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Le amministrazioni centrali dello Stato Studi di casi sulla conservazione dei documenti digitali A cura di Maria Guercio 1. LO STATO DELLARTE: IL QUADRO NORMATIVO E I NODI ARCHIVISTICI E ORGANIZZATIVI PER LA CONSERVAZIONE DEI DOCUMENTI DIGITALI * 1.1. Le criticità concettuali e organizzative 1.2. Il quadro normativo nazionale 1.3. I requisiti per l’autenticità: i risultati del progetto InterPARES 1.4. Accessibilità e metodi per la conservazione 1.5. Qualche conclusione. le criticità di una fase di transizione 2. LA RICOGNIZIONE SULLE PRATICHE PER LA CONSERVAZIONE DIGITALE NELLE AMMINISTRAZIONI CENTRALI 2.1. Finalità dello studio e strumenti utilizzati 2.2. Analisi dei risultati 2.2.1. Il livello di consapevolezza nell’organizzazione 2.2.2. Politiche, standard e prassi adottate 2.2.3. Analisi dei rischi e monitoraggio 2.2.4. L’integrazione con gli strumenti archivistici 2.2.5. Responsabilità e competenza 3. CONCLUSIONI E PROSPETTIVE APPENDICE 1. QUESTIONARIO SULLA CONSERVAZIONE DEI DOCUMENTI DIGITALI APPENDICE 2. LA FUNZIONE DOCUMENTARIA DEGLI ARCHIVI INFORMATICI TRA FUNZIONE CONOSCITIVA E FUNZIONE GIURIDICA. UN APPROFONDIMENTO (a cura di Virginio De Angelis) * Il primo paragrafo di questo documento è la rielaborazione di un documento predisposto da chi scrive in un primo momento nella forma di un rapporto per il gruppo di lavoro “Norme in rete” e successivamente come dispensa del corso di Archivistica II - Conservazione dei documenti digitali, tenuto nell’anno accademico 2005-2006 presso l’Università degli studi di Urbino. Di carattere introduttivo rispetto ai numerosi e complessi problemi che riguardano la conservazione dei documenti digitali ha la finalità di fornire informazioni di orientamento per quanti debbano avviare progetti specifici di gestione informatica dei documenti e intendano affrontare con la dovuta consapevolezza il nodo conservativo.

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Le amministrazioni centrali dello Stato Studi di casi sulla conservazione dei documenti digitali

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Le amministrazioni centrali dello Stato

Studi di casi sulla conservazione dei documenti digitali

A cura di Maria Guercio

1. LO STATO DELL’ARTE: IL QUADRO NORMATIVO E I NODI ARCHIVISTICI E ORGANIZZATIVI PER LA

CONSERVAZIONE DEI DOCUMENTI DIGITALI∗

1.1. Le criticità concettuali e organizzative

1.2. Il quadro normativo nazionale

1.3. I requisiti per l’autenticità: i risultati del progetto InterPARES

1.4. Accessibilità e metodi per la conservazione

1.5. Qualche conclusione. le criticità di una fase di transizione

2. LA RICOGNIZIONE SULLE PRATICHE PER LA CONSERVAZIONE DIGITALE NELLE AMMINISTRAZIONI CENTRALI

2.1. Finalità dello studio e strumenti utilizzati

2.2. Analisi dei risultati

2.2.1. Il livello di consapevolezza nell’organizzazione

2.2.2. Politiche, standard e prassi adottate

2.2.3. Analisi dei rischi e monitoraggio

2.2.4. L’integrazione con gli strumenti archivistici

2.2.5. Responsabilità e competenza

3. CONCLUSIONI E PROSPETTIVE

APPENDICE 1. QUESTIONARIO SULLA CONSERVAZIONE DEI DOCUMENTI DIGITALI APPENDICE 2. LA FUNZIONE DOCUMENTARIA DEGLI ARCHIVI INFORMATICI TRA FUNZIONE

CONOSCITIVA E FUNZIONE GIURIDICA. UN APPROFONDIMENTO (a cura di Virginio De Angelis)

∗ Il primo paragrafo di questo documento è la rielaborazione di un documento predisposto da chi scrive in un primo momento nella forma di un rapporto per il gruppo di lavoro “Norme in rete” e successivamente come dispensa del corso di Archivistica II - Conservazione dei documenti digitali, tenuto nell’anno accademico 2005-2006 presso l’Università degli studi di Urbino. Di carattere introduttivo rispetto ai numerosi e complessi problemi che riguardano la conservazione dei documenti digitali ha la finalità di fornire informazioni di orientamento per quanti debbano avviare progetti specifici di gestione informatica dei documenti e intendano affrontare con la dovuta consapevolezza il nodo conservativo.

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1. LO STATO DELL’ARTE: IL QUADRO NORMATIVO E I NODI ARCHIVISTICI E ORGANIZZATIVI PER LA CONSERVAZIONE DEI DOCUMENTI DIGITALI 1.1. LE CRITICITÀ CONCETTUALI E ORGANIZZATIVE

I documenti prodotti in ambiente tradizionale sono considerati (naturalmente con qualche ottimismo di troppo) oggetti fisici durevoli che possono essere conservati in forma originale per un arco temporale di lunga durata. L’inevitabile processo di deterioramento e di invecchiamento cui qualunque oggetto fisico è sottoposto può costituire, in condizioni non patologiche, addirittura un fattore di valorizzazione che comunque contribuisce ad assicurare le possibilità di valutare e definire le sue condizioni di autenticità (la natura del supporto e degli strumenti scrittori, la qualità degli inchiostri, la scrittura utilizzata, ecc. sono tutti elementi essenziali nella determinazione dell’autenticità del documento). In ogni caso l’aspetto più rilevante riguarda il fatto che l’oggetto si possa conservare inalterato nella sua fisicità. Le risorse digitali sono al contrario per natura soggette a un continuo (più o meno frequente, ma comunque inevitabile) processo di trasformazione che ne consente l’accesso nel tempo, ma implica rischi gravi di perdite e manipolazioni.

Il fenomeno della digitalizzazione delle memorie documentarie è frutto di un processo inarrestabile di trasformazione dei modi e degli strumenti della comunicazione e di sviluppo della telematica in tutti i settori di attività (amministrativa, tecnica, culturale). Il passaggio cruciale è la produzione a basso costo di sistemi sicuri per la validazione dei documenti “born digital” (firma elettronica avanzata, firma digitale, altri strumenti di validazione online, surrettiziamente identificati come firma elettronica “leggera” dal legislatore europeo e nazionale), considerato il fatto che i rischi di sopravvivenza delle risorse digitali sono pari alla loro crescita esponenziale: la quantità in questo caso non garantisce infatti la possibilità medesima né la qualità della conservazione.

La dematerializzazione delle fonti documentarie prodotte e mantenute informaticamente (il supporto esiste, ma non influisce necessariamente sul processo conservativo e di fruizione né sulle peculiarità del documento) costituisce allo stesso tempo il vantaggio e il limite della dimensione informatica delle nuove memorie in quanto testimonianze stabili di eventi e atti giuridicamente rilevanti. E’ senza dubbio di grande importanza disporre di fonti facilmente e rapidamente migrabili su altri supporti analoghi o migliori, in altri ambienti, su altre piattaforme; ma è inevitabile e rilevante il limite intrinseco di materiali che comunque richiedono una molteplicità di mediazioni, strumenti e risorse per poter essere utilizzati (letti e compresi). La possibilità stessa della funzione conservativa richiede un cambiamento significativo rispetto alle attività tradizionali: la conservazione in ambiente digitale è una funzione attiva e continua nel tempo per la quale non ci sono ancora esperienza e consapevolezza sufficienti né soprattutto un’adeguata analisi concettuale.

– i tempi degli interventi per il mantenimento della memoria si sono accorciati,

– la diversificazione dei prodotti non consente soluzioni univoche,

– la fragilità dei supporti e la facilità nella manipolazione richiedono investimenti significativi in termini di controllo dei depositi e sicurezza,

– la conservazione digitale non è compatibile con la trascuratezza che ha caratterizzato il sistema conservativo tradizionale.

Molte sono ancora le questioni irrisolte che riguardano in particolare il fatto che:

– l’obsolescenza è un fenomeno irreversibile e ambivalente: per affrontarla non si sono ancora individuati metodi condivisi, univoci, regolamentati,

– gli standard internazionali, le norme nazionali e le procedure interne alle amministrazioni sono ancora insufficienti a garantire l’obiettivo della stabilizzazione dei documenti informatici.

La fragilità dei supporti è il male minore: l’evoluzione continua determina l’obsolescenza di

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hardware e software e la necessità di intervenire sui documenti e sui sistemi documentari per:

– trasmettere fedelmente i documenti nel lungo periodo,

– disporre di nuove tecnologie di gestione e accesso,

– garantire la tutela della riservatezza dei dati (a fini diversi) e la sicurezza dei sistemi e nei sistemi senza eliminare le possibilità stesse della conservazione di lungo periodo.

Numerosi sono peraltro i vincoli implicati da una seria politica conservativa. Per l’automazione avanzata dei sistemi documentari servono infatti standard per la conservazione degli archivi informatici che garantiscano il raggiungimento di due obiettivi sostanzialmente contrastanti:

– l’autenticità (che consiste principalmente nelle attività di identificazione univoca e garanzia dell’integrità dei singoli oggetti digitali documentari) e

– l’accessibilità generalizzata e di lungo periodo dei sistemi documentari (dei documenti e delle relazioni di contesto garantite dalla corretta gestione dei metadati) resa possibile dal ricorso a soluzioni tecnologiche e organizzative che consentano il superamento dei problemi di obsolescenza ma che, tuttavia, implicano la modifica del flusso di bit ed eventualmente anche la perdita di elementi strutturali dell’oggetto destinato alla conservazione.

In particolare, le soluzioni tecnologiche e organizzative, supportate da una adeguata analisi concettuale, devono consentire:

– la memorizzazione e l’accesso a basso costo,

– la protezione contro l’obsolescenza.

– la sicurezza del sistema e nel sistema,

– l’accesso alle risorse anche per utenti non specialisti del settore,

– l’utilizzo integrato di supporti diversi.

Al fine di definire le linee di intervento necessarie per gestire adeguatamente un universo alquanto complesso e diversificato quale quello ora descritto, è innanzi tutto indispensabile circoscriverne i confini e limitare l’orizzonte di analisi all’insieme delle attività e degli strumenti che assicurano che i documenti informatici siano mantenuti accessibili, utilizzabili (leggibili e intelligibili) e autentici (univocamente identificabili e integri) nel medio e nel lungo periodo, in un ambiente tecnologico certamente diverso da quello originario.

