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1 Anno 4- Numero 5– 26/04/2013 Periodico della parrocchia di S. Anselmo di Lucca Si ricomincia … un nuovo anno pastorale Dopo la pausa estiva stiamo per progettare ed organizzare il nuovo anno pastorale. E’ tempo di programmazione e di scelte pastorali da proporre alla comunità cristiana. Spese volte ci chiediamo come migliorare le nostre attività e come renderle più efficaci per i giovani e per le nostre famiglie. L’urgenza pastorale è partire dalla liturgia e dalla preghiera per renderle più vive ed efficaci. Innanzitutto dare tempo per preparare con cura la liturgia domenicale e feriale (Canti /Cantori /Suonatori/ Lettori/ Chierichetti/ Accoglienza / Puntualità nella partecipazione alla Messa). Il primo rispetto verso la tua comunità è la puntualità ad ogni celebrazione. La liturgia è fonte e culmine di ogni nostra attività pastorale. Tutto deve partire dall’Eucarestia e portare all’Eucarestia. Senza una formazione biblica / spirituale la nostra comunità non cresce nella fede e nel servizio al prossimo. Non è sufficiente proporre iniziative, anche pur lodevoli, ma è fondamentale l’incontro con Cristo nella Parola, nei Sacramenti e nella carità. Amiamo la Chiesa! Ci aiutiamo davvero a vicenda a progredire nell’amore alla nostra comunità? A questo scopo, dobbiamo imparare di nuovo ad amarci personalmente. Coloro che osservavano i primi cristiani non dicevano: ”guardate come ci amano”, ma: “guardate come si amano”. Noi dobbiamo sperimentare l’armonia di una appartenenza alla comunità unita dei discepoli di Cristo. Dobbiamo ritrovare la Chiesa non come una carcassa, ma una comunità fraterna, in cui si manifestano i segni della presenza del Signore. Solo un vero credente può amare la Chiesa. La Chiesa ha più bisogno di esser amata che riformata, perché l’uomo sa vedere solo nella misura in cui ama. Amare la Chiesa significa senza dubbio volerla sempre più bella, ma anche toccarla con le mani di Cristo, mani piene di misericordia. “La fede si rafforza donandola”. Aprirsi ai lontani, andare nelle periferie esistenziali. Se siamo vuoti interiormente non si costruisce nulla. E’ il vuoto di tanta gente, di tanti giovani che dobbiamo riempire con l’amore di Cristo. Il problema non sono i ragazzi e i giovani, ma di noi adulti che non trasmettiamo coerenza e autenticità. “Attingete forza dal Signore”. Le difficoltà sono tantissime. E’ Lui che con la grazia dello Spirito ci sostiene e ci dà vigore. Una comunità cristiana non deve mai diventare un piccolo gruppo chiuso in sé, timoroso di aprirsi agli altri e agli indifferenti. Il nostro desiderio è costruire una comunità accogliente, gioiosa, unita nella fede, premurosa nella carità fraterna e attenta alle necessità dei poveri. La parrocchia sia per tutti un segno di comunione e di unità in Cristo. La prima e insostituibile evangelizzazione è la comunione col Signore e tra noi. A tutti Buon Anno Pastorale D. Giancarlo

Periodico della parrocchia di S. Anselmo di Lucca Si ricomincia … · da questo amore, ci insegna allora a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto chi soffre,

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Anno 4- Numero 5– 26/04/2013

Periodico della parrocchia di S. Anselmo di Lucca

Si ricomincia … un nuovo anno pastorale

Dopo la pausa estiva stiamo per progettare ed organizzare il nuovo anno pastorale. E’ tempo di programmazione e di scelte pastorali da proporre alla comunità cristiana. Spese volte ci chiediamo come migliorare le nostre attività e come renderle più efficaci per i giovani e per le nostre famiglie. L’urgenza pastorale è partire dalla liturgia e dalla preghiera per renderle più vive ed efficaci. Innanzitutto dare tempo per preparare con cura la liturgia domenicale e feriale (Canti /Cantori /Suonatori/ Lettori/ Chierichetti/ Accoglienza / Puntualità nella partecipazione alla Messa). Il primo rispetto verso la tua comunità è la puntualità ad ogni celebrazione. La liturgia è fonte e culmine di ogni nostra attività pastorale. Tutto deve partire dall’Eucarestia e portare all’Eucarestia. Senza una formazione biblica / spirituale la nostra comunità non cresce nella fede e nel servizio al prossimo. Non è sufficiente proporre iniziative, anche pur lodevoli, ma è fondamentale l’incontro con Cristo nella Parola, nei Sacramenti e nella carità. Amiamo la Chiesa! Ci aiutiamo davvero a vicenda a progredire nell’amore

alla nostra comunità? A questo scopo, dobbiamo imparare di nuovo ad amarci personalmente. Coloro che osservavano i primi cristiani non dicevano: ”guardate come ci amano”, ma: “guardate come si amano”. Noi dobbiamo sperimentare l’armonia di una appartenenza alla comunità unita dei discepoli di Cristo. Dobbiamo ritrovare la Chiesa non come una carcassa, ma una comunità fraterna, in cui si manifestano i segni della presenza del Signore. Solo un vero credente può amare la Chiesa. La Chiesa ha più bisogno di esser amata che riformata, perché l’uomo sa vedere solo nella misura in cui ama. Amare la Chiesa significa senza dubbio volerla sempre più bella, ma anche toccarla con le mani di Cristo, mani piene di misericordia. “La fede si rafforza donandola”. Aprirsi ai lontani, andare nelle periferie esistenziali. Se siamo vuoti interiormente non si costruisce nulla. E’ il vuoto di tanta gente, di tanti giovani che dobbiamo riempire con l’amore di Cristo. Il problema non sono i ragazzi e i giovani, ma di noi adulti che non trasmettiamo coerenza e autenticità. “Attingete forza dal Signore”. Le difficoltà sono tantissime. E’ Lui che con la grazia dello Spirito ci sostiene e ci dà vigore. Una comunità cristiana non deve mai diventare un piccolo gruppo chiuso in sé, timoroso di aprirsi agli altri e agli indifferenti. Il nostro desiderio è costruire una comunità accogliente, gioiosa, unita nella fede, premurosa nella carità fraterna e attenta alle necessità dei poveri. La parrocchia sia per tutti un segno di comunione e di unità in Cristo. La prima e insostituibile evangelizzazione è la comunione col Signore e tra noi. A tutti Buon Anno Pastorale D. Giancarlo

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Di fronte alla croce «Tu, come sei?Come Pilato, come il Cireneo, come Maria?»

C arissimi giovani! Siamo venuti oggi qui per

accompagnare Gesù lungo il suo cammino di dolore e di amore, il cammino della Croce, che è uno dei momenti forti della Giornata Mondiale della Gioventù. Al termine dell'Anno Santo della Redenzione, il Beato Giovanni Paolo II ha voluto affidarla a voi, giovani, dicendovi: «Portatela nel mondo come segno dell'amore di Gesù per l'umanità e annunciate a tutti che solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione» Da allora l a Croce ha percorso tutti i Continenti e ha attraversato i più svariati mondi dell’esistenza umana, restando quasi impregnata dalle situazioni di vita dei tanti giovani che l’hanno vista e l’hanno portata. Nessuno può toccare la Croce di Gesù senza lasciarvi qualcosa di se stesso e senza portare qualcosa della Croce di Gesù nella propria vita. Tre domande vorrei che risuonassero nei vostri cuori questa sera accompagnando il Signore: Che cosa avete lasciato nella Croce voi, cari giovani del Brasile, in questi due anni in cui ha attraversato il vostro immenso Paese? E che cosa ha lasciato la Croce di Gesù in ciascuno di voi? E, infine, che cosa insegna alla nostra vita questa Croce? 1. Un’antica tradizione della Chiesa di Roma racconta che l'Apostolo Pietro, uscendo dalla città per fuggire dalla persecuzione di Nerone, vide Gesù che camminava nella direzione opposta e stupito gli domandò: “Signore, dove vai?”. La risposta di Gesù fu: “ Vado a Roma per essere croci fisso di nuovo”. In quel momento, Pietro capì che doveva seguire il Signore con coraggio, fino in fondo, ma capì soprattutto che non era mai solo nel cammino; con lui c’era sempre quel Gesù che lo aveva amato fino a morire sulla Croce. Ecco, Gesù con la sua Croce percorre le nostre strade per prendere su di sé le nostre paure, i nostri problemi, le nostre sofferenze, anche le più profonde. Con la Croce Gesù si unisce al silenzio delle vittime della violenza, che non possono più gridare, soprattutto gli innocenti e gli indifesi; con essa, Gesù si unisce alle famiglie che sono in diffi coltà, che piangono la perdita dei loro figli, o che soffrono nel vederli preda di paradisi artifici ali come la droga; con essa, Gesù si unisce a tutte le persone che soffrono la fame in un mondo che ogni giorno getta via tonnellate di cibo; con essa, Gesù si unisce a chi è perseguitato per la religione, per le idee, o semplicemente per il colore della pelle; in essa, Gesù si unisce a tanti giovani che hanno perso la fiduci a nelle istituzioni politiche perché vedono egoismo e corruzione o che hanno perso la fede nella Chiesa, e persino in Dio, per l’incoerenza di cristiani e di ministri del Vangelo. Nella Croce di Cristo c’è la sofferenza, il peccato dell’uomo, anche il nostro, e Lui accoglie tutto con le braccia aperte, cari ca sulle sue spalle le nostre croci e ci dice: Coraggio! Non sei solo a portarle! Io le porto con te e io ho vinto la morte e sono venuto a darti speranza, a darti vita.

Di fronte allac roce «Tu, come sei?Come Pilato, come il Cireneo, come Maria?» 2. E così possiamo rispondere alla seconda domanda: che cosa ha lasciato la Croce in coloro che l’hanno vista, in coloro che l’hanno toccata? Che cosa lascia in ciascuno di noi? Lascia un bene che nessuno può darci: la certezza dell’amore incrollabile di Dio per noi. Un amore così grande che entra nel nostro peccato e lo perdona, entra nella nostra sofferenza e ci dona la forza per portarla, entra anche nella morte per vincerla e salvarci. Nella Croce di Cristo

c’è tutto l’amore di Dio, la sua immensa misericordia. E questo è un amore di cui possiamo fidarci, nel quale possiamo credere. Cari giovani, fidiamoci di Gesù, affidiamoci totalmente a Lui Solo in Cristo morto e risorto troviamo salvezza e redenzione. Con lui, il male, la sofferenza e la morte non hanno l'ultima parola, perché Lui ci dona speranza e vita: ha tras formato la Croce da strumento di odio, di sconfitta, di morte in segno di amore, di vittoria e di vita. Il primo nome dato al Brasile è stato proprio quello di “Terra de Santa Cruz”. La Croce di Cristo è stata piantata non solo sulla spiaggia più di cinque secoli fa, ma anche nella storia, nel cuore e nella vita del popolo brasiliano e non solo. Il Cristo sofferente lo sentiamo vicino, uno di noi che condivide il nostro cammino fino in fondo. Non c'è croce, piccola o grande, della nostra vita che il Signore non condivida con noi. 3. Ma la Croce di Cristo ci invita anche a lasciarci contagiare da questo amore, ci insegna allora a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto chi soffre, chi ha bisogno di aiuto, chi aspetta una parola, un gesto e ad uscire da noi stessi per andargli incontro e tendergli la mano. Tanti volti hanno accompagnato Gesù nel suo cammino verso il Calvario: Pilato, il Cireneo, Maria, le donne… Anche noi davanti agli altri possiamo essere come Pilato che non ha il coraggio di andare controcorrente per salvare l a vita di Gesù e se ne lava le mani. Cari amici, la Croce di Cristo ci insegna ad essere come il Cireneo, che aiuta Gesù a portare quel legno pesante, come Maria e le altre donne, che non hanno paura di accompagnare Gesù fino alla fine, con amore, con tenerezza. E tu, come sei? Come Pilato, come il Cireneo, come Maria? Cari giovani, alla Croce di Cristo portiamo le nostre gioie, le nostre sofferenze, i nostri insuccessi; troveremo un Cuore aperto che ci comprende, ci perdona, ci ama e ci chiede di portare questo stesso amore nella nostra vita, di amare ogni nostro fratello e sorella con questo stesso amore. Così sia!

