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Le Voci di Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro via Piave Numero 4 - Giugno 2009 NEGOZI A CONFRONTO foto di diegolandi A noi sembra così. Come ci eravamo ripromessi nello scorso numero de “Le Voci di via Piave”, siamo andati in viale Garibaldi per osservare un po’ i negozi e le abitudini di frequentazione di questa strada e poi confrontarle con la realtà della nostra zona. Perché proprio viale Garibaldi? Perché, nell’immaginario mestrino, questa strada ha sempre rappresentato una sorta di “isola felice” in città. Ecco allora i risultati del nostro confronto, da cui si scopre che via Piave, dal punto di vista commerciale, non deve temere alcun paragone con le altre vie di Mestre, escludendo dalla comparazione solo i negozi attorno a Piazza Ferretto. - L’inchiesta a pagina 2 - UNA STRADA PARAGONI CHE NON TEME UNA STRADA PARAGONI CHE NON TEME

Notiziario 04_2009

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Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro di via Piave - Mestre (VE).

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Le Voci di

Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro via Piave

Numero 4 - Giugno 2009

NEGOZI A CONFRONTO

foto di diegolandi

A noi sembra così. Come ci eravamo

ripromessi nello scorso numero

de “Le Voci di via Piave”,

siamo andati in viale Garibaldi per

osservare un po’ i negozi e le abitudini

di frequentazione di questa strada

e poi confrontarle con la realtà

della nostra zona.

Perché proprio viale Garibaldi? Perché, nell’immaginario mestrino, questa strada ha sempre

rappresentato una sorta di “isola

felice” in città.

Ecco allora i risultati del nostro confronto, da cui si scopre che via Piave, dal punto

di vista commerciale, non deve temere alcun paragone con le altre vie

di Mestre, escludendo dalla comparazione

solo i negozi attorno a Piazza Ferretto.

- L’inchiesta a pagina 2 -

UNA STRADA

PARAGONI CHE NON TEME

UNA STRADA

PARAGONI CHE NON TEME

Pagina 2 Numero 4 - Giugno 2009

LA “ SFIDA” Ecco i risultati

Due stradUna è più mirata ai resid

V ia Piave “contro” viale Gari-baldi? Certo, qui ci sono in

ballo le nostre inevitabili idee per-sonali, ma proprio per questo siamo andati alla ricerca di dati concreti che possano dare un riscontro abbastanza obiettivo. Cominciamo col dire che viale Garibaldi è leggermente più lungo di via Piave (1.100 metri contro un chilometro). Il numero di negozi in viale Garibaldi è minore (una ven-tina in meno) e molti esercizi com-merciali della stessa tipologia sono presenti in numero uguale nelle due vie: agenzie d’affari (5), panifici/pasticcerie (3), pizzerie/ristoranti (3), agenzie viaggi (2), supermercati (3), alimentari (2), edicole (3), tappeti orientali (1), macellerie (1), fiorerie (1), cornici (1), estetica (1), pelliccerie (1), ottica (1), galleria e atelier d’arte (1). Per fino i negozi chiusi che abbiamo contato (7) sono in numero uguale sia in via Piave che in viale Garibaldi. Vi sono poi altre tipologie di negozi

Tipologia In via Piave In viale Garibaldi

Agenzie d’Affari (comprese “Ogni pratica” - Assicurazioni)

5 di cui una cinese 5

Agenzie interinali 3 -

Tabacchini 3 2

Panifici - Pasticcerie 3 3

Parrucchiere - Barbieri 4 6

Pizzerie - ristoranti - trattorie

3 3

Pizzerie da asporto 1 2

Hotel 3 1

Bar (tra cui anche bar con piccola cucina)

8 di cui due gestiti da cinesi ed uno da moldavi

5

Abbigliamento 14 di cui 1 per bambini, 1 di intimo, 1 di vestiti militari e 5 cinesi

3 di cui uno per bambini e un intimo

Banche (istituti di Credito - Finanziarie)

8 2

Profumerie 2 -

Oggettistica cinese 4 -

Oggettistica - 1

Agenzie viaggi 2 di cui una cinese 2

Internet Point 5 di cui uno italiano -

Supermercati 3 3

Alimentari 2 gestiti uno da cingalesi e l’altro da cinesi

2

Edicole 3 3

Farmacie - erboristerie 3 2

Gioiellerie - oreficerie - bigiotteria d’autore

4 6 di cui una con cartello “Vendesi”

Telefonia 3 -

Auto saloni 2 -

Ristoranti cinesi 2 -

Kebab 2 -

Ambulatori medici 1 5

Gelaterie 1 (gestore cinese) 3

Negozi vuoti 7 7

Fruttivendolo - 3

Vari

23 Coltelleria - Caldaie - Lavanderia - Argenteria - Video noleggi / Galleria d’Arte - Tappeti orientali - Cornici - Pellicceria - Macchine da cucire - duplicazione chiavi - Arredamenti d’interni - Arredo bagno - Apparecchi acustici - Murano Glass - Articoli Sportivi - Ottica Macelleria - Fioreria - Emporio Biciclette - Istituto di bellezza - agenzia Radio Taxi

29 Tappeti persiani - fotografo - 2 Arredo casa - libreria - biancheria/tendaggi - Antiquario - animali - restauro edilizia - fioreria - pellicceria - traslochi - macelleria - 2 lavasecco - atelier d’arte - autoscuola - 2 estetica - stampa e grafica - cornici - impianti climatizzazione - ottico - impianti elettrici - web skipper - timbrificio - colorificio - rivendita vini - moto/sport

