l’opera che ha scritto. [...] Negli ultimi vent’annil’analisi musicale si è professionalizzata: sono prolife-

rati così gli analisti della musica, piuttosto che sem-plicemente i musicisti che si dedicano anche all’anali-si». Nella tassonomia relativa al sistema mnemonico diun esecutore proposta da Natasha Spender (op.cit., p.412) le mnemotecniche verbali di tipo analitico costi-tuiscono una memoria «grammatico-uditiva» a séstante (vedi punto 2). Tale sistema di codici integraticomprende, secondo l’autrice, le seguenti sette com-ponenti:1 memoria ecoico-uditiva;2 memoria grammatico-uditiva (comprensione for-

male di relazioni tonali e ritmiche attraverso di-versi possibili sistemi di simboli coesistenti: nomedella nota, intervallo, basso figurato, raggruppa-menti ritmici ecc.);

3 memoria cinestesica inconsapevole (spesso defini-ta «pilota automatico»);

4 memoria cinestesica consapevole (ad esempio, lamemorizzazione di specifiche diteggiature);

5 memoria visiva relativa alla pagina scritta;6 memoria visiva delle posizioni sulla tastiera;7 memoria meccanica mediante altri sistemi simbo-

lici (ad esempio, la memorizzazione di strutture emodelli ricorrenti, l’uso di aiuti mnemonici verba-li e/o visivi, associazioni sinestesiche ecc.).

Non è chiaro perché si definisca «apprendimentomeccanico» (rote learning) quello che utilizza sistemiaddizionali di codifica. È interessante notare, co-munque, come essi rappresentino vere e propriemnemotecniche attestanti la varietà degli stili cogni-tivi. Alcuni musicisti, ad esempio, adottano occasio-nalmente lettere dell’alfabeto o sequenze numericheper memorizzare sezioni o specifici passaggi di unbrano; altri usano segni grafici di vario tipo; altri an-cora tendono a utilizzare colori e immagini extra-musicali e così via.Come afferma il neuroscienziato Antonio Damasio(1994, p. 107): «Le immagini sono probabilmente ilprincipale contenuto dei nostri pensieri, indipendente-mente dalla modalità sensoriale in cui sono generate».3

Reinhard Kopiez (1990) ha provato in un suo esperi-mento che la tendenza della mente umana a pensarein termini di immagini può influenzare anche l’ap-prendimento musicale. Un altro esperimento di Jo-seph Murphy (1990) ha dimostrato come delle im-magini visive possano essere utilizzate per aiutare glistudenti a visualizzare i suoni e a sviluppare immagi-ni sonore. «Ascoltare musica analiticamente significa ascoltarlacome connessa a un certo tipo di struttura immagina-ria, spesso visiva: da questo dipende il fatto che spes-so si parla di “vedere” una relazione strutturale, e checarta e penna siano così necessari per l’ascolto anali-tico. Oppure è anche possibile usare la partitura co-me un rozzo modello visivo della musica, un modelloche si muove a scatti avanti e indietro per le pagine,quando un tema o un accordo ne fa venire in menteun altro. In entrambi i casi l’esperienza della musica èanalitica precisamente nel senso che è diversa dall’a-scolto ordinario» (Cook, op. cit., p. 272).

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Prima la vista poi l’udito?

La preponderanza di un codice mnemonico specificovaria da esecutore a esecutore e le abitudini di studioacquisite vi giocano un ruolo non marginale. Un mu-sicista esperto ha solitamente coscienza del tipo dimemoria predominante nell’ambito della propriarappresentazione olistica di un brano musicale, sem-pre che sia possibile riscontrare una qualche predo-minanza. Citiamo, ad esempio, il caso di GlennGould: «Il livello tattile assume [per me] un interesseterziario; presumo che il secondo livello sia quellouditivo e il primario quello puramente mentale o“ideale” – la consapevolezza da parte del pianistadella musica stessa. Se qualcosa non funziona al se-condo o al terzo livello e quel livello non è in grado diriportare la situazione alla normalità allora il livellosuccessivo si fa carico del problema» (Payzant, 1984,pp. 94-95).Il predominio di una data modalità di codifica è inol-tre determinato dalla diversità del tes(su)to musicalee dalla varietà degli stili compositivi. Ciò vale per unpezzo nel suo insieme come pure per momenti singo-li all’interno di una composizione. Passaggi comples-si difficilmente monitorabili da parte del pensiero acausa della loro estrema rapidità o della loro astrusi-tà – in proporzione all’assenza di riferimenti tonali edi raggruppamenti in qualche modo familiari – ven-gono spesso memorizzati in modo prevalentementecinestesico. Come scrive Seymour Bernstein (1981, p.258): «La musica contemporanea – soprattutto lamusica seriale – è, per la maggior parte dei musicisti,estremamente difficile da memorizzare e, per alcuni,impossibile. A meno che il compositore non incorpo-ri nella sua scrittura degli sviluppi motivici logici, unesecutore è costretto a inventarsi delle associazionimelodiche personali, o persino a far affidamentoesclusivamente sul pilota automatico».Tali conclusioni confermano ulteriormente la ricercacondotta da psicologi quali Chase & Simon (1973),secondo cui più una sequenza di elementi viene pre-sentata in ordine imprevedibile, maggiore è la diffi-coltà a ricordarla. L’avvento in epoca romantica del recital solistico hafatto sì che la riproduzione a memoria di una compo-sizione diventasse parte integrante del rituale concer-tistico, parallelamente alla graduale scissione della fi-gura del compositore da quella dell’esecutore (que-st’ultimo, col tempo, sempre meno improvvisatore esempre più filologo – eccetto per quanto riguarda iljazz). Da allora in poi, la didattica strumentale, so-prattutto pianistica, ha cercato di teorizzare dellestrategie di studio ottimali, valide per chiunque aspi-rasse alla carriera del virtuoso.4 Mentre la maggiorparte degli approcci pedagogici affida il ruolo prima-rio alla componente uditiva, alcuni didatti – primofra tutti, Carl Leimer – asseriscono che la maniera piùsicura di memorizzare un brano comincia dalla visua-lizzazione e dall’analisi della pagina scritta. Occorresottolineare, tuttavia, come ciascun individuo appar-tenga a una specifica tipologia legata alla modalità

sensoriale dominante nel suo rapporto percettivo conla realtà e di conseguenza nelle sue rappresentazionimentali. «L’emergere di una particolare modalità di pensiero èimpressa nella storia individuale, nei primi sforzi diriflessione sviluppati durante l’infanzia. Tra questi visono le attività a cui un bambino sceglie di partecipa-re e i processi interiorizzati di rappresentazione chederivano da tali partecipazioni. La preferenza ad ap-prendere per contatto, vista o attraverso il linguaggioviene sviluppata da bambini e adolescenti nel corso dicontinue indagini, mediante le quali essi si abituanoad affidarsi a una particolare modalità di apprendi-mento. Ciò contribuisce allo stabilizzarsi di un siste-ma gerarchico interiore relativo ai processi simbolici»(John-Steiner, 1997, p. 11).La memoria eidetica (dal gr. éidos = forma) o foto-grafica è prerogativa di un ristretto numero di indivi-dui “visivi”, così come l’orecchio assoluto si riscontrain una minoranza di “uditivi”. Nel primo caso si trat-ta dell’acuta persistenza di un’immagine visiva suc-cessiva alla rimozione dello stimolo visivo. Il terminesi usa anche per descrivere il ricordo di uno stimolocon un’intensità quasi allucinatoria. Benché sia ri-scontrabile in numerosi bambini e in qualche adole-scente, questo tipo di memoria ipertrofica è dote assairara fra gli adulti.Secondo Radocy & Boyle (1979, p. 311) «l’immagi-nario eidetico rappresenta un interessante fenomenopercettivo che può essere di grande aiuto nell’appren-dimento visivo della musica ma che va in qualche mo-do separato dalla vivida memoria».L’orecchio assoluto è senza dubbio un argomento piùinerente i musicisti e in quanto tale assai più dibattu-to, sebbene il numero di studi scientifici in propositosia tuttora abbastanza esiguo (Butler, 1992). Essonon è altro che «un’accurata memoria a lungo termi-ne per prototipi di altezze e per i nomi a esse associa-ti. [...] Questa abilità pare sia accessibile a chiunquesia pronto a sottoporsi a un lungo e sistematico alle-namento» (Sloboda, op. cit., pp. 28 e 176). Vari stu-di (tra cui Sergeant, 1969), confermati dall’esperienzapedagogica soprattutto nipponica, hanno dimostratoche iniziando lo studio della musica prima dei sei an-ni di età si hanno molte probabilità di sviluppare l’o-recchio assoluto. Ciò si deve al fatto che «l’organi-smo umano raggiunge l’apice delle capacità di assor-bimento e codificazione delle informazioni uditive frai 3 e gli 8 anni» (Reubart, op. cit., p. 107). Alcuniesperimenti (Siegel, 1974) hanno però appurato che ipossessori di orecchio assoluto dimostrano una effet-tiva superiorità nel riconoscimento delle altezze sol-tanto quando possono etichettare gli stimoli sonoricon i nomi delle note musicali. Questo tipo di memo-ria a lungo termine ci riporterebbe quindi al principiodella doppia codifica sopra menzionato. «Un poten-ziale innato per sviluppare l’orecchio assoluto è rela-tivamente comune ma tende ad atrofizzarsi o a venirsoppresso a causa dell’importanza infinitamentemaggiore che l’orecchio relativo5 riveste in campomusicale» (Dixon-Ward, 1981, p. 5).

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Prima le dita poi tutto il resto?

La maggior parte dell’immaginario riproduttivo impie-gato da uno strumentista, indipendentemente dallapreponderanza di sistemi di codifica uditivi o visivi, èall’origine cinestesica. Non sorprende che la didatticastrumentale si sia tradizionalmente occupata soprat-tutto della sfera motoria, enfatizzando il lato meccani-co del suonare (mera cinestesia), spesso a scapito diquello tecnico (sintesi equilibrata di componenti uditi-ve e cinestesiche). È evidente, inoltre, come l’insegna-mento accademico abbia privilegiato quelle abilità ese-cutive fondate su rappresentazioni grafico-iconiche(dal gr. eikón = immagine), ossia l’esecuzione con/sen-za spartito e la lettura a prima vista, mentre le abilitàdipendenti soltanto da rappresentazioni di tipo uditi-vo, ovvero la riproduzione a orecchio e l’improvvisa-zione, sono state e sono tuttora generalmente neglette,se non addirittura censurate. L’opportunità di acco-starsi anche a queste forme di esecuzione creativa com-porta indubbi vantaggi, tra i quali un potenziamentodell’orecchio interno, ovvero dell’attività endomusica-le6 (McPherson, 1996; Gellrich & Parncutt, 1998). Come si può facilmente dedurre e come testimonianosia testi pedagogici che interviste a concertisti e didat-ti, la memoria cinestesica è la meno affidabile al mo-mento di un’esecuzione pubblica, nonostante sia lapiù immediata nonché la più resistente all’oblio. Sol-tanto i principianti, sia bambini che adulti, fanno di-pendere completamente le loro esecuzioni senza spar-tito dalla memoria muscolare, non avendo ancora adisposizione degli schemi mentali atti a codificarel’informazione in modo più efficace e diversificato(Hallam, 1997). I musicisti esperti vi fanno solita-mente ricorso soltanto laddove non siano possibili al-tri tipi di codifica, come già accennato in precedenza,oppure durante i cosiddetti “vuoti di memoria”.

«Prima ascolta poi suona!» (A. Schnabel)

Come risulta dal grafico riportato nella tabella a fian-co, un musicista non può prescindere dalla capacitàdi ascolto attivo, qualunque sia il tipo di prassi esecu-tiva/compositiva che lo vede coinvolto (Piazza, 1987;Priest, 1989; Adolphe, 1991; Spencers, 1999). Allaradice di certe esecuzioni inespressive e “dattilografi-che” vi è quasi sempre la tendenza a pensare la musi-ca come insieme di simboli piuttosto che di suoni.«Purtroppo, persino oggi, troppo insegnamento pia-nistico è ancora consacrato alla musica come arte del-la vista invece che del suono. Il simbolo musicaletroppo sovente rappresenta un tasto da premere inve-ce che un suono da sentire» (Reubart, op. cit., p.110). Secondo Harold Fiske (1990) l’educazione mu-sicale tende a dare per scontata la capacità di ascoltodell’allievo, mentre si concentra in gran parte su co-me manipolare uno strumento. Non è raro, infatti,imbattersi in esecutori convinti di ascoltarsi, mentrein realtà sperimentano la musica quasi esclusivamen-te a livello cinestesico.

«Quando si suona a memoria si verifica una combina-zione di molti stimoli interagenti su aree preposte dellacorteccia cerebrale – quella visiva (il vedere interna-mente le note stampate o i tasti in successivi raggrup-pamenti) e quella uditiva (l’udire internamente le suc-cessioni dei suoni insieme alle loro combinazioni verti-cali) – attraverso il secondo sistema di segnali [il sim-bolismo verbale, n.d.a.]. L’intelletto coadiuvato dalpensiero astratto rintraccia il dispiegamento dell’im-magine musicale prima percepita, poi elaborata anali-ticamente e sintetizzata come forma. Grazie all’eserci-zio, le cellule dell’area corticale uditiva che vengonostimolate si connettono fisiologicamente con le celluledell’area motoria, producendo una catena di rispostemotorie. È di estrema importanza che fin dall’inizio de-gli studi musicali tale connessione si stabilizzi nel se-guente ordine: visivo-uditivo-motorio e non, come ac-cade di solito, visivo-motorio. La risposta motoria nondeve rappresentare la reazione diretta a una stimola-zione visiva. Quest’ultima bisogna passi prima attra-verso i centri uditivi; solo allora potrà provocare la ri-sposta motoria» (Kochevitsky, 1967, p. 23).

Per concludere

Da un punto di vista prettamente cognitivo, l’abilitàmnemonica di un esecutore è determinata:• dalla quantità di informazioni precedentemente fissa-te nella memoria a lungo termine, su cui si strutturanogli schemi mentali e i modelli di raggruppamento;• dalla velocità e affidabilità con cui tali informazio-ni vengono riutilizzate e applicate nel corso di unnuovo apprendimento o di un’esecuzione;• dalla integrazione costante dei vari tipi di memoria.

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mi L’enfasi data alla memorizzazione di un brano musi-

cale varia a seconda degli approcci pedagogici, simil-mente a quanto accade per la lettura a prima vista.Raramente nel corso degli studi accademici questedue fondamentali abilità psico-motorie vengono af-frontate in maniera metodica, rimanendo affidate alcaso e al talento innato dello studente. Uno studiocondotto da Dorothy Bryant (1985) ha dimostratoche giovani strumentisti sottoposti a letture specifichesulla memoria musicale e a compiti guidati impernia-ti sulla memorizzazione tendono a sviluppare note-volmente l’aspetto analitico e ad apprendere in modopiù efficiente. Risultati analoghi sono stati ottenuti

da Lawrence Naai-Lei Lo (1976) in un esperimentofocalizzato sullo sviluppo della memoria visiva fina-lizzata all’apprendimento musicale.Come evidenzia Matthay (op. cit., p. 1) «la questionedella memorizzazione costituisce l’alfa e l’omega diogni insegnamento, di ogni apprendimento, di ognistudio. Solo comprendendo la natura dei processimnemonici è possibile, ad esempio, imparare le notedi un pezzo nel modo più veloce ed efficace. Di fatto,l’acquisizione di qualunque conoscenza implica sem-pre una “memorizzazione” – anche quando non ciproponiamo di parlare o di suonare senza il testo difronte».

Diciamo la verità: tutte queste geremiadi sulla mortedel disco a causa di Internet ci lasciano piuttosto fred-dini. Anzi, come insegnanti, non possiamo che ralle-grarci della enorme (e gratuita) disponibilità di musi-ca che la rete offre a noi e alle nostre classi. Tacendoin questa sede i problemi relativi ai diritti d’autore(ma che questi vadano ripensati è fuor di dubbio), èun po’ come se ogni insegnante potesse condurre ipropri ragazzi in un ipermercato musicale dotato diuno sterminato catalogo e lì scegliere i brani più ido-nei al lavoro che si deve svolgere. Da un punto di vistatecnico, per usufruire di tale abbondanza sono neces-sarie una connessione a Internet rapida e stabile el’installazione nei computer di un qualche programmagratuito tipo WinMx (scaricabile da www.winmx.com),Morpheus (www.musiccity.com), Audiogalaxy (www.audiogalaxy.com) che consenta la condivisione e ildownload dei files musicali. Al momento l’unica limita-zione è che il “catalogo” che ci viene offerto è sì va-stissimo, ma solo per quanto riguarda la musica diconsumo, mentre per altri generi musicali la scelta èpiù circoscritta.Da un punto di vista didattico, è evidente che soprat-tutto le attività centrate sull’ascolto e sulla ricercapossano trarre notevole vantaggio da questa oppor-tunità. Molti gli sbocchi possibili: ad esempio, un lavo-ro condotto con una seconda o terza media volto a farcomprendere ai ragazzi il senso e il valore dell’inter-pretazione e dell’arrangiamento può veramente fareun salto di qualità rispetto al passato. Ipotizziamo diassegnare a ogni alunno (o gruppo di alunni) il compi-to di rintracciare in Rete quante più versioni possibili

di un determinato brano, magari lo stesso che abbia-mo appena imparato a cantare e a suonare. Ecco che,con ogni probabilità, di quel titolo assegnato il ragaz-zo rintraccerà in Rete svariate versioni (in alcuni casipersino nell’ordine di alcune decine). Si passerà quin-di al download delle versioni prescelte, operazioneche rappresenta la fase più lunga e che difficilmentepuò concludersi in quella stessa ora di lezione: saràtuttavia sufficiente impostare la selezione desideratae far lavorare i computer. Ecco che al successivo in-contro sarà possibile impegnare gli alunni in una va-sta attività di ascolto, analisi e valutazione dei braniscaricati. A proposito, visto che i brani si presentano in formatomp3, è necessario un software specifico per il loroascolto: nel remoto caso in cui i computer della scuo-la non fossero già in grado di leggere tali files, fra itantissimi programmi reperibili gratuitamente, consi-gliamo il popolarissimo WinAmp (www.winamp.com). Va da sé che per un ascolto davvero proficuo è ne-cessario affidare ai ragazzi dei compiti. Si potrebbe,ad esempio, invitarli a suddividere le versioni rintrac-ciate a seconda dell’organico impiegato (dagli inter-preti maschili a quelli femminili, dalle grandi orche-stre ai combos, dai solisti di chitarra a quelli di piano-forte, sassofono o altro). Si potrebbe focalizzare l’at-tenzione sull’uso e sul contesto di questi brani (qualeversione è più adatta a una festa con gli amici e qualea un incontro galante?, oppure chi mi sa indicare qua-le funziona meglio per commentare lo spot televisivodi un profumo?). Infine si potrebbe confrontare unaversione con l’altra (quali elementi cambiano da unaall’altra e quali restano viceversa sempre presenti? Equali modifiche subisce la struttura del brano?). Già,si potrebbe.

Ipermercato musicale

AUGUSTO PASQUALI

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Note

1 In italiano, i verbi rammentare e ricordare, utilizzati comu-nemente come sinonimi, mettono in luce il profondo legamedella memoria sia con la sfera cognitiva che con quella emo-zionale. Al volontario richiamo “alla mente” espresso dal pri-mo fa eco lo spontaneo richiamo “dal cuore” implicito nel se-condo. Tale sottigliezza etimologica non compare nelle altreprincipali lingue indoeuropee.2 Ai tempi dei grandi speculatori sull’arte della memoria, daCicerone fino al tardo Rinascimento, si parlava in termini di:imagines agentes; ordo et comparatio; repetitio et meditatio.3 Nihil potest homo intelligere sine phantasmate (S. Tommasod’Aquino).4 Nel 1839, Franz Liszt fu il primo musicista ad eseguire inpubblico, durante un concerto a Roma, un intero programmaa memoria, dando così origine al moderno recital. Proprio inquell’anno, Carl Czerny pubblicava a Vienna il primo metodopianistico (Große Pianoforteschule, op. 500) contenente unintero capitolo dedicato alla memorizzazione.5 Per orecchio relativo intendiamo «l’abilità di identificare enominare l’intervallo che separa due note suonate simultanea-mente o successivamente, o la capacità di riprodurre con la vo-ce un dato intervallo ascendente o discendente partendo dauna data nota» (Sloboda, op.cit., p. 178)6 Il termine endomusia indica «il richiamo mentale di una me-lodia» (Galimberti, 1992, p. 344). In base al grado di compe-tenza musicale dell’individuo, tale richiamo si estende in variamisura anche agli altri parametri musicali. Un curiosissimo – everosimilmente unico – esempio di notazione endomusicale siritrova all’inizio della seconda sezione della Humoreske, op.20 (1839) di Schumann. Qui il compositore inserisce un terzopentagramma fra quello della mano destra e quello della ma-no sinistra in cui compare una «innere Stimme», cioè una lineamelodica virtuale da (e)seguire solo col pensiero.

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Per farla breve si potrebbe dire che il tema è quellamelodia che continui a canticchiare o a fischiettaredopo che il concerto è finito e dopo che ti sei dimenti-cato quasi tutto il resto. Un buon tema non te lo di-mentichi facilmente e lo riconosci se, per caso, vieneusato in un altro brano. Quello che è interessante ècercare di capire perché il tema si stampa così benenella memoria.Si potrebbe pensare che un tema viene presentato al-l’inizio del brano e che quindi lo ricordiamo meglio,così come ricordiamo meglio l’inizio delle poesie cheabbiamo letto, piuttosto che la parte centrale o laconclusione. Ma non è sempre così e anche quando iltema arriva dopo una introduzione più o meno lunganon abbiamo problemi a riconoscerlo come tema e amemorizzarlo. Insomma, il tema è una sorta di perso-naggio ben caratterizzato e riconoscibile all’internodel racconto sonoro. Cos’è che rende una qualsiasimelodia un buon tema?Difficile da spiegare, ma forse si tratta di una sorta diequilibrio, concentrato in poche battute, fra elementiprevedibili per l’ascoltatore ed elementi non prevedi-bili o di sorpresa. Se tutto è prevedibile il tema tendea essere anonimo, banale e poco “personaggio”. Seinvece tutto è imprevedibile la memorizzazione e il ri-conoscimento diventano molto faticosi. È più facilecapire come fabbricare un buon tema andando adascoltare come sono fatte quelle melodie di “transi-zione” che non sono temi e che servono solo a far di-menticare parzialmente quello che si è appena ascol-tato, per introdurre poi con naturalezza un elementonuovo.In un articolo di A. Dratwicki, [“Une typoloie des ‘Pas-sages’ dans le concerto pour piano romantique (1800-1849): l’exemple de Johann Nepomuk Hummel (1778-1837)”, Musurgia, VII/2, 2000, pp. 25-40] si prendonoi “passaggi” cioè gli episodi di transizione nella scrit-tura pianistica del concerto per piano e orchestra, diHummel in particolare, e si verifica che gli ingredientipiù usati in questi episodi sono scale, arpeggi e pro-gressioni: cioè tre stereotipi o luoghi comuni del lin-guaggio compositivo. Sono in pratica comportamentimusicali che, una volta innescati, rendono il seguitofacilmente prevedibile per l’ascoltatore.Se però prendiamo questa successione di altezze: do,si, la, sol, fa, mi, re, do, pensiamo subito che si tratti diuna banale scala discendente. E invece no: è un bellis-simo tema di Cajkowskij. Invece: do, re, mi, mi, fa, sol,

sol, la, si, do, è una specie di scala e anche il tema diuna fuga di J. S. Bach. Infine: do, sol, do, sol, do, sol,do, mi, sol, è un arpeggio e un arcinoto frammento te-matico di Mozart. In altri casi la presenza di questistereotipi non è così esplicita ed è necessario ricer-carne la presenza di sotto la superficie delle note.A scuola va forte la pratica del tema dato: propostealcune battute di un tema, lo studente deve comple-tare il brano proseguendo in modo coerente. ArnoldSchoenberg, nei suoi manuali, fornisce invece allostudente gli strumenti per fabbricarsi autonomamen-te i propri materiali, bassi o temi che siano.È molto interessante vedere negli appunti di certicompositori come l’elaborazione di un tema comportitalvolta numerosi ripensamenti e correzioni. L’artico-lo di K. D. Mann (“Berlioz au travail”, Musurgia, volVI/1, 1999, pp. 7-32) ci offre splendidi esempi tratti daimanoscritti di Berlioz ed è a tutti noto che Beethovenscrisse quasi cento varianti del tema della Nona sinfo-nia prima di arrivare alla stesura definitiva. Secondola testimonianza di Stendhal , Rossini annotava i suoitemi migliori su dei pezzetti di carta, senza usare ilclavicembalo, verso le due o le tre di notte, prima diandare a dormire. Poi, la mattina dopo, li istrumenta-va attorniato dagli amici e chiacchierando con loro,come svolgendo un lavoro di assoluta routine.In ogni biblioteca musicale c’è un buon numero di ca-taloghi tematici, di libri cioè che mettono in fila tutti itemi scritti da un certo autore permettendo al ricer-catore di trovare velocemente l’indicazione esatta diun brano del quale si ricorda il tema. Il più strano diquesti cataloghi l’ha scritto un certo Denis Persons esi intitola The directory of tune. I temi di migliaia e mi-gliaia di brani scritti da centinaia di musicisti sono ca-talogati secondo la direzione degli intervalli melodicidei primi 17 suoni. I simboli usati sono:X = suono di partenzaR = repeat (ripetizione del suono precedente)U = up (suono più alto rispetto al precedente)D = down (suono più basso rispetto al precedente)God save the Queen è così classificata:0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15X R U D U U U R U D D D U D D UNon essendo specificato né il ritmo né l’ampiezza deisingoli intervalli non è possibile ricavare da questoschema la precisa articolazione di un tema. L’unicacosa che si può fare è, se si ha presente il tema, tro-vare lo schema che gli può corrispondere. La doman-da inquietante che mi rivolgo è: riuscirò mai a capire acosa serve questo libro?

