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POLITICA ECONOMICA - 3: Tipologia delle politiche economiche L I B R O D I R I F E R I M E N T O : E N R I C O M A R E L L I E M A R C E L L O S I G N O R E L L I ( 2 0 1 5 ) , « P O L I T I C A E C O N O M I C A . L E P O L I T I C H E N E L N U O V O S C E N A R I O E U R O P E O E G L O B A L E » , G I A P P I C H E L L I E D I T O R E , T O R I N O . Sistemi economici Stato e Mercato

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POLITICA ECONOMICA - 3:

Tipologia delle politiche economiche

L I B R O D I R I F E R I M E N T O : E N R I C O M A R E L L I E M A R C E L L O S I G N O R E L L I ( 2 0 1 5 ) , « P O L I T I C A E C O N O M I C A . L E P O L I T I C H E N E L N U O V O S C E N A R I O E U R O P E O E

G L O B A L E » , G I A P P I C H E L L I E D I T O R E , T O R I N O .

Sistemi economici Stato e Mercato

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I fini di politica economica

POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 2

Secondo la nota tripartizione di Musgrave, si ritiene che la politica economica abbia tre finalità principali:

1. allocare più efficientemente le risorse,

2. stabilizzare il sistema macroeconomico,

3. redistribuire il reddito e la ricchezza.

A questi fini sono rivolte differenti politiche:

o le politiche economiche strutturali, microeconomiche o d’offerta sono

rivolte alle problematiche dell'allocazione delle risorse (e quindi all’efficienza), come pure a quelle della crescita economica,

o le politiche macroeconomiche, di controllo della domanda aggregata

mirano a stabilizzare il reddito e i prezzi (anticicliche o anti-congiunturali),

o le politiche redistributive, volte a modificare la distribuzione del reddito e della

ricchezza, hanno fini di equità e giustizia

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Effetti sugli equilibri macro-economici dei primi due tipi di politiche 1. Le politiche di stabilizzazione o di controllo della domanda aggregta servono

per contrastare una recessione, favorendo la convergenza

verso Yn (o per un breve periodo innalzare il livello del prodotto al di sopra di Yn): o mirano quindi a ridurre la disoccupazione ciclica;

o oltre al reddito (Y), un altro obiettivo importante è la stabilità dei prezzi (P).

Le politiche strutturali o d’offerta, pur agendo sul comportamento degli individui o sugli equilibri dei mercati, a livello aggregato riescono a spostare la curva AS. Le

politiche strutturali possono quindi:

o far diminuire il tasso di disoccupazione naturale un (cfr. ad es. le politiche

attive per il lavoro),

o accrescere il livello naturale del prodotto Yn (ad es. le politiche industriali

ed a favore della concorrenza),

o perfino innalzare il tasso di crescita del prodotto gY (agendo sul progresso tecnico, sulle

innovazioni, sulla ricerca e sviluppo, sulla formazione del capitale

umano).

2.

POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 3

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Le politiche di stabilizzazione

le due principali politiche di stabilizzazione (sottostanti al modello IS-

LM):

POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 4

a) la politica fiscale (PF), che controlla la domanda aggregata e quindi il reddito (Y) attraverso variazioni di G, T

◦ quindi del saldo D (= G-T) del bilancio pubblico: per questo è chiamata anche

“politica di bilancio”;

◦ evidentemente essa influenza anche il livello dei prezzi (come si nota quando si

sposta la curva AD);

b) la politica monetaria (PM) ha come obiettivo primario la stabilità monetaria; ulteriore obiettivo importante (per taluni secondario) è la stabilizzazione del reddito

◦ Per stabilità monetaria, si intende di solito la stabilità del valore interno (livello dei

prezzi e inflazione) ed esterno (controllo del tasso di cambio) della moneta

nazionale.

◦ Oggi è anche importante la complessiva stabilità dei sistemi creditizi e dei

mercati finanziari.