I NEGOZI DI VIA PIAVE E QUELLI DI VIALE GARIBALDI A CONFRONTO

foto di diegolandi

Pagina 3 Le Voci di via Piave

dell’analisi della situazione commerciale in viale Garibaldi e in via Piave e, due vocazioni diverse enti, l’altra è diventata più “cosmopolita” senza penalizzare l’offerta

nelle due vie che numericamente si differenziano di poco: tabaccai (un paio in viale Garibaldi e tre in via Piave), pizze da asporto (2 a 1), parrucchieri/barbieri (6 a 4), bar (5 a 8), farmacie (2 a 3), gioiellerie/oreficerie (6 a 4), arredamenti d’in-terni (2 a 1), hotel (1 a 3). Differenze sostanziali di presenze per le stesse tipologie di negozi ci sono a favore di viale Garibaldi per quanto riguarda gli ambulatori medici (5 a 1), per i fruttivendoli (3 a zero) e per le gelaterie (3 in viale Garibaldi, e molto apprezzate, a 1). Via Piave invece ha un numero nettamente superiore di banche (8 a 2) e di negozi di abbigliamento (14 a 3, e in quest’ultimo dato incide fortemente la presenza poco differenziata dei negozi cinesi che, nello stesso negozio, vendono anche altri generi di merce). E ancora, sempre a vantaggio di via Piave: oggettistica cinese (4 a zero), Inter-net Point (5 al momento del rileva-mento, cresciuti già a 6 contro nes-

sun Internet Point in viale Garibal-di); telefonia (3 a zero); profumerie (2 a zero); auto saloni (2 a zero); Kebab (2 a zero). Vi sono poi categorie di negozi che singolarmente sono presenti solo nell’una o nell’altra via. In viale Garibaldi: biancheria e tendaggi, restauro edilizia, cani e gatti, ufficio traslochi, autoscuola, stampa e grafica, impianti elettrici, “web skipper”, timbrificio, colorificio, ri-vendita vini, moto-sport e lavasec-co. In via Piave: articoli sportivi, videonoleggi, duplicazione chiavi, apparecchi acustici, Murano Glass e agenzia Radio Taxi. Infine, presenti solo nell’una o nel-l’altra, via: in viale Garibaldi ci so-no anche un anti-quario, una libreria ed un fotografo; in via Piave c’è una coltelleria, un’ar-genteria, un arredo bagno, un emporio storico di biciclette e, fino a poco tempo fa (si è dovuto tra-

sferire a causa dell’eccessivo costo dell’ affitto del locale), un antico negozio di macchine da cucire. Insomma, ci sembra proprio un elenco di tutto rispetto, sia sul ver-sante dei negozi di prima necessità, che su quello dei negozi di alta qua-lità presenti in modo significativo sia in una via che nell’altra.

P roviamo allora ad analizzare tutti questi dati. Esaminando

le differenze, emerge come in viale Garibaldi sia più presente una di-stribuzione commerciale, un’orga-nizzazione e una composizione so-ciale più “domestica” o “mestrina”, rispetto alla più cosmopolita via

Piave. L’offerta commerciale di via-le Garibaldi appare maggiormente com-misurata alle esi-genze di chi vi abita e, complice la mag-

Viale Garibaldi è più lungo di via Piave, ma può contare su una ventina di negozi in meno

Continua a pagina 4

Viale Garibaldi e, sotto, una foto di diegolandi

I listini prezzi specificati in due lingue in una foto

di diegolandi

Pagina 4 Numero 4 - Giugno 2009

Continua da pagina 3

gior estensione della via e la pre-senza ordinata dei suoi tigli, sembra più armoniosamente distribuita. Del resto è notevolmente diversa anche la composizione degli abitanti delle due zone: storicamente viale Garibaldi ha una connotazione “bor-ghese”, demograficamente più con-tenuta e perciò urbanisticamente più “composta”. Non è una via di forte transito né automobilistico, né pedonale, fatta eccezione per quella “bubbonica” frattura della ipertraf-ficata via Fradeletto che la taglia in due. Di sera e di domenica pomerig-gio, se si eccettuano le aree intorno alle gelaterie, è poco frequentata. Sembra un viale che, pur con il suo fascino, induca a rincasare presto e non favorisca molto il passeggio. La quantità di negozi gestiti da persone di altra nazionalità e la relativa affluenza di clientela della

medesima provenienza fa invece di via Piave, senza dubbio, il luogo più etnicamente contraddistinto della città. La sua contiguità con la sta-zione ferroviaria la rende, inoltre, zona di transito per quanti arrivano da fuori e sono diretti verso i vari quartieri cittadini. In questo senso molti sono i lavoratori stranieri che lavorano a Venezia e rientrano in terraferma lungo questa via. In via Piave, e soprattutto nelle strade re-sidenziali che la circondano, abita-no molte persone di provenienza straniera, in particolare di origine bengalese, che inevitabilmente poi gravitano nella zona. La parte più vicina alla stazione ve-de un alto concentramento di nego-zi; tra questi spiccano soprattutto quelli cinesi, per il loro numero e, come già accennato, per la loro poco differenziata modalità di esposizio-

ne di una mercanzia molto spesso di diverse tipologie. Spesso si ha l’im-pressione di trovarsi in una piccola “China Town”, anche se alcuni dei gestori cinesi non si rivolgono esclusivamente ad una clientela di propri connazionali.

P er il momento non siamo co-munque di fronte ad eccessive

sproporzioni nella composizione dei negozi di via Piave. Il numero dei locali gestiti da imprenditori stra-nieri rappresentava, al momento della rilevazione da noi effettuata nel dicembre 2008, il 25 per cento del totale. I gestori italiani sono ancora i tre quarti di un’offerta commerciale molto variegata che ha delle punte di eccellenza all’altezza delle migliori zone di Mestre.

