65
Fabio Di Stefano Naomi Chiaramonte

Naomi Di Stefano Chiaramonte · Io continuavo ad essere ipno-tizzato dal mio nuovo pc. Per richiamare la mia attenzione, Dodo fu costretto ad ado- ... re non insisterò per farti

Embed Size (px)

Citation preview

FabioDi Stefano

NaomiChiaramonte

Questa favola è dedicata ai miei figli,

Edoardo e Martina,e a tutti i bambini del mondo.

Illustrazioni di Marco Zimmerhofer

L’incasso di questo libro verrà utilizzato per agevolare l’inserimento alivello scolastico di bambini in difficoltà.

© tutti i diritti riservati, riproduzione vietata

Se qualcuno vi chiedesse che cosa significa per voi essere

felici , che cosa rispondereste?

Per alcuni la felicità coincide con la fama, la gloria, il posses-

so, la ricchezza…

Per me l’alchimia magica, ovvero la ricetta della felicità si

trova nella genuinità di un semplice sorriso di un bambino.

I bambini sono un concentrato di amore, gioia, spontaneità,

dunque tutti indistintamente possiedono il diritto di essere

felici, di crescere avvolti dall’amore di chi li circonda.

Auspico un mondo in cui anche gli adulti conservano intatta la

freschezza, l’innocenza del fanciullo interiore, destinato a

non crescere mai, a osservare il mondo con lo stupore, la

meraviglia, l’igenuità di un bambino.

Il sorriso di un bambino

E’ Una carezza per l’anima

(Fabio Di Stefano)

Le avventure di Dodo Braun

Chi è Dodo Braun?

Ve lo dico io che sono il papà!

Edoardo Braun, chiamato affettuosamente Dodo, è un bimbo

di otto anni, come tanti. Dodo, però, non cammina come gli

altri bambini della sua età, ma fa tante altre cose che i suoi

coetanei non sanno fare.

Dodo Braun ha dei poteri magici… proprio così!

Attraverso l’utilizzo del pensiero realizza ciò che vuole,

ma solo per il bene del prossimo.

9

Capitolo ILa scoperta dei poteri

Tante volte ho sognato di correre sui prati o su una spiaggia

con Dodo…

Erano solo i sogni di un papà…

All’età di sei anni, la notte di Natale, Dodo sognò un grande

uomo, altissimo, con la barba bianca e uno sguardo dolcissimo.

Aveva un lungo cappello blu, a punta, sulla testa e un mantel-

lo dello stesso colore alle sue spalle. Le stelle, d’improvviso

divennero grandi e sembravano essere scese dal cielo per illu-

minare la stanza di Dodo.

Dodo aveva paura del buio e la notte teneva davanti la fine-

stra una sfera che gira su se stessa proiettando nella sua

stanza tante piccole comete dorate e d’argento. Per render-

lo felice, poi, avevo attaccato al tetto le stelline fluorescen-

ti… Dodo ama il cielo e sorride sempre alle stelle… è per que-

10

sto, forse, che quella notte non gridò… neppure un urlo quan-

do vide quell’imponente uomo entrare nella sua stanza avvolto

da tanti piccoli astri! L’uomo lo svegliò col suo bagliore e pian

piano, come per non farsi sentire da nessun altro che da

Dodo, gli disse: “Dodo Braun! Da questo momento tu avrai dei

poteri magici, con la sola forza del pensiero potrai realizzare

ciò che vorrai. Ma sappi che questi poteri potrai utilizzarli

solo per aiutare il prossimo”.

Dodo si svegliò. “Forse era solo un sogno” pensò e silenzioso

si rimise a dormire… Anche Martina, la sorellina, dormiva e se

lei non si era svegliata, certamente, era stato solo un sogno…

non c’era parola che Martina non sentisse, non c’era un frase

che le sfuggisse, figurarsi, poi, se un uomo tutto blu, con quel-

la luce accecante era entrato nella stanza! Se non aveva sve-

gliato Martina… “era solo un sogno” continuò a ripetere Dodo

fra sé! Ma il dubbio era forte, e la curiosità pure, talmente

forte da voler subito mettersi alla prova. Così sforzandosi di

11

pensare di voler prendere un libro sugli scaffali della libreria,

vide il libro alzarsi lentamente e avvicinarsi a lui, proprio

come aveva pensato. Era incredibile! Non riusciva a crederci

nemmeno lui, ma ne era felice! Dodo inizialmente non mi disse

nulla, non un parola su quella notte… io venni a conoscenza di

questi suoi poteri solo successivamente, durante un episodio

che adesso vi racconterò…

Tutti i giorni dedicavo qualche momento al mio hobby prefe-

rito: navigare su internet! Quel giorno ero talmente assorto

da non sentire Dodo chiamarmi. Io continuavo ad essere ipno-

tizzato dal mio nuovo pc.

Per richiamare la mia attenzione, Dodo fu costretto ad ado-

perare una delle sue piccole magie. La sedia sulla quale stavo

seduto cominciò lentamente ad alzarsi da terra di pochi cen-

timetri, e si avvicinava sempre più a lui. Non riuscivo a capire

cosa stesse accadendo, ero terrorizzato mentre lui se la

rideva. Mi ritrovai accanto a Dodo…

12

“Ora puoi ascoltarmi, papà!” disse ridendo.

“Ma cosa è successo?” chiesi contrariato e, a dire il vero,

anche un po’ impaurito.

Ti ho solo fatto volare, ma è un gioco, papà, non ti preoccupa-

re non insisterò per farti prendere l’aereo, so che hai paura,

sono solo pochi centimetri!?

