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Corretto utilizzo di Eparine e Fondaparinux nell’ambito di profilassi e trattamento dei Tromboembolismi Protocollo Aziendale 1° stesura luglio 2010

Protocollo Aziendale - ASL CN2 · - Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, Linee Guida Aziendali per la ... farmaci iniettivi quali eparina non frazionata,

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Corretto utilizzo di Eparine e Fondaparinux

nell’ambito di profilassi e trattamento dei

Tromboembolismi

Protocollo Aziendale

1° stesura luglio 2010

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Azienda Sanitaria Locale CN2 - Alba e Bra Via Vida, 10 – 12051 Alba (CN) http://www.aslcn2.it Direttore Generale: Dott. G. Monchiero Direttore Sanitario: Dott. F. Morabito Direttore Amministrativo: Dott. G. Barbieri

Documento elaborato dal Gruppo di Lavoro, approvato dai Direttori delle S.O.C. di riferimento,

dalla Commissione Farmaceutica Interna e dalla Commissione Terapeutica Aziendale.

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GRUPPO DI LAVORO

Dr. P. Allione – Medico SOC Oncologia

Dr. V. Battaglia – Direttore ff. SOC Servizio Farmaceutico Territoriale

Dr. S. Bertolo – Dirigente Medico SOC Ortopedia

Dr. G. Cagnazzo – Medico di Medicina Generale

Dr.ssa M.T. Capalbo – Medico SOC Chirurgia Alba

Dr.ssa A. Cappelletti – Medico SOC Nefrologia e Dialisi

Dr. E. Daneluzzo – Medico SOC Psichiatria

Dr. A. Dellaselva – Medico SOC Anestesia e Rianimazione

Dott. G. Fantino – Medico SOC Chirurgia Generale Bra

Dr. P.P. Fasolo – Medico SOC Urologia

Dr.ssa N. Ferrero - Medico SOC Medicina e Chirurgia d’Urgenza

Dr. M. Giraudo – Medico SOC Neurologia

Dr.ssa L. Infante – Farmacista SOC Farmacia Ospedaliera

Dr.ssa M.C. Marengo – Medico di Medicina Generale

Dr. L. Monchiero - Direttore Distretto Alba

Dr.ssa V. Recalenda – Farmacista SOC Farmacia Ospedaliera

Dr. F. Riella – Direttore ff. SOC Farmacia Ospedaliera

Dr.ssa S. Stefani – Direttore SOS Ematologia

Dr. D. Tagliati – Medico SOC Ostetricia-Ginecologia

Dr. A. Tarani - Medico SOC Ostetricia-Ginecologia

Dott. D. Tucci Fenga – Medico SOC Cardiologia

Segreteria Organizzativa e Scientifica:

Farmacia Ospedaliera – tel. 0173.316217/693 (Alba); 0172.420121 (Bra)

� Coordinatore Gruppo di lavoro Area Chirurgica: dr.ssa L. Infante - e-mail: [email protected] � Coordinatore gruppo di lavoro Area Internistica: dr.ssa V. Recalenda - e-mail:

[email protected]

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Indice

Introduzione …………………………………………………………………… pag. 5

Metodi ……………………………………………………………………………. pag. 6

Cenni di farmacologia ……………………………………………………… pag. 7

Indicazioni e posologia di EBPM e fondaparinux ………………… pag. 11

Controindicazioni di eparine e fondaparinux ………………………. pag. 13

Raccomandazioni generali ………………………………………………… pag. 15

Profilassi e anestesia loco-regionale ……………………………..…… pag. 16

Profilassi in terapia intensiva ……………………………………………. pag. 16

Profilassi e insufficienza renale …………………………………………. pag. 17

Profilassi in chirurgia generale ………………………………………….. pag. 18

Profilassi in chirurgia urologica …………………………………………. pag. 20

Profilassi in chirurgia ortopedica ……………………………………….. pag. 21

Profilassi in chirurgia toracica …………………………………………… pag. 23

Profilassi in Medicina ……………………………………………………….. pag. 25

Focus su paziente oncologico ………………………………………………… pag. 28

Focus su paziente in gravidanza e puerperio ………………………….. pag. 28

Profilassi in Cardiologia ……………………………………………………. pag. 30

Terapia del Tromboembolismo ………………………………………… pag. 31

Profilassi e trattamento in corso d Trombocitopenie……………… pag. 33

Glossario delle abbreviazioni ……………………………………………… pag. 34

APPENDICE: “La terapia ponte” ………………………………………... pag. 35

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INTRODUZIONE

Questo documento nasce dal lavoro di un Gruppo di Specialisti appartenenti all’ASL CN2 a

cui la Commissione Farmaceutica Interna dell’Azienda, presieduta dal Direttore Sanitario dr.

Morabito, ha demandato il compito di individuare i percorsi diagnostico-terapeutici di utilizzo di

Eparine a Basso Peso Molecolare (EBPM) e/o Fondaparinux nell’ambito della prevenzione degli

eventi tromboembolici nelle varie discipline mediche.

Sottoposto all’approvazione dei relativi Responsabili di Struttura, e della Commissione

Terapeutica Aziendale, questo documento si propone come strumento terapeutico condiviso e

validato.

Si sottolinea che si tratta di un protocollo terapeutico, pertanto i farmaci indicati e le

raccomandazioni d’uso fanno riferimento ai principi attivi presenti nel Prontuario Terapeutico

Aziendale di utilizzo consolidato in ogni specifica realtà al momento della stesura della presente

edizione. Resta inteso che in caso di variazioni apportate al Prontuario Aziendale le stesse verranno

apportate al presente protocollo.

Tuttavia le indicazioni e le modalità d’uso di tutti i principi attivi in commercio sono riportati

nella tabella a pag. 9. Si raccomanda comunque di consultare le schede tecniche dei singoli

farmaci riguardo le indicazioni, i dosaggi e le controindicazioni.

La decisione di attuare la profilassi nel singolo paziente deve essere presa dal medico

combinando le conoscenze espresse dalle raccomandazioni di questo protocollo con il giudizio

clinico (rischio di trombosi, rischi legati alle metodiche di profilassi ecc). In questa ottica il medico

può doversi discostare dalle raccomandazioni fornite giustificandolo nella cartella clinica.

Si ricorda inoltre che non è possibile ricorrere diffusamente e sistematicamente a terapie

farmacologiche a carico del SSN, al di fuori delle condizioni di autorizzazione all’immissione in

commercio (riportate in Scheda Tecnica) e che eventuali profili di responsabilità personale, anche il

danno erariale, restano in capo al singolo medico prescrittore.

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METODI

Le Linee Guida utilizzate per la stesura del documento sono le seguenti:

- Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino, Linee Guida Aziendali per la

profilassi della Malattia Tromboembolica Venosa (aggiornamento marzo 2008)

- American College of Chest Physicians ACCP. Evidence-Based Clinical Practice Guidelines

- Antithrombotic And Thrombolytic Therapy, 8th Ed. Chest 2008;133;71S-109S

- NICE. Venous thromboembolism: reducing the risk – full guideline DRAFT (March 2009)

- Linee Guida delle Società Scientifiche Nazionali e Internazionali delle specialità mediche

trattate.

Sono inoltre state utilizzate le Schede Tecniche dei singoli farmaci in commercio al momento della stesura.

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CENNI DI FARMACOLOGIA

CASCATA DELLA COAGULAZIONE

Il tromboembolismo venoso (TEV) rappresenta un’importante problema di salute pubblica a livello mondiale la cui rilevanza è aumentata negli ultimi anni per via soprattutto del progressivo invecchiamento della popolazione e del maggior ricorso a interventi chirurgici. Da un punto di vista clinico, il TEV può essere considerato come una singola entità patologica caratterizzata da due manifestazioni cliniche: la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare. La trombosi venosa profonda dall’occlusione di una vena profonda in seguito alla formazione di un trombo (un coagulo di sangue costituito da fibrina, piastrine, globuli rossi e bianchi), che può determinare l’arresto parziale o totale del flusso ematico all’interno della vena stessa con comparsa di sintomi quali dolore cronico e tumefazione dell’arto. L’embolia polmonare è una grave condizione patologica che nei gruppi a maggior rischio può manifestarsi con una frequenza superiore al 5%. Essa si verifica quando una parte del trombo denominata embolo si stacca dal vaso e, attraverso il circolo ematico, giunge al polmone, arrestandosi in uno dei rami terminali dei vasi polmonari e impedendo al sangue ossigenato di circolare liberamente verso il cuore. I rischi associati a embolia polmonare possono variare da morte improvvisa a danni permanenti a livello degli organi vitali. Principi generali di profilassi e trattamento della malattia tromboembolica Sulla base delle attuali linee guida internazionali, la profilassi del TEV è da considerare preferibile rispetto al suo trattamento in quanto i sintomi precoci rappresentano dei fattori predittivi inattendibili per eventi tromboembolici clinicamente significativi, anche se la comparsa di un’embolia polmonare fatale può verificarsi senza preavviso. La prevenzione del TEV può essere realizzata tramite l’utilizzo di dispositivi meccanici o mediante il ricorso a un’appropriata terapia farmacologica.

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Essa può inoltre variare in funzione dei fattori di rischio legati al singolo paziente e/o della tipologia di intervento chirurgico disposto. Profilassi meccanica Nei pazienti a elevato rischio, l’uso di calze a compressione graduata, da sole o in associazione a una profilassi farmacologica, riduce il rischio di trombosi venosa profonda. Le linee guida NICE (National Institute for Clinical Excellence) raccomandano l’utilizzo di tali dispositivi in tutti i pazienti sottoposti a interventi chirurgici in regime di ricovero ospedaliero (ad eccezione di quelli con patologie delle arterie periferiche); la profilassi dovrebbe essere iniziata al momento del ricovero e protratta fino al recupero del consueto livello di mobilità. Profilassi farmacologica Gli anticoagulanti sono farmaci se agiscono inibendo la sintesi o l’attivazione di alcuni fattori della coagulazione. Si suddividono in due categorie: farmaci iniettivi quali eparina non frazionata, eparine a basso peso molecolare (LWMH) e fondaparinux e anticoagulanti orali (sostanzialmente warfarin e acenocumarolo); nuovi anticoagulanti orali, dal meccanismo d’azione innovativo, sono in fase di prima commercializzazione. Anticoagulanti orali Queste molecole non vengono usate in profilassi chirurgica di TVP per la necessità di monitorare strettamente l’INR, ma soprattutto per l’aumento del rischio di sanguinamento che portano a seguito di interventi chirurgici. Warfarin (Coumadin®) Agisce interferendo con il metabolismo della vitamina K determinando la produzione dei fattori di coagulazione II, VII, IX e X inattivi, con un effetto che raggiunge la sua massima intensità nell’arco di 48-72 ore. Assunto per os, viene completamente assorbito e ben tollerato. La dose iniziale nell’adulto è generalmente 5 mg/die per 2-4 giorni e successivamente di 2-10 mg/die. Il warfarin passa la placenta e nel primo trimestre di gravidanza può avere effetti teratogeni o causare emorragie fetali. I principali limiti legati al suo utilizzo riguardano la necessità, per ogni singolo paziente, di un costante adattamento delle dosi in funzione dei valori di INR (International normalized ratio, compreso generalmente tra 2 e 3 con target di 2,5), e il rischio di interazioni farmacologiche essenzialmente di tipo farmacocinetico. Acenocumarolo (Sintrom®) Ha lo stesso meccanismo d’azione del warfarin ed alcune caratteristiche farmacocinetiche simili come il buon assorbimento per os ed il metabolismo epatico. Ha però potenza maggiore a parità di dose ed una emivita più breve. Le dosi iniziali non dovrebbero superare i 4-8 mg, mentre per la prosecuzione della terapia la disponibilità di compresse da 1 mg consente una maggiore flessibilità. Non ci sono studi che dimostrano vantaggi dell’acenocumarolo rispetto al warfarin, ma la più lunga emivita di quest’ultimo sembra favorire il mantenimento del paziente nell’intervallo terapeutico. Dopo inizio o sospensione dell’acenocumarolo, infatti, le variazioni di INR attese sono più rapide: questo può portare ad una maggiore agilità nella gestione delle manovre invasive, ma anche a problemi di stabilità dell’INR rendendone necessari controlli più frequenti. Eparina non frazionata L’eparina naturale ha rappresentato il primo trattamento anticoagulante della storia essendo disponibile da oltre 70 anni. Agisce catalizzando ed amplificando l’inattivazione di numerosi fattori della coagulazione attivati, principalmente il IIa e il Xa, da parte dell’antitrombina.

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La sua farmacocinetica è caratterizzata da un’azione rapida ma di breve durata e da una scarsa biodisponibilità, soprattutto a basse dosi. Data la variabilità individuale, l’uso terapeutico va monitorato con il tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT compreso tra 1,5 e 2,5). I suoi effetti possono essere rapidamente contrastati sospendendone l’infusione o attraverso la somministrazione di protamina solfato, uno specifico agente neutralizzante. Oltre al rischio emorragico il principale evento avverso associato al suo utilizzo riguardano la trombocitopenia indotta dall’eparina (HIT). Eparine a basso peso molecolare Le eparine a basso peso molecolare (EBPM), ottenute mediante depolimerizzazione dell’eparina non frazionata, furono messe a punto per superarne i limiti e gli svantaggi. Rispetto all’eparina naturale, esse hanno migliore e più prevedibile farmacocinetica, non richiedono un monitoraggio della coagulazione e presentano un più basso rischio HIT. Oltre a questo, negli studi di confronto sulla profilassi del TEV, soprattutto nei pazienti ad alto rischio, hanno mostrato maggiore efficacia e praticità d’uso (monosomministrazione). Dal punto di vista del meccanismo d’azione, hanno una maggiore attività inibitoria sul fattore Xa ed un minore effetto inibitorio sulla trombina (IIa), che interviene nelle fasi finali del meccanismo di coagulazione. Queste proprietà sarebbero alla base dei vantaggi e della superiorità delle EBPM rispetto all'eparina non frazionata o alla terapia anticoagulante orale. La capacità di inibire il fattore Xa piuttosto che la trombina varia nei diversi preparati di EBPM: ed è per questo motivo che una volta iniziata la terapia con una fra le tante EBPM è necessario proseguire il trattamento con lo stesso farmaco, anche se tutte le molecole della classe hanno una comparabile efficacia dal punto di vista dei risultati clinici. Le EBPM si possono usare in gravidanza. Fondaparinux Il fondaparinux sodico è un pentasaccaride sintetico che agisce da inibitore indiretto del fattore Xa. Dal momento che non da legami aspecifici con cellule o proteine plasmatiche diverse dall’antitrombina, può essere somministrato ad una dose fissa, senza necessità di monitorare i processi coagulativi. Le dosi attualmente registrate sono 2.5 mg per la profilassi del TEV e da 5-7.5 mg, a seconda del peso corporeo nella terapia. Come per le EBPM, la clearance è renale: la somministrazione è controindicata in caso di IR grave (Clearance della creatinina <30ml/min) ed è necessario ridurre il dosaggio in caso di IR moderata (Clearance della creatinina <50ml/min). Il solfato di protamina non è efficace nell’inibire l’azione del fondaparinux ed eventuali complicanze emorragiche che richiedano una neutralizzazione dell’effetto sono state sperimentalmente trattate con fattore VIIa ricombinante. A causa dei dati insufficienti, se ne sconsiglia l’uso in gravidanza. I nuovi farmaci Dabigatran è un inibitore diretto, reversibile della trombina, sia quella libera che quella legata alla fibrina. Le sue principali caratteristiche riguardano: la possibilità di somministrazione orale in dose fissa, un basso potenziale di interazioni farmacologiche (il farmaco non interagisce col citocromo P450), nessun rischio di HIT e nessuna necessità di monitoraggio dei parametri della coagulazione o della conta piastrinica. L'effetto anticoagulante del dabigatran, e la frequenza delle emorragie, aumentano in presenza di insufficienza renale e con l'età avanzata. In caso di sovradosaggio, non esiste un antidoto per dabigatran. Nell'eventualità di complicazioni emorragiche, il trattamento deve essere sospeso, mantenendo una adeguata diuresi, e preso in considerazione un trattamento appropriato (es. emostasi chirurgica o trasfusione di plasma fresco congelato). Le indicazioni registrate prevedono la profilassi primaria di episodi tromboembolici in pazienti adulti sottoposti a chirurgia sostitutiva elettiva totale dell'anca o del ginocchio.

