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PSICOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE Lucidi della lezione a cura di Roberta Frison

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Istituto MEME - A.A. 2005-2006 Scuola di Specializzazione in Musicoterapia

Psicologia della comunicazione Lucidi a cura di Roberta Frison

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Psicologia della comunicazione UNITÀ DIDATTICA COMUNICAZIONE E LINGUAGGIO

Roberta Frison

OBIETTIVO GENERALE

- Fornire un'introduzione alla psicologia della comunicazione e del linguaggio presentando le diverse dimensioni del concetto di comunicazione e i processi legati alla comprensione e produzione del linguaggio.

OBIETTIVI SPECIFICI

- Analisi dei processi della comunicazione e del linguaggio nei loro diversi aspetti - Significato e intenzione come elementi centrali della comunicazione umana - Presentazione dei punti di vista: matematico, pragmatico, psicologico e semiotico per lo studio della comunicazione - Comunicazione come atto unitario globale

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La COMUNICAZIONE

può essere vista come una ATTIVITÀ:

• cognitiva1:

in connessione con il pensiero, l’intenzionalità, l’azione pianificata • relazionale:

interazione, contatto sociale e alimenta e sostiene i giochi relazionali fra individui

• partecipativa:

condivisione dei significati, sistemi di segnalazione, accordo su regole

1 Vedi Unità didattica sul Pensiero e Decisione: il concetto di ricorsività e teoria della mente

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FUNZIONI DISTINTE MA INTERDIPENDENTI

DALL’EVOLUZIONE DELLA SPECIE UMANA A LIVELLO FILOGENETICO E ONTOGENETICO Livello filogenetico (le tappe nell’evoluzione della specie umana) Uomo e comunicazione si sono sviluppati in maniera sincrona e parallela Livello ontogenetico (le tappe nello sviluppo dell’individuo dalla nascita all’età adulta)

Fin dalle prime settimane di vita il neonato elabora I PROCESSI COMUNICATIVI PREVERBALI RAGGIUNGENDO LA COSTRUZIONE E

CONDIVISIONE DI SIGNIFICATI E ATTRIBUZIONI DI SENSO AGLI EVENTI da parte di entrambi i protagonisti (Es. Allattamento)

(precoci acquisizioni cognitive che si fondono sul rapporto interpersonale e sull’interazione adulto-bambino ponendo in evidenza INTERDIPENDENZA INTRINSECA FRA PENSIERO E LINGUAGGIO)

COMUNICAZIONE

PENSIERO LINGUAGGIO

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Lo studio della comunicazione (fine anni ’40 prime ricerche) è stato reso possibile dall’introduzione del concetto generale di

INFORMAZIONE

Intesa

NON COME NOTIZIA NON COME CONOSCENZA

ma come

DIFFERENZA FRA DUE O PIU’ ELEMENTI (DATI)

La nozione di informazione come differenza è alla base dell’Informatica e della Cibernetica In PSICOLOGIA ha favorito la creazione di

NUOVI MODELLI TEORICI

Cognitivismo Connessionismo

Intelligenza artificale Comunicazione virtuale

Psicoterapia sistemico-relazionale (Bateson: osservatore – differenza - appredimento – contesto – pattern which connect)

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Cibernetica di primo ordine

Basata sull’assunto che il sistema osservato può essere considerato

separato dall’osservatore. La prima fase

È focalizzata sul modo in cui i sistemi mantengono la loro organizzazione.

La seconda fase (seconda cibernetica)

È focalizzata sul modo in cui i sistemi cambiano

la loro organizzazione.

Cibernetica di secondo ordine (nuova cibernetica)

Include il ruolo dell’osservatore

nella costruzione della realtà osservata.

Una nota su alcune confusioni terminologiche: (primo ordine) e (secondo ordine) denotano una tipologia logica: per

esempio, il secondo ordine è meta ed include il primo ordine. Però nel contesto della cibernetica di secondo ordine ci si

riferisce ad un ordine di tipo temporale. La seconda cibernetica si è sviluppata dopo la prima fase.

C.E. Sluzki, “Uno schema minimo delle teorie cibernetiche”, Bollettino, n. 11, a cura del Centro milanese di terapiadella famiglia, ottobre, 1986.

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I sistemi di comunicazione La comunicazione (scambio di pensieri ed emozioni) può avvenire attraverso

diversi sistemi comunicativi

Sistema linguistico

linguaggio Sistemi non linguistici

Paralinguistico Extralinguistico mimico-facciale cinesico

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I sistemi comunicativi Il linguaggio è considerato come il veicolo principale di comunicazione, sono stati però individuati numerosi altri sistemi non linguistici. I sistemi non linguistici (etichettati sotto il termine generale di comunicazione non verbale) possono essere suddivisi in:

• sistema paralinguistico: indici intonazionali, variazioni del tono di voce, intensità e velocità del parlato, pause ed esitazioni, borbottii, sbadigli, colpi di tosse;

• sistema extralinguistico:insieme delle proprietà foniche della voce di un

soggetto e accento;

• sistema mimico-facciale: configurazioni espressive del volto; • sistema cinesico: comprende il sistema dei gesti, il sistema dello

sguardo e l’insieme dei comportamenti spaziali (sistema prossemico: movimenti, postura, orientazione, distanza interpersonale, ecc.).

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La comunicazione dal punto di vista matematico Modello matematico di Shannon e Weaver (fine anni ’40):

Comunicazione:

trasmissione di informazione

(L’informazione non consiste in ciò che è stato detto dalla fonte bensì in ciò che è probabile che passi dall’emittente al ricevente

informazione è definita in termini statistici di probabilità – quindi di natura matematica) la comunicazione come trasmissione di informazioni

passaggio di un segnale da una fonte attraverso un trasmettitore lungo un canale a un destinatario

Il codice

ha un ruolo centrale per la codifica e la decodifica del messaggio (Encoding/Decoding)