Papa Francesco

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Usiamo (bene) il web e saremo tutti più intelligenti

L a rete toglie il sonno a grandi e piccoli, rende tutti più superficiali e frettolosi, inonda di informazioni inutili, è veicolo di ogni nefandezza... In

questi anni si sono celebrati molti processi contro il web, e il più della volta gli avvocati difensori on sono riusciti a dimostrarne l'innocenza. Perché, è vero, la ragnatel a digitale avviluppa le nostre vite e districarsi tra l'inutile, il superfluo e il dannoso necessita di una buona dose di competenza e di volontà. Ecco ora che scende in campo uno tra i più brillanti studiosi statunitensi dell'impatto sociale delle nuove tecnologie, Howard Rheingold, che in un libro poderoso - 426 pagine, ottimamente tradotte da Stefania Garassini—spiega Perché la rete ci rende intelligenti (Raffaello Cortina Editore, euro 28).La tesi di Rheingold non è banalmente che usando internet a scuola o nel lavoro possiamo "saperne una più del diavolo" - e già questo è un fatto - ma che maneggiare le tecnologie digitali affina la mente, anziché, come spesso il senso comune indica, logorarla nelle sue capacità di attenzione, concentrazione e memoria. La visione positiva di Reinghold è suffragata da studi, suoi e altrui, iniziati già negli anni Ottanta, e ha germinato un numero consistenti di allievi e seguaci. In questo libro - che si può consultare anche come una guida utile per genitori, insegnanti, prodigo com'è di consigli utili—l'autore insegna letteralmente come sviluppare, nell'uso intensivo della rete per lavoro o per "socializzare", importanti doti di attenzione, di pensiero critico, di sano scetticismo, di relazioni che possono generare "capital e sociale". "Essere buoni cittadini digitali - scrive Garassini nella prefazione - è un'arte che si apprende". Ecco allora - un po' alla rinfusa - le istruzioni per l'uso di internet firmate da Reinghold. I social media favoriscono la distrazione, ma con l'esercizio si può imparare a essere attenti, ad esempio chiedendosi a interval li regolari se quel che si sta facendo collegati alla rete avvicini all'obiettivo dell'attività o, al contrario, porti fuori strada. Occorre attrezzarsi contro le bufale on line, sviluppando attività e competenze di veri fica delle notizie, anche attraverso motori di ricerca come fact check.org. L'uso dei social netwok e dei blog ha creato una nuova "cultura partecipativa". Ma chi vuole farne parte in modo consapevole deve conoscerne le regole (netiquette) e sapere che le proprie tracce digitali sono praticamente immortali. Inoltre per creare efficienti reti online occorre scegliere: non è possibile gestire un numero illimitato di contatti (gli studiosi indicano in 150 il numero massimo di "relazioni forti"). I social media possono migliorare chi li usa e l'ambiente in cui vive aumentando dunque il capitale sociale - basti pensare alle varie primavere arabe - ma il cambiamento è direttamente legato alle informazioni affidabili e serie che li percorrono. Dunque occorre saperli usare. "Capire come funzionano le reti è una delle competenze cruci ali per la sopravvivenza nel ventunesimo secolo", sentenzia Rheingold. Lo studioso scansa le accuse di essere troppo entusiasta delle nuove tecnologie. Semplicemente, conclude, seguendo i suoi consigli per una vera alfabetizzazione digitale, ciascuno, con il suo singolo sforzo, può contrubuire a costruire una società più seria, attenta e responsabile: innumerevoli piccoli gesti, come pubblicare una pagina web o condividere un link, se uniti tra loro,possono tradursi in un patrimonio di beni comuni che migliora tutti.

Antonella Maria

Una preghiera per ogni dito della mano

Il pollice è il dito a te più vicino. Comincia quindi col pregare per coloro che ti sono vicini. Sono le persone di cui ci ricordiamo più facilmente. Pregare per i nostri cari è "un dolce obbligo". Il dito successivo è l'indice. Prega per coloro che insegnano, educano e curano. Questa categoria comprende maestri, professori, medici e sacerdoti. Hanno bisogno di sostegno e saggezza per indicare agli altri la giusta direzione. Ricordali sempre nelle tue preghiere. Il dito successivo è il più alto. Ci ricorda i nostri governanti. Prega per il presidente, i parlamentari, gli imprenditori e i dirigenti. Sono le persone che gestiscono il destino della nostra patria e guidano l'opinione pubblica. Hanno bisogno della guida di Dio. Il quarto dito è l'anulare. Lascerà molto sorpresi, ma è questo il nostro dito più debole, come può confermare qualsiasi insegnante di pianoforte. E' lì per ricordarci di pregare per i più deboli, per chi ha sfide da affront are, per i malati. Hanno bisogno delle tue preghiere di giorno e di notte. Le preghiere non saranno mai troppe. Ed è lì per invitarci a pregare anche per le coppie sposate. E per ultimo arriva il nostro dito mignolo, il più piccolo di tutti, come piccoli dobbiamo sentirci noi di fronte a Dio e al prossimo. Come dice la Bibbia, "gli ultimi saranno i primi". Il dito mignolo ti ricorda di pregare per te stesso. Dopo che avrai pregato per tutti gli altri, sarà allora che potrai capire meglio quali sono le tue necessità guardandole dalla giusta prospettiva

Jorge Mario Bergoglio

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CORSO DI CORO-GIOCAMUSICA Vieni anche tu a cantare con noi! Per tutti i bambini dai 5 ai 10 anni che amano la musica e amano cantare. L’avvicinamento alla musica per i più piccoli è possibile ed immediato nei momenti di canto corale e può essere un valido presupposto formativo per un momento di musica d’insieme. Durante il corso verranno proposte attività di educazione al suono e all’ascolto musicale attraverso giochi e attività che stimolano le capacità creative e il modo di esprimersi di ogni bambino attraverso anche l’utilizzo di strumenti a percussione e strumentario Orff. Le lezioni, della durata di 45/60 minuti, si svolgeranno una volta la settimana al sabato pomeriggio. I bambini verranno suddivisi in 2 gruppi divisi per età omogenee.

CORSO FLAUTO DOLCE – TRAVERSO Il Corso di Flauto Traverso ha come obiettivo fondamentale l’educazione dell’allievo ad una corretta postura del corpo ed insegnare i principi fondamentali della respirazione, dell’emissione e dell’articolazione del suono. I bambini più piccoli inizieranno con l’approccio al flauto dolce. Fondamentale sarà l’educazione dell’orecchio al fine di far recepire l’intonazione dei vari intervalli. Tramite lo studio di facili melodie si getteranno le basi per una solida impostazione tecnica. Durante il corso non sarà trascurato l’aspetto della musica d’insieme, ogni occasione sarà buona per mettere l’allievo a fianco di alunni o insegnanti.

CORSO DI CHITARRA Per i più piccoli (6-11 anni) l’approccio allo strumento vuole essere globale. La chitarra va esplorata in tutte le sue possibilità sonore: timbriche, percussive, melodiche, armoniche e polifoniche. Con un procedimento graduale si inizieranno ad eseguire semplici melodie e brani polifonici

tenendo vivo l’aspetto creativo e spingendo i ragazzi all’invenzione di sequenze ritmiche (aspetto percussivo) e all’elaborazione di sequenze melodiche. Per i più grandi i programmi sono personalizzati e concordabili con il docente in funzione delle necessità e degli obiettivi. Le lezioni si svolgeranno il sabato pomeriggio o un altro giorno della settimana da concordare con l’insegnante del corso.

CORSO DI VIOLINO Il corso di violino è aperto a tutte le fasce d’età dai quattro anni in avanti. Lo scopo del corso è quello di avvicinare chiunque sia interessato alla scoperta di uno strumento spesso definito troppo difficile per apprenderne il funzionamento e le varie caratteristiche. La metodologia adottata viene personalizzata in base alle finalità che l’allievo vuole raggiungere, all’età e alle sue doti musicali. Per i piu piccoli tutto si svolge sotto forma di gioco e anche l’apprendimento delle nozioni musicali viene inserito all’interno delle lezioni gradatamente, procedendo di pari passo con lo strumento. Lo scopo principale e quindi quello di motivare l’allievo tramite il divertimento, facendogli imparare ad amare e rispettare una delle forme artistiche ed espressive più importanti: la musica in ogni sua forma. RETTE: Corso di coro-giocamusica (n.25 incontri di 45/60 minuti) 50,00€/annuo Corso di chitarra, flauto, violino collettivo (n.25 incontri di 60 minuti - 4/5 allievi) 50,00€/annuo Corso di chitarra, flauto, violino a piccolo gruppo (n.25 incontri di 45 minuti – 2/3 allievi) costo da concordare Corso di chitarra, flauto, violino individuale (lezione di 30/45 minuti) costo da concordare COME ISCRIVE RSI: Compilare il modulo d’iscrizione e recapitarlo presso la Parrocchia di S.Anselmo a Nicolò Orlandini tutti i giorni dalle 15.00 alle 19.00. Le iscrizioni sono aperte dal 12/07/13 e termineranno il 21/09/13. Calendario lezioni: dal 28 settembre 2013 per la durata di 25 lezioni. L’insegnante è tenuto a recuperare entro l’a.s. 2013-14 le lezioni non effettuate causa sua assenza. Non saranno rimborsate invece le lezioni perse per assenza dell’allievo. Non sarà in alcun modo possibile recuperare la frequenza alle lezioni collettive perse per assenza dell’allievo.

Siete tutti invitati sabato 21 settembre 2013 alle ore 16.00 presso la Parrocchia di S. Anselmo per un incontro illustrativo dei corsi.

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Gli occhi del buio

A 32 anni è diventata cieca. Ma la vita si nutre delle immagini che ci portiamo dentro e grazie al centro Helen Keller di Messina Mirella ha scoperto che il buio della

rassegnazione viene cancellato dalla luce della volontà. Se facciamo un esame di coscienza, sai quante cose belle che abbiamo? A dire queste parole, cariche di vita è Mirella Rappazzo, giovane siciliana cieca da pochi mesi, dopo vari anni di calvario. L’odissea di Mirella è incominciata a sedici anni, quando si è distaccata la retina dell’occhio destro e ha subito il primo intervento. A vent’anni la una recidiva e un nuovo intervento. Quando andarono a togliere il silicone dall’occhio operato, i medici si accorsero che l’occhio sinistro aveva subìto anch’esso il distacco della retina. Nell’ospedale provarono una nuova tecnica per sanare l’occhio sinistro ma l’operazione andò male e furono costretti a intervenire diverse volte chirurgicamente.

Quando Mirella compì ventidue anni, perse definitivamente la vista all’occhio sinistro a causa dei tanti interventi. Nell’occhio destro, dove Mirella ancora aveva un residuo visivo, comparve anche un glaucoma secondario (denominato il ladro della vista). Ormai Mirella faceva parte della categoria degli ipovedenti e tant e cose le erano negat e, non utilizzava né p.c. né telefonini, la vista non glielo permetteva. L’occhio destro continuò a peggiorare, tanto che a pasqua di quest’anno è diventata totalmente cieca (da un occhio vede un po’ di luce, ma altro non distingue). Sulle prime, credeva si trattasse di un momentaneo abbassamento della vista, invece la diagnosi dei medici fu definitiva: non avrebbe visto più. “Mi sono scoraggiata per alcuni giorni – spiega Mirella- ma dopo essere stata dal medico, mi sono tranquillizzata, ho capito che dovevo farmene una ragione. Grazi e a Dio ho reagito e per me la fede è stata un grande punto di forza da cui ripartire. Io sono fortunata, ho perso la vista poco a poco, solo ora che ho trentadue anni non vedo più, ma ricordo chiaramente i colori, come il fucsia che adoro, il rosso, il verde. Ricordo anche chiaramente il mare, i paesaggi sono impressi nella mia memoria, so anche scrivere, ho guidato e ho fatto tant e magni fiche esperienze e ancora tant e bell e cose farò”. Ad aprile di quest’anno Mirella ha frequentato il primo corso al centro regionale Helen Keller della unione italiana ciechi e scuola cani guida di Messina, dove ha imparato i primi rudimenti per utilizzare un computer. Poco dopo si è iscritta (sempre al centro Helen Keller) a un corso di scultura per ciechi, dove ha realizzato due opere, una colomba che rappresenta la libertà e poi ha plasmato il suo volto che è sempre sorridente. “ Ognuno di noi – racconta Mirella - al corso di scultura ha rappresentato un desiderio, una sensazione. Un ragazzo cieco e senza un arto ha realizzato un braccio di creta”. Poco dopo, la giovane ha partecipato al corso di orientamento e mobilità, dove ha acquisito sicurezza nel camminare per strada e ha imparato a utilizzare il bastone bianco, che le consente di evitare gli ostacoli. “ Questo corso – spiega - mi ha dato la possibilità di rinascere, ora posso andare da sola in un negozio per fare la spesa, posso prendere un bus e viaggiare e tante altre piccole cose che non riuscivo a fare più”. In seguito è stata chiamata dal centro Helen Keller per partecipare all’iniziativa “ Educare per mare” dove ha vissuto un’intera settimana in una barca a vela con un equipaggio composto da persone vedenti e non vedenti, dove tutti si rendevano utili . “E’ stato bellissimo avere il vento che mi “ carezzava con forza” il volto – ricorda- avvertire la barca che frangeva il mare e alzare le vele. Ho fatto anche il bagno, per noi ciechi non è sempre facile farlo, abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci accompagni”. Dopo il secondo corso di informatica, la ragazza ora sa utilizzare word, mandare mail e ora ha anche un profilo facebook. Da che “ rifiutava” il p.c. ora quest’ultimo è diventato per lei un mezzo importante. “Tutti questi corsi del Centro Helen Keller – racconta Mirella- mi hanno aiutato tantissimo. Ho capito di avere tanti doni: la forza, l’intelligenza, la bellezza, l’amore per gli altri, tutti mi dicono che regalo tanta serenità. La vita è difficile per tutti, ma è bella da vivere, tutti abbiamo problemi, chi familiari, chi di lavoro, chi non ha la vista. Se abbiamo queste difficoltà vuol dire che le possiamo affrontare”.

