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anno I - numero 0 - primavera 2008

Ossola it n°0 Enogatronomia

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Numero zero della rivista turistica delle valli dell'Ossola.

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anno I - numero 0 - primavera 2008

ENOGASTRONOMIA

anno I - numero 0 - primavera 2008

OSSO

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Presentazione

Sono Riccardo Faggiana, editore della guida che avete in mano. Una guida che sono orgoglioso di presentare e che spero vogliate sfogliare fi no in fondo senza fermarvi a queste brevi righe di introduzione. Sono passati tre anni dal giorno in cui iniziai a pensare ad un periodico turistico di qualità per promuovere il nostro territorio. Tre anni di pensieri, idee, ripensamenti, domande e soluzioni. Tre anni di lavoro che ci hanno portato qui, oggi, al “numero zero” del vademecum turistico delle valli dell’Ossola: Ossola.it. A questo punto potrei anche tirare un sospiro di sollievo. E in parte l’ho fat-to, ma il lavoro che ci attende per dare un futuro certo a Ossola.it è ancora tanto. Siamo solo all’inizio e l’ambizione ci spinge a profondere un impegno ancora maggiore.Stiamo lavorando per noi e per il territorio dell’Ossola, la stessa val-lata che deve essere meta di un turismo responsabile, che deve obbligatoriamente andare in una precisa e condivisa direzione. Quale mezzo migliore, dunque, per illustrare le bellez-ze del territorio e dar voce a chi vi lavora e produ-ce, che un periodico freepress. Un opuscolo a disposizione di chiunque, affi ancato (nel segno della modernità) alla pubblicazione online, consultabile ovunque nel mondo.Ossola.it è un progetto ambizioso e importante, e nel trasporre su carta le idee che l’hanno ispirato, ci siamo posti come obiettivi la qualità dell’infor-mazione, la facile lettura, l’utilità del messaggio, e una gradevole veste grafi ca. Crediamo, senza fal-sa modestia, d’aver realizzato un buon numero zero. Il giudizio, tuttavia, sta a voi lettori, de-stinatari della guida ma anche, speria-mo, motore di un processo virtuoso che negli anni possa dare sostanza alla pubblicazione che (e lo dichia-riamo sin d’ora) vuole diventare la guida di riferimento delle valli ossolane.

che ci hanno portato qui, oggi, al “numero zero” del vademecum dell’Ossola: Ossola.it. otrei anche tirare un sospiro di sollievo. E in parte l’ho fat-e ci attende per dare un futuro certo a Ossola.it è ancora all’inizio e l’ambizione ci spinge a profondere un maggiore.per noi e per il territorio dell’Ossola, la stessa val-ere meta di un turismo responsabile, che devee andare in una precisa e condivisa direzione. iore, dunque, per illustrare le bellez-dar voce a chi vi lavora e produ-ico freepress. Un opuscolochiunque, affi ancato (nel ernità) alla pubblicazione le ovunque nel mondo.getto ambizioso e importante, carta le idee che l’hanno ispirato, me obiettivi la qualità dell’infor-ettura, l’utilità del messaggio, e ste grafi ca. Crediamo, senza fal-er realizzato un buon numero ttavia, sta a voi lettori, de-da ma anche, speria- processo virtuosoossa dare sostanzae che (e lo dichia-vuole diventarementoe.

Un caro saluto a tutti i lettori...

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Anno I - N. 0Primavera 2008

Sede e redazioneVia Madonna di Loreto, 728805 Vogogna (VB)Tel. 329 2259589 Fax. 0324 [email protected]

Direttore ResponsabileMassimo Parma

Direttore EditorialeRiccardo Faggiana

RedattoriRiccardo Faggiana, Massimo Parma, Claudio Zella.

Coordinamento grafi coe impaginazioneEleonora [email protected]

CollaboratoriFabio Pizzicoli, Rosella Favino, Stefania Locatelli, Monica Mattei, Marilena Panziera.

Hanno collaborato in questo numeroA.S.D. sez. prov. pescatori VCO FIPSAS,Marco Blardone, Mario Garrone, Dimitri Gioffi , Paola e Cristiana Grandazzi, Silvano Ragozza, Carlo Solfrini, William Vicini.

Fotografi aArchivio © Faggiana Riccardoaltre foto © Fotolia e iStock Photo

TraduzioniChiara Cane, Federico Manera “Easy English”

EditoreFaggiana RiccardoVogogna (VB) - Tel. 329 2259589

StampaTipografi a Bolongaro - Baveno (VB) www.bolongaro.it

Ossola.it è un periodico registrato presso il Tribunale di Verbania in data10/04/08con il n. 3/08.

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Sommario2

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Presentazione

Il territorio dell’Ossola

Cioccolato e ricette

I Salumi nostrani

Funghi

Erbe e Sapori

La Pietra ollare

Valle Antigorio

Storia dei vini ossolani

Breve storia della panifi cazione

Parco Veglia-Devero

Valle Antigorio

Sagre ed eventi

Formaggi caprini

Il Pesce d’acqua dolce

Valle Antrona

Il museo dell’Alpeggio

Il borgo di Oira e gli asparagi

Conosciamoli meglio

Piante selvatiche commestibili

Il Masarèt un formaggio “quasi” estinto

Dalla roccia alla tavola

Trekking fotografi co alle dighe di Antrona

Dove pescarlo e come cucinarlo

La valle dei marchi

Autunno alla buca del Lupo

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Percorrendo la traccia, il cammino che porta in Ossola, non importa se a piedi, o in bicicletta o trasportati da un mezzo meccanico tra la polvere e il lucore delle

stagioni, non può certo sfuggire l’incanto naturale di questa sorta di mano innervata di verde e pietra che ci cattura al di là dello specchio del Lago di Mergozzo. Prima tappa ossolana che ha dato ombra e profi lo al colonnato della basilica di San Paolo fuori le mura a Roma; il viandante, non tralasci comunque un’altra delizia di Mer-gozzo, il brunito biscotto chiamato fugascia. Ora è tutto un inoltrarsi di versanti preci-piti e boschi sazi di cielo verso e oltre il Parco Nazionale della Val Grande lungo l’antica strada che oltrepassa Can-doglia, con il marmo della Venerata Fabbrica del Duomo. Premosello Chiovenda, corona-to dal balcone solare di Colloro, e Vogogna. Capitale dell’Ossola infe-riore, quest’ultima, vanta un borgo antico di gotico fascino, una rocca imprendibile e un imponente ca-stello, antica reggia di cavalieri e dame colorate.

il Parco

un regno, un'emozione, un'avventura...

Oss la...

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ingioiellate di chiese, aff reschi e borghi in cui la vita scorre tranquilla al ritmo nasco-sto di una natura suprema, a tratti ancora autenticamente selvaggia.In Vigezzo, valle della S.S. Vergine di Re, tra antiche storie di sfrusit, spazzacamini, inventori e pittori, non dimenticate di de-

Spiriti pagani (il mascherone di Dresio, pregevole reperto celtico) ci indicano il percorso oltre La Tòs, sfuggente creatura femminile d’acqua e luce. Oltre la pianura ecco Domodossola, ca-pitale e sede di giustizia da sempre delle sette valli ossolane, che da qui si dipartano ai quattro punti cardinali, in uno slancio di neve e bellezza. Attra-versiamo allora con occhio acuto la medievale piazza del Mercato e tra le esatte e raccolte propor-zioni di Piazza Fontana non tra-lasciamo d’ammirare la gentile armonia di grigio e sole che si rifl ette su Palazzo Silva o sul na-poleonico Palazzo San Francesco. Progresso, Art Noveau, Liberty un pensiero che è idea, movimento, entusiasmo ed ecco il profi lo uni-co della Stazione Internazionale, mentre poco più sopra riempie l’orizzonte la cabrata spenta del etereo Geo Chavez: colui che il vento rese immortale!Oltrepassata Domodossola spa-zio ai vigneti di Ca’d Matè, Pru-nent e Bruschett, rossi accesi di sapore che regnano su palati sazi di pane di segale ul pan d’segla e miele dal profumo forte. Assag-giate ovunque siate in Ossola il credenzin pane istoriato di noci, fi chi, castagne -l’afrore del bo-sco- che sospinto tra formaggi d’alpe e salumi speziati, gnocchi di zucca e castagna, sarà in grado di far intendere uno dei misteri gastronomici di quest’angolo di Alpi Lepontine.Siamo nella semicorona di verde che si stende sinuosa tra Masera e Oira; un arco di sole tra le valli Antigorio e Vigezzo, entrambe

Immagini: pag. 4 in alto: baite all’Alpe Devero - in basso: la frazione di Colloro a Premosello Chiovenda - pag. 5 dall’alto: il Castello Visconteo a Vogogna - notturna sulla piazza mercato di Domodossola - vista sui tetti di Craveggia.

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verde intenso di un varco, dopo Varzo, verso l’infi nito del Sempione, ponti del diavolo, l’imponen-za del Monte Leone e le Gole di Gondo tra poesie inglesi, passaggio di eserciti in armi e commerci con la delizia della cuchela. Vera perla della Valle è il Parco Naturale Veglia-Devero: lo specchio del fi rmamento tra Italia e Svizzera, roccia e foresta, ghiacciaio e acqua.Raccolta accanto al proprio cuore liber-ty, le Terme: la Val Bognanco può invece off rire, a chi sa cercarlo, il passaggio di Papi e armigeri, cento e più cascate e il ventaglio cobalto di laghi sospesi tra cie-lo e bosco. Anche qui non tralasciate le gustose polente con formaggio d’alpe e i rari magiarin, piccoli biscotti al burro. Ancora un balzo ed ecco l’Antrona, valle

dicarvi allo stinchett (sfoglia a base di fari-na, acqua sale e burro alpigiano) o il pro-sciutto di capra del luogo il celebre viulin, mentre Antigorio e contigua Formazza vi porteranno nel regno della selvaggina e dei formaggi d’alpe, in grado di rendere la vostra degustazione un’esperienza dei sensi tra sapori e profumi, antiche parlate e fi lastrocche walser accanto alla stube nella Casa Forte di Formazza.Altri angoli d’Ossola donano emozione e desiderio d’esplorare, come la Val Di-vedro che si stende nel

della più antica processione delle Alpi, gli Autani dei set frei, una sorta di “mistico cammino” tra balze, passi e cappelle. Ter-ra di laugera pietra da stufa, di frign muri a secco di scuro sasso che delimitano borghi e campi. Cucina semplice quella dell’Antrona, ma che sa off rire minestre come la Burdigisa, zuppe di patate, ver-dure e castagne di bosco sapori forti mai poveri.Da ultimo si conceda una riverenza al Re dell’Ossola: il Monte Rosa posto a corona

con la propria parete est, della ferti-le heimat walser di Macugnaga in Valle Anzasca forse al di là della leg-gendaria “valle perduta”. Anzasca, dal suono celtico, è anche versante erto, teatro di cacce a camosci, ora-tori e testimonianze delle antiche popolazioni che l’abitarono (Dro-cala, Olino) o di coloro che s’instal-larono con spada e usbergo (torre dei Cani a Battiggio).Pulsa la vita nelle valli grazie ad una fauna nordica che annovera

mammiferi notturni e guizzanti come, Volpe, Faina, Donnola, e Cervi, Stambec-chi, Caprioli Aquile e Gipeti, Gufi e Picchi. Ossola è anche tavolozza di in pittore che ha dedicato a Flora la propria arte. Ecco allora le guglie della Speronella di Monte, i tocchi dell’Aquilegia Alpina, o la pace del Botton d’Oro, una schiera di Sassifraghe, Cardi, Genziane, Stelle Alpine, Artemisie (da cui il rinomato Genepì), Astri delle Alpi, Mughetti, Gigli Martagone, Mirtillo Nero, Rododendro accolgono dal primo tepore all’autunno, dal piano alle vette, sguardo e passo di chi nell’Ossola si smarrisce.

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Immagini: in alto: le Terme di Bognanco - a lato: la lavora-zione dello “stinchett”.

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Ossola Valley: a land, an emotion, an adventure

In the dust and in the clear light of the seasons we can follow the track through Ossola Valley by bike, car, bus, train and on foot.

Th rough the wind, the steep sides of the mountains and the woods we can go to and past the national park of Valgrande along the ancient road going beyond Candoglia and its marble quarries. Premosello Chiovenda and its sunny mountain ridge of Colloro and Vogogna, the capital of the lower Ossola Valley with its ancient and gothic charming centre.We fi nd Domodossola beyond the plain of the valley: we cross the Square Mercato and a quick glance reminds us the King Berengario. We can admire the fi ne harmony of the grey and the sun refl ected on Silva Palace, on the Square Fontana and on the Napoleonic San Francesco Palace nearby.Th e exclusive profi le of the International Railway Station was designed by progress and Art Noveau, the thought of movement and enthusiasm. Chavez’s plane loomed in the sky above the station and the wind off ered him immortality. Leaving Domodossola we plunge into the vineyards of Ca’d Maté, Prunent and Bruschett, fi ne red wines which thrive with the strong fl avours of rye bread and honey on our palates.Everywhere in the valley we can taste the credenzin (rye bread with nuts and fi gs), alpine cheeses, spicy salami and pumpkin or chestnut gnocchi. We must not forget to taste the stinchett, a wafer of pastry with fl our, salt, water and alpine butter and the famous viulin, a goat ham in Vigezzo Valley and Bettelmatt and other sorts of cheese in Formazza Valley and last but not least the delicious cuchela. Th ey all teach us one of the gastronomic secrets from this corner of Lepontine Alps.Now we should begin our adventure starting from the next page….

EN

GambrinusRistorante - Pizzeria

Via Mazzorini, 6

28865 - Crevoladossola (VB)

Tel. +39 032445192

Chiuso il martedi @ Aperto la sera dalle h 18 alle h 24

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8Mergozzo - Lungolago

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Il Forno ShopIl Forno ShopFamosi sono i biscotti “le foglie dell’ol-

mo” biscotti di pasta frolla con un cuore di marmellata di albicocche, cioccolato, crema caff è, mirtillo e miele nella for-ma caratteristica a foglia ricordano le foglie di quell’olmo che ormai da decenni è il simbolo di Mergozzo.Accanto alle foglie dell’olmo la caratteristica “fu-gascia” (focaccia dolce), il “nocciolato di Brac-chio” (piccolo amaretto), “l’amaretto di Mer-gozzo” e il “biscotto del nonno” e tante altre specialità, locali e non, completano la vasta gamma di golosità tra le quali è possibile scegliere.Novità del 2008 “Il Grappolo d'uva”: un biscot-to di pasta frolla a forma di grappolo con un ripieno di gelatina di vino Bracchetto d'Acqui e vino Bacan delle nostre valli.