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Il trattamento deve iniziare entro 1-4 ore dalla conclusione dell'intervento con una capsula da 110 mg e deve continuare dal giorno successivo con 2 capsule (220 mg) una volta al giorno per un totale di 28-35 giorni. In due studi su tre, è risultato non inferiore all'enoxaparina sottocute in termini di efficacia e incidenza di sanguinamenti maggiori. La somministrazione per via orale e l'assenza di monitoraggio ematochimico sono seducenti, ma mancano informazioni sull'impiego negli anziani e nei pazienti con insufficienza renale moderata che sono a maggior rischio emorragico con dabigatran e che sono spesso candidati ad interventi di sostituzione totale di anca o di ginocchio. Rivaroxaban è un inibitore diretto del fattore Xa. L’azione mirata degli inibitori diretti del fattore Xa regola la produzione di trombina più che contrastare l’azione della trombina stessa, il che permette di mantenere la corretta risposta di coagulazione in caso di danno ai tessuti. Le indicazioni sono le stesse del dabigatran, quindi “Prevenzione del tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti adulti sottoposti a interventi di sostituzione elettiva di anca o di ginocchio“. La dose raccomandata è di 10 mg di rivaroxaban una volta al giorno per via orale e deve essere assunta 6-10 ore dopo l’intervento, a condizione che sia stata ottenuta l’emostasi. La durata del trattamento dipende dal rischio individuale di tromboembolismo venoso, determinato dal tipo di intervento chirurgico ortopedico. Nei pazienti sottoposti a interventi di chirurgia maggiore all’anca, si raccomanda un trattamento di 5 settimane. Nei pazienti sottoposti a interventi di chirurgia maggiore al ginocchio, si raccomanda un trattamento di 2 settimane. Non sono necessari adattamenti posologici nei pazienti con lieve insufficienza renale (clearance della creatinina 50-80 ml/min) o moderata insufficienza renale (clearance della creatinina 30-49 ml/min), mentre limitati dati clinici relativi ai pazienti con grave insufficienza renale (clearance della creatinina 15 - 29 ml/min) indicano che le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban aumentano in misura significativa in questa popolazione di pazienti.

INDICAZIONI E POSOLOGIA

enoxaparina nadroparina parnaparina fondaparinux Reviparina Dalteparina Bemiparina

PROFILASSI TVP

CHIR GEN

rischio moderato 2.000UI due ore prima

dell'intervento, poi 2.000UI/24h per 7-10 gg

o fino a deambulazione. Alto rischio: 4000

UI due ore prima dell'intervento poi 4000

UI/24h

2850UI 2-4 ore prima dell'intervento.

Successivamente ogni 24 ore per almeno

7 giorni; continuare per tutto il periodo a

rischio e almeno fino alla ripresa della

deambulazione

Una iniezione per via sottocutanea di

0,3 ml (3.200 U.I. aXa) 2 ore prima

dell'intervento. Successivamente

ogni 24 ore per almeno 7 giorni.

chir ADDOMINALE 2,5 mg 6 h dopo int

e poi 2,5 mg/die fino a deambulazione

(di solto 5-9 gg)

1.750 U.I. aXa per via sottocutanea 2-4

ore prima dell'intervento e 1.750 U.I.

aXa per via sottocutanea una volta al

giorno per 7-10 giorni o per tutto il

periodo a rischio.

2500 UI per iniezione s.c. 1-2 ore

prima dell'intervento e,

successivamente, 2500 UI s.c. al

mattino per 5 giorni.

Il giorno dell’operazione: 2.500 UI

anti-Xa s.c. 2 ore prima o 6 ore

dopo l’intervento. Nei giorni

successivi: 2.500 UI anti-Xa s.c.

ogni 24 ore per almeno 7-10 giorni

dopo la procedura chirurgica e

fino a quando il rischio si sia

ridotto

PROFILASSI TVP

CHIR ORT

4.000 U.I. 12 ore prima dell'intervento, poi

4.000 U.I/die in un’unica somministrazione

giornaliera (in media da 7 a 10 giorni dopo

l’intervento ed in generale fino alla

deambulazione del paziente).

38 U.I./kg 12 ore prima dell'intervento,

una postoperatoria 12 ore dopo la fine

dell'intervento, quindi un'iniezione

quotidiana fino al 3° giorno

postoperatorio incluso; 57 U.I./kg/die a

partire dal 4° giorno postoperatorio.

Continuare per tutto il periodo a rischio e

almeno fino alla ripresa della

deambulazione

Una iniezione per via sottocutanea di

0,4 ml (4.250 U.I. aXa) 12 ore prima

e 12 ore dopo l'intervento, quindi una

iniezione quotidiana nei successivi

giorni del decorso post-operatorio.

chir ortopedica maggiore 2,5 mg 6 h

dopo int e poi 2,5 mg/die fino a

deambulazione (di solto 5-9 gg +

ulteriori 24gg per anca)

Una prima iniezione da 0,6 ml (4.200

U.I. aXa) per via sottocutanea fino a 12

ore prima dell'intervento. Poi 0,6 ml

(4.200 U.I. aXa) per via sottocutanea

una volta al giorno per almeno 10 giorni

o per tutto il periodo a rischio.

5000 UI per iniezione sottocutanea la

sera prima dell'intervento e 5000 UI

per via sottocutanea le sere

successive, per 5 settimane. In

alternativa è possibile utilizzare il

seguente schema posologico: 2500

UI per iniezione sottocutanea 1-2 ore

prima dell'intervento e 2500 UI per via

s.c. 8-12 ore dopo l'intervento; nei

giorni successivi 5000 UI per via s.c.

ogni mattino per 5 settimane

3.500 UI anti-Xa per via

sottocutanea 2 ore prima o 6 ore

dopo l’intervento; poi 3.500 UI anti-

Xa s.c. ogni 24 ore(per almeno 7-

10 giorni dopo la procedura

chirurgica e fino a quando il rischio

si sia ridotto

PROFILASSI TVP

IN PAZ NON

CHIRURGICI E A

RISCHIO TVP

4.000 U.I./die per 6-14 giorni.

Può essere appropriato un trattamento di

più lunga durata: la somministrazione

dovrebbe continuare fino a quando esiste

un rischio tromboembolico e fino alla

deambulazione del paziente.

_Una iniezione per via sottocutanea di

0,4 ml (4.250 U.I. aXa) al giorno. La

durata del trattamento è di almeno

10 giorni.

2,5 mg una volta al giorno

somministrata tramite iniezione

sottocutanea. E' stato clinicamente

studiato un trattamento della durata di

6-14 giorni

La prevenzione è ottenuta con una

iniezione giornaliera da 0,6 ml (4.200

U.I. aXa) per via sottocutanea per

almeno 10 giorni o per tutto il periodo a

rischio.

PROFILASSI

COAGULAZIONE

IN EMODIALISI

100 U.I./kg nella linea arteriosa del circuito,

all’inizio di una seduta di 4 ore. Se

compaiono filamenti di fibrina ne circuito,

somministrazione di una ulteriore dose di

50-100 U.I./kg, a seconda del tempo

mancante alla fine della seduta. Nei

pazienti ad alto rischio emorragico (in

particolare nel caso di sedute di emodialisi

pre o post operatorie) o che presentino

sindromi emorragiche in evoluzione, le

sedute di dialisi potranno essere effettuate

utilizzando una dose di 50 U.I./kg (accesso

vascolare doppio) o di 75 U.I./kg (accesso

vascolare semplice).

In assenza di rischio emorragico e per

una seduta di una durata inferiore o

uguale a 4 ore praticare 64,6 U.I./kg

all'inizio della seduta nell'accesso

arterioso.

In caso di aumentato rischio emorragico

le sedute di dialisi potranno essere

effettuate utilizzando metà dose.

Per sedute di una durata superiore a 4

ore è possibile somministrare un’ulteriore

dose ridotta.

Per le sedute di dialisi successive, se

necessario, la dose può essere adattata

in base all’effetto osservato inizialmente.

_ _fino a 4 ore di durata: 5000 UI all’inizio

della dialisi

sedute di non più di 4 ore e senza

rischio di sanguinamento: una

sola dose (2500UI se peso <60 kg

o 3500UI se peso >60 kg) in

forma di bolo nella linea arteriosa

del circuito all’inizio della seduta

dialitica

INDICAZIONI E POSOLOGIA

enoxaparina nadroparina parnaparina fondaparinux Reviparina Dalteparina Bemiparina

TRATTAMENTO

TVP e EP100UI/kg ogni 12 h per 10 gg

92,7 U.I./kg ogni 12 ore per 10 giorni

(oppure 171 U.I./kg/die per 10 giorni).

Riprendere appena possibile la TAO.

Non interrompere la terapia fino al

raggiungimento del INR richiesto.

Due iniezioni/die per via

sottocutanea di 0,6 ml (6.400 U.I.

aXa): la terapia va protratta per

almeno 7-10 giorni.

Questa terapia può essere

preceduta da 3-5 giorni di terapia con

12.800 U.I. aXa per via endovenosa

in infusione lenta.

Dopo la fase acuta, la terapia può

essere protratta con 0,8 ml (8.500

U.I. aXa) per via s.c./die, 0,6 ml

(6.400 U.I. aXa) per via s.c./die,

oppure con 0,4 ml (4.250 U.I. aXa)

per via s.c./die per altri 10-20 giorni.

7,5 mg/die per peso tra 50-100 kg (5

mg <50 kg) per almeno 5 gg o fino a

anticoag orale (INR compreso tra 2 e

3). Un trattamento anticoagulante orale

concomitante deve essere iniziato

appena possibile e di solito entro 72

ore. La durata media del trattamento

negli studi clinici è stata di 7 giorni, e

l’esperienza clinica per un trattamento

superiore a 10 giorni è limitata.

175 U.I. aXa pro kg di peso da ripartirsi

in 2 iniezioni sottocutanee nelle 24 ore

per 5-10 giorni consecutivi.

Somministrazione giornaliera singola:

200 UI/kg di peso corporeo al giorno

per via sottocutanea; non è

necessario monitorare l'effetto

anticoagulante; non devono essere

somministrate quantità superiori a

18.000 UI al giorno in dose singola.

Somministrazione due volte al dì: il

dosaggio iniziale raccomandato è di

100 UI/Kg di peso corporeo/12 ore in

quei pazienti ad alto rischio

emorragico.

115 UI anti-Xa/kg di peso, s.c.,

una volta al giorno, per 7 ± 2

giorni.

Trattamento

dell’angina instabile

e dell’infarto del

miocardio non-Q

100 U.I./kg ogni 12 ore

contemporaneamente ad acido

acetilsalicilico per via orale (da 100 a 325

mg al giorno) per almeno 2 giorni e fino a

stabilizzazione della situazione clinica.

Generalmente la durata del trattamento è

da 2 a 8 giorni.

Bolo endovenoso iniziale di 86 U.I./kg,

seguito da iniezioni sottocutanee di 86

U.I./kg ogni 12 ore, in associazione ad

ASA ad una dose massima di 325 mg al

giorno. La durata usuale del trattamento

è di 6 giorni.

_ 2,5 mg/die per 8 gg al massimo

120 UI/kg per via sottocutanea 2 volte

al giorno fino ad un massimo di

10.000 UI/12 ore per almeno 6 giorni.

Segue: 5000UI o 7500 UI (a seconda

del peso) due volte/die. La durata

complessiva non dovrà superare 45

giorni.

PREZZI AL

PUBBLICO

F 0,2 ml 2000 UI= 2,87

F 0,4 ml 4000UI= 5,45

F 0,6 ml 6000UI= 6,70

F 0,8 ml 8000UI = 7,61

F 1 ml 10000UI = 8,97

F 0,3 ml 2850 UI= 3,20

F 0,4 ml 3800UI= 4,31

F 0,6 ml 5700UI= 5,709

F 0,8 ml 7600UI = 6,48

F 1ml 9500UI =5,65

F 0,3 3200 UI= 3,09

F 0,4 4250UI= 4,13

F 0,6 6400UI= 5,49

F0,8ML 8500UI = 7,29

prezzi DPC (distr. per conto)

F 1,5 mg = 2,56

F 2,5 mg =2,88

F 5 mg = 3,79

F 7,5 mg = 5,18

F 10 mg = 5,18

F 0,25 ml 1750 UI=2,673

F 0,6 ml 4200 UI=6,813

F 0,9 ml 6300 UI=9,938

F 0,4 ml 10000 UI=11,545

F 0,5 ml 12500 UI=14,427

F 0,6 ml 15000 UI=17,315

F 0,2 ml 5000 UI=5,485

F 0,2 ml 2500 UI=3,06

F 0,4 ml 10000UI=10,774

F 0,2 ml 2500UI=2,523

F 0,2 ml 3500UI=3,771

F 0,2 ml 5000UI=5,391

F 0,3 ml 7500UI=8,079

Prezzi ASL

F 0,2 ml 2000 UI= 1,20

F 0,4 ml 4000UI= 2,2

F 0,6 ml 6000UI= 2,9

F0,8 ml 8000UI = 3,20

F 0,3 ml 2850 UI= 1,10

F 0,4 ml 3800UI= 1,55

F 0,6 ml 5700UI= 1,99

F 0,6 ml 11400UI= 3,12

F 0,8 ml 15200UI=4,06

F 0,8 ml 7600UI= 2,33

F 1,5 mg = 1,13

F 2,5 mg = 1,88

F 7,5 mg = 4,18

- - -

NOTE

Le formulazioni da 6.000-8.000-

10.000 UI sono indicate

esclusivamente per il trattamento.

