12
progetto di giornale BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP NUMERO V - OTTOBRE 2015 - ANNO XVI - 92° NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT Settimana dell’accoglienza Insieme per generare valore sociale pagina 2 Lascia il segno Corso di avvicinamento alla lingua dei segni pagina 4 insieme per generare valore sociale SETTIMANA DELL’ACCOGLIENZA 10 - 18 OTTOBRE 2015 Coordinamento nazionale comunità di accoglien Federazione del Trentino-Alto Adige/Südtiro Più unici che rari Cosa significa avere una malattia rara oggi in Italia? pagina 9 Surf4smile in Madagascar Intervista a Manuel Zanotto, l’esperienza umanitaria in questa terra lontana pagina 11 Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R. La ricerca di una casa e il bisogno di accoglienza Adeguata, accogliente, accessibile, dignitosa, sono i requisiti minimi di quel luogo che chiamiamo casa, ma ciò che dovrebbe essere un diritto di tutti, per alcuni resta un sogno irraggiungibile. Filo conduttore di questo numero di pro. di.gio. è il concetto di accoglienza e il suo ruolo nella lotta all’emarginazione. Conosceremo l’Unità di Strada, che da anni si occupa di persone senza dimora offrendo loro assistenza, ascoltando le storie e i problemi di ognuno. Vi proponiamo le testimonianze dirette e indirette di chi conosce bene cosa significhi dormire per strada, senza nulla, costretti a una realtà quotidiana relegata ai margini della società. Ad aprire queste tematiche segnaliamo “la Settimana dell’accoglienza-insieme per generare valore sociale”, organizzata dal Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) dal 10 al 18 ottobre, qui a Trento. Combattere l’abbandono, rispondere alle esigenze di inclusione, informazione, condivisione nel momento del bisogno; sono azioni imprescindibili per permettere ai soggetti svantaggiati di reinserirsi nella comunità e creare assieme una società di tutti e non solo di pochi.

Pro.di.gio. Ottobre 2015

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Pro.di.gio. è dal 1999 un bimestrale di informazione partecipata che ha come obiettivo principale quello di sensibilizzare alle diversità e al rispetto e valorizzazione delle stesse: attraverso il racconto di esperienze dirette e proposte progettuali; reportage e promozione di percorsi nel segno dell'inclusione e della condivisione.

Citation preview

Page 1: Pro.di.gio. Ottobre 2015

progetto di giornale

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAPNUMERO V - OTTOBRE 2015 - ANNO XVI - 92° NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT

Settimana dell’accoglienzaInsieme per generare valore sociale

pagina 2

Lascia il segnoCorso di avvicinamento alla lingua dei segni

pagina 4insieme per generare

valore sociale

SETTIMANA DELL’ACCOGLIENZA

10 - 18 OTTOBRE 2015

Coordinamento nazionale comunità di accoglienzaFederazione del Trentino-Alto Adige/Südtirol

Più unici che rariCosa significa avere una malattia rara oggi in Italia?

pagina 9

Surf4smile in MadagascarIntervista a Manuel Zanotto, l’esperienza umanitaria in questa terra lontana

pagina 11

Aut

. del

Trib

. di T

rent

o n.

105

4 de

l 5/6

/200

0 - P

oste

Ital

iane

sp

a - S

ped

izio

ne in

ab

bon

amen

to p

osta

le -

70%

- DC

B Tr

ento

. C

ontie

ne I.

R.

La ricerca di una casa e il bisogno

di accoglienza

Adeguata, accogliente, accessibile, dignitosa, sono i requisiti minimi di quel luogo che chiamiamo casa, ma ciò che dovrebbe essere un diritto di tutti, per alcuni resta un sogno irraggiungibile.

Filo conduttore di questo numero di pro.di.gio. è il concetto di accoglienza e il suo ruolo nella lotta all’emarginazione.

Conosceremo l’Unità di Strada, che da anni si occupa di persone senza dimora offrendo loro assistenza, ascoltando le storie e i problemi di ognuno.

Vi proponiamo le testimonianze dirette e indirette di chi conosce bene cosa significhi dormire per strada, senza nulla, costretti a una realtà quotidiana relegata ai margini della società.

Ad aprire queste tematiche segnaliamo “la Settimana dell’accoglienza-insieme per generare valore sociale”, organizzata dal Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) dal 10 al 18 ottobre, qui a Trento.

Combattere l’abbandono, rispondere alle esigenze di inclusione, informazione, condivisione nel momento del bisogno; sono azioni imprescindibili per permettere ai soggetti svantaggiati di reinserirsi nella comunità e creare assieme una società di tutti e non solo di pochi.

Page 2: Pro.di.gio. Ottobre 2015

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | ottobre 2015 - n. 5

2

EVENTI

Proprietà: Associazione Prodigio OnlusIndirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 TrentoTelefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437Sito Internet: www.prodigio.itE-mail: [email protected]. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana).

pro

.di.g

io. Abbonamento annuale (6 numeri)

Privati €15,00; enti, associazioni e sostenitori €25,00 con bonifico bancario sul conto corrente con coordinate IBAN IT 25 O 08013 01803 0000 6036 2000 intestato a “Asso-ciazione Prodigio Onlus” presso la Cassa Rurale di Aldeno e Cadine indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”.Pagamento con carta di credito su www.prodigio.it.

Direttore responsabile: Francesco Genitoni.Redazione: Giuseppe Melchionna, Luciana Bertoldi, Carlo Nichelatti, Lorenzo Pupi, Giulio Thiella, Antonio Dossi, Maurizio Menestrina. Vignette a cura di: Maurizio Menestrina per Cse Via Gramsci AnffasHanno collaborato: Paola Maria Bevilacqua, Luca Alfano, Luisa Anesi, Manuel Zanotto, Susanna Caldonazzi Paolo Beber, Stefano Volpe, Dott.ssa Rossella Perillo, Marianna Moser, Dott.ssa Antonella Robortaccio, Unità di Strada.In stampa: martedì 29 settembre 2015.

ALTRUISMO

Sommariopag.

1

2

3

4

5

8

9

10

11

-In copertina, illustrazione ed editoriale: La ricerca di una casa e il bisogno di accoglienza

- La settimana dell’accoglienza

- Caro Figlio.. La ricerca sul confronto famiglia e disabilità- Sessualità e disabilità

- L’Unità di Strada- Notti sotto le stelle

- Affrontare la fibrosi cistica- Lascia il segno,- H2O+ progetto “Un lago da scoprire e da vivere”

- Trento Informa, la rivista del Comune di Trento

- Storie di sport e disabilità, Clara podda si racconta- Potere normodotato-Accessibilità in via Gramsci- Più unici che rari- AIMPS Onlus e la giornata trentina delle malattie rare

- SURF4SMILE e la missione umanitaria in Madagascar- Il Fatto 24 ore.it

Si terrà dal 10 al 18 ottobre la settimana dell’accoglienza, rassegna di eventi cultu-rali organizzata dalle associazioni aderenti

al Coordinamento nazionale comunità di acco-glienza (Cnca). Obiettivo della manifestazione è quello di sensibilizzare le persone sul ruolo e sull’importanza dell’accoglienza, per promuo-vere l’inclusione sociale di chi vive in situazioni di disagio e di marginalità.

Senza dimora, alcool e tossicodipendenti, stranieri, giovani famiglie, anziani. Sono tan-tissimi i soggetti in difficoltà che necessitano di aiuto da parte delle comunità di accoglienza presenti in regione.

Molti gli appuntamenti in programma nelle due Province di Trento e Bolzano, grazie alla collaborazione degli enti attivi in entrambe le realtà territoriali e riunite nella Federazione del Trentino-Alto Adige.

Ospite d’eccezione don Luigi Ciotti, a Trento il 12 ottobre per celebrare la Messa in memoria di don Dante Clauser, fondatore del Punto d’Incontro. Il giorno stesso terrà il convegno “Dialogo sull’ac-coglienza” alle ore 20:30 presso la Sala della Federazione Trentina della Cooperazione.

Giovedì 15 ottobre al Bookique-Caffè è stato organizzato da Apas “Dai luoghi comuni ai luoghi in comune”, un World Cafè sui temi legati all’accoglienza e alla detenzione.

L’evento propone ai partecipanti una discus-

sione sui temi della detenzione e del reinserimento. I presenti seguiranno un percorso attraver-so i vari tavoli tematici, di modo da potersi confrontare assieme su tutti gli argomenti proposti, grazie anche al supporto di faci-litatori esperti che introdurranno i temi di dibattito.

“Il fenomeno profughi tra rifles-sioni, culture e testimonianze” è invece l’evento che si terrà sabato 17 ottobre presso il Campo della Protezione Civile a Marco di Rovereto grazie alla collaborazione di Cinformi, ATAS

Onlus, Centro Astalli, Cooperativa Samuele, APPM onlus e Cooperativa Progetto 92. Ver-ranno trattati temi riguardanti l’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale per cercare di comprendere il fenomeno attraverso le testimonianze di migranti e operatori impe-gnati in questo settore.

La sera stessa si terrà in piazza Dante la “Notte dei senza dimora”, manifestazione che propone di mettersi per una notte nei panni di chi non ha una casa né un letto, ed è quindi costretto a dormire in strada.

Domenica 18 ottobre si terrà uno degli eventi conclusivi della Settimana dell’accoglienza, “Senza dimora, ma non senza diritti: facciamo il Punto”, l’occasione per riflettere sui temi dell’emarginazione, condividere alcuni appun-tamenti culturali e cenare tutti assieme.

Giulio Thiella

insieme per generare

valore sociale

SETTIMANA DELL’ACCOGLIENZA

10 - 18 OTTOBRE 2015

Coordinamento nazionale comunità di accoglienzaFederazione del Trentino-Alto Adige/Südtirol

Programma completo da www.cnca.it

Insieme per generare valore sociale

Settimana dell’accoglienza

Page 3: Pro.di.gio. Ottobre 2015

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | ottobre 2015 - n. 5

3

Il servizio della Fondazione Comunità Solidale di Trento rivolto ai “senza dimora”

L’Unità di Strada “Contatto” (UdS)

UdS, nell’autunno 2005, ha cominciato la propria attività a favore delle persone senza dimora, attraverso l’intervento

diretto in strada, con l’implemen-tazione di azioni di prossimità e bassa soglia.

Disagio e marginalità non riguar-dano più solo una parte esterna, periferica, della nostra società ma toccano, sempre più, anche il “centro”: ovvero ci sono persone che oggi vedono interrompersi il proprio percorso di “normalità”, a causa del sovrapporsi di più fattori inattesi che, intrecciandosi tra loro, deter-minano una lenta caduta verso il basso, uno scivolare lento che può portare il soggetto verso la vita di strada.

Ecco che allora, accanto alle forme estreme di grave emarginazione, sta crescendo una fascia di popolazione, diversificata, esposta ad una nuova condizione di vulnerabilità che vive uno stato di insicurezza e precarietà costante, assenza di legami, dramma della solitudine, ed incapacità di controllare e programmare il proprio futuro.

La soglia che divide la zona dell’inclusione da quella dell’esclusione è continuamente attraversata da un numero sempre più elevato di individui, tanto da rendere la povertà un’e-sperienza, meno permanente che in passato, ma relativamente frequente.

Si parla sempre di un’unica categoria di disagio “senza dimora”, perché dal punto di

vista estetico si tratta di persone che vivono tutte indistintamente in strada. Di fatto però è importante essere consapevoli delle differenti

storie personali, relative domande di aiuto e conseguenti risorse da mettere in gioco, per realizzare un cambiamento.

L’équipe UdS è contattabile tele-fonicamente in orario di servizio al numero 339/2410633, ed operativa dal lunedì al sabato con le seguenti modalità di presenza sul territorio:

in orario serale presso il parco di Piazza Dante nelle giornate di

martedì, mercoledì e sabato, anche se festivi;in orario diurno, itineranti su territorio

comunale, nelle giornate di lunedì e venerdì pomeriggio, martedì e giovedì mattina.

L’uscita su strada ha l’obiettivo di incontrare le persone senza dimora prive di contatto con i servizi territoriali, avvicinarsi a loro e a quei contesti di emarginazione sociale in cui esse si trovano a vivere, al fine di creare un contatto che possa

risultare costruttivo e non repressivo, che possa essere di riferimento di fronte a richieste urgenti che richiedono condizioni di protezione e che propone margini per un eventuale miglioramento della condizione di vita condotta dalla persona. Nel momento del contatto con la persona senza dimora, l’attività si declina in azioni concrete quali ascoltare, sentire e riconoscere i reali conte-nuti di disagio da una parte, e di potenzialità

dall’altra che queste persone portano nella relazione interpersonale con l’operatore; fare sostegno motivazionale, laddove si avviano dei percorsi di inclusione; monitorare le condizioni di vita delle persone, riconoscendo eventuali aggravamenti; mettere in campo la risorsa più adatta nel momento opportuno; reggere la frustrazione e il peso della sofferenza altrui, senza perdere di vista gli obiettivi del servizio, consapevoli dei tempi necessari alla risoluzio-ne che ogni singola situazione richiede.

