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MYGENERATION FREEPRESS BIMESTRALE - ANNO 1 - NUMERO 4 - MAGGIO 2012 città QUESTA NON È UNA CITTÀ PER DISABILI inchiesta sulle barriere architettoniche nei luoghi d'arte partenopei tendenze ONE BILLION DOLLARS APP a pochi giorni dalla quotazione in borsa Facebook ufficializza un acquisto a sorpresa festival NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA breve guida per districarsi tra i numerosi eventi della rassegna

MYGENERATION - MAggio 2012

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La rivista “MYGENERATION” nasce dallo spirito creativo e dalla esigenza comunicativa di una generazione. MYGENERATION è un viaggio attraverso un’informazione libera, che con penna irriverente affronta tematiche di attualità e cultura, districandosi con disinvoltura tra sport, cinema, musica e moda, con occhio attento alle tecnologie ed alle eco provenienti dalle nuove tendenze generazionali.

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tendenzeONE BILLION DOLLARS APPa pochi giorni dalla quotazione in borsa Facebook ufficializza un acquisto a sorpresa

festivalNAPOLI TEATROFESTIVAL ITALIAbreve guida per districarsi tra i numerosi eventi della rassegna

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

COMITATO PARITETICOPER LA PREVENZIONE INFORTUNI,

L'IGIENE E L'AMBIENTE DELLA PROVINCIA DI NAPOLI

via Leonardo Bianchi, 36/40 - 80131 NAPOLI Tel. 081.7705749 - 081 5469244 Fax 081.5452780

www.comitatoparitetico.it

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MYGENERATION

MYGENERATION è l'incanto di comunicare

MYGENERATION è contro tutte le mafie

MYGENERATION è un munaciello dispettoso

MYGENERATION è gagliarda

MYGENERATION è una belva assetata di colore

MYGENERATION è un sorriso che non si spezza

MYGENERATION è l’informazione che segue il mondo

MYGENERATION è la scintilla del pensiero

MYGENERATION è coraggio inaspettato

Abbiamo immaginato MYGENERATION come uno strumento per raccontare il mondo, diffondere idee ed istigare ad un pensiero libero e indipendente.Una rivista, un’occhiata trasparente allo specchio di una generazione che non c’è.

MYGENERATION IS . . . 03

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

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MYGENERATIONcosa stai cercando?

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copertina di Marco Capasso

HEROES54.

IL PROFILO... SUL SOCIAL NETWORKdi Riccardo Caputo06.COLD DARK MATTER editorialedi Giuseppe F07.DE HOMINIS DIGNITATE E LA LEGA NORDdi Gianluca De Santis e Riccardo Caputo08.LA MORTE CARDIACA IMPROVVISAdi Alberto Maraolo10.QUESTA NON È UNA CITTÀ PER DISABILIdi Mirko Galante12.IL PIÙ GRANDE "SOCIAL"? IL CINEMAdi Alberto Maraolo14.NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIAdi Maria Emma Di Lorenzo16.MUNICH '72di Marcello Micciarelli18.TO ROME WITH LOVEdi Concetta Russo19.EVENTI IN CITTÀa cura di Napoli da Vivere21.WINE&THECITY PORTA IL VINO IN CITTÀdalla Redazione22.1984 - 28 ANNI DOPOdi Gabriele Basile24.CARMELO BENE, ESSERE OLTREdi Francesca Paone ed Emma Maria Di Lorenzo26.

MYGENERATION IS34.YOURGENERATION IS35.MANGENERATIONdi Pasquale Caiazza36.CRAZY ANIMALSdi Bianca Cacciapuoti38.SVAPO, LA SIGARETTA "DIGITALE"di Raffaele Nappi40.I NUOVI STALKERSdi Marco Terribile e Marco Fucito42.DIABLOdi Roberto De Luca44.ONE BILLION DOLLARS APPdi Stefano Scarpa46.TRASHEY SHORE, LA TV TAMARRAdi Pasquale Caiazza48.SALONE DEL MOBILE 2012di Marco Capasso50.THE ECONOMICS OF GANJAdi Gianluca De Santis52.

CALVIN HARRISdi Pasquale Caiazza55.

56.NAPOLI VS JUVENTUS - CIUCCIO vs ZEBRAdi Gennaro Casoria58.EL GORDO, RUBRICA DI CUCINAa cura de "La Taverna di Bacco"56.L'OCCHIO - SOCIAL SICKNESSdi Dario De Natale58.

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NAPOLI SOTTERRANEAdi Carla Boccadifuoco28.LA STROFA SUL SOFÀ: TOMMASO DI DIOa cura di Anna Ruotolo31.

MAZZATE OLIMPICHEdi Emanuele Zappia

editore MY GENERATION s.r.l.MY GENERATION s.r.l. - 80100 Napoli (NA)registrazione tribunale di napoli n°64 del 28/09/2011stampato presso Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli s.p.a.via Cisterna dell'Olio 6/B - 80134 Napoli

direttore editoriale Pasquale Caiazzavicedirettore editoriale Stefano Scarpadirettore responsabile Ciro Cuozzodirettore comunicazione ed eventi Marco Capassodirettore commerciale Massimo Ferraradirettore web Marco Cappa

caporedattoriattualità Gennaro Casoriaspettacolo Marco Capassocultura Riccardo Caputoscienze e nerdzone Emanuele Zappiatendenze Pasquale Caiazzasport Massimo Ferraragrafi ca Stefano Scarpa

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 406

IL PROFILO... SUL SOCIAL NETWORK

Tentacolo virtuale,materialmente prende. Tenaglia del contatto insensibile, non-luogo di raduni condizionati, scadenzati … siamo tutti collegati.La Verità è in vetrina, esposizione permanente, sette giorni su sette:uno sguardo al Profilo… sul social network.Il Profilo è certezza, sicurezza del mostrare, un Profilo non può tradire, esporre più del dovuto: cancello ciò che non va, mi allontano da chi non voglio, do un’occhiata, persino, se mi va, senza farmi vedere, mi distacco repentinamente, con facilità. Irresponsabilità del regno dell’assenza.Il Profilo è una comoda identità sempre uguale, ordinata, rassicurante, disponibile, quasi immortale.Il Profilo è fedelea sé stesso. E io sono solo davanti al p.c., soggetto utente,non partecipante. Elettore un po’drogato dal sistema (ma è 'social', quindi niente proibizionismo)delle preferenze. E magari qualcuno che spia, e non è tra chi ho scelto, ci sta pure.Guardo il mio Profilo sullo schermo:specchio contro specchio.Relazione tra relativi.Creazione d’infinito, divisodalla cerniera tra possibile e impossibile.“Io ti conosco” -dico- “Mi piaci.Perché piaci. Mi pare di permettere un arbitrio troppo grande e non troppo bello,soverchiante, se ti plasmo con le dita sulla tastiera, come fa la mente col cervello. .......................................................................................

Macché! Basta!Io riconosco te, Profilo! Eccome! Perché tu non puoi toccare niente, 'veramente', eh!Né guardare degli occhi, o 'davvero' parlare. Tu sei come una tua parola.Profilo privo di struttura. Profilo fuori da un contesto. Buio vuoto, senza silenzio intorno.Tzè!Sono stato bravo, però. T'ho fatto proprio uguale a me. Proprio come me…”

Perché abbiamo scelto questo tema? Perché siamo curiosi, nonostante tutto, di scoprire cosa c’è dall’altra parte del cristallo…liquido.'Se cerchiamo di considerare lo specchio in sé, finiamo per scoprire su di esso nient’altro che le cose. Se vogliamo cogliere le cose, ritorniamo in definitiva a nient’altro che lo specchio. Questa è la più universale storia della conoscenza'.

di .......................riccardo caputo

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MYGENERATION

La giovane democrazia ungherese orrendamente

mutilata e l’Europa cosa fa?

DI GIUSEPPE [email protected]

Se qualcuno vi chiedesse di fare il nome di uno stato in cui un partito nazionalista ha preso il potere con

una larga maggioranza e che questa circo-stanza ha permesso al carismatico leader del suddetto partito di poter stravolgere tutto lo stato facendo approvare una costituzione liberticida il cui testo è stato definito auto-ritario, nazionalista e discriminante rispetto alle minoranze e alle altre religioni, cosa ri-spondereste? Se state pensando alla Germania del 1933 o all'Italia del 1922 non avete sbagliato ma forse non siete informati della attuale si-tuazione che sta vivendo l’Ungheria. Bhe, l'errore è veniale se si considera il fatto che gli ingredienti storici per creare un nuovo regime totalitario ci sono tutti: il periodo di recessione economica che fa venire a galla sentimenti protezionistici nell'economia e di chiusura delle frontiere; la forte identità nazionalista e religiosa che caratterizza il paese; lo stato sull'orlo della bancarotta; il leader, Viktor Orbán, carismatico e populista che prima predicava un altro credo politico, quello liberale, per poi professare l’odio per i postcomunisti, per gli euroburocrati e i ban-chieri del Fondo monetario internazionale e predicare la volontà di “purificare” il Pae-se; infine il partito Fidesz – Magyar Polgári Szövetség (Fidesz - Unione Civica Unghere-se) conservatore, populista e cristiano, che alle ultime elezioni ha preso il 52,73% delle preferenze fatto che gli ha permesso di poter cambiare, lo scorso gennaio, la Costituzione di modo che si potesse creare un'autorità go-vernativa di controllo della giustizia, dare il

potere ad una autorità nazionale di controllo sui media e l'informazione di vietare o punire informazioni mediatiche che violano presun-te regole morali.Inoltre al vaglio del parlamento c'è una nor-mativa per “tutelare i giovani dall’omoses-sualità”. Da segnalare poi il clima di apar-theid che si respira verso la minoranza Rom. La Ong Chance for Children Foundation 4 dichiara che "in almeno un terzo delle scuole elementari esiste di fatto la separazione raz-ziale in Ungheria" verso i bambini Rom.Ora c'è da chiedersi: " E l'Europa?"Il 13 gennaio la commissione europea ha av-viato l'iter per attuare la procedura d'infra-zione nei confronti dello stato magiaro con José Manuel Barroso, Presidente della Com-missione europea, che dichiarava: "Speriamo che le autorità ungheresi effettuino i cam-biamenti necessari per garantire il rispetto del diritto comunitario. (...) non vogliamo che l’ombra del dubbio infici oltre il rispetto dei valori e principi democratici in nessun Paese Ue".Da allora nulla più è accaduto. Il partito di go-verno siede tuttora nel Parlamento europeo nei ranghi del Partito popolare europeo che mostra di saper mantenere l'eredità politica e culturale europeista di Helmut Kohl, Ade-nauer e de Gasperi. Basta sentire le dichiara-zioni di Obran per capire che gli eurodeputa-ti di Fidesz sono seduti nei posti giusti: "Non saremo mai una colonia, non ci lasceremo dettare da altri le nostre leggi"; oppure: “Noi non crediamo nell’Unione Europea, crediamo nell’Ungheria, e consideriamo l’Unione Euro-pea da un punto di vista secondo cui, se fac-ciamo bene il nostro lavoro, allora quel qual-

cosa in cui crediamo, che si chiama Ungheria, avrà il suo tornaconto".Che Merkel e Cameron si ispirino alle grandi figure politiche di Chamberlain e Daladier che vedevano in Hitler un uomo con cui dialo-gare e in Mussolini l'uomo della pace? Possi-bile che nessuno nelle alte sfere dell'unione veda questo oscuro valzer politico unghere-se come un possibile requiem per le speran-ze di evoluzione dell'Unione se non, volendo essere catastrofisti, per l'Unione stessa?Per ora si può solo sperare che qualcosa si muova in Europa per evitare che le ombre di un passato non lontano tornino a oscurare il nostro continente. Intanto la bandiera euro-pea continua a sventolare sulle sponde del Danubio richiamando il titolo del romanzo di A. J. Cronin: "E le stelle stanno a guardare".

E LE STELLESTANNO A GUARDARE

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

DI GIANLUCA DE SANTISE RICCARDO [email protected]@mygenerationweb.it

Sipario. Belsito, giunto alla vicepre-sidenza di Finmeccanica tra lingot-ti e diamanti, Rosy Mauro, cacciata

dalla Lega, ancora vicepresidente del Senato, Bossi jr sputtanato dall’autista-bancomat, ovviamente poi licenziato dal partito, titoli di studio comprati con i soldi del ‘rimborso elettorale’ della Lega al Trota e a Pier Mosca-giuro – compagno di Rosy Mauro – poliziotto in aspettativa e cantante, finito a lavorare, manco a dirlo, alla vicepresidenza del Senato,

il passo di lato nella gestione della Lega da parte di Bossi, cui rifanno la casa a sua insa-puta sempre con i soldi pubblici. Ancora Bos-si, che il 10 Aprile, giorno dell’ ’orgoglio pada-no’ a Bergamo, rutta al complotto. Tra la Lega ed i complotti pare esserci una certa affinità, almeno a vedere le performance di Belsito e suoi dossier – no, non “The Family” - seque-strati per ordine del sostituto procuratore antimafia Giuseppe Lombardo che insegue la ’ndrina De Stefano e il riciclaggio (indagato lo stesso Belsito) di denaro sporco. Bersagli principali, gli esponenti della Lega che con lui avevano aperto una crisi di fiducia: Ro-berto Maroni, Marco Reguzzoni e Giancarlo Giorgetti. Tornando un po’ indietro, ma mica tanto, le accuse a Davide Boni, ora dimessosi,

di essersi intascato un milione di Euro, quasi impallidiscono.Meglio fermarsi qui.Da un lato c’è chi si dispera, consapevole che “senza Bossi la Lega non esiste”, dall’altro chi lo irride di rimando, sottolineando come così la Lega sia finalmente tornata in armonia con la padania, ma l’opinione pubblica del Bel Pa-ese avrebbe dovuto rizzare le antenne già da tempo sul tema “Lega”.Gli ultimi sviluppi in sostanza aggiungono una buona dose di rabbia, magari danno la possibilità appigliarsi ad elementi inoppu-gnabili (qualora ce ne fosse stato bisogno) nelle filippiche contro il movimento padano, ma non stravolgono le idee di chi un’opinione in mente ce l’aveva già ben chiara.

ATTUALITÀ

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DE HOMINIS DIGNITATE E LA LEGA NORDIl teatrino di periferia

senza accorgersene

Il teatrino di periferia che sbarcò a Roma ladrona…

Rosi Mauro

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MYGENERATIONQuando eravamo a scuola ci insegnavano che “la classe politica di uno stato è lo specchio della società che lo compone”. Ora, se pen-sate all’establishment della Lega il discorso potrebbe già dirsi bell’e finito, ma proviamo a scavare un po’ più a fondo, stringendo il focus sul leader maximo del movimento: Umberto Bossi. Ripercorrendo la sua carriera politica appare subito evidente come, per quanto si sia sempre tenuto distante, con attenzione maniacale, dall’immagine del raffinato stati-sta, in diverse occasioni abbia non solo denotato una scaltrezza politica non indifferente, ma anche una profonda conoscenza del suo elettorato e di come questo andasse di volta in volta orientato (diciamo che forse ha sba-gliato qualcosina solo ultimamente).Nonostante i loro riti – di sapore un po’ tribale – si consumino tra ampolle ed alambicchi sulle rive del Po (sperando non sia stato ribattezzato con qualche termine astruso di derivazione celti-ca), pare che questi signori negli ultimi anni abbiano sviluppato una passione per un altro tipo di acqua che magicamente sembra dissetare un po’ tutti: quella del Teve-re. Conferme interessanti in questo senso si sono avute proprio in questi giorni.“Magari mi sbaglio”, penserà qualcuno, “ma quelli lì mi è sembrato di averli visti tutti a Montecitorio negli ultimi dieci anni. Proprio lì a Roma, a governare, facendo danni incalco-labili ed irreparabili al Paese. Ma allora erano lì con Berlusconi o nelle loro belle valli a pe-scare le anguille? Sedevano comodi in Parla-mento per proteggere la nipote di Moubarak, o bevevano grappa giocando a briscola in via Bellerio? E quando si votava per I capitali scudati, i processi, o sulle intercettazioni e sul falso in bilancio? Ed i ministeri a Monza?”.Ed adesso cosa fanno? Beh, dopo aver ridotto il Paese – svillaneggiato in ogni sede, quando non compatito – alla credibilità internaziona-le di Asterix ed Obelix e sull’orlo del default finanziario – mi fermo qui per carità di patria – ora sono saldamente e con convinzione all’opposizione. Una contraddizione? Umber-to Bossi ha scoperto solo adesso con chi ha avuto a che fare per più di una legislatura? Sono ben due gli elementi che rendono que-sta presa di posizione grave e farsesca allo stesso tempo.Il primo è che queste affermazioni non sono state fatte da una persona disturbata nell’in-timità della sua dimora, ma di fronte ad un’in-tera piazza (durante la manifestazione del 22 gennaio a Milano) che lo ha lasciato fare senza batter ciglio. Ci si dovrebbe indigna-re? Francamente il primo sentimento che si prova è una bilanciata commistione di pena

e compassione.Il secondo punto – non certo per importanza – è che Mr.Secessione sul palco della mani-festazione era circondato dall’establishment leghista al gran completo e, fatto salvo qual-che muso lungo, nessuno ha osato protesta-re.D’altronde, alla Lega Nord l’unica scelta co-erente dopo dieci anni di governo di tantis-sime parole e pochissimi fatti, è sembrata schierarsi da subito contro un governo soli-

do e deciso che sta portando a termine inizia-tive che loro (come, a onor del vero, l’intero Parlamento) nemmeno immaginavano. La stessa stupefacente linea è stata riproposta anche a livello locale; basti pensare che dopo aver introdotto, giustamente, l’Ecopass a Mi-lano, adesso la Lega è dichiaratamente con-tro il blocco del traffico e contro l’area C in una delle città più inquinate d’Italia. Un altro esempio? Due decadi intrise di proclami di solidi principi, onestà e non meglio precisati valori, sono state spazzate via con un colpo di spugna quando la Lega ha osato dichiararsi contro l’arresto di Cosentino. E qui ci si con-ceda di sottolineare l’“osato” perché è impor-tante recuperare il senso del pudore politico del quale siamo stati privati negli ultimi anni.

Urge uscire dalla fase di annebbiamento nella quale da troppo tempo siamo immersi, nella quale tutto sembra essere diventato accettabile, nella quale il limite da non oltre-passare continua ad essere maledettamente sfuggente, quasi un miraggio che svanisce all’esplosione dell’ultima minibomba media-tica per poi riapparire qualche centimetro più avanti, inafferrabile. Ed è evidente che qui il pensiero non va esclusivamente alle folk-loristiche piazzate a tinte verdi (che si tratti

d’insulti a Napolitano o Monti poco importa ormai), ma alla situazione politica e istituzionale nella quale versiamo.Per concludere, la strategia politica leghista degli ultimi tempi, gli slogan demagogici, la linea totalmente inco-erente, ma mai inaccettabile per un elettorato cieco e sordo, costituisco-no spunti di riflessione di gran lunga più rilevanti rispetto alle simboliche dimissioni di Bossi.Si era davvero disposti a credere che queste dimissioni sarebbero riuscite

a restituire al partito la tanto agognata nuo-va verginità? O che le scope di saggina porta-te a Bergamo il 10 Aprile sarebbero davvero riuscite a ‘fare pulizia’?E con le indagini venute alla luce nelle ulti-me settimane? Come la mettiamo? Mio caro elettorato leghista, che sia l’occasione giusta per scuotersi da questo lunghissimo e imba-razzante torpore?Dal canto nostro ci limitiamo a dichiarare che se questi prendono più del 4% alle pros-sime elezioni (Dio ce ne scampi, ma siamo pur sempre nel paese dei balocchi…) temiamo di vederci costretti a chiedere asilo politico in Tanzania, anzi no, a Kooly Noody.

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Si era davvero disposti a credere che queste dimissioni sarebbero riuscite a restitu-ire al partito la tanto agog-nata nuova verginità? O che le scope di saggina portate a Bergamo il 10 Aprile sarebbero davvero riuscite a ‘fare pulizia’?