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Le politiche redistributive

POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 5

Il loro fine ultimo è quello di perseguire l’equità e la giustizia sociale.

o Esse possono essere giustificate dall'esistenza di distribuzioni del reddito e della

ricchezza ritenute intollerabili o indesiderabili poiché fortemente inique; più in

particolare comprendono anche le politiche di contrasto alla povertà.

o Possibile trade-off tra equità ed efficienza (cfr. A. Okun) mentre economisti

pre-keynesiani preferivano concentrarsi sugli obiettivi di stabilità e di efficienza

Vi sono diverse accezioni di distribuzione del reddito: o funzionale: tra capitale e lavoro, o personale: tra individui o famiglie, o territoriale: riguarda ad esempio le disparità interregionali, o sociale: fasce deboli della popolazione, poveri, minoranze, ecc., o intergenerazionale:

◦ coinvolge interventi quali la spesa pensionistica piuttosto che quella per l’istruzione

(oppure gli effetti duraturi di un elevato debito pubblico).

Strumento tipico della politica redistributiva è la politica fiscale, che è quindi (diversamente dalla politica monetaria) uno strumento: o sia delle politiche di stabilizzazione macroeconomica, o sia di quelle redistributive, o sia infine di quelle allocative (vedi oltre).

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Il Welfare State

POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 6

Al fine di correggere una distribuzione (del reddito e della ricchezza) ritenuta iniqua, vi è l’azione redistributiva dello Stato, che agisce attraverso la politica fiscale

◦ Il Welfare state è nato in Inghilterra con il "piano Beveridge" (1942); ha avuto in seguito una notevole diffusione nei paesi nord-europei (in primo luogo nei paesi scandinavi).

Le finalità redistributive (o equitative) possono riguardare:

◦ la lotta alla povertà; ◦ la stabilizzazione dei redditi individuali, sia nei confronti di rischi quali malattia e disoccupazione, sia rispetto alle oscillazioni durante il ciclo vitale (es. schemi pensionistici);

◦ la riduzione delle ineguaglianze di reddito, sia di tipo verticale (distribuzione dei redditi personali e familiari), sia di tipo orizzontale (in funzione di età, sesso, dimensioni della famiglia, sua localizzazione, etc.);

◦ il miglioramento della distribuzione delle opportunità (di investimento in istruzione, di lavoro e di reddito), anche per aumentare il grado di "mobilità sociale“.

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Le politiche strutturali (o d'offerta) agiscono direttamente sulle "microfondamenta" economiche; ne sono esempi: o la politica industriale, con interventi mirati ai settori,

oppure ai fattori produttivi; o le politiche commerciali in economia aperta:

protezionismo, sostegno delle esportazioni (cfr. cap. 12);

o le politiche del lavoro: politiche passive e/o attive per il mercato del lavoro; per l’istruzione e la transizione da scuola o università al lavoro, per la mobilità sociale e territoriale (cfr. cap. 21);

o la politica regionale (di sviluppo o riequilibrio territoriale), per i trasporti e le comunicazioni;

o le politiche energetiche e per la salvaguardia

ambientale.

Le politiche strutturali o d’offerta

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Allocazione delle risorse e fallimenti del mercato

Un’economia di mercato – in concorrenza perfetta – è di

solito considerata lo strumento migliore per realizzare un’allocazione

ottimale delle risorse, tale da massimizzare il benessere sociale.

Vi possono però essere situazioni di fallimento del mercato (market failure):

o limiti alla concorrenza dovuti a rendimenti crescenti di scala, monopoli

naturali, cartelli, mercati non contendibili, differenziazione dei prodotti;

o informazione incompleta (o asimmetrica), altre incomple-

tezze od imperfezioni di mercato;

o esistenza di esternalità; fornitura di beni pubblici (beni

non rivali e non escludibili) e di beni meritori; ◦ questi ultimi possono giustificare un atteggiamento paternalistico dello Stato nella

fornitura di beni quali salute, sicurezza, istruzione, beni culturali, tutela dell’ambiente,

ecc.

POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 8

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Strumenti delle politiche strutturali

Gli strumenti e le modalità d’intervento dello Stato nell’eco-

nomia, per modificare l’allocazione delle risorse, possono es-

sere molteplici: 1. fissazione del quadro economico-istituzionale,

2. regolamentazione dell'iniziativa privata,

3. incentivi e disincentivi all'iniziativa privata,

4. intervento pubblico diretto nella produzione.