UdS mantiene inoltre monitorato il proprio territorio di competenza e, contemporanea-mente, raccogliere una mappatura dei disagi

per costruire una rete di supporto alla persona in difficoltà e per rassicurare ed informare i cittadini, al fine di promuovere una sensibi-lizzazione sociale e una partecipazione attiva.

UdS assicura accessibilità a tutte le persone interessate al servizio offerto senza pre-requisiti specifici ed in una situazione di ga-ranzia della privacy e dell’anonimato.

EVENTI

UN C

AFFÈ

CON

PAOL

O BE

BER

È tanti anni che vive a Trento e conosce pratica-mente tutti.

Paolo ha vissuto per diversi anni da senza dimora, finché non si è stabilito senza troppe pretese in una costruzione abbandonata da tempo, che è stata la sua casa per quasi dieci anni.

All’inizio dell’anno è stato però allontanato dallo stabile e accusato di averlo occupato abusivamente e si è ritrovato con un processo da affrontare: “Mi hanno lasciato per strada, senza più nulla, a cinquant’anni e in pieno inverno”. Ascoltandolo si capisce quanto abbia sofferto la mancanza di una casa, situazione durata diversi mesi, fino all’assegnazione della casa Itea in cui si è da poco trasferito.

“Io sono stato aiutato, hanno parlato di me sul giornale, tantissime persone mi hanno dato una mano quando non avevo più niente” ed è proprio la solida-rietà di tanti che gli vogliono bene che ha permesso a Paolo e al suo fedele cane Onny di andare avanti in un periodo così difficile.

“Ho vissuto molti anni senza una casa, non è vita quella. Nessuno merita di vivere in strada così, ai margini, dimenticato da tutti. Molti si buttano via nella droga per fuggire da questa realtà, ma sbagliano”. Come Paolo tante altre persone hanno vissuto o vivono

tutt’ora una situazione di disagio abitativo, e senza poter chiedere aiuto a nessun amico o parente sul territorio, si avvalgo-no dell’assistenza degli enti di accoglienza che offrono pasti, una doccia calda e alcuni letti, che però non bastano mai per tutti

Chi vive in strada spesso ha una storia complicata, avvenimenti che mettono in ginocchio una persona, che da sola fatica a rialzarsi. Sono molti i senza dimora con problemi di alcoolismo e tossicodipendenze, fattori che aggravano la situazione e la qualità di vita di persone che non aspettano altro di essere aiutate.

Paolo ad esempio ha vissuto in prima persona l’allontanamento e il rifiuto, ma anche l’accoglienza e la solidarietà delle tante persone che gli sono state vicino nel momento per lui più difficile. Adesso ha fi-nalmente una casa, che sta lentamente ammobiliando grazie all’aiuto di chi non l’ha abbandonato. Il prossimo inverno lo passerà al caldo, ma non si può dire lo stesso delle altre migliaia di persone che vedremo ai bordi del-le piazze e delle strade quest’inverno, sotto un guscio di coperte e cartoni, nel disperato tentativo di tenere fuori il freddo e sperando di arrivare al giorno dopo.

ALTRUISMO

MA

RK

ET

ING

SA

IT

Povertà, intolleranza e disagio ora abitano sotto casa nostra

Notti sotto le stelle

Non li vede nessuno finché non si incontrano sotto casa, sotto un por-ticato, per strada, sulle panchine, in

case abbandonate o nei parchi pubblici.Non li vede nessuno perché non rappre-

sentano nessuno, sono fuori dalla società, ma ne fanno parte. I “senza dimora” sono spesso giovani stranieri senza documenti, emarginati, esclusi a vario titolo da relazioni sociali e lavorative. Questa condizione per la legge e lo Stato sembra corrispondere a non avere né obblighi, né diritti. Possono stare ovunque, ma in realtà da nessuna parte, non possono essere curati se non per casi di emergenza, non trovano un lavoro, non studiano, non hanno un riparo o un alloggio, non possono lavarsi e spesso non possono nemmeno comunicare tutte queste esigen-ze perché il loro interlocutore non sempre è presente, o non li ascolta.

Questo è la situazione che vive ormai da giugno un giovane ragazzo egiziano, profu-go, clandestino, immigrato, chiamatelo ed etichettatelo come meglio ritenete, fatto è che non ha i documenti, non parla altro che dialetto arabo e ha trovato rifugio davanti alla nostra sede in Via Gramsci, Trento sud. Probabilmente è arrivato ad inizio estate non si sa come né perché. È da solo, non conosce altri connazionali, non sa dove rifu-giarsi e a chi rivolgersi, vuole solo andare in Germania, dove sembra abbia dei contatti. Vive per strada, usa spazi privati e pubblici per nascondere i suoi pochi averi e vestiti, dorme dove capita e cerca di sopravvivere

come può.Pare che il giovane dopo aver visitato al-

cuni “luoghi del disagio” e del degrado della città, tra Trento nord e sud, ha deciso insie-me ad un altro connazionale che il quartiere della Clarina, era il luogo giusto. Gli androni e i porticati delle case Itea sembrano garan-tire spazio ed essere un luogo tranquillo. A pochi passi da dove ripone giornalmente le sue cose c’è anche una sede degli Ambula-tori pubblici e alcune sedi di cooperative di assistenza e associazioni culturali.

Il ragazzo la mattina presto sposta le sue cose in una serie di spazi coperti in cui si ripara anche durante la notte. La gente del condominio mormora, è infastidita da questa situazione, si sente abbandonata. Qualcuno fa quello che può dimostrando umanità e comprensione verso quella condi-zione di estrema povertà, regalando un po’ di cibo, medicine e qualche vestito in più. Ma sono gesti tampone che non risolvono di certo la situazione. Cresce così una paura incondizionata tra i concittadini che alimen-ta solo intolleranza e disprezzo, sintomo di una società sempre più gelosa degli spazi e meno propensa all’aiuto reciproco.

Questa vicenda rappresenta non solo una mancanza di inclusione che parte dal basso, da uno dei tanti quartieri periferici della città, ma nasconde un problema più ampio che l’amministrazione non può non pren-dere in seria considerazione: l’accoglienza è un valore fondamentale a prescindere da nazionalità e status sociale.

L’inverno è intanto alle porte e le persone senza dimora dovranno trova-re il modo per sopravvi-vere, affidandosi ai centri di accoglienza per senza tetto, alle organizzazioni di volontariato, a rifugi di fortuna o alla com-prensione del singolo cittadino, in attesa di risposte concrete.

Lorenzo Pupi

il rifugio provvisorio presso il portico dell’Associazione Prodigio.

www.comunitasolidale.org

Paolo Beber con l’inseparabile cane Onny.

Page 4: Pro.di.gio. Ottobre 2015

ESPERIENZE SULLA DISABIL ITÀ

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | ottobre 2015 - n. 5

4

Ciao Stefano, ti abbiamo chiesto quest’inter-vista per dare la possibilità ai nostri lettori di conoscere te e la tua storia. È stato un anno molto particolare per te, puoi raccontarci perché?“Sì, diciamo che non solo quest’anno è parti-colare, ma anche l’anno precedente lo è stato. Sono affetto da una malattia gene-tica chiamata fibrosi cistica che coinvolge soprattutto i polmoni ma anche pancreas, fegato e porta ad altre malattie con il tempo. La malattia colpisce un bambino nato vivo su 2500/3000 ed è quindi una malattia molto diffusa. Quando sono nato io nel lontano 1970, era praticamente sconosciuta. Nonostante ciò sono riuscito a sopravvivere con antibiotici chiemiote-rapici e altri farmaci.

Nonostante tanti anni fa fare sport fos-se controindicato dai medici, un po’ per passione un po’ per testardaggine, iniziai a camminare sulle Dolomiti ed ad andare in bicicletta, fino ad arrivare a percorrere i passi dolomitici. Questa attività mi faceva stare bene e anche d’inverno riuscivo ad essere colpito da influenze etc in maniera minore. Ora l’attività fisica fa parte della cura della fibrosi cistica. Im-provvisamente nell’anno 2013, le mie condizioni di salute sono peggiorate, accompagnate da una forte depressione; ho dovuto stare a letto attaccato ad un respiratore artificiale per molti mesi sino a quando i medici decisero che era venuto il momento di fare tutti gli accertamenti necessari per mettermi in lista per essere sotto-posto al trapianto di polmoni al Policlinico di

Milano. Dopo essere stato messo in lista, sono finito in coma e il mio trapianto divenne urgen-tissimo su scala nazionale. Avevo zero speranze di sopravvivere all’operazione, me l’hanno detto un anno dopo i medici, perché erano in condi-zioni gravissime. Dopo soli 9 giorni di attesa, che per me furono tantissimi, hanno trovato gli organi e, nonostante le previsioni pessimistiche, l’operazione è andata benissimo e quando mi sono svegliato e sono stato estubato, ho iniziato a respirare e a parlare perfettamente, tant’è che

dopo un’ora volevano intubarmi di nuovo, perché rompevo troppo le scatole!

Dopo un giorno dall’operazione, cam-minavo già anche se a fatica e dopo soli 14 giorni sono stato dimesso. È iniziata poi l’azione di recupero muscolare e di allenamento dei miei nuovi polmoni, culminata dopo soli pochi mesi in ripresa di camminate sulle Dolomiti dopo anni di inattività. Ho ripreso anche ad andare in bicicletta, anche se a fatica, e da pochi mesi mi alleno con una squadra di basket amatoriale del mio paese con l’obiettivo a settembre di fare con loro il campionato; i miei compagni hanno età dai 25 a i 35 anni, ma a fiato me la cavo benissimo!Hai passato dei periodi difficili, durante

i quali non potevi praticare sport o uscire molto, cosa hai provato quando hai iniziato a stare meglio e hai potuto ricominciare a praticare attività all’aperto?“Come già accennato ero bloccato in un letto e quindi niente uscite, se non per esami clinici. Immaginatevi la mia gioia post operazione, re-cuperata la massa muscolare e ripreso peso, nel sentirmi e vedermi uguale agli altri, percorrere sentieri alpini fino a quote di 3000 metri per me impossibili da raggiungere ormai da 20 anni. Non solo ho ripreso l’attività fisica, ma ho anche

ripreso a lavorare. Questo mi da’ indipendenza economica e possibilità di realizzarmi profes-sionalmente come persona.Vorresti lasciare un messaggio o un incorag-giamento a chi ci sta leggendo? “Il messaggio è semplice e banale...NON MOL-LARE MAI...so benissimo perché l’ho vissuto in prima persona, che non è semplice. Tante volte si vorrebbe mollare tutto perché LA FI-BROSI CISTICA è una malattia grave che porta a doversi curare tutti i giorni, sottoponendoti a fisioterapia respiratoria pesantissima anche per 3 o 4 volte al giorno; inoltre chi ne è affetto deve fare ricoveri ospedalieri per cure antibio-tiche con dosi 10 volte superiori rispetto ad una persona normale. È una vita piena di sacrifici e spesso di rinunce; nuovi farmaci fortuna-tamente si stanno affacciando all’orizzonte per migliorare le condizioni di vita ma non è ancora una malattia curabile del tutto e gua-ribile. Il trapianto rimane nei casi gravi, l’unica soluzione per allungare la vita; sono migliorate le tecniche di questa operazione, ma rimane sempre un’operazione ad altissimo rischio operatorio e post operatorio. Le mie “imprese “ sportive, che regolarmente pubblico sulla mia pagina facebook, nascono per la voglia di voler condividere con altre persone queste belle notizie, ma anche e soprattutto per dare speranza a chi è affetto da Fibrosi cistica; molte volte mi scrivono in privato genitori di bambini ed adolescenti, che mi ringraziano per il fatto di pubblicare la mia storia, poiché tutto ciò da’ loro speranza e conforto per il futuro.

Giulio Thiella

Piz Boè 3152m, as seen from Marmolada

Corso di avvicinamento alla lingua dei segni

Lascia il segno

Ad ottobre inizia un percorso nuovo e coinvolgente che mira ad introdurre i parte-cipanti alla lingua

dei segni e alla cultura dei non udenti.

Lascia il segno è orga-nizzato dall’Associazio-ne Nuove Rotte e dall’Ente Nazionale Sordi con il sostegno del Centro Servizi Volontariato, aperto a operatori e volontari di associazioni che ab-biano a che fare con persone sorde, in modo da poter aprire ponti di comunicazione e facilitare lo scambio, l’aggregazione e l’integrazione dei sordi.