Mergozzo è un piccolo e caratteristico paese po-sto sulle rive del Lago Maggiore fatto di piccole

viuzze e case in pietra. Nella piazza in riva al lago si tro-va un plurisecolare Olmo, vecchio di almeno 400 anni e ormai un pò il simbolo del paese dove, sotto le sue fronde, in un passato lontano, gli uomini del borgo amministravano la casa pubblica e la giustizia. A poca distanza, accanto alla Chiesa Parrocchiale Morena Grossi, propietaria della panetteria e pa-sticceria “Il Forno Shop” in un giorno di settembre del 1998, intenta ad osservare il lento cadere delle foglie dell’Olmo trasportate dal primo vento au-tunnale, maturò subito in lei l’idea di creare un biscotto con quella stessa forma. Nascevano così “Le Foglie dell’Olmo”...

di GROSSI MORENA E C. SNCVia Sempione, 828802 MERGOZZO (VB)Tel./Fax [email protected]

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IL CIOCCOLATO

Mousse al

cioccolato?

ecco la ricetta!

Non solo svizzero, verrebbe da dire. L’ossola ha goduto della vicinan-za di una nazione maestra nell’arte della produzione di cioccolato.

Per questo ci sentiamo così vicini a questo unico e incomparabile dolce alimento. A Pasqua per esempio se ne riceve molto, e tante volte questo fi nisce in una scatola che solitamente staziona nel nostro armadietto per mesi e mesi. Qui di seguito allora vi daremo un’idea per “riciclare” sem-plicemente il cioccolato delle nostre uova di pasqua. Una golosa e facile ricetta che vi stupirà.

di Paola e Cristiana Grandazzi

INGREDIENTI: gr. 100 cioccolato - gr. 70 burro4 uova - 4 cucchiai di zucchero

Per prima cosa fate fondere a bagno-maria il cioccolato che avete recupe-rato assieme al burro. Montare a neve i 4 albumi d’uovo.Separatamente montare i 4 tuorli a spuma e lo zucchero, aggiungere il burro e il cioccolato, incorporare gli albumi a neve delicatamente et voilà la mousse è pronta da versare nelle coppette. Lasciare in frigorifero almeno un’ora prima di consumarla (se ce la fate a resistere!!)

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Dal 1924 a Domodossola, la pasticce-ria Grandazzi nasce come pasticceria

tradizionale per specializzarsi, sotto la condu-zione delle sorelle Paola e Cristiana (terza ge-nerazione di pasticcere), nella produzione di cioccolato, prestando particolare attenzione alla forma e alla qualità della materia prima.Il nostro punto di forza è, oltre al livello di qualità sempre costante, la particolarità delle forme con le quali presentiamo al pubblico il nostro cioccolato che così si trasforma in una dolce e originale idea regalo. Tutto questo grazie alle dimensioni artigia-nali della nostra azienda .La nostra produzione spazia dalle classiche tavolette (ma sempre con un tocco di origi-nalità vedi TAVOLETTERA) ad oggetti di uso comune come: attrezzi arrugginiti, caff ettie-re, utensili da cucina, mouse, rasoi da barba, ecc. Il Laboratorio sito a Domodossola, ha un annesso punto vendita al pubblico e grazie alla nostra partecipazione a numerose fi ere, abbiamo un parco clienti che spazia in tut-ta Italia e anche all’estero (Inghilterra, U.S.A., Germania, Svezia, Russia, Polonia, Spagna, Ungheria).Il sito internet www.loffi cinadelcioccolato.it e www.pasticceriagrandazzi.com, permette oltremodo di avere una panoramica della nostra produzione.

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Via Castellazzo, 2328845 Domodossola (VB)Tel./Fax +39.0324.243040

www.loffi cinadelcioccolato.it

choco@offi cinadelcioccolato.it

chiuso il lunedì

closed on monday

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Per la crema di castagne250 gr. Castagne già sbucciate

4 dl latte120 gr. Zucchero

60 gr. Tuorli1 bustina vanillina180 gr. panna

4 gr. Colla di pesce

In una piccola casseruola far cuocere le castagne con il latte e 40 gr. di zucchero, quindi passare il tutto al setaccio.

A questo punto preparare la “pate a bombe”, fare uno sciroppo portando ad ebollizio-ne 80 gr. di zucchero con 60 gr. di acqua. A parte frustare i tuorli con la vanillina, quindi aggiungere a questo composto lo sciroppo bollente a fi lo e montare fi nché il tutto non risulti spumoso, incorporare le colla di pesce ammorbidita in acqua fredda e ben strizzata. Smettere di frustare quando il composto sarà freddo.Ammorbidire ora la crema di castagne con poca panna liquida e quindi piano piano aggiungere il resto della panna precedentemente montata e la “pate a bombe”. La crema morbida è pronta...Comporre il dolce alternando i dischi di cialda alla crema di castagne e fare 4 strati. Si può accompagnare con salsa di fragole ed eventualmente con del gelato alla crema.

LA RICETTA

di William Vicini “Ristorante la Meridiana”

Crema morbida di castagne in cialda croccanteLe dosi sono per 8 persone

Per le cialde croccanti50 gr. Albume50 gr. Burro ammorbidito50 gr. Farina40 gr. Zucchero a velo

Incorporare nel burro ammorbidito lo zucchero a velo, l’albume e rendere il composto liscio, a questo punto aggiun-gere la farina. Su delle placche con l’aiuto di un cucchiaio formare dei dischi del dia-metro di circa 5 cm e metterli in forno a 180 gradi per circa 3-4 minuti.

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Via Rosmini, 11 - Domodossola (VB)Tel . 0324.240858 - Cell . [email protected]@ Chiuso Domenica sera e Lunedi

La MeridianaLa Meridiana

La Meridiana Casa Vacanze

Il Ristorante “La Meridiana” verte su un tipo di cucina ita-liana, con specialità spagnole e di pesce, non ultimi, il foie gras e il petto d’anatra con miele e pepe nero o la sella di cervo. Il tutto accompagnato da una buona Carta Vini che ne rac-coglie una centocinquanta cir-ca, curata dallo Chef patron William e dalla moglie Barbara entrambi sommelier professio-nisti. La tipologia della sala del ristorante è legata alla tradi-zione della zona, con travi in legno a vista e nel complesso accogliente e famigliare, quasi a testimoniarne la viva pas-sione di famiglia che dal 1968 conduce questo locale.

Casa Vacanze La MeridianaFrazione Cadarese, 1328866 PREMIA (VB)Tel. 0324.240858Cell. [email protected]

La Casa Vacanze La Meridiana è il posto ideale dove trascorrere le vo-stre vacanze, situata a Cadarese, in Val Formazza, a 100 mt. dalle terme, in posizione tranquilla e panoramica, lontano dalla strada, è il luogo ideale per chi desidera trascorrere una vacanza all'insegna del relax del be-nessere e della tranquillità.

RistoranteRistorante

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Un libro dalla copertina di tela rossa mi guarda dallo scaffale di una biblioteca silenziosa, sul dorsetto un titolo

scritto a mano: Valle Anzasca e Monte Rosa ” “

PAGINE FRAGILI

di Rosella Favino

Lo prendo, le pagine fragili mi parlano con caratteri nitidi stampati con inchiostro verde, le foto in toni del seppia mostrano panorami di montagne impervie alter-

nati a scene di vita quotidiana e di festa, campanili, scorci di paesi arroccati sui versanti assolati; su una mappa ripiegata disegnata a tratto i nomi delle cime sono molto più numerosi di quelli delle località. E’ una piccola guida curata con l’intenzione di attrarre il pubblico verso una vallata, che ha splendori di storia e natura, schiet-tezza antica di popolazione e luminosità di cielo, che guarda su bellezze di verde e di ferrigno, recita la pre-fazione datata 1928.Nella guida rossa la storia antica si intreccia alla storia minuta della gente; l’autore, don Luigi Rossi, parroco di Castiglione, conosceva bene e amava le pecorelle del suo gregge, e ancora di più le sue montagne.Ma cosa trovava in Valle Anzasca il viaggiatore 80 anni fa? Sfoglio con delicatezza e trepidazione le pagine, ognuna rivela un piccolo tesoro: la foto di gruppo del-le guide alpine di Macugnaga, con le corde di canapa e le lunghe picozze, una ragaz-za tra i ghiacci, con il bastone appuntito e un enorme cane da pastore bernese, case walser ben tenute... La guida riporta locande, alberghi e ristoranti, ciascuno con notizie utili: i nomi dei proprietari, una garanzia!, il listino prezzi, se ci sono sconti per i soci del Touring Club. Per Borca, ad esempio, è descritta minuziosamente l’off erta dell’Albergo Passo del Tur-lo, bellissima vista de Monte Rosa e della cascata della Quarazza, aperto tutto l’anno: N. 60 letti (25 camere avevano due letti, quindi c’erano alcune singole), a prezzi che varia-no con le stagioni, e l’uso del bagno, a L. 5, così come il riscaldamento; servizi di pregio erano l’acqua corrente nei piani e l’autorimessa. Risalendo la valle a mezz’ora da Borca si arriva alla city (così Rossi defi nisce Macugnaga) dove il Ristorante Dufour al Ghiacciaio del Belvedere, con cucina a tutte le ore, serviva Antipasto assortito, L. 5, Minestra L. 2 ‒ 3,50, Pollo, L. 20 ‒ 25, cacio o frutta a L. 2,50; non mancavano il caff elatte e il tè con latte, L 2, le uova fresche a L. 1,50 (!); anche le bevande riservano qualche sorpresa: gazoza e bibite a L. 1,50 e il vino da pasto è servito sfuso a L 7 al litro mentre i vini fi ni e il moscato arrivano a L. 11. E l’acqua? E’ buona e abbondante quella della valle ma se si vuole quella di Bognanco, in bottiglia, c’è, a L. 5, quasi come il vino!Tanto è cambiato da quando la nostra guida turistica ante litteram descriveva minu-ziosamente la sua valle. Eppure Luigi Rossi ci lascia con un invito che conserva tutto il suo valore a 80 anni di distanza: “Caro villeggiante, [In valle Anzasca] ovunque la natura profuse i suoi tesori. Vieni e vedi.”

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ERBE e SAPORI

di Carlo Solfrini

Una passeggiata alla scoperta

delle erbe selvatiche commestibili. ”“

Piante SelvaticheCommestibili

In primavera si sente il bisogno di rilassanti passeggiate nei

campi e nei boschi per assaporare

con piacere i primi profumi e co-

lori che la natura ci off re in questa

splendida stagione. Camminare nel

verde delle nostre valli è anche un

invito a guardarci attorno con oc-

chio attento: al piacere di una salu-

tare camminata si può aggiungere

la curiosità di scoprire e riconoscere

alcune comuni erbe selvatiche che

con il loro aroma e qualità gastro-

nomiche hanno arricchito la tavola

dei nostri nonni con piacevoli e sa-

porite insalate.

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Allium Ursinum Aglio OrsinoE’ una pianta inconfondibile che in pri-mavera tappezza di verde il sottobosco delle vallette fresche e umide. Le foglie sono simili a quelle dei mughetti però, se strofi nate, emanano il caratteristico odo-re pungente di aglio. Tritate e aggiunte alle patate lesse o altre erbe selvatiche aromatizzano piacevolmente le insalate. E’ stato usato, e ancora oggi raramente,

cialmente se non si è sicuri della pulizia del corso d’acqua.

Hypochaeris RadicataPiattello, SpatasciolPianta erbacea poco vistosa e modesta, spontanea in primavera nei prati esposti e asciutti. Le foglie, disposte a rosetta ben aderente al terreno e ricoperte di una leg-gera peluria, sono lucide e carnose. Sono molto croccanti e ottime per insalate mi-ste con altre erbe primaverili oppure con-sumate cotte come gli spinaci.

Papaver Rhoeas Rosolaccio, PapaveroDa tutti conosciuto per il bello e alquan-to fugace fi ore rosso scarlatto, che spicca in estate lungo i viottoli, nei campi e sui muri. Meno conosciute sono le proprietà alimentari della pianta, che all’inizio della primavera si off re in tenere rosette basali di foglie dentellate. Si possono consumare in insalate miste, nelle minestre o cotte come qualsiasi al-tra verdura. Anche i semi si utilizzano per spolverare pane e dolci. Eccezionali i gio-vani germogli mangiati crudi e ben con-diti, il gusto è piacevole, si possono anche preparano rosolati in pa-della, nelle minestre, nei risotti o fritti in pastella di uovo e farina.

TaraxacumOffi cinale Tarassaco, Dente di LeoneE’ la pianta alimen-tare selvatica più conosciuta e più diff usa. Inutile ri-cordare in quanti modi può essere

come ipotensivo, depurativo, rubefacen-te, risolvente degli ascessi.

Nasturtium Offi cinale Crescione d’acquaPianticella acquatica comune nei nostri ruscelli di montagna e quando il clima e le alluvioni lo permettono forma dei veri e propri cuscini verdi tempestati di sim-patici fi orellini bianchi. Il crescione è ric-chissimo di sali minerali e vitamine; iodio, ferro, ossalato di potassio, fosfati. l’odore e il gusto sono leggermente piccante rendono molto gustose le insalate. Ciò la rende importante nella fi toterapia che la usa come ipoglicemizzante, remineraliz-zante, espettorante. In molti luoghi viene coltivata come pregiata insalata. Essendo una piantina acquatica è opportuna una accurata pulizia prima del consumo spe-

in pa-e, neistella

m

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Taraxacum Offi cinale

Allium Ursinum

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servati in salamoia o sotto aceto. Molto buona e poco conosciuta è la radice che lessata e condita con un buon olio extra-vergine di oliva off re un piatto delizioso, amaro e nutriente.

Primula Acaulis Primula, PrimaveraCon la viola mammola è uno dei primi fi ori ad abbellire, a fi ne inverno, i prati e i declivi dei nostri campi quando ancora le altre erbe sono secche. Sono presenti primaverina, saponina, al-cool eptatonico. Viene ancora oggi usata in erboristeria come leggera sedativa, vul-neraria e antiecchimotica.Le foglie si usano sole o assieme ad altri tipi nelle insalate. Un classico è un misto di lattuga e primule, che mangiata la sera,

cucinata, anche i petali dei fi ori possono decorare le insalate e i boccioli conservati come i capperi sotto aceto sono un piace-vole contorno.Contiene inulina, tannino, colina, zucche-ro, alcoli, mucillagine, inosite. Le foglie più tenere possono essere mangiate da sole o assieme ad altre, crude, ben con-dite o saltate in padella, si usano nelle mi-nestre, nelle frittate. I boccioli dei fi ori non ancora aperti e i bot-toni che portano i pappi possono essere

c o n -

procurerà un sonno piacevole e natura-le. Ven-g o n o u s a t e anche nelle minestre. I fi ori e le foglie fatti seccare servono per preparare una gradevole tisana.

Valerianella Olitoria Gallinella, FurmantinPianticella erbacea molto comune e co-nosciuta in vendita nei supermercati per fragranti e tenere insalate. Pochi sanno però che allo stato spontaneo non è poi così tanto rara, in particolare nei terrazza-menti ormai incolti e lungo i senti eri ben esposti (questo lo sapevano benissimo i nostri nonni). La tenera rosetta basale di dimensioni più modeste di quella coltivata, può essere trovata e raccolta dall’autunno alla prima-vera inoltrata in quanto, nonostante l’ap-parente fragilità, sopporta benissimo sia il gelo che il caldo.