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

ATTUALITÀ

DI ALBERTO [email protected]

La morte cardiaca improvvisa (MCI) nello sport si definisce come “de-cesso naturale, da cause cardiache,

che avviene in modo istantaneo in apparente assenza di sintomi, o comunque entro un’ora dall’insorgenza dei sintomi, in un individuo privo di patologie cardiovascolari note po-

tenzialmente fatali”.I giovani atleti sono considerati i membri più sani di una società, eppure negli USA, per esempio, ogni anno ne muoiono inaspetta-tamente più di novanta. Inquietanti sono gli episodi occorsi nel mondo del calcio negli ultimi anni, amplificati spesso dalla diretta tv, che trasforma lo sport da romanzo popo-lare in agghiacciante “reality show” dell’or-rore, dove lo spettatore assiste impotente al dramma e al suo contorno, spesso fatto di er-

rori grossolani (ritardo nei soccorsi), isteria (in primis dei media), ipocrisia (ha senso so-spendere i campionati senza che alcun prov-vedimento venga preso, anzi, inscenando un triste spettacolo litigioso su quando e come recuperare il turno?).Morosini è solo l’ultimo di una lista luttuosa: la memoria torna al camerunense Foé, fulmi-nato da un arresto cardiaco in mondovisione nel luglio 2003, mentre disputava la semifina-le di Confederations Cup; la triste vicenda di

Il nuovo incubo

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LA MORTE

per i giovani altletinel mondo dello sport

MCI IMPROVVISACARDIACA

Il camerunense Marc-Vivien Foé, morto durante la semifinale di Confederations Cup del 2003

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MYGENERATIONMYGENERATION

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quest’ultimo riaccese la luce sul problema dei controlli dei giocatori africani, non po-chi dei quali affetti da anomalie cardiache, perenne oggetto di controversia tra fede-razioni più rigide – a sorpresa, l’Italia – nel rilasciare l’idoneità agonistica e federazioni meno fiscali.La domanda, che erompe dalle menti e dai cuori di appassionati e non, è semplice: per-ché? Le cause sottostanti la MCI sono mol-teplici; escludendo l’uso di sostanze stupe-facenti o dopanti, si possono suddividere in due gruppi a seconda dell’età: per atleti al di sopra dei 35 anni, la malattia aterosclero-tica delle arterie coronarie (coronopatia) è la principale colpevole; per atleti al di sotto dei 35 anni, c’è un’ampia gamma di condizioni patologiche, includente la cardiomiopatia iper-trofica (frequente negli africani come Foé), la displasia aritmogena del ventricolo destro, malattie delle valvole cardiache (come per il nigeriano Kanu, che fu salvato prima di eventi fatali da un interven-to chirurgico), disturbi del ritmo, anomalie cardiache congenite di vario tipo. Il rischio di MCI cresce con l’aumentare dell’intensità di picco dello sforzo fisico e del livello di com-petizione.Le patologie responsabili sono spesso clini-camente silenti e difficili da diagnosticare, o addirittura improbabili solo da sospettare, sulla base di sintomi spontanei. La valutazio-ne medica prima della partecipazione degli atleti alle competizioni (screening) offre la possibilità di individuare soggetti asintoma-tici portatori di anomalie cardiovascolari potenzialmente letali, e di proteggerli dal ri-schio di MCI mediante inibizione dall’attività agonistica. A questo punto sorge la grande questione: qual è il miglior protocollo di prevenzione da adottare? C’è discordanza nella comu-nità scientifica mondiale sulle linee-guida a riguardo, e il dilemma principale è: includere o no l’ECG standard a 12 derivazioni a riposo (il comune elettrocardiogramma) nello scre-ening?Statunitensi ed europei concordano sull’indi-spensabilità di un’accurata anamnesi – rac-colta di informazioni personali e familiari, inerenti allo stato di salute individuale e dei parenti di primo grado – associata ad uno scrupoloso esame obbiettivo – esame fisico volto ad individuare segni di sospetto, come un “soffio” al cuore.L’AHA (American Heart Association) però raccomanda di procedere oltre, con esami

di approfondimento, solo se da anamnesi ed esame obbiettivo dovessero emergere dati anomali, assumendo che l’ECG sia un esame gravato da troppi “falsi positivi” – cioè che classifichi come malati soggetti che, dopo indagini più sofisticate, risultano essere sani.Di diverso avviso è invece l’ESC (European Society of Cardiology), che, nelle cosiddette “Raccomandazioni di Losanna” (2006), aval-late dal CIO, sposa la linea secondo cui l’ECG è fondamentale nello screening di base degli atleti; tra l’altro, ciò deriva dall’esperienza italiana del gruppo di lavoro veneto del Pro-fessor Corrado, che ha studiato per circa tre decenni i risultati dello screening “pre-par-tecipation” negli atleti, dimostrando come

l’inclusione dell’ECG comporti una riduzione statisticamente signifi-cativa di MIC.Un recente studio ame-ricano, di M. T. Whee-ler, partendo proprio dal lavoro di Corrado, sostiene a sua volta

questa tesi, battendo il tasto del favorevole rapporto costo-efficacia di un protocollo di prevenzione che contempli l’ECG; purtroppo, infatti, il problema è sempre il solito: i soldi. E’ una piccola soddisfazione quella che, nel Pae-se regno degli sprechi, ci sia un investimento, almeno teorico, sulla salute dei giovani atleti, come si evince dalle prescrizioni delle “nor-me per la tutela sanitaria dell’attività sporti-va agonistica” emanate nel 1982. Resta da vedere se i regolamenti sono vera-mente applicati. Altra questione è l’eticità o meno della scelta di riservare esami più so-fisticati, come l’ecocardiogramma, per atleti di élite, andando a discriminare tutti gli altri, ma anche in questo caso tutto si riconduce al rapporto tra i costi e l’effettiva capacità di questi esami di individuare soggetti a rischio.Ultimo problema, posto che la prevenzione è l’arma fondamentale contro la MCI: cosa fare dinanzi ad un giovane stramazzato al suolo mentre giocava? E’ necessario attivare con rapidità ed efficacia un protocollo di soccor-so in cui il defibrillatore ha un ruolo cruciale, dato che la sua utilità è massima se usato en-tro tre-cinque minuti.Dato il numero elevatissimo di atleti che si impegnano nelle più svariate discipline, molti dei quali provenienti da Paesi dove i controlli latitano, azzerare le MCI è un’utopia. Fortu-natamente, e l’Italia attraverso alcune sue eccellenze l’ha dimostrato, ci sono gli stru-menti per ridurre il più possibile gli eventi fatali, a patto che si sappia usarli e sfruttarli.

La prevenzione è l'arma migliore; il problema è nei metodi

È l’ultimo calciatore a perdere la vita durante un evento sportivo. Il 14 aprile 2012, si accascia a terra intorno al tren-tesimo minuto di Pescara-Livorno.

PIERMARIOMOROSINI

Cresciuto nel Siviglia, nell’estate della sua morte rifiutò un trasferimento milio-nario al Real Madrid per divenire una bandiera della sua squadra del cuore. Il 25 agosto 2007 Puerta ha perso conoscenza in campo durante la partita Siviglia-Getafe, prima giornata della Liga, colpito da un arresto cardiaco.

ANTONIOPUERTA

Morì durante la gara di campionato Perugia-Juventus a soli 24 anni per un arresto cardiaco il 30 ottobre 1977. Oggi lo stadio comunale di Perugia porta il suo nome.

RENATOCURI

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

DI MIRKO GALANTE [email protected]

Partiamo da un luogo comune: Na-poli potrebbe vivere di turismo. Una frase che ogni abitante della

“città del sole” si sarà sentito ripetere alme-no un milione di volte. In effetti, la lungimi-

ranza di De Magistris nel volere a tutti i costi l’America’s cup, ha mostrato a tutto il mondo le grandi potenzialità di una Napoli triste-mente famosa per le montagne di immon-dizia e per i fatti di camorra. Qualcosa però è sfuggita a Palazzo San Giacomo. Traendo liberamente ispirazione da un noto film dei fratelli Coen, possiamo tranquillamente af-fermare che questa: “Non è una città per di-sabili”. Il motivo è facilmente intuibile. Alcuni musei e numerosi luoghi d’interesse artistico e culturale, che da soli rappresenterebbero una forte attrattiva per un turista, risultano non essere accessibili da chi è affetto da gra-ve disabilità motoria.

Questa problematica è stata posta alla mia attenzione il 26 ottobre 2011, sette mesi fa, dalla mamma di una bambina disabile. La signora lamentava infatti, una notevole difficoltà nel portare la bimba in giro per i Decumani. “Come faccio da sola a far salire le scale a mia figlia che è bloccata sulla car-rozzina? Non posso chiedere sempre aiuto ai passanti”. Così, dopo questa sconcertante affermazione, in me è nata la voglia di appro-fondire questa grave problematica. Spinto dalla curiosità, mi sono chiesto: “se fossi il parente di un disabile, e se quest’ultimo non fosse di Napoli, cosa potrei fargli visitare del-la mia città”?

ATTUALITÀ

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Un viaggio tra musei e barriere architettoniche nella

Napoli dell’America’s cup

QUESTA NON ÈUNA CITTÀPER DISABILI

QUATTROESEMPI

CASTELDELL'OVO

La struttura è fornita di ascensoriperfettamente funzionanti

Le terrazze sono raggiungibilisolo con due ripide scalinate

SAN FRANCESCODI PAOLA

Nessuna presenza di scivoli per carrozzine

È quasi impossibile raggiungerel’ufficio informazioni nella piazza

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MYGENERATIONPartendo da questa domanda e fingendomi il nipote di una signora affetta da gravi diffi-coltà motorie, per sette mesi, con una certa regolarità, sono andato il giro per musei e chiese. Quindi oltre al piacere di fare il turi-sta nella mia città, ho avuto modo di costa-tare quanto sia difficile per un diversamente abile muoversi nella Napoli dei monumenti.Il mio tour tra le meraviglie partenopee, par-te dal protagonista di ogni foto ricordo: Il Ca-stel dell’Ovo. Il castello, generalmente sede di importanti mostre d’arte, si presenta for-nito di ascensori perfettamente funzionanti e capaci di ospitare le carrozzine. Peccato però che le terrazze, dalle quali si gode di uno splendido panorama, siano raggiungibili solo percorrendo due ripide scalinate. Come seconda tappa, ho scelto Piazza del Plebiscito e la famosa chiesa neoclassica San Francesco di Paola. Anche in questo caso, nessuna presenza di scivoli per carroz-zine. Per visitare la chiesa, o semplicemente per recarsi all’ufficio del turismo (locato sot-to il porticato), bisogna accedere da Via Gen-naro Serra, citofonare il parroco e chiedere la cortesia di entrare dalla “porta di servizio”. Ma anche in questo caso ci sono da affron-tare un paio di gradini. Un vero scandalo, se si considera che questa piazza è utilizzata come location di grandi eventi. Nel proce-dere nel mio giro, ho notato che visitare La Napoli sotterranea, per un diversamente abile è una missione a dir poco impossibile, e non è tutto. Chiacchierando con l’addetta ai biglietti, sono venute a galla storie di persone trasportate in braccio per i cunicoli, una cosa

che trovo altamente lesiva per la dignità dell’ammalato. Ironica è invece la situazione presente al Duomo: scivolo a norma sulla pri-ma rampa di scale, ma stranamente nessuno ha considerato come ostacolo il gradino pre-sente sulla soglia d’ingresso. Non è migliore la situazione al Museo di San Gennaro. La struttura è dotata di elevatore, quest’ultimo però è guasto da sette lunghi mesi. Il perso-nale per coprire l’indecenza della cosa, ripete

a tutti la solita storia: “è guasto da due giorni, quanto prima il servizio sarà ripristinato”. Ma la realtà è un’altra. Pare che l’azienda addet-ta alla manutenzione dell’impianto sia fallita da un anno e che quindi, per un diabolico gio-co di responsabilità e competenze, nessuno possa provvedere alla riparazione. La stessa storia la troviamo nella bellissima Villa Pi-gnatelli. Per un elevatore rotto, nessun pa-raplegico potrà osservare le bellezze in essa contenute. Tutto a norma al Museo Madre, ma qualche gradino di troppo sprovvisto di pedana per sedie a rotelle lo si riscontra nel-la Chiesa di Donnaregina Vecchia, struttura considerata tra le maggiori testimonianze di epoca medievale a Napoli. Procedendo nelle indagini, ho riscontrato

problemi anche presso la chiesa del Gesù Nuovo: quattro gradini. Mentre una discreta rampa di scale impedisce la visita della ca-ratteristica Chiesa delle Anime del Purgato-rio. Altrettanto problematico è raggiungere l’ingresso della Chiesa San Giovanni a Car-bonara, una vera scalata. Confesso che dopo la seconda scalinata affannavo anche io. Il Museo di San Lorenzo invece è accessibile in ogni sua ala tranne che negli scavi, la chie-

sa invece presenta un gradino all’ingresso. Complicata è anche la visita delle chiese di San Giuseppe dei Ruffi e di San Domenico Maggiore. In quest’ultima c’è la possibilità di entrare dal lato posteriore, ma anche in questo caso bisogna superare due gra-dini. A San Paolo Maggiore invece, mi rac-contava un responsabile, che era prevista l’installazione di un ascensore, ma a causa

delle minacce di un prepotente, il progetto è stato abbandonato. Attualmente, chi volesse accedervi dal retro, dovrebbe fissare un ap-puntamento con il parroco qualche giorno prima. Quella che ho riportato è una situazione assurda ed insostenibile, che dovrebbe far riflettere chi ci governa. Non basta una sem-plice “lavata di faccia” per rendere Napoli una città al passo con le grandi capitali euro-pee. Rendere una metropoli vivibile, significa anche renderla accessibile a tutti.

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MUSEOMADRE

La struttura è perfettamentefornita di impianti

Rendere una metropoli vivibile, signifi ca anche renderla accessibile a tutti

SAN GIOVANNIA CARBONARA

È impossibile raggiungerel'ingresso a causa di unaripidissima scalinata

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 414

DI ALBERTO [email protected]

La nascita del Web 2.0 ha segnato l’ir-ruzione nel mondo attuale dei social media, capaci di innalzare la comu-

nicazione fra le persone ad un livello quali-quantitativo superiore rispetto ai media tradizionali: stampa, radio, televisione, cine-ma, nonché lo stesso Web statico, opposto a quello “dinamico” oggi imperante, degli inizi.Eppure, già negli anni Cinquanta André Ba-zin, re della critica cinematografica france-se e padre spirituale della Nouvelle Vogue, affermava che il cinema poteva essere con-siderato un medium intrinsecamente legato alla modernità, sempre all’avanguardia, sle-gando quest’ultimo concetto da fenomeni quali l’elitarismo o lo sperimentalismo tecni-co-espressivo radicale.Consapevolmente o meno, David Fincher si è rivelato più realista del re, conservando il suo carattere di regista d’avanguardia entrando nell’universo pop, allorché nel 2010 ha por-tato sul grande schermo la storia del social

media per eccellenza, usato da oltre mezzo miliardo di persone: Facebook. In “The Social Network” da un lato c’è la specificità del mez-zo, capace di integrare le funzioni di tutte le principali espressioni del Web 2.0 (Youtube, Twitter, Wikipedia); dall’altro la storia (vera? verosimile? romanzata?) della genesi di un progetto d’impatto sconvolgente sulla vita di tutti. La rete sociale del titolo è quella che collega milioni di persone virtualmente, ma è quella che manca, o viene meno, attorno al fondatore Zuckerberg; l’ottimo Jesse Ei-senberg è bravo nell’interpretare un perso-naggio titanico eppure meschino, geniale eppure glaciale: insomma, ricco d’ingegno, povero di sentimenti. Facebook non può rac-contare se stesso; il cinema – che invece può raccontare se stesso, come in “Effetto Notte” (1973) di Truffaut – è riuscito a sollevare il velo sul social più usato: raccontando virtù e vizi del creatore, il film ha spiegato anche pregi e difetti della creatura.Agli Oscar 2011 l’opera di Fincher, però, pur premiata con tre statuette (sceneggiatura non originale, montaggio, colonna sonora), nei premi importanti è stata beffardamente surclassata da una pellicola, “Il Discorso del

Re” (2010), incentrata sulla disperata lotta del Duca di York Albert, asceso poi al trono d’In-ghilterra come Giorgio VI, contro la balbuzie: un male da poco in epoche lontane, tuttavia non in un presente dove la voce dei regnan-ti, tramite la radio, primo pervasivo mezzo di comunicazione di massa, deve raggiungere ogni angolo dell’impero britannico.Almeno al cinema, la radio, per quanto agée, ha battuto i nuovi social. Primo medium a rispondere alla richiesta che l’informazione dovesse essere in “tempo reale” – cioè che vi fosse un intervallo minimo, al limite della per-cettibilità, tra l’emissione del messaggio e la sua ricezione, superando i limiti dell’informa-zione a mezzo stampa – la radio ha rappre-sentato un importante oggetto di narrazione per molti grandi registi. Un esempio: “Radio Days” (1987) di Woody Allen. E’ un lavoro dal sapore felliniano, intriso di invincibile nostal-gia: rievoca i fasti della radio nella New York degli anni Trenta, dove si contrappongono la falsità degli addetti alla radio stessa e la simpatia di una famigliola ebraica che ruota attorno al piccolo Joe, immancabile proiezio-ne alleniana. Se il rapporto tra cinema e radio è stato in

SPETTACOLO

IL PIÙ GRANDE "SOCIAL"?

IL CINEMAStampa, radio, televisione, internet: tutti al servizio della settima arte

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MYGENERATIONgenere “pacifico”, all’insegna di un narrato quasi sempre positivo, ben diverso è il discor-so per stampa e televisione – i social media per antonomasia, prima dell’avvento di Inter-net – raccontate dal cinema nei loro splen-dori e nelle loro miserie, con storie sovente a tinte forti, ricche di personaggi controversi.Nell’ambito del cinema che si occupa di car-ta stampata, il manuale pratico per aspiranti giornalisti di Tim Harrower individua cin-que classici: “La Signora del Venerdì” (1940), “Quarto Potere” (1941), “Tutti gli Uomini del Presidente” (1976), “Dentro la Notizia” (1987), “Good Night and Good Luck” (2005); sono film non classificabili sot-to un’unica etichetta, ma che attraversano più generi, commedia compresa. Comun-que, il giornalista protagonista si modella di solito su schemi consolidati: riprendendo la terminologia di Elena Dagrada, ai due estremi ci sono il “crusader” (crociato), paladino della Verità, e il seguace dello “yellow journalism” (il sensazionalismo); modelli intermedi sono lo “story journalism”, troppo influenzato dalla fantasia, e il giornalismo “muckracker” (spalaletame), di chi accetta troppi compro-messi per arrivare a scopi positivi.“Quarto Potere” di Orson Welles però fa sto-ria a sé: è la ciclopica avventura di un magna-te dell’editoria, descritta in sei memorabili flashback. E’ il film che ha cambiato la sto-ria del cinema, in cui il giovanissimo regista

(appena venticinquenne) riuscì a descrivere, con occhio precorritore, l’intreccio tra mass-media e potere.Lo stesso intreccio si è poi amplificato a di-smisura con la capillare diffusione della televisione a soppiantare la stampa come principale canale di comunicazione. Il cine-ma non solo ha fotografato questa realtà, ma è perfino riuscito a sondarne i suoi aspetti più perversi, a volte con folgorante anticipo sui tempi: esempio lampante è “The Truman Show” (1998) di Peter Weir, la storia di un mite impiegato (un mai più così bravo Jim

Carrey) che vive dalla nascita senza saperlo in un reality show te-levisivo – un mostruo-so Grande Fratello ante litteram – dove tutto è pianificato nei

minimi dettagli da un regista-demiurgo, un inquietante Ed Harris.E così si arriva e torna al social media, o net-work, definitivo (finora): Facebook, ormai organizzato in modo tale da influenzare e indirizzare le vite dei suoi utenti, in base al fa-moso aforisma di Marshall McLuhan “il me-dium è il messaggio”, per cui sono importanti più i criteri con cui è veicolata la comunica-zione che la comunicazione in sé.Spetta dunque al cinema – come ha già fatto per gli altri media – svelare trucchi e inganni del sistema. Fincher ha aperto la porta, ora non resta che proseguire lungo la strada da lui tracciata.

