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Prof. Carmelo Maria Porto 1 LA STRUTTURA DELL’INDUSTRIA MODERNA Università degli Studi di Macerata Facoltà di Scienze Politiche C.d.L. interclasse in “Discipline dell’Unione Europea, relazioni internazionali e cooperazione” Geografia Politica ed Economica Prof. Carmelo Maria Porto

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LA STRUTTURA DELL’INDUSTRIA MODERNA

Università degli Studi di MacerataFacoltà di Scienze Politiche

C.d.L. interclasse in “Discipline dell’Unione Europea, relazioni internazionali e cooperazione”

Geografia Politica ed EconomicaProf. Carmelo Maria Porto

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Il modo di produrre e la sua evoluzione nell’ambito delle economie di scala.

Due scuole a confronto:

Fordismo e Toyotismo

Henry Ford

Eiji Toyoda

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FordismoIl sistema può essere adottato nella produzione di merci standardizzate per mercati di massa;

Il sistema persegue una rigida suddivisione dei compiti di lavoro;

La produzione di tipo fordista è relativamente facile da copiare.

H. Ford (1913) per la prima volta applicò nella sua fabbrica la “catena di montaggio mobile” ad Highland Park in Michigan.

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Toyotismo

L'ingegnere giapponese Eiji Toyoda, fondatore della Toyota Motor Company,

abbandonò la produzione di auto tutte uguali (produzione di massa), preferendo una

gran varietà di modelli diversi: ciò fu possibile grazie al concetto innovativo di:

produzione snella che vuol dire

orientamento al cliente;

eliminazione degli sprechi (ovvero attività che non aggiungono valore);

creazione di un’organizzazione che responsabilizzi le risorse e accorci gli iter decisionali.

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I capisaldi erano:

lavoro di squadra, che eliminava gli sprechi di fatica, di materiali e di tempo,

affidando ad ogni squadra una parte della linea di montaggio.

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Catena di approvvigionamento, con l’affidamento della costruzione di quasi tutti

i pezzi e i componenti ad altre aziende, che diventarono sue fornitrici abituali.

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Sviluppo di un nuovo modo di coordinare il flusso giornaliero dei pezzi nella fabbrica in cui

avveniva l'assemblaggio, inventando il sistema del just-in-time, eliminando i magazzini per

lo stoccaggio dei pezzi, arrivando questi solo nel momento in cui servivano.

No

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TQM, Total Quality Management che significava – riduzione livelli gerarchici;– responsabilizzazione del personale, altamente qualificato e dotato di maggiore autonomia

decisionale;– organizzazione del lavoro in squadra;– riduzione dei costi e dei tempi di produzione;– incremento della capacità del sistema di reagire agli stimoli esterni e ai problemi interni.

Quality Assurance

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Transizione industriale

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Attuali tendenze dell’economia industriale e urbana

si deconcentra e si disperde la produzione

si accentrano i servizi nelle città di antica industrializzazione riconvertite o in nuove città pronte a raccogliere le opportunità delle nuove tecnologie

si sviluppano città regionali che svolgono le stesse funzioni gerarchiche e di coordinamento delle città globali a scale territoriali diverse

si accresce la marginalità delle aree industriali in declino non riconvertite e di quelle urbane che non riescono a svolgere un ruolo attivo nella globalizzazione

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Quali posizione occupano i paesi nell’economia globale?

considerando come parametro gli investimenti diretti esteri, vale a dire gli investimenti esteri in un paese per l’acquisizione di imprese o l’avvio di nuove imprese, emerge la centralità:

della Triade: Europa Occidentale, USA e Giappone

delle Tigri Asiatiche

di nuovi paesi

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Stati Uniti e Canada

negli anni ’70 diminuisce la centralità industriale del Nord-Est (Una vasta area compresa tra la Pennsylvania e i Grandi Laghi)

mentre emerge l’industria della sun belt (Florida, Texas, California): nascono i nuovi simboli (Silicon Valley, Golden Triangle)

gli stati rivolti al Pacifico predominano su quelli rivolti all’Atlantico: Pacific Rim

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il settore trainante non è più l’industria ma i servizi

si configura un’unica area industriale-urbana che soppianta le aree di più antica industrializzazione in crisi (le aree di Chicago e di Pittsburg ma non il Nord-Est che ospita la maggior parte delle industrie e NY che è città globale)

le risorse naturali e agricole e le produzioni di base mantengono una grande importanza e condizionano ancora la localizzazione industriale

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Europa Occidentale

i processi di declino riguardano l’industria basata sulle risorse naturali e sui porti industriali (in Francia, Belgio, Germania, Inghilterra, Italia)

la nuova industria si sviluppa in luoghi contigui a quelli della crisi (Francia atlantica meridionale , Baviera, Valenza e Barcellona, Nord-Est italiano)

