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2.4.1 Interpretazione integrata, modellizzazione geologica Integrazione delle interpretazioni sismiche e geologiche La ricerca degli idrocarburi intrappolati nel sotto- suolo presuppone la contemporanea presenza di due ele- menti: quella di una trappola e quella degli idrocarburi. Il primo elemento corrisponde alla componente geome- trica che viene ricavata dall’interpretazione delle misu- re geofisiche e in particolare sismiche. Il secondo ele- mento è la componente fluida, ricavata talvolta da indi- catori sismici (direct hydrocarbon indicators) e nella maggioranza dei casi dalla modellizzazione geologica. Per ottenere un’immagine del sottosuolo utile a com- prendere la geometria del giacimento ci si avvale essen- zialmente di misure indirette (riflessioni sismiche) e di pochissime misure dirette (dati di pozzo). In pratica è necessario invertire le misure indirette ricavando il model- lo geologico che le ha prodotte. Questa operazione richie- de diverse e complesse fasi di elaborazione del segnale sismico e ha i suoi punti critici nell’interpretazione delle riflessioni sismiche e nella valutazione del campo di velo- cità di propagazione del segnale sismico. Entrambi que- sti elementi introducono un grado di incertezza nella valutazione della geometria della trappola. L’interpreta- zione è essenziale per la fase di ricerca esplorativa per- ché aggiunge informazioni geologiche che sono presen- ti solo parzialmente nei dati e si appoggia pertanto a un modello concettuale. Modelli concettuali differenti danno luogo a diverse interpretazioni dei medesimi dati sismi- ci, per cui è fondamentale acquisire la maggiore quan- tità di informazioni geologiche su un’area, in modo da chiarire il più possibile il modello concettuale regiona- le e definire solo pochi scenari probabili, legati a vari modelli concettuali e interpretazioni diverse. L’incer- tezza nell’interpretazione dei dati sismici rappresenta la maggiore fonte di ‘rischio geometrico’ nella valutazione di un possibile prospect; è quindi consigliabile non esclu- dere eventuali scenari alternativi, ma mantenerli e trat- tarli tutti parallelamente. Le velocità sismiche si ricava- no indirettamente sfruttando la molteplicità delle rifles- sioni (copertura multipla) per ogni punto illuminato dall’energia sismica nel processo di acquisizione. Si trat- ta di un processo di inversione dei dati sismici che ricer- ca la coerenza di tutti i segnali sismici che hanno in comu- ne il punto di riflessione. Per fare un’analogia, è come se si cambiassero le proprietà (la velocità di propaga- zione) della lente-sottosuolo finché l’immagine sismica non diventi nitida. Tale processo è ripetuto per diversi punti di ogni interfaccia del sottosuolo che dia luogo a riflessioni sismiche, in modo da ottenere un campo di velocità tridimensionale. A causa delle limitazioni alla capacità di risoluzione del segnale sismico, diversi campi tridimensionali di velocità sono compatibili con le misu- re disponibili e pertanto l’immagine geometrica della trappola risulta leggermente ‘sfuocata’, o meglio si hanno diverse valutazioni sulla sua forma e la sua posizione nello spazio, tutte equiprobabili. Per ogni scenario interpretativo sono quindi possibi- li molteplici descrizioni della geometria della trappola, in funzione dell’incertezza delle velocità sismiche. Per questo motivo è fondamentale integrare i dati geofisici e quelli geologici (la sezione sismica in profondità, le sezio- ni degli intervalli delle velocità sismiche, la geometria dei livelli geologici più significativi, le tracce dei pozzi per- forati e anche i valori di temperatura, calcolati dall’ana- lisi termotettonica del modello; fig. 1). L’integrazione tra le ‘viste’ prodotte dai vari strumenti d’indagine aiuta a migliorare la comprensione del modello del sottosuolo. La componente fluida, cioè la presenza di idrocarbu- ri, deve essere valutata modellizzando tutti i processi geo- logici che hanno portato all’accumulo degli idrocarbu- ri (v. anche par. 2.4.2): dalla loro generazione nella roc- cia madre alla migrazione nella trappola, comprenden- do la conservazione e/o il deterioramento nella trappola 277 VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO 2.4 Valutazione e sviluppi dell’esplorazione

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2.4.1 Interpretazione integrata,modellizzazione geologica

Integrazione delle interpretazionisismiche e geologiche

La ricerca degli idrocarburi intrappolati nel sotto-suolo presuppone la contemporanea presenza di due ele-menti: quella di una trappola e quella degli idrocarburi.Il primo elemento corrisponde alla componente geome-trica che viene ricavata dall’interpretazione delle misu-re geofisiche e in particolare sismiche. Il secondo ele-mento è la componente fluida, ricavata talvolta da indi-catori sismici (direct hydrocarbon indicators) e nellamaggioranza dei casi dalla modellizzazione geologica.

Per ottenere un’immagine del sottosuolo utile a com-prendere la geometria del giacimento ci si avvale essen-zialmente di misure indirette (riflessioni sismiche) e dipochissime misure dirette (dati di pozzo). In pratica ènecessario invertire le misure indirette ricavando il model-lo geologico che le ha prodotte. Questa operazione richie-de diverse e complesse fasi di elaborazione del segnalesismico e ha i suoi punti critici nell’interpretazione delleriflessioni sismiche e nella valutazione del campo di velo-cità di propagazione del segnale sismico. Entrambi que-sti elementi introducono un grado di incertezza nellavalutazione della geometria della trappola. L’interpreta-zione è essenziale per la fase di ricerca esplorativa per-ché aggiunge informazioni geologiche che sono presen-ti solo parzialmente nei dati e si appoggia pertanto a unmodello concettuale. Modelli concettuali differenti dannoluogo a diverse interpretazioni dei medesimi dati sismi-ci, per cui è fondamentale acquisire la maggiore quan-tità di informazioni geologiche su un’area, in modo dachiarire il più possibile il modello concettuale regiona-le e definire solo pochi scenari probabili, legati a varimodelli concettuali e interpretazioni diverse. L’incer-tezza nell’interpretazione dei dati sismici rappresenta lamaggiore fonte di ‘rischio geometrico’nella valutazione

di un possibile prospect; è quindi consigliabile non esclu-dere eventuali scenari alternativi, ma mantenerli e trat-tarli tutti parallelamente. Le velocità sismiche si ricava-no indirettamente sfruttando la molteplicità delle rifles-sioni (copertura multipla) per ogni punto illuminatodall’energia sismica nel processo di acquisizione. Si trat-ta di un processo di inversione dei dati sismici che ricer-ca la coerenza di tutti i segnali sismici che hanno in comu-ne il punto di riflessione. Per fare un’analogia, è comese si cambiassero le proprietà (la velocità di propaga-zione) della lente-sottosuolo finché l’immagine sismicanon diventi nitida. Tale processo è ripetuto per diversipunti di ogni interfaccia del sottosuolo che dia luogo ariflessioni sismiche, in modo da ottenere un campo divelocità tridimensionale. A causa delle limitazioni allacapacità di risoluzione del segnale sismico, diversi campitridimensionali di velocità sono compatibili con le misu-re disponibili e pertanto l’immagine geometrica dellatrappola risulta leggermente ‘sfuocata’, o meglio si hannodiverse valutazioni sulla sua forma e la sua posizionenello spazio, tutte equiprobabili.

Per ogni scenario interpretativo sono quindi possibi-li molteplici descrizioni della geometria della trappola,in funzione dell’incertezza delle velocità sismiche. Perquesto motivo è fondamentale integrare i dati geofisici equelli geologici (la sezione sismica in profondità, le sezio-ni degli intervalli delle velocità sismiche, la geometria deilivelli geologici più significativi, le tracce dei pozzi per-forati e anche i valori di temperatura, calcolati dall’ana-lisi termotettonica del modello; fig. 1). L’integrazione trale ‘viste’ prodotte dai vari strumenti d’indagine aiuta amigliorare la comprensione del modello del sottosuolo.

La componente fluida, cioè la presenza di idrocarbu-ri, deve essere valutata modellizzando tutti i processi geo-logici che hanno portato all’accumulo degli idrocarbu-ri (v. anche par. 2.4.2): dalla loro generazione nella roc-cia madre alla migrazione nella trappola, comprenden-do la conservazione e/o il deterioramento nella trappola

277VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

2.4

Valutazione e sviluppi dell’esplorazione

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stessa (fig. 2). Si tratta di modellizzare l’intera evolu-zione geologica del bacino in cui si trovano le poten-ziali trappole, riservando particolare riguardo ai pro-cessi che descrivono l’evoluzione del sistema petrolife-ro. Il ruolo del modello concettuale è essenziale, ancoradi più che nel caso dell’interpretazione sismica, in quan-to le informazioni sulla storia passata del bacino sonoscarse e devono essere ricavate sia da misure sul terre-no, sia dallo studio di bacini analoghi già conosciuti, siada modelli analogici. Il ruolo dei modelli analogici ètuttora oggetto di dibattito tra i sostenitori di un loro uti-lizzo diretto, per cercare di riprodurre nel dettaglio i par-ticolari di un bacino geologico reale, e coloro che pre-feriscono usarli per chiarire gli aspetti più critici delmodello concettuale, semplificando il bacino geologi-co reale ai suoi elementi essenziali. In questo secondoapproccio la modellizzazione analogica si integra conquella geologico-numerica, in quanto rende ragione dellescelte interpretative compiute durante la modellizza-zione geologica stessa (strutturale, sedimentologica, del

sistema petrolifero, ecc.). In generale, si tratta di inver-tire le informazioni disponibili per ricavare l’evoluzio-ne geologica del processo modellizzato e, in ultima ana-lisi, del bacino in esame. Non è, infatti, possibile descri-vere matematicamente e/o numericamente l’inverso diun processo geologico (per esempio gli idrocarburi cheritornano dalla trappola alla roccia madre), perché i pro-cessi geologici sono fortemente non lineari e disconti-nui (esistono cioè valori soglia al di sotto/al di sopra deiquali avviene/non avviene un determinato fenomeno) ei loro effetti sono cumulativi nel tempo. Pertanto è pos-sibile produrre solamente una modellizzazione nume-rica diretta di processi geologici, cioè nel senso dellaloro evoluzione dal passato a oggi. Tutto ciò chiarisceulteriormente il ruolo fondamentale del modello geo-logico concettuale, che deve essere condiviso tra i geo-logi strutturali, quelli sedimentologici e quelli del siste-ma petrolifero (inclusi i geochimici). Appare chiaro inol-tre che la modellizzazione geologica è essenzialmenteinterpretativa, nel senso che il modellista non conoscea priori l’insieme dei valori dei parametri del modelloche produrranno un risultato accettabile, ma deve tro-varli tramite un processo iterativo nel quale al tempostesso valuta e scarta ipotesi concettuali alternative. Que-sto processo può essere facilitato in vari modi tramitevisualizzazioni avanzate, tecniche di ottimizzazione par-ziale o meglio ancora analisi di sensitività che eviden-ziano quali parametri hanno un ruolo significativo nelcaso in esame. La modellizzazione geologica interpre-tativa produce dunque diversi scenari compatibili conle misure e le informazioni disponibili, in corrispon-denza con diverse ipotesi ammissibili per il modellogeologico concettuale (fig. 3).

È importante sottolineare ancora che anche il modelloconcettuale viene modificato dai risultati della modelliz-zazione geologica, in relazione alla natura interpretativa

278 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ESPLORAZIONE PETROLIFERA

fig. 1. Integrazione dei datigeofisici e geologici:sezione sismica, sezione divelocità, top dell’obiettivoesplorativo con duetrappole strutturali inevidenza, tracce dei pozziperforati, tre strati delmodello geologico coloratiin funzione dellatemperatura calcolata perquesti livelli.

trappola

contatto idrocarburi-acqua

percorsi di migrazione

rocciamadre

rocciamadre

fig. 2. Sezione del modello di bacino, conevidenziati i livelli (rocce madri) sorgenti degliidrocarburi, i percorsi di migrazione, unatrappola nella quale si accumulano gli idrocarburia causa di una barriera di permeabilità.