Le formulazioni da 11.400 e

15.200 UI sono indicate

esclusivamente per il

trattamento delle TVP in

monosomministrazione.

Nei pazienti STEMI o UA/NSTEMI

che devono essere sottoposti ad

intervento chirurgico di bypass

aortocoronarico, fondaparinux,

quando possibile, non deve essere

somministrato durante le 24 ore

precedenti l’intervento e può essere

risomministrato 48 ore dopo

l’intervento chirurgico.

Nei Pazienti con IR la dose

profilattica è 1,5 mg.

Nei pazienti emodinamicamente

instabili o che richiedono trombolisi

o embolectomia polmonare non

vanno trattati con Arixtra.

I dosaggi 5mg, 7,5mg e 10mg sono

utilizzabili solo nella terapia TVP.

La prima somministrazione va fatta

non prima di 6 ore dopo la fine

dell'intervento chirurgico; l'iniezione

non deve essere somministrata

senza che sia stata stabilita

emostasi.

Profilassi in PTCA: 7.000 U.I. aXa

(1 ml) in bolo (attraverso il catetere

femorale) prima della procedura,

seguita da 10.500 U.I. aXa (1,5 ml)

per infusione venosa in 24 ore

I dosaggi 5000, 7500 e 10000

vanno utilizzati solo nella

terapia della TVP.

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CONTROINDICAZIONI DI EPARINE E FONDAPARINUX (tratte dalle Schede Tecniche)

EPARINA NON FRAZIONATA

CONTROINDICAZIONI

□ ipersensibilita' al farmaco □ qualora non possano essere condotti ad appropriati intervalli i test di coagulazione (ENF a dosi anticoagulanti)

□ con uno stato emorragico non controllato □ anestesia loco-regionale per procedure di chirurgia elettiva (per ENF a dosi anticoagulanti); □ accidenti cerebrovascolari emorragici; □ periodo di attività terapeutica delle antivitamine K □ grave trombocitopenia/trombosi □ trombocitopenia da eparina/trombosi CAUTELA D’USO □ patologie nelle quali vi sia rischio di emorragie:

- endocardite batterica sub-acuta, - grave ipertensione non controllata; - aumentata tendenza alle emorragie (sindromi emofiliche o carenza di fattori della coagulazione, trombocitopatie ed alcune porpore vascolari emorragiche).

- patologie gastroenterologiche a rischio emorragico - durante e immediatamente dopo rachicentesi o anestesia spinale o interventi chirurgici maggiori a carico del cervello, della colonna vertebrale o dell'occhio;

- malattie epatiche con alterazioni dei parametri della coagulazione e/o varici esofagee - minaccia d'aborto.

□ insufficienza epatica □ insufficienza renale

EBPM

CONTROINDICAZIONI

□ Ipersensibilità all’eparina o ai suoi derivati, comprese le EBPM □ Anamnesi positiva per trombocitopenia con lo stesso principio attivo □ Endocardite infettiva acuta □ Sanguinamento attivo □ Disturbi dell’emostasi □ Accidenti cerebrovascolari emorragici, traumi cranioencefalici gravi □ Lesioni organiche a rischio di sanguinamento (a carico del SNC, dell’apparato visivo e uditivo, ulcera peptica in fase attiva, sindrome emorragica, ictus emorragico)

□ Insufficienza renale grave. Nefropatie. □ Pancreopatie gravi □ L’anestesia loco-regionale per procedure di chirurgia elettiva è controindicata in quei pazienti che ricevono eparina per motivazioni diverse dalla profilassi.

□ Gravidanza e allattamento □ Bambini □ Trombocitopenia da eparina/trombosi □ Grave trombocitopenia/trombosi

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CAUTELA D’USO □ Condizioni di sanguinamento potenzialmente aumentato, come:

- disturbi dell’emostasi; - storia di ulcera peptica; - ipertensione arteriosa grave; - retinopatia diabetica o ipertensiva; - recente chirurgia neurologica, oftalmologica o ORL

□ Insufficienza renale lieve-moderata □ Insufficienza epatica □ Anestesia spinale o peridurale, analgesia epidurale, puntura lombare □ Protesi meccaniche valvolari cardiache □ Situazioni con K plasmatico elevato □ Utilizzo concomitante di farmaci che influenzano l’emostasi:

- associazioni sconsigliate: ticlopidina, salicilati, FANS, antiaggreganti piastrinici (clopidogrel, dipiridamolo, sulfinpirazone, ecc.)

- associazioni che richiedono precauzioni d’uso: anticoagulanti orali (warfarin, acenocumarolo), destrano, glucocorticoidi

FONDAPARINUX

CONTROINDICAZIONI

- Ipersensibilità al principio attivo; - endocardite batterica acuta; - sanguinamenti in atto; - insufficienza renale grave - non deve essere usata l’anestesia spinale/epidurale in caso di intervento chirurgico in pazienti che ricevono fondaparinux per il trattamento del TEV

- utilizzo concomitante di sostanze che possono aumentare il rischio di emorragia: desirudina, agenti fibrinolitici, antagonisti del recettore GP IIb/IIIa, eparina o EBPM.

- Gravidanza - Allattamento - Bambini

CAUTELA D’USO

- Insufficienza epatica grave - pazienti emodinamicamente instabili (dosi anticoagulanti) - recente intervento chirurgico (< 3 giorni), e comunque utilizzare soltanto una volta ristabilita l’emostasi chirurgica.

- aumentato rischio di emorragie (cautela): • disordini emorragici congeniti o acquisiti, • patologia gastrointestinale ulcerativa in fase attiva • emorragia intracranica recente • dopo chirurgia cerebrale, spinale od oftalmica

- utilizzo concomitante di sostanze che possono aumentare il rischio di emorragia: antagonisti della vitamina K, acido acetilsalicilico, dipiridamolo, sulfinpirazone, ticlopidina o clopidogrel e FANS

- Basso peso corporeo (<50 kg) - Insufficienza renale moderata - trombocitopenia da eparina

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RACCOMANDAZIONI GENERALI

□ Si raccomanda che tutti i pazienti ammessi nelle unità di degenza, mediche o chirurgiche, siano valutati per il loro rischio tromboembolico.

□ Lo screening degli stati di trombofilia molecolare non è raccomandato ai fini della profilassi per la MTEV

□ Nei pazienti in cui vi è l’indicazione all’uso della profilassi con anticoagulanti (eparine o dicumarolici) si raccomanda di valutare la presenza di fattori che ne controindichino l’uso

□ Nei pazienti ad elevato rischio di sanguinamento o altre controindicazioni all’uso dei farmaci anticoagulanti (eparine o dicumarolici) si raccomanda l’utilizzo delle CE o della CPI

□ Poiché esistono metodi di profilassi più efficaci, l’uso dell’aspirina o altri antiaggreganti non è raccomandato come unico metodo per la profilassi della MTEV

□ In tutti i pazienti sottoposti a profilassi con eparina (ENF o EBPM) si raccomanda l’esecuzione di un esame emocromocitometrico basale, e quindi di monitorare la conta piastrinica ogni 2-3 giorni sino al 14° giorno o alla sospensione della somministrazione di eparina

□ Per i pazienti in trattamento con eparina (ENF o EBPM) o che le hanno ricevute nelle due settimane precedenti, si raccomanda di escludere la diagnosi di HIT se la conta piastrinica scende del 50% e/o si verifica un evento trombotico tra il giorno 4 e 14 dall’inizio della terapia con eparina anche se il paziente non sta più ricevendo l’eparina quando si verifica la trombocitopenia o la trombosi

□ Poiché la deambulazione precoce riduce il rischio di MTEV, tutti i pazienti dovrebbero essere incoraggiati a deambulare il più precocemente possibile

□ La coesistenza di più fattori di rischio determina un incremento cumulativo del rischio di MTEV □ Nelle donne in cui si programma un intervento chirurgico si deve bilanciare l’eccesso di rischio conferito dall’uso di anticoncezionali estroprogestinici con il rischio di sospendere la terapia anticoncezionale 4-6 settimane prima dell’intervento (gravidanza non voluta, effetto della chirurgia e dell’anestesia sulla gravidanza, rischio di un aborto)

□ Nei pazienti trattati con ENF, particolarmente se anziani, con peso <50 kg o in insufficienza renale si consiglia il controllo periodico dei valori di aPTT

□ La scelta della dose di ENF (5000 U/8 ore vs 5000 U/12 ore) dovrebbe essere fatta considerando il rischio tromboembolico ed il rischio di sanguinamento

□ Nella scelta del farmaco da utilizzare per la profilassi si consiglia di considerare che: • l’EBPM rispetto all’ENF conferisce un minor rischio di piastrinopenia indotta da eparina • l’EBPM rispetto all’ENF ha una maggior facilità d’uso • Nei pazienti con grave insufficienza renale l’ENF può essere monitorizzata mediante il dosaggio dell’aPTT

□ L’associazione dell’eparina (ENF o EBPM) a dosi profilattiche con la terapia antiaggregante sembra sicura; tuttavia, poiché tale associazione può aumentare il rischio di sanguinamento, il medico dovrà decidere sulla base del singolo paziente se i vantaggi siano maggiori dei rischi

□ Per i pazienti con storia di trombocitopenia indotta da eparina che necessitino della profilassi per la MTEV si consiglia la consulenza di un ematologo. Le opzioni profilattiche includono l’uso di mezzi fisici, gli analoghi dell’irudina (unico farmaco disponibile in Italia con l’indicazione per la HIT), il dermatansolfato, e il fondaparinux

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PROFILASSI E ANESTESIA LOCO-REGIONALE La letteratura internazionale raccomanda:

� un periodo di 12 ore tra l’ultima somministrazione di EBPM e l’esecuzione del blocco spinale o la rimozione di catetere perdurale.

� Un intervallo di 4 ore tra l’esecuzione del blocco spinale o la rimozione del catetere perdurale e la dose successiva di EBPM

� Nei pazienti in cui la puntura è stata traumatica si raccomanda di posporre la continuazione della profilassi farmacologica (utilizzare mezzi fisici di profilassi)

� Un intervallo di 4 ore tra l’esecuzione del blocco spinale o la rimozione del catetere peridurale e le dosi precedenti o successive di eparina calcica non frazionata

� Nei pazienti in terapia con eparina sodica ev un intervallo di almeno 1 ora tra l’esecuzione del blocco e somministrazione dell’eparina sodica e un intervallo di 4 ore tra la sospensione dell’eparina e la puntura spinale o la rimozione del catetere

� Gli antinfiammatori non steroidei e l’aspirina non sembrano aumentare il rischio di ematoma perispinale, pertanto non è necessaria la loro sospensione prima della puntura spinale

� Nei pazienti in terapia con clopidogrel o ticlopidina viene consigliata la sospensione del farmaco prima della puntura spinale 7 e 14 gg prima rispettivamente

� Nei pazienti in terapia con anticoagulanti orali è raccomandato un I.N.R. < 1,5 per l’esecuzione del blocco o la rimozione del catetere perdurale

� Nell’associazione tra antiaggreganti ed eparine, poiché il rischio di ematoma spinale può aumentare, la decisione riguardo il tipo di anestesia e riguardo la sospensione della terapia antiaggregante deve essere presa valutando rischi e benefici delle diverse opzioni.

PROFILASSI IN TERAPIA INTENSIVA Il paziente ricoverato in terapia intensiva è un paziente ad alto rischio di manifestazioni tromboemboliche sia per la patologia di base che ha determinato il ricovero (sepsi, traumatismi, BPCO, stati di coma a diversa eziopatogenesi) sia per la presenza nello stesso paziente di più fattori addizionali per malattia tromboembolica ( età avanzata, obesità, allettamento, etc). La letteratura internazionale raccomanda:

� Se alto rischio di sanguinamento: mezzi fisici fino alla riduzione di tale rischio � Se rischio moderato (patologie mediche o postchirurgiche): Enoxaparina 4000 U.I. sc ogni 24 ore

� Se rischio più alto ( trauma maggiore, dopo chirurgia ortopedica o chirurgia oncologica): Enoxaparina 4000 U.I. sc ogni 24 ore eventualmente associata a mezzi fisici.

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PROFILASSI E INSUFFICIENZA RENALE

Nei pazienti con aumento dei livelli di cretininemia e nei pazienti anziani (anche con livelli di creatinine mia nel range di normalità) si consiglia di stimare il filtrato glomerulare (eGFR). Possono essere utilizzate le seguenti formule: MDRD modificata : eGFR [ml./min] = [( 175* Cr – 1,154) * (età – 0,203) * ( 0,742 se femmina) ] http://www.nkdep.nih.gov/professionals/gfr_calculators/idms_con.htm Cockroft-Gault: eGFR [ml./min] = [(0,85 se femmina)] *(140-età) *peso]: (72*creatinina) http://nephron.com/cgi-bin/CGSI.cgi Nei pazienti con Insufficienza Renale severa (eGFR < 30 ml./min), soprattutto quando associata ad età avenzata e/o basso peso corporeo (< 50 Kg) o quando si prevede una profilassi prolungata si suggerisce cautela nell’uso dell’EBPM. Nei pazienti con Insufficienza Renale severa (ClCr < 20 ml./min) non si dovrebbe utilizzare il Fondaparinux Nei pazienti con insufficienza renale severa, in assenza di dati della letteratura che possano guidare le scelte terapeutiche del clinico, si suggeriscono le seguenti opzioni:

• Monitoraggio attento dei segni e sintomi di sanguinamento • Considerare la sospensione di altri farmaci che possono aumentare il rischio di sanguinamento

• Uso di mezzi non farmacologici di profilassi (CE o CPI): ad esempio nei pazienti chirurgici a rischio moderato tale metodica si è dimostrata efficace e non aumenta il rischio di sanguinamento

• Uso dell’Eparina non frazionata. • Riduzione empirica della dose di EBPM o fondaparinux come specificato nella scheda tecnica del farmaco.

Modalità di riduzione della dose di Eparina Calcica Enoxaparina e Nadroparina nei pazienti con Insufficienza Renale

Profilassi medica

eGFR < 30 ml./min. Eparina calcica 0,2 ml. X 2 s.c./ 24 ore

eGFR < 30 ml./min. Enoxaparina 2000 U.I. in pazienti a basso rischio

eGFR < 30 ml./min. Enoxaparina 4000 U.I. in pazienti ad alto rischio

Profilassi chirurgica

eGFR < 30 ml./min. Nadroparina 2850UI 24/ore eGFR < 30 ml./min. Enoxaparina 2000 U.I.