Gli obiettivi principali del progetto sono: � attuare un percorso di avvicinamento e sensibiliz-zazione dei partecipanti ai diversi aspetti della sordità; � accrescere le competenze di operatori e volontari che non lavorano esclusivamente con persone portatrici di deficit uditivo, e che quindi non hanno una formazione specifica, ma che vogliono o devono rela-zionarsi con persone sorde; � rafforzare una rete territoriale a sostegno della cultura dei diritti e al rispetto delle diversità, favorendo l’abbattimento di barriere comuni-cativeIl corso avrà una parte teorica, tenuta da docenti qualificati, della du-

rata di 3 ore a settimana per 10 settimane (30 ore in totale), da Ottobre a Dicembre 2015, divisa in moduli:

�Modulo 1: la comunità dei sordi, definizione di sordità, cultura e identità delle persone sorde �Modulo 2: comu-nicazione non ver-bale, introduzione, espressione corpo-rale e facciale �Modulo 3: la lingua dei segni italiana, alfabeto dattilogi-co, numeri, saluti e presentazioni, cen-ni grammaticaliLa seconda parte

del corso invece sarà strutturata in 5 incon-tri più pratici in cui si favorirà lo scambio tra persone udenti e sordi, con 3 aperi-tivi presso il Circolo dell’Ente Nazionale Sordi e due uscite in montagna, accom-pagnati dal Gruppo Sportivo Sordi Tren-tini.

Dal 6 ottobre al 12 dicembreDalle 18 alle 21 in via San Bernardino 4

presso la sede dell’ENSPer info e iscrizioni:

[email protected]

Scopriamo il progetto che avvicina i giovani della Valsugana all’acqua e ai suoi segreti

Un lago da scoprire e da vivere

Un progetto che ha coinvolto 35 ragazzi del piano giovani Pergine Valsugana e Valle

del Fersina.Questo percorso ha avuto inizio

a giugno coprendo tutta l’estate fino a settembre inoltrato. È stato proposto da Ads Will Shark in colla-borazione con h2o+ e Coop. Archè.

Il progetto ha visto quattro fasi principali con lo scopo di promuo-vere, organizzare, co-progettare e attivare uscite pratico teoriche sul lago di Caldonazzo, per scoprirne le curiosità biologiche e scientifiche.

A partire da gennaio 2014 sono stati organizzati degli incontri nelle scuole del territorio, scuole primarie di secondo grado e secondarie, nei centri giovanili e nelle cooperative per informare e coinvolgere più giovani del territorio possibile. In particolare tutte le associazioni coinvolte nel progetto si sono atti-vate in una attività di informazione e formazione che ha riguardato tutta la cittadinanza.

Successivamente i giovani sono stati chiamati a co-progettare ed organizzare l’attività estiva che si è svolta a partire da maggio fino a settembre. Le attività si sono tenute tra il Comune di Pergine Valsugana ed il lago di Caldonazzo.

Le sette giornate organizzate han-no previsto due momenti suddivisi tra mattina-pomeriggio.

Con il modulo snorkeling e ap-nea al mattino, i giovani sono stati accompagnati da due istruttori dell’Asd Willy Shark con lo scopo di avvicinarli al mondo sommerso delle acque dolci del lago e al con-tempo acquisire competenze sulle tecniche di apnea e gestione della sicurezza in acqua. Uno sport affa-scinante dal basso costo e a basso impatto energetico e ambientale.

Il binomio tra pratica e teoria è stato garantito da riunioni struttu-rate che hanno fornito ai giovani nozioni circa gli ecosistemi acqua-tici dei laghi alpini, procedure e tecniche di apnea e consultazione dei materiali didattici, editi e forniti dal Servizio Forestale e Fauna della Provincia Autonoma di Trento.

Le uscite pratiche sono state an-che l’occasione per sperimentarsi in un breve corso di snorkeling e apnea

presso il centro EKON assumendo abilità e competenze per valutare il rischio individuale. La capacità di osservazione e di pianificazione sono state necessarie per scoprire nelle fasi successive del progetto, le rive del lago nella zona dei can-neti osservando in prima persona la fauna e la flora tipica degli ambienti lacustri.

Il percorso, valutato e monitorato seguendo degli standard didattici PADI e i programmi Skin Diver PADI, Free Diving PADI, ha dato la possibilità ai giovani di ricevere le relative certificazioni valevoli a livello internazionale.

Infine con le uscite in barca a vela, guidate dallo staff di skipper della Cooperativa Arché, i ragazzi hanno potuto esplorare gli angoli più na-scosti del lago da altre prospettive, seguiti dalla speciale presenza di un esperto biologo naturalista del Muse di Trento. Un viaggio alla scoperta di fauna e flora del lago, un’occasione per vivere emozioni intense a contatto con la natura imparando a muoversi e a rispet-tare questo contesto. Il materiale fotografico e video raccolto durante l’attività servirà a documentare l’esperienza mostrandolo a tutta la cittadinanza il percorso fatto dai giovani coinvolti.

Lorenzo Pupi

Intervista a Stefano Volpe

Affrontare la fibrosi cistica

Page 5: Pro.di.gio. Ottobre 2015

Pagina a cura del Comune di Trento

Sito Internet delComune di Trento:

www.comune.trento.it

Numero Verde800 017 615

Zona a traffico limitatoAllargamento a via del Torrione

e modifiche alla viabilità

Durante il mese di agosto sono state realiz-zate alcune modifiche alla viabilità interna alla zona a traffico limitato. La ZTL è stata estesa a via del Torrione con conseguente cancellazione degli stalli azzurri sostituiti con quelli di colore bianco. Sono stati inoltre eliminati gli stalli riservati per la sosta di ciclomotori e motocicli per evitarne un uso improprio.

E’ stato poi invertiro il senso di marcia di alcune vie o parti di esse, ubicate nella parte sud della ZTL: via Mantova (tra via SS. Trinità e via Calepina), via SS Trinità (tra via Roccabruna e via Mantova), via Roccabruna, via degli Orti.

In questo caso, l’inversione del senso di marcia, tiene conto dell’intervento di arredo urbano che ha interessato piazza A. Vitto-ria nel 2013, che ha determinato un nuovo assetto della piazza con la ricollocazione di nuove strutture per l’attività di vendita degli operatori commerciali e una modifica della viabilità, in particolare il divieto di transito del tratto stradale adiacente al palazzo sede della Camera di Commercio, che consentiva il collegamento veicolare di piazza Erbe-Vittoria con via Roccabruna.

La chiusura di detto tratto ha comportato una deviazione del f lusso veicolare lungo l’asse via Dordi, via Garibaldi, via Calepina per raggiungere la parte sud della ZTL (via Rocca-bruna, via S.S. Trinità e via Mazzini), con alcune difficoltà oggettive di transito, fra le quali la manovra d’immissione dei veicoli da via Dordi su via Garibaldi, in quanto quest’ultima è inte-ressata durante tutto l’arco della giornata (in particolari fasce orarie) e in periodi stagionali (Feste Vigiliane, Mercatini di Natale ecc.) da un notevole flusso pedonale.

Per via degli Orti l’inversione del senso si marcia ha una duplice valenza: la prima an-ticipa quanto programmato nel progetto di installazione delle telecamere di controllo degli

accessi alla ZTL, che prevede per via degli Orti un varco d’uscita verso via Esterle; la seconda legata ad alcune manifestazioni ed eventi organizzati in piazza Garzetti e via Dietro le Mura “A” che impedivano di fatto l’uscita dei veicoli dalla ZTL, in particolare dopo i lavori di sistemazione della parte ovest di piazza Fiera (antistante l’ufficio di anagrafe) che hanno precluso il transito veicolare.

Infine, per ripristinare una situazione di lega-lità causata dalla sosta selvaggia, è previsto il divieto di sosta in piazza Garzetti (ad eccezione di un’area riservata al carico/scarico e ai veicoli al servizio dei disabili), piazza A. d’Arogno, via Iª e IIª Androna di Borgonuovo e via Belenzani (lato est dal civico 45 al 47).

Undici ettari di verde, a Melta il parco si fa grande

Conclusi i lavori al terzo lotto con il laghetto, un bar e i giochi per bambini

Spazio anche a un’area pic nic e a percorsi per le biciclette e per i roller

Con i suoi undici ettari, il parco di Melta è uno dei parchi più grandi e più belli della città. Già apprezzato da qualche anno per la sua gran-de area sportiva a disposizione del quartiere, con il terzo lotto appena concluso il parco si è arricchito di nuove attrazioni: un laghetto di circa 9000 metri quadrati, attraversato da due ponti, uno pedonale e uno per i roller. Accanto allo specchio d’acqua, un bar a due piani, con terrazza panoramica, che è insieme un punto di aggregazione, di ristoro per gli sportivi e di presidio del parco. E tutt’intorno, il dipanarsi dei percorsi pedonali, ciclabili (illuminati nelle ore notturne), per i roller, le aree giochi per i bambini, una zona attrezzata per i pic nic, le dieci attrezzature del percorso vita. E ancora un grande tubo in acciaio ondulato zincato a fare da sottopasso nella zona ovest, per permettere il passaggio dei pedoni senza interferire con chi transita in roller.

Con gli ultimi interventi, il parco di Melta non è più solo il parco del quartie-re. La sua valenza è diventata cittadina, vista la capacità di accogliere grandi numeri di visitatori e di diventare un pun-to di riferimento per l’aggregazione, lo sport, i percorsi didattici, le passeggiate.

Da sottolineare anche la presenza di grandi superfici a bosco caratterizzate da alta naturalità, con piante autoctone, che variano dal carpino nero ai sorbi, dal carpino bianco all’acero per finire con i salici, gli ontani e i canneti a ridosso dello specchio d’acqua. Nella parte più vicina al bar, sono stati messi a dimora invece alberi con bellissime coloriture autun-nali, ciliegi dalle spettacolari fioriture primaverili, querce e faggi già grandi con la volontà che diventino in prospettiva monumentali.

Il terzo lotto del parco di Melta è costa-to 4 milioni e 200 mila euro. Il progetto è stato curato del Servizio edilizia pubblica e dal Servizio gestione parchi e giardini.

Un negozio, tanti servizi per Sardagna

Raddoppia il negozio multiservizi per Sardagna. Grazie ai lavori di ampliamento in corso, i mille e cento abitanti della frazione avranno a disposizione un supermarket-edicola-bazar più fornito del piccolo negozio d’un tempo. Solle-citati dalla Circoscrizione, i lavori sono stati progettati dal Servizio Edilizia pubblica del Comune. Si è trattato di un ampliamento laterale, fino al confine con la scuola elementare, che ha com-portato la sopraelevazione della tettoia sul lato a sud, così quasi da raddoppiare la volumetria e la superficie di vendita. La nuova struttura a due piani (seminter-rato e piano terra) si affianca al vecchio fabbricato contiguo, con il piano terra destinato ad ampliare la superficie di vendita dell’attuale negozio mentre la parte del seminterrato, a cui si accede dal cortile sul retro, raddoppia l’attuale magazzino.

Il lavori si concluderanno nel prossimo mese di novembre.

Piazza Santa Maria Maggiore rinasce

La nuova piazza pedonalizzata migliora la vivibilità del centro

storico e allarga la ZTL

È stata inaugurata lo scorso 5 settembre - con un mese di anticpo sui tempi previsti - la nuova Piazza Santa Maria Maggiore che si presenta senza più parcheggi e quasi eclusivamente riservata ai pedoni, se si esclude la possibilità per gli atuorizzati di uscire con la macchina su via Rosmini.

Partiti lo scorso maggio i lavori completano il nuovo arredo urbano che ha visto rimesse a nuovo via Roma, via San Giovanni e la piccola pizzetta 2 settembre 1943, oltre alla grande piazza che diventa praticamente uno splendido nuovo sagrato per la chiesa omonima; il tutto per un costo finale di circa 680mila euro.

La pavimentazione in cubetti di porfido rosso corre tutto intorno alla grande aiuola centrale che era già presente e che non è stata toccata dall’intervento; le modifiche sono omogene all’arredo urbano già realizzato in via Roma e in via della Orfane.

Per quanto riguarda la nuova viabilità l’unico traffico che interesserà la piazza sarà quello delle auto (ovviamente dotate di permesso ZTL) che da via delle Orfane e da piazzetta Verzeri potranno uscire su via Rosmini da uno spazio libero dalla transennatura (che per mo-tivi di sicurezza divide la piazza da via Rosmini stessa) situato all’angolo nord della piazza. Qui prossimamente verrà istallato un sistema di controllo con varchi elettronici, che consentirà il controllo dei veicoli in transito nelle zone ZTL.

Un intervento questo che restituisce piena-mente una delle piazze più importanti ai cittadini che la potranno vivere senza più l’assillo delle auto ed ai turisti che la inseriranno più volentieri nei loro percorsi storico-turistici.

Page 6: Pro.di.gio. Ottobre 2015

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | ottobre 2015 - n. 5

6...IL TRENTINO CHE NON LASCIA SOLO NESSUNO...