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di quest’ultima. Questa natura evolutiva del modello geo-logico concettuale produce e richiede la condivisione delmodello geologico di bacino tra i modellisti delle diver-se discipline. Tale modello concettuale costituisce in con-creto la prima componente dello Shared Earth Model(modello geologico condiviso) a scala di bacino. Le variemodellizzazioni geologiche sono tra loro interdipendenti,così come lo sono i processi geologici naturali; tuttavia,per necessità tecniche, esse vengono applicate in suc-cessione. Una possibile sequenza operativa (workflow)è la seguente:• modellizzazione paleobatimetrica: di natura cine-

matico-interpretativa, ricostruisce l’evoluzione dellabatimetria del bacino nel corso del tempo geologico;

• modellizzazione strutturale inversa: di natura cine-matico-interpretativa, valuta la genesi del modellogeometrico attuale, prodotto dall’interpretazionesismica, e produce un’interpretazione geologicamentecoerente del sistema di faglie;

• modellizzazione analogica: convalida gli elementiprincipali del modello geologico concettuale;

• modellizzazione strutturale numerica diretta: di natu-ra dinamico-interpretativa, conferma la coerenza dellamodellizzazione strutturale inversa con la fisica deiprocessi, produce una valutazione del campo deglisforzi e delle deformazioni associate all’evoluzionestrutturale;

• modellizzazione termo-tettonica: di tipo dinamico-interpretativo, produce una valutazione del flusso dicalore alla base dei sedimenti;

• modellizzazione sedimentologica: di tipo dinamico-interpretativo, riproduce i processi di sedimentazio-ne/erosione nei diversi ambienti deposizionali e quin-di permette di stimare la distribuzione delle diversefacies, sia organiche che inorganiche;

• caratterizzazione di bacino: data dalla descrizionedella distribuzione dei parametri fisico-chimici (per-meabilità, conducibilità termica, porosità, ecc.) all’in-terno delle diverse facies, è necessaria per la model-lizzazione del sistema petrolifero;

• modellizzazione dell’evoluzione di pressione e tem-peratura: ricostruisce l’evoluzione nel tempo delcampo di pressioni e temperature in accordo con idati sperimentali in pozzo;

• modellizzazione della generazione e dell’espulsionedegli idrocarburi: include la modellizzazione geochi-mica della fase di generazione delle diverse compo-nenti degli idrocarburi, che è strettamente legata a quel-la di espulsione (migrazione primaria) dalle rocce abassa permeabilità (in genere argille) della roccia madre;

• modellizzazione della migrazione e dell’intrappola-mento degli idrocarburi: descrive il movimento degliidrocarburi (migrazione secondaria) espulsi dalla roc-cia madre, lungo percorsi a maggiore permeabilità(in genere sabbie), fino alle trappole, con un ruolo

significativo delle faglie che possono agire da bar-riere oppure da corridoio preferenziale, a secondadelle loro caratteristiche (v. ancora fig. 3).I diversi tipi di modellizzazione citati possono esse-

re realizzati in modo strettamente integrato oppure, comenel caso di quella sedimentologica, possono essere attua-ti da metodologie e software diversi, con ambiti appli-cativi specifici.

Da questo elenco appaiono evidenti sia la comples-sità della modellizzazione geologica sia la necessità cheil modello stesso sia condiviso tra i diversi modellisti(geologi strutturali, sedimentologi, geochimici, model-listi del sistema petrolifero, ecc.). In molte compagniepetrolifere oggi si realizza il lavoro contemporaneo diesperti delle varie sezioni specialistiche in sale di realtàvirtuale, appositamente realizzate e attrezzate per que-sto scopo (fig. 4).

Solo recentemente la potenza di calcolo e gli stru-menti di visualizzazione grafica hanno raggiunto un livel-lo di sviluppo adeguato e costi compatibili con la diffu-sione di queste nuove metodologie, aprendo al tempostesso nuove prospettive di sviluppo a tecniche di model-lizzazione più avanzate rispetto a quelle attuali, comepure allo studio dei molti aspetti tuttora non chiariti del-l’evoluzione geologica del bacino e del sistema petroli-fero. Le grandi incertezze esistenti su parametri e pro-cessi in gioco possono far sembrare arbitrariamente gran-de il rischio esplorativo della ricerca volta alla scopertadi giacimenti economicamente sfruttabili, ma in realtàl’utilizzo di un approccio probabilistico dimostra che nonè così. Occorre distinguere tra un’incertezza radicale,

279VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

VALUTAZIONE E SVILUPPI DELL’ESPLORAZIONE

simulazioni geostatisticheper le mappe: PSM

simulazioni

ipotesi geologicheper gli scenari:

barriera al flusso flusso consentito

distribuzioni statisticheper i parametri:

olio

gas

valutazione dell’incertezza

fig. 3. Schema della metodologia usata pervalutare il ‘rischio idrocarburi’: le incertezzedi diverso tipo dei dati di partenza si traducono nelle distribuzioni statistiche dei volumi possibili di olio e di gas.

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legata alle scelte interpretative dei modellisti, e un’in-certezza dovuta all’incompleta conoscenza dei parame-tri delle diverse modellizzazioni applicate. Se si intro-duce il concetto di ‘spazio delle soluzioni’, nel qualetutte le possibili storie evolutive del bacino in esamesono incluse, si ha che il primo tipo di incertezza pro-duce diversi possibili scenari alternativi, che corrispon-dono a dei punti nello spazio delle soluzioni, e che ilsecondo tipo di incertezza corrisponde a delle nuvole dipunti/soluzioni intorno a quelle degli scenari. Ciò si tra-duce nella valutazione operativa del rischio esplorativoin termini di volumi di idrocarburi potenzialmente intrap-polati, espressi come curve di distribuzione probabili-stiche (v. ancora fig. 3).

La risposta al problema della ricerca di idrocarburiè quindi una valutazione di tipo probabilistico, sia per lacomponente geometrica del potenziale giacimento siaper quella relativa agli idrocarburi intrappolati, essendola cosiddetta soluzione deterministica soltanto una faseintermedia del processo di valutazione del rischio esplo-rativo. Infine, la non linearità intrinseca nei processi geo-logici modellati esclude che sia possibile determinare apriori quali siano i parametri e le caratteristiche dei casiestremi (pessimistico e ottimistico) tra quelli compati-bili con le misure disponibili, mentre è invece possibilericavarli a posteriori dall’analisi delle diverse simula-zioni effettuate.

Modellizzazione dei diversi contesti geologiciI giacimenti di idrocarburi si trovano in bacini sedi-

mentari la cui formazione (nel senso di subsidenza) è con-trollata innanzi tutto da processi tettonici. La tettonicacontrolla anche i movimenti di esumazione e di solleva-mento che determinano la formazione di zone emerse equindi anche il tipo e la quantità di sedimenti prodotti, cheandranno a depositarsi nel bacino adiacente (fig. 5). Anchefattori climatici e paleoceanografici hanno un’importan-za fondamentale nella tipologia e nella distribuzione dei

sedimenti presenti nel bacino. Nei vari contesti geologi-ci, questi fattori hanno un ruolo diverso con interazionidifferenti. La modellizzazione geologica quantitativadeve essere quindi in grado di collegare e integrare i varifattori e di fornire predizioni accurate.

In seguito verranno descritti anche modelli geologi-ci che, per la loro scala e per i processi trattati, sono con-siderati, di solito, distanti dalla modellizzazione di stret-to interesse nella ricerca e nella produzione di idrocar-buri. La scelta deriva dalla convinzione, condivisa da unnotevole numero di studiosi, che anche i fenomeni geo-logici non immediatamente connessi al reservoir hannoun ruolo importante nella sua comprensione. Si potreb-be anche affermare che spesso è proprio la mancata com-prensione di questi segnali di fondo a spiegare importantiinsuccessi. Un esempio significativo è quello fornito dallamodellizzazione dell’evoluzione termica di un bacino.

Contesti di convergenzaL’avvicinamento relativo tra due placche caratteriz-

za situazioni con regime geologico di convergenza (v.par. 1.4.1). In una prima fase, il movimento di conver-genza viene compensato dalla subduzione della litosfe-ra oceanica. Successivamente, quando inizia la subduzio-ne della crosta continentale, cominciano a svilupparsi

280 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ESPLORAZIONE PETROLIFERA

fig. 4. Advanced Visualisation Center, Eni, San Donato Milanese.

IDROCARBURI

esumazione

rilievo

erosionesedimentazione

bacino

subsidenza

fig. 5. Rappresentazione schematica dei rapporti tra movimenti verticali e zone di erosione e di accumulo.

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pienamente sia l’orogene, normalmente con un rilievomorfologico associato, sia il bacino sedimentario adia-cente (fig. 6). L’orogene è contemporaneamente il moto-re della subsidenza nel bacino e la sorgente dei sedimentiche vi vengono deposti. La dinamica di subsidenza delbacino, le sue caratteristiche ambientali durante e dopola sedimentazione e la sua deformazione sono fonda-mentali nel determinare l’architettura del bacino e quin-di, per esempio, la presenza di trappole, di fratturazio-ni, ecc. Tra i due domini, l’orogene e il bacino, si trovala catena a pieghe (fold-and-thrust belt), nella quale isedimenti della parte prossimale dell’avanfossa vengo-no dapprima deformati con notevoli raccorciamenti equindi incorporati nell’orogene stesso.

I contesti di convergenza hanno avuto un ruolo par-ticolarmente importante nella storia della produzione diidrocarburi in vari paesi come, per esempio, in Italia dovela maggior parte dei giacimenti è associata a bacini diavanfossa o alle parti esterne delle catene a pieghe.

Le zone di collisione continentale e, come accenna-to, soprattutto la parte esterna delle catene a pieghe,hanno un alto interesse esplorativo, destinato a crescerenei prossimi anni. I nuovi play che verranno identifica-ti si trovano generalmente al di sotto delle prime faldedi sovrascorrimento, cioè a livelli ubicati in zone spes-so vergini dal punto di vista esplorativo ma anche asso-ciate ad alti rischi operativi, in considerazione della cat-tiva qualità delle immagini sismiche che si ottengono inquesti contesti geologici complessi. Sono proprio que-ste le zone in cui la modellizzazione fornisce un contri-buto importante alla diminuzione dei rischi.

Grande scala: processi di subduzionee di collisione continentale

La dinamica della subduzione e dei processi che siverificano all’interno delle zone soggette a subduzione ecollisione continentale costituisce uno degli argomentipiù interessanti della ricerca tettonica. Una particolareattenzione viene dedicata sia ai processi che permettonol’esumazione di rocce deformate a grandi profondità(parecchie decine di chilometri), sia al ruolo dei fattorifisici (fra cui quelli climatici) nell’influenzare la dinami-ca del contesto geologico. A questo fine vengono utiliz-zate tecniche di modellizzazione analogiche e numeriche.

Le tecniche analogiche sono in uso ormai da vari anni,ma soltanto negli ultimi tempi è stato possibile esamina-re la complessa dinamica delle zone di subduzione gra-zie all’utilizzo di nuovi materiali e alla comprensionedella reologia in questo tipo di processi geologici. I model-li analogici sono stati particolarmente efficaci nel descri-vere i diversi tipi di subduzione e l’evoluzione profondadella placca subdotta. La geometria di questo tipo di plac-ca, la sua permanenza al di sopra della discontinuità postaalla profondità di 670 km e l’episodicità della convezio-ne del mantello hanno permesso di effettuare previsioni

sulla distribuzione delle antiche placche nel mantelloprofondo. Queste ipotesi hanno consentito di stabilire unlegame con gli studi di tomografia (Faccenna et al., 2003).