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PROFILASSI IN CHIRURGIA GENERALE

FATTORI DI RISCHIO

• Età Il rischio aumenta in maniera esponenziale con l’età

• Obesità il rischio aumenta di circa tre volte BMI >30

• IVC Il rischio aumenta del 50% dopo chirurgia generale maggiore (per le varici è basso).

• Pregressa TEV La chirurgia aumenta il rischio di recidiva del 5%

• Viaggio prolungato

• Malattia infiammatoria intestinale

• Malattie mieloproliferative

• Neoplasia Il rischio aumenta 7 volte in caso di malattia

• Trombofilia congenita carenza degli inibitori della coagulazione

• Sindrome da anticorpi antifosfolipidi

• Iperomocisteinemia

• Terapia ormonale contraccettivi orali, terapia sostitutiva triplicano il rischio

• Gravidanza e puerperio Il rischio aumenta di circa 10 volte

• Immobilizzazione per più di 3 giorni aumenta il rischio di circa 10 volte

• Anestesia Il rischio raddoppia con l’anestesia generale vs ad anestesia spinale/epidurale.

• Presenza di un catetere venoso centrale

Stratificazione del rischio

BASSO Chirurgia minore; pazienti <40 anni senza

fattori di rischio addizionali

No terapia DP

MODERATO Chirurgia minore in pazienti con fattori

aggiuntivi di rischio. Chirurgia maggiore in

pazienti<40 anni. Chirurgia minore in

pazienti fra 40 e 60 anni senza rischi

addizionali.

Parnaparina 0,3 1 fl 12 ore prima poi 1 die per 7 gg ( nelle neoplasie 30 gg) Enoxaparina: 2.000UI due ore prima dell'intervento, poi 2.000UI/24h per 7-10 gg o fino a deambulazione.

CE e DP

ALTO Chirurgia in pazienti >60 anni o fra 40 e 60 anni con fattori di rischio addizionale

CE e DP

ALTISSIMO Chirurgia maggiore in pazienti con fattori di rischio multipli

Parnaparina 0,41 fl 12 ore prima poi 1 die per 7 gg ( nelle neoplasie 30 gg)

CE e DP

DP=deambulazione precoce; CE=calze elastiche NOTE • Nei pazienti ad altissimo rischio di sanguinamento: CE (IA)

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• Inizio della profilassi 12 ore prima anche perché molti intervento sono in anestesia spinale o viene posizionato catetere peridurale antalgico (BPC)

• Durata della profilassi: per 5-10 gg post-intervento, tranne neoplasie in cui si prolunga per 1 mese (IA)

• Pazienti in terapia antiaggregante sospendono la terapia 5 gg prima ed iniziano la terapia con EBPM

• Pazienti in terapia con anticoagulanti orali sospendono la TAO 5-6 gg prima e sostituiscono con EBPM a dosi profilattiche da continuare per 7 gg dopo l’intervento

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PROFILASSI IN CHIRURGIA UROLOGICA

Fattori di rischio per TVP perioperatoria

• Età >40; il rischio aumenta con l’aumentare dell’età • Gravidanza e Post-partum ( <30gg) • Storia di TVP o embolia polmonare • Contraccettivi oronali o terapia sostitutiva • Neoplasia attiva o terapia per neoplasia • Sindrome nefrosica • Patologie mediche acute (infezioni, insuff. Cardiaca ecc.) • Malattia infiammatoria intestinale • Immobilizzazione (paralisi, gesso, allettamento) • Malattie mieloproliferative e paraproteinemie • Viaggio prolungato prime dell’intervento • LAC, anticorpi anticardiolipina • Vene varicose • Condizioni trombofiliche molecolari • Obesità grave (BMI: F>28, M>30 )

Rischio Tipo di chirurgia Profilassi BASS0

Chirurgia minore (es: idrocelectomia..) in paz. con età < 40 aa senza fattori rischio addizionale

DP + CE

MODERATO

Chirurgia minore in paz. con fattori aggiuntivi di rischio e/o con età compresa tra 40-60 aa Chirurgia maggiore (es: nefrectomia, ATV …) in paz. con età < 40aa

DP + CE ENOXAPARINA SODICA 2000 U.I. 1 f. 12 h prima e 1f./die x 14 gg. ( nelle neoplasie 30 gg.)

ALTO

Chirurgia in paz. con età > 60 aa o tra 40 – 60 aa con fattori di rischio addizionali Chirurgia maggiore in paz. con fattori di rischio multipli

DP + CE ENOXAPARINA SODICA 4000 U.I. 1 f. 12 h. prima e 1f./die x 21 gg . ( nelle neoplasie 30 gg.)

DP: deambulazione precoce; CE: calze elastiche

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PROFILASSI IN CHIRURGIA ORTOPEDICA

Fattori di rischio per TVP perioperatoria:

• Età >40; il rischio aumenta con l’aumentare dell’età • Gravidanza e Post-partuum (<30 giorni) • Storia di TVP o embolia polmonare • Contraccettivi ormonali o Terapia sostitutiva ormonale • Neoplasia attiva o terapia per neoplasia • Sindrome nefrosica • Patologie mediche acute (infezioni, insuff. cardiaca, ecc) • Malattia infiammatoria intestinale • Immobilizzazione (paralisi, gesso, allettamento) • Malattie mieloproliferative e paraproteinemie • Viaggio prolungato prima dell’intervento • LAC, anticorpi anticardiolipina • Vene varicose • Condizioni Trombofiliche Molecolari • Obesità grave (BMI: F >28, M>30)

Tipologie di interventi:

INTERVENTI DI PICCOLA CHIRURGIA - Artroscopie ginocchio diagnostiche o per meniscectomia semplice.

- piccoli interventi mano (S.T.C., De Quervain)

- tenorrafie di piccoli segmenti INTERVENTI DI MEDIA CHIRURGIA - interventi spalla

- interventi piede e caviglia - interventi mano (Dupuytren, frattura scafoide)

- osteotomie di ginocchio - ricostruzione LCA od altre riparazioni legamentose o cartilaginee del ginocchio

- osteosintesi medi e piccoli segmenti - rimozione mezzi di sintesi

INTERVENTI DI ALTA CHIRURGIA - chirurgia protesica - osteosintesi di grandi segmenti - chirurgia vertebrale - Interventi di durata superiore alle 2 ore

Interventi di alta e media chirurgia agli arti inferiori, al bacino ed alla colonna: EBPM ad alte dosi

iniziata 6-12 ore dopo l’intervento e protratta per almeno 5 settimane dall’intervento ed, in caso di

carico ritardato, protratta ulteriormente fino alla ripresa della deambulazione completa.

Può essere indicato una profilassi per sole 2 settimane post-operatorie in caso di rimozione di

mezzi di sintesi senza complicazioni o ritardo nel carico.

22

Interventi di piccola chirurgia agli arti inferiori: EBPM ad alte dosi iniziata 6-12 ore dopo

l’intervento e protratta per almeno 2 settimane dall’intervento ed, in caso di carico ritardato,

protratta ulteriormente fino alla ripresa della deambulazione completa.

Interventi agli arti superiori: non esiste in letteratura una chiara indicazione alla profilassi per TVP

per interventi agli arti superiori.

Data comunque la possibilità di insorgenza di TVP agli arti superiori, seppur molto ridotta rispetto

agli interventi sugli arti inferiori, si lascia alla valutazione del chirurgo caso per caso l’indicazione

alla profilassi con EBPM ad alte dosi nelle osteosintesi delle ossa lunghe o comunque nei gravi

traumatismi che richiedono l’intervento chirurgico. La profilassi va proseguita per almeno 2

settimane dall’intervento.

23

PROFILASSI IN CHIRURGIA TORACICA

Fattori di rischio per TVP perioperatoria: • Età >40; il rischio aumenta con l’aumentare dell’età • Gravidanza e Post-partuum (<30 giorni) • Storia di TVP o embolia polmonare • Contraccettivi ormonali o Terapia sostitutiva ormonale • Neoplasia attiva o terapia per neoplasia • Sindrome nefrosica • Patologie mediche acute (infezioni, insuff. cardiaca, ecc) • Malattia infiammatoria intestinale • Immobilizzazione (paralisi, gesso, allettamento) • Malattie mieloproliferative e paraproteinemie • Viaggio prolungato prima dell’intervento • LAC, anticorpi anticardiolipina • Vene varicose • Condizioni Trombofiliche Molecolari • Obesità grave (BMI: F >28, M>30)

□ Il rischio aumenta in presenza di più fattori di rischio o in presenza di alcuni fattori di rischio quali neoplasia attiva, storia di TVP, età avanzata (>60 aa)

□ Nei casi in cui il paziente sia sottoposto ad anestesia spinale o epidurale vedere le raccomandazioni specifiche sulla Linea Guida

□ Per dosaggi e indicazioni consultare il “foglio illustrativo” allegato alla confezione del farmaco

□ Si raccomanda una durata della profilassi compresa tra i 5 e 10 giorni post-operatori □ La profilassi può essere prolungata fino a 4 settimane totali nei pazienti non deambulanti o con un rischio tromboembolico molto elevato

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□ Nei pazienti sottoposti a profilassi con eparine si raccomanda l’esecuzione di un emocromo basale e ogni 2-3 giorni sino al 10-14° giorno

□ In caso di utilizzo di ENF in pazienti molto anziani, con insufficienza renale o basso peso corporeo, si consiglia il monitoraggio dei valori di PTT

□ Nei pazienti con insufficienza renale e GFR<30 ml/min aumenta il rischio di accumulo dei EBPM e fondaparinux con un conseguente aumento del rischio di sanguinamento: le opzioni disponibili prevedono l’uso di mezzi fisici, la riduzione empirica della dose di EBPM o l’utilizzo dell’ENF con monitoraggio del PTT. Nel dubbio consultare uno specialista

□ Valutare le controindicazioni all’uso delle eparine (vedi Tabella pag. 10 e 11)

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PROFILASSI IN MEDICINA

Fattori di rischio e livelli di attenzione

Paziente immobilizzato per >=3 giorni + età >40 anni + 1 delle seguenti condizioni cliniche acute

- ictus cerebrale con emiparesi * - sepsi - insufficienza respiratoria acuta con ventilazione - insufficienza respiratoria acuta senza ventilazione - scompenso cardiaco acuto NYHA III-IV - IMA - IBD - patologie reumatiche acute - ischemia critica di un arto - patologia infettiva acuta

OPPURE

- storia di TVP - neoplasia attiva (comprese malattie mieloproliferative e paraproteinemie) o chemioterapia in atto - disordini trombofilici ** - sindrome nefrosica - terapia EP (contraccettiva o terapia sostitutiva) - età >= 60 anni - gravidanza o puerperio - obesità grave [BMI > 28 (F), > 30 (M)] - stato di disidratazione - poliglobulia o trombocitosi - varici di grado severo

IMPOSTA PROFILASSI:

ENOXAPARINA 4.000 U sc/24 ore (1A) PARNAPARINA 4.250 U sc/24 ore nei pazienti ad alto rischio (vd stratificazione del rischio 3) FONDAPARINUX 2.5 mg/die in particolari pazienti ad alto rischio (vd stratificazione del rischio 4) EPARINA NON FRAZIONATA 5.000 U sc/8 ore

Legenda:

Rosso: alto livello di attenzione

Arancione: medio livello

Verde basso livello

*o** vedi in raccomandazioni

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RIS

CH

IO A

CU

TO

STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO

PAZIENTE ALLETTATO (>= 3 GG) CON PIU’ DI 40 ANNI

-Ictus ischemico con paralisi

-Insuff respiratoria ventilata rischio alto rischio -Sepsi altissimo -Scompenso NHYA III – IV -IMA -BPCO riacut senza ventilazione rischio alto -Riacutizzazione di IBD -Patologia reumatica acuta rischio alto -altra patologia infettiva acuta rischio medio -allettamento improvviso rischio basso - obesità - s. nefrosica - storia di TEV - poliglobulia - contraccettivi - trombofilia - trombocitosi - gravidanza - neoplasia att. - disidratazione - età >=60 anni - CHT in atto - varici di gr.severo

RISCHIO DI BASE

1. Non ci sono dati che permettano di affermare che i pazienti a basso rischio possano essere profilassati solo con mezzi meccanici

2. Per tutte le condizioni di rischio l’enoxaparina ha indicazioni di profilassi

3. La parnaparina ha indicazioni per il paziente ad alto rischio di TVP

4. Il fondaparinux al momento, in base agli studi eseguiti, ha indicazione se il paziente è allettato da almeno 4 giorni, ha almeno 60 anni, insufficienza cardiaca NYHA III-IV e/o patologia respiratoria acuta e/o patologia acuta infettiva o infiammatoria

5. Per il paziente ad altissimo rischio viene suggerita la combinazione di eparina e mezzi compressivi (Circulation 2004)

RACCOMANDAZIONI * Pazienti con ictus ischemico cerebrale o Prevenzione di TVP con Eparina a dosi profilattiche (eparina calcica 5000 U x 2 o EBPM ) nei pazienti ad alto rischio (plegici, alterazione stato di coscienza, obesi, allettati, precedente patologia venosa arti inferiori), da iniziare al momento dell’ospedalizzazione.

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o In pazienti non a rischio elevato per trombosi venose profonde, il ricorso sistematico all’eparina comporta un bilancio beneficio/rischio di complicanze emorragiche cerebrali o sistemiche inaccettabile

o L’utilizzo delle calze elastiche compressive, in base ai risultati dello studio CLOTS, non risulta indicato sistematicamente nei pazienti con ictus ischemico

o In caso di controindicazione all’uso di eparina, o qualora il rischio di sanguinamento risulti elevato (infarti cerebrali di grosse dimensioni, ipertensione arteriosa non controllata), è indicato l’utilizzo di mezzi meccanici, in particolare la compressione pneumatica intermittente. L’eparina potrà essere iniziata successivamente, superata la fase di elevato rischio (generalmente dopo 48 ore, previa esecuzione di TC encefalo)

o La mobilizzazione precoce e l’idratazione sono sempre indicate per la prevenzione delle trombosi venose profonde.

• Nei pazienti con ictus ischemico, in caso di trombolisi endovenosa, l’uso dell’eparina a basse dosi dovrebbe essere posticipato di 24 ore.