Sia pure così circoscritta, la conservazione non può comunque coincidere con la semplice conservazione del flusso di bit, poiché – qualunque sia l’oggetto digitale trattato – la sua corretta tenuta implica sempre il mantenimento di informazioni (metadati descrittivi e gestionali), necessarie ad assicurare la possibilità di interpretazione futura del flusso medesimo (contenuto strutturato, configurazione degli elementi, contesti multipli, procedure di lavoro). Anche per questa ragione, la conservazione di oggetti digitali non è riducibile a procedure e comportamenti omologati all’ambiente tradizionale o a procedure uniformi. Tanto meno si identifica con le attività di riproduzione ottica sostitutiva o con interventi di digitalizzazione che costituiscono solo eventuali utili strumenti al servizio della più ampia e complessa funzione conservativa. In sostanza la funzione conservativa si configura, quindi, sempre più nettamente come un complesso articolato e dinamico di attività, strumenti, procedure che richiedono principi chiari, un quadro normativo di riferimento, luoghi significativi di sperimentazione.

Come si è già ricordato, con riferimento ai principi e ai problemi di struttura concettuale, non è semplice – e forse neppure auspicabile – far riferimento a una dimensione unitaria della questione, anche se la convergenza delle memorie digitali è fenomeno destinato a produrre effetti simili anche per il trattamento delle risorse: non nel senso di cancellare le differenze funzionali delle specifiche tipologie di oggetti, ma in relazione ad alcuni aspetti trasversali della gestione – ad esempio nel

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trattamento complessivo dei già ricordati metadati per la conservazione (che sono peraltro alquanto diversi nel merito e nelle modalità di aggregazione e di aggiornamento).

Per conservare i documenti digitali non è quindi sufficiente mantenerne il contenuto poiché contenuto e struttura sono ormai del tutto separati e il contesto dell’informazione è vitale alla sua comprensione.

Il paradosso riguarda la duplicità contraddittoria delle richieste degli utenti: il mantenimento della forma originaria, dell’integrità e dell’affidabilità ma anche la garanzia di un accesso dinamico e interattivo che inevitabilmente introduce cambiamenti nei documenti, nella loro struttura e nelle relative informazioni descrittive con la conseguenza che si richiedono nuovi paradigmi di intervento, con specifico riferimento alla necessità di anticipare le attività finalizzate alla conservazione sin dalla fase di formazione delle risorse digitali medesime.

Oltre che sulle modalità successive di conservazione e accesso, è infatti necessario (per contenere i costi e garantire i risultati) intervenire precocemente sui modi stessi in cui le risorse vengono prodotte originariamente e sulla documentazione dei sistemi e delle applicazioni: gran parte delle informazioni e dei metadati che garantiscono l’accesso all’archivio e la verifica dell’autenticità sono disponibili solo nella fase attiva della gestione documentaria (es. dati sulle responsabilità amministrative, sull’organizzazione dell’archivio e sui criteri di classificazione, le informazioni sul contesto tecnologico, tra cui schemi logici dei db, documentazione delle applicazioni). In particolare è indispensabile:

– definire precocemente le responsabilità per la tenuta dei documenti (anche in caso di esternalizzazione dei servizi),

– utilizzare formati standard sia per la formazione dei documenti che per la predisposizione dei necessari metadati di contesto, di ordinamento, di gestione.

A differenza di quanto avviene negli ambienti tradizionali, la definizione dei requisiti non può essere affidata a regole tecniche dettagliate, ma al riconoscimento di principi e procedure generali che dovranno comunque richiedere specifici interventi di analisi e interpretazione all’interno di ciascuna amministrazione ai fini della concreta applicazione. Merita inoltre sottolineare che la progettazione dei sistemi informatici (soprattutto documentari) deve essere affidata a personale esperto e consapevole in grado di operare in ambienti complessi e dinamici.

1. 2. IL QUADRO NORMATIVO NAZIONALE

Come in molte tradizioni ed esperienze europee e internazionali, anche le recenti iniziative legislative in materia di e-government hanno implicato notevoli conseguenze nel campo della produzione documentaria sia sulla natura della documentazione prodotta, sia sui modi concreti di esercitare le attività di tutela e conservazione. L’impatto della nuova normativa sulle possibilità stesse della conservazione delle nuove memorie digitali è destinato a crescere notevolmente anche perché la natura dei documenti informatici richiede una riflessione complessiva sui termini, sulle responsabilità, sulle procedure di formazione e conservazione dei documenti. Purtroppo non sempre il legislatore nazionale (non solo quello italiano) ha affrontato tali complesse questioni con sufficiente coerenza. In molti casi, le norme generali e le disposizioni tecniche e regolamentari sono frammentate e di difficile lettura. E’ per questa ragione che si ritiene utile fornire a livello nazionale un quadro ragionato della situazione normativa, con riferimento alle disposizioni approvate nel corso degli ultimi anni in Italia nel campo specifico della legislazione di e-government. Si cercherà in particolare di ricondurre a una presentazione unitaria sia l’analisi della produzione normativa specifica, sia la valutazione delle disposizioni che le istituzioni preposte alla tutela hanno sviluppato proprio tenendo conto delle trasformazioni in atto nel più ampio universo della produzione documentaria delle pubbliche amministrazioni.

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La normativa nazionale di riferimento è destinata peraltro a una ulteriore revisione in relazione alla predisposizione del Codice dell’amministrazione digitale (approvato con dlgs 82/2005 e modificato con dlgs 159/2006). Il legislatore ha finora introdotto nel nostro ordinamento numerose disposizioni non sempre coerenti, ma soprattutto le ha elaborate non come un insieme organico di principi e regole, ma in modo confuso all’interno di una serie diversificata di disposizioni sostanzialmente orientate a promuovere l’informatizzazione più che a sottolineare e risolvere criticità specifiche in materia di corretta formazione e conservazione dei documenti (per la normativa di riferimento qui citata si vedano i siti http://www.cnipa.gov.it e http://www.archivi.beniculturali.it). In molti casi le esigenze di conservazione sono state interpretate dal legislatore come meri requisiti di protezione e sicurezza. Consapevoli di questi limiti i redattori della nuova normativa hanno previsto la revisione delle regole tecniche in materia di formazione e conservazione di documenti informatici almeno per quanto riguarda il settore pubblico e hanno deliberato che la stesura di tali regole sia predisposta di concerto con il ministro per i beni e le attività culturali e sentito il garante per la tutela dei dati personali1.

Ci si limiterà in questa sede a una breve descrizione delle questioni di maggior rilievo e impatto (con specifico riferimento agli aspetti legati alla conservazione di medio e lungo termine) che emergono dall’analisi della normativa di riferimento vigente. Nel testo unico sul documento amministrativo (dpr 445/2000) e nelle relative regole tecniche applicative approvate con dpcm 31 ottobre 2000 si stabiliscono alcune disposizioni che riguardano direttamente proprio esigenze conservative:

– si prevedono operazioni di salvataggio periodiche su supporti removibili che devono essere conservati in duplice copia in luoghi remoti e sicuri;

– le informazioni rimosse dal sistema devono essere sempre leggibili; – nel caso della conservazione sostitutiva le informazioni relative alla gestione informatica dei

documenti costituiscono parte integrante del sistema di indicizzazione e di organizzazione dei documenti oggetto delle procedure di conservazione sostitutiva;

– è obbligatorio il log di sistema (registrazione e verifica retroattiva degli utenti e di tutti gli interventi effettuati) oltre alla gestione conservativa delle informazioni con riferimento alle modifiche effettuate nei singoli campi del database relativo ai dati di registrazione di protocollo;

– deve essere garantita la leggibilità nel tempo di tutti i documenti trasmessi con specifico riferimento agli allegati;

– i dati della segnatura di protocollo (ovvero gli elementi che identificano il profilo del documento in ambiente digitale) sono contenuti nel messaggio stesso di invio del documento in un file conforme allo standard XML.

E’ evidente che si tratta di indicazioni che hanno natura, finalità e portata completamente diverse, alcune di natura organizzativa legate a esigenze di sicurezza, altre più strettamente collegate a esigenze di conservazione.

Il testo di riferimento per una sintesi in materia di regolamentazione delle funzioni documentarie è il dm 14 ottobre 2003 del ministro per l’innovazione, che ha lo scopo di fornire un quadro d’insieme delle norme in materia e indicare principi e procedure di base per l’organizzazione dei nuovi sistemi. Con riferimento specifico ai problemi della conservazione di lungo termine, la norma in questione stabilisce quanto segue:

– i requisiti dei documenti informatici implicano la loro identificazione certa e strumenti di garanzia dell’integrità: identificazione dell’autore (persona fisica e giuridica), sottoscrizione, idoneità alla registrazione di protocollo in quanto strumento identificativo, accessibilità, leggibilità, interscambiabilità;

– i formati devono garantire la non modificabilità di struttura e contenuti: si fa pertanto divieto di produrre documenti informatici che contengano “macroistruzioni o codice eseguibile tali da attivare funzionalità che possano modificarne la struttura o il contenuto”;

1 Il codice stabilisce, all’articolo 44 dedicato ai requisiti per la conservazione dei documenti informatici, che il sistema di conservazione dei documenti informatici deve garantire: a) l’identificazione certa del soggetto che ha formato il documento e dell’amministrazione o dell’AOO di riferimento; b) l’integrità del documento; c) la leggibilità dei documenti e delle informazioni identificative, inclusi i dati di registrazione e di classificazione originari.

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– si prevede l’obbligo di incorporare “in modo irreversibile” eventuali immagini, suoni e video qualora costituiscano parti integranti del documento digitale.

Sempre nella stessa logica, già evidenziata in precedenza, orientata a porre qualche regola e qualche vincolo di merito, si colloca anche l’ulteriore normativa tecnica di settore. Nella direttiva del ministro per l’innovazione del 22 novembre 2003 sull’utilizzo dei sistemi di posta elettronica si stabilisce ad esempio l’obbligo dell’adozione di metodi di conservazione (sia pure non ulteriormente identificati) dei messaggi pervenuti in relazione alle tipologie documentarie e ai tempi di tenuta. Nella delibera 11/2004 sulla riproduzione sostitutiva (che costituisce la quarta edizione di regole tecniche che, a partire dal 1994, hanno definito – finora con successo limitato - le condizioni in grado di garantire la sostituzione di documenti originali cartacei con copie documentarie digitali giuridicamente valide) si stabilisce qualche ulteriore principio in materia di conservazione (sia pure non con specifico riferimento alla conservazione permanente e in forme non del tutto coerenti e complete con le esigenze specifiche di una funzione così complessa):

– la conservazione di documenti digitali avviene mediante memorizzazione su supporti ottici e termina con l’apposizione sull’insieme dei documenti del riferimento temporale e della firma digitale da parte del responsabile della conservazione che attesta il corretto svolgimento del processo (anche nel caso di riversamento sostitutivo che implica – per i documenti informatici o per i cosiddetti documenti analogici “originali unici”2- l’apposizione del riferimento temporale e della firma digitale da parte di un pubblico ufficiale che attesti la conformità di quanto memorizzato al documento d’origine);

– si stabiliscono i compiti da affidare ad una figura specifica di responsabile della conservazione che in particolare