Quanto più l’intervento pubblico è pervasivo, tutte e quattro

le forme di intervento sono utilizzate; quindi l’economia, pur

rimanendo fondamentalmente di mercato, diviene “econo-

mia mista”.

◦ Inoltre le riforme strutturali implicano una complessa manovra – più qualitativa che quantitativa – di numerosi strumenti.

POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 9

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L’assetto economico istituzionale

POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 10

1. Il quadro economico-istituzionale si riferisce alle “regole del gioco”, ossia le regole generali di funzionamento dei mercati.

a) Queste norme includono le disposizioni della Costituzione e le norme generali “permanenti”, anche derivanti dai Trattati internazionali o da comunità sovranazionali come l’UE.

b) Vi sono poi le norme relative ai diritti di proprietà, ai contratti, al diritto societario, all'attività dei sindacati, alla disciplina dei rapporti di lavoro, ai poteri di specifiche istituzioni (incluse le Authorities antitrust) e delle altre autorità di politica economica (in- clusa la banca centrale). • Queste norme generali includono quindi i provvedimenti a

difesa della libera concorrenza: rimozione delle rigidità e delle imperfezioni di mercato, tutela della concorrenza, normativa antitrust, etc.

o Le due principali "istituzioni" che si ritrovano in qualunque econo-

mia monetaria di mercato sono appunto la moneta ed il mercato. • Nei paesi occidentali si danno per acquisite queste norme. La transizione ad un’economia di mercato non è però un’operazione semplice, come mostra l’esperienza dei paesi dell’Est Europa negli anni ’90.

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Regolazione dei mercati e politiche d’incentivazione

2. Regolamentazione dell'iniziativa privata

quando si vogliano vietare o contenere attività nocive (come le produzioni in- quinanti), sostenere l’offerta di beni e servizi ritenuti importanti, garantire la qualità

delle produzioni o dei processi produttivi; comprende:

a) norme e restrizioni amministrative: autorizzazioni, licenze, brevetti, controlli all'entrata e di prezzo, norme tecniche e standard qualitativi, tutela dei consumatori, dei lavoratori ed ambientale, vincoli localizzativi;

b) forme pervasive di disciplina della concorrenza o addirittura dell'organizzazione

dei mercati, controlli generalizzati dei salari e dei prezzi;

c) schemi di tipo programmatorio.

3. Incentivi e disincentivi all'iniziativa privata: a) monetari (imposte, sussidi, agevolazioni fiscali e creditizie, ecc.);

b) reali diretti (commesse pubbliche, sostegno alle esportazioni, protezionismo

tariffario e non tariffario);

c) reali indiretti (operano attraverso le esternalità ed il miglioramento

dell’ambiente di mercato: sostegno della R&S, della formazione del capitale

umano, investimenti in infrastrutture, trasporti, comunicazioni, servizi avanzati).

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Intervento pubblico diretto («economia mista»)

4. Intervento pubblico diretto nella produzione (in aggiunta alla fornitura di beni e servizi pubblici), tramite: o le imprese pubbliche in senso stretto (statali, locali, aziende autonome

o le imprese a partecipazione statale (ad esempio appartenenti alle ex holding

pubbliche IRI ed ENI in Italia).

L’economia “mista” era diffusa nei paesi dove lo Stato si face- va imprenditore, o ossia accanto ad una componente di libero mercato (costi-

tuita da imprese private di produzione) vi era una signifi- cativa presenza dell'operatore pubblico, anche nella produ- zione diretta dei beni (il cosiddetto “capitalismo di Stato”).

• In Italia, l’IRI, ad es., aveva partecipazioni in Finsider (siderurgia), Fin- meccanica (meccanica), Fincantieri (cantieristica), Finmare (trasporti via mare), Alitalia, Italstat (costruzioni), Autostrade, Stet (telecomunicazio- ni), Rai, Banca Commerciale Italiana- Banco di Roma- Credito Italiano (le tre «banche di interesse nazionale»), Sme (alimentare).

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La programmazione economica

Il massimo intervento pubblico nell’economia si era registrato nelle economie “pianificate dal centro” (ad es. nei paesi comunisti dell’ex blocco sovietico), dove il mercato era relegato ad attività minori

◦ In essi vi era una “pianificazione centrale”, dove lo Stato si sostituiva al mercato quale meccanismo allocatore.