Fabrizio Preo Loris Trevisiol

L’INTERVISTA

BORTOLUSSI: «QUI SI SENTE LA COMUNITÀ» «P roblemi? Certo che ce ne sono, ma magari i

problemi di Mestre fossero solo questi. Qui, in via Piave, anche grazie all’impegno degli

operatori economici, degli esercenti, degli artigiani, dei ristoratori, siamo riusciti a mantenere la situazio-ne sotto controllo. È giusto tenere alta l’attenzione, ma smettiamola di dire che via Piave è una strada degradata e pericolosa. Non è così». Giuseppe Bortolussi, assessore al Commercio e alle Attività produttive, si trova proprio in via Piave men-tre risponde al cellulare. Che cosa vede, assessore? «Vedo una strada molto vivace, con un’offerta com-merciale di tutto rispetto. Certo, c’è un’“etnicità” for-te che si sente, ma anche tante attività che danno un grande senso di quotidianità». Quindi una strada fortemente “vissuta”. «Proprio così. C’è una popolarità di via Piave che deve essere valorizzata. Qui ci sono tanti negozi, vedo panifici, farmacia e parafarmacia, quel negozio di bi-ciclette tra i più apprezzati di Mestre, l’ottico, l’Alì e più avanti il Pam, le agenzie interinali che danno il

senso di quanto sia importante il lavoro per chi vive in questa zona. Poi ci sono due importanti alberghi di fronte alla stazione che danno lustro ed offrono servizi. E, a metà della strada, la chiesa che crea comunità». C’è qualcosa che cambierebbe? «Piazzetta San Francesco è un punto di bellezza della nostra città: un angolo quasi “parigino” che, se fosse più libera e con un po’ di plateatici, potrebbe diven-tare stupendo» La presenza dei Mini Market continua a generare proteste. «Sul rispetto degli orari possiamo intervenire ed è da anni che lo facciamo. Le segnalazioni che ci arrivano non vengono affatto trascurate, anzi» Come vanno i rapporti con i commercianti stranieri? «Grazie al lavoro di questi anni portato avanti con gli operatori dell’assessorato alle Politiche Sociali, è stato avviato un dialogo costruttivo. Anche i commer-cianti e gli esercenti stranieri sono diventanti attenti come i nostri, ed anche loro temono la piccola delin-quenza contro la quale continuano i controlli di forze dell’ordine e vigili urbani». Infine, un’opinione sul “confronto” tra via Piave e viale Garibaldi. «Viale Garibaldi è un grande boulevard, più distac-cato e, con le sue ville, più borghese. Via Piave è più popolare, “vissuta” e quello che vedo è una grande vivacità».

Fulvio

Giuseppe Bortolussi

Pagina 5 Le Voci di via Piave

E’ un lungo “corridoio” che strozza la via. È delimitato

su entrambi i lati da un manufatto di mattoni a vista di un tetro rosso- marrone, con tre “giri” di filo spi-nato sulla sommità. Alto circa tre metri, quel tanto da non poter vede-re oltre... Siamo in via Piave, dire-zione stazione, tra le vie De Amicis e Monte Grappa. Un corridoio che è dato dalla recinzione del complesso delle “lavanderie militari”, ora utilizzato dalla Guardia di Finanza. Il collegamento tra il centro di Me-stre e la stazione fu costruito attor-no al 1920, tagliando in due il pre-esistente fabbricato militare realiz-zato con la caserma di via Miranese e di viale Garibaldi nel 1910: “le lavanderie militari”, appunto. Dopo quasi un secolo la città è profon-damente cambiata, ma “i muri” so-no ancora là, ostacolando la trasfor-mazione di via Piave: da luogo di mero transito a spazio cittadino di attrazione commerciale e sociale. Per la verità di ipotetiche trasfor-mazioni urbanistiche di questa area se ne parla da molti anni. Abbiamo assistito a dibattiti, progetti, propo-ste di recupero degli edifici storici interni all’area lavanderie, con sale riunioni, spazi espositivi, uffici, negozi, scoperti lastricati, angoli verdi, piazza… E naturalmente la demolizione delle mura di recinzio-ne. Ma siamo sempre “alla fase di studio” o, per meglio intenderci, di chiacchiere. Se è senza dubbio un intervento complesso e irto di ostacoli buro-cratici, poiché coinvolge soggetti e interessi pubblici e privati (si tratta di una zona ancora “militare”), non per questo è impossibile. In questi casi è sempre una questione di volontà! Si dia allora un segnale ini-ziando da un intervento semplice: la demolizione delle mura di recin-zione delle lavanderie militari. Sarà un piccolo e decisivo passo, così come sperimentato per quello ab-battuto in Villa Franchin a Carpe-nedo, per rendere via Piave più accogliente, sicura e vivibile.

Fabrizio

LA PROPOSTA La “strozzatura” in mattoni e filo spinato ormai non ha più senso Un MURO da buttare giù «È il punto più tetro di via Piave. Questa recinzione va demolita»

I l parco del Piraghetto è una zona viva e molto frequentata a tutte le ore del giorno da sporti-

vi, mamme con i bambini, anziani, italiani e stranieri. Qualche giorno fa, mentre passavo per il sentiero del percorso vita immerso tra il verde degli alberi, ho notato con disappunto come improvvisamente il percorso diventi molto meno piacevole, perché costeggia un vecchio muro sormontato da filo spinato ed un fabbricato fatiscente di proprietà delle Ferrovie. Mi sono allora ricordato che da molti anni corre voce che quel muro potrebbe venire abbattuto per allargare il territorio del parco. Purtroppo ancor oggi si continua a parlare di questo progetto, ma il muro è sempre in piedi dando una nota di malinconia ad un parco

invece particolarmente bello e accogliente. Sembra impossibile che le lungaggini burocratiche portino i problemi avanti nel tempo, anche quando la loro soluzione sarebbe importante per i cittadini poiché il parco aumenterebbe la sua superficie di un terzo, guadagnando un diverso respiro estetico e urbanistico. Ora pare che con la sistemazione dell’intera area della stazione da parte delle Fs potrebbe essere inserita anche la cessione al Comune dell’area interessata, così finalmente i mestrini potranno usufruire di un parco ancora più bello e luminoso e con maggior spazio per le aree dei giochi per bambini, per le passeggiate e lo sport . Speriamo di v ivere abbastanza per vederlo.