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Valerianella Olitoria

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una dieta limitata, tipica d’una civiltà con-tadina d’alta quota.Il calo del numero di bovini che s’è riscon-trato progressivamente dagli anni ’70 in avanti, ha avuto rifl essi ancor più pesanti sull’allevamento ovicaprino, diventato quasi inutile nel momento in cui la mo-dernità ha reso superfl uo il ricorso a tale

Da apprezzato prodotto di ripiego a ricercato ingrediente per specialità

gastronomiche di nicchia. Il latte di capra, che nell’epoca dell’allevamento di sussi-stenza era alimento di scarsa qualità, ma spesso indispensabile, ha trovato una sua dignità nell’era della globalizzazione. È ormai un ricordo dei tempi andati, quelli che rammentano gli alpigiani più anziani, l’utilizzo della “povera” capra (ma anche della pecora), specie sovente bistrattata ‒ particolarmente al cospetto della più “nobile” vacca ‒ e allevata a mo’ di ripiego nelle vallate ossolane. In un’economia in cui il bovino faceva la diff erenza, i pascoli più brutti, o comunque meno facilmente accessibili, erano lasciati ai soli animali che vi si spingessero: capre e pecore, appun-to, che col loro latte sfamavano i neonati o sostentavano gli anziani, arricchendo

FORMAGGI

di Massimo Parma

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Da apprezzato prodotto di ripiego

a ricercato ingrediente per

specialità gastronomiche di nicchia. ”

I formaggi Caprini

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alimento surrogato. Ecco, così, che la po-polazione è andata contraendosi sempre più. Ma non è sparita. Attualmente in Os-sola sono censiti all’incirca novemila capi, affi dati a un discreto numero di aziende, che hanno capito che la qualità e l’origi-nalità del prodotto lavorato non sono ri-piego, bensì ricchezza. Non tanto e non solo per la carne, ma anche e soprattutto per ciò che ruota attorno al latte.La tradizione dell’agnello pasquale non è più la ragione principale che spinge gli allevatori a perseverare con la capra. Oggi

ci si dedica ai formaggi, che nelle gastro-nomie o nei supermercati sono divenuti oggetto di ricerca, prodotto di nicchia. Il merito deriva principalmente dai gusti della clientela, che ha affi nato il proprio palato e va alla ricerca di gusti insoliti, lontani da quelli delle tome realizzate industrialmente. Incontro al mercato è andata pure la legge, che ha coniato la sigla Pat (Prodotti agricoli tradizionali), mediante la quale si certifi ca la qualità dell’allevamento “artigianale”. Nel no-vero di tali formaggi sono entrate pure alcuni prodotti ossolani, che hanno così guadagnato nuovi mercati.Sono tre le qualità di formaggi lavorati nelle nostre valli: il puro di capra, il misto vacca-capra e la ricotta di capra.Il puro di capra s’ottiene, come dice il nome, dal solo latte caprino, che viene

lavorato dopo lo svezzamento dei capret-ti, con una stagionatura media tra i trenta e i quaranta giorni. Le forme delle tome possono essere diff erenti, ma sono acco-munate dalle dimensioni: le formaggelle ossolane hanno una pezzatura che sta tra il mezzo chilo e il chilo. L’origine del misto vacca-capra è, contra-riamente a quanto si può pensare, un’esi-genza più che un’invenzione. Sul fi nire della stagione, quando il latte era scarso per poter caseifi care separatamente, si faceva di necessità virtù, unendo le due

qualità di latte. Da questo mix deriva un formaggio dal sapore particolare, che nulla ha a che vedere col puro di capra, ma che trova ampio consenso tra la clientela.La ricotta si ottiene lavorando il siero, che è il residuo della caseifi cazione. Il prodotto normalmente viene consu-mato fresco o entro pochi giorni, ma si possono trovare ricotte di breve stagio-natura, che in questo caso vengono ab-bondantemente salate o aff umicate.Delle antiche produzioni valligiane sono rimaste più solo le basi, visto che la tec-nologie e il progresso gastronomico hanno portato, anche in Ossola, impor-tanti novità. Il formaggio caprino ben si presta a accompagnarsi con spezie o erbe, a creare nuove specialità nelle qua-li la storia si fonde con la modernità.

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FORMAGGI

di Silvano Ragozza

In qualche località si chiama sràz, in altre sangarlìn. A Colloro, invece, viene chiama-to masarèt. Si tratta di un particolare tipo di ricotta di latte di vacca e di capra che i vecchi contadini fanno stagionare in speciali contenitori fatti di semplice corteccia di

betulla o di faggio (r sca ‘d bèula o ‘d fuscàal), localmente chiamati böz, cuciti insieme con lunghe e sottili strisce pure di corteccia, e più recentemente con del fi lo di ferro. La ricotta viene salata, pepata e poi messa sopra il camino perché assuma il tipico aroma di fumo (la mascàrpa), oppure semplicemente messa in cantina, dove in pochi giorni si coprirà di una caratteristica muffa, e allora prenderà il nome di masarèt. Dopo qualche settimana di stagionatura, il masarèt è pronto per essere consumato con la polenta (la pùat, la pulènta) o spalmato sulle fette di pane di segale (pà biàva, pà nègar).

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Il masarèt

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Produzione di caprini a cagliata lattica freschi, con le erbe o solo olio

d’oliva, caciottina fresca o stagionata, tomette e ricotta tutte stagionatein una cantina in sasso

come una volta...

Via Dante Alighieri, 8 - 28803 Premosello Chiovenda (VB)Vendita presso Latteria Turnaria Via Cuzzi, 7 - Premosello Chiovenda

Tel. 0324.88402

Cell. 3498517814

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Il nome masarèt deriva da masaràa, cioè “macerare, stagionare”, dal latino MACERARE “bagnare, ammorbidire”. Abbiamo notizia di questo tipo di latticinio e del suo recipiente fi n dal Medioevo: negli statuti comunali di Vogogna del 1374 troviamo infatti l’espres-sione de seratiis cum ruscha. Il seratium (dal latino SERUM “siero”) era, a quell’epoca, la ricotta stagionata, che ancora oggi in qualche località viene chiamata sarà , sràz, men-tre la ruscha, oggi r sca, è la corteccia usata come contenitore. Si tratta di un alimento oggi sempre più raro da trovare, ma che per molti secoli ha costituito uno degli alimenti principali dei nostri antenati, un alimento povero poiché è l’ultimo prodotto derivato dalla lavorazione del latte. La ricotta, infatti (i gnòch), è rica-vata dal siero di latte (la srùa) già sfruttata per ottenere il formaggio (u sprés). Si ottiene aggiungendo un poco di aceto al siero messo a riscaldare, e per questo in italiano viene chiamata ri-cotta, cioè “cotta due volte”.

MARISA COTTINI

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Due nuove ricette

per scoprire gli antichi

e intensi sapori della

nostra terra

LA RICETTA

Ristorante in Macugnagatel. +39.0324.65207 [email protected]

z’Makanà StubuVia Monte Rosa ,114 - 28876 Macugnaga (VB)tel. +39.0324.65796 - 65847 fax +39.0324.65827www.residencecimajazzi.it

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Torta di formaggio con mirtilli rossi

Prendere dei biscotti secchi e frantu-marli, aggiungere del burro e me-

scolare sino a quando non si ottiene un composto che rimane legato al cucchiaio di legno con il quale avete impastato gliingredienti. Con un cucchiao di metallo stenderlo sul fondo di una tortiera. Coprire l’impasto con dei mirtilli rossi (anche marmellata può andare bene).Nel fratttempo mescolare in una terrina mascarpone e ricotta, uova, poco zuc-chero e lasciarlo scivolare sull’impasto. Mettere in forno fi no a quando il tutto non si è rappreso.

Jazzini all’anzaschina

È stato rivisitato dal ristorante z’Makanà Stubu supponendo che in casa ci fos-se sempre del pane avanzato e che non andava per nessuna ragione sprecato.Gli ingredienti quindi sono: pan grattato, farina di semola, uova, con i quali, mesco-lati insieme, si prepara un impasto che verrà teso con il mattarello, tagliuzzato irregolarmente e buttato in acqua bol-lente. Nel frattempo, a parte, viene roso-lata della pancetta tagliata fi nemente con un trito di cipolle bianche, del burro e un cucchiaino d’olio.Terminata la cottura degli Jazzini, si met-tono nella pentola con la pancetta e della toma della valle. Lasciare che il formaggio fonda e servire molto caldi.

Immagini: pag. 22: torta di formaggio con mirtilli rossi - in alto: Jazzini all’anzaschina

Direttamente dal ristorante z’Makanà Stubu di Macugnaga un’interessante rivisitazione di un gustoso e famoso piatto di Macugnaga fatto recuperan-do pane raff ermo, e una squisita torta con formaggio e mirtilli rossi.

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I FUNGHI

a cura del micologo Dott. Dimitri Gioffi

Il territorio dell’Ossola ha una vegetazione molto assortita, a partire dalla piana del Toce, terreni alluvionali dove sono presenti frassini, robinie, ontani, pioppi, salendo per le val-late con cedui di castagni, roveri, noccioli, betulle e da un altitudine di circa 800 mt. i primi maestosi faggi che lasciano il posto più in alto alle conifere quali per eccellenza l’abete rosso, abete bianco, pino silvestre, sino alle vette con i larici; oltre solo pino mugo ultima pianta ad alto fusto e salici nani ed altre specie striscianti poi le praterie alpine. In questo territorio cosi vario i funghi hanno una rilevanza biologica fondamentale tutto l’anno.Quello che generalmente chiamiamo fungo in reatà è un carpoforo cioè il frutto della pianta fungo chiamato micelio, di solito non è visibile ad occhio nudo perchè vegeta nel substrato del sottosuolo, a volte su insetti, o animali; il micelio è la vera pianta e si origina dalla germinazione delle spore che con dei fi lamenti intrecciati fra loro formano le ife fun-gine parte basilare della pianta. Le spore germinano solo in condizioni ad esse favorevoli, quando questo accade si forma un minuscolo fi lamento, micelio primario che incontran-dosi con un altro di segno opposto andrà a formare il micelio secondario, solo dopo que-sta associazione il ciclo biologico potrà cominciare a fruttifi care, chiaramente in condizioni ambientali favorevoli. La forma di questi carpofori-frutti che siamo abituati a considerarli e chiamarli funghi oltre che avere dei colori fantastici, odori, sapori, dimensioni particolari tanto da creare meraviglia, fascino, sorpresa e a volte, per i meno esperti, creano delle serie preoccupazioni in base alla loro commestibiltà.La costituzione chimica-biologica è del 80/90% di acqua, il resto cioè tra il 10/20% da proteine, cellulosa, sali minerali, carboidrati, vitamine, ma a volte da sostanze tossiche o mortali per l’organismo umano. Quindi consideriamo un basso valore nutritivo, mentre il valore gastronomico e di ricerca di prede ambite è molto alto.Da ricordare che le spore di vario colore sono molto piccole, visibili solo al microscopio e sono a tuttoggi un sistema di corretto riconoscimento delle speci.Il loro sistema alimentare lo possiamo dividere in tre gruppi:parassiti: si nutrono a spese di esseri viventi aggredendoli, possono far morire l’ospite; rappresentano comunque un serio pericolo sia per le piante, colture, insetti,animali ed addirittura l’uomo.saprofi ti: si nutrono in prevalenza di humus, sostanze in decomposizione, provvedono quindi alla degradazione delle sostanze organiche ad inorganiche di vitale importanza per tutti i cicli biologici in natura.simbionti: si nutrono scambiando sostanze nutritive con le piante, arbusti, erbe. Il fungo con le ife miceliari instaura un legame mutualistico (micorizza) con le radici delle piante dove avviene uno scambio di sostanze alimentari; è dimostrato che piante micorizzate hanno uno sviluppo più rigoglioso, infatti un bosco sano favorirà la crescita di funghi.

La preoccupazione di chi fa un buon raccolto è sempre quella di sapere se sono tutti man-gerecci; la situazione che il fungiat non vorrebbe mai incappare è una spiacevole intossi-cazione, che può portare anche in alcuni casi al decesso.Li consderiamo commestibili tutti quelli che, in determinate condizioni, non arrecano danni al nostro organismo.

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Non commestibili tutti quelli che per consi-stenza legnosa, sapori amari, piccanti, odo-ri nauseanti e dimensioni microscopiche ne fanno sicuramente il consumo.Velenosi quelle speci che sicuramente con-tengono delle sostanze tossiche che anche con la cottura o trattamenti particolari non vengono distrutte. Sono molti i Generi che comprendono speci velenosi. Quindi è impor-tante portare il raccolto presso gli ipettorati micologici delle A.S.L. del territorio oppure alle Associazioni Micologiche che con gli esperti pos-sono togliere ogni dubbio sulla commestibilità del nostro raccolto.Le intossicazioni fungine vengono suddivise in due gruppi: quelle a breve latenza o incubazione, quelle a lunga latenza. I sintomi della breve latenza si avvertono subito dopo il pasto fi no ad un massimo di sei ore.I sintomi della lunga latenza appaiono dopo circa sei ore fi no a ventiquattro ore ma anche dopo alcuni giorni (15-18 g.). Sicuramente quella a breve latenza ha solitamente disturbi di modesta entità che si risolvono in tempi relativamente brevi, chiaramente dipende dal-la quantità ingerita; di solito possono essere di tipo gastrointestinale, muscarinica, pante-rinica, coprinica e paxillica.Le sindromi a lunga latenza sono quelle più pericolose perchè purtoppo, anche se la scien-za che ha fatto passi da gigante non è in grado (oggi) di risolvere alcuni casi mortali. Le possiamo riassumere in tre gruppi: falloidea, orellanica, giromitrica.La falloidea è quella con esito mortale più frequente. Avviene con l’igestione della Amani-ta phalloides, verna, virosa, Galerina marginata ed alcune Lepiote di piccola taglia. Procu-rano danni irreversibili al fegato, 30-50 grammi di fungo fresco per una dose mortale.L’orellanica è forse la più subdola delle intossicazioni in quanto dopo i primi sintomi si a uno stato di benessere che può durare alcuni giorni (fi no a 20 giorni) per poi ricomparire con insuffi cienza renale acuta permanente a questo stadio ben poco si può fare; i funghi responsabili sono il Cortinarius orellanus, speciosissimus (orellanoides).La giromitrica cui speci responsabili principalmente sono la Giromitra esculenta, gigas, in-fula. Dopo disturbi quali cefalea, vomito, sudorazione abbondante, ecc. compaiono (dopo 2-3 giorni) danni epatici, nervosi, neurologici sino ad alcuni casi di decesso.Per consumare il nostro buon raccolto è bene farlo visitare da un esperto. Utilizzare solo funghi in buono stato di conservazione, freschi, senza ospiti. Utilizzare quando si raccolgo-no dei cesti areati, non i soliti sacchetti di plastica che fanno maturare i funghi molto velo-cemente. Vanno sempre puliti prima di riporli nel cestino, e in caso di raccolte sospette di-videre da quelle sicuramente che sono commestibili. Si ricorda che solo pochissime specie possiamo mangiarle crude e non da tutti tollerate, è sempre meglio cucinarle, anche alla griglia dovono cuocere il più tempo possibile. Da ricordare il buon senso al consumo per-chè anche se commestibili una grande quantità potrebbe dare spiacevoli inconvenienti. E’ buona norma inoltre: verifi care se il luogo prescelto esistono dei divieti di raccolta, mu-nirsi di tesserino di raccolta dove questo è richiesto.