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di Orson Welles1941, USA

di Alan J. Pakula1976, USA

di Peter Weir1998, USA

di David Fincher

QUARTOPOTERE

TUTTI GLI UOMINIDEL PRESIDENTE

THE TRUMANSHOW

THE SOCIALNETWORK

2010, USA

Il Cinema ingloba e studia gli altri media con impareggiabile efficacia

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

SPETTACOLO

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Breve guida per districarsi tra vecchie proposte e nuove promesse del Napoli Teatro FestivalDI MARIA EMMA DI [email protected]

Crocevia di incontri ed eventi inter-nazionali, a giugno la città parte-nopea ospiterà per la quinta volta

il Napoli Teatro Festival Italia. Nato per eguagliare eccellenze europee del calibro dell’Edinburgh International Festival, del Festival d'Avignon e del Festival iberoa-mericano de teatro de Bogotà, il NTFI ha di-mostrato, con le 72000 presenze dell’ultima edizione, di non essere da meno. Con la sua capacità di conciliare grandi attori e registi con altrettanti artisti emergenti ed il talento nel rendere qualunque luogo teatro: dai tetti della città ai suoi vicoli fin giù nel sottosuolo, il Napoli Teatro Festival è tra gli eventi più at-tesi dell’estate. La storiaE’ il lontano 2006 quando Napoli viene pre-ferita ad altre città italiane come sede per ospitare questo prestigioso progetto. Due anni dopo, nel giugno del 2008 la prima stori-ca edizione prende il via con la rappresenta-zione di ‘Le Troiane’ di Euripide. In scena, già dai primordi, vengono rappresentate opere

dal respiro internazionale come ‘Chie Chan e io’ tratto dall’omonimo romanzo di Banana Yoshimoto ed interessanti novità, prodot-te dal festival stesso, come ‘England’ di Tim Crouch o ‘Cosa deve fare Napoli per rima-nere in equilibrio sopra un uovo’ di Enrique Vargas.Il 2009 è un anno di sperimentazioni, la più suggestiva delle quali è “ROOF a live movie/Napoli” di Rodrigo Pardo, prodotta dal festi-val: lo spettatore, armato di binocolo, osser-va da una postazione privilegiata i tetti dei palazzi che lo circondano sui quali prendono vita scene di film tra i più famosi della storia del cinema. Tra le anteprime, guadagna il po-sto d’onore ‘La trilogia della villeggiatura’ di Carlo Goldoni, regia di Antonio Latella. La se-conda edizione presenta un’ulteriore novità: ospita per la prima volta il Napoli Fringe, un festival nel festival che premia il teatro off e ha l’importante ruolo di promuovere gli arti-sti emergenti.Con la terza edizione si cerca di dare ancora

più spazio alla città ed è così che la vicenda di ‘Delitto e Castigo’ di Dostoevskij sbarca nei quartieri spagnoli in una rappresentazione itinerante dove il pubblico segue gli attori per le strade e i vicoli. Il teatro in strada dun-que ma anche la strada che affolla il teatro quando al più amato eroe popolare napoleta-no, alla mano de Dios, all’unico e solo Diego Armando Maradona viene dedicato un con-certo al San Carlo. ‘El Diego - Concerto n. 10’, regia video di Carlo Alvino e musiche di Ro-berto De Simone, è un successo annunciato.Siamo giunti a giugno 2011 con la quarta edizione che porta con sé ancora una volta artisti internazionali, dall’autore inglese De-clan Donnellan con la sua ‘The Tempest’ alla commovente danza delle donne vietnamite in ‘Sécheresse et pluie-recreation’ di Ea Sola passando per i due spettacoli in giapponese, andati in scena nelle sale del Museo di Capo-dimonte ‘Tokyo notes’ e ‘The Yalta Conferen-ce’. Da non sottovalutare i luoghi: l’Otello in barca a vela di Antonella Monetti, il racconto dai primordi, vengono rappresentate opere dai primordi, vengono rappresentate opere barca a vela di Antonella Monetti, il racconto barca a vela di Antonella Monetti, il racconto

Kevin Spacey in una scena del Riccardo III, spettacolo di chiusura del 2011

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MYGENERATION

di donne ‘Variazioni sul mito-femminile sot-terraneo Arianna, Elena, Antigone’ nel Tunnel Borbonico e ‘La Tana’ di Francesco Saponaro con Mascia Musy nelle suggestive Catacom-be di San Gennaro, dimostrano come ogni luogo possa trasformarsi, all’occorrenza, in un palcoscenico. Anteprime e grandi star non mancano: i no-strani Massimo Ranieri e Lina Sastri ne ‘L’o-pera da due soldi’ di Brecht in scena al Real Albergo dei Poveri e i due ospiti stranieri Sam Mendes e Kevin Spacey, rispettivamente re-gista ed attore protagonista di un “Richard III” scelto come degna conclusione di quella che, ad oggi, viene considerata la migliore edizione del festival partenopeo.

7-24 giugno - Napoli teatro festival 2012 - prima parteLa quinta edizione è ormai alle porte e Myge-neration non vuole che i suoi lettori arrivino impreparati a questo importante appunta-mento.

Si inizia con una vera e propria anteprima del festival. Il 6 Giugno la cantante israeliana Noa si esibirà al teatro San Carlo con un con-certo tratto dal suo nuovo album, Noapolis, dedicato proprio alla città partenopea. In-troduzione perfetta dunque per uno dei due approfondimenti di questa edizione: la danza israeliana che, assieme al teatro argentino, rappresenterà il focus del 2012. Grandi ospiti aprono e chiudono la kermesse: il maestro Robert Wilson con il suo ‘The Makropulos case’, preannunciato come un’opera fanta-stica dal grande impatto scenico, sarà dal 7 al 9 giugno al Mercadante, teatro in cui, dal 22 al 24 dello stesso mese, “The suit” di Peter Brook porrà fine alla prima parte di questa edizione.Tra le sperimentazioni: ‘Un giorno tutto questo sarà tuo’ si interroga sul mondo e su ciò che di esso lasceremo in eredità alle ge-nerazioni future in un confronto diretto tra genitori e figli che avverrà sotto gli occhi del pubblico.

Luoghi inconsueti non mancheranno: ‘Napo-li. Interno. Giorno. Visioni oltre… ed altre di una città’ di Marco Luciano prevede un per-corso a piedi ed in bus, ‘Ramblas’ vedrà artisti di strada esibirsi nelle ‘calles’ più frequenta-te di Napoli e ‘’E feste a mmare’ di Antonella Monetti andrà in scena su un’imbarcazione ormeggiata nella darsena di Nisida.La leggerezza è il tema scelto dal direttore Luigi Fusco per questa edizione e Napoli vie-ne definita nello spot ufficiale del festival, ‘teatro ideale’. Parole queste, che richiamano alla mente una poesia di Eduardo De Filippo: “Napule è nu paese curioso, è nu teatro anti-co sempe apierto, ce nasce gente che senza cuncierto scenne pe strade e sapè recità, nun è ca o' ffanno apposta ma pe loro o pano-rama è na scenografia”.

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The Makropulos Case di Robert Wilson Teatro Mercadante 7-8-9 giugno

Un giorno tutto questo sarà tuo di Davide Iodice Teatro San Ferdinando 8-9-10 giugno

Che fi ne ha fatto Baby Jane? Come stelle al buio di Enzo Vetrano e Stefano Randisi Teatro Pausilypon 8-9 giugno

Igiene dell’assassino da Amélie Nothomb, di Alessandro Maggi Teatro Nuovo 8-9-10 giugno

Tommy…non apro!!! di Vincenzo Borrelli Galleria Toledo 10-11-12 giugno

’E feste a mmare di Antonella MonettiDarsena Nisida dal 10 al 17 giugno

Los hijos se han dormido da ‘Il Gabbi-ano’ di Anton Čechov, di Daniel VeroneseTeatro Nuovo 13-14-15 giugno

Espìa a una mujer que se mata di Daniel Veronese Galleria Toledo 14-15-16 giugno

Tercer cuerpo di Claudio TolcachirTeatro Mercadante – Ridotto 15-16-17 giugno

El viento en un violìn di Claudio Tolcachir Teatro Mercadante 15-16-17 giugno

El tiempo todo entero da Lo Zoo Di Vetro di Tennessee Williams, di Romina PaulaTeatro di Corte 15-16 giugno

La Omisiòn de la Familia Colemandi Claudio TolcachirTeatro Mercadante 15-16-17 giugno

Null coreografia Noa WertheimTeatro San Ferdinando 19-20 giugno

Bein Kodesh Le’Hol (Sacred and Profane)coreografia di Rami Be’er Teatro Politeama 19-20 giugno

Birth of the phoenix coreografia Noa WertheimTeatro Pausilypon 21-22-23 giugno

If At All coreografia di Rami Be’er Teatro Politeama 22-23 giugno

Higher expectationcoreografia Dafi Altabeb Creazione Dafi Dance Group (Israeli Choreographers Association) Teatro Pausilypon 23-24 giugno

Museo delle utopie di Pietro Favari, regia Giuseppe SollazzoGrotta di Seiano 8-9 12-13 17-18 giugno

L’angelo della casa, Omaggio a Emily Dickinson di Giorngia Palombi Real Orto Botanico 12-13-14 giugno

Exils di Fabrice MurgiaTeatro Mercadante 12-13 giugno

Ifi genia in Aulide di Mirce Eliade, regia Gianpiero BorgiaTeatro Pausilypon 12-13 giugno

Summer di Edward Bond, regia Daniele SalvoTeatro San Ferdinando 14-15-16 giugno

Taking care of Baby di Dennis Kelly, regia Fabrizio ArcuriTeatro Nuovo 18-19-10 giugno

The Rerum Natura’ progetto speciale da THE END di Enrico Castellano, Valeria RaimondiSala Assoli 18-19-20 giugno

WEEKEND APERTURA FOCUS ARGENTINO FOCUS ISRAELIANO

Il teatro in cucina: Sartù di Rosi Padovani regia Roberto AzzurroCortile dell'Accademia di Belle Arti di Napoli 20-21-22 giugno

The Suitdi Peter Brook, Marie- Hélène Estienne, Franck Krawczyk Teatro Mercadante 22-23-24 giugno

Wonderland di Matthew Lenton Teatro Sannazaro 22-23-24 giugno

Yo, el heredero da ‘Io, l’erede’ di Eduardo De Filippo, regia di Francesco Saponaro Teatro San Ferdinando 23-24 giugno

A bocca piena progetto di Mascia Musy Sala Assoli 23-24 giugno

Welcome on board a cura di Gennaro Cimmino, coreografia Francesco NappaHotel della Città di Napoli Dal 7 al 10, dal 13 al 15 e dal 21 al 23 giugno

RAMBLAS – Vie permanenti dell’arte di strada a cura di Giulio Barbato e Claudio BenegasVia Benedetto Croce, piazza San Domenico Maggiore, via Chiaia, piazza dei Martiri, Villa Comunale 9-10-16-17-23-24 giugno

NAPOLI. INTERNO. GIORNO. Visioni ol-tre… ed altre di una città di Marco LucianoSpettacolo itinerante in 4 location 10-11-17 -18 giugno Ore 10.30

Écrire et mettre en scène aujourd’ huiInstitut Français de Naples 10 giugno ore 19

L’isola di Arturodi Elsa Morante, lettura di Licia MagliettaTeatro Odeion 12-13-17-18-24 giugno

Il Vantone di Plauto, traduzione Pier Paolo Pasolini, regia Arturo CirilloTeatro Pausilypon 17-18 giugno

NUOVA DRAMMATURGIA WEEKEND CHIUSURA ALTRI

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 418

DI MARCELLO [email protected]

Manca poco alla XXX edizione del-le Olimpiadi, evento sportivo per eccellenza, sul quale i media han-

no cominciato a concentrarsi già da tempo. Riteniamo, perciò, importante ricordare nella nostra rubrica un film che affronta questo evento da un punto di vista più complesso, analizzando il nesso strettissimo tra sport e società, tra sport e vita. Non potevamo, pertanto, tralasciare Munich, l’ottima pellicola di Spielberg del 2005. Il film parte dal terribile massacro di Monaco di Ba-viera avvenuto durante le Olimpiadi estive del 1972 quando un gruppo di terroristi, facenti capo all’organizzazione palestinese “Settem-bre Nero”, fece irruzione negli alloggi degli atleti israeliani nel villaggio olimpico, ucci-dendone immediatamente due che avevano provato a fuggire, e prendendo in ostaggio altri nove membri della squadra olimpica. La vicenda si concluse con un maldestro tentati-vo di liberazione da parte della polizia tedesca che portò alla morte di tutti gli atleti israeliani e del gruppo di fedayin. A condurre l’operazione segreta del Mossad israeliano dal nome “Collera di Dio” cinque

uomini con a capo il giovane Avner. Con il procedere della missione, quest’ultimi, si ve-dranno sempre più implicati nella storia, fino ad accorgersi che non sono più loro ad essere i portatori della vendetta israeliana, ma sa-ranno loro stessi, carnefici, a mettere in atto un meccanismo di violenza che genera altra violenza. Il film risulta essere un misto di noir e spy story ma il riferimento intrinseco ai fatti dell’11 settembre non produce altro che ulte-riore e inutile odio. Non solo: permane, infatti, l’incertezza sulle concrete responsabilità e sulle motivazioni reali e oggettive che spingo-no ancora oggi le diverse organizzazioni ter-roristiche internazionali e gli stessi apparati governativi a compiere atti criminali o a “farsi giustizia”.Avner e i suoi credono ancora, perlomeno fino agli ultimi drammatici eventi del film, nel-la possibilità di una giustizia che non coincida con la vendetta poiché si rendono conto che la risoluzione dei problemi politici deve parti-re dall’eliminazione delle cause che sono alla base di quei problemi, non solo delle persone. Due sono i motivi ricorrenti nel film. Innan-zitutto, il cibo, che accompagna le azioni dei protagonisti, a cominciare dall’inizio, quando i cinque seduti alla stessa tavola chiacchiera-no con leggerezza delle loro vite, di modo che niente lascerebbe supporre la metamorfosi a cui lo spettatore assisterà nel corso del film.

Altro filo rosso è rappresentato dalla tele-visione che commenta e racconta i fatti. Tri-plice è il ruolo di questo elemento: da un lato, ribadisce quello che Spielberg ha già detto all’inizio e cioè che il film si basa su fatti reali; in secondo luogo, serve a mostrarci i fatti da punti di vista molteplici, in alcuni casi distorti; infine, crea due piani diversi di spettatori in quanto veicola la reazione dello spettatore del film verso uno o l’altro dei commenti che, all’interno del film, gli spettatori “diretti” della televisione, esprimono a caldo sui fatti. L’intera vicenda, e la maturazione e metamor-fosi di Avner, sono poi segnate dal susseguirsi di flashback che rievocano l’episodio iniziale del massacro di Monaco, la cui funzione, ol-tre che narrativa ed esplicativa, sottolinea una specie di convergenza di comportamenti e, forse, anche di obiettivi tra i palestinesi di Settembre nero e gli israeliani che devono vendicarsi. Qual è infatti il discrimine fra quegli assassini di monaco e quelli da parte di Avner e compa-gni? Mettere in evidenza l’umanità delle futu-re vittime, in palese contrasto con i crimini di cui sono accusati, solleva una serie di consi-derazioni e dubbi nello spettatore ben al di là della naturale tensione che il film scatena nel pubblico. Insomma, è un film che fa riflettere. Un film da vedere.

MUNICH '72

SPETTACOLO

L’olimpiade di sangue

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DI CONCETTA [email protected]

«Q«Quando giravamo, il film sembrava la storia di Renzo Bossi. C'era il

presidente del Consiglio, le escort, le feste e c'era ancora Umberto Bossi e il sole. Adesso c'è Monti, gli esodati e piove...». Così Roberto Benigni scherza con i giornalisti durante la conferenza stampa di presentazione del film "To Rome with love", l'ultima opera di Woody Allen, girato interamente a Roma.E’ da qualche anno ormai, che Allen, ha ab-bandonato New York, protagonista di molti dei suoi film, per ambientarli nelle principale città del vecchio continente."To Rome with love", omaggia la città eterna, ma ancora di più la magia che pervade chiun-que ne entri in contatto. “Roma –afferma il regista- è una città esotica, totalmente diver-sa da Parigi, Londra e Barcellona, nonostante però le accomuni la stessa energia e lo stesso fermento culturale, sono posti, questi, in cui

diventa facile trovare storie da raccontare. Girare un film a Roma è una chicca, un regalo speciale".Oltre al grande cast, dai nomi stellari (Woody Allen, Roberto Benigni, Penelope Cruz...), la pellicola mette in risalto i vizi e le virtù itali-che, si passa così dalla superficialità di un certo giornalismo al chiacchierato fenomeno delle escort fino ad arrivare alla conquista della notorietà senza alcun merito, in un pa-norama da cartolina, non necessariamente congruente alla realtà della nostra quotidia-netà ma così come appare agli occhi del regi-sta newyorkese.La critica questa volta, nonostante gli ottimi incassi al botteghino, non ha perdonato l'en-nesimo "film cartolina". I personaggi sembra-no non avere una vera e propria forma, pena-lizzati, per così dire, anche dal fatto che non vi è una trama unitaria, e, a differenza dei prece-denti film del maestro americano, non vi è un intreccio che alla fine lega le diverse storie.I temi e le riflessioni presenti nel film, sono sicuramente interessanti, ma i metodi e gli strumenti per raccontarli appaiono spesso fuori luogo e molto comuni, soprattutto per

un autore che ci ha abituato a ben altre solu-zioni stilistiche.Si sorride poco o niente in “To Rome with love” (le uniche tre battute spiritose Allen le tiene per sé) ma in particolare non si riflette per nulla.Durante tutta la durata della pellicola vi è un continuo omaggio a Fellini: il quarto epi-sodio del film, ad esempio, con protagonista Penelope Cruz, sembra ricordare lo “Sceicco Bianco”; altre volte lo si nota in quei piccoli elementi quotidiani trasformati spesso in surreale fantasia. Purtroppo, le solite citazioni e riproposizioni di figure nevrotiche/sessuali, già ben svisce-rate nel suo cinema del passato, rendono la visione del film ancor più noiosa e piena di luoghi comuni.Inssoma, niente a che vedere con “Midnight in Paris”, anzi, sembra proprio che il tour Eu-ropeo del regista stia lentamente arrivando al capolinea.Il più grande rammarico per noi italiani, dopo i successi intrernazionali ottenuti a Barcellona e Parigi, resta quello di “un'opportunità” mise-ramente sprecata.

diventa facile trovare storie da raccontare.

Si sorride poco o niente in “To Rome with love” (le uniche tre battute spiritose Allen le tiene per sé) ma in particolare non si riflette

Durante tutta la durata della pellicola vi è

sodio del film, ad esempio, con protagonista Penelope Cruz, sembra ricordare lo “Sceicco Bianco”; altre volte lo si nota in quei piccoli elementi quotidiani trasformati spesso in

Purtroppo, le solite citazioni e riproposizioni

rate nel suo cinema del passato, rendono la visione del film ancor più noiosa e piena di

Inssoma, niente a che vedere con “Midnight

ropeo del regista stia lentamente arrivando al

Il più grande rammarico per noi italiani, dopo i successi intrernazionali ottenuti a Barcellona

SPETTACOLO

ROMELOVEto

with

Un omaggio alla città eterna

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

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MYGENERATIONMYGENERATION

MOSTREPercorsi di Arte Povera

Venti opere che ricostruiscono l’apporto indivi-duale dato al vasto movimento dell’Arte Povera dagli artisti, molto diversi fra loro, Claudio Cin-toli, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Mario Merz, Giulio Paolini.

Dove: AICA, Andrea Ingenito Contemporary ArtQuando: Fino al 2 giugno 2012

CONCERTI

TEATRO

What’s goin’on in Naples? - www.napolidavivere.it

www.napolidavivere.it

Passione Tour

C’è il meglio dell’anima creativa della Napoli contemporanea con belle e intense interpretazioni e performance dal vivo degli artisti coinvolti.

Dove: Arenile Reload Quando: 19 maggio 2012Prezzo: 12 € + eventuale prevendita

Sud Sound System

Originari del salento, combinano la tradizione del sud con i ritmi giamaicani. Questa volta sono in Tour all’Arenile.

Dove: Arenile ReloadQuando: 26 maggio 2012Prezzo: 10 € + eventuale prevendita

Giuliano Palma

Vecchie canzoni diventano brani nuovi, all’avanguardia, contempo-ranei. È musica rock, folk, hip hop e blues allo stesso tempo.

Dove: Arenile ReloadQuando: 2 giugno 2012Prezzo: Gratis

Nuova Orchestra Scarlatti

La Nuova Orchestra Scarlatti ci presenta una entusiasmante Pri-mavera Musicale che fanno rivive-re la musica di artisti del calibro di Vivaldi e Mozart.

