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ilpietrafesano.altervista.org Numero 7 Anno 1 Eris Patronus in peste

Numero 7 | Il Pietrafesano

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ERIS PATRONUS IN PESTE //L'apoteosi della Satrianesità ///Dal corpo del Santo ////La vita SPECIALE SU SAN ROCCO

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Eris Patronus in peste

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L’apoteosi della satrianesità Quando il momento giunge.

A nche quest'anno è arrivato il periodo più solenne per Satriano e i suoi abitanti. Le feste in onore di

San Rocco sono da sempre l'evento che più sta a cuore ai satrianesi e ai tanti migranti che fanno ritorno alla loro piccola patria, oltre a essere per i devoti della zona un appuntamento a cui non si può assolutamente man-care. Ma è anche uno di quei momenti, o forse l’unico, in cui Satriano rinnova le sue tradizioni e vive la di-mensione sociale tipica del paese. Si, perché in tempi come questi in cui siamo divisi fra di noi da diverse vi-sioni politiche, invidie o storici rancori non si può non notare come le feste di San Rocco rappresentino un ri-torno a una genuina dimensione di allegria che sembra essersi persa per il resto dell'anno. I satrianesi, nono-stante il mondo moderno spinga ad abbandonare i pic-coli centri come il nostro, continuano immancabilmente a ritrovarsi ogni anno per le strade del borgo, con rin-novato spirito di aggregazione e di festa, trasformando quei giorni nell' apoteosi della satrianesità. Perché in fondo lo spirito con cui si vivono le feste è lo stesso di 50 o 100 anni fa, lo spirito di un sincero sentimento di devozione e una forte voglia di onorare il nostro San Rocco. Lui che è stato consolatore dei più abbandonati e mal visti dalla società del tempo, gli appestati, porta-

tore, diffusore e difensore di valori come la solidarietà, l'amicizia ,la pietà, l'aiuto verso i più deboli e i più fra-gili. Valori che oggi, pur idealizzando figure come il Santo di Montpellier, sembriamo aver perso. La società in cui viviamo non è ne solidale ne attenta ai più deboli, ma è invece spietata e permeata dall'orientamento a pensare e a tutelare solo i propri interessi, senza curarsi se per farlo si procura danno o sofferenza al prossimo. Forse per fare veramente piacere a San Rocco oltre che onorarlo con questa grande festa si dovrebbe tentare di imitare un po' il suo modo di vivere, per cercare di es-sere giusti con gli appestati di oggi, ossia i poveri, i tos-sicodipendenti, i carcerati, gli immigrati. Solo così il nostro festeggiare San Rocco avrà un senso, altrimenti rimarrà per sempre una forma di ipocrisia. E così anche quest'anno sono arrivati quei quattro gior-ni in cui vivere a Satriano non ha prezzo, quei quattro giorni in cui dimentichiamo, o almeno ci tentiamo, i nostri problemi e i nostri guai e in cui sembra che tutta Satriano altro non sia che una sola grande famiglia. Per-ché qualunque buon satrianese, se potesse fermare il tempo nella giornata del 16 agosto, lo farebbe senza pensarci due volte. Aurelio

Auguri a tutti.

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3 Il Pietrafesano @pietrafesano [email protected] | Realizzazione grafica di Antonio Santopietro

Ex Ossibus Sancti Rochi. Questo recita la targhet-

ta di carta inserita nel reliquiario che contiene

resti del nostro Santo Patrono Rocco. La modestissima

quantità di ossa è certo un simbolo per la comunità sa-

trianese, da secoli volta con devozione a San Rocco.

Ma è la meravigliosa statua lignea del patrono, opera di

Giacomo Colombo, forse la vera icona per la comunità.

Il nobile San Rocco offertosi ai poveri che mostra la sua

piaga, con il volto rivolto al cielo è stato da sempre

un’emozionante immagine che in un attimo ci rivela la

sua vita. Al contrario, la reliquia del patrono non risalta

come la statua, forse perché esposta solo il giorno dopo

la festa, da quest’anno anche durante la novena.

Ma in realtà quando, da dove e come è arrivata la reli-

quia?

Ci sono varie scuole di pensiero, ma la più fondata è

che Rocco sia morto a Voghera. E’ invece più sicuro il

fatto che la sua salma fu deposta per la prima volta in

quella città. Fu nel 1485, che il corpo del Santo fu tra-

sferito a Venezia, nella chiesa di San Rocco, ad eccezio-

ne di un braccio. Ciò avvenne, secondo Pierre Bolle, a

causa di una compravendita.

Bene, non si sa come la reliquia che abbiamo in posses-

so sia giunta a noi, dato che non esistono –o sarebbe

meglio dire che sono andati persi- documenti che ne

certifichino la provenienza. Tuttavia, la reliquia del

Santo è originale. Ed il modo tramite il quale l’abbiamo

scoperto è stato emozionante.

Bene, dietro al piccolo scrigno che contiene la reliquia è

posto un sigillo. Abbiamo dunque aperto il reliquiario

per estrarlo, ma facendo ciò, sono saltati fuori due scri-

gni. Uno è di dimensioni più piccole (fig. A) posto

esternamente. E’ infatti quello che vediamo e baciamo il

giorno 17. L’altro è invece molto più antico (fig. B), di

dimensioni più grandi, mentre al contrario contiene un

frammento osseo più piccolo. Quindi la reliquia esterna

è giunta recentemente, donata da un monsignore, men-

tre quella nascosta è arrivata alla Diocesi di Satriano

prima del tempo.

