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Informa Supplemento Notiziario per i soci della Società Italiana di Sociologia n.2 anno XIV 2012 Registrazione n.341 del 15.5.1998 c/o Tribunale di Trani Direttore: Marina Ruggiero rubrica PROFESSIONE SOCIOLOGO Le Tecniche per la partecipazione politica di Serena Pinnavaia

PROFESSIONE SOCIOLOGO MAGGIO 2012

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Supplemento Notiziario per i soci della Società Italiana di Sociologia n.2 anno XIV 2012 Registrazione n.341 del 15.5.1998 c/o Tribunale di Trani Direttore: Marina Ruggiero

rubrica

PROFESSIONE SOCIOLOGO

Le Tecniche per la partecipazione politica

di

Serena Pinnavaia

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La conoscenza del territorio e delle comunità che vi vivono, l'attivazione di azioni strutturate volte ad uno sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale, economico e della coesione sociale sono prerogative che guidano il lavoro del sociologo e che vedono nelle pratiche di progettazione partecipativa la loro più viva espressione. L'obiettivo della progettazione partecipativa risiede nella possibilità di garantire le azioni di sviluppo volte al miglioramento della qualità della democrazia, attraverso l'attivazione del “consenso attivo” della popolazione. Il compito del sociologo è volto a stimolare “l'ascolto attivo delle comunità”, suscitando in esse l'interesse alla partecipazione, alla progettazione e alla cooperazione con gli attori istituzionali, al fine di produrre decisioni rapide capaci di far fronte in modo corrispondente alle proprie esigenze. E' essenziale, quindi, per il sociologo, analizzare a fondo le dinamiche dei processi partecipativi e, soprattutto, di dare una valutazione degli esiti delle pratiche partecipative, al fine di non deviare dallo scopo per il quale esse sono state pensate. Valutazione degli esiti di alcune pratiche partecipative

Le sperimentazioni avvenute in Italia di alcune tecniche per la partecipazione dei cittadini nei

processi decisionali delle politiche pubbliche, in particolare Giurie dei Cittadini, Deliberative Poll, Town Meeting Open Space Technology e Consensus Building, hanno mostrato il dispiegarsi di negatività ravvisabili nei fenomeni di de-politicizzazione delle poste in gioco e di de-potenziamento del conflitto, dovute al crescente processo di tecnicizzazione insito nei meccanismi di funzionamento che si trovano alla base delle suddette tecniche. Tali derive tecnocratiche hanno impedito l'innesto di un processo virtuoso all'interno dei contesti politico-culturali che hanno visto l'impiego di tali tecniche e nei quali si auspicava l'emergere dei seguenti risvolti:

− miglioramento dei processi decisionali, in virtù di una maggiore legittimazione delle decisioni prese dai policy maker raggiunta attraverso il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali;

− empowerment del cittadino, inteso sia come aumento della capacità di quest'ultimo di influire autonomamente sulle decisioni prese a livello istituzionale, sia come aumento del capitale sociale, ossia di rete di relazioni tra soggetti sociali e, potenzialmente, tra società civile e amministrazione;

− aumento del senso civico e, quindi, di una maggiore responsabilizzazione del cittadino verso le questioni di politica pubblica;

− sviluppo economico e produzione di iniziative volte ad incoraggiare e a sostenere l'economia locale;

− sostenibilità economica ed ambientale. Dallo studio comparativo operato sugli effetti dispiegati da cinque tecniche per la partecipazione

impiegate in alcuni casi di democrazia locale svolti in Italia, emergono alcune regolarità sugli esiti prodotti e che dimostrano alcune negatività, purtroppo verificate in tutti i contesti di applicazione e nonostante le differenze di fondo che separano le varie tecniche, in quanto a caratteristiche, origine, scopo ed applicazioni. In generale, tutte le esperienze italiane sono riconducibili ad obiettivi sperimentali e non prettamente strumentali. Ciò significa che queste tecniche per la partecipazione non hanno portato i cittadini ad influire realmente sulle decisioni assunte dai politici. Sono, altresì, ravvisabili esiti volti al trasferimento di informazioni ai cittadini e al cambiamento delle loro opinioni e preferenze in merito alle questioni dibattute. In tutti i casi in cui sono state le Amministrazioni Pubbliche ad indire i processi partecipativi, i risultati sono stati presi maggiormente in considerazione dai politici. Quindi, indipendentemente dai processi svolti, la determinante ai fini della ricezione politica, va ricercata sulla committenza degli eventi. Hanno acquisito una maggior visibilità eventi come il Deliberative Poll su Sanità e Finanza Etica promosso dalla Regione Lazio nel 2006, in particolare dalla Giunta di sinistra di Piero Marrazzo e dall'Assessore al Bilancio, alla Programmazione economico-finanziaria e alla Partecipazione Luigi Nieri, il Town Meeting organizzato per la stesura di una Legge sulla Partecipazione in Toscana e nel Town Meeting sul Testamento Biologico, avvenuto all'interno della manifestazione “Biennale Democrazia”. Lo stesso è accaduto per quanto riguarda i progetti di riqualificazione urbana e di

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ristrutturazione degli edifici del Cisternino di Livorno e delle Ex- Fonderie Riunite di Modena. Lo stesso non si può dire, invece, per gli esperimenti riguardanti le Giurie dei Cittadini delle città piemontesi di Torino, Vercelli, Alessandria e la Giuria dei Cittadini organizzata a Bologna da una task force di ricercatori e il Deliberative Poll sulla Tav per la tratta Torino-Lione e sul diritto di voto agli immigrati. Nonostante le differenze, tutti gli esperimenti hanno prodotto un impatto nullo delle tecniche per la partecipazione sui processi decisionali. Dal punto di vista delle caratteristiche possedute, una Giuria dei Cittadini è profondamente diversa da un Open Space Technology, in quanto la prima prevede un processo estremamente strutturato in tutte le sue fasi, mentre la seconda lascia spazio alla creatività e alla spontaneità dei partecipanti. Se focalizziamo l'attenzione sugli esiti prodotti, sia le Raccomandazioni scaturite dall'Open Space Technology che le Proposte formulate dopo lo svolgimento delle Giurie dei Cittadini hanno dimostrato un valore solo se prese in considerazione dalle istituzioni governative. Nessuna autonomia decisionale del cittadino. Per contro, i processi partecipativi che sono stati voluti dalle istituzioni politiche hanno preso le sembianze di rimedi per legittimare le decisioni che stavano per essere prese in sede istituzionale. Quindi, influenza sulle opinioni e sulle preferenze dei partecipanti. Ma come si è raggiunto il consenso? Anche per quanto riguarda questo aspetto, troviamo alcune similitudini tra le Giurie dei Cittadini, i Deliberative Poll, i Town Meeting e il Tavolo del Confronto Creativo attivato nel processo partecipativo che riguardava la destinazione d'uso delle Ex-Fonderie di Modena. In tutti questi casi, il consenso non è stato raggiunto per effetto dialogico, ma in maniera forzata, attraverso l'intervento dei facilitatori o dei mediatori per un problema di contingentamento dei tempi. Ad esempio, nel caso della Giuria dei Cittadini svolta ad Alessandria, si è raggiunta forzatamente una convergenza verso un'unica preferenza, scaturita da una vera e propria aggregazione di preferenze. A Modena, si è verificato uno scostamento del funzionamento della pratica dal modello di riferimento per quanto riguarda la conduzione del tavolo del Confronto Creativo. Il vincolo temporale fissato al 31 maggio, infatti, ha portato la moderatrice ad accelerare i tempi per il raggiungimento del consenso di tutti i partecipanti, provocando, in tale maniera, un'accettazione unilaterale della proposta. Il mutamento delle preferenze dei partecipanti è avvenuto non per effetto dell'interazione dialogica, ma per un effetto negoziale, volto ad uno “scambio di poste”, capace di combinare le preferenze in vista del raggiungimento di un accordo. In tal maniera, si è verificata la trasformazione del “gioco a somma zero” in “gioco a somma positiva”.

La tecnica deliberativa ha influito sul dibattito, appianando tutti gli animi, non lasciando più spazio al significato politico delle esperienze. Il caso del Deliberative Poll sulla TAV ne è un valido esempio. Il confronto ha assunto dei connotati piuttosto pacati. Il Movimento No Tav ha acquistato una maggiore legittimità nel corso della discussione. Non si sono registrati particolari cambiamenti di opinione, ma si è verificato un avvicinamento fra le opinioni degli abitanti della Provincia di Torino, inizialmente più propensi ad avviare il processo di costruzione della linea ferroviaria e le opinioni degli abitanti della Val di Susa, contrari a tale progetto. Gli animi si sono sedati, anche se la realtà ha dimostrato esiti opposti. Sul tema riferito all'estensione del diritto di voto agli immigrati non si è avuto un equilibrio tra le parti, in quanto erano assenti le fazioni che si opponevano all'estensione di tale diritto. Il dibattito non è, quindi, riuscito. Appianamento degli animi e confronto pacato si sono verificati anche nel caso dell'Electronic Town Meeting sul Testamento Biologico, in cui sedevano insieme il Presidente dell'Ordine dei Medici e gli esponenti di Scienza e Vita, che avevano mostrato di avere posizioni diverse. E' parso che la discussione sia valsa solamente a sedare gli animi, ma non abbia portato a nulla di concreto al livello di presa delle decisioni e di influenza dei partecipanti sulle decisioni. Un altro aspetto sul quale è utile soffermarsi è la tipologia dei partecipanti ad eventi di questo tipo. L'Electronic Town Meeting su una Legge per la Partecipazione in Toscana ha ampliato la platea dei cittadini partecipanti sulle decisioni, ma il campione non è risultato rappresentativo della popolazione toscana, bensì statisticamente rappresentativo della cittadinanza attiva, ossia di individui politicamente informati, addetti ai lavori, pionieri delle nuove forme di governance locale, il 40% di loro aveva preso parte alle precedenti esperienze di partecipazione a processi decisionali. Si è trattato di una partecipazione “competente”, confermata dal titolo di studio dei partecipanti, che presentava il 52% dei laureati. Complessivamente, dalla comparazione risulta che il campione dei partecipanti all'evento viene

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estratto a sorte e si tenta di ottenere un campione rappresentativo della popolazione. Esistono numerosi casi di autoselezione. Composizione del Comitato Promotore e del campione cittadino, nonché scelta dei testimoni e degli esperti devono essere rappresentativi di tutti i punti di vista. Per la riuscita del dibattito occorre che siano presenti tutti i portatori di interessi, tutti gli stakeholder, le voci dei pro e dei contro sui temi discussi. Nella maggior parte dei casi esaminati, il processo partecipativo è stato rigidamente strutturato, ma si è tentato di stabilire un clima di dialogo, aperto all'ascolto reciproco, nel tentativo di creare le basi per ottenere un apprendimento reciproco. Il setting è risultato informale nella metà dei casi. Si è avuta sempre la presenza di facilitatori. Gli obiettivi sono perseguiti sono stati in gran parte educativi, ossia per lo più volti al trasferimento di informazioni e al conseguente mutamento delle opinioni, ma non hanno mai assunto un carattere strumentale, cioè interventistico. Si possono cogliere alcune differenze soltanto facendo riferimento alla diversa fattispecie (o tipologia) tra le tecniche impiegate. Le tecniche per la partecipazione