Riccardo Rossi

Voglio credere Voglio credere in Dio Padre, che mi ama come un figlio, e in Gesù, il Signore, che ha infuso il suo spirito nella mia vita per farmi sorridere e portarmi così al regno di vita eterna. Credo nella mia storia, che è stata trapassata dallo sguardo di amore di Dio e, nel giorno di primavera, 21 settembre, mi ha portato all'incontro per invitarmi a seguirlo. Credo nel mio dolore, infecondo per l'egoismo, nel quale mi rifugio. Credo nella meschinità della mia anima, che cerca di inghiottire senza dare... senza dare. Credo che gli altri siano buoni, e che devo amarli senza timore, e senza tradirli mai per cercare una sicurezza per me. Credo nella vita religiosa. Credo di voler amare molto. Credo nella morte quotidiana, bruciante, che fuggo, ma che mi sorride invitandomi ad accettarla. Credo nella pazienza di Dio, accoglient e, buona come una notte d'estate. Credo che papà sia in cielo insieme al Signore. Credo che anche padre Duarte (*) stia lì intercedendo per il mio sacerdozio. Credo in Maria, mia madre, che mi ama e mai mi lascerà solo. E aspetto la sorpresa di ogni giorno nel quale si manifesterà l'amore, la forza, il tradimento e il peccato, che mi accompagneranno fino all'incontro definitivo con quel volto meraviglioso che non so come sia, che fuggo continuamente, ma che voglio conoscere e amare. Amen.

Jorge Mario Bergoglio

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La "tempesta" e la "Veglia" Noi con la "famiglia" di Yara di Alessandro D’Avenia

I l dolore è parte della vita, ma la vita è più grande. Se ne parla invece come un problema da eliminare, un "tumore"

della vita. Ma nessuna evoluzione ce ne affrancherà: è parte della vita, anzi è ciò che all’interno della vita si incarica, come ogni limite e fragilità, di ricordarci che la vita non è nostra, non ce la siamo data, ci è affidata per essere custodita, incoraggiata, amata. La vita è dono e l’unico atteggiamento fruttuoso di fronte ad essa è servirla. Il dolore abbatte tutte le manie di controllo, ci riporta in balìa della vita: torniamo creature. Al problema del dolore non c’è soluzione, se non lo accettiamo dentro la vita. Solo la fede, che ha l’estensione della vita tutta, permette di abbracciare «questa debole vita che si fiacca» (Montale) e di non rinunciare a nulla che ne faccia parte: anche il dolore. Il dolore non ha una soluzione, ma ha una compagnia. Quando mio nipote di due anni cade, non piange subito, ma si volge al genitore vicino e se il papà minimizza, il piccolo fa una smorfia sofferent e, poi ride e torna a giocare. Il dolore esiste nella vita dei bambini attraverso lo sguardo dei genitori: se il padre sorride, il bambino comprende che il dolore c’è, non è eliminato, ma è parte del grande gioco, misterioso, della vita. Il Cristianesimo non è una fede per illusi che fuggono dai problemi, ma per figli capaci di abbracciare la realtà nella sua interezza, come dono di un padre: imprevisti compresi. Il "Martire Vietnamita" Paolo Le-Bao-Thin, citato nella "Spe Salvi" ("n. 37"), poteva scrivere: «Questo "Carcere" è un’immagine dell’inferno: ai crudeli supplizi di ogni genere si aggiungono odio, vendette, calunnie, angoscia e tristezza. Dio mi è sempre vicino e ha liberato anche me da queste tribolazioni, trasformandole in dolcezza. In mezzo a questi tormenti, che piegano e spezzano gli altri, sono pieno di gioia, perché non sono solo, ma Cristo è con me. Mentre infuria la tempesta, getto l’ancora fino al Trono di Dio: speranza viva, che è nel mio cuore!». Questo uomo è capace di abbracci are persino l’inferno e tras formarlo in vittoria, grazia alla vicinanza di Dio, cercata e trovata, nel massimo della privazione. Non ci sono privazioni nella vita di un Cristiano perché tutto è dono: anche il dolore, persino il dolore. Al dolore Cristo non offre soluzioni, ma compagnia. Anche lui è

stato all’inferno, ed è tornato. Lo sto imparando ancora una volta in questi giorni per merito della famiglia di Yara, che ringrazio. Non una "Telecamera" ha inquadrato il loro dolore: non lo hanno permesso. Quello che hanno voluto è una "Veglia di Preghiera", perché la figlia torni come il più grande dono del Padre. Anche quando tutte le speranza umane sembrano spazzate via, chi prega spera, perché sa che nulla è imprevisto nell’Onnipotenza del Bene. In questo silenzio la famiglia di Yara ha trovato e provocato molti compagni: la vittoria sul dolore è vittoria sulla solitudine. Il grande "Consolatore" ("cum-solatio": "compagnia nella solitudine") è compagno certo. Non sono eliminate le sofferenze, ma sono inserite dentro una vita più grande che trionferà del tutto dopo questa stagione terrena e "chiaroscurale". Non ci sono sguardi "voyeuristici", aizzati da "Telecamere", "vivisezionatrici", ma silenziosi compagni di "speranza", a vegliare. Solo grazie a questa speranza possiamo vivere con fiducia un presente spesso insopportabile. Occorre però ricordare che i tempi di Dio non sono i nostri: persino Cristo sembrò distrarsi dopo la richiesta di Giàiro ("Mc 5") per la figlia in fin di vita. Cristo si lascia prendere dalla folla e da altri malati. Così giunge la triste notizia: «È troppo tardi!», dice la gente a quel povero padre trascurato, ma egli non demorde. Infatti Cristo gli dice: «Non temere, continua solo ad avere fede!». Persino Dio sembra che a volte non si curi di noi, sia distratto. In realtà ci chi ede la p a z i e n z a "chi aroscural e" e libera della fede, per svel arci quando vorrà che « l a bambina non è morta, ma dorme!»

EMERGENZA EDUCATIVA

di di Pietro Puggioni - Parroco

“ Ci vuole un villaggio intero per crescere un bambino”. Questo proverbio africano sembra proposto agli adulti dai bambini della Prima Comunione e dai ragazzi della Cresima. Al capezzale dei bambini di Fonni non mancano coloro che ne fanno la diagnosi, anzi sono troppi, decisamente più numerosi di quelli che danno tempo, intelli-genza e passione per la terapi a. Forse non si riflette abbastanza sul fatto che il vecchio modello di infanzia sta scomparendo e il bambino diventa precocemente adulto? Con l’avvento della tv il bambino consuma migliaia di ore in cui vede di tutto: dal poliziotto alla prostituta, dalla guerra alla morte, dal denaro al sesso, dal bullismo alla banalità. La stessa esperienza religiosa viene presentat a come pura tradizione non come dimensione essenziale della vita. Una recente indagine nella scuola fonnese ha evidenzi ato serie criticità che non possono essere facilmente archiviate. L’indifferenza o i piagnistei non risolvono il problema. Occorre passare dall’indifferenza all’impegno, dalle lamentele al coraggio, dall’amarezza alla gioia. La proposta educativa vive di parole di verità che siano parole di amore calat e nella situazione dei nostri bambini. L’amore è il segno della presenza di Dio. “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una gocci a di meno”. (Madre Teresa di Calcutta)

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"DIECI PIAZZE PER DIECI COMANDAMENTI"

B uonasera a tutti! Sono contento di unirmi a voi che partecipate, nelle

principali Piazze d'Italia, a questa rilettura dei Dieci Comandamenti. Un progetto denominato “ Quando l'Amore dà senso alla Tua vita...”, sull'arte di vivere attraverso i Dieci Comandamenti dati da Dio non solo a Mosè, ma anche a noi, agli uomini e alle donne di ogni tempo. Grazie ai responsabili del Rinnovamento nello Spirito Santo - sono bravi questi del Rinnovamento nello Spirito Santo, complimenti! - che hanno organizzato questa lodevole iniziativa in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e con la Conferenza Episcopale Italiana. Grazi e a tutti coloro che con generosità contribuiscono alla realizzazione di questo speciale progetto nell'Anno della fede. Chiediamoci allora: Che senso hanno per noi queste Dieci Parole? Che cosa dicono al nostro tempo agitato e confuso che sembra voler fare a meno di Dio? 1. I Dieci Comandamenti sono un dono di Dio. La parola “ comandamento” non è di moda; all’uomo d’oggi richiama qualcosa di negativo, la volontà di qualcuno che impone limiti, che mette ostacoli alla vita. E purtroppo la storia, anche recente, è segnata da tirannie, da ideologie, da logiche che hanno imposto e oppresso, che non hanno cercato il bene dell’uomo, bensì il potere, il successo, il profitto. Ma i Dieci Comandamenti vengono da un Dio che ci ha creati per amore, da un Dio che ha stretto un’alleanza con l’umanità, un Dio che vuole solo il bene dell’uomo. Diamo fiducia a Dio! Fidiamoci di Lui! I Dieci Comandamenti ci indicano una strada da percorrere, e costituiscono anche una sorta di “codice etico” per la costruzione di società giuste, a misura dell’uomo. Quante diseguaglianze nel mondo! Quanta fame di cibo e di verità! Quante povertà morali e materiali derivano dal rifiuto di Dio e dal mettere al suo posto tanti idoli! Lasciamoci guidare da queste Dieci Parole che illuminano e orientano chi cerca pace, giustizia e dignità. 2. I Dieci Comandamenti indicano una strada di libertà, che trova pienezza nella legge dello Spirito scritta non su tavole di pietra, ma nel cuore (cfr 2Cor 3,3): sono scritti qui i Dieci Comandamenti! E’ fondamentale ri cordare quando Dio dà al popolo di Israele, per mezzo di Mosè, i Dieci Comandamenti. Al Mar Rosso il popolo aveva sperimentato la grande liberazione; aveva toccato con mano la potenza e la fedeltà di Dio, del Dio che rende liberi. Ora Dio stesso, sul Monte Sinai, indica al suo popolo e a tutti noi il percorso per rimanere liberi, un percorso che è inciso nel cuore dell’uomo, come una Legge morale universale (cfr Es 20,1-17; Dt 5,1-22). Non dobbiamo vedere i Dieci Comandamenti come limitazioni alla libertà, no, non è questo, ma dobbiamo vederli come indicazioni per la libertà. Non sono limitazioni, ma indicazioni per la libertà!

Essi ci insegnano ad evitare la schiavitù a cui ci riducono i tanti idoli che noi stessi ci costruiamo - l’abbiamo sperimentato tante volte nella storia e lo sperimentiamo anche oggi -; essi ci insegnano ad aprirci ad una dimensione più ampia di quella materiale, a vivere il rispetto per le persone, vincendo l’avidità di potere, di possesso, di denaro, ad essere onesti e sinceri nei nostri rapporti, a custodire l’intera creazione e a nutrire il nostro pianeta di ideali alti, nobili, spirituali. Seguire i Dieci Comandamenti significa essere fedeli a noi stessi, alla nostra natura più autentica e camminare verso la libertà autentica che Cristo ha insegnato nelle Beatitudini (cfr Mt 5,3-12.17; Lc 6,20-23). 3. I Dieci Comandamenti sono una legge di amore. Mosè è salito sul monte per ricevere da Dio le tavole della Legge. Gesù compie il percorso opposto: il Figlio di Dio si abbassa, scende nella nostra umanità per indicarci il senso profondo di queste Dieci Parole: Ama il Signore con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e il prossimo come te stesso (cfr Lc 10,27). Questo è il senso più profondo dei Dieci Comandamenti: il comandamento di Gesù che porta in se tutti i comandamenti, il Comandamento dell’Amore. Per questo io dico che i Dieci Comandamenti sono Comandamenti d’Amore. Qui sta il cuore dei Dieci Comandamenti: l’Amore che viene da Dio e che dà senso alla vita, amore che ci fa vivere non da schiavi, ma da veri figli, amore che anima tutte le relazioni: con Dio, con noi stessi - spesso lo dimentichiamo - e con gli altri. La vera libertà non è seguire il nostro egoismo, le nostre cieche passioni, ma è quella di amare, di scegliere ciò che è bene in ogni situazione. I Dieci Comandamenti non sono un inno al “no”, sono sul “sì”. Un “sì” a Dio, il “sì” all’Amore, e poiché io dico di “ sì” all’Amore, dico “no” al non Amore, ma il “ no” è una conseguenza di quel “ sì” che viene da Dio e ci fa amare. Riscopriamo e viviamo le Dieci Parole di Dio! Diciamo “ sì” a queste “ dieci vi e d' amore” perfezionate da Cristo, per di fendere l’uomo e guidarlo alla vera libertà! La Vergine Maria ci accompagni in questo cammino. Di cuore i m p a r t o l a m i a Benedizione su di voi, sui vostri cari, sulle vostre città. Grazie a tutti

Papa Francesco

LA TORRE DI BABELE “Quando cadeva una torre era tragedia nazionale,

veniva punito l’operaio perché i mattoni erano preziosi, ma se cadeva l’operaio non succedeva niente”. Oggi “se cadono gli investimenti, le banche,

questa è una tragedia, se invece le famiglie stanno male, non hanno da mangiare, allora questo non fa niente”.