Ma che significa, Dodo, come hai potuto fare questo?

Papà tu non mi sentivi e io avevo bisogno di dirti una cosa! –

disse con quel buffo broncio che vela appena il suo meraviglio-

so sorriso.

Dodo, non scherziamo! Vuoi spiegarmi? – cercavo di mostrar-

mi severo ma non gliela davo a bere.

Bè, papà è accaduto qualche notte fa…

Cosa… – chiesi premuroso, avevo paura che fosse accaduto

qualcosa di brutto, non mi accorgevo neppure che Dodo era lì,

con lo sguardo curioso e vivace e pronto a raccontarmi tutto

come fosse stata una favola…

13

Papà! Mi stai ad ascoltare!

Si, scusami Dodo! Sono tutto orecchi…

Così venni a conoscenza di quella strana notte stellata…

Il racconto di Dodo era intervallato dalle mie smorfie di un

tipico stupore infantile e dalle sue risa festose e, devo dire,

coinvolgenti, così come i suoi “giochi” che quel giorno fecero

volare per casa tutti gli oggetti della mia scrivania come pol-

line smarrito nell’aria.

“Sai, papà” riprese Dodo “io sono felice con te. Tu mi dai tanto

amore e con te anche mamma e Martina. Questo per me è la

cosa più importante. I miei poteri servono a rendere felice

chi non lo è…

Sai papà? ho visto tanti bambini correre e giocare sui prati,

ma non li ho visti felici.

Dodo quel giorno mi aveva davvero commosso…

15

Capitolo IIPrimo anno di scuola

Il primo anno di scuola elementare Dodo Braun venne accol-

to in modo un pò freddo dai compagni…

“i primi giorni sono i più difficili, papà” rispose Dodo alla mia

domanda su come fosse andata la giornata a scuola. Era così

da un paio di settimane e non mi andava giù che Dodo si sen-

tisse diverso… ma quel lunedì… Pensavo che quel giorno non

sarebbe stato facile, era lunedì e tutto ricominciava, il lavo-

ro, la scuola e per di più pioveva…

- Dodo, è ora di alzarsi…

- Sono già sveglio, papà! Sei tu che sei un pigrone - disse Dodo

ridendo.

- E come mai sei così mattiniero, tu !? – domandai solletican-

dolo un po’.

16

- forse perché oggi si consegnano i disegni e io non vedo l’ora!

- quali disegni Dodo?

- La maestra ci ha detto di disegnare la felicità ed io ho pre-

parato questo disegno - disse Dodo mostrandomi il suo album.

Nella prima pagina Dodo Braun aveva disegnato con i colori a

cera un grande prato verde. E verso il cielo, di un intenso

colore azzurro, volava un passero.

- Cos’è questo, Dodo?

- È un passero, papà.

- Sì, lo so. Ma perché questo disegno rappresenta la felicità?

- Bè ora ti racconto! Qualche giorno fa Luca…

- Chi è Luca?

- Il mio compagno di banco, papà. Ma ascolta! Qualche giorno

fa Luca è entrato in classe con un passerotto tra le mani. Ero

contento! Le prime due settimane a scuola sono state un po’

difficili!

- Lo immagino Dodo ma ora…

17

- Shhh! Fammi finire, papà! – disse Dodo facendomi cenno di

stare in silenzio.

Dodo cominciò a raccontare di un piccolo passerotto con l’ala

spezzata, almeno così aveva detto il maestro. Doveva essere

caduto da un nido, da uno degli alberi della scuola, lì sul viale

degli angeli. Dodo Braun ama i cuccioli di ogni animale. Se vede

un cucciolo soffrire, Dodo Braun soffre con loro perché dice

che “ i cuccioli sono come i bambini, entrambi soffrono allo

stesso modo”. Sarà per questo che quel giorno, Dodo Braun

chiese a Luca e al maestro di provare a far volare il piccolo

passero.

- È impossibile – rispose il maestro Alchimio in modo corruc-

ciato. Forse perché insegnava scienze, lui non sopportava le

fantasie per lui vi erano solo concretezza e realtà. “Ipotesi,

sperimento e teoria, questo e nient’altro, che volete che sia?”

ripeteva continuamente facendo ridere Dodo che lo immagi-

nava come un vecchio mago rimbambito.

Il passerotto continuava a cinguettare sempre più fievolmen-

te. Ad uno ad uno, i bambini lo presero tra le mani per allevia-

re il suo dolore con un bacio. Venne il turno di Dodo Braun. Lo

accarezzava, lo coccolava, gli sussurrava…

- vedrai passerotto che tornerai a volare.

D’un tratto una lacrima scese dagli occhi languidi di Dodo, gli

rigò il viso e cadde sul piccolo passero. Il passerotto bevve la

goccia di quella lacrima poi cinguettò balzò sulle mani di

Dodo, e prese il volo.

- Dodo Braun, il passero ha portato in cielo le tue lacrime,

vedrai che anche tu un giorno potrai volare! – gli aveva, alla

fine detto Luca, poggiando la sua piccola mano sulla spalla di

Dodo.

- Sì, Luca, lo credo anch’io – rispose Dodo al suo nuovo inse-

parabile amico.

E il maestro?

Maestro Alchimio non si lasciò incantare e continuò a ripete-

18

re “ipotesi, sperimento e teoria, questo e nient’altro,

che volete che sia?”

19

21

Capitolo III

La malattia di Luca

- Guarda le stelle papà, stasera sono meravigliose! - disse

Dodo affacciato alla finestra sotto un cielo luminoso e splen-

dente.