Le Giurie dei Cittadini sono state ideate da Ned Crosby, fondatore del Jefferson Center, di Minneapolis,nel Minnesota. La Giuria dei Cittadini è una tecnica deliberativa che consente ai policy maker di conoscere l'opinione informata dei cittadini su un questione controversa di interesse pubblico. Essa si prefigge l'ambizioso obiettivo di formulare raccomandazioni ai decisori politici, mirando a raggiungere, mediante la discussione, il consenso unanime dei partecipanti. Il valore della giuria risiede proprio nella sua capacità di produrre un verdetto, ovvero una risoluzione condivisa relativamente al quesito o all'insieme dei quesiti, cui è chiamata a dare una risposta. Il processo prevede la selezione casuale, mediante un campione stratificato, di un microcosmo rappresentativo della popolazione di riferimento quanto ad una serie di caratteristiche (sesso, età, istruzione, zona di residenza), in connessione alla specifica questione dibattuta. Il campione è abbastanza piccolo e può variare dalle 12 alle 25 persone. La Giuria è commissionata da un'Amministrazione Pubblica, che ha lo scopo di coinvolgere i cittadini in una decisione relativa ad una questione conflittuale. La Giuria è organizzata e promossa da un Comitato ad hoc, che è garante di tutto il processo, seleziona esperti e testimoni, controlla il materiale informativo. I giurati sono esposti alle informazioni provenienti dalle dichiarazioni degli esperti e dei testimoni e dalla documentazione fornita dagli organizzatori. All'evento deliberativo prende parte anche una platea di cittadini che mantiene un ruolo passivo fino alla sua conclusione, momento in cui chiunque può intervenire al dibattito e rivolgere alcune domande al gruppo degli esperti e dei giurati. La formulazione del quesito è una fase molto delicata e rilevante che spetta agli organizzatori e avviene dopo la selezione dei partecipanti. In tal maniera, gli organizzatori forniscono ai giurati le linee guida per affrontare la discussione e predisporre le Raccomandazioni finali. La Giuria, assistita dai facilitatori, si riunisce un certo numero di volte per discutere, sentire le testimonianze, formulare le raccomandazioni ed esporle al pubblico a conclusione dell'evento. I moderatori non hanno un ruolo attivo, ma devono trarre dai partecipanti le migliori informazioni che il gruppo può produrre, mantenendo un ruolo passivo. A distanza di due o tre mesi dalla chiusura dell'evento, la Giuria consegna ai policy maker il rapporto finale, che potrà essere disponibile al pubblico e ai media. Durante l'ultima fase del processo, i giurati sono chiamati a valutare la procedura utilizzata e lo staff coinvolto. I giurati sono remunerati, al fine di incentivare la partecipazione dei cittadini in esperimenti dello stesso tipo. L'evento arriva a concludersi in un paio di giorni, in Italia, mentre in altre realtà la durata varia dai quattro ai sette giorni. L'intero processo si articola nell'arco di due o tre mesi.

Il Deliberative Poll è uno strumento deliberativo ideato dal Prof. Fishkin, direttore del “Center for Deliberative Polling” dell'Università di Stanford. La tecnica si pone a metà strada tra un esperimento scientifico e una consultazione dell'opinione pubblica. E' una nuova ed aggiornata forma di sondaggio che offre la possibilità di misurare la differenza tra l'opinione corrente di un individuo mediamente non informato e l'opinione di un individuo che ha avuto la possibilità di approfondire una questione attraverso informazioni, confronto con gli esperti e dibattito tra opinioni

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diverse. Il Sondaggio Deliberativo assume importanza e valore dal momento che consente ai partecipanti di formarsi un'opinione o, eventualmente, di modificarla attraverso il confronto con gli altri partecipanti. Il Sondaggio Informato, come è stato chiamato il Deliberative Poll nelle esperienze avvenute in Italia, offre la possibilità alle istituzioni governative di usufruire di un “feedback informato” dei cittadini. Il Sondaggio Informato di Fishkin si compone di alcune fasi essenziali, che prevedono: la selezione casuale del campione, la somministrazione dl questionario su un tema specifico, un momento di confronto con gli esperti, la seconda somministrazione del questionario iniziale. Un Deliberative Poll può coinvolgere dalle 200 alle 600 persone. Lo stile di conduzione assume un “carattere morbido”, perché è volta esclusivamente a garantire a tutti la possibilità di esprimere la propria opinione. Il Deliberative Poll attribuisce grande importanza al ruolo dei media e agli sponsor nell'organizzazione dell'evento. I costi non sono troppo alti, negli Stati Uniti di solito variano da un minimo di 10 mila dollari ad un massimo di 50 mila. I metodi di interazione possono essere faccia a faccia, integrati, oppure on-line. La tecnica prevede un processo deliberativo strutturato. Si selezionano i componenti di un Comitato Consultivo composto da esperti e dai rappresentanti dei diversi orientamenti e punti di vista esistenti su quella data questione. I partecipanti vengono smistati all'interno di alcuni microgruppi assistiti dai moderatori, che hanno il compito di agevolare il confronto. I microgruppi lavorano alla formulazione delle domande da rivolgere agli esperti che interverranno al dibattito nel corso delle sessioni plenarie. La somministrazione finale del medesimo questionario è volto a misurare il cambiamento delle opinioni in seguito al dibattito.

Il Town Meeting è stato ideato da America Speaks ed è stato importato in Italia dall'Associazione Avventura Urbana in una versione adattata al contesto italiano locale. Il 21th Century Town Meeting ha lo scopo di coinvolgere fino a 5 mila persone per deliberare su argomenti complessi di politica pubblica. Anche questa tecnica prende a riferimento un campione. La selezione dei partecipanti può essere fondata sul sorteggio, su inviti, oppure può essere volontaria. I cittadini si riuniscono in un'unica sede e si dividono in piccoli gruppi formati dalle dieci alle dodici persone, assistiti da un facilitatore. Ogni gruppo ha a disposizione un computer collegato in rete, che trasmette i contenuti della propria discussione ad un'istanza centrale, che li rielabora e li ripropone all'intera platea. In tal maniera, è possibile conoscere in tempo reale le opinioni dei partecipanti, mediante lo strumento del televoto. La durata di un Town Meeting può arrivare fino ad un anno ed è molto costosa. Un singolo evento può durare dalle quattro alle sei ore. Esistono vari tipi di Town Meeting, tra cui si segnalano quello “open”, che conta sul coinvolgimento e sulla partecipazione diretta di tutti i cittadini e quello “rappresentativo”, in cui alcuni cittadini selezionati fra la totalità della popolazione locale discutono e votano in vece della collettività che rappresentano. L'assetto tecnologico del Town Meeting permette, oggi, di realizzare dibattiti pubblici contemporaneamente in più sedi e di pervenire a risultati comuni, puntando sull'utilizzo delle nuove tecnologie. Il metodo dell'E-TM combina, insieme, i vantaggi della discussione in piccoli gruppi con quelli di un sondaggio rivolto ad un pubblico più ampio. In questa continua alternanza tra momenti di discussione e momenti di voto individuale si può ottenere il vantaggio di costruire l'agenda dei lavori in modo progressivo, permettendo di produrre domande scaturite dalla discussione, da rivolgere immediatamente all'assemblea. Lo svolgimento dell'E-TM, in genere, è concentrato in un'unica giornata ed è articolato in sotto-sessioni. Nella fase iniziale, i partecipanti auto-selezionati, si dispongono in piccoli gruppi, accompagnati da un facilitatore. Ogni gruppo è dotato di un computer portatile sul quale annotare i i commenti emersi dalla discussione. Tali commenti vengono trasferiti, tramite rete wireless alla postazione centrale della Theme Team, un gruppo di persone che ha il compito di leggere le informazioni pervenute dai tavoli per raggrupparle ed inserirle in un testo sintetico. La theme team ha il compito, a questo punto, di rendere nota al pubblico la sintesi dei commenti e di citare le persone che li hanno prodotti. La metodologia utilizzata permette ai partecipanti di formulare le proprie domande, di esprimersi individualmente e di votare direttamente attraverso l'utilizzo delle tastierine, chiamate Polling Key Pads.

L'Open Space Technology (OST) è una tecnica che è stata creata nel corso degli anni '80 e, poi, perfezionata nel corso degli anni '90 da Harrison Owen, un organizzatore di convegni. Per ciò stesso, l'OST è una tecnica di gestione dei workshop, ma è anche una modalità d'indagine e

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decisionale adatta a situazioni in cui un gruppo differenziato di persone deve affrontare dei problemi complessi e conflittuali in modo innovativo e creativo. Il processo dell'OST è debolmente strutturato e la discussione viene autogestita dai partecipanti. Il conduttore ha il compito di creare le condizioni, “lo spazio aperto” per far emergere differenti idee e modi di pensare. L'OST è una tecnica per l'ascolto attivo, che ha come obiettivo caratterizzante di favorire processi di apprendimento reciproco fra gli attori interessati e trovare una soluzione a problemi che li coinvolgono in prima persona. Gli eventi OST sono organizzati a partire da un tema concreto e contingente proposto sotto forma di domanda rivolta a tutti coloro che mostrano interesse. Il conduttore ha il compito di definire i tempi, lanciare il tema generale della discussione ed enunciare le regole del gioco. I partecipanti, seduti in un ampio cerchio, apprendono nell'arco della prima mezz'ora quali sono le regole per creare una propria conferenza. Chiunque intende proporre un'idea o un tema per il quale prova interesse, si alza in piedi e lo annunzia al gruppo e, così facendo, da un lato gli viene assegnato uno spazio, nel quale incontrarsi con tutti coloro che sono interessati allo stesso tema, dall'altro si assume la responsabilità di organizzare la discussione e, al termine, scrivere un breve resoconto. L'intero evento è governato da un'unica regola, chiamata “Legge dei due piedi”, in base alla quale “se ti accorgi che non stai imparando né contribuendo alle attività, alzati e spostati in un luogo che ritieni essere più produttivo” . Per evitare equivoci, su alcuni grandi cartelli vengono scritti i seguenti 4 principi: chi partecipa è la persona giusta, qualsiasi cosa succeda va bene, quando si inizia si inizia, quando si finisce si finisce. L'OST segue un rituale abbastanza preciso. Ogni sessione di lavoro dura un'ora e venti minuti, dopodiché viene interrotta dal suono di un gong, che indica la chiusura dei lavori e l'opportunità per i partecipanti di scrivere la loro sintesi, in vista della seduta plenaria. L'organizzazione spaziale dell'OST prevede che le persone si siedono attorno ad un cerchio vuoto al suo interno, con una parete che fa da grande bacheca per appendere i titoli delle singole proposte con i nominativi dei proponenti e l'indicazione dei luoghi di riunione. Le sedie sono disposte in circolo e le porte rimangono aperte per dare un senso di libertà. La discussione si svolge in un clima di calma e di serenità, che permette ai partecipanti di “mettere al loro posto” coloro che tendono ad imporre le proprie argomentazioni. Ogni OST ha durata otto ore e deve durare almeno cinque ore. Sebbene l'OST non ha un programma definito, ha una struttura di base e un sistema di procedure da rispettare, che sono: introduzione, definizione del programma, l'apertura dello spazio di discussione, le conclusioni. Alcune volte, in condizioni di mancanza di tempo, il Report finale si può scrivere utilizzando il semplice sistema computerizzato di conferenza, o entrambi.