Ecco “la nostra crisi di oggi”. Papa Francessco

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Turismo sessuale, italiani al primo posto: padri di famiglia a caccia di bambini di Marida Lombardo Pijola

Sono così piccole da non raggiungere in altezza l’anca dei predatori che se le vanno a comprare nei bordelli, e poi le s t up rano, e p rima t ratt ano il p rez z o parlando quasi sempre lingue occidentali, e 80.000 volte all’anno in media la lingua è l’italiano. Sono così leggere che a prenderle in braccio pesano poco più di un bebè. Sono così truccate che sembrano bimbe a Carnevale. Sono così sottili che, se non fossero coperte di stracci succinti e colorati, indosserebbero le taglie più piccole degli abitini per bimbi occidentali. Le stuprano, tra gli altri, certi italiani che a casa sembrano gente qualunque, gente a posto. Che mai e poi mai potreste riconoscerli dal modo di fare, dalla morfologia. Figli, mariti, padri, lavoratori. E poi un aereo. E poi in vacanza al Sud del mondo. E poi diventano il demonio. Italiani, tra quelli che ”consumano” di più a Santo Domingo, in Colombia, in Brasile. Italiani, i primi pedofili del Kenya. Attivissimi, nell’olocausto che travolge 15.000 creature, il 30 per cento di tutte le bambine che vivono tra Malindi, Bombasa, Kalifi e Diani. Piccole schiave del sesso per turisti. In vendita a orario continuato, per mano, talvolta, dai loro genitori. In genere hanno tra i 14 e i 12 anni. Ma possono averne anche 9, anche 7, anche 5. Minuscoli bottini per turisti. Burattini di carne da manipolare a piacimento. Foto e filmati da portare a casa come souvenir. Costa quanto una buona cena o un’escursione. Puoi fare anche un pacchetto all’inclusive: alloggio, vitto, viaggio, drink, preservativi e ragazze per un tot. Puoi cercare nei forum in Rete le occasioni, ci sono i siti apposta. Puoi scegliere tra ”20 mixt age prostitutes”, dalla prima infanzia in su. Puoi avere anche le vergini, mille euro in più. E poi torni da mamma, dai figli, dalla moglie, in ufficio. E poi bentornato, e quello che è successo chi lo sa? L’allarme è dell’Ecpat, l’organizzazione che in 70 Paesi del mondo lotta da sempre contro lo sfruttamento sessuale dei bambini: sono sempre di più, i vacanzieri che vanno a caccia di cuccioli umani nei Paesi dove, per non morire di fame, si

accetta ogni tortura. Sono un terzo dei tre milioni di turisti sessuali in tutto il mondo. Sempre più giovani, tra i 20 e i 40 anni. Sempre più depravati per scelta, e non per malattia. Solo il 5 per cento di loro, infatti, è un caso patologico. Gli altri, informa l’Ecpat, lo fanno per provare un’emozione n u o v a , i n m od o occas i onal e (60%),

oppure abituale (35%). I MONDIALI DI CALCIO

E il demonio si sta mobilitando in Brasile, per rifornire il mercato, sebbene i bimbi sfruttati siano già 50.000. L’impennata arriverà coi Mondiali di calcio del 2014. «La settimana prossima ci incontreremo a Varsavia -racconta Marco Scarpati, direttore di Ecpat Italia- per pianificare, assieme alle Polizie di tutto il mondo, qualcosa che impedisca una replica, in Brasile, di quanto avvenne in Ucraina nel 2010 e in Sudafrica nel 2012: il racket trasportò bambini da tutti i territori circostanti, per accontentare la richiesta. Purtroppo tutto questo accade sempre, in occasione di eventi sportivi. E i controlli sono spesso labili, insufficienti, inefficaci». Ecco perché domenica, al grido Un altro viaggio è possibile, una marcia ciclistica lungo le strade di 29 città, organizzata dall’Ecpat e dalla Fiab, porterà in giro l’indignazione contro lo sfruttamento sessuale dei bambini. Pedalando, si segnalerà che questa è un’emergenza. Che un milione e duecentomila bimbi sono sfruttati nel sesso, nell’accattonaggio, nei lavori forzati. Stime ufficiali, queste. Quelle ufficiose propongono ben altri conti: solo i piccoli schiavi del sesso sarebbero almeno due milioni. Ognuno di loro frutterebbe 67.200 dollari all’anno. Per il racket, il budget complessivo supererebbe i t re nt a m il i on i d i do l la r i a l l ’a nn o. E a chi non ha i soldi per il viaggio, basta girare l’angolo: tra i 10 e i 12.000 di quei bambini si trovano in Italia. Migranti. Nomadi. Minori non accompagnati. In vendita a casa nostra, per le nostre strade, o anche su ordinazione. Solo a voler guardare. Solo a voler sapere.

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La psicoterapeuta: «Tra desiderio legittimo e delirio il passo è breve» «Vogliamo fare i nostri migliori auguri alla nostra cliente più matura che, con i suoi 66 anni, ha dato alla luce due splendidi gemelli sani. Noi tutti ci uniamo alla gioia di questo evento straordinario». Il festante annuncio compare sulla home page di BioTexCom, il primo sito proposto da Google a chi avvia una ricerca con le parole chiave “ utero in affitto”. La neo mamma ultrasessantenne – si scopre continuando nella lettura – si era rivolta alla clinica in cerca di una madre surrogata ma, spiegano alla BioTexCom, non essendo la donna regolarmente coniugata era stato impossibile accontentarla. Ma – eureka! – l’équipe medica ha fatto ricorso alla «nuova tecnica delle cellule staminali differenzi ali di cui siamo depositari del brevetto» inseminando – con successo – la nonnina. Cioè no. La mammina. «Una lode ai nostri medici – conclude il testo, rigorosamente scritto in neretto e costellato di punti esclamativi – che rendono possibili tanti sogni». O deliri. «O capricci. Di chi non accetta il proprio limite fisiologico, imposto dalla natura o dall’età anagrafica. Di chi insegue l’onnipotenza. Di chi pensa che il denaro, la possibilità di pagare, possa risolvere un problema intrinseco. Perché di questo si tratta. Invece di capire perché la maternità ci è preclusa – spiega Giuliana Mieli, psicoterapeuta – si cerca un trucco per aggirare l’ostacolo». Riuscire a concepire non è solo questione di organi riproduttivi effici enti e di gameti vitali ma anche – o, forse, soprattutto – di psiche: «Quasi mai l’infertilità è un problema esclusivamente fisico. Nell’essere umano è impossibile separare fisiologia, psicologia, sentimento. E, proprio per questo, è necessario capire se il sintomo fisico è espressione di un malessere che fisico non è. Spesso la medicina – critica Mieli – è troppo stupida». E se una donna non è pronta per avere un figlio, non lo è neppure se il figlio glielo partorisce un’altra: «Certo. Ma ricorrere all’utero in affitto è il modo di dimostrare che la sofferenza è diventata sindrome. Malattia. Delirio. Il dolore di una donna che vorrebbe essere madre e non ci riesce – prosegue la psicoterapeuta – va rispettato, compreso e il più possibile lenito. Ma l’egoismo di chi tras forma la realizzazione del proprio sogno nell’incubo di un altro non va sottoscritto né sostenuto». Non è suffi ciente a paci fi care le coscienze sapere che le madri surrogate sono consenzienti, che aspirano a venir scelte e che contano sul compenso: è solo un’illusione raccontarsi che per quelle madri, perché questo sono e restano anche se danno via il loro figlio, nove mesi di gravidanza siano solo un affare. Non è vero. E dovrebbe esserne tanto più consapevole una donna che madre lo vuole essere a tutti i costi. «Mi è capitato di assistere donne che hanno portato a termine una gravidanza per poi dare il loro bambino in adozione. Sono esperienze da cui si esce davastate, anche se fin dall’inizio si è consapevoli di quel che succederà dopo il parto e lo si è deciso in totale autonomia, senza costrizioni. Anche se ovviamente, essendo la pratica vietata in It alia, non ho mai aiutato madri surrogat e – spiega Mieli – sono certa che la condizione emotiva ed emozionale in cui si vengono a trovare sia identica». Anzi, peggio. Perché il figlio che avevano in grembo non lo hanno ceduto. Lo hanno venduto: «Una ferita che segna entrambe le donne. E la loro creatura che aveva diritto a un concepimento fondato sull’amore»

Nicoletta Martinelli

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Se l’utero in affitto spegne l’adozione internazionale

« Il Guatemala in cerca dei suoi figli rubati» titolava il quotidiano svizzero "Le Temps" nel luglio di due anni fa, sul dramma dei bambini guatemaltechi scomparsi, vittime del traffico internazionale di adozioni illegittime. Un fenomeno esploso con

la fine della guerra civile in Guatemala, durata dal 1960 al ’96, che ha creato un vero e proprio esercito di orfani per i quali erano semplificate le procedure per l’adozione, aprendo però un vero e proprio mercato internazionale di bambini. Stipulata la pace, il Guatemala è diventato il primo "esport atore" di bambini nel mondo, principalmente negli Usa. I numeri sono impressionanti. Lo Schuster Institute per il giornalismo investigativo informa che nel 2007 il Guatemala e la Cina hanno autorizzato adozioni internazionali per gli Stati Uniti per quasi lo stesso numero di bambini: 4.728 dal Guatemala (su 4.918 adozioni totali), con i suoi tredici milioni di abitanti, e 5.453 dalla Cina, che di abitanti ne ha 1,3 miliardi. Sostanzialmente, ogni 110 bambini nati in Guatemala, uno era adottato negli Usa, nove su dieci fra i piccoli guatemaltechi avevano meno di un anno, e la metà meno di sei mesi. La chiave per capire questo boom di adozioni, purtroppo, è chiara. Il 98% era gestito da un mercato privato, i "notarios", una rete di avvocati specializzati, con un incasso di 35.000 dollari per ogni bambino, al netto delle spese per tras ferimenti e soggiorni delle parti in causa, (genitori adottanti, cedenti e bambino). In Guatemala il 56% della popolazione vive sotto la soglia della povertà e il reddito medio per abitante è di 4.700 dollari all’anno. Dalla fine degli anni ’90 ong locali, (anche con il supporto dello Human Right Office della Chiesa del Guatemala) e agenzie internazionali (Onu e Unicef), hanno denunciato il commercio a cielo aperto di bambini guatemaltechi: a volte le famiglie stesse parlavano di vere e proprie vendite (300 dollari ciascuno) dei neonati, con donne che affrontavano una gravidanza dopo l’altra come un lavoro; sono emersi poi raggiri, frodi, coercizioni e anche veri e propri rapimenti. Per porre un argine a questa piaga sociale, nel 2002 il governo guatemalteco ha rati ficato la Convenzione dell’Aja sull’adozione internazional e, adeguando alla fi ne del 2007 la legislazione nazionale e abolendo la gestione privata dei percorsi adottivi, totalmente tras feriti allo Stato. Il risultato è stato un calo dell’80% delle adozioni dei bambini da parte degli Usa. Ma il declino della opacissima adozione internazionale dal Guatemala sta facendo posto ad un nuovo mercato: quello della maternità in affitto. A lanciare l’allarme Karen Smith Rotabi e Nicole Footen Bromfield, due studiose impegnate sul fronte dei diritti umani, che sulla rivista "Affilia: Journal of Women and Social Work" hanno prospettato la nuova, drammatica situazione. Secondo la loro analisi, che ne conferma altre analoghe, l’adozione internazionale e le nuove tecnologie messe in campo per l’infertilità «sono interconnesse e hanno un effetto diretto le une sulle altre. Man mano che l’adozione internazionale diventa più difficile e le attività commerciali riguardanti la fertilità continuano a globalizzarsi, l’India e i paesi del blocco dell’Est hanno assunto un ruolo guida nel fornire alternative all’adozione nell’ambito della fertilità, specialmente nella globalizzazione della gravidanza conto terzi […] Prevediamo che le modalità di maternità in affitto a livello globale tenderanno a aumentare nei paesi sviluppati», intendendo come maternità in affitto globalizzata quell’accordo commerciale per una gravidanza conto terzi dove la madre surrogata (spesso insieme a chi vende ovociti o liquido seminale) è assoldata a livello internazionale dagli aspiranti genitori. Le autrici sottolineano che la maternità in affitto globalizzata può trasformarsi in un vero e proprio traffico di esseri umani, e a destare le maggiori preoccupazioni è proprio il Guatemala che, vicino al Nord America, rischia di soppiantare l’India come meta preferita dagli americani. Le donne guatemalteche sono quelle con la più elevata diseguaglianza di genere nell’emisfero occidentale, secondo le ultime stime Onu, e nei percorsi di maternità in affitto corrono gli stessi rischi di soprusi già vissuti per l’adozione internazional e. La gravidanza conto terzi in Guatemala è un business emergente nel quale è possibile ritrovare la stessa rete di avvocati già impegnata nelle adozioni internazionali, come ad esempio rivendica il gruppo Advocates for Surrogacy: «Il nostro direttore ha lavorato molti anni nelle adozioni internazionali in Guatemala, e quindi conosce bene pro e contro del lavoro in Guatemala. Ma, forse più importante, ha maturato un’esperienza nella maternità in affitto negli ultimi anni, che può trasferire al programma di surroga guatemalteca». Di questa agenzia («Aiutiamo coppie e individui a realizzare i propri sogni senza riguardo per lo stato coniugale, preferenze sessuali, e siamo orgogliosi di supportare gravidanze conto terzi per gay») e altre ha già scritto Lorenzo Schoepflin l’8 agosto. Le autrici precisano che «non sono note violazioni etiche o formali di questo gruppo particolare». E a chi invoca la libera scelta delle donne che potrebbero decidere, in nome della propria autodeterminazione, di diventare madri in affitto per trarne dei vantaggi, Rotabi e Bromfield rispondono spiegando in cosa consista tale presunta autonomia in paesi come Guatemala e India: la scelta di una gestazione conto terzi può essere ritenuta il male minore se l’alternativa è la prostituzione o certi lavori in fabbrica. In fondo si tratta di nove mesi di buon nutrimento e cure mediche, anche se in assenza di libertà personale, a fronte di forme di schiavitù violenta come nel mercato del sesso, o comunque di lavori duri e pericolosi. Le due studiose chiamano in causa gli attivisti dei diritti umani, perché «alcune fra le donne che vendono i propri ovociti e corpi nel mercato globale della maternità in affitto sono fra le più povere, le più vulnerabili e le più oppresse del mondo». Di fronte all’evidente squilibrio di potere fra i benest anti che commissionano le gravidanze e gli organizzatori del business, da una parte, e le donne dall’altra, chiedono ai difensori dei diritti umani di «essere consapevoli del mercato globale della maternità in affitto e dei rischi connessi per tutti coloro che ne sono coinvolti - soprattutto le madri surrogate e i bambini nati in questo modo».