* Pazienti con emorragia cerebrale Nei pazienti con emorragia cerebrale (spontanea o post-traumatica), si raccomanda l’uso di mezzi meccanici, in particolare compressione pneumatica intermittente (di seconda scelta le calze elastiche antitrombo), fino a stabilizzazione del quadro. In caso di rischio elevato di TVP (pazienti plegici, alterazione stato di coscienza, obesi, allettati, precedente patologia venosa arti inferiori) o impossibilità all’utilizzo della compressione pneumatica intermittente, l’eparina non frazionata o EBPM a dosi profilattiche può essere aggiunta ai mezzi fisici a stabilità della lesione,quando si ritiene che il rischio di peggioramento della lesione emorragica sia superato ( generalmente dopo 2-5 giorni). ** Le situazioni trombofiliche genetiche maggiormente correlate al TEV risultano essere l’APC resistance, il fattore V di Leiden, il deficit di AT III/proteina C/proteina S, l’iperomocisteina plasmatica, la mutazione della protrombina e l’incremento dei fattori VII,VIII,IX e XI. (Edmonds et al ANZ Journal of Surgery 2004, Rocha et al Vascular Health and Risk Management 2007) Inoltre va aggiunta la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) con sola storia di poliabortività. • Se il paziente ha controindicazioni all’uso di anticoagulanti si raccomanda l’uso della profilassi con mezzi meccanici (1B)

• Nei pazienti con insufficienza renale con clearance della creatinina < 30 ml/min si raccomanda l’uso di ENF con monitoraggio dell’aPTT (2C). Controindicato il fondaparinux per la sua escrezione prevalentemente renale (si rimanda comunque alla parte nefrologica)

• Per i pazienti con forte sospetto (o diagnosi) di HIT (trombocitopenia da eparina) con o senza eventi trombotici, si raccomanda, per la profilassi, la sostituzione dell’eparina con mezzi fisici, analoghi dell’irudina (1C), fondaparinux (2C) o dermatansolfato. Lo stesso vale per i pazienti già con storia di trombocitopenia indotta da eparina che necessitino della profilassi; in ogni caso si consiglia la consulenza di un ematologo.

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• Nei pazienti sottoposti a terapia con eparine si raccomanda l’esecuzione di un emocromo basale e ogni 2-3 giorni dal 4° al 14° giorno (2C)

• Per i pazienti che iniziano l’EBPM o ENF, ma sono stati trattati con ENF nei precedenti 100 giorni o la cui storia di esposizione a eparine è incerta, si raccomanda una conta piastrinica basale e la ripetizione nel giro di 24 ore dall’inizio dell’eparina (1C)

FOCUS SU PAZIENTE ONCOLOGICO Le complicanze tromboemboliche influenzano significativamente la morbilità e la mortalità dei pazienti affetti da malattie neoplastiche. La presenza di una patologia oncologica è inoltre un fattore di rischio validato e deve essere considerato nella valutazione complessiva del rischio al fine di individuare i pazienti da sottoporre a profilassi primaria. Lo studio clinico più rilevante condotto per valutare l’impatto della profilassi eparinica in pazienti oncologici è lo studio PROTECHT (Agnelli G et al, Lancet Oncol 2009;10:943-49), un trial clinico randomizzato in doppio cieco. Sono stati arruolati pazienti ambulatoriali con neoplasie metastatiche o localmente avanzate del polmone, del tratto gastroenterico, del pancreas, dell’ ovaio e della mammella. I partecipanti hanno ricevuto un trattamento profilattico con nadroparina 3800 IU sottocute al dì o placebo per tutta la durata della chemioterapia o per un massimo di 4 mesi. Lo studio ha evidenziato una minore incidenza di TEV nei pazienti sottoposti a profilassi rispetto al gruppo placebo (p=0.20). Una ulteriore analisi dei risultati (Agnelli G et al, ESMO 2010) ha evidenziato tuttavia come la riduzione del rischio tremboembolico risulti significativamente maggiore in pazienti oncologici ambulatoriali classificati ad alto rischio calcolato secondo il “risk-model” KORANA (che prende in considerazione 5 variabili: la conta piastrinica, la sede della neoplasia, livelli di emoglobina e leucociti e il body mass index). Proprio alla luce di questi dati è stata prevista una estensione nell’indicazione (legge 648/96) per la nadroparina calcica in profilassi delle trombosi venose profonde in pazienti oncologici ambulatoriali a rischio (KORANA >3) [con condizione che l'indicazione sia posta dallo specialista ematologo o oncologo].

FOCUS SU PAZIENTE IN GRAVIDANZA E PUERPUERIO Durante la gravidanza il rischio relativo di TEV aumenta di 5-10 volte. La sua insorgenza in gravidanza dipende dalla concomitante presenza di più fattori di rischio nella stessa donna. Fattori di rischio in gravidanza: trombofilia ereditaria, obesità, parità superiore a 4, età superiore a 35 anni, fumo, storia personale o famigliare di TEV, stasi. Fattori di rischio nel puerperio (4-6 settimane dopo il parto): taglio cesareo, emo-concentrazione, liberazione in circolo di fattore tessutale a seguito del distacco della placenta. Sia le EBPM che gli anticoagulanti orali non passano nel latte materno e possono quindi essere assunti con sicurezza durante il periodo dell’allattamento. Tuttavia, visto che le schede tecniche dei farmaci contengono avvertimenti di controindicazione, è sempre necessario la paziente sui possibili vantaggi/svantaggi dell’uso di tali farmaci ed ottenerne il consenso.

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In donne che assumono anticoagulanti orali sine die, appena il test di gravidanza risulta positivo, è necessario sostituire anticoagulanti orali (che sono teratogeni) con EBPM o ENF a dosi variabili a seconda delle indicazioni alla terapia anticoagulante. Pazienti con pregresso episodio di TEV secondario, senza altri fattori di rischio

Nessuna profilassi farmacologia durante la gravidanza

Pazienti con pregresso episodio di TEV idiomatico o secondario, ma con altri fattori di rischio in atto

Durante tutta la gravidanza e il puerpuerio: EBPM sc (2000-4000 UI/24h) o ENF sc (5000 UI/12h); in alternativa nel puerperio anticoagulanti orali

Stati trombotici ereditari con e senza pregresso TEV

Durante tutta la gravidanza e il puerpuerio: EBPM sc (2000-4000 UI/24h) o ENF sc (5000 UI/12h); in alternativa nel puerperio anticoagulanti orali

Anticorpi antifosfolipidi, con o senza pregresso TEV, con o senza aborti ricorrenti

Durante tutta la gravidanza e il puerpuerio: ASA (75mg/die) EBPM sc (2000-4000 UI/24h) o ENF sc (5000 UI/12h) per tutta la gravidanza; in alternativa nel puerperio anticoagulanti orali

Deficit ereditario di antitrombina con o senza pregresso TEV

Durante tutta la gravidanza e il puerpuerio: EBPM sc a dosi terapeutiche (>150UI/kg/die) o ENF sc ogni 12 h (monitorare aPTT 1.5-2.5 a 6h dall’iniezione) nel 1°trimestre, poi anticoagulanti nel 2° e 3°, poi eparina al parto; in alternativa nel puerperio anticoagulanti orali

Profilassi primaria in caso di taglio cesareo elettivo, senza altri fattori di rischio

• Mobilizzazione precoce • Calze elastiche • EBPM sc (2000-4000UI/24h) per 7-10gg • ENF sc (5000 UI/12h) per 7-10gg

Profilassi primaria in caso di taglio cesareo elettivo, con altri fattori di rischio

per tutto il puerpuerio: • EBPM sc (4000 UI/24h) • ENF sc (5000-7500 UI/12h) • Anticoagulanti orali

ENF=Eparina Calcica

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PROFILASSI IN CARDIOLOGIA SCA STEMI Paziente trattato con Trombolisi (TNK) o che effettua PTCA primaria

Bolo di ENF 60 UI\Kg massimo 4000 U\I seguita da infusione continua di • ENF 12.500 UI in 250 cc a 21 ml\h per 48 h per pz con peso >= 70kg

• ENF 12.500 UI in 250 cc a 18 ml\h per 48 h in pz con peso < 70kg

aggiustando successivamente la dose in modo da mantenere PTT tra 50”e 70”

a) pazienti trattati con trombolisi, dopo le 48 h di eparina NF , che non hanno ancora eseguito l’indagine emodinamica : b) paz che hanno eseguito PTCA , primaria o elettiva, in fibrillazione atriale: c) paz che non hanno effettuato trombolisi né PTCA primaria : d) paz che non hanno eseguito tromobolisi né PTCA primaria o elettiva :

Trattamento con EBPM Enoxaparina o Fondaparinux secondo schema seguente: -ENOXAPARINA Pazienti fino a 75 anni Enoxaparina 100 UI\Kg s.c.ogni 12 h, fino ad esecuzione dell’indagine emodinamica Pazienti > 75 anni Enoxaparina 75 UI\Kg s.c. ogni 12 h (per un massimo di 7500UI b.d) fino ad esecuzione dell’indagine emodinamica -FONDAPARINUX Fondaparinux 2,5 1 f e.v. (bolo) (solo nella fase acuta) seguita il giorno dopo da Fondaparinux 2,5 1 f s.c. da somministrare per un massimo di 8 giorni. Fondaparinux 2,5 mg in tutti gli altri casi.

Pazienti con insuffienza renale con clearance della creatinina tra 50 e 20 ml\h: riduzione dose a 1,5 mg di Fondaparinux. Per clearance <20 ml/h: ENF secondo schema precedente (SCA STEMI)

SCA NSTEMI

- ENOXAPARINA Pazienti fino a 75 anni Enoxaparina bolo 3000 UI e.v. immediatamente seguita da enoxaparina 100 UI\Kg s.c. ogni 12 h per 48-72 h Pazienti > 75 anni enoxaparina 75 UI\Kg s.c. ogni 12 h (per un massimo di 7500UI b.d) per 48-72 h. - FONDAPARINUX Fondaparinux 2.5 1 f s.c. da somministrare per un massimo di 8 giorni.

Pazienti con insuffienza renale con clearance della creatinina tra 50 e 20 ml\h riduzione dose a 1,5 mg di Fondaparinux. Per clearance <20 ml/h ENF secondo schema precedente (SCA STEMI).

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TERAPIA DEL TROMBOEMBOLISMO - raccomandazioni -

TVP

• Per i pazienti per cui si abbia un importante sospetto clinico di trombosi venosa profonda, si raccomanda di iniziare il trattamento anticoagulante senza attendere l’esito dei test diagnostici (1C).

• Nei pazienti con TVP acuta si raccomanda trattamento con EBPM o ENF o fondaparinux per almeno 5 giorni e finchè l’INR non sia >= 2 per 24 ore (1C). L’inizio della TAO è raccomandato dal primo giorno di trattamento con EBPM, EFN o fondaparinux (1A).

• Nel paziente con TVP in fase acuta si raccomanda il trattamento con EBPM una o due volte al giorno piuttosto che la terapia con ENF ev (1C, 1A)

• Nei pazienti con insufficienza renale grave si consiglia di utilizzare ENF (2C). • Se si sceglie ENF sc, si raccomanda una dose iniziale di 17.500 U oppure 250U/kg due volte al dì con successivi aggiustamenti di dosaggio in base all’aPTT (1C)

• Per i pazienti che abbiano una TVP prossimale sintomatica si raccomanda l’uso di un’elasto-compressione con gradiente di pressione alla caviglia di 30-40 mmHg se possibile (1A). La terapia compressiva, che può includere l’uso di bendaggi in acuto, dovrebbe essere iniziata il prima possibile dopo l’inizio della TAO e dovrebbe essere continuata per un minimo di due anni o più a lungo se il paziente lamenta sintomi della sindrome post-trombotica

TROMBOSI VENOSE SUPERFICIALI

• Per i pazienti con trombosi venose superficiali si raccomandano dosi profilattiche o intermedie di EBPM (2B) o dosi intermedie di ENF (2B) per almeno 4 settimane. Si sconsiglia l’utilizzo contemporaneo di FANS per os (2B)

TEP • Per i pazienti in cui sia stata obiettivata la TEP si raccomanda terapia a breve termine con EBPM (1A) sc, ENF ev (1A), ENF sc monitorata (1A), ENF sc a dosaggio fisso (1A) o fondaparinux sc (1A). Tali pazienti dovrebbero essere routinariamente selezionati per il trattamento trombolitico, raccomandato per i pazienti con evidenza di compromissione emodinamica a meno che non intervengano controindicazioni maggiori per rischio di sanguinamento (1B)

• Per i pazienti in cui sia forte il sospetto di TEP si raccomanda di iniziare il trattamento con anticoagulanti nell’attesa dei test diagnostici (1C)

• Nei pazienti con TEP acuta si raccomanda trattamento iniziale con EBPM, ENF o fondaparinux per almeno 5 giorni e finchè l’INR non sia > 2 per almeno 24 ore (1C). La terapia anticoagulante orale andrebbe iniziata sin dal primo giorno (1A)

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• Nei pazienti con TEP acuta, se si sceglie l’ENF ev, si raccomanda che dopo il bolo iniziale di 80 U/kg o 5.000 U, si proceda con infusione continua (iniziando con 18U/kg/h) con aggiustamenti in base all’aPTT (1C)

• Se si sceglie ENF sc, si raccomanda una dose iniziale di 17.500 U oppure 250U/kg due volte al dì con successivi aggiustamenti di dosaggio in base all’aPTT (1C)

• Nei pazienti con TEP acuta non massiva si raccomanda trattamento iniziale con EBPM piuttosto che ENF ev (1A). Per le EBPM viene raccomandato il monitoraggio in routine dei livelli di attività anti-fattore Xa (1A)

• Nei pazienti con insufficienza renale grave si consiglia di utilizzare ENF (2C).

ICTUS ISCHEMICO • In caso di ictus cardioembolico risulta indicato procrastinare la terapia anticoagulante di 48 ore (somministrando nel frattempo ASA 300 mg) per il rischio di infarcimento emorragico. Prima di iniziare la terapia eparinica si raccomanda l’esecuzione di TC encefalo di controllo. In caso di ictus esteso > 1/3 dell’emisfero o se presenza di infarcimento ematico a 48 ore la terapia anticoagulante andrà instaurata dopo almeno 14 giorni, a stabilizzazione della lesione ischemica. A seguire è raccomandata la TAO con INR tra 2-3.

• in caso di dissecazione carotidea/vertebrale, stenosi carotidea subocclusiva in attesa dell’intervento chirurgico vascolare o TIA in rapida successione è indicata terapia con eparina ev o EBPM a dosi anticoagulanti (tranne in caso di ictus esteso oltre 1/3 dell’emisfero).

• In caso di trombosi dei seni venosi è indicata terapia con eparina ev o EBPM a dosi anticoagulanti anche in presenza di infarto emorragico. Successiva TAO con INR 2-3.