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FRANCESCO BELLOMI

Oggetto del mio intervento è la formazione musicaledei principianti. Formazione che coniughi l’apprendi-mento strumentale con la composizione e l’improvvi-sazione. Poiché la creatività dell’insegnante è una pre-messa necessaria, ne accenno subito: mi è ben chiaroche il docente insieme ai contenuti pone se stesso comemodello. Voglio dire che non solo deve saper proporreesempi esecutivi, compositivi, improvvisativi, ma devesaper affrontare con ricettività creativa le variegate si-tuazioni che gli interventi degli allievi producono, e chesembrano far deviare il dettagliato progetto didattico.In queste non rare situazioni il docente creativo im-provvisa un Intermezzo o una Coda di lezione non pre-vista. Sarà suo merito trasformare la deviazione in unpercorso di maggiore interesse e soddisfazione per gliallievi, proprio perché provocata dalla loro curiosità.Gli studenti si renderanno conto che il loro interventoha arricchito il progetto e il docente avrà scoperto sueinaspettate risorse, proprio come nell’improvvisazionemusicale. Sgombro il campo anche da un’altra accezione dellacreatività legata all’esecuzione strumentale, forse la più

comune: mi riferisco alla creatività interpretativa. Sem-pre cercata e sempre da armonizzare con le prassi ese-cutive legate ai variegati stili d’epoca e d’autore. Manon è l’oggetto di quest’articolo.Ciò detto, vengo al tema del mio contributo. Stimolatoanche da quel che sembrava essere un indirizzo dell’e-ducazione musicale nella scuola di base, quando un in-tervento dell’ex Ministro dell’Istruzione incoraggiava acurvare il curricolo della musica a scuola sul versantedell’apprendimento strumentale. Se così dovesse indi-rizzarsi l’educazione musicale per tutti, o comunqueper le scuole a indirizzo musicale e sicuramente per lescuole di musica dove lo studio dello strumento è prio-ritario nelle scelte di chi si avvicina alla musica, speroche le mie riflessioni siano di qualche utilità.Il curricolo di Musica, che era stato formalizzato per lasospesa riforma dei cicli, era articolato attraverso cin-que direttrici: ascoltare, suonare e cantare (riprodurre),inventare, interpretare (collegare la musica a contesti),analizzare. La didattica strumentale nella mia propostaviene a farsi carico di tutti gli aspetti summenzionati.Nell’ascolto interno ed esterno troveremo la fase delprogetto e della verifica; nel canto una modalità di stu-dio efficace sia per l’alfabetizzazione, sia per interioriz-zare il repertorio oggetto di studio; nell’inventare(comporre e improvvisare allo strumento) sviluppiamola creatività musicale e nel contempo stimoliamo il rag-giungimento di obiettivi strumentali e facilitiamo l’in-terpretazione e l’analisi in quanto, come chi s’interessadi didattica conosce, è più motivante lo studio che met-te al centro i repertori creati dagli stessi allievi. Per la nostra generazione, fino a non molti anni fa, so-lo i percorsi formativi dei jazzisti prevedevano un ap-proccio strumentale che, facendo volentieri a menodella scrittura, avevano nell’improvvisazione la loro fi-nalità. Ora si stanno diffondendo metodi per improv-visare che presuppongono già una formazione pianisti-ca almeno di base e, per quel che interessa a noi, ap-paiono da qualche tempo “primi libri” di pianoforteche propongono, in percorsi strutturati, la creativitàcompositiva, soprattutto improvvisata, come parte in-tegrante della formazione pianistica. Sono “primi li-bri” di diversa provenienza geografica e destinati alcu-ni a principianti giovani, altri ad adulti.

Perché: gli obiettivi

Gli obiettivi declinati da Emilio Molina in un suo me-todo per improvvisare,1 metodo per principianti adultisono:

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Creatività e didattica pianistica:novità o tradizione da recuperare?

La pratica improvvisativa vienenormalmente considerata un punto d’arrivomolto remoto all’interno del curricolo di unostrumentista. Recentemente, invece, vannodiffondendosi metodi per i primi anni distudio che pongono la creatività el’emancipazione dal testo scritto comeelementi fondanti nei primi approcci allostrumento.Quella che sembra essere una scopertarecente è in realtà una modalità diavvicinarsi alla musica estremamantediffusa fuori dalla cultura occidentale; eanche in Europa, fino all’Ottocento,l’improvvisazione ha avuto un ruolo diprimaria importanza nella formazionemusicale. Quando si parla di creatività, quindi, vale lapena alzare gli occhi e guardare lontano.

ANNIBALE REBAUDENGO

• sviluppare una tecnica pianistica di base che con-senta un rapporto mentale e fisiologico tale da per-mettere la comprensione e la realizzazione delleidee musicali alla tastiera;

• saper improvvisare alla tastiera all’interno di strut-ture armoniche di base;

• saper realizzare diversi tipi di accompagnamentosviluppando una struttura armonica all’interno diun discorso musicale;

• inventare motivi melodici sviluppando il processodi domanda-risposta e adattandolo a strutture ar-moniche di base preesistenti;

• memorizzare e interpretare semplici opere del re-pertorio pianistico;

• saper analizzare gli elementi strutturali di una par-titura pianistica e stabilire soluzioni parallele aquelle dell’autore;

• conoscere la realizzazione delle sigle della musicajazz, del cifrario armonico tradizionale e di quellofunzionale;

• improvvisare accompagnamenti ritmici per melodiepopolari o per musica moderna con o senza sigle ecifre armoniche;

• leggere armonicamente e a prima vista semplici re-pertori pianistici;

• conseguire una pratica pianistica.Gli stessi obiettivi, anche se non dichiarati, li possiamoriscontrare anche in altre proposte editoriali dedicateal primo approccio al pianoforte.

Come: la metodologia

Certo che possano essere trasferiti anche per gli altristrumenti, enucleerò le costanti metodologiche di que-sti approcci pianistici:• la melodia con i “buchi” da colmare. Prima di la-

sciare il campo alla completa improvvisazione, vie-ne introdotto il metodo che già conosciamo nelladidattica delle lingue straniere. Alludo alla prassiche invita a completare gli spazi lasciati vuoti in unpunto qualsiasi della frase (es. 1);

• l’accompagnamento mancante da inventare o dascegliere e sviluppare su alcune proposte in musicatonale o modale. Solo la conoscenza, dei primi ele-menti dell’armonia permette di ottemperare allaconsegna con soddisfacenti risultati. Ma la cono-scenza avviene anche ad “orecchio”, per prove ederrori. Fin dai primi passi, l’allievo è coinvolto nel-la consapevolezza armonica, nella libera variazionedi un accompagnamento sul pur semplice e unicoaccordo di tonica, poi di dominante, quindi dei dueaccordi messi in relazione tra loro. Un’altra strate-gia didattica utilizzata, trasferita dall’antica prassidel basso numerato sottostante alla melodia, consi-ste nel realizzare accompagnamenti a melodie aven-do a disposizione solo le sigle delle funzioni armo-niche: esempio t-d-d-t (es. 2). Progressivamente so-no presentati diversi modelli d’accompagnamentoche vengono costantemente analizzati e sviluppati;

• la melodia da inventare su accompagnamento dato (es.3). L’invenzione viene preceduta da modelli che metto-

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no in risalto la dinamica della domanda-risposta;• l’affidamento alla creatività dell’intera trama musi-

cale su ritmi armonici prestabiliti anche con cifraridella musica non accademica;

• il rinforzarsi degli automatismi motori con l’adatta-mento ai cambi di tonalità o modalità tramite pro-gressioni armoniche di cui si dà solo l’incipit;

• l’immersione in stili d’epoca, anche contemporanei,colti o popolari, tramite modelli esemplari.

A seconda dell’età dell’allievo, sarà cura del docentemodulare il livello di conoscenza teorica Costanti sono quindi il sapere appreso contempora-neamente al saper fare. Gli automatismi, fondati conconsapevolezza, favoriscono il saper essere: suonarecon tranquillità emotiva, sapere improvvisare in grup-po, sapersi adattare a contesti musicali di cui però siconoscono le regole grammaticali e stilistiche. È poi in-dispensabile sottolineare quanto sia immediato il tra-sferimento nel repertorio di studio completamentescritto, e quindi “solo” da riprodurre, delle conoscen-

ze teoriche acquisite tramite la creatività. Il lavoro al pianoforte è a volte presentato anche perdue o tre esecutori in maniera da permettere la lezionedi gruppo e di musica d’insieme. I repertori propostisono di diversi generi e stili, così da attirare chiunque e,nello stesso tempo, poter colmare le inevitabili lacuneconoscitive.

La “nuova musica” improvvisata

La “nuova musica” presenta poi alcuni aspetti stru-mentali improvvisativi che ben si attagliano alla di-mensione creativa. L’esplorazione della tastiera che sisviluppa nella ricerca timbrica e dinamica dei cluster,dei glissandi e dei suoni armonici, delle sequenze melo-diche svincolate dai codici tonali e armonici, produceincanti di suoni che affascinano e liberano l’esecutoredalla paralizzante paura di “sbagliare le note”. Ne na-sce una magia musicale e gestuale in cui anche un prin-

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e cipiante ritrova il vissuto musicale, qui inteso comeesperienza che trascende il realmente ascoltato. Si tra-duce cioè nella predisposizione a entrare in sintoniacon una musica anche inaudita, che viene ri-conosciu-ta, ri-vissuta, e che dà forti emozioni. In un’esperienza didattica vissuta e documentata daidiari degli allievi, di una mamma e dal mio, abbiamoverificato quanto sopra esposto. Ecco cosa ha scritto lamamma di un’allieva di 10 anni: «Ascoltando Ariannaho avuto la conferma di quanto liberatorio e stimolan-te possa essere questo metodo. Ho notato, infatti, chedurante l’esecuzione di un esercizio la sua fantasia vie-ne talmente stimolata che prende il sopravvento sull’e-sercizio stesso. Affiorano e si inseguono così una se-quenza di note e pause che nulla hanno a che vederecon lo spartito e che rendono l’interprete fautrice diuna musica del tutto personale, quella più intima, sen-za regole né confini. È l’espressione in musica della suainteriorità».2

Gli adulti che a lungo sono stati condizionati dallospartito e dal considerare il “suonare a orecchio” comeuna prassi disdicevole, hanno difficoltà a immergersianche in semplici accompagnamenti tonali improvvi-sati. L’insufficiente formazione dell’orecchio armoniconon gli permette di trasformare in gesto spontaneol’armonia mai ricercata e sempre solo compitata dallascrittura. La loro gestualità si presenta contratta permancanza di familiarizzazione con la prassi improvvi-sativa, per timore di sbagliare e di conseguenza per unascarsa considerazione di sé. In un percorso storico a ri-troso, dopo avere conquistato la libertà gestuale che la“nuova musica” promuove, sarà possibile fondare gliautomatismi pertinenti alla musica tonale, mantenen-do e rinforzando questa gestualità non stereotipata. Lapercezione psicofisica di emancipazione dal testo scrit-to, che il vagare sulla tastiera con cluster, glissandi esuoni armonici produce, potrà essere poi trasferita nelvagare sulla tastiera arpeggiando una cadenza perfetta.La soluzione di far iniziare la prassi compositiva-estemporanea con le consegne della “nuova musica”,oltre a essere gratificante e formativa di per sé, è para-dossalmente propedeutica all’improvvisazione tonalesettecentesca. Per quest’ultima non si può prescindereda uno studio che renda consapevole il rapporto tral’orecchio armonico, la teoria e il gesto; tuttavia la pro-posta che avanziamo è di posporla all’improvvisazionelibera e liberatoria della “nuova musica”.

La tradizione pianistica

La metodologia didattica brevemente sintetizzata è pe-rò così innovativa? Analizzando alcuni metodi storiciscopriamo che stiamo recuperando una antica tradi-zione. Infatti, la suddivisione didattica fra i saperi mu-sicali, codificata nelle distinte discipline del sapere teo-rico, del saper suonare e del saper comporre anche unsemplice accompagnamento in maniera estemporanea,è una prassi didattica della musica colta solo a partiredalla seconda metà dell’Ottocento. Da quando la spe-

cializzazione professionale pianistica cominciò a esclu-dere sempre più l’improvvisazione, condizionando intal senso anche la formazione strumentale. Non cosìera alle origini del pianoforte, e non così è ancora ogginel jazz o in stili popolari. Esplicita testimonianza diciò sono i metodi didattici pubblicati fino ai primi del-l’Ottocento e quelli propri della musica afroamericana.Quando il pianoforte si chiamava ancora fortepiano econviveva nella società musicale con il clavicembalo e ilclavicordo, oltre che con l’organo, Carl Philip EmanuelBach pubblicò un Saggio di metodo per la tastiera, il cuisottotitolo recita: Parte seconda che tratta dell’Accom-pagnamento e della Libera Fantasia.3 «[…] è il primotesto dedicato esclusivamente ai tantissimi interrogatividi cui è costellato il compito dell’accompagnatore desi-deroso di offrire prestazioni superiori ad una correttaarmonizzazione del basso continuo e di raggiungere lacompleta padronanza tecnica ed estetica per svolgere ilgravoso impegno della realizzazione improvvisata».4

L’autore, per rendere proficua la formazione del “ta-stierista”, «raccomanda in special modo l’ascolto atten-to di buone musiche» e «consiglia di seguire con cural’accompagnamento, se pregevole. In tal modo sarà for-mato l’orecchio e stimolata l’attenzione».6

Come dire che l’ascolto analitico di preziosi modelli diriferimento è indispensabile per la formazione dell’o-recchio musicale. Poi ancora suggerisce: «Si trasportino questi breviesempi in tutte le posizioni di tutte le tonalità maggiorie minori, affinché gli allievi si familiarizzino con la lo-ro scrittura. In seguito si lascino procedere da soli inqueste trasposizioni».7 Così il “trasporto” trova unasua prima codificazione in un trattato sull’accompa-gnamento e sull’improvvisazione. Accanto a esso com-pare anche il primo consiglio sulla “prima vista”:«Nella lettura di un brano è necessario guardare sem-pre avanti».8 L’intero testo è permeato di descrizionianalitiche sulla teoria musicale e sull’armonia, senza lacui conoscenza nessun improvvisatore di musica occi-dentale potrà mai procedere dagli intervalli alle modu-lazioni per arrivare infine alla “libera fantasia”. Inten-do sottolineare ancora come questo itinerario didatticosia dedicato agli accompagnatori e non ai compositori.Accompagnatori che dovevano improvvisare su unbasso numerato, così come i jazzisti avrebbero poi im-provvisato sulle loro sigle. In entrambi i casi la cono-scenza delle funzioni armoniche risulta indispensabilee si fonda sulla pratica tastieristica, con margini di dis-crezionalità esecutiva via via sempre maggiori.Notiamo come, fin dal primo testo storico, il percorsoformativo musicale-strumentale armonizza – adesso sidirebbe “in maniera trasversale” – tutti gli aspetti del-la competenza musicale: armonizzare, accompagnarein maniera estemporanea, improvvisare melodie e ac-compagnamenti in stile, trasportare, leggere a primavista. Tutto questo era il saper suonare.Quale studente di pianoforte non ha trascorso partedella sua formazione pianistica sugli studi di Czerny?Ma forse pochi sanno che l’autore di studi pianistici èanche il didatta che ha elaborato un testo sull’improv-visazione,9 uno seguente sull’arte di preludiare,10 e che

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eha scritto un epistolario rivolto a un’allieva immagina-ria, la Signorina Cecilia, in cui traccia un percorso for-mativo del pianista dedicando quattro delle dieci lette-re all’improvvisazione.11 Traggo da quest’ultima pub-blicazione due frasi: «Ma anche al pianista, e all’artistache si esercita, questa scienza non può rimanere estra-nea, perché è altrettanto utile quanto piacevole, se eglipuò rendersi conto sino a qual punto una composizio-ne può pretendere, anche per il suo intimo valore, eperché il basso generale (dottrina dell’armonia) offremezzi notevoli per fantasticare, suonare a vista e ac-compagnare».12 E ancora: «[…] ed io sono convintoche ognuno il quale ha raggiunto nel suonare un gradopiù che mediocre, sia capace, almeno fino ad un certopunto, anche per l’arte d’improvvisare».13

Quali sono i requisiti che accompagnano in Czerny ilpercorso didattico per improvvisare? «Uno studiocompleto dell’armonia, dita esercitate nei diversi tonie lo studio di numerose composizioni di altri». Le regole consistono in consegne che gradualmenteinnalzano i livelli di difficoltà. Il percorso didatticoinizia con «Preludi che saranno brevissimi, e compo-sti solamente di alcuni accordi». Le unità minime ac-cordali consistono in cadenze V-I. Per esercitare ledita e fondare gli automatismi propone le cadenzeperfette in tutte le tonalità maggiori e minori, se-guendo la scala cromatica. I Preludi diventeranno«un po’ più lunghi, che si possono trasportare in tut-ti i toni». Gli accordi si scioglieranno in semplici ar-peggi, arpeggi con cromatismi, note di passaggio,note di volta, scale.Le tappe successive prevedono le «Cadenze e le Fer-mate, che si collocano nel mezzo d’un pezzo per mar-care un riposo, una transizione ecc., ovvero nei con-certi per terminarli, l’improvvisazione, propriamentedetta, che si suddivide ancora in parecchi generi, cioè:lo sviluppamento d’un solo tema, per mezzo di tuttele forme usitate nella composizione; lo sviluppamen-to e la riunione di più Temi, in modo da formare unsolo tutto; il Pot-pourri, cioè il collegamento di pa-recchi motivi favoriti per mezzo di modulazioni, sen-za svilupparne alcuno in particolare; le Variazioni intutte le forme usitate; l’Improvvisazione nello stile le-gato e fugato; il Capriccio in tutta la sua libertà ed in-dipendenza. Naturalmente tutti questi generi posso-no collegarsi l’un l’altro, e riunirsi in una sola e stes-sa Fantasia».Parallelamente a una metodologia lineare, che conesercitazioni graduali mira alla consapevolezza armo-nica e pianistica, il didatta austriaco suggerisce lestrategie d’apprendimento che oggi chiamiamo della“scoperta per prove ed errori” e dell’“immersione”,tanto care all’apprendimento multimediale.14 E l’e-mancipazione dalla scrittura del libro favorisce l’ap-proccio corporeo alla conoscenza.15

Conclusione

Due versioni. In pedagogese: «La rivalutazione dell’a-spetto corporeo permetterebbe di reinserire nell’ap-

prendimento aspetti che la cultura del libro avevacompletamente escluso, ma che sono fondamentali alfine di uno sviluppo equilibrato: il valore espressivodel gesto, il senso di partecipazione e condivisione in-trinseco all’oralità, le potenzialità del pensiero narra-tivo che recupera l’emotività e con essa la completez-za di una conoscenza sbilanciata verso il polo para-digmatico della mente».16 Nell’ottocentesca innocen-za di Czerny: «Ma se ella non si lascia spaventare daciò e ripete ogni giorno questi tentativi, vedrà semprepiù svolgersi[…] la sua capacità. […] Meglio lasciareche le sue dita effettuino spontaneamente questacomposizione. […] Perciò, Signorina mia, si provi co-raggiosamente e allegramente».17

Sottolineo, infine, quanto sia presente il paradigmadella complessità nella formazione musicale. Com-plessità della formazione musicale strumentale, com-plessità della creatività allo strumento, complessitàdel gesto collegato al pensiero musicale. Scrive JohnPaynter: «per tutti i musicisti esiste quindi un ciclocontinuo fatto di improvvisazione, composizione/in-terpretazione, prova ed esecuzione, in cui ogni ele-mento si riflette in qualche modo sugli altri».18

Non mi rimane che un ultimo pensiero sulla com-plessità delle competenze del docente di strumento.Ma senza ansie, proviamo coraggiosamente e alle-gramente.

Note1 Molina Emilio, Piano complementario, Madrid, Real Musi-cal,1995-1997, 3 voll.2 A. Rebaudengo, “Giochi di Kurtág in conservatorio”, Musi-ca Domani, n. 110, marzo 1999, p. 30. 3 C. Ph. E. Bach, Saggio di metodo per la tastiera. Parte secon-da che tratta dell’Accompagnamento e della Libera Fantasia,Milano, Edizioni Curci, 1993, a cura di G. Venturi Verona. Laprima parte, dedicata all’interpretazione in genere e agli ab-bellimenti in particolare fu pubblicata nel 1753, la secondaparte ebbe le stampe nel 1762.4 Ibidem, p. 3. 5 Sottolineature mie per evidenziare le linee costanti nelle di-dattiche improvvisative nelle diverse epoche e stili.6 Ibidem, “Introduzione”, p. 25.7 Ibidem, p. 29.8 Ibidem, p. 26.9 C. Czerny, L’arte d’improvvisare Op. 200, Milano, Ricordi,1898 (?).10 C. Czerny, L’arte di preludiare, messa in pratica del piano-forte Op. 300, Milano, Ricordi, 1916. Questa pubblicazioneforma la seconda parte dell’Op. 200.11 C. Czerny, Lettere sull’insegnamento del pianoforte, Roma,Casa Editrice Artistica, 1909.12 Ibidem, p. 48.13 Ibidem, p. 70.14 «Nell’immersione (il gioco è immersione) c’è un nucleo diastrazione da valorizzare (il gioco è conoscenza); […] nel di-vertimento c’è serietà» tratto da R. Maragliano, Nuovo ma-nuale di didattica multimediale, Bari, Laterza, 1998, p. 97.15 M. Groppo, M. C. Locatelli, “Cambiamento culturale e di-sagio scolastico”, in L’abbandono scolastico, a cura di O. L.Sempio, E. Confalonieri e G. Scaratti, Milano, Raffaello Cor-tina Editore, 1999, p. 139.16 Ibidem, p. 139.17 C. Czerny, Lettere…, op. cit., p. 70-71.18 J. Paynter, Suono e struttura, Torino, EDT, 1996, p. 111.

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Con l’intento di proporsi come interlocutore credibilee competente in materia di riforme scolastiche,il Forum delle associazioni disciplinari della scuolaha messo a punto questo documento.

Le associazioni di insegnanti e docenti universitari ade-renti al Forum delle associazioni disciplinari della scuola,riunite nel loro XIII Seminario nazionale a Bologna il 27gennaio 2002, hanno riaffermato alcuni princìpi che findal 1997 hanno guidato il proprio contributo collettivo diricerca e di proposta sulle riforme dell’istruzione:• la formazione alla cittadinanza deve costituire l’asseportante dell’educazione; nell’istruzione secondaria e nel-la formazione professionale essa deve essere garantitadalla presenza di elementi formativi unitari, pur nella spe-cificità dei diversi indirizzi e nella flessibilità dei percorsiformativi, consentendo la possibilità di accedere a tutte learee della conoscenza e di soddisfare bisogni, interessi eattitudini individuali;• in mancanza di un asse comune che permetta di usarelinguaggi e strumenti per comprendere, comunicare eusare conoscenze di ambiti diversi, l’indebolimento di unapercezione unitaria della realtà conduce all’indebolimentodella responsabilità, in quanto ognuno tende ad essere re-sponsabile soltanto del suo compito specializzato, nonchéall’indebolimento della solidarietà, in quanto si perde il le-game con i concittadini. Occorre costruire una scuola chedistingue e che collega e non una che separa e che riduce.Non ci pare che vadano in questa direzione i provvedi-menti e i progetti dell’attuale governo. Le associazioni fir-matarie rilevano tra l’altro:1. La netta frattura tra “sistema dei licei” e “sistema dell’i-struzione e della formazione professionale” si ispira a unaseparazione tra cultura speculativa e cultura operativache va a scapito di entrambe. Si ignorano le esperienze disperimentazione didattica e curricolare che hanno carat-terizzato i settori più attivi e innovativi della scuola italia-na degli ultimi decenni, tra cui i tentativi – ricchi di risulta-ti interessanti – di combinare la formazione a una profes-sione aperta e polivalente con una formazione culturalegenerale e di promuovere una larga unitarietà formativadei bienni iniziali dell’istruzione liceale, tecnica e profes-sionale, mirando ad assicurare alla larga maggioranza deigiovani basi culturali comuni.2. Il sistema scolastico rischia di assumere un caratterepiù selettivo se si attueranno i progetti relativi alle moda-lità di valutazione degli studenti e delle scuole. Siamo for-temente preoccupati, in particolare, per l’equiparazionedei debiti relativi al profitto con quelli relativi al compor-tamento e per la scomparsa di ogni accenno al diritto al

successo formativo per ogni studente. Temiamo cheun’indebita sopravvalutazione delle presunte misurazioni“oggettive” del profitto rispetto ad altri parametri, qualeper esempio la situazione ambientale in cui la scuola sitrova ad operare, rischi di produrre una dannosa confu-sione tra valutazione del profitto degli studenti e valuta-zione del funzionamento dell’istituto, da cui deriverebbe-ro ingiuste penalizzazioni e discriminazioni nei riguardidei più deboli.3. La riduzione delle commissioni per l’esame di stato acommissioni interne (tranne che per il presidente) vanifi-ca di fatto il carattere di stato dell’esame conclusivo deglistudi secondari; elimina la possibilità di una verifica incro-ciata delle scuole e degli insegnanti sul rispettivo lavoro efavorisce in particolare le scuole private, soprattutto lemeno serie tra esse. In questo modo viene abolito il primoelementare strumento per garantire «livelli essenziali diprestazione definiti su base nazionale» (art. 2, lettera cdel disegno di legge delega sulle norme generali sull’istru-zione) e si apre la strada a un decadimento di tutta l’istru-zione secondaria.

ADI-SD - Associazione degli italianisti - Sezione didatticaAIC - Associazione insegnanti chimiciAIF - Associazione per l’Insegnamento della FisicaANIAT - Associazione Nazionale Insegnanti dell’Area TecnologicaANISA - Associazione Nazionale Insegnanti Storia dell’ArteANISN - Associazione Nazionale Insegnanti di Scienze NaturaliAssociazione “Progetto per la scuola”“Clio ‘92” - Associazione di gruppi di ricerca sull’insegnamento della storiaGISCEL - Gruppi di intervento e studio nel campo dell’educazione linguisti-

ca afferenti alla Società di Linguistica ItalianaINSMLI - Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in

ItaliaLANDIS - Laboratorio nazionale di Didattica della StoriaLEND - Lingua e Nuova didatticaSCI-DD - Società Chimica Italiana - Divisione didatticaSIEM - Società Italiana per l’Educazione MusicaleTESOL - Teaching English to Speakers of other Languages

SSccuuoollee ddii DDiiddaattttiiccaa ddeellllaa mmuussiiccaa:: mmoozziioonnee ddeeii ddoocceennttii

Nel corso della riunione del Coordinamento Nazionaledelle Scuole di Didattica della Musica svoltasi a Roma,presso il Conservatorio “S. Cecilia”, il 9 marzo 2002 èstata approvata la mozione che segue.