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Il punto di vista matematico: Un modello di ispirazione matematica, nato all’interno un programma di ricerca per il miglioramento delle trasmissioni a distanza, è quello di Shannon e Weaver. Secondo questo modello, una fonte, l’emittente, codifica le informazioni (idee, sentimenti, ecc.) in un messaggio e lo invia attraverso un canale ad un ricevente, il destinatario, che è in grado di decodificarlo. Il modello di Shannon e Weaver considera la comunicazione come un processo lineare, in cui il contenuto del messaggio non è rilevante. Il modello, noto anche come modello del codice o del messaggio, si limita ad assumere che coloro che comunicano mandano e ricevono informazioni attraverso un sistema di segnali, senza interagire. L’attenzione viene centrata sui processi di codifica (da parte dell’emittente) e di decodifica (da parte del ricevente), senza tenere in considerazione che la comunicazione non è soltanto uno scambio di messaggi. All’interno della comunicazione non si ha soltanto uno scambio di dati, ma una continua interazione che costruisce i significati. Nel tempo, questa prima formulazione è stata modificata ed aggiustata introducendo nozioni come quella di rumore, ma rimane comunque inadatta per rendere conto di quanto avviene nella comunicazione umana. Prima di vedere più in dettaglio come questo modello semplice è stato superato, andiamo a vedere cosa si intende per “rumore”. Secondo il modello matematico, in ogni momento, la comunicazione può essere disturbata dal “rumore”, cioè dall’interferenza. Il rumore può essere: esterno: tutti quei fattori al di fuori del ricevente che impediscono una corretta percezione di quanto viene inviato oppure che sono fonte di distrazione; fisiologico: tutti quei fattori biologici che interferiscono con una ricezione accurata (ad esempio, la perdita temporanea dell’udito); psicologico: tutti quei fattori interni a chi comunica che interferiscono con l’abilita’ di esprimere o capire un messaggio.

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Il concetto di feedback Feedback

quantità di informazione che dal ricevente ritorna all’emittente feedback positivo

ampliamento dell’informazione di ingresso feedback negativo

riduzione dell’informazione di ingresso. Consente al sistema di mantenere una determinata condizione stabile (Omeostasi)

Il concetto di feedback è diverso da quello di rinforzo

Con il concetto di feedback la comunicazione va considerata come un

processo circolare ricorrente senza fine

superamento del concetto di “comunicazione unidirezionale”

(la comunicazione è sempre bidirezionale)

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Il punto di vista matematico

Gli studi successivi hanno superato lo schema semplice e lineare del modello iniziale, introducendo il concetto di feedback. Per feedback si intende la risposta del ricevente, che consente all’emittente di capire se il proprio messaggio è stato capito e di apportarvi, se necessario, delle modifiche. La risposta data dal ricevente può aumentare o diminuire la portata del messaggio iniziale. Secondo questa formulazione:

la comunicazione è vista come un processo interattivo

il messaggio va avanti e indietro tra le parti interagenti ed il soggetto emittente può diventare ricevente all’interno della stessa comunicazione.

Anche questo modello non è del tutto soddisfacente e una critica centrale è che:

trascura l’aspetto di costruzione dei significati tipico di ogni interazione comunicativa

la comunicazione è un processo in cui i soggetti creano una relazione interagendo l’un l’altro e contribuiscono a creare congiuntamente il significato

degli scambi.

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La comunicazione dal punto di vista pragmatico Morris distingue fra: semantica

si occupa dei significati sintassi

si occupa delle relazioni formali fra i segni pragmatica

si occupa della relazione dei segni con i comunicanti

Come possiamo definire la pragmatica? è lo studio di come i significati sono usati dai parlanti nelle diverse circostanze (studio dei rapporti fra testo e contesto e degli aspetti impliciti della comunicazione)

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“La pragmatica della comunicazione umana”2

Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi

TENTATIVO DI FISSARE GLI ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE

1) l’impossibilità di non comunicare 2) i livelli comunicativi di contenuto e di relazione

3) la punteggiatura della sequenza di eventi organizza le sequenze comportamentali 4) la comunicazione numerico e analogica 5) interazione simmetrica e complementare

LA COMUNICAZIONE PATOLOGICA

rifiuto

accettazione - conferma squalifica - disconferma

sintomo

ORGANIZZAZIONE DELL’INTERAZIONE UMANA ………. Interdipendenze …….

2 P.Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson: (1967) 1971 Astrolabio.

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La teoria degli atti linguistici

Comunicazione

processo in cui i soggetti creano una relazione interagendo l’un l’altro e contribuiscono a creare il significato dello scambio

Austin (1962): teoria degli atti linguistici

Comunicazione come azione, parlare è agire Gli enunciati devono essere considerati come prodotti emessi dal parlante in una data situazione non tanto per “dire” qualcosa ma per “fare” qualcosa Es. Ti prometto di venire a trovarti L’emissione di questi enunciati (atti performativi) corrisponde all’esecuzione di un’ azione

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Teoria degli atti linguistici: Nelle attività di comunicazione i parlanti scambiano significati sulla base di intenzioni e scopi. Questa idea è alla base della Teoria degli atti linguistici, sviluppata nell’ambito della filosofia del linguaggio e della logica. Secondo Austin parlare è agire, esercitare un’attività: ogni frase che il parlante formula corrisponde ad un atto linguistico. Il linguaggio viene quindi considerato dal punto di vista degli atti che si compiono per parlare e nel parlare. Secondo Austin, per capire il linguaggio bisogna considerarlo dal punto di vista pragmatico, cioè considerare gli enunciati come prodotti emessi dal parlante in una data situazione. Nello stabilire una relazione tra linguaggio e azione, l’autore introduce il concetto di performativo, un enunciato la cui emissione è l’esecuzione di un’azione, cioè serve a fare. Esempi di performativi sono “giuro” o “prometto”: la loro emissione corrisponde all’azione stessa del giurare e del promettere.

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Tipi di atti linguistici Con il dire si compiono diversi tipi di atti:

• atti locutori atti di dire qualcosa (emettere certi suoni, proferire parole con un certo tono, utilizzare un certo codice grammaticale)

• atti illocutori

atti nel dire qualcosa (produzione di determinati effetti sui sentimenti, pensieri ed azioni dell’ascoltatore ottenuti tramite l’enunciazione di una frase)

• atti perlocutori

atti con il dire qualcosa (affermazione, offerta, promessa, cioè le intenzioni che sono associate alla frase enunciata)