Italo

Atteso da anni l’ampliamento in una grande area verso via Trento

Al PIRAGHETTO serve spazio ma le Ferrovie lo soffocano

TRA MATTONI E FILO SPINATO Il muro di via Piave e, a destra,

una veduta dall’alto del complesso delle ex “Lavanderie militari”

I gruppi di mamme

e papà durante

i due cicli di incontri sui “mondi

e modi diversi

di crescere i bambini”

Pagina 6 Numero 4 - Giugno 2009

E ra quasi una scommessa: “Sarà possibile che l’esperien-

za di confronto sul tema della genitorialità possa accomunare ed aggregare le persone al di là della provenienza e della cultura di appartenenza?”. Ebbene, “Mamme e papà si raccontano - Mondi e modi diversi di crescere i bambini” ha vinto que-sta scommessa, con una partecipazione agli in-contri che è andata oltre le più rosee aspettative. Il ciclo di appuntamenti è terminato nelle scorse settimane con un momento di festa per questo spazio interculturale aperto a genitori con figli dai zero ai sei anni. L’iniziativa è stata pensata e condotta dal Servizio Adulti della Direzione Politiche Sociali, Partecipative e dell’Accoglienza e dal Servizio Infanzia e Adolescenza della Municipalità di Mestre Carpenedo, ed ha visto la partecipazione di 25 iscritti , con una presenza composita: il 50 per cento dei due gruppi era formato da genitori provenienti dalla Romania, dall’Albania, dal Bangladesh, dal Senegal, dal Brasile, dal Camerun, dalla Nigeria e dalla Cina. Un mosaico davvero interessante che ha reso ricca e stimolante la discussione sui temi legati alla crescita dei bambini. Nel primo percorso, rivolto a genitori con bambini da zero a 20 mesi, si è parlato di neonati: di cosa mangiano, di come svezzarli, di come farli dormire, ogni famiglia con una ninna nanna nella lingua appropriata. E attraverso questi racconti ci si è scambiati anche la

solitudine che accomuna chi ha questo grande compito di occuparsi di un piccolo bambino e non sa come fare. La fatica di chi, in un Paese straniero, non ha la mamma vicina a cui chiedere consiglio e non ha fatto in tempo nemmeno a costruirsi una rete di amicizie che possa essere d’aiuto. Forse questo luogo è stato lo spazio, piccolo, nel quale sono nati anche piccoli embrioni di relazione. «Sai -

racconterà Lisa, la mamma di Emma, qualche tempo dopo -, ho incontrato la mamma di Sazim, Rokaya. Matteo, il mio bambino più grande, è nella stessa scuola e sono anche amici ci siamo ritrovate lì. E prima non ci eravamo neppure notate…». E ci si è anche rilassati sentendo che per tutti, di qualsiasi colore o provenienza, è una grande fatica fisica avere un neonato in famiglia.

I BAMBINI SONO IL FUTURO. E “I bambini sono il nostro futuro. Sono il futuro di un popolo, di una società o, più semplicemente, di una città”. Per quante differenze razziali, linguistiche, culturali dividano il mondo in tante parti disomogenee, questa è una verità comune a tutti. È nei bambini che si nascondono le risorse, le energie, i salti di qualità dell’uomo. Un potenziale che va gestito in modo responsabile, con cura e dedizione. Forse per questo il ruolo di mamma e di babbo è il “lavoro” più bello e più impegnativo che c’è. Una professione senza orari né ferie, ma dove un piccolo successo è una gioia senza uguali e un passo in avanti per l’intera comunità. I genitori mettono del proprio, che è fatto di vissuto e di cultura propri. Un problema può perciò essere affrontato e risolto in modi molto diversi, una questione vista da più angolazioni. Sono bagagli di conoscenze e di “trucchetti” enormi: non condividerli, non confrontarli sarebbe uno spreco di quelli grossi. Forse proprio a questo ha pensato chi ha proposto “Mamme e papà si raccontano”, un’opportunità per i genitori di diversi Paesi di trovarsi per scambiare piccole grandi idee, di risolversi e risolvere piccoli grandi dubbi che costellano le loro

L’ESPERIENZA DI UN PARTECIPANTE

L’INIZIATIVA Successo di “Mamme e papà si raccontano”, un’

Paese che vai, GE

Pagina 7 Le Voci di via Piave

Sylla vive in un appartamento con la sua famiglia di quattro persone e la famiglia del fratello, sempre di quattro persone. Raccontava gli scambi di letto notturni di sua figlia e suo nipote che sono coetanei. Per tutti è stato più semplice allora raccontare i pellegrinaggi notturni tra lettone e culle per ricavare, se possibile, un po’ di sonno ristoratore. Nessuna ideologia (i bambini devono essere educati in

giornate. Dalle pappe rifiutate alla nanna interrotta, dai rimedi naturali al ruolo dei familiari, sono bastate poche battute per capire quanto poco sappiamo, soprattutto delle altre culture, e quante strade esistano per crescere i nostri figli. La conoscenza è il grande patrimonio, la grande chance dei popoli del nostro tempo, la ricchezza che fa progredire una società. È attraverso la condivisione della conoscenza che passa l’integrazione, alla quale tutti sono chiamati a partecipare con il proprio piccolo sapere. E tutto passa ancora attraverso i nostri bambini: guardandoli avremo un’idea di dove stiamo andando. I bambini sono straordinari, hanno parametri di valutazione così diversi dagli adulti. Sono il mezzo, il “taxi” per portare le loro famiglie a incontrarsi e a conoscersi: i grandi sono troppo indaffarati a guardarsi alle spalle perché parta da loro l’iniziativa. Saranno i nostri bambini a dirci cos’è una società integrata, perché loro lo saranno. Non costruiamo sovrastrutture sugli adulti di domani, teniamoli liberi da pesi inutili. Lasciamoli fare e lasciamoci incontrare. Raccontiamoci, mamme e papà del mondo.