-he on chepor-orati e alle i pos-ità del

e in due gruppi: quelle a breve

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28864 Montecrestese (VB)Valle Ossola

Frazione Pontetto, 102 Tel/Fax. [email protected]@osteriagallonero.itwww.osteriagallonero.itwww.osteriagallonero.it

Chiuso il lunedì

il locale, ricco di atmosfera ed

improntato sulla ricerca della cu-cina tradiziona-le, offre all'at-tento guormet una competente selezione di vini Italiani, abbinabili alle caratteristiche delle speciali-tà della nostra cucina: salu-mi nostrani, formaggi d'alpe, paste della tradizione ossola-na, carni selezionate e selvag-gina.

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Ristoranti ConsigliatiRistoranti ConsigliatiUna selezione di ristoranti ossolani provati per voi,

dove gustare i piatti e i prodotti locali.

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Baceno Vecchio Scarpone Via Roma, 48 0324 62023

Devero Casa Fontana Alpe Devero 377 3108017

Domodossola Ristorante La Meridiana Via Rosmini,11 0324 240858

Crevoladossola Ristorante Pizzeria Gambrinus Via Mazzorini, 6 0324 45192

Crodo Ristorante Buongusto Fraz. Mozzio 0324 61680

Crodo Ristorante Pizzo del Frate Fraz. Foppiano 0324 61233

Crodo Ristorante Edelweiss Fraz. Viceno 0324 618791

Croveo Ristorante Cistella Loc. Croveo 0324 62085

Macugnaga Ristorante z’Makanà Stubu Via Monte Rosa, 114 0324 65847

Malesco La Peschiera Via Peschiera, 23 0324 94458

Masera Osteria del Divin Porcello Fraz. Cresta, 11 0324 35035

Montecrestese Osteria Gallo Nero Fraz. Pontetto, 102 0324 232870

Oira Ristorante C’era una volta Via Valle Formazza, 15 0324 33294

Ornavasso Trattoria Lago delle Rose Via Pietro Iorio 333 982 9810

Villadossola La Tavernetta C.so Italia, 4 0324.54303

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IL PESCE

1 - FIUME TOCE: Tratto scorrente in Comune di Premia, esclusi gli affl uenti. Da 100 mt a monte del ponte che porta alla centrale di Crego fi no alla confl uenza con il De-verino è vietata la pesca in quanto zona di protezione.2 - FIUME TOCE: Tratto scorrente in Comune di Crodo, esclusi gli affl uenti.3 - FIUME TOCE: Tratto scorrente da Pozzomaglione in Comune di Crevaladossola, fi no al ponte della Miz-

zoccola nel Comune di Domodossola ed affl uenti:TORRENTE DIVERIA dal vecchio ponte in Comune di Crevoladoossola alla foce.TORRENTE BOGNA dalla Chiesa di S. Stefano alla foce.4 - FIUME TOCE: Dalla cappella degli Scopelli in Comune di Beura Cardezza, allo sbocco nel Lago Maggiore. Sul fi ume Toce a valle delle paratoie di Prata è stata istituita una zona di protezione con entrata in funzione della scala di monta per una lunghezza di 200 mt a valle delle paratoie stesse. In questo fi ume dal ponte della statale di Gravel-lona Toce alla foce, le acque sono classifi cate secondarie,ma vige ugualmente l’obbligo di segnacatture per i sal-moidi. In questo tratto, e solo in questo tratto, è permessa la pesca con il cagnotto e la pasturazione limitata ad un kg di cagnotti e a due kg di sfarinati.5 - TORRENTE DIVERIA: Tratto scorrente in Comune di Varzo dalla presa della Società Enel in Frazione Bal-balonesca al ponte nuovo di Crevoladossola (200 mt a monte della galleria di S. Giovanni) esclusi gli affl uenti. Nel Dive-ria è vietata la pesca dallo sbarramento della Cen-trale Enel di Varzo alla confl uenza con il Rio Cairasca perché zona di ripopolamento.6 - TORRENTE MELEZZO OCCIDENTALE: Scor-rente nei Comuni di Druogno, Trontano e Masera fi no alla foce escluso gli affl uenti. II tratto scorrente in Comune di Druogno fi no al ponte di Marona è in concessione al comune stesso. Oltre alla tessera FIPSAS occorre munirsi del regolamento particolare comunale.7 - TORRENTE OVESCA: Dalla confl uenza del Rio Troncone e Rio Loranco nel Comu-ne di Antrona Schieranco allo sbocco nel fi ume Toce in Comune di Villadossola.

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a cura della A.S.D. sez. prov. pescatori VCO FIPSAS

Le acque dell’Ossola, cormorani, aironi e rilasci idrici permettendo sono tutte pe-scose e abitate da pesci autoctoni. Diveria, Anza, Ovesca, Melezzo, Cannobino, Toce e numerosi altri riali sono praticabili con il permesso di pesca. Qui di seguito l’elenco dove occorre pagare la tessera FIPSAS.

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Specialità Ossolane

Specialità di Pesce

Via Pietro Iorio

Ornavasso (VB)

Cell. 333.982 9810

[email protected]

-Chiuso il Lunedì-

Pesca Sportiva e

Ristorante

Lago delle Rose

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albergo

BUONGUSTOr i s t o r a n t e

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OUOU

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BUr i s talbe

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www.albergobuongusto.itVia Centro, 67

28862 Mozzio di Crodo (VB)Tel./Fax +39.0324.61680

[email protected]

Daniela & Fabio Pizzicoli

Filetto di Lavarello arrotolato alla pancetta.Ingredienti per 4 persone: 8 filetti di lavarello del peso di circa 60 gr. cadauno. 8 fettine di pancetta arrotolata artigianale ossolana. Pane grattugiato. Sal-via e rosmarino tritati. 1 dl. di Vino bianco secco. 50 gr. di burro. Sale Procedimento: 1-Stendere i filetti di lavarello e salarli leggermente in superficie. 2-Cospargerli con poco pane grattugiato e il trito di salvia e rosmarino. 3-Stendere le fettine di pancetta ossolana sui filetti di pesce. 4-Arrotolare ogni filetto e se necessario fermarli con uno stuzzicadenti. 5-Cuocere dolce-mente i rotolini di pesce in una padella antiaderente con il burro e qualche fogliolina di salvia dopo circa 4 minuti bagnare con poco vino bianco e terminare la cottura altri 5 minuti. 6-Servire il paesce ben caldo,

cospargendolo con il suo sugo di cottura.

Filetto di Trota o Salmerino gratinato con pane all�Erba BonaErba bona è il nome dell’associazione di coltivatori di erbe aromatiche che opera in Val d’Ossola. Ingredienti per 4 persone: 4 filetti di trota bianca fario o iridea oppure salmerino del peso di circa 120 gr. Cad. 100 gr. di Pane grattuggiato. Erbe aromatiche dell’associazione Erba Bona tritate – salvia,rosmarino, maggiorana, timo, timo citrato, una foglia di aglio ur-sino tritata. sale. burro. farinaProcedimento: 1-mescolare bene il pane grattu-giato con tutte le erbe aromatiche finemente trita-te e un cucchiaio di olio di oliva. 2-rifilare i filetti di trota, eliminando le tutte le lische, quindi salarli leggermente in superficie. 3-Infarinare leggermente ogni filetto da ambo i lati, e dorarli qualche minuto in una padella antiaderente con il burro aromatizzato alla salvia. 4-Stendere i filetti in una placca da forno, ricoperta di carta oleata. 5-Coprire ogni filetto di pe-sce con il pane grattugiato alle erbe aromatiche, pre-parato in precedenza. 6-Terminare la cottura in forno a 200 gradi, per pochi minuti. 7-Servire imme-

diatamente.

PESCE IN TAVOLA

di Fabio Pizzicoli - Albergo Ristorante Buongusto - Mozzio di Crodo

g , p p .

diatamente.

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La lunga tradizione che l’Ossola ha nel campo degli insaccati, non ha solo un valore gastronomico o commerciale. Andando indietro nel tempo, quando agricoltura e allevamento erano attività di sussistenza, il maiale era quasi un motore dell’economia e la sua macellazione diventava una festa. Nei quasi cento giorni compresi tra dicembre e febbraio, quando gli animali raggiungono il quintale e mezzo, arrivava il turno del cervelé, il macellaio ambulante, che arrivava in paese e cominciava un duro e lungo lavoro. Perché, come recita il detto, del maiale non si butta nulla. Recuperate le cotenne, dalle quali si ricavavano poi pennelli, si attaccavano carne e interiora. La prima veniva macinata e, una volta aggiunte le spezie e gli aromi, insaccata nel budello. I salami così ottenuti venivano messi a stagionare. Ed era tradizione che, l’anno successivo, l’arrivo del cervelé fosse accompagnato dall’apertura di un salame confezionato proprio dodici mesi prima.

Salame della Valdossola: Salume tradizionale delle vallate alpine dell’Ossola, costituito da polpa scelta della coscia, lombo e lardo di maiale maturo. Le carni utilizzate sono quelle provenienti dalla regione e lavorate direttamente nel salumifi cio artigianale.Violino di agnello: E’ un cosciotto intero di agnello che viene salato e conciato con diverse droghe quali: la noce moscata, l’alloro e il rosmarino. La conservazione di questo prodotto è dovuta prevalen-temente al sale da cucina e all’essiccamento durante il periodo di stagionatura.Filetto alle erbe alpine: Viene preparato con il fi letto del suino, salato, macerato e aromatizzato con erbe aromatiche alpine e vino. Le carni utilizzate sono quelle suine provenienti dalla regione Piemonte.Pancetta alle erbe alpine dell’Ossola: Costituita dalla porzione ventrale del mantello di copertura del-la mezzena del maiale in cui il lardo è venato di fasci muscolari. Viene preparata con cotenna o senza, di-stesa o arrotolata. È un prodotto stagionato ottenu-to tramite salagione ed essiccamento secondo la tradizioni delle vallate alpine dell’Ossola rurale.Bresaola alle erbe alpine dell’Ossola: Carne sala-ta artigianalmente secondo la tradizione della valli ossolane, realizzata con tagli pregiati della coscia di vitellone e manzi allevati in regione, salati, macerati e aromatizzati con erbe aromatiche e vino; l’unico fattore conservante è rappresentato dal sale e dal nitrato.Mortadella della Val d’Ossola: Un salume realiz-zato con carni suine crude alle quali si aggiunge una piccola quantità di fegato (5%), in alcuni casi anche vino insaporito da spezie, una sorta di vin brulé. Il tutto viene insaccato nel budello di maiale a cui segue una stagionatura di due mesi. Il gusto è deciso per via delle piccole quantità di fegato di maiale e di vin brulé. Si mangia a fette, possibilmen-te accompagnato con il locale pane nero di Coimo. Quando è fresca si può lessare e servire con le pa-tate opure si può cuocere in forno e servire con polenta asciutta.

I SALUMI

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Una particolare specialità un salame prodotto con carni suine accuratamente selezionate, mirtilli freschi disidratati spezie e sale. Prodotto in quantitativi limitati, dal gusto fresco e dal gradevolissimo profumo, il gusto dolce del mirtillo nero da sapore al salame esaltandone le caratteristiche, non contiene derivati del latte ed è pertanto indicato per coloro che hanno intolleranza alle proteine di questo alimento. Altri prodotti che si possono trova-re presso il ristora-nte la peschiera di Malesco: Salame alle noci, Salame al ginepro, Lardo al nocciolo, Lardo al tarlap e molti altri prodotti da noi confezionati.

SALAME AI MIRTILLI

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VALLE ANTRONA

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Trekking fotografico ai laghi della Val Troncone, Antrona, Campiccioli, Camposecco, Cingino”

Partenza dal lago di Antrona sentiero GTA fi no alla diga di Campiccioli dove si può anche arrivare in auto, ma la strada è dell’ENEL. Attraversiamo la diga di Cam-piccioli, passiamo la centrale e ben presto troveremo un incrocio, prendiamo il sentiero che sale a destra. La salita è abbastanza dura, ma intervallata da tratti più scorrevoli. Il sentiero, ben segnato, ci porterà in tre ore al bacino di Camposecco. Prendiamo fi ato e godiamo dei panorami e dei paesaggi.

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L. di Campiccioli

L. di Antrona

L. di Cingino

L. di Camposecco

zata “20 minuti ca.” Aldilà della galleria il lago di Cingino. Facile osservare gli stambecchi sul muro verticale della diga e su tutto il sentiero alto. La discesa verso la Val Tron-cone la percorriamo sul sentiero SFT “Simplon Fletschorn Trekking” arrivati a valle seguiamo a destra verso il lago di Campiccioli. Durata dell’escursione 7-9 ore.