• Nei pazienti sottoposti a terapia con eparine si raccomanda l’esecuzione di un emocromo basale e ogni 2-3 giorni dal 4° al 14° giorno (2C)

• Per i pazienti che iniziano l’EBPM o ENF, ma sono stati trattati con ENF nei precedenti 100 giorni o la cui storia di esposizione a eparine è incerta, si raccomanda una conta piastrinica basale e la ripetizione nel giro di 24 ore dall’inizio dell’eparina (1C)

• Per i pazienti con forte sospetto (o diagnosi) di HIT (trombocitopenia da eparina) con o senza eventi trombotici, si raccomanda la sostituzione dell’eparina con fondaparinux (2C), analoghi dell’irudina (1C) o dermatansolfato. Lo stesso vale per i pazienti già con storia di trombocitopenia indotta da eparina

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PROFILASSI E TRATTAMENTO IN CORSO DI TROMBOCITOPENIE

La condizione di trombocitopenia è indicata per livelli piastrinici inferiori a 100.000 elementi per µl, anche se in assenza di manifestazioni cliniche emorragiche. Le cause di trombocitopenia sono molteplici: 1. riduzione delle sintesi midollare (forme congenite e familiari, infezioni, farmaci, radiazioni, metastatizzazione midollare da parte di tumore, sindromi mielodisplastiche)

2. aumentata distruzione periferica (morbo di Werlhof-PTI, HIT, CID, porpora trombotica-trombocitopenica/sindrome emolitico uremica, infezioni, HIV, sindrome da anticorpi antifosfolipidi)

3. alterata distribuzione della massa piastrinica (sequestro splenico in splenomegalia, diluizione da trasfusioni di plasma).

Il valore di piastrine al di sotto del quale possono comparire complicanze emorragiche non è ben determinabile poiché in parte dipendente dal meccanismo eziopatogenetico. In ogni caso per quanto riguarda il valore minimo di piastrine al di sotto del quale è preferibile astenersi dalla profilassi e al trattamento del tromboembolismo, pur in assenza di dati chiari in letteratura, è di 50.000/µl. Il clinico dovrà comunque valutare l’indicazione alla profilassi e alla terapia considerando la patologia di base del singolo p.te, le comorbidità, il rischio emorragico, tenendo in considerazione il rapporto rischio-beneficio di ogni opzione terapeutica. Particolare attenzione va posta per i pazienti con piastrinopenia secondaria a Sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi, per i quali è aumentato il rischio trombotico, a prescindere dai valori piastrinici.

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GLOSSARIO DELLE ABBREVIAZIONI

BPC buona pratica clinica

BPCO broncopneumopatia cronico ostruttiva

BMI Body Mass Index (Indice di massa corporea)

CE calze elastiche

CHT chemioterapia

CPI compressione pneumatica intermittente

DP deambulazione precoce

EBPM eparine a basso peso molecolare

ENF eparine non frazionate

EP embolia polmonare

IMA infarto miocardio acuto

LAC lupus anticoagulant

MTEV malattia tromboembolica venosa

NSTEMI infarto miocardio senza sovraslivellamento ST

PTT tempo di tromboplastina parziale

SCA sindrome coronaria acuta

STEMI infarto miocardio con sovraslivellamento ST

TAO terapia anticoagulante orale

TEP tromboembolia polmonare

TEV tromboembolismo venoso

TVP trombosi venosa profonda

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APPENDICE: “LA TERAPIA PONTE”

L’obiettivo terapeutico primario della terapia ponte è di ridurre al livello più basso il rischio di tromboembolismo durante il periodo in cui la terapia anticoagulante orale, condotta di routine, è sconsigliata o controindicata. Un obiettivo altrettanto importante è che l’anticoagulazione ponte sia attuata in modo da ridurre al minimo anche il rischio di sanguinamento perioperatorio. In caso di interventi chirurgici o di manovre invasive particolarmente impegnativi, l’interruzione della TAO è di norma richiesta per ridurre al minimo il rischio di sanguinamento perioperatorio. La mancata interruzione della TAO può infatti determinare un considerevole aumento del rischio emorragico. D’altro canto, in caso di procedure di minore impegno, come quelle dentali, cutanee e oculistiche, l’interruzione della TAO può non essere richiesta. L’interruzione di una TAO espone i pazienti ad un aumentato rischio di eventi tromboembolici gravi. Anche la sospensione dei farmaci antiaggreganti piastrinici può porre problemi clinici considerevoli. Per attuare la terapia ponte sono sempre più spesso utilizzate le EBPM, somministrate sottocute a dosaggio terapeutico (aggiustato al peso corporeo), o profilattico (di norma a dosaggio fisso) dettato dall’eventuale rischio tromboembolico a cui è sottoposto il paziente. In alcune condizioni risulta tuttavia più sicura e preferibile l’ENF, come, ad esempio, in caso di insufficienza renale o epatica. Di seguito si riporta un articolo comparso di recente sulla rivista di informazione indipendente sui farmaci “Dialogo sui Farmaci” (Dal Cortivo G., Bozzini L, Facchinetti R. La Terapia ponte in pazienti in trattamento antitrombotico da sottoporre a interventi chirurgici o manovre invasive. 2009; 4: 156-162), in cui si possono trovare delle utili informazioni circa:

- la stratificazione del rischio di tromboembolismo - le procedure e i tempi di attuazione delle terapie ponte - la posologia delle EBPM (dosi terapeutiche) per la terapia ponte in soggetti a rischio trombo- embolico elevato

- la posologia delle EBPM (dosi profilattiche) per la terapia ponte in soggetti a rischio trombo- embolico basso-moderato

156 > dossier Dialogo sui farmaci • n. 4/2009

PreMessAI farmaci antitrombotici sono comu-nemente prescritti per la prevenzione a lungo termine del tromboembolismo venoso (TEV) o arterioso in pazien-ti con valvole cardiache meccaniche, con anamnesi di fibrillazione atriale, trombosi venosa profonda, embolia polmonare, stent coronarici o di altri vasi, e numerose altre condizioni cli-niche a rischio tromboembolico. Qualora i pazienti che assumono que-sti farmaci debbano sottoporsi ad in-tervento chirurgico o ad altra proce-dura invasiva, eventi piuttosto fre-quenti nella pratica clinica per l’incre-mento del numero dei pazienti e del-

l’età candidabile alla chirurgia, si po-ne il problema di una temporanea interruzione della terapia in at-to con anticoagulanti antagoni-sti della vitamina K (warfarin, ace-nocumarolo) o con farmaci antiag-greganti piastrinici (acido acetilsa-licilico, clopidogrel, ticlopidina ed al-tri) al fine di evitare processi emorra-gici. Il medico si trova di fronte a si-tuazioni complesse ed impegnative, che richiedono generalmente decisio-ni rapide ma molto ponderate: urgen-za dell’intervento chirurgico, rischio di sanguinamento perioperatorio, conseguenze di tale sanguinamento e della terapia trasfusionale, scelta del-

la tecnica chirurgica, durata del ri-schio emorragico dopo l’intervento e, in modo particolare, rischio di evento tromboembolico conseguente ad in-terruzione della terapia antitrombo-tica, o attuazione della stessa a livel-lo sub-terapeutico, durante il periodo perioperatorio. Anticoagulazione ponte (in ingle-se, bridging therapy) è definita la somministrazione di un anti-coagulante a breve durata di azio-ne, di solito un’eparina, nel perio-do perioperatorio, nel corso del-l’interruzione temporanea della terapia anticoagulante orale. Il presente dossier si propone di ri-spondere ad una serie di quesiti, for-mulati da Medici di Medicina Genera-le (MMG), in merito al comportamen-to più idoneo da tenere in caso di in-terventi chirurgici o di manovre inva-sive che si rendono necessarie in pa-zienti sottoposti a terapia antitrombo-tica orale di lunga durata. Le risposte che abbiamo tentato di dare non so-no ovviamente esclusive, dal momen-to che una terapia ponte è costituita da un’insieme di procedure e di attivi-tà che devono essere realizzate in for-ma collaborativa e interdisciplinare. Purtroppo non esistono studi con-trollati che abbiano confrontato l’interruzione di terapie anticoa-gulanti rispetto alla loro non in-terruzione o interruzione parzia-le prima di interventi chirurgici o di altre procedure invasive. La mancan-za di tali studi deriva soprattutto dalla complessità della materia, rappresen-tata dalla molteplicità e diversità de-gli atti chirurgici, dalla disomogeneità delle popolazioni per diverso rischio emorragico e tromboembolico, dalla variabilità dei protocolli e dalla diffi-cile condivisione di questi ultimi.Le raccomandazioni sui comporta-menti da seguire di seguito riportati si basano pertanto su studi osservazio-nali e sull’opinione di esperti, piutto-sto che su dati solidi derivati da stu-di clinici controllati, e fanno riferimen-to essenzialmente a due documenti di consenso particolarmente attendibilia:

a. I due documenti di consenso citati fun-gono anche da riferimenti bibliografici.

LA TerAPiA PoNTe in pazienti in trattamento antitrombotico da sottoporre a interventi chirurgici o a manovre invasive

Nel presente dossier è affrontato il problema della “terapia ponte” o anticoagulazione ponte, intervento che si attua in soggetti in trattamento a lungo termine con farmaci per la prevenzione del tromboembolismo venoso o arterioso e che devono sottoporsi a intervento chirurgico o ad altra manovra invasiva. Il dossier si pone nella prospettiva dei medici di medicina generale, cercando di rispondere ad una serie di quesiti da essi formulati in merito al comportamento più idoneo da seguire, in modo da cooperare al successo di una terapia impegnativa e complessa quale è la “terapia ponte”.

The subject of this file is the bridging therapy as offered to patients on long term drug treatment to prevent arterial or venous thromboembolism and who have to undergo surgery or other invasive operations. This file is offered to general practitioners, to respond to their questions on the most adequate strategy to contribute to the success of such a complex and demanding therapy.

G dAL CorTiVo1, L BoZZiNi2, r FACCHiNeTTi3

1. MMG, Verona; 2. Servizio farmaceutico ULSS 20 Verona; 3. Referente Centro FCSA 186; Ospedale Civile Maggiore, Verona.

dossier < 157Dialogo sui farmaci • n. 4/2009

1. Douketis JD et al. The perio-perative management of anti-thrombotic therapy: American College of Chest Physicians - Evidence-Based Clinical Prac-tice Guidelines - 8th Edition. Chest 2008; 133: 299S-339S.

2. “Guida alla terapia con antico-gulanti orali”. Raccomandazio-ni della Federazione dei Cen-tri per la diagnosi della trombo-si e la Sorveglianza delle tera-pie Antitrombotiche (FCSA) VI edizione 2007.

Per il numero di pazienti trattati e la maggiore possibilità di complicazio-ni tromboemboliche ed emorragiche, la terapia ponte acquista particolare rilevanza clinica in pazienti in trat-tamento con anticoagulanti orali ad azione indiretta o cumarinici (war-farin, acenocumarolo), sostanze che inibiscono la sintesi di fattori della

coagulazione a livello epatico agendo come anti-vitamina K (box 1). A me-no che non sia esplicitamente espres-so, quando di seguito si parla di tera-pia anticoagulante orale (TAO) si fa sempre riferimento all’utilizzo di an-ticoagulanti cumarinici.

QUesiTi di TiPo GeNerALe sULLA TerAPiA PoNTe

1. Quali sono gli obiettivi di una terapia ponte?L’obiettivo terapeutico primario del-la terapia ponte è di ridurre al livel-lo più basso il rischio di tromboem-bolismo durante il periodo in cui la terapia anticoagulante orale, condotta di routine, è sconsigliata o controindicata. Un obiettivo altret-tanto importante è che l’anticoagu-lazione ponte sia attuata in modo da ridurre al minimo anche il rischio di sanguinamento perioperatorio.

2. Quali sono i principali proble-mi da valutare in un paziente in TAO da sottoporre ad interven-to chirurgico o ad altra procedu-ra invasiva?Due sono i quesiti da porsi. Il primo: è proprio necessaria l’interruzione del-la TAO? Il secondo: se l’interruzione è necessaria, conviene sempre instau-rare una terapia ponte e in caso posi-tivo quali farmaci utilizzare? È dimo-strato che, in caso di interventi chi-rurgici o di manovre invasive parti-colarmente impegnativi, l’interruzio-ne della TAO è di norma richiesta per ridurre al minimo il rischio di sangui-namento perioperatorio. La mancata interruzione della TAO può infatti de-terminare un considerevole aumento del rischio emorragico. D’altro canto, in caso di procedure di minore impe-gno, come quelle dentali, cutanee e oculistiche, l’interruzione della TAO può non essere richiesta e, se attua-ta, può anche nuocere al paziente (ve-di risposta al quesito 11).

3. Cosa può provocare, in vista di un intervento invasivo, una inter-ruzione della TAO senza le dovute contromisure sul processo emo-coagulativo?L’interruzione di una TAO espone i pazienti ad un aumentato rischio di eventi tromboembolici gravi, spesso letali, quali ictus embolico, ischemia miocardica perioperatoria, trombosi della valvola cardiaca meccanica e re-cidiva di tromboembolismo venoso. Anche la sospensione dei farma-ci antiaggreganti piastrinici può porre problemi clinici considere-voli, come ad esempio in presenza di stent coronarico medicato, specie se l’impianto è recente (<6 mesi), in cui si ha un aumento notevole del rischio di trombosi dello stent e di infarto del miocardio per cui, in questa situazio-ne, la terapia con doppia antiaggrega-zione piastrinica non va sospesa (ve-di quesito 12).

4. È possibile una classificazione del rischio di tromboembolismo nella fase perioperatoria?Non esiste una stratificazione uni-versalmente accettata del rischio di tromboembolismo in pazienti in TAO da sottoporre ad intervento chirurgi-

box 1

BreVe GLossArio

TROMBO È un coagulo di sangue che aderisce alle pareti di un vaso arterioso o venoso che, in caso di dimensioni significative, può ostruirlo parzialmente o totalmente e bloc-carne il flusso. La trombosi è la formazione di un coagulo localizzato in una arteria o una vena.

EMBOLOSi intende di solito un frammento di trombo entrato in circolo che, se raggiunge un vaso di diametro inferiore, può occluderlo e provocare ischemia nell’area dell’organi-smo irrorata dal vaso. Oltre che da un frammento di un trombo, l’embolo può essere costituito da una bolla di gas (embolo gassoso), da un ammasso di grasso (embolo grassoso o adiposo), da un liquido (ad es. liquido amniotico). L’embolia è l’ostruzio-ne parziale o totale di un vaso causata da uno di tali elementi.

FARMACI ANTITROMBOTICI Comprendono classi di farmaci che esplicano la loro azione in vari modi: interferendo nei confronti di fattori che portano alla formazione del coagulo (farmaci anticoagulan-ti), inibendo la funzione delle piastrine (farmaci antiaggreganti), favorendo il processo di fibrinolisi e dissoluzione del trombo (farmaci trombolitici). I farmaci anticoagulan-ti possono agire in modo diretto o indiretto nei confronti dei fattori della coagulazio-ne. Le sostanze che bloccano o riducono direttamente l’attività dei fattori della coa-gulazione sono rappresentate da eparina (azione sull’antitrombina III, di cui potenzia la capacità di inattivare vari fattori della coagulazione) e dai nuovi farmaci anticoagu-lanti orali dabigatran, rivaroxaban ed altri (azione prevalente sui fattori II e X). Gli anti-coagulanti ad azione indiretta interferiscono sulla sintesi di alcuni fattori della coagu-lazione. Tipici di questa classe sono gli anticoagulanti cumarinici (warfarin, acenocu-marolo), che agiscono a livello epatico inibendo la sintesi dei fattori della coagulazio-ne vitamina K dipendenti (Fattori II, VII, IX e X).