Assuntina Morresi

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Dopo-Cina, ecco le nuove fabbriche del mondo

I l declino della Cina come grande fabbri ca del mondo sta scritto nelle etichette delle scarpe da ginnastica. Fare le scarpe è semplice e costa poco, il mercato è altamente competitivo e le aziende sono alla continua ricerca di risparmi.

Quando un’area povera del pianeta inizia ad avere le caratteristiche giuste per diventare un nuovo centro dell’industria manifatturiera i produttori di scarpe sono i primi ad accorgersene. Nella nuova terra trovano una popolazione che si accontenta di salari bassi e capisce al volo cosa bisogna da fare. Quindi iniziano il trasloco delle fabbriche. Con i tempi veloci dell’economia contemporanea nel giro di pochi mesi dopo i capannoni per le scarpe sorgono quelli per i jeans e le magliette, quindi arriva il momento degli enormi stabilimenti dove si assemblano i telefonini. Comincia così la storia di ogni economia "emergente". La Cina l’etichetta di "emergente" l’ha conquistata trent’anni fa e ormai è qualcosa di diverso dalla "fabbrica del mondo". L’economia cinese è ancora basata sulle esportazioni ma il regime è tutto intento a creare un mercato interno e incontra le colossali difficoltà di questo passaggio. Anche l’idea di fare evolvere la produzione nazional e dalle attività più elementari verso settori a più alto valore aggiunto è tanto sensata da seguire quanto diffi cile da concretizzare. Così oggi Pechino da un lato deve contrastare la formazione di bolle speculative, dall’altro è in crisi per le difficoltà dei suoi clienti abituali, i cittadini del vecchio occidente. Al punto che, come ha rilevato un’analisi del fondo speculativo Bridgewater Assiociates anticipata dal Wall Street Journal, quest’anno per la prima volta dal 2007 la (debole) crescita del Pil mondiale viene dai "vecchi" Paesi sviluppati più che dalle "nuove potenze". Come è sempre capitato nelle economie che si sviluppano, i lavoratori cinesi chiedono stipendi ogni anno più alti, e li stanno ottenendo. Il ministero del Lavoro ha programmato aumenti medi del 13% all’anno dal 2003 al 2015. Nella provincia dello Shenzen da marzo il salario minimo è stato alzato al nuovo record nazionale di 1.600 yuan al mese. Sono più o meno 200 euro. Con una media nazionale di stipendio base attorno ai 60 centesimi di euro all’ora, il lavoratore cinese del 2013 non fa certo la bella vita, ma ha svariati milioni di colleghi stranieri che prendono meno di lui e sono pronti a sostituirlo. Il centro di ricerca economica americano Stratfor ne ha trovati 1 miliardo. Sono gli abitanti dei Paesi che l’istituto definisce i Post-China 16, cioè le sedici nazioni destinate a succedere alla Cina nel ruolo di fabbri che globali di prodotti a basso costo. Sono i Paesi dove, secondo l’analisi dei ricercatori di Stratfor, si stanno trasferendo le fabbri che delle industrie delle scarpe e dei telefonini, avanguardie della mani fattura mondiale a basso costo e ottimi indicatori dell’inizio di una fase di sviluppo economico. L’area dei Pc16 comprende tre continenti, il suo centro si sviluppa attorno a due bacini marini. Il primo è quello dell’oceano Indiano: sul lato asiatico i nuovi emergenti sono Sri Lanka, Myanmar, Bangladesh e Indonesia, sul lato africano l’Etiopia, il Kenya, la Tanzania e l’Uganda. Il secondo è quello del Mar Cinese meridionale, con Cambogia, Fililippine, Indonesia, Laos e Vietnam. Il terzo polo dei nuovi emergenti, meno forte dei primi due, si trova nell’America Latina, dove il Messico è l’emergente più interessante accompagnato da Nicaragua, Repubblica Domenicana e Perù. Certo, la Cina continua ad essere la destinazione preferita degli investimenti esteri, ma nel 2012 il dato, 112 miliardi di dollari, ha segnato un calo del 3,7%. Solo nel 2009 si era visto un taglio peggiore, ma allora era colpa della crisi mondiale, mentre stavolta è la concorrenza dei nuovi emergenti. La tendenza è visibile ormai da qualche anno. Crocs, il produttore dei celebri sandaloni di plastica americani, ha previsto di ridurre entro il 2015 dall’80 al 50% la quota di prodotti realizzati in Cina e avviare nel frattempo nuove fabbriche nel Sud-est asiatico. Coronet, società milanese che realizza pelle sintetica per grandi case di moda come Tod’s e Louis Vouitton, aprirà una fabbrica in Vietnam. Semplicemente «perché tutti i calzaturi fici nostri clienti stanno delocalizzando lì» ha spiegato l’amministratore delegato Jarno Tagliarini. Addirittura diverse compagnie automobilistiche cinesi, come Geely e ChangAn, hanno costruito nuove fabbriche in Messico. In questa guerra a chi può campare con lo stipendio più basso i nuovi emergenti sono «Paesi che al momento possono vendere ai clienti la loro povertà», scrive con realismo George Friedman, fondatore e guida di Stratfor. Ed è evidente che il "pacchetto" delle nuove fabbriche del mondo comprende diritti limitati per i lavoratori e nessuna grana sindacale. Ma è lo stesso Friedman a ricordare che 50 anni fa l’emergente del momento era il Giappone e la sigla "Made in Japan" indicava prodotti economici e scadenti. Ma da lì sono arrivati gruppi come Sony, Canon e Toyota. Lo stipendio del lavoratore medio giapponese, calcola l’Ocse, oggi è di 51mila dollari all’anno: solo 3mila in meno del collega americano, ben 20mila in più di quello italiano... Pietro Saccò

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Perrotta Giulio 2-set Perruccio Diana 4-set Petito Andrea Pio 30-set Petito Claudia 3-set Petito Domenico 11-set Philip Gunarajah Prabathini 12-set Philip Ittohan 19-set Piffer Alessia 14-set Pignedoli Viola 13-set Pigozzi Erika 4-set Pinetti Barbara 27-set Pisoni Edoardo 26-set Poli Caterina 22-set Prampolini Sofia 24-set Prandi Matteo 12-set Prati Valentina 28-set Raballo Cristian 13-set Ragni Alessandro 15-set Regnani Gian Marco 7-set Restaneo Manuel 11-set Reverberi Davide 26-set Reverberi Veronica 11-set Righi Tommaso 11-set Rizzo Caterina 26-set Rossi Eva 15-set Rossi Matteo 12-set Ruggiero Le Rose Francesco 29-set Ruozi Linda 14-set Ruozi Manuel 1-set Ruozi Sebastiano 2-set Sala Giulia 25-set Salatini Chiara 10-set Salatini Lucia 7-set Salerno Benedetta 26-set Salerno Caterina Lucia 18-set Santachiara Davide 8-set Sarkodie Gri ffith Awuah 26-set Scolari Giovanni 8-set Scolari Margherita 8-set Scolari Pietro 8-set Semeraro Lorenzo 4-set Silvestrini Cesare 24-set Spezzani Laura 7-set Stano Patrizia 15-set Stellati Stefani a 20-set Sun Xin Chen 27-set Tagliamonte Antonio 17-set Tagliamonte Arianna 7-set Tagliavini Nicholas 4-set Tardanico Giuseppe Michele 26-set Tarquini Alessandro 22-set Tincani Gabriele 8-set Tondelli Anna 8-set Toscano Francesco 18-set Travaglione Beatrice 3-set Trinchieri Alessia 26-set Tuorto Julia 27-set Valcavi Davide 6-set Valente Alessandro 6-set Valente Giorgio 18-set Vecchi Luca 10-set Vernillo Stefano 23-set Veroni Martina 28-set Vezzani Daniel 1-set Vezzani Emma 10-set Vitale Emanuele 23-set Zambonini Francesco 14-set Zorobbi Pasquale 28-set Zukowski Sebastiano 1-set

Tanti auguri a … Vorremmo fare tanti auguri ai ragazzi della nostra parrocchia che nel mese di

Settembre compiranno gli anni

Agazzi Debora 25-set Akram Arug 24-set Albicini Alex 19-set Angileri Ruben 17-set Aracri Federica 17-set Aracri Martina 27-set Badiane Diarra Bousso 21-set Bagnoli Matteo 4-set Baistrocchi Giulio 18-set Bance Massahoudou 29-set Barletta Maria Antonietta 24-set Baroni Andrea 8-set Battelli Enrico Giuseppe 5-set Belardo Francesca 9-set Bertani Laura 2-set Bertoni Riccardo 23-set Bertozzi Giacomo 25-set Bianchi Dante 10-set Bianchini Francesco 7-set Bici Amelia 13-set Bigi Maria Chiara 30-set Birtolo Lorenza 13-set Bizzarri Riccardo 26-set Boateng Yaw Amankwah 15-set Bonacini Noe' 4-set Borsi Elisa 10-set Braglia Filippo 18-set Brighi Ludovica 29-set Bugli Susanna 1-set Campani Elisabetta 23-set Campani Lorenzo 16-set Cantiello Alina 19-set Carrattieri Sokha Lorenzo 15-set Casu Victor 28-set Catellani Alessandro 6-set Cavaliere Elisabetta 30-set Cerioli Luca 30-set Cerna Jana 14-set Cervone Gaetano 23-set Ciarlone Davide 18-set Cilloni Cristiano 27-set Cilloni Gabriele 26-set Cito Nicola 18-set Cocconi Lucia 18-set Colli Luca 24-set Coluccio Francesca 21-set Como Elena 26-set Conti Luca 8-set Corradi Alessandro 8-set Corradini Luca 10-set Corradini Matteo 25-set Corsaro Cristian 4-set Costi Ambra 22-set Costi Simone 14-set Cucchi Gabriele 17-set D'Assergio Caterina 1-set Davi' Giovanni 29-set De Luca Carmen 27-set Delmonte Gabriele 5-set Dorelli Federico 4-set Dossi Marco 28-set Eberini Chiara 19-set Evola Andrea 24-set Faraboschi Marco 11-set Fauzia Miriam 4-set Ferrari Federi co 1-set Ferrari Francesca 17-set Ferrari Luca 4-set Ferrari Matteo 17-set Ferrarini Stefano 8-set Ferretti Nicole 24-set

Filippini Michael 20-set Fiorini Martina 8-set Flores Alessandro Giovanni 29-set Flores Andrea 15-set Foderaro Francesca 26-set Foderaro Giulia 15-set Forghieri Gabriele 22-set Forghieri Matteo 14-set Fragale Mirko 26-set Fusco Gianluca Simone 8-set Fusco Serena 29-set Gaetano Martina 29-set Gambardella Roberto 27-set Gambarelli Federico 13-set Gandol fo Giorgia 17-set Gashi Shqype 17-set Ghiaroni Mirko 2-set Gilioli Gabriele 19-set Gilioli Giorgia 10-set Gualandri Martina 27-set Guidetti Alessandro 1-set Guidetti Francesca 1-set Gyapyas Ovidiu Iosif 4-set Hajdarmataj Denis 15-set Hamdy Abdelmoneim Y. Rabab 1-set Iannelli Alba 17-set Iastremschi Catalin 6-set Iori Greta 15-set Khadhraoui Aymen 26-set Lavagna Francesca 5-set Liccardo Giada 25-set Macceri Matteo 15-set Malfettone Matteo 20-set Mandato Jonathan 28-set Marcon Filippo 26-set Meglioli Viola Mistral 8-set Melli Stefano 11-set Mennillo Anna 14-set Menozzi Fabio 28-set Messori Gambini Nicola 22-set Migale Giulio 26-set Montagna Stefania 4-set Moratti Francesco 13-set Mushnina Nataliya 14-set Mussini Federica 26-set Napolitano Ludovica 5-set Nasi Nicole 17-set Nemesniciuc Mihaela Monica 23-set Nironi Nora 5-set Nsia Jacob 9-set Olivo Salvatore 17-set Ortuso Chiara 30-set Pagliani Alessandro 13-set Pagliani Laura 26-set Paladini Alice 9-set Paolini Cristiana 4-set Pardi Margherita 20-set Paterlini Alex 27-set Pe' Giuliano 14-set Pecchini Alessandro 23-set Pecchini Giulia 12-set Pedrini Gianmaria 5-set Pellegrini Jacopo 12-set Pellino Errico 16-set