- È la notte di San Lorenzo, sarà per questo! - risposi

- Peccato che Luca non possa vederle, lì in ospedale…

Non sapevo che Dodo fosse a conoscenza della malattia di

Luca. I suoi genitori mi avevano comunicato la notizia la sera

prima ma non avevo avuto il coraggio di dirlo a Dodo. Luca

stava molto male e ora Dodo lo sapeva…

- Bè le vedrà fra qualche giorno. Appena starà meglio lo invi-

teremo a cena e a guardare, insieme, le stelle – cercai di esse-

re ottimista così da non far preoccupare Dodo.

- Papà vorrei andare a dormire – disse Dodo come se non

22

stesse ascoltandomi. Lo vedevo assorto nei suoi pensieri e

niente sembrava avere importanza.

- Ok Dodo, ti metto subito a letto. Quale storia vuoi che ti

legga, stasera?

- Nessuna! Ho solo voglia di dormire.

Cominciavo a preoccuparmi.

- Papà, Martina è dalla nonna, perché tu e la mamma non anda-

te a riposare?

Il sorriso di Dodo non mi convinceva! Sapevo che ne avrebbe

combinata un’altra delle sue, ma non sapevo, né immaginavo

cosa.

- Effettivamente sono stanco anch’io e la mamma è già a

letto…hai bisogno di qual…?

- Solo che spegni la luce, buonanotte papino! – Dodo era già nel

suo letto sotto il suo bel lenzuolino azzurro, sembrava si

fosse già addormentato, ma vederlo così tranquillo mi preoc-

cupava un po’, sapevo che ne avrebbe fatta una delle sue! Il

23

nasino arricciato di Dodo non mi convinceva affatto ma come

distoglierlo?! Così dissi semplicemente…

- buonanotte Dodo Braun e…mi raccomando…

Spensi la luce.

La sfera stellata intanto girava nella camera di Dodo. La fine-

stra era aperta e il dolce sollievo di un fresco venticello, della

sera di agosto, portò in camera l’odore frizzante della menta

cresciuta in cortile. L’avevano seminata insieme Dodo e Luca.

Dodo Braun si svegliò – è ora! – esclamò.

Con un balzo, neppure Dodo Braun sa come, quel fagottino di

bimbo che mai aveva posato i suoi piedini per terra, cominciò

a sentire la sensazione di un erbetta fresca, era lo scendilet-

to che la mamma di Dodo Braun, Cindy Braun, aveva sistema-

to accuratamente ai piedi del letto. Una bianca nuvola intan-

to era entrata come una sottile nebbia dalla finestra aperta.

Le tende aleggiavano nell’aria e, riflettendo la luce della luna,

illuminavano la stanza in un modo intenso e suggestivo.

La nuvola, come fosse la mano di un gigante buono, raccolse il

piccolo Dodo Braun e… via verso la camera di Luca…in fretta

Dodo Braun afferrò, al volo, il suo lenzuolo azzurro come quel-

la notte, ancora una volta, stellata.

Il vento soffiava dolcemente. Dodo Braun teneva gli occhi

aperti verso una città luminosa e incantevole. Tutte quelle luci

lo entusiasmavano e rideva Dodo Braun, come rideva…

Ricordava le giornate di primavera quando con il suo papi e

Martina si lasciavano cadere dalle colline verdi. Nonostante

l’altezza Dodo Braun poteva riconoscere il negozio del panet-

tiere, le bontà nella vetrina del signor Fornaio erano indiscus-

se. Dodo Braun e Martina lasciavano sempre le impronte dei

loro musetti sui vetri, unica protezione per quelle crostate

fumanti da mangiare con gli occhi. Ma era giunto il momento

di smettere di sognare…ecco l’ospedale dove si trovava Luca.

La nuvola senza esitazione si diresse verso una finestra ben

precisa…doveva essere quella di Luca! Ma d’un tratto una

24

fastidiosa zanzara ronzante e rumorosa si posò sul naso di

Dodo che, allergico alla sua puntura, cominciò ad agitarsi vor-

ticosamente e quasi cadeva dal palmo di quella mano luminosa.

Aggrappato al mignolo, Dodo Braun tentò di arrampicarsi e

alla fine…anche se con un po’ di fatica, ci riuscì. Dodo Braun

si ritrovò in una stanza dove dei Clown, probabilmente, aveva-

no dimenticato i loro nasi rossi e le buffe parrucche verdi.

Luca era lì, febbricitante e sudato nel suo letto. Dodo Braun

l’aveva sempre visto correre pur mantenendo il suo sguardo

dubbioso e sorpreso. Ma non era il momento di diventare

malinconici. Dodo Braun si avvicinò a Luca e gli carezzò quei

riccioli biondi che lo rendevano così simile ad un angelo a cui

ancora non sono spuntate le ali. D’improvviso la medesima neb-

bia che, qualche momento prima era entrata nella camera di

Dodo, avvolgeva il lettino di Luca. La manina di Dodo afferrò

un pizzico di quella nuvola. Poi sollevò leggermente il capo di

Luca e lo aiutò a mandar giù quel batuffolo bianco.

25

- Dai Luca sembra zucchero a velo, quello della fiera d’esta-

te, ricordi? Dai Luca provaci un po’!

Luca con fatica lo mangiò.

- Ora devo andare ma ci vedremo presto te, lo prometto!-

disse Dodo con tutto l’affetto che provava per il suo piccolo

amico.

- Grazie Dodo Braun…- disse debolmente Luca.

Intanto il cielo si schiariva alla luce dell’alba.