La formazione di docenti abilitati all’insegnamento di di-scipline musicali nelle scuole di ogni ordine e grado (attua-li classi di concorso A31, A32, A77 e future) va effettuatanegli Istituti di Alta Formazione Musicale, in appositi corsidi diploma accademico specialistico (secondo livello).L’attuale diploma quadriennale di Didattica della musicadeve avere valore abilitante ed è da ritenersi corrispon-dente ai diplomi di specializzazione di secondo livello abi-litanti all’insegnamento di discipline musicali.

Dal mondo della scuola

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ola Branle de Quercy

[FRANCIA]

EMANUELA PERLINI – DAVIDE ZAMBELLI

Formazione: a coppie in cerchio, presa delle mani a Vdirezione antioraria.Introduzione: 8 battute

Parte A1-8 16 passi in direzione antioraria partendo con dx

Parte B1-4 Il cavaliere esegue 4 passi verso il centro e 4 passi

di ritorno5-8 la dama ripete i passi del cavaliere e al ritorno si po-

siziona di fronte al cavaliere che stava alla sua sx eche la prende per la vita con entrambe le mani.

Parte C1-9 Le coppie così agganciate eseguono 15 galop in

senso antiorario e sull’ultimo tempo si prendonoper la vita con la mano dx tenendo alzata la mano sx

Parte D10-17 Con 15 passettini la coppia così agganciata ese-

gue giri sul posto in senso orario; sull’ultimotempo si battono le mani e ci si gira tenendosiper la vita con le mani sx e alzando le dx;

10-15 partendo con il piede dx si eseguono 14 passet-ti girando in senso antiorario;

16-17 riformare il cerchio.

Ripresa parti A B C D

È questa una danza stilizzata in auge in Francia nei se-coli XVI-XVII e derivata dalle ronde a catena di epoca me-dioevale. Appartengono al genere Branle numerosedanze eseguite in gruppo con movimenti laterali su unfronte aperto o in circolo chiuso. I Branle più importan-ti erano: il Branle double, il Branle simple, il Branle gay,il Branle de Bourgogne (o de Champagne). I diversi tipidi Branle potevano essere eseguiti in serie e si venivaquindi a comporre una vera e propria suite. La fortunadei Branle declinò rapidamente nel corso del secolo XVIII

quando, decaduto da danza di corte, venne impiegatoin ambito popolare, in occasione di feste, nozze ecc.Le danze popolari caratteristiche del territorio france-se sono numerose. Fra queste, Polca piquée (Bourbon-nais e Borgogna), Farandole (Provenza), Bourrée (Au-vergne, Bourbonnais, Languedoc), Ridée e Gavotte(Bretagna) e Branle, danza a circolo della Borgogna.Il Branle di Quercy è caratterizzato da continui cambidi velocità: le quattro sequenze coreografiche richie-dono tempi progressivamente più mossi. Alla ripresadella prima sequenza si ritorna al tempo iniziale.

PPrrooppoossttee ddii aattttiivviittàà. Sia nella pratica del movimentoche in ambito esecutivo, una delle difficoltà che incon-trano i ragazzi è quella di ritornare a un tempo più len-to dopo una parte più veloce. Per affrontare questoproblema si possono proporre delle semplici attività. Ilgruppo di alunni si muove guidato da uno strumentoche varia le velocità; oppure, a coppie, chi suona lostrumento si sincronizza sul movimento del compagno.O ancora, il gruppo esegue semplici ritmi (pulsazione obrevi frasi ritmiche) seguendo le indicazioni agogiche diun direttore – inizialmente l’insegnante, ma poi un alun-no – che cercherà di guidare cambiamenti di tempo viavia sempre più evidenti. La stessa attività può esseresvolta con canti o brani ben conosciuti. E ancora, si puòapprofondire lavorando con un canone, come quelloche segue, utilizzando l’aumentazione (A) o la diminu-zione (D):

Il materiale graficodi queste pagine(in formato pdf)

e la realizzazione,con strumentazione sintetica,

della partitura(in formato midi)

si possono scaricaredalle pagine Web della Siem:

www.siem-online.it.

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Fra i brani caratterizzati da incrementi di velocità sipossono proporre i classici Nell’antro del Re dellaMontagna dal Peer Gynt di E. Grieg, L’apprendistaStregone di P. Dukas o Pacific 231 di A. Honegger.Questa danza è semplice dal punto di vista coreogra-fico mentre dal punto di vista melodico presenta alcu-ne difficoltà nella seconda melodia. Le percussioni, in-dicate con i numeri 1, 2 e 3 corrispondono rispettiva-mente ai sonagli, legnetti, tamburello.PPrrooppoossttaa eesseeccuuttiivvaa. La danza si ripete quattro volte, al-

l’ultima ripetizione la parte D viene ritornellata. Intro-duzione: Melodia 1, mano sinistra del Piano, Basso e Xi-lofono che eseguono un pedale con le note Fa - Do ognidue misure. Parte A: Melodia 1, Piano, Basso, Xilofono eTamburello. Parte B: si aggiungono la Melodia 2 e i So-nagli. Parti C e D come da partitura (in D, la Melodia 2entra solo al ritornello). Ovviamente, l’insegnante è in-vitato ad adattare il più possibile questa proposta in ba-se alle disponibilità strumentali, alle competenze deglialunni e alla propria sensibilità musicale.

Le indicazioni contenute nei programmi ministerialidel 1979 hanno ormai sancito da tempo il concetto dimusica come dotazione linguistica e la valenza dellapratica di ascolto come modalità attiva di apprendi-mento di un linguaggio, contro un’idea più estetiz-zante che legava (relegava) l’ascolto alla mera cono-scenza del patrimonio musicale. Tuttavia, la didatticadell’ascolto continua a essere spesso confinata a unruolo puramente strumentale rispetto a una più gene-rale didattica della storia della musica, o addiritturadel tutto ignorata per i suoi aspetti di innegabile com-plessità.1

Ben poche, infatti, sono state le proposte didattiche –segnatamente quelle dedicate alla didattica dell’ascol-to – che hanno accolto fino in fondo la sfida costitui-ta dall’approccio linguistico alla musica. Se il mo-mento del fare musica ha visto il proliferare di pro-poste e attività di vario tipo, il momento dell’ascolta-re ha risentito maggiormente della vecchie imposta-zioni estetizzanti e, soprattutto, assai di rado si è ten-tata quell’attività di codifica e decodifica condotta inmodo integrato che i nuovi programmi, seppure auna lettura in filigrana, suggerivano.2

Nell’elaborare un’unità didattica sull’ascolto ho dun-que tenuto conto in particolare di due autori che alproblema dell’ascolto e della comprensione musicalehanno dedicato riflessioni sistematiche e compiute:Gino Stefani3 e Maurizio Della Casa.4 Rispetto alleproposte didattiche del primo, ho preferito raccoglie-re in un unico percorso le elaborazioni sul senso e sul-le forme, da lui suggerite come approcci distinti, nel-la convinzione che interpretazione e analisi – proprioin quanto aspetti legati e interdipendenti – siano duecomponenti da tenere assieme.5 La proposta didatti-ca, dunque, si è incentrata su un lavoro di smontag-gio e rimontaggio del testo tanto sul piano del conte-

nuto quanto, e conseguentemente, sul piano dell’e-spressione. Nell’elaborazione del progetto ho fatto riferimento almodello di comprensione proposto da Maurizio Del-la Casa,6 riprendendo tanto il concetto di compren-sione di base e comprensione allargata, quanto quel-lo di comprensione sintetica (globale) e analitica nel-la ripartizione del lavoro analitico in due momenti di-stinti (brainstorming e scheda analitica). La schedache ho predisposto ha ripreso i suggerimenti relativialle dimensioni da indagare e l’utilizzazione dei con-cetti chiave di «unità-centro», per la dimensione me-lodica e ritmica e di «regime». Se l’ascolto è inteso principalmente come modalità diappropriazione (apprendimento) di un linguaggio, ilpasso successivo in questo apprendimento non puòche essere l’immediato riutilizzo creativo delle strut-ture di detto linguaggio: esattamente come avvienenell’apprendimento della lingua materna, dove il “ri-uso” di strutture in contesti diversi e per produrremessaggi diversi permette di assimilare e padroneg-giare tanto la grammatica di fondo, con i suoi princi-pi invarianti, quanto il variabile lessico di superficie,nella sua multiforme disponibilità e adattabilità. Maaffinché questo processo apporti apprendimenti sta-bili e significativi deve essere in ogni momento sot-tratto ai suoi meccanismi inconsapevoli ed esplicitatoin tutti i suoi aspetti.7 Per questo motivo, ho scelto dipassare dall’ascolto al riuso attraverso la tappa obbli-gata del discorso, cui ho provveduto a fornire ognistrumento utile: dal brainstorming al dibattito, dal-l’ausilio di griglie analitiche al confronto in piccologruppo e nel gruppo classe.

Il progetto didatticoe la sua realizzazione

Ho realizzato il mio progetto didattico all’interno deltirocinio previsto nel corso di specializzazione all’in-segnamento secondario (SSIS) dell’Università di Bolo-gna, coinvolgendo una seconda media, per un totaledi otto incontri.Rispetto al metodo di lavoro, ho scelto di ispirarmi aiprincipi del cooperative learning, impostando il pro-getto sul lavoro di gruppo. Quanto alla scelta delcampo da affrontare, mi è sembrata una sfida interes-sante l’idea di rilanciare in qualche modo l’attività diascolto, impostandola in modo che le competenze e leattività compositive dei ragazzi agissero funzional-mente a questa, ribaltando in pratica la prospettiva

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È possibile giungere alla composizionemusicale partendo da un ascolto analiticoe da una successiva rielaborazione dellestrutture linguistiche individuate.Alcune riflessioni sull’efficacia dellametodologia cooperativa con i ragazzi diuna seconda media.

Ricomporre l’ascolto:un’esperienza nella scuola media

VIVIANA FABBRI

adottata dall’insegnante, nell’utilizzo dell’ascolto co-me aspetto puramente funzionale ad altri aspetti. L’i-dea è stata quindi di assegnare, come consegna, lacomposizione di un brano ispirato a un altro branosecondo percorsi in parte liberi, ma vincolati nellescelte di fondo. La consegna relativa alla produzioneera infatti quella di ricreare il brano a partire daaspetti identificati attraverso l’ascolto analitico, rea-lizzato mediante la compilazione di una scheda: il la-voro poteva concentrarsi sulla melodia, sul ritmo,sulle dinamiche, sul timbro: a queste opzioni (veri epropri percorsi espliciti) si poteva aggiungere la più omeno testuale ripresa di tratti considerati essenziali(cellule ritmiche, formule melodiche), mentre tutto illavoro doveva essere ispirato all’idea generale che ilbrano esprimeva, e che i ragazzi avevano delineato inprima battuta.La proposta d’ascolto ha inizialmente riguardato trebrani, scelti in base a una serie di criteri, non ultimoquello di presentare aspetti fortemente contrastantitra loro, permettendo così di stimolare ulteriormenteil lavoro di analisi attraverso un ascolto comparativo.I brani, appartenenti ad aree storico-culturali diver-se,8 sono stati presentati solo nella parte espositiva,dotata di una sua struttura formale: scelta dettatadalla duplice esigenza di lavorare su ascolti brevi(non superiori al minuto e mezzo) e su strutture for-mali semplici (ABB1, forma aperta, ABA).L’articolazione del lavoro ha previsto momenti collet-tivi, individuali e di piccolo gruppo. La prima fase (diriscaldamento) è stata collettiva, mentre nel lavoro digruppo si sono alternate fasi strutturate e fasi più li-bere. Nei momenti individuali si sono svolte partedelle verifiche degli apprendimenti.Per facilitare il lavoro di gruppo in una classe nonabituata a utilizzarlo come metodo di lavoro, mi so-no avvalsa di alcuni strumenti suggeriti dall’approc-cio del cooperative learning: in particolare la precisaed esplicita assegnazione di ruoli all’interno del grup-po (per il controllo del turno di parola e per control-lare che tutti partecipassero in qualche modo all’atti-vità, attraverso le figure del moderatore e del verba-lizzatore di riunione). L’attività è stata inoltre valuta-ta globalmente, a livello di gruppo, prevedendo siauna scheda di autovalutazione della propria composi-zione, sia una scheda di monitoraggio del processoattivato all’interno del gruppo.Quanto ai contenuti, invece, l’organizzazione dell’in-tero lavoro ha previsto tre articolazioni principali:una prima fase di ascolto e analisi comparativa, orga-nizzato su un brainstorming collettivo; una fase dianalisi (individuale e di gruppo), realizzata attraversola compilazione di una scheda; una fase produttiva(di gruppo) dedicata all’elaborazione e verifica deiconcetti appresi mediante l’elaborazione del nuovobrano. Il brainstorming, finalizzato a far emergere le compe-tenze già possedute dai ragazzi, era mirato a racco-gliere idee e giungere a una valutazione di sintesi inmerito all’idea generale espressa dal brano e alle suecaratteristiche musicali preminenti; a una prima e

sommaria analisi degli aspetti musicali caratterizzan-ti le idee semantiche o le caratteristiche emozionali ri-levate dai ragazzi; infine, all’analisi formale dell’epi-sodio con il riconoscimento delle sue sezioni costitu-tive.Il secondo momento di analisi era finalizzato ad al-largare e dettagliare le prime osservazioni dei ragazzi(che ho ipotizzato di natura globale, proiettiva, e in-dirizzate sulla dimensione più in evidenza nel branomusicale),9 mediante l’ausilio di una scheda analitica.Il lavoro ha previsto una prima fase individuale (com-pilazione di una parte della scheda) e una seconda fa-se per piccoli gruppi (gli stessi gruppi che poi hannorielaborato un nuovo brano sulle dimensioni analiz-zate). In questa seconda parte i gruppi dovevano dap-prima elaborare un confronto e una sintesi delle di-verse analisi individuali per poi elaborare collettiva-mente le restanti risposte ai quesiti di una scheda diautovalutazione.10 Questa prima parte, che dovevaanche introdurre i ragazzi al lavoro di gruppo, è statastrutturata rigorosamente quanto a funzioni, compi-ti, scansione delle attività: con il procedere del lavoroi momenti di gruppo sono stati sempre più liberi, fles-sibili e autogestiti. Terminate le schede si è proceduto all’elaborazionedel nuovo brano. Ai ragazzi è stato richiesto di ri-prenderne idea di fondo e dimensioni (timbro, melo-dia, ritmo, dinamiche) che più concorrevano a espri-merla, per provare a rielaborarle. Era possibile riuti-lizzare formule melodiche o cellule ritmiche già iden-tificate dai ragazzi, ma anche elaborare un nuovobrano rispecchiando la struttura formale di quello diorigine (per non rendere troppo complesso il compitoassegnato, i gruppi avevano la possibilità di scegliereanche il grado di complessità del proprio elaborato). Il percorso ha in realtà avuto una battuta d’arrestoprima della vera e propria parte produttiva: da unaprima lettura delle schede individuali era infatti emer-sa una buona capacità di lettura relativamente alla di-mensione melodica e dinamica; qualche incertezza(probabilmente dovuta anche al brano musicale) sul-la dimensione ritmica e una totale confusione di ideesulla dimensione timbrica, che mi ha orientato a in-terrompere momentaneamente il lavoro di gruppoper introdurre una lezione sul timbro. La classe nonaveva infatti mai condotto esperienze di tipo esplora-tivo sul suono né tanto meno era abituata alla discri-minazione timbrica, al di là del riconoscimento di al-cuni strumenti.11

Nel lavoro di composizione vero e proprio abbiamopotuto utilizzare strumenti della scuola (xilofono cro-matico, metallofono cromatico, tamburo, sistri, cla-ves, tamburelli, sonagli...), miei personali (nagara,tamburo di legno, siku, mohozeño, tamburelli, piatti,bar-chimes), dell’insegnante di classe (zither, mohoze-ño, maracas, bastone della pioggia). Contrariamente alle altre fasi di lavoro, in fase diregistrazione sono intervenuta molto, limitando pe-rò i suggerimenti ad aspetti tecnici ed esecutivi (re-golazione dei volumi, suggerimento di alcuni gesti aldirettore,12 caldo invito ad ascoltarsi…). Finite tutte

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tive le registrazioni ho fatto ascoltare in classe i diversi

brani composti dai gruppi, illustrandone il titolo,l’idea, i procedimenti compositivi che hanno con-corso a esprimerla, i tratti estrapolati in modo evi-dente dall’ascolto, i caratteri strutturali. Infine, holasciato i ragazzi al difficile compito dell’autovalu-tazione.13

Qualche esempio

L’idea del primo brano è questa: “L’armata delle te-nebre” (titolo del brano) devasta un tranquillo villag-gio. Il brano si apre con il fruscìo del bastone dellapioggia (per i ragazzi descrizione del villaggio sotto lapioggia), che crea un’atmosfera entro la quale si inse-risce il suono del metallofono (la cui linea melodica èderivata da due cellule melodiche distinte, che i ra-gazzi hanno ricavato – a orecchio – dall’ascolto delledanze primaverili, in particolare della terza sezione).14

Tamburo e piatti giungono a devastare il villaggio epoi si allontanano (effetto di diminuendo): resta sol-tanto il rumore della pioggia…La musica sembra dunque utilizzata in modo descrit-tivo (l’allontanarsi dell’armata in diminuendo sugge-risce effetti di spazialità…): tuttavia, un’attenta lettu-ra della scheda dimostra che il processo compositivoè stato ben più complesso. Secondo l’analisi svolta daquesto gruppo sul brano di partenza, tutte le dimen-sioni (melodia, ritmo, timbri, dinamiche), concorro-no a creare una struttura che alterna zone chiare e zo-ne scure a esprimere l’idea di “guerra tra due fazio-ni”. Ciò che più concorre a esprimere l’armata delletenebre è la seconda sezione in forte, cui segue la ter-za sezione in cui due elementi distinti, ossia la parteritmica (l’andamento processionale) e la parte melo-dico/tematica, si uniscono in lotta fra loro. Il contra-sto generato tra la prima sezione e le sezioni seguenticoncorre anch’esso a creare l’idea della guerra, conte-nuta nel titolo prescelto. Una musica apparentemente solo descrittiva, riveladunque una precisa intenzionalità di struttura, qualerisultato di un lavoro congiunto sul senso e sulle for-me: sull’analisi e sull’interpretazione.Un altro gruppo titola il brano “rito funebre” e rea-lizza un ostinato su un rintocco lentissimo del tambu-ro (rintocco quasi di campana che suona a morto). Ilflauto ripete un ostinato (puntellato nelle prime duenote da un secondo flauto boliviano) sulle note la, si,re, do, anche in questo caso riprese – qui fedelmente,sia pure trasposte – dalla Sagra. L’aspetto funebre èespresso dal rintocco del tamburo, dall’ostinato me-lodico e, forse, dalla scelta dei due flauti. La scatolasonora indiana (tamburo di legno) realizza un bellis-simo contrappunto sull’ostinato del flauto. Da notarecome il forte interesse per l’aspetto rituale e per il pri-mitivismo, che caratterizzano la poetica di Stravinskije della Sagra in particolare, siano qui colte e restitui-te appieno, a dimostrazione della profondità e vastitàche può assumere la competenza musicale possedutadai ragazzi. La stessa tecnica dell’ostinato, che i ra-

gazzi non conoscevano “teoricamente” ma che han-no applicato nella loro composizione, attinge a unelemento strutturale portante nella tecnica compositi-va dell’autore della Sagra. Rispetto alla scheda, i ra-gazzi hanno chiarito che il tema del rito funebre è de-rivato principalmente dall’incedere lento e dalla par-ticolare, ripetuta configurazione ritmica, cui concor-rono il timbro scuro e pesante e la scrittura ricca dicontrasti.A ben vedere ogni gruppo ha utilizzato strategie di-verse, così come ha elaborato a livelli di complessitàdiversi. Questo ha permesso una sorta di individua-lizzazione delle attività e ha fatto sì che ciascun ela-borato risultasse in sé compiuto e coerente con gliobiettivi prefissati: cosa di cui i ragazzi sono stati tut-ti ben consapevoli in sede di autovalutazione, attri-buendosi punteggi elevati sulla coerenza del brano, afronte di giudizi spesso molto severi rispetto agli altriaspetti.

Il modello di comprensionee i risultati cognitivi

Nonostante la generale buona capacità di ascoltoemersa dalla lettura delle schede analitiche, ho potu-to rilevare molte incertezze e inesattezze, confermatepienamente anche dall’osservazione in classe nel mo-mento della compilazione. I ragazzi sembravano ingrado di arrivare alle risposte, ma di aver bisogno diincoraggiamento, quasi mancasse loro sicurezza econsapevolezza in merito alle proprie affermazioni.Questo conferma ancora una volta (se mai ce ne fos-se ancora bisogno!) la necessità di lavorare sulla con-sapevolezza delle competenze già possedute. Da un confronto dei dati presenti nelle schede indivi-duali e collettive è emerso il forte peso del gruppo nel-la rielaborazione delle risposte. Salvo un solo caso, larielaborazione in gruppo si è sempre tradotta in unnotevole affinamento delle capacità percettive e dianalisi del brano. Nelle risposte dei gruppi è rintracciabile una sorta dipercorso, nella comprensione del brano, che si delinea eprende forma via via che la scheda viene compilata. Ta-le percorso vede i singoli aspetti, dapprima analizzatiseparatamente, prendere nuova forma dal momento incui vengono messi a confronto uno con l’altro.15

Sul piano più strettamente cognitivo nonché sul pia-no delle acquisizioni, la lettura delle schede indivi-duali e collettive e l’analisi dei momenti di allarga-mento all’intera classe, hanno mostrato un progressi-vo ampliamento nella sfera di competenza dei ragaz-zi. Il confronto delle risposte individuali ha permessoda un lato un miglioramento nelle risposte di tipopercettivo (ritmo, forma ecc.) con un processo di au-tocorrezione operato dal gruppo; dall’altro lato,aspetto forse più importante, ha permesso l’assunzio-ne di molteplici punti di vista sul fatto musicale: pun-ti di vista differenti, che tuttavia hanno trovato legit-timità sempre e solo nella loro capacità di essere so-stenuti e argomentati.

A ciò si collega un aspetto positivo dell’esperienzarealizzata, legato all’apprendimento cooperativo ealla metodologia di gruppo utilizzata. I ragazzi sonostati infatti piacevolmente colpiti da elementi relati-vi al lavoro in gruppo, all’ascoltarsi, all’accettare ipareri altrui e le opinioni diverse dalle proprie. L’in-segnante è rimasta colpita dal coinvolgimento dellaclasse, molto superiore alle sue aspettative iniziali,nonché dalla serietà, impegno e responsabilità mo-strata dai ragazzi nel portare avanti il lavoro, nono-stante il giudizio di classe particolarmente irrespon-sabile e immatura. Chiamati a lavorare in modo di-verso (data loro l’opportunità di esercitare in tuttaautonomia il proprio senso di responsabilità), i ra-gazzi si sono mostrati molto attenti, partecipi e co-scienziosi.

Sviluppi in direzione creativa

L’esperienza proposta potrebbe essere affrontata co-me progetto sulla composizione musicale che utilizzi idati ricavati dall’ascolto (riflessioni, spunti, analisi,interpretazioni, associazioni ecc.) come materiale dipartenza.La scheda analitica si è rivelata un ottimo schema dilavoro per il successivo compito di “ricomposizione”del brano. Grazie a essa il processo creativo si è dota-to di una precisa intenzionalità nell’intrecciare aspet-ti espressivi in precedenza già delineati e definiti tan-to come aspetti musicali in sé e per sé, quanto e so-prattutto come aspetti dotati di un significato parti-colare.Attraverso un lavoro congiunto sul senso e sul suo-no, inoltre, il processo compositivo non si è limitatoa una rielaborazione di singoli elementi musicali oformali, ma ha investito l’intera struttura del brano:esprimere la ritualità funebre nella fissità di un osti-nato senza sviluppo o concepire un brano come irru-zione di una parte distruttiva (de-strutturante) suuna parte melodica predefinita e pianificata (struttu-rata), implica concepire il brano (al di là degli esiti)in termini di processo, come suggeriscono le rifles-sioni più avanzate sul campo della didattica dellacreatività.16

Il processo creativo è così sottratto in ogni suo mo-mento a qualsiasi elemento di casualità e viene co-stantemente guidato e sostenuto dalla riflessione sulsuono e sulla sua organizzazione.17

Da questo punto di vista ci paiono di grande impor-tanza le considerazioni fatte sulle diverse strategiecompositive utilizzate dai ragazzi, nelle quali ogniscelta non nasce dal caso ma è riflessione sul lin-guaggio e riproposizione – tramite quello stesso lin-guaggio – degli stessi principi, delle stesse asserzio-ni, pur detti in modo diverso. Di nuovo, l’analogiacon l’apprendimento della lingua materna – nel co-stante riuso di strutture invarianti in contesti diver-si, e in questo riuso l’apprendimento e il padroneg-giamento tanto delle strutture profonde che di quel-le di superficie – ci sembra la più calzante.