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Tipi di atti linguistici: Nell’atto linguistico si possono distinguere tre aspetti: la locuzione, la perlocuzione e l’illocuzione. L’atto locutorio è l’atto di “dire qualcosa”, intendendo con ciò sia l’attività fisica necessaria alla produzione dell’enunciato (l’atto di emettere certi suoni e di scegliere certi vocaboli, di utilizzare un certo tono) sia la conoscenza e l’uso del codice grammaticale della lingua usata. Inoltre, dire qualcosa può avere determinati effetti sui pensieri, opinioni e azioni dell’ascoltatore. Nella produzione volontaria o involontaria di effetti sulla situazioni,l’atto linguistico può essere considerato come atto perlocutorio. L’atto illocutorio è l’esecuzione di un atto tra quelli che è possibile compiere nel dire qualcosa. Ogni atto linguistico è caratterizzato da una particolare forza illocutoria in grado di generare effetti sull’interlocutore (effetti perlocutori). La frase “verrò da te domani” può avere la forza di una promessa (implica quindi l’assunzione di un preciso impegno da parte di chi la emette), oppure di un avvertimento o di una minaccia. Stabilire che tipo di atto illocutorio è stato compiuto è di importanza fondamentale. Non è però sempre facile capire il tipo di atto illocutorio compiuto, specie nel caso di frasi ambigue. Esistono diversi indicatori di forza illocutoria che possono rendere questo compito più semplice, come ad esempio il tono della voce, la scelta del lessico, la postura ed il particolare contesto in cui si svolge la comunicazione. L’analisi dell’atto illocutorio fornisce delle informazioni sui rapporti sociali tra gli interlocutori. Ad esempio, compiere un atto illocutorio, come ad esempio ordinare o altri atti aventi lo scopo di dirigere il comportamento dell’ascoltatore, implica una particolare relazione tra gli interlocutori. Chi dà l’ordine esercita un potere nei confronti del destinatario, attribuendosi l’autorità di farlo. Chi accetta l’ordine riconosce e nello stesso tempo rafforza l’autorità dell’altro.

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Tipi di atti linguistici Searle distingue anche fra:

• atti linguistici diretti coerenza fra enunciato e significato Es: “Chiudi la porta”

• atti linguistici indiretti

la forza dipende da fattori paralinguistici ed extralinguistici

Es: “Potreste fare silenzio?” (richiesta cortese utilizzata al posto della richiesta esplicita e sotto forma di ordine)

“Sono stanco di vedere intorno a me facce tristi” (constatazione ma anche invito a modificare il comportamento)

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Tipi di atti linguistici: Searle distingue tra atti linguistici diretti e atti linguistici indiretti. Gli atti linguistici diretti sono quegli atti che se considerati letteralmente appartengono ad una classe ma hanno lo scopo illocutorio tipico di un’altra classe. Ad esempio, le frasi “Potresti fare più silenzio?” oppure “Mi imbucheresti questa lettera?” non sono semplicemente delle domande ma delle richieste ben precise di compiere una particolare azione. In casi come questo il parlante comunica all’ascoltatore più di quanto effettivamente dice, facendo affidamento sulle conoscenze linguistiche ed extralinguistiche condivise e sulla capacità dell’ascoltatore di trarre delle inferenze. Queste forme indirette vengono usate per cortesia, in quanto sarebbe sconveniente in alcuni casi usare delle richieste dirette (performativi espliciti), per ridurre la propria autorità (come nel caso di adulti che si rivolgono a bambini) o per manifestare dei giudizi, delle minacce senza assumersene la responsabilità.

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Le massime della conversazione Grice (1975)

Comunicazione

attività sociale regolata, basata sul principio di cooperazione

Da tale principio Grice fa discendere quattro massime:

1. di quantità (informazioni esaurienti, non ridondanti o superflue)

2. di qualità (informazioni vere e provate)

3. di relazione (informazioni pertinenti) 4. di modo (informazioni comprensibili, chiare, ordinate e concise)

La violazione di qualunque di queste massime va a minacciare la conversazione fra due o più interlocutori

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Le massime di Grice: I modelli che si sono sviluppati all’interno della teoria degli atti linguistici si sono dimostrati particolarmente attenti agli aspetti pragmatici della comunicazione. Un esempio, è rappresentato dal lavoro di Grice. Secondo Grice gli scambi verbali sono un’attività sociale regolata, basata sul principio della cooperazione e caratterizzata da uno scopo comune agli interlocutori. Il principio di cooperazione si traduce nella seguente regola generale: “dai il tuo contributo al momento opportuno, così com’è richiesto dagli scopi e dall’orientamento della conversazione in cui sei impegnato”. Concretamente questo principio si traduce nell’osservazione di quattro massime: 1. massima di quantità: si riferisce alla quantità di informazioni da fornire. Le informazioni devono essere informative secondo gli scopi dello scambio linguistico in corso, non devono essere nè in quantità maggiore, nè in quantità minore rispetto alla quantità di informazione richiesto dallo scambio in corso; 2. massima di qualità: le informazioni devono essere vere e comprovate; 3. massima di relazione: le informazioni devono essere pertinenti e rilevanti; 4. massima di modo: le informazioni devono essere comprensibili, esposte in modo ordinato, evitando ambiguità ed oscurità di espressione. Queste massime non rappresentano tanto delle norme per un corretto scambio verbale, piuttosto dei punti di riferimento per l’interpretazione dello scambio, utili per individuare un andamento regolare del discorso. In questo processo, sono centrali i concetti di intenzione comunicativa e consapevolezza reciproca (fra parlante e interlocutore) di tale intenzione.

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Il contesto

Contesto

insieme delle condizioni, delle opportunità e dei vincoli spaziali, temporali, relazionali, istituzionali e culturali per qualsiasi atto comunicativo

La concezione del contesto come:

• scelta da parte dei comunicanti • possibilità di moltiplicare i contesti di riferimento

(molteplicità contestuale)

• gerarchia di contesti

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Il contesto: Gli scambi comunicativi avvengono soprattutto in situazioni sociali ed è quindi importante esaminare come le strutture dell’interazione determinino l’organizzazione dello scambio e, come gli scambi comunicativi servano ad interpretare le contingenze della situazione. Secondo la concezione ingenua, il contesto svolge soprattutto una funzione di arricchire, completare il senso del testo e l’unione di testo e contesto avrebbe come risultato il messaggio. In realtà, testo e contesto non possono essere considerati come elementi distinti, ma piuttosto come due elementi in continua interazione (concezione interattiva). Il contesto determina la scelta di una data parola, precisandone il senso, cioè la direzione che l’interlocutore deve seguire per capire. Completa il senso, attraverso le diverse sfumature create dalla applicazione particolare di una parola ad oggetto posto in una cornice specifica: tutto ciò che “circonda” una data parola, la situazione, i vincoli culturali, contribuisce al completamento del significato. Il contesto può trasformare un significato e orientare la parola verso un significato sbagliato.