Anche nei paesi ad economia di mercato (o ad economia mista)

si utilizzavano (specie negli anni ’60-70) schemi di programma-

zione economica, che comprendeva piani indicativi (invece

che coercitivi), tipicamente quinquennali. ◦ Si fornivano agli operatori privati indicazioni sugli scenari macroeconomici a

medio termine (così da “indirizzare” le azioni degli investitori pri- vati), talvolta vincolando il solo comportamento delle imprese pubbliche.

◦ Adottati in Italia, Francia, Olanda; in diversi paesi in via di sviluppo (India, Brasile, ecc.)

POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 13

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Espansione e contrazione del settore pubblico

L’intervento pubblico in economia è stato importante in diverse “economie di mercato”, soprattutto europee; ad es.: 1) dove era presente il fenomeno della «economia mista»; 2) od anche nei Paesi (come quelli scandinavi) dove lo Stato

assolveva anche una importante funzione redistributiva, attraverso il Welfare state, con un’ele- vata incidenza negli indicatori del peso del settore pubblico (G/Y, T/Y, dipen- denti pubblici/ occupazione totale).

Dopo l’espansione secolare del settore pubblico, dagli anni ’80 si è riscontrata una sua contrazione (misurabile anche da G/Y o T/Y), attuata in molti paesi attraverso la privatizzazione di imprese pubbliche ed accompagnata da azioni di deregolamentazione. Conseguenza della diffusione delle ideologie neoliberiste (“meno Stato e più mercato”) e delle nuove teorie economiche (Public Choice, Supply- Side Economics, teorie del ciclo economico-politico), ma anche per il manifestarsi di nuovi problemi nelle economie reali ◦ in particolare, problemi di finanziamento della spesa

pubblica, anche in considerazione della crescente opposizione nei confronti di un'elevata pressione fiscale, con il conseguente ampliarsi dei disavanzi pubblici.

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Diffusione delle politiche neolibersite: o Dapprima negli Stati Uniti (con la reaganomics, riduzioni del carico fiscale e

deregulation) e nel Regno Unito (dove si sono aggiunte privatizzazioni di imprese pubbliche e dismissioni di beni di proprietà pubblica); poi in Germania, Francia ed in altri paesi europei (inclusa l’Italia dagli anni ’90).

Azioni adottate: o privatizzazioni, per elevare l’efficienza della produzione di beni e servizi (o

quale fonte di entrata per il bilancio pubblico); o liberalizzazioni, rendendo competitivi i settori protetti ed eliminando le

rendite (ma occorre stare attenti a non sostituire monopoli privati a quelli pubblici);

o deregolamentazioni per eliminare i “lacci e laccioli” che frenano (spesso inutilmente) l’ini- ziativa privata e le numerose pastoie burocratiche.

Parziale inversione dopo la crisi globale: o intervento degli Stati (sostegno ai sistemi creditizi, nazionalizzazioni di

banche) e «riregolamentazione» (ad es. dei sistemi finanziari, ecc.), oltre a politiche monetarie accomodanti e stimoli fiscali consistenti; ma poi «consolidamenti fiscali» (cfr. cap. 19).

Rimangono ancor’oggi fondamentali le azioni, non solo a livello macroeconomico, ma anche per la regolazione dei mercati, la tutela della concorrenza, l’incentivazione (attraverso la leva fiscale) degli agenti privati. Occorre un nuovo equilibrio in cui Stato e Mercato si sostengano a vicenda. o In Europa, “economia sociale di mercato”, con una particolare

attenzione per i problemi dell’equità sociale (e con un ruolo importante assegnato alle parti sociali).