158 > dossier Dialogo sui farmaci • n. 4/2009

co o a procedura invasiva. L’Ameri-can College of Chest Physicians (AC-CP) classifica i pazienti ad alto, mode-rato e basso rischio in rapporto all’in-dicazione della terapia antitromboti-ca che stanno attuando e l’eventuale presenza di comorbidità (tabella 1). Più semplice e pratica è la classifica-zione della Federazione Centri Sor-veglianza Anticoagulati (FCSA) che, in rapporto alla particolare condizio-ne clinica che presentano i pazienti, li suddivide in due classi di rischio: ele-vato e basso-moderato (tabella 2). A tale classificazione si fa riferimento nella scelta della posologia dell’epari-

na, terapeutica o profilattica, utilizza-ta in caso di attuazione della terapia ponte (vedi quesito 9).

5. In linea generale, in caso di TAO nel periodo perioperatorio, quali sono i criteri da seguire per evita-re complicazioni emorragiche?L’attuazione di una TAO nel periodo perioperatorio deve tenere in debi-ta considerazione il rischio di com-plicanze emorragiche, che possono correlarsi sia a fattori legati all’in-tervento chirurgico/procedura inva-siva sia a fattori specifici del pazien-te. Questi ultimi sono rappresentati

da condizioni congenite o acquisite che predispongono a manifestazioni emorragiche. Anche se il sanguinamento periope-ratorio è un evento in grado (di so-lito) di essere trattato, esiste la di-mostrazione crescente che esso co-stituisce una complicanza conside-revole sul piano clinico, forse mag-giore di quanto in precedenza rite-nuto. Inoltre, il sanguinamento post-intervento di norma ritarda la ripre-sa della TAO, con la possibilità di esporre ulteriormente i pazienti ad un maggior rischio di tromboembo-lismo. Per tale motivo è d’obbligo, in fase pre-operatoria, la valutazione del rischio emorragico, con partico-lare attenzione da riservare ad alcu-ni interventi chirurgici o altre proce-dure invasive ad alto rischio (tipo e sede di intervento), alla presenza di condizioni cliniche generali e parti-colari del paziente (difetti/alterazio-ni coagulative, ad esempio per epa-topatia, nefropatia), all’assunzione di farmaci interferenti con l’emosta-si (per esempio FANS), alla possibili-tà di adottare idonee misure emosta-tiche locali. Altrettanto importante è il controllo del processo di emostasi nella fase post-operatoria.

tabella 2

sTrATiFiCAZioNe deL risCHio di TroMBoeMBoLisMo seCoNdo FCsA

CLAssE dI RIsChIO CONdIzIONI

ELEVATO

• Protesi meccanica mitralica • Protesi meccanica aortica non recente o associata a

fibrillazione atriale• Protesi valvolare con pregresso tromboembolismo

arterioso • Fibrillazione atriale + pregresso tromboembolismo

arterioso o valvulopatia mitralica• Tromboembolismo venoso recente (<1 mese)

BASSO O MODERATO • Tutti gli altri pazienti in terapia con anticoagulanti orali

tabella 1

sTrATiFiCAZioNe deL risCHio di TroMBoeMBoLisMo VeNoso o ArTerioso PerioPerATorio seCoNdo L’AMeriCAN CoLLeGe oF CHesT PHYsiCiANs (modificata)

CLAssE dI RIsChIO

INdICAzIONE dELLA TERAPIA ANTIVITAMINA K

Valvola cardiaca meccanica

Fibrillazione atrialeTromboembolismo

venoso (TEV)

Elevato

• Protesi valvolare mitralica di qualsiasi tipo• Protesi valvolare aortica di prima genera-

zione • Ictus o TIA recenti (da non oltre 6 mesi)

• Punteggio CHADS2 5 o 6• Ictus o TIA recenti (da non

più di 3 mesi)• Malattia reumatica della

valvola cardiaca

• Recente (da non più di 3 mesi)• Trombofilia grave (es, deficit di pro-

teina C, S, antitrombina, anticorpi antifosfolipidi, anomalie multiple)

Moderato

Protesi valvolare aortica a due emidischi ed una delle seguenti condizioni: fibrillazione atriale, ictus o TIA pregressi, ipertensione, diabete, insufficienza cardiaca congestizia, età > 75 anni

Punteggio CHADS2 di 3 o 4 • TEV nei passati 3-12 mesi• Condizioni trombofiliche non gravi

(es, mutazione del fattore V Leiden eterozigote, del fattore II eterozigote)

• TEV ricorrente• Cancro attivo (trattato da 6 mesi o

palliativo)

BassoProtesi valvolare aortica a due emidischi, senza fibrillazione atriale e altro fattore di ri-schio di ictus

punteggio CHADS2 di 0 - 2 (e nessun ictus o TIA pregressi)

Singolo TEV insorto > 12 mesi e nes-sun altro fattore di rischio

Per la stima del rischio di ictus sono stati proposti diversi sistemi a punteggio; tra questi, uno dei più usati, è il sistema CHADS2 (CHADS = Congestive heart failure-Hypertension-Age-Diabetes-Stroke). In questo sistema sono conteggiati 2 punti in caso di stroke o TIA pregressi e 1 punto ciascuno per scompenso cardiaco congestizio, ipertensione arteriosa, età > 75 anni, diabete mellito.

dossier < 159Dialogo sui farmaci • n. 4/2009

to dal ritardato inizio delle sua attività anticoagulante. È ragionevole, quindi, ripristinare la terapia anticoagulante orale la sera del giorno dell’interven-to chirurgico o la mattina successiva (12-24 ore dopo l’intervento) a condi-zione che sia stata raggiunta un’emo-stasi adeguata.

8. Una volta sospesa la TAO come si attua la terapia ponte?Per attuare la terapia ponte sono sem-pre più spesso utilizzate le eparine a basso peso molecolare (EBPM), somministrate sottocute a dosaggio terapeutico (aggiustato al peso cor-poreo), o profilattico (di norma a do-saggio fisso) dettato dall’eventuale rischio tromboembolico a cui è sot-toposto il paziente. Rispetto all’epa-rina non frazionata (ENF), le EBPM presentano numerosi vantaggi: uti-

6. Quali sono le principali consi-derazioni pratiche nel prevenire gli eventi tromboembolici nel pe-riodo perioperatorio?In caso di procedura chirurgica o in-vasiva maggiore, se lo scopo è di eli-minare qualsiasi effetto di una terapia antitrombotica, occorre sospenderla in un tempo appropriato precedente l’intervento, in modo che, al momento della sua attuazione, non vi sia o sia ri-dotto al minimo l’effetto antitrombo-tico residuo; in tal modo si porta al li-vello più basso il rischio di sanguina-mento nella fase operatoria. La som-ministrazione di un anticoagulante di-retto a rapida azione, come una epa-rina, dopo un intervento chirurgico o un’altra procedura invasiva aumenta il rischio di sanguinamento. Tale ri-schio dipende dalla dose dell’eparina (per esempio una dose terapeutica ri-spetto a una profilattica) e dalla sua somministrazione attuata in vicinan-za all’atto operatorio (rischio di san-guinamento tanto maggiore quanto più vicino alla procedura). Anche se è dimostrato che un’eparina a dose profilattica è efficace nella pre-venzione del tromboembolismo veno-so, manca la dimostrazione che a tale dosaggio sia altrettanto efficace nella prevenzione di quello arterioso.

QUesiTi sPeCiFiCi sULLA TerAPiA PoNTe

7. Quanti giorni prima di un inter-vento va interrotta la TAO e dopo quanti va ripristinata?Nei pazienti che richiedono l’interru-zione temporanea di un anticoagulan-te orale antivitamina K il trattamen-to dovrebbe essere sospeso cir-ca 5 giorni prima di un interven-to chirurgico o di una procedura invasiva. In tal modo è possibile assi-curare l’assenza di un effetto anticoa-gulante residuale o che esso sia mi-nimo (box 2). Quando dopo l’inter-vento chirurgico si riprende la terapia orale con un farmaco antivitamina K, sono richieste circa 48 ore per otte-nere una parziale effetto anticoagu-lante, con un INR >1,5. Di conseguen-za, è probabile che il potenziale effet-to del farmaco di favorire il sanguina-mento postoperatorio venga attenua-

lizzo più facile, anche a domicilio del paziente, azione più prevedibile, me-no complicanze emorragiche, moni-toraggio dell’aPTT non richiesto, in-cidenza minore di piastrinopenia, dosi profilattiche per la maggior par-te delle eparine non correlate al peso del paziente, ampio consenso in let-teratura. In alcune condizioni risulta tutta-via più sicura e preferibile l’ENF, co-me, ad esempio, in caso di insufficien-za renale o epatica. In presenza di ta-li patologie i pazienti presentano già un’emostasi alterata e sono più espo-sti alle complicanze emorragiche, per cui, essendo possibile controllare l’azione farmacologica dell’ENF mo-nitorando l’aPTT, si può facilmente e rapidamente neutralizzare un’even-tuale eccesso di eparina con solfato di protamina. Quest’ultima non risulta

box 2

ProCedUre e TeMPi di ATTUAZioNe deLLe TerAPie PoNTe seCoNdo FCsA (modificato)

Timing Procedure

Giorno -5Sospendere la terapia anticoagulante orale con antivitamina K. Controllare INR

Giorno -4

Iniziare la terapia con eparina se il paziente è in te-rapia con acenocumarolo (se in range terapeutico al momento della sospensione ) secondo lo sche-ma del box 3 e 4

Giorno -3

Iniziare terapia con eparina se il paziente è in te-rapia con warfarin (se in range terapeutico al mo-mento della sospensione) secondo lo schema del box 3 e 4

Almeno 12 ore primadell’intervento

Somministrare l’ultima dose di eparina

Prima dell’intervento Controllare INR: intervento con INR < 1,5

Mattina dopo l’interventoRiprendere l’eparina alle stesse dosi (se almeno 12 ore dopo l’uscita dalla sala operatoria e se emo-stasi sicura)

Giorno +1

Riprendere la terapia anticoagulante orale ad una dose del 50% superiore a quella abituale (se emo-stasi sicura e se il paziente è in grado di assume-re farmaci per os). Viene mantenuto il trattamen-to con eparina

Giorno +2

Proseguire la terapia anticoagulante orale ad una dose del 50% superiore a quella abituale (se emo-stasi sicura). Viene mantenuto il trattamento con eparina

Giorno +3 e successiviProseguire la terapia anticoagulante orale alla do-se abituale (se emostasi sicura). Viene mantenuto il trattamento con eparina

Dopo 2 giorni con INR >2 (o >2,5 per pazienti a target 3)

Sospendere la somministrazione di eparina

160 > dossier Dialogo sui farmaci • n. 4/2009

altrettanto efficace nei confronto del-le EBPM. In alcuni laboratori è possi-bile controllare l’azione farmacologi-ca delle EBPM con un metodo che mi-sura direttamente l’attività anti Fat-tore X; l’esame è da riservare in mo-do specifico a pazienti con insufficien-za renale, ai grandi obesi e alle donne in gravidanza (ultimo trimestre) per qualche motivo trattati con EBPM; so-no pazienti in cui il dosaggio pro-chilo ha scarso valore e quindi è necessario monitorare il Fattore X. Il giorno successivo alla sospensione del trattamento anticoagulante ora-le con anti-vitamina K (circa 5 gior-ni prima dell’intervento operatorio o della procedura invasiva), si dà inizio alla terapia eparinica, la cui ultima dose va somministrata almeno 12 ore prima dell’intervento e ripresa il gior-no successivo e in caso di emosta-si sicura. È importante rispettare il timing previsto per l’intervento chirurgico o la procedura invasi-va, che non devono essere rimandati se non in casi eccezionali.

9. Esiste una differenziazione del-le procedure e dei tempi di attua-zione di una terapia ponte in sog-getti ad alto e basso-moderato ri-schio tromboembolico?Nel box 2 sono riportate le indicazio-ni suggerite dalla FCSA relative alle procedure e ai tempi della loro attua-zione in caso di esecuzione di una te-rapia ponte in pazienti a rischio trom-boembolico elevato e basso-mode-rato. Nei box 3 e 4 sono riportate le posologie delle varie eparine indica-te dalla FCSA rispettivamente in sog-getti a rischio tromboembolico eleva-to (dosi terapeutiche) e basso-mode-rato (dosi profilattiche). Nel caso di interventi chirurgici o procedure invasive da effettuare su pazienti con rischio tromboembolico basso-moderato, la FCSA raccoman-da le stesse procedure previste per pazienti a rischio elevato, con l’ecce-zione della posologia delle EBPM, in questo caso di tipo profilattico e non correlate al peso del paziente (ecce-zione: nadroparina, reviparina). Dal punto di vista pratico è consigliabile utilizzare la EBPM con cui si ha più familiarità onde evitare confusione di dosaggio.

box 3

PosoLoGiA deLLe eBPM (dosi TerAPeUTiCHe) Per LA TerAPiA PoNTe iN soGGeTTi A risCHio TroMBoeMBoLiCo eLeVATo seCoNdo FCsA (modificato)

Principio attivo(specialità)

Posologia giornaliera in rapporto al peso del paziente

Peso Unità (ml) somministrazioni

Nadroparina(Fraxiparina®,Seleparina®)

< 50 kg50 - 69 kg70 - 89 kg90 - 110 kg

2.850 UI (0,3 ml) 3.800 UI (0,4 ml)5.700 UI (0,6 ml)7.600 UI (0,8 ml)

2 volte al giorno sottocute

Enoxaparina(Clexane®)

< 50 kg50 - 69 kg70 - 89 kg90 - 110 kg

2.000 UI (0,2 ml) 4.000 UI (0,4 ml)6.000 UI (0,6 ml)8.000 UI (0,8 ml)

2 volte al giorno sottocute

dalteparina(Fragmin®)

50 - 69 kg70 - 89 kg90 - 110 kg

7.500 UI (0,3 ml) 10.000 UI (0,4 ml) 12.500 UI (0,5 ml)

1 volta al giorno sottocute

Reviparina(Clivarina®)

50 - 69 kg90 - 110 kg

4.200 UI (0,6 ml) 6.300 UI (0,9 ml)

2 volte al giorno sottocute

Parnaparina(Fluxum®)

< 50 kg50 - 69 kg70 - 89 kg

3.200 UI (0,3 ml) 4.250 UI (0,4 ml) 6.400 UI (0,6 ml)

2 volte al giorno sottocute

Bemiparina(Ivor®)