Note

1Indicativa della scarsa e superficiale ricezione delle indicazio-

ni contenute nei programmi del 1979, l’indagine condotta daR. Deriu sui libri di testo, in particolare su quelli successivi al1979. Si veda R. Deriu, Testi, contesti, pretesti. L’editoria sco-lastica in Italia dal ’63 ad oggi, in Quaderni della Siem,VI(1994/I), Ricordi, Milano, pp. 36-63.2 Per un esempio di proposta didattica così strutturata si veda:A. Anceschi, “Dall’ascolto all’invenzione sulle orme di Ligeti”,in Musica Domani, n. 115, 2000, pp. 20-25.3 G. Stefani, J. Tafuri, M. Spaccazocchi, Educazione musicaledi base, Brescia, La Scuola, 1979. Stefani è l’autore del capito-lo dedicato all’ascolto, alle pp. 113-57. Il modello di compe-tenza musicale si può leggere in G. Stefani La competenza mu-sicale, Bologna, Cleub, 1982; Su questo modello di competen-za, Stefani ha poi elaborato una metodologia didattica (G. Ste-fani Musica dall’esperienza alla teoria, Milano, Ricordi, 1998)e ha inoltre dettagliato ulteriormente l’analisi del fatto musi-cale sulla base di questa competenza in lavori quali: G. Stefa-ni, L. Marconi, F. Ferrari, Gli intervalli musicali, Milano,Bompiani, 1990 e G. Stefani, L. Marconi, La melodia, Milano,Bompiani, 1992.4 M. Della Casa Educazione musicale e curricolo, Bologna,Zanichelli, 1985.5 «A voler essere precisi, chiedersi che cosa dice o com’è fattauna musica sono due domande diverse solo come direzione eintenzione immediata; a un’indagine più approfondita esse ri-sultano convergenti. Ma intanto anche nella cultura colta si di-stingue l’interpretazione (del che cosa si dice) dall’analisi (delcome è fatto); e poi è didatticamente utile puntare il dito nelledue direzioni diverse, che linguisti e semiologi chiamerebberorispettivamente del significato e del significante, dell’espressio-ne e del contenuto»: G. Stefani, J. Tafuri, M. Spaccazocchi,Educazione musicale, cit., p. 146. 6 Nella riflessione di Maurizio Della Casa, le pagine dedicateall’ascolto e alla comprensione dei fatti musicali crediamo nonpossano essere disgiunte da quelle dedicate alla proposta dicomposizione: la concezione della musica eminentemente co-me fatto linguistico informa di sé tanto il concetto di com-prensione musicale quanto il concetto di produzione: in en-trambi l’apprendimento (o l’approfondimento) del linguaggiomusicale viene affrontato a partire dalla sperimentazione con-creta e attiva delle sue strutture. Sul modello di comprensionesi vedano i capp. 6-9, pp. 64-116. In particolare il cap. 7, pp.71-82, sul quale ho costruito il mio progetto. Sulla produzio-ne, si veda il cap. 10, pp. 117-33. 7 Le acquisizioni inconsapevoli coinvolgono il linguaggio mu-sicale a tutti i suoi livelli: a livello di grammatica, di stile, diconvenzioni interpretative, di strutture formali, di riferimenticitazionali e intertestuali ecc. Per rendere conto, anche solobrevemente, della portata di tale competenza e dunque del-l’influenza della cultura ambiente, citiamo qui di seguito al-cuni tra i contributi più significativi: G. Baldi, J. Tafuri,“Tracce di stile nelle improvvisazioni musicali di bambini di10 anni”, in Quaderni della Siem, anno X /XVI (2000/II) pp.37-43. M. Baroni, “La grammatica della melodia in bambinidi 8 e 10 anni”, ivi, pp. 50-7. M. Baroni, “Per una definizio-ne del concetto di stile”, in “La comprensione degli stili mu-sicali”, in Quaderni della Siem, anno VI/X (1996/I), pp. 23-36. M. Baroni, “Il significato in musica”, in Diastema, AnnoI (IX) 1999/II pp. 6-7.8 I brani proposti sono stati:• Danze primaverili dalla Sagra della primavera di Igor Stra-vinskij (Deutsche Grammophon AM018DT 2890 430); primetre sezioni. La scelta è derivata dal fatto che le sezioni introdu-cono dimensioni musicali successivamente: un’introduzione(atmosfera, timbri, melodia statica, indeterminatezza ritmicatonale e armonica ecc.), un tema ritmico con andamento pro-cessionale (pulsazione ritmica, metro, cellula ritmica), intro-duzione di un’idea tematica risultante;• G. Bonfà, Andromeda, (dal disco Sinergie, Essere Musica.Nuove stelle della New Age, Gruppo Futura); scelto per la sua

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forma aperta, per gli effetti timbrici, di atmosfera e per l’even-tuale lavoro sulla texture;• B. Keane e O. Faruk Tekbilek, Imaginary Travaler, (dal discoGaia, New Age and new Sounds NANS037), scelto per la fa-cilmente appropriabile dimensione melodica.Erano inoltre previsti due brani per la parte introduttiva al-l’attività e per eventuali correttivi: Agricantus, Com’u ventu(Olis Worldmusic OM 0003); S. Barber, secondo tempo delConcerto per pianoforte e orchestra op. 38 (RCA RD 60 732).9 Si veda M. Della Casa, Educazione musicale cit., p. 69-70.10 Il lavoro di analisi si è svolto sulle Danze primaverili, sceltoa votazione dai ragazzi. La scheda (vedi box a fianco) preve-deva quattro set di domande relativi ad altrettante dimensionispecifiche da indagare (melodia, ritmo, dinamica, timbro).Ogni set prevedeva domande individuali e domande da af-frontare in gruppo. Erano infine previsti due set di domande,relative alle relazioni tra le diverse dimensioni e alla loro ge-rarchia, la cui compilazione era solo collettiva. 11 Per motivi di tempo, ho dovuto impostare la presentazionedegli strumenti in modalità frontale, in modo da trasmetterequante più indicazioni operative possibili, tanto sull’esplora-zione sonora quanto sulla conseguente analisi e ricerca timbri-ca. Il lavoro di esplorazione degli strumenti avrebbe di per sérichiesto attività specifiche, come quelle suggerite in G. Piazza,Musica a scuola con lo strumentario Orff, Verona, Amadeus,1991, 2 voll. Sull’utilizzazione degli strumenti musicali a scuo-la si vedano inoltre le importanti indicazioni fornite da M.C.Jorquera, “L’integrazione ‘corpo-oggetto-suono-mente’ nel-l’attività strumentale”, in P. Faccidomo E. Ferrari (a cura di),Strumenti e oggetti sonori, Milano, Ricordi, 1993, pp. 22-40.Infine, l’introduzione – come nel nostro caso – di strumenti ap-partenenti a culture diverse solleva una messe diinterrogativi/possibilità di indagine che in questa sede sono state– per scelta obbligata! – totalmente trascurate. Possibilità di per-corsi didattici sugli strumenti musicali nel loro rapporto con lacultura di origine si leggono in S. Facci, “Lo strumento portavo-ce di cultura: facciamolo parlare”, in P. Faccidomo E. Ferrari (acura di), Strumenti e oggetti sonori, cit., pp. 56-68 e “Lo stru-mento musicale: all’incrocio di tecniche, arti e riti”, in S. Facci,Capre, flauti e re. Musica e confronto interculturale a scuola, To-rino, EDT, 1997, pp. 77-103. Per la prospettiva di indagine chesta a monte di tali percorsi, che è quella etnomusicologica, risul-tano fondamentali testi quali A. Schaeffner, Origine degli stru-menti musicali, Palermo, Sellerio, 1999 e J. Blacking, Come èmusicale l’uomo?, Milano, Ricordi/Unicopli, 1986. 12 Non avendo mai avuto precedenti esperienze di direzioneimprovvisata, la concertazione e direzione di una partitura(seppur delineata in forma embrionale) ha creato non pochiproblemi e incertezze. Su questo aspetto cfr. G. Piazza, Orff-Schulwerk, Milano, Suvini Zerboni, 1979, in particolare il ca-pitolo dedicato alla direzione: pp. 190-193. Più in generale,tutto l’aspetto ideativo ed esecutivo ha risentito notevolmentedella scarsa o nulla esperienza precedente dei ragazzi con stru-menti musicali, fatta eccezione per il flauto dolce. 13 Al di là dei contenuti emersi nelle singole schede, la lezionefinale impostata sull’autovalutazione di gruppo è stata di persé un momento molto formativo per i ragazzi, in quanto ha of-ferto loro l’opportunità e la possibilità di riflettere – in modostrutturato – sull’esperienza appena conclusa: di valutare il lo-ro elaborato in base a precisi e definiti criteri di valutazione, diprendere consapevolezza delle proprie strategie operative,nonché dei punti di forza e di debolezza del proprio lavoro.Per tutta la durata dell’esperienza, infatti, i ragazzi hanno con-tinuato incessantemente a chiedere feedback esterni su un pro-cesso che avevano pensato, elaborato, gestito in proprio in tut-te le sue parti. Era giusto e importante che sentissero e matu-rassero anche la responsabilità di valutarlo.14 L’ascolto e l’analisi delle Danze primaverili ha riguardato leprime 25 battute, nelle quali i ragazzi hanno individuato tredistinte sezioni: 1) la prima sezione introduttiva al clarinetto(batt. 1-6); 2) il lento andamento processionale (batt. 7-16); 3)la nascita di un’idea tematica (batt. 17-25).15 Se nella parte analitica i ragazzi avevano individuato tre se-

zioni, nella parte sintetica (relazione e gerarchia delle diversedimensioni) le sezioni – in due gruppi su quattro – diventanodue, di cui la seconda dotata di una sua articolazione interna.Viene dunque confermato il processo circolare di analisi e sin-tesi, suggerito nel modello di Della Casa.16 Si veda J. Paynter, Suono e struttura, EDT, Torino, 1996. Diver-si suoi progetti si possono leggere anche in R. Dalmonte, M.P. Ja-coboni (a cura di), Proposte di musica creativa nella scuola, Bo-logna, Zanichelli, 1987, pp. 55-60 e77-94. Nel pensiero e nelladidattica di Paynter, tuttavia, l’ascolto deve essere sempre moti-vato da una fase precedente di concreta esperienza della musica.Nella sua didattica pertanto trovano posto percorsi inversi ri-spetto al nostro, che partono dalla composizione per arrivare al-l’ascolto di brani analoghi al brano composto, quanto a temi af-frontati o ad aspetti strutturali sviluppati.17 Sulla necessità di impostare una didattica che sappia affron-tare con intenzionalità precisa e con razionalità e rigore meto-dologico la dimensione creativa, insistono tanto le proposte diB. Porena, quanto quelle di M. Della Casa. Del primo si vedala proposta contenuta in La composizione monolineare, in M.M. Novati (a cura di), Progettare la melodia, Milano, Ricordi,1992, pp. 78-98. Del secondo si veda in M. Della Casa, Edu-cazione musicale, cit., il capitolo 10, pp. 117-33. L’intero ca-pitolo è dedicato alla descrizione di un modello a più stadi delprocesso produttivo, nonché alla definizione di un modello digrammatica operazionale, in grado di rendere conto dei singo-li processi cognitivi che intervengono nell’elaborazione del dis-corso musicale, ossia di uno dei principali stadi dell’intero pro-cesso produttivo.

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SCHEDA DI AUTOVALUTAZIONE

1. Il brano rispecchia l’idea generale che si voleva esprimere?per niente poco abbastanza molto moltissimo

2. La costruzione rispecchia quella del brano originale?Sì No

3. Se no, è comunque chiara e logica?per niente poco abbastanza molto moltissimo

4. Vi sono punti deboli, che potrebbero essere migliorati?Se sì, quali?

5. Nel lavoro di elaborazione, abbiamo tenuto conto e provato piùsoluzioni? per niente poco abbastanza molto moltissimo

6. Le diverse dimensioni (melodia o texture, ritmo, timbro, dinami-che) sono in relazione tra loro? Il brano è nell’insieme coerente?per niente poco abbastanza molto moltissimo

7. La dimensione più importante (su cui abbiamo lavorato mag-giormente) ha aspetti interessanti?per niente poco abbastanza molto moltissimo

8. Vi sono punti di forza o di pregio, nel brano? Se sì, quali?

Annotazioni

Titolo del brano elaboratoStrumenti usati

Componenti del gruppo1) 2) 3) 4) 5) 6)

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La crescente richiesta da parte della scuola elementaredi operatori esperti che collaborino con le maestre peraffrontare il programma di educazione al suono nonsempre può trovare come risposta interventi che co-prano tutto l’arco dell’anno scolastico, o meglio anco-ra del quinquennio, in modo che realmente il percorsorisulti approfondito e abbia una programmazione diampio respiro. Più spesso invece alle richieste degli in-segnanti si risponde con laboratori brevi, che prevedo-no soltanto quattro o cinque incontri con le classi, peri quali è necessario riformulare gli obiettivi adeguati enon pretenziosi. Spesso bisogna accontentarsi di poter “gettare un sas-so nello stagno”: riuscire a dire qualcosa che abbia unsenso compiuto in così poche lezioni è forse impossibi-le, ma si possono comunque proporre attività che in-curiosiscono bambini e insegnanti e cominciano a co-struire le basi necessarie per aprire una finestra su unreale lavoro con la musica.Trovandomi all’inizio dell’anno scolastico con un nuo-vo progetto articolato in soli cinque incontri, da svol-gere con i bambini di prima elementare e dell’ultimoanno della scuola dell’infanzia, ho pensato a un labo-ratorio che potesse quantomeno suscitare curiosità evoglia di approfondire. Se infatti ogni attività propostaavrebbe dovuto occupare un’unità didattica molto piùvasta per risultare esauriente e rappresentare realmen-te un momento di crescita profonda, anche la sempliceesperienza di contatto ed esplorazione poteva interes-sare e coinvolgere i bambini in modo significativo. Mi è sembrato comunque necessario, considerandoche gli incontri erano pochi, pensare a un tema unifi-catore facilmente riconoscibile anche dai bambini, inmodo che potessero essere in grado di ripercorrerementalmente le logiche di sviluppo del percorso.Il progetto che ho sottoposto alle insegnanti riguardava

l’uso della voce. Il laboratorio voleva porre l’accentosulle strutture in musica e in particolare sul contrasto.

Strutture facilmente riconoscibili

È assolutamente necessario parlare di strutture se vo-gliamo intraprendere un percorso in cui l’esperienzacreativa abbia un ruolo di fondamentale importanza.Per creare un brano musicale con una coerenza internada un insieme di materiali a nostra disposizione, oc-corre innanzitutto procedere cercando un’organizza-zione consapevole, una logica che giustifichi il susse-guirsi dei vari momenti, affinché acquistino un senso.Quando parlo di strutture mi riferisco a tutti i rappor-ti per mezzo dei quali si sviluppa la nostra conoscenzadel mondo che ci circonda. Quindi si tratta di ricono-scere il modo in cui le forme, i colori, i suoni interagi-scono. Di tutte le strutture il contrasto è senza dubbioil più immediato e il primo a far parte della nostraesperienza. Proprio per questo il laboratorio proposto voleva foca-lizzare l’attenzione sulla percezione dei contrasti, peraffrontare le più elementari problematiche musicali etecnico-vocali.La respirazione diaframmatica, base della sana emis-sione vocale, è stata trattata fin dalla prima lezione at-traverso giochi di immaginazione. Il primo contrastoche abbiamo scoperto è stato quello fra suoni prodottidalle corde vocali e suoni del “respiro”, intendendocon questi tutti i suoni afoni che risultano dal passag-gio dell’aria senza alcuna vibrazione delle corde vocali.La varietà si ottiene modificando gli spazi nei quali l’a-ria, spinta dal diaframma, viene costretta.Una volta esplorato il mondo dei suoni afoni, affinchétutto non si risolva solo in un’osservazione di questi fe-nomeni, occorre passare alla fase di organizzazione delmateriale a nostra disposizione, per far sì che acquistisenso e divenga per i bambini esperienza musicale.Procedendo per contrasti abbiamo introdotto, accantoa tutti i suoni afoni, il silenzio. Il silenzio non come assenza, ma come forte presenzaattiva, così come lo si intende nella musica.Le attività proposte nella lezione successiva riguarda-vano, invece, tutti quei suoni prodotti dalla vibrazionedelle corde vocali che noi usiamo quotidianamente perscambiarci informazioni.Da un punto di vista della struttura è stato introdottoil contrasto fra figura-sfondo, presentando un’immagi-ne dove questo rapporto risultava particolarmente evi-dente e quindi la figura era senza dubbio in primo pia-

Anche un itinerario breve può risultaresignificativo, quando delimita l’ambito diesperienza e consente ai bambini diapprofondire le proprie competenze di base.Un laboratorio sulla voce, ad esempio,permette a bambini di cinque-sei anni dicostruire e interpretare una musica vocale,partendo da un haikù.

Apriamo alla musicagiocando con la voce

ROSSELLA TARGETTI

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tiveno rispetto a uno sfondo con una tessitura uniforme.

La consegna riguardava la sonorizzazione dell’immagi-ne mantenendo inalterata la sua struttura e questo, na-turalmente, presupponeva la prima esperienza di “po-lifonia”.Successivamente abbiamo focalizzato l’attenzione sulsuono della parola e i suoi aspetti onomatopeici, attin-gendo materiale dal repertorio didattico, in particolaredalle filastrocche di Sebastian Korn. Questi materiali,che potremmo definire “aperti”, si prestano a manipo-lazioni strutturali sia a livello di macro che di microstruttura. Così abbiamo potuto approfondire il rappor-to figura-sfondo nell’elaborazione di più ostinati parla-ti, in cui la parola viene considerata per il suo potenzia-le ritmico e valorizzata dalla caratterizzazione di alcunisuoni al suo interno particolarmente significativi.

Da un haikù a una musica vocale

Avendo cominciato a trattare la parola, ho ritenuto in-teressante provare a proporre un haikù anche a bambi-ni così piccoli, con l’intenzione di lavorare con loro al-la creazione di un brano di musica vocale direttamenteispirato al testo. Questa composizione poetica, con unastruttura semplice e molto breve, si limita a presentareun quadro, a comunicare un’emozione, ed è per questomotivo un materiale che si presta a essere usato in mu-sica. Il forte potenziale evocativo lascia ampi spazi allacreatività e non ci fa correre il rischio di cadere nelletrame della sonorizzazione pura e semplice. Naturalmente questa attività è stata proposta al quar-to incontro, quando già avevamo esplorato tanti mate-riali di cui i bambini si sono serviti per realizzare la lo-ro composizione. L’haikù che ho scelto per loro è il seguente:Lucciole dalla gabbia una ad una trasmutano in stelle.Le prime perplessità di fronte a questa lirica sono stateriguardo al significato e, sebbene non fosse determinan-te per il tipo di lavoro che intendevo fare, ho ritenutonecessario dedicare un po’ di tempo a parlarne, spo-stando poi l’attenzione dal contenuto al contenitore,quindi dal significato delle parole al suono delle stesse.Ho iniziato chiedendo di identificare la parola che piùli aveva colpiti sia da un punto di vista sonoro che di si-gnificato. Tutti i bambini sono stati d’accordo nel se-gnalare trasmutano come parola chiave e con quellahanno voluto iniziare la composizione musicale.Proseguendo nella nostra elementare analisi del testo, ibambini hanno considerato opportuno evidenziareuna ad una subito dopo trasmutano, piuttosto che stel-le come mi sarei aspettata. A questo punto eravamo giàin grado di iniziare la composizione, creando una pri-ma relazione fra questi due elementi.È stato deciso di dividersi in due gruppi, uno per assol-vere la funzione di “tappeto sonoro” ripetendo ininter-rottamente trasmutano senza l’uso delle corde vocali,l’altro per rappresentare la figura. Quest’ultimo inter-

veniva sovrapponendo alla base uniforme una melodiadiscendente con le parole una ad una.L’improvvisazione della melodia è stata spontanea ed ènata quando in gruppo hanno provato più volte a ri-petere una ad una. Via via ha preso forma proprio ilsuono cullante che questo frammento ha in sé e chepuò essere scritto con tre note discendenti per gradocongiunto, più o meno con il ritmo della parola. Cosìabbiamo ottenuto nuovamente un contrasto che, que-sta volta, si esplicitava nella sovrapposizione di unaparte parlata a una cantata e, contemporaneamente,nella struttura di figura-sfondo di cui avevamo già trat-tato negli incontri precedenti.Andando avanti la parte del secondo gruppo si trasfor-ma, pur mantenendo il ruolo di figura. Il contrasto fralo sfondo uniforme e la parte principale si accentuaquando appare finalmente il soggetto dell’haikù: luc-ciole. Nel giocare con la parola lucciole i bambini han-no tentato di ricreare le peculiarità del referente con ladivisione dei gruppi sillabici e l’accortezza di velociz-zarne il più possibile la pronuncia proprio come l’ac-cendersi e lo spegnersi veloce di tante lucine.La difficoltà da superare qui è stata proprio quella diriuscire a isolare gli interventi di ciascuno per ottenereuna trama più ricca e varia di tipo puntillistico. Questopresuppone a livello percettivo un controllo particolar-mente attento per riuscire a intervenire nel tessuto so-noro in maniera più autonoma possibile rispetto algruppo.Il climax della composizione coincide indubbiamentecon stelle ed è messo in evidenza sia dall’intensità chedall’inaspettato unisono delle due voci e ancora dallaparola stelle messa a diretto contatto con lucciole ap-pena pronunciata da entrambi i gruppi.Nel finale la necessità di far sentire il testo dell’haikùnella sua forma originale si è risolta con la declamazio-ne a eco dello stesso, suddiviso fra la prima e la secon-da voce.L’esecuzione di una partitura da parte dei bambini chel’hanno composta è sempre stupefacente riguardo allaprecisione e alla volontà di approfondire per ottenereun risultato che li soddisfi pienamente. Seguendo unpercorso creativo è indubbio che si raggiungano obiet-tivi improponibili in altro modo con la certezza di la-sciare perlomeno una traccia.Per giocare con la voce non occorrono doti particolari,tutti possono partecipare. Un laboratorio di questo ti-po, pur breve, riveste una funzione educativa che va aldi là dell’apprendimento di una abilità tecnica per col-locarsi, invece, in un quadro di crescita globale.Sviluppare la percezione, la capacità critica, la rifles-sione sugli schemi strutturali, l’analisi rappresentanogli obiettivi principali da raggiungere. Da un punto divista strettamente musicale questo significa attivarecomportamenti dell’interprete e del compositore. È lavia più immediata per mettere i bambini a diretto con-tatto con i meccanismi che concorrono alla formazionedel senso in musica, senza passare attraverso la teoria.Non c’è la pretesa di raggiungere la coscienza criticadel lavoro svolto, quanto di conoscere il linguaggiomusicale attraverso l’esperienza.

La musica è unica fra le arti perché non può ritrarreo descrivere niente del mondo “reale”. Questa non èuna mancanza. Al contrario, è la sua forza; ci ricordache in tutte le arti sono le forme in se stesse a darcile maggiori soddisfazioni, indipendentemente dal si-gnificato e dall’interpretazione che possiamo attri-buire loro. In pittura, scultura, poesia, e letteraturapossiamo facilmente constatarlo. Le immagini e ledescrizioni tendono a focalizzare le nostre mentisulle ovvie relazioni con le cose che vediamo intornoa noi. Anche quando guardiamo la pittura astratta cipossiamo sorprendere a osservare le linee e le for-me che l’artista ha tracciato, alla ricerca di rappre-sentazioni di cose che conosciamo, – perché questoè il modo in cui siamo abituati a considerare le teledi paesaggi, con i campi e gli alberi, le case e la gen-te. Ancora, è troppo facile pensare che quelle imma-gini della “realtà” siano l’argomento del quadro; si-curamente, ciò che vediamo lì non è come la realtàtridimensionale: la realtà propria del dipinto è la co-struzione bidimensionale fatta dall’artista, usandocolori, sfumature e forme sulla tavola di legno o sul-la tela. Ciò che l’artista è stato capace di fare conquei materiali su quella particolare superficie pianaè, in un certo senso, qualcosa in più del semplice ri-

tratto che vediamo. Giotto diceva: «Da capo a fondoogni pennellata è comporre».1 Così, più del soggetto,è il quadro che, alla fine, dà piacere e soddisfazione.Esattamente nello stesso modo, quando ascoltiamoun brano musicale è quanto accade musicalmentenel pezzo che ci diletta, anche se possiamo non es-serne coscienti. Ogni qual volta siamo mossi o ecci-tati dalla musica, o semplicemente sappiamo che cipiace, è perché tutti i suoi elementi si uniscono e“hanno senso” in se stessi senza riferirsi a nulla diextra musicale.Come scrisse la filosofa Susanne K. Langer: «Tuttala musica crea un ordine di tempo virtuale, in cui lesue forme sonore si muovono in relazione le une al-le altre – sempre e solo le une alle altre, affinché nul-l’altro esista in essa».2

Comunque, è precisamente perché sperimentiamola musica musicalmente che essa può “significare”per noi qualsiasi cosa vogliamo farla significare. Al-cune persone amano evocare luoghi o eventi ascol-tando la musica, e questo va bene, ma è importantecapire che quelle immagini non sono “nella” musica.Che un brano faccia pensare al mare o alla campa-gna oppure a una storia è possibile solo grazie al-l’associazione. Spesso certe associazioni sembranosuggerite dai titoli: La mer di Debussy, sinfonia Pa-storale di Beethoven, L’apprendista stregone di Du-kas. Ma quando i compositori usano titoli immagina-

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Titoli

JOHN PAYNTER

Per realizzare un pezzo ispirato a un vulcano, non bi-sogna necessariamente immaginare un brano violen-to, né cercare di imitare i suoni che esso produce. Sipuò invece elaborare un sistema per combinare i suo-ni ispirandosi all’attività del vulcano: nel corso deglianni, a ogni esplosione, la lava costruisce strati sustrati e la struttura della terra cambia. Nella nostramusica allora, un elemento, che all’inizio è coperto daaltri suoni, improvvisamente (inaspettatamente?) po-trebbe attraversare il tessuto sonoro e arrivare a do-minare l’intero pezzo.

(immagine e testo liberamente tratti da J. Paynter,Suono e struttura. Creatività e composizione musicalenei percorsi educativi, EDT, Torino, 1996, pp. 122-123)

tivi non stanno dicendo: Questo è l’argomento dellamusica, stanno semplicemente mettendo etichettesulle loro composizioni per farci conoscere qual èstato, per loro – i compositori – il punto di partenzadell’invenzione di materiali musicali, vale a dire di fi-gure musicali e di elementi sonori che sono stati inseguito estesi e sviluppati nell’intero pezzo finito.I compositori vogliono realmente che godiamo dellamusica in quanto musica; ciononostante, soprattut-to all’inizio, pensare a un titolo può essere un utilemodo per cominciare a comporre un pezzo. Può aiu-tare a definire il carattere generale della musica. Sa-rà veloce o lenta? Dall’andamento dolce e semplice?O forte e dura, forse? Il titolo è il contesto, un “pro-getto di lavoro” per un’idea musicale, una parola ouna frase che diventa l’origine del tipo di musica checi stiamo accingendo a creare. Quindi possiamo in-ventare i materiali musicali e cominciare a lavorarecon loro per costruire la nostra composizione.Continuamente, man mano che procediamo speri-mentando le possibilità, dobbiamo prendere decisio-ni su cosa dovrà succedere dopo.• Come può essere estesa la musica?: con la ripeti-zione, rallentando una figura o una melodia, cam-biando gli strumenti o il modo di suonarli.• Come finirà il pezzo?• Come potrebbe muoversi verso la chiusura finale? In tutti questi casi, dobbiamo necessariamente lavo-rare con le caratteristiche musicali che abbiamo de-rivato dal titolo, chiedendoci:• Cosa possiamo fare con questa melodia o questielementi ritmici?• Come possiamo farli andare avanti?o meglio ancora:• Quali potenzialità presenta in sé questa melodia oquesto elemento ritmico?