Proseguiamo seguendo le vec-chie rotaie che scendono sulla sinistra del bivacco fi no alla galleria dalla luce temporiz-

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FORMAGGI E SALUMI

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Facile da lavorare, resistente alle alte temperature e con una conduzione termica anche dieci volte superiore ai materiali refrattari, la pietra ollare è il non plus ul-tra per la cottura alla piastra. La steatite, questo il nome scientifi co della pietra nata in milioni d’anni sotto la pressione di rocce ricche di talco magnesio, non può essere riprodotta artifi cialmente. E, per questo, è ancor più preziosa. La “pietra laugera”, che veniva estratta nella bassa Val Bognanco e Antrona è una roccia serpentinosa verde utilizzata in passato per la costruzione di stufe, mortai, panche e perfi no tubature. In campo alimentare la si utilizza, come detto, perlopiù come bistec-chiera. Le avvertenze all’uso sono particolari. La pietra non deve essere mai lavata con detersivi, né bagnata con acqua fredda (nel caso si rompe con estrema facilità). Prima della cottura inaugurale va unta per non meno di 24 ore con olio d’oliva e asciugata con carta assorbente. Poggiata sul fornello domestico, sul barbecue o sotto una fi amma viva, una volta portata a temperatura si mantiene calda - e d’un calore uniforme - come nessun altro prodotto. Incastonata in supporti metallici che le consentono d’essere spostata, può essere servita in tavola

LA PIETRA

di Massimo Parma

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La “pietra laugera”, una roccia serpentinosa verde utilizzata in passato

per la costruzione. ”“

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viene servita nei classici piatti a scomparti con l’aggiunta di patate al forno e salse varie a base di maionese, curry, pepe-roncino, prezzemolo e aglio. Su richiesta viene servita anche una variante con il salamino, in questo caso è necessario lasciar raff reddare la pietra per non avere una ecessiva cottura che provocherebbe sgradevole fumo. La cottura su laugera è dietetica dato che non necessita di ag-giunta di condimento, viene messo solo un po di sale direttamente sulla pietra.

dove, per le sue caratteristiche, manterrà caldo il cibo e, in più, continuerà a cuo-cerlo. Dal ristorante Divin Porcello di Masera alcuni consigli per l’uso in tavola; qui il piatto viene servito con carne scelta di maiale, lonza e fi letto, accuratamente sgrassata e tagliata a fettine fi ni. La carne grassa sprigionerebbe fumo e il manzo ri-lascerebbe troppa acqua, inoltre la carne di maiale anche se ben cotta rimane piu morbida e sempre gradevole. La pietra

La bistecchiera in pietra ollare

è indicata nella cucina dieteti-ca, poiché cuoce il cibo senza grassi.È disponibile in due formati: 22x31x2 cm e 25x40x2 cm, completi di telaio in acciaio inox, fornellini e di una deliziosa confezione che ne fa anche un simpatico e originale articolo da regalo.Su richiesta eseguiamo bistecchiere ta-gliate a misura per barbecue esterni.La lavorazione della beola e del Seriz-zo sono le principali attività della ditta Prini. Con questi materiali, realizziamo, arredamenti per esterni, ed interni.

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gli gnocchi ossolani,la carne di maiale cotta sull’antica pietra ollare...

I salumi del

Il ristorante tipico ossolano

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VALLE ANTIGORIO

di Claudio Zella Geddo

Un luogo ridente e solare che grazie

alle sue condizioni climatiche ha potuto

godere di un’economia rurale di pregio. ”

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Il borgo di Oira e gli asparagi

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Campo pose, nel 1433, sulla facciata del-la dimora di Petrus Zani; aff resco di resi-duale e gotico incantamento da tempo collocato presso il convento del Sacro Monte Calvario. Più in generale Oira oltre al complesso religioso della parrocchiale di Sant’Abbondio al cui interno sono con-servate tele di santi del XVII° secolo, evi-denzia un ordito architettonico di pregio, un rigoroso equilibrio tra case e campi, terrazzamenti e boschi. Attraversandola si può osservare la parte alta medievale fi tta di croci potenziate e di costruzioni autodifensive con montanti a cuspide e portali a gemino, atmosfera d’antan ben evidente nelle losanghe bianco-rosse - simbolo della famiglia dei De Rodis - che si trovano dipinte su di un imponente e dominante edifi cio rustico. Ordito, quello di Oira, che rappresenta nella continuità dei materiali attraverso i secoli esempi di certa bellezza come le quinte in sasso con fi nestre del 1400, le doppie mensole in pietra del 1600 o le

Oira è un borgo ridente e solare di Cre-voladossola, luogo che da sempre ha

goduto di condizioni climatiche estrema-mente favorevoli e che dunque ha potuto sviluppare un’ economia rurale di pregio. Ma l’antica Oyra (così come viene defi ni-ta nell’Estimo di Crevola del 1396) risulta pure interessante per taluni aspetti artisti-ci ed architettonici d’eccellenza. Non si può certo dimenticare a questo proposito il celebre dipinto “Madon-na con il latte e i Santi Pietro e Antonio abate” che l’artista novarese Giovanni da

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Il Borgo di Oira

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fuso, uova, insalata, olio e limone e arric-chiti di sapore con abbondanti dosi di formaggio (l’odierno asparago alla pie-montese). Altri ceppi della pianta veni-vano invece portati al mercato di Domo-dossola per la vendita.Ma quali le ragioni di questa tradizione? Innanzitutto bisogna considerare come l’asparago (asparagus offi cinalis) ami i ter-reni soffi ci e ben concimati. Inoltre come specie indigena può crescere spontane-amente tra le vigne o le ripe dei torrenti. Teme molto l’eccesso di umidità ma al di là di questo ha poco da scontare essendo una pianta assai robusta e in grado di re-sistere ai freddi più intensi. Dunque l’habitat di Oira non può che ri-sultare ideale per questa Liliacea anche perché il terreno dell’asparagiaia deve essere un poco sabbioso anche calcareo e privo di pietre. Terreno che va preparato - come ci rife-risce chi ancora lo coltiva - scassandolo il più profondamente possibile si scavano quindi delle piccole buche nelle quali, a marzo, andranno piantate “le zampe d’asparago” (radici rizomanti). Dopo l’in-terramento si stende sul tutto un buon strato di letame ben maturo e 5 o 6 cm. di terra tratta dagli argini durante l’annata, si sarchia e si innaffi a ripetutamente aven-do la cura di tenere il campo libero dalle erbe infestanti; ad autunno si toglieranno poi i gambi ingialliti. L’asparago anche ad Oira ha dei nemici ovvero la cosiddetta ruggine dell’aspara-go che si deve asportare 10 cm. sottoterra con tagli sui gambi intaccati e il coleotte-ro Criocera che ne divora foglie steli.Si tenga presente che la raccolta dell’asparago può avvenire solo dalla ter-za primavera dell’impianto, cominciando con pochi turioni, vale a dire quei polloni con foglie quasi come squame a ciuffi e un frutto simile ad una bacca rossastra,

leziose grate antivolpi che adornano le case del secolo XVIII°.L’ agricoltura è sempre stata connotazio-ne fondamentale della fi sionomia eco-nomica e sociale del borgo. Oira, al di là della fantasiosa interpretazione secondo cui sarebbe stata una riviera a ridosso di un mare, ha sempre avuto un microclima di favore poiché risulta ben riparata dagl’ impetuosi venti che spirano - anche nei mesi estivi - da nord, nord-ovest. Si sono perciò sviluppate attività rurali tradizionali come la viticoltura, l’alleva-mento e la tessitura. Il celebre Prunent, ad esempio, è un vitigno locale (derivato dal Nebbiolo) la cui produzione e consumo sono accertati in Ossola a partire dal se-colo XIV°, con consistenti quote dedicate all’esportazione nel vicino Vallese lun-go la via del sale e poi su fi no al grande mercato di Lione. Nel 1990 la Comunità Montana Valle Ossola ha impostato un lavoro di recupero e valorizzazione di questo vitigno e dopo aver individuato i vecchi ceppi un impianto è stato posto anche ad Oira insieme con altri sette vi-gneti sparsi nella pianura ossolana. Il pro-cesso di maturazione del Prunent è lungo è solo dopo sette anni si ottiene l’uva da vinifi cazione a cui ne vanno aggiunti due per l’affi namento, ma si sa la tradizione vuole giustamente i suoi tempi!Una certa rinomanza culinaria il paese la conserva grazie ai famosi piatti a base di asparagi serviti al Ristorante Modoni, loca-le già citato dal Bazzetta con la seguente annotazione “Oira (mt 383) - Ristorante Modoni, buono - località frequentata da quelli di Domo nei giorni festivi della bella stagione“.Anche in base a testimonianze e riscontri reali sappiamo che fi no agli anni ‘70 era consuetudine coltivare, lungo i terrazza-menti, gli asparagi di tipo grosso e colore verde che poi venivano serviti con burro

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che dapprima risultano teneri per poi in-durirsi e ramifi carsi fi no a raggiungere il metro d’altezza. Vale la pena di sottoline-are in termini biologici la completa com-mestibilità dell’alimento e la sua funzione diuretica esaltata dall’aspargina, sostanza organica che si trova nelle radici e già ampiamente utilizzata dalla farmacopea medievale. A questo punto non resta altro che augurarsi bel tempo per poter assaggiare nei prossimi giorni l’asparago e ricordarsi poi d’assistere allo spettacolo della fi oritura estiva che fa parte dei ricor-di d’infanzia d’ogni ossolano.

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Oira and Asparagus

Oira is a pleasant and sunny suburb in Crevoladossola. Th e town has always benefi ted from favourable weather conditions. Th erefore it could develop a worthy rural economy.

Th e ancient Oira (so called in an offi cial Crevola document of 1396) is also interesting for worthy artistic and architectural facets.We must not forget the fresco “Madonna con il latte e i SS Pietro e Antonio Abate” (“Our Lady of milk with Saints Peter and Anthony Abbé”) by the artist Giovanni da Campo from Novara who painted it on the front of Petrus Zani’s residence in 1433. Th is Gothic fresco has been on Sacro Monte Calvario for a long time now.Oira shows a medieval self-defense gateway with a lot of Alp crosses and an impressive and com-manding rural building with white and red painted lozenges, De Rodis Family’s emblem.Th e wine-growing has given our palate the Prunet (a local wine from Nebbiolo wine). Th e grow-ing of this wine was established in the 14° century. Th e Prunet must mature for 7 years and 2 years are added on for better quality.Th e famous Oira cuisine is of dishes with asparagus. Th e asparagus offi cinalis loves soft and well fertilized soil and it can grow naturally in the vineyards or on the banks of the streams. So the habitat in Oira is perfect for this plant. It’s worth pointing out the whole edibility of the species and its diuretic function from asparagines, an organic matter, which is found in its roots and was employed in medieval medicine.Don’t forget to see the summer fl owering of the asparagus though: it is a wonderful sight!

EN

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La Valle dei Marchia cura della Comunità Montana Antigorio Divedro Formazza

La Valle Antigorio Divedro Formazza è la punta estrema del Piemon-te, costituita prevalentemente da territorio montuoso, con una superfi cie di 61.033,00 Km2 con circa 12.000 abitanti. È un contesto montano che come spesso accade appare abbastanza chiuso, mal-grado ciò, in alcuni settori le imprese e le istituzioni hanno saputo

coniugare la tradizione culturale con una modernità più simile a quella che si può trovare nelle aree urbane delle grandi città del nord, che si distinguono per le azioni dirette alla

salvaguardia delle produzioni artigianali ed industriali, e anche nell’ambito più generale del made in Italy.

La storia dei marchi della valle parte dal Crodino, ideato dalla vulcanica mente del patron delle Terme di Crodo, Piero Ginocchi, ne è partita la commercializzazione nel 1964, e da allora che “l’analcolico biondo fa impazzire il mondo”, e pare che il mondo impazzisca davvero per il crodino® visto che se ne producono dai 3 ai 6.000.000 di bottiglie la settimana nel solo stabilimento di Crodo. Accanto all’aperitiv-vo fanno la loro bella fi gura anche i marchi Crodo Lisiel® e Crodo Cesa®, Acque minerali molto diff use specie nella ristorazione, per la qua-le sono state valorizzate da belle bottiglie di forma innovativa.

Nel 1998 è stato creato il marchio Bettelmatt® ad opera della Comunità Montana Antigorio Divedro For-mazza e di un gruppo di agricoltori, impegnati in una zona di produzione di formaggio d’alpeggio, com-presa fra i comuni di Premia, Baceno e Formazza, a ridosso della catena montuosa dominata dai 3235 metri del ghiacciaio dell’Arbola. Tale creazione ha coinciso con la stesura di un disciplinare di produzione al quale chi produce Bettelmatt® si deve attenere per avere la possibilità di utilizzare tale denominazione. Quindi, oltre ad esserne possibile la produzione in quei soli sette alpeggi riconosciuti per uniformità di clima, fl ora e altitudine, si produce seguendo regole precise quali il divieto di alimentare con mangimi il bestiame che produce il latte da utilizzare, che deve essere alimentato unicamente con erba fresca media-nte il pascolamento. Inoltre nella caseifi cazione non è previsto l’utilizzo né di lattofermenti né sierofermenti. Prece-dente invece è il marchio del formaggio Ossolano, creato nel 1990 dalla sinergia tra le Comunità Montane e la Provincia, capeggiate dalla Valle Ossola ed i produttori di formaggio tipico, tra cui spiccava già allora la Latteria Antigoriana di Crodo®, che è un marchio registrato, che nell’arco di questi 18 anni di marchi, oltre all’Ossolano, ne ha creati ben altri 4 legati a loro volta ad un tipo di formaggio: Fria®, Aleccio®, Baita® eCistellino®, ed un 5° registrato insieme all’Enoteca Garrone, di Crevoladossola, dal nome Prunent® che è sia il nome di un vino, ricavato dal recupero di un antico

ca aoper il

qua-

unità Montana Antigorio Divedro For-

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clone locale del nebbiolo, che un formaggio Ossolano stagionato in vinacce di Prunent, della famiglia Garrone è anche il marchio Cà d’Matè che contraddistingue un ottimo vino affi nato nell’omonima can-tina di Oira. Anche in Val Formazza, ad opera della Cooperativa Formazza Agricola è stato registrato un marchio, il Formazza® appunto, che caratterizza un formaggio fatto con latte crudo a pasta semi cotta, con lavorazione molto tipica della zona, ma fatta su tutto l’arco dell’anno.La Lumaga® di Crevoladossola è il marchio registrato di una aziena agricola di due coraggiose donne che da 10 anni allevano lumache che vendono vive o trasformate.Negli ultimi anni sono nati altri marchi legati a prodotti come il Dvarun®, che contraddistingue un formag-gio della Valdivedro, e sempre in questa Valle è nato nel 2007 il marchio più spiritoso: L’Asino di Varzo®, punto di partenza di una serie di eventi e interventi volti a favorire ed incrementare l’allevamento di questi graziosi equini.

Th e valley’s brands

The history of the valley’s brands begins with “Crodino”. Brought into the market in 1964, at present from 3 to 6 million bottles are produced every week in the Crodo’s factory. Along with the aperitif,

also several mineral water’s brands, like Crodo Lisiel and Crodo Cesa, enjoy a very good reputation. In 1998 a brand called Bettelmatt has been created by the Mountain Community of Antigorio, Divedro, Formazza together with a group of farmers working in an area dedicated to the production of Alpine cheese, which stretches from Premia to Baceno, reaching Formazza. In 1990 the brand “Ossolan Cheese” has been brought to light. Born of the common eff ort of the Mountain Communities and the Province, headed by the Ossola Valley and the homemade cheese producers, among whom, even then, stood out the “Antigoriana di Crodo” Dairy. Th e latter is a registered brand, which in the last 18 years created, aside from the Ossolano, other four brands, each linked to a kind of cheese: Fria, Aleccio, Baita and Cistellino. A fi fth one, registered along with the Garrone Wine Celiar of Crevoladossola, has been called Prunent. Th e name reminds that of an old locai wine similar to Nebbiolo, and that of an ossolan cheese seasoned in Prunent’s vines, as well. Belonging to the Garrone’s family is, also, the brand “Cà d’matè” which answers to the name of a tasty wine produced by a wine-cellar located in Oira that bears the same denomination. Also in thè Formazza Valley a brand has been registered by the Agricultural Formazza Cooperative: the Formazza.Th e Formazza is a cheese made all year long with raw milk and a semi-cooked pasta, with a special procedure very much typical of the area. Th e “Lumaga” of Crevoladossola is a registered brand of an agricultural fi rm owned by two brave women who have bred snails, which are sold alive or processed, for already ten years now.In the last years, other brands linked to products like the Dvarun, a cheese from Valdivedro, were born. In the selfsame valley in the year 2007, the funniest brand “L’asino di Varzo” (Varzo’s donkey) was born, starting point for a series of events and participations by a group of Varzo inhabitants.