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Con il cuore libero del dilettante Immaginiamo un fermo, inflessibile, dogmatico inquisitore. Un cacciatore di peccati, capace di snidarli con consumata, implacabile perizia. Si trova di fronte a una quarantina di giovani professionisti del calcio che guadagnano in un solo anno più di quanto un operaio guadagna in una vita intera. Ma sì, eccoli finalmente inquadrati nel mirino i viziati (e talvolta viziosi...) divi del pallone, osannati dalle folle, milionari ad appena vent’anni. L’inquisitore ha solo l’imbarazzo della scelta: quale orecchio tirar loro per primo? E poi il calcio, con le sue sordide storie di partite comprate e vendute, le infinite e vane chiacchiere radiofoniche e televisive, le violenze mai del tutto debellate dagli spalti, i mariti che per lui trascurano le mogli, tutti appiccicati al televisore persi dietro a uno stupido pallone che rotola... Guardiamo invece papa Francesco, ieri, nella Sala Clementina. Che sia un paladino della verità è assodato. Ma che cosa dice ai migliori (e più pagati) calciatori d’ Italia e d’Argentina – le sue due patrie – che stasera si sfidano in amichevole a Roma? In sostanza, dà loro una sola raccomandazione, positiva e non negativa: divertitevi! Non è un ingenuo, Bergoglio. E conosce bene il calcio, innanzitutto da tifoso, che da piccino il papà portava allo stadio a vedere le partite del San Lorenzo. Sa perfettamente che a quei livelli è una professione ed è impossibile che non lo sia, compresi i suoi lauti stipendi. Una professione difficile e precaria, perché basta poco per passare dalla gloria all’oblio. Un affare capace di spostare somme gigantesche di denaro. E allora, come pretendere che possa esserci spazio per il divertimento? In realtà, papa Francesco parla così proprio perché conosce bene il calcio e i calciatori. Sa quali siano le loro radici e la loro vocazione. Per questo ricorda: siete professionisti ma, nel cuore, restate dei dilettanti che giocano appunto per «diletto» , con lo spirito dell’amateur, di chi esclude il lucro e fa quel che fa per il semplice gusto di farlo, perché farlo lo rende felice. Che altro significa infatti sport? In origine c’è il latino deportare, «uscire fuori dalla porta» , ossia abbandonare le attività proprie della città – il commercio, l’artigianato, i servizi, la legge... il lavoro – per svagarsi. Diventerà desporter in francese e disport(più brevemente sport) in inglese: divertimento, diporto. Il calcio poi è un «giuoco» (con la u), come ricorda la lettera gi di Figc, la sigla della Federazione. Divertirsi e far divertire, dunque. Questa è la missione originaria. Se te la dimentichi, perdi te stesso e togli sapore, e senso, al gioco. Solo se mantieni lo spirito del dilettante – colui che agisce per diletto, non per interesse – produci «bellezza, gratuità e cameratismo» . Lo sport, a partire dal calcio, se restituito a se stesso è l’ immagine di un mondo fondato su bellezza, gratuità e cameratismo, in cui (parole testuali di Bergoglio) « non c’è posto per l’ individualismo» . Il business? A certi livelli è necessario, ma non deve far perdere al calcio il suo carattere sportivo. Potremmo dire: il business è un semplice mezzo, uno strumento, non il fine; il business è in funzione del calcio inteso come divertimento e bellezza, non viceversa. Una visione rivoluzionaria? Sì, ma presentata con il sorriso, il consueto tono di voce affabile, senza alcuna aggressività, senza lanciare accuse... tutto il contrario di quanto avrebbe fatto il solerte inquisitore. Ma molto, molto più intelligente ed efficace.

Umberto Folena

Buffon: «Francesco ci indica la strada»

"Con un Papa così, è più facile diventare migliori". Lo ha detto Gianluigi Buffon, capitano della nazionale italiana dopo l'incontro con Papa Francesco. "Lui ci indica la strada, ci scalda il cuore, ci scuote l'anima - ha aggiunto - Finalmente riusciremo a dare seguito agli impegni tante volte fatti e spesso disattesi". Particolarmente colpito anche Mario Balotelli. Il campione ha seguito il Papa che usciva dalla Sala Clementina, ed è rimasto per alcuni minuti a colloquio con lui. Subito dopo il giocatore azzurro non ha voluto dire nulla sui contenuti del

colloquio, mostrandosi però commosso e in atteggiamento di rifl essione. Grandi emozioni tra gli argentini, Leo Messi in primis. "Il calcio mi ha portato in giro per il mondo, nei posti più incredibili; ma quella di oggi è stata davvero una giornata speciale, indimenticabile". Il Papa ha esortato i giocatori a essere un modello per chi li guarda. "Il modo migliore di rispondere - ha continuato il fuoriclasse del Barcellona - è offrire domani uno spettacolo pulito, sul campo e sugli spalti. Questo è il modo di dare seguito a una giornata così". Purtroppo né lui né Balotelli, leggermente infortunati, saranno in campo.

Avvisi della Parrocchia S. Anselmo

Orario S. Messe Giorni feriali Ore 18:30 S. Messa Giorni festivi Ore 09:00 S. Messa Ore 11:00 S. Messa Sabato CONFESSIONI: Ore 9 alle 12 –15 alle 19 Ore 10:30 S. Messa a Villa Primula Ore 18:30 S. Messa prefestiva

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Francesco ai nazionali: «Sia vero sport»

C ari amici, vi ringrazio di questa visita, in occasione della partita

amichevole tra le Squadre Nazionali di calcio di Italia e Argentina. Sarà un po’ difficile per me fare il tifo, ma per fortuna è un’amichevole… e che sia veramente così, mi raccomando! Ringrazio i dirigenti della Federazione Italiana Giuoco Calcio e quelli della Federazione Argentina. Saluto gli atleti delle due Squadre Nazionali. Voi, cari giocatori, siete molto popolari: la gente vi segue molto, non solo quando siete in campo ma anche fuori. Questa è una responsabilità sociale! Mi spiego: nel gioco, quando siete in campo, si trovano la bellezza, la gratuità e il cameratismo. Se a una partita manca questo perde forza, anche se la squadra vince. Non c’è posto per l’ individualismo, ma tutto è coordinazione per la squadra. Forse queste tre cose: bellezza, gratuità, cameratismo si trovano riassunte in un termine sportivo che non si deve mai abbandonare: “dilettante”, amateur. E’ vero che l’organizzazione nazionale e internazionale professionalizza lo sport, e dev’essere così, ma questa dimensione professionale non deve mai lasciare da parte la vocazione iniziale di uno sportivo o di una squadra: essere amateur, “dilettante”. Uno sportivo, pur essendo professionista, quando coltiva questa dimensione di “ dilettante”, fa bene alla società, costruisce il bene co mun e a p artire d ai valori della gratuità, del cameratis mo , della bellezza. E questo vi porta a pensare che, prima di essere campioni, siete uomini, persone umane, con i vostri pregi e i vostri difetti, con il vostro cuore e le vostre idee, le vostre aspirazioni e i vostri problemi. E allora, anche se siete dei personaggi, rimanete sempre uomini, nello sport e nella vita. Uomini, portatori di umanità. A voi dirigenti, vorrei dare un incoraggiamento per il vostro lavoro. Lo sport è importante, ma deve essere vero sport! Il calcio, come alcune altre discipline, è diventato un grande business! Lavorate perché non perda il carattere sportivo. Anche voi promuovete questo atteggiamento di “dilettanti” che, d’altra parte, elimina definitivamente il pericolo della discriminazione. Quando le squadre vanno per questa strada, lo stadio si arricchisce umanamente, sparisce la violenza e tornano a vedersi le famiglie sugli spalti. Cari amici, prego per voi, che possiate portare avanti questa vocazione così nobile dello sport. Chiedo al Signore che vi benedica e alla Vergine Madre che vi custodisca. E, per favore, vi chiedo che preghiate per me, perché anch’io, nel “campo” in cui Dio mi ha posto, possa giocare una partita onesta e coraggiosa per il bene di tutti noi. Grazie.

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Contenuto Articolo Da tre anni a questa parte, gli azzurri del calcio la loro “ guida spirituale” l’hanno trovata, è il ct Cesare Prandelli. Il Cesare nazionale cresciuto in oratorio, a Orzinuovi, al catechismo di don Vanni che, come papa Francesco, parlava sempre di un «Dio che perdona, qualsiasi cosa fai, Lui perdona…». Prandelli si è allenato tanto al perdono e non solo con i geni ribelli, Osvaldo o Mario Balotelli, ma anche con la sorte avversa, che purtroppo non fa mai sconti a nessuno. Grazie alla fede ha superato le grandi sconfitte, che non sono mica una finale europea persa con la Spagna, ma la perdita precoce della sua amata moglie Manuela, quella sì. «Anche in quel momento atroce – ha detto – non sono riuscito a pensare a un Dio cattivo». Cesare il comprensivo. Cesare il generoso, che quando ha saputo che il suo collega brasiliano, il ct della Seleçao Felipe Scolari, è devoto alla Madonna di Caravaggio, gli ha portato in dono la medaglietta della Vergine fatta arrivare appositamente dal Santuario bergamasco. Perciò, la vigilia di questa amichevole con l’Argentina, che ha ideato e fortemente voluto con la Federcalcio italiana, il Cesare la vive con lo stesso spirito di un “ ritiro” di Sant’Ignazio di Loyola, perché finalmente può incont rare il suo idolo: papa Francesco. In collaborazione con la Radio Vaticana (con il collega Luca Collodi) lo abbiamo incontrato qualche ora prima dell’udienza privata con il Papa. «Proverò emozioni forti e i ragazzi saranno molto concentrati sulle parole del Santo Padre perché da subito tutti abbiamo percepito la sua grande umanità». Questo il pensiero di Prandelli, poco prima di stringere le mani di papa Francesco. Un Pontefice amante del calcio, uno sport che per il suo messaggio universale può incidere e forse a volte anche cambiare la storia di un Paese. «Secondo me il cambiamento anche da parte del mondo del calcio, dipende dai comportamenti che si tengono. E questa partita con l’Argentina è significativa in tal senso. Veniamo dalla solita estate fatta di violenze e di polemiche, a maggior ragione noi all’Olimpico (stasera, ndr) vorremmo proporre un partita agonisticamente forte, ma con tanto fair play in campo e sugli spalti». Parole dell’inventore del “terzo tempo” sui campi di calcio (ai tempi in cui allenava la Fiorentina), esempio che dopo che è diventato ct non è stato più seguito. «Per proseguire in quella direzione, lo r i p e t o , o c c o r r e a v e r e comportamenti sani e positivi che vanno al di là delle mode, dei momenti e soprattutto al di là dei risultati. Ai miei ragazzi chiedo sempre di essere forti in campo, ma soprat tutto fuori. Durante gli “intervalli” della vita, si deve essere rispettosi di tutto e di tutti». Papa Francesco ha parlato di un calcio che è anche «business», ma che non deve smarrire la sua dimensione umana altrimenti «crea discriminazione». E su questo il ct azzurro propone una rifl essione da autentico fuori classe: «Nel mondo civile che sogniamo tutti e che

vorremmo garantire ai nostri figli, non ci dovrebbero essere differenze così grandi tra chi vive nell’agio e chi fa fatica, invece, ad arrivare a fine mese. Nel calcio, per attenuare un po’ i nostri sensi di colpa, io proporrei di mettere delle percentuali, da devolvere a chi ha più bisogno, su quelle trattative di calciomercato che, nonostante la crisi economica, presentano ancora delle ci fre troppo alte... Io sono convinto che la differenza nella vita di tutti i giorni la fanno sempre le ci fre basse». È con questa filosofia radicata e con i comportamenti “ socialmente utili” che il Cesare nazional e e i suoi ragazzi stanno riconquistando il popolo degli stadi. «Il nostro obiettivo era quello di riavvicinare la gente alla maglia azzurra e ci stiamo riuscendo. In ogni situazione rivolta al sociale i miei ragazzi hanno sempre messo grande entusiasmo, calore, sensibilità ed estrema partecipazione. Sanno che la Nazionale deve rappresent are l’Italia anche quando non gioca. A volte basta la nostra presenza per ridare fiducia e aiutare chi ha necessità di ripartire, come è accaduto in un recente incontro con i terremotati dell’Emilia». Un incontro emotivamente molto forte e anticipatore della Gmg di papa Francesco è stato quello della Nazionale in Brasile, alla Confederations Cup 2013. «Abbiamo visto tante cose belle in quel Paese, ma anche milioni di persone che manifestavano in piazza e tra queste c’erano tanti giovani e allora, come uomo, ti devi chiedere: cosa sta accadendo? La risposta è che in Brasile c’è ancora troppa di fferenza tra chi sta molto bene e chi soffre la fame e questo in un mondo civile non dovrebbe accadere. È necessario ridistribuire le ricchezze e dare la possibilità a tutti di poter vivere con dignità». Parole di un uomo profondo che non smette mai un giorno di allenare la sua fede. «Credere aiuta. Specie nei momenti di tensione, la fede in Dio ti fa capire che non devi prenderti troppo sul serio e che i problemi veri e gravi dell’esistenza sono ben altri. Credere fa sentire uniti anche nella sconfitta, ed è quando si perde che si possono creare dei momenti di solidarietà. E questo può essere un segnale di vicinanza cristiana che si raggiunge attraverso un gioco come il calcio». Massimilano Castellani