OrganizzazioneCome è stato suggerito nella rubrica pubblicata sulnumero 122 di Musica Domani, la classe dovrebbe or-ganizzarsi da sola in gruppi di cinque. Ogni gruppoavrà bisogno dello spazio in cui lavorare.

Attività - istruzioni ai bambiniIniziate scegliendo il nome di un animale (“gatto”,“serpente”, “lumaca” o qualcosa di più esotico!) o inalternativa una parola che suggerisca il carattere diuna persona, per esempio, “scontroso”,1 “apprensi-vo”,1 “spensierato”.1 Questo sarà il titolo del vostropezzo. Non tentate di fare una musica che descrival’animale o la persona; ad esempio, non riproduceteil verso dell’animale. Invece, ricercate le principalicaratteristiche suggerite dalla parola che avetescelto: che tipo di musica richiedono? Sceglietestrumenti che siano adatti a quel carattere musica-le. In alternativa, se state usando le vostre voci o al-tri suoni al posto di strumenti musicali, sperimenta-te vari modi di produrre dei suoni che rendano lestesse intenzioni. Come dovrà iniziare il brano? Cisarà una melodia “caratteristica”, un elemento rit-mico o altri tipi di “figure” musicali che uniscano va-

ri tipi di suoni – una figura che può, forse, essere ri-petuta ed estesa così da diventare una forte e me-morabile caratteristica del vostro pezzo? Cercate diavere qualche idea su come il pezzo dovrà finire:questo vi darà da fare. Soprattutto, mantenete il ca-rattere della musica così che il vostro pezzo finitosuoni completo.

EsecuzioneQuando i pezzi saranno terminati dovranno esseresuonati tutti, gruppo per gruppo. Commentate ognipezzo immediatamente dopo la sua esecuzione, co-involgendo l’intera classe nella discussione. Il contri-buto dell’insegnante dev’essere il primo: questo è ilmomento di insegnare partendo da quanto è statoofferto dai bambini: le loro composizioni. Evitate do-mande come: vi piace questo brano? e non conduce-te il dibattito sul fatto che sia possibile o meno direcosa “descrive” il pezzo. Questo non è importante;in ogni caso, sottolineate con enfasi che la musicanon può “descrivere” nulla direttamente. Con ognibrano, tutto ciò che abbiamo è quello che abbiamoascoltato: questo è ciò che importa, non il titolo.Cercate di condurre ognuno a ricercare cosa è inte-ressante sul pezzo in quanto musica. Ha forti carat-teristiche e queste caratteristiche sono mantenutedurante il pezzo o i compositori hanno inventatotroppi materiali “nuovi”? Inizia e finisce in modosoddisfacente? La durata sembra essere giusta o lasentiamo troppo corta o troppo lunga? Discutete larelazione fra la durata e la portata delle idee musi-cali: una “grande” idea ha bisogno di tempo per svi-lupparsi, una relativa mancanza di consequenzialitào l’eccessivo sviluppo di idee meno impegnativepossono suonare sbagliati. È importante capire co-me valutiamo la “giusta” durata per un pezzo: non cisono regole, è interamente una questione di sensibi-lità, e il solo modo in cui possiamo svilupparla è fa-cendo molti e molti pezzi di musica! Premiate le ca-ratteristiche che vi sembrano funzionare eccezio-nalmente bene ma cercate di evitare giudizi di valo-re come: questo è il pezzo migliore. Non possiamocomparare pezzi di musica perché sono tutti diffe-renti, anche se alcuni possono essere più immedia-tamente convincenti (come musica) di altri. Se il la-voro di un gruppo non sembra stare insieme comeun pezzo unitario, chiedete loro come pensano dipoterlo rendere più convincente. È una questione didurata o di qualità dei materiali (melodia, elementiritmici ecc.) o c’è troppa varietà?

[Traduzione a cura di Paola Bernardelli]

1 in italiano nel testo.2 Susanne K. Langer, Feeling and Form, London: Routledge& Kegan Paul, 1953, p. 109

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Cari lettori, avevo tenuto una relazione sulle variega-te attività della Siem, come di consueto all’ultima as-semblea associativa: incontri e scontri con il Ministe-ro, formazione in Internet e in corsi residenziali, con-vegni e giornate di studio ecc. Rosalba Deriu mi si èavvicinata per chiedermi di curare una rubrica su que-sti temi in Musica Domani. È convinta che, non dico gliesterni alla Siem, ma neanche i nostri iscritti conosca-no le nostre principali iniziative. La pagina di cui saròil responsabile a nome del Direttivo nazionale, avràquindi questa finalità. Di volta in volta, autori diversifaranno conoscere i contesti e le azioni in cui la no-stra associazione è coinvolta. Il primo numero della rubrica tratterà della contiguitàtra due gruppi di lavoro Siem e altrettante commis-sioni ministeriali. Due significative esperienze in cui lanostra associazione è stata propositiva e il Ministeroattento alle nostre indicazioni.La prima volta, tanto improvvisa quanto felice per i ri-sultati concreti, prese corpo nel marzo del 1998. Lacommissione ministeriale, in cui fui catapultato su in-teressamento di Leonardo Taschera, stava avviandola procedura per la riconduzione nell’ordinamento deicorsi a indirizzo musicale nella scuola media e, insie-me a me, furono invitati tutti i componenti della com-missione Siem “Scuola media a indirizzo musicale”per elaborare i Programmi di insegnamento di stru-mento musicale di queste scuole. La redazione mini-steriale, che tramutò il nostro lavoro nel Decreto Mi-nisteriale 6 agosto 1999, n. 201, fu così attenta a noncambiare le nostre indicazioni che rimasero ancheuno o due nostri errori di battitura.Così sintetizzai per Musica Domani i tre punti che misembravano emergere dai risultati della commissionea conferma delle idee che all’interno della Siem sonospesso circolate: la lezione di strumento si sta tra-sformando da lezione singola in lezione di gruppo;l’insegnante di strumento (almeno a livello di base) sista trasformando in insegnante unico di musica; lecompetenze didattiche strumentali sono comuni atutti gli insegnanti, fatta esclusione di alcuni contenu-ti legati alle specifiche abilità strumentali e ai reper-tori (vedi “In margine a una commissione ministeria-le” in Musica Domani, n. 107, giugno 1998).Adesso aggiungerei: la musica d’insieme, oltre a esse-re una delle pratiche musicali di chi sa già suonare, èl’indispensabile strategia didattica per motivare glistudenti, anche principianti, a studiare uno strumento

e conseguentemente a frequentare la scuola per al-meno tre ore in più la settimana. I futuri insegnanti distrumento dovranno essere formati anche con com-petenze di trascrittori, concertatori e direttori di pic-coli e grandi gruppi strumentali scolastici.La seconda volta in cui la Siem è entrata a far parte diuna commissione ministeriale è di pochi mesi fa. Hofatto parte del Gruppo di lavoro ministeriale, presie-duto da Guido Salvetti, che ha formalizzato il Raccor-do tra l’alta formazione musicale e la formazione mu-sicale di base. Si può leggere la Relazione conclusivasu www.siem-online.it. I due aspetti che ritengo più significativi di questaesperienza sono: • la presenza della propedeutica musicale-strumenta-le nel triennio iniziale delle elementari che permettedi sperimentare più strumenti; la scelta e l’inizio dellostudio strumentale nel biennio finale; la conferma del-la scuola media a indirizzo musicale, da poco condot-ta a ordinamento;• l’istituzione di licei a indirizzo musicale. Anche que-sta volta i componenti della commissione ministerialehanno ben recepito le istanze innovative che propo-nevo: figure professionali in uscita non solo di tipo ac-cademico, area musicale non centrata sullo strumen-to, ma con discipline che coprano gli aspetti composi-tivi e teorici tra loro uniti, lettura alla tastiera, vocali-tà e canto corale, storia della musica, informatica mu-sicale e, naturalmente, strumento. Ma alle spalle della mia presenza c’era ancora una vol-ta la Siem. Erano almeno due o tre anni che una no-stra commissione stava riflettendo, elaborando ipote-si curricolari, contenuti disciplinari per il liceo musica-le. La continuità collaborativa della Siem ha evitato didisperdere le energie precedentemente profuse e hapermesso un progetto coerente che prevede final-mente l’inserimento della scuola media a indirizzomusicale tra la scuola elementare, in cui si studieràuno strumento, e il Liceo musicale.Non so come andrà a finire il Raccordo proposto, secondurrà a dei risultati concreti. Comunque vada so-no riconoscente a tutti gli amici e le amiche della Siemche hanno contribuito con suggerimenti ben struttu-rati e continui incoraggiamenti, indispensabili perorientarmi nei labirinti ministeriali. Non possiamo pre-tendere che il Ministero segua tutte le nostre indica-zioni: le dinamiche relazionali e politiche sono com-plesse, le mediazioni all’ordine del giorno. Anche perquesto chi rappresenta la Siem ha la necessità di sen-tire vicina un’associazione propositiva come si è di-mostrata fin ora.

L’impegno della Siemnelle commissioni ministeriali

ANNIBALE REBAUDENGO

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Una riflessione sul processo di rinnovamento della di-dattica dell’insegnamento musicale nel nostro paesenon può prescindere dal ruolo che in esso hanno svol-to e svolgono le case editrici. Abbiamo rivolto le domande a tre protagonisti dell’e-ditoria italiana, Giulio Forconi direttore di redazionedelle edizioni CLUEB, Ilaria Narici editor classical re-pertoire di BMG Ricordi ed Elisabetta Pistolozzi cura-trice del settore didattico delle edizioni Ut Orpheuscon lo scopo di conoscere, attraverso le loro riflessio-ni, la visione d’insieme maturata dall’editoria neiconfronti della nostra complessa realtà didattica. La prospettiva editoriale, infatti, è alquanto interes-sante perché fonda la propria filosofia sull’analisi at-tenta (come meglio non potrebbe fare il più sensibiledei sismografi) dello stato di salute del sistema cultu-rale e istituzionale delle strutture educative pubblichee private.Nel vuoto istituzionale, il ruolo dell’editoria diventadi fondamentale importanza per il futuro sviluppo diuna formazione alla musica di livello europeo e per ilrinnovamento di tutta una serie di prassi didatticheche ormai non hanno più ragioni di essere.A un primo sguardo d’insieme, la pubblicistica delsettore lascia pensare che la crescente staticità del no-stro sistema scolastico e musicale (un incredibile tea-tro dell’assurdo, un en attendant Godot interminabi-le) abbia fortemente scoraggiato la progettualità edi-toriale. I contributi di rilievo riguardanti l’insegna-mento musicale sono rari e troppo spesso sommersida una miriade di pubblicazioni senza spessore. Inquesta lotta impari, i saggi capaci di rischiarare il pic-colo mondo antico dell’insegnamento della musicanon hanno la forza di incidere quanto potrebbero sefossero inseriti con continuità e sapienza registica inun consapevole progetto di rinnovamento.

Ogni buon libro, si dice, costituisce un insostituibile“acceleratore delle coscienze”, così come ogni libroridotto a pura merce non favorisce alcuna ginnasticamentale, non diventa uno strumento di conoscenza:rimane privo di vita, svuotato come i falsi libri ap-prontati per il negozio di arredamento. Possibile, ci domandiamo, che l’editoria italiana si la-sci condizionare dall’immobilità del presente e non siadoperi per progettare un futuro culturale migliore?Certo, le parole «dove non c’è movimento non c’èmercato» risuonano come ben conosciute a chiunqueabbia frequentato sedi editoriali. Ma è lecito chieder-si: le case editrici italiane si riconoscono un ruolo nelprogetto di rinnovamento futuro dell’insegnamentomusicale? Attendono le riforme per proporre nuovicontenuti o progettano la diffusione di nuovi conte-nuti a prescindere dalle riforme? Guardando alla produzione di alcune edizioni euro-pee – senza prendere in considerazione la dinamicitàdella ricerca americana – non passano inosservati lacontinuità delle proposte culturali, la ricchezza delleidee (vedi ad esempio generi e pratiche diverse daipiccolissimi principianti in poi), la varietà dei mate-riali (metodi, letteratura strumentale storica e con-temporanea per principianti, opere musicali per ognitipo di insieme e per ogni settore d’insegnamento), lasapiente gestione del rinnovamento delle tecniche (ve-di ad esempio la pedagogia strumentale), la diffusio-ne della riflessione teorica e l’apertura ad altre di-mensioni culturali (basti pensare alla dimensione de-gli studi sulla prassi strumentale e vocale, alla saggi-stica riguardante la vocalità nella prospettiva multi-culturale).Un altro aspetto innovativo dell’editoria straniera ècostituito dalla massiccia presenza di un prodottomultimediale di qualità che sembra capace di stravol-

1. Nell’attesa di riforme della scuoladell’obbligo e degli studi musicali, èpossibile per una casa editrice italiana fareuna politica di indirizzo culturale e diproiezione verso un futuro comparabile aquello di altri paesi?2. Quale strategia è alla base delle vostrescelte editoriali riguardanti l’insegnamento

della musica (di consolidamento delleesperienze, di rinnovamento di contenuti emetodi, di apertura verso nuovi ambiti diricerca e di conoscenza, verso altre culturemusicali)?3. A quali settori (la scuola dell’infanzia edell’obbligo, le scuole di musica) e a qualilivelli di riflessione teorica e metodologicasi indirizzano le pubblicazioni della vostracasa editrice?

Il ruolo dell’editorianell’insegnamento musicale

a cura di FIORELLA CAPPELLI

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Anzitutto desidero ringraziareMusica Domani per avermi rivoltoqueste domande. Non tanto per lamia persona, in quanto non sonoun esperto di musica tout court nésono particolarmente preparato indidattica della musica. Ma per ilnocciolo dell’argomento, che èquello di riprendere un dibattitosulla realtà della scuola italiana edelle sue esigenze, cercando di esa-minare compiutamente ciò che cicirconda (cioè la nostra specificasituazione e quello che accade ne-gli altri paesi) e ponendo dei pro-blemi, proponendo delle soluzioni,analizzando dei dati senza spinger-ci nel velleitarismo né inseguire so-luzioni minimali, né stravolgendocompletamente la realtà. E dicen-do questo mi riferisco in particola-re a ciò che i nostri governi hannopartorito, dopo decenni e decenni

di assoluto immobilismo: primauna proposta di riforma che inparte teneva conto della situazionereale ma che poi, nelle proposteconcrete, sceglieva una vague mi-nimalista, giocando volutamenteal ribasso nei confronti delle possi-bili soluzioni, poi una proposta de-cisamente abnorme, concepita nelchiuso di qualche mente per laquale forse anche fordismo e tay-lorismo sono concetti ancora davenire, e troppo rivoluzionari peressere presi in considerazione.1. E allora cerco di rispondere allaprima domanda. Nell’attesa di ri-forme, è possibile per una casa edi-trice italiana fare proposte cultu-ralmente e didatticamente valide?Sì, credo sia possibile, ma credoche la casa editrice possa farlo so-lamente se sa che si tratta di un’o-perazione rischiosa, ed è ben con-

vinta della validità di quanto pro-pone. Solo se la casa editrice ha va-lutato bene le sue proposte e le haconfrontate criticamente con larealtà. Solo se la casa editrice ha laforza economica e culturale perportare avanti in maniera organicala sua proposta, convincendo i do-centi della validità didattica dellesue indicazioni. Dicendo queste cose non voglio si-curamente fare dell’illuminismo dimaniera, perché tutto ciò richiedeun’analisi del mercato molto cor-retta e una precisa capacità di pe-netrazione. Allora lo si può fare,cercando di dimostrare al mondodella scuola che quello è il pro-gramma che si aspetta, che quelloè il nocciolo di una riforma realeche solo dai fatti, e in specifico so-lo dall’impegno degli operatori di-dattici, può nascere. E solo se inquel momento esiste la possibilitàche si realizzi quell’impegno.Troppe variabili, forse? Può darsi,ma se queste condizioni esistono,allora esiste la possibilità concretadi realizzare qualcosa. Certo, l’ul-tima condizione che ho posto èmolto difficile da valutare, e inpassato ho visto periodi abbastan-za lunghi nei quali non esisteva

gere i metodi di apprendimento tradizionale, rappre-sentando, in un processo didattico certamente piùampio, un potente induttore di nuove forme di pen-siero analogico. È indubbio che la tecnologia informatica permetta al-l’insegnamento musicale (e, ovviamente, non solo aesso) una forma di comunicazione più ricca e artico-lata: in essa si fondono e si compenetrano tutti i me-dia conosciuti: oralità e scrittura, immagine fissa e inmovimento, perfetto sincronismo audiovideo, con-sultazione lineare, reticoli ipertestuali. Come non ap-profittarne?Anche l’editore italiano ha bisogno di realizzare deiprodotti più dinamici per rimanere al passo con l’at-tuale processo di comunicazione basato sulla simulta-neità e sull’annullamento dei limiti spaziali e tempo-rali. Il suo compito è quello di elaborare e distribuireinformazioni, e la forma che assumono può anche es-sere la più varia (dalla carta stampata al cd-rom, dvd,video, libri elettronici, siti e servizi web). La trasformazione elettronica, toccando tutte le variefasi vitali dell’esistenza di un libro (dalla genesi al

mantenimento, alla diffusione, ai metodi di fruizio-ne), cambia la logica progettuale e commerciale del-l’editore. La stampa digitale muta le regole della pro-duzione, permettendo di realizzare microtirature persoddisfare piccole nicchie di mercato (come quelladella didattica musicale) e stravolge quelle della di-stribuzione: è sotto gli occhi di tutti la vendita dei li-bri in luoghi inimmaginabili e la diversa funzione del-l’edicola. La libreria si trasforma radicalmente diven-tando nel prossimo futuro un centro di stampa cheinvia on-line il libro a casa del lettore. Le tecnologie informatiche sembrano particolarmen-te idonee per la realizzazione di libri di studio, pro-fessionali e di servizio: perché non sperare in una tra-smissione agile e continua di nuovi metodi e contenu-ti che investa la formazione alla musica dentro e fuo-ri le strutture scolastiche? È piacevole immaginare inostri allievi a scuola con a disposizione, come gliscolari giapponesi, un palmare che pesa poco più dimezzo chilo e contiene 15.000 pagine in cui sono im-magazzinate tutte le informazioni indispensabili e glispazi di approfondimento. (F. C.)

Proposte serie e organichepossono conquistare i docenti

GIULIO FORCONI

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itinessuna possibilità di questo tipo.

Oggi, forse paradossalmente, cre-do che cominci a esserci, ancheperché «troppo grande è il disordi-ne sotto il cielo».

2. Ma andiamo alla seconda do-manda. Quale strategia è alla basedelle nostre scelte editoriali relati-ve all’insegnamento della musica?La nostra casa editrice è una realtàrelativamente piccola, ma con unforte legame con la vita universita-ria, sia per quanto riguarda i do-centi sia per quelle che sono le esi-genze degli studenti. Queste carat-teristiche non ci permettono, da unlato, operazioni complesse comequella che ho descritto poco fa, maci permettono di valutare singoleproposte che alcuni docenti ci pre-sentano e di realizzarle, sapendoche queste non sono la risoluzionedel problema, ma che sono ele-menti capaci di muovere una situa-zione stagnante, e in qualche ma-niera capaci di contribuire a creareuna realtà differente, dove sia pos-sibile presentare proposte piùcomplete e più organiche. E questosiamo in grado di farlo, proprioper il rapporto positivo che abbia-mo con docenti e studenti, proprioperché il nostro catalogo ha sem-pre recepito proposte innovativecon un preciso significato scientifi-co e didattico, proprio perché pos-siamo permetterci investimenti cheprevedono un ritorno di fatturatonon altissimo, ma che aprono lastrada a nuove proposte. Non sia-mo dei mecenati, ma sappiamoqual è la nostra posizione e credia-mo che la considerazione che cisiamo saputi conquistare porti co-munque un ritorno positivo.Esempi concreti di quanto ho det-to finora sono i volumi di GinoStefani pubblicati a partire daglianni ’80, e tutta la collana da luicurata, «Musica e Scienze uma-ne», che tanto ha contribuito adattivare la curiosità degli addetti ailavori (e anche quella di non pochi“esterni” al mondo della musica)per scrutare meglio dentro l’espe-rienza musicale, la propria e quelladel mondo in cui viviamo, da mol-ti e differenti vertici di osservazio-ne. In particolare l’ultimo volumepubblicato in questa collana, Mu-

sica Espressione Emozione di LucaMarconi, apparso l’anno scorso,che si propone di affrontare conuno sguardo unitario le diverse re-lazioni che la musica intrattienecon il mondo delle emozioni, e inparticolare l’espressività emotivadella musica e la sua capacità diprovocare risposte emotive nelcorso dell’ascolto.Oppure, in una dimensione piùcompiutamente didattica, i due vo-lumi di Loris Azzaroni, Canone in-finito e Ai confini della modalità.Probabilmente le loro caratteristi-che sono ben note ai vostri lettori,e non importa che, da completoprofano, io cerchi di delinearne ilvalore: per l’uno una puntuale earticolata storia della teoria dellamusica dell’Occidente che si ri-specchia nell’evoluzione dei siste-mi sonori, dei linguaggi, degli stili,dei generi e delle forme musicali,per l’altro un’austera razionalità euna rigorosa sistematicità che siincontrano per l’analisi di quel“territorio di confine” fra modali-tà e tonalità che sono le Toccatedel I e II Libro di Girolamo Fresco-baldi.Ancora, il volume curato da AlbertMayr per la collana Laboratori diMusica Teatro Cinema, e pubbli-cato anch’esso nel 2001, Musica esuoni dell’ambiente, ricchissimo diproposte operative, oltre che di ri-flessioni teoriche.

3. E quest’ultimo volume mi per-mette di riprendere ciò che dicevoall’inizio e, in qualche maniera,ampliarlo. Prima ho parlato della“scuola” intendendo la scuola me-dia, sia inferiore che superiore. Sedevo parlare dell’Università nonposso che osservarne le logicheconseguenze e registrare in Italia lamancanza completa di una seriaeditoria di divulgazione scientificaanche in questo campo. Divulga-zione scientifica che, sia chiaro,non significa certamente banaliz-zazione o semplificazione arbitra-ria, bensì proposta seria e comple-ta di elementi formativi destinatianche a chi possiede una buonacultura generale di base, ma man-ca di elementi specifici di quellamateria. Il testo di Mayr è un libro molto in

sintonia con questa idea della di-vulgazione ed è una concreta pro-posta su come sia possibile cercaredi rapportarsi con la mancanza diuna cultura musicale diffusa e, nel-lo stesso tempo, con la presenzadiffusa di un lettore colto, curiosoe di buona preparazione generale.Qui si realizza una fusione fra in-segnamento e divulgazione chenon toglie nulla né all’uno né al-l’altra, anzi. E di questo credo cene sia sempre bisogno.

Notizie

OO..SS..II.. –– AAssssoocciiaazziioonnee OOrrffff--SScchhuull--wweerrkk IIttaalliiaannooSi è costituita, nel maggio delloscorso anno, l’Associazione Orff-Schulwerk Italiano, che si riallacciaidealmente e concretamente allapubblicazione della rielaborazioneitaliana dell’Orff-Schulwerk e all’o-riginale evoluzione della linea pe-dagogica schulwerkiana. Evoluzio-ne che ha trovato un primo conso-lidamento nell’attuazione del Pro-getto Orff-Schulwerk, nato nel1997 in collaborazione fra la Scuo-la Popolare di Musica “Donna Olim-pia” di Roma e Giovanni Piazza.L’associazione, costituita da Gio-vanni Piazza, Francesco Galtieri,Alberto Conrado, Ciro Paduano eAndrea Sangiorgio, ha lo scopo dipromuovere e divulgare la didatti-ca musicale, con particolare atten-zione alla linea pedagogica schul-werkiana, di sperimentare e ricer-care nuovi approcci didattici e me-todologici e diffonderli con tutti imezzi resi disponibili dalle vecchiee nuove tecnologie.Il sito, www.orffitaliano.it e www.orffitaliano.com, comprende unospazio informativo generale chefornisce indicazioni sui corsi,workshop e seminari legati al Pro-getto Orff-Schulwerk, i link con lealtre società Orff-Schulwerk nelmondo, una bibliografia specifica eragionata, pubblicistica specializ-zata, souvenir didattici ecc., e unospazio associativo aperto a perso-ne e associazioni.Agli iscritti in via individuale il sitoriserva l’acquisizione via internetdi materiali didattici multimedialicreati appositamente, scambio diinformazioni lavorative e visibilitàin rete. Alle associazioni offre lospazio per una scheda descrittivacomprendente il logo e il link all’e-ventuale sito. Le quote di iscrizione all’associa-zione sono di t 21 per i soci indivi-duali e t 52 per le associazioni.