Roberto Barcaro

SABATO 20 GIUGNO E SABATO 19 SETTEMBRE

dalle ore 14.30 alle 18

Il Mercatino di Il Mercatino di Il Mercatino di Piazzetta S. FrancescoPiazzetta S. FrancescoPiazzetta S. Francesco

Tra via Cavallotti e via Buccari

appuntamento con il Mercatino del Baratto per

bambini e ragazzi da zero a 13 anni

(in caso di maltempo al Centro civico

di via Sernaglia 43)

questo modo), ma piuttosto solidarietà e ricerca di esperienze da condividere.

S e in questo primo gruppo le madri hanno raccontato la

fatica della relazione intensa ed esclusiva con i neonati, nel secondo percorso rivolto invece ai genitori di bambini da 2 a 6 anni (per i piccoli inizia l’ingresso a scuola, la loro prima “esperienza sociale”), i

padri hanno fatto in modo che si potesse parlare di esclusione e di accettazione, della difficoltà di vincere le diffidenze reciproche. Ma si è potuto usare questo spazio anche per cominciare a rivolgersi delle domande: «Ma voi del Bangladesh - ha chiesto una nonna italiana al signor B., padre di tre

figli - perché non spingete le vostre mogli ad imparare l’italiano, a cercare un contatto? Quando vado al parco con i miei nipoti vedo spesso le vostre donne riunite in gruppi molto chiusi». Interrogativi che, anche senza risposte immedia-

te, aiutano a confrontarsi. Si è potuto usare questo spazio per raccontare le proprie esperienze come quella di un papà del Came-run che ha dovuto far arrivare la sua bambina da sola qua con l’aereo, nell’attesa che anche la madre possa raggiungerli. Altri hanno portato le proprie preoccu-pazioni, come quelle della signora cinese la quale teme che suo figlio, che ora sta imparando l’italiano, perda la capacità di scrivere in cinese mandarino. La paura, cioè, di perdere le proprie radici vivendo nel nostro Paese. Non sappiamo quali frutti darà “Mamme e papà si raccontano”, perché è stata un’opportunità tanto piccola. Ciò che abbiamo visto è che questi incontri sono stati un vero momento di condivisione di esperienze, pensieri, dubbi e preoccupazioni, ma anche di giochi di bambini, di sogni e - perché no? -di un té da bere tutti insieme.

A cura di Rossella Giolo, Katia Salin, Annamaria Versuro

e Roberta Zanovello

CI AIUTANO AD INCONTRARCI

occasione per confrontarsi sulla crescita e l’educazione dei figliI

NITORI che trovi

Pagina 8 Numero 4 - Giugno 2009

A lle 21,30 mi trovo in via Piave, vado verso la Galleria Con-

temporaneo per partecipare al dibattito “Taciti avvicinamenti” che inizierà tra pochi minuti. La via è tranquilla, mi chiedo se lo sarà anche fra qualche ora quando tornerò a casa. All’incontro partecipano i rappre-sentanti delle comunità, dei resi-denti del quartiere Piave e delle istituzioni. Ciascuno porta la sua testimonianza e le sue riflessioni sull’evolversi della realtà cittadina, desidera ascoltare quelle degli altri e partecipare alla costruzione di un percorso che aiuti a sviluppare la capacità di vedere oltre se stessi, consentendo così di proiettare le proprie idee e azioni nella più ampia visione del sociale. Ad introdurre un tema che tocca davvero il futuro della nostra città ci pensa Tamara Pozdnyacova: «Mi rendo conto del disagio che vivono gli abitanti di Mestre nel vedere modificato il loro ambiente sociale, ma anche gli immigrati vivono grandi difficoltà. Le “frontiere” da oltrepassare per chi viene in Italia per lavorare non sono solo quelle geografiche: sono confini duri da superare anche trovare un lavoro, procurarsi il permesso di soggior-no, entrare in relazione con una nuova cultura, imparare la lingua, trovare casa in affitto - racconta la componente del Gruppo di lavoro via Piave -. Possiamo comprendere i cambiamenti solo se riusciamo a conservare elasticità di pensiero e, se osservo il mio percorso persona-le, mi rendo conto che la mia condizione di benessere è aumen-tata quando ho maturato uno stato d’animo più rilassato e disponibile a sentire il positivo che c’è intorno a me, e non solo le mille difficoltà che ho incontrato». Giovanni Finco, uno degli abitanti storici del quartiere Piave, si dice

convinto che per capire cosa significa “integrazione” è necessa-rio prendere atto che la nostra società sarà sempre più multietni-ca. «Bisogna guardare al futuro che abbiamo davanti alla luce di

questo evento che investe tutto il pianeta - mette in guardia Giovanni Finco -. Sappiamo che ai flussi migratori si aggrega la “malavita”, e che le zone vicine alla stazione sono le più sensibili a questo