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO

Foto

arc

hivi

o U

ffici

o st

ampa

Pat

(M. R

enzi

)Nasce Hit, Hub innovazione trentino

Nasce HIT, Hub Innovazione Trentino, società consortile parte-cipata da Università degli Studi di Trento, Fondazione Bruno Kessler, Fondazione Edmund Mach e Trentino Sviluppo. HIT

si propone di promuovere e valorizzare i risultati della ricerca e l’innovazione del sistema Trentino al fine di favorire lo sviluppo dell’economia locale. Si occuperà di catalizzare innovazione, trasfe-rimento tecnologico e scouting di opportunità di innovazione per i soci e per il territorio della Provincia Autonoma di Trento, a livello nazionale, europeo ed internazionale, negli ambiti individuati nel Piano della Ricerca approvato nei mesi scorsi dalla Giunta Provin-ciale e dei quali si fa promotrice, direttamente e indirettamente, la Provincia Autonoma di Trento. Recentemente il nuovo soggetto è stato costituito davanti al notaio ed è stato presentato durante il consueto incontro della Giunta provinciale con la stampa. Con il governatore Ugo Rossi e l’assessora all’università e ricerca Sara Ferrari, erano presenti il rettore dell’Università di Trento Paolo Col-lini, il presidente di Trentino Sviluppo Flavio Tosi, il presidente della Fondazione Edmund Mach Andrea Segré e il segretario generale della Fondazione Bruno Kessler Andrea Simoni.

“C’è soddisfazione - ha sottolineato il presidente Ugo Rossi - perché con questo atto si dà continuità allo sforzo delle strutture deputate alla ricerca di mettere in campo e condividere il meglio del loro lavoro per l’innovazione e l’internazionalizzazione del nostro sistema economico”.

“Il tre luglio scorso - ha aggiunto l’assessora Ferrari - avevamo annunciato l’intenzione di procedere assieme alla costituzione di un nuovo soggetto in grado di mettere a sistema le diverse poten-zialità dei nostri poli di ricerca e innovazione. Oggi siamo qui per dire che questa idea è diventata realtà, con l’obiettivo di capitaliz-zare quanto già si sta facendo e di rapportarsi in modo ancora più efficace con le esigenze espresse dalle imprese. Vogliamo aiutarle a posizionarsi meglio nella competizione mondiale e vogliamo anche rendere ancora più attrattivo il sistema territoriale trentino”.

L’Hub sarà il luogo dove potrà diventare concreto il trasferimento tecnologico, ovvero la traduzione di ciò che si fa nei centri di ricerca trentini in innovazione al servizio delle imprese locali, affinché queste possano essere in grado di affrontare la competitività dei mercati e internazionalizzarsi. L’idea di varare questa nuova ini-ziativa era stata avanzata dall’assessora provinciale all’università e ricerca Sara Ferrari, nei primi giorni di luglio, durante i lavori del convegno “Dalla ricerca all’innovazione. Strategie e strumenti per il Trentino”. L’Hub avrà una struttura “leggera” e si avvarrà di competenze specifiche. L’assessora Ferrari ha ricordato che è in fase di liquidazione Trento Rise. “Oggi - ha spiegato - rispetto a quell’esperienza si amplia la base societaria e si allarga lo spettro delle possibili attività, che non riguarderanno più soltanto l’ambito Ict, le tecnologie per l’informazione e la comunicazione, ma tutti i settori produttivi”.

Uno dei primi obiettivi del neonato soggetto sarà la predisposi-zione di un piano strategico che metta a fuoco le attività da svolgere e l’organizzazione di cui avvalersi.

Del consiglio di amministrazione di Hit fanno parte Mauro Casot-to, direttore del Dipartimento Internazionalizzazione, Attrazione e Sviluppo Imprese di Trentino Sviluppo, con funzioni di presidente, il prorettore vicario con delega al supporto del sistema produttivo Flavio Deflorian, Andrea Simoni, segretario generale di Fbk, Sergio Menapace, direttore di Fem, e Maria Letizia Paltrinieri, commercia-lista e Segretaria del Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali della Provincia di Trento.

È stato per questo individuato un periodo transitorio, fino alla fine dell’anno in corso. Dei circa quaranta attuali collaboratori di Trento Rise, una parte sarà assorbita dal nuovo Hub, nell’ambito delle attività che risulteranno coerenti con il piano strategico. Per gli altri sarà realizzato un percorso di accompagnamento verso altre opportunità lavorative.

“È molto utile - ha sottolineato il rettore Collini - avere un soggetto comune che dialoghi con il settore produttivo e con la nuova im-prenditoria”. Il presidente di Fem Segrè ha evidenziato l’apporto che a questo nuovo progetto potrà dare la ricerca applicata al settore agroalimentare. Per Andrea Simoni va rimarcata anche la velocità con cui è stata data concretezza all’idea originaria. “ Sono soddi-sfatto - ha aggiunto Tosi - perché oggi si dialoga. Le nostre aziende hanno bisogno di un rapporto costante e continuo con la ricerca”.

Olivi: “il Progettone strumento per

rendere più bello il nostro Trentino”

È stato riconsegnato alla collettività l’ex comando austriaco dei Virti, nel comune di Folgaria, grazie al lavoro degli uomini e delle donne impegnati

nei lavori socialmente utili. Recentemente il vicepresi-dente della Provincia autonoma di Trento e assessore allo sviluppo economico e lavoro Alessandro Olivi ha avuto modo di vedere di persona quanto fatto nell’ultimo anno in uno dei sette cantieri aperti sugli Altipiani Cimbri. “È importante far capire al Trentino - ha spiegato il vicepresidente Olivi - che le donne e gli uomini che ogni anno noi impieghiamo nei lavori socialmente utili sono persone che grazie ad una organizzazione che funziona e un forte impegno degli enti locali vengono valorizzati per restituire alla comunità, come è accaduto qui, spazi che sarebbero altrimenti degradati e abbandonati. È il caso dei mo-numenti della Grande guerra ma è il caso anche delle numerose aree ricreative realizzate o recuperate e che oggi sono fruibili grazie al lavoro di oltre 3.000 persone che per la provincia sono soprattutto persone a cui offrire un’opportunità di lavoro”. A Virti erano presenti i cinquanta lavoratori impegnati nella manutenzione del territorio ed in vari interventi di valorizzazione del patrimonio ambientale della zona, il dirigente del Ser-vizio per il Sostegno Occupazionale e la Valorizzazione Ambientale Innocenzo Coppola e dall’ex dirigente della Soprintendenza per i beni culturali, arch Flaim. Presenti i sindaci dei Comuni di Folgaria, Lavarone e Luserna e la presidente della Magnifica Comunità degli Altipiani Cimbri.

Sono complessivamente oltre 1600 i lavoratori impegnati nel Progettone in Trentino per un investi-mento da parte della Provincia di oltre 49 milioni di euro all’anno. Quello dei “lavori socialmente utili” è uno strumento pensato per dare un aiuto alle fasce più deboli dei lavoratori, consentendo a chi per vari motivi è uscito dal contesto produttivo, di lavorare, percepire uno stipendio e maturare i contributi per la pensione. Nello stesso tempo rappresenta una opportunità per gli enti e le amministrazioni locali che, in collaborazione con la struttura provinciale che coordina il Progettone (il Servizio per il sostegno occupazionale e la valorizzazione ambientale), pos-sono realizzare importanti lavori di manutenzione o abbellimento del territorio.

“Per la fine di ottobre - ha aggiunto il vicepresidente Olivi - è previsto un convegno con il Ministro del lavoro Giuliano Poletti e gli assessori regionali competenti per far capire che i lavori socialmente utili possono ancora essere uno straordinario strumento di solida-rietà e di efficienza delle pubbliche amministrazioni. Vorremmo rilanciare il Progettone perché vogliamo dimostrare come le persone che ci lavorano possono essere organizzate da una pubblica amministrazio-ne efficiente per dare risposte che altrimenti né le imprese, né la pubblica amministrazione sarebbe in grado di fare”.

Nello specifico per il 2015 nei comuni di Folgaria, Lavarone e Luserna, nel Progettone sono state sette le zone di intervento, con 20 lavoratori coinvolti.

“Il Progettone per noi rappresenta l’orgoglio del Trentino - ha spiegato ancora il vicepresidente Olivi - sta a noi saperlo riformare, saperlo diventare stru-mento di inclusione sociale ma anche di efficienza dal punto di vista delle risposte che deve dare in termini di qualificazione del nostro paesaggio e del nostro territorio”.

Zeni: “prima di tutto la dignità della persona,

spingiamo di più sulle Dat”

“A bbiamo il dovere di interrogarci per capire come possiamo mettere al centro di tutto la dignità della persona”. Con queste parole,

l’assessore alla salute e politiche sociali Luca Zeni, ha aperto i lavori di un seminario dedicato al tema delle dichiarazioni anticipate di volontà nei trattamenti sanitari, che si è tenuto a Trento e a cui hanno parteci-pato medici, infermieri, farmacisti, psicologi, assistenti sociali, amministratori locali ed in generale chi lavora nel campo dell’organizzazione dei servizi sanitari e sociali. “Siamo consapevoli delle difficoltà giuridiche della questione - ha detto Zeni - perché la competenza è statale, e manca una legge di riferimento, e perché sappiamo che le dichiarazioni anticipate di trattamento non sono vincolanti per il medico. Per questo non ci sia-mo mossi a livello legislativo. Tuttavia, nel 2013, la Giun-ta provinciale ha dato mandato all’Azienda provinciale per i servizi sanitari di elaborare modalità di raccolta e registrazione delle dichiarazioni anticipate di tratta-mento sanitario dei soggetti interessati, garantendo l’informazione al medico curante. Ci si è concentrati in particolare sull’informazione alle persone con malattie cronico-degenerative, ma dobbiamo spingere di più anche sull’informazione e la possibilità di dichiarazioni anticipate di trattamento anche per le persone sane, con il coinvolgimento dei medici di medicina generale. La vera sfida - ha aggiunto l’assessore - è quella di uscire da un dibattito a volte troppo ideologico e lavorare per costruire un percorso di informazione, coinvolgendo medici, pazienti e cittadini, che porti ad una maggiore consapevolezza nelle scelte, per fare in modo che le dichiarazioni anticipate di trattamento non siano un atto meramente formale e vengano dunque tenute nella giusta considerazione”.

È un dibattito che coinvolge tutta la società civile quello sulle direttive anticipate nei trattamenti sanitari, in quanto affronta l’autonomia della persona quale valore imprescindibile nella relazione di cura. Il tema è stato al centro di un seminario promosso dall’Asses-sorato provinciale alla salute e politiche sociali nel corso dei quale sono state messe a confronto varie esperienze sulla materia. Stefano Pustetto, consigliere

regionale del Friuli-Venezia Giulia, ha spiegato come la Regione abbia legiferato due volte nel 2015 sulla mate-ria, istituendo il registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento, ma che le leggi siano state impegnate dal Governo. Deciderà la Corte Costituzionale. “Le DAT non sono vincolanti, ma sono un segno tangibile della volontà del paziente - ha detto Pustetto che ha ricordato come in Parlamento vi siano ben 11 disegni di legge in materia che attendono di essere esaminati. “Il Parlamento si arroga il diritto di legiferare - ha detto ancora Pustetto - e poi non legifera”.

“Si tratta di un tema che lacera le coscienze e la società” ha detto Marco Ioppi, presidente dell’ordine dei medici del Trentino. “Noi medici siamo un punto di riferimento - ha sottolineato Ioppi - per il cittadino che sof fre e dobbiamo portare avanti una cultura

della condivisione. Per questo dobbiamo essere coinvolti e abbiamo bisogno di regole certe, non rigide, puntando a costruire un’alleanza solida co n i p a z ie nt i n e l l ’amb ito della relazione di cura”.

Page 7: Pro.di.gio. Ottobre 2015

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | ottobre 2015 - n. 5

7

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO

Page 8: Pro.di.gio. Ottobre 2015

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | ottobre 2015 - n. 5

8

SENSIBIL IZZAZIONEVIVERE LA DISABIL ITÀ

Una vita di sport e il confronto con la disabilità

Clara Podda si racconta...

Oggi vi voglio raccontare una storia di disabilità non faci-le, una storia non ricoperta

di rose e fiori, da grandiosità o da super eroi ma irta di spine e di dif-ficoltà, poi sfociata in un mito. No, questa è una storia normale di una persona normale, unica nella sua normalità. Clara Podda conoscen-dola si può definire in tanti modi, una mamma, una moglie, una bella donna, una simpatica signora, una tetraplegica, una capigliatura nero corvino perennemente acconciata in ogni parte del mondo da mani esperte, una campionessa, una sarda che vive a Roma, un’amica, una campionessa fuori dal comu-ne. Ecco chi è Clara Podda. Badate bene, Clara detiene ancora oggi dopo aver smesso di nuotare da più di 20 anni il record italiano di nuoto, ma non è una nuotatrice o meglio non solo. Clara è un’atleta, una fuoriclasse, una preziosa e rara materia umana fatta prima di tutto di gran cuore e poi di classe da vendere.