– definisce le caratteristiche e i requisiti del sistema di conservazione in funzione della tipologia dei documenti (analogici o digitali),

– gestisce le procedure di sicurezza e tracciabilità anche per garantire l’esibizione dei documenti,

– archivia e rende disponibili i dati relativi alla descrizione del contenuto dell’insieme dei documenti, agli estremi identificativi del responsabile della conservazione, all’indicazione delle copie di sicurezza,

– mantiene e rende accessibile un archivio del software dei programmi, – verifica la corretta funzionalità del sistema, – adotta le misure necessarie per la sicurezza fisica e logica del sistema, – richiede – se necessario - la presenza di un pubblico ufficiale, – definisce e documenta le procedure di sicurezza, – verifica periodicamente con cadenza non superiore ai 5 anni l’effettiva leggibilità dei

documenti conservati. La normativa sembra in sostanza affidare ogni soluzione all’individuazione di una responsabilità

specifica, di cui tuttavia non vengono esplicitate le competenze e le conoscenze tecniche necessarie (tanto per essere chiari non si dice con chiarezza che debba trattarsi di un archivista o di un esperto di gestione documentaria) e, soprattutto, di cui non si evidenziano con altrettanta chiarezza, rispetto a un

2 Il riferimento a “documenti analogici originali unici” merita qualche riflessione. L’aggettivo non si riferisce tanto a un principio generale utile sul piano organizzativo che pur avrebbe potuto dar vita a qualche felice sviluppo (solo recentemente tentato dall’Agenzia delle entrate con circolare 36E del 6 dicembre 2006 in relazione al decreto ministeriale 23 gennaio 2004 sulle modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici e alla loro riproduzione in diversi tipi di supporto), quanto a un tentativo surrettizio di affrontare un problema complesso, quello della complessa gestione dei sistemi ibridi (parzialmente digitali e parzialmente cartacei). Il fatto che un aspetto cruciale dei processi di digitalizzazione ai fini delle garanzie di certezza giuridica sia stato affidato a una delibera tecnica ha finito per indebolirne la portata. E’ stato presto evidente che la decisione di ridefinire la natura del documento amministrativo, in particolare la sua univocità e originalità e per conseguenza modificare i termini dell’intervento del pubblico ufficiale ai fini della validazione di copie non poteva trovare una collocazione adeguata se non in un provvedimento legislativo generale. E’ infatti con il Codice dell’amministrazione digitale, che – sia pure con qualche contraddizione – l’intera questione viene ridefinita con una certa organicità.

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elenco dettagliato di compiti specifici, ruoli e poteri interni alle amministrazioni, incluso il rapporto con il responsabile dei sistemi documentari previsto ai sensi dell’articolo 61 del dpr 445/2000..

La delibera Cnipa 11/2004 prevede inoltre la possibilità di delegare a terzi l’esercizio di tale delicata responsabilità in materia di conservazione digitale e ne definisce i limiti con molta approssimazione, senza ad esempio specificare vincoli, poteri e strumenti di controllo:

– il responsabile del procedimento di conservazione digitale può delegare in tutto o in parte lo svolgimento delle proprie attività a una o più persone che per competenza ed esperienza garantiscano la corretta esecuzione delle operazioni delegate,

– il procedimento di conservazione digitale può essere affidato in tutto o in parte ad altri soggetti pubblici o privati i quali sono tenuti ad osservare le disposizioni in vigore,

– nelle pp.aa. il ruolo di pubblico ufficiale è comunque svolto dal dirigente dell’ufficio responsabile della conservazione dei documenti o da altri dallo stesso formalmente designati.

Numerose sono le criticità che riguardano questo ambito, con particolare riferimento proprio alla

decisione – di cui pur si riconosce la problematicità - di esternalizzare il servizio di conservazione, considerato il fatto che la gestione e la conservazione dei documenti amministrativi è configurabile come una vera e propria funzione amministrativa. Sarebbe stato in particolare indispensabile che – in caso di delega – fossero previste all’interno della struttura delegante figure professionali idonee e competenti al fine di verificare congruità e correttezza delle operazioni delegate.

Gli aspetti più interessanti della regolamentazione riguardano in realtà alcune indicazioni che non si trovano all’interno delle disposizioni più specifiche, ma che sono desumibili dall’analisi della normativa complessiva sulla gestione informatica dei documenti. In particolare sembrano di notevole utilità le norme previste nel testo unico sul documento amministrativo (e mantenute nel nuovo Codice) che riguardano in modo specifico l’organizzazione degli archivi correnti e alcuni obblighi relativi alla gestione dei trasferimenti e delle acquisizioni nelle diverse fasi di gestione, con particolare riferimento: – alla norma (dpr 445/2000, articoli 61 e 62) che stabilisce l’obbligo della creazione di un Servizio per

la gestione dei flussi documentali e degli archivi da affidare (in questo caso viene esplicitamente indicato) a personale di alto profilo con competenze tecniche di natura archivistica e che stabilisce i contenuti di questi compiti soprattutto in termini di controllo e garanzia della qualità e coerenza del sistema documentario e dei requisiti generali cui tale sistema deve far riferimento (piani di classificazione, controllo degli accessi, ecc.);

– alle norme che identificano gli obblighi per il trasferimento e la gestione degli archivi correnti, di deposito e storici (dpr 445/2000, articoli 67-69) e che includono: – il controllo della movimentazione (in ambiente digitale l’obbligo si traduce almeno nella

gestione di un file di log per gli accessi); – l’obbligo di mantenere l’ordine originario della documentazione nelle diverse fasi di gestione e

di garantire la conservazione degli strumenti originari di accesso (database di registrazione dei documenti, repertori dei fascicoli, strumenti di indicizzazione, inventari, ecc.).

L’altro aspetto che si ritiene centrale riguarda la norma che prevede – all’interno di una regolamentazione tecnica applicativa (dpcm 31 ottobre 2000) – l’obbligo di predisporre un manuale delle procedure documentarie (un documento di policy e linee guida chiamato “manuale di gestione”3) che include anche – tra le componenti essenziali, esplicitamente identificate – le disposizioni sulla sicurezza e le disposizioni sulla conservazione e sulla gestione degli archivi storici.

Su tale obblighi si è naturalmente espressa anche la recente normativa di tutela sui beni culturali (in particolare il dlgs 490/1999) e il successivo codice dei beni culturali approvato con dlgs 42/2004 – che hanno previsto un ruolo attivo di controllo e verifica anche sugli archivi correnti (identificati come beni culturali oggetto di specifica tutela) e quindi sui nuovi sistemi documentari informatici da parte delle istituzioni archivistiche e hanno individuato anche in questo ambito sanzioni penali rilevanti per chi non ottemperi a una adeguata politica di gestione.

3 Il Codice mantiene l’obbligo del manuale per le amministrazioni centrali e si limita a riconoscere la possibilità della sua approvazione per le amministrazioni locali e regionali (articolo 40, commi 3 e 4).

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A fronte della complessità della questione e, come si è visto, della insufficienza della normativa finora approvata, è indispensabile che si definiscano quanto prima

– iniziative “politiche” di sensibilizzazione di livello nazionale indirizzate al legislatore, ai produttori, all’opinione pubblica che si traducano in raccomandazioni e linee guida,

– strategie e policy comuni per le istituzioni che si occupano esclusivamente della conservazione a lungo termine del patrimonio documentario (archivi storici, biblioteche, videoteche, centri di documentazione, ecc.) fondate sul riconoscimento della centralità dei problemi organizzativi e sulla necessità di adottare procedure normalizzate: – per la creazione di depositi digitali affidabili, – per la definizione di responsabilità certe, – per la valutazione, l’analisi e il contenimento dei costi in relazione agli obiettivi conservativi

e alla loro fattibilità, – per la riqualificazione “di massa” del personale tecnico mediante programmi di formazione

permanente a distanza che includano aggiornamento dei contenuti e della didattica.

1.3. I REQUISITI PER L’AUTENTICITÀ: I RISULTATI DEL PROGETTO INTERPARES Come si è già sottolineato in precedenza, il requisito fondamentale per lo svolgimento della

funzione conservativa è senza dubbio il mantenimento dell’autenticità, ma anche della leggibilità e intelligibilità nel tempo della produzione documentaria digitale. I documenti elettronici devono essere, infatti, recuperabili dalla memoria di archiviazione, per poter essere trattati da un computer o visualizzati dall’utente.

Rispetto all’obiettivo della conservazione due sono quindi i requisiti critici che devono essere rispettati, ma che, in ambiente digitale, presentano una inevitabile contraddizione: l’integrità e l’identificazione univoca e certa dei documenti e delle relazioni documentarie da un lato, l’accessibilità dall’altro. Nel caso ad esempio dei documenti d’archivio, l’identificazione univoca e certa dei documenti coinvolge le relazioni documentarie, vale a dire i modi che esprimono l’appartenenza del singolo documento al complesso documentario (fascicolo, serie, archivio, ecc.) nel quale organicamente e gerarchicamente è inserito. Tuttavia, la continua evoluzione delle tecnologie e la loro conseguente instabilità producono un fenomeno di obsolescenza tecnologica che rende impossibile garantire sia l’intangibilità dei documenti, ovvero la permanenza di tutte le loro qualità intrinseche ed estrinseche, sia la possibilità del loro uso nel tempo. I documenti elettronici sono conservati e conservabili nella misura in cui sono oggetto di migrazione e, quindi, sottoposti a continui interventi di trattamento che ne modificano alcune caratteristiche e alcuni elementi.

Ai fini del mantenimento del patrimonio documentario, il problema è quello di identificare quali siano le modificazioni accettabili che non impediscano la verifica dell’autenticità complessiva del documento e dell’archivio di cui è parte. Questa contraddizione deve trovare una composizione, un punto di equilibrio, che può essere raggiunto solo attraverso un impegnativo lavoro di analisi e di ricerca interdisciplinare che, riconoscendo l’inevitabilità di un processo di deterioramento della memoria documentaria e un minor grado di certezza e stabilità, definisca quali componenti possano subire modificazioni ai fini del mantenimento dell’accessibilità senza compromettere l’autenticità degli oggetti conservati, definendo in sostanza in che cosa consista l’autenticità del documento e quali siano le modalità e le procedure per verificare che la copia riproduca il documento originale al fine di assicurarne la completezza.

In questo contesto di ricerca e di riflessioni, i risultati del progetto internazionale InterPARES 1 e 2 (rispettivamente per gli anni 1999-2002 e 2003-2006) sui requisiti di autenticità delle risorse digitali (sia pure sostanzialmente in campo archivistico) meritano un approfondimento per alcune importanti conclusioni concettuali e di metodo cui il gruppo di lavoro è pervenuto (www.interpares.org).

I requisiti di autenticità dei documenti elettronici hanno costituito un’area di indagine fondamentale e prioritario del progetto che ha identificato già nella prima fase di attività conclusa

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nel 1999 un quadro generale coerente degli elementi costitutivi, attributi e procedure idonei a consentire la verifica dell’autenticità nel tempo delle risorse digitali.