Italiani e stranieri a confronto al dibattito “Taciti avvicinamenti” alla G

Più VICINI, nonostan

IL “CASO” TREVISO

A ndrea Passerini, giornalista del quotidiano “La Tribuna di Treviso”, porta la testimonianza di una città che vive da decenni il problema della convivenza fra italiani e stranieri, richiamati dalle

grandi opportunità di lavoro offerte dal territorio della Marca. «A Treviso il fenomeno immigrazione è iniziato negli anni ‘80 quando l’industria locale in grande espansione ha dovuto ricorrere ai lavoratori stranieri, a causa della carenza di manodopera italiana. Ma, mentre gli stranieri arrivavano e diventavano sempre più numerosi, si assisteva al nascere di slogan che tutti conosciamo: “Padroni a casa nostra”, “Il Veneto ai veneti” e altri ancora - racconta Passerini -. Slogan che sono stati urlati per decenni, mentre la gente comune non poteva accorgersi con la stessa chiarezza che la sopravvivenza delle aziende era strettamente legata alla possibilità di fare ricorso alla manodopera straniera. Gli atteggiamenti e i provvedimenti con i quali l’amministrazione di Treviso ha acuito i conflitti sono stati sotto gli occhi di tutti, ma fortunatamente Treviso ha una struttura policentrica: le comunità immigrate si sono distribuite fra i piccoli borghi e il centro, evitando così la formazione di ghetti che avrebbero potuto peggiorare le tensioni». Oggi la crisi economica apre però nuovi scenari. «Le associazioni straniere tendono a facilitare i rientri nei Paesi di origine di coloro che perdono il lavoro - conclude il giornalista -. E una delle prime conseguenze è che gli asili si spopolano».

Tanti slogan anti-immigrati ma per fortuna niente ghetti

Lo scorso 6 aprile la Galleria Contemporaneo di piazzale Olivotti, all’inizio di via Piave, ha ospitato l’incontro “Taciti

avvicinamenti. Luoghi, attività, storie in una città che cambia”. Durante la serata sono intervenuti Mata Avram, parroco della Comunità Ortodossa Rumena/Moldava di via Monte Piana,

Loris Degan, commerciante di Marghera, Giovanni Finco, abitante in zona Piave, Andrea Passerini, giornalista della Tribuna

di Treviso, Tamara Pozdnyacova, componente del Gruppo di Lavoro via Piave, oltre agli assessori Luana Zanella e Sandro

Simionato. Ecco il resoconto di queste conversazioni.

di Maria Rita Bersanetti

Pagina 9 Le Voci di via Piave

problema. È quindi nostro interesse agire in modo che il nostro terri-torio sia vissuto pacificamente da tutti. Parallelamente è necessario che le istituzioni mettano in atto azioni preventive come tenere in ordine gli ambienti urbani, control-lare l’orario di chiusura dei negozi, assicurare una presenza regolare della polizia sul territorio. Le tra-sformazioni non sono comunque solo negative: io convivo benissimo con i miei vicini stranieri e forse i nostri figli e nipoti potranno costruire una società serena e solidale». Mata Avram, parroco della chiesa ortodossa di Mestre, racconta come per lui sia stato faticoso mettere insieme la comunità rumena con quelle moldava, portatrici di diverse tradizioni. È stato grazie alla posizione di intermediario all’interno della sua comunità che ha saputo cogliere la necessità di comprendere le difficoltà di ciascuno per riconoscere la cultura e le abitudini di ogni popolo. «In tal modo abbiamo sviluppato un modo di pensare capace anche di sintonizzarsi sul punto di vista degli italiani - aggiunge Mata Avram -. Posso capire le ansie che provano gli italiani nell’assistere a questi profondi e veloci cambia-menti, come le paure provocate dai fatti violenti compiuti da rumeni nei mesi scorsi. In realtà, però, quelli che delinquono sono pochi, e la nostra comunità ha buoni rapporti con il vicinato. Spesso alle nostre funzioni partecipa anche qualche italiano». «Sono convinto che l’unico modo di assicurare un futuro vivibile ai nostri figli sia quello di osservare i cambiamenti e, consapevoli del fatto che sono globali e inevitabili, che noi possiamo agire in modo da mettere in luce il positivo». È l’opinione di Loris Degan, titolare di un negozio di alimentari a Mar-ghera. E, come commerciante, ha

dovuto valutare la situazione anche dal punto di vista economico: «Se cambia la domanda devo cambiare l’offerta. La comunità del Bangla-desh aveva delle necessità specifi-che e, convinto che rispettare la loro cultura fosse cosa giusta, ho cercato, trovato e offerto loro i prodotti che mi avevano richiesto ad un prezzo equo - spiega Degan -. Ma non solo. Mi sono preoccupato anche di modificare le loro abitudi-ni a contrattare per qualunque co-sa, imponendo in modo chiaro un prezzo. Con un po’ di impegno, anche le consuetudini più radicate possono essere cambiate».

D el resto quella dei bengalesi è l’etnia più numerosa residen-

te nel territorio, portatrice di un modello culturale lontano da quello europeo. E Kamrul Syed, portavoce della comunità del Bangladesh, auspica: «Bisogna moltiplicare le iniziative dirette a migliorare l’in-serimento dei nostri bambini nella vita sociale, ma non solo. È impor-tante, ad esempio, che gli adulti abbiano l’opportunità di imparare l’italiano, ma potrebbero essere utili anche piccoli accorgimenti come quello di tradurre le informa-zioni di interesse pubblico in lingua

Una delle foto di diegolandi

alleria Contemporaneo

te tutto

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Pagina 10 Numero 4 - Giugno 2009

Un furto che forse si è fatto finta di non vedere

Via Piave... via Piave... via Piave... Si sente parlare spesso di questa via, molto spesso in negativo e dando sempre la colpa agli stranieri. Gli abitanti molto spesso si lamentano che in questa strada ci sono troppi locali gestiti da stranieri. Dicono che hanno paura di uscire, di passeggiare e che la notte, per colpa di chi sosta sui marciapiedi ai giardini e davanti ad alcuni locali, non riescono a dormire. Più volte gli abitanti hanno chiesto più controlli e collaborazione da parte delle forze dell’ordine, e che a loro volta come cittadini sarebbero pronti a collaborare. Bene, da parte delle forze dell’ordine abbiamo avuto i risultati, ma dagli abitanti? No! La notte tra venerdì 1. maggio e sabato 2 in via Piave, angolo via Monte Nero, in nottata è stata sfondata la vetrina e svaligiato il piccolo ristorante indiano. I malfattori hanno avuto tutto il tempo per caricare tutto quello che potevano, e poco più avanti è stato mandato in frantumi il vetro di un’auto. Tutto ciò è passato inosservato fino alle 10 mattino successivo, all’arrivo del signor Faruk proprietario del ristorante. Io mi chiedo se è possibile che nessuno abbia visto o sentito nulla. E questa sarebbe “collaborazione” con le forze dell’ordine? Come mai quegli abitanti che spesse volte si sono lamentati “di non dormire più”, non hanno sentito nulla? Io questa la chiamo “omertà”, e non collaborazione.