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Il contesto: prospettive Prospettiva esternalista

contesto come matrice dei significati

• contestualismo forte (contesto come condizione necessaria e sufficiente per la determinazione dei significati)

• contestualismo debole (contesto come condizione necessaria ma non

sufficiente per la determinazione dei significati)

Prospettiva internalista il testo contribuisce a vincolare e a costruire il contesto

Le prospettive sul contesto Secondo una prospettiva esternalista, il contesto modifica, ampliandolo o restringendolo, il significato di una frase. Secondo un contestualismo forte, il contesto determina il significato, mentre secondo un contestualismo debole, il contesto è solo in grado di attivare alcune proprietà del messaggio rispetto ad altre.

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Secondo una prospettiva internalista, la scelta del contesto è influenzata dal testo: un particolare testo attiverà dei contesti specifici.

La comunicazione dal punto di vista psicologico

Comunicazione gioco delle relazioni

Bateson distingue fra:

livello di notizia (il contenuto)

livello di comando (come interpretare il contenuto) di qualsiasi messaggio

Metacomunicazione comunicazione sulla comunicazione

Comunicazione: base dell’identità personale (rapporto fra comunicazione e definizione di sé e dell’altro)

Doppio vincolo (1969) – Deutero apprendimento (imparare ad apprendere)

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Il punto di vista psicologico: Gli approcci di tipo psicologico alla comunicazione spostano l’attenzione sulla relazione interpersonale che si crea fra due o più interlocutori. Ogni comunicazione implica un’interazione fra interlocutori. Nel momento in cui un individuo comunica qualche cosa ad un altro, definisce se stesso e la natura della relazione che lo unisce all’interlocutore. Secondo il punto di vista psicologico, la comunicazione è articolata su più piani: vi è il piano della comunicazione, relativo ai contenuti che vengono scambiati, ed il piano della metacomunicazione, relativo alle informazioni che vengono utilizzate per interpretare il messaggio. L’attribuzione di significato svolge una funzione molto importate.

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La comunicazione dal punto di vista semiotico

Comunicazione un processo di significazione

(rapporto fra la realtà da comunicare e i codici o i sistemi con cui si comunica) Il diagramma della significazione ha tre aspetti costitutivi:

• il simbolo il termine linguistico

• il referente

l’oggetto o l’evento che viene comunicato, ciò a cui si riferisce il simbolo

• la referenza

la rappresentazione mentale dell’oggetto o evento che viene comunicato il simbolo (la parola) non ha un rapporto diretto con la realtà (referente) ma soltanto con l’idea mentale (la referenza)

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Il punto di vista semiotico: La semiotica è la scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale. Secondo il punto di vista semiotico, la comunicazione è un processo di significazione, cioè un processo che prevede attribuzione di un significato ad un messaggio.

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L’intenzione comunicativa

La comunicazione è un'azione pianificata in maniera intenzionale

Quando si comunica:

• il comunicante intende, e decide manifestare all’interlocutore, qualcosa che sino ad allora era rimasto nella sua mente: comunicazione come ostensione

• l’intenzione significa possibilità di scelta fra i diversi modi e percorsi di

comunicare: paradossalità della comunicazione

• l’ intenzione comunicativa implica un processo di reintenzionalizzazione da parte dell’interlocutore, come attribuzione di una determinata intenzione al comunicante: reciprocità transitiva della comunicazione

• l’intenzione è collegata con il piano dell’azione, cioè con la condotta

umana

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L’intenzione comunicativa: Il concetto di intenzionalità della comunicazione è oggetto di discussione e ricercatori diversi esprimono posizioni diverse. Da una parte, si ritiene che qualsiasi comportamento che accade in presenza di altri può essere considerato comunicazione. Secondo questo punto di vista, non occorre l’intenzione per comunicare, in quanto la comunicazione può avvenire in modo involontario, anche senza che i parlanti se ne rendano conto. La posizione opposta sostiene invece che solo i comportamenti dotati di intenzionalità possono essere considerati comunicazione. La comunicazione viene vista come un’azione pianificata in modo intenzionale volta al raggiungimento di uno scopo. Il concetto di intenzionalità viene quindi considerato come cruciale nell’analisi della comunicazione. Come si esprime l’intenzionalità nella comunicazione? In primo luogo, quando si comunica, l’interlocutore intende rendere noto qualcosa al ricevente. In secondo luogo, l’interlocutore può scegliere tra i diversi modi e percorsi di comunicare, mettendo in rilevanza alcune informazioni e trascurandone altre. In terzo luogo, l’ascoltatore deve ricostruirsi nella propria mente l’intenzione del parlante, deve attribuire una determinata intenzione al parlante (processo di reintenzionalizzazione). Infine, la comunicazione implica anche la regolazione intenzionale dell’interazione, in modo da raggiungere un determinato scopo.

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La comunicazione non verbale Esistono una pluralità di sistemi di segnalazione Oltre al linguaggio, esistono numerosi sistemi di comunicazione, quali:

• il sistema paralinguistico • le caratteristiche extralinguistiche

• il sistema mimico-facciale • il sistema dei gesti

• il sistema della prossemica • il sistema della postura

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I principali sistemi non verbali di comunicazione sono: 1. il sistema paralinguistico: include le variazioni nel parlato (ritmo, intonazione, velocità, pause), i sospiri, i borbottii, gli sbadigli; 2. le caratteristiche extralinguistiche: caratteristiche della voce che si riferiscono a caratteristiche individuali del soggetto (sesso, età, provenienza) e dipendono dall’apparato fonatorio; 3. il sistema mimico-facciale: le espressioni assunte dal volto; 4. il sistema dei gesti: movimenti prodotti con le mani; 5. il sistema della prossemica: modalità in cui viene occupato lo spazio, include anche la postura 6. il sistema dello sguardo: comportamenti involontari (dilatazione delle pupille, battito delle palpebre, ecc.) e movimenti ed espressioni degli occhi usati in modo consapevole nei rapporti sociali.