Chi mi legge si chiederà come mai Clara sia su di una carrozzina, vi domanderete se Clara sia nata su quella carrozzina, ebbene no, vi rispondo subito. La storia di Clara non è la solita storia di disabilità fatta di pianti e tristezze, ma è anche fatta di quello. La storia di Clara è la storia di una mamma meravigliosa che per proteggere il suo piccolino non ha esitato a buttarsi su di lui, proteggendolo col

suo corpo. L’episodio che ha totalmente cam-biato la vita della campionessa è un episodio tremendo che il 14 ottobre, come ho già detto ha permesso ad una madre di salvare la vita del proprio piccolo, un 14 ottobre da dimenticare quindi, ma anche un 14 ottobre che ha regalato all’Italia ed al mondo sportivo una fuoriclasse senza tempo. Un mito, un’eroina,una guerriera senza paragoni. L’incidente che ha portato via Clara normodotata e ha restituito alla vita dopo averla “masticata” a dovere, Clara tetraplegica, è stato tremendo. La sua macchina ferma viene tamponata con grandissima violenza, lei vede con la coda dell’occhio il suo bimbo

seduto al suo fianco mentre lo stava accompagnando a scuola, che rischia di sbattere la testa contro il parabrezza, si butta su di lui ammortizzando i colpi col suo corpo e così salvandogli la vita. Lei viene sbalzata contro un albero dalla violenza dell’im-patto, catapultata all’indietro, il suo sedile divelto dalla forza dell’urto, il suo corpo pupazzo senza forza, sbattuto inerme, sul sedile posteriore con la testa che si incastra sotto al poggia-testa. Attimi, secondi, minuti, che trascorrono nella totale incoscienza.

Tutto quello che si poteva rompere della nostra Clara si era rotto. Il suo corpo ormai privo di forze giace inanimato

in quel groviglio di lamiere. Il piccolo piange, sotto schok ma vivo, ma lei non lo saprà, se non dopo molto tempo. Lei non ricorda nulla, si sveglia incapace di capire dove si trovasse, in qualche attimo il cervello si ricollega, un urlo straccia il cuore dei presenti all’ospedale. Clara urla e si dimena, chiede del figlio e urla tutto il suo dolore, la sua paura ed anche la sua rabbia.Trascorre quasi due anni in una sorta di eremitaggio fatto di dolore in un corpo martoriato dal gravissimo incidente, buio e pianti, odio e rabbia, disperazione e tristezza rifiutando se stessa e la vita. Ma la sua forza e la sua grandissima forza interiore, ce la resti-

tuiscono dopo questo periodo buio. Lei c’è, è viva, è forte ed è unica. Viene indirizzata per scommessa con un amico Angelo Franchi, al tennistavolo e da allora, lei ha centrato come un panzer, come uno Tsunami, tutti gli obiettivi che il mondo sportivo potesse offrire. Titolo italiano, titolo Europeo, Mondiali, Olimpiadi, insomma di tutto e di più. Lei è decisamente una donna impegnativa, un’atleta coriacea in campo, forse a tratti cattiva, rabbiosa ma con un grandissimo cuore. Fuori dal campo Clara è un’amica stupenda, una donna molto curata, direi un esempio di stile e charme, in campo Clara è un “mastino” che non molla un punto nemmeno a pagarla, che però insegna rispetto e dignità anche solo avendo il piacere di vederla gareggiare.

Una grande maestra di vita, una lezione co-stante di rispetto e di amore per la vita stessa. Clara è difficile, a tratti spigolosa, rabbiosa ma anche determinata e dolcissima con chi ha bisogno d’aiuto. Lei è l’essenza di una disa-bilità fatta di lacrime e dolore, di gesti eroici e di traguardi stellari ma fatta anche di una madre rara che ama e sacrifica la sua vita per il suo “cucciolo”.

Di tutto e di più, di normale forse in lei c’è poco, ma non diteglielo vi risponderebbe con voce roca (una delle rare pecche: fuma!) “aò’ io so’ normale io non sono una “superwoman” io so’ solamente Clara.” Io vi dico che è unica e meravigliosamente rara ma, ho paura a dirlo forte, potrebbe sentirmi e sarebbero guai. Che Dio la benedica!

Paola Maria Bevilacqua

Clara Podda durante una partita di tennistavolo

Dove iniziano e dove finiscono i diritti e doveri delle persone disabili.

Potere normodotato?

La legge 20 maggio 1970, n. 300 - meglio conosciuta come statuto dei lavoratori - è una delle norme della Repubblica Italia-

na in tema di diritto del lavoro. Introdusse importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro, i lavoratori con alcune disposizioni a tutela di questi ultimi e nel campo delle rappresentanze sindacali; ad oggi di fatto costituisce, a seguito di minori integrazioni e modifiche, l’ossatura e la base di molte previsioni ordinamentali in materia di diritto del lavoro in Italia. L’esigenza di una regolazione precisa ed equitativa dei meccanismi del mondo del lavoro crebbe di importanza nella seconda metà del xx secolo, ed in particolare a partire dal secondo dopo-guerra italiano quando, dovendosi ripensare la strutturazione dello stato post- fascista, la revisione dei rapporti sociali dovette tener conto dell’accresciuta rilevanza del mondo del lavoro fra i temi importanti nel nuovo regime di democrazia. Nel dopoguerra, perciò, con la nascita della Repubblica Italiana la costi-tuzione italiana al primo articolo conteneva riferimento al lavoro come punto fondante dell’ordinamento repubblicano, diede un ul-teriormente corroborante valore simbolico alle tensioni politiche che già dalla fine dell’Otto-cento propugnavano forme di “civilizzazione” del lavoro dipendente e subordinato e che miravano ad equilibrare in senso democratico la relazione fra padronato e lavoratori. La nor-mativa italiana di allora in tema era piuttosto scarna presentando invero alcuni istituti come la fissazione di limiti minimi di età per il lavoro minorile in cave e miniere, la riduzione della durata della giornata lavorativa ad 11 ore per i minori ed a 12 per le donne, il diritto di as-sociazione sindacale e quello di sciopero, le prime normative antinfortunistiche e l’obbligo di forme assicurative (1920), il divieto di me-diazione e di lavoro (caporalato) - ma tuttavia la normativa fondamentale era contenuta principalmente nel codice civile italiano. Ho volutamente fatto una lunga disamina nel mondo della normativa italiana, prima di parla-re di tutela dei disabili, dei minori, degli anziani e dato il contesto in cui viviamo anche dei più disagiati, migranti compresi, ma non solo. Le lotte per ottenere i propri diritti da sempre il

genere umano cosiddetto “civile” le ha sempre condotte a vantaggio di molti contro il potere di pochi. Non sempre però appartenere ad una minoranza significa avere del potere. Guarda-te il mondo disabile. Siamo pochi rispetto ai normodotati e siamo completamente privi di poteri. Il mondo del lavoro ci etichetta come assunzioni obbligatorie, Cioè siamo un obbligo non un piacere del mondo lavorativo di riceve-re anche il nostro contributo? Siamo inseriti in” speciali liste” speciali per cosa? Abbiamo forse tre gambe ed otto occhi? Abbiamo quale tipo di specialità? Quella di sopportare senza mai ribellarci? Direi che se questo significasse “Liste speciali” allora sarebbe ora di cambiarne la di-citura. Mi sembra che in questa fase epocale le cose siano peggiorate a ritmi vertiginosi. Tutto viene distrutto. La stessa natura ha presentato il conto agli esseri umani. Alluvioni, Tsunami, trombe d’aria, uragani e poi ancora, odi raz-ziali e violenze, guerre di religioni nel nome di assurdi ideali, governi dittatoriali ed eccidi organizzati. I normodotati che non vengono inseriti in liste speciali sanno fare questo? Hanno saputo creare, permettetemi: hanno saputo distruggere, questo bellissimo mondo che è diventato la vergogna della galassia. La terra umiliata nei suoi polmoni naturali con la deforestazione praticata sistematicamente e senza programmazione dai biechi interessi dei “ bipedi umani”, i blocchi politici levati ai ditta-tori per guerre di interessi hanno permesso si riversassero in giro per l’Europa una marea di migranti che scappano dalla guerra, iniziative quali Mare Nostrum, hanno alimentato il mer-cato della schiavitù moderna che arricchisce scafisti senza scrupoli, contrabbandieri di organi e sfruttatori della prostituzione. Ora ditemi voi chi deve difendere chi? Forse se i governanti si mettessero da parte e lasciassero a chi come noi disabili, sa bene cosa significhi soffrire quotidianamente anche solo per poter accedere a dei bagni non a norma, il mondo sarebbe più equo e senza finti equilibri. Difen-dere se stessi, difendere il mondo, difendere tutto ciò in cui si crede, compresi i veri ideali di Amor Patrio, difendere gli anziani, i minori,le donne, i più sfortunati, questo sarebbe ciò che noi faremmo veramente ma, così non è, anche se non ci pare.

Paola Maria Bevilacqua

L’Accessibilità è un diritto

Cronaca di un marciapiede in via Gramsci

Per molti anni in Via Gramsci c’è stato il problema dell’inaccessibilità dei mar-ciapiedi che ha rappresentato una vera

e propria difficoltà per i residenti con ridotta mobilità. Dislivelli e passi carrabili rendono ancora poco accessibile e comoda tutta la zona per le persone a ridotta mobilità e non solo. Recentemente almeno un ostacolo comunque è stato rimosso, sistemando una porzione di marciapiede che riguarda il tratto di collegamento con Viale Verona. Ciò nonostante nel resto della via esistono ancora dei problemi di accessibilità legati all’esistenza di dislivelli in corrispondenza dei passi carrabili che intercettano i marciapiedi creando difficoltà anche alle persone con disabilità motorie varie, come tetraplegici, paraplegici e anziani.

Nel mio caso questa situazione non mi ha permesso di muovermi con disinvoltura nel quartiere per molto tempo. Infatti utilizzando uno scooter adattato, a volte bastava un ec-cessivo dislivello, un’auto o una bici di traver-so, e mi vedevo costretto ad andare in strada invece di utilizzare l’apposito marciapiede, commettendo così di fatto un’infrazione. In questi vent’anni ho pensato anche di scrivere all’amministrazione per chiedere chiarimenti riguardanti l’accessibilità dell’area pedonale,

ma poi ho deciso di arrangiarmi utilizzando la strada.

Questa condizione mi metteva talvolta in una situazione di pericolo che riguardava me e terzi che transitavano sulla strada. Gli scooter elettrici e carrozzine elettriche rap-presentano per i più un intralcio anche sui marciapiedi, tanto che a volte le persone che guidano questi mezzi devono lasciare passare i pedoni stringendosi molto.

Una situazione analoga esiste anche per le vie del centro storico di Trento, dove le persone con disabilità che sono alla guida di questi mezzi transitano sulla strada anche se per assurdo non potrebbero, rischiando di prendere la multa.

Il problema dell’accessibilità di strade, vie e marciapiedi è quindi indissolubilmente legato alla mobilità nel suo complesso.

Secondo la mia opinione, tutti dovrebbero impegnarsi per risolvere queste situazioni di criticità. Infatti nonostante l’adeguamento di quel tratto in via Gramsci restano ancora molti problemi legati all’accessibilità dei marciapiedi e delle strade.

Spero che nei prossimi anni si possa risol-vere questa situazione adeguando l’intera area e città.

Antonio Dossi

Page 9: Pro.di.gio. Ottobre 2015

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | ottobre 2015 - n. 5

9

Nuovo criterio ICEF per l’assistenza domiciliare.Voglio esporre le conseguenze che il nuovo indi-

catore ICEF comporta nel caso di mia madre, affetta da Alzheimer da 10 anni, con pensione di 600€/mese, indennità di accompagnamento ed assegno di cura per circa 1100€/mese, più prima casa.

Il costo orario per le ore di assistenza domiciliare è aumentato, dal 1 luglio 2015, di oltre il 500% passando da poco più di 2 €/h a quasi 13 €/h; stesso incremento percentuale anche per l’importo mensile in quanto il numero di ore settimanali concesse è sei e quindi il tetto massimo mensile di spesa, previsto dalla giunta provinciale, non è comunque superato.

Presumo che tale situazione sia abbastanza generaliz-zata per i beneficiari di assegno di cura in quanto le ore di assistenza domiciliare non sono elargite con facilità.

Ho già chiesto ai competenti uffici provinciali la ra-gione di tale spropositato aumento e mi è stato riferito che il tutto è nato per tener conto di eventuali ingenti patrimoni finanziari od immobiliari, in precedenza non considerati.

Iniziativa meritoria, non fosse per il fatto che mia madre (e presumo che nelle sue condizioni vi siano altri disabili) non ha alcun patrimonio e pertanto è solo a causa della computazione senza correttivi dell’inden-nità di accompagnamento e dell’assegno di cura, che rimane soggetta all’aumento di oltre il 500%.