Negli ultimi anni grandi progressi sono avvenuti nellamodellizzazione numerica dei processi di subduzione e dicollisione ed è stato prestato grande interesse all’esuma-zione di rocce profonde. Una delle conclusioni più impor-tanti raggiunte da questi studi è che le rocce metamorfo-sate ad alte pressioni e basse temperature possono risali-re lungo il piano stesso di subduzione; ciò è reso possibileda vari fattori, come l’indebolimento reologico, l’estru-sione di rocce deboli e duttili, ecc. (Burov et al., 2001).

Di grande rilievo è stato anche il riconoscimento del-l’importanza dei fenomeni geomorfologici (come l’ero-sione, la sedimentazione, ecc.) nell’economia dei pro-cessi che hanno luogo nelle zone di collisione. I model-li forniti da diverse scuole nordamericane (Montgomeryet al., 2001) indicano come la geometria dell’orogene ela cinematica delle rocce al suo interno siano profonda-mente influenzate dai processi che avvengono alla super-ficie. A sua volta, ciò influenza la produzione di sedi-menti e quindi il tipo di depositi che possono essere pre-senti nei bacini di avanfossa (v. ancora fig. 6).

L’inserimento di processi geomorfologici nei model-li numerici è tutt’altro che semplice. Si tratta di imple-mentazioni complesse e ricche di incertezze, poiché iparametri e le equazioni che governano i processi geo-morfologici (come, per esempio, quelli di erosione) sono

281VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

VALUTAZIONE E SVILUPPI DELL’ESPLORAZIONE

avanfossa avanfossa

carico

catenaa pieghe

placca in subduzione

fig. 6. Rappresentazione schematicadella tettonica nei contesti di collisionecontinentale. In alto, l’architetturainterna del bacino sedimentario, chedipende sia dai processi di subduzionea grande scala, sia dalla geometria edalla cinematica dei sovrascorrimenti.

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mal conosciuti, soprattutto alla scala di tempo a cui fannoriferimento i modelli quantitativi geologici, che è quel-la di 105-107 anni. Questo problema ha un carattere gene-rale e fondamentale in quanto si è sempre più consape-voli dell’importanza della natura non lineare dei processiconsiderati, nei quali piccole variazioni di parametri appa-rentemente poco importanti possono determinare gran-dissime differenze nei risultati finali.

Bisogna anche considerare che i modelli numericidelle zone di convergenza presentano spesso notevolimargini di errore, associati alla componente termica deimodelli stessi, a causa dell’imperfetta conoscenza di rile-vanti parametri fisici, come per esempio la conduttivitàdelle rocce. In laboratorio le misure vengono effettuate,infatti, su campioni di dimensioni limitate, che quindiforniscono descrizioni parziali di sistemi complessi incui, per esempio, i campi di fratturazione e i fluidi inmovimento possono avere un ruolo fondamentale.

Catene a piegheLa modellizzazione analogica ha giocato un ruolo

fondamentale per lo studio dei domini geologici carat-terizzati dalle catene a pieghe e ha prodotto numerosistudi con risultati di grande importanza, soprattutto perquello che riguarda il comportamento dinamico del con-testo geologico. La maggior parte degli esperimenti simuove all’interno del quadro teorico fornito dalla crit-ical taper theory (Dahlen et al., 1984), che definisce lerelazioni tra la forma e le dimensioni del cuneo oroge-nico da una parte e i parametri dinamici all’interno e allabase del cuneo stesso dall’altra. Diversi studi hanno defi-nito ulteriormente il ruolo dei differenti comportamen-ti reologici (Smit et al., 2003), i quali esercitano un con-trollo importante sia sulla forma del cuneo sia sulla suaarchitettura interna, ossia su grandezze come vergenza,dimensioni ed entità dei sovrascorrimenti.

Altri sviluppi notevoli sono rappresentati da esperi-menti in cui vengono misurati gli sforzi che avvengonodurante la deformazione (Nieuwland et al., 2000); talistudi porteranno, tra l’altro, a una migliore correlazionetra esperimenti analogici e numerici.

Per quanto riguarda la modellizzazione numericadelle catene, i primi progressi importanti sono consisti-ti nell’implementare programmi di modellizzazione nume-rica per la costruzione di sezioni geologiche bilanciate,cioè in grado di rispettare la conservazione delle masse.Vengono utilizzati programmi cosiddetti cinematici, conuna componente dinamica molto limitata o del tutto assen-te. Ciò implica un intervento sostanziale dell’operatore,cui è demandato il compito di inserire le faglie, di deter-minarne la geometria, ecc. Il risultato viene poi con-frontato con la situazione reale sul terreno per verifica-re la correttezza delle deduzioni effettuate.

Alcuni di questi modelli sono stati ulteriormente svi-luppati per permettere la previsione delle geometrie e,

in misura minore, del tipo di sedimenti che si deposita-no durante e dopo il raccorciamento. È chiaro che sia legeometrie delle catene sia il tipo di sedimenti sono diret-tamente influenzati dalle caratteristiche geometriche dellefaglie e dalla cinematica della loro attivazione (den Beze-mer et al., 1999; Salvini e Storti, 2002).

I grandi progressi che si stanno verificando e che sonodestinati a sviluppi futuri riguardano l’approccio semprepiù meccanico e la sempre maggiore integrazione con ladescrizione degli eventi termici e del movimento dei flui-di. L’integrazione di una componente termica richiede lasoluzione di notevoli problemi numerici, in quanto i movi-menti orizzontali legati ai sovrascorrimenti hanno un ruolonon trascurabile. Le modellizzazioni di questo tipo sonoin grado di verificare quantitativamente diversi scenaridi generazione e migrazione di idrocarburi, di campi dicircolazione dei fluidi, ecc.

Bacini di avanfossa e rapporti tra orogene e bacinoI bacini di avanfossa sono le aree subsidenti che si for-

mano in prossimità della catene a pieghe a causa del ca-rico litosferico esercitato dall’orogene (v. ancora fig. 6).In tali zone la modellizzazione, soprattutto numerica, haavuto un ruolo importante e ha tuttora sviluppi di gran-de interesse.

Le prime modellizzazioni erano centrate sulla formae sulle dimensioni dei bacini di avanfossa. Si trattava dimodellizzazioni statiche, che non contemplavano, quin-di, lo spostamento di masse orogeniche. Questi modellisi occupavano dei bacini di deposizione in cui i sedi-menti andavano semplicemente a occupare la zona adisposizione tra la base della colonna d’acqua e la som-mità del basamento, senza considerare il legame gene-tico con le zone di produzione dei sedimenti stessi.

Gli sviluppi successivi hanno portato all’inserimen-to nei modelli del fattore tempo e dei processi che gene-rano, trasportano e depositano sedimenti. I modelli diquesto tipo sono anche in grado di considerare lo spo-stamento relativo dell’orogene rispetto al bacino. Gra-zie a importanti assunti sui processi climatici e geo-morfologici, questo tipo di modelli permette di effettuareprevisioni sulla quantità e sul tipo di sedimenti presentinel bacino, informazioni di grande importanza per l’e-splorazione petrolifera. Tuttavia, questi modelli hannola grande limitazione di essere bidimensionali e quindidi trascurare il fattore di trasporto dei sedimenti lungol’asse del bacino. Vi sono invece molti sistemi, come peresempio il bacino dell’avanfossa appenninica, in cui iltrasporto di sedimenti si verifica, parallelamente allacatena, anche per centinaia di chilometri.

L’approccio utilizzato dagli unici modelli capaci didescrivere situazioni tridimensionali (García-Castellanoset al., 2002) sacrifica la precisione dei fenomeni descrit-ti a vantaggio di una trattazione tridimensionale, che siain grado di considerare anche la componente tettonica.

282 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ESPLORAZIONE PETROLIFERA

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Bacini in distensioneUna notevole percentuale di campi petroliferi si trova

in bacini sedimentari che si sviluppano, in termini sia digeometrie deposizionali che di evoluzione termica, incontesti geologici in cui la litosfera è soggetta a feno-meni distensivi, di apertura (v. par. 1.4.1). Le regioni diquesto tipo assumono grande importanza per gli idro-carburi; si segnalano, in questo contesto, le importantiprovince petrolifere presenti per esempio nel Mare delNord e nel margine occidentale africano.

Durante i processi di distensione, i movimenti verti-cali e i fenomeni di distruzione e/o creazione di spaziodi accomodamento sono causati da due processi: il movi-mento dei blocchi crostali lungo le faglie e il cambio delpeso della colonna litosferica (fig. 7). La storia detta-gliata dell’evoluzione della subsidenza, sia alla scala deiblocchi di faglia sia a quella del bacino, è essenziale perla ricostruzione di un quadro completo delle geometriedei bacini sedimentari.

Dopo una prima fase di modellizzazioni piuttostogeneriche, a partire dagli anni Novanta si è diffusa incampo geologico la convinzione che segmenti litosfericicon caratteristiche iniziali differenti possono risponderein modo molto diverso alla distensione della litosfera stes-sa. A dimostrazione di ciò, in varie parti del globo si tro-vano strutture estensionali che mostrano grandi differenzeriguardo alla durata della distensione, alla larghezza dellazona coinvolta nella distensione, all’entità e al segno deimovimenti verticali, alla presenza di magmatismo, ecc.Queste differenze hanno un influsso diretto su vari fatto-ri rilevanti per la ricerca e la produzione di idrocarburi.Ciò è particolarmente vero in uno dei campi di frontieradella ricerca petrolifera: quello delle acque profonde eultraprofonde (�1.500 m). In questo campo rientrano leregioni distali del Golfo del Messico e del margine occi-dentale del continente africano, che rappresentano zonea elevato potenziale e sono oggetto di grandi investimentitecnologici e finanziari. Queste situazioni si realizzanoin corrispondenza di margini continentali passivi carat-terizzati da una spessa sequenza di sedimenti post-rift.Alla base di queste successioni sono spesso presenti poten-ti strati evaporitici, per cui le immagini sismiche sonosovente di qualità insufficiente per una corretta ricostru-zione della geometria e delle caratteristiche sedimento-logiche delle sequenze di sin-rift, che sono di importan-za fondamentale. La modellizzazione assume, quindi,anche in questi casi un ruolo fondamentale nel diminui-re i rischi associati a questo tipo di esplorazione.

Evoluzione a scala litosfericaPer effetto del grande aumento della capacità di cal-

colo dei sistemi informatici, una notevole massa di studinumerici viene dedicata alle condizioni fisiche e geo-logiche che controllano la varietà dei comportamentidi diversi tipi di litosfere sottoposte a distensione. La

distinzione in wide rifts, narrow rifts e core complexesè stata sistematizzata per la prima volta all’inizio deglianni Novanta (Buck, 1991). Fattori molto importantirisultano sia la configurazione meccanico-termica dellalitosfera all’inizio della distensione, sia le condizioni ter-miche durante la fase di rifting (Bassi et al., 1993; Goverse Wortel, 1995; Huismans e Beaumont, 2002).

Gli studi di modellizzazione numerica hanno anchepermesso una comprensione nuova e più avanzata deicambiamenti dinamici e tettonici che avvengono all’in-terno della placca di litosfera sottoposta a distensione.Uno dei fenomeni più evidenti, osservato in gran partedei margini passivi, è la presenza di un bacino distensi-vo abbandonato prima della comparsa di crosta oceani-ca. Si tratta di una migrazione laterale della zona di mag-giore distensione ed è dovuta, per esempio, all’irrigidi-mento di un segmento di litosfera sottoposto a lentadistensione (van Wijk e Cloetingh, 2002).