Concludiamo quindi con un’esclamazione a noi tanto

cara: “Evviva San Rocco!”. Antonio Santopietro

Dal corpo del Santo

A B

Da “La Voce di San Rocco”

Agosto 1958

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S an Rocco nacque in un anno non meglio precisato

fra il 1346 1350 a Montpellier, una cittadina situata

nel sud della Francia, accolto dagli anziani genitori co-

me un dono del Signore in una ricca famiglia mai ben

identificata, ma spesso associata ai Delacroix. Secondo

la tradizione alla nascita presentava una voglia a forme

di croce sul petto che preannunciava la santità a cui sa-

rebbe stato chiamato il giovane francese. Ricevette un'e-

ducazione molto religiosa, ereditò la devozione per la

Madonna dalla madre e studiò all'università di Mont-

pellier. Era apprezzato dai suoi concittadini per le sue

particolari virtù, che ricordavano quelle del Santo ita-

liano Francesco. Ma fu con la morte dei genitori che av-

venne la vera svolta nella vita di Rocco, che dopo aver

distribuito tutti i suoi averi ai poveri partì in pellegri-

naggio verso Roma. Durante il suo cammino l’Italia era

funestata dal morbo della peste che si diffondeva fra la

popolazione provocando un numero altissimo di morti.

San Rocco si fece soccorritore instancabile degli infermi,

prestando assistenza a tutti gli ammalati delle città che

visitava. Ma sembra sia stato ad Aquapendente che per

la prima volta sia siano manifestate le sue capacità tau-

maturgiche, che gli consentivano di guarire gli appesta-

ti semplicemente segnandoli con la croce. Furono molte

altre le località toccate dal pellegrinaggio del Santo, e

pian piano la fama di Rocco iniziò ad aumentare sem-

pre di più e con questa la presunzione di santità attorno

ala figura del pellegrino. Giunse a Roma fra il 1367 e il

1368 e vi soggiornò per tre anni, guarendo fra gli altri

un cardinale che lo presentò al Papa. Durante la risalita

verso Montpellier si fermò nelle città flagellate dalla

peste, e la contrasse a Piacenza. Decise allora di allonta-

narsi dalla città e di rifugiarsi in una grotta presso Sar-

mato dove trascorse la malattia nel più totale isolamen-

to. Secondo la tradizione un cane rubava quotidiana-

mente un tozzo di pane dalla tavola del suo padrone e

lo portava a Rocco. Un giorno il nobile padrone Gottar-

do decise di seguirlo e giunto alla grotta si mise ad assi-

stere il malato, che guarito ripartì verso la cittadina na-

tale. Ma il suo cammino si interruppe a Voghera, dove

fu accusato di essere una spia e condotto in catene dal

governatore della zona ,che era per un 'incredibile coin-

cidenza suo zio paterno. La sua famiglia aveva infatti

origini lombarde. Nessuno lo riconobbe e venne incar-

cerato senza processo. Rimase nel carcere di Voghera

per circa cinque anni, dove riceveva periodicamente la

visita di un sacerdote per confessarsi e accostarsi alla

comunione. Morì nella notte fra il quindici e il martedì

sedici agosto del 1327 secondo gli scritti antichi, ma

questo è un dato altamente contraddittorio, in quanto

in quell'anno il sedici di agosto cadeva di domenica.

Studi più recenti condotti comparando gli eventi della

vita del Santo a quelli storici che accadevano in quel

periodo, è emerso che solo alla seconda metà del tre-

cento si può far risalire la morte di Rocco, e in quegli

anni il sedici agosto cadeva di martedì nel 1379. Accan-

to alla salma, secondo la tradizione, venne ritrovata

una tavoletta su quale era inciso un testo che invitava a

invocare Rocco per sfuggire alla peste e alle malattie.

La canonizzazione avvenne, secondo quando scritto nel

Vita Sancti Rochi del Diedo, durante il concilio di Nicea

del 1414. La cittadina fu infatti colpita dalla peste pro-

prio durante il concilio, e mentre i cardinali ragionava-

no sull'opportunità di abbandonare la città venne pro-

posto di portare in processione la statua di San Rocco, e

il male miracolosamente si allontano dalla citta.

Nel caso di san Rocco, le agiografie più antiche sono le

seguenti:

Francesco Diedo, Vita Sancti Rochi(1479). Cinque edi-

zioni in lingua latina, due in lingua italiana. Anonimo

tedesco, Historie von Sant Rochus (1482). Tre edizioni

in lingua tedesca. Anonimo latino, Acta breviora (1483).

Due edizioni in lingua latina, ma all'interno di opere

generali sui santi. Jehan Phelipot, La vie et légende de

msgr. Saint Roch (1494). Tre edizioni in lingua francese.

Domenico da Vicenza, Istoria di San Rocco(1478/80).

Un'edizione in lingua italiana, più un manoscritto. Pao-

lo Fiorentino, Vita del glorioso confessore San Rocho

(1481/82). Un'edizione in lingua italiana. Bartolomeo

dal Bovo, Vita Sancti Rochi confessoris (1487). Un ma-

noscritto in lingua latina.

Aurelio

La vita