L’ovvia conseguenza sarà la rinuncia all’assistenza domiciliare, visto che si può spendere meno sul mer-cato libero, od al limite, la richiesta di ricovero in RSA, che nelle condizioni in cui si trova mia madre era, già da alcuni anni, la via consigliata dal servizio sanitario provinciale, così che i risparmi attesi da tale perlomeno incauto provvedimento, saranno più che vanificati, visto il costo ospedaliero di oltre 3000 €/mese a carico del servizio sanitario provinciale nel caso di ricovero in RSA.

Voglio altresì ricordare che l’assistenza domiciliare voleva essere un fiore all’occhiello della sanità trentina, ma in tale situazione viene di fatto negata.

Mi risulta che la CGIL abbia già sollevato il problema e quindi spero che il nuovo assessore alla sanità, dott. Luca Zeni disponga in tempi brevi adeguati interventi correttivi, mitigando aumenti così abnormi a danno della parte più debole degli anziani trentini.

Corrado Nardelli

SENSIBIL IZZAZIONEVIVERE LA DISABIL ITÀ

Trento, 28 febbraio 2015

Giornata trentina delle malattie rare, il racconto di Luisa Anesi, referente AIMPS Onlus

Sono qui a rappresentare l’As-sociazione Italiana Mucopoli-saccaridosi e Malattie Affini. La

Mucopolisaccaridosi è una malattia rara del metabolismo cellulare do-vuta a una carenza di enzima che comporta un accumulo di scorie nel-le cellule che così muoiono e quindi un accumulo di scorie negli organi che un po’ alla volta si danneggiano.

È una malattia grave e progressiva, ne esistono diversi tipi a seconda del-la carenza del tipo di enzima coinvol-to nel metabolismo e della quantità prodotta. Così abbiamo forme più lievi e forme severe che portano alla morte prima dei vent’anni.

Io sono anche una mamma, mam-ma di un bambino, Alexander di 12 anni, colpito da una forma severa di Mucopolisaccaridosi, unico caso di questo tipo in Trentino. Nella nostra realtà possiamo dirci più unici che rari e quindi più che mai soli. Per questo sin dal momento della diagnosi della malattia, quando Alexander aveva 4 anni, i contatti che abbiamo avuto con l’associazione nazionale sono stati di importanza fondamentale: ha voluto dire conoscere altri malati, altri genitori e degli specialisti che studiavano la malattia.

Per quest’intervento ho pensato di mettere in rilievo il difficile vissuto quotidiano che una grave malattia può comportare.

Fino all’età di circa 4 anni Alexan-der cresceva bene a parte il presen-tarsi di continui episodi infiammatori e la strana tendenza a dimenticare le parole che man mano imparava. Al primo anno di scuola materna era stato definito come un bambino intelligente che faceva i giochi dei grandi. Otto anni fa con la diagnosi di una malattia sconosciuta e fatale è cambiata radicalmente la nostra vita.

È quindi iniziato per noi genitori un percorso di assistenza scandito da visite mediche, esami di laboratorio, terapie riabilitative, ospedalizzazioni per interventi chirurgici e monitorag-gi e inoltre telefonate e frequentazio-ni assidue di uffici amministrativi. Da otto anni Alexander viene ricoverato in day hospital per un giorno alla set-timana dove per via endovenosa gli è somministrato un farmaco che è in grado di lenire per il momento alcune sofferenze e di rallentare per alcuni aspetti il decorso della malattia (ad esclusione per esempio del sistema nervoso e dell’apparato scheletrico che subisce tutti i danni).

Tutta questa medicalizzazione ha provato molto nostro figlio. Purtroppo nonostante le cure la sua vita dopo i 4 anni di età ha iniziato a

procedere a ritroso. Per noi si è trat-tato prendere atto di quello che via via nostro figlio non era più capace di fare, di quello che non era più ca-pace di dire, di quello che per lui non sarebbe ritornato mai più.

Il manifestarsi di malattie così gravi in un bambino cambia radicalmente la vita del bambino stesso e dei genitori. Da 8 anni la nostra vita è regolata sulle attività che cerchiamo di mettere in atto nella speranza che qualcosa faccia bene ad Alexander,

gli regali un sorriso in più, gli rallenti anche solo di qualche giorno la per-dita di qualche abilità cognitiva Otto anni fa siamo entrati in un tunnel in fondo al quale ci sarà solo la morte di nostro figlio. Il nostro destino è accompagnare un bambino ad una morte che si affaccia lentamente portandosi via di tanto in tanto un pezzetto di vita.

Finora nostro figlio ha mantenuto la capacità di deambulare ma ha accumulato un grave deficit cogni-

tivo, è diventato sordomuto, ha un notevole impaccio motorio, è incon-tinente, è iperattivo. Alexander cerca il contatto con altri bambini e adulti essendo un bambino che si rapporta positivamente a tutto. Purtroppo è molto limitato nelle cose che sa fare. Ha bisogno di assistenza continua: questo vuol dire non perderlo mai di vista per il pericolo che si faccia male o che arrechi dei danni, stargli sempre a fianco per cercare di in-dovinare quali siano i suoi bisogni e sostenerlo nelle sue richieste. Ogni situazione quotidiana, anche la più semplice, come il cambiarlo, il lavarlo, il vestirlo o il fargli capire che non può mettere tutto in bocca, diventa un problema quando non si ottiene la sua collaborazione. Gestire tutto ciò tutti i giorni è molto impegnativo, stressante, esauriente.

In conseguenza di ciò la nostra vita sociale si è ormai ridotta al mi-nimo. Le normali attività di tempo libero di una famiglia sono tutte diventate difficili o impossibili e molti amici sono spariti. Cerchiamo comunque di creare per nostro figlio oltre che un’esistenza il più dignitosa possibile,le più diverse occasioni che siano fonte di gioia come tutti i genitori fanno per i propri figli. Nel frattempo stiamo però vivendo den-tro di noi un percorso di sofferenza e di lutto e a volte è difficile conciliare le due cose.

Cerchiamo di trarre da noi più forza possibile per dare a nostro figlio tutto quello che possiamo, per tutelarci come famiglia e anche per combatte-re con le più diverse problematiche di tipo sociale. Ma a volte ci ritroviamo distrutti, stanchi e invecchiati oltre che soli e soprattutto assaliti da un dubbio: ce la faremo ad arrivare fino in fondo o saremo sopraffatti man mano che la malattia si aggraverà e i sintomi saranno ancora più pesanti?

Grazie per l’attenzione.Luisa Anesi

Cosa significa avere una malattia rara oggi in Italia?

Più unici che rari

Avete presente la sensazione di solitudine che si può provare a stare in una sala colma di persone? Si può provare frustrazione e impotenza di esprimere ciò che si è. Gli altri sembrano divertirsi,

vivere a pieno la loro normalità.Quando si è affetti da una malattia rara il senso di non appartenenza,

di non conformità, forse di vera e piena diversità è elevato ai massimi termini, si vive in un mondo parallelo fatto di grandi sforzi e soddisfa-zioni, raggiunti anche o unicamente con il sostegno di chi sta intorno.

Ecco prendete quel momento ed estendetelo per tutta o parte della vostra vita, la serenità e la soddisfazione si raggiungono a piccoli passi e con tanto sostegno delle persone che sono vicine.

In questa pagina vi presentiamo due esperienze italiane che riguarda-no persone che vivono costantemente una sfida contro una malattia rara.

La prima è quella di Luca Alfano, già ospite sulla nostra rivista, lui è classe ‘77,promessa del calcio è affetto da una grave malattia degene-rativa che lo debilita fisicamente, compromettendo anche mobilità e respirazione. È riuscito a vincere alcune sue sfide con la malattia e a diventare lui stesso un esempio per gli altri grazie.

Diversa invece è la storia di Alexander, 12 anni affetto da mucopoli-saccaridosi, malattia rara e degenerativa che si manifesta quando lui aveva solo 4 anni. In casi come questo la famiglia diventa protagonista della vita del figlio e nel confronto giornaliero con la patologia. Di se-guito vi presentiamo il discorso sincero tenuto dalla madre, Luisa Anesi, coordinatrice per AIMPS Onlus durante la giornata trentina dedicata alle malattie rare tenutasi il 28 febbraio scorso.

Queste non vogliono essere storie caratterizzate dalla tristezza, al contrario rappresentano una speranza, un esempio di come ci si possa concentrare sulle cose positive della vita attivando dei percorsi di in-clusione e di consapevolezza nei confronti di queste realtà particolari.

Lorenzo Pupi

Luca Alfano, classe 1977, am-basciatore e grande tifoso del Varese Calcio.

Da 25 anni combatte contro una malattia ancora oggi sco-nosciuta, ma che Luca affronta a testa alta senza mai scoraggiarsi.

Vi abbiamo raccontato di lui e del suo primo libro “Più unico che raro”, nel numero di ottobre 2014.

Luca è un concentrato di positi-vità e in questo spazio proveremo a raccogliere alcuni suoi pensieri, pur consapevoli di non poter racchiudere la sua incontenibile energia in così poche righe.

“Quando impari a camminare con la mente e non solo con le gambe, puoi andare ovunque con chiunque...”

“Cosa vuol dire avere la salu-te...Vuol dire che se hai bisogno di un cavo accendisigari per ca-ricare cellulare in auto lo paghi € 15,00... se hai bisogno di un cavo accendisigari per caricare respi-ratore in auto lo paghi € 220,00, no dico un cavo accendisigari... benvenuti nel mondo disabile!”

“Sempre più convinto che la vita è una cosa straordinaria...

È vero non mi ha dato la sa-lute, oggi 15 settembre sono 25 anni che lotto contro il buio, ma ho una famiglia splendida, degli amici fantastici, finché ho lavorato amavo il mio lavoro e i miei colleghi che ad oggi ri-tengo ancora tali, ho una bella casetta comprata col sudore del lavoro perché nessuno mi ha mai regalato niente, andavo a scuola a 17 anni e al pomeriggio facevo volantinaggio perché mi pesava chiedere a mia madre 10.000 lire...

E poi mi ha sempre regala-to delle emozioni incredibili e queste emozioni sono arriva-te sempre al momento giusto. #buongiorno #credercisempre #mollaremai “

dal profilo Facebook “Luca Alfano Carrrico”

Nell’ultimo periodo sono state pubblicate, sui quotidiani locali, lettere di protesta sia per l’aumento di compartecipazione

alla spesa per l’assistenza domiciliare che per i tagli all’assegno integrativo a favore degli invalidi civili. I disabili gravi e le loro famiglie sono penalizzati dall’ente pubblico nella compartecipazione alla spesa dell’assistenza domiciliare. Senza entrare in merito all’ICEF o strumenti analoghi, non si tiene conto delle spese vive e reali che una persona disabile grave deve sostenere per una qualità di vita degna di questa parola. L’autonomia personale ha i suoi costi, va bene, però è un diritto inalienabile potere espletare quelle funzioni quotidiane con l’aiuto di qualcuno (alzarsi dal letto, lavarsi, uscire, socializzare, lavorare ect) Purtroppo le fasce deboli sono sempre le più colpite, come non c’è un sostegno adeguato alle famiglie che hanno in casa un congiunto disabile.

Giuseppe Melchionna

www.lucalfano.it

Assistenza domiciliare ICEFCos’è l’ICEF? Si tratta di un modello

di calcolo che serve per determinare lo “status economico” di un nucleo famigliare. Il calcolo tiene conto non solo del reddito e del patrimonio (fabbricati o terreni di proprietà e investimenti f inanziari es. conto corrente ecc.), ma anche della com-posizione del nucleo famigliare per numero, età, grado di parentela e soprattutto considerando anche le spese sostenute (spese mediche, tasse, interessi sul mutuo,contributi, affitto della casa, ecc).

A cosa serve? Grazie all’indicatore ICEF si può accedere ad una serie di prestazioni assistenziali e agevola-zioni tariffarie.

Page 10: Pro.di.gio. Ottobre 2015

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | ottobre 2015 - n. 5

10

RACCONTI E REPORTAGEFAMIGLIE CON DISABIL I

Una ricerca con l’obiettivo di approfondire il ruolo del fratello del disabile e la relazione della coppia genitoriale nei confronti del figlio normodotato

Caro figlio...

La Cooperativa Solidarietà (www.solidarietacoop.it), da anni impegnata sia nell’accom-

pagnare minori e adulti affetti da disabilità nel loro percorso di vita sia accanto alle famiglie per soste-nerle ed aiutarle nella crescita e nel percorso riabilitativo ed educativo del proprio figlio, ha realizzato una ricerca dal titolo “Figli “unici”: essere fratello di un fratello diversamente abile”, al fine di conoscere il ruolo e il punto di vista dei figli che sono presenti in famiglia e quello dei ge-nitori in relazione agli altri figli che compongono il nucleo famigliare. La ricerca nasce con l’intento di colmare, sebbene non abbia una pretesa di esaustività, il gap presente in letteratura, i cui studi si riferiscono fondamentalmente al nucleo fami-gliare più stretto focalizzato sulla relazione duale padre/madre-figlio diversamente abile.