Una particolare importanza, soprattutto nell’ambitodella ricerca e della produzione di idrocarburi, ha avutola possibilità di considerare il ruolo del magmatismoprima e durante la distensione. La distinzione tradizio-nale tra rift attivi e passivi è stata discussa da Husimanset al. (2001). Quando i tassi di assottigliamento litosfe-rico sono molto elevati, l’astenosfera, comportandosicome un diapiro, risale grazie alla sua densità più bassadi quella delle rocce circostanti e influenza, sia dal puntodi vista termico sia meccanico, tutto il contesto tettoni-co. Soltanto una trattazione quantitativa avanzata per-mette di prevedere quali siano i tassi di assottigliamen-to necessari all’attivazione di tali meccanismi. Anche lacomprensione delle relazioni tra distensione continen-tale e generazione di magma è fondamentale. In natura,vi è uno stridente contrasto tra margini con abbondantepresenza di rocce magmatiche (margini vulcanici, comequello norvegese) e margini che invece ne sono privi

283VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

VALUTAZIONE E SVILUPPI DELL’ESPLORAZIONE

bacino distensivo

astenosfera

mantello

crosta

spalla del rift

fig. 7. Rappresentazione schematica dei processi che hanno luogo nelle zone di distensione continentale. Lo spazio di accomodamento è il risultato di due processi:assottigliamento crostale-litosferico emovimento dei blocchi di faglia.

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(come quello iberico). Il fatto che non sia stata ancoraraggiunta una comprensione quantitativa di questi feno-meni testimonia ancora una volta l’insufficiente gradodi conoscenza dei parametri termici.

Similmente a quanto si verifica nei contesti di colli-sione continentale, anche nello studio dei sistemi in disten-sione sono molto importanti i processi geomorfologici. Indeterminate condizioni, particolari settori del contesto geo-logico, come le ‘spalle’dei rift, possono essere sollevati econseguentemente esposti all’azione erosiva degli agentiatmosferici (v. ancora fig. 7). La rimozione di materiale eil conseguente cambiamento delle condizioni isostaticheesercitano un’influenza importante sull’evoluzione delcontesto geologico stesso (Burov e Cloetingh, 1997).

Le tecniche di modellizzazione analogica sono spes-so utilizzate per la comprensione e la previsione di feno-meni di distensione litosferica. Le tematiche più attualisono certamente quelle legate alla definizione delle con-dizioni necessarie alla formazione dei diversi tipi didistensione (Whitmarsh et al., 2001). È tuttora in corsouna notevole discussione riguardo all’applicabilità di talimodelli, che sono comunque caratterizzati dalla man-canza di una componente termica e dall’impossibilità diapplicare sforzi tensionali al sistema.

Evoluzione a scala di bacinoLa nascita della modellizzazione numerica dei baci-

ni in distensione è certamente riconducibile a McKenzie(1978) che ha stabilito per la prima volta relazioni quan-titative tra l’assottigliamento litosferico e la geometria dibacini distensivi. Il modello di McKenzie ha avuto suc-cessivamente notevoli sviluppi con l’introduzione dellatrasmissione laterale del calore, della rigidità litosferica,della durata finita e non istantanea del rifting, dell’assot-tigliamento differenziale della crosta e del mantello lito-sferico, ecc.; ma è con l’introduzione delle faglie che èavvenuto il miglioramento sostanziale (Kusznir e Ziegler,1992; Ter Voorde e Cloetingh, 1996). In particolare conl’inserimento delle geometrie e della cinematica dellefaglie è stato possibile fare previsioni molto più detta-gliate sulla struttura interna del riempimento del bacinosedimentario. Si tratta sempre di modelli cinematici in cuile caratteristiche geometriche e cinematiche delle fagliesono imposte dall’operatore e non prodotte dal modellostesso. L’esame della storia reale della distensione, con levariazioni spaziali e temporali, ha un’importanza prima-ria nel fornire una ricostruzione dettagliata dell’evolu-zione termica dei bacini sedimentari modellizzati.

Contesti di piegamento crostale-litosfericoI bacini sedimentari fin qui descritti sono caratterizza-

ti, in generale, dalla presenza di faglie cospicue e da fortideformazioni orizzontali (raccorciamenti o distensioni).Sono frequenti però anche situazioni in cui lo sviluppodi un bacino sedimentario è associato, più che alle faglie,

al piegamento su scala crostale-litosferica (Cloetingh etal., 1999). Secondo questi modelli, i bacini sedimentarisi sviluppano in zone di sinclinale e sono delimitati, late-ralmente, da anticlinali (fig. 8). Il riconoscimento di talibacini è relativamente recente e gli studi più importantiper quanto riguarda la modellizzazione sono stati otte-nuti con un approccio numerico. In questo modo è statopossibile stabilire relazioni quantitative tra struttura ter-modinamica della litosfera e lunghezze d’onda e ampiez-ze del piegamento litosferico. Similmente a quanto dettoin precedenza, anche nel caso di piegamento litosfericol’erosione esercita nelle zone emerse un notevole influs-so sull’evoluzione del bacino e sull’architettura internadel suo riempimento sedimentario.

I modelli dinamici (a elementi finiti) hanno altresìpermesso di descrivere i campi di sforzo e di deforma-zione dei sistemi sottoposti a piegamento litosferico. Lezone di sinclinale, in particolare, sono caratterizzate daforti compressioni che possono facilmente dare luogo afratturazione diffusa, fenomeno di grande importanza perun’accurata previsione e gestione dei campi petroliferi.

Modellizzazione sedimentologicaLo scopo primario di questo tipo di modellizzazio-

ne è quello di predire la distribuzione dei diversi tipi disedimenti all’interno di un bacino sedimentario. Nelcampo degli idrocarburi, poter prevedere la posizione eil volume di corpi sabbiosi ha, chiaramente, un’impor-tanza fondamentale.

Negli ultimi anni l’esplorazione petrolifera, come si èdetto, si è spostata nelle acque profonde e ultraprofonde:Africa occidentale, Brasile, Golfo del Messico, ecc. Que-ste aree sono caratterizzate dalla presenza di potentisequenze di depositi torbiditici, i cui livelli porosi costi-tuiscono il reservoir. Nelle acque profonde gli studi diesplorazione dispongono di dati indiretti (sezioni sismi-che, modellizzazioni gravimetriche e magnetometriche)

284 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ESPLORAZIONE PETROLIFERA

erosionenelle anticlinali

bacini sedimentarinelle sinclinali

fig. 8. Rappresentazione schematica deifenomeni che hanno luogo dove lalitosfera è sottoposta a sforzi compressiviorizzontali e a pieghe. Nelle sinclinali si ha subsidenza e quindi si possonodeporre sedimenti. Le anticlinali formanoil margine dei bacini; nel caso in cuiemergano al di sopra del livello del mare,sono soggette a erosione.

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e di scarsi, o nulli, dati diretti (nelle aree di frontiera sonoinfatti pochi i pozzi perforati).

Per ricostruire le geometrie di questi depositi e la distri-buzione delle diverse facies è, pertanto, fondamentale rea-lizzare modelli geologici e sedimentologici, raccogliendole informazioni in quelle aree dove questi tipi di sedimentisono ben esposti come, per esempio, negli Appennini enei Pirenei (Mutti e Ricci Lucchi, 1972; Mutti e Normark,1987, 1991; Mutti et al., 1988). Metodologie e program-mi informatici sofisticati permettono, poi, la realizzazio-ne matematica dei modelli sedimentologici, integrando idati geofisici, acquisiti nel bacino dove si sta svolgendol’attività di ricerca, e i dati raccolti sul terreno.

I modelli analogici sono normalmente eseguiti sugrandi infrastrutture, in grado di tenere conto del baci-no sedimentario, delle variazioni del livello marino e, inmaniera abbastanza schematica, dell’influsso della tet-tonica (Paola, 2000).

Con il progressivo riconoscimento dell’importanzadei processi che hanno luogo nell’area deposizionale, aifini della determinazione del tipo e della quantità deisedimenti che possono essere deposti nei bacini, si sonosviluppati studi diretti a quantificarne i rapporti con lamorfologia della zona e il clima. Si tratta di studi moltocomplessi in quanto basati su parametri ed equazionipoco conosciuti, anche dal punto di vista quantitativo. Iprogressi ottenuti in questi anni dimostrano però l’im-portanza di questi approcci. Le modellizzazioni analo-giche sono particolarmente delicate per i bacini sedi-mentari, a causa della difficoltà di tradurre correttamentela scala del laboratorio in quella della realtà.

Conclusioni

Nel campo dei modelli numerici, i progressi delletecniche informatiche e parallelamente della capacità dicalcolo hanno portato, come si è detto, all’utilizzo dimodelli sempre più sofisticati e complessi. È proprioquesto sviluppo estremo che sta portando a una sorta di‘crisi di crescita’. Si osserva infatti che l’aumento dellacomplessità del sistema, e quindi della sua capacità diconsiderare fenomeni diversi, ha portato a un aumentodei gradi di libertà e quindi a una diminuzione della capa-cità di previsione. I risultati di questi modelli sono spes-so non riproducibili e caratterizzati da forti convergen-ze e divergenze. Con il termine convergenze vengonodefinite situazioni in cui viene ottenuto lo stesso risul-tato partendo da configurazioni molto diverse; le diver-genze sono invece esperimenti numerici in cui piccoledifferenze iniziali (molto inferiori al margine di errore)portano a risultati completamente diversi. Modelli estre-mamente sofisticati sono in grado di riprodurre qualsiasitipo di realtà e quindi rischiano di diventare inutili. Èchiaro che ciò è in gran parte legato alla natura non linea-re dei fenomeni naturali considerati.

Un altro problema fondamentale è quello dei valoriadottati per i parametri numerici. Evidentemente, mag-giore è la risoluzione dei modelli sviluppati, maggiore èla dipendenza dai parametri utilizzati. In realtà, questiparametri sono spesso conosciuti poco e male. Alla basevi sono problemi di scala spaziale e temporale. Le misu-re di laboratorio sono ovviamente in grado di determi-nare con precisione le caratteristiche fisiche di campio-ni di rocce, come per esempio la conduttività termica.Questi valori dicono però molto poco sul comportamentodi domini litosferici alla scala delle decine, centinaia omigliaia di metri. I valori dei parametri fisici che carat-terizzano queste unità sono il risultato complessivo divari fenomeni. Lo stesso vale per la scala temporale:quanto più siamo in grado di misurare direttamente ifenomeni geologici, come gli spostamenti lungo faglieo il trasporto materiale lungo un pendio, tanto più com-prendiamo che i tassi di questi movimenti non sonocostanti ma dipendono dalla scala temporale.

La discussione su come si potrà, in futuro, miglio-rare la capacità di previsione dei modelli quantitativi ètuttora in corso e non è facile al momento attuale indi-viduarne aspetti certi. Se da un lato continua a essereforte la pressione verso un aumento della complicazio-ne dei modelli numerici utilizzati, dall’altro sembra cre-scere la necessità di realizzare modelli semplici, cioèche permettano una vera comprensione fisica del siste-ma considerato piuttosto che una sua semplice descri-zione statistica. Ciò richiede una sostanziale semplifi-cazione del problema, in modo da individuare i fattorifondamentali di controllo. A questo fine è importantel’integrazione sia dei vari tipi di dati e discipline, al finedi unificare i differenti approcci, sia dei diversi tipi dimodellizzazione, per esempio analogica e numerica(Persson et al., 2004).

Su una linea completamente diversa si pongono gli stu-di che, staccandosi dalla linea deterministica dominante,adottano una filosofia di self-organized-criticality secon-do cui i sistemi naturali tendono a disporsi (Bak, 1997).

Se quanto detto in precedenza corrisponde al vero, ecioè che vi è una forte tendenza verso modelli più sem-plici, è chiaro che la componente geologica della model-lizzazione è destinata ad assumere sempre maggiore impor-tanza. Soltanto un’accurata comprensione del contestogeologico in cui si stanno cercando gli idrocarburi per-mette di effettuare in maniera corretta le semplificazio-ni menzionate (per esempio, la modellizzazione dei siste-mi torbiditici che si avvalgono dello studio delle sequen-ze affioranti nei Pirenei), mentre semplificazioni nonattinenti al contesto regionale specifico hanno forti pro-babilità di portare a risultati erronei. Ciò implica ancheun rinnovato impegno nella comprensione della geologiaregionale e dei fenomeni tradizionalmente consideratilontani dal dominio della ricerca degli idrocarburi come,per esempio, i dati legati alla struttura litosferica.

285VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

VALUTAZIONE E SVILUPPI DELL’ESPLORAZIONE

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Giovanni BertottiDepartment of Tectonics and Structural Geology

Vrije UniversiteitAmsterdam, Paesi Bassi

Paolo RuffoEni - Divisione E&P

San Donato Milanese, Milano, Italia

286 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ESPLORAZIONE PETROLIFERA

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2.4.2 Modellizzazione dei baciniper l’esplorazione petrolifera

IntroduzioneIl termine modellizzazione può riferirsi a numerosi

oggetti, come semplici concetti teorici, modellizzazionianalogiche o modellizzazioni numeriche (Schneider,1989). In questa sede ci occuperemo unicamente deimodelli numerici in grado di trattare la generazione, lamigrazione e l’accumulazione degli idrocarburi. Lamodellizzazione dei bacini è nata negli anni Ottanta delsecolo scorso (Doligez et al. 1986), sulla scia dei lavoripionieristici di Tissot sulla generazione degli idrocarbu-ri dalla trasformazione della materia organica sotto l’ef-fetto congiunto della pressione e del tempo (Tissot, 1969).

Negli ultimi quindici anni, le compagnie petroliferehanno iniziato a sfruttare le possibilità offerte dalla model-lizzazione dei bacini nel campo dell’esplorazione (Doli-gez et al., 1986; Lerche, 1990; Ungerer et al., 1990).Queste tecniche consentono di ottimizzare l’esplorazio-ne nelle aree di frontiera e di valutare l’opportunità dinuovi play nei bacini già esplorati. Recentemente è emer-sa una nuova generazione di modelli, utilizzati dalle com-pagnie per l’esplorazione, in grado di simulare in 3Dl’intero contesto geologico petrolifero (Coelho et al.,1996; Düppenbecker et al., 1998; Gerritsen et al., 1996;Grigo et al., 1993; Hantschel e Synofzik, 1997; Melloet al., 1998; Moeckel et al., 1997a, 1997b; Schneider eFaille, 1997; Smith et al., 1998; Szalay et al., 1992; Unan-der et al., 1997; Wygrala et al., 1997).

I modelli di bacino a una sola dimensione (1D) sonoutili per la ricostruzione della storia termica del bacinoe la stima del grado di maturazione della materia orga-nica. Nel caso dei bacini sedimentari, l’approccio 1D èin grado di assolvere in modo soddisfacente a questefunzioni, poiché la trasmissione del calore avviene perlo più in senso verticale; infatti, i transfer termici di tipoconvettivo sono quasi sempre trascurabili. I modelli dibacini bidimensionali (2D) offrono la possibilità di attua-re una valutazione dell’evoluzione storica della pres-sione e una stima della migrazione degli idrocarburi edel grado di riempitura del giacimento. Tuttavia, talivalutazioni possono essere solo di tipo qualitativo, poi-ché il flusso dei fluidi (acqua, olio e gas) è fondamen-talmente di tipo convettivo e pertanto rispondente allageometria e all’anisotropia tridimensionale (3D). È perquesta ragione che sono state sviluppate le tecniche di

modellizzazione dei bacini 3D (Schneider et al., 2000)le quali permettono di simulare la storia termica, l’evo-luzione della pressione, la generazione degli idrocarbu-ri e la migrazione del flusso dei fluidi nelle tre dimen-sioni dello spazio.

Nella prima parte di questo saggio sono esposti gliscopi principali della modellizzazione dei bacini; in segui-to viene presentato il contenuto generale di un modellodi bacino. Infine, è illustrato attraverso un esempio il flus-so di lavoro utilizzato per la modellizzazione dei bacini.

Gli scopi principali della modellizzazione dei baciniGli accumuli di petrolio sono il risultato di numero-

si processi fisici, che interagiscono tra loro sulla scaladel tempo geologico (fig. 1). La geometria dei bacini èdeterminata da un insieme di processi di sedimentazio-ne, erosione, dislocazione tettonica e deformazione sedi-mentaria chiamati genericamente compattazione.

La temperatura in tutte le parti del bacino è il risul-tato della trasmissione del calore dalla parte più profon-da della crosta verso la superficie. Gli effetti congiun-ti del tempo e della temperatura trasformano la mate-ria organica, depositata nel corso della sedimentazione,in idrocarburi, attraverso il processo di maturazione.Gli idrocarburi così generati sono poi espulsi dalla roc-cia madre e iniziano la loro migrazione. Il processo dimigrazione è controllato dalla distribuzione della per-meabilità. Le principali forze in azione durante il pro-cesso di migrazione sono quelle di gravità, viscosità ecapillarità; quando la differenza di permeabilità divie-ne abbastanza ampia da rallentare il flusso, gli idro-carburi sono intrappolati (sempre su una scala tempo-rale geologica) e nasce un giacimento (Tissot e Welte,1984; Hunt, 1995).

287VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

VALUTAZIONE E SVILUPPI DELL’ESPLORAZIONE

sedimentazione erosione

migrazione

maturazione

espulsione

roccia madre compattazione/diagenesi

spostamento

accumulazionegas

fig. 1. Sezione verticale di un sistema petrolifero.

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Dopo la scoperta di una trappola potenziale, coluiche effettua la prospezione si trova a dover rispondere aqueste tre domande: • la trappola contiene idrocarburi?• il volume degli idrocarburi intrappolati è interessan-

te dal punto di vista economico?• la qualità (cioè la composizione) di questi idrocar-

buri presenta un interesse economico? Se la risposta a queste tre domande è positiva, ne

sorge una quarta: quali sono i rischi di incontrare unaeccessiva pressione idrostatica durante la perforazione?

Il fine principale della modellizzazione dei bacini èquello di aiutare i geologi a dare una risposta a questequattro domande; più esattamente, lo scopo di un model-lo di bacino è di simulare numericamente le accumula-zioni di idrocarburi in termini di estensione del bacinoe di tempo geologico. Questi modelli numerici dannoconto di tutti i processi cinematici, di sedimentazione,erosione, compattazione, trasmissione del calore, dia-genesi e trasmissione dei fluidi.

Descrizioni: concetti fisici ed equazioniLa prima tappa nella costruzione di un modello

numerico è l’individuazione dei processi fisici di cuideve dare conto e delle relative equazioni matematichein grado di quantificarli. In genere queste equazionicontengono dei parametri che richiedono una calibra-zione. Infine, occorre servirsi di un metodo numericoper risolvere il problema, che in genere si presenta sottoforma di un sistema non lineare di equazioni differen-ziali parziali.

Per maggiore chiarezza, i concetti fisici e le equa-zioni che forniamo di seguito si riferiscono a un flussocomposizionale semplificato. In questo modello ven-gono prese in considerazione solo due fasi mobili (acquae idrocarburo) e si dà conto solo di quattro componen-ti (acqua, olio, gas e coke). Il mezzo poroso (o la lito-logia) è formato da componenti immobili (o solidi: mine-rali, kerogene e coke) e componenti mobili (olio, gas eacqua). Il componente acqua è presente solo nella fasedell’acqua. I minerali, il kerogene e il coke sono pre-senti nella fase solida, l’olio e il gas in quella degli idro-carburi. Il mezzo poroso è caratterizzato dalla sua com-posizione iniziale, che include la massa iniziale di kero-gene.

Bilancio di massa. Il primo principio preso in consi-derazione è il bilancio di massa, che riguarda i solidi e ifluidi (Schneider et al., 1990).

Per ogni fase a�{s, a, i} (s�solido, a�acqua, i�idro-carburo), l’equazione del bilancio di massa è:

∂[1] div (/a raVa)�1 (/a ra)�ra qa∂ t

dove /a è la frazione volumetrica, ra è la densità, qa èil termine volumetrico sorgente e Va è la velocità media.

Abbiamo i seguenti rapporti: /s�/a�/i�1 e /�/a�/i,dove / è la permeabilità del mezzo poroso.

Equazione della quantità di moto. L’equazione dellaquantità di moto è semplificata nel seguente modo:

∂ Pb[2] 12�rb g∂ z

dove Pb è la pressione litostatica (il peso della colonnasedimentaria), g è la gravità e rb è il peso specifico appa-rente del mezzo poroso saturato dai fluidi. Il peso spe-cifico apparente è dato da: rb�/srs�/ rf , dove rf è ladensità media del fluido definita da: rf�Sa ra�Si ri. Sa èla saturazione (frazione volumetrica) della fase a nelfluido (Sa�/a //).

Equazione del bilancio termico. La trasmissione delcalore è calcolata utilizzando il bilancio massa-energiaaccoppiato alle classiche equazioni di Fourier che descri-vono la conduzione e la convezione. Quando si prendein considerazione la crosta friabile, o nel caso partico-lare di sedimenti radioattivi (hot shales), è necessarioconsiderare i termini delle sorgenti radioattive nel bilan-cio energetico.

L’equazione energetica (o equazione del bilancio ter-mico) è scritta nel modo seguente:

∂[3] 12�

a�ra/aCaT��∂ t

div ��lb grad(T)�a�ra/aCaTVa��qr

dove Ca è la capacità termica della fase a, T è la tem-peratura in gradi Kelvin, lb è la conducibilità termicacomplessiva del mezzo poroso saturato dei fluidi a.Occorre osservare che la formula non tiene conto delladissipazione di energia meccanica. qr rappresenta il ter-mine sorgente radiogenico e il termine sorgente termi-co in rapporto alla variazione dello spessore.

Reologia. Generalmente si ricorre alla reologia soloper descrivere le deformazioni interne, mentre gli spo-stamenti sono governati dalla cinematica. La reologiapuò essere estremamente semplice, riducendosi al rap-porto tra la permeabilità e la pressione efficace (Smith,1971; Schneider et al., 1996), o può essere costituita dauna relazione tensoriale (Schneider e Faille, 1997); puòessere anche completata da un meccanismo che descri-ve la fissurazione idraulica e la conseguente evoluzionedella permeabilità (Schneider et al., 1999).

Si suppone che il processo di compattazione si attui,sulla scala delle dimensioni del bacino e sulla scala deltempo geologico, solo in senso verticale. Questa scel-ta è il risultato di un compromesso tra accuratezza del-la simulazione e costi, in termini di tempo di calco-lo (Lamoureux-Var et al., 1998). La legge del com-portamento è data quindi da una reologia volumetrica(Schneider, 1993; Schneider et al., 1994, 1996):

288 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ESPLORAZIONE PETROLIFERA

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d/ ds[4] 12��b(s)12�a(/,T)s

dt dt

Nella precedente equazione s è lo sforzo efficacemedio definito come: s�[(1�2Ko)/3](Pb�bPf ), dove Koè il rapporto tra lo sforzo orizzontale e quello verticale,b è il coefficiente di pressione efficace (Schneider et al.,1993) e Pf è la pressione idrostatica media, definita da:Pf�Sa Pa�Si Pi.

Cracking. La trasformazione della materia organi-ca in idrocarburi a causa dell’azione congiunta deltempo e del calore è descritta per mezzo di reazionichimiche cinetiche di primo ordine simili a quelle svi-luppate da Tissot (1969) e da Tissot ed Espitalié (1975).Anche il cracking secondario è descritto mediante rea-zioni chimiche di primo ordine (Béhar et al., 1992,1997).

La formazione degli idrocarburi è riprodotta per mezzodi un modello fisico conservativo che prende in consi-derazione tre componenti (olio, gas e coke). In questomodello, le componenti petrolifera e gassosa si trovanoesclusivamente nella fase degli idrocarburi, mentre l’ac-qua è presente esclusivamente nella fase idrica.