Il Consensus Building o Costruzione del consenso è un processo di risoluzione dei conflitti utilizzato principalmente complesse controversie multipartitiche. L'impiego della tecnica è utile in tutte le controversie in cui sono coinvolte più parti. Il processo permette ai soggetti coinvolti, che sono gli stakeholder, di lavorare insieme per arrivare ad una soluzione condivisa. “L'approccio del Consensus Building non mira ad un compromesso, ma ad una soluzione a somma positiva, in cui tutti i partecipanti possono riconoscere la propria idea originale, rivista in complementarietà con altre idee, resa visibile in un progetto creativo, coerente ed armonico”. La partecipazione degli stakeholder, attraverso il confronto, la comunicazione e l'interazione, permette forme di apprendimento collettivo e la produzione di soluzioni creative. Il consenso deve essere raggiunto all'unanimità e, quindi, deve essere riconosciuto come tale da tutti i partecipanti. Il processo non consente il raggiungimento del consenso attraverso il voto, ma lo consente solo attraverso il dialogo. La conclusione del processo porta all'approvazione di un accordo scritto. Una procedura di Consensus Building può avere una durata illimitata di tempo, perché ha termine solamente quando le parti riescono a trovare un accordo e, per tale ragione, è anche economicamente dispendiosa. Si cercano, di solito, finanziamenti esterni. La procedura prevede diverse fasi di svolgimento, che sono riconducibili ad una fase di convocazione delle parti in contesa, ad un'altra fase di definizione delle responsabilità e, infine, alle fasi che riguardano la deliberazione, la decisione e l'attuazione degli accordi. In particolare, la costruzione del consenso consiste nelle seguenti dieci fasi: identificazione del problema, identificazione dei partecipanti e reclutamento, convocazione (incluso reclutamento del facilitatore e scelta della location in cui sarà svolto il procedimento di Consensus Building e che dovrà possedere caratteristiche di neutralità e di stabilità, in quanto dovrà rimanere sempre quella

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per la durata dell'intero procedimento), progetto (elaborato dal facilitatore), analisi e definizione del problema dal punto di vista delle parti, individuazione e valutazione di soluzioni alternative, il processo decisionale, approvazione dell'accordo, attuazione dell'accordo e, infine, riattivazione della procedura. Quest'ultima fase riporta i contendenti a ricostruire il processo di Consensus Building, qualora fosse ostacolata l'implementazione dell'accordo per qualsiasi ragione.

Di fronte a queste descrizioni tecnicistiche di tali pratiche deliberative e ai loro esiti, ci preme trarre la considerazione che occorre ripensare alle tecniche di partecipazione come a validi strumenti democratici, che devono essere volti al coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali. Per tale ragione, essi devono essere conosciuti da tutti da tutti i cittadini e non solo da studiosi e politici. Se si verificasse tutto ciò, si eviterebbe soprattutto il rischio di strumentalizzazione delle suddette tecniche per la partecipazione. A cosa serve, infatti, perfezionare sempre più i meccanismi che incidono sulle regole del dialogo, se ciò non serve realmente a risolvere i problemi della comunità?

Andiamo a vedere, in sintesi, cosa è accaduto nei casi di studio avvenuti nel contesto italiano. Casi di sperimentazione delle tecniche partecipative Le Giurie dei Cittadini di Torino e di Bologna svolte nel 2006 hanno introdotto l'utilizzo di questa tipologia di tecnica in Italia. In entrambe le città i giurati sono stati chiamati a pronunciarsi sulle misure da adottare per combattere l'inquinamento atmosferico prodotto dal traffico veicolare. Entrambi gli eventi appartengono ad un processo altamente strutturato. A Torino, l'evento si è svolto nelle giornate di sabato 18 e sabato 24, ed ha visto il coinvolgimento di 21 giurati, mentre a Bologna l'evento si è svolto in un'unica giornata, il 5 marzo 2006, che ha coinvolto 50 giurati. Gli organizzatori dell'esperimento di Bologna hanno preso come modello di riferimento un esperimento analogo condotto nel 2005 a Dublino. Un lungo processo di preparazione organizzativa ha permesso lo svolgimento delle 2 Giurie dei Cittadini. Gli organizzatori si sono attenuti alle indicazioni presenti in letteratura in merito ad esperienze già svolte. Hanno, quindi, proceduto costituendo, per quanto riguarda entrambe le giurie, un Comitato Promotore, al fine di garantire a tutto il processo la massima neutralità ed equità. Il Comitato di Torino era formato dai rappresentanti dei gruppi di interesse economico-automobilistici, associazioni ambientaliste ed istituzioni pubbliche. Il Comitato ha contribuito alla formulazione del tema della giuria, alla definizione degli scenari e alla segnalazione dei nominativi degli esperti e dei testimoni. Al Comitato di Bologna avevano aderito anche due esperti, uno di questi con competenze giuridiche e l'altro con competenze scientifiche. Uno dei principali compiti compiti a cui sono stati chiamati ad adempiere i membri dei Comitati delle Giurie, con il supporto dei gruppi di ricerca, era riferito alla determinazione della charge, ossia la questione alla quale sottoporre i giurati. Il tema è stato definito nei termini più generali di “Misure per ridurre l'inquinamento da traffico veicolare nell'area metropolitana torinese”. Il gruppo di ricerca, promotore dell'evento, dal suo canto, ha cercato di far evitare un'eccessiva dispersione del dibattito e la possibilità di giungere a Raccomandazioni non sostenibili dai Comuni in termini di bilancio e ne ha discusso in riunione con il Comitato. Al termine di una riunione, si è convenuto che il tema sottoposto ai giurati avrebbe dovuto essere predefinito a partire da alcuni scenari di misure strutturali. Il gruppo di ricerca ha deciso, quindi, di impostare la discussione a partire dagli scenari, lasciando ai giurati ampia libertà sule modalità di definizione della decisione finale. Tali scenari avrebbero dovuto essere “realistici”, cioè ispirati ad esperienze consolidate o in via di sperimentazione in altre città europee e liberamente adattati al contesto torinese, “radicali”, ossia comprensivi di misure aventi costi e benefici individuali e collettivi visibili e volti ad indurre mutamenti significativi delle abitudini di mobilità dei cittadini, “economicamente sostenibili” per i bilanci comunali, in quanto i finanziamenti comunali non avrebbero dovuto comportare una radicale redistribuzione delle voci di spesa dei comuni o la necessità di richiedere trasferimenti agli enti superiori. A Bologna la charge è stata formulata ponendo, in primo luogo, alla giuria una domanda

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di carattere generale: “L'accesso dei veicoli privati al centro storico dovrebbe essere libero o limitato?” Dopo questa domanda di carattere generale sono state poste alla giuria alcune sotto-domande riguardanti gli approcci di policy, (di tipo regolativo, di tipi economico e di tipo tecnologico) che sarebbero stati più idonei adottare al fine di perseguire queste limitazioni. A Torino, la selezione dei partecipanti è stata affidata ad una società di sondaggi, alla quale è stato chiesto di selezionare 24 cittadini che rispondessero a determinate esigenze di eterogeneità. All'evento hanno partecipato 21 giurati. A Bologna, il gruppo di ricerca ha deciso di reclutare 50 cittadini a rivestire il ruolo di giurati, un numero che supera largamente quello indicato dal modello di Crosby, con l'obiettivo di aumentare il grado di rappresentatività della giuria e della significatività dell'analisi statistica. Anche in questo caso, la selezione è stata affidata ad una nota società di rilevazioni statistiche. Gli organizzatori dell'evento di Bologna, in collaborazione con alcuni esponenti delle Amministrazioni Pubbliche presenti nel Comitato Consultivo, hanno predisposto un documento informativo da fornire ai giurati per farli familiarizzare con l'argomento sul quale dovevano fornire le risposte. Anche a Torino è stata fornita ai giurati una documentazione informativa contenente alcuni dati relativi all'inquinamento in città, che è servita come base preliminare di conoscenza sul tema proposto. Sempre a Torino, si è stabilita una durata di 15 minuti per ogni intervento dei relatori, i quali erano vincolati ad una griglia di domande prestabilita, rappresentata da scenari costituiti dalle misure di mobilità proposte dagli organizzatori. La facilitatrice dell'evento, Iolanda Romano della società Avventure Urbane ha seguito dall'esterno tutte le fasi progettuali, aggiornandosi periodicamente sulle decisioni del Comitato Promotore e insieme al gruppo di ricerca ha definito la scansione degli interventi e le regole del dibattito. Per rendere l'evento più visibile, sono state invitate a partecipare anche le autorità politiche, le quali hanno inviato i loro portavoce. Prima e dopo l'evento sono stati pubblicati alcuni servizi sul telegiornale regionale. L'evento si è svolto in una sede informale, il Dipartimento di Studi Politici dell'Università di Torino. I partecipanti sono stati disposti in maniera circolare,e al fine di ridurre le disuguaglianze e dare a tutti un posto in prima fila. Ogni giornata è stata suddivisa in due sessioni, una dedicata agli interventi di esperti e di testimoni, l'altra dedicata al dibattito. La seconda fase dibattimentale è stata interamente gestita dalla facilitatrice, che ha cercato di far convergere le preferenze dei partecipanti verso la scelta di uno scenario comune. Ad un certo punto della conduzione, si è delineata una polarizzazione delle posizioni su due versanti che sembravano opposti ed inconciliabili: il divieto di circolazione per i veicoli non ecologici e la tripartizione della superficie urbana. La condivisione di uno scenario comune si è finalmente di uno scenario comune si è finalmente raggiunta grazie ad un'idea pervenuta dall'intervento di un giurato, che ha proposto di integrare le due misure in modo sequenziale. Il consenso non si è raggiunto su un punto, che faceva riferimento alla data di inizio del divieto. A questo punto, si è passati, comunque, alla stesura delle raccomandazioni finali, scritte dai ricercatori e simultaneamente proiettate, in modo da renderle visibili a tutti per poterle, eventualmente, modificare. Alla fine, i giurati proposto di inserire alcune aggiunte allo scenario, prima di procedere all'approvazione finale delle raccomandazioni finali. Prima della proclamazione delle Raccomandazioni, avvenuta in presenza della stampa e delle istituzioni, i giurati hanno compilato il questionario finale, che era stato predisposto con la finalità di verificare se e come le opinioni dei giurati avevano subito un cambiamento, per effetto del processo di acquisizione delle informazioni e di quello dialogico. Si è fatto un confronto tra le risposte del questionario distribuito alla fine dell'evento e quelle fornite dal medesimo questionario distribuito all'inizio della prima giornata. Dall'analisi delle risposte, si evince che la maggior parte degli intervistati considera il problema del traffico molto rilevante, così come, nella loro percezione, acquista maggior rilevanza il problema dell'inquinamento prodotto dal traffico. Per quanto riguarda l'indice di gradimento dell'esperienza, si rileva che undici giurati si sono dichiarati soddisfatti dell'esperienza vissuta. Qualche calo di gradimento presenta la soddisfazione per il proprio contributo, mentre si attestano ad un livello medio di gradimento l'accordo con la decisione finale e la conduzione del facilitatore. A Bologna sono state messe a punto numerose condizioni per assicurare la qualità della deliberazione. Al fine di garantire l'inclusione di tutti i punti di vista, sono stati invitati a prendere parte al Comitato Consultivo i membri dei gruppi di interesse economico, delle organizzazioni ambientaliste e delle