EN

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Bar Ristorante Pizzeria

Fiore del DeveroFiore del Devero

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Inizialmente il vino in Ossola fu importato e presto si cercò di produrlo sul posto a minor prezzo grazie anche alla grande adattabilità della vite ai climi più diversi.

In seguito ad un periodo di netto miglioramento del clima verifi catosi a partire dal I millennio a. C. e che raggiunse l’optimum verso il 300 circa a.C., si presentarono le condizioni ideali perché alcuni vitigni, già acclimatati sulle rive del lago Maggiore, co-minciassero ad essere piantati anche nelle valli più a Nord grazie alle vie d’acqua rap-presentate dai fi umi Ticino e Toce.Una importante testimonianza della antica coltivazione della vite in Ossola si trova nell’area megalitica di Varchignoli all’imboccatura della Valle Antrona nel comune di Montescheno, nella quale un ripido pendio esposto a mezzogiorno è stato trasformato in una serie di gradonature terrazzate utilizzate per la coltivazione della vite e di altre specie indispensabili al sostentamento delle popolazioni locali.Le terrazze sono sostenute da alti muri di pietra a secco e sono corredate da serie di scale sempre in pietra e da un sistema di drenaggio molto effi ciente a cui si aggiunge un sistema superfi ciale di irrigazione necessario solo in periodi di eventuale siccità. Infi sse perpendicolarmente al terreno vi erano lastre verticali con incavi a sella che so-stenevano i supporti di legno orizzontali mentre inserite orizzontalmente alla sommità dei muri si trovano lastre di pietra a tenaglia (palanghèr) o a foro passante (schènsgian) per trattenere la palifi cazione verticale dell’impianto; l’insieme di queste strutture oriz-zontali e verticali di pietra e legno utilizzate per il sostegno delle viti, altrove chiamate

I VINI

Storia dei vini ossolani,

Prunent, Cà d’Matè, Ossolanum

Tarlap, Balòss, Cà d’Susana. ”“

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pergole, in Ossola nel Medioevo vengono denominate “topie”. Nella necropoli di Ornavasso sono stati ritrovati numerosi tipici potatoi da vite alcuni dei quali pre-romani: essi testimoniano la presenza della coltivazione della vite in tale territorio già a partire dall’epoca gallica.Altri potatoi da vite, connessi a quelli per lo sfoltimento degli alberi tutori, sono stati ritrovati nella necropoli di Craveggia in Valle Vigezzo.Per il IV e III sec. a. C. le testimonianze riguardanti la vite e il vino si trovano soprattut-to nel Canton Ticino e sono documentate da brocche di bronzo a becco, destinate probabilmente al culto religioso, la cui produzione terminerà alla fi ne del IV sec. a. C. e da fi asche di terracotta con l’imboccatura stretta, antenate dei “vasi a trottola”, i tipici contenitori di vino.Le testimonianze databili ai secoli successivi sono molto numerose e relative ai corredi tombali in cui si trovano frequentemente recipienti chiamati “vasi a trottola”.Proprio dalla Val d’Ossola proviene una delle più famose iscrizioni in lingua celtica ed alfabeto leponzio riferita al vino: è scritta su un contenitore di vino, un vaso a trottola, ritrovato nella necropoli di San Bernardo di Ornavasso e conferma che il vaso contene-va vino off erto a due personaggi da parte dei loro fi gli.Nell’VIII sec d.C. il vino è uno dei prodotti delle decime pagate dalla popolazione alla chiesa.Nel XIV sec. viene menzionato per la prima volta il nome Prunent, il vitigno autoctono ossolano per eccellenza; in un testamento datato 18 Maggio 1309 è registrato il ge-neroso lascito annuale perpetuo in suff ragio della propria anima da parte di Dumino di Pello (Trontano) al Convento dei frati minori di Domodossola di nove staia di vino; questo vino doveva essere tutto Prunent della sua vigna e doveva servire solo per la celebrazione della Santa Messa. L’importanza della produzione vitivinicola in Ossola è dimostrata dalla protezione ac-cordata ai vigneti da tutti gli statuti comunali; per esempio il tempo della vendemmia era tassativamente stabilito dai consoli delle comunità; secondo gli Statuti di Villados-sola del 1345 la vendemmia poteva iniziare solo a S. Michele.Vi sono poi altri statuti che riguardano l’incanevazione del vino, controllata dal pretore per assicurare la genuinità del prodotto, e tutte le norme imposte ai tavernieri che po-tevano vendere vino solo in tempi stabiliti e con misure controllate.Taverne ed osterie erano, del resto, sparse in tutta l’Ossola. Il commercio del vino ossolano assunse una sempre maggiore importanza fi no a di-ventare il prodotto principale dell’agricoltura locale, raggiungendo per secoli le tavole e le taverne della Svizzera centrale valicando le Alpi a dorso di mulo attraverso i passi montani del Sempione, del Gries, dell’Arbola, del S. Giacomo, cariche di botti di vino.Il vino divenne fonte di grande ricchezza per diverse famiglie di notabili locali che riu-scirono ad accaparrarsi le zone migliori per la produzione del buon vino, come testi-moniano certe splendide magioni storiche situate a Trontano e Masera, dove avevano masserie e fattorie gestite a mezzadria dalle quali potevano raccogliere grandi quantità di vino che veniva poi smerciato nelle osterie di loro proprietà che sorgevano strategi-camente nei borghi e nei luoghi di maggiore passaggio. In tali osterie i tavernieri potevano vendere solamente il vino dei signori proprietari: al ponte di Crevola, passaggio obbligato per la Svizzera e la Valle Antigorio e Formazza, vi

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era l’Osteria che off riva solamente il vino dei signori Dal Ponte mentre all’entrata in Domodossola dalla porta di Briona si trovava sulla sinistra l’Osteria della Corona Grossa appartenuta prima ai signori Ratti, che racco-glievano le decime per il Vescovo di Novara, e poi ai Ruga e sulla destra la trattoria della Cerva di proprietà dei signori della Silva. Anche tutte le chiese delle alte valli, come quelle di Malesco, Re, S. Maria Maggiore, per rifornirsi del “vino da messa”, che doveva essere buono, puro e di qualità, provvedevano ad acquistare masserie nelle zone migliori di Trontano, Masera, Montecre-stese e Villadossola nelle quali facevano lavorare la

era l’OsPonte di BrioGrossglievaRugadei sAncdi M“vindi qneste

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OIRA DI CREVOLADOSSOLAVia Valle Formazza, 13Tel. (+39) 0324.242990 - 33738Fax 0324 247297Cell. 335.7507609e-mail: [email protected]

Cà d’Matécantina di affinamentocantina di affinamento

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gente del luogo dalla quale al momento della vendemmia i fabbricieri si presentavano per esigere e raccogliere l’affi tto in natura.Ad eccezione dei tempi di guerra e della peste il commercio del vino è stato costante ed intenso e di grande importanza per l’economia ossolana.Tuttavia, nel XVII sec. il governo centrale spagnolo contingentò il commercio del vino ossolano per garantirne un adeguato rifornimento alla Lombardia nei tempi di carestia. Ma il mercato lombardo non era conveniente per gli ossolani perché i prezzi, calmierati dai governatori, erano bassi mentre salivano sui mercati svizzeri e consentivano così di ottenere il denaro necessario per rifornirsi di tutti quei generi alimentari (grano, sale, ecc.) che non potevano produrre in loco.A queste limitazioni gli ossolani cercarono di opporsi con mezzi legali e non.Alcuni intraprendenti mercanti riuscivano facilmente a immagazzinare il vino in rifugi vicino al confi ne e quindi a trasportarlo in Svizzera utilizzando i sentieri di montagna che più tardi i contrabbandieri avrebbero seguito per trasportare ben altri beni.I mercanti più ricchi e di maggiore censo potevano perseguire le vie legali chiedendo dei permessi di esportazione al governo spagnolo di Milano che raramente li concede-va e sempre limitati nel tempo e nelle quantità da esportare.Un esempio illuminante ci viene da un documento di concessione, scoperto sempre da Don Tullio Bertamini e datato 21 Giugno 1632, con il quale viene data licenza ai signori Giovanni e Cipriano Capis di esportare ”cento some di vino et condurlo nelli Paisi de Signori Valisani et Svizzeri non ostanti gli ordini in contario”. Tale concessione, rinnovata anche per l’anno seguente, era veramente un’eccezione dal momento che in tutto lo Stato di Milano vi era grave penuria di vino in quanto gran parte delle vigne era rimasta incolta e improduttiva a causa della peste del 1630. Successivamente numerosi furono i ricorsi opposti dagli ossolani per ottenere la libe-ralizzazione del commercio del vino con la Svizzera: solo dopo lunghe trattative, con

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un decreto del 27 Dicembre 1654, veniva de-fi nitivamente confermata una concessione, data l’anno precedente, a tutti gli abitanti dell’Ossola di poter “condurre li vini nelle par-ti circonvicine de Svizzeri e Vallesani e dove gli farà più comodo, nonostante qualsiasi ordine in contrario”.Tale prosperità continuò nei secoli suc-cessivi fi no a quando ai primi del 1900 il quadro generale cominciò a cambiare. In primo luogo si verifi cò l’aumento del dazio doganale sul vino imposto dal Vallese che iniziava, all’inizio del secolo, a dare impulso alla viticoltura locale, ad impiantare vigneti propri orientandosi verso una protezione sempre maggiore delle proprie produzio-ni; diminuendo le esportazioni comincia-rono ad essere abbandonati i terreni più scomodi da coltivare ma che, in alcuni casi, essendo posti su terrazze scoscese e molto soleggiate, davano produzioni di grande qualità.Ai primi del XX sec., inoltre, la distruzione provocata in Europa dalla fi llossera portò

alla ricostituzione degli antichi vigneti su piede americano. I viticoltori ossolani, che acquista- vano le nuove piante di vite sui mercati del novarese, non sempre erano ben consigliati sulle caratteristiche che dovevano ave-re le uve da coltivarsi in zone di montagna. Cominciarono così a sostituire il Prunent con altri vitigni sicuramente più produttivi ma molto meno pregiati e non adatti alle condizioni pedoclimatiche ossolane. Infi ne, nella seconda metà del 1900, lo sviluppo industriale comportò l’esodo di forza lavoro dalla campagna e dalla montagna con conseguenze sociali e ambientali non sempre positive.La viticoltura, non costituendo più una attività remunerativa paragonabile alla fabbrica fu sempre più trascurata, soprattutto a livello di assistenza tecnica, determinando una contrazione delle superfi ci vitate dai 759 dei primi del 1900 ai poco più dei 60 attuali. A tuttoggi i vigneti ossolani costituiscono piccole oasi coltivate in mezzo ai boschi.

LA VITICOLTURA OSSOLANA OGGI Nel Gennaio 1990 la Comunità Montana Valle Ossola ha avviato in collaborazione con l’Università Cattolica di Piacenza UN PROGETTO DI RECUPERO E VALORIZZAZIONE DEL-LA VITICOLTURA LOCALE.

Nel 1994, accogliendo le richieste pervenute da parte di numerosi produttori si è co-stituita, con il supporto della Comunità Montana Valle Ossola, l’ASSOCIAZIONE PRO-DUTTORI AGRICOLI OSSOLANI allo scopo di continuare ed incrementare il programma

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di assistenza tecnica, promuovere la commercializzazione dei prodotti e agevolare in ogni altro modo gli agricoltori che ne fanno parte. Attualmente l’associazione conta oltre 200 associati.Dal 1997 alcuni produttori delle zone di Pello, Masera, Trontano, Montecrestese, Crevo-ladossola e Villadossola, soci della Associazione, conferiscono una parte delle loro uve (Nebbiolo, Croatina, Prunent) alle cantine dei F.lli Garrone per vinifi carle in comune.Attualmente i soci conferenti sono una cinquantina.Nel 1999 è sorta, su richiesta dei viticoltori, una COMMISSIONE DI TUTELA DEL VINO OSSOLANO alla quale vengono sottoposti tutti i vini ossolani prima della commercia-lizzazione, al fi ne di garantire la genuinità del prodotto e di promuoverne al meglio l’immagine. Dal 2000 partecipano al progetto anche la Comunità Montana Valle Anti-gorio Divedro e Formazza, il Comune di Crevoladossola e l’Assessorato all’Agricoltura della Provincia del V.C.O. Si è avviata, inoltre, una collaborazione con il CNR Centro Vite

dell’Università di Torino. Nel 2005 è stato depositato il marchio della ASSOCIAZIONE PRODUTTORI AGRICOLI OSSOLANI con il quale vengono venduti i vini ossolani e gli altri prodotti dei frutticoltori.

Attualmente i vini commercializzati con l’etichetta e il marchio dell’Associazione sono:Prunent: 4000 bottiglie - clone di Nebbiolo autoctono vinifi cato in purezza provenien-te da Pello, Trontano, Masera e dagli impianti sperimentali di Cisore, Crevoladossola e Crosiggia; invecchiato e affi nato in piccole botti di rovere;Cà d’Matè: 7.000 bottoglie - uvaggio di Nebbiolo, Croatina e Prunent prodotto con uve provenienti da Cisore, Masera, Pello, Trontano, Crevoladossola, Montecrestese; in-vecchiato e affi nato in piccole botti di rovere;Ossolanum: 30.000 bottiglie - vino giovane ottenuto da un uvaggio di Nebbiolo e Cro-atina, provenienti da tutti i vigneti ossolani;Tarlap: 7.000 bottiglie - Merlot monovitigno proveniente da Villadossola e Calice; viene affi nato in grandi botti di rovere;Balòss: 700 bottiglie - Pinot nero vinifi cato in purezza proveniente da Trontano; a se-conda delle annate può essere invecchiato e affi nato in piccole botti di rovere;Cà d’Susana: uvaggio di Nebbiolo e Cabernet Sauvignon prodotto a Crevoladossola; a seconda delle annate può essere invecchiato e affi nato in piccole botti di rovere.