Stato e Mercato

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Economic Systems

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Totally

planned

economy

Classifying economic systems

Totally

free-market

economy

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Totally

planned

economy

N. Korea

Cuba Poland France

UK

USA

Mid 1980s

China Hong

Kong

Classifying economic systems

Totally

free-market

economy

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Totally

planned

economy

N. Korea

N. Korea

Cuba

China

Poland

Poland France

France

UK USA

USA

Mid 1980s

Mid 2000s

China Hong

Kong

Cuba China

(Hong

Kong)

Classifying economic systems

UK

Totally

free-market

economy

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ECONOMIC SYSTEMS

• Advantages of a command economy

– high investment, high growth

– stable growth

– social goals pursued

– low unemployment

• Problems of a command economy

– problems of gathering information

– expensive to administer

– inappropriate incentives

– shortages and surpluses

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ECONOMIC SYSTEMS

• The free-market economy

–demand and supply decisions

–the price mechanism:

• shortages and surpluses

• equilibrium price

• response to changes in demand and supply

–the interdependence of markets

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Goods Market

Dg shortage

(Dg > Sg)

Pg Sg

Dg

until Dg = Sg

Factor Market

shortage

(Df > Sf)

Pf Sf

Df

until Df = Sf Df

The price mechanism:

the effect of a rise in demand

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ECONOMIC SYSTEMS

• Advantages of a free-market economy

– transmits information between buyers and sellers

– no need for costly bureaucracy

– incentives to be efficient

– competitive markets responsive to consumers

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ECONOMIC SYSTEMS

• Problems of a free-market economy

– competition may be limited: problem of market power, monopoly, oligopoly

– Inequality and social costs

– the environment and other social goals may be ignored

• The mixed economy…Western Europe after IIWW

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Institutional economics

• Institutions matter - rules and norms.

• Reduce uncertainity • Guide behaviour

• Real world: • Behaviour driven by institutions?

• Behaviour driven by rational maximizing process?

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Types of models

In general, 5-6 types of models are discussed in literature: 1. competitive capitalist countries (anglo-saxon) 2. corporative capitalist countries (German-Japan) 3. dirigiste economies (France) 4. socialist markets 5. social democratic countries (Scandinavian model) 6. Hybrid model • In TE the socialist and social democratic models are

not present

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Economic systems

Low efficiency High efficiency

Low equity Mediterranean

Model

Italy, Spain., Greece,

Portugal,

Anglo-Saxon Model

United Kingdom,

Ireland, USA,

Canada, Australia,

New Zeeland

High equity Continental Model

Germany, France,

Benelux, Austria

Scandinavia Model

Sweden, Finland,

Norway, Denmark

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Post fordism: Market Financialization and Inequality

Australia

Canada

Denmark

France

Germania

Greece

Ireland

Italy

Japan

Netherland

Norway

Portugal

Spain

Sweden

United Kingdom

United States 2

5

30

3

5

40

Gin

i M

id 2

00

0s

60 80 100 120 140 160 Financialization 2006

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GDP per head as a percentage of the EU15 average: 2004

GDP per head GDP (PPS) per head

Luxembourg 220.5 196.9

Denmark 142.7 112.0

Ireland 141.7 127.1

USA 127.3 142.5

Sweden 122.5 106.7

Japan 116.0 107.1

UK 112.6 109.1

Netherlands 112.0 108.1

Germany 104.1 98.5

France 103.6 104.4

Italy 92.0 97.5

Spain 76.0 87.4

Greece 58.6 74.4

Portugal 50.3 67.7

Czech Republic 33.2 64.6

Poland 20.0 44.6

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France Germany Italy Japan UK USA EU(15) OECD Brazil Malaysia Singapore