Una delle le conclusioni che meritano di essere sottolineate riguarda il fatto che, in ambiente elettronico, a causa proprio dell’obsolescenza tecnologica e della necessità di continua migrazione dei documenti, la conservazione a lungo termine può assicurare esclusivamente la produzione di copie autentiche di documenti elettronici autentici, dato che mantenere l’accesso ai documenti implica necessariamente modifiche anche significative nel flusso di bit che costituisce il documento e le sue relazioni.

Il problema dell'autenticità acquista perciò una rilevanza di gran lunga maggiore rispetto al passato e richiede una definizione su più piani:

- l’assicurazione di autenticità per i documenti che sono ancora attivi presso il soggetto produttore e che abbiano subito processi di migrazione;

- il mantenimento dell'autenticità e delle condizioni per la sua verifica per i documenti già versati negli archivi storici e nelle biblioteche pubbliche e destinati alla conservazione permanente;

- la verifica dell'autenticità e l’identificazione dei requisiti che rendono possibile la verifica medesima per i documenti nella fase di trasferimento dall'ambiente di produzione originario a quello di consultazione a fini di ricerca.

Tutte queste attività hanno un ruolo cruciale per molteplici ragioni. Innanzi tutto, la

conservazione di fonti informatiche oggetto di migrazione implica la rinuncia alla garanzia di “originalità” dei documenti conservati negli ambienti tradizionali, costituiti quasi esclusivamente da oggetti fisici originali e durevoli, a loro volta mantenuti inalterati sia dal soggetto produttore che nelle successive fasi del ciclo di gestione. Nel caso di materiali cartacei l’originalità dei documenti e del vincolo, mantenuti inalterati nel lungo periodo e quindi a minor rischio di manipolazione, è facilmente verificabile grazie ai numerosi segni fisici, logici e organizzativi che la carta e i supporti statici conservano e offrono all’analisi dei ricercatori. In questo caso l’integrità del patrimonio documentario è garantita da una custodia ininterrotta che si limita ad assicurare le condizioni per la verifica e la valutazione della credibilità delle fonti medesime.

Ben altrimenti difficile è la situazione allorché la fonte ha forma digitale e soprattutto ha subito e dovrà subire numerosi, peraltro inevitabili, interventi di migrazione, ha corso rischi di manipolazione e di perdita e non ha certamente mantenuto alcun elemento “fisico” incontrovertibile per dare sostegno alla presunzione della sua autenticità. A disposizione degli utenti ci sono solo le informazioni e la documentazione relative agli interventi di migrazione e gli strumenti di reperimento che il soggetto produttore e/o l’istituzione di conservazione hanno voluto/saputo/potuto mantenere. Da un punto di vista strettamente tecnico non è neppure possibile conservare un documento elettronico, poiché i sistemi informatici consentono solo di salvare la capacità di riprodurre un documento elettronico.

Per questo tipo di fonti le politiche per la conservazione permanente che ciascun istituto segue (modalità di assunzione di responsabilità, strumenti e procedure a supporto dell’azione di verifica dell’autenticità, ecc.) hanno valore cruciale e non possono più limitarsi a prassi consolidate sia per quanto riguarda l’acquisizione dei documenti che in relazione alle successive attività di gestione. Nell’attività di versamento, ad esempio, l’istituzione destinataria dovrà identificare procedure e contenuti nuovi per assicurare la qualità della ricerca futura, mentre per i materiali tradizionali può essere talvolta sufficiente garantire la continuità dell’azione conservativa e l’accessibilità agli strumenti di consultazione coevi.

In conclusione, i documenti digitali, proprio perché non più legati indissolubilmente al supporto originario e sottoposti a ripetuti interventi di migrazione, non contengono di per sé alcuno degli elementi e degli attributi tradizionali che consentono la verifica a distanza di tempo dell’autenticità delle entità documentarie. L’ispezione stessa del documento, che è quasi sempre produttiva per quanto concerne le fonti tradizionali, nel caso di materiali elettronici richiede l’uso di tecnologie talvolta sofisticate e non permette di rilevare “direttamente” l’esistenza di manipolazioni non autorizzate. La conseguenza è che, in mancanza di eventi che la mettano in

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discussione, l’autenticità dei documenti originali deve e può essere presunta. Tuttavia, è evidente che tale presunzione può continuare a sussistere purché si siano conservati i necessari requisiti, alcuni dei quali esistono solo al momento della formazione della fonte, mentre altri si realizzano in occasione del suo trasferimento.

E’ dunque compito dell’istituto di conservazione individuare, documentare e conservare tali condizioni, originali o sopravvenute, sia nel momento in cui acquisisce il materiale, sia nei successivi interventi, prestando particolare attenzione alla fase in cui il patrimonio è messo a disposizione degli utenti esterni. La conservazione in ambiente digitale richiede insomma che sia adeguatamente documentata – come sottolinea specificamente la tradizione anglosassone - non solo la “catena ininterrotta” della custodia, ma anche ogni sequenza delle azioni conservative che hanno permesso nel tempo il mantenimento dell’accessibilità e la salvaguardia della fonte.

La verifica stessa dell'autenticità da parte dei ricercatori futuri non potrà che basarsi sulla pre-esistenza nella fase di formazione di condizioni e procedure – adeguatamente documentate - che abbiano assicurato l’autenticità dei documenti anche grazie all'affidabilità del sistema documentario. La presunzione dell’autenticità in ambiente digitale richiederà, comunque, che i documenti siano identificati con certezza, quindi univocamente, e che non solo le informazioni (ad esempio i dati di registrazione e di classificazione) ma anche agli oggetti documentari medesimi siano mantenuti integri.

E’ necessario quindi che sia sviluppata una metodologia capace di: – definire lo schema generale degli elementi costitutivi e degli attributi descrittivi del

documento e del suo contesto di produzione (amministrativo, giuridico, documentario), – individuare le procedure che hanno garantito l’integrità della fonte in tutte le fasi della sua

gestione: esse dovranno essere adeguatamente rappresentate nel materiale di supporto che accompagnerà con sempre maggiore ricchezza il versamento e la custodia dei nuovi oggetti. Sarà ad esempio indispensabile documentare le modalità di controllo degli accessi, le politiche per la sicurezza, i processi di migrazione e acquisterà una rilevanza crescente il manuale di gestione previsto dalla normativa italiana nel caso degli archivi delle pubbliche amministrazioni e il manuale operativo per la sicurezza del sistema informatico.

La condizione di identificare univocamente i documenti nel contesto di produzione si traduce,

quindi, nell’esigenza di mantenere, a tempo indeterminato e in forma leggibile e intelligibile, i documenti medesimi e i seguenti elementi e attributi:

- i dati di provenienza (organizzazione responsabile, autore), - le componenti logiche interne (la cui quantità e qualità varia in base al tipo di documento,

alla sua funzione e alla sua specifica forma), - la registrazione univoca e con data certa che testimoni in modo incontrovertibile l’avvenuta

acquisizione, - le relazioni documentarie che identificano le modalità di accumulazione, formazione e

organizzazione stabile della fonte documentaria (ad esempio, classificazione e fascicolazione per il materiale archivistico), la cui specifica natura varia, naturalmente, in base alla tipologia dei sistemi elettronici nel cui ambito i documenti si producono (database, sistemi di document management, sistemi interattivi, ecc.) e la cui ricchezza e complessità cresce allo stesso ritmo dell’innovazione tecnologica di cui sono il prodotto,

- l'impronta e il certificato relativi all'utilizzo della firma digitale quale elemento per la validazione del documento al momento della sua formazione.

Tali informazioni devono essere “espresse in modo esplicito e inestricabile” per ciascun

documento, ad esempio mediante la predisposizione e il mantenimento di profili documentari capaci di rappresentare per ogni entità gestita dal sistema informatico) tutti gli elementi necessari a identificare la singola entità e il legame interno (nel caso del documento d’archivio autore, destinatario, data della spedizione, data della registrazione, oggetto, indice di classificazione e numero del fascicolo, ecc.) e la condizione di integrità (indicazione degli uffici di assegnazione e di

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trattamento, delle annotazioni aggiunte al documento e di ogni modifica tecnica avvenuta), Il mantenimento dell'integrità implica in sostanza un'ulteriore serie di strumenti e di procedure

di controllo nella stessa fase attiva, che consentano all’istituto o all’ufficio competente per la conservazione (se interno al soggetto) di verificare tutte le azioni che hanno modificato i documenti, inclusi gli interventi di migrazione e di selezione. Nel rapporto elaborato dall’Authenticity Task Force del progetto InterPARES sulla base dei numerosi studi di casi predisposti si elencano alcune condizioni di cui la struttura di conservazione dovrebbe verificare l’esistenza (sia in fase di formazione della fonte che nelle successive fasi di tenuta) prima di acquisire l’archivio informatico:

- privilegi di accesso (soggetti ad effettivo e continuo monitoraggio), relativi alla formazione, modifica, annotazione e distruzione dei documenti,

- procedure di protezione dell’integrità dei documenti, ad esempio mediante sistemi di tracciamento, sempre aggiornati, delle informazioni di localizzazione e delle copie di sicurezza e ambienti di conservazione certificati, al fine di prevenire , verificare e recuperare qualunque perdita sia di natura accidentale che dolosa,

- procedure di protezione tecnologica, in relazione al deterioramento dei supporti e alle trasformazioni tecnologiche,

- definizione di forme documentarie associate a ciascuna procedura e regole di validazione dei documenti (chi e con quali strumenti) sulla base dei vincoli stabiliti dal sistema giuridico e dai bisogni organizzativi del soggetto,

- procedure per la identificazione dei documenti “principali” (authoritative è il temine utilizzato nel rapporto) nel caso di esemplari multipli,

- documentazione relativa alle procedure per la rimozione e il trasferimento degli oggetti digitali dai sistemi attivi a quelli semiattivi a fini di conservazione (identificazione di responsabilità definite, del supporto di conservazione, dei luoghi fisici per la conservazione e definizione delle informazioni che devono accompagnare i documenti medesimi: indici di classificazione, dizionari di dati, data directory, profili, ecc.).

A sua volta l’istituto di conservazione (preserver) assume le proprie responsabilità e svolge le proprie funzioni rispettando requisiti specifici di natura generale:

– assicurando, per il versamento dei documenti e per la loro tenuta, procedure e sistemi di controllo e monitoraggio che ne garantiscano l’identità e l’integrità (continuità della custodia, sicurezza, integrità dei contenuti nelle fasi di riproduzione),

– documentando i processi di riproduzione e le relative conseguenze sulle fonti trattate e dimostrando il legame tra i materiali ricevuti e quelli riprodotti: le informazioni essenziali includono la data della riproduzione e il nome del responsabile, la descrizione del rapporto tra i documenti riprodotti e la fonte, l’impatto del processo di copiatura sulla forma, sui contenuti, l’accessibilità dei documenti, il metodo e le tecnologie prescelti, se conosciuto, lo stato di inaffidabilità della fonte originaria),

– descrivendo l’archivio sia dal punto di vista del contesto documentario e giuridico, sia in relazione alle modifiche che i documenti hanno subito dal momento della loro formazione.