- Dodo, Dodo mi hanno chiamato i genitori di Luca. Sai è fuori

pericolo ehm…non è che fosse grave …è, che ora, sta

bene…Dodo mi senti, ma come mai stai ancora dormendo?

Dodo!- Dodo era accucciato nel suo lettino e dormiva, lo guar-

dai e lo vidi sorridere nel sonno, forse sognava di giocare con

Luca.

- Papà c’è qui la mamma di Luca, ha portato questo per Dodo –

disse Martina col suo fare curioso, portando tra le mani un

fagottino azzurro.

26

- Ma è il lenzuolo di Dodo! Dodo, come mai…? – chiesi

sorpreso.

Come un piccolo ghiro Dodo Braun continuava a dor-

mire.

27

29

Capitolo IV Tutti i bambini devono pensare bene

- Dodo, ti piace viaggiare? – chiese Luca al maghetto Braun.

- Sì molto, Luca, soprattutto con la fantasia…- rispose sem-

plicemente Dodo.

- E come si viaggia con la fantasia?

- Basta usare il pensiero, Luca…

- Quando penso, mi vengono in mente le immagini del tg e di

quei bambini senza più nessuno al mondo…- disse con melanco-

nia Luca. Luca era un bambino timido e riservato, era un pic-

colo angelo delicato. Non gridava mai, non amava correre.

Stava seduto accanto a Dodo e gli chiedeva di raccontargli

una storia, magari una storia fantastica.

- Io invece vedo gli stessi bambini correre nelle savane, tuf-

farsi nei fiumi, danzare per la pioggia – diceva Dodo che, col

la sua fantasia, era capace di volare nei regni più lontani e

30

sconosciuti.

- Ma, in tv, queste cose non le vedo mai!…disse sorpreso Luca.

La bocca gli arrivava a terra quando Dodo cominciava a “fan-

tasticare”.

- Neanch’io … io li vedo con la mente, quando leggo un libro o

osservo una foto. La maestra ci ha raccontato la storia di

Mowgli…ti ricordi?… e allora ho chiesto a papà di regalarmi il

libro della giungla, perché volevo conoscere tutta la storia…

- Ma i grandi hanno detto che queste cose accadono solo sui

libri?

- È qui lo sbaglio! Gli adulti dovrebbero insegnare ai bambini a

pensare bene e non a credere che le cose belle accadono solo

nella fantasia… la fantasia è il treno che mi porta dove la real-

tà esiste?

- E dov’è questa realtà, Dodo?

- Papà sei arrivato? - L’euforia di Dodo era sempre così coin-

volgente…

31

- Sì, oggi ho finito un po’ prima… e allora Dodo? Dov’è questa

realtà…

- Tra le persone, papà! Tu stesso mi hai sempre detto che

dentro ogni persona si nasconde un bambino e tu stesso non

fai che correre e saltare come Martina e Luca e …mi fai morir

dal ridere!

- Ma non tutti i grandi sanno farlo! – disse Luca pensando al

suo papà sempre così serio e impegnato nel suo lavoro. Il sig.

Nasdaq non aveva mai avuto un gesto affettuoso nei confron-

ti del suo bambino e Luca ne soffriva molto.

- Lo so, Luca. Ecco perché i grandi dovrebbero aiutare a pen-

sare bene. Non è vero che quando la maestra Zelda ti dice, in

classe, che sei un asino, tutti lo pensano di te e tu, per primo,

ne sei convinto? Voglio mostrarti una cosa…

Dodo all’improvviso si fece attento, si guardò attorno e, quan-

do fu sicuro che in casa ci fossimo soltanto noi, chiamò ad alta

voce:

- Tico, Tico Tico, dove sei?

Luca e io ci guardammo incuriositi…

- Tico! - continuò a chiamare Dodo.

- Eccomi!

Una voce rauca e improvvisa accompagnò l’ingresso, nella

stanza di Dodo, di un pappagallo variopinto e sconosciuto.

- Dove l’hai trovato, Dodo? Dissi col mio solito tono, di chi

vuole immediatamente risolvere un problema - Dove l’hai tro-

vato e come mai è qui? Continuavo a domandare non accorgen-

domi di non essere ascoltato.

- Papà, ascolta semplicemente, senza fare domande – mi disse

Dodo. Poi continuò a dire rivolto al pappagallo - Tico, puoi rac-

contarci qualcosa?

- Certo Dodo, son qui per questo - rispose il pennuto e comin-

ciò a raccontare di un bambino smarrito nel parco…

- Quel bambino impaurito e confuso cominciò a credere che la

sua mamma l’avesse abbandonato. Il bambino cominciò a pian-

32

gere, così tanto da attirare una giovane maestra che aveva

portato la sua classe al parco per raccogliere le foglie più

belle.

- Bimbo, che succede? Forse ti sei perso?

- Non mi sono perso, la mamma mi ha abbandonato - rispose

arricciando un po’ il naso e nascondendo il viso tra i pugni.

- La mamma non ti ha abbandonato, credo invece ti stia cer-

cando – rispose dolcemente quella giovane maestra dal volto

sincero e dalla voce candida.

- Non è vero, altrimenti mi avrebbe trovato – rispose il picco-

lo, ormai convinto di essere stato abbandonato dalla sua

mamma.

- Sai una cosa?

- Cosa? Chiese il bambino incuriosito…

- La mia mamma da bambina mi ha chiamato Vera perché vole-

va che parlassi con la verità, senza mai dire bugie…tu come ti

chiami?

33

- Mi chiamo Federico ma la mamma mi chiama Chicco perché

dice che sono piccolo da sembrare il chicco di una spiga di

grano- disse tra i singhiozzi, cercando di farsi forza.