Lidia Lopez commerciante italo-straniera

LA LETTERA

SCRIVETE a “Le Voci di via Piave”:

e-mail [email protected]

TEL. 328.8623273

bengalese». Reza Rashidy aggiunge: «Dobbiamo essere consapevoli del fatto che la globalizzazione ha elimi-nato le distanze portando all’omolo-gazione delle aspirazioni dei giovani di tutto il mondo. I nostri figli hanno frequentato le vostre scuole e si sentono italiani. Fra qualche anno si presenteranno sul mercato del lavoro e sarebbe opportuno che avessero le stesse possibilità dei loro amici italia-ni, se vogliamo mettere le basi per assicurare il benessere sociale e indi-viduale delle generazioni future». «Bisogna progettare una città che riconosca pari opportunità a tutti i cittadini - conferma Sandro Simio-nato, assessore alle Politiche sociali del Comune di Venezia -. Per questo è necessario il riconoscimento della pari dignità tra le diverse culture. Per l’intera nostra città la realtà

multietnica di via Piave rappresenta quindi un laboratorio, una frontiera di lavoro per la costruzione della società futura. Conferire pari opportunità e dignità non vuol dire che “siamo tutti uguali”, ma significa analizzare le contraddizioni per riconoscere che ciascuna comunità è portatrice di valori che possono essere condivisi». Per Luana Zanella, assessora alla Cultura, il problema della sicurezza si inserisce nella più ampia tematica dell’identità maschile vissuta in termini di aggressione al “mondo” e alle donne in particolare: «È necessario creare le condizioni affinché i giovani maschi possano crescere sviluppando fiducia nelle proprie capacità e nella società in cui vivono, e possano comprendere il valore del rispetto reciproco rifiutando così i modelli violenti di comportamento».

foto di diegolandi

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Pagina 11 Le Voci di via Piave

I l 3 aprile, un venerdì come tanti altri, nel piazzale della Chiesa Madonna di Lourdes, il Gruppo di

lavoro via Piave ha allestito una mostra fotografica tra la curiosità delle persone che abitualmente frequentano la strada. «Lo scorso ottobre al Centro Culturale Candiani si era tenuta la mostra “Ancoraggi” per favorire un positivo confronto tra le varie componenti della nostra società attraverso le belle foto di Diego Landi che raffiguravano le realtà multiculturali esistenti nel nostro territorio - spiegano al Gruppo di lavoro -. In quell’occasione era stato promesso che, finita la prima esposizione, la mostra sarebbe diventata itinerante nelle varie zone della nostra città. Così, in occasione della mostra “Taciti avvicinamenti. Luoghi, attività, storie in una città che cambia”, aperta dal 3 all’11 aprile scorso presso la Galleria Contemporaneo che presentava, oltre ad altre

foto di Diego Landi, una proiezione di immagini della vecchia Mestre, interviste a commercianti e residenti, tavole grafiche, per l’intera giornata del 3 aprile abbiamo tenuto fede alla promessa». Sul sagrato della chiesa di Santa Maria di Lourdes, dalle 10 alle 17, i passanti hanno potuto ammirare le foto esposte, oltre a riflettere e dialogare con i cittadini del Gruppo di lavoro di via Piave sul significato della mostra. Le persone si sono fermate, alcuni si sono riconosciuti e sono nati momenti di confronto sui temi del cambiamento della zona e, specialmente, della

sicurezza. In particolare, sono le persone più anziane che stentano ad accettare il nuovo, provando invece nostalgia per un passato spesso legato alla loro gioventù. «Le foto esposte hanno attrat-to l’attenzione di molte perso-ne e abbiamo notato una sin-cera volontà di comprendere i cambiamenti sociali e cultura-li della nostra zona - riprendo-no i componenti del Gruppo di lavoro via Piave -. Soltanto in due casi ci sono state reazioni poco edificanti e una totale chiusura alla comprensione della realtà, limitandosi all’ annunciazione dei soliti slo-gan propagandistici. Il risul-tato della mostra è stato co-

munque positivo, sia dal punto di vista artistico che sociale. Anche se le reazioni negative sono state soltanto due, dobbiamo tutti riflettere sulla necessità di insistere nel far comprendere alle persone che bisogna ragionare con la propria testa, perché soltanto così si potrà creare un ambiente di civile convivenza. Lo sterile rifiuto o lo slogan non risolvono i problemi, ma li aggravano». E conclude il Gruppo di lavoro: «Ci auguriamo dunque che questi piccoli eventi promossi dal nostro gruppo per aggregare e rendere più vivibile questa parte della città riescano davvero ad incidere in maniera positiva sulla realtà della nostra zona».