Nel corso del cracking primario, il kerogene è tra-sformato in olio, gas e coke mediante n reazioni paral-lele:

x1 → ao1 Olio � ag

1 Gas �a1c Coke

� → � � � � �

[5] Kerogene � xi → aoi Olio � ag

i Gas �aci Coke

� → � � � � �

xn → aonOlio � ag

nGas �anc Coke

xi è il potenziale parziale normalizzato di reazione i. Èuna proprietà del kerogene che obbedisce alla seguenterelazione:

i�1

n

�xi0�1

aoi (rispettivamente a g

i e aci ) è il coefficiente stechio-

metrico di olio (rispettivamente di gas e di coke) dellareazione i. Abbiamo così: ao

i �a gi �ac

i �1.Si suppone che ciascuna di queste reazioni elemen-

tari sia controllata da una cinetica di primo ordine for-nita dalla seguente equazione:

dxi[6] 12��ki xi con ki�Ai e�

Ei1

RT

dt

dove A è il fattore di frequenza, E è l’energia di attiva-zione, R è la costante del gas perfetto, T è la temperatu-ra in gradi Kelvin.

Il petrolio prodotto dal cracking primario è quinditrasformato, durante il cracking secondario, in gas e coke.Si suppone che anche questa reazione sia controllata dauna cinetica di primo ordine fornita dalla seguente equa-zione:

[7] Petrolio → bg0Gas�bc

0Coke k0�A0e�

Eo1

RT

bg0 e bc

0 sono i coefficienti stechiometrici della reazionerispettanti la seguente condizione: bg

0�bc0�1.

In questo particolare modello, stiamo consideran-do solo il trasporto non composizionale degli idrocar-buri; di conseguenza il cracking secondario può esse-re effettuato solo nella roccia madre dove la composi-zione in termini di olio e di gas è nota. Il risultato delmodulo di cracking è la definizione di parte dei termi-ni sorgente (qa) utilizzati nelle equazioni del bilanciodi massa [1].

Il rapporto di trasformazione (TR) della materia orga-nica è dato allora da:

TR�1�i�1

n

�xi

Equazioni di stato. Lo stato dei fluidi è descritto dauna o più equazioni di stato che spesso sono semplifi-cate in una relazione diretta, che collega la densità allapressione e alla temperatura (Rudkiewicz et al., 1997).

Flusso dei fluidi. Si accetta generalmente l’ipotesiche la migrazione degli idrocarburi avvenga in fasi sepa-rate dall’acqua, anche se una parte degli idrocarburi leg-geri possono sciogliersi e diffondersi nell’acqua. Le prin-cipali forze che generano la migrazione degli idrocar-buri sono la spinta idrostatica, la capillarità e i gradientidi pressione.

Il flusso dei fluidi nei mezzi porosi è simulato dalleequazioni di Darcy, che sono state generalizzate per dareconto dei flussi composizionali plurifase (Marle, 1972).In alcuni casi è necessario dare conto della solubilizza-zione di alcuni fluidi specifici (per esempio il metano)in acqua e del loro trasporto per diffusione (Lamoureux-Var et al., 1998).

Si suppone che il fluido soddisfi le leggi di Darcygeneralizzate e la sua formulazione matematica per cia-scuna delle fasi a�{a, i} sia la seguente:

[8] Ua�/a(Va�Vs )��k�

ha(grad(Pa)�ra g)

dove Ua è la velocità di Darcy della fase a nel mezzoporoso,

�k è il tensore di permeabilità intrinseca, ha è la

mobilità della fase a nel mezzo poroso e Pa è la pres-sione idrostatica della fase a. Le pressioni idrostatichedelle due fasi liquide sono messe in relazione dalla pres-sione capillare Pc:Pi�Pa�Pc. La pressione capillare è unafunzione della porosità del mezzo poroso e una funzio-ne della saturazione di idrocarburi (o di acqua).

Una delle semplificazioni più diffuse consiste nelnon tener conto della pressione in eccesso e della pres-sione capillare (Hubbert, 1953). In questo caso, la velo-cità di Darcy è data da:

kra �Ua��11 K�grad (rag(z�h))�rag�ma

289VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

VALUTAZIONE E SVILUPPI DELL’ESPLORAZIONE

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dove z è la profondità sotto il livello del mare e h l’alti-tudine della superficie freatica. In condizioni di mareaperto (h�0) e presumendo che i fluidi non siano com-primibili, si ottiene la seguente equazione:

kra �Ua��11 (ra�ra)gK�grad(z)�ma

Questa è l’equazione utilizzata nei modelli in cui la migra-zione è determinata dalla topografia strutturale dellasuperficie del livello permeabile attraverso il quale avvie-ne la migrazione (Sylta, 1993).

L’altro tipo di semplificazione consiste nel trascura-re solo la pressione in eccesso. In questo caso la velo-cità di Darcy è data da:

kra �Ua��11 K�grad(rag (z�h)�Pca)�ra g�ma

Presumendo di nuovo condizioni di mare aperto efluidi non comprimibili, si ottiene la seguente equa-zione:

kra �Ua��11 K�g(ra�ra)grad(z)�grad(Pca)�ma

Ora, se si assume che la migrazione è istantanea inrapporto al tempo geologico, la condizione di migrazio-ne utilizzata in questo modello è:

g(ra�ra)grad (z)�grad(Pca)

Questa è l’equazione utilizzata nei modelli in cui lamigrazione è determinata dalla percolazione (Carrutherse de Lind van Wijngaarden, 2000).

Risoluzione del problema. Il problema consistenella risoluzione di un sistema composto principal-mente da 10 equazioni con 10 incognite /a ,Va ,Pa,T(3�3�3�1�10). Una volta stabilite le condizioni ini-ziali e quelle agli estremi, il sistema è ben posto.

Condizioni agli estremi. All’estremo superiore, lepressioni sono determinate dalla pressione atmosfericae dalla batimetria. Le temperature sono determinate inquanto funzione dell’altitudine o della profondità del-l’acqua.

All’estremo inferiore, non c’è flusso di fluidi e glispostamenti sono determinati, così come i flussi termi-ci o le temperature. Agli estremi laterali, non c’è flussotermico e gli spostamenti avvengono solo in senso ver-ticale. Il flusso dei fluidi o la pressione possono esseredeterminati in quanto funzione dello spazio e del tempo.

Valutazione dei parametriUna volta stabilite le leggi fisiche, occorre definir-

ne i parametri. La maggior parte di questi ultimi posso-no essere direttamente misurati a partire da campionirappresentativi dei sedimenti presi in esame. È questo ilcaso delle proprietà termiche, dei parametri della parte

elastoplastica della reologia e dei parametri delle equa-zioni di Darcy generalizzate.

Parametri termici. Come abbiamo detto, le proprietàtermiche (capacità e conduttività) possono essere diret-tamente misurate su campioni rappresentativi dei sedi-menti considerati.

Parametri reologici. Come già affermato, i parame-tri elastoplastici possono essere direttamente misurati sucampioni rappresentativi dei sedimenti esaminati. Così,dai dati raccolti sul campo o dalle misurazioni di labo-ratorio si può calibrare la seguente funzione:

/a s /b ss�sm b(s)�1 exp��1 �1 exp��1 Ea Ea Eb Eb

1s�sm b(s)�1Ee

Una delle principali difficoltà della modellizzazionedei bacini è costituita dal fatto che una parte dei processisi svolge sulla scala del tempo geologico. Questo è ilcaso del meccanismo pressione-soluzione che può esse-re simulato con la viscoplasticità (Schneider et al., 1996).

(1�/)s�0 e /�/min a(s)�555� mb(T)

s�0 o /�/min a(s)�0

La viscosità volumetrica può raggiungere valori di50 GPaMa o 1,5 1022 Pa·s a 15 °C (Schneider e Hay,2001). Questi valori non possono essere misurati in labo-ratorio e gli unici metodi utilizzabili sono quelli indiret-ti, basati sulle misure del campo, su considerazioni teo-riche e su modelli numerici.

Parametri cinetici. Gli idrocarburi generati nei baci-ni provengono o dal kerogene mediante cracking pri-mario (Tissot et al., 1987), oppure da altri idrocarburimediante cracking secondario (Béhar et al., 1992). Si èda tempo riconosciuto che le equazioni cinetiche sonoin grado di simulare correttamente la generazione degliidrocarburi e che i parametri cinetici possono essere rica-vati dagli esperimenti di laboratorio (Ungerer e Pelet,1987). La formulazione cinetica ha sostituito l’approc-cio precedente basato su TTI (Time Temperature Index),che era un semplice parametro empirico (Waples, 1980).Tuttavia, la diversità dei dispositivi e delle condizionisperimentali ha portato alla definizione di una vastagamma di parametri cinetici (Ungerer, 1990) che, estra-polati dalle condizioni geologiche, hanno dato origine aloro volta a notevoli differenze nelle finestre dell’olio edel gas (Waples et al., 1992a, 1992b).

Recentemente sono stati effettuati studi sui traccian-ti molecolari (Tang e Béhar, 1995) e sui confronti delbilancio di massa tra sistemi aperti e chiusi (Béhar et al.,1997), i quali hanno dimostrato che i bilanci composizio-nali e i parametri cinetici sono ragionevolmente simili

290 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ESPLORAZIONE PETROLIFERA

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per kerogeni selezionati di tipo I, II e II-S, indipenden-temente dal dispositivo utilizzato.

Parametri di flusso dei fluidi. Un’altra difficoltà deri-va dalla scala spaziale. Infatti, le dimensioni medie dellecelle usate nei modelli numerici misurano molto spessoqualche centinaio di metri in tutte le direzioni. In questecondizioni, le probabilità che un campione di misuradella permeabilità possa essere rappresentativo della per-meabilità dell’intera cella sono molto scarse; il campio-ne misura solo pochi centimetri e nella cella possonoessere presenti fratture, eterogeneità, zone di precipita-zione ecc. Per quanto riguarda il campo di permeabilità,esso viene prima stimato in base alla conoscenza delladistribuzione litologica, che può essere il risultato di unmodello di sedimentazione (Granjeon e Joseph, 1999).Quindi si calibrano le permeabilità allo scopo di imita-re il campo di pressione osservato.

Il tensore di permeabilità intrinseca è dato dal pro-dotto di un tensore di anisotropia e della permeabilitàintrinseca: k

��a

�k(/). La permeabilità intrinseca è cal-

colata con la formula di Koseny-Carman modificata (Sch-neider et al., 1996):

0,2 /m

k(/)� 11 111S2 (1�/)2

dove S è la superficie specifica del mezzo poroso e m èun esponente, che in genere equivale a 3.

Il precedente modello non tiene conto dei cambia-menti petrofisici che avvengono durante la trasforma-zione dei minerali. Per esempio, la trasformazione dellasmectite in illite, che si verifica a 60° C, e quella dellacaolinite in illite, che avviene a 110° C, possono modi-ficare radicalmente la permeabilità dell’argilla. I model-li più recenti (Schneider et al., 2003) prendono in con-siderazione la seconda reazione, di cui le peliti meso-zoiche del bacino di Egersund (piattaforma continentalenorvegese) offrono un probabile esempio.

La mobilità della fase a è data dal rapporto trala permeabilità relativa e la viscosità del fluido:ha�kra (Sa )/ma(T ). Le viscosità dei fluidi (acqua e idro-carburi) sono in genere una funzione della temperaturae possono essere calcolate con la formula di Andrade.Le permeabilità relative sono in genere una funzione delgrado di saturazione dei fluidi.

Risoluzione delle equazioniDopo aver collaudato i metodi numerici esistenti (cioè,

alle differenze finite, a volumi finiti e agli elementi fini-ti), si è scelto di utilizzare quello a volumi finiti (Faille,1992). Tale metodo consiste nell’integrare la serie di equa-zioni differenziali parziali in ogni cella e poi suddivi-dere in elementi discreti le equazioni risultanti con ilmetodo delle differenze finite. È stato scelto questo meto-do perché è localmente conservativo, un requisito indi-spensabile alla risoluzione delle equazioni di trasporto.

I metodi agli elementi finiti non rispettano tale condi-zione (Bouvier, 1989; Faille et al., 1994, 1996).