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amministrazioni pubbliche, oltre a due esperti. Al fine, invece, di garantire la completezza delle informazioni, il gruppo di ricerca ha concordato con il Comitato Consultivo di far inserire all'interno della documentazione che andava inviata ai giurati un documento scritto da tutte le parti, una sorta di “”memoria difensiva”, termine che rimanda al procedimento giudiziario e che gli organizzatori intendevano “mimare”. Pochi giorni prima dell'evento, le grandi associazioni dei commercianti hanno inaspettatamente avvertito gli organizzatori che non vi avrebbero più preso parte. La documentazione prevista è stata, dunque, redatta dalla sola parte ambientalista, che ha subito sollevato qualche protesta. Tra le categorie economiche presenti all'evento comparivano l'ACI e l'Associazione dei commercianti del centro storico, Non avrebbero, dunque, preso parte al dibattito i membri “testimoni” delle due principali associazioni di categoria, ASCOM e Confesercenti. La strutturazione del processo è apparsa piuttosto rigida, soprattutto per quel che riguarda i tempi e le modalità di intervento. La conduzione del processo è stata affidata adun moderatore, una figura autorevole proveniente dal mondo accademico, Carlo Guarnieri dell'Università di Bologna. Il dibattito è, comunque, avvenuto in un clima favorevole all'ascolto reciproco, nonostante ci siano state polemiche e criticità. Il rispetto dei tempi ha, comunque, permesso a tutti gli attori in campo di far sentire la propria voce. La relazione della parte ambientalista ha avuto grande valenza tecnica. Vi è stato un vivace dibattito tra amministratori pubblici ed esperti, in merito a tematiche prettamente tecniche, come le modalità con cui vengono effettuate le misurazioni o le caratteristiche dei diversi tipi di inquinanti. Le risposte fornite dalle istituzioni hanno arricchito di informazioni la base conoscitiva dei giurati. Da questa discussione è emerso, infatti, che mentre le misure locali di limitazione al traffico sarebbero state efficaci per ridurre il livello di benzene, nel caso delle polveri sottili ciò non si sarebbe, forse, verificato. Risulta chiaro come la natura del problema, ovvero le ragioni che giustificano la limitazione del traffico nel centro storico abbia assunto per il tema oggetto del dibattito le caratteristiche di un frame egemone, rappresentato dalle conseguenze negative dell'inquinamento atmosferico sula salute umana. La parte economica non ha proposto alcuna argomentazione valida da contrapporre alle argomentazioni scientifiche e dettagliate portate avanti dagli esperti di parte ambientalista. I rappresentanti della parte economica hanno portato avanti argomentazioni volte a tutelare i propri interessi individualistici. I giurati non sono apparsi influenzati dagli interventi degli esperti e dei testimoni nel formulare il verdetto finale, nel quale hanno voluto inserire un aspetto rilevante emerso durante il dibattito, ossia che i veicoli motorizzati a due ruote dovevano essere soggetti alle medesime regole vigenti per i veicoli a quattro ruote. Dall'analisi delle risposte fornite dai partecipanti al questionario distribuito in entrata e in uscita dall'evento, è emerso che il processo deliberativo ha prodotto nei giurati alcuni mutamenti di opinione. I cittadini hanno aumentato il loro senso di efficacia politica nei termini di accrescimento della propria competenza politica e della propria capacità di influenza sulla politica. Per quanto riguarda il tema del dibattito, si è rafforzata la propensione verso restrizioni di chiusure non limitate o parziali. Infine, per quanto riguarda il grado di soddisfazione espresso dai giurati sullo svolgimento dell'evento, il 92,7% ha espresso un giudizio positivo sulla giornata. Le Giurie dei Cittadini di Alessandria e di Vercelli sono state organizzate nei primi mesi del 2007, ad un anno di distanza da quelle svoltesi a Torino e a Bologna. Tali giurie hanno coinvolto i cittadini in un processo deliberativo in un processo deliberativo volto all'elaborazione di misure per la riduzione dell'inquinamento prodotto da traffico veicolare. Anche questa volta, l'idea di organizzare i due eventi è nata dal mondo accademico, ossia da un gruppo di ricerca coordinato da Luigi Bobbio, dell'Università di Torino, quindi non dagli amministratori locali. Le Giurie dei Cittadini di Alessandria e di Vercelli assumevano, ancora una volta, un carattere sperimentale e non erano considerate come strumento istituzionalizzato capace di poter influenzare direttamente le decisioni dei politici. L'obiettivo era, dunque, quello di chiamare i cittadini ad intercalarsi nel ruolo do giurati e ad emettere una sorta di “verdetto” condiviso da tutti i partecipanti, concernente la proposta di provvedimenti da attuare per ridurre l'inquinamento da traffico e di porre all'attenzione degli amministratori pubblici il documento con le Raccomandazioni finali. Per la realizzazione delle due giurie, il gruppo di ricerca ha utilizzato come disegno metodologico il modello della giuria dei di Torino. Nelle due città si è attribuito un diverso grado di

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rilevanza al problema dell'inquinamento. Alessandria, che nel 2007 contava 90 mila abitanti, ha occupato da sempre una posizione molto elevata nell'elenco delle due città più inquinate d'Italia e, per tale ragione, in città erano stati presi provvedimenti di rilievo per contrastare il problema, che riguardano, in particolare, l'adozione di una grande zona a traffico limitato nel centro storico, che ha sollevato numerose proteste e, nell'estate del 2005, l'avvio del progetto comunale di chiusura del centro al traffico. A Vercelli, città che nel 2007 contava 45 mila abitanti, al contrario di quanto era avvenuto ad Alessandria, l'amministrazione comunale non aveva adottato alcun provvedimento in materia di inquinamento e la situazione era di per certo meno calda. Per quanto riguarda gli aspetti relativi alla composizione del materiale informativo, entrambi i Comitati Promotori hanno deciso di esplicitare al suo interno le possibili linee d'intervento per la riduzione dell'inquinamento, con la doppia finalità di aiutare i giurati ad avviare la discussione a partire da azioni concrete e, nello stesso tempo, di evitare il raggiungimento di Raccomandazioni non sostenibili economicamente dai Comuni. Ad Alessandria sono state inserite all'interno del Documento Informativo delle vere e proprie misure d'intervento, che consistevano in nove azioni ed una decima denominata “varie ed eventuali”. La documentazione ha assunto una dimensione rilevante, perché in essa si faceva riferimento anche alla complessa normativa presente da qualche mese in tema di inquinamento. A Vercelli, invece, si è preferito inserire all'interno del documento informativo da dare in consegna ai giurati, i principi da cui far articolare le azioni concrete, distinguendo tra azioni da far intraprendere alla amministrazioni in termini di investimenti, ed azioni a carico dei cittadini, in termini di costi da supportare. Sono stati selezionati 24 cittadini per l'evento di Alessandria e 20 per l'evento di Vercelli, dove alla fine si sono presentati in 18. Entrambi sono campioni probabilistici di piccole dimensioni, ovviamente non rappresentativi della popolazione. La selezione è stata affidata alla società di rilevazioni statistiche TNS Abacus. Entrambi i processi deliberativi hanno presentato alti livelli di strutturazione. I setting di entrambe le giurie hanno giocato un ruolo di non poca rilevanza sull'andamento e sugli esiti del processo deliberativo Ad Alessandria, l'evento si è svolto presso la Sala Giunta del Comune, sede solenne ed austera e luogo deputato alle decisioni, che ha caricato d'importanza l'evento, ma che lo ha “ingessato” sin dall'inizio, contrastando l'emergere di un clima favorevole alla spontaneità. A Vercelli, l'evento si è svolto presso la sede distaccata dell'Assessorato all'Ambiente della Provincia di Vercelli, che era sì un luogo istituzionale che legittimava il processo, ma non appartenente all'amministrazione competente per l'applicazione delle Raccomandazioni finali. Ad Alessandria, la facilitatrice è stata coadiuvata nella conduzione dell'evento da una co-facilitatrice. La seconda giornata è stata dedicata agli interventi degli speaker e alla fase dibattimentale. I giurati sono stati invogliati dalla facilitatrice ad esplicitare il proprio giudizio sulle misure da adottare, che poi è confluita nelle Raccomandazioni finali. Lo stile di conduzione si è rilevato troppo morbido e poco stimolante. “Il consenso non è stato raggiunto seguendo d'integrazione, ma piuttosto è stato creato uno scenario finale frutto dell'unione delle misure maggiormente condivise”. Si è avuta l'impressione che non tutti i partecipanti abbiano avuto la possibilità di esprimere il proprio parere e non si è avuto il tempo necessario per stabilire un terreno comune sul quale porre le basi per il raggiungimento del consenso. A Vercelli, la Giuria dei Cittadini si è svolta nelle giornate di sabato 3 marzo e di sabato 10 marzo 2007, Quest'ultima giornata è stata dedicata interamente al dibattito e alla deliberazione. Durante la fase dibattimentale, quando finalmente emergevano le misure condivise, queste venivano immediatamente scritte all'interno delle Raccomandazioni finali, che venivano simultaneamente proiettate. Durante il dibattito c'è stato un momento critico, in cui alcuno giurati hanno messo in dubbio la rilevanza del tema affrontato, sostenendo che le conclusioni non sarebbero state prese in considerazione dall'Amministrazione Pubblica. A questo punto, la facilitatrice ha invogliato i giurati a riflettere sulla complessità del problema relativo all'inquinamento e sulla difficoltà a trovare una soluzione per risolverlo. La tecnica ha prodotto una discussione tra i “pro-mobilità” e i “pro-ambiente”, che ha determinato dapprima una polarizzazione delle posizioni e, successivamente, ha individuato la formazione di un terreno comune. Tali argomentazioni hanno portato ad una convergenza sulla convinzione che l'inquinamento è un tema rilevante. Nel pomeriggio, le ultime due ore sono state dedicate alla fase della deliberazione. Su due fogli separati i giurati dovevano annotare quella che poteva essere la misura principale che il cittadino poteva adottare e quella che poteva adottare