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permane una periferia europea costituita da Portogallo, Sud spagnolo, Mezzogiorno

il cuore urbano europeo si stende tra Parigi e Francoforte, Amsterdam e Londra, ma emergono anche regioni tedesche, italiane, inglesi e francesi che rivendicano maggiore autonomia politico-amministrativa configurandosi quasi come “stati regione”

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Europa Occidentale

Molte trasformazioni non sono a vantaggio dell’industria:

la transizione industriale ha causato un ridimensionamento di questo settore

la società post-industriale non assorbe nei servizi i lavoratori espulsi dall’industria e dall’agricoltura

si sostituisce la manodopera non qualificata con quella qualificata che è acquistata nei paesi dove costa meno

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Gli stati e le regioni periferiche potranno avviare processi di sviluppo se:

attiveranno interazioni interne alle città-nodi della rete globale

nel milieu urbano può affiorare la capacità progettuale locale che costituisce un vantaggio competitivo utile ad attirare investimenti esteri

svilupperanno i settori science based invece di quelli labour intensive

innovazione, politica fiscale, miglioramenti infrastrutturali e flessibilità della MO possono apportare miglioramenti ai paesi periferici europei

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Europa Occidentale

I paesi e le regioni periferiche sono alquanto variegati e eterogenei:

Irlanda

Spagna

Portogallo

Grecia

Mezzogiorno italiano

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Giappone

esporta moltissimo ma importa poco, soltanto dagli anni ’80 aumentano i consumi interni

presenza di poche imprese estere

nel dopoguerra si è sviluppata l’industria tessile, navale e dell’acciaio, dagli anni ’80 quella dei semiconduttori, dell’elettronica di consumo e automobilistica

è probabile una ulteriore crescita della domanda interna (come i nintendo kids dimostrano) e una ristrutturazione degli altri settori industriali tradizionalmente assistiti

da qualche anno soffre una crisi economica per cause strutturali, in quanto le banche hanno partecipazioni azionarie nelle imprese in crisi e quindi sono coinvolte nelle loro vicende

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I “paesi in transizione”Insieme di stati ex comunisti dell’Est europeo:

paesi che hanno avviato la transizione

paesi che hanno una transizione bloccata

la Russia

Differenze: aree di antica industrializzazione, precedente al regime comunista (Repubblica Ceca, regioni polacche) e aree rurali (Romania, Bulgaria)

Caratteri comuni: sforzo di dialogo con l’occidente europeo (costituito da stati regioni)

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I “paesi che hanno avviato la transizione”Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Estonia,

Lettonia e Lituania

Caratteri comuni: sforzo di dialogo con l’occidente europeo e specialmente con la Germania

ristrutturazione delle industrie (meccanica, alimentare)

bassa inflazione con poche eccezioni

elevati investimenti esteri

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La transizione bloccata nella Penisola Balcanica

Limiti alla transizione verso un’economia di mercato: mancanza di una preesistente base industriale presenza di un settore agricolo con eccessi di m.o. e bassa redditività instabilità politica e conflitti etnici

Vantaggi verso la transizione: basso costo della m.o. che attrae investimenti esteri governi tolleranti verso le industrie inquinanti

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RussiaCaratteri:

ricchezza di risorse minerarie, agricole ed energetiche

riconversione dell’apparato industriale militare

opportunità di sviluppo per il settore della microelettronica e dell’informatica

Limiti:

limitato mercato interno

spinte politiche non definitivamente equilibrate

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Medio Oriente(Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi, Iran, Iraq, Kuwait, Oman, Qatar)

ricchezza di risorse energetiche

gli oleodotti accrescono l’importanza dei luoghi

area di accoglienza di immigrati pachistani, indiani, filippini

Non è solo l’economia a determinare l’importanza di un’area

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Caratteri:

accelerata crescita economica ma recente rallentamento

crescita provocata dall’apertura ai mercati e dal peso delle industrie tecnologicamente avanzate volte alle esportazioni

forti investimenti esteri

modello dirigistico delle economie nazionali che rassicura gli investitori

basso costo della mo

crisi finanziaria per il forte indebitamento delle imprese industriali e per il coinvolgimento delle banche, oltre che per le rivendicazioni sinda.

passaggio nel 1997 di Hong Kong alla Cina e pressione cinese anche per il passaggio di Taiwan

Tigri Asiatiche

(Hong Kong, Taiwan, Singapore, Corea del Sud)