.«Un nuovo calcio d'inizio per cambiare il mondo»

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Un braccialetto prevederà la nostra fine

Memento mori Due ricercatori britannici della Lancaster University, Aneta Stefanoska e Peter McClintock, annunciano un metodo per stabilire quanto resti da vivere a un uomo: uno strumento grande quanto un orologio da polso analizza, con un impulso laser, le cellule endoteliali, che pavimentano la superficie interna dei vasi sanguigni, e dalla risposta si ricavano indicazioni sul tempo di vita rimanente. I particolari tecnici non sono stati rivelati e tutto sommato non interessano se si vuole fare qualche riflessione di carattere generale. Un libro di Catherine Mayer, Amortality. The Pleasures and Perils of

Living Agelessly, illustra l’atteggiamento che molti hanno assunto nei confronti della vecchiaia e della morte. Gli "amortali" non parlano più di vecchi o di anziani, bensì di maturi e di adulti, e hanno anche espunto la morte dal loro orizzonte. Non potendo sconfiggerla, la rimuovono e la respingono sotto il profilo psicologico e culturale, cullandosi in un sogno, ma anche in una pratica di vita, senza età, in cui abbigliamento, aspetto fisico, relazioni sociali e sessuali tendono ad essere uniformi su tutto l’arco della vita. Questa ostinazione, sottende il desiderio (o l’ illusione) di passare dall’amortalità all’ immortalità, nascondendo la morte dietro un eterno presente, e amputando la vita del suo esito naturale. Su un altro fronte i futurologi speculano sulla possibilità che qualche forma di post-umano (o trans-umano, alla Nietzsche) vinca tutte le malattie e infine sconfigga anche la morte, attuando uno dei sogni più antichi dell’umanità. Ma la conquista di questo traguardo vertiginoso può trasformarsi in un incubo, come è ben illustrato da Borges nel racconto L’immortale. Inoltre, come dice Umberto Curi nel suo <Via di qua. Imparare a morire, della morte si possono dare due opposte valutazioni: essa è «deprecata perché segna la fine di quel bene supremo che è la vita, o auspicata perché pone termine ai mali di cui la vita stessa è intessuta». Epicuro "dimostrava" come non si debba temere la morte, ma le esortazioni dei filosofi non tolgono a questo evento estremo il suo aculeo velenoso. Tanto è funesto il pensiero della morte che, secondo il mito di Prometeo, il dono più importante del titano agli uomini fu non tanto quello del fuoco e del conseguente sviluppo di tutte le tecniche, quanto l’averli distolti dal guardare fissamente il loro destino mortale, ciò che avrebbe impedito loro di svolgere qualunque attività. Ma questa liberazione degli uomini impone loro nuove catene, sostituendo alla paralizzante contemplazione della morte l’ inganno di una vita affrancata dalla prospettiva della fine: falsa speranza. Così la vita diviene un inesausto tentativo di ignorare la morte: in questo tentativo di amortalità i contemporanei si esercitano assidui. Insomma, timore della morte, o sua rimozione o addirittura tentativo di sconfiggerla veleggiando incontro all’ immortalità del simbionte ciborganico uomo-macchina. E ora due ricercatori britannici vengono a gridarci un perentorio memento mori, accompagnato dalla certificazione notarile dell’ora. Solo chi è ben saldo nella fede o nella filosofia può rallegrarsi di questa notizia (ma anche le compagnie di assicurazione...). Per tutti gli altri meglio non sapere: ma è un non sapere dietro il quale balugina e traluce il sapere, perché nonostante la bellezza e la giocondità dell’età verde, che appare illimitata, siamo ben consapevoli che « La vita fugge e non s’arresta una hora/ e la morte vien dietro a gran giornate» . Giuseppe O. Longo

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Perché la campagna «slot mob»

Dal basso per cambiare Nel campo dell’etica il mercato è cieco, come dimostra il caso italiano della spettacolare e devastante diffusione del gioco d’azzardo. E talvolta, dunque, bisogna aiutare il mercato a "vedere" meglio, come ci si propone di fare con la campagna anti-slot machine. Infatti, ciò che il mercato definisce "valore" dipende dall’ incontro di domanda e offerta, e il prezzo finale che si determina dipende dal rapporto tra gusti e preferenze dei consumatori e scarsità relativa dei beni domandati. Si obietta solitamente che non sta al mercato decidere ciò che è buono e ciò che non lo è. Il problema si pone però quando non esiste un contrappeso esterno e indipendente, un <+corsivo>ethos<+tondo> civile in grado di proporre una scala di valori fondata su un comune sentire, ispirato al patrimonio delle nostre radici etiche laiche e religiose. In tal caso, il mercato rimane il padrone indisturbato della scena. E quando, poi, l’obiettivo della "crescita" (e non del benessere equo sostenibile, quello che anche la maggioranza degli italiani concepisce come giusto obiettivo) viene acriticamente assunto come l’orizzonte verso cui tendere, il valore di mercato finisce con il coincidere con il valore tout court (e, così, uno spacciatore di droga vale più di una casalinga). Il problema diventa ancora maggiore se andiamo in profondità e riflettiamo su una particolare tassonomia di beni. Come ha evidenziato con una geniale intuizione Tibor Scitovsky, esistono beni di comfort e beni di stimolo. I primi danno una soddisfazione immediata, ma alla lunga producono dipendenze che indeboliscono le nostre capacità di perseguire i secondi (i beni di stimolo), i quali paradossalmente richiedono un investimento previo per potere essere consumati. Sono beni di comfort l’assunzione di cibo smodata, l’abuso della televisione e del tempo passato al computer, il gioco d’azzardo, il consumo di stupefacenti. Sono beni di stimolo la fruizione artistica che richiede cultura e allenamento, la pratica di uno sport, la capacità di approfondire l’esperienza religiosa, la ricerca e lo studio. In una bella giornata di sole posso vedere quanto sono felici degli sciatori che si godono le piste e il panorama, ma non posso partecipare a quella felicità se non ho prima tenacemente investito per apprendere quella pratica. Da quanto abbiamo detto, chiederci per quale tipo di beni parteggi il mercato è domanda retorica. I beni di comfort si vendono come l’acqua perché producono dipendenza (che vuol dire domanda garantita) e chi li cerca ne vuole sempre di più. Purtroppo, però, più le nostre facoltà sono appesantite dal consumo di beni di comfort e meno siamo in grado di "fare passeggiate in montagna", ovvero di investire per poter riuscire a consumare i beni di stimolo. Inutile dire anche quali sono i beni che contribuiscono di più alla soddisfazione e alla fioritura della nostra vita. La gratificazione immediata prodotta dai beni di comfort è subito seguita dall’ansia di consumarne di più e dagli effetti negativi che la dipendenza provoca. È altresì dimostrato che i beni di stimolo hanno un ruolo molto positivo e significativo per la soddisfazione di vita. Sono questi i motivi per i quali si è scelto di concentrare l’attenzione della prossima campagna di azione dal basso e di "voto con il portafoglio" sul problema delle slot machine. L’obiettivo è di premiare con un marchio e con gli acquisti dei partecipanti quei gestori che, non senza abnegazione, hanno deciso di non mettere le "macchinette" nei loro esercizi commerciali, rinunciando a entrate sicure. La logica, sovrapponibile a quella del primo cash mob con il commercio equosolidale, è quella del "premio" e non della "punizione". La campagna – come Avvenire, che la sostiene in modo convinto, ha già spiegato – non punta a stabilire chi è buono e chi non lo è. Si intende piuttosto rendere i consumatori consapevoli del fatto che possono diventare "padroni" e "sovrani" dell’economia di mercato. E lo possono fare solo se si rendono conto di avere la possibilità di mettere in moto meccanismi che stimolano una concorrenza virtuosa dal lato dell’offerta. L’azione dal basso per essere efficace ha sempre bisogno non di "sostituire" le regole, ma di agire da complemento a una evoluzione legislativa. Stavolta si punta a rialzare gli argini anti-azzardo. E dunque la campagna, con questo gesto che si porrà in atto a partire da settembre in diverse città italiane, vuole sensibilizzare opinione pubblica e Parlamento a varare una nuova legge più severa e più orientata alla tutela delle vittime di "Bisca Italia". Le azioni dal basso (de abajo hacia arriba, come si dice con una bella espressione spagnola) si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutto il mondo. Una delle più efficaci è la recente campagna di Oxfam ("scopri il marchio") che nel suo sito web consente di risalire dalla marca del prodotto alla valutazione di rating socioambientale dell’azienda che lo produce. Dall’ inizio della campagna ci sono state più di 100.000 risposte dei cittadini in tutto il mondo e tre grandi multinazionali alimentari hanno deciso di modificare le proprie pratiche produttive aumentando la sostenibilità. Il mercato siamo noi. È ora che cominciamo a rendercene conto, per aumentare la sua capacita di contribuire al bene comune. Leonardo Becchetti

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BIOGRAFIA DEL SANTO PADRE

FRANCESCO Il primo Papa giunto dalle Americhe è il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio, 76 anni, arcivescovo di Buenos Aires dal 1998. È una figura di spicco dell’intero continente e un pastore semplice e molto amato nella sua diocesi, che ha girato in lungo e in largo, anche in metropolitana e con gli autobus. «La mia gente è povera e io sono uno di loro», ha detto una volta per spiegare la scelta di abitare in un appartamento e di prepararsi la cena da solo. Ai suoi preti ha sempre raccomandato misericordia, coraggio e porte aperte. La cosa peggiore che possa accadere nella Chiesa, ha spiegato in alcune circostanze, «è quella che de Lubac chiama mondanità spirituale», che significa «mettere al centro se stessi» . E quando cita la giustizia sociale, invita a riprendere in mano il catechismo, i dieci comandamenti e le beatitudini. Nonostante il carattere schivo è divenuto un punto di riferimento per le sue prese di posizione durante la crisi economica che ha sconvolto il Paese nel 2001. Nella capitale argentina nasce il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovi e, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli. Diplomatosi come tecnico chimico, sceglie poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L’11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completa gli studi umanistici in Cile e nel 1963, tornato in Argentina, si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 è professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fé e nel 1966 insegna le stesse materie nel collegio del Salvatore a Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe. Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José Castellano. Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti. Di nuovo in Argentina, è maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore presso la facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio. Il 31 luglio 1973 viene eletto provinciale dei gesuiti dell’Argentina. Sei anni dopo riprende il lavoro nel campo universitario e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe, oltre che parroco ancora a San Miguel. Nel marzo 1986 va in Germania per ultimare la tesi dottorale; quindi i superiori lo inviano nel collegio del Salvatore a Buenos Aires e poi nella chiesa della Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore. È il cardinale Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Come motto sceglie Miserando atque eligendo e nello stemma inserisce il cristogramma ihs, simbolo della Compagnia di Gesù. È subito nominato vicario episcopale della zona Flores e il 21 dicembre 1993 diviene vicario generale. Nessuna sorpresa dunque quando, il 3 giugno 1997, è promosso arcivescovo coadiutore di Buenos Aires. Passati neppure nove mesi, alla morte del cardinale Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell’Università Cattolica. Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del titolo di san Roberto Bellarmino. Nell’ottobre 2001 è nominato relatore generale aggiunto alla decima assemblea general e ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata al ministero episcopale. Intanto in America latina la sua figura diventa sempre più popolare. Nel 2002 declina la nomina a presidente della Conferenza episcopale argentina, ma tre anni dopo viene eletto e poi riconfermato per un altro triennio nel 2008. Intanto, nell’aprile 2005, partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI. Come arcivescovo di Buenos Aires — tre milioni di abitanti — pensa a un progetto missionario incentrato sulla comunione e sull’evangelizzazione. Quattro gli obiettivi principali: comunità aperte e fraterne; protagonismo di un laicato consapevole; evangelizzazione rivolta a ogni abitante della città; assistenza ai poveri e ai malati. Invita preti e laici a lavorare insieme. Nel settembre 2009 lancia a livello nazionale la campagna di solidarietà per il bicentenario dell’indipendenza del Paese: duecento opere di carità da realizzare entro il 2016. E, in chiave continentale, nutre forti speranze sull’onda del messaggio della Conferenza di Aparecida nel 2007, fino a definirlo «l’Evangelii nuntiandidell’America Latina». Viene eletto Sommo Pontefice il 13 marzo 2013.