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l'amministrazione pubblica. Le misure segnalate sono state organizzate in una tabella e poi proiettate ai giurati, i quali hanno indicato anche alcune misure che non erano state menzionate all'interno del documento informativo. La facilitatrice, a questo punto, ha cercato di unire le diverse preferenze emerse e i giurati si sono accordati sul combinare la promozione di mobilità alternativa insieme all'impegno di utilizzare motori sempre più puliti. Le Raccomandazioni scaturite da entrambe le giurie presentano un insieme di proposte che incidono sulla mobilità privata. I giurati pro-mobilità privata hanno mutato le loro prefernze o l'ordine delle priorità delle medesime. Dai risultati dei questionari somministrati ai giurati prime e dopo l'evento deliberativo, è emerso che lo strumento deliberativo adottato ha prodotto un aumento dell'attenzione rivolta al problema oggetto della discussione ed un effetto di sensibilizzazione dei giurati verso le politiche che riguardano altri ambiti. In entrambe le città, gli amministratori pubblici presenti hanno esposto alla giuria le loro osservazioni prima dell'enunciazione delle Raccomandazioni, dichiarando che avrebbero preso in considerazione quanto convenuto dai giurati. Il Sondaggio Informato sulla TAV e sul diritto di voto agli immigrati è stata un'esperienza di carattere sperimentale che ha visto l'impiego della tecnica del Deliberative Poll in Italia. I temi del dibattito erano relativi all'estensione del diritto di voto agli immigrati e alla costruzione della tratta ferroviaria che collega Torino e Lione. L'obiettivo di questo sondaggio è stato prettamente educativo, cioè volto all'osservazione del cambiamento delle opinioni e degli atteggiamenti dei partecipanti. Il Sondaggio deliberativo, o “consultazione dei cittadini”, come è stato definito dagli organizzatori, si è svolto a Torino nel fine settimana del 24 e del 25 marzo 2007, presso l'Arsenale Borgo Dora, messo a disposizione dal Sermig. Questo sondaggio deliberativo era parte di un vasto progetto europeo volto a realizzare uno studio sui cambiamenti della cittadinanza in Europa, incentrato sul “deficit democratico” del sistema di governance multilivello. Il Deliberative Poll organizzato a Torino ha assunto caratteri di complessità per la rilevanza delle tematiche discusse ed è stato progettato da una “task force” di studiosi di Intune con il sostegno e la consulenza di Luigi Bobbio, James Fishkin, Robert Luskin, Angelo Pichierri e Giovanni Zincone. Relativamente alla questione sull'estensione del diritto di voto agli immigrati, il Consiglio Comunale di Torino aveva approvato nel 2005 una delibera che estendeva l'elettorato attivo e passivo a tutti gli stranieri non comunitari residenti a Torino da almeno 6 anni. La delibera aveva incontrato le contestazioni della Lega Nord, che sono state, in seguito, bloccate dal governo nazionale, su parere conforme del Consiglio di Stato. Sul tema relativo al nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione vi era una disputa più che decennale tra i proponenti del progetto, che facevano capo alle istituzioni governative e alle Ferrovie e gli abitanti della Valle di Susa, culminata con le numerose proteste avvenute tra i mesi di ottobre e di dicembre 2005. Il conflitto assumeva toni sempre più aspri e l'opposizione della popolazione verso la costruzione della tratta ferroviaria Torino-Lione era supportata dalla forte organizzazione del Movimento No-TAV. Tale movimento era messo da motivazioni concernenti la difesa della salute e dell'ambiente, ma anche dalla considerazione dell'inutilità dell'opera e dei costi eccessivi. I pareri contrastanti al Movimento No-TAV riconducono quest'ultimo nell'alveo delle mobilitazioni, acronimo che sta per “Not In My Back Yard”ed espressione che descrive malevolmente tutti i movimenti che si oppongono alla costruzione di grandi infrastrutture, come “mossi dal cieco egoismo di chi non vuole un certo impianto a casa propria, ma non muoverebbe un dito se fosse proposto a casa degli altri.” Il movimento che contrasta la TAV è nato negli anni '90 e nel corso del tempo ha allargato di molto i propri confini. Inizialmente, i cittadini locali erano supportati solo da alcune associazioni ambientaliste e da esperti, ai quali si sono aggiunti dal 2000 anche i centri sociali, alcuni partiti politici come i Verdi e il sindacato dei COBAS. Nel frattempo, sono nati anche i comitati dei cittadini, il movimento si è aperto verso l'esterno, stringendo rapporti con il versante francese della protesta e prendendo parte anche al G8, che si è svolto a Genova nel 2001. La protesta ha assunto sempre più i toni di una “mobilitazione locale”. Da parte politica, si è assistito ai numerosi appelli che sono stati rivolti alla popolazione locale, affinché acconsentissero alla costruzione della linea ferroviaria, in nome di richieste pervenute dall'Unione Europea. Ma non è servito a nulla, in quanto le forze oppositrici sono riuscite a bloccare i lavori. A seguito di tali eventi, i politici hanno istituito, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1° marzo 2006, l'Osservatorio per il

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collegamento ferroviario Torino-Lione, diventato operativo dal 12 dicembre 2006 e che doveva rappresentare lo strumento di consultazione tecnica per le decisioni che doveva prendere il tavolo istituzionale. L'operato dell'Osservatorio si è concluso con la stesura di un documento condiviso , che consisteva in quattro punti, che rappresentavano i criteri e i principi da rispettare per la costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione. Il Sondaggio Informato di Torino ha previsto la costituzione di due Comitati di stakeholder, uno per ogni tematica oggetto del dibattito, all'interno dei quali il gruppo di ricerca ha cercato di coinvolgere tutte le posizioni più rilevanti attive nel dibattito pubblico, in maniera da raggiungere un equilibrio tra le parti che avevano una posta in gioco. Il Comitato sulla TAV è risultato composto da 13 membri, 6 di parte “pro TAV” e 6 di “no TAV”. La predisposizione del documento informativo spettava, in questo caso, a Noemi Podestà, la quale ha dovuto incontrare le parti separatamente, in quanto avevano mostrato la volontà di non incontrarsi. Hanno partecipato all'evento deliberativo nel fine settimana del 24 e del 25 marzo 2007 un campione di 182 cittadini residenti nella Provincia di Torino selezionati casualmente. Al sondaggio deliberativo il campione è risultato composto da 176 individui, perché 6 di loro non hanno potuto partecipare alle discussioni del secondo giorno. Alla società Avventura Urbana è stato affidato il compito di reclutare e di formare i moderatori, sotto la direzione di Iolanda Romano. La valutazione delle differenti fasi deliberative sul cambiamento degli atteggiamenti è stata possibile attraverso la somministrazione di un questionario prima e dopo l'evento. Lo svolgimento del sondaggio deliberativo prevedeva dapprima una discussione libera tra i partecipanti riuniti in 19 piccoli gruppi ed assistiti da un moderatore, successivamente, la formulazione delle domande da rivolgere agli esperti ed, infine, la riunione in assemblea plenaria per ascoltare le risposte degli esperti. I moderatori dovevano lasciare esprimere liberamente i partecipanti ed intervenire solamente nel momento in cui la discussione rischiava di essere monopolizzata dagli individui più attivi. Il moderatore della sessione era Luigi Bobbio. I tavoli che avevano una composizione più eterogenea dei partecipanti hanno dato vita ad un vivace dibattito. Durante le sessioni plenarie gli esperti e i politici hanno risposto alle domande formulate dalle persone sedute al tavolo. Per ogni sessione sono intervenuti 4 esperti, concordati con il Comitato Promotore per garantire l'equilibrio fra le parti. L'equilibrio delle parti non si è raggiunto nelle sessioni dedicate al diritto di voto degli immigrati, perché non esistevano pareri contrastanti fra loro, in quanto all'evento deliberativo non avevano preso parte le fazioni contrarie all'estensione del diritto di voto. L'esperimento si è concluso con due sessioni plenarie consecutive con i politici della durata di 30 minuti e moderate da Luigi Spina, vice direttore del quotidiano “La Stampa”. Sui temi oggetto del dibattito differivano, comunque, sia il grado di conflittualità che la distribuzione delle informazioni. In generale, è emerso che gli abitanti della Val di Susa erano molto più direttamente coinvolti nel problema dell'Alta Velocità rispetto agli abitanti del resto della Provincia di Torino, i quali, a loro volta, erano molto più coinvolti dalla problematica dell'immigrazione rispetto al resto degli abitanti della provincia. Dalle risposte fornite dai partecipanti ai questionari distribuiti all'inizio e alla fine dell'evento deliberativo, si è notato un significativo miglioramento nella pluralità delle informazioni acquisite, mentre più ampia è stata l'acquisizione conoscitiva dei partecipanti in tema di diritto di voto agli immigrati. Alla fine dell'esperimento non si è registrato alcun significativo cambiamento di opinione tra i partecipanti, tranne l'aver registrato una diminuita distanza tra le opinioni degli abitanti della Val di Susa e le opinioni degli abitanti della Provincia di Torino relativamente al Movimento No TAV e le ragioni della protesta. Il Movimento No TAV ha acquisito certamente una maggiore legittimità nel corso della discussione.