< 50 kg50 - 69 kg70 - 89 kg

3.500 UI (0,2 ml) 5.000 UI (0,4 ml) 7.500 UI (0,6 ml)

1 volta al giorno sottocute

NOTA FCSA: Come si può osservare, la terapia ponte si realizza passando da anti-coagulanti orali a EBPM utilizzate a dosi intorno al 70% rispetto a quelle terapeuti-che. Tale scelta è maturata dopo aver preso atto che in Italia non viene considerato sicuro applicare le dosi terapeutiche piene nel bridging mentre è invalsa la pratica di ridurle del 30-40%. Nella scelta delle dosi raccomandate si è tenuto conto delle confezioni e dei dosaggi disponibili in Italia per le diverse EBPM anche se questo ha comportato inevitabili arrotondamenti e dunque una certa variabilità della dose pro Kg. Per enoxaparina e nadroparina la dose cui tendere è stata fissata intorno a 70 UI/Kg x 2. Per le altre eparine la dose media cui tendere è stata circa il 65% della dose terapeutica.

box 4

PosoLoGiA deLLe eBPM (dosi ProFiLATTiCHe) Per LA TerAPiA PoNTe iN soGGeTTi A risCHio TroMBoeMBoLiCoBAsso-ModerATo seCoNdo FCsA (modificato)

Principio attivo(specialità)

Posologia giornaliera in rapporto al peso del paziente

Peso Unità (ml) somministrazioni

Nadroparina(Fraxiparina®,Seleparina®)

< 50 kg50 - 69 kg 70 - 89 kg90 - 110 kg

2.850 UI (0,3 ml) 3.800 UI (0,4 ml)5.700 UI (0,6 ml) 7.600 UI (0,8 ml)

1 volta al giorno sottocute

Enoxaparina(Clexane®)

4.000 UI (0,4 ml) 1 volta al giorno sottocute

dalteparina(Fragmin®)

5.000 UI (0,2 ml) 1 volta al giorno sottocute

Reviparina(Clivarina®)

< 50 kg> 50 kg

1.750 UI (0,25 ml) 4.200 UI (0,6 ml)

1 volta al giorno sottocute

Parnaparina(Fluxum®)

4.250 UI (0,4 ml) 1 volta al giorno sottocute

Bemiparina(Ivor®)

3.500 UI (0,2 ml) 1 volta al giorno sottocute

dossier < 161Dialogo sui farmaci • n. 4/2009

10. Quali esami di laboratorio conviene eseguire per monitorare lo stato emocoagulativo? Nel periodo preoperatorio è neces-sario controllare l’INR nel periodo di tempo che intercorre tra l’interruzio-ne del farmaco antivitamina K e l’at-to chirurgico. Per decidere quando iniziare l’EBPM è utile un controllo del PT al giorno -5 o -6. Un INR va misurato prima della chirurgia o della manovra invasiva, di preferenza 1-2 giorni prima, per con-fermare un INR normale o quasi nor-male e, in pazienti con INR elevato (ad esempio >1,5), per somministra-re una piccola dose di vitamina K (1-2 mg) per os (Konakion® 1-2 gocce). L’utilizzo di vitamina K in questa fase evita di dover ricorrere alla sommini-strazione di plasma o di altri deriva-ti del sangue assicurando che l’INR si è normalizzato entro il giorno dell’in-tervento chirurgico.

11. Quali sono le condizioni clini-che in cui non conviene sospendere la terapia antitrombotica orale?In caso di interventi chirurgici o pro-cedure invasive di minore impegno, qualora risulti facile attuare e control-lare l’emostasi. In linea di massima ta-li situazioni sono rappresentate da: • la maggior parte delle procedure

chirurgiche cutanee;• procedure odontoiatriche sempli-

ci (interventi sulla gengiva, dre-naggio di ascessi, estrazioni sem-plici di 1 o 2 denti);

• endoscopia gastrointestinale (eso-fagogastroduodenoscopia, sigmoi-doscopia, colonscopia con o sen-za biopsia, pancreo-colecistogra-fia, endoscopica retrograda, ER-CP diagnostica);

• intervento per cataratta con uso di anestesia topica;

• cistoscopia a scopo diagnostico;• infiltrazioni in tessuti molli e arti-

colari;• ecocardiografia per via transeso-

fagea;• punture e cateterismi di vene ed

arterie superficiali;• puntura sternale e biopsia osteo-

midollare.Se sono richiesti tali interventi, non si raccomanda di sospendere la te-rapia anticoagulante orale, che po-

trebbe anzi rappresentare un cattivo comportamento clinico in quanto si verrebbero a creare condizioni in cui è predominante il rischio tromboem-bolico rispetto a quello emorragico. È comunque essenziale monitorare co-stantemente il valore di INR, che de-ve essere nel range terapeutico (tra 2 e 3) almeno il giorno prima della pro-cedura invasiva, meglio se lo stesso giorno. L’adesione a questo compor-tamento incontra una certa difficoltà in caso di effettuazione di endoscopie digestive, a causa del timore di eventi emorragici nell’eventualità si presenti la necessità di operatività endoscopi-ca (polipectomia, macrobiopsie).

12. Quale è il comportamento da se-guire in pazienti sottoposti ad an-tiaggregazione piastrinica che ne-cessitano di intervento chirurgico?Un numero crescente di pazienti è in trattamento con farmaci antiaggre-ganti piastrinici, soprattutto acido acetilsalicilico e clopidogrel (o ticlo-pidina, farmaco analogo al clopido-grel), per la prevenzione primaria e secondaria di infarto del miocardio, ictus, per la prevenzione della trom-bosi degli stent coronarici dopo im-pianto, valvola cardiaca e arteriopatia obliterante degli arti inferiori. Questi pazienti presentano uno spettro am-pio e variabile di rischio cardiovasco-lare, in gran parte correlato all’indica-zione clinica per la quale è prescrit-ta la terapia antiaggregante e al fat-to che sia attuata per la prevenzione primaria o secondaria della patologia cardiovascolare. Mancando una scala di stratificazione dei benefici ottenibi-li dalla terapia antiaggregante nel pe-riodo perioperatorio, la decisione da prendere se interromperla o meno temporaneamente va valutata nel singolo paziente in rapporto alla sua particolare condizione cardio-vascolare. I soggetti a basso rischio di eventi cardiovascolari nel periodo perioperatorio, in cui l’interruzione temporanea degli antiaggreganti non dovrebbe determinarne un aumento, comprendono coloro che ricevono la terapia antiaggregante (generalmente ASA) per la prevenzione primaria del-l’infarto del miocardio o dell’ictus. Tra i pazienti ad alto rischio di eventi cardiovascolari, in cui può essere pre-

feribile la prosecuzione della terapia antiaggregante nel periodo periope-ratorio, vi sono coloro che di recen-te (3 - 6 mesi prima) sono stati sotto-posti ad impianto di stent coronarico e, in minore misura, gli infartuati da non più di 3 mesi. Se in tali soggetti si decide l’antiaggregazione nel periodo perioperatorio, va valutata la possibi-lità di eventi cardiovascolari rispet-to al rischio e l’impatto clinico di un eventuale sanguinamento che la chi-rurgia prevista può provocare.

13. Quanto tempo prima dell’in-tervento chirurgico deve esse-re interrotta una terapia antiag-gregante piastrinica se si deside-ra che il suo effetto sia assente al momento della chirurgia?Il tempo in cui sospendere la terapia può variare a secondo dell’antiaggre-gante utilizzato. Nei pazienti trat-tati con ASA, che inibisce irreversi-bilmente la funzione piastrinica, se si desidera che l’effetto antiaggregante sia assente al momento della chirur-gia, si deve interrompere la terapia 7-10 giorni prima dell’intervento, tem-po che corrisponde alla durata media delle piastrine. Di conseguenza, dopo 4-5 giorni di interruzione dell’ASA si avrà un 50% di piastrine con funzione normale, mentre dopo 7-10 giorni sa-ranno normalmente funzionali per ol-tre il 90%. Anche nei soggetti in trattamento con clopidogrel o ticlopidina, deri-vati tienopiridinici che inibiscono ir-reversibilmente l’attivazione e l’aggre-gazione delle piastrine, il trattamento deve essere interrotto 7-10 giorni pri-ma dell’intervento chirurgico. Un altro antiaggregante è il dipirida-molo, farmaco utilizzato in combina-zione con ASA nella prevenzione se-condaria dell’ictus in soggetti con pa-tologia cerebrovascolari: dovrebbe essere interrotto 7-10 giorni prima di un intervento chirurgico elettivo per consentire la scomparsa dell’effetto antiaggregante di entrambi i farmaci. I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), per assicurare che non esercitino un effetto antipia-strinico residuale al momento della chirurgia, dovrebbero essere inter-rotti per un tempo che corrispon-de a 5 emivite di eliminazione.

162 > dossier Dialogo sui farmaci • n. 4/2009

Per FANS, con emivita breve, da 2 a 6 ore, (ibuprofene, diclofenac, ketopro-fene, indometacina), la terapia va in-terrotta il giorno prima dell’interven-to chirurgico. Per FANS con un tempo di emivita in-termedio da 7 a 15 ore (naprossene, sulindac, diflunisal, celecoxib), il trat-tamento va interrotto 2 o 3 giorni pri-ma dell’intervento chirurgico. Infine, per i FANS, con emivita di lunga du-rata, > 20 ore (meloxicam, nabumeto-ne, piroxicam), la terapia va interrot-ta 10 giorni prima dell’intervento chi-rurgico.

14. Quando va ripresa la terapia antiaggregante dopo un interven-to chirurgico? Nei soggetti in cui è stata sospe-sa temporaneamente la terapia con ASA o con clopidogrel (o ticlopidi-na), si suggerisce la ripresa dopo cir-ca 24 ore dall’intervento chirurgico (o il mattino successivo), a condizione che sia assicurata e raggiunta un’ade-guata emostasi.

15. In caso di sospensione di una terapia antiaggregante piastrini-ca è necessario attuare una tera-pia ponte con eparina?Di norma, non trova alcuna ragione l’attuazione di una terapia ponte con una EBPM in caso di sospen-sione di una terapia antiaggregan-te piastrinica; importante è che sia interrotta e ripresa nei tempi stabiliti. Un problema del tutto particolare è posto dai pazienti in terapia antiag-gregante piastrinica in seguito a im-pianto di stent non medicato o stent medicato nelle arterie coronarie, e ciò a causa degli elevati rischi tromboti-ci se la doppia terapia antiaggregan-te viene interrotta. Qualora questi pa-zienti debbano sottoporsi a chirurgia non cardiaca, vi è un marcato aumen-to del rischio di trombosi dello stent coronarico nel periodo post-operato-rio per cui è sorto il quesito se la tera-pia ponte sia in questi casi giustifica-ta. In caso affermativo, può consistere nella somministrazione di una EBPM (o di ENF) con modalità simile a quel-la dei pazienti che richiedono l’inter-ruzione temporanea della TAO, anche se questo approccio non è stato for-malmente studiato per valutarne l’ef-

ficacia e deve essere pesato rispetto a un potenziale aumento di rischio di sanguinamento post-operatorio. È buona norma che gli interventi in elezione nei periodi critici (un mese per gli stent non medicati e 6 mesi - 1 anno per i medicati) vadano possibil-mente posposti. Se indispensabili su-bito va mantenuto un antiaggregante (clopidogrel) e sospeso l’acido aceti-lsalicilico. Gli indirizzi dell’American College of Chest Physicians 2008 sono i seguenti: “Nei soggetti con stent coro-narico non medicato, che richiedono un intervento chirurgico entro 6 setti-mane dall’impianto, si raccomanda di continuare l’impiego di acido acetilsa-licilico e clopidogrel nel periodo perio-peratorio. Nei soggetti con stent coro-narico medicato, che richiedono un in-tervento chirurgico entro 12 mesi dal-l’impianto, si raccomanda di continua-re a utilizzare acido acetilsalicilico e clopidogrel nel periodo perioperato-rio. Nei pazienti con stent coronarico, che interrompono la terapia antiaggre-gante prima della chirurgia, non viene suggerito l’impiego di routine della te-rapia ponte con EBPM, ENF, inibitori diretti della trombina o glicoproteina Ilb/IIIa inibitori (tirofiban o eptifibati-de)”. Nel periodo post-operatorio può essere indicato l’utilizzo di una EBPM per la profilassi del TEV conseguente ad allettamento protratto o ad altri fat-tori di rischio di TEV che il paziente dovesse presentare.

CoNCLUsioNi

16. Per quali ragioni il Medico di Medicina Generale è coinvolto nella gestione della terapia ponte e cosa può fare?Le motivazioni sono di seguito ri-portate. • Sempre più di frequente pazienti

sottoposti a trattamento con an-tivitamina K o antiaggreganti pia-strinici, candidati alla chirurgia o a altra procedura invasiva, ini-ziano a domicilio la preparazio-ne all’intervento, e talora alla te-rapia ponte, per cui il MMG è di-rettamente coinvolto nella gestio-ne e sorveglianza di questa delica-ta procedura terapeutica.

• Il MMG è in possesso del dato

anamnestico relativo ad una even-tuale precedente terapia a base di eparina e al tempo trascorso dalla sua attuazione, dato che obbliga a una maggiore sorveglianza clinica verso l’insorgenza di piastrinope-nia eparinica (DsF 2007; 6: 262-9), più probabile in soggetti trat-tati con tale farmaco nei tre mesi precedenti.

• Il MMG conosce e può verificare le condizioni cliniche del proprio assistito in cui è sconsigliata la so-spensione della terapia anticoa-gulante (tabella 2 e quesito 11), condizioni da rappresentare e di-scutere con lo specialista che do-vrà attuare un intervento/proce-dura invasivi.

• Se non già in possesso dei risulta-ti di indagini recenti, al fine di ot-tenere i valori basali, il MMG pre-scrive le analisi relative a: emo-cromo, funzionalità renale ed epatica (al fine di escludere ane-mia), piastrinopenia (con valori < 100.000 l’eparina potrebbe essere controindicata), insufficienza re-nale cronica (con clearance <30 ml/min può essere controindica-to l’uso di EBPM a favore di ENF, oppure utilizzata una EBPM a do-saggio profilattico) e insufficienza epatica grave.

• Il MMG verifica l’effettiva com-prensione delle raccomandazio-ni suggerite al paziente e della sua adesione alle procedure prefissa-te; provvede al controllo del valo-re INR il giorno prima dell’inter-vento/ricovero; raccomanda l’ora precisa dell’ultima somministra-zione di eparina.

• Il MMG, anche tenendo conto del-la riduzione dei tempi di degenza ospedaliera, può essere coinvolto nella gestione post-operatoria del paziente a livello domiciliare, ma ricevendo le indicazioni dal chi-rurgo/operatore che avrà valuta-to il sanguinamento in generale, le perdite dai drenaggi e l’eventuale caduta di emoglobina. Il MMG ve-rificherà quindi la corretta ripresa della TAO con la contemporanea somministrazione di EBPM fino a ottenere un INR tra 2 e 3 per due controlli successivi e quindi farà sospendere l’ EBPM.