E’ peraltro evidente che i principi, gli strumenti e le procedure ora elencati non sono in grado di assicurare che un documento conservato sia autentico, bensì si limitano a fornire le basi per una presunzione di autenticità di cui si potrà naturalmente dimostrare nelle sedi opportune la falsità, dato che la prova incontrovertibile e assoluta non esiste in un settore tradizionalmente basato sull’analisi e sulla valutazione della realtà in termini di probabilità.

Accanto alle conoscenze tradizionali, nuove competenze sono, tuttavia, oggi necessarie per affrontare la complessità dei sistemi documentari contemporanei soprattutto in questa fase di lunga transizione che vede da un lato un’evoluzione/rivoluzione incessante delle tecnologie, dall’altro una insufficienza grave delle conoscenze e degli strumenti disponibili. La ricerca nazionale e internazionale è destinata a diventare una componente centrale del lavoro archivistico sia dentro gli istituti universitari che nelle situazioni operative. L’esperienza maturata nell’ambito del progetto

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InterPARES può costituire, comunque, un’ottima occasione di riflessione anche per progettare le attività future, sia formative che organizzative, tenendo in debito conto i bisogni ormai ineludibili di interdisciplinarità e approfondimento tecnico e teorico della nostra professione.

Sintetizzando quanto finora ricordato, si può concludere che:

– la produzione di documenti informatici si traduce nella conservazione a lungo termine esclusivamente di copie autentiche di componenti digitali in grado di riprodurre (a richiesta dell’utente) copie autentiche di documenti informatici,

– le condizioni per la verifica dell’autenticità sono perciò cruciali,

– la firma digitale e altri strumenti tecnici quali la marcatura temporale garantiscono forme di verifica dell’autenticità solo nel breve termine o hanno valore puramente strumentale nell’ambito di procedure e soluzioni organizzative piuttosto complesse,

– la verifica dell’autenticità di un documento nel medio e lungo termine è possibile solo ricostruendo la storia del documento medesimo a condizione, quindi, che il documento ne abbia mantenuto le tracce (come avviene nel caso di documenti cartacei durevoli e stabili): è indispensabile perciò mantenere la documentazione relativa agli interventi di migrazione effettuati nel tempo e ai trattamenti subiti.

1. 4. ACCESSIBILITÀ E METODI PER LA CONSERVAZIONE Un elemento vincolante ai fini della conservazione è, naturalmente, quello del contenimento dei

costi e della scalabilità delle soluzioni, tenuto conto dell’esiguità delle risorse finanziarie a disposizione delle istituzioni cui è affidato il compito della conservazione permanente delle memorie documentarie, incluse quelle digitali che le amministrazioni pubbliche e il settore privato hanno già cominciato a produrre in quantità rilevante. E' tuttavia evidente che le possibilità di riuso sono legate a uno sviluppo significativo di standard e di metodi sperimentati che dovrebbero determinare un'effettiva diminuzione delle risorse impiegate e dei rischi di perdite con particolare riferimento alla conversione/migrazione delle applicazioni e alla duplicazione delle entità trattate.

Senza entrare nel merito delle questioni inerenti costi e scalabilità che – come si è già ricordato – non costituiscono parte di questo rapporto, il problema dell’accessibilità è strettamente legato ai metodi per la conservazione e alla scelta dei formati.

Per quanto riguarda, in particolare, la scelta di metodi sperimentati per gestire la funzione conservativa, l'incertezza è ancora notevole. Le soluzioni suggerite dagli esperti non hanno ancora sufficiente solidità e mancano ancora delle necessarie verifiche sul campo. Si orientano sempre meno verso la conservazione delle tecnologie hardware e software (ormai considerata da alcuni anni una soluzione addirittura "utopistica"), in alcuni casi sostengono l'opportunità di sviluppare programmi di emulazione delle piattaforme tecnologiche originali, sebbene si riconosca che tali interventi richiedano risorse elevate, non eliminino le rischiose e impegnative attività di migrazione né riducano le difficoltà dell'utenza, costretta a misurarsi con strumenti assai diversificati e spesso obsoleti anche dal punto di vista della presentazione e delle modalità di ricerca.

La maggioranza degli esperti considera perciò tali ipotesi insufficienti e ribadisce l'urgenza di elaborare alternative fattibili ed efficaci basate soprattutto sul mantenimento delle funzionalità e dei dati relativi al contesto di produzione mediante interventi di migrazione, cioè mediante attività che trasferiscano i dati da una piattaforma di elaborazione ad un’altra assicurando che gli utenti possano utilizzare gli oggetti digitali migrati anche nei nuovi ambienti tecnologici.

La migrazione può mantenere integre tutte le funzionalità del sistema e dei documenti originari,

ma può implicare perdite o prevedere costi anche notevoli, soprattutto se l’intervento riguarda sistemi legacy (proprietari) privi di funzionalità di esportazione che perciò richiedono anche la

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scrittura di codice o l’elaborazione di programmi specifici. Gli studi di settore individuano almeno quattro diverse strategie di migrazione, ciascuna delle quali più o meno adeguata alle diverse tipologie e ai formati dei documenti oggetto di intervento:

– la migrazione dei supporti secondo il principio di base per cui è opportuno trasferire le fonti

digitali dai supporti meno stabili (ad esempio i nastri o i dischi magnetici) ai supporti più stabili (supporti ottici, microfilm, carta): uno svantaggio grave può consistere nella perdita di funzionalità informatiche oltre che di importanti informazioni;

– la migrazione su piattaforme o con prodotti che garantiscano la compatibilità retroattiva (backward compatibility): non assicura la finalità conservativa di lungo periodo, anche perché i prodotti commerciali hanno caratteristiche e funzionalità che sono fuori dal controllo del soggetto produttore o dell’istituto di conservazione, inclusi i problemi legati alla disponibilità del prodotto sul mercato;

– la migrazione su piattaforme o con strumenti che sostengano l’interoperabilità e quindi l’accessibilità nel tempo, mediante l’utilizzo di prodotti di mercato orientati a sostenere funzionalità più generali di interscambio: anche in questo caso il rischio di perdite di dati non è escluso ed è tanto maggiore quanto più complesso è il materiale destinato alla migrazione;

– la migrazione in formati standard, particolarmente adatta per grandi e complessi archivi digitali: costituisce una versione avanzata della soluzione precedente ed è tra le proposte che hanno finora ottenuto i consensi maggiori e promettono sviluppi interessanti e utilizzabili in contesti operativi diversificati anche di piccole dimensioni. La migrazione in formati standard, cioè la conservazione in formati indipendenti dalle tecnologie – basati ad esempio (ma non esclusivamente) sull'uso di linguaggi di marcatura (SGML/XML) - della rappresentazione originaria dei documenti e dei metadati di contesto e di relazione sembra destinata, nel medio e lungo periodo, a una implementazione diffusa. Si tratta di una soluzione che risponde ai requisiti di base dell'Open System Interconnection Reference Model (OSI) ovvero di un modello di riferimento di interconnessione di sistemi aperti realizzata in accordo a standard ISO per lo scambio di dati e la comunicazione tra sistemi diversi, poiché utilizza standard non proprietari, applicabili a sistemi informatici diversi, largamente diffusi, comprensibili anche da parte di non specialisti, indipendenti dall'hardware, ben documentati. Questo metodo presenta, in generale, il vantaggio (rilevante per le istituzioni preposte alla custodia) di ridurre enormemente il numero dei formati da gestire e di contenere gli interventi di migrazione. E’ risolutivo e vantaggioso soprattutto in ambienti controllati che possono implicare la pre-definizione di soluzioni tecniche nel disegno stesso del sistema documentario (come nel caso di sistemi documentari pubblici).

Il nodo dei formati ha acquistato perciò un ruolo centrale e ha attirato l’attenzione di numerosi progetti di ricerca applicata, considerato anche l’alto numero di tipi di oggetto digitale o di formato dei file esistenti: gli archivi nazionali britannici hanno creato a tal fine un sistema di registrazione (Pronom registry45) e hanno finora elencato più di 500 categorie di formati. Studi recenti hanno dimostrato che la maggior parte dei contenuti digitali presenti in Internet utilizza una piccolissima percentuale di formati (15 tipologie soltanto per il 95 per cento dei materiali secondo una ricerca condotta dal governo danese). Il problema è complesso e non può essere qui analizzato nel dettaglio. Un’analisi complessiva del problema è stato predisposto nell’ambito del progetto Delos da parte del gruppo di lavoro sulla conservazione digitale6. All’interno della pubblica amministrazione si può tuttavia sottolineare che i formati e le tipologie di oggetti digitali da conservare potranno/dovranno essere definiti a priori e

4The UK National Archives, PRONOM. The technical registry, http://www.nationalarchives.gov.uk/pronom/, August 2006. 5 Bjarne Andersen, The dk-domain: In words and figures. Technical report, The State and University Library, Århus, Denmark, 2005. 6 Maria Guercio and Cinzia Cappiello. File formats typology and registries for digital preservation. Technical report, DELOS - Network of Excellence on Digital Libraries, 2004. Si vedano anche con riferimento ai formati ritenuti sostenibili ai fini della conservazione: Florida Centre for Library Automation. Recommended data formats for preservation purposes in the FCLA digital archive, June 2005, http://www.fcla.edu/digitalArchive/pdfs/recFormats.pdf; Library of Congress, Sustainability of digital formats planning for library of congress collections, http://www.digitalpreservation.gov/formats/.

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questo consentirà (in parte è già così) di ricondurre il problema della accessibilità a un numero limitato e ben conosciuto di oggetti digitali, le cui caratteristiche tecnologiche sono già oggi ben definite e descritte.

1.5. QUALCHE CONCLUSIONE. LE CRITICITÀ DI UNA FASE DI TRANSIZIONE Sul tema dell’accessibilità nel tempo delle memorie digitali e sulla loro conservazione alcune

conclusioni sono possibili, sebbene risulti evidente l’insufficienza di esperienze maturate e la necessità di sostenere ulteriori e approfondite attività di ricerca7:

– mantenere, a costi accettabili, la possibilità di accesso e la fruizione efficiente implica la definizione di tecniche e strategie per affrontare l’evoluzione delle tecnologie,

– non ci sono metodi oggi accettati che non implichino modifiche al flusso di bit dei documenti: i documenti digitali non conoscono ancora tecnologie in grado di garantire la stabilità dei contenuti nel lungo periodo (considerata l’insufficienza degli strumenti di validazione utilizzati per la formazione dei documenti quali la firma digitale),

– diversi approcci sono possibili e spesso complementari nelle diverse fasi di tenuta di una risorsa digitale: emulazione, incapsulamento, virtual machine software, migrazione evolutiva o in formati standard persistenti (es. XML),

– la fattibilità della tenuta delle fonti digitali nel tempo costituisce un parametro molto significativo e di difficile valutazione (in tempi utili),

– è indispensabile, al fine di preparare per tempo la transizione verso gli archivi digitali utilizzare gli standard per gestire formati dei dati compatibili con l’interoperabilità e la conservazione, escludendo formati binari, formati proprietari, formati orientati all’applicazione;

– i controlli e le soluzioni possono essere realizzati tecnologicamente, ma devono essere determinati e valutati sulla base di principi e criteri documentari coerenti con i bisogni di certezza giuridica e di fattibilità della conservazione;

– le soluzioni al problema della conservazione non possono che essere dinamiche e comunque richiedono nuove forme per la tutela e depositi dedicati.