Il Sondaggio Informato su Sanità e Finanza Etica della Regione Lazio si è tenuto a Roma nella giornata di domenica 3 dicembre 2006 ed è stata la prima esperienza a carattere sperimentale di applicazione del Sondaggio Informato, che muove dal Deliberative Poll ideato da James Fishkin dell'Università di Stanford. Promotori dell'iniziativa sono stati la Regione Lazio, in collaborazione con l'ISPO e con la rivista Reset. La sperimentazione è stata voluta dalla giunta regionale di centro-sinistra salita in carica nel 2005, in particolare dal Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo e dall'Assessore al Bilancio, alla Programmazione economico-finanziaria e alla Partecipazione Luigi Nieri. Dal 2005, il nuovo esecutivo ha avviato un percorso partecipativo volto ad inserire la partecipazione come condizione “strutturante” delle strategie decisionali dell'ente, con l'obiettivo di

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rendere più trasparenti e leggibili i documenti finanziari della Regione, adoperandosi nella stesura di un rapporto annuale sull'andamento dell'economia del Lazio e raccogliendo i contributi sociali alla formazione della proposta di Documento di Programmazione Economica e Finanziaria per il biennio successivo, che avrebbe assunto le caratteristiche “bilancio condiviso”.Purtroppo, non si trattava ancora di un processo “redistributivo”, in quanto quest'ultimo si applicava più alla programmazione economica che alle voci di bilancio. Il processo in questione è stato denominato “Economia Partecipata”. A parere della stampa, dalle esperienze regionali legate al Bilancio Partecipato stava nascendo una seconda generazione della partecipazione, appunto questa particolare forma di sondaggio. L'obiettivo dell'evento consisteva nell'informare un campione rappresentativo della popolazione sulla scelta di governo su due temi molto dibattuti in ambito regionale, Sanità e Finanza Etica e trarre, nel contempo, critiche e suggerimenti sulla destinazione d'uso delle risorse economiche. La Sanità, infatti, rappresentava la voce più grande del bilancio della Regione, con un debito di circa 12 milioni di Euro. Per partecipare all'evento sono stati scelti dall'ISPO 150 cittadini su un campione della popolazione laziale di 2000 persone, intervistate telefonicamente sulle sei tematiche-chiave oggetto del sondaggio, che vertevano su sanità, finanza etica, acqua, mobilità, rifiuti. Ai 150 partecipanti, che costituivano un campione rappresentativo della popolazione dai 18 anni in su, è stato inviato il materiale informativo inerente allo svolgimento dell'evento preparato dalla Rivista Reset e dall'ISPO, una guida con l'obiettivo di stimolare la conversazione sui temi proposti. L'opuscolo informativo era diviso in due sezioni, una dedicata al tema della sanità e l'altra al tema della finanza etica e agli investimenti della Regione Lazio. L'opuscolo informativa riportava su entrambi i temi alcune proposte avanzate dalla Regione Lazio. La struttura dell'evento prevedeva la formazione di 10 gruppi composti da 15 persone e ogni gruppo doveva essere accompagnato da un facilitatore che animava e regolava il dibattito. I gruppi dovevano riunirsi per formulare le domande da rivolgere agli esperti, i quali avrebbero risposto durante l'assemblea plenaria. Al termine, i partecipanti hanno compilato il questionario. Sul tema riguardante la Sanità, sono intervenuti esperti di entrambe le voci, dei “pro” e dei “contro” rispetto alle proposte presentate. Sul tema relativo alla Finanza Etica, invece, i partecipanti dovevano esprimere una preferenza di investimento e ordinare le quattro risposte, secondo una classifica di gradimento. Dai risultati del questionario finale, è emerso che i partecipanti si sono sentiti particolarmente entusiasti dell'esperimento e che il 96% di loro avrebbe partecipato volentieri ad un altro sondaggio informato. L'85% di loro ha dichiarato di essersi fatto un'idea più chiara sui temi di discussione. Si è registrato, infatti, un notevole incremento delle risposte corrette fornite dai partecipanti su entrambi i temi. Le risposte al questionario hanno fatto registrare un cambiamento delle opinioni dei partecipanti. I risultati del Sondaggio Deliberativo sono confluiti in un Dossier. I politici hanno partecipato molto attivamente all'evento, che era stato voluto fortemente dall'amministrazione regionale. I risultati finali, infatti, sono stati considerati nella proposta di bilancio della Giunta Regionale e riassunti in un rapporto di sintesi, allegato allo stesso documento e, poi, presentato al Consiglio Regionale per l'approvazione.

L'Electronic Town Meeting sul Testamento Biologico di Torino e di Firenze ha avuto luogo nella giornata del 25 aprile 2009 in contemporanea in due sedi diverse messe in collegamento tra loro. E' stato uno dei primi eventi deliberativi svolti in Italia con l'ausilio della tecnica dell'Electronic Town Meeting e costituiva l'atto conclusivo di un processo partecipativo iniziato da un anno, che ha coinvolto la partecipazione di 650 cittadini in 40 incontri territoriali svolti nelle città di Firenze e di Torino. Il dibattito pubblico si è organizzato nel quadro della manifestazione “Biennale Democrazia” promossa dalla città di Torino e dal Comitato Italia 150, costituito per la celebrazione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia e la regione Piemonte. La tematica dibattuta era inerente al testamento Biologico, una materia complessa e delicata, che tocca questioni come il valore della vita, la libertà individuale, il rapporto del personale sanitario con pazienti e familiari, la responsabilità dell'atto medico. Lo svolgimento del dibattito pubblico ricadeva proprio nel periodo in cui in Parlamento si stava discutendo sull'opportunità di promulgare una legge riguardante le cosiddette dichiarazioni anticipate di trattamento, più comunemente note con l'espressione “testamento biologico”. L'evento si è svolto a Torino, presso Serming, in Via Borga Dora, e a Firenze, presso la Sala Pegaso della Regione Toscana, in Piazza Duomo, ed è durato dalle ore 9 del

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mattino fino alla ore 17. Qualunque cittadino poteva iscriversi e prendere parte al dibattito. Al fine di raggiungere l'obiettivo di garantire il coinvolgimento di tutti gli orientamenti e i punti di vista presenti sul tema in questione, l'invito è stato esteso a più di 2000 associazioni locali, che rappresentavano i principali interessi dei cittadini, in particolare rappresentanti di associazioni di orientamento sia laico che cattolico, che avevano manifestato due differenti posizioni sull'argomento del Testamento Biologico. Prima dello svolgimento dell'evento si è redatto il Documento Informativo, che è stato controllato da un apposito Comitato formato da 11 autorevoli garanti con competenze ed orientamenti profondamente diversi, composto da giuristi, medici, filosofi e teologi. Il materiale informativo è stato distribuito a Torino, in allegato al quotidiano “La Stampa”, con “Torinosette”, in 130 mila copie e a Firenze attraverso il sito Internet. Durante gli incontri preliminari sono state discusse con i cittadini le tre tematiche-chiave sulle quali si era data informazione attraverso documento. In generale, i partecipanti all'evento del 25 aprile sono stati chiamati a discutere sul Testamento Biologico e ad esprimere le loro opinioni sull'ipotesi di introdurre una legge che avrebbe regolamentato la materia e sulle disposizioni che avrebbe dovuto contenere. All'Electronic Town Meeting hanno partecipato 350 cittadini, dei quali 250 erano presenti a Torino e i rimanenti 100 lo erano a Firenze. Presupposto iniziale per la partecipazione all'evento era, quindi, disporre di una platea di cittadini informati correttamente su un argomento così delicato e/o portatori di esperienze dirette e difficili con propri parenti o conoscenti. L'obiettivo reale della discussione non era, però, individuato nel perseguimento ad ogni costo di un accordo, ma cogliere le opinioni e le proposte dei cittadini sul tema del Testamento Biologico e di assicurare ai partecipanti un buon livello di informazione. La conclusione dell'evento avrebbe visto la produzione collettiva di un risultato finale,che a volere delle istituzioni governative promotrici del progetto, sarebbe stato presentato in Parlamento e al Presidente della Repubblica. Vista la delicatezza dell'evento, si era deciso che la “squadra dei temi”, alla quale era affidato il compito di sintetizzare i commenti provenienti dai tavoli, doveva essere composta da 8 persone rappresentative dei principali orientamenti esistenti sul tema, mentre la “Cabina di Regia”, che aveva il compito di gestire tutte le fasi di lavoro, doveva essere composta da esponenti provenienti dal mondo laico e cattolico. Il coordinamento dell'evento è stato affidato a Luigi Bobbio. A Torino, Iolanda Romano di Avventura Urbana ha introdotto il Town Meeting e ha svolto il ruolo di facilitatrice, mentre a Firenze a svolgerlo c'era Chiara Pignaris. I cittadini si sono disposti attorno a piccoli tavoli rotondi composta da 10 persone e, assistiti da un facilitatore per tavolo, hanno potuto esprimere la loro opinione, attraverso lo strumento del televoto individuale. Si sono svolte tre sessioni, durante le quali sono stati discussi i seguenti tre temi: “Di fronte al Testamento Biologico del paziente, come dovrebbero comportarsi i medici? Quali limiti occorrerebbe definire per il Testamento Biologico? Come si dovrebbe costruire un Testamento Biologico?” Le risposte fornite dai partecipanti hanno fatto emergere opinioni piuttosto variegate. L'evento ha suscitato la soddisfazione delle personalità politiche e degli esperti che costituivano il Comitato Scientifico di “Biennale della Democrazia”, in quanto è stata un'occasione valida per informare una vasta platea della cittadinanza su una tematica complessa e controversa come quella affrontata e, soprattutto, per aver colto le opinioni e le proposte dei partecipanti. L'evento ha riscosso soddisfazione per il 68% dei partecipanti. Dalle parole dell'Assessore alla Partecipazione Democratica e ai Rapporti con i quartieri, Cristina Bevilacqua, i risultati della discussione potevano essere di supporto al Parlamento per la promulgazione di una legge sul tema oggetto del dibattito.

L'Electronic Town Meeting su una legge per la partecipazione in Toscana si è svolto il 18 novembre 2006, presso il grande padiglione della Fiera di marina di Carrara. L'evento è stato parte integrante di un processo partecipativo, che è stato promosso proprio dalla Regione Toscana. Per il suo svolgimento l'amministrazione regionale si è avvalsa dell'aiuto di due consulenti esterni: Luigi Bobbio, dell'Università di Torino e Iolanda Romano, esponente di Avventura Urbana. E' stato istituito un Comitato tecnico-operativo presieduto dall'Assessore Fragai e composto dal suo segretario, da due dirigenti regionali, da due esponenti della Rete Nuovo Municipio e, infine, da due consulenti esterni. I temi scelti dal Comitato Tecnico-Operativo sui quali discutere erano i seguenti: 1- “Progettare Insieme”, che aveva la finalità di aprire speciali canali di dibattito pubblico per i progetti che riguardano i grandi interventi per le infrastrutture; 2- “Affrontare i progetti dei grandi