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VALLE VIGEZZO

A cura dell’Uffi cio Turistico di Santa Maria Maggiore

Il delizioso nucleo abitativo di Sasseglio, adagiato ad occidente di Druogno, è caratterizzato da un impianto rurale e si sviluppa intorno ad un bel mulino. Questo è una delle poche strutture comunitarie rimaste in Valle Vigezzo.Un tempo, vari paesi erano dotati di mulini, solitamente di proprietà privata, ma utilizzati a pagamento dalla comunità. Il Pollini, nel 1896 scrive: “(…) lavorano tutto l’anno e si paga una lira al quintale per fare macinare”. A volte, essi comprendevano anche il frantoio (pescta) per sfi brare la canapa (coltivata per produrre la tela da cà) oppure per frantumare i frutti oleosi, come le noci (dopo la cui spre-mitura restava una spessa scorza, panela, di cui i bambini erano molto golosi) e la faggiola, cioè il frutto del faggio dal quale si ricavava l’olio per il consumo domestico come comple-mento ai grassi animali oppure come combustibile per le lampa-de in luogo del petrolio, e anche il torchio che frantumava sommariamente castagne e ghiande le quali venivano poi macinate perché diventassero farina. Qualcuno frantumava anche i fagioli.Il prodotto da macinare veniva portato a dorso d’asino oppure sulla cadola dalle donne; in alter-nativa era il mugnaio a girare con il carro per pro-curarsi i clienti.

L’acqua necessaria ad azionare il mulino proveniva dal vicino torrente (rial) mediante un canale (rugia) che a volte era un’ardita opera di ingegneria, ricavata su pareti a picco. L’acqua giungeva sulla ruota (di quercia o larice) sul cui albero, all’interno della parete, era fi ssata una ruota più piccola.La vera e propria mulitura avveniva quando il grano veniva gettato in un imbuto quadran-golare (tramoggia) dal quale scendeva, scorrendo tra due mole di sasso, la cazzola, una sorta di paletta di legno agganciata a due cordicelle che, premuta contro la tramoggia, regolava il fl usso del grano. Ogni due mesi circa, il mugnaio doveva sottoporsi alla fatica di picà i mooi. Doveva, cioè, togliere dalla macina superiore la tramoggia per lasciare a nudo la macina stes-sa. Legava questa e la faceva ribaltare, perché con un apposito martelletto doveva incidere sulle facce troppo levigate dalle mole, per restituire rugosità in modo da stritolare il grano.A lato del mulino, in direzione Ovest, prende avvio un percorso all’ombra di faggi e castagni, che conduce a Coimo. Giunti nella bellissima frazione di Coimo, collocata a solatio nell’estre-ma propaggine occidentale della valle e adagiata sulle pendici della catena che allinea le cime della sella dell’Alom e della Loccia di Peve alla cima più alta della Scheggia, osserviamo un territorio dominato a ovest dai campi e a est dalla splendida chiesa di Sant’Ambrogio, posta in posizione eccentrica rispetto all’abitato.In centro, in prossimità della latteria sociale, si trova il forno privato che produce, con conti-nuità e tecniche tradizionali, il tipico “pane nero di Coimo”, un pane di farina di segale rustico, rotondo e piatto, dalla crosta marrone molto scura e dalla pasta bruna: si produce con farina di segale integrale, farina di grano tenero, acqua, sale e lievito naturale, con una minima aggiunta di lievito di birra.In Vigezzo, come in tutte le aree di montagna, il pane veniva cotto solo un paio di volte all’anno nei forni comunitari: ecco perché la giornata destinata alla panifi cazione era anche un momento carico di signifi cati rituali e augurali. La produzione del pane dolce (crescenzin o credenzin), trae origine dall’abitudine di sfruttare il calore del forno dopo la cottura delle forme di pane e accompagnava quindi ogni panifi cazione: all’impasto di pane avanzato, si aggiungevano uva passa, noci, fi chi secchi e si otteneva il pane dolce.

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LE MANI IN PASTA

di Marco Blardone

Di frumento, di grano saraceno, di miglio, di mistura, di segale o scaià, il pane è da sempre uno degli alimenti base della cucina ossolana. Semplice, nutriente, sostanzioso, è stato

una delle principali fonti di sostentamento delle popolazioni che nei secoli hanno abitato le nostre montagne.Nelle fragranti forme di pane ancora caldo, appena tirate fuori dal forno, è racchiusa la storia, fatta di poche parole e di gesti intrisi di tradizione e saggezza, con cui di generazione in generazione si è tramandato il rito della panifi cazione e di cui dobbiamo avere me-moria anche noi, per non smarrire il senso delle nostre origini e delle nostre radici.Come testimonia un articolo scritto dall’esperto e infaticabile stu-dioso di storia locale Don Tullio Bertamini, apparso su Oscellana (n. 2, 2002), per secoli e secoli il pane e il modo di prepararlo sono stati uno degli avvenimenti centrali attorno a cui ruotava la vita delle nostre comunità, con le sue precise fasi da seguire, con le sue feste e con le sue leggi.Nel ventesimo secolo, con lo sviluppo dell’economia e dell’industria, anche in Ossola è diven-tato possibile per tutti avere ogni giorno a disposizione del pane fresco nella quantità deside-rata; ma prima di allora le cose erano ben diverse. Gli abitanti di queste montagne dovevano lottare quotidianamente per strappare faticosamente alla terra le materie prime di cui aveva-

Breve storia del pane e

della panifi cazione in Ossola ”“

il forno di Salecchioil pane di Trontano

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no bisogno per mangiare. Molti erano costretti a lasciare la famiglia e gli aff etti per emigrare in Francia, in Germania o in altre parti d’Italia alla ricerca di un pane più facile. Gli altri, quelli che restavano, dovevano accontentarsi della biava, ovvero della segale, di qualche gerlo di fi eno e di qualche brenta di vino, il resto degli alimenti, tra cui il frumento e le altre granaglie, do-veva essere importato, perché non bastava quello che veniva prodotto dagli stretti campetti di pochi metri quadrati che venivano ricavati innalzando muri sulle pendici delle montagne, spingendosi fi no a 1200 mt di altezza. Per questo motivo gli ossolani furono costretti a combattere nel corso dei secoli per vedersi riconosciuti privilegi ed esenzioni dai dazi che altrimenti avrebbero reso la vita ancora più diffi -cile. Così nel 1381 ottennero dai Visconti di Milano il “forum bladii, vini, leguminum, et aliarum victualium reum” con cui veniva loro riconosciuto di poter importare da qualunque luogo i generi alimentari primari. Lo stesso diritto fu riconfermato sotto Francesco Sforza nel 1450. Successivamente, con gli Spagnoli le liti e i ricorsi divennero permanenti, rendendo veramen-te ammirevole la tenacia con cui i nostri avi lottarono per la loro sopravvivenza.Viste le grandi diffi coltà, le epidemie e le carestie che colpivano la popolazione, nelle frazioni rurali e nei villaggi, il pane era un privilegio e poteva venir fatto soltanto poche volte all’anno, in genere dopo la mietitura, verso la fi ne dell’anno e per Pasqua, mentre nelle città e nei borghi dove se ne faceva commercio, proprio a testimoniarne l’importanza, la sua preparazione e la sua vendita veniva disciplinata da una minuziosa legislatura.La dispersione dei nuclei abitati e la scarsa comodità delle comunicazioni che caratterizzava le nostre valli nelle epoche passate ha reso indispensabile la realizzazione di numerosissimi forni del pane di cui si possono ritrovare esemplari ancora ai giorni nostri in varie comunità, come Trontano, Monteossolano, Cimamulera, Tappia, Montecrestese, Masera, Fomarco, Salec-chio, Meggiana e Meggianella, ecc.. Venivano costruiti forni che dovevano servire interi borghi,

Via Bonardi, 24Coimo di DruognoTel. 0324.93027

Abitaz. Tel./Fax 0324.93383

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oppure frazioni, corti o anche famiglie singole o gruppi di famiglie che si organizzavano in “squadre” per usufruire del forno a turni, occupandosi assieme delle riparazioni e della manu-tenzione. Così il forno è diventato uno degli elementi caratteristici della tipica corte ossolana che da tempo immemorabile si compone della casa di abitazione, della stalla, del fi enile, del torchio e del forno.Quest’ultimo si basava su un modello di funzionamento di derivazione romana, che per le sue caratteristiche di economicità e di praticità è rimasto praticamente invariato nei secoli. Era costituito da un basamento in muratura con un piano in pietra dove veniva posto il pane da cuocere. Sopra di esso una volta in pietra o mattoni a forma di calotta sferica aveva lo scopo di irraggiare uniformemente il calore. Sul davanti si apriva una bocca rinforzata da un davanzale, ampia abbastanza da lasciare passare la legna e poi il pane. Talvolta il forno era distaccato dalla casa di abitazione, mentre più raramente era inserito nel muro perimetrale con la bocca rivolta verso l’esterno. Quando il forno era comunale le massaie dovevano prenotarsi, altrimenti, se era familiare potevano scegliere liberamente il momento in cui fare il proprio pane.Il tempo della panifi cazione non era una semplice attività culinaria, ma un vera e propria ce-rimonia, con le sue fasi e con i suoi riti. Innanzitutto, qualche giorno prima le donne facevano inacidire un po’ di pasta per preparare il leva, il lievito, che si trasmetteva poi da una massaia all’altra a seconda dei turni. La sera precedente alla panifi cazione si procedeva ad impastare il lievito con due o tre chili di pasta che si lasciava fermentare tutta la notte, dopo avervi fatto sopra il segno della croce come la tradizione voleva come atto propiziatorio. La mattina seguente si accendeva il forno e mentre questo si scaldava, nella panera, un trogolo di legno di ampie dimensioni, si lavorava la pasta: fi no a 50 o 60 chili, da cui si ricavavano le tipiche pagnotte caserecce di un chilo circa. Le formelle venivano coperte dai drapui, particolari coperte di canapa e lino, sotto cui restavano a fermentare un’altra ora prima di essere infornate. Una volta cotto il pane veniva estratto e lasciato a raff reddare su delle assi di legno chiamate ass dul pan. Una forma di pane caldo era però lasciata ai bambini che se la spartivano, impazienti e felici, tra grida e risate. Una volta raff reddato il pane così ottenuto era pronto per essere spezzato dall’uomo di casa che lo condivideva con la famiglia e con gli amici. Come si può vedere, quindi, il pane, che oggi noi siamo abituati ad avere come presenza

scontata sulle nostre tavole, era, in realtà, per gli Ossolani di una volta una sorta di miracolo e di benedizione attorno a cui ruo-tava la vita di tutta la comunità.A questo proposito va segnalata un’interessantissima ini-ziativa denominata “Le mani in pasta...” promossa dal CEA Formont di Trontano, Centro di Esperienza ed Educazione Ambientale. Con questa iniziativa si dà ai ragazzi della scuola dell’infanzia e delle scuole primarie la possibilità di sperimenta-re presso il laboratorio CEA di Trontano tutte le fasi che abbia-mo visto e caratterizzare le operazioni della panifi cazione di un tempo, potendo così toccare con mano il rapporto diretto che esiste tra uomo e natura, vivendo un momento signifi cativo di trasformazione delle risorse naturali in uno dei cibi di maggior

importanza per la nostra cultura, recuperando gesti, odori e sapori un tempo consueti ed ora dimenticati.

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Circondata dalle sue splendide montagne, l’Ossola racchiude in sé un inestimabile patrimonio di bellezze paesaggistiche,

naturali e artistiche. L’essere terra di montagna, oltre agli splendidi scenari, ha comportato però anche la necessità di fare i conti con le diffi coltà legate al clima, al territorio e alla lontananza dai principali centri, facendo delle genti che l’hanno abitata fi n dall’antichità un esempio di ingegno e di digni-tosa operosità.Oggi il Formont raccoglie idealmente questo testimone, proponendosi come consorzio per la formazione professionale e per lo sviluppo delle attività di montagna, impegnandosi a valorizzare le potenzialità insite nel nostro territorio, forte di un’esperienza ormai più che ventennale che parte dal lontano 1984.Dopo Bognanco e Druogno, dal 2006 la sede è stata trasferita a Villadossola, potendo così sfruttare i benefi ci derivanti dall’avere una posizione più centrale e facilmente raggiungibile. Questo da un lato ha consentito al Formont di svolgere in maniera più capillare la fonda-mentale funzione di formare i giovani che devono assolvere l’obbligo scolastico e dall’altro ha agevolato la promozione di corsi rivolti a persone, occupate o disoccupate, tesi a svilup-pare professionalità in grado di sfruttare le risorse del territorio. Inoltre, il fatto di avere la sede a Villadossola dà al Formont anche la possibilità di diventare un punto di riferimento per lo sviluppo di ogni tipo di progettualità mirante a realizzare un processo di crescita per l’Ossola. Le due principali risorse affi nché questo si realizzi sono i giovani e il turismo. Il Formont con la sua attività di formazione scolastica coniuga proprio questi due aspetti, dando ai ragazzi l’opportunità di intraprendere una carriera presso aziende alberghiere e ristoranti di alto li-vello, insegnando loro, oltre alle competenze tecniche professionalizzanti, anche la passione per il proprio mestiere.Ma le attività portate avanti dal Formont non si fermano a questo, si dà infatti rilevanza anche al settore della sicurezza nelle attività forestali e di protezione civile (SeSaFor) e a quello socio assistenziale. Inoltre ci si occupa anche di attività congressuali, catering, organizzazione di manifestazioni ed eventi, promozione e valorizzazione dei prodotti enogastronomici locali e dell’educazione ambientale presso il CEA, Centro di Educazione Ambientale, di Trontano. Infi ne, il Formont è uno dei principali organizzatori della manifestazione Montagna & dintor-ni che vede ogni anno la partecipazione di importanti artisti, sportivi e personalità che a vari livelli hanno fatto della montagna, non soltanto una professione, ma anche una passione e una scelta di vita, proprio perché la possibilità di sfruttare al meglio le potenzialità dei territori montani, e quindi anche dell’Ossola, passa in primo luogo dalla no-stra consapevolezza delle immense ricchezze natu-ralistiche, storiche e artisti-che che essi ci off rono.

perché la possibilità di sfruttare al

Consorzio per la formazione professionale delle attività di montagna.