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Caratteri:

accelerato sviluppo ma recente rallentamento

sviluppo provocato dall’apertura ai mercati e dal peso delle industrie tecnologicamente avanzate volte alle esportazioni

forti investimenti esteri

modello dirigistico delle economie nazionali che rassicura gli investitori

basso costo della mo

crisi finanziaria per il forte indebitamento delle imprese industriali e per il coinvolgimento delle banche, oltre che per le rivendicazioni sinda.

passaggio nel 1997 di Hong Kong alla Cina e pressione cinese anche per il passaggio di Taiwan

Tigri Asiatiche

(Hong Kong, Taiwan, Singapore, Corea del Sud)

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nel dopoguerra dall’economia agricola si passa a quella industriale grazie a un forte e pervasivo intervento dello stato

lo stato offre a privati finanziamenti, incentivi fiscali, commesse pubbliche e protezioni doganali

presenza degli chaebol, grandi imprese oligopolistiche

mo non sindacalizzata e a basso costo, che oggi rivendica un ruolo non solo come lavoratori ma anche come consumatori

Corea del Sud

Taiwan

Nonostante l’interscambio con la Cina sia elevato questo stato rischia di diventare una regione cinese, ricca ma dipendente

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la transizione verso un’economia di mercato comporta la liquidazione di moltissime imprese pubbliche col rischio di reazioni sociali

Vi sono diverse realtà: quella industriale del Nord-Est (tessile, siderurgico, trasporti); quella costiera più dinamica del Centro-Sud (Hong Kong e Shanghai) dove si hanno molti investimenti esteri; quella continentale ancora agricola; quella di Taiwan.

la quota di popolazione dedita all’agricoltura è ancora molto elevata

il reddito pro capite è molto basso da non sorreggere un buon mercato interno, ma è prevedibile una sua espansione

Cina

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gigante demografico con una struttura industriale debole che soffre le congiunture avverse

forti esportazioni di prodotti manifatturieri, nonostante il peso dell’occupazione agricola

Indonesia

Filippine industria nascente rivolta al mercato interno

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gigante demografico che emerge come mercato piuttosto che come produttore, tranne per le zone di Bombay e di Bangalore

molti dei suoi abitanti vivono al di sotto della sogli di povertà

la maggior parte della popolazione è dedita all’agricoltura

India

Brasile il Sud-Est e l’area di San Paolo sono le più vivaci

il Nord-Est è povero

dallo sfruttamento delle risorse agricole –minerarie (canna da zucchero, oro, diamanti, caffè) si è passati ad una solida base industriale (trasporti e componentistica) grazie agli investimenti esteri

immense aree a verde a rischio di degrado

le aree urbane presentano caratteristiche comuni nell’America Latina: espansione del settore finanziario, dei servizi e di alcune imprese a scapito di altri settori

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I pvsnegli anni ‘90: ritmi di crescita superiori ai paesi industrializzati sfruttamento della divisione internazionale del lavoro offerta di mo a basso costo

Alcune aree restano escluse dalla ripresa economica: l’Africa (eccetto Egitto e pochi altri stati) buona parte dell’America Latina (eccetto quei paesi aderenti ad accordi commerciali: il Messico al NAFTA (con Canada e USA); Argentina Uruguay Paraguay Brasile e Cile al Mercosur)

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Le strategie dei pvsIn passato: modelli di sviluppo protezionistici richiesta di aiuti internazionali stabilizzazione dei prezzi delle materie prime attacchi alle multinazionali ritenute predatrici di risorse

Oggi: apertura dei mercati alla globalizzazione accoglimento di capitali esteri attrazione di imprese transnazionali maggior peso del ruolo del privato rispetto al pubblico

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Le strategie dei pvs per divenire più competitivi

riduzione esasperata dei salari al limite di provocare disordini sociali riduzione delle tasse per le imprese estere riduzione dello stato sociale riduzione dei controlli ambientali

Ma questi paesi devono fare i conti con l’economia finanziaria globale che provoca crisi valutarie e speculazioni

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Effetti della globalizzazione

sul commercio dei beni di consumo sul mercato dei capitali nonostante i flussi di emigranti il mercato del lavoro è meno globalizzabile aumenta la disoccupazione con poche eccezioni mondiali, perché si incorpora più tecnica e capitale che lavoro nel prodotto

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Le strategie dei paesi industrializzati deregulation esasperata dei mercati dei capitali e dei beni deregulation del mercato del lavoro per aumentarne la flessibilità assoluto rilievo del settore privato ma nell’Europa Occidentale si tenta di conservare lo stato sociale tutelare il lavoratore e le figure più deboli

Si delinea una contrapposizione tra l’economia americana e un’economia “alternativa” (prevalentemente europea) per l’egemonia mondiale, a cui non saranno estranei i pvs anche per l’incognita demografica (in India e Cina)