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interventi”, che aveva l'obiettivo di offrire ai cittadini strumenti per per gestire meglio la partecipazione; 3- “Saperne di più”, che aveva lo scopo di rendere i cittadini più consapevoli sui canali d'accesso all'informazione. Durante l'evento si sono discussi i temi individuati dalla “Guida del partecipazione”. Di rilevante importanza assumevano i dati sui partecipanti, che si sarebbero raccolti attraverso la distribuzione dei questionari. Gli organizzatori non hanno voluto che la distribuzione dei questionari avvenisse durante lo svolgimento dell'evento, quindi si è pensato di distribuirli sul treno speciale, che era stato messo a disposizione per l'evento, al termine dei lavori con busta affrancata ed, infine, attraverso l'invio di un'e-mail nei giorni che seguivano l'evento. La partecipazione all'evento era libera, previa iscrizione. Gli iscritti sono stati 500, ma i partecipanti all'evento sono stati 408 e sono stati inviatati a seguire anche gli sviluppi futuri del processo di partecipazione. Vi è stata una scarsa presenza di cittadini estratti a sorte, in quanto i partecipanti all'evento non dovevano costituire un campione rappresentativo della popolazione toscana, ma un gruppo di persone motivate, portatrici di opinioni e disponibili a metterle in discussione e a cambiarle. Sono stati scelti su basi statistiche solamente 50 cittadini estratti a sorte tra i residenti della provincia di Massa Carrara. Il campione casuale è stato predisposto dal settore del sistema statistico regionale della Regione Toscana. I lavori del Town Meeting hanno coinvolto, quindi, 500 partecipanti distribuiti in 49 gruppi composti da 9 o 10 persone per tavolo, per discutere con l'ausilio di facilitatori dei temi individuati nella “Guida del partecipante”. Ad ogni tavolo era presente un facilitatore volontario che scriveva al computer gli argomenti che emergevano durante la discussione. Tutti i computer erano collegati in rete e arrivavano alla “theme team”, un gruppo di 10 volontari che ne proponevano una sintesi sullo schermo centrale. Vi era anche la presenza di alcuni gruppi particolari, costituiti dai facilitatori da tavolo, dai cittadini estratti a sorte dalla lista dei residenti di Massa Carrara, da persone non vedenti ed, infine, da persone sordo-mute coadiuvate da due interpreti. Anche la loro adesione è avvenuta su base volontaristica. Il Town Meeting in questione non è stato uno specchio della popolazione toscana, ma ha costituito probabilmente un campione significativo della cittadinanza attiva. Si è trattato, quindi, di una platea di addetti ai lavori, in quanto 1/3 di loro ha dichiarato di rappresentare il mondo associativo, 1/3 si è presentato come funzionario o amministratore di enti locali e 1/3 ha aderito a titolo personale. Il 40% dei partecipanti ha, inoltre, dichiarato di aver avuto esperienze di partecipazione a processi decisionali di tipo prettamente partecipativo o consultivo. Al termine della giornata, i partecipanti hanno risposto con il televoto a 26 domande, delle quali 7 nella fase introduttiva, che erano volte a rilevare le caratteristiche delle persone presenti e le loro motivazioni a partecipare all'evento, 4 nella fase finale, mirate alla valutazione dell'evento e, infine, 15 riferite ai tre temi affrontati nelle tre sessioni. A conclusione dell'evento deliberativo si sono raccolte le Raccomandazioni emerse dal dibattito all'interno di un Report preliminare che sarebbe stato, in seguito, integrato con la pubblicazione dei materiali inerenti al dibattito sul sito della Regione Toscana.

L'Open Space Technology e il processo di Consensus Building relativi all'implementazione del Progetto delle Ex-Fonderie Riunite di Modena hanno rappresentato la fase centrale di un progetto che nei primi mesi dell'anno 2007 ha visto la Giunta del Comune di Modena, in particolare attraverso l'Assessorato al Bilancio e alla Partecipazione, coinvolgere i cittadini in un processo decisionale volto alla destinazione dell'uso dell'Area delle Ex-Fonderie. Il coordinamento del processo è stato affidato a M. Sclavi, docente del Politecnico di Milano. Tale processo si sarebbe svolto su due livelli, uno cittadino e uno di quartiere. Il progetto di riutilizzo si collocava in un più ampio disegno di riqualificazione di mura non utilizzate. Passando ad una breve disamina storica, possiamo dire che nel 1924 l'edificio si collocava nella periferia cittadina. Le mura dell'impianto hanno assistito ad una storica autogestione durata dal 1965 al 1982, anno di chiusura della fabbrica. L'impianto si trova ora nel centro di Modena e, a fronte del progressivo processo di urbanizzazione, si trova nell'area cosiddetta “fascia ferroviaria”, cinta da case popolari. In quest'area si erano storicamente insediati sin dalla seconda metà dell''800 alcuni stabilimenti industriali. Qui, si apprendevano i saperi tecnici in scuole come l'Istituto Corni, dal quale le fabbriche reclutavano il proprio personale. Si era costituito un sistema non solo produttivo, ma anche tecnico-culturale, nel quale sono nati marche famosi nel mondo, come Macerati, Bugatti e Ferrari. Di tutto questo patrimonio edilizio-industriale è rimasto ancora in piedi il fabbricato delle Ex-Fonderie Riunite, in

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attività tra il 1938 e il 1983. Da allora l'edificio è stato abbandonato ad una lenta decadenza. Oggi si tratta di un edificio di 12.000 metri quadrati, largo 78 metri e lungo 150 metri, suddivisibile in 6 corpi e che gode di un pregio archeologico industriale per il quale esiste l'obbligo di conservazione. L'edificio è un pezzo di storia dell'industrializzazione della città e del Paese ed è luogo di denso valore simbolico, in ricordo dell'episodio in cui la polizia sparò sui lavoratori in sciopero, uccidendone 6 e ferendone almeno 12. Il Progetto delle Ex-Fonderie consisteva di 5 fasi, che sono le seguenti: 1- “I Primi Passi”, in cui sono state condotte interviste ai leader locali per sondare l'interesse a partecipare al processo e ad accoglierne le regole un po' insolite. Contemporaneamente, si è dato avvio ad un corso di formazione per i facilitatori; 2- “La città esplora”, in cui si è fatta apertura delle Ex Fonderie al pubblico; 3- “La città propone”, in cui è stato svolto l'evento dedicato all'OST; 4- “La città sceglie”, in cui è stato istituito il Tavolo di Confronto Creativo; 5- “La città decide e realizza”, fase finale dedicata alla consegna della proposta convenuta all'amministrazione e che, poi, sarebbe passata al successivo vaglio della Giunta Comunale. Il coinvolgimento dei cittadini nel processo decisionale relativo alla destinazione d'uso del complesso di edifici che costituiscono l'area delle Ex Fonderie Riunite perseguiva l'obiettivo di formulare entro il 31 maggio 2007 una proposta unitaria proveniente dalla cittadinanza, da sottoporre al vaglio della Giunta Comunale e di implementarla attraverso un “cantiere evento”. La selezione dei partecipanti è iniziata con l'avvio dell'attività di outreach, in cui si sono condotte interviste, attraverso le quali si sono coinvolti cittadini in qualche modo rappresentativi della società civile modenese e degli interessi in gioco, che sono stati invitati a presentarsi all'OST. Durante la fase di outreach, la mediatrice e i suoi collaboratori hanno effettuato 46 incontri con opinion leader ed esponenti di gruppi d'interesse locali. Inoltre, una trentina di facilitatori sono stati reclutati su base volontaria e sono stati formati nell'arco di quattro incontri. Ai facilitatori è stato consegnato un kit di contatti contenente alcuni riferimenti utili per contattare associazioni ed altre realtà. Il Progetto non intendeva essere inclusivo né rispetto a tutti i soggetti coinvolti, né di tutti i punti di vista rilevanti. Poiché l'accesso all'OST era libero, si può parlare, dunque, di autoselezione. L'Open Space Technology, che costituiva la terza fase del processo denominata “La città propone”, era aperto a tutti coloro che volevano proporre un'idea riguardo alla riutilizzazione dell'area e alla produzione di un libro istantaneo delle idee. L'esperienza ha coinvolto 150 partecipanti. Attraverso la tecnica dell'OST, ci si attendeva di creare tra i proponenti un clima aperto alla conversazione, che sarebbe sarebbe stato una risorsa per aiutare l'ascolto attivo nella fase successiva. La quarta fase, denominata “La città sceglie”, prevedeva l'istituzione di un Tavolo del Confronto Creativo, al quale erano invitati tutti i fautori delle proposte scaturite dall'OST e che aveva l'obiettivo di pervenire ad una proposta unitaria ed auto-finanziata attraverso un processo di costruzione del consenso, assistito dalla mediatrice. L'OST si è svolto durante l'intera giornata del 17 marzo e durante la mattina del 18 marzo ed è stato introdotto dal Sindaco di Modena e dall'Assessore al Bilancio, alla Partecipazione, alla Programmazione e alla Gestione del Territorio. Hanno aderito spontaneamente all'iniziativa 150 persone, che hanno lavorato successivamente alla produzione dell'Instant Report, un libro istantaneo delle idee, che contiene il Report di ogni gruppo. La tecnica dell'OST è stata impiegata per far emergere qualsiasi proposta in un clima creativo e di collaborazione. I promotori delle proposte sono stati cittadini, ONLUS, associazioni, scuole Università, consulte e quartieri. La tecnica dell'OST ha prodotto la formulazione di 20 proposte fornite dai partecipanti, i quali hanno fornito risposta alla domanda “Quale futuro per le Ex-Fonderie?”. A conclusione dell'OST, M. Sclavi ha aperto il Tavolo del Confronto Creativo, luogo in cui i proponenti dell'OST sono stati chiamati a discutere, al fine di raggiungere una proposta unitaria da presentare alla Giunta Comunale entro la data prefissata. All'avvio del Tavolo tutti i partecipanti hanno accettato di sottoscrivere una “dichiarazione comune” e si sono fissate alcune regole sui comportamenti che dovevano essere tenuti dai partecipanti. La Pofessoressa M. Sclavi ha presentato il Tavolo come una procedura di Consensus Building. Il primo Tavolo si è svolto il 30 marzo 2007 e la fase si è conclusa con una Camminata di Quartiere. Il Tavolo del Confronto Creativo è stato svolto in 8 giornate ed è stato incentrato su 8 argomenti diversi. Per ogni riunione è stato redatto un verbale, che poi è stato pubblicato su sito web. Gli esiti del Progetto Partecipativo delle Ex-Fonderie di Modena sono ravvisabili all'interno dell'Instant Report, redatto al termine dell'evento dedicato all'OST e all'interno