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1. Certamente è possibile, per unacasa editrice italiana, fare proposteculturalmente e didatticamente va-lide in attesa di riforme che nongiungono, avendo la consapevolez-za di agire entro margini di rischio.Se pensiamo a pubblicazioni di di-dattica o a strumenti di sussidio al-la didattica, è evidente che per uneditore il muoversi a prescinderedai contenuti dei programmi scola-stici può essere inutile dal punto divista editoriale e dannoso da quelloeconomico. Inoltre, il pensare chepossa essere l’editore a orientare lescelte dei programmi ministeriali èillusorio. L’editore, in particolareun editore non scolastico, può la-vorare, per quanto riguarda lascuola di base, entro le sacche del-l’autonomia, vale a dire in queglispazi che i vari plessi scolastici or-ganizzano in modo autonomo inbase alle competenze degli inse-gnanti e alle richieste dell’utenza:in questo senso penso sì che l’edito-re possa esercitare una azione pro-positiva offrendo pubblicazioniche possano essere adottate cometesti parascolastici. Considerate lealterne vicende che la riforma sco-lastica, discussa, sospesa, ridise-gnata, ha avuto nel passato più re-cente, non meraviglia lo stato diimpasse in cui l’editore si trova aoperare. Spostandoci dalla scuoladi base alla riforma dei Conserva-tori le problematiche sono in partesimili, con alcune complicazioni.Abbiamo fino ad ora avuto pro-grammi basati su un repertorio cheè stato declinato editorialmente inmille modi, mentre dal punto di vi-sta della trattatistica e metodisticaassistiamo alla preponderante ado-zione di metodi e trattati ormaiampiamente datati. Laddove ab-biamo cercato di sollecitare interes-si verso una didattica improntata aprincipi di apprendimento più re-

centi, non assimilabili all’approc-cio meramente tecnico-riprodutti-vo, non possiamo dire di avereavuto riscontri pienamente soddi-sfacenti. Penso al progetto editoria-le intitolato Percorsi nella musica,rivolto all’alfabetizzazione musica-le e avviato da qualche anno, cheaccoglie contributi provenienti siadalle principali metodologie stori-che europee del Novecento sia dal-la ricerca in campo didattico-musi-cale svolta in area anglo-america-na. Questo progetto, indirizzato al-la formazione musicale di base,propone un itinerario didattico incui i vari aspetti legati all’esperien-za della musica possano concorrereall’acquisizione del linguaggio mu-sicale. Ebbene, per quanto i volumiabbiamo ricevuto un’ottima acco-glienza di critica, il riscontro com-merciale non può considerarsi al-trettanto soddisfacente. Questo si-gnifica che, pur in presenza di pro-poste innovative da parte dell’edi-tore, è lo stesso corpo docente chea volte stenta a adottare nuovi me-todi, vuoi per convinzione o peruna sorta di pigrizia intellettualeche porta a ripercorrere metodolo-gie di insegnamento ampiamenteacquisite a dispetto di proposte checomportano un ripensamento dellapropria attività didattica. Se la ri-forma, della quale non conosco an-cora dettagliatamente i contenuti,conterrà capitoli dedicati anche al-l’aggiornamento delle metodologiedidattiche, potremo assistere ad untipo di trasmissione dei contenutida parte dei docenti agli allievi chesia più vicino al modo di apprende-re che caratterizza i bambini e i ra-gazzi delle nuove generazioni. Perquanto riguarda l’ampio spazioconcesso dalla riforma all’autono-mia dei Conservatori, questo com-porta dal punto di vista editorialeuna parcellizzazione del mercato –

in quanto ogni Conservatorio avràcorsi propri, a volte unici – che, senon spaventa nei numeri in quantole nuove tecnologie di stampa per-mettono di affrontare anche tiratu-re basse, rende più complesso ilconcepimento di prodotti editorialipiù assimilabili a dispense universi-tarie che non a testi di adozione.Alcuni direttori di Conservatorio edocenti interrogati su queste pro-blematiche non hanno fatto checonfermare le opinioni che ho quiespresso. Sono peraltro convintache non appena la riforma scolasti-ca sarà completamente attuata saràpiù agevole delineare una strategiaeditoriale che, pur con caratteristi-che proprie, si misuri con il nuovocorso della scuola.

2. In un mercato in flessione, ab-biamo avuto negli ultimi due annibuoni risultati grazie a precisescelte editoriali. Abbiamo consoli-dato il repertorio base di Casa Ri-cordi, vale a dire essenzialmente ilgrande repertorio operistico italia-no di Ottocento e Novecento im-primendo una forte accelerazionealle edizioni critiche (oltre alle edi-zioni di Rossini, Donizetti, Verdi,abbiamo avviato di recente l’edi-zione critica delle opere di Vincen-zo Bellini) e alle opere del primoNovecento italiano di autori comeAlfano, Casella, Malipiero, Ma-scagni, Pizzetti, Respighi, Zando-nai, un repertorio, per molti anninegletto, che sta suscitando un vi-vo interesse da parte di molti ope-ratori teatrali e che pensiamo val-ga seriamente la pena di far cono-scere. Accanto a questa linea, ab-biamo avuto un’importante indi-cazione di traiettoria da alcunepubblicazioni di confine tra musi-ca leggera e classica: mi riferiscoad antologie per pianoforte cheraccolgono celebri brani di classi-ca e di leggera, presentati in tra-scrizioni facili e accurate. Questiprodotti editoriali hanno incon-trato il gusto e le capacità del prin-cipiante e dell’amatore. Ampio ri-scontro sta avendo la nuova seriededicata alla musica operistica,Cantolopera. Anche in questo ca-so, il successo di questa iniziativaè dato certamente dal fatto che Ri-cordi è l’editore per eccellenza nel

Raggiungere pubblici diversisoddisfacendo molteplici esigenze

ILARIA NARICI

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L’associazione alla Siem è un’occasione preziosa per:• partecipare e far progredire il dibattito pedagogico e didattico in ambito musicale• conoscere esperienze, tecniche e metodi nuovi per l’educazione musicale• intervenire nelle sedi istituzionali per migliorare la formazione musicale

I soci, oltre a partecipare alle attività e alle iniziative della Siem, ricevono:• la rivista Musica Domani• i Quaderni di ricerca e di didattica della Siem• Siem informazioni, inserto del numero di aprile del Giornale della Musica

campo della musica operistica de-gli ultimi due secoli, ma è in mag-gior parte dovuto al fatto che, uni-tamente alle riduzioni per canto epianoforte, viene offerto un cdcontenente le arie interpretate e labase suonata da una vera orche-stra. Lo studente, il professionistaha dunque a disposizione a casasua un’orchestra che suona l’ac-compagnamento su cui può canta-re ed esercitarsi, mentre l’amatorepuò interpretare le proprie arie fa-vorite facendosi la barba. Questidue esempi ci mostrano come avolte basta dare una differente de-clinazione di uno stesso contenutoper ravvivare la curiosità su un re-pertorio e renderlo accessibile atarget molto differenti.Riguardo all’attenzione verso altreculture, abbiamo aperto gli oriz-zonti anche in questo senso. Tra lepubblicazioni più recenti vari volu-mi sono dedicati alle culture ex-traeuropee o al repertorio popolareitaliano, come guardiamo con mol-to interesse alla riflessione teoricasulle culture “altre” e sulla contem-poraneità, orizzonte espresso nellacollana di studi di carattere critico,sociologico, etnomusicologico de-nominata Le sfere. Riguardo al rinnovamento deicontenuti, laddove esso si sviluppain progetti multimediali, siamomolto cauti. Ho valutato alcuniprogetti molto interessanti riguar-do, ad esempio, all’apprendimen-to musicale nei bambini attraversol’utilizzo di tecnologie informati-che: allo stato attuale, nella quasi

totale assenza di dotazioni infor-matiche della nostra scuola di ba-se, credo siano da considerarsiprogetti pilota per un futuro nelquale la tecnologia informaticaentrerà nella scuola.

3. La nostra attività editoriale è inlarga parte mirata alle scuole dimusica, alla scuola di base e allascuola per l’infanzia. Guardandoalle edizioni per la scuola dell’in-fanzia e alla scuola di base, all’in-terno del nostro catalogo troviamopubblicazioni per gli insegnanti eper i bambini che si articolano inmodo graduale sui diversi versantidell’educazione musicale: il canto,l’attività strumentale, la composi-zione, il teatro musicale, l’attivitàmotoria collegata alla musica, ilraccordo con gli altri linguaggi.Abbiamo una collana dedicata allamessa in scena di operine teatrali,che permettono di realizzare un’at-tività interdisciplinare che coinvol-ge bambini di differenti gradi sco-lastici nel rapporto che intercorretra i vari linguaggi. Riguardo al-l’apprendimento della tecnica deglistrumenti, possiamo fornire un ric-co elenco di pubblicazioni volte al-l’acquisizione della tecnica di base,dal pianoforte alla batteria. Recen-temente abbiamo ampliato la se-zione dedicata alla musica corale,sulla spinta dell’importanza attri-buita a questa pratica musicale dal-la riforma Berlinguer (ricordiamo ilmotto “Un coro in ogni scuola”)con importanti sussidi didattici, tracui spicca il volume di Susan Love-

grove Graziano, Oggi si canta, cheaiuta l’insegnante a impostare il la-voro con la voce e a collegarlo conle altre attività dell’educazione mu-sicale. Non vi è stato negli ultimianni uno sviluppo del catalogo nel-la direzione di studi dedicati allaformazione pedagogica o volumivolti a fornire quadri metodologiciall’insegnamento. Pubblicazioni diquesto orientamento sono presentinel nostro catalogo, ma risalgono auna decina di anni fa. Nell’ambito della didattica stru-mentale non sono state trascuratele necessità di ampliamento e rin-novamento nonché di aperturaverso nuove prospettive, proposteche non hanno avuto l’accoglienzache era lecito attendersi. L’edizio-ne italiana di Játékok (Giochi) diGyörgy Kurtág credo sia stataun’apertura importante verso unmodo nuovo di avvicinare il bam-bino al pianoforte: non un metodoprogressivo, ma un materiale dautilizzare con intelligenza adattan-dolo al singolo allievo. La novitàdi questo metodo si basa su un ap-proccio molto più immediato allatastiera, ottenuto grazie all’ap-prendimento di “gesti” che dannoun risultato sonoro molto eviden-te e gratificante e coinvolgono ilbambino nella dimensione corpo-rea e fisica del rapporto con lostrumento. Ma anche in questocaso la proposta non è stata accol-ta con l’entusiasmo che credo me-ritasse, e i bambini continuano afare i primi passi sul pianoforte at-traverso il Beyer.

Via Dell’Unione, 4 – 40126 Bolognatelefono e fax: 011-9364761

e-mail: [email protected]: 19005404

Quote per il 2002:

soci ordinari e 31,00

studenti e 26,00

biblioteche e 31,00

soci sostenitori e 62,00

SIEMSocietà Italianaper l’Educazione Musicale

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1. In generale, nell’ambito dell’edito-ria musicale italiana occorre distin-guere due differenti tipologie. Da unaparte case editrici consolidate nei de-cenni o addirittura con una storia se-colare alle spalle; dall’altra, ed è ilnostro caso, nuovi progetti di intra-presa editoriale. Rispetto ad altripaesi europei ai quali la domandasembra far riferimento, in particolarmodo Francia e Germania, va rileva-to che l’editoria italiana del primo ti-po, per quel che riguarda la venditadi carta stampata, riversa massimaparte dei propri sforzi sulla produ-zione didattica, perché questa, unavolta imposta e consolidata sul mer-cato, garantisce in via inerziale unfatturato adeguato (al contrario, adesempio, della produzione di reper-torio cameristico). In una certa misu-ra ciò implica un oggettivo disinte-resse da parte di queste case editricial rinnovamento didattico. Tanto perintenderci, basta pensare che unametodologia di apprendimento mu-sicale che fa perno sul Pozzoli o sulBona non ha e non potrebbe averealcuna ragione di esistere al di fuoridel nostro paese, mentre qui, anchese didatticamente scellerata, conti-nua a risultare estremamente pre-miante sotto il profilo economico.Difficile quindi, e anche un po’ inge-nuo, confidare in una spontanea au-tocensura da parte di chi gode di talerendita di posizione. E del resto – aulteriore e decisiva giustificazione delcomportamento di queste case editri-ci e per meglio assegnare le responsa-bilità – non bisogna dimenticare chea far premio nella didattica dei con-servatori, e di riflesso anche di mol-tissime scuole private, è ancora unademenziale aberrazione come il sol-feggio parlato, protetto da una legis-lazione immarcescibile e da un con-gruo numero di cattedre: due ele-menti che scoraggiano decisamenteogni ipotesi di magnifica sorte e pro-

gressiva. In attesa della riforma (o delsuo funzionamento, che è anche peg-gio), alle case editrici del secondo ti-po non rimane dunque che rimirarecon estasiata invidia i fatturati altrui.

2. Ci siamo armati di pazienza. Con-siderando l’infausto blocco cultural-istituzionale di cui si parlava, si è de-ciso di praticare una politica edito-riale di piccoli passi, cercando di va-lorizzare esperienze di studio e ricer-ca che garantissero un profilo serio edurevole, al riparo da ogni infiltra-zione effimera mascherata da scienzadidattica. Da questo punto di vistanoi riteniamo l’approccio multime-diale, a parte qualche lodevole ecce-zione (che c’è sempre, ma che oranon mi viene in mente), una sorta dispirale infernale che finirà per per-derci tutti nella Geenna, come soste-neva Buñuel in Simon del deserto.Fuor di celia, un lascito maligno delsound system legato alla pervasivitàdel mercato informatico. Qualcosainsomma che confligge struttural-mente, al di là di ogni apparenza, conla singolarità del rapporto didatticotra insegnante e allievo, quando ci siriferisca a una dimensione esperien-ziale rivolta al canto e allo strumentoacustico. È chiaro che un approcciodidattico che si rivolga alle strutturedel sound system implica il ricorso aogni tipo di supporto multimediale.Si potrà per questa via sfoggiare unagrande sicurezza durante i karaoke.Ma noi ci occupiamo d’altro.

3. A tutti i settori di insegnamento, enon solo a quelli tradizionali, ma an-che a quelli da molto tempo consoli-dati all’estero e che da noi ancoranon godono di particolare favore,sempre grazie alla nostra arretratezzaculturale. Un settore specifico in cuiabbiamo avuto, credo, il merito dicolmare diverse lacune è quello delladidattica storica. Le nostre proposte

hanno ottenuto grande risonanza inmercati solitamente refrattari ad ac-cogliere progetti editoriali dall’esteroe in particolare dall’Italia. Vorrei quiaccennare a titolo esemplificativo siaal metodo per viola da gamba di duevalidissimi insegnanti italiani, PaoloBiordi e Vittorio Ghielmi, che apparein tre lingue, inglese, francese e italia-no, sia a quello per liuto rinascimen-tale di Andrea Damiani, che abbia-mo potuto tradurre in inglese in virtùdella forte richiesta. Di grande rilievoanche le ricerche di Giorgio Pacchio-ni e la monumentale collana direttada Andrea Bornstein dedicata allamusica a due voci dei secoli XVI-XVIII, la quale rivestì un ruolo fon-damentale nella didattica, svolgendotutte le funzioni che concorrevano al-la buona preparazione del professio-nista o del dilettante di musica: unametodologia ancora oggi abbondan-temente valida a tutti i livelli e addi-rittura indispensabile per chi vogliaaccostarsi con serietà al repertorio diquel periodo. Un’altra iniziativa digrande rilevanza e che ha riscossonotevoli apprezzamenti all’estero ri-guarda il corpus delle opere didatti-che per pianoforte di Muzio Clemen-ti: i tre volumi del Gradus ad Parnas-sum op. 44, la Practical Harmony, leSonatine op. 36 e il Metodo (Intro-duction to the Art of Playing on thePiano Forte, op. 42) vengono ripro-posti in versione Urtext nell’ambitodell’edizione in 60 volumi degli Ope-ra omnia dell’autore. Recentemente,infine, grazie all’impegno e alla com-petenza di Alessandra Anceschi, Ire-ne Bonfrisco, Ester Seritti e Gabrie-langela Spaggiari, abbiamo avviato ilprogetto Fare musica – Quaderni perla prima formazione musicale. Sitratta di un’opera di notevole valoredidattico, fondata su una sperimen-tazione di anni da parte delle autrici,le quali hanno ottenuto risultati dav-vero lusinghieri attraverso questametodologia. La serie, articolata indieci fascicoli, sei dei quali già dispo-nibili, si prefigge la finalità della for-mazione musicale globale dell’allie-vo, correlando obiettivi, contenuti emateriali in forma trasversale. Leesperienze raccolte antepongono lapratica alla grammatica e riunisconoproposte di diversa tipologia apposi-tamente modellate sulle tappe dellosviluppo musicale del bambino.

I magnifici fatturatidell’editoria tradizionale

ELISABETTA PISTOLOZZI

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Spesso in questa rubrica ho sottolineato come il labo-ratorio musicale sia in molti casi divenuto un punto diriferimento e un centro di promozione di attività mu-sicali non solo per le scuole direttamente coinvolte,ma per un intero territorio. Questo è ancora più evi-dente in zone in cui l’offerta in campo musicale è mol-to povera, come ad esempio la città di Agrigento dovemanca anche una scuola musicale comunale o unabanda cittadina. Le uniche forme organizzate di atti-vità di formazione musicale per bambini e ragazzipresenti nella città e dintorni sono rappresentate dadue laboratori musicali, da un’unica scuola media a in-dirizzo musicale di recentissima istituzione e da unistituto musicale privato. Tra queste è di particolareinteresse l’attività promossa dal laboratorio musicale“Esseneto” che ha sede presso il III Circolo Didatticodi Agrigento. La struttura serve i plessi del Circolo Di-dattico (una scuola materna e una scuola elementare)e l’Istituto Comprensivo “Castagnolo” (una scuolamaterna, una elementare e una media) per un totaledi 1190 alunni.La coordinatrice del laboratorio è la dottoressa AnnaMaria van der Poel, esperto esterno con un contratto diprestazione d’opera professionale a scadenza annuale.Si avvale del segretario d’istituto, del docente di educa-zione musicale e di un gruppo di cinque operatori musi-cali per la gestione delle attività pomeridiane con con-tratti di prestazioni professionali occasionali.Gli spazi destinati al laboratorio si articolano in treambienti, specificamente ed esclusivamente attrezza-ti per lo svolgimento di diverse attività musicali:un’aula grande fornita di strumentazione per attivitàcollettive, un’aula di minori dimensioni per lavori inpiccoli gruppi destinata anche a libreria (con testi,spartiti, dischi), un auditorium con palco e impianto diamplificazione. I tre ambienti formano un unico com-plesso operativo, sono accessibili direttamente dall’e-sterno, non presentano barriere architettoniche e so-no isolati acusticamente dagli altri ambienti scolasti-ci. Il laboratorio viene utilizzato in primo luogo per leattività curriculari delle scuole in rete.Per assistere e guidare gli insegnanti di Educazione alsuono e alla musica sono stati approvati e finanziatidal fondo d’istituto dei percorsi educativi, gestiti daesperti esterni che, nell’anno scolastico 2001-2002,hanno attivato il progetto “Canto – Ritmo – Movimen-to” per la scuola materna (40 ore, docente: Tiziana

Sciaratta) e il progetto “Educazione al Suono”, per lascuola elementare (55 ore, docente: Anna Maria vander Poel).Nelle ore pomeridiane il laboratorio è aperto ad attivi-tà extracurriculari e vi accedono 120 bambini di etàtra 3 e 14 anni, provenienti da tutte le scuole del terri-torio di Agrigento. Vengono proposte attività diverse,studiate per fasce d’età e per gruppi d’interesse e ge-stite da operatori esterni. Nel 2002, ad esempio, sonostati avviati: percorsi di sperimentazione musicaletramite giochi ritmici, fiabe sonore ed espressionecorporea rivolti a bambini di 3 e 4 anni; corsi di primoapproccio alla pratica musicale tramite l’uso della vo-ce, il corpo e gli strumenti musicali per bambini di 5 e6 anni; gruppi corali e strumentali per bambini da 7 a12 anni; corsi per l’apprendimento della tastiera elet-tronica per bambini da 7 a 12 anni; lezioni collettive dichitarra per bambini del secondo ciclo della scuolaelementare e della scuola media. Inoltre la scuola me-dia, da alcuni anni, ha destinato 6 ore settimanali al-l’espletamento di diverse attività musicali integrativeall’insegnamento curriculare, che vengono svolte dipomeriggio. Tramite un apposito protocollo d’intesa, il laboratorio èa disposizione della sezione territoriale della Siem per losvolgimento delle sue attività di formazione e aggiorna-mento. Nell’anno scolastico 2001/2002 esso ha ospitato5 corsi di aggiornamento, rivolti a insegnanti di musicadi ogni ordine e grado e a operatori musicali, tenuti dadocenti come Antonio Giacometti del Conservatorio diModena, Carlo Delfrati dell’Università di Pavia, SabineOetterli docente di ritmica Dalcroze (Roma), Elisa Poido-mani dell’Istituto Musicale di Catania, Maurizio Spacca-zocchi del Conservatorio di Pesaro.Il laboratorio si sta aprendo inoltre ad altre realtà pre-senti sul territorio, come la cooperativa sociale chefornisce servizi socio-sanitari, con la quale la scuolasta progettando una richiesta di finanziamento perattivare all’interno del laboratorio un centro di aggre-gazione giovanile ai sensi della Legge 285 a favoredei minori. Si prospettano inoltre la collaborazione ela consulenza tra gli operatori musicali e alcune figu-re professionali della cooperativa (psicologo, pedago-gista, assistente sociale ecc.).Il laboratorio collabora inoltre con il Centro di Studiper la Terapia, Educazione e Formazione e con il ser-vizio di neuropsichiatria infantile e l’ufficio di educa-zione alla salute dell’Ausl locale per scambio di infor-mazioni, consulenze professionali e segnalazioni reci-proche.

Agrigento: il laboratoriocome centro propulsore

CARLA TESSARI

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Quali relazioni intercorrono tramusica, cultura e società? Com’èpossibile studiare i rapporti tra itesti musicali e i loro contesti?A domande di questo genere cer-cano di rispondere i saggi raccoltiin questo libro da Francesco D’A-mato, giovane studioso che colla-bora con la cattedra di Sociologiadelle comunicazioni di massa del-l’Università “La Sapienza” di Ro-ma.Il volume, dopo una breve pre-messa del curatore, si apre conuno scritto del sociologo della mu-sica Simon Frith, “Note introdut-tive”, che fornisce degli spunti diriflessione decisamente stimolantisu alcuni dei concetti che nellaraccolta ricorrono più frequente-mente: popular music, interdisci-plinarità, sociologia, generi.Lo studioso britannico e gli altriautori interpellati da D’Amatocentrano la loro attenzione su al-cune delle principali questioni dimetodo sorte nelle indagini sullapopular music, che vengono af-frontate tenendo presente che taliproblemi riguardano anche lo stu-dio di altre forme culturali (adesempio, la letteratura o il cinema)e, all’interno della musica, di altrirepertori.A tale proposito, Frith rileva che«ci sono due lacune significativenegli attuali lavori sociologici sul-la musica. Per prima cosa, se esi-stono utili studi sull’industria mu-sicale, la ricerca della produzionemusicale dal punto di vista deimusicisti è ancora insufficiente.Perché i musicisti fanno ciò chefanno? Chi sono i musicisti? Dadove vengono? In secondo luogo,nonostante tutte le raffinatezzeconcettuali dei cultural studies, re-stiamo alquanto all’oscuro su ciòche accade quando le personeascoltano musica, quando la “usa-

no” o la “consumano”» (pp. 13-14). A partire da tali osservazioni,viene allora proposto di sviluppa-re delle ricerche interdisciplinarisull’impiego che la gente fa dellamusica nella vita di tutti i giorni esulla relazione tra la musica, lesensazioni e le emozioni, nellequali siano coinvolte una sociolo-gia attenta alle pratiche micro-strutturali, una psicologia dispo-sta a occuparsi di ciò che avvienefuori dai suoi laboratori e una mu-sicologia capace di dialogare conle scienze umane.In linea con tale proposta è il tito-lo della prima parte del volume,“Convergenze”, nella quale ci vie-ne presentato un percorso che vagradatamente dal generale allospecifico. Si parte da un’ampiarassegna di D’Amato sulle disci-pline che hanno affrontato le rela-zioni tra il testo musicale e il suocontesto: la sociologia, l’etnomu-sicologia, i cultural studies, l’etno-grafia e la musicologia. È unoscritto assai denso, che per la suaaccuratezza e il suo acume consi-glierei non solo a chi intenda ave-re una prima introduzione sull’ar-gomento, ma anche a chi è interes-sato ad approfondire le proprieidee a tale proposito. L’unico ap-punto critico che farei è che nellarassegna fornita, se il versante del-l’applicazione delle scienze umanealla musica è coperto in modosoddisfacente, quello degli studimusicologici si riduce quasi esclu-sivamente alla considerazione diautori che si sono occupati preva-lentemente di popular music (co-me John Shepherd, Richard Midd-leton o Philip Tagg), rinunciandocosì a considerare gli spunti chesul problema della relazione tratesto e contesto sono stati fornitidagli storici della musica colta(pensiamo, ad esempio, ai tedeschi

Carl Dahlhaus e Hans HeinrichEggebrecht o ai “new musicolo-gists” statunitensi) e dai musicolo-gici che l’hanno affrontata con ap-proccio sistematico, come è il casodi Mario Baroni o di Jean-JacquesNattiez.Al saggio di D’Amato fa seguito“Dal testo al genere: musica, co-municazione, società” di John She-pherd, che considera come possaessere realizzata negli studi sullapopular music «una vera interdi-sciplinarietà – in contrapposizionealla multidisciplinarietà» (p. 66).Shepherd in primo luogo si do-manda quali accezioni del terminetesto siano usate da chi affronta lapopular music parlando di “testimusicali”. Vengono allora distintedue applicazioni di tale termine:da una parte, quella che si rifà alconcetto di testo sviluppato da Ju-lia Kristeva e Roland Barthes (apartire dalle teorie linguistiche diDe Saussurre) secondo i quali è te-sto ogni processo o artefatto cul-turale in grado di produrre signifi-cato; dall’altra, quella che ripren-de l’uso più comune del terminetesto, per indicare la forma scritta,visibile, di un messaggio.Secondo Shepherd entrambi que-sti approcci si sono trovati di fron-te a dei problemi di difficile solu-zione: la prima tendenza, che con-siste nel considerare come testomusicale la dimensione culturaledella musica, è stata sviluppata so-prattutto da ricercatori con unaformazione in sociologia o in co-municazione, come Simon Frith.La loro ipotesi centrale è che, «da-to che i suoni musicali non posso-no articolare “significati” nel sen-so convenzionale del termine,qualunque significato attribuitoalla musica deve essere la conse-guenza di ciò che le persone dico-no di essa. (…) Per questi studiosi,quello che viene detto sulla popu-lar music è molto più importantedelle proprietà formali dei suoniper arrivare ai suoi “significati”.La musicologia pertanto, con lesue branche di teoria e analisi mu-sicali, può essere di ben poco aiu-to a questo compito» (p. 75). Sor-ge allora il problema di trovare unmetodo alternativo a quello musi-cologico per cogliere i significati