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Ruolo della comunicazione non verbale

• comunicazione non verbale come modellizzante (solo di accompagnamento)

• concezione espressiva della comunicazione non verbale

(solo come coloritore emotivo dei messaggi) • concezione dell’autonomia e indipendenza della comunicazione non

verbale

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Ruolo della comunicazione non verbale: In passato la comunicazione non verbale era considerata come un elemento di supporto alla comunicazione verbale. Secondo questo punto di vista, solo la comunicazione verbale sarebbe in grado di trasmettere delle informazioni (funzione referenziale), mentre la comunicazione non verbale servirebbe come integratore alla comunicazione verbale e svolgerebbe essenzialmente una funzione espressiva. La visione attuale ritiene invece che la comunicazione non verbale sia caratterizzata da una certa autonomia e possa svolgere una funzione referenziale, indipendentemente dalla comunicazione non verbale. Le funzioni svolte dalla comunicazione non verbale sono molteplici: esprime e comunica le emozioni, esprime atteggiamenti verso l’immagine di sé e del proprio corpo, partecipa alla presentazione di sé agli altri, sostiene e completa la comunicazione verbale e fornisce elementi per interpretare il significato delle espressioni verbali. Inoltre, essendo meno sottoposta al controllo consapevole, lascia filtrare più facilmente contenuti profondi dell’esperienza dell’individuo. Svolge una funzione di regolazione dell’interazione, in quanto partecipa a sincronizzare i turni e le sequenze e fornisce informazioni di ritorno sull’interesse degli interlocutori. Può anche svolgere una funzione di sostituzione della comunicazione non verbale in situazioni che non consentono l’uso del linguaggio.

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Comunicazione

atto globale e unitario, articolato in maniera molecolare in unapluralità di sistemi di segnalazione, regolato e organizzatodall’intenzione comunicativa che stabilisce fra i diversi sistemi disegnalazione le opportune connessioni semiotiche per definire unpercorso di senso condiviso con l’interlocutore

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LINGUAGGIO Molti sono i cambiamenti avvenuti nella psicologia del linguaggio dal 1965 quando Chomsky ha pubblicato il suo libro Aspect of a Theory of Syntax. I suoi concetti più rivoluzionari introdotti dalla sua teoria sono stati quelli della specificità e dell’innatismo del linguaggio contrapposti all’idea allora dominante, del linguaggio come meccanismo di stimolo e risposta, alla pari di qualsiasi altro comportamento (Skinner 1957), e inoltre la distinzione tra COMPETENZA (insieme di conoscenze relative al linguaggio che il parlante possiede) e PRESTAZIONE (effettiva messa in esecuzione di tali conoscenze) La teoria di Chomsky ha portato una nuova concezione della sintassi nella disciplina linguistica e affine alla psicolinguistica. Inizialmente i concetti linguistici come STRUTTURA PROFONDA – TRASFORMAZIONE verificandone la realtà psicologica hanno dato luogo alla cosiddetta TEORIA DELLA CODIFICA E TEORIA DELLA COMPLESSITA’ TRASFORMAZIONALE.

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Il prodotto finale del processo di comprensione, ciò che viene tenuto in memoria, è il risultato dell’interazione dei processi che sono stati usati nell’elaborazione, delle informazioni date dal testo, e delle conoscenze precedenti apprese e immagazzinate da ciascun individuo. Le teorie psicolinguistiche si sono perciò orientate ad affinare le caratteristiche e le differenze tra processi di memoria e processi di comprensione sviluppando paradigmi volti a riflettere sempre più esplicitamente i processi implicati durante l’elaborazione. I paradigmi che studiano PROCESSI DI MEMORIA si sono man mano sempre più differenziati da quelli che studiano la PERCEZIONE e la COMPRENSIONE. I testi che presentano i temi fondamentali della PSICOLINGUISTICA considerano separatamente gli studi relativi a PAROLE - FRASI - TESTI (richiede specificità di ricerca ed esperto ricercatore per l’alta specializzazione attuale)

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In ogni campo di ricerca (PAROLE – FRASI – TESTI), gli studi sono volti a determinare la natura delle

• RAPPRESENTAZIONI TENUTE IN MEMORIA • LA NATURA DEI PROCESSI COINVOLTI • IL TIPO DI METODOLOGIA APPROPRIATA

ARCHITETTURA DELL’ELABORATORE LINGUISTICO (insieme dei processi e meccanismi che sono messi in atto durante la comprensione

e la produzione e il modo in cui interagiscono)

Fodor (1983) The modularity of mind sostiene che il sistema cognitivo è formato da moduli, cioè da sistemi funzionalmente autonomi, addetti all’elaborazione delle informazioni che provengono dagli analizzatori delle caratteristiche fisiche degli stimoli. Ciascun modulo è specializzato per un tipo di elaborazione, e ha accesso solo alle informazioni per cui è specializzato è isolato dalle informazioni provenienti da altri moduli o dal sistema centrale. INCAPSULATO Es. la comprensione di una frase richiede che il prodotto dell’elaborazione fonetica sia messa in corrispondenza con le rappresentazioni lessicali presenti in memoria.

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LA COMPRENSIONE Unità percettive

Processo di riconoscimento di parole DISTINGUIAMO un aspetto di accesso da una sequenza di suoni o segni ortografici ad un sistema di conservazione delle informazioni il LESSICO MENTALE e un aspetto relativo alla trasformazione di un codice ortografico in

un codice fonologico, utile per pronunciare la parola e, viceversa, per scriverle.

La CAPACITÀ DI RIPETERE UNA PAROLA O DI COPIARLA, implica il passaggio da un dominio fonologico o ortografico di entrata ad uno di uscita. (le ricerche si sono occupate in maggioranza del problema di accesso al lessico, che porta all’identificazione e alla comprensione di una parola e del passaggio dall’ortografia alla fonologia, che serve a pronunciarla. Le unità di rappresentazione e di codifica)

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Modelli di riconoscimento di parole (Morton 1969)

Lo schema evidenzia che esistono diverse vie di accesso al sistema cognitivo e di uscita ad esso. L’informazione in entrata può provenire dalla modalità visiva o da quella uditiva, e quella in uscita può riguardare il parlato oppure lo scritto.

Circuito di retroazione

Stimolo uditivo

Stimolo visivo

Sistema di logogeni

Contesto semantico

Buffer di risposta

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Assunti di base

• Il concetto di ATTIVAZIONE che si diffonde dagli analizzatori sensoriali ai meccanismi rilevatori, i LOGOGENI ciascuno dei quali rappresenta un MORFEMA

• Il concetto di SOGLIA di attivazione che deve essere raggiunta perché avvenga

l’identificazione di un nodo lessicale

• Tutti quei meccanismi rilevatori delle caratteristiche percettive delle parole presentate, logogeni, che sono sensibili alle stesse caratteristiche, sono attivati insieme, ma solo uno raggiunge la soglia. Il logogeno che raggiunge la soglia ha accesso alle informazioni relative alla parola conservata nel sistema cognitivo. La soglia è variabile e dipende dalla frequenza della parola, essendo più bassa per le parole più frequenti, il che permette di spiegare il robusto effetto della frequenza che si riscontra negli esperimenti di riconoscimento di parole.