La ricerca è stata condotta su un campione di famiglie pugliesi indivi-duate dalla Cooperativa Solidarietà in quanto i loro figli sono seguiti nel servizio di assistenza specialistica scolastica, nel Centro Diurno Socio-Educativo e Riabilitativo per disabili “La Locomotiva” di Binetto e “Soli-darietà” di Corato.

La ricerca prevedeva un questio-nario per ogni membro del nucleo famigliare: padre, madre e figlio normodotato. Il questionario era composto da domande a risposta multipla in cui si chiedeva alla coppia genitoriale di rispondere a domande sulla relazione fra i fratelli e sulle emozioni/percezioni che il figlio normodotato provava nei confronti del fratello diversamente abile. In conclusione veniva chiesto alla cop-pia genitoriale di poter scrivere una lettera al figlio normodotato.

Si riportano a lato alcune delle let-tere scritte dai papà e dalle mamme ai propri figli, che possano essere per i lettori sprono alla riflessione e occasione per avvicinarsi ad una realtà, quale è quella della famiglia fra disabilità e normalità, che risulta essere esperienza intrinsecamente unica.

Queste sono solo alcune delle lettere, delle riflessioni, dei pensieri

dei genitori che hanno risposto alla ricerca. Ge-nitori che hanno vissuto una genitorialità “unica”, non battuta da strade consuete, ma da inven-tarsi quotidianamente, nel faticoso compito di mantenere l’equilibrio fra figli spesso intimamente e completamente diversi fra loro . Genitori che nelle righe che sono riusciti a buttare giù, fra la fatica del cuore e del pensiero, sono in cam-mino, e che si muovono tra curiosità, paradossi, continua ricerca di senso e di orientamento, condivisione, riconoscimento delle proprie debo-lezze e slancio verso il proprio dover essere. Dover essere genitore di un figlio diversamente abile e genitore di un figlio normodotato.

E se come dice Terzani, «la storia esiste solo se qualcuno la racconta», questo grumo di pensieri “amati e armati” rompe il senso di solitudine e di spaesamento, e diventano paro-le in circolo, nella trama famigliare. Uniche, pertanto, sono quei figli e quelle famiglie che accettano la sfida di alzarsi e di mettersi in cammino, che non si sono perse nei meandri dei “Perché’”, ma che rispondono a quei perchè nell’azione quotidiana, re-immaginando i confini di una famiglia ideale, guardando oltre i crinali della disabilità.

Dott.ssa Antonella Robortaccio (Presidente cooperativa solidarietà)

Dott.ssa Rossella Perillo (Psicologa-Psicoterapeuta)

Lettere ai figliCara figlia mia, è la prima volta che

ti scrivo. E lo faccio con coraggio e con timore, guardando dentro me e facendo lo sforzo di farlo con i tuoi occhi. Non so se io sia riuscita ad

essere per te il genitore che avresti voluto, o meglio che avresti meri-tato. Non so se, seppur sbagliando, io almeno ti abbia fatto sentire amata. Un genitore ha il dovere di guidare i figli lungo il percorso della vita, un percorso in cui pian pian il

figlio comincia a cammi-nare facendo leva sulle sue gambe e trovando la mano del genitore, quan-do inciampando, fatica a tirarsi su. So che, lungo il tuo cammino, spesso i nostri passi non si sono incrociati e che io ho corso fondamentalmente dietro tuo fratello, lasciando te procedere da sola, te che a

volte mi rincorrevi, a volte arrancavi, a volte trovavi in me solo un appog-gio fragile e zoppicante. E ti chiedo scusa per questo. Per non essere stata sufficientemente presente e per aver dato la priorità a tuo fratello, alle sue fragilità e alle sue problema-ticità. Più che figlia unica, forse ti sei sentita figlia orfana, mentre io mi sono sentita una mamma miracola-ta, dalla tua presenza nella mia vita. Senza di te la mia vita sarebbe stata monca, avrei sperimentato l’essere un genitore a metà, mi sarei sentita solo una mamma disabile. Oggi mi sento grazie a te e a tuo fratello una mamma “diversa” e questa diffe-renza dalle altre mamme non mi fa più paura...

Cara figlia mia, scusami. Scusami se non mi dedico a te tutto il tempo che vorrei e se chiedo anche a te di darmi una mano. Voglio che tu e tuo fratello andiate sempre d’accordo. Siate uniti sempre. E io so, che lui può contare su di te.

Amore mio, io volevo il meglio per te, però purtroppo le cose non vanno sempre come vorremmo ma l’importante è che tutto questo un giorno passerà e tu potrai goderti tuo fratello al meglio. Io non chiu-derò gli occhi finché non farò il massimo per te e per lui.

Dolce amore della mamma, volevo dirti che amo te esattamente come

amo tuo fratello. Purtroppo la vita ri-serva sorprese non sempre piacevoli. Il problema di tuo fratello è arrivato come un fulmine a ciel sereno e mol-te cose sono cambiate. Io stessa non sono stata più la stessa, il mio cuore è andato in mille pezzi. Ma l’amore per un figlio spinge sempre a trovare la forza e il coraggio per andare avanti e non c’è nulla che non farei per voi...

Sono fiera dell’uomo che stai diventando, giorno dopo giorno...

Figlio, grazie a te sono uscita da un burrone profondo come gli abissi, di colore così nero e buio che le stelle e il cielo li sognavo! Grazie alla tua nascita tutto è cambiato! Non ero più sola. Sono rinata, ho capito che avevo la vita dinanzi, e grazie a voi ho riso, ho lottato. Grazie per essere nato. Grazie per esserci. Grazie per tutti i sorrisi e le coccole che mi fai!

Il bene per te è tanto, anche se spesso non si vede...vorrei che di-ventassi un uomo maturo e consape-vole, e spero che un giorno quando i tuoi genitori non ci saranno più, tu possa seguire tua sorella a cui vuoi molto bene.

Sei stato tanto desiderato, come tua sorella disabile e sarai sempre al centro delle mie attenzioni e lo sai bene. È inutile descriverti il bene che ti voglio, per quanto pazzerello sai nei momenti giusti essere serio. È vero che voglio caricarti di un problema molto serio nel giorno in cui non ci sarò più (credo molto vicino) ma so anche che non ti tirerai indietro: dovrai solo dedicare un po’ di tempo a tua sorella, dovrai controllare che la trattino bene e con tutta l’umanità possibile. Ti lascerò tutte le possibilità economiche per farlo e gli insegnamenti d’amore che ti ho sempre dimostrato con atti concreti e sappi che il mio cuore è colmo di amore per tutti e due in egual misura.

Cara figlia mia, quando sei nata ho pensato che avresti arricchito e stabilizzato la vita di tuo fratello e non ho considerato invece, quanto

tuo fratello avrebbe arricchito e sta-bilizzato te. Se oggi sei così aperta e tollerante verso gli altri, se oggi non accetti alcuna forma di discri-minazione lo devi un po’ anche a tuo fratello, che ha insegnamento a te e a noi che ognuno è “normale” a modo suo.

Sono dispiaciuta per tutte le volte che io e papà non possiamo essere genitori a pieno con te...sappiamo che comprendi e sappiamo però che non è giusto. Sei la nostra piccola donna...

Caro figlio, la nostra, lo sai, è una famiglia speciale, con i suoi pro e i suoi contro, come tutte. So che in molte cose siamo penalizzati, ma vuoi mettere la nostra ricchezza? La sensibilità, i sentimenti, le vere prio-rità, l’importanza di cose semplici e molto altro che tuo fratello ci ha in-segnato. Io da te desidero una cosa: usa la tua vita al massimo, senza mai sprecarla. Tuo fratello la trascorrerà su una sedia. Non maltrattare mai il dono che hai: la vita! E che l’esperien-za e la sofferenza di tuo fratello ti sia d’insegnamento.

Cara figlia, tu sei il sole, la luce che brilla all’alba...sei raggiante di vivacità ed un giorno camminerai per la tua strada. Ti innamorerai di un uomo e conoscerai altre emo-zioni che tua sorella non potrà mai conoscere, perché privata da chissà chi e per chissà quale motivo. Non scordare mai di essere una donna fortunata! Sii forte. Ti voglio bene

cooperativasolida-rieta.blogspot.it

Rossella Perillo è psicologa e psi-coterapeuta, presso la Cooperativa Solidarietà di Binetto (Bari).

Da 20 anni la struttura si occupa di disabilità implementando ed attuando interventi rivolti non solo al disabile ma anche al nucleo famigliare a cui appartiene.

Recentemente hanno svolto una ricerca con l’obiettivo di approfondire il ruolo del fratello del disabile e la relazione della coppia genitoriale nei confronti del figlio normodotato.

Il dibattito sulla riapertura delle case di tolleranza potrebbe risolvere alcune questioni considerate ancora un tabù

Sessualità e disabilità

Prendendo spunto da un fatto di crona-ca avvenuto recentemente a Treviso, vorrei parlare della libertà sessuale e

della condizione che la disabilità vive rispetto a quest’argomento, troppo spesso considerato un tabù. A vantaggio di chi magari non fosse a conoscenza del fatto a cui mi riferisco, riporto brevemente la notizia.

Parliamo di una madre che vive e lavora nell’hinterland del trevigiano, ma prima di tutto semplicemente parliamo di una mamma. Cos’ha di speciale questa mamma? Niente è solamente la mamma di un figlio trentenne disabile. Fin qui tutto sembra essere abbastan-za normale “politically correct” ma la mamma chiede una cosa per qualcuno sconcertante: chiede a gran voce la riapertura delle cosid-dette case di tolleranza. Una richiesta forte, decisa, determinata dalla esigenza del vivere quotidiano in cui mangiare si coniuga anche con l’espletamento delle funzioni sessuali. Badate bene non ho detto “ fare l’amore” ho parlato di espletamento dei normali desideri sessuali, insiti in ogni essere umano. La mamma ha un figlio disabile, paralizzato, in seguito ad un incidente automobilistico. Il ragazzo non ha mai avuto le normali storie che si possono avere nell’età dell’adolescenza a causa del suo

handicap. Ma nell’ultimo periodo la ribellione del figlio,la rabbia per la sua condizione e la necessità di avere un mondo equo come il mondo degli altri suoi coetanei, fatto anche di momenti sessuali ha spinto la donna ad agire. La madre superato il primo momento di smarrimento, anche grazie ad un rapporto di trasparenza col proprio figliolo, ha cercato di trovare una soluzione che potesse aiutarlo nella sua crescita vitale, sotto tutti i punti di vista. Si è informata ma ha solamente scoperto che, in Paesi evoluti come l’Olanda, la figura dell’assistente sessuale per disabili è contem-plata ed trattata con dignità e rispetto, in Italia no. In Paesi evoluti,come del resto è giusto che sia è regolamentata, privata del lato nascosto e boccaccesco. Viene trattata con rispetto e con dignità da professioniste del sesso che hanno studiato per intervenire sui disabili con compe-tenza e con capacità tecniche evidentemente atte a non ledere la dignità del cliente disabile. Non dimentichiamo che la disabilità anche sotto quest’aspetto, è assolutamente sogget-tiva, diversificata e gravata dalla necessita di trattamenti specifici, che possano coadiuvare il soggetto nel suo percorso sessuale senza inibirlo in alcun modo. Ovviamente, in Italia, terzo mondo su ogni cosa, nulla si è fatto per

quest’aspetto importante quanto mangiare e dormire. Quindi alla volonterosa mamma non è rimasto altro che rivolgersi all’oscuro mondo della prostituzione. Non quel lato povero e col-ma d’ignoranza della prostituzione su strada, ove le benché minime regole di sicurezza ed igieniche vengono disattese ma quello soft, nascosto, in appartamenti, più sicuro e mag-giormente riservato.

Ma la medaglia ha sempre un lato oscuro da mostrare. Maggiore sicurezza igiene e ri-servatezza ma anche maggiori costi. Per una prestazione la madre ha sborsato ben 500 euro. Per far fare sesso al ragazzo diversamente abile, ottenendo la comprensione della prostituta. Poi ha capito di essersi infilata in un oscuro tunnel. La cifra insostenibile per l’equilibrio finanziario della famiglia adesso è diventata una spada di Damocle che grava sulla testa della madre. Il ragazzo scoperto il sesso, ades-so non vuole più rinunciarvi ma, la famiglia è impossibilitata a far fronte a cifre così ingenti per ogni singola prestazione. Quindi a gran voce la madre-coraggio, dispiaciuta ma non paga, chiede la riapertura delle “case chiuse” organizzate con controlli igienico sanitari, in luoghi protetti ed a costi decisamente ov-viamente più contenuti. Ogni uomo o donna

disabile ha delle pulsioni, non facciamo finta che ciò non sia vero. Il mondo della prostitu-zione esiste da sempre, non facciamo finta di non vederlo, girando la faccia dall’altra parte. Persone che hanno bisogno d’aiuto anche fra i normodotati ce ne sono tantissimi. Leviamo dalle strade uomini malati che non sanno con-trollare le loro pulsioni evitando di far violen-tare le donne, le bambine e persino le donne anziane. Lasciamo che pervertiti, frustrati ma anche uomini normali o disabili, che vogliano avere un rapporto a pagamento per x motivi loro personali, possano farlo. Permettiamo anche al mondo disabile di soddisfare i propri desideri sessuali senza “ affamare” il già misero patrimonio famigliare. Inoltre non dimentichia-mo che riaprire le case chiuse leverebbe dalle strade anche molte schiave moderne, strappa-te dalle loro case in paesi lontani e tenute in schiavitù, sotto la minaccia di ricatti ai loro figli ed ai loro famigliari. Last but not least, infine se si riaprissero le case chiuse: igiene, controlli sanitari e le tasse pagate dalle professioniste di clienti normodotati e disabili, potrebbero rimpinguare il mondo della tassazione che grava inesorabilmente solo sul mondo dei normali contribuenti.