Una volta suddiviso in elementi discreti il sistemadifferenziale, il risultante sistema non lineare è risoltomediante metodi iterativi (Newton). Il miglioramentodelle capacità di previsione di questi modelli numericiha prodotto l’esigenza di una maggiore accuratezza, ingenere correlata a un aumento del numero di celle, chea sua volta è direttamente legato al numero delle inco-gnite. Così l’aumento delle dimensioni dei sistemi linea-ri che devono essere risolti richiede lo sviluppo di effi-caci risolutori per i calcolatori scalari o paralleli (Schei-chl et al. 2003).

Inoltre, per risolvere il problema di un flusso trifa-se in un bacino percorso da faglie lungo le quali posso-no verificarsi dislocazioni a blocchi, vengono attualmen-te utilizzati i Domain Decomposition Methods (DDM;Schneider et al., 2002), in cui le faglie sono considera-te come subdomini, dotati di proprietà geologiche indi-pendenti.

Flusso di lavoroLa modellizzazione dei bacini sedimentari può avva-

lersi attualmente di una metodologia ben stabilita, che èpiù o meno la stessa per i modelli in 3D a geometria sem-plice (Schneider et al., 2000) o a geometria complessa(Schneider et al., 2002). Tale metodologia è riassunta nelflusso di lavoro presentato nella fig. 2. Le tappe princi-pali sono la costruzione della geometria del momentoattuale o modello iniziale, la definizione della cinema-tica, la calibrazione e l’analisi di sensibilità, seguite avolte dalla definizione delle incertezze.

Geometria attuale del giacimento. La geometria attua-le del giacimento o modello iniziale consiste in una sezio-ne trasversale in 2D o in un blocco in 3D che rappresentalo stato attuale del bacino sedimentario. Per realizzarlosi utilizzano tutti i dati disponibili (sismici, campioni,

291VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

VALUTAZIONE E SVILUPPI DELL’ESPLORAZIONE

dati

parametri

geometriaattuale cinematica

taratura

sensibilitàprevisioneincertezze

fig. 2. Flusso di lavoro utilizzato nella modellizzazione dei bacini sedimentari.

Page 16: pag277-299ITA3

misurazioni, osservazioni sul campo, analisi di labora-torio ecc.). In questa fase si fa uso di tutte le tecnichegeologiche consolidate, come l’interpretazione sismica,la geologia strutturale, l’analisi sedimentaria e la geo-chimica (fig. 3).

Si fa frequentemente ricorso anche agli strumen-ti numerici: LOCACE per facilitare l’interpretazionestrutturale (Moretti e Larrere, 1989) o DIONISOS per

completare il modello iniziale con le litologie (Granjeone Joseph, 1999).

Cinematica. Dopo aver concluso il modello iniziale,occorre prendere in considerazione la storia geologicadel bacino sedimentario. A questo scopo, il programma-tore del modello cerca di decifrare il passato del bacinosedimentario preso in esame sulla base delle osservazio-ni attuali e della conoscenza dell’evoluzione geodinamica

292 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ESPLORAZIONE PETROLIFERA

temperatura ( ° C)

porosità (%)

osservatocalcolato

osservatocalcolato

osservatocalcolatoidrostaticolitostatico

osservatocalcolato

riflessione della vitrinite (%) pressione (MPa)

prof

ondi

tà (

km)

prof

ondi

tà (

km)

prof

ondi

tà (

km)

prof

ondi

tà (

km)

0 0,5 1,0 1,5 2,0

1

2

3

4

5

60 50 100 150 200

0

1

2

3

4

5

60 10 20 30 40 50

0

1

2

3

4

5

6

0

1

2

3

4

5

60 50 100 150

0

fig. 4. Esempio di calibratura sulla base di dati di pozzo: in questo caso sono stati usati i valori relativi a temperatura, pressione,indice di riflessione della vitrinite e porosità.

schneider_f01

0 40 80 120

10

0

km

km

fig. 3. Esempio di sezione iniziale utilizzata nella modellizzazione dei bacini sedimentari; i colori rappresentano la stratigrafia.

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dell’area. La ricostruzione della cinematica è una tappafondamentale. Il geologo strutturale è spesso portato aservirsi di strumenti restitutivi come LOCACE o di stru-menti di cinematica avanzata come THRUSTPACK(Deville e Sassi, 1996). Per ciò che riguarda la defor-mazione cinematica, la decompattazione dei sedimentidovrebbe essere trattata mediante tecniche di ‘back-stripping’ (Perrier e Quiblier, 1974).

Calibrazione. Una volta conclusa la definizione dellecaratteristiche cinematiche e determinati i parametri fisi-ci, è possibile effettuare le prime simulazioni. Lo scopodi queste simulazioni è quello di tarare i valori dei para-metri fisici al fine di far coincidere i risultati del model-lo numerico con i dati osservati (temperature, pressioni,maturità, ecc.; v. fig. 4).

Analisi di sensibilità, incertezze e previsioni. Il risul-tato del procedimento precedente è una serie di para-metri che ci permettono di simulare le osservazioni nelmiglior modo possibile. In questa fase, può essere utilestudiare la sensibilità del modello a piccole variazionidei parametri, che sono incerti. Inoltre, potrebbe essereindispensabile determinare le incertezze riguardanti alcu-ni risultati specifici del modello numerico, quali le pre-visioni della pressione o della carica.

Dato che il tempo di simulazione può essere lungo,troppo lungo per utilizzare le classiche tecniche MonteCarlo, è stata sviluppata una nuova metodologia in QUBS,basata su un metodo di progettazione sperimentale (Wen-debourg, 1999).

Un uso dei simulatori numerici di bacini sedimenta-ri divenuto ormai classico consiste nel calibrare il model-lo in un’area già ben conosciuta e poi utilizzarlo, dopol’analisi di sensibilità, per effettuare previsioni nelle areeadiacenti. Questa metodologia è stata utilizzata con suc-cesso per prevedere la pressione nel Mare del Nord (Bri-gaud et al., 1998).

ConclusioniLa prima tappa nello studio di un bacino sedimenta-

rio consiste nel raccogliere ed effettuare la sintesi di tuttii dati esistenti (geologici, geochimici, strutturali, mec-canici, termodinamici, ecc.). Questa sintesi permette ingenere di ottenere un insieme di dati coerente e miglio-ra il livello di comunicazione tra gli esperti. In molti casi,si assiste a un miglioramento della comprensione delsistema petrolifero ancor prima dell’esecuzione dei primicalcoli.

I modelli di bacini sedimentari di prima generazio-ne erano utilizzati per studiare i sistemi petroliferi in areerelativamente semplici. La costruzione di modelli in 3Dsi è resa necessaria per effettuare il primo bilancio dimassa degli idrocarburi (Schneider e Wolf, 2000). Gra-zie alla migrazione composizionale, è divenuto final-mente possibile effettuare previsioni sulla qualità (cioèla composizione) degli idrocarburi (Béhar et al., 2002).

Si possono studiare i sistemi petroliferi in aree complessecome quelle collinari servendosi di modelli 2D comeCERES (Schneider et al., 2002). Il miglioramento delmodello 3D e degli algoritmi di ricostruzione 3D apriràla strada a una nuova generazione di modelli di bacinisedimentari in grado di simulare il flusso di un fluidocomposizionale in blocchi complessi a 3D.

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295VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

VALUTAZIONE E SVILUPPI DELL’ESPLORAZIONE

Page 20: pag277-299ITA3

2.4.3 Programmazione dei sondaggi esplorativi e altre operazioni

IntroduzioneLa programmazione di un pozzo petrolifero è una

componente molto importante del processo di esplora-zione e produzione degli idrocarburi e, poiché richiedeuna corretta interazione tra i diversi specialisti all’inter-no della compagnia petrolifera, questa operazione alta-mente strutturata è guidata da procedure e standard spe-cifici. Questo processo richiede l’analisi di aspetti tec-nici ed economici in riferimento a numerosi fattorilimitanti di natura locale, operativa e di budget.

Il programma di pozzo è il documento che rappre-senta il risultato di questo processo, ed è composto dadiverse sezioni preparate, possibilmente in modo inte-grato, da differenti specialisti. Tale programma è il docu-mento primario che il team di progetto utilizza durantel’esecuzione di un pozzo, e definisce: perché un pozzoè stato progettato; come realizzare il pozzo in termini diprocedure di perforazione; come, quando e che tipo didati è necessario acquisire; quando, come e a quale scopoi dati di pozzo debbono essere distribuiti, analizzati einterpretati.

Le principali sezioni che compongono il programmadi pozzo in fase esplorativa e di valutazione (pozzo E&A,Exploration and Appraisal) sono il programma geologi-co, il programma di perforazione e il programma di acqui-sizione dati.

Una particolare attenzione deve essere posta al pro-gramma di acquisizione dati in quanto l’acquisizione deidati di pozzo e la loro successiva interpretazione hannoun forte impatto sui pozzi E&A.

Programma di acquisizione dei dati di pozzoGrande importanza assumono i dati di pozzo nelle

fasi di esplorazione e di valutazione nel caso in cui deb-bano essere prese decisioni sugli investimenti quando leinformazioni disponibili sono deboli e/o incomplete. Incaso di pozzi E&A, oltretutto, l’acquisizione dati risul-ta molto costosa e può arrivare a rappresentare ancheoltre il 30% del costo totale del pozzo. Questo significache ciascun set di dati richiesto deve essere selezionatoin relazione a obiettivi definiti e a una chiara visione deilegami tra il bisogno dei dati, le loro applicazioni, il ritor-no di investimento e l’architettura del pozzo.

La preparazione del programma di acquisizione perpozzi E&A richiede inoltre una corretta visione degliobiettivi geologici (relativi al campo), degli obiettivi delpozzo (relativi al pozzo considerato), dei problemi chedebbono essere affrontati nelle fasi successive, e un’a-nalisi delle esigenze di ulteriori fasi di sviluppo in rela-zione a limiti tecnici e di budget attentamente definiti.Seguendo le linee guida per la pianificazione delle acqui-sizioni, definite in modo specifico da ciascuna compa-gnia, il primo sforzo è spesso dedicato alla definizionepuntuale delle incertezze principali e dei parametri a esseassociati. Il secondo passo consiste nell’individuazionedelle tecniche di acquisizione più appropriate in funzio-ne delle condizioni attese del pozzo e delle formazionigeologiche da investigare. La prevista architettura delpozzo e le conseguenti soluzioni tecniche di perforazio-ne e completamento (fluidi e metodi di perforazione,traiettoria del pozzo, diametro nominale dello scalpello,ecc.) possono limitare la scelta delle strategie di acqui-sizione. Nella fase di sviluppo del programma di acqui-sizione dei dati di pozzo, i dati disponibili relativi all’ar-chitettura e all’esecuzione del pozzo sono quindi costan-temente confrontati con le più opportune tecniche diacquisizione. In questa fase debbono inoltre essere con-siderate, rispetto a scenari predefiniti, le soluzioni alter-native da utilizzare nel caso in cui sorgano problemi tec-nici, modifiche alla architettura del pozzo, nuovi limitinella perforazione.

Esistono, in generale, sette tipi di dati di pozzo daconsiderare: a) i dati di mud logging; b) i campionamentisolidi (detriti di perforazione, carote di parete e di fondo,ecc.); c) i log geofisici acquisiti durante la perforazione(while drilling); d) i dati sismici; e) i log geofisici clas-sici (wire line); f ) i campionamenti di fluidi; g) i test dipozzo.

Il programma di acquisizione dei dati deve esserepreparato, inoltre, in funzione del sistema informativoutilizzato per la trasmissione e la condivisione dei datie per alimentare il database per gli studi successivi. Inquesto contesto è importante definire il valore del-l’informazione richiesta non solo in termini di costo maanche e soprattutto in termini di ritorno dell’investimentoo di ulteriori risparmi sui costi nell’acquisizione di altridati di pozzo.