Emerge con chiarezza da quanto finora espresso che le implicazioni organizzative per la funzione conservativa esercitata nei nuovi ambienti digitali riguardano, innanzitutto, l’individuazione di responsabilità e competenze interdisciplinari che tengano in debito conto, più che gli aspetti tecnologici, le questioni specifiche di trattamento delle memorie documentarie.

Numerose sono comunque le criticità complessive connesse a tale esercizio soprattutto nell’attuale fase di transizione. Ci si limita qui ad elencare sinteticamente alcuni elementi di

7 Nella fase attuale, anche al fine di avviare iniziative significative nella direzione ora indicata, uno dei nodi critici riguarda proprio la mancanza di infrastrutture scientifiche per la ricerca, con particolare riferimento alla necessità di disporre di risorse dedicate, laboratori permanenti e centri di competenza di qualità e livello adeguati, all’esigenza di condividere esperienze di ricerca e soluzioni applicative, di dare continuità degli investimenti, di definire strategie di indagine capaci di adattarsi all’evoluzione tecnologica e di fornire risposte e soluzioni operative sia alle grandi istituzioni dedicate che ai piccoli centri e agli individui che operano sempre più frequentemente affidandosi alle tecnologie informatiche. A questo proposito sono senz’altro di grande rilevanza, proprio in considerazione delle debolezze dei programmi di ricerca nazionali, le iniziative europee per la creazione di reti di cooperazione europea in questo ambito, tra cui in particolare il progetto DELOS che nel suo secondo ciclo (2004-2007) include una specifica area di ricerca nel campo della conservazione digitale (www.delos.it), la rete ERPANET (Electronic Resource Preservation and Access Network, 2002-2004) poi trasformata in DigitalPreservationEurope (DPE, 2006-2009) nel cui sito (www.erpanet.org) si mette a disposizione una notevolissima mole di prodotti di supporto (analisi critica della letteratura specializzata, valutazione di progetti di ricerca e applicativi, sviluppo di linee guida per le diverse attività conservative, realizzazione di iniziative formative nella forma di seminari e workshop, sviluppo di studi di casi nei diversi settori) per chi intenda affrontare a vari livelli i nodi organizzativi e tecnici della conservazione digitale. L’esistenza di reti di ricerca, informazione e formazione a livello europeo ha tuttavia necessità – per produrre effetti operativi – di un sistema di reti nazionali in grado di trasferire le conoscenze maturate.

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complessità che non possono essere trascurati e che solo in parte sono già stati oggetto di analisi nelle pagine precedenti:

– la complessità di una gestione unitaria nel caso (sempre più diffuso) di sistemi ibridi,

– il necessario (ma tutt’altro che scontato) controllo della duplicazione degli archivi e dei sistemi (cartacei e informatici),

– la qualità e l’adeguatezza dei processi di validazione e di monitoraggio che comunque non possono affidarsi nel lungo periodo ai meccanismi previsti per la formazione dei documenti digitali (firma digitale),

– la verifica delle condizioni di leggibilità e intelligibilità nel tempo dei contenuti e delle strutture documentarie in tutta la loro complessa serie di interrelazioni necessarie,

– la garanzia che siano rispettate le condizioni di integrità e autenticità nel tempo delle risorse,

– la definizione chiara di obiettivi misurabili,

– l’opportunità di utilizzare sin dalla formazione della risorsa digitale formati standard non proprietari,

– l’esaustività delle informazioni contenute nei profili elettronici (metadati) e associate ai documenti, relativi alla corretta gestione e conservazione (e riuso),

– l’esplicitazione e formalizzazione delle regole di formazione, gestione, conservazione e accesso del sistema documentario (manuale delle procedure documentarie).

Più che una vera conclusione, è opportuno e possibile quindi proporre in questa fase di transizione una sintesi di considerazioni che dovranno essere ulteriormente valutate nel prossimo futuro, grazie al crescente numero di esperienze e di ricerche operative in questo settore e all’allargarsi di una riflessione su un tema la cui centralità è per ora avvertita quasi esclusivamente dalle comunità professionali specifiche che si occupano di conservazione del patrimonio documentario (archivisti e bibliotecari in particolare):

– il legislatore nazionale (non diversamente peraltro da quanto avviene negli altri Paesi) ha emanato disposizioni che mancano ancora di coerenza e comunque non affrontano il problema nella sua complessiva dimensione tecnica e organizzativa; sembra tuttavia intenzionato ad avviare una più attenta regolamentazione del problema anche alla luce di iniziative di studio promosse a livello nazionale8

– XML e i linguaggi collegati costituiscono un ottimo strumento di base ma non sono sufficienti ad affrontare gli aspetti più evoluti della produzione documentaria consentita dall’uso di strumenti informatici e telematici (soprattutto quelli connessi alla conservazione delle informazioni e delle procedure che sono alla base dei sistemi di “conoscenza” e delle categorie di oggetti digitali che hanno natura dinamica);

– è indispensabile definire presto linee d’azione commisurate alle dimensioni e ai mezzi delle diverse istituzioni di conservazione e delle diverse della produzione documentaria;

– non siamo sufficientemente preparati a questa nuova realtà che a sua volta muta in continuazione proponendoci sfide sempre più impegnative;

– la cooperazione per la definizione di soluzioni e procedure è una risorsa, i cui costi (da non sottovalutare) hanno risvolti positivi anche in termini di formazione permanente e qualificazione delle risorse professionali interne alle istituzioni;

8 Si veda l’iniziativa promossa dal Cnipa relativa alla costituzione di Tavoli tecnici sulla dematerializzazione e

conservazione digitale (gennaio-luglio 2006) che hanno predisposto una serie di rapporti e alcune conclusioni di

indirizzo in corso di stampa.

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– la transizione al digitale deve essere governata per evitare i rischi della concentrazione che paradossalmente sono oggi più alti che nel passato al punto da mettere in forse il futuro stesso delle memorie digitali.

La funzione conservativa in ambiente digitale lungi dal caratterizzarsi come un processo ad esclusivo carattere tecnico dimostra sempre più la sua natura politica e la rilevanza degli aspetti organizzativi. Non c’è dubbio tuttavia che alcuni strumenti possano facilitarne l’esercizio e migliorarne la qualità, anche se per il momento sia la comunità internazionale che europea e nazionale non hanno ancora definito strumenti guida sufficientemente condivisi e chiari da poter essere utilizzati a fini operativi.

Tra i requisiti che hanno ancora bisogno di ulteriore analisi e di successiva semplificazione, cruciale è l’attività finalizzata a selezionare i metadati necessari a fini conservativi per il trattamento delle fonti digitali. Il tema dei metadati è tuttavia di complessa trattazione considerate la notevole ricchezza e la differenziazione delle proposte di normalizzazione su cui ancora si discute e non è certo possibile in questa sede trattarlo con sufficiente ampiezza9. Lo stesso può dirsi per un’altra indispensabile condizione della conservazione dei documenti digitali, la creazione di depositi digitali certificati per la cui corretta organizzazione e gestione sono stati definite caratteristiche e procedure di livello internazionale10, finora tuttavia ignorate dalle amministrazioni pubbliche italiane e dagli organi preposti a sviluppare tale funzione. In questo contesto e a questo proposito è necessario dedicare attenzione a un aspetto essenziale del problema già ricordato in precedenza e relativo al nodo della responsabilità e alla possibilità di delegare la funzione conservativa al mercato mediante meccanismi diffusi e generalizzati di outsourcing11. Chi scrive ritiene che tale scelta non possa essere in alcun modo perseguita se in gioco è la funzione conservativa della memoria nazionale. In questo caso è quindi necessario individuare soluzioni diverse che includano da un lato (per quelle strutture che hanno forza organizzativa e tecnica sufficienti) la gestione diretta del servizio, dall’altro l’ipotesi – da verificare ulteriormente sia in termini giuridici che gestionali – di affidare il servizio a un consorzio o a una società interamente partecipata e controllata dagli enti interessati. Si tratta di una soluzione che potrebbe consentire ad ogni struttura partecipante di continuare ad esercitare il necessario controllo sull’esercizio della funzione conservativa, imprescindibile allorché si tratti di gestire e rendere fruibile la memoria storica documentaria in forme affidabili e autentiche nelle forme e con le garanzie ricordate nei paragrafi precedenti

. E’ tuttavia evidente che tale ipotesi dovrà essere oggetto di una riflessione approfondita, peraltro indispensabile ad assicurare non solo la protezione del patrimonio storico, ma anche condizioni credibili ai processi di digitalizzazione che il legislatore italiano ha inteso sostenere negli ultimi dieci anni sottovalutando proprio quelle garanzie di certezza nel tempo che costituiscono la finalità stessa dei documenti archivistici prodotti dalle PUBBLICHE amministrazioni.

9 M. Guercio, La conservazione delle memorie digitali, in Biblioteconomia: principi e questioni, a curadi Giovanni

Solimine e Paul Weston (in corso di stampa) 10

RLG-NARA Task Force on Digital Repository Certification: Audit Checklist ofr Certifying Digital Repositories,

<www.rlg.org/en/pdfs/rlgnara-repositorieschecklist.pdf>. Sul tema specifico si veda in particolare M. Guercio, I

requisiti organizzativi e tecnico-archivistici di un deposito digitale per la conservazione a lungo termine, in “Annuario

di informatica umanistica”, Bari, Laterza 2007 (in corso di stampa).

11 Si vedano in proposito anche le conclusioni di Dario Nardella, La gestione dei servizi culturali, in Beni di tutti e di

ciascuno. Il difficile equilibrio tra pubblico e privato nella politica per i beni culturali, Roma, ItalianEuropei, 2006, pp.

75-113.

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II. LA RICOGNIZIONE SULLE PRATICHE PER LA CONSERVAZIONE DIGITALE NELLE AMMINISTRAZIONI CENTRALI

2.1. Finalità dello studio e strumenti utilizzati Lo studio ha la finalità di descrivere lo stato dei processi, delle politiche e delle responsabilità per

la conservazione digitale presso le amministrazioni centrali dello Stato con l’obiettivo generale di costituire una base conoscitiva dei modi concreti di considerare e praticare tale funzione.