La difficile ricercadei significati sociali in musica

LUCA MARCONI

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sociali della musica, problema chefinora non è stato risolto in modoparticolarmente brillante.Il secondo tipo di tendenza consi-ste invece nel concepire come testomusicale ciò che di un brano puòessere indicato da qualche formadi scrittura; questo approccio èstato adottato soprattutto da chiha cercato di studiare la popularmusic applicandovi gli strumentianalitici sviluppati dalla musicolo-gia. Secondo Shepherd, in questocaso i risultati sono stati insoddi-sfacenti per due ragioni: «il primomotivo […] è che gli strumentidella teoria e dell’analisi musicalenon possono “cogliere” i proble-mi di timbro e di inflessione, duedegli elementi più rappresentativinella maggior parte dei generi del-la popular music. Il secondo moti-vo è molto più immediato. Poichéla convinzione più diffusa nellamusicologia è stata quella che lamusica classica è essenzialmenteasociale, con “significati” intrin-seci ai suoni, gli strumenti dellateoria e dell’analisi musicale nonhanno gli elementi per collegarel’analisi musicale al problema deisignificati sociali della musica»(pp. 77-78).La proposta alternativa che vieneavanzata è di porre al centro deglistudi sulla popular music, più cheil concetto di testo, quello di gene-re, così come è stato sviluppatosoprattutto da Franco Fabbri, co-me «insieme di fatti musicali, realie possibili, il cui svolgimento è go-vernato da un insieme definito dinorme socialmente accettate» (F.Fabbri, Il suono in cui vivamo,Feltrinelli, 1996, p. 13). Tale con-cetto permetterebbe di evitare ildistacco dalla musicologia realiz-zato da chi ha applicato alla musi-ca la nozione di testo di Barthes, enello stesso tempo di non caderenel disinteresse per il contesto so-ciale e nell’enfatizzazione degliaspetti musicali trascrivibili checaratterizzano gli studi sulla po-pular music più vicini alla musico-logia.Se si può concordare con tale va-lorizzazione del concetto di gene-re, si possono invece nutrire pa-recchi dubbi sulla pars destruensdi questo saggio: le critiche all’ap-

proccio barthesiano alla musicasono alquanto confuse e farragi-nose, mentre le affermazioni sui li-miti dell’analisi e sulla convinzio-ne musicologica della “asocialità”della musica risultano piuttostodatate e sbrigative.Franco Fabbri, citato nella parteconclusiva dello scritto di She-pherd, firma il saggio successivo,“Appunti sui generi: da Aristotelea Yahoo!”. Dopo aver scrutato dadiversi punti di vista la questionedei generi musicali, in questo casol’autore de Il suono in cui vivia-mo sceglie un’ottica insolita: la ri-caduta delle riflessioni su talequestione in ambito legislativo.Punto di partenza è una discussio-ne avuta da Fabbri con OberdanForlenza, uno dei principali re-dattori del testo della legge sullamusica proposto dal nostro pre-cedente governo, sul modo in cuitale legge affrontava la distinzio-ne dei generi musicali praticati inItalia; alla luce di tale discussione,viene sostenuto che «prima di fa-re una legge sulla musica – presoatto che nella musica esistono deigeneri (…) – è necessario ricono-scere quali sono, come si articola-no, come si organizzano, che si-gnificato ha l’esistenza di ciascu-no e dei relativi raggruppamenti»(p. 93), in modo da poter scriveredelle regole adeguate. Sappiamobene, invece, che spesso tra stu-diosi e legislatori non c’è comuni-cazione; nel caso dei regolamentisulle pratiche musicali si può ag-giungere il rischio che venga adot-tata una visione superficiale dellaloro distinzione (rinvenibile spes-so anche nelle posizioni di sini-stra), che può condurre anche i le-gislatori in buona fede ad arreca-re gravi danni.La prima parte del volume si chiu-de infine con “Chimere. Note sualcune musiche (im)popolari con-temporanee” di Roberto Agostini,che presenta una serie di concettiutili per analizzare la relazione trai brani di popular music e le espe-rienze del suo pubblico, riformu-lando in una nuova prospettivaspunti tratti da numerosi teorici,quali ad esempio Gino Stefani,Philip Tagg, Richard Middleton eFranco Fabbri. Per esemplificare

tali concetti, ci si concentra soprat-tutto su due generi, la techno e ildeath metal, che, insieme all’hip-hop, hanno caratterizzato il pano-rama musicale underground dellafine del ’900, e che vengono letticome espressioni di un’estetica delmostruoso, meraviglioso, perico-loso e impossibile, sintetizzata nel-la figura della chimera. Al di làdell’interesse che si può avere perlo studio di tali generi, lo scritto diAgostini vale la pena di essereconsiderato per il suo rigore esem-plare e per la quantità di indica-zioni che vengono fornite per unacomprensione critica anche di altritipi di popular music.Si passa poi alla seconda parte dellibro, “Scenari”, il cui titolo evi-denzia che ciò che accomuna i trescritti in essa raccolti è l’attenzio-ne per il ruolo giocato in ambitomusicale dalle situazioni sociali edai soggetti che si muovono al lo-ro interno.“World cities e world beat: la mu-sica come pharmakon” di GeorgeLipsitz, docente di Ethnic Studiesall’Università della California diSan Diego, affronta lo scenarioche fa da sfondo all’hip-hop lati-no, cioè al rap realizzato da musi-cisti di etnia centro-americana(messicana, portoricana, cubanaecc.) nati e residenti nelle grandimetropoli multietniche statuni-tensi, quali Los Angeles o NewYork. Rifacendosi alla distinzionedi Adorno tra la critica immanen-te e quella trascendente, Lipsitzsostiene che questi rappers «inun’epoca dominata dalla culturacommerciale e in un momento incui i movimenti di massa sono de-boli […] si sono rivolti verso criti-che immanenti che cercano di esa-cerbare le contraddizioni e le ten-sioni già presenti nella societàpiuttosto che fare un balzo utopi-stico verso arti e politiche più tra-scendenti» (p. 146). Nelle argo-mentazioni che sostengono taleaffermazione, purtroppo, scarseg-giano le riflessioni sulle scelte mu-sicali effettuate nell’ambito delgenere affrontato.“Distribuzione e downloading: lamusica e le tecnologie del web” diSteve Jones, autorevole studiosodei nuovi media, considera i cam-

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Gli insegnanti che nel numero pre-cedente di Musica Domani hannoapprezzato il lavoro proposto daElita Maule sulle possibilità didat-tiche della musica dei cartoni ani-mati, saranno felici di sapere chesu tale argomento esiste anche unlibro, corredato da cd, che appro-fondisce le numerose piste di lavo-ro legate a questo genere televisivotanto amato dai piccoli, in una lo-gica di valorizzazione della loro

cultura multimediale.Il testo invita gli adulti a intra-prendere un «viaggio didattico neltempo e nello spazio con le musi-che del cinema di animazione»,dalle quali si prende spunto perapprofondire aree geografichemusicali e per compiere un excur-sus storico tra generi, formule estili legati alla tradizione musicale.L’introduzione del libro, nellaquale Elita Maule illustra i pre-

supposti teorici e metodologici delproprio lavoro organizzato a pro-getti, offre agli insegnanti nume-rosi elementi di riflessione e unaricca bibliografia utilissima a chiintende occuparsi di pedagogia edidattica del cinema e della televi-sione, con particolare riferimentoall’aspetto sonoro. Ma soprattut-to spiega con chiarezza l’organiz-zazione dei progetti che seguonouna stessa scansione metodologicae possono facilmente trasformarsiin modalità operative per il lavoroin classe.A una prima analisi del cartone pre-so in esame nei suoi aspetti sonori einterdisciplinari (visivi, narrativi...)segue un lavoro di confronto tra lemusiche del film e altri brani, fina-lizzato a scoprire differenze e somi-glianze (l’analisi dei brani è guidatada un questionario).

biamenti nella vita musicale pro-vocati in questi ultimi anni da In-ternet. A tale proposito, viene rile-vato che si sono realizzati processidi «dis-intermediazione», cioè dieliminazione di alcuni apparati dimediazione, visto che si può ascol-tare musica registrata senza do-versi procurare dischi o cassette osenza collegarsi a radio e televisio-ni, accanto a processi di «re-inter-mediazione», cioè di creazione dinuove infrastrutture industriali,costituite ad esempio dai siti doveper ascoltare o scaricare musica ènecessario effettuare dei pagamen-ti. Come conseguenza, Jones pre-vede che i consumatori godrannodi una maggiore varietà di offerterispetto a quelle oggi a loro dispo-sizione e che «l’abilità dell’indu-stria musicale nel controllare ilmainstream musicale e nel crearenuovi artisti di successo verràmessa a dura prova, perlomenonel breve periodo» (p. 156). Viene inoltre notato che Internet,favorendo la comunicazione tramusicisti e tra ascoltatori moltolontani tra loro, è in grado di for-mare nuove comunità musicali,fondate non sulla vicinanza spazia-

le dei suoi membri, ma su altri tipidi associazione: potenzialmente, nedovrebbe risultare una maggiorevarietà nell’ambito della quale sce-gliere con chi interagire musical-mente, ma c’è sempre il rischio cheanche in questo ambito si preferi-sca avere a che fare solo con il pro-prio simile, perdendo sempre più lacapacità di confrontarsi con chi ètroppo diverso da noi.La raccolta si chiude con il saggio“L’ascolto ubiquo” di Anahid Kas-sabian, attuale presidente dell’In-ternational Association for theStudy of Popular Music, che si con-centra sul modo in cui viene oggivissuta negli ambienti industrializ-zati la musica di sottofondo, cioèquella che si trova nei luoghi di la-voro, nei negozi o a casa nostramentre la nostra principale occu-pazione non è quella di ascoltarla.Una volta rilevato che gli studi suquesto argomento sono rari e in-completi, viene sostenuto che i no-stri più recenti rapporti con la mu-sica di sottofondo «ci contraddi-stinguono come partecipanti a unanuova forma di soggettività» (p.167), che «non è individuale, non èdefinita da Edipo, o dall’agire, o da

un’unità discreta» (p. 172), ma èinvece caratterizzata dal fatto cheogni fruitore è «una parte di unarete sempre presente e in costantemovimento» (ibidem).Sono fenomeni che meritano senzaalcun dubbio di essere consideratiattentamente, dato che sono sem-pre più presenti nella nostra vita,anche se spesso non ce ne accor-giamo. Ne “L’ascolto ubiquo”, pe-rò, le argomentazioni realizzatenei loro confronti sono a voltepiuttosto oscure, e rischiano di in-correre nell’errore in cui spesso sicade affrontando questo tema:quello di presentare l’ascolto dellamusica di sottofondo non comeuna delle tante modalità di fruizio-ne musicale presenti nella nostrasocietà, ma come l’unica modalitàfruitiva che la caratterizza o quan-tomeno come la più attuale e la piùinfluente tra quelle esistenti.

Francesco D’Amato (a cura di),Sound Tracks. Tracce, conver-genze e scenari degli studi musi-cali, Edizioni Maltemi, Roma,pagine 191, t 15,50.

La valigia dei cartoni

FRANCA MAZZOLI

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rivis

teL’organizzazione delle informa-zioni acquisite attraverso l’ascoltoe l’analisi viene poi sviluppata at-traverso attività di approfondi-mento e rielaborazione basate sumateriali iconografici, sonori oscritti offerti nel testo.Conclude il percorso un’ultima fa-se di rielaborazione e appropria-zione creativa dei contenuti delcartone e delle informazioni ac-quisite, attraverso attività espres-sive legate alla danza, al canto, ealla produzione sonora, quindi al-l’area linguistica specifica del la-voro, che si vuole affermare comepeculiare e prioritaria.Una volta compresa la logica e lametodologia della proposta, la let-tura dei progetti raccolti nella pri-ma e seconda parte del libro risul-ta molto più semplice, perché di-venta facile comprendere funzionee significato delle diverse articola-zioni del testo. La scrittura dei progetti punta in-fatti a condurre il lettore passopasso nello specifico itinerario di-dattico, utilizzando come mate-riale di partenza il filmato presoin esame, e fornendo testi, imma-gini, partiture per sviluppare atti-vità di lettura, produzione e riela-borazione.Può essere utile tracciare unamappa delle possibilità di viaggiocontenute nel libro: Brasile e Mes-sico, mondo arabo e ebraico, maanche Vienna come capitale delvalzer, con qualche breve incursio-ne nel melodramma, nella musicasinfonica e per il balletto, ma an-che nella musica occidentale traOttocento e Novecento.Un libro pieno di spunti e di pro-poste di viaggio da mettere in pra-tica con i bambini per condividerela loro esperienza televisiva, valo-rizzando e ampliandone la dimen-sione musicale.Un libro come una valigia, di car-toni.

Elita Maule, La musica dei car-toni. Viaggio didattico nel tem-po e nello spazio con le musichedel cinema di animazione, Qua-derni operativi dell’Istituto pe-dagogico di Bolzano, EdizioniJunior, 2001, t 12,91.

DA NON PERDERE di Luca Marconi

Per inaugurare le sue pubblicazioni nel ventunesimo secolo, la Rivi-sta Italiana di Musicologia ha realizzato un numero doppio mono-grafico sui diversi aspetti che hanno caratterizzato le riflessioni no-vecentesche sulla musica: Paola Besutti si occupa di “Storia, musi-ca e musicologia in Italia nell’età della ‘rivoluzione’ storiografica”,Guido Salvetti affronta alcune “Ideologie politiche e poetiche musi-cali nel Novecento italiano”, Carlo Migliaccio studia “La filosofiadella musica del Novecento”, Agostino Di Scipio esamina la “Tecno-logia dell’esperienza musicale del Novecento”, Giorgio Adamo pre-senta “Temi e percorsi dell’etnomusicologia in Italia (1948-2000)”,e Roberto Giuliani considera “Le fonti sonore e audiovisive e la sto-riografia contemporanea”.Due scritti fanno il punto sulle attività di analisi musicale: sono fir-mati da Mario Baroni (“L’analisi musicale: una pratica inquieta emutevole”) e da Jean-Jacques Nattiez (“Modelli linguistici e analisidelle strutture musicali”).Dal punto di vista didattico, il saggio di più immediato interesse èquello di Michel Imberty, “Prospettive cognitiviste nella psicologiamusicale odierna”, nel quale si sintetizzano le problematiche fon-damentali affrontate dalla psicologia cognitiva della musica, par-tendo da alcune osservazioni sulle ricadute in tale ambito delle teo-rie di Piaget, di Chomsky e della Gestalt, sottolineando soprattuttole questioni che riguardano la temporalità musicale.

Lo psicologo Adrian North e il pedagogista David Hargreaves pre-sentano alcune ricerche da loro condotte sulle opinioni degli adole-scenti britannici riguardo al ruolo giocato dalle preferenze musicalicome tratto distintivo attraverso il quale manifestare la propriaidentità.In particolare, viene esaminato se gli adolescenti ritengono che tragli appassionati di generi musicali diversi ci sia una differenza nonsolo di gusti musicali, ma anche di status sociale e di scelta di valo-ri, se le loro preferenze musicali tendano a essere coerenti con l’im-magine di sé che essi hanno, e se tendano a cambiare il loro atteg-giamento a seconda che si trovino a interagire con chi ha i loro stes-si gusti musicali o con chi ha invece gusti musicali diversi.

Rivista Italiana di Musicologia. Periodico della Società Italiana diMusicologia, vol. XXXV, nn. 1-2, 2000, “Le discipline musicologiche:Prospettive di fine secolo”

Adrian North e David Hargreaves, “Music and adolescent identity”,Music Education Research, volume 1, numero 1, marzo 1999, pp. 75-92 (reperibile nella Biblioteca del Dipartimento di Musica e Spetta-colo dell’Università di Bologna)

Il rapporto tra musica ed emozionicostituisce un tema di grande inte-resse per gli studi musicologici maanche psicologici, psicanalitici e se-miologici. Non è un caso, quindi,che la letteratura sull’argomentosia vasta e ricca di orientamenti epunti di vista a volta anche sensi-bilmente diversi. In Italia, negli ul-timi anni, l’attenzione alle multi-formi relazioni tra musica ed emo-zioni ha visto una ripresa d’interes-se anche attraverso un convegnotenuto ad Assisi (atti in EducazioneMusica Emozioni a cura di MarioPiatti), a diversi articoli usciti suProgetto Uomo Musica e alla pub-blicazione del libro Intense Emo-zioni in Musica curato da Gino Ste-fani, oltre che da diversi contributiprovenienti dalle esperienze dellamusicoterapia.Tuttavia, osserva Luca Marconi,nel panorama editoriale italianonon esisteva sino a oggi un testoche trattasse con «sguardo unita-rio le diverse relazioni che la musi-ca intrattiene col mondo delleemozioni» (p. 11). Il libro di cuidiscutiamo si propone quindiesplicitamente di colmare tale la-cuna anche se, ci avverte l’autore,il progetto si concentra essenzial-mente su due temi «tra loro stret-tamente interrelati: l’espressivitàemotiva della musica e la sua ca-pacità di provocare risposte emo-tive nel corso dell’ascolto» (p. 11).Questi due temi conduttori dell’o-pera vengono trattati soprattuttofacendo riferimento a una lettera-tura scientifica vasta e diversifica-ta dal punto di vista storico e di-sciplinare. Il libro propone cosìuna rivisitazione di posizioni sto-riche come quelle di Hanslick, perpoi incontrare orientamenti e teo-rie classiche della musicologia co-me quelle di Langer e di Meyer,studi fondamentali come quelli di

Francès, sino a giungere ad autoripiù recenti come Imberty, Dela-lande, Kivy.Gli autori che abbiamo citato so-no solo alcuni dei punti di riferi-mento di Marconi, che confrontae contamina con competenza datiprovenienti da diversi campi di ri-cerca e in particolare la musicolo-gia, la psicologia e la semiologia,terreno sul quale, per formazionee storia personale, si muove conparticolare facilità.Proprio dalla semiologia e in parti-colare da Eco sono ripresi, per esem-pio, i concetti di «autore modello/autore empirico», come la distinzio-ne tra «il soggetto di una strategiatestuale/il soggetto dell’enunciazio-ne testuale», fondamentali nell’im-pianto argomentativo soprattuttodella prima parte del libro. Un altro concetto, in questo casooriginale, che attraversa il libro èquello di «condotta di ricerca diintersoggettività». Per giungere atale definizione, Marconi fa reagi-re le ricerche di Kivy e di Daviescon le teorie sulle «condotte d’a-scolto» di Delalande e con le for-mulazioni tra psicanalisi e psicolo-gia di Stern. Il percorso propostoda Marconi ipotizza «che spessole espressioni emotive altrui pro-vochino delle “esperienze regola-trici del Sé” e che il bisogno di vi-vere una di tali esperienze possaessere soddisfatto sentendo unframmento musicale come un’e-spressione emotiva attraverso unaproiezione metaforica» (p. 33).Per soddisfare tale bisogno l’ascol-tatore ricorre a una percezione fi-siognomica, vale a dire a una per-cezione basata sul riconoscimentodi una serie di caratteristiche pre-senti in un messaggio che sono an-che presenti nell’organismo di chilo percepisce. In base a questoprocedere, Marconi propone di

aggiungere alle condotte d’ascoltogià proposte da Delalande la cita-ta «condotta di ricerca di intersog-gettività», basata su un’esperienzadel Sé con un altro regolatore delSé. All’interno di tale «ricerca diintersoggettività», che è la condot-ta fondamentale alla base del rap-porto tra musica, espressione edemozione, vanno inquadrate lesuccessive elaborazioni relative siaall’espressività della musica, masoprattutto alle emozioni dell’a-scoltatore. Rispetto a questo se-condo filone di ricerca, Marconiesamina diversi tipi di possibile ri-sposta emotiva: il condizionamen-to, la riposta motoria, il contagioemotivo, la tensione ecc., tenendosullo sfondo di questa trattazioneil dibattito tra coloro che vengonodefiniti da Kivy come «cognitivi-sti» o «emotivisti» (p. 227).Il testo di Marconi offre una vali-da rassegna critica degli studi diambito accademico sulle emozioniin musica, ma supera positiva-mente i limiti di tale tipo di opereproponendo punti di vista incon-sueti, rielaborazioni e integrazionioriginali e nuovi spunti per la ri-cerca. Su quest’ultimo punto cre-do si possa anche invitare l’autorestesso a impegnarsi nel prossimofuturo. Ci riferiamo in particolareal fatto che nel testo di cui trattia-mo sono pochissimi i riferimenti aesperienze musicali relative allamusica contemporanea e non col-ta – gli esempi sono quasi solo direpertorio classico-romantico – ealla necessità di coniugare le ricer-che esposte nel libro con altremaggiormente contestualizzate inambiti definiti, che possano daremaggiore incisività e completezzaalle ipotesi formulate. Quest’ultimo orientamento di ri-cerca peraltro non è assente nelpercorso scientifico dell’autore,come attestano alcuni precedentilavori di Marconi che potrebberoessere ripresi e portati a sintesi, nelmetodo e negli obiettivi, con que-st’ultimo testo.

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Luca Marconi, Musica, Espres-sione, Emozione, Clueb, Bolo-gna, 2001, pp. 314, t 25,83.

Alla ricerca delle radicidell’emozione musicale

MAURIZIO DISOTEO

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Non è un caso che il corso di “Let-tura della partitura” per allievi dicomposizione, così come scolastica-mente concepito nei vigenti pro-grammi conservatoriali di studio/esame, sia stato quello più frequen-temente riletto in diverse chiavi spe-rimentali, anche alla luce di inse-gnamenti di più o meno recente isti-tuzione (“Nuova didattica dellacomposizione”, “Direzione d’or-chestra”, “Musicologia”): eccessi-vo il carico di specifiche competen-ze pianistiche richiesto ad allievi didiversa provenienza strumentale eaffatto generico il percorso didatti-co, che si limita a tracciare la con-sueta retta dal semplice al comples-so, cioè dai due pentagrammi allapartitura orchestrale di Mahler eoltre.E non è un caso che l’artefice prin-cipale di tali riletture sperimentalisia stato, all’interno del Conserva-torio di Milano, proprio l’autore diquesto testo, Leonardo Taschera,impegnato da decenni nella rifles-sione delle valenze formative di unadisciplina che si colloca sulle lineedi confine fra prassi tecnico-artigia-nale e pensiero analitico, fra trai-ning uditivo e conoscenza musico-logica.Dalle pagine del testo emerge conchiarezza un’idea nucleare: per svi-luppare le capacità di lettura di unapartitura orchestrale – non importadi quale ampiezza e complessità lo-gica – non basta allenare l’occhio ela mano, ma si deve soprattuttopromuovere la consapevolezza del-le strutture compositive e dei lorosignificati infra-linguistici, stilisticie contestuali. Naturalmente con unangolo di osservazione privilegiatoe specifico, che è quello della dispo-sizione strumentale, nel suo relazio-narsi all’attività ritmica e ai sistemisonori di riferimento, nonché a sti-moli extramusicali e a sperimenta-

zioni timbriche di vario segno ed ef-ficacia: «Non si dimentichi […] cheil fatto musicale nasce solo in partecome auto-referenziato: i suoi rap-porti con la parola e con la danzane hanno in gran parte determinatomodi organizzativi e funzioni e-spressive» (p. 8).In tale prospettiva di lettura, chepure non può risultare esaustivaperché «richiederebbe […] una sor-ta di rivisitazione della Storia dellamusica sotto il vertice di osservazio-ne della dimensione timbrica» (p.8), giocano un ruolo fondamentaleper la comprensione del pensieroorchestrale tanto l’interscambio ditratti idiomatici fra strumenti o fa-miglie strumentali, quanto i gesti e icomportamenti timbrici di deriva-zione drammaturgica. Entrambi sistratificano e si rimodellano nellacosiddetta musica pura, dai tòpoidel Classicismo alle costruzioni dia-lettiche del Romanticismo maturo,sino all’affermazione di un contestonel quale le categorie di figura e disfondo tendono a fondersi e a con-fondersi, mentre allo sviluppo rit-mico-figurale di tipo lineare si sosti-tuisce il rapporto fra stati di rarefa-zione e di addensamento del mate-riale sonoro: «ci limiteremo […] adosservare, attraverso “esempi esem-plari”, a partire dalla “sonata perogni sorte de stromenti” tardo-ri-nascimentale per giungere alleavanguardie storiche del Novecen-to, il progressivo emanciparsi delladimensione timbrica da moduli or-ganizzativi presi a prestito in un pri-mo momento dal trattamento dellevoci, in seguito comunque condivisicon una concezione della ideazionemusicale basata sui parametri dellamelodia, dell’armonia […] e del rit-mo strutturato secondo una scan-sione pulsiva del tempo» (p. 9).A rendere l’impostazione di Tasche-ra particolarmente interessante e

originale anche rispetto alla corren-te manualistica sulla strumentazio-ne è proprio questa collocazionedella dimensione timbro all’internodi un contesto di strette relazioni in-tercategoriali, per cui i mutamenti egli sviluppi progressivi della com-pagine orchestrale e del suo diversoarticolarsi nello spazio-tempo ven-gono letti come conseguenza (incerti casi anche causa) di trasforma-zioni più complessive dell’ambitolinguistico. Ciò si evidenzia a unpur rapido esame dell’organizzazio-ne del testo. I singoli capitoli copro-no cronologicamente un ampio ar-co epocale, da Monteverdi a We-bern, e affrontano i temi della dis-posizione orchestrale e delle tecni-che di strumentazione, cercando diinquadrarli in una prospettiva al-largata, che lascia continuamenteinteragire il livello analitico internoalle strutture musicali con quelloesterno delle funzioni, dei contesticulturali e delle prassi d’uso.Nel primo capitolo viene affrontatoil periodo in cui, dal Rinascimentoal Barocco, la musica strumentale siaffranca gradualmente dall’imita-zione diretta dei comportamentivocali, scoprendo i valori sonori in-trinseci dell’orchestra come stru-mento dotato di un «suo particola-re sistema operativo, difficilmentesovrapponibile ad altri» (p. 18).Questi albori dell’autonomia stru-mentale sono ancora largamente in-fluenzati dai contenuti verbali del-l’Opera, che assegnando alla musi-ca un ruolo di amplificazione se-mantica, favorisce il definirsi di«stilemi o condotte idiomatiche ingrado di assumere, col tempo, va-lenze strutturali e semantiche auto-nome» (p. 19).Il secondo capitolo è dedicato allaSinfonia classica, con analisi pun-tuali da Mozart, Haydn e Beetho-ven. Ciò che interessa particolar-mente l’autore è seguire il percorsodi evoluzione del rapporto archi-fia-ti e il ruolo che esso ricopre nellastrutturazione di un disegno archi-tettonico-formale di ampie dimen-sioni, il cui progressivo dilatarsitemporale «procederà di pari passocon l’arricchirsi della strumentazio-ne» (p. 36). Abbandonato il riferi-mento diretto ai sistemi operatividella composizione vocale, la scrit-