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I 10 Comandamenti per la Casa del Signore

1. Molti vanno in Chiesa, ma non tutti sanno di entrare nella casa di Dio. Preparati nell'andare: spiritualmente, mentalmente e con il cuore. 2. Recati alla Santa Messa almeno cinque o dieci minuti prima del suo inizio, per prepararti nella preghiera e nel raccoglimento ad una migliore partecipazione al mistero della salvezza. 3. Entrando in Chiesa, davanti al Signore, inginocchiati, così lo adorerai pubblica mente. Nella lettera ai Filippesi si trova scritto: "nel nome di Gesù, ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra". 4. Osserva, nella casa di Dio, un rigoroso silenzio. Nel luogo sacro non possono essere giustificatele vane chiacchiere. Si può parlare solo per una vera, grave e urgente necessità, per il tempo strettamente indispensabile e sempre e solo sottovoce. Controlla sempre che il tuo telefonino sia spento. 5. Non entrare mai in Chiesa vestito in maniera indecorosa o, peggio, indecente. Mantieni sempre un atteggiamento edificante, non andando in giro qua e là con lo sguardo, non voltandoti a vedere chi entra e chi esce, ma occupandoti solo di parlare con Dio, pensando alle cose di Dio, occupandoti degli affari divini riguardanti il bene del tuo Spirito e di quelli che porti nel cuore. 6. Nella Messa, vivi profondamente l’Atto Penitenziale chiedendo umilmente perdono per le tue debolezze e mancanze; poni particolare attenzione alla Parola di Dio, alla Preghiera eucaristica. 7. Ricorda che Gesù ha detto:”Prendete e mangiate, prendete e bevete. Fate questo in memoria di me”. Perciò tutta la Celebrazione tende alla Comunione Eucaristica. Non ci sia una celebrazione in cui non ricevi l’Eucaristia. 8. Per ricevere la santa Comunione, accostati a Cristo con molto rispetto e riverenza, consapevole che stai andando a ricevere il Signore del cielo e della terra. 9. Dopo aver ricevuto Gesù, adoralo, benedicilo e ringrazialo, ascolta cosa ha chiederti per programmare la tua settimana. Dopo il congedo finale non uscire di fretta dalla Chiesa, attendi l’uscita del celebrante. 10. Quando Gesù è solennemente esposto nell'Adorazione eucaristica, non privarlo della tua presenza offrendogli il tuo amore e il tuo tempo. Sii felice di rimanere per un poco in contemplazione davanti lui. Egli t i sta aspettando per amarti, benedirti, concederti grazie, donarti la sua pace, chiamarti a fare grandi cose nella storia del mondo.

« Combattete la vanità e il veleno basato sul profitto e sull'avere» I l p o n t e f i c e r i v o l g e u n p e n s i e r o a i b r a s i l i a n i « I

g i o v a n i s o n o s e n s i b i l i a l v u o t o d i v a l o r i c h e l a

v a n i t à c o m p o r t a » Papa Francesco si affaccia come di consueto al balcone su piazza San Pietro gremita di gente per l'Angelus della domenica a mezzogiorno. «Oggi nella liturgia risuona la parola: vanità» ha detto il papa, che per prima cosa ha rivolto un pensiero affettuoso ai brasiliani e ha ricordato le giornate della gioventù trascorse in Brasile. «I giovani sono particolarmente sensibili al vuoto di valori che questa vanità comporta e ne pagano le conseguenze» ha poi aggiunto. E ha sottolineato: «Combattete il veleno basato sul profitto e sull'avere, l veleno del vuoto che si insinua nelle nostre società basate sul profitto e sull'avere, che

illudono i giovani con il consumismo». «Il Vangelo di questa domenica ci richiama l'assurdità di basare la propria felicità sull'avere». LA RICCHEZZA è CONDIVISIONE - «Il ricco dice a se stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni... riposati, mangia bevi e divertiti! Ma Dio gli dice: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la vita. E quello che hai accumulato, di chi sarà?». «La vera ricchezza - ha quindi sottolineato il Papa - è l'amore di Dio, condiviso con i fratelli» . AFFETTO PER I BRASILIANI - «Ringrazio tutti, quelli di Bergamo che sono venuti in bicicletta. Ci sono tanti giovani in piazza questa sembra Rio de Janeiro!» ha detto il papa che ai brasiliani ha rivolto un affettuoso pensiero: «La chiesa riempia il vostro cuore di gioia, di un bene profondo che non passa e non marcisce».

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Futuro. Se non guardi avanti il presente evapora di Alessandro D’Avenia Nella città in cui vivo, alla velocità di una bicicletta, su un muro costellato da sfoghi, ho letto: “Il futuro non è più quello di una volta”. Ho immaginato chi, complice la notte, ha verniciato quel tormento, lo stesso racchiuso nelle migliaia di lettere che ricevo dai lettori dei miei romanzi. La parola che vorrei salvare è proprio “ futuro”. Ripetiamo ossessivamente le parole di quel che perdiamo. La parola futuro è sulla bocca di tutti, proprio perché forse tra un po' ce ne resterà solo il suono. E senza questa parola ne sparisce un'altra che ci illudiamo sia più al sicuro: presente. Il present e è in realtà il luogo e il tempo in cui si realizza ciò che ci rappresentiamo come futuro. Se il futuro sparisce, evapora anche il presente. Un bambino senza l’abbraccio e la cura dei genitori non interiorizza mai la vita come promessa: il mondo sarà labirinto, il tempo sicario. I ragazzi con i quali sto in classe, solo se percepiscono su se stessi lo sguardo promettente di qualcuno che fa da mediatore tra futuro e presente, si mettono in gioco sulle rotte difficili della vita e navigano lontano dagli attracchi sicuri delle mura casalinghe, alla ricerca di un porto segnalato sulle carte geografi che del desiderio: il futuro. Ma se il futuro non ha immagine, si prosciugano immaginazione, creatività ecoraggio, e con essi il

carburante necessario a percorrere le fatiche del quotidiano. Non sto parlando delle illusioni in cui ci rifugiamo per lenire la frustrazione dei nostri limiti e salutari fallimenti, ma di quella reale possibilità di sognare per il semplice fatto che ognuno di noi c’è ed è il possibile compiersi di qualcosa di nuovo, mai visto tra gli 80 miliardi di uomini che hanno calpestato il mondo. LA LIBERTÀ È LA FIDUCIA di essere un nuovo inizio, che consumismo e potere inibiscono. La parola futuro infatti viene dal participio “ futuro” latino del verbo essere: ciò che è sul punto di essere, che sta per essere. Ogni seme è sul punto di essere. Ogni seme è il suo futuro. Ma solo se so che sono già adesso il nuovo inizio di qualcosa che avverrà domani, tirerò fuori le risorse che l'avvenire sa evocare e provocare al presente. Altrimenti mi accontenterò di una vita impaurita, in cerca di sicurezze individualistiche e narcisistiche . Capolinea: solitudine e cinismo. Cronos, nel racconto mitico, divora i suoi figli perché sa che uno di loro lo spodesterà. Si mangia il futuro per paura del futuro. Cronos è un padre cannibale. La favola purtroppo è attuale. Il futuro nonesiste più per una diffusa sindrome di Cronos. Il padre è l'immagine del futuro, colui che è capace di provocare la nostalgia di futuro di cui ogni giovane ha bisogno per affrontare il presente. Padri sonoi padri di famiglia, spesso assenti; padri sono i maestri a scuola e all’università, spesso padrini; padri sono i politici, spesso padroni; padri sono gli uomini delle agenzie educative (dalla chiesa alla tv), spesso patrigni. Padri sono tutti coloro a cui sono affidate le vite di altri, che padri diventano se si pongono al servizio di quella vita che non è loro e di cui dovranno rendere conto alla storia. Se i padri non servono le vite dei figli, ma le divorano, niente è più sul punto di essere. L'Italia del dopoguerra era di padri. Lo sarà quella di questa crisi, che non è sicuramente peggio di una guerra? Ogni uomo può sperare perché è atteso nello sguardo di un altro. Non controllato, non divorato. Lo so perché ho la fortuna di avere un padre: mio padre. Ho avuto la fortuna di conoscere grandi padri: M. Franchina e Padre Puglisi, rispettivamente professore di lettere e di religione del mio liceo, e poiPaolo Borsellino, vicino di casa. Da loro ho ricevuto il futuro e quindi il presente. E se oggi posso provare ad essere l'inizio di qualcosa, magari un buon padre, è perché quei padri con i loro sguardi mi hanno reso un buon figlio. A loro devo il mio futuro, cioè il mio presente.

LETTERA DI UN ( ANZIANO) PADRE AL FIGLIO. Se un g iorno mi vedrai vecchio: se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi... abbi pazien za, ricorda il tempo che ho trascorso ad insegnartelo. Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere... ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi. Quando non voglio lavarmi non b iasimarmi e non farmi vergognare... ricordati quando dovevo correrti dietro inven tando delle scuse perché non volevi fare il bagno. Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l'abc; quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso... dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire: la cosa più importante non è quello che dico ma il mio bisog no di essere con te ed averti li che mi ascolti. Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l'ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi pass i. Quando d ico che vorrei essere morto... non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive, s i sopravvive. Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te che ho tentato di spianarti la s trada. Dammi un po' del tuo tempo, dammi un po' della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l'ho fatto per te. Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l'immenso amore che ho sempre avuto per te. Ti amo figlio mio.

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ORARIO CATECHISMO 2013 - 2014 Desideriamo comunicare in anticipo gli orari e i tempi del catechismo onde evitare sovrapposizioni con allenamenti ed altre attività parallele. Questi orari sono stati già concordati con i catechisti secondo le esigenze dei vari gruppi, tenendo presente la disponibilità delle aule che la parrocchia può offri re. I° ELEMENTARE - SABATO Dalle ORE 16.15 alle 17.15 II° ELEMENTARE - SABATO Dalle ORE 16.15 alle 17.15 (DUE gruppi) III° ELEMENTARE - SABATO Dalle ORE 15 alle 16.15 (Prima Confessione - QUATTRO gruppi) IV° ELEMENTARE - SABATO Dalle ORE 15 alle 16.15 (Prima Comunione – QUATTRO gruppi) V° ELEMENTARE - SABATO Dalle ORE 15 alle 16.15 (QUATTRO gruppi) - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - I° MEDIA - (Cresima) - SABATO dalle ORE 17.30 alle 19 (QUATTRO gruppi) II° MEDIA - (Cresima) - MERCOLEDI dalle ORE 17 alle 18.30 (TRE gruppi) III° MEDIA - (Cresima) - MERCOLEDI Dalle ORE 19 alle 20.30 (QUATTRO gruppi) - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - I° SUPERIORE - DOMENICA alle ORE 18 - Incontro di gruppo II°- III°- IV° SUPERIORE - DOMENICA alle ORE 18 – Incontri di formazione IV° - V° Superiore / Universitari - DOMENICA alle ORE 19 – Laboratorio culturale Le finalità di una parrocchia è formare alla vita cristiana le nuove generazioni. La trasmissione della fede è la priorità di ogni iniziativa pastorale. Per questo chiediamo a tutti un maggior impegno alla vita ecclesiale (Catechesi e Messa domenicale) – Una educazione cristiana approssimativa e superficiale non serve a nessuno. E’ solo dannosa per il ragazzo. Frequentare le attività della parrocchia non significa provvisorietà, poca serietà, ci vado se ne ho voglia ecc…, ma impegno costante e serio. D. Giancarlo / D. Antonio / I catechisti

Il Papa all’Angelus: «Fede e violenza sono incompatibili» di Maria Antonietta Calabrò «Fede e violenza sono incompatibili». Non lo dice solo una volta, papa Francesco, lo ripete due volte, scandendo a lungo le parole, accompagnandosi con il gesto di una mano. E a queste parole, da una piazza San Pietro particolarmente affollat a, parte l’applauso. Francesco poi aggiunge: «Il Vangelo non autorizza affatto all’uso della forza per di ffondere la fede. È proprio vero il contrario. La forza del cristiano è la forza della verità e dell’amore. Che comporta rinunciare a ogni violenza». Questo non vuol dire però soggiacere a «compromessi a tutti i costi» , « la vera pace non è neutralità o compromesso» perché invece «fede e fortezza vanno insieme, e qual è questa forza? La forza della mitezza, la forza dell’amore». Insomma, se la fede è incompatibile con la violenza, al tempo stesso, «non è panna» che si mette su una torta, dice Francesco usando, com’è nel suo stile, un esempio tratto dalla vita quotidiana e familiare. A quattro giorni dall’inizio del bagno di sangue che ha sconvolto l’Egitto, e di cui sono vittime anche i cristiani, il Papa prima della recita dell’Angelus domenicale sprona i cristiani a comprendere il fatto per cui «fede e forza della mitezza vanno insieme». E lancia un nuovo appello: «Preghiamo per la pace in Egitto». La ri flessione nasce da un passo del Vangelo in cui Gesù esprime una parol a che «ci mette in crisi e va spiegata, altrimenti può generare malintesi» . Quella in cui Gesù dice di se stesso di essere «segno di contraddizione». «Pensate che io sia venuto a portare l a pace sulla terra? — chiede Gesù ai discepoli — No, io vi dico, ma divisione. Che cosa significa questo? Significa — spiega Francesco — che la fede non è una cosa decorativa, ornamentale, non è decorare la vita con un po’ di religione come se fosse una torta e la si decora con un po’ di panna». «La fede — aggiunge il Papa — comporta scegliere Dio come criterio base della vita e Dio non è vuoto, non è neutro, è sempre positivo, Dio è amore. Per questo Gesù dice “ sono venuto a portare divisione”: non che voglia dividere gli uomini tra loro, al contrario, è la nostra pace» che però «non è la pace dei sepolcri, non è neutralità, non è un compromesso a tutti i costi» , poiché «segui rlo signi fi ca rinunciare al male, all’egoismo e scegliere il bene , la verità, la giustizia anche quando ciò richiede sacri ficio e rinuncia dei propri interessi» .

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