Tutte le date:http://bit.ly/primavera-musicale

La Boheme

Al teatro San Carlo di Napoli torna l’opera di Puccini. L’Opera è un te-soro inespugnabile della nostra pe-nisola e assistere ad una di queste pietre miliari della cultura peninsu-lare è quasi un dovere.

Dove: Teatro di San Carlo Quando: http://bit.ly/boheme-napoli Prezzo: da 30 a 160 €

Napoli Teatro Festival Italia

Tra giugno (dal 7 al 24 giugno) e set-tembre (tra il 25 e il 30) Napoli sarà trasformata in un palcoscenico a cielo aperto, in un vero e proprio cantiere culturale.

Info: http://bit.ly/ntfi-programma

DA NON PERDEREMaggio dei Monumenti

La storica rassegna napoletana dedicata all’ar-te cittadina quest’anno prevedrà sei i luoghi privilegiati dell’arte e dodici itinerari inconsueti riscoperti per l’occasione.

Tutte le info: http://bit.ly/maggio-dei-monumenti

Trasporti

A partire dallo scorso 26 aprile e fino al prossi-mo 3 giugno 2012, data della fine del Maggio dei Monumenti di Napoli, la funicolare di Chiaia mo-difica gli orari di chiusura del servizio secondo i seguenti giorni:

Venerdì e Sabato: ultima corsa e chiusura alle ore 02.00Domenica, Lunedì e Martedì:ultima corsa e chiusura alle 00.30Mercoledì e Giovedì: orario normale fino alle 22.00

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

DALLA [email protected]

Aperitivi on the road, degustazioni nei negozi e nelle gallerie d’arte, eventi a tema e wineparty: dal 16

al 19 maggio Napoli accoglie la V edizione di Wine&Thecity, il fuori salone del vino di Viti-gnoitalia. Dalle vie dello shopping di Chiaia al centro antico, 106 indirizzi compongono quest’anno il circuito dell’evento: sono gioiel-lerie, boutique storiche e di tendenza, galle-rie d’arte e home gallery, grandi griffe, show room di design, wine bar, pizzerie, ristoranti e grandi alberghi, location storiche e per-sino parrucchieri. Un itinerario eclettico e stravagante che mescola il vino alla moda e al design, all’arte e all’antiquariato, al gusto e ai gioielli. In ogni indirizzo troverete un vino da degustare (partecipano più di 70 cantine) illustrato dal produttore in persona o da un sommelier dell’Ais di Napoli e, tra un bicchie-re e l’altro, assisterete ad una mostra, farete shopping, ascolterete musica, degusterete cioccolato o un buon sigaro italiano. Il fil rouge è il vino: rossi doc, bianchi, bollicine, rosè, grappe e distillati sono sparsi in tutte le location. “Ogni tappa è una scoperta”, as-sicurano gli organizzatori che quest’anno hanno condito l’evento con tante curiosità. Si comincia al PAN, il Palazzo delle Arti di Napoli in via dei Mille, che Antonella Di Nocera, as-sessore al Turismo e Cultura del Comune di Napoli, ha concesso per festeggiare l’opening

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EVENTI

WINE&THECITY PORTA IL VINO IN CITTÀ

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dell’evento il 15 maggio. L’aperitivo inaugurale nell’atrio di Palazzo Roccella vede un binomio vincente: i vini delle cantine del Movimento Turismo del Vino della Campania e gli assaggi gourmet della Città del gusto Napoli con il Dj set di Lunare Project e le perfomance di arte teatrale e circense della Compagnia degli Ele-fanti. Mercoledì 16 si va per negozi, a partire da Chiaia: i negozi che aderiscono espongono uno stendardo con l’immagine dell’evento. Si brinda con il chianti di Frescobaldi nella gio-ielleria Ileana della Corte e con i vini dei Feudi di San Gregorio nella boutique Galiano in via Calabritto che per la prima volta partecipa a Wine&Thecity. Tra le new entry di quest’anno ci sono la boutique Ganesh in via Morelli, Mi-ster Fox in via Poerio e ancora Pinko in via dei Mille e Pride Concept store in via Cavallerizza. Anche gli show room di design sono una bella novità: Blandini (con lo studio Pisani), Poltro-na Frau (con lo studio VeneziaTre), Novelli, Ro-che Bobois aderiscono quest’anno per la pri-ma volta e ospitano aperitivi con gli architetti napoletani. Le signore più modaiole faranno tappa da Nennapop in via Bisignano, boutique trendy e di ricerca e da Idem dove Marietta Tramontano presenta le nuove collezioni pri-mavera estate con i vini di Di Meo. I negozi sono davvero tanti ed è difficile citarli tutti, alcuni però si distinguono per proposte dav-vero originali come Paola Grande Habuhiah che per Wine&thecity presenta una collezio-ne di tappi gioiello e accessori per il vino in argento e brone. Al centro antico ci piace se-gnalare l’appuntamento con Alba Rosa Man-

cini, architetto e designer che apre il proprio atelier in via Benedetto Croce per i 4 giorni dell’evento, e quello con la galleria Ab Ovo in via Bellini con reading a tema vino. Quello che sorprende di Wine&thecity è senza dubbio la creatività libera che si sprigiona in questi giorni: chi organizza mostre, chi presenta prodotti esclusivi – come la wine-bag in cuoio della sartoria M.Cilento 1780 -, chi allestisce vetrine a tema come Angelo Marino, Ernesto Esposito, Ldv. Il circuito comprende anche due saloni di parrucchieri: Noi Color Cutstyle e Team Leo in piazza Amedeo che presenta la vino terapia per capelli. Il vino incontra la bel-lezza anche allHotel Santa Lucia dove Mustilli, storica azienda di Sant’Agata dei Goti, presen-terà il 19 maggio dalle 11 alle 14 la nuova cre-ma viso da estratti di Aglianico, Linfa d’Uva. Da non perdere i private wine party serali: al Pa-lazzo Caracciolo di via Carbonara e al vivaio di Esterni Galleria Elena dove il tema è Cappelli e vino. Tra le location speciali anche il Tunnel Borbonico che il 18 presenta un percorso-degustazione dedicato al Falerno bianco del Massico di Villa Matilde con performance tea-trale e video installazione di Gennaro Regina. Durante Wine&Thecity si beve, ma si mangia anche: la Bersagliera, Palazzo Petrucci, il Ga-rum, Paradiso Blanco, Ristorante Donn’anna, Clu Coffe&food, Motus e le pizzerie Sorbillo e La Notizia propongono menu a tema a prezzi speciali. Solo per Wine&thecity! Per saperne di più e consultare tutti gli eventi e scaricare il catalogo on line: www.wineandthecity.it

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Dal 16 al 19 maggio una staffetta di appun-tamenti a tema vino in 106 indirizzi da Chiaia

al Centro antico.E il 15 opening al PAN

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1984

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DI GABRIELE [email protected]

Utopia: dal greco oύ (non) e τόπος (luogo), quindi non-luogo, posto che non esiste; il dizionario la de-

finisce anche come sogno, aspirazione irre-alizzabile. In letteratura “Utopia” di Thomas More è stata la prima (in realtà la seconda, considerando anche “La Repubblica” di Pla-tone) di una serie di opere dedicate alla de-scrizione di una società ideale, i cui membri vivono in perfetta armonia in un sistema ca-pace di provvedere al benessere e alla felici-tà di ciascuno. Altri importanti esempi sono “La Città del Sole” di Tommaso Campanella, “Men like Gods” di H.G. Wells, e “Island” di Al-dous Huxley per citarne giusto qualcuno.

Ma cosa accade quando la situazione ruota di 180°? Quando si passa dall’altra parte dello specchio? Ci troviamo in presenza di quella che viene chiamata ‘distopia’: un mondo al-lucinante i cui abitanti sopravvivono in con-dizioni di infelicità o di schiavitù più o meno esplicita. Tra le opere più significative di que-sto filone, ricordiamo “A Brave New World” ancora di Huxley, “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury e soprattutto “Nineteen-Eighty Four” di George Orwell.

Nel 1948, in un mondo ancora sconvolto dal-la guerra e tutt’altro che libero dai regimi totalitari, il romanziere inglese immagina il destino delle generazioni future, basta in-vertire l’ordine delle ultime due cifre ed ecco il titolo “1984”. Ciò che si presenta al lettore è un vero e proprio incubo: il protagonista, Winston Smith, un impiegato del Ministero della Verità (che ironicamente, si occupa di

riscrivere la storia adeguandola alle neces-sità e alla propaganda del partito) si aggira per le strade di una Londra post-atomica, tra le macerie dei continui bombardamenti e i cartelloni e gli slogan inneggianti al Grande Fratello, il vertice massimo dell’unico Partito.

Sottofondo di questo allucinante scenario è il ronzio degli onnipresenti elicotteri di sor-veglianza, dal momento che gli abitanti dello stato di Oceania (una delle tre superpotenze in cui è diviso il mondo) sono perpetuamente monitorati della Psicopolizia, il braccio arma-to del Partito che combatte i reati di pensiero (psicocrimine). I cittadini sono osservati non solo mediante gli elicotteri, ma anche grazie ad una complessa rete di apparecchi disse-minati in (quasi) tutto il territorio, questi in-quietanti aggeggi hanno una doppia natura ancora più sinistra: non si limitano a spiare, ma, dal momento che sono in tutto e per tut-

CULTURA

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28 anni dopo:chi spia

gli spioni

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to dei teleschermi, proiettano in continua-zione la roboante propaganda del Partito. Re-golarne il volume è consentito, spegnerli no.

Il romanzo si articola in tre parti, nelle qua-li assistiamo alla lenta e ineluttabile caduta di Smith nello psicocrimine, fino alla sua cattura e all’imprigionamento nel Ministe-ro dell’Amore, ove – sempre in virtù di un grottesco contrappasso – verrà torturato e ricondotto all’ortodossia e all’amore cieco per il Partito e soprattutto per il Grande Fra-tello. Quest’ultimo, benché non appaia mai di persona e la sua stessa esistenza venga messa in discussione, è diventato col tempo una figura capace di trascendere i confini del mondo letterario assurgendo a simbolo della sorveglianza di massa e della limitazione del-le libertà da parte dei governi.

È del tutto pleonastico ricordare che il ro-manzo è un capolavoro assoluto, come testi-moniato anche dai vari adattamenti (teatrali e filmici), tra cui il bellissimo “Orwell 1984” di Michael Radford, ma c’è un interessante giochino al quale è impossibile sottrarsi una volta cominciato a trattare l’argomento: fare una lista delle cose sulle quali l’autore ingle-se ha visto giusto, e di quelle su cui si è sba-gliato. Partiamo da queste ultime: tanto per cominciare il mondo non è diviso in tre stati

in guerra perpetua tra loro; ci piace inoltre pensare che la dittatura non ci sia, o che al-meno non sia così esplicita, e che gli elicot-teri che sorvolano le città abbiano affari più importanti che sbirciare nelle nostre case.

Qualcosa di molto orwelliano invece accade quando si parla di informazione: la manipo-lazione della realtà e la sfacciata negazione di quanto appare evidente sono fenomeni ai quali ci stiamo – ahimè – abituando, ma che dire del resto? La domanda più importante è: siamo sotto costante sorveglianza? La pa-rola ‘privacy’ non è che un relitto di epoche ormai lontane? Non è così facile rispondere: sicuramente i nostri televisori non ci spiano, e abbiamo la libertà di spegnerli, difenden-doci da quanto essi ci propinano quotidia-namente; ma il campo su cui si combatte questa battaglia è un altro, uno nuovo e così potente che nemmeno Orwell era riuscito a visualizzarlo: internet.

Viviamo in un’epoca in cui il confine tra re-ale e virtuale tende a diventare sempre più sottile e i due piani tendono a sfociare l’uno nell’altro: dopo gli orrori del Grande Fratel-lo televisivo e delle varie trasmissioni più o meno simili ad esso, il voyeurismo ha assun-to i tratti al tempo stesso rassicuranti ed in-quietanti della quotidianità. I social network

sono diventati la realizzazione più fedele del romanzo orwelliano: i nostri monitor sono quasi l’equivalente dei teleschermi del ro-manzo; attraverso essi spiamo e siamo spiati in un gioco perverso che mischia le carte in maniera ancora più intricata. Chi siamo noi? Siamo il povero Winston Smith, spiato notte e giorno, o la feroce Psicopolizia? Dipende da quale parte del monitor occupiamo.

“L’Ignoranza è forza” recitava uno dei tre slo-gan del Partito, e probabilmente è vero più che mai in questi tempi in cui trasmissioni televisive di dubbio gusto si appropriano del nome del ‘povero’ Grande Fratello, eppure, aldilà di questo e altri simili scempi, il moti-vo principale per cui Orwell si sta probabil-mente rivoltando nella tomba è che mentre Smith e i suoi sciagurati compatrioti erano vittime di un qualcosa situato su un piano finanche ontologico del tutto diverso, noi siamo vittime di noi stessi («Big Brother, c’est les autres.» direbbe probabilmente Sartre) avendo costruito con le nostre stesse mani questa torre d’avorio fatta di connessioni superveloci e foto in altissima risoluzione, scioccamente convinti che percezione e re-altà siano la medesima cosa.

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

CARMELOBENE

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DI MARIA EMMA DI [email protected]

LLa nostra non ha l’ardire di essere una critica su Carmelo Bene, volu-mi interi non sarebbero sufficienti

a descriverlo e, d’altronde, <<per capire un poeta, un artista ci vuole un altro poeta e ci vuole un altro artista. La critica vive dalle 22 alle 24, cioè due ore la sera. Non puoi due ore la sera capire quello che invece io continuo a vivere ora per ora>>, bensì un semplice ac-cenno a ciò che di lui è stato su questa terra nel periodo in cui ha calcato il palcoscenico del mondo.Il modo migliore, o forse l’unico, per descri-verlo, è attraverso il teatro che è << nell'atto, cioè nell'immediato, in quello che un filosofo chiamò l'immediato svanire, la presenza e al tempo stesso, assenza >>. Bene attore ri-cercava l’assenza, nel suo Pinocchio è tutto e niente, maschere gli coprono il volto ed il suo stesso viso, nell’interpretare il burattino, è una maschera. Voci diverse caratterizzano ogni suo perso-

naggio, se si chiudono gli occhi, ascoltando ad esempio la sua lettura di Majakovskij, sen-za prestare attenzione alle parole, ‘che non sono nulla’, si resta rapiti dal suono vibrante, dalle variazioni del tono, dall’atmosfera che creano intorno a sé.La voce di Carmelo Bene era musica di per sé, perfetta per amalgamarsi ad una sinfo-nia, come nel Manfred, in cui le note di Schu-mann si alternano al recitato.Controverso e conturbante nella ricerca dell’erotico, censurato fu il suo ‘S.A.D.E.’ per le scene di nudo in teatro, tanto oltre era Carmelo Bene.Non un semplice attore, ma una figura tanto complessa da meritare un posto tra Leopar-di, i cui Canti interpretava in modo unico e Dante, il cui Inferno è tra le più note e ama-te performance di Bene, considerato quasi, nell’interpretazione dalla Torre degli Asinelli di Bologna, il suo testamento.Difficile descriverlo dunque, l’amico Gian-carlo Dotto nel suo ‘Elogio di Carmelo Bene’ consiglia di diffidare <<ora di tutti quelli che dicono di averlo conosciuto, di sapere tutto di lui. Non fidatevi neppure di me. Non ne sa-premo mai abbastanza di lui>>.

A chi affidarsi, allora, per tentare non di com-prendere ma al meno di conoscere un tale genio? L’unica risposta possibile è contare sui propri sensi: riprendere i video disponibili sul portale RAI e lasciare alla vista e all’udito l’infinito piacere che si ha nel godere di ciò che lui è stato. L’eterno è nella sua voce amplificata da mi-crofoni potentissimi, strumenti per raggiun-gere l’oblio, per lasciare solo il suono, per congedare la chiacchiera della <<parte impa-rata a memoria>>, è nel suo viso <<antico>> deformato dalla malattia e dagli eccessi, è nei suoi occhi spalancati, rivolti alla ricerca del-l’<<assenza>>. L’eterno è in tutto il nulla di-speratamente raccontato da Carmelo Bene. E riecheggerà per sempre: <<io sono già un classico perché vivo nell'eternità, sono eter-namente vivo>>.Non è il significato, non sono le parole, è mol-to di più, bisogna guardare oltre: <<io mi oc-cupo solo dei significanti, i significati li lascio ai significati>>.Tutte le citazioni, dove non specificato diver-samente, appartengono a C. B., che da loro “fu detto”, come forse, se gli andasse, preci-serebbe lui.premo mai abbastanza di lui>>.

A chi affidarsi, allora, per tentare non di com-

DI FRANCESCA [email protected]

Adieci anni dalla sua scomparsa (16 Marzo 2002), celebriamo la gran-dezza d'un artista eclettico ed ec-

cezionale come Carmelo Bene.Scusa, Carmelo chi? Ecco. . .

A Carmelo Bene. A te, che te ne sei sempre fregato del mondo e, a sentir quel che dicevi, anche di te stes-so, del tuo personaggio emblematico e folle, pur consapevole del fascino che esercitavi. È la tua incredibile umanità a conquista-re. “Non sono eroico” dicevi, mostrando la bellezza dell'imperfezione e dell'antieroe. Antieroe come Don Chisciotte, che pure hai interpretato e che combatteva contro i mu-lini a vento dell'istituzione, dell'Io come pri-gione. Anche l'amore, per te era simbolo di negazione degli schemi, come lo sputo allo specchio del tuo Riccardo III, che nonostante

tutto, torna indietro e ferisce. Le volgarità, gli scandali e le esagerazioni, ti riempivano il letto di donne, un letto caldo e sfatto, da cui voltavi le spalle al perbenismo della cop-pia. Per tentare di dare un senso alla tua vita attraverso la tua penna, sono partita (senza, d'altronde, poter fare altrimenti) dall'idea di depensamento e dal tuo incontro-scontro con la teoria sul linguaggio. Accostando que-sto dif�icile concetto, meta�isico e metaforico, al �lusso di coscienza novecentesco, ecco, co-mincio a comprenderti. Ai tuoi occhi, anche le parole erano una gabbia di luoghi comuni e, ispirandoti all'“inconscio strutturato nel linguaggio” di Jacques Lacan, ti pre�issavi la sua destrutturazione. Eppure, dal presunto trauma in�litto alla tua volontà di soggetto, sono nate splendide ferite in versi e in prosa. A questo punto, ronzare di opera in opera, è stato semplice, scoprendo i tuoi scritti poco a poco, tra cui i romanzi A boccaperta e Il rosa e il nero, dal quale fu tratta l'omonima opera teatrale di successo. Con La voce di Narciso, ho potuto spalancare una �inestra su un nuo-vo modo di leggere il mito. Col suo capitolo

Non esisto: dunque sono, l'opera si fa beffa di Cartesio, mentre Narciso osserva il proprio ri�lesso nello specchio (d'acqua), scoprendo, piuttosto che sé stesso, il “dover essere” e op-ponendovi l'aprassia del gesto. Ammetto di aver sorriso (per il titolo) nel far conoscen-za con Sono apparso alla Madonna, sorta di autobiogra�ia sospesa in una dimensione parallela, fuori dal tempo e dallo spazio, vo-lutamente ostica alla lettura, quasi arcana. Così profondamente legato alla scrittura novecentesca, nonostante il tuo tormentato rapporto con la critica, i primi ad apprezzare la tua arte, furono proprio Eugenio Montale, Alberto Moravia, Ennio Flaiano e Pier Paolo Pasolini. Non so se accetterò mai il capovolgi-mento de Les �leurs du Mal, nel titolo del tuo poema 'L mal de' �iori, ma la mescolanza di dialetti e lingue, scorre come �iume in piena, nonostante per te sia tutto sottrazione. Sarà, ma è pur sempre dolce.Un punto a questo articolo e un punto alla tua vita, come pausa eterna a una poesia che, nonostante tutto, continua a far parlare di sé.

A Carmelo Bene. A te, che te ne sei sempre fregato del mondo

so, del tuo personaggio emblematico e folle, so, del tuo personaggio emblematico e folle, pur consapevole del fascino che esercitavi.