Paola Maria Bevilacqua

Page 11: Pro.di.gio. Ottobre 2015

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | ottobre 2015 - n. 5

11

RACCONTI E REPORTAGEFAMIGLIE CON DISABIL I

Intervista a Manuel Zanotto, e il racconto dell’esperienza umanitaria in questa terra lontana

Surf4smile in Madagascardi Lorenzo Pupi

Ciao Manuel raccontaci chi sei e da dove vieni!Vengo da Vicenza, una pic-cola realtà che poco a poco si sta evolvendo, ho 26 anni, sono un Surfista, un bagnino di salvataggio, ho un doppio diploma di istruttore di surf e stand up paddle con la ISA, laureato in Scienze delle Attività motorie e sportive ed in dirittura d’arrivo al titolo di studio superiore di Laurea Magistrale in Sport e Prestazione Fisica. Con una passione sconfinata nello sport, attualmente sono uno studente dell’Università di Verona di Scienze Mo-torie. Sto concludendo il mio progetto di tesi sullo “Stand Up Paddle adattato” per ragazzi con autismo e sindromi correlate. Adoro e vivo lo sport outdoor e indoor, penso che potrebbe migliorare la vita di tante persone se utilizzato come una “medicina”.Da dove nasce la tua passione per lo sport e la sua successiva declinazione nel mondo del non-profit?La mia passione dello sport nasce grazie alla mia famiglia in particolare al mio papà, che sin dalla tenera età di 8-9 anni mi ha iniziato al ciclismo. Ma il mio vero amore, il surf, comincia da autodidatta a cavallo tra Italia e Spagna quando ho conosciuto Mathieu Carpentier, du-rante un’esperienza Erasmus, che mi ha aperto gli occhi su questo mondo, da lì è iniziata la vera e propria avventura. Parlando del mio rapporto con il mondo del Non Profit, tutto è cominciato dalla scelta di prendere parte ad un proget-to propostomi dalla Prof. Vitali della Facoltà di Scienze motorie di Verona in collaborazione con la Cooperativa Sociale Trentina Archè ONLUS che opera nel Settore della disabilità già da diversi anni attraverso la pratica della Vela e il SUP surfing.Hai recentemente aderito ad un pro-getto umanitario proposto dall’As-sociazione francese SURF4SMILE, ce ne vuoi parlare: da chi è composta e quale è la sua missione?Surf4smile MiMa 2015 è una missione umanitaria italo-francese che si è svolta nel mese di agosto per una durata di 10-12 giorni nella regione Toamasina in particolare a Mahambo, ha avuto molte-plici valenze ed obiettivi. Il principale era quello di fornire le condizioni e i materiali alla comunità di surfisti della città costie-ra di Mahambo, affinché i giovani locali potessero vivere le loro passioni e perché no, vivere delle stesse. L’azione è stata quella di responsabilizzare la giovane comunità di Surfisti di Mahambo nel rapporto con l’oceano e nelle loro prati-che. Obiettivi paralleli sono stati quello della sensibilizzazione all’interesse della preservazione dell’ambiente nonché porre le basi per un progetto duraturo di vita in società. SURF4SMILE è un’as-sociazione nata autonomamente da un gruppo di ragazzi dai 15 ai 28 anni tra cui me. Tutti con una passione in comune, il surf e la volontà di condividere le gioie di questa pratica. Questa realtà è emersa con le sole forze dei suoi componenti, trovando i modi e tempi per proporre e

diffondere il progetto MiMa 2015 nel web attraverso una campagna di raccolta fondi e crowdfunding sul sito web fosburit.com. Gli obiettivi principali sono stati quindi l’avvicinamento ed il per-fezionamento della pratica del surf, la messa in sicurezza della disciplina e le manovre

di soccorso acquatico con o senza ta-vole, inoltre nella nostra permanenza abbiamo organizzato una formazione di base sull’ auto riparazione di tavole, una parte dell’azione è stata dedicata alla dimensione ecologica per sensibiliz-

zare al rispetto dell’ambiente. Obiettivi complementari di notevole importanza, sono state le azioni sanitarie come la sensibilizzazione sull’utilizzo di metodi contraccettivi, la prevenzione di ma-lattie, i test sierologici, il controllo e la prevenzione dentale e la formazione ine-rente il primo soccorso. Riteniamo che la formazione e la cultura possano rendere autonomi queste comunità, pertanto abbiamo apportato risorse e strutture che assicurino la vita e la continuità della nostra azione anche in futuro.Cosa significa per te unire la disciplina del surf, con il viaggio e la possibilità di partecipare ad un progetto umani-tario come quello che hai sperimenta-to recentemente?È stata senza dubbio una gran soddisfa-zione ed una grande opportunità che non mi sono lasciato scappare ed ho accolto con grande entusiasmo! Penso che sia il sogno di tanti unire l’utile al dilettevole noi ci siamo riusciti! Sono riuscito a conciliare questi tre ambiti della mia vita, dato che il surf è una passione recente nella quale vedo un futuro, viaggiare la vivo come apertura al mondo e come un grande fattore di crescita e conoscenza personale e di sviluppo della società, ed infine l’altru-ismo e lo scambio di valori intrinseci in un’esperienza umanitaria non hanno uguali. Un obiettivo del nostro progetto è stato quello di permettere di rendere il surf e simili accessibile a tutti, permetten-done la pratica a chi non ha le possibilità economiche o le capacità fisiche.Credi che il surf possa essere uno

strumento per coinvolgere le persone anche su tematiche ambientali, di salute e prevenzione, e in che modo?Noi ne siamo la prova, abbiamo appli-cato il surf come strumento di unione, di relazione tra persone di diversi livelli sociali e demografici. Ad esempio, si può sensibilizzare le persone facendogli capire che la pulizia dell’ambiente natu-rale è fondamentale non solo per il fatto educativo in sé, ma per tutto l’ecosistema e gli abitanti, i fruitori e frequentatori dell’ambiente. Surf vissuto anche come momento relazionale salutare in quanto coinvolge aspetti fondamentali della nostra fisiologia sviluppando l’attività aerobica ed anaerobica, l’equilibrio e il tono muscolare. È uno strumento po-tente e trasversale e trova la forza nella sua semplicità.Lasciaci con un aneddoto a tua scelta sul Madagascar, che cali il lettore tra la spuma delle onde, su spiagge scon-finate e tra sorrisi di bambini. Grazie!Il giorno della competizione finale or-ganizzata dal team, abbiamo potuto vedere come questi ragazzi siano in grado di mettersi in gioco veramente, impegnandosi al massimo, dimostrando una gran motivazione e tenacia nelle manovre e nella scelta delle onde. Così come il leash rappresenta la corda di so-pravvivenza nell’acqua tra il surfista e la tavola, così le ragazze e ragazzi coinvolti hanno dimostrato un grande legame fra di loro sostenedosi a vicenda. Ringrazio la comunità di surfisti di Mahambo e di Ambatomalama e tutti quelli che hanno collaborato e permesso tutto ciò.

Parlano di noi

pro.di.gio., un giornale attento a tutti

di Susanna Caldonazzi

Dare voce a chi non ha spazio per comunicare. Nasce con questo obiettivo Pro.Di.Gio., progetto di giornale, una pubblicazione bimestrale indipendente, che ha

visto la luce 15 anni fa, insieme alla omonima associazione che ne è editrice.

«È iniziato tutto con un incidente d’auto - inizia a raccon-tarmiGiuseppe Melchionna, presidente dell’associazione Prodigio- Avevo 22 anni e dopo un addio al celibato con gli amici abbiamo fatto un incidente che mi ha messo su una sedia a rotelle».

Giuseppe racconta questa storia, la sua, con la libertà di chi ha accettato lo stato delle cose e addirittura facendo della sua nuova vita, una vita utile a molti: «I miei genitori si sono presi cura di me quando sono stato dimesso dall’ospedale - mi rac-conta - ma la mia voglia di autonomia era forte. Partendo dai miei bisogni ho così cercato di creare servizi. Mi sono anche immediatamente reso conto di come i media tradizionali non raccontassero la disabilità per quel che è, quindi dopo un corso promosso dal Fondo Sociale Europeo per “addetti alla redazione” abbiamo dato vita all’associazione e al giornale».

Un’associazione che ha unito persone disabili e non, un giornale che parla di disabilità, di sociale, di associazionismo, di giovani, di anziani, dando spazio ad un’informazione su questa fetta di mondo che molto spesso non si sente rap-presentato in modo adeguato. E lo fa, per lo più, con una redazione di volontari: Giuseppe Melchionna, Lorenzo Pupi, Giulio Thiella, Luciana Bertoldi e Carlo Nichelatti sono i più impegnati nella costruzione del giornale ma ci sono anche molti collaboratori esterni che mandano articoli e notizie: «Usciamo ogni due mesi e cerchiamo di dare spazio a tutti il più possibile - dice Lorenzo - e i contenuti del numero sono molto in relazione con gli interessi di chi scrive. Ognuno di noi ha le sue passioni e il suo vissuto che trova spazio in Pro.di.gio. Io mi occupo di sport e disabilità, per esempio, Giulio invece ha interesse per il mondo dei detenuti. Ognuno scrive ciò di cui si sente più competente».

Lorenzo e Giulio, grazie al lavoro in Pro.di.gio., stanno com-pletando il percorso per l’iscrizione all’ordine dei giornalisti: «Io sono arrivato qui nel 2010 grazie a un servizio civile - rac-conta Lorenzo - e poi mi sono fermato qui, ho continuato e dopo qualche anno da volontario ho avuto l’occasione di po-ter collaborare in modo più continuativo e con remunerazione in modo da poter avere i requisiti per l’iscrizione all’elenco dei pubblicisti». Interviene Giulio: «Anche per me è andata in modo simile ma io non sono arrivato con il servizio civile. Io e Lorenzo siamo amici e lui mi ha coinvolto prima come volontario mentre ora anche io sto per iscrivermi all’Ordine».

Le difficoltà, per lo più economiche, evidentemente, non mancano ma l’esperienza di chi ha qualche anno in più unita al grande entusiasmo e voglia di fare di chi è più giovane, offrono grandi possibilità: «Non è semplice economicamente - interviene Giuseppe - abbiamo qualche realtà che ci sostiene ma le difficoltà ci sono. Siamo sempre in cerca di volontari».

Continua però Lorenzo: «Vogliamo che questo giornale cresca - afferma - adesso abbiamo anche qualche compe-tenza in più da investire. Per esempio facciamo video e siamo stati i primi in Trentino a utilizzare il QR code per rendere interattivi anche gli articoli di giornale: con il telefonino si può attraverso questa tecnologia collegarsi direttamente a contenuti multimediali messi in rete, nel nostro canale You Tube, a completamento del pezzo». E i progetti per il futuro sono belli e ambiziosi: «Vogliamo costruire una rete sociale dal basso - conclude Lorenzo - e siamo convinti della necessità di uno strumento di comunicazione che veicoli contenuti e crei relazione».

Il Fatto24ore.ithttp://tinyurl.com/24prodigio

Alcuni ragazzini coinvolti nel progetto di Surf4smile

Mission Madagascar

Lo staffMathieu Carpentier, ideatore, surfista

ed insegnante di educazione fisica, Manuel Zanotto istruttore di surf e Sup, studente di Scienze Motorie, Christel Chenal Reporter fotografico e riprese video, Benoit Carpen-tier 19 anni il professionista del gruppo, Alix Carpentier 15 anni nata e cresciuta in una famiglia di surfisti. Camille Dubrana giovane surfista creativa ed ingegnosa si è occupata della comunicazione e della parte scolastica ed oceanica. Passando alla parte medico-Sanitaria parliamo di Lauriane e Marie-corentine studentesse entrambe di infermieristica che hanno apportato le loro conoscenze accademiche ed il loro supporto sanitario presso il Centro base 2 di Mahambo, Juliet Coat odontoiatra di Brest durante la missione si è occupata della parte d’inter-vento medico-sanitario oltre a dedicarsi alla documentazione di foto e video.

Page 12: Pro.di.gio. Ottobre 2015