I dati sismici di superficie e di pozzo costituisconola principale sorgente di informazione per migliorare laconoscenza e per verificare i modelli di un dato oggetto

296 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ESPLORAZIONE PETROLIFERA

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geologico. I pozzi, grazie ai dati di primaria importanzache possono fornire, sono i soli punti di controllo diret-to del modello geologico di giacimento. Tipo e qualitàdei dati di pozzo costituiscono le fonti di informazioneprincipali per la definizione dei caratteri e degli aspettirelativi all’oggetto geologico studiato e determinano laqualità e l’affidabilità dei risultati che interessano le disci-pline coinvolte negli studi successivi (geologia struttu-rale, stratigrafia, sedimentologia, petrografia, geochi-mica, interpretazione sismica, petrofisica, caratterizza-zione geomeccanica, ecc.).

Gli obiettivi della perforazione di un pozzo E&Asono la conoscenza dell’oggetto geologico, l’anticipa-zione delle esigenze e la preparazione delle strategie perla fase di sviluppo potenziale. È quindi molto impor-tante, già in una fase esplorativa precoce, identificare leprincipali incertezze da risolvere tenendo conto dellaulteriore fase di sviluppo. Le misure e i campionamen-ti utili per la valutazione della formazione debbono esse-re messi a fuoco, giustificati e acquisiti quanto prima. Inquesta fase debbono essere adottate procedure idoneeper una analisi post mortem della qualità e dell’adegua-tezza del set di dati acquisiti, della qualità e dell’affida-bilità dei risultati della fase di interpretazione dei dati,del costo e del valore delle informazioni acquisite. Que-sto deve essere fatto per ottenere il feed-back necessarioper migliorare le strategie di acquisizione, elaborazionee interpretazione dei dati di pozzo nei successivi pozzida perforare nel campo. I risultati della valutazione postmortem possono aiutare a massimizzare l’utilizzazionedei dati di pozzo e la riduzione dei costi di acquisizionenelle fasi più mature di valutazione e di sviluppo delcampo. Nello sviluppare un programma di pozzo, moltacura è posta anche su aspetti importanti relativi alla salu-te, alla sicurezza, alla qualità e all’ambiente, nel rispet-to di prassi interne alle compagnie petrolifere semprepiù rigorose.

Programma di pozzoIn conformità con le procedure e le informazioni

descritte in precedenza, questo documento è general-mente composto da diverse sezioni, di cui le principalisono: a) la sezione delle informazioni generali; b) lasezione relativa agli aspetti geologici salienti; c) la sezio-ne di geologia operativa; d) la sezione di perforazione.

Informazioni generali Questa sezione è composta da diverse sottosezio-

ni tra le quali le principali sono: a) dati anagrafici re-lativi al pozzo (nome e classificazione del pozzo, tipodi pozzo, profondità totale, concessione, informazionisull’operatore ed eventuali partners con relative quotedi titolarità, ecc.); b) obiettivi del pozzo; c) dati topo-grafici (latitudine, longitudine, quota piano campagnaper pozzi a terra, relativi riferimenti topografici, ecc.);

d) raccomandazioni generali; e) informazioni generalirelative all’impianto di perforazione e alle relative carat-teristiche di sicurezza; f ) informazioni concernenti i pianidi emergenza; g) unità di misura utilizzate; h) informa-zioni generali sul programma di perforazione (fig. 1); i)schema del pozzo.

Sezione relativa agli aspetti geologici salienti Questa sezione è generalmente composta dai seguen-

ti capitoli principali: a) ubicazione del pozzo (dati topo-grafici in dettaglio); b) informazioni dettagliate sull’as-setto geologico dell’area di interesse; c) interpretazionegeologica dei dati sismici; d) obiettivi geologici del pozzo(linea sismica di riferimento, quote previste degli obiet-tivi geologici principali con riferimento al tipo di serba-toio previsto, alla sua litologia, ai caratteri geologici epetrofisici previsti, ecc.); e) informazioni sulle roccemadri e sulle coperture; f ) previsioni litologiche e stra-tigrafiche; g) pozzi di riferimento per le correlazioni.

Sezione di geologia operativa I principali capitoli di questa sezione sono: a) indi-

cazioni sulle tecniche di surface logging e informazio-ni relative alle tecniche di acquisizione e controllo diqualità dei dati di mud logging da riportare nel rapporto

297VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

VALUTAZIONE E SVILUPPI DELL’ESPLORAZIONE

0 20 40 60 80 100 120 140 160

tempo (giorni)

prof

ondi

tà m

isur

ata

(m)

fase di perforazione 23"

fase di perforazione 16"

fase di perforazione 12 1/4"

fase di perforazione 8 1/2"

posizionamento colonna 18 5/8"

posizionamento colonna 13 3/8"

acquisizione loge posizionamento colonna 9 5/8"

acquisizione log�posizionamento liner 7"�prove pozzo

4.000

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

3.000

3.500

fig. 1. Diagramma dei tempi di esecuzione del pozzo.

Page 22: pag277-299ITA3

geologico giornaliero e nel documento chiamato masterlog; b) principali informazioni relative alle tecniche diacquisizione di campioni di fluidi e di solidi di forma-zione (gas, detriti di perforazione, carote di fondo e diparete, campionamento di fluidi di formazione, ecc.); c)programmi di acquisizione dei log geofisici di pozzo (siawhile drilling sia wire line) e relative condizioni opera-tive attese (diametri nominali delle diverse sezioni delforo, informazioni relative ai fanghi di perforazione cometipo e densità del fango, regimi di pressione, ecc.); d)programma di acquisizione di dati sismici di pozzo; e)prove di formazione previste (con attrezzi wire line, provedi strato con batteria di perforazione, prove di strato concompletamento del pozzo, ecc.); f ) prodotti dell’inter-pretazione dei dati di pozzo.

Sezione di perforazione Questa sezione è spesso composta da un capitolo rela-

tivo al programma operativo di perforazione e da un capi-tolo concernente la progettazione del pozzo. Il programmaoperativo di perforazione fornisce informazioni moltodettagliate per ciascuna fase di perforazione, dettaglirelativi alle procedure di perforazione e alle norme disicurezza, alla selezione degli scalpelli in base al profi-lo litologico previsto, alla configurazione della batteriadi fondo, alla selezione dei fanghi, al tipo, peso e collo-cazione delle colonne, alla cementazione; fornisce inol-tre le informazioni dettagliate relative allo schema dicompletamento previsto, alle variazioni eventuali rispet-to alla pianificazione precedente, in riferimento a parti-colari evenienze prevedibili.

Le informazioni necessarie a una corretta progetta-zione del pozzo sono numerose. Tra queste, le più rile-vanti sono quelle relative ai gradienti di pressione atte-si (il gradiente litostatico, il gradiente di pressione deipori, il gradiente di fratturazione, il profilo di tempera-tura, come indicato in fig. 2). Queste informazioni sonodi solito ottenute per mezzo dell’analisi dei rapporti diperforazione e dei dati di pozzo acquisiti nei pozzi dicorrelazione vicini. Tra i dati di pozzo particolarmenteimportanti per la valutazione dei profili di pressione citia-mo i log tradizionali in foro aperto, i risultati della lorointerpretazione geologica e petrofisica, i dati di pressio-ne disponibili da formation testing. Questi dati risulta-no ancora più importanti nel caso di pressioni anomale(essenzialmente sovrappressioni), o di anomalie del pro-filo di densità relative a particolari situazioni litologichee alla distribuzione di fluidi particolarmente pericolosinel caso di pozzi esplorativi in aree deep water (di mareprofondo). Quando questi dati non sono disponibili, leinformazioni necessarie alla progettazione del pozzosono derivate dai dati geologici regionali disponibili.

Altri elementi molto importanti per una correttaprogettazione del pozzo sono legati alla conoscenzadei caratteri geologici e geomeccanici della sequenza

stratigrafica in esame. I problemi di instabilità del forosono, infatti, legati in massima parte alla litologia e alleproprietà petrofisiche delle rocce (per esempio l’insta-bilità delle argille nel caso di utilizzo di fanghi a based’acqua, dovuta alla presenza di particolari minerali chepossono rigonfiarsi al contatto con l’acqua del fango equindi provocare fenomeni di frana con relativi scaver-namenti, sovratiri e bloccaggio delle aste di perforazio-ne). Per questo motivo le informazioni relative alla lito-logia, ai caratteri petrofisici e meccanici delle forma-zioni geologiche (rocce serbatoio e di copertura) presentinella sequenza da perforare rivestono una importanzafondamentale per la selezione degli scalpelli (per tipo edimensione), del tipo e della densità del fango di perfo-razione, del tipo di colonna (diametri, spessori, metal-lurgia, posizionamento, ecc.), e per la definizione delleprocedure e la scelta delle tecnologie di perforazione.

Altre componenti importanti del programma di perfo-razione sono i capitoli relativi ai fanghi e ai cementi. Ilcapitolo fanghi fornisce indicazioni circa il tipo e le carat-teristiche del fango selezionato per le diverse sezioni delpozzo, essendo il fango di perforazione una miscela di

298 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ESPLORAZIONE PETROLIFERA

0 50 100 150 200 250 300profilo di temperatura ( ° C)

prof

ondi

tà (

m)

gradienti di pressione [(kg/cm2)/10 m]

carico litostaticopressione dei porigradiente di fratturazioneprofilo di temperatura

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

3.000

3.500

0 0,5 1 2,521,5 3

fig. 2. Gradienti di pressione e profilo di temperatura previsti.

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una o più fasi liquide e di solidi in soluzione o meno, lecui proprietà sono selezionate per risolvere un certonumero di problemi di perforazione. La presenza delfango di perforazione è necessaria essenzialmente perraffreddare e lubrificare lo scalpello durante la perfora-zione, per condizionare la parete del foro, per rimuove-re i detriti di perforazione dal foro e per trasportare insuperficie eventuali tracce di fluidi di formazione. Quan-do il fango possiede certe caratteristiche costituisce ilmezzo attraverso il quale possono essere effettuate lemisure log di tipo elettrico, nucleare, acustico, ecc. I prin-cipali tipi di fango sono quelli a base di acqua (WBM,Water Based Mud) e quelli a base di olio (OBM, OilBased Mud). Le principali caratteristiche del fango indi-cate nel capitolo sono: il tipo, la densità, la viscosità, ilpH, la salinità, il peso, il volume dei solidi, il volume difiltrato, ecc. Una importante informazione è quella rela-tiva ai volumi di fango necessari nella fase di perfora-zione, stimati in funzione del volume atteso di foro sca-vato (valutato per mezzo di specifiche misure di diame-tria del foro come borehole geometry e/o boreholeteleviewers) e al volume di casing previsto in funzionedelle sue dimensioni e del suo peso. In relazione a que-ste previsioni, il programma fanghi fornisce indicazio-ni sulle scorte da prevedere in termini di tipo, qualità evolume di prodotti.

Il capitolo sui cementi fornisce indicazioni relativeal tipo e alle caratteristiche dei cementi selezionati per

le differenti sezioni del pozzo. La cementazione consi-ste nell’applicazione nella intercapedine tra la colonnadi protezione e la parete del foro di una miscela di acquae cemento (malta) in modo da: ottenere, dopo la presadella malta stessa, il riempimento dello spazio anularetra colonna e foro; sostenere la colonna; ottenere l’iso-lamento idraulico tra le varie zone del pozzo; prevenirela migrazione di fluidi tra le zone permeabili assicuran-do l’aderenza della colonna al cemento e del cementoalla formazione. Quando la colonna è calata nel pozzo,essa viene infatti posizionata e legata alla formazioneper mezzo del cemento. Grande rilevanza all’interno diquesta procedura assumono la definizione del tipo dicemento e i relativi additivi, la salinità dell’acqua e ivolumi di malta previsti. Ancora una volta, in relazionea queste previsioni, il programma cementi fornisce indi-cazioni sulle scorte da prevedere in termini di tipo, qua-lità e volume di prodotti e del loro impiego.

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Mauro GonfaliniConsulente scientifico

299VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

VALUTAZIONE E SVILUPPI DELL’ESPLORAZIONE