Antieroe come Don Chisciotte, che pure hai

gione. Anche l'amore, per te era simbolo di

specchio del tuo Riccardo III, che nonostante specchio del tuo Riccardo III, che nonostante

Non esisto: dunque sono, l'opera si fa beffa di

ponendovi l'aprassia del gesto. Ammetto di

poema 'L mal de' �iori, ma la mescolanza di

nonostante tutto, continua a far parlare di

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

DI CARLA [email protected]

Caro Lettore,prima di trascinarti con noi in viaggio verso una Napoli nascosta

e misteriosa, ecco un avviso per te: que-sta volta la sensazione che ti accompa-gnerà al termine della visita sarà diver-sa dalle altre.Sarà come perdere una parte di te, la-sciare che pezzi della tua identità, sen-za accorgertene, ti scivolino di dosso e finiscano tra le pareti di un mondo an-tico, tanto lontano eppure così vicino a quello “moderno”.E te ne accorgerai quando, passeggiando per il centro storico di questa nostra splendida città, non potrai fare a meno di abbassare lo sguardo, osservarti i piedi e domandarti cosa ci sia veramente lì sotto, tentando di ricongiungerti con quanto di te sarà rimasto laggiù.Improvvisamente, sarà come se le bancarel-le, i negozi di presepi e le pizzerie pronte a

tentare i passanti ad ogni angolo, perdessero forma, per lasciare spazio all’attenzione cat-turata da quello che senti sotto di te: non più un rigido pavimento, ma un impercettibile foglio di carta velina che ti porterà ad intra-vedere un altro mondo.Basta scendere qualche gradino ed eccoti catapultato indietro nel tempo di migliaia di

anni, sommerso dal silenzio. Come se fuori non esistesse più nulla.In verità, la storia del sottosuolo napoletano è valorizzata e riconosciuta come oggetto di interesse culturale da un tempo relativa-mente breve, pur convivendo da sempre con la storia della Napoli “visibile”. La conforma-zione geologica della nostra città ha infatti permesso uno sviluppo verticale di questa, fin dai tempi della Magna Grecia, quando i

primi colonizzatori furono colti dalla sen-sazionale scoperta che, oltre alle bellezze naturali, la città custodiva un’ampia gamma di materiale edile naturale nel suo sotto-suolo. Specialmente il tufo sembrava essere presente proprio al fine di concretizzare le esigenze di edificazione della nuova colonia, consentendo rapidamente un grande svilup-

po urbanistico.La città ha così seguito una crescita parallela nel sottosuolo ed in super-ficie, come se mai fosse emersa una precisa linea di demarcazione tra il sopra ed il sotto, come ci è stato abilmente illustrato dalla Dottoressa Paola Miraglino, geologa, che ci ha ac-compagnati in visita alla scoperta di

questo mondo.

Eccoci.Ti trovi a ripercorrere i cunicoli scavati in tempi preistorici per recuperare materiali edificatori e in tempi successivi attraversati dalle acque che per millenni hanno dissetato l’intera città.Un mondo così poco conosciuto e così denso di storia, di vita.

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CULTURA

NAPOLI

Una lunga passeggiata nel ventre di Napoli

SOTTERRANEA

Non più un rigido pavimento, ma un impercettibile foglio di carta velina che ti por-terà ad intravedere un altro mondo

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MYGENERATION

Sembra quasi che le mura parlino, nel tenta-tivo di raccontare secoli di eventi che hanno consumato quelle pareti, calpestato quelle pietre.Ci si sente piccoli, a quaranta metri di pro-fondità. Piccoli dinanzi ad una storia così grande; minuscoli dinanzi ad ambienti così imponenti e colossali; insignificanti rispetto a uomini come noi, uguali a noi, ma con nu-merose conoscenze in meno, eppure in gra-do di dar vita a costruzioni di alta ingegneria idraulica.Sarà straordinario avvertire che, nell’attra-versare un cunicolo largo non più di 50 cen-timetri, in cui la vista è assistita dall’unico ausilio di piccole candele, non avrai paura. Sentirai dentro di te un sentimento di em-patia nei confronti di tutti coloro che hanno attraversato e attraverseranno lo stesso corridoio come te con un unico obiettivo: am-mirare la capacità dell’uomo di modificare la propria terra per lasciare un segno indelebi-le del suo passaggio.Il percorso diventa, così, sorgente di un tur-binio di emozioni soprattutto nell’istante in cui sarà illustrato dalla guida il modo in cui si fece ricorso alle cavità preesistenti sotto la

città per offrire alla popolazione immediato rifugio dai bombardamenti aerei durante la Seconda Guerra Mondiale.Furono allargati i pozzi per costruirvi scale di accesso ai ricoveri, allargati i cunicoli, ri-empite le cisterne, imbiancate le pareti ed in-stallati i servizi igienici e gli impianti elettrici ed idraulici. In questi ricoveri, il popolo napo-letano ha vissuto interminabili ore e giorni trascorrendo, spesso al freddo ed al buio, gli anni più tremendi della Guerra.Questi interventi hanno frammentato quel-la rete fitta e continua di cunicoli e cisterne che, fino agli inizi degli anni Quaranta, pote-va essere percorsa da un capo all’altro della città.

“È bene non perdere la memoria storica di cosa ha significato “Napoli Sotterranea” per la “Napoli Superficiale” dalla sua fondazione fino all’ultima Guerra Mondiale. I legami tra questi due mondi, apparentemente separati, sono molti e solo conservando e conoscendo le sue radici storiche e culturali un popolo può sperare in un suo futuro sostenibile”. (cit. P. Miraglino)

La visita parte da Piazza San Gaetano 68 Napoli (su via dei Tribunali), adiacente basilica di San Paolo Maggiore.

L'INGRESSO

L’associazione “Napoli Sotterranea” nasce alla fine degli anni ‘60, avendo come obiettivo principale quello di condurre studi esplorativi, geologici ed archeologici, al fine di verificare la sicurezza della città di Napoli, che si sapeva in parte poggiata sul “vuoto”. Solo nella metà egli anni ’80 prende corpo l’iniziativa di orga-nizzare percorsi ed escursioni per chiunque fosse interessato a conoscere aspetti della cit-tà poco noti. Enzo Albertini, attuale presidente dell’Associazione, diede vita a tale progetto, che catturò l’attenzione di numerose testate giornalistiche, locali e nazionali, oltre all’inte-resse di centinaia di curiosi, impazienti di in-traprendere un “turismo sotterraneo” e pronti a prenotare le escursioni, in principio organiz-zate solo occasionalmente. L’Associazione, che oggi fornisce guide mul-tilingua che accompagnano i visitatori alla scoperta delle cavità, ha così riscosso un cre-scente successo con il passare degli anni, af-fermandosi come grande punto di riferimento per numerose iniziative, sostenendo e finan-ziando il progetto “Un’Altra Galassia”, una fe-sta del libro tenutasi lo scorso giugno nel Cen-tro Storico di Napoli. L’organizzazione realizza stage universitari ed anche molteplici iniziative rivolte alle fasce più deboli della popolazione napoletana: ha, per esempio, ospitato comu-nità di volontariato per giovani in difficoltà.

L'ASSOCIAZIONE

L'immagine mostra una sezione longitudinale dei Gradoni di Chiaia, evidenziando così i più strati che formano il sottosuolo napoletano. Immagine concessa del Servizio di Sicurezza Geolo-gica e Sottosuolo del Comune di Napoli

CITTA' A SPESSORI

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

THIRD INTERNATIONAL CONFERENCEwith the Patronageof Accademia Nazionale dei Lincei

OPENING

MAY 21, 2012 4:00 pmAula Magna dell’Università Federico IIVia Partenope, 36 - Napoli

SCIENTIFIC SESSIONS

MAY 22-23-24, 2012 9:30 amAula Romolo Cerra Istituto Nazionale TumoriFondazione “Giovanni Pascale"Via Mariano Semmola - Napoli

MAY 25, 2012 9:30 amCentro Ricerche Oncologiche MercoglianoVia Ammiraglio Bianco - Mercogliano - Avellino

1 Life Style and the Risk of Cancer

2 Hot Topics in Diet and CancerRound Table - Prevention of Cancer Recourrence

3 Genetics and Epigenetics

4 Natural Dietary Molecules

5 New Emerging Breakthroughs in theOmics Approach

6 Satellite - Olive Oil in Health and Disease

The proceedings of the Conference will be published as a volumeof the series Cancer Treatment and Research,Editor Steven T. Rosen, Springer

PATRONAGES

AccademiaNazionale dei Lincei

Consiglio Nazionaledelle Ricerche

Regione Campania

Provincia di Napoli

Comune di Napoli

Seconda Universitàdegli Studi di Napoli

Universitàdegli Studi di NapoliFederico II

Lega Italianaper la Lottacontro i TumoriSezione di Napoli

Associazione Italianadi Oncologia Medica

Società Italianadi Biochimica

Società Italianadi Cancerologia

Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione“Giovanni Pascale” Napoli

CROM Centro di Ricerche Oncologiche Mercogliano

ARFACID OnlusAssociazione di Solidarietà Sociale

e di Promozionedegli Studi sul Cancro,

l’Invecchiamentoe le Malattie Degenerative

Dipartimentodi Biochimica e Biofisica

Dipartimentodi Patologia Generale

Facoltà di Medicina e ChirurgiaSeconda Università degli Studi di Napoli

Dipartimento di MedicinaClinica e Sperimentale

Dipartimentodi Endocrinologia ed Oncologia

Molecolare e ClinicaFacoltà di Medicina e Chirurgia

Università degli Studi di Napoli Federico II

Istituto di Scienzedell’Alimentazione - ISA

Consiglio Nazionale delle Ricerche Avellino

Istituto Italianoper gli Studi Filosofici

SCIENTIFIC COMMITTEE

Franco BerrinoGiovanni ChieffiMarc DiederichGaetano LombardiTonino PediciniElio RiboliRodolfo Saracci

Vincenzo ZappiaChairman

ORGANIZING COMMITTEE

Lucia AltucciAdriana BorrielloAlfredo BudillonGiuseppe CastelloFulvio Della RagioneGiuseppe IacominoRosanna PalumboSalvatore PanicoGian Luigi Russo

ORGANIZING SECRETARIATPaola ColonnaPina CarforaPhone: +39 081 5667609Fax: + 39 081 [email protected]@unina2.it

EDITORIAL ASSISTANTJanet Gates+39 [email protected]

PUBLIC RELATIONSDSL ComunicazioneNuccia Langione [email protected] Purpo [email protected] Grant designer

PROVINCIA DI NAPOLI

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MYGENERATIONla strofa

Quella volta che hai trattenuto il sorrisoper un tempo lungo, come un colore.Quella volta che lo hai tenuto nel visoprima della forma, prima del doloreche ne sagoma il contorno.

Ci sono i parchi, le stagioni. Oggi sono due giorniche piove a dirotto. La terra fuori deve essere fradiciadi cielo e ad ogni passo dovresti sentire un rumore.L’intrusione delle nuvole. La sagoma del sorriso.Cielo e viso sono sentieri.

da “Favole”, Transeuropa 2009

a cura di anna ruotolo

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I I .di Tommaso Di Dio

Due giorni di pioggia ininterrotta, la memoria lunga, un sorriso particolare, la forma bellissima del volto della

ragazza amata e poi parchi, stagioni, le passeggiate: questa è la favola reale e possibile di Tommaso Di Dio,

giovane poeta nato nel 1982. Sembra di poter cammin-are nel cielo e sulla terra, in questa poesia. Per salire

bastano uno sguardo e una pozzanghera. E scendere è raccontare tutto il cammino fatto alla persona che ci

dorme accanto.

sul sofà

Tommaso Di Dio (1982) vive e lavora a Milano. È autore di un libricino di poesie, Favole (Transeuropa, 2009, con prefazi-one di Mario Benedetti). Ha tradotto una silloge del poeta canadese Serge Patrice Thibodeau, apparsa nell’Almanacco dello Specchio (Mondadori). Dal 2005 collabora all’ideazione e alla creazione di eventi culturali con l’associazione Esiba Arte (www.esiba.it ). Alcuni suoi testi sono presenti nell'antologia "La generazione entrante. Poeti nati negli Anni Ottanta" (Lado-lfi Editore, 2011).

TOMMASO DI DIO ...E LA SUA FAVOLA

illustrazione diloredana ionescu

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

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MYGENERATION

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4MYGENERATION IS

"happiness only real when shared"

solo se condivisa, la felicità è realeInto the wild

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MYGENERATION

YOURGENERATIONCome vedete la nostra generazione?Che significato ha per voi?Cosa non è e cosa vorreste che fosse?Cosa vi trasmette questa rivista?Un pensiero tra carta ed esperienza, tra informazione e vissuto.

YOURGENERATION IS . . .

“...leggere qualcosa fuori dagli schemi” Domenico Cippe

“...un branco di incompetenti” Sandro Orialci

“...una triste realtà” Giuseppina Montella

“...la risposta alla vergogna dei media” Lauren Esposito

Vogliamo le vostre idee, opinioni, proposte, critiche sulla nostra generazione e sul nostro giornale in una frase, un concetto!

Inviateci tutto a [email protected]

Le migliori saranno pubblicate!

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 436

MANGENERATION

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MYGENERATION

MATTEO GARRONEREGISTA DA REALITYDI PASQUALE CAIAZZA [email protected]

Matteo Garrone, romano, regista e sceneggiatore rappresenta il ci-nema di qualità made in Italy che

torna a prendersi la scena del grande pubbli-co internazionale. “Non parla del Grande Fratello. Dopo Gomor-ra volevo fare qualcosa di diverso, cambiare completamente registro, girare una comme-dia. Però non so se i risultati sono andati in quella direzione, strada facendo il tono del racconto si è un po’ incupito”. Questo è quan-to dichiarato da Matteo Garrone all’ alba del-la sua candidatura alla Palma d’Oro al prossi-mo Festival di Cannes. Il regista romano sarà in concorso in Costa Azzurra con la pellicola “Reality” . Per lui si tratta di un ritorno sul-la croisette dopo la partecipazione del 2008 con “Gomorra”, grazie al quale gli viene rico-nosciuto il “David di Donatello come miglior regista”. Proprio con il film tratto dal libro di Saviano, Garrone ha conosciuto il successo di pubblico e botteghino, ma la critica ne aveva

già esaltato le qualità di visione e narrazione nel 2002 quando diresse “L’imbalsamatore”, liberamente tratto da un racconto di Vincen-zo Cirami, che gli valse il “David di Donatello per la miglior sceneggiatura”. Opera ambi-ziosa ed affascinante per la sua complessità espressiva, “L’imbalsamatore” sintetizza al meglio il percorso di maturazione artistica del nostro Matteo. Percorso artistico che come un ramo di iper-bole nasce nel mondo del documentario, svi-luppandosi poi tra trame noir ed in uno span-ning continuo raggiungendo la commedia. È come se Matteo avesse saputo fin da subito dove sarebbe arrivato. La realtà è il focus della sua produzione, il contatto con il vero, con la generazione, è il filo di Arianna che lo conduce da “Terra di mezzo” (primo lungo-metraggio del 1996 che racconta tre storie di emarginazione di immigrati africani in Italia) a “Reality”.Cos’è un MANGENERATION? La prima rispo-sta quella più immediata sarebbe: beh un MANGENERATION è uno come Matteo Gar-rone; allora cos’ha uno come Garrone per poter essere identificato come personaggio simbolo di una generazione? La risposta forse la possiamo ritrovare nelle

parole che il regista stesso ha pronunciato provando a descrivere la sua ultima produ-zione cinematografica: “la storia che pren-de spunto da un fatto vero racconta di un pescivendolo spinto dalla famiglia, vista la sua grande simpatia, a cercare fortuna nel mondo dello spettacolo, sognando di parte-cipare al Grande Fratello che per lui è una sorta di Eldorado. La vicenda mi ha permesso di compiere un viaggio nel contemporaneo”. Ecco forse sì, ci siamo, abbiamo la soluzio-ne: un MANGENERATION è un interprete ed un viaggiatore, è colui che ha il coraggio di immergersi nella realtà e la lucidità per raccontarla, viverla ma anche per cavalcarla selvaggiamente, un Ulisse dantesco dell’ era web 2.0.David Fincher, Manu Chao, Raphael Gualaz-zi, Elio Germano, Richard Branson ed ora Matteo Garrone, ecco i personaggi che fino a questo numero abbiamo identificato come emblemi di una generazione. Alcuni di loro sono ragazzi, altri lo sono nello spirito, come Branson che alle porte dei settanta è pronto a volare nello spazio, ma tutti comunicano con questa generazione, la vostra generazio-ne, la nostra generazione: MYGENERATION.

MANGENERATION

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

DI BIANCA [email protected]

Sin dalla preistoria l’uomo si è sem-pre interessato al comportamento delle altre creature che popolano

il nostro pianeta, ed in particolar modo degli animali. Se è vero che spesso vedeva questo mondo come qualcosa di estraneo, poco vici-no lui, ha poi cominciato a studiarlo con inte-resse già nei tempi che hanno visto gli esordi

della filosofia greca. Oggi l’etologia, la mo-derna disciplina scientifica che studia

il comportamento animale nel suo ambiente naturale, ci dà la pos-

sibilità di immergerci nel me-raviglioso regno animale e

renderlo meno alieno ai nostri occhi.

Molta è la meravi-glia che può na-

scere veden-do come

gli animali possano essere “umani” nei loro comportamenti. Ad esempio è singolare il comportamento di alcuni elefanti, sia quel-lo africano, Loxodonta africana, che quello asiatico, Elephas maximus, che hanno dimo-strato di avere un grande rispetto per la pro-pria morte e quella dei propri simili. Non è mai stato verificato un solo caso di suicidio o tentato suicidio da parte di questi intelligenti mammiferi ed è stato osservato che essi ri-conoscono le spoglie di un loro simile, anche non appartenente alla propria famiglia, e ne piangono la morte, attraverso tristi barriti e ricoprendone la salma con pietre e rami. Quando il corpo è completamente ricoperto, restano a vegliarlo per alcune ore o addirit-tura giorni, prima di decidersi ad abbando-narne la tomba, per poi farvi ritorno negli anni a venire.Molto particolare è anche la capacità di al-cuni animali, tra cui elefanti, cani e gatti, di presagire la propria morte con un giorno d’anticipo; ciò li spinge ad abbandonare i propri simili o i propri padroni - in caso di animali domestici - per andare in cerca di un luogo appartato e tranquillo in cui aspetta-re placidamente la fine. In questo caso non si può certo parlare di premeditazione o di suicidio. Difatti, gli animali dotati di spiccata intelligenza possono premeditare il modo di cacciare una preda di lì a pochi minuti, o pos-sono riflettere su come aprire un barattolo – nel caso delle scimmie e dei polpi -, ma di cer-to non pianificano la propria morte. A questo proposito molti etologi si sono scervellati sullo strano caso dei “cani suicidi”. Pare in-fatti che negli ultimi anni una cinquantina di cani si sia gettata da un ponte alto ben dodi-ci metri, trovandovi la morte. Si tratta dello Overtoun Bridge, nei pressi di Glasgow, Sco-

zia. I cittadini di Dumbarton hanno gridato subito ai fantasmi e agli ufo, ma gli scienziati, ovviamente, hanno trovato una spiegazione molto più semplice e realistica. Il dott. David Sands ha individuato una serie di fattori sca-tenanti i salti suicidi. I cani vengono attirati dal forte odore emesso dai tantissimi visoni americani, Neovison vison, che abitano sotto al ponte e, a causa del fitto sottobosco che circonda i pilastri dell’Overtoun, non riesco-no a rendersi conto della reale altezza da cui stanno per gettarsi. L’etologo è riuscito a di-mostrare, con moltissimi esperimenti, che i cani non vogliono suicidarsi, ma solo curio-sare nelle tane dei visoni.E il sesso? Cosa direbbe la Chiesa dei costu-mi sessuali degli animali? Ciò che avviene tra gli animali, in realtà, non interessa alla Chiesa, in quanto essi sono considerati privi di anima, quindi guidati dal solo istinto di conservazione. Il fatto che l’uo-mo discenda dalle scimmie, rende però lecito chiedersi cosa avvenga in natura.È noto che la scimmia antropomorfa Pan paniscus, o bonobo, dedichi la maggior par-te della propria giornata ad attività sessuali, anche con elementi dello stesso genere. L’e-tologo Frans de Waal sostiene la teoria se-condo la quale i bonobo hanno un tale com-portamento al fine di combattere le discordie all’interno del gruppo familiare e dunque per preservarne la specie.I galli, tutti appartenenti alla specie Gallus gallus domesticus, invece, hanno trovato il modo di legare a sé un certo numero di gal-line senza l’uso della violenza, semplicemen-te soddisfacendo i desideri sessuali delle consorti - con l’accortezza di non generare pulcini indesiderati - in modo da non indurle all’infedeltà.L’omosessualità in natura non è affatto rara e non comporta motivo di discriminazione fra gli animali della stessa specie o famiglia. Essa è presente tra insetti, uccelli, mammi-feri ed in particolare si riscontra in libellule, pinguini, gabbiani, fenicotteri, cani, gatti, ele-fanti, scimmie antropomorfe, ma soprattut-to in bisonti americani, delfini e pecore delle Montagne Rocciose. Molti di questi animali

SCIENZE

CRAZY ANIMALS

phoenicopterus ruberI due fenicotteri, phoenicopterus ruber, di nome Carlos e Fernando nella riserva naturale di Slim-bridge, in Inghilterra, da ben sei anni, compiono tutti i riti sessuali tipici della loro specie, cos-truiscono il nido e poi rapiscono i pulcini di coppie etero per allevarli con amore e dedizione.

resse già nei tempi che hanno visto gli esordi della filosofia greca. Oggi l’etologia, la mo-

derna disciplina scientifica che studia il comportamento animale nel suo

ambiente naturale, ci dà la pos-sibilità di immergerci nel me-

raviglioso regno animale e

nostri occhi.