- Sai che quando un chicco di grano si separa, a causa del

vento, dalla mamma pianta, il chicco si smarrisce. Ma non è

colpa della mamma- raccontò Vera.

- E’ stato il vento allora? – chiese Chicco, sollevando il volto

con un’aria sorpresa.

- Certo! Il vento ti ha portato via la palla con la quale giocavi,

tu hai cercato di prenderla e allora ti sei perso – raccontò

perfettamente la maestra Vera…(ma come sapeva?!)

- Ma allora non c’entra la mamma e io ora l’ho persa per sem-

pre - disse Chicco ricominciando a piangere.

- No, le tue radici sono ancora legate a quelle della tua

mamma...se tu l’ami…quelle forti radici ti riporteranno da lei –

lo consolò Vera.

- Chicco!- gridò la voce di una donna lontana, colma di pianto.

34

- Mamma, mammina…mi hai trovato…è stato il vento…mamma

perdonami….ti voglio bene!- disse Chicco correndo incontro

alla sua mamma.

- Anch’io, piccolo mio…anch’io ti voglio tanto bene – rispose

teneramente la mamma abbracciando il suo bambino.

- Grazie Vera! – disse Chicco voltandosi verso la maestra,

prima di andar via, mano nella mano, con la sua mamma.

Intanto nella stanza dove il pappagallo Tico aveva raccontato

quella storia…

- Ero così convinto che mia madre mi avesse abbandonato –

disse una voce dietro di noi.

- Lo so Sig. Nasdaq, ma non era così…era solo il vento e la

maestra Vera la aiutò a capire.

- Papà, che ci fai qui? – chiese con sorpresa Luca.

Stranamente quel giorno, era passato il sig. Nasdaq, a casa di

Dodo, per portare Luca in palestra.

- Sono passato a prenderti… non ricordavo più questa storia…-

35

diceva delle frasi sconnesse, il sig. Nasdaq, tentando di

rispondere a Luca e cercando, contemporaneamente, di ricor-

dare…

- Avevo da poco perduto mio padre e mi sentivo solo. Avevo

paura di perdere anche mia madre. Cosa avrei fatto senza di

lei.?

- Per questo dici sempre che devo stare con mamma? – chie-

se timido Luca.

- Sì, Luca. Ma avevo dimenticato quanta paura avessi di rima-

nere solo, avevo dimenticato quanto avrei voluto essere con

entrambi i miei genitori. E, forse, a causa di ciò, non sono

stato un bravo papà. Perdonami Luca?- disse commosso il Sig.

Nasdaq.

- Ti perdono, papà, ma tu promettimi di non lasciarmi mai più

solo – disse Luca correndo nelle braccia di suo padre e scop-

piando in lacrime – mamma dice sempre che tu mi vuoi tanto

bene.

36

- Ed è così, piccolo mio – rispose il papà di Luca stringendo

forte il figlio.

- Ogni mamma è una maestra, e ogni maestra sa che la fanta-

sia non è una bugia ma è la parte più bella e più vera della real-

tà – concluse Tico.

37

39

Capitolo V

Dodo Braun e il furto in banca

- Mamma, la maestra a scuola ci ha raccontato che la borsa

non è solo quella della mamma e io le ho detto: “certo anche

le nonne e le zie hanno la borsa, io ancora no perché sono pic-

cola” ma la maestra ha risposto che la borsa è un… non mi

ricordo!- tutto d’un fiato Martina aveva raccontato a Cindy

quella strana giornata di scuola.

- Ma, Martina come mai la maestra vi ha parlato della borsa,

siete ancora troppo piccoli? – Chiese Cindy sorpresa dei nuovi

insegnamenti scolastici.

- Vedi mamma, un mio compagno ha il papà che lavora con la

borsa – rispose semplicemente Martina.

- In borsa – la corresse Cindy

40

- In borsa o con la borsa, io gli ho detto che, allora, suo papà

è un ladro – concluse imbronciata Martina.

- Martina! – cercò di correggerla mamma Cindy .

- Scusa mamma, ma io un uomo con la borsa non l’ho mai visto!-

sorrise Martina

- Papà io so che la borsa non è solo quella della mamma ma non

so cos’altro significhi! – chiese Dodo

- La borsa, Dodo, è un sistema economico che permette alle

persone di investire.

- Cioè? Di far male a qualcuno? – chiese incuriosito Dodo.

- No, Dodo Braun, non in quel senso. Se io ho dei soldi e anzi-

ché conservarli sotto il mattone, come facevano i nonni, li

conservo in banca per fare in modo che questi soldi aumenti-

no, li investo su dei titoli, un po’ come se puntassi dei soldi su

un cavallo da corsa. Cerco di capire chi vince, per vincere

anch’io un premio.

- Diciamo che ho capito – rispose Dodo non proprio convinto

41

- Io no! – disse Martina

- Tu sei ancora troppo piccola Martina, ma tra qualche anno

capirai anche tu che la Borsa non è solo quella della mamma.

Piuttosto, Dodo Braun, che ne diresti di cominciare a cono-

scere le banche?

- Sì, papà! - rispose Dodo entusiasta

- Bene, allora, mi pare che lunedì tu non abbia scuola, vuoi

venire con me? - proposi

- Ok – terminò felice Dodo

Ero contento di portare Dodo Braun “in gita” in banca ma non

pensavo che quel giorno sarebbe avvenuto qualcosa di …molto

pericoloso…

- Papà, la banca è un posto molto elegante e…silenzioso…disse

Dodo Braun parlando a fil di voce e con il cenno di far silen-

zio. Aveva notato come tutte le persone si fossero voltate a

guardarlo mentre entrava in banca, viste le sue fragorose risa

per “la porta parlante”.