Growth

1960-9

1970-9

1980-9

1990-9

2000–5

7.5

3.2

2.2

1.7

2.0

4.4

2.6

1.8

2.2

1.0

5.3

3.8

2.4

1.5

1.5

10.9

4.3

4.0

1.7

1.9

2.9

2.0

2.4

2.1

2.7

4.3

2.8

2.5

3.0

2.9

3.5

3.2

2.2

2.1

2.0

4.6

3.6

2.6

2.6

2.6

5.4

8.1

3.0

1.8

2.8

6.5

7.9

5.8

6.9

5.2

8.8

8.3

6.1

7.7

4.6

Unemployment

1960-9

1970-9

1980-9

1990-9

2000–5

1.5

3.7

9.0

10.6

9.2

0.9

2.3

5.9

7.7

8.9

5.1

6.4

9.5

10.4

9.0

1.3

1.7

2.5

3.7

5.0

2.2

4.5

10.0

8.1

5.1

4.1

6.1

7.2

5.8

5.3

2.5

4.0

9.3

9.2

7.9

2.5

4.3

7.3

6.9

6.7

n/a

n/a

n/a

9.3

10.5

n/a

n/a

6.2

3.4

3.5

n/a

n/a

3.6

2.8

3.8

Inflation

1960-9

1970-9

1980-9

1990-9

2000–5

4.2

9.4

7.3

2.0

1.8

3.2

5.0

2.9

2.2

1.4

4.4

13.9

11.2

4.7

2.7

4.9

9.0

2.5

0.8

–1.3

4.1

13.0

7.4

3.9

1.8

2.8

6.8

5.5

2.4

2.2

3.7

10.3

7.4

3.3

2.1

3.1

9.2

8.9

4.4

2.3

46.1

30.6

332.2

847.0

7.1

–0.3

7.3

2.2

3.6

1.6

1.1

5.9

2.5

1.9

1.0

Economic growth (average % per annum), Unemployment (average %), Inflation (average % per annum)

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Characteristics

Models

(leader country)

Competition Economic

Regulation

Main

Economic

Actors

Relationship

between

public and

private

actors

International

Economic

Relation

Taxation

Anglo-saxon

model

(USA, UK,

Irland)

Promoting

free

competition

Deregulation,

withdrawal of

the State from

the Economy

Firms,

Corporations,

Markets,

Residual

public

sector:

Market-

oriented

Global

competition

Low taxes,

no or little

progressive

rate

Corporatist

model

(Germany)

Balancing

Cooperation

and

Competition

Decentralized Tripartite

structures

(business

clubs, Trade

unions,

government)

Public-

private

partnerships

Protection of

strategic

sectors in an

open

economy

High

taxation to

finance

Welfare

State

Dirigist model

(France)

State

Control,

regulated

competition

National

Accumulation

and

Regulation

Strategy

Private and

Public

sectors

Public-

private

partnerships

under State

guide

Protectionism High Taxes

and

Collective

Recourses

Social

Democratic

model

(Scandinavian

countries)

State

controlled

liberalization

and

competition

Knowledge

and

innovation as

economic

guide for

regulation

Public and

Private Firms

and Ethic

Corporations

Public-

private

partnership

in order to

realize

Social

Cohesion

National

Actors,

moderate free

competition,

open

economy

High

wages,

career

perspective,

High and

progressive

tax rate

Socialist

markets (China,

Vietnam)

Balancing

between

forms of

liberalization

and free

competition

State

Regulation

and

innovation

State or

municipal

owned firms,

semi-private

firms,

private

foreign

firms. Public

Authorities

Public and

private

actors with

more

emphasis on

collective

goals

National

strategies in a

global

context,

reasonably

free trade

Distributive

policies,

collective

services,

equalitarian

principles.

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Appropriate institutions

• Every country chooses the economic institutions that thinks are more appropriated for the domestic context, considering the numerous differences that can exist within the same economic system (Rodrik 1999).

• The Italian districts case is just an example and an interpretation of such a diversity of local governance, local development, and networking between economic agents.

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Appropriate institutions (2)

• In the same way the phenomenon of the Italian dualism between north and south shows that those same institutions do not have the same effect (Graziani 1998).

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Appropriate institutions (3)

• Or still, the phenomenon of familiar Capitalism in some countries of the south east Asian show, in other terms, another varieties of capitalism dramatically affected by informal rules. (Hirschman, 1990)

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Appropriate institutions (4)

• In Germany or other Asian countries such South Korea and Japan there is a strong link between banks and the firms, a particular institutional framework and a particular partnership between state and market which have allowed the creation of a successful model of development specific with informal rules of those countries (Rodrik 1999).

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Appropriate institutions (5)

• In LDCs strategies of "Imports Substitution" (IS) or of “Exports Promotion" (EP), and all the connected institutions (subsidies to the exports, customs duties, aids of State, credits to the exports, etc) have been working in the same period, in the same countries but not in others although countries were in the same category of LDCs (Meier 2000).

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Different "style of Capitalism"

• Therefore appropriated economic institutions equal for all countries do not exist, but every country has is "style of Capitalism" (Rodrik 1999)