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Alla scoperta delcomportamento animale

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MYGENERATION

sono bisessuali, alcuni di loro invece sono totalmente omosessuali. Per questi ultimi ci sono parecchi esempi interessanti: alcuni montoni potendo scegliere tra pecore fem-mine ed arieti, hanno preferito questi ultimi; i bisonti americani preferiscono la compagnia di animali dello stesso genere.

Si può quindi tranquillamente affermare che l’omosessualità non è affatto contro natura, come afferma la Chiesa, e ancor meno una malattia. Altro mito assolutamente da sfata-re è il concetto di pedofilia legato all’omoses-sualità: né in natura, né tra gli esseri umani vi è un legame tra i due fenomeni e c’è da sotto-lineare che tra gli animali non sono mai stati osservati comportamenti pedofili.Insomma, il quadro è davvero vasto e, con questo articolo, MYGENERATION vi ha fatto solo intravedere l’uscio, spetta poi a voi letto-ri vedere quant'è profonda la tana del Bian-coniglio.

Molta è la meraviglia che può nascere vedendocome gli animali possano essere “umani” nei loro comportamenti

CRAZY ANIMALS

Si può quindi tranquillamente affermare che l’omosessualità non è affatto contro natura,

ANIMALS

Loxodonta africanaha un grande rispetto per la morte ed è stato osservato che essi riconoscono le spoglie di un loro simile, anche non appartenente alla propria

famiglia, e ne piangono la scomparsa

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

DI RAFFAELE NAPPI

Quanta poesia c'è nel far brillare un accendino nella notte, acco-starlo alle labbra serrate attorno

ad una cara vecchia "bionda", compagna di mille avventure, per poi aspirare a pieni pol-moni circa 4000 sostanze tossiche, polveri e residui che ci faranno compagnia per anni, ben custoditi nei nostri polmoni... A cosa serve fumare? Cosa rappresenta? Chieder-selo non serve, rispondere neppure perché la risposta non è da cercarsi nella logica ma nell'irrazionale, nel vortice dello spirito dio-nisiaco dell'animo umano sempre in bilico

tra conservazione e autodistruzione. Si fuma per emulazione, si fuma per vizio, per abitu-dine, per sedare l'ansia o lo stress e si fuma soprattutto per dipendenza. Dipendenza psicologica e dipendenza fisica dalla signora

delle droghe leggere, dal nome così innocuo, quasi tenero, dal suono docile: nicotina. Fa male? Per via inalatoria non più del coleste-rolo o del caffè, meno di un superalcolico, sicuramente meno rischiosa di un lavoro in

TECNOLOGIA

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SVAPO

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La risposta digitale alla sigaretta "analogica"

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MYGENERATION

fabbrica. Fa bene? No di certo se siete car-diopatici o donne incinte. È tossica? Ad alte concentrazioni è un veleno e viene assorbito anche attraverso la pelle. Ciò premesso, miei cari fumatori, nessuno potrà mai impedirvi di pomparvela in corpo giorno dopo giorno, in piccole dosi, anzi è lo Stato stesso che ve la fornisce a caro prezzo, in piccoli pacchetti variopinti, rinchiusa in quel minuscolo ca-vallo di Troia chiamato sigaretta. Esiste un altro modo? Ne esistono tanti, di modi, per assumere la quotidiana dose di nicotina (per gli amici Nico) ma pochi di questi vi faranno assomigliare ad un novello James Dean o ad un tenebroso Humphrey Bogart. Attaccarsi un cerotto o masticare compresse non vi faranno assumere quell'irresistibile posa da bello e vissuto, che esala fumo e virilità dalle narici e che conquista le donne. Come fare dunque per disintossicarsi dalle miglia-ia di veleni, sostanze cancerogene, polveri, catrami, monossidi e altre inenarrabili schi-fezze che si accompagnano a quel misero milligrammo scarso di Nico di cui, purtrop-po, avete bisogno? La risposta arriva dall'in-ternet: svapare. Traduzione del meno effica-ce "vaping" anglosassone, svapare significa letteralmente emettere vapore. Certamente avrete visto in giro qualcuno che, improvvisa-mente, comincia a sbuffare uno scarso fumo inodore da una cosa molto simile ad una si-garetta, con una orribile lucina rossa ad un'e-stremità. Si chiamano sigarette elettroniche e già da qualche anno si trovano in farmacia, a costi accessibili; per poco più di 50€ potrete portarvi a casa dei piccoli gioellini, dal design accattivante, neri o metallizzati, in confezioni super-accessoriate. Le svapo 2.0 potremmo chiamarle, evoluzione delle tradizionali siga-rette elettroniche, pronte a svapare come ci-miniere, a diffondere aromi e nicotina in una inerte mistura acquosa vaporizzata, senza alcuna combustione e senza tutto il danno

ad essa associata. Come funziona? Una e-cig è fatta di tre parti: una batteria, ricaricabile comodamente anche via USB, un "atomizza-tore" ed un serbatoio. Prendi il tuo liquido, creato e personalizzato per soddisfare ogni tuo gusto, lo versi nel serbatoio, premi un pulsante e stai già svapando. Nuvole dense di vapore inodore, aromatizzato e con la ni-cotina che ti serve. Cos'è l'uovo di Colombo? Troppo facile. Forse sì, se siete disposti ad usare il cervello, ad essere elastici, razionali e ad avere un minimo di dimestichezza con gli acquisti on-line. Usare il cervello innan-zitutto per capire: svapare una soluzione di

glicole propilenico, glicerolo, acqua, nicotina (opzionale) e aromi, vaporizzati senza alcuna combustione è sicuramente meno dannoso di fumare tabacco bruciato. Su questo non credo possano esserci ragionevoli dubbi. Se poi possa esserci qualche effetto dannoso le-gato all'assunzione di queste sostanze è an-cora tutto da dimostrare seppure in America la FDA ci abbia provato, con scarso successo. Sono davvero così poche le argomentazioni dei detrattori che nel comunicato ufficiale dell'organo di controllo americano l'unica vera obiezione mossa contro le svapo è la mancanza di adeguati controlli di qualità sulle aziende produttrici degli e-liquid (i li-quidi aromatizzati). Mentre le sigarette ana-logiche, dispensatrici ufficiali di morte, sono

monopolio di stato, mentre lo stato ipocrita-mente ve le propina con allarmanti scritte "il fumo uccide", qualcuno teme che svapare possa essere nocivo, informatevi; in rete i fo-rum sull'e-smoking sono in costante crescita e le informazioni si arricchiscono quotidiana-mente. Svapare è per ora una cosa da geek, da secchioni o smanettoni, da appassionati delle novità, early adopters e gadget-dipen-denti. Informarsi sui modelli, le batterie, i diversi atomizzatori dalle performance dif-ferenti, i diversi liquidi e le miscele, gli aromi migliori, dolci o "tabaccosi", vedersi recapi-tare decine di pacchi, armeggiare con pipet-

te, flaconi, fiale (ricordiamo che la Nico è tossica se ingerita o a contatto con la cute) sono operazioni che scoraggiano l'uomo medio, l'utente pigro e il fumatore ostina-to di mezza età. Ma il mondo per fortuna evolve e se la sigaretta analogica è una tara che ci portiamo avanti da secoli, im-mutata da sempre, la svapo e la sua natu-rale, quasi obbligata discendente. Perchè non è necessario smettere di fumare, non è obbligatorio rimuovere un vizio, magari per sostituirlo con un altro. Svapare può

quindi trasformarsi in un'alternativa al fumo, se proprio non si vuol smettere (che poi sa-rebbe la cosa più opportuna); un'alternativa meno dannosa (forse NON dannosa), certa-mente meno dispendiosa, più intelligente e innovativa. Ragionate, informatevi (svapo.it), spulciate la rete, abbiate pazienza e passione e innamoratevi delle novità. Nel frattempo che ci pensate bene io svapo e da un mese non tocco un'"analogica". La mia casa pro-fuma, i miei vestiti anche, i miei posacenere sono vuoti. Svapo a letto, in auto, sul divano, a lavoro, al ristorante e per ora non ho alcuna intenzione di tornare indietro.

La risposta arriva dall'internet: svapare. Traduzione del meno effi cace "vaping" anglosassone, svapare signifi ca letteralmente emettere vapore

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MYGENERATION

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

Impegnati e distratti da tutti gli impor-tanti cambiamenti degli ultimi anni for-se nessuno si è accorto dell’incredibile

diminuzione dei guardoni o del sospetto calo di vendite di binocoli e attrezzature profes-sionali per pervertiti. Possibile che sia diven-tato più sicuro per le coppiette appartarsi in macchina e scambiarsi selvagge o romanti-che effusioni? Possibile che stalker e mania-ci siano spariti dalla circolazione? PANTA REI Tutto è in continuo divenire, e così anche le abitudini degli stalker che, ade-guandosi alle tecnologie odierne, hanno mu-tato arsenale; si è passato da binocoli e tute mimetiche a computer e social network.Già, per gli ex-maniaci di parchi ed "outdoor" in generale, non è più necessario recarsi di persona alla ricerca della ragazza di turno da fotografare o riprendere di nascosto, quando basta accedere a facebook e girova-gare tra profili pubblici e non per crogiolarsi davanti a foto di ogni tipo.É dunque possibile giustificare la gelosia dei fidanzati che censurano le foto “zozze” o solo un po’ osé della propria anima gemella sul celebre social?Per rispondere a questa domanda è il caso di effettuare un’analisi un po’ più approfondita della questione.

Iniziamo col distinguere due grandi catego-rie di vittime: le prede facili e le prede diffi-cili.Ricordando comunque che, al di la della dif-ficoltà, non esistono prede impossibili: ogni persona iscritta al social network in que-stione può essere raggiunta dal predatore di turno. Quello che può cambiare è il tempo e

la fatica impiegato da quest’ultimo.

LE PREDE FACILI sono coloro che hanno l’intero profilo, bacheca, foto, video e amici, impostato su pubblico; qui lo stalker, o qual-siasi curioso, non dovrà fare alcuna fatica e si ritroverà tutto su un piatto d’argento.In questo caso la gelosia dei fidanzati può es-sere più che giustificata in quanto, di default, la privacy di Facebook è impostata su amici, e dunque quella di mettersi a nudo davanti al mondo intero è un’azione volontaria.

LE PREDE DIFFICILI sono coloro che prestano molta attenzione a tutto ciò che finisce in rete: assicurandosi dell’affidabilità della rete e pc usati per pubblicare il mate-riale, fino a rendere il profilo visibile solo agli amici più stretti.

É di certo preoccupante l’incremento espo-nenziale dei profili pubblici; solo qualche anno fa nessuno mai si sarebbe sognato di condividere la propria intimità, o anche solo di pubblicare una propria foto impostando la privacy su pubblico. Sta dunque vacillando il confine della nostra riservatezza? E’ face-book che ci spinge subdolamente a farlo per aumentare i propri introiti? O i social rap-presentano solo uno strumento più efficace, offrendo a chiunque una platea potenziale di 500 milioni di spettatori?Come scritto in un articolo su MYGENE-RATION di Ottobre, la verità credo stia nel mezzo: Zuckenberg ci ha sicuramente spinti, ma siamo stati noi a scegliere di vendere la nostra privacy in cambio di un desiderio di stima e auto-realizzazione.

I NUOVISTALKERSI guardoni del nuovo millennioscelgono i social network

Di Marco Terribile e Marco Fucito

FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 442

NERDZONE

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MYGENERATION

Detto ciò passiamo ad analizzare i metodi uti-lizzati dai nuovi maniaci per accedere all’in-timità delle vittime designate, crogiolando-si davanti a foto, video, status e messaggi privati.

MYGENERATION

ATTACCO: Inviare semplicemente una richiesta d’amicizia dal pro-prio account: in molti accettano come amici anche perfetti scono-sciuti, senza preoccuparsi di chi possano essere, dunque può funzio-nare.DIFESA: Controllare chi si cela dietro ogni richiesta e se proprio si vogliono accettare sconosciuti supponendo che siano amici di amici visti a qualche festa, assicurarsi che le amicizie in comune coincida-no e che non siano tutte dello stesso sesso; se così fosse, oltre a rifiu-tare la richiesta, avvisate anche i vostri amici del probabile pericolo.

RICHIESTA DI AMICIZIAEASY

ATTACCO: Creare un falso profilo ad hoc per la vittima: - dello stesso sesso per destare meno sospetti- indicare di aver frequentato le stesse scuole- provare ad aggiungere quanti più amici in comune con la vittima- creare il profilo di un amico della vittima non ancora iscritto utlizzando informazioni e foto facilmente reperibili sugli annuari scolasticiDIFESA: Quest’attacco seppur semplice e alla portata di tutti può rilevarsi molto efficace e difficilmente la vittima riuscirà ad accor-gersene.Una delle migliori difese è come sempre la prevenzione: rendete tutto visibile solo agli amici, nascondete dunque anche dettagli che possono sembrare inutili come le scuole frequentate.Controllate le varie corrispondenze: se gli amici in comune si cono-scono fra di loro e se hanno frequentato la stessa scuola, eccetera.Nel caso di un falso profilo di un vostro amico, vi consigliamo di controllare che abbia aggiunto tutti i suoi presunti compagni di classe e in caso di dubbio contattarlo attraverso altri mezzi.

FALSO PROFILOMEDIUM

ATTACCO: Hackerare la password:- provando prima a tentativi, sfruttando la pigrizia e ingenuità della massa che può portare a impostare password banali come il nome dell’anima gemella- per poi passare, in caso di fallimento, all’utilizzo di software ad hocDIFESA: Impostare una password senza un reale significato se-mantico, quanto più lunga possibile, che comprenda lettere sia ma-iuscole che minuscole, diversi numeri e caratteri speciali come “€, %, @, *”, eccetera.In questo modo sventerete di sicuro il primo metodo banale di hack e complicherete notevolemente anche il secondo.In secondo luogo utilizzate sempre pc sicuri e connessioni affidabili.

HACK PASSWORDHARD

Questi sono solo alcuni dei principali me-todi usati da stalker o semplici curiosi, ma ne esistono molti altri; come la creazione di un profilo clone di un amico della vittima dal quale è possibile inoltrare la richiesta o aggiungere gli amici della vittima, per poter vedere le foto dove sono taggati entrambi e addirittura interi album, se si riesce ad indi-viduare l’autore delle foto.

Bisogna però ricordare che tutti i moderni sistemi informatici sono altamente sicuri quasi su tutti i fronti; si pensi che nemmeno Anonymous sarebbe in grado di penetrare direttamente nel database di Facebook. La vera debolezza sta nell’ingegneria sociale, ovvero nel sfruttare l’unico tallone di Achil-le del sistema: la nostra mente, che troppo spesso risulta essere poco attenta o poco informata.

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Page 44: MYGENERATION - MAggio 2012

FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

DI ROBERTO DE [email protected]

Nell’immaginario di ogni videogio-catore che si rispetti la parola Diablo non può che suscitare

profonda ammirazione. Pubblicato per la pri-ma volta nel lontano dicembre 1996 da una timida Blizzard Entertainment, Diablo fece immediatamente breccia nei cuori di tutti i giocatori PC, affermandosi da subito come capostipite di una nuovissima generazione di RPG, grazie alle sue meccaniche innovative di gameplay che introducevano alcuni elementi di gioco mai visti prima. Grazie al forsennato utilizzo del mouse come periferica principa-le per il comando e del proprio personaggio, sia le battaglie più cruente sia la semplice esplorazione dei dungeons che compongono la mappa di gioco, sono facilmente gestibili attraverso la pressione dei due pulsanti. La

visuale isometrica (vista prima del ‘96 solo in XCOM, sviluppato dalla stessa Blizzard) inoltre permette di avere sotto controllo un’ampia zona della mappa, permettendo, grazie alla parziale trasparenza delle pareti, di individuare tesori o nemici nascosti. Gra-zie all’unicità di molte sue caratteristiche, Diablo conquistò critica e videogiocatori, as-sicurandosi un posto nell’olimpo videoludico e inspirando numerosi altri titoli.Il giocatore può infatti scegliere tra tre clas-si: stregone, ladra e guerriero, ognuna diffe-rente per abilità e forza. Grazie all’esperienza accumulata completando le missioni asse-gnategli, ogni protagonista può aumentare il proprio livello, ridefinendo così ogni singolo attributo o imparando nuove arti magiche. Con i suoi 16 dungeon, suddivisi a loro volta in

4 sezioni da 4 livelli, Diablo assicura al gioca-tore una longevità elevatissima, garantita so-prattutto dalla casualità con la quale i livelli vengono generati dalla CPU: ciò vuol dire che ogni nuova partita sarà diversa da quella pre-cedente (anche il posizionamento dei mostri e dei loot varierà) e sarà di fatto impossibile prevedere ciò che accadrà. Questo non vuol dire che durante le fasi più concitate ci si limi-ta ad attaccare alla cieca, anzi; ogni mostruo-sità nemica ha un punto debole che toccherà scoprire e sfruttare per avere la meglio, altri-menti la vostra morte sarà rapida e dolorosa. Un comodo menù (che ha liberamente ispira-to anche titoli postumi della stessa Blizzard, come World Of Warcraft o lo stesso Diablo II) nella parte inferiore dello schermo permette di avere sottomano qualsiasi abilità o pozio-

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La nascita del Signore del Terrore

DIABLONERDZONE

sviluppopubblicazione

data genere

modalità di giocopiattaforma

supporto

Blizzard EntertainmentActivision Blizzard 15/05/2012Action RPGMultiplayer, (su battle.net) Microsoft WindowsMac OS XDVDDigital distribution

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MYGENERATION

ne che il protagonista necessiti ed è possibile usarla senza interrompere l’azione di gioco, cosa che accade ancora oggi in alcuni degli RPG più rinomati. Il mondo di Sanctuary, no-nostante sia devastato da una perenne lotta tra il bene e il male, offre un panorama mi-stico ad ogni avventuriero in cerca di gloria che suo malgrado si ritroverà ad essere l’u-nico in grado di far ripiombare nell’oscurità il signore del terrore. La vera rivoluzione, però, è stata l’introduzione di Battle.net che ha permesso ai giocatori di tutto il globo di unire le proprie forze in spettacolari battaglie cooperative; attraverso la con-nessione ai server della Blizzard chiun-que possedesse una copia del gioco po-teva collegarsi, creare un personaggio ed iniziare la propria avventura affianco ad un amico. La cooperativa è stata calo-rosamente accolta dal pubblico, felice di poter condividere con qualcuno le pro-prie gesta oltre a poter sempre contare su qualcuno durante i passaggi più ostici del gioco. Il seguito del re dei giochi di ruolo non arriva nei tempi brevi a cui siamo abituati oggi. Ben 4 anni di esasperato sviluppo sono necessa-ri per partorire Diablo II, seguito ufficiale e unico videogioco in grado di superare il pre-decessore. Orientato anch’esso prevalente-mente all’azione con un’egregia localizzazio-ne in italiano (che sfortunatamente mancava in Diablo, ma fu inserita soltanto nel 2003), è stato uno dei giochi online di maggior suc-

cesso nella storia dei videogames. Grazie ad un’avventura cooperativa senza prece-denti, perfettamente bilanciata e studiata a tavolino per garantire ad entrambi i fruito-ri il massimo performabile dai server e dal gioco stesso, Blizzard mise a segno un altro colpo micidiale nell’industria videoludica e incominciò ad imporsi come una delle case di sviluppo più influenti del settore. Diablo II riprende tutte le caratteristiche che avevano reso famoso il primo, migliorando la qualità

grafica degli scenari, gli effetti di luce e il nu-mero di modelli poligonali presenti su scher-mo, oltre ad introdurre nuovi personaggi selezionabili arrivando, con le new-entry dell’espansione “Lord Of Destruction”, a ben 7 classi differenti: il paladino, il negromante, il barbaro, l’amazzone, l’incantatrice, il druido e l’assassina.Nel 2008 è stato ufficialmente annunciato Diablo III ed ora, a quasi 4 anni da quell’an-nuncio, sembra proprio che il terzo capitolo della saga RPG più famigerata al mondo stia

per uscire. La data ufficiale è infatti il 15 mag-gio 2012, ma molte sono le informazioni che ormai già da qualche anno circolano in rete, tra cui le classi disponibili (che saranno 5 con la possibilità di cambiarne il sesso) e una boz-za di trama principale. La visuale isometrica tornerà anche in questo terzo capitolo a fare da cornice ad una grafica ad alta definizione che assicura la tridimensionalità a qualsia-si modello presente sullo schermo. Anche l’interattività con gli ambienti è stata total-

mente rivista, consentendo in questo at-tesissimo terzo capitolo di contare mag-giormente su questa possibilità, facendo crollare pareti con attacchi magici, in-cendiando ponti di legno con una palla di fuoco o semplicemente lanciando e spostando oggetti per scoprire strade altrimenti impraticabili. Ovviamente la modalità cooperativa sarà presente e, sempre con l’ausilio di Battle.net sarà possibile collegarsi e allo stesso tempo

scaricare importanti aggiornamenti di gioco in tempo reale, tenendo sempre a portata di mano le classifiche e i riconoscimenti guada-gnati. L’oscurità sta per tornare nella fredda e de-solata Tristram. Non vi resta che pazientare fino al 15 maggio e tenere d’occhio il nostro sito ufficiale dove verrà pubblicata la recen-sione di Diablo III!