Per la realizzazione delle attività di ricognizione si è utilizzato, adattandolo alle esigenze specifiche, il questionario predisposto nell’ambito del progetto ERPANET per la definizione di studi casi europei (www.erpanet.org). Il questionario che si è elaborato per l’occasione è organizzato nelle seguenti parti:

− Percezione e conoscenza della conservazione digitale (sugli aspetti generali) − Il rapporto tra esigenze conservative e organizzazione − Le politiche, gli standard e le prassi adottate − La gestione delle attività di selezione − Le specifiche attività di conservazione − Accesso e sicurezza − Monitoraggio − Requisiti futuri − Responsabilità e profili di competenza professionali

Hanno accettato di rispondere al questionario le seguenti amministrazioni: − Ministero della giustizia, Direzione nazionale antimafia − Ministero dell’interno, Dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione

civile, Direzione centrale per le risorse finanziarie e strumentali, Sistemi informativi automatizzati

− Ministero dell’interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Direzione centrale per i servizi elettorali

− Ministero dell’interno, Direzione centrale per gli affari generali della Polizia di Stato − Ministero dell’interno, Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della

difesa civile, Direzione centrale risorse logistiche e strumentali − Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale degli archivi − Istat, Dipartimento per la produzione statistica e il coordinamento tecnico-scientifico − Stato Maggiore dell’esercito

I dati raccolti sono naturalmente insufficienti a mettere a disposizione un quadro esaustivo di natura tecnica. Consentono tuttavia, per la rilevanza delle strutture interessate e per il tipo di materiali raccolti, di elaborare un insieme di dati sugli aspetti di natura organizzativa, sulle responsabilità e sulla percezione del problema all’interno delle singole strutture pubbliche.

Emerge una situazione abbastanza omogenea ma non per questo confortante con riferimento a tutti gli aspetti principali considerati. 2.2. Analisi dei risultati

2.2.1. Il livello di consapevolezza 2.2.2. Risorse tecnologiche e umane 2.2.3. Analisi dei rischi e analisi dei costi 2.2.4. L’integrazione con gli strumenti archivistici

3. CONCLUSIONI E PROSPETTIVE

Come è emerso dalle considerazioni precedenti, la situazione complessiva denota una sostanziale assenza di tutte i requisiti che dovrebbero guidare un sano intervento di digitalizzazione con alcune

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eccezioni, soprattutto per le amministrazioni con una specifica sensibilità al problema (come nel caso della Direzione generale degli archivi). Nonostante le disposizioni previste dal dpr 445/2000 anche la gestione informatica dei documenti che potrebbe costituire le condizioni di un’adeguata politica conservativa sono adottate rispettando esigenze formali, In particolare si può concludere quanto segue:

− Le responsabilità per la conservazione sono affidate quasi sempre a personale di provenienza informatica e non archivistica che in genere è del tutto assente

− Gli strumenti archivistici che pur sono stati parzialmente elaborati in molte amministrazioni intervistate (ad esempio la classificazione d’archivio) non hanno ancora trovato concreta applicazione

− Le esigenze specifiche della conservazione sono in genere sottovalutate e non comprese nella loro dimensione tecnica; spesso le attività previste si riducono a interventi di sicurezza e back up dei sistemi informatici

E’ presumibile che tali insufficienze di sviluppo applicativo derivino dal fatto che, per il momento, la maggior parte della documentazione sia ancora (sia pure in un contesto in rapida evoluzione) di natura cartacea. Al di fuori dei questionari raccolti, alcuni casi di notevole interesse testimoniano la possibilità di applicare le tecnologie per sviluppare la qualità dei sistemi archivistici. E’ il caso, ad esempio, della Agenzia delle entrate che hanno avviato un ambizioso progetto di insourcing archivistico utilizzando le tecnologie per gestire l’acquisizione efficiente e rapida dei metadati di reperimento e per consentire il facile accesso a distanza della documentazione disponibile. E’ anche il caso della Regione Emilia Romagna e della Provincia di Bologna che si apprestano a organizzare, sulla base di uno studio di fattibilità, un deposito digitale coerente con i requisiti previsti a livello internazionale di cui si è detto. E’ infine il caso degli archivi di stato civile per i quali è in corso, a cura di un gruppo di lavoro coordinato dall’Università di Tor Vergata, la predisposizione di uno studio per la corretta informatizzazione dell’intero sistema con soluzioni che tuttavia mirano a gestire sia i processi conservativi del digitale che la predisposizione di un secondo originale cartaceo.

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QUESTIONARIO PER GLI STUDI DI CASI NAZIONALI SULLA CONSERVAZIONE DEI DOCUMENTI DIGITALI (RIELABORAZIONE DAL QUESTIONARIO PREDISPOSTO DAL PROGETTO ERPANET) PERCEZIONE E CONOSCENZA DELLA CONSERVAZIONE DIGITALE Queste prime domande riguardano aspetti generali della conservazione digitale e del suo impatto. Si utilizzeranno i termini ‘documenti/informazioni digitali facendo riferimento a tutte le forme di dati, documenti e informazioni digitali che vengono prodotte nel corso dello svolgimento delle attività

1. In generale, nel suo settore di lavoro, si ha consapevolezza che quello della conservazione a lungo termine (oltre cinque anni) dei documenti/informazioni digitali è un problema importante?

2. In che misura il settore riconosce l’importanza della conservazione digitale nel lungo periodo?

3. Quali sono i principali problemi associati alla conservazione digitale nel suo settore?

4. Da quali fonti ha sentito parlare dei problemi relativi alla conservazione digitale?

COME LA CONSERVAZIONE DIGITALE INFLUENZA LA VOSTRA ORGANIZZAZIONE

5. Quali tipi di informazioni/documenti sono conservati in modo digitale nel breve e nel lungo termine nella sua organizzazione?

6. Quali sono i motivi per cui nella sua organizzazione le informazioni/documenti digitali vengono conservati?

� Esigenze legali � Esigenze finanziarie � Esigenze aziendali (per esempio, per documentare decisioni e attività importanti) � Valore storico � Altro (si prega di specificare)

7. A quali rischi va incontro l’organizzazione se le informazioni/documenti digitali non vengono conservati nel lungo

periodo? � Rischi legali � Rischi finanziari � Rischi aziendali � Valore storico � Altro (si prega di specificare)

8. L’organizzazione ha svolto un’analisi dei rischi e/o un’analisi delle esigenze aziendali in merito alla conservazione

delle informazioni/documenti digitali? Se sì, è possibile indicarne i risultati principali? AZIONI INTRAPRESE: POLITICHE, STRATEGIE, STANDARD E PRASSI SVILUPPATE Le domande di questa sezione hanno lo scopo di esplorare alcune delle azioni intraprese dall’organizzazione per affrontare la conservazione dei documenti digitali.

9. La sua organizzazione collabora con altri istituti nella ricerca e nello sviluppo di politiche, strategie e standard? In che modo?

10. Esistono procedure interne relative alla conservazione dei documenti digitali?

11. Chi partecipa alla loro definizione?

� Direzione � Una struttura dedicata interna all’organizzazione � Strutture che si occupano di problemi di sicurezza o di audit � Consulenti esterni � Altro (si prega di specificare)

12. Queste procedure si applicano a tutta l’organizzazione? 13. In quale ambito e con quali strumenti vengono implementate 14. Con che frequenza sono aggiornate?

Page 20: Rapporto conservazione digitale

SELEZIONE DELLE INFORMAZIONI DIGITALI DA CONSERVARE 15. Esiste una procedura di selezione e/o strumenti (piani di classificazione e conservazione) che determinano quali

informazioni/documenti digitali debbano essere conservati? � Sì � No

Se Sì, si prega di specificare. ________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ 16. Si tratta di procedure e strumenti che si riferiscono a tutta l’organizzazione?

17. Chi è responsabile del mantenimento e dell’implementazione di queste procedure?

18. Come ci si assicura che le informazioni/documenti selezionati siano completi, precisi e identificabili?

CONSERVAZIONE DELLE INFORMAZIONI/DOCUMENTI DIGITALI 19. La sua organizzazione si occupa internamente delle sue attività di conservazione, oppure vengono affidate a terzi?

� A terzi � Internamente

Se vengono affidate a terzi, quali sono i motivi che stanno alla base di questa decisione, e chi svolge le attività di conservazione?

________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

20. Nella sua organizzazione esistono persone specifiche che hanno la responsabilità della conservazione delle

informazioni digitali? 21. Quali posizioni hanno queste persone nell’organizzazione, e quali sono le loro responsabilità e competenze?

22. Quale formazione hanno avuto?

23. Da un rilevamento effettuato dal CNIPA nel 2004 su 27 amministrazioni risulta che:

1. dei tre percorsi formativi individuati per il progetto di formazione su “gestione informatica dei documenti dei flussi documentali e degli archivi” nelle pubbliche amministrazioni ne esistono solo 2: responsabile del servizio e operatore di protocollo, è la stessa situazione anche da voi?

2. Ritenete adeguate a fini conservativi le seguenti macro-aree identificate per il profilo di responsabile del servizio per la gestione informatica dei documenti?:

1. Tecnico informatica;

2. Quadro normativo (di ambito)

3. Di processo, che si riferiscano ad aspetti organizzativi e di BPR

4. Oggetti e strumenti in uso

3. Nel corso di una rilevazione effettuata dal CNIPA nel 2004 è emerso che i responsabili coinvolti nella rilevazione sono in possesso soprattutto di competenze in ambito normativo e che il gap formativo maggiore riguarda gli aspetti relativi ai processi. Risulta anche nella sua amministrazione una situazione analoga?

24. Quali standard, pratiche e linee guida adotta la sua organizzazione in relazione alla conservazione digitale?

25. Quali tecnologie sono utilizzate per la conservazione? Per la seguente lista di soluzioni tecniche in uso, si prega di specificare quali si utilizzano e per quale tipo di informazioni/documenti.

Soluzione tecnica Specificate il tipo/tecnologia utilizzati

Informazioni/documenti conservati

Stampa su carta Scansione Salvataggio su disco

Page 21: Rapporto conservazione digitale

Salvataggio su altro supporto Emulazione Migrazione Microfilm/Microfiche Altro

26. Per quali motivi sono state scelte queste soluzioni tecniche? Si prega di specificare le risposte.

� Consulenza esterna � Sperimentazione e valutazione interna � Raccomandazioni � Disponibilità di standard intersettoriali � Altro

________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ 27. Quali formati di dati si utilizzano per la conservazione?

� Formati di dati standard � Altri

Si prega di specificare entrambe le risposte ________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

28. Si convertono le informazioni da conservare in altri formati di dati per motivi tecnici (o di altro tipo)? 29. In caso di conversione con quali strumenti è garantita l’integrità dei documenti/informazioni?

30. Come si descrivono e documentano le informazioni/documenti digitali e i processi di memorizzazione e di

conservazione? Si utilizzano elementi descrittivi standard (Dublin Core o altri)? 31. La raccolta e la produzione di tali informazioni e della documentazione è automatizzata?