- Papà, la porta parla! – aveva esclamato Dodo.

- È solo una voce registrata che ci indica quando è possibile

entrare e quando uscire – avevo risposto.

E allora perché non si apre? – chiese Dodo.

La voce registrata continuava a ripetere “avanti, avanti, avan-

ti” ma le porte continuavano a rimanere serrate. Già era stato

difficile far salire a Dodo quell’enorme scalino all’ingresso e

ora qualcosa, in quella cabina, faceva contatto. Intervennero

i tecnici e silenziosi ci mettemmo in coda per il turno. Le per-

sone chiacchieravano tra loro, altri stavano in silenzio con lo

sguardo perso nel vuoto, Dodo Braun pareva annoiarsi…

- Dodo! Pensavo ti saresti divertito in banca. È un’esperienza

nuova!

- Vedi papà, la gente non mi sembra contenta di conservare i

propri soldi in banca. C’è chi si lamenta e gli altri stanno in

silenzio- affermò pensieroso Dodo Braun.

- Bè, molti, in banca, vengono anche a pagare.

42

Stavo spiegando a Dodo questo noioso sistema quando d’im-

provviso due loschi individui entrarono, non so come, in banca,

intimando a tutti…

- su le mani, giù per terra, silenzio!

Erano armati ed io ero molto preoccupato. Dodo Braun guar-

dava esterrefatto, forse pensava di assistere ad un film, non

volevo si spaventasse ma gli dissi di mettersi in un angolo per-

ché non gli accadesse nulla. Uno degli uomini si avvicinò al

banco e chiese tutti i soldi in cassaforte. Un altro si rivolse a

un ricco signore chiedendo il portafoglio. Guardai Dodo e lo

vidi attento e sorridente…inizialmente non capii…d’improvviso

però, sentì gridare…

- ohi, ahi! È bollente! – gridò uno dei due ladri gettando la

pistola per aria.

- Che succede? - Gridò l’altro prima di buttar via anche lui la

sua pistola.

- È bollente – dissero in coro.

43

Vidi le loro pistole diventare rosse e incandescenti, mi voltai

verso Dodo Braun che stava guardando fisso le pistole incan-

descenti e rideva… come rideva. D’improvviso il suono delle

sirene ci avvertì dell’arrivo della polizia. In un attimo gli agen-

ti furono dentro la banca, assaltarono i due uomini che vole-

vano darsela a gambe.

Intanto uno degli agenti, con un panno, prese da terra una

delle pistole, ma era ancora così calda da essere costretto a

buttarla via gridando…

ohi, è bollente ma com’è successo? – disse scuotendosi la

mano

- mi scusi signor agente – disse Dodo.

L’agente lo guardò perplesso…

- scusa di che…?- chiese l’agente stupito.

- Nulla signore – rispose Dodo Braun sollevando con un cenno

le spalle

- piuttosto, stai bene?- chiese l’agente a Dodo Braun pensan-

44

do fosse impaurito.

- Sì signore…benissimo e mi sono anche divertito – rispose

Dodo sorridendo.

- Bè ragazzo questo non era certo un film, ma questo lo capi-

rai quando sarai più grande, quando la fantasia sarà troppo

grande per i grandi- concluse tristemente il poliziotto.

Io e Dodo Braun decidemmo di tornare a casa e sulla via del

ritorno…

- oggi è stato divertente in banca!- esclamò Dodo.

- Dodo Braun, non c’era nulla di divertente, poteva accadere

qualcosa di brutto…è stato molto pericoloso- risposi cercan-

do di farlo riflettere un po’ su quanto accaduto.

- Forse hai ragione! Sai papà, pensavo che è stato più facile

per loro, entrare in banca, che per noi... e questo è molto tri-

ste…però le loro facce, le hai viste papà, quando hanno tirato

in aria le pistole…che ridere!

- Il poliziotto però mi è sembrato triste anche lui, forse la

45

pistola incandescente gli ha fatto male – disse triste Dodo

- no, Dodo, è qualcosa di più grande di una bruciatura. Il suo

cuore era triste, lui non ha più fantasia e questo non lo aiuta

a capire che sono proprio le giornate di tempesta che hanno

il dono dell’arcobaleno. - risposi.

E insieme sorridendo nuovamente tornammo a casa.

46

47

49

Capitolo VI

Brillo e il vino rosso di Nisidea

Abbiamo deciso di trascorrere il weekend al mare. Speravo

fosse una giornata rilassante ma con Dodo Braun e le sue

magie un pensiero come il mio è pura follia.

In breve era il nostro anniversario di matrimonio. Dodo e

Martina volevano festeggiarlo al mare, lì dove io e Cindy

c’eravamo conosciuti. A questa ricorrenza si aggiunse Brillo.

Chi è Brillo?

Brillo Braun è il cucciolo di casa Braun. Un cucciolo un po’ cre-

sciuto visto che si tratta di un Terranova di tre anni. Il suo

nome è il diminutivo di Birillo, un nome tipico per un cagnoli-

no giocherellone e birichino come il nostro. Ma in realtà nella

nostra gita, in spiaggia, abbiamo scoperto che Brillo è il nome

più adatto per il trovatello dei Braun.