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Diablo fece immediatamente breccia nei cuori di tutti i giocatori PC, affermandosi da subito come capostipite di una nuovissima generazione di RPG

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TENDENZE

DI STEFANO [email protected]

Un miliardo di dollari, cinquanta mi-lioni di utenti e tredici dipendenti: questi sono i dati che contraddi-

stinguono Instagram, applicazione prodotta dalla Burn, Inc. e sul mercato dal 2010. Sviluppata come omaggio alla ben più classi-ca Polaroid (a questo si deve la forma quadra-ta delle foto), l’applicazione creata da Kevin Systrom e Mike Krieger, due ragazzi ameri-cani di ventotto e ventisei anni, è divenuta in due anni un’app insostituibile.

18 maggio, 95 miliardi di dollari e 850 milioni di utenti, sono invece i numeri del colosso di Mark Zuckerberg. Nato in una città della Contea di Westchester, nello stato di New York, il giovane CEO di Facebook è pronto a sbarcare in borsa, proprio il 18 maggio di quest’anno. 95 miliardi di dollari, è invece una delle plausibili valutazioni che il social network ha ricevuto. Secondo alcune stime il titolo potrebbe toccare i 110 miliardi, rag-giungendo il record della più grande quota-zione mai avvenuta per un’azienda legata al web.Un miliardo di dollari è la valutazione rice-vuta da Instagram al momento dell’acquisto da parte di Facebook. La piccola applicazione che permette di trasformare le foto attra-verso sedici filtri differenti ha ricevuto una stima da capogiro, anzi, secondo molti osser-vatori, fuori mercato.Wired.com ha provato a fare qualche calco-lo, sfruttando fonti interne alla stessa Burn: tra gli azionisti di Instagram troviamo la Benchmark Capital, l’Andreessen Horowitz e la Baseline Ventures, le quali saranno ri-compensate con un bel capitale. 100 milioni di dollari, invece, saranno divisi tra i tredici dipendenti con proporzioni basate sull’anzia-nità in azienda. Del resto, la quotazione di un miliardo (quasi il doppio del valore) secondo TechCrunch, ha scioccato gli stessi venture capitalist, che solo una settimana prima dell’annuncio avevano finanziato Instagram con un’iniezio-ne da 50 milioni di dollari. Tale operazione avrebbe fatto schizzare il valore da 100 a 500 milioni, ma niente faceva presagire ad un in-cremento del genere.Questa acquisizione, tra l’altro, si sgancia completamente da quelle già effettuate e

rivolte quasi esclusivamente all’acquisto di aziende detentrici di un know-how utile allo sviluppo di Facebook. Questo fu il caso di Go-walla, competitor del più quotato Forsquare, chiusa ed inglobata in Facebook nel dicem-bre del 2011. Stavolta, si è di fronte ad una no-vità. Instagram manterrà la propria identità e la possibilità di poter condividere le proprie foto sul social preferito.L’operazione sembra essere nata per due ra-gioni. In primis, pare che Facebook si sia vo-luto sbarazzare di un concorrente scomodo. Intorno ad Instagram si sono sviluppati più di 230 gruppi di instagramers (o igers), senza contare di apps, come l’italiana Followgram, che sfruttano le funzionalità della stessa ap-plicazione della Burn, Inc.In secondo luogo, la data del 18 maggio è vista come un punto di svolta dallo stesso Zuckerberg, il quale riceverà, senza dubbio, un’ulteriore spinta dall’operazione appena conclusa, cancellando qualsiasi possibilità di ridimensionamento del valore della società da possibili minacce esterne.Minaccia che tutto sommato si nota nelle stesse parole di Systrom, che ad aprile aveva dichiarato durante un’intervista su “L’Uomo Vogue”: «Volevamo un’app con cui poter po-stare foto senza necessariamente dover scri-vere qualcosa», un modo di condivisione più congeniale a Twitter che a Facebook.Restano d’altronde dubbi sull’operazione. Non è ancora possibile definirla un flop come il caso MySpace, acquistata dal colosso New-scorp per più di mezzo miliardo di dollari nel 2005 e rivenduta cinque anni più tardi a soli 35 milioni, oppure una lungimirante visione come l’acquisizione di Youtube da parte di Google per 1,65 miliardi.

Colpaccio di Facebook che si assicura un temibile concorrente grazie ad una

valutazione record

ONE BILLIONDOLLARS APP

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MYGENERATION

KEVIN SYSTROME' uno dei fondatori di Instagram. Riconduce la sua idea di un servizio di condivisione di foto con filtri ad un soggiorno all’estero di un anno, a Firenze."Lì il mio insegnante di fotografia sequestrò la mia Dslr e mi diede una Holga", racconta, "Mi ha insegnato tanto sul valore artistico di una rap-presentazione non perfetta di ciò che vedi".

FACEBOOKL'acquisizione di Instagram da parte di

Facebook ricalca l'operazione effettuata da Google per Youtube. Instagram manterrà

marchio ed indipendenza

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

TENDENZE

DI PASQUALE [email protected]

Serie cult, fenomeno del momento o semplice racconto di uno stile di vita che i più rinnegano ma da

cui gli stessi sono affascinati o quantomeno interessati? È la solita questione del gusto dell’orrido o c’è qualcos’altro?Arrivato alla sua quinta stagione, il reality show Jersey Shore, in onda su MTV dal 2009, propone qualcosa che lo rende unico, una dialettica che lo distingue dallo stereotipo del reality a cui spesso siamo abituati. È il rac-conto della vita senza freni di 8 ragazzi italo-

americani che non si scostano poi così tanto dalla realtà esistente ma meno raccontata e non ripresa di personaggi che appaiono sugli schermi nostrani. Il successo riscosso dalla serie probabilmente non è così inaspettato, d’altra parte il voyeurismo televisivo è da un decennio che ha sconvolto tutte le regole del piccolo schermo, e pare essere un virus che si è impossessato del paese date le vicende politico-istituzionali che ci hanno abituati a questo esercizio di osservazione-spiata-intercettamento.Otto giovani che poco si preoccupano delle regole e delle prescrizioni del luogo in cui vanno. Giornate che scorrono senza pausa tra lavoro, serate nei locali, feste, litigi, storie d’amore e la rottura di qualsivoglia tabù con

il conseguente abbassamento delle social-mente tollerabili soglie di pudore.La scorsa estate i tamarri del New Jersey sono sbarcati in Italia. La destinazione ini-ziale prescelta dalla produzione era Riccio-ne, ma le autorità locali hanno osteggiato la presenza della produzione by MTV intimoriti della cattiva immagine che avrebbero potuto proiettare “The Situation” e compagni della movida romagnola. La quarta stagione è sta-ta così girata a Firenze dove però la presenza dei ragazzi non è passata così inosservata ca-ratterizzata da multe, arresti e da un vespaio di polemiche. Nonostante tutto, il successo del reality si è registrato subito anche in Italia fin dalla prima puntata con quasi nove milioni di telespettatori. Segno di un potere conto della vita senza freni di 8 ragazzi italo- conto della vita senza freni di 8 ragazzi italo- d’amore e la rottura di qualsivoglia tabù con d’amore e la rottura di qualsivoglia tabù con milioni di telespettatori. Segno di un potere milioni di telespettatori. Segno di un potere

TRASHEYSHOREla tv tamarra tra fi ction e reality

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mediatico che non ha freni, che solo il pub-blico deciderà quando far finire. Per ora però quello che si nota è la dedica di una puntata di “South Park” alla banda di “Guidos e Gui-dettese”, la maschera di Halloween 2010 più richiesta quella di Snooky, dopo solo a quella di Lady Gaga. La stessa Firenze ha potuto be-neficiare di alcune esternalità positive della presenza del cast del reality in Toscana, ha registrato un aumento di incassi nei luoghi frequentati dagli stessi: quasi 5000 $ in più per la casa dove sono soggiornati e boom di presenze nelle discoteche, ristoranti e bar frequentati dai ragazzi.Non tutti però apprezzano che venga ac-costata la propria immagine con quella dei personaggi di Jersey Shore. Il noto marchio

di abbigliamento californiano Abercrombie & Fitch ha infatti dichiarato di essere disposta a pagare i protagonisti affinché non indossi-no i loro capi. L’associazione tra quei ragazzi tamarri e il marchio americano andava con-tro l’ispirazione dell’azienda, secondo la qua-le avrebbe anche creato riscontri negativi sulla clientela.

Interrogarsi sul successo di Jersey Shore trasportando l’analisi sul piano psicoso-ciologico è probabilmente un esercizio che condurrebbe alle solite sterili conclusioni riguardanti il ribaltamento dei valori etici di una società dominata dall’immagine, dall’ar-rivismo, da tanti vizi e da poche virtù. Un programma televisivo ha degli autori, una

sceneggiatura e degli interpreti, qui abbiamo davvero poco a che fare con il reality, ma con una fiction ambientata fra la gente invece che su di un set cinematografico. Il successo della trasmissione è dunque da ricondurre alla sagacia degli ideatori e degli autori del format che hanno dapprima selezionato at-traverso un attento lavoro di scouting e poi costruito a tavolino, anzi sarebbe meglio dire a copione, i personaggi del programma. In fin dei conti la tv è solo tv, un elettrodomestico collegato ad una presa che riceve il segnale grazie ad un’antenna e trasmette le immagini attraverso uno schermo, non diamo la colpa al decadimento dei valori etico-morali della società se la lavatrici scolora i bianchi con i colorati.personaggi di Jersey Shore. Il noto marchio programma televisivo ha degli autori, una colorati.

MYGENERATION

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

DI MARCO [email protected]

Organizzato per la prima volta nel 1961 e riservato (fino al 1967 n.d.r.) alle sole aziende italiane, il Salone

del mobile rappresenta oggi, dopo 51 anni, il principale evento turistico e culturale per Milano e dintorni. Presenti quest'anno circa 2700 aziende con 21.000 prodotti esposti per gli oltre 350 mila visitatori provenienti da 160 paesi, un evento per le strutture ricettive mi-lanesi che con il tutto esaurito ha fatto regi-strare un incasso che ha sfiorato i 200 milioni di euro.Il protagonista della settimana è il design made in Italy per eccellenza, attraverso pre-sentazioni, eventi (oltre quattrocento) inau-gurazioni, degustazioni, itinerari, cocktail, il Salone del Mobile è praticamente una festa diffusa: dal moderno polo fieristico di Rho al centro di Milano fino alla periferia.La mia settimana del design inizia dalla Fiera di Rho, i grandi nomi del design internazio-nale espongono qui tutte le loro creazioni. Il tempo di trasformare il mio pre-accredito stampa in biglietto e sono dentro avvolto dal-le grandi tensostruture in acciaio e vetro di-segnate dall'architetto Massimiliano Fuksas che caratterizzano questo nuovo e importan-tissimo polo fieristico milanese.Nonostante gli spazi enormi c'è grande fer-mento ed è impressionante notare la quan-tità di turisti stranieri che affollano i diversi padiglioni, in particolare giapponesi a dimo-strazione dell'inesauribile amore del sol le-

vante per il design e la creatività made in Italy.Il primo stand che visito, "trascinato" da una folla inverosimile, è quello della Kartell dal tema "Work in Project" l'attenzione, infatti, non è solo sul prodotto finale ma soprattutto a quello che c'è dietro: bozzetti, stampi, pro-totipi, forme grezze che svelano al visitatore il "vero" progetto di design, quello al quale l'acquirente non prende mai parte ma ne è però parte vitale. La ressa di persone aumen-ta ma la motivazione mi è presto svelata dalla presenza, accanto allo storico designer della Kartell, Philippe Starck (di cui abbiamo parla-to nel numero precedente n.d.r.), della guest-star dello show-evento programmato per la serata: Lenny Kravitz. Un sodalizio inedito, per creare una linea di sedie (reintrepreta-zioni della famosa "Mademoiselle") emble-maticamente chiamate "Kartell goes rock".

Tornando al design, quello vero lontano dalle contaminazioni hollywoodiane, è impossibi-le non citare uno dei brand più convincenti dell'intera manifestazione: Ton, storica mai-son polacca, famosa da più di cent’anni per la maestria con cui plasma il legno, unica materia prima utilizzata, trasformandolo con

il solo aiuto del vapore. Presenta al salone la seduta ONE di GuggenbichlerDesign, ac-canto alla vincitrice del "Interior Innovation Award 2012" la bellissima 002 di Jaroslav Jurica, composta da soli tre pezzi, rigorosa-mente di legno, assemblati in una forma si-nuosa tanto ricercata quanto semplice.

Le novità sono numerose, dalla poltroncina firmata da Tokujin Yoshioka che rappresen-ta il perfezionismo e l'essenzialità estetica giapponese. "Moon – ci spiega l'artista – ha un'eleganza sottesa, le sue linee sono nette e fluide e in rapporto armonico con lo spazio. Ma la sua originalità va ricercata anche nel movimento visivo che genera a contatto con la luce, da cui assorbe e diffonde una mate-rialità tattile e percettiva tenue, quasi rare-fatta (di penombra)".

TENDENZE

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I grandi nomi del design internazionale al fianco dei

giovani designers

SALONEDEL MOBILE 2012

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Le mie giornate al salone "ufficiale" termina-no con la visita al padiglione Alessi dove mi aspettano le colorate e allegre lampade della linea "Alessi Lux" con un’assoluta novità: “I Love Animals” di Pier Paolo Pitacco, un uc-cellino luminoso in tessuto elastico colorato e acciaio.

FUORISALONE

Anche quest’anno il "FuoriSalone" si è con-fermato, come consuetudine, il centro vitale degli appuntamenti collaterali del Salone, ma soprattutto il punto d’incontro di piccoli e medi produttori, artigiani, giovani creativi e appassionati di arredo; il luogo dove circo-lano le idee più innovative e creative, lontano dai grandi marchi dell’arredamento che po-polano i padiglioni della Fiera di Rho. Non parliamo quindi di una “fiera nella fiera”, ma di una manifestazione spontanea dove le aziende o i nuovi designers decidono libera-mente di realizzare un evento in una location qualsiasi della città. I singoli spazi espositivi del "FuoriSalone" non sono quindi progettati come stand fieristici ma per offrire ai visita-tori un’esperienza coinvolgente e originale.La prima tappa del mio personale "FuoriSa-lone" è il Brera Design District, nel cuore di Milano. Passeggiando fra le stradine del quartiere e sbirciando nei portoni che fian-cheggiano la strada, incontro quasi subito un nome noto, Republic of Fritz Hansen, che presenta con un'inedita performance “live”, l’ultima new entry del suo famoso catalogo: la poltroncina Minuscle di Cecilie Manz.

Nel quartiere di Lambrate mi attende invece il colosso dell’arredamento svedese Ikea, che ha scelto il fuori salone per presentare in anteprima la colorata (ed economicamente accessibile) collezione IkeaPS. E' la mia ultima tappa, Zona Tortona, a riser-varmi però le sorprese maggiori, il vero cuo-re del "Fuorisalone". Partendo dall’immanca-bile e imperdibile "SuperstudioPiù" che mi regala uno degli spettacoli più belli di tutta la settimana: l'installazione nel padiglione della Canon, uno spettacolo multisensoriale di suoni, musiche e luci coinvolgenti e quasi ultraterrene. E ancora l’istallazione "White Air" di Carlo

Colombo per Cristalplant con i suoi incre-dibili giochi di ologrammi, le lampade Suc-cessful Living by Diesel in collaborazione con Foscarini o gli straordinari oggetti firmati dai designers campani considerate le nuo-ve eccellenze di quest'anno e ai quali spero di dedicare ampio spazio sul nostro portale internet.Infine, dopo chilometri e chilometri percorsi, migliaia di foto scattate, sole, freddo, caldo e pioggia, e ancora colori, musica, folla, frene-sia, entusiasmo e tanto, tantissimo design; il Salone del Mobile di Milano e il suo FuoriSa-lone, si confermano un’esperienza a cui, an-che dopo anni, non ci si abitua mai ma anzi si aspetta con ansia la prossima edizione

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

DI GIANLUCA DE [email protected]

Dr. Jeffrey A. Miron is a 54-year-old visiting professor of economics at Harvard University. If you took

a look at any of his close-up pictures you would never say that this guy not only wrote extensively about drug and alcohol prohibi-tion, but also just produced a report pushing towards pot legalization. Because, yes, that’s exactly what he did a few months ago. "The budgetary implications of marijuana prohibition" shows how the U.S. government could easily save a pretty decent amount of money while generating at the same time a new stream of revenues from taxation. Just to roughly convey the

magnitude of what Dr. Miron proposes, the savings on the expenditures on prohibition enforcement would top almost $ 8 billion per year. At the same time if marijuana were taxes at consumer goods rate (unlikely sce-nario) it would produce tax revenues of more than $ 2 billion yearly; assuming instead a rate similar to tobacco or booze it might ge-nerate $6 billion per year.Which would mean as much as $ 14 billion per year! Rhetoric about reducing the deficit in diffe-rent countries has been standard fare in the last years, lacking, in most cases, of a real and immediate impact on the real economy. What Dr. Miron proposes instead would not only make of him a national hero for pot smokers, but also significantly improve U.S. federal deficit, which is already well beyond $ 1 trillion.Ok, well, that’s really interesting and promi-

sing, but what if Dr. Miron was already on drugs himself when he produced his rese-arch? Should we trust or is he just a fool?Being a Harvard professor should to some extent speak for itself, but even if this was not the case, there is a small detail that ha-sn’t been mentioned yet and that you might all be interested in (and by “you” I mean both you beloved readers and our erratic OCSE governments).Milton Friedman, Stanford University, Ge-orge A. Akerlof University of California, Ber-keley, Vernon L. Smith George Mason Univer-sity.These are three of the over 300 economists that signed Dr. Miron’s petition and open let-ter to the President, Congress, Governors, and State Legislatures. Of course those na-mes were not randomly picked, being all the three of them respected Nobel Laureates, but rather chosen to confirm that replacing

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TENDENZE news from the world

GANJATHE ECONOMICS OF

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MYGENERATION

prohibition with taxation and regulation is truly feasible and convenient.Truth be told, the petition does not directly urge the government to legalization – it would have been visibly unwise – but calls for a honest and open debate about the matter. This of course does not affect the report’s findings, which are going to be the basis for discussion and lawmaking.Recent history proves that governments are quite reluctant to open to pot legalization, due to a whole bunch of implications that this would have both socially and culturally. One example is given by the attempt made in California just three years ago, which eventually did not succeeded in legalizing marijuana. Still there are a few, yet partial, success stories. Several municipal councils in the U.S. legali-zed medical consumption of marijuana, and different studies focusing on the outcomes

of such practices endorse this kind of poli-cies.Why? In plain words, no one acts too weird or freaks out on a joint! Or at least not more than any drunkard in the worst case sce-nario! Other studies also proved how usual cigarette smokers tend to have smoking-re-lated diseases much more that pot smokers.Moreover, as even kids may tell, prohibition doesn’t generally pay, but instead triggers the behaviors it prohibits, this would mean that if governments were truly focusing on discouraging pot consumption would likely achieve better results with legalization. This is mainly due to the fact that most of young teens – the largest segment in this market – actually get attracted to weed and try their first joint, right because doing it is illegal!Last but not least, being marijuana curren-tly illegal in most western countries, its di-stribution to consumers happens via illegal

organizations, mafia and any other kind of criminal enterprise. Although these organi-zations don’t make money by selling marijua-na only, by legalizing it governments would move profits generated by the sale of mari-juana from the bad to the good side of the world. Not to mention that in this way criminal organizations could not count on the consi-stent amount of financial resources gene-rated by pot smuggling, that are regularly reinvested in other illegal businesses, which end up further accelerating the evil spiral that government apparently want to fight so badly.So what are we waiting for? And, more im-portantly, is prostitution next?