Leggere la partitura:un’occasione ricca di stimoli

ANTONIO GIACOMETTI

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tura orchestrale «esalta come nonmai era prima accaduto il parame-tro della dinamica», producendouna gestualità strumentale fatta diincrementi e decrementi fonici, diaddensamenti e rarefazioni, le cuiradici vanno ricercate in «moduliespressivi nati in ambito teatrale e làfunzionali a precisi eventi dramma-tici. La dinamica sembrerebbe essereun parametro adatto a rappresenta-re narrativamente lo svolgersi dell’e-vento musicale» (p. 37).Nella prima metà dell’Ottocento,con l’opera di Schubert e Mendels-sohn (cap. III), si assiste a un ulte-riore allargamento dello spazio tim-brico e all’affermarsi della dimen-sione coloristica della scrittura or-chestrale, attraverso la distribuzio-ne strumentale di idee e motivi, lacostruzione di sfondi a valenza fi-gurale e la moltiplicata presenza dielementi di eteroreferenzialità, testi-monianza di «un indirizzo, chesempre meglio verrà definendosinel corso del secolo, volto a struttu-rare la composizione per orchestrasulla base di referenti extra-musica-li non esplicitati» (p. 73). L’ormai acclarata tendenza dellatrama sinfonica a farsi massa inmovimento, così come dell’armo-nia a farsi superficie vieppiù com-plessa e articolata nei domini plasti-ci delle relazioni di terza, si conse-gna all’opera di Schumann e diBrahms (cap. IV) per originare unasorta di sintassi timbrica basata su-gli stati di condensazione/rarefazio-ne di quella massa e sulla completaassimilazione testurale delle funzio-ni di figura e sfondo, ottenuta attra-verso particolari costruzioni volu-metriche. Inoltre, l’ormai usuale re-ciprocità di scrittura fra pianofortee orchestra e la forte influenza dellamusica operistica contribuiscono inlarga misura a indirizzare il pensie-ro orchestrale verso una scritturafatta di giochi di masse alternati ecompensati da passi a solo o came-ristici.«La presenza di referenti esterni alfatto musicale puro, addirittura nelmomento ideativo oltre che nellasua concreta stesura, è una caratte-ristica intrinseca al linguaggio mu-sicale» (p. 125). Questa angolazio-ne interpretativa, che ammette nonsolo la presenza di profonde radici

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te RASSEGNA PEDAGOGICA di Roberto Albarea

Il testo che si propone è un testo, oserei dire, epocale. L’autore è do-cente di Teoria dell’informazione all’università di Trieste, ma ancheaccreditato cibernetico e scrittore. Questo per dire che chi scrive pa-gine critiche nei confronti della tecnologia imperante e del suo usomistificatorio non è un erudito umanista che rimpiange il passato mauno studioso collocato nell’attuale ricerca scientifica. Dice Longo chein un’epoca in cui trionfa Internet è tempo di tornare a pensare. Que-sta asserzione provocatoria, che a mio avviso costituisce il core (ocuore) del libro, va però decantata, setacciata, sparpagliata nei mol-teplici esempi che l’autore porta a sostegno della sua tesi: per questoil libro si legge tutto d’un fiato, nonostante la difficoltà di alcuni pas-saggi concettuali, e per il fatto che non si tratta di un testo “speciali-stico”.La centralità del concetto di informazione nelle scienze del Novecen-to è stata enormemente rafforzata dagli sviluppi della cibernetica edell’intelligenza artificale così che si è giunti alla elaborazione anchesofisticata di sistemi tendenti a interagire col mondo, talvolta sosti-tuendosi a esso e costruendosene un altro, parallelo o divergente chesia, ma dotato della stessa verosimiglianza. L’uomo tecnologico non èsolo l’essere umano con un’aggiunta di tecnologia, in quanto sapereimportante ma sempre “accessorio”; è una creatura completamentenuova (questo lo aveva detto anche Raffaele Simone, ne La terza fa-se, vedi la Rassegna Pedagogica del n. 118 di Musica domani), in evo-luzione continua; essa è diventata una unità organica, mentale, psico-logica, sociale e culturale che è scissa in due (lo stesso Longo ribadi-sce tale dicotomia): nel senso che partecipa dei miti, dei sogni, delledebolezze e delle ansie dell’uomo di sempre e di quello contempora-neo, mentre nello stesso tempo crea da sé i propri miti, parla col mon-do intero, costruisce i fondamenti e le ragioni della propria presuntaonnipotenza, indossa maschere di sicurezza, assume comportamentirazionalistici e scientifici. Tale scissione è evidente anche a livello so-ciale e planetario: la ricchezza dell’accumulo di fronte alle povertàsempre più estese e rinnovate, lo sviluppo della conoscenza e le igno-ranze sempre più pericolose perché facilmente manipolabili dai cen-tri di potere, la potenza raffinata degli arnesi (vedi armi e tecnologiescientifiche) e la infantilizzazione dell’adulto (incoscienza?) che diquegli arnesi è il detentore. Anche la scienza talvolta sembra soccombere: la tecnologia nonaspetta, è ansiosa di correre ed avanzare, chiede sempre più inces-santemente alla scienza risposte da utilizzare immediatamente per ipropri scopi; invece il pensiero scientifico per sua natura è cauto, ri-flessivo, indagatore, ha bisogno di tempi per esplorare, validare oconfermare una qualche linea di ricerca. Lo stesso avviene, a mio av-viso, anche per il rapporto scuola e università. La scuola (o perlomeno la parte meno critica e meno consapevole diessa) vuole informazioni, percorsi, tecniche, per risolvere i problemi(che sono molti), interventi quasi miracolistici, mentre i risultati scien-tifici sono acquisiti al prezzo di un lento e talvolta lungo percorso di ri-flessione, di ripensamento, di riaggiustamento di ipotesi e interpreta-zioni; in un’ora o due ore di corso di aggiornamento si “bruciano”, inmaniera acritica, risultati che sono il frutto di due anni di ricerche senon di più. Così è anche per l’università.Il curriculum formativo diventa un problema di tecnologia o di arit-

Giuseppe O. Longo, Homo technologicus, Meltemi, Roma2001, pp. 220, t 15,50

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antropologiche nelle strutture fon-damentali del linguaggio musicale,ma anche il costante trasferimentoin ambito musicale di vissuti e co-struzioni logiche provenienti da al-tri ambiti espressivo-comunicativi,attraversa un po’ tutta la trattazio-ne di Taschera, diventando chiavedi lettura imprescindibile per af-frontare i tratti orchestrali della co-siddetta musica a programma (cap.V). L’analisi di passi appartenenti apoemi sinfonici di Berlioz, Liszt e R.Strauss rivela una tendenza compo-sitiva alla gestualità quasi improv-visativa, in cui l’architettura sonorae la compagine timbrica che la in-carna trovano modi di costituzionebasati sull’occasione offerta dalprogramma di riferimento. Supe-

rando ogni schema formale pre-scrittivo, eventualmente presentesolo nelle sue linee più generali, laforma musicale comincia qui a co-incidere col pensiero orchestrale.Gli ultimi tre capitoli illustrano il ra-pido tracciato storico che, a partiredall’ultimo decennio dell’Ottocento,attraverserà in meno di trent’anni lanarrazione interiore e trasfigurativadi Mahler, dove figura e sfondo ven-gono avvolti «da uno statico colorearmonico-timbrico» (p. 157) che ge-nera pannelli sonori inseriti in unflusso temporale non rettilineo, pergiungere all’intuizione debussyanadi un tempo soggettivo fondato su-gli stati di condensazione e rarefa-zione di fasce armonico-timbriche inmovimento, o a quella di Strawin-

skj, la cui tattilità sonora si realizzanelle forme quasi cubiste dello sfasa-mento, della scomposizione/ricom-posizione asimmetrica, della fasciastratificata e dell’aggregazione ar-monica densa.Chiude il testo un rapido riferimen-to alla musica del ’900, col definiti-vo spostamento del pensiero com-positivo «dalla funzione armonicaalla funzione timbrica» (p. 211). Ilcompositore, impegnato ora nellaricerca di soluzioni timbriche origi-nali e innovative, tende ad allonta-narsi dalla tradizionale compagineorchestrale per avvalersi di forma-zioni strumentali in grado di garan-tire la migliore conduzione di talericerca.A non intendere riduttivamente iltermine lettura della partitura, leprospettive aperte da Taschera si ri-velano assai interessanti perchépossono riguardare ambiti di ap-prendimento musicale più o menolontani da quello compositivo e di-rettoriale ai quali il testo sembra ri-volgersi. Si pensi ad esempio a quel-lo di un’educazione all’ascolto or-ganicamente innestata in un percor-so storico-musicale, che dalla foca-lizzazione sul fenomeno timbricotrarrebbe grandi benefici per lacomprensione dell’evoluzione for-male e linguistica della musica occi-dentale. Senza trascurare poi lapossibilità di applicare alcuni con-cetti generali emergenti dalla tratta-zione (figura-sfondo, fasce e massein movimento, condensazione-rare-fazione) all’ideazione di lavori di-dattici destinati all’insegnamentomusicale di base, dove la concretez-za bassa del timbro (sia esso lo stru-mento tradizionale o quello Orff oancora l’object trouvé dello stadioiniziale della manipolazione sonorainfantile) offre la chiave miglioreper l’accesso alle più alte astrazioni.Come sempre, i testi non vannosemplicemente usati, ma letti e in-terpretati.

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metica elementare (vedi i crediti universitari di studio, enfatizzati tan-to da sostituire la pregnanza qualitativa delle conoscenze), mentreuna concezione epistemologica ristretta (narrow epistemology) so-stituisce la concezione umanistica della Bildung; le università sonosvalorizzate nella loro funzione di luoghi di elaborazione della culturae della ricerca. Nel clima di riduttivismo generalizzato esse diventanoattenuated universites dal punto di vista pedagogico, finanziario edell’offerta di qualità. Stanno perdendo quindi la definizione di eccel-lenza che era loro propria; sotto la spinta delle imprese e del mondoeconomico non sono più considerate l’arena principale della costru-zione della conoscenza (cfr. R. Cowen, “Performativity, Post-moder-nity and the University”, in Comparative Education, vol. 32, 2, 1996,pp. 245-258).La rete diventa il nuovo soggetto cognitivo: un soggetto collettivo econnettivo (p. 136) che crea il proprio testo; una mente fatta di mol-teplicità e ricca di potenzialità positive, ma di cui Longo avverte le de-gradazioni. La rete diventa sempre più il luogo della chiacchera(chat), dello sfogo minimo, della incomprensione disgregata, indiffe-rente e qualunquistica. Questo «voyerismo verbale» ha poco in co-mune con la razionalità e si manifesta nella lamentazione, nell’ag-gressività, nei luoghi comuni. L’immagine del mondo diventa una im-mensa diceria mediatica (p. 137). Per entrare nelle nostre case la tec-nologia e l’informazione non aspettano più le cautele e le problema-tizzazioni critiche della scienza e le sue patenti di legittimità. Ecco al-lora che l’autore ci addita una «linea di resistenza minima» e intran-sigente, invocando doti quali la pazienza, il silenzio, la lentezza. Lapoesia, l’arte, la letteratura, la musica hanno un ruolo fondamentalein tale frangente storico, invitandoci a trovare e riscoprire la narra-zione silenziosa e lenta nell’assordante corsa della cultura che ci cir-conda. Occorre formare (è la proposta di Longo) piccoli gruppi solidalianimati dal comune interesse per il bello e il sacro, che abbiano il co-raggio di soffermarsi, di fare il punto della situazione per sapere dovestiamo andando e quale direzione abbiamo intrapreso, per accingersia disvelare i valori autentici. Di più forse non si può fare, in un tempoin cui la forza trascinante del mercato, dell’informazione generalizza-ta, del conformismo dilagante (anche quando esso assume le formemistificate della trasgressione) sembrano non concedere spazio o al-ternative (p. 204).

Leonardo Taschera, Forma e ge-sto nella composizione orchestra-le – linee guida per una letturadella partitura, Bologna, CLUEB,2000, s.i.p.

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te SCHEDE

Rivolto alle scuole medie a indirizzo musicale, alle scuole di musi-ca e ai conservatori, Imparare a leggere la musica suonando il fa-gotto è un nuovo testo che si ripropone di guidare l’allievo dalleesperienze iniziali di produzione del suono fino al conseguimentodelle prime abilità strumentali. Anche le attività propedeutiche, ge-neralmente escluse dai metodi in commercio, trovano spazio nel te-sto di Franco Fusi. L’allievo è seguito fin dal suo primo contattocon lo strumento. La normale emissione del suono, ad esempio, èpreceduta da specifici esercizi preparatori: soffiare controllando laposizione delle labbra, sperimentare il colpo di lingua, utilizzarel’ancia sola, suonare lo strumento aggiungendone un pezzo allavolta (l’esse, l’aletta…). Il fagotto viene montato completamentesolo dopo aver raggiunto un controllo adeguato sull’emissione eaver superato le difficoltà iniziali. In questa prima fase dello studio, l’autore incoraggia l’allievo a spe-rimentare il suono nella sua accezione più ampia producendo glis-sandi e tutti i soffi possibili con le varie parti dello strumento.Non appena, però, l’impostazione ha raggiunto un livello sufficien-te da permettere una corretta emissione delle prime note, questeesperienze vengono abbandonate in maniera definitiva. Come succede assai spesso anche in altri metodi di recente pubbli-cazione, tutte le attività che indagano il suono al di fuori delle tra-dizionali griglie di lettura rimangono circoscritte al momento delprimo contatto con lo strumento. L’approccio esplorativo, di cui l’autore stesso parla nella prefazio-ne, è viziato proprio da questa finalizzazione verso risultati noti,definiti e tutt’altro che sperimentali. Presentando una prospettiva sostanzialmente diversa da ciò che ac-cade nelle esperienze propedeutiche – orientate verso obiettivi spe-cifici fissati a priori che ne giustificano il senso – nell’esplorazionel’attività si apre all’indagine, alla scoperta. Un’attività avventurosae piena di rischi, in cui i risultati (non sempre facili da prevedere) fi-niscono talvolta per scompigliare o perfino per rovesciare le con-vinzioni iniziali. Ma il metodo di Franco Fusi non si rivolge allasperimentazione sonora. Tutt’altro. Assai discutibile la presenza del Compendio tecnico posto alla finedella prima dispensa. Organizzato secondo i dettami della didatti-ca più meccanicistica, questa appendice propone una serie di pro-gressioni in cui l’allievo deve “ripetere ogni battuta” fino a quandonon sarà correttamente eseguita. Ciò non toglie però che il testo,frutto di un’esperienza didattica svolta con diligenza e attenzione,riveli un progetto realizzato con ingegnosità e buon senso. La gra-dualità è ricercata con grande perizia e i materiali prescelti appaio-no estremamente vari e piacevoli: dalle danze rinascimentali, allamusica popolare di vari paesi, al repertorio classico.I brani proposti sono pensati per far musica insieme. Duetti, trii,canoni a più voci sono una presenza costante nel testo. La secondadispensa presenta anche un fascicolo con gli accompagnamenti pia-nistici ai brani. Piccola accortezza questa, che però può aiutare nonpoco allievo e insegnante a iniziare molto presto le auspicabili atti-vità di gruppo (D.B.)

Franco Fusi, Imparare a leggere la musica suonando il fagotto, Pri-ma dispensa, Suvini Zerboni, Milano, 2000, pp. 64, t 16,53.Franco Fusi, Il giovane fagottista, Seconda dispensa, Suvini Zerbo-ni, Milano, 2000, pp. 104, t 25,31.

Notizie

Il Comune di Modena e l’Istituto MusicalePareggiato “O. Vecchi” organizzano unMaster di composizione didattica da otto-bre 2002 a maggio 2003.FFiinnaalliittàà ddeell ccoorrssoo.. Offrire l’opportunità disviluppare o di rinforzare competenze com-positive relative all’ambito didattico, curan-do in particolare le valenze educative e for-mative degli eventi musicali elaborati.AAmmmmiissssiioonnee ee ttaassssaa dd’’iissccrriizziioonnee.. Al Ma-ster sono ammessi diplomati in strumen-to, canto, didattica della musica e compo-sizione, fino al numero massimo di 22iscritti. Gli interessati dovranno inviaredomanda di ammissione entro il 7 settem-bre 2002, allegando curriculum di studio eartistico-professionale. Nel caso di do-mande in numero superiore, il ComitatoScientifico valuterà domande e curriculapresentati, stabilendo apposita graduato-ria di ammissioni. PPrrooggrraammmmaa.. Il Master coprirà un totale di128 ore, articolate mediamente in due in-contri mensili di otto ore ciascuno da otto-bre 2002 a maggio 2003. Perché e comela musica d’insieme per bambini e ragazzi(2 ore) Antonio Giacometti. Gli strumenti,i loro problemi, le loro potenzialità: per unimpiego corretto ed espressivo delle arti-colazioni e dei colori (29 ore) Docenti del-l’Istituto “O. Vecchi” ed esterni. Per un ap-proccio creativo allo strumentario Orff (10ore) Giovanni Piazza.Linguaggi, tecniche, forme: Le esperienzedella musica contemporanea nella secon-da metà del XX secolo (12 ore) DonatellaBartolini. Il contributo dell’”altro”: polirit-mie, polimetrie, eterofonie (8 ore) EnricoStrobino. Minimal music: ripetizione, tra-sformazione e contrasto per l’interiorizza-zione dei principi compositivi primari (12ore) Mauro Montalbetti. Musica tonale:funzioni, colore e forma. Dalla scritturanota contro nota alla trama sonora areale(16 ore) Antonio Giacometti. Microjazz (8ore) Corrado Guarino.La trascrizione e l’arrangiamento (8 ore)Vincenzo Mastropirro. L’impiego di soft-ware per la composizione e la notazione(10 ore) Amedeo Gaggiolo. Uno sguardo al-l’esistente: analisi di testi e siti web (5ore) Amedeo Giaggiolo. Musica come tea-tro (8 ore) Enrico Strobino. L’esame conclusivo è volto ad accertare lacapacità dei candidati d’integrare i diversiaspetti del comporre nell’ambito educati-vo affrontati durante il Master, da quelloeducativo-disciplinare a quello espressi-vo-estetico.A febbraio 2004, i candidati dovranno dun-que presentare un brano strumentale o unaperformance integrata multidisciplinare(teatro musicale), discutendone le caratteri-stiche tecnico-strumentali e gli obiettivi for-mativi con apposita Commissione compostada almeno quattro dei docenti del Master. L’Istituto “O. Vecchi” s’impegna a prende-re contatto con un’importante casa editri-ce italiana per la stampa di un volume con-tenente i lavori più significativi realizzatidurante il Master.CCoooorrddiinnaattoorree ddeell pprrooggeettttoo:: Antonio Giaco-metti.

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«…per Disegno interno intendo il concetto formatonella mente nostra per poter conoscere qualsivogliacosa, ed operar di fuori conforme alla cosa intesa […]questa immagine ideale formata nella mente e poiespressa e dichiarata per linea, o in altra maniera visi-va, è detta volgarmente Disegno».Sono parole di Federico Zuccari tratte da L’Idea de’pittori, scultori ed architetti, opera pubblicata nel1607. Nella concezione estetica dello Zuccari il dise-gno appare come la realizzazione di un’idea interiore;idea dedotta non tanto dalla realtà apparente quantodai principi divini nascosti nelle cose stesse. L’immagine ideale guida la mano del pittore.Anche la mano del bambino, pur esente dall’accezio-ne aristotelico-scolastica dello Zuccari, è guidata daquel “concetto formato nella mente” che definisce leforme, stabilisce i colori, regola le dimensioni. Nellafase del “realismo intellettivo” o, per dirla con terminipiù moderni, in una prospettiva centrata sull’oggetto,l’attività grafica si costituisce come una definizione disignificati piuttosto che una vera e propria attività ri-produttiva. I fenomeni della trasparenza e del ribalta-

mento dimostrano come il principio dell’esemplaritàagisca a definire le modalità e strutturazioni dei com-portamenti grafici infantili. Il tema è affrontato – seppur in un’ottica del tutto pe-culiare – anche dal noto critico e storico dell’arteErnst Gombrich. In Arte e illusione, Gombrich mette aconfronto il notissimo quadro di John Constable Wi-venhoe Park con una copia eseguita per lui da unabambina di undici anni. Analizzando la riproduzionerealizzata da Mary E. Forsdyke (così si chiama la gio-vane collaboratrice di Gombrich) appaiono evidentiquelle distorsioni, modifiche e alterazioni tipiche deldisegno infantile come l’adozione di prospettive pre-ferenziali e la presentazione degli oggetti secondouna forma tipicamente “concettuale”. La copia, afferma Gombrich, «è un’ordinata elenca-zione dei motivi principali del quadro, soprattuttoquelli che potevano interessare una bambina». Le ca-ratteristiche salienti degli oggetti (la barca, il ponte, lastaccionata) appaiono evidenziate, mentre ogni ambi-guità è eliminata dall’immagine. Lo studio di Gombrich, proiettato verso tutt’altra di-rezione, non si sofferma ulteriormente sul lavoro del-la piccola Mary, tralasciando di osservare quelle tra-sformazioni incentrate sulle proporzioni, sui rapporti

Cercare il sensodella rappresentazione grafica

DONATELLA BARTOLINI

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Musica Domani 123 – Giugno 200248

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odo di grandezza e sulla strutturazione dello spazio.

Proprio in quanto “elencazione di motivi” il disegnoinfantile dimostra spesso di ignorare, o perlomenotrascurare, le relazioni tra gli oggetti disegnati e l’or-ganizzazione complessiva e globale dello spazio. Anzi,la relazione tra grandezze diverse è spesso derivatada implicazioni di carattere affettivo, dall’interesse,dall’importanza attribuita ai singoli elementi raffigu-rati. La stessa copia di Wivenhoe Park, nonostantel’autrice abbia ormai raggiunto gli undici anni, rivelaancora alterazioni nelle dimensioni di alcuni elementi;alterazioni derivate dall’importanza assunta da questistessi elementi nella mente della piccola autrice.Qualcosa di molto simile accade quando un bambinosi appresta a disegnare la partitura di un brano musi-cale o, più in generale, nella stesura di una qualsiasipartitura. Anche in questo caso la rappresentazioneconcettuale degli eventi finisce per determinare le ca-ratteristiche del risultato grafico. Le immagini riportate nelle Figure 2 e 3 riproduconodue diverse partiture relative allo stesso brano musi-cale. Due allievi del corso di propedeutica dell’IstitutoMusicale “L. Boccherini” hanno così interpretato leprime sei battute di Talea di Gerard Grisey (Fig. 1). Nella partitura di Davide (7 anni) (Fig. 2) ognuno deglielementi della composizione viene esposto – “elenca-to” per dirla con Gombrich – in maniera separata daglialtri. Il gesto iniziale – molto rapido, fortissimo, ascen-dente – è indicato con una doppia linea (a) che si sno-da orizzontalmente lungo tutta la superficie del fo-glio. Il segno è scuro, marcato, spigoloso. Nel seguirel’esecuzione sulla sua partitura, il bambino fa scorre-re il dito molto velocemente.

Come accade spesso, il movimento veloce del suonoinduce una analoga rapidità di lettura o anche – manon in questo caso – di scrittura. Di conseguenza unevento sonoro rapido finisce spesso per assumere di-mensioni piuttosto ampie utilizzando così uno spazioenormemente superiore rispetto a un evento che, purpresentando una durata simile, appaia più statico. Ilfortissimo iniziale è seguito da una pausa molto lunga(circa 18/4). La risonanza del pianoforte (un accordomuto che genera armonici) assorbe buona parte dellapausa, fin quando l’estinzione del suono non lasciadefinitivamente posto al silenzio.

Nella partitura di Davide la risonanza del pianoforte èindicata da una nuvola di puntini (b). In questo caso lalettura non avviene per scorrimento: durante l’ascol-to il bambino punteggia il foglio con il dito. La staticità dell’evento blocca il movimento in unospazio fermo. In questo grafico manca una rappresentazione del si-lenzio durante il quale, infatti, il bambino stacca il ditodal foglio e aspetta. Il grande crescendo del violoncello è rappresentatocon due segni diversi. All’inizio il “grattamento” (co-me lo ha definito Davide) è indicato attraverso unaserie di linee orizzontali (c) opposte alla direzione dilettura (in questo caso dall’alto verso il basso. In se-guito, quando il suono sembra “aver trovato la stra-da” la sua traduzione grafica (d) ritorna simile al se-gno iniziale (a) e a quello conclusivo (e). La velocità dilettura aumenta gradualmente con l’aumentare del-l’intensità e diviene massima nella parte finale (sfffz). Quando la linearità della scrittura è ormai conquista-ta, ogni modifica nella proporzionalità delle durate di-viene ancora più evidente. È il caso della versione gra-fica dello stesso pezzo di Grisey fatta da Christian (10anni) (Fig. 3). Anche in questo caso le dimensioni gra-fiche non riproducono fedelmente le durate. Basti os-servare come la pausa (fatta di risonanza e silenzioinsieme) occupi sul foglio uno spazio all’incirca dop-pio rispetto al segno iniziale. Il rapporto effettivo traqueste durate è di circa 1:9 anziché di 1:2.

Il silenzio, questa volta effettivamente riportato sul gra-fico, appare decisamente più breve rispetto alla sua ef-fettiva durata. Spesso la scrittura del silenzio nei graficiinfantili appare contratta, ristretta: la “misura del vuo-to” è assai diversa dalla “misura del pieno”. Anche le dimensioni del crescendo affidato al violon-cello appaiono ridotte, mentre i due quarti finali enor-memente dilatati. Le proporzioni appaiono così sbilanciate in funzionedel peso psicologico degli eventi stessi. Tutto previ-sto, in fondo, se Grisey stesso, in Tempus ex machina,teorizza un tempo che si dilata e si contrae in base alproprio contenuto. Si tratta dunque di stabilire unica-mente quale rappresentazione grafica possa essereritenuta più utile ai fini della conoscenza. E lo scopodella conoscenza non è certo quello di proporre undoppione della realtà. I Cartografi dell’Impero, ci racconta Borges, nel perfe-zionare sempre più la loro opera, giunsero a costruireuna mappa che aveva le stesse immense dimensionidell’Impero. «Ma le Generazioni Seguenti… pensaronoche questa Mappa enorme era inutile e, non senzaEmpietà, la abbandonarono alle inclemenze del Sole edegli Inverni».

Gerard Grisey, Talea (1985/86), Milano, Ricordi.

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