50

Ecco perché…

Eravamo già giunti nel vicolo romantico dell’isola di Nisidea,

dove tutto si affaccia sul mare. Dove il contrasto tra le bian-

che pareti delle case dei pescatori e l’azzurro del mare divie-

ne, per la gente di città, una tela incantevole. Gli occhi di

Dodo Braun si riempivano della gioia del mare e dei colori vivi

dei frutti della terra che ogni genitore dovrebbe far cono-

scere ed apprezzare ai propri bambini. Trascorremmo la gior-

nata al mare, tra un giro in barca e uno sguardo incuriosito ai

pescatori ai quali Dodo e Martina scattarono tante foto. I

variopinti colori delle loro barche, le lunghe reti per pescare

saraghi e triglie, avevano affascinato Dodo Braun.

Lì, sulla spiaggia di Nisidea, trovammo Brillo, una simpatica

massa di pulci abbandonato dai padroni-vacanzieri. Brillo fece

tenerezza a tutti e decidemmo di adottarlo. Quella sera ci

ritrovammo a festeggiare il nostro anniversario di nozze e

l’ingresso di un nuovo componente in casa Braun, lì in quel vico-

51

lo romantico di Nisidea. Ma tutto fu, tranne che una serata

romantica, almeno era cominciata così, con una cena a lume di

candela, attorno a un tavolo apparecchiato con una tovaglia a

quadri bianchi e rossi…

- mamma, è come quella del pic-nic! Quando andiamo a fare un

pic-nic? Mamma! - chiese Martina che si divertiva tanto a

mangiar fuori, visto che non ama mangiare le minestre di ver-

dure della mamma.

Cindy era intenta a ricordare i bei momenti trascorsi sull’iso-

la, al tempo del nostro primo anniversario, ma Martina sem-

brava non preoccuparsene.

- Mamma, io voglio una pizza e per Brillo che prendiamo? –

chiese Dodo, anche lui contento di avere a cena, con noi, il

cucciolone Braun.

- Dodo, qui non fanno la pizza ma degli ottimi piatti a base di

pesce. Per Birillo invece…

- Brillo, papà! - mi corresse Dodo..

- Per Brillo, va bene, ci penseremo più tardi – terminai accet-

tando la correzione.

- Ma papà, anche Brillo ha fame, adesso, e io non voglio il

pesce…- si lamentava Dodo.

- Neanch’io papà, diglielo mamma – fece da coro Martina.

A salvare, per un istante, la situazione venne un uomo panciu-

to dai baffi bianchi e l’immagine apparente d’ un cuoco di altri

tempi.

- Cosa preferiscono i signori? – chiese con un fare elegante-

mente buffo

- io voglio la pizza e anche Brillo – disse Dodo contrariato.

- qui signorino, mi spiace, ma si preparano solo piatti a base di

pesc….ma questo cane…non sono ammessi randagi…pardon…cagno-

lini… in questo ristorante… lei capisce… - affermò l’uomo panciu-

to saltando per aria alla vista di Brillo.

- Certo…capisco – risposi rosso d’imbarazzo.

- Ma papà!- esclamarono in coro Dodo e Martina!

52

- certo, ma forse il signore potrà fare un eccezione se… pren-

diamo un tavolo in terrazza… vero? – chiesi sorridendo con-

tento per quell’idea.

- Certo, signore…ecco per lei quel tavolo, all’angolo sulla ter-

razza, con la vista sul golfo di Nisidea…

Ed ecco che c’eravamo, romanticamente, accomodati fuori!

- Allora i signori vogliono ordinare? - riprese a chiedere il

padrone del ristorante.

- Sì, grazie. Gradiremmo un antipasto di mare per ciascuno e

dei panzarotti ripieni agli scampi e…del vino rosso- dissi sod-

disfatto della scelta.

- Ma che sono gli scampi, io voglio la pizza – si lamentò

Martina

- Anch’io…disse rassegnato Dodo con la testa bassa e il

mento poggiato sul bordo del tavolo.

- Vedrete che vi piaceranno, bambini. E per Brillo… ma dov’è

Brillo…- dissi cercando di incoraggiarli verso l’idea del menù a

53

base di pesce.

- Brillo, Brillo – cominciò a chiamare Dodo.

Brillo – continuò Martina

- Su e giù per i tavoli, dietro e a fianco le sedie…

- Brillo…- chiamavamo io e Cindy.

Ed eccolo dondolare, così come la sua lingua, dietro la coda di

una cintola legata ai fianchi di un cameriere.

- Brillo vieni qua, Brillo - sussurrai sperando che mi sentisse.

Ma Brillo non sentiva…o così pareva…

- Brillo, dai vieni, bello…- gridò Dodo battendo le mani sulle

sue ginocchia per attirare l’attenzione del suo fedele amico.

- Dodo Braun, non gridare – disse Cindy tutta rossa perché

tutti si erano voltati verso il nostro tavolo.

- Scusa mamma! – rispose Dodo.

Ma era troppo tardi: Brillo ormai saltava contento, tra i tavo-

li, verso il nuovo padroncino. Neppure ci fossero le farfalle….

- Brillo, piano - intimai.

54

Ancora troppo tardi, Brillo era finito dritto sul vassoio da

portata di spaghetti al pomodoro, melanzane e pesce spada…

- signore, è inammissibile…mi scusi ma è inam…- cominciò a

dire tra la confusione e la disperazione il padrone del risto-

rantino “Nisidea”

- capisco, ripagherò tutto – risposi semplicemente.

Ritornammo a tavola.

Per Brillo riuscimmo ad ottenere un posto in giardino.

La sera era tornata pacifica…noi quattro, intorno ad un tavo-

lo apparecchiato sulla terrazza che si affaccia, silenziosa e

lieta, sul golfo di Nisidea e Brillo in giardino con spaghetti e

polpette di sarde. D’un tratto però…

- papà, posso portare da bere a Brillo? Avrà sete.