Keep it up!

MYGENERATION

GANJATHE ECONOMICS OF

When 3 Nobel laureates join 300 Economists in calling

for marijuana legalization

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 454

we can be HEROESjust for ONE DAY

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DI PASQUALE [email protected]

Fu Dumfries, cittadina di poco meno di cinquantamila anime nel cuore della Scozia, ad aver dato i natali

ventotto anni orsono ad Adam Richard Wi-les, intendiamoci stiamo parlando di Calvin Harris.Non è facile dalla uggiosa Scozia affermarsi come fenomeno delle dancefloor globali, ma la carriera di Calvin Harris ha tutta l’aria di essere quella di un predestinato. Calvin, o forse sarebbe meglio dire Adam, ha più volte dichiarato che da piccolo il suo sogno era sempre stato diventare un calcia-tore, e di essersi sempre ispirato a Steven McManaman, campione del Liverpool e della nazionale, ma, non riuscendo a replicare le abilità calcistiche ed anche la capigliatura del biondo centrocampista, la migliore so-luzione gli sembrò ripiegare sulla musica, e pare che gli sia riuscito piuttosto bene.

Produttore, cantante e autore il suo ingresso nel panorama dell’electropop è dirompente, le sue sonorità, caratterizzate da un sapien-te uso dei sintetizzatori, lo identificano in modo inconfondibile e toccano le corde elet-troniche del cuore dei suoi fan, che sin dalle primissime produzioni lo premiano con un successo di vendite ed affollando i suoi djset sparsi in ogni angolo del globo.Il suo album di debutto “ Created Disco” del 2007 è subito disco d’oro, e due singoli conte-nuti nel medesimo: “Acceptable in the 80s” e “The girls” raggiungono la top ten dei singoli più venduti di Gran Bretagna. In realtà però è con “Ready for the weekend”, il suo secondo album del 2009, che Calvin Harris fa il botto, scalando tutte le posizioni della Top Ten UK Chart raggiungendone la vetta trainato da tracce come “I’m not Alone”, “Flashback” e “You used to hold me”.Le collaborazioni con artisti di tutto il mondo e dei più lontani generi musicali sono, però, il vero fiore all’occhiello dell’artista scoz-zese, ha prestato il proprio genio creativo a progetti al fianco di: Kylie Minogue, Sophie Ellis Bextor, ha prodotto il singolo di ritorno

di Cheryl Cole “Call my name”, le cui sonorità non si discostano molto della sua hit mondia-le “We found the love” portata al successo nei cinque continenti dalla barbadonegna Rihanna; ha firmato anche “Only the Horses” il singolo che ha decretato il ritorno sulle scene degli Scissors Sisters e che antici-pa l’uscita dell’album “Magic Hour”. È stato protagonista del “Unhooked Tour” al fianco di Skrillex e Deadmau5, due nostre vecchie conoscenze, che sicuramente i lettori più at-tenti di MYGENERATION non mancheranno di ricordare. Per consultare il calendario completo del tour 2012 di Calvin Harris vi invitiamo ad ef-fettuare lo scan del qrcode presente in que-sta pagina, che vi condurrà come per magia sulla pagina ufficiale del produttore scoz-zese, se per caso doveste capitare in quel giorno in quel luogo che si trova chissà in che angolo del mondo dove Calvin si esibirà non perdete l’occasione di vederlo mixare del vivo, perché è in grado di farlo come for-se pochi altri sulla scena elettronica e dance mondiale.

pare che gli sia riuscito piuttosto bene. Ellis Bextor, ha prodotto il singolo di ritorno

di Cheryl Cole “Call my name”, le cui sonorità

le “We found the love” portata al successo nei cinque continenti dalla barbadonegna Rihanna; ha firmato anche “Only the Horses” il singolo che ha decretato il ritorno sulle

pa l’uscita dell’album “Magic Hour”. È stato protagonista del “Unhooked Tour” al fianco di Skrillex e Deadmau5, due nostre vecchie

tenti di MYGENERATION non mancheranno

Per consultare il calendario completo del

sta pagina, che vi condurrà come per magia

zese, se per caso doveste capitare in quel giorno in quel luogo che si trova chissà in che angolo del mondo dove Calvin si esibirà non perdete l’occasione di vederlo mixare

se pochi altri sulla scena elettronica e dance

TENDENZE

from scotland with synthesizer

MYGENERATION

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 456

DI EMANUELE [email protected]

ANZ Stadium, Sydney 2000. La folla urla, la tensione è al massimo, l’av-versario esita: è il momento! Un

ultimo calcio al viso a e l’oro non sarà più un miraggio; con un urlo disumano l’atleta sfer-ra un colpo micidiale, invisibile e potente, una pennellata letale che decreta la sua vittoria. L’oro olimpico è suo e sul tappeto non esulta un atleta ma un campione, un campione olim-pico di Taekwondo.La scena descritta introduce il tema centrale di quest’articolo: le arti marziali e le olimpia-di o, per essere più precisi e sottili, gli sport da combattimento e le olimpiadi.Lo scontro fisico, inteso come lotta a mani nude, nei giochi olimpici ha radici antiche. Inizialmente le olimpiadi consi-stevano unicamente in una grande ma-ratona, ma dal 648 a.C. nei mitici giochi in onore di Zeus vennero introdotte, tra le altre, due discipline: la lotta, versio-ne antica ma molto simile all’omonimo sport moderno, e il Pancrazio, una bru-tale forma di combattimento in cui i con-tendenti avevano la possibilità di usare tutte le tecniche possibili: sgambetti, proiezioni, leve articolari, pugni, calci, ginoc-chiate, gomitate, unghiate, tecniche di rottu-

ra delle dita, morsi e possibilità di strozzare l'avversario, spesso il vincitore di tali incontri

era anche l’unico ancora in vita.Più di due millenni più tardi, con l’avvento dei

moderni giochi olimpici si è avuta un’evolu-zione dal mero combattimento agli sport da

combattimento. La componente catar-tica e la violenza legate a queste attivi-tà non furono più necessarie, le parole d’ordine per le moderne discipline olim-piche di combattimento sono: spettaco-larità e agonismo sportivo, sempre cer-cando di mantenere tutti gli atleti in vita.Nei giochi del 1904 alle olimpiadi fece il suo grande ingresso la Boxe, la madrina di tutte le scazzottate ha permesso che sfilassero sotto i riflettori della compe-tizione dai cinque anelli atleti del calibro di Cassius Clay e George Foremann; ses-

sant’anni dopo, nella lontana Tokyo, hanno fatto la loro comparsa strani individui in ki-

MAZZATEGli sport da combattimento

OLIMPICHEnei giochi olimpici

SPORT

La componente catartica e la violenza legate a queste attività non furono più necessarie, le parole d’ordine per le moderne discipline olimpiche di combattimento sono: spettacolarità e agonismo sportivo

Steven Lopez alle Olimpiadi di Atene 2004

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MYGENERATIONmono capaci con poche mosse di far volare, o tecnicamente proiettare, i loro avversari sul tatami. Il Judo era entrato negli sport olim-pici ufficiali. Dobbiamo aspettare l’ultimo anno del vecchio millennio per veder appro-dare alle olimpiadi il Taekwondo: quest’arte marziale, che letteralmente significa “l’arte dei pugni e calci in volo”, si basa sull’esecu-zione di svariati tipi di calci portati al busto ed al viso; la possibilità di portare a segno tecniche in volo e la dinamica degli incontri rendono il Taekwondo una disciplina estre-mamente spettacolare e adatta ad essere ammessa negli sport ufficiali delle Olimpiadi.Ma non manca qualcuno all’appello?Che fine hanno fatto arti marziali famose come il Kung Fu o il Karate?

Perché non figurano ancora tra le discipline olimpiche ufficiali?Per quanto riguarda il Karate, il Ju-Jitsu, il Wu-Shu moderno e il Sumo sono riconosciu-ti dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale) e figurano come sport presenti nel program-ma dei giochi mondiali, un’organizzazione che, facendo svolgere parallelamente le competizioni delle discipline ad essa ammes-se a quelle olimpiche, funge da contenitore per quegli sport in attesa di essere ammessi ufficialmente alle Olimpiadi.Per dare una spiegazione a queste scelte, senza entrare nell’aspetto tecnico della que-stione, appare evidente come gli sport da combattimento ammessi alle olimpiadi siano estremamente godibili e spettacolari anche

per i profani, che semmai vogliono vedere solo un po’ di “mazzate olimpiche”. Ricordia-moci anche che le Olimpiadi, oltre ad essere una manifestazione sportiva, hanno sempre puntato, soprattutto negli ultimi anni, all’a-spetto estetico delle esibizioni, al fine di ca-talizzare ancora di più l’attenzione mediatica e del pubblico.Magari in futuro il numero di sport da com-battimento ufficiali crescerà, forse a seguito di un’evoluzione dei regolamenti delle disci-pline escluse o dell’arrivo di nuovi sport.MYGENERATION vi lascia con un filmato di Taekwondo sui best kicks di Bejing 2008, in attesa delle prossime “Mazzate Olimpiche” di Londra 2012.

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MAZZATEA LONDRA

JUDO14 medaglie d'oro in palio

BOXE

LOTTA TAEKWONDO

In scena dal 28 luglio al 3 agosto13 medaglie d'oro in palioIn scena dal 28 luglio al 12 agosto

18 medaglie d'oro in palioIn scena dal 5 al 12 agosto

8 medaglie d'oro in palioIn scena dall'8 all'11 agosto

DISCIPLINENON AMMESSEKarate, Wu-shu, Ju-jitsu, Sumo Best Taekwondo kiks

Bejing 2008

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FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4

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DI GENNARO [email protected]

Se esiste una partita che i tifosi “napoletani” sentono più di altre è sicuramente quella con la Juven-

tus. Quella con la “Vecchia Signora”, infatti, non è una semplice sfida ma il perpetrarsi di un’eterna, insanabile rivalità. Il 20 maggio prossimo a Roma, nella cornice dello stadio Olimpico, le due formazioni si sfideranno per la conquista della Coppa Italia. Un trofeo snobbato durante la stagione ma che comin-cia a fare gola alle squadre, naturalmente vogliose di arricchire la propria bacheca,

quando entra nelle fasi finali. Questa volta, dunque, tra le due acerrime rivali ci sarà in palio qualcosa di più della consueta rivalità. E tutto ciò promette di dare vita ad una par-tita tesissima e combattuta su ogni pallone, con il Napoli che deve riscattare la scon-fitta per 3 a 0 patita allo Juventus Stadium lo scorso 1 Aprile, e resa più amara dal gol finale dell’”core ingrato” Fabio Quagliarella. Certamente la Juventus non vorrà stare a guardare e cercherà di ribadire la suprema-zia evidenziata nel corso della stagione. Ma ogni partita fa storia a se ed il calcio si sa è imprevedibile. Lo stadio Olimpico sarà meta di pellegrinaggio da parte di entrambe le ti-foserie e in quell’atmosfera incandescente tutto potrà accadere, la partita, insomma, è tutta da giocare è l’esito non è affatto sconta-to. La Juventus vanta ben nove vittorie nella competizione (record insieme alla Roma) e quindi se dovesse vincerla per la decima vol-

ta sarebbe la prima società in Italia a poter inserire nel proprio stemma una stella d’ar-gento (ndr. la stella d’oro viene invece asse-gnata ogni dieci campionati vinti ). Il Napoli invece si è aggiudicato il trofeo per tre volte (1961-1962, 1975-1976, 1986-1987) e detiene al-cuni record: nel 1962 ha vinto la Coppa Italia militando in serie B, unica squadra italiana a riuscire nell’impresa senza militare nella massima serie (insieme al Vado che si aggiu-dicò la prima edizione del trofeo nel 1922 mi-litando nelle Promozione Ligure); e nel 1987 ha conquistato il trofeo vincendo tutte e tre-dici le partite disputate, l’impresa è stata poi eguagliata della fiorentina nel 1996 e dall’In-ter nel 2009-2010 ma con un numero inferio-re di partite disputate. La finale sarà in gara unica come avviene dall’edizione 2007-2008. La Juventus in base al sorteggio effettuato lo scorso marzo durante la riunione organiz-zativa della competizione avrà il vantaggio

Una delle sfide più sentite del calcio italiano avrà come

palcoscenico la finale di Coppa Italia 2011/2012

NAPOLI VS JUVENTUS CIUCCIOZEBRA

SPORT

contro

2009/2010

Due vittorie del Napoli intervallate 3-1

2-32008/2009

0-02-1

da un ottavo di Coppa Italiavinto dalla Juventus

Una vittoria a testa in campionato, ma in coppapassa la Juve ai rigori

GLI ULTIMIINCROCI

1-0

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di giocare in “casa” potrà quindi decidere se effettuare l’allenamento di rifinitura prima o dopo il Napoli ed avrà priorità nella scelta delle maglie e della panchina. Il Napoli torna in finale dopo più di dieci anni, l’ultima volta era infatti stata nell’edizione 1996-1997. I partenopei vinsero nella finale di anda-ta al San Paolo per 1 a 0 (ndr. la finale in quell’edizione si giocava in doppia gara), ma nella finale di ritorno al Romeo Men-ti di Vicenza, i 90 minuti regolamentari si conclusero con il risultato di 1 a 0 e quindi furono necessari i tempi supple-mentari che videro il Napoli subire altri due gol e perdere la competizione a van-taggio del Vicenza che alzò al cielo il tro-feo. L’ultima finale della Juventus risale invece all’edizione 2003-2004: nella gara di andata allo stadio Olimpico la Lazio si impo-se per 2 a 0 , nella gara di ritorno la Juventus inizialmente rimediò lo svantaggio con i gol di David Trezeguet e di Alessandro Del Piero ma alla fine la Lazio riuscì a volgere a suo

favore le sorti della doppia sfida andando a segno nel secondo tempo con Bernardo Cor-radi e Stefano Fiore. Entrambe le compagini vengono quindi da una sconfitta nella loro più recente esperienza in finale e quindi c’è

da credere che vorranno spazzare via il brut-to ricordo con una vittoria. Una vittoria che, siamo sicuri, desidera anche l’allenatore del Napoli Walter Mazzarri che approda per la seconda volta nella sua carriera di allenato-

re in una finale di Coppa Italia : nell’edizione 2008-2009 la sua Sampdoria giocò la finale ma fu sconfitta ai rigori dalla Lazio. Ci sono tutti gli ingredienti giusti per una grande sfida: una fiera rivalità, una prolun-

gata astinenza di entrambe le squadre dalla vittoria della competizione ( Ju-ventus dall’edizione 1994-1995, Napoli dall’edizione 1986-1987) e due allenatori desiderosi di vincere. Walter Mazzarri per cancellare la sconfitta patita con la Sampdoria e Antonio Conte per regala-re alla sua società l’onore di potersi, per prima ,fregiare della stella d’argento. In questo quadro non si può fare altro che sperare che la partita e il “combattimen-to “ siano solo in campo. E che lo stadio,

che sicuramente sarà stracolmo di tifosi di entrambe le fazioni ,sia teatro solo del tifo più caldo e non di intollerabili atti di violenza.

2011/2012

Simone Pepe firma l'insperato3-03-3

2010/2011

2-23-0

3 a 3 finale di fronte ad unSan Paolo incredulo

Cavani stende la Juve conuna fantastica triplettanel match d'andata

Ci sono tutti gli ingredienti giusti per una grande sfi da: una fi era rivalità, una prolun-gata astinenza di entrambe le squadre dalla vittoria della competizione e due allena-tori desiderosi di vincere

Ezequiel Lavezzi in azione in Napoli-Juventus della scorsa stagione

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sformatino di VERDUREcon vellutatadi FONDUTA Lavare accuratamente le verdure e sbucciare le patate e le carote. Fate lessare singolarmente le verdure in acqua leggermente salata e tiratele su non troppo cotte. Poi saltate le verdure appena tagliate a cubetti piccoli con del burro fuso e for-maggio, pepe e sale quanto basta. Riponete il tutto in un mixer ad immer-sione e frullate per circa tre minuti. Aggiungete le uova e mixate fino a ri-cavare una crema. Versare il composto di verdure negli stampini già imburrati e riporre il tutto nel-la teglia con un foglio di giornale e due dita di acqua. Infornate a 180° per circa 40 minuti.

per la vellutata Tagliate a fettine sottili il formaggio e copritelo con il latte fresco, mettete tutto a bagnomaria mescolate con una frusta delicatamente. Aggiungete la farina per legarla e il ros-so d’uovo. Servite nel piatto 2 cucchiai di fonduta e adagiatevi sopra lo sformato di verdure e copritelo.

suggerimentiPer renderlo ancora più particolare, servi-telo con un filo d’olio al tartufo bianco.Decorate il piatto con del prezzemolo ric-cio e un po' di carote a julienne.

ingredienti

per 4 persone- 2 mazzetti di spinaci freschi- 2 patate- 1/2 porro- 2 carote- 2 zucchine - 3 uova intere - formaggio grana- sale- pepe- un po' di latte o se si preferisce panna- 4 stampini di alluminio- una teglia con bordi alti

per la vellutata

- 200 gr di fontina oformaggio a pasta morbita - latte fresco - un pizzico di farina- un tuorlo d’uovo

tempo di cottura

40 minuti a bagnomaria nel forno a 180°

www.latavernadibacco.comwww.sasapizzamia.it

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Buongiorno a tutti voi che mi leggeteche lo facciate spesso o raramenteCome, chi sono? Già mi conoscete!

Ho il volto e il dire di quel tale utentedi cui su facebook, twitter o altre retiavrete letto in questo o quel frangente.

Forse sono tra quegli analfabetiche con merdate assurde e malconcetteimbrattano dei social le pareti;

o forse quello che vi si connetteper dirvi il suo colore preferito,che preferisce il pesce alle polpette,

e ha l'animo di dirsi infastiditose tu gli fai notar, con cortesia,che non tenevi ad essere avvertito.

O ancora, quel che nell 'antologiadi detti, frasi fatte ed aforismirimesta o va inneggiando all 'anarchia

e tutto il dì, mimando antagonismi,- col cazzo in mano e il culo sulla sedia - rivoluzioni invoca, e cataclismi.

Magari, invece, sono quel che tediavicini, vecchi amici e suoi congiunticol bieco amore ch'ha per la "tragedia"

ed ogni giorno, gramo, dei defuntiredige un resoconto addoloratopurché sian morti celebri o presunti.

Son quello che non mangia cucinato,colui che ama l'Africa o il Giappone,quello con petto e stinco tatuato,

qualunque picciòl dato o informazionevale oro se investito con ingegnonel gioco d'avida autoesposizione

pertanto ogni attributo o contrassegnolo strillo in lungo e in largo, ad ogni gentesì come ciò che amo o che disdegno.

Il luso di sembrare seducentemostrando al mondo il profilo migliore- da me sofisticato inconsciamente -

trascorro tutto il giorno, tutte l'oread allestir la teca digitaleal fine di colpir lo spettatore

(che intanto, nel frattempo, fa l'eguale)con stracci della mia propria personacuciti con pazienza maniacale.

Ogni meschino a me si paragona:son torbido, volgare, inopportuno,ma prima ancora sono, ahimé, un�icona:

Sono tra voi, son tutti, son nessuno.

L'OCCHIOdi dario de natale

[email protected]

Social sickness

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Solarium e ristorante aperti tutti i giorni dalle 8:30 alle 18:00