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del Testo Unico, dal titolo “Il futuro delle Ex-Fonderie di Modena”, scaturito dagli incontri del Tavolo del Confronto Creativo. Il Progetto preliminare di recupero del complesso delle Ex-Fonderie è stato preso in esame dalla Giunta regionale. L'Amministrazione, prima di prendere la propria decisione si è, comunque, riservata di approfondire aspetti, quali: equilibrio tra le funzioni, compatibilità finanziaria, effettiva fattibilità (anche sul piano gestionale) degli interventi proposti, la loro integrazione col resto del tessuto cittadino. Al termine dei lavori, i componenti del Tavolo hanno chiesto all'amministrazione di tenerli informati e di attivare in futuro un confronto con loro. Il Tavolo ha continuato a riunirsi per approfondire la proposta inoltrata, mentre assessori e partecipanti si sono messi alla ricerca di finanziamenti economici necessari ad avviare i lavori. Ma vediamo come sono andate le cose, più nel preciso. Nella seduta del 17 maggio 2007, il Tavolo ha presentato una prima bozza di Testo Unico incentrata sull'idea di una struttura DAST, acronimo che sta per Design, Arte, Scienza e Tecnica, in presenza dell'Assessore alla Cultura e dell'Assessore alle Politiche Giovanili. La bozza del Testo Unico è stata contestata da un proponente, il quale sosteneva che essa non era stata frutto di alcuna discussione intrapresa dal Tavolo. La facilitatrice, dopo aver invitato ogni partecipante ad un colloquio privato per uno scambio di opinioni sulla proposta presentata, si è impegnata a scrivere un nuovo Testo Unico, comprensivo di tutti gli aggiustamenti emersi durante la discussione. Questo Testo è stato inviato a tutti i partecipanti all'OST prima dell'ultima seduta del Tavolo, stabilita per il 31 maggio 2007. Durante quest'ultima seduta, alcuni proponenti hanno mosso diverse critiche al Testo Unico. Non tutti concordavano, inoltre, sul fatto che il nuovo progetto avrebbe coperto 10.000 metri quadri di superficie, anziché 21.000 metri quadri, com'era stato scritto all'interno della prima versione presentata del Testo Unico. Alla fine, il Testo Unico redatto dallo staff di facilitazione è stato sottoscritto da 18 dei 20 rappresentanti delle idee emerse dall'OST. Il fatto che i rappresentanti non abbiano sottoscritto all'unanimità l'esito finale ha sollevato un problema di inclusività e legittimità del Progetto Ex-Fonderie. Il Testo Unico approvato presenta una proposta complessiva articolata in tre punti: 1- Il DAST di Modena; 2- L'area complessiva delle Ex-Fonderie; 3- Un concorso internazionale di progettazione. Il DAST si pone come uno spazio di ricerca che intreccia 4 aree, ossia “Design Industriale”, “Arti”, “Saperi e creatività industriale” o “Saperi e Tecnica”, “Il futuro della memoria” ed avrebbe occupato 5 spazi. Inoltre, sono stati individuati numerosi spazi comuni o condivisibili e sono state individuate numerose possibili sinergie e convergenze fra le attività proposte. L'istituto storico veniva collocato nelle Fonderie, lasciando liberi 780 metri dell'attuale sede destinati ad altri usi. Sarebbe stata garantita una gestione unitaria dell'impianto, attraverso un'appropriata forma societaria, facente capo ad una Fondazione di partecipazione. L'area complessiva delle Ex-Fonderie doveva essere costituita da spazi messi a disposizione degli uffici comunali, pari a circa 1,1 milioni di Euro all'anno, attualmente spesi in affitti di locali. Il costo di sistemazione dell'edificio è stato valutato in 50 milioni di Euro. Infine, vista la disponibilità di terreno, il documento finale proponeva di utilizzarlo in due modi, ossia per la realizzazione del museo Expo-Tecnica e per l'edificazione di locali destinati al terziario, in modo da trarre i finanziamenti per il progetto DAST, attraverso i proventi degli immobili.

L'Open Space Technology ed il Consensus Building relativi al progetto dal titolo “Che fare? Del Cisternino di città. Il Progetto Cisternino 2020” sono stati parte di un processo partecipativo, che ha coinvolto i cittadini di Livorno a decidere sull'utilizzo del Cisternino di Città. Il progetto si è svolto tra il mese di gennaio e il mese di settembre 2008 ed ha avuto inizio ufficialmente il 14 gennaio 2008. L'iniziativa è stata presa dal Comune di Livorno. Il processo che si è attivato era fondato sulla pratica dell'ascolto attivo, approccio che ha trovato campo di applicazione nel contesto toscano, dove dal punto di vista politico-istituzionale vi è la presenza di una serie di strumenti legislativi volti a promuovere e a favorire concretamente l'uso di metodologie e strategie di partecipazione allargata ai cittadini per la gestione del governo locale. E' stato proprio in virtù della Legge regionale n° 69 del dicembre 2007 che il Comune di Livorno ha voluto sperimentare una metodologia innovativa rispetto ai tradizionali criteri di consultazione. Fino al 23 maggio, il processo partecipativo ha seguito quattro fasi, denominate “La città ascolta”, “La città esplora”, “La città propone”, “La città decide”. L'OST del 22 e del 23 maggio è stato il momento propositivo più importante ed aperto del processo partecipativo. Al termine di questo evento, l'amministrazione del

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Comune di Livorno ha deciso di promuovere un'ulteriore complessa fase partecipativa volta alla costituzione di un Tavolo del Confronto Creativo, a cui avrebbero preso parte i portavoce delle varie aree risultanti dall'OST. Le riunioni formali del Tavolo sono state facilitate da M. Sclavi e da Susan George e sono state svolte in quattro giornate (17 luglio, 16 settembre, 20 ottobre e 20 novembre). Quest'ultima data è stata quella conclusiva, di sottoscrizione e chiusura del rapporto finale. All'evento del 22 maggio organizzato per l'OST si sono presentate circa 200 persone, mentre il 23 maggio si sono presentate più di un centinaio di persone. Il percorso partecipativo è stato aperto a tutti gli interessati. Condizione necessaria per la riuscita dell'evento è stata includere nel processo partecipativo un'ampia cerchia di cittadini portatori di interessi e di punti di vista rispetto al tema in questione. Dai partecipanti ci si attendeva di mostrarsi aperti e pronti ad avviare un “confronto creativo”, attraverso il dialogo e la comprensione di tutti gli interessi, al fine di giungere all'invenzione congiunta di nuove proposte giudicate migliori dal numero più vasto possibile di proponenti. Alle 4 sedute del Tavolo del Confronto Creativo hanno preso parte tutti i portavoce delle varie aree di discussione risultanti dall'OST. Hanno partecipato all'OST e alle sedute del Tavolo del Confronto Creativo giovani in gran parte al di sotto dei 30 anni e in larga maggioranza al di sotto dei 40 anni. L'Open Space Technology dei giorni 22 e 23 maggio è stato organizzato per rispondere alla domanda: “Che fare? Nel Cisternino di città (Ex casa della cultura) dopo la ristrutturazione”. Lo spazio di discussione pubblica è stato organizzato intorno alla possibile destinazione culturale dell'immobile comunale. Le proposte e i temi più significativo sono risultati essere “Livorno città del design della nautica”, “Counselling e promozione della salute” ma anche luogo di produzione teatrale, musicale e cinematografica. Le tematiche affrontate durante lo svolgimento dell'OST sono state quelle previste in agenda e sono state discusse in tre sessioni: “Città dell'altra economia”, “Casa della cultura” e “Rivalutazione dell'area esterna al Cisternino e ambienti interni”. Il 24 maggio si è aperta la fase successiva del Tavolo del Confronto Creativo, che è stata formalizzata nella riunione del 24 giugno con l'Amministrazione della città e che ha avuto la finalità di verificare se le proposte presentate potevano fecondarsi a vicenda e divenire un progetto unitario. I risultati del processo partecipativo sono desunti all'interno di 37 proposte emerse dall'OST e successivamente raggruppate in 6 aree, che si sono sciolte in tematiche confluite in un corposo documento fiscale: la “dichiarazione degli Intenti”. Tale dichiarazione aveva l'obiettivo raggiungere un progetto condiviso, che è scaturito a chiusura delle sedute del Tavolo di Confronto Creativo, con la stesura di un rapporto finale. Il processo partecipativo ha portato alla definizione del progetto culturale LAPIS, acronimo che sta per Laboratorio per l'Arte, la Partecipazione, l'Innovazione e la Sostenibilità e che è stato elaborato dai membri del Tavolo di Confronto Creativo. I partecipanti al Tavolo hanno consegnato il documento finale al Sindaco della città di Livorno, chiedendogli di far trasparire la massima pubblicità al progetto e di concordare con loro successivi incontri per discutere sulle eventuali future modifiche da apporre al testo. Il Cisternino avrebbe avuto la capacità di autofinanziarsi e avrebbe fatto leva sugli stanziamenti comunali e sui flussi economici che sarebbero derivati dall'affitto degli spazi. Inoltre, esso avrebbe potuto avanzare richieste di finanziamento, ai sensi della Legge Regionale sulle associazioni di promozione sociale, n° 42 del 2002. Durante il mese di giugno, il processo partecipativo è entrato nella sua quinta fase, denominata “La città decide: espansione del concetto”. In questa fase si sono svolti alcuni incontri incentrate su tematiche progettuali concernenti la “spazialità” specifica del Cisternino, degli spazi dedicati ad iniziative culturali e di altri spazi “vuoti”, che erano presenti in città e nei quali avrebbero potuto essere più facilmente insediate alcune attività che non trovavano spazio all'interno del Cisternino. Ma come sono andate le cose nel dettaglio? Il compito di facilitare le quattro sedute del Tavolo è stato affidato ad un'esperta, la Professoressa M. Sclavi. Al termine della seduta conclusiva del 20 novembre è stato redatto un rapporto finale ed è stato sottoscritto da tutti i partecipanti il progetto culturale LAPIS. Il progetto prevedeva l'utilizzo sia degli spazi del Cisternino che di altri spazi cittadini individuati attraverso una mappa delle risorse del territorio, con il duplice obiettivo di garantire una visione sistemica dello sviluppo culturale della città e per rispondere alla necessità di dedicare spazi idonei allo svolgimento di iniziative progettuali che non avrebbero potuto trovare collocazione all'interno del Cisternino. L'acronimo è composto dalle iniziali di quattro parole-chiave (arti, partecipazione, innovazione e sostenibilità), come le quattro

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porte di accesso al Cisternino e come le quattro dimensioni, che fanno riferimento alla persona, alla creatività, alla cura e all'accoglienza della diversità. Attraverso gli strumenti della formazione e dell'informazione, il LAPIS perseguiva lo scopo di porre i partecipanti nelle condizioni di acquisire informazioni e di fare esperienza, mettendo in pratica e utilizzando simulazioni in aula o in video. Tutto questo serviva come un punto di partenza per l'avvio di una discussione. Il progetto trasferiva saperi sui temi della gestione dei conflitti e sui temi che riguardavano luoghi di lavoro ed altri ambiti della vita quotidiana di ognuno, con lo scopo di provare a dare risposte concrete. Attraverso la creazione di un network, il LAPIS si proponeva di aumentare la propria capacità attrattiva, così da favorire l'adesione spontanea di un numero sempre maggiore di cittadini interessati al progetto. All'interno del Cisternino, in generale, doveva essere collocate tante strutture (meta-progetti), in grado di attivarsi sui vari contenuti che sarebbero stati proposti nel tempo, quante erano le attività del LAPIS. La gestione della struttura è stata affidata alla figura del legale rappresentante, responsabile di fronte all'Amministrazione Comunale. Il Laboratorio doveva possedere un carattere aperto e partecipato alla città e al mondo. A garanzia di quest'ultimo punto, è stata prevista la realizzazione annuale di un Open Space Technology, aperto a tutti coloro che fossero interessati al progetto e la produzione del relativo Libro Istantaneo. Le decisioni sulle proposte emerse dall'OST dovevano essere assunte utilizzando il metodo del Tavolo del Confronto Creativo e se non si fosse raggiunto il consenso, la decisione sarebbe stata espressa tramite il voto. Il progetto prevedeva una gestione partecipata della struttura del Cisternino, ossia aperta a tutti i cittadini interessati, anche dal punto di vista di partecipazione alle decisioni. L'intento era volto all'adozione di sistemi di delibera capaci di garantire un certo grado di uguaglianza tra i partecipanti. Anche i delegati non dovevano assumere la funzione di interpreti, ma dovevano assolvere al ruolo di attuatori della volontà del gruppo.

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