Accreditato presso la Regione Piemonte

Via Boldrini, 38 - 28844 Villadossola (VB) - Tel. 0324.53041 Fax 0324.575350

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ALPEDEVERO

ALPE DEVEROAlbergo Ristorante “La Lanca”

Tel. 0324.619135 Tel. [email protected]

ALPE DEVERORifugio CAI “Capanna Castiglioni”Tel. 0324.619126 Cell. [email protected]

ARTr

ALPE DEVEROBar Pensione “Funivia”

Tel. 0324.619195 Cell. [email protected]

ALPE CRAMPIOLOAlbergo Ristorante “La Baita”

Tel. 0324.619190/57 Cell. [email protected] DEVERO

Bar Pensione “Fattorini”Tel. 0324.619177 Cell. [email protected]

ALPE DEVERORistorante “Casa Fontana”Cell. 377.3108017 Rosy [email protected]

ALPE DEVEROAntica Locanda “Alpino”Tel. 0324.619113 Cell. [email protected] ALPE DEVERO

Casa per Vacanze “La Rossa”Cell. 335.458769 Cell. 348.6542915

www. [email protected]

ALPE CRAMPIOLOAgriturismo “Alpe Crampiolo”

Tel. 0324.62140 Cell. [email protected]

ALPE CRAMPIOLORistorante Bar “Punta Fizzi”

Tel./Fax 0324.619108 Home: [email protected]

GOGLIOAlbergo Ristorante “Villa Gina”Tel. 0324.619136 Tel. [email protected]

AT

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Il progetto “Museo dell’Alpeggio” na-sce a fi ne 2005 al fi ne di garantire con-tinuità alle azioni già avviate dalla Regione Piemonte all’interno dell’iniziativa comu-nitaria Interreg III, tra i quali due importan-ti progetti a carattere transfrontaliero con la Francia e con la Svizzera, fi nalizzati alla valorizzazione degli alpeggi e delle pro-duzioni casearie di montagna. Il progetto si propone la realizzazione di un insieme di azioni fi nalizzate alla crea-zione di un sistema culturale transfron-taliero, dedicato alla diff usione delle co-noscenze collegate a questa importante realtà alpina e al signifi cato culturale che l’alpeggio assume, anche con riferimento agli aspetti direttamente legati all’attività zootecnica e casearia che tutt’oggi vi si realizza. Gli obiettivi e le attività previste dal pro-

VEGLIA - DEVERO

a cura del Parco Veglia Devero

Museo dell’alpeggio dal programma Interreg\ III A IT-CH 2000-2006

getto sono: Creazione di un sistema culturale tran-sfrontaliero dedicato alla diff usione delle conoscenze degli alpeggi presenti in ter-ritorio transfrontaliero; implementazione di una rete museale per aumentare le conoscenze sul patri-monio naturale e per il monitoraggio si-stematico di ambienti naturali a carattere transfrontaliero di conoscenza e confron-to con altre realtà museali; valorizzazione culturale e turistica dell’al-peggio importante per la diversifi cazione dell’off erta di beni e di servizi che implica anche nuovi ruoli professionali in grado di coinvolgere maggiormente l’elemento femminile e i giovani, con la conseguen-za di un arricchimento delle opportunità e di relazioni interpersonali; creazione di sinergie intersettoriali con

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materiale bibliografi co, strumenti foto-grafi ci e multimediali e ancora oggetti e attrezzature tipiche utilizzate in alpeggio) utili a descrivere e raccontare la giornata tipo in malga. La struttura che ospiterà il Museo dell’Al-peggio sorgerà nell’area protetta dell’Ente Parco Naturale Alpe Veglia e Devero, nei locali, dismessi e ceduti con concessione da parte dell’ENEL S.p.A., dell’ex stazione di arrivo della funivia Goglio-Devero e dell’adiacente fabbricato, siti nel comune di Baceno - Località Alpe Devero. Il Mu-

l’ambito turistico per favorire lo sviluppo di eff etti socioculturali positivi e passare da una connotazione dell’alpeggio di marginalità e residualità ad una di rinno-vato prestigio sociale e di maggior inte-resse e attenzione. Dopo uno studio di fattibilità, lo sviluppo del progetto ha inizio nella seconda metà del 2005.Il progetto, la cui titolarità è della Regione Piemonte - Direzione Opere Pubbliche, Difesa del Suolo, Economica Montana e Foreste, è attuato in convenzione con il

Settore Pianifi cazione Aree protette - Di-rezione Turismo, Sport e Parchi della Re-gione Piemonte e con l’Ente Parco Alpe Veglia e Devero, in quanto soggetti che, per la loro professionalità e localizzazione operativa, meglio rispondono alle esi-genze peculiari per la realizzazione degli obiettivi previsti dal progetto stesso, inol-tre capofi la di parte svizzera sarà invece la STEA - Società Ticinese di Economia Alpestre.La prima fase di progetto ha riguardato l’individuare un’area a forte richiamo tu-ristico in cui reperire con il coinvolgimen-to degli Enti territoriali, una struttura per l’allestimento di un centro di documen-tazione e di visita guidata agli alpeggi che contempli strumenti di diff usione e comunicazione diversifi cati (audiovisivi,

seo verrà inaugurato Domenica 10 ago-sto 2008.La seconda fase del progetto mira a svi-luppare le iniziative ad esso collegate, che saranno suddivise in quattro percorsi pa-ralleli, iniziative didattiche e di ricerca in ambito universitario con l’organizzazione di tirocini/stage e ricerche sui sistemi di allevamento, le essenze foraggiere e i me-todi di pascolamento; iniziative a caratte-re generale rivolte a tutte le tipologie di turisti, quali ad es. nella stagione invernale l’organizzazione di gite con racchette da neve, di sci nordico e sci alpinismo. Nella stagione estiva saranno organizzate “Do-meniche dal malgaro” direttamente in alpeggio dove il turista potrà assistere alle varie attività e interagire con gli animali presenti in alpeggio; il terzo percorso sarà

Immagini: pag. 57: baite all’Alpe Devero - in questa pagina: veduta di Baceno

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dedicato alle scuole primarie e seconda-rie con giornate formative in alpeggio, vi-site e gite guidate; il quarto comprende-rà tutte le fasi di realizzazione degli aspetti materiali del museo, ad iniziare dalla sua infrastrutturazione, di cui proprio in que-sto periodo si stanno occupando i tecnici del Parco, con le richieste di permessi ne-cessari per l’adattamento e l’allestimento del centro di documentazione.

Per la realizzazione delle attività di pro-mozione e comunicazione ci si è avvalsi della collaborazione dell’Università di To-rino, Facoltà di Agraria, Dipartimento di Scienze Zootecniche, che ha predisposto il piano di “Comunicazione e divulgazio-ne” del progetto. Sono inoltre state individuate, sui territo-ri cantonali di confi ne (Vallese - Ticino), strutture museali dedicate al territorio alpino, alla sua cultura e alla sua storia per l’implementazione della rete musea-le transfrontaliera, attraverso strumenti di comunicazione diversifi cati che permetta-no il collegamento e il confronto con altre

59Immagini: a sinistra: la Val Buscagna - a destra: Crampiolo

realtà, la p r i m a struttura m u s e a l e individua-ta è situata all’interno del Caseifi cio del Gottardo ad Ai-rolo in territorio svizzero.Infi ne è stato rea-lizzato un itinerario t u r i s t i co transfrontaliero denominato “Alpeggi senza confi ni” che unirà con tratti escur-sionistici gli alpeggi situati sul territorio del Parco dell’Alpe Veglia e Devero, sono 11 gli Alpeggi individuati (Alpe Cornù, Pian dùl Scricc, Alpe Buscagna, Alpe San-giatto, Alpe Satta, Alpe Forno, Alpe Vanni-no, Alpe Morasco e Alpe Bettelmatt, Alpe Kaste e Alpe Regina) e n. 8 nel vicino ter-ritorio della Valle Bedretto in Svizzera (Val d’Olgia, Stabbiascio, Valleggia, Stabiello Grande, Cristallina, Piano di Pescia, Alpe Ruinò e Cascina Nuova). I pannelli informativi di tipo specifi co verranno posizionati sui muri dei singoli alpeggi, invece i pannelli di tipo generale saranno posizionati all’ingresso dell’area Parco, al Passo S. Giacomo, al Caseifi cio del Gottardo ad Airolo in CH, alla Latteria Sociale Antigoriana di Crodo, al Centro Fondo di Riale, alla Cooperativa di For-mazza e al Museo dell’Alpeggio a Baceno. La prossima fase riguarderà la realizzazio-ne di brochure/cartine informative in 3 lingue di comunicazione e promozione dell’itinerario e del progetto stesso.

Parco Naturale Alpe Veglia Alpe DeveroVilla Gentinetta - Viale Pieri 2728868 Varzo (VB)Tel. +39 0324 72572 Fax +39 0324 [email protected]

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VALLE ANTIGORIO

Le valli ossolane, in autunno soprattutto, acquistano un fascino particolare. I cieli sono più limpidi, le luci profonde e fascianti e i boschi hanno in sé l’eco di tavolozze incompiute, frammentate.Questa è la stagione ideale per visitare la Valle Antigorio, la valle d’angolo un poco neglet-ta, quasi un transito per chi si porta in Valle Formazza. A prima vista può apparire regione severa, racchiusa tra colossali pareti rocciose, specialmente a destra ove la confi gurazione risulta selvaggia, solcata da profondi burroni e di quando in quando di una qualche deli-ziosa cascata.Abbiamo voluto esplorare il versante sinistro; il nostro itinerario parte da Crodo, continua sulla destra fi no ad arrivare a Viceno, passando tra campi e costruzioni ben inserite nel pa-esaggio con sfondi di conifere quasi nere e latifoglie degradanti dai rossi ai gialli accesi. Seguiamo poi la strada per Foppiano e dopo qualche turnichè siamo nei pressi di un cam-ping dal quale si diparte un deviazione per Flecchio.Stando sempre sulla destra s’oltrepasserà allora un bosco sino a scorgere Camplero, luogo ameno e impreziosito da una cappella votiva. Superate le baite e camminato per pochi minuti si raggiungerà un bivio: a sinistra la strada per il Passo della Colmine, a destra per il Passo Buca del Lupo.Proprio lì vogliamo arrivare sul crinale tra Antigorio e Divedro, attratti dal nome (che sem-bra celare storie di fatica e paura ) e dalla vicina Croce di Torriggia visibile fi n dai nostri primi passi.

di Claudio Zella Geddo

Le luci d’autunno esaltano la serenità della Valle Antigorio serrata tra rocce e burroni ”

Autunno alla buca del lupo

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La vista appare alquanto coperta dalla ve-getazione ma basta spostarsi tra la chiaria che fi ltra per riconoscere nell’esaltante sce-nario la sensibilità della frase di Robert Wal-ser “… e la Natura intera s’off riva e giaceva immobile come un bel sogno colorato”. Di fronte abbiamo il trittico del Sempione: Weissmies, Fletschorn, Lagginhorn e più sotto Seehorn.Dalla Buca del Lupo è possibile scendere al Rifugio Crosta (Alpe Solcio) passando

Tel. 0324.61233 www.pizzodelfrate.it

Immagini: pag. 60: veduta aerea di Crodo e vista da Viceno verso la buca del lupo - in questa pagina: il bosco di conifere a Foppiano, meta anche di molti amanti del boulder. Vista della bocca del lupo.

Immerso nella verde

tranquillità di Foppiano

CRODO

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dall’alpe Proso in un’ora e trenta minuti op-pure dirigersi verso la Croce di Torriggia (30 minuti). Noi preferiamo, continuando sul crinale della Colmine, raggiungere il passo ononimo dopo aver attraversato uno splen-dido bosco. Qui cogliamo, sullo sfondo del Cistella, il volo primordiale ed elegante di un’aquila che sfi ora le nostre teste. Davanti a noi osserviamo il Monte Leone e la Punta di Valgrande, Bugliaga e fi nanche ‒ sulla si-nistra ‒ il monolito che si erge accanto alla Bocchetta di Variola.

I l Passo della Colmine è

passaggio antico, scendendo sulla destra si può raggiungere Varzo attraverso Bialugna e Dreuza (2 ore c.a) oppure seguendo la Colmine di Crevola suggeriamo di arrivare, in 40 minuti, ai 1695 metri dell’Alpe Genu-ina dopo essere passati sotto un arco for-mato da un albero divelto. Genuina è uno splendido alpeggio solatio da cui si scorgo-no le montagne di Val Grande e Verbano. Ritornati sui propri passi per completare l’anello si prenda dal Passo della Colmine un bel tracciato che in 45 minuti, passando per l’Alpe Cauraga, porta agli splendidi prati di Foppiano e quindi seguendo la rotabile al punto di partenza.

Autumn at Buca del Lupo

Autumn lights heighten the beauty of An-tigorio Valley closed between rocks and

gullies. We wanted to explore the left side of Antigorio Valley, starting from Crodo up to Viceno and then to Foppiano where close to a campsite a track takes us to Flecchio. Past the mountain huts in Camplero Alp we reach a fork: the Colmine Pass on the left and the Buca del Lupo Pass on the right. We will arrive just there, exactly to the crest be-tween Antigorio Valley and Divedro Valley next to Torriggia cross. Walking uphill we see the three peaks Weismiess, Fletschorn and Lagginhorn of the Simplon Pass and below Seehorn. Walking on the Colmine Crest we are caught by a primordial fl ight of an eagle against Cistella background. From the Col-mine Pass going back home we walk on a 45 minute-path taking us to the wonderful Foppiano fi elds.

EN

I lPasso della Colmine è

Ag

E

Immagini: la chiesa di Mozzio

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Toceno

Re

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SAGRE E FESTE

GENNAIO Candelora A Premia, Loc. San Rocco

FEBBRAIO Candelora A Salecchio la prima domenica di febbraio

APRILE Aprile varzese Balli, musica e piatti locali

MAGGIO La vita tra i Leponzi e i Walser 1° maggio a Ornavasso, festa degli antichi mestieri con passeggiata enogatronomica Mercatini Enogastronomici Nel borgo medievale di Vogogna

GIUGNO Festa delle ciliege Anzola d’Ossola, la prima sagra dell’anno Festa all’alpe Coipo Montecrestese Santa Vittoria A Baceno, festa patronale Valle Agarina Montecrestese Cravegna Festa del paese

LUGLIO/SETTEMBRE Feste campestri In tutta l’Ossola, feste campestri con grigliate

LUGLIO Fiera di San Bernardo Macugnaga, mostra mercato di artigianato alpino e prodotti locali.

AGOSTO Sagra del mirtillo Bognanco, mirtilli freschi o lavorati in dolci Torteria Bognanco, torte per tutti Sagra della patata Montecrestese, artigianato e prodotti locali Festa dell’Alpe Montecrestese, Alpe Mottogno Salecchio A ferragosto nel villaggio Walser Alpe Devero A ferragosto Festa degli Alpini

SETTEMBRE Festa dell’uva Masera la storica festa della vendemmia Sagra del fungo Trontano, esposizione micologica e piatti tipici per tutti, carri allegorici e tanta musica. Festa dul Scarghè A Crampiolo, Alpe Devero Festa della discesa dall’alpe del bestiame Alpe Devero Festa della val Buscagna

OTTOBRE Sagra delle castagne Castagnate a Baceno e in tutta l’Ossola

NOVEMBRE Sagra Mele e Miele Baceno

Domenica 13 Luglio Festa del 30° del parco In Alpe Veglia, con escursione guidata e punti di degustazione dei prodotti d’alpeggio.

Domenica 10 Agosto Inaugurazione museo dell’alpeggio

Accoglienza Turistica Valli Antigorio Divedero Formazza: 0324.618831 - www.andifor.it

Da maggio a settembre numerose passeggiate, escursioni, giornate didattiche, corsi e manifestazioni sportive. Per informazioni:

Parco Naturale Alpe Veglia Alpe DeveroVilla Gentinetta - Viale Pieri 27 - 28868 Varzo (VB)Tel. +39 0324 72572 Fax +39 0324 72790

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Monte Cervandone Monte Rosa

Monte Leone Monte Cistella

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Monte Rosa

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