• L’attivazione a un logogeno può prevenire, oltre che dagli analizzatori sensoriali, anche dal

sistema cognitivo, con un meccanismo retroattivo. Ques’ultima assunzione implica che il contesto può avere un ruolo nelle prime fasi del riconoscimento di una parola.

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MODELLI DI RICONOSCIMENTO DELLA PAROLA SCRITTA LIVELLI

• I° livello corrisponde a quello dei tratti o caratteristiche che costituiscono le lettere

• II° livello lettere o gruppi di lettere

• III° l’intera parola

Il contesto fornisce informazioni atte a distinguere all’interno della corte di parole inizialmente attivate per le parole della corte, e questo permette una concezione più graduata del concetto di corte, opposta a quella di tipo tutto o niente della versione originale.

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I due tipi di compiti, decisione lessicale e lettura, indicherebbero quindi l’influenza di due tipi di processo.

• Il primo Il processo automatico di diffusione dell’attivazione che mostra l’effetto del contesto di preattivare le componenti semantiche della parola bersaglio, mentre

• Il secondo è un processo che una volta indentificata la parola quindi dopo l’accesso

lessicale, mette in relazione la parola stessa con la frase, quindi di un processo di integrazione, oppure di controllo coerenza

L’effetto del contesto lessicale e del contesto di frase sono diversi:

• Il primo è dovuto a meccanismi che operano all’interno del modulo lessicale. • I secondi sono dovuti a processi che operano a livello di costruzione di

un’interpretazione della frase

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Ciò che rimane in memoria è il prodotto finale del processo di comprensione, è il prodotto appunto di un processo costruttivo, di interazione tra informazioni presenti nella mente di chi comprende e di informazioni nuove, le rappresentazioni che vengono utilizzate durante questo processo costruttivo non sono necessariamente equivalenti al prodotto finale. I processi di recupero delle informazioni dalla memoria non coincidono con i processi di comprensione utilizzare compiti che siano in grado di mettere in luce i processi e le rappresentazioni che sono stati utilizzati durante il recupero.

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TESTO (RELAZIONI CHE LO COMPONGONO)

• COESIONE E COERENZA • RELAZIONI CAUSALI

• STRUTTURA DEL TESTO • REFERENZA

• INFERENZE

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LA PRODUZIONE

L’intenzione di comunicare un messaggio porta alla sua PIANIFICAZIONE. La pinificazione è necessaria per la selezione delle parole che costituiscono il messaggio e della struttura sintattica attraverso la quale esse sono espresse. Inoltre per scegliere il tipo di messaggio una conversazione richiede un tipo di pianificazione diversa da una descrizione. E’ importante che il parlante decida che tipo di atto illocutivo desidera compiere, se fare un’affermazione, una domanda, una richiesta e così via. Altro aspetto è il BACKGROUND tra chi parla e chi ascolta o legge.

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I MODELLI DELLA PRODUZIONE

• Livello del Messaggio riguarda l’elaborazione a livello concettuale che specifica le informazioni che si vogliono esprimere

• Livello Linguistico il prodotto dell’elaborazione a livello concettuale viene

tradotto in un formato propriamente linguistico, che riguarda la selezione degli elemti lessicali e la costruzione di una struttura sintattica in cui iserirli.

• Livello Fonologico riguarda la specificazione a livello fonologico astratto,

prima, e poi fonemico-articolatorio, degli elementi lessicali.

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Linguaggio

Sistema di simboli, suoni, significati e regole per la loro combinazione che costituisce la modalità primaria di comunicazione tra gli esseri umani Caratteristiche fondamentali del linguaggio:

• comunicatività • arbitrarietà simbolica

• regolarità della struttura • struttura a livelli • produttività

dinamicità

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Il linguaggio presenta sei caratteristiche distintive:

• è comunicativo permette di comunicare con una o più persone che condividono la stessa lingua (condividono gli stessi segni, significati e regole strutturali);

• è arbitrariamente simbolico

il linguaggio crea una relazione arbitraria tra un simbolo ed un oggetto o evento (il referente);

• è strutturato in modo regolare

presenta una struttura definita (e specifica per lingua), ogni sequenza di segni ha un significato e generalmente sequenze diverse hanno significati diversi (vedremo quando parleremo delle concezioni di Chomsky sulla grammatica che è possibile avere delle sequenze grammaticalmente diverse che condividono però lo stesso significato);

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• è strutturato in più livelli

ci possono essere diversi livelli di analisi del linguaggio, è possibile infatti studiare il linguaggio a livello dei suoni (fonetica), a livello dei significati (semantica) o a livello della struttura grammaticale (sintassi). Nelle prossime diapositive descriveremo in dettaglio quali sono i principali livelli di analisi;

• è produttivo

se vengono seguite le regole strutturali, i parlanti possono produrre un numero virtualmente infinito di espressioni nuove;

• è dinamico

le lingue sono in costante evoluzione (vedi gli aggiornamenti nel dizionario).

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Lo studio del linguaggio Il linguaggio è studiato da diverse discipline:

• linguistica studio delle componenti del linguaggio; linguaggio come sistema di suoni e simboli

• psicolinguistica

studio dei meccanismi coinvolti nella produzione e comprensione del linguaggio

• sociolinguistica

studio dei rapporti tra linguaggio e società; linguaggio come strumento fondamentale di comunicazione

• psicologia sociale

studio del linguaggio inteso come comportamento interpersonale e sociale

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Lo studio del linguaggio: La linguistica è la disciplina che studia gli elementi del linguaggio, considerato come un sistema di suoni e simboli. La psicolinguistica è la scienza che studia i processi mentali sottostanti all’acquisizione e all’uso della lingua, riunendo i concetti, i problemi ed i modelli della psicologia e della linguistica. La psicolinguistica come disciplina nasce ufficialmente agli inizi degli anni ’50. Bisogna però tener presente che già nell’ottocento gli psicologi si erano interessati ai problemi del linguaggio. La sociolinguistica o sociologia del linguaggio è la scienza che studia i rapporti tra linguaggio e società, intendendo il linguaggio come strumento fondamentale di comunicazione usato all’interno di una comunità sociale. La nascita della sociolinguistica è abbastanza recente (fine anni ’50) e rappresenta il punto di incontro tra i linguisti ed i sociologi. La psicologia sociale ha iniziato ad occuparsi del linguaggio molto tardi. Molti aspetti dell’interazione sociale coinvolgono il linguaggio che può essere inteso sia come modalità di interazione sia come una dimensione del comportamento umano. Nell’ultimo decennio l’interesse per il linguaggio è diventato sempre più evidente e si è iniziato a considerare la comunicazione come specifico oggetto di studio che può fornire indicazioni utili ad una adeguata comprensione del comportamento umano.