Anna Palma Gasparrini Italo Trentin

C oncluso l’incontro, verso mezza-notte ripercorro via Piave. Il mio

sguardo va verso la stazione, oltre posso immaginare la zona industriale di Marghera. È facile tornare indietro con il pensiero alle lotte sindacali degli anni ’60 e ‘70. A quell’epoca erano gli operai veneti, lombardi e piemontesi a veder arrivare siciliani, calabresi, pugliesi in cerca di un la-voro. E anche quella volta i problemi di reciproca accettazione hanno pro-vocato ansie e tensioni. Oggi è richie-sto un nuovo adattamento. Ancora una volta siamo sollecitati a com-prendere che il mondo si modifica per le grandi rivoluzioni tecnologiche ed economiche, con i conseguenti cambiamenti ambientali e sociali. Mi ritrovo sotto casa con le chiavi in mano e mi rendo conto che non ho assistito ad aggressioni... in via Piave... di notte!

FOTO per riflettere insieme Gli scatti di diegolandi un pomeriggio in mostra sul sagrato della chiesa

UN NOME AI GIARDINI ECCO I PIU’ VOTATI

Ricordate l’iniziativa: “Diamo un nome ai nostri giardini”? Il 20 dicembre 2008 si è svolta una votazione simbolica per scegliere che nome dare al parco di via Piave, tra via Sernaglia e via Ortigara. I nomi più votati da una quarantina di persone sono stati: “Piave”, “Vieni e vai”, “VP smile” (“VP” sta per Via Piave) e i “Giardini del sole”. Questi risultati sono stati inviati all’Ufficio Toponomastica del Comune di Venezia che seguirà il consueto iter burocratico per assegnare nuove denominazioni ai luoghi della città.

«TACITI AVVICINAMENTI» La mostra allestita sul sagrato della

chiesa di via Piave e, nell’altra pagina, una foto di diegolandi

Pagina 12 Numero 4 - Giugno 2009

IL RACCONTO L’esperienza di due partecipanti al laboratorio-spettacolo in strada

A spasso nei panni di un PADOX

Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro via Piave

In redazione: Italo Trentin, Maria Rita Bersanetti, Tamara Pozdnyakova, Palma Gasparrini, Lidia Lopez, Fabrizio Preo, Roberta Zanovello, Loris Trevisiol, Gabriele Vesco, Angelo Sopelsa e Fulvio Fenzo.

Le Voci di

Notiziario realizzato in collaborazione con le Unità operative ETAM - Animazione di Comunità e territorio (Servizio Adulti) e Attivazione Risorse (OPW), della Direzione Politiche Sociali, Partecipative e dell’Accoglienza. Stampa: Stamperia del Comune di Venezia

L’ esperienza dei Padox è stata un’occasione unica di condivi-

sione e relazione tra persone diverse che, fino a quel momento, non avevano niente in comune tra loro. Il Servizio Immigrazione e promozione dei diritti di cittadinanza e il servizio Etam-ani-mazione di comunità e territorio del Comune di Venezia hanno portato in via Piave la compagnia di Houdart-Heuclin con lo spettacolo dei “Padox”. Immaginate una ventina di giovani di nazionalità e lingue differenti: un rifu-giato politico afgano in cerca di lavoro con il sogno di fare l’imprenditore, uno studente italiano con la passione per il teatro, un ragazzino ucraino che dopo due mesi nel nostro Paese parla già bene l’italiano pur mantenendo viva la sua cultura grazie a gruppi di studio di lingua ucraina, una liceale veneziana alle prese con la maturità: una “fauna” di creature eterogenee unita per dieci giorni intesivi per interpretare “l’altro da sé”, il Padox. Sotto la guida paziente dei registi Dominique e Jeanne, nel corso delle numerose prove per le usci-te in strada e per lo spettacolo finale si sono confrontate e spesso scontrate le personalità di ognuno. Ma, in tutto que-sto grande gioco, l’ironia è stata il col-lante anche nella gestione di situazioni critiche legate alle incomprensioni lin-guistiche, alla fatica e al divario tra punti di vista culturali molto divergenti. Una volta indossato il costume dei Padox, tutte le differenze diventavano funzionali per entrare nei panni di un personaggio capace di creare un contatto con il mondo esterno e farsi accettare. Negli occhi dei turisti che hanno incro-

È NATO www.levocidiviapiave.com

È attivo da giugno un sito Internet per comunicare e scambiare opinioni all’indirizzo www.levocidiviapiave.com

Nel sito troverete tutte le attività passate e future del Gruppo di lavoro di via Piave e molte altre informazioni. Si potranno inoltre leggere tutti i numeri del Notiziario ed inviare le vostre opinioni alla nuova casella e-mail:

[email protected]

ciato i Padox nelle calli di Venezia, o in quelli dei rom che hanno ballato con loro in un parco di Mestre, si è costruita una visione di noi come un tutt’uno, a prescindere dalle differenze, comuni-cando senza l’uso della parola. Il co-stume dei Padox è stato il mezzo per stare con la gente in modi che normal-mente non avremmo il coraggio di usare: spolverare l’auto ad un ignaro mestrino, abbracciare un poliziotto che ti ha aiutato ad attraversare la strada, spingere la carrozzina di una mamma fino a casa, impersonare un manichino delle vetrine più chic di Mestre o imitare un cagnolino rischiando di essere morsi.

Francesca e Stefano (due Padox…)

La Municipalità di Mestre Carpenedo e la Fondazione Groggia cercano volontari di tutte le età, stagisti e tirocinanti, per un paio d’ore una o due volte alla settimana, per accompagnare allo studio ragazze e ragazzi delle scuole medie e delle superiori. Per saperne di più si possono contattare gli educatori della Municipalità nella sede di via Gori 8 (al parco della Bissuola), oppure chiamare i numeri 041.2746276 - 041.2746277, o il 329.2105594.

A.A.A. CERCANSI VOLONTARI

PER IL DOPOSCUOLA

Il Coro VOCI DAL MONDO si ritrova ogni martedì alle ore 20 nel Centro civico di via Sernaglia.

Tutti possono partecipare alle prove del gruppo diretto da Beppa Casarin