- Va bene Dodo, Martina puoi accompagnare Dodo?

- Certo papi! - disse Martina felice di alzarsi dal tavolo.

Io e Cindy eravamo finalmente soli, tutto sembrava ritornare

a quel primo anniversario. La luna, le stelle, una cena a lume di

55

candela e noi… meno giovani e con due bimbi, insieme, dopo

tante fatiche e momenti difficili. Era bello amarsi ancora,

come la prima volta.

- Aiuto, aiuto!

Di qua e di là, delle signore gridavano svenevoli… e per quan-

to le loro grida mi sembrassero così poco importanti ci preoc-

cupammo per Dodo e Martina.

- Dodo, Martina – chiamavamo con preoccupazione io e Cindy

- Mamma, Papi, aiuto - risposero Dodo e Martina.

Io e Cindy stavamo per correre in giardino ma un tifone entrò

dentro, in un istante. Tavole voltate, sedie rotolate, tovaglie

volanti, bicchieri rotti e il cuoco che correva disperato asciu-

gandosi il sudore col grembiule bianco e rosso, scusandosi con

tutti dicendo continuamente “Pardon Madame, pardon

Monsieur”.

Ma la furia continuava ed io non capì più nulla, fin quando non

raggiunsi Dodo Braun…

56

- Papà è successo tutto dopo che ho dato da bere a Brillo

quella cosa dal tuo bicchiere!

- Hai dato da bere a Brillo il vino rosso. Tutto un bicchiere?

- No papà…tutta una bottiglia…Brillo aveva sete…

- Dodo Braun! - esclamai rendendomi conto dell’accaduto.

- scusa papi …- rispose languido Dodo Braun.

Ma anche per le scuse era troppo tardi…con lo sguardo di chi

è troppo brillo, la new entry di casa Braun aveva, per così

dire, distrutto il romantico ristorantino, del romantico vico-

lo, della romantica isola di Nisidea, in una sera per nulla

romantica…non sapevo come presentare le mie scuse al padro-

ne…ci pensò Dodo Braun.

- Signore, signore - ma il Signor Piagnon, con la testa coper-

ta dalla grande manona non rispondeva.

- Signore, ascolti, per favore – disse con voce supplichevole

Dodo.

- Ma cosa devo ascoltare, tutto il mio locale…svanito…anni di

57

tradizione…falliti…per un cane…Il mio caro papà me lo aveva

detto…niente cani nel ristorante delle lampare, sul golfo di

Nisidea…niente cani…

- Ha ragione, ma vede, lei ha reso un cane felice, dei bambini

felici e tanta gente si è divertita…- cercava di consolarlo

Dodo

- Ragazzo, ma che dici…- rispose disperato il Sig. Piagnon.

- Dodo Braun glielo dice, signore, e glielo assicuro: ci siamo

divertiti. Guardi un pò! - concluse Dodo sorridendo .

L’uomo panciuto alzò incredulo lo sguardo, solo per un istante,

per far piacere a Dodo e lo riabbassò sconfitto, poi si guardò

nuovamente intorno e ancor più che stupito esclamò

- misericordia, ma che succede perché la gente ride…

Solo un momento per capire che la gente non riusciva a trat-

tenersi dal ridere dinanzi a un cane ubriaco fino all’orlo, che

adesso cantava le note del violinista. Rideva la gente e così il

Signor Piagnon, che aveva preso Dodo Braun sulle sue spalle e

58

volteggiava nella piccola sala come se l’ululato di Brillo fosse

il più melodioso valzer. La gente nel ristorantino di Nisidea

continuava a sorridere, i mariti invitavano le mogli a danzare

su quelle note stonate. Fu una serata magica, mentre il golfo

di Nisidea rifletteva le luci in quella notte stellata, e le bar-

che dei pescherecci lontani sembravano piccoli lumi aleggian-

ti sulle acque. Non so se Dodo Braun, quella sera, abbia fatto

una magia. In fondo credo che ogni bambino sia magico.

59

I sorrisi dei bambini sono capaci di riportare il sole nelle gior-nate più nere e tempestose. Il loro sguardo, le loro parole,anche i loro piccoli lamenti, sono qualcosa di magico. Ci ripor-tano alla realtà, alla volontà di andare avanti, al desiderio divivere ogni giorno guardandoli muovere i primi passi, pronun-ciare le loro prime piccole frasi. Non ho mai visto Dodo Braun camminare, ma so che la sua fan-tasia vola e fa volare anche me. Dodo Braun dice sempre chela fantasia è felicità e che la felicità lo porta più lontano chei piedi dell’uomo lungo il proprio cammino.Dodo Braun è magico. Sì, il suo sorriso lo è, la sua forza divolontà e la sua determinazione sono una magica realtà che hatrasformato la mia vita, quella di mamma Cindy, della piccolaMartina e di tutta quella gente che l’ha incontrato. Anche il maestro Alchimio ha detto, un giorno, “ipotesi, spe-rimento e teoria, questo e nient’altro, che volete che sia?solo una cosa bambini… la fantasia”.Sì la fantasia, bambini. Non smettete mai di sognare. E la seranon abbiate paura del buio, guardate, piuttosto, alla vostrafinestra e forse tra le stelle, nel cielo, vedrete, brillare lapunta del cappello di un maghetto. Quel buffo omino…DodoBraun l’ha conosciuto davvero.

Un ringraziamento particolare a Marco Zimmerhoferper le splendide illustrazioni

Finito di stampare nel mese di Dicembre 2004presso la TIPOLITOEUROPA - CUNEO