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Gli elementi del linguaggio Fonema

più piccola unità di suono del linguaggio parlato (ad es. le vocali e le consonanti nella lingua italiana o inglese)

Morfema più piccola unità di suono dotata di significato

• morfemi di contenuto parole che veicolano il corpo del significato (es. “casa”)

• morfemi di funzione facilitano l’adattamento dei morfemi di contenuto al contesto grammaticale (es. “il”)

Lessico insieme di morfemi di una data lingua

Frase gruppi di parole che trasmettono un significato

discorso

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Gli elementi del linguaggio: Abbiamo visto nella precedente diapositiva che l’oggetto di studio della linguistica è rappresentato dagli elementi del linguaggio. I livelli tradizionali di analisi della linguistica sono quattro. Al primo livello si collocano i suoni: la fonetica è lo studio e la descrizione delle varietà di suoni che possono presentarsi nelle diverse lingue. Per giungere alla individuazione dei segni distintivi di un sistema linguistico, occorre l’analisi fonemica: dalla gamma completa dei possibili suoni solo alcune parti vengono selezionate, usate e percepite dai parlanti di una data lingua come suoni funzionalmente distinti dagli altri. La più piccola unità di suono, specifica per lingua, è il “fonema”. I fonemi si uniscono tra loro a formare i “morfemi”, cioè forme minime dotate di significato (esempi di fonemi sono il prefisso ri in rifare), che a loro volta si combinano in parole (il lessico). Il livello successivo di analisi consiste nello specificare i principi che determinano la formazione delle frasi, cioè l’ordinamento delle parole in sequenze accettabili. L’insieme di queste regole costituisce la sintassi ed è comunemente identificata come la grammatica di una lingua. Il livello successivo dell’analisi linguistica è quello della semantica. Oggetto della semantica è lo studio del significato, l’analisi del rapporto tra i segni ed il mondo, per descrivere il quale tali segni vengono usati e del modo in cui i significati dei singoli elementi si combinano per formare il significato delle frasi e delle proposizioni. Gli studiosi si sono rivolti anche allo studio del discorso, di come cioè le persone parlano (o ascoltano, leggono, scrivono) con proposizioni interconnesse. A questi livelli tradizionali è necessario aggiungerne un quarto, quello della pragmatica, che studia il modo in cui il linguaggio viene utilizzato.

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La sintassi Chomsky (1957, 1965): grammatica generativo trasformazionale

• la grammatica è un sistema per generare degli enunciati linguistici accettabili e per identificare quelli inaccettabili;

• acquisendo la grammatica di una certa lingua le persone sono in grado di

generare un numero infinito di frasi: la grammatica è generativa;

• le persone possono trasformare una frase in un’altra che mantiene lo stesso significato anche se presenta una struttura sintattica diversa: la grammatica è trasformazionale;

• interazione tra sintassi e semantica: l’analisi semantica e l’analisi

sintattica procedono in parallelo

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La sintassi: La sintassi studia le regole che governano la disposizione delle parole e delle frasi in una data lingua. Chi parla una lingua sa intuitivamente che non può collocare dove vuole le parole o le frasi in una proposizione. Come determinano le regole della sintassi il modo in cui le persone creano e comprendono gli enunciati linguistici? A partire dagli anni ’50 gli psicologi hanno cominciato ad interessarsi della sintassi. In questi anni Noam Chomsky propose una teoria secondo la quale la sintassi non è solo un insieme di regole ma piuttosto una sorta di teoria della lingua, una formula generale che permette ai parlanti di una data lingua di generare e di comprendere un numero illimitato di enunciati, che non hanno mai sentito prima: la grammatica è quindi generativa. Le persone possono anche trasformare prontamente una frase in un’altra che mantiene lo stesso significato sottostante, nonostante presenti una costruzione sintattica, o struttura superficiale, molto differente: la grammatica è quindi trasformazionale. Sempre secondo Chomsky, la sintassi interagisce con la semantica (le regole che governano i significati) e questa interazione rende possibile la comprensione di ciò che le persone dicono. L’analisi sintattica e l’analisi semantica procedono in parallelo e creano un insieme di vincoli che conducono l’ascoltatore (o il lettore) a determinare il significato più probabile della proposizione.

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Acquisizione del linguaggio: stadi

• Primi mesi vocalizzazioni indifferenziate che comprendono tutti i possibili suoni (non c’è differenza tra bambini udenti e bambini sordi e tra bambini di paesi diversi)

• Dai 6 mesi ad un anno

produzione di fonemi caratteristici della lingua madre (lallazione; assente nei bambini sordi)

• Entro i 18 mesi

• utilizzo di singole parole per comunicare intenzioni, desideri, richieste

(olofrasi) • errori di sovraestensione: utilizzo di parole del lessico posseduto per

indicare cose ed idee per le quali non si dispone di una nuova parola

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Rovereto 24 Novembre 2004 – Prova didattica Dott.ssa Roberta Frison 58/66…

L’acquisizione del linguaggio: Il linguaggio è acquisito nella stessa sequenza e nello stesso modo da tutti i bambini (esistono naturalmente delle leggere differenze individuali). Nei primi sei mesi di vita i bambini emettono delle vocalizzazioni indifferenziate: esplorano tutti i possibili suoni che gli esseri umani possono produrre e l’attività vocale è indipendente dalla specifica lingua alla quale sono esposti. In questo stadio, non esistono differenze nella produzione vocale tra bambini udenti e bambini sordi. A partire dai sei mesi entrano nello stadio della lallazione. I suoni prodotti cominciano ad assomigliare ai suoni della lingua alla quale sono esposti (i bambini sordi smettono di vocalizzare) e viene persa la capacità di discriminare fonemi non appartenenti alla lingua dei genitori. Prima dei 18 mesi cominciano a pronunciare le prime parole. In questo stadio singole parole sono utilizzate per convogliare richieste, desideri, ecc. (olofrasi= parole singole utilizzate come frasi). Un tipico errore compiuto in questo periodo è l’errore di sovraestensione: i bambini utilizzano le parole che possiedono per indicare cose ed idee per le quali non posseggono una parola (ad esempio, tenderanno a chiamare cane tutti gli animali a quattro zampe o tenderanno a chiamare papà tutti gli uomini). All’aumentare del numero di parole possedute, questi errori diventano sempre meno frequenti.

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Acquisizione del linguaggio: stadi

• Entro i tre anni o frasi a due parole o parlato telegrafico: omissione dei morfemi di funzione

• Dai 3 ai 4 anni o aumento del vocabolario (composto da 200 parole a 2 anni e da circa

1000 parole a 4 anni) o errori di sovraregolarizzazione

• Dai 4 anni acquisizione delle basi della sintassi e della struttura linguistica adulta (completa verso i 10 anni)

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L’acquisizione del linguaggio: Da un anno e mezzo a due anni i bambini cominciano a mettere insieme le parole per produrre delle espressioni formate da due parole. Entro i tre anni i bambini cominciano a mettere insieme più parole per formare delle frasi, ma omettono i morfemi di funzione, come articoli, preposizioni: il linguaggio in questo stadio viene definito telegrafico. A due anni i bambini possiedono un vocabolario di circa 300 parole e nel periodo dai tre ai quattro anni, il vocabolario aumenta a 1000 parole. Il bambino comincia gradualmente ad apprendere le basi della sintassi. In questo stadio sono frequenti gli errori di sovraregolarizzazione: una regola generale viene applicata anche ai casi particolari che si discostano dalla norma (verra’ utlizzato “caderono” invece di “caddero”). Entro i cinque anni la maggior parte dei bambini può produrre e comprendere costruzioni di frasi relativamente complesse. Verso i dieci anni la sintassi e la struttura linguistica sono simili a quelle dell’adulto.

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Acquisizione del linguaggio: teorie Teorie sull’acquisizione del linguaggio: natura o cultura?

• imitazione: il linguaggio viene acquisito tramite imitazione del linguaggio delle persone presenti nel loro ambiente

• condizionamento (Skinner): i bambini associano le espressioni verbali

udite ad oggetti ed eventi diversi, le producono e vengono rinforzati dagli altri per averle prodotte

Queste teorie non spiegano:

• le tappe nell’acquisizione

la produttività linguistica (capacità di creare espressioni nuove)

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Teorie sull’acquisizione del linguaggio: Secondo la teoria dell’imitazione (o apprendimento passivo) i bambini apprendono a parlare imitando i suoni, le parole, le frasi prodotti dagli adulti che li circondano. Secondo Skinner, i bambini imparano a parlare in modo appropriato perché guidati e stimolati dalla reazione di rinforzo positivo da parte dei genitori. L’apprendimento linguistico procederebbe secondo le regole dell’associazione e della generalizzazione, utilizzate dai comportamentisti per spiegare come avviene l’apprendimento di qualsiasi tipo di comportamento. Numerose ricerche hanno confermato che, a parità di ogni altro fattore, i bambini ai quali i genitori parlano molto più della media sembrano imparare l’uso del linguaggio più in fretta, ma l’ordine di sviluppo per fasi non cambia. Né il condizionamento operante, né l’imitazione sembrano essere i principali meccanismi dello sviluppo del linguaggio. La produttività linguistica si contrappone ad entrambe queste teorie: i bambini usano costantemente espressioni nuove che non hanno mai sentito in precedenza e per le quali non sono mai stati rinforzati in precedenza.

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Acquisizione del linguaggio: teorie

Chomsky (anni ’60) • i bambini non possono imparare le regole della grammatica e migliaia di

parole in pochi anni solo grazie a meccanismi di imitazione e rinforzo (regole grammaticali sono troppo astratte per poter essere imparate semplicemente ascoltando gli adulti);

• esiste una grammatica universale innata, cioè un insieme di principi

linguistici che sottende le forme grammaticali presenti in tutte le culture;

• gli esseri umani sono biologicamente preconfigurati in modo da poter acquisire il linguaggio, sono cioè dotati di un dispositivo di acquisizione del linguaggio (language acquisition device LAD) (insieme innato di strutture neurali per l’acquisizione del linguaggio)

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La teoria di Chomsky: Secondo le due teorie sopra esposte il linguaggio è interamente il risultato dell’interazione con l’ambiente. A queste teorie si sono opposte teorie “innatiste” che sostengono l’esistenza di una disposizione interna biologica dell’uomo verso l’acquisizione linguistica, ovvero l’esistenza di un meccanismo di acquisizione linguistica (Language Acquisition Device – LAD) che orienta e determina lo sviluppo del linguaggio. Gli esseri umani risultano quindi essere biologicamente preconfigurati in modo da acquisire il linguaggio. Alcuni elementi a favore della teoria di Chomsky sono l’esistenza di alcuni “universali” del linguaggio, vale a dire alcuni aspetti universali dello sviluppo linguistico (le diverse tappe dell’acquisizione del linguaggio nei bambini). Ipotesi alternative sostengono invece l’interazione tra fattori innati e apprendimento implicito come determinante nell’acquisizione del linguaggio.

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Competenza ed esecuzione Distinzione tra competenza linguistica ed esecuzione

• competenza possesso di un sistema di regole che ci rende capaci di produrre e capire un numero infinito di frasi;

• esecuzione (performance)

l’uso effettivo della lingua da parte di un parlante-ascoltatore, il modo in cui la capacità potenziale viene messa in atto nei reali comportamenti di produzione e comprensione

Competenza linguistica ed esecuzione:

I concetti di competenza linguistica ed esecuzione (performance) sono cruciali nella teoria di Chomsky. Per competenza si intende l’insieme delle regole sintattiche, semantiche e fonologiche che un parlante deve implicitamente possedere per essere in grado di parlare e comprendere. Per esecuzione si intende la produzione o comprensione attuale di frasi, che è soggetta a fattori, quali ad esempio la stanchezza, limitazioni della memoria, che la rendono non perfettamente conforme alle regole del linguaggio.

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Riferimenti bibliografici -Anolli,L., Legrenzi, P. (2001). Psicologia Generale. Il Mulino, Bologna -Anolli, L., (a cura di), (2002). Psicologia della comunicazione. Il Mulino, Bologna. -D’Urso, V., Giusberti, F. (2002). Esperimenti di Psicologia. Zanichelli, Bologna -Job, R., (1998). I processi cognitivi. Modelli e ricerca in psicologia. Carocci.

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Istituto MEME - A.A. 2005-2006 Scuola di Specializzazione in Musicoterapia

Psicologia della comunicazione Lucidi a cura di Roberta Frison

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