32. Chi è responsabile del trasferimento delle informazioni/documenti nella memoria a lungo termine?

33. Con quale frequenza vengono trasferite o aggiornate le informazioni/documenti digitali?

MEMORIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI DIGITALI

34. Esiste un’area di memoria particolare per le informazioni/documenti digitali da conservare? � Sì � No

Se Sì, com’è organizzata e attrezzata? _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

35. Esistono copie ridondanti delle informazioni/documenti digitali da conservare per motivi di sicurezza (o per altre

ragioni)? ACCESSO ALLE INFORMAZIONI DIGITALI E SICUREZZA

36. Come vengono protette le informazioni dall’accesso e dalla manipolazione involontaria o non autorizzata?

37. La soluzione di conservazione adottata consente l’accesso diretto alle informazioni digitali memorizzate (cioè, vengono memorizzate in un formato eseguibile)? Se no, in che modo è consentito l’accesso?

38. Quali problemi di accesso si trova ad affrontare la sua organizzazione?

a. Copyright b. Aspetti legati alla privacy c. Privilegi e sicurezza di accesso d. Altri (si prega di specificare)

Page 22: Rapporto conservazione digitale

COSTI DELLA CONSERVAZIONE DIGITALE

39. Quale percentuale del budget dell’organizzazione viene spesa per la conservazione? E’ possibile fare un confronto con qualche altra area di attività dell’organizzazione?

MONITORAGGIO DELLE AZIONI

40. Il processo di conservazione viene verificato regolarmente? 41. Il rispetto delle politiche, degli standard e delle strategie viene verificato regolarmente?

42. Il rispetto di altri requisiti (legali, aziendali, ecc.) viene verificato regolarmente?

43. Con quale frequenza vengono compiuti i controlli sul materiale conservato (per esempio, alla ricerca di segnali di

deterioramento)?

44. Si prega di specificare i criteri utilizzati per compiere queste verifiche.

45. Chi esegue queste verifiche? (per esempio, all’interno/all’esterno) REQUISITI FUTURI

46. Quanto a lungo si prevede che le attuali politiche, strategie e soluzioni di conservazione possano soddisfare le esigenze di conservazione della sua organizzazione?

47. Se fossero disponibili più fondi, quali strategie conservative potrebbero/dovrebbero essere sviluppate?

48. A quali conclusioni è giunta la sua organizzazione in merito ai suoi sforzi di conservazione? Sono soddisfacenti?

49. Quali sforzi di conservazione rimangono da affrontare nell’ambito della sua organizzazione?

� Altri dati da conservare � Revisione e adeguamento delle politiche e delle strategie di conservazione � Ulteriori risorse dedicate alla conservazione � Soluzioni tecnologiche � Altro (si prega di specificare)

50. E’ auspicabile una crescita delle intersettoriali o intrasettoriali relative alla conservazione?

51. Da quali istituzioni si aspetta soluzioni e indicazioni di supporto al problema conservativo?

Grazie molte per la vostra preziosa collaborazione.

Page 23: Rapporto conservazione digitale

APPENDICE 2. LA FUNZIONE DOCUMENTARIA DEGLI ARCHIVI INFORMATICI TRA FUNZIONE

CONOSCITIVA E FUNZIONE GIURIDICA. UN APPROFONDIMENTO12 Virgilio De Angelis 1. L’informatizzazione pubblica 1.1. Generalità

La fase della conservazione automatizzata degli atti all’interno di un’amministrazione pubblica, come previsto dal testo unico 445/2000 sulla documentazione amministrativa, implica un cambiamento dei modelli della p.a. e, di conseguenza, dell’articolazione dei flussi documentali, intesi come gestione dei procedimenti amministrativi.

Dalla categoria, infatti, della gestione documentale-amministrativa si può evidenziare l’interdisciplinarietà di una materia che, presentando insieme istanze giuridiche, archivistiche ed informatiche, si caratterizza per l’attesa di una concreta verifica sperimentale.

La tecnologia attualmente disponibile ha il difficile compito di conciliare le diverse esigenze che sia la realtà giuridica sia quella archivistica manifestano come prioritarie per la tutela degli interessi propri della società contemporanea.

In questo contesto, il nuovo paradigma tecnologico si conferma quale strumento privilegiato per trattare, sulla base di procedure predeterminate, un numero elevato di informazioni diffuse nel reticolo istituzionale amministrativo. Campo privilegiato di applicazione di tali concetti è stato, come vedremo, il settore documentale, in quanto costituisce il materiale primario, insieme all’apparato normativo, di cui la pubblica amministrazione si serve per la costruzione del procedimento amministrativo. Da sempre considerata, infatti, elemento frenante dell’azione pubblica, la gestione dei documenti rappresenta, invece, una concreta risorsa strategica del sistema informativo statale. L’aspetto documentale diviene, con le previsioni normative sui documenti digitali, protocollo informatico e posta certificata, un fattore costitutivo della trasformazione amministrativa che, adottando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, cerca di migliorare l’efficienza operativa interna, di informatizzare l’erogazione dei servizi, in un’ottica di creazione di valore “pubblico”, e di consentire l’accesso telematico degli utilizzatori finali, cittadini e imprese, ai terminali della p.a., rappresentati soprattutto dalle amministrazioni locali. Le opportunità offerte dalla tecnologia sono lo strumento di cui si avvale l’amministrazione per superare la carenza d’integrazione e di finalizzazione unitaria e per realizzare un reale scambio informativo al proprio interno e verso l’ambiente esterno. 1.2. Breve cronistoria dei fondamenti normativi dell’informatizzazione pubblica. Il fenomeno dell’informatizzazione della pubblica amministrazione, iniziato nei singoli apparati e senza previa regolamentazione, si è diffuso, parallelamente allo sviluppo delle tecnologie dell’informatizzazione, fino a rendere evidenti i suoi profili di rilevanza giuridica. Con il dpcm 15/2/89 inizia una politica organica di sviluppo dell’informatizzazione nell’amministrazione configurando più livelli di intervento centrale di coordinamento della materia – Provveditorato generale, Dipartimento della funzione pubblica e Commissione per il coordinamento normativo e funzionale dell’informatica nella p.a. – e prescrivendo l’obbligo di redigere la documentazione amministrativa secondo modalità idonee a consentire la memorizzazione e la ricerca con procedure automatizzate13.

12 L’articolo di Virginio De Angelis ricostruisce la complessiva vicenda normativa nazionale in materia di documento informatico e integra l’analisi delle disposizioni che nel rapporto si concentrano sui nodi dei processi conservativi. 13

Cfr. art. 6, co. 1 e co. 2.

Page 24: Rapporto conservazione digitale

Un altro settore particolarmente sensibile all’azione del processo d’automazione è quello statistico, per il quale il dlgs. 322/8914 ha previsto l’utilizzazione a fini statistici degli archivi gestionali e delle raccolte di dati amministrativi, disponibili presso gli uffici di statistica istituiti in ogni amministrazione. Ciò ha reso possibile l’unificazione di questi due tipi di archivi, in una nozione di archivio amministrativo contrassegnato da una specifica competenza funzionale dell’amministrazione e, ha identificato, sebbene a livello di settore, le linee ispiratrici - Sistema informativo unitario su una gestione coerente d’archivio - dell’attuale provvedimento di riferimento in materia documentale: il T.U. 445/200015. L’esigenza di un’adeguata organizzazione conoscitiva della p.a. è ben evidente nella legge sul procedimento amministrativo, – la l. 241/90, – sia nelle disposizioni in materia di documentazione amministrativa sia in quelle in tema di istruttoria procedimentale, in cui il rapporto tra p.a. e soggetti interessati è innovato dagli istituti del responsabile del procedimento, della partecipazione degli interessati all’istruttoria, del diritto d’accesso e dell’obbligo di motivazione. Per quanto riguarda la documentazione amministrativa, è importante, non solo richiamare gli obiettivi di efficienza e semplificazione ma, evidenziare il rilievo mosso dal Consiglio di Stato sulla necessità di amministrazioni adeguatamente attrezzate con impianti informatici per il reperimento di documenti in possesso di altri uffici della p.a.16. Partendo proprio da queste considerazioni, ha preso avvio il progetto intersettoriale dell’AIPA sull’automazione di protocollo e gestione documentale di cui ci occupiamo in questo lavoro. Con la l. 421/92 il Governo riceve l’importante delega per il completamento del processo di informatizzazione pubblico, da realizzarsi entro i criteri direttivi dell’efficacia ed efficienza dei mezzi informatici e con l’individuazione di un centro di coordinamento di settore, anche al fine di garantire l’interconnessione dei sistemi informativi pubblici17. Nel successivo comma 2 si precisa che tali criteri, tra cui l’interconnessione, costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione18.

In attuazione della citata legge delega, prima il dlgs. 29/93, concernente la riforma del pubblico impiego, ha evidenziato lo stretto rapporto tra informatizzazione e efficienza amministrativa da una parte, e controllo dei bilanci e dei costi dall’altra, nonché il collegamento delle attività degli uffici attraverso il dovere di comunicazione ed interconnessione mediante sistemi informatici e statistici pubblici19, e poi il dlgs. 39/93 ha indicato il potenziamento dei supporti conoscitivi per le decisioni pubbliche, unitamente agli altri obiettivi strategici: a) miglioramento dei servizi; b) trasparenza dell’azione amministrativa c) contenimento dei costi relativi20. Di particolare importanza l’art. 4 relativo alla costituzione dell’AIPA, quale organismo autonomo cui spettano funzioni di indirizzo, proposta, progettazione e controllo dell’innovazione tecnologica nel settore pubblico.21 Anche le previsioni di cui agli artt. 10 e 11, concernenti l’affidamento dei servizi informatici automatizzati a ruoli dirigenziali, confermano la rilevanza dell’automazione nel processo di riforma delle

14 Cfr. art. 6, co. 1, lett. d).

15 Cfr. M.P. Guerra, Funzione conoscitiva e pubblici poteri, Milano, 1996, p. 249 ss.

16 Cfr. C.d.S., parere dell’adunanza generale, 14 febbraio 1987, n. 7/87.

17 Cfr. art. 2, co. 1.

18 Cfr. M. Minerva, Verso l’integrazione dei sistemi informativi pubblici: la rete unitaria della p.a., in “Diritto dell’Informazione e

dell’Informatica”, 1998, p. 623 ss.

19 Art. 5, co. 1, lett. b).

20 Art. 1, co. 2.

21 Dal 30/07/2003 l’AIPA è stata trasformata nel Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione

(CNIPA), istituito ex art. 176 del dlgs 30/06/2003 n. 196.

Page 25: Rapporto conservazione digitale

p.a., nel rispetto del principio dell’autonomia di ogni amministrazione per quanto concerne la progettazione, gestione e controllo dell’informatizzazione22.

Tra le iniziative di maggior respiro sviluppate dalla suddetta Autorità, peraltro già tracciate dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 settembre 1995 e indicate nel Piano triennale per l’informatica della p.a. per il triennio 1995-1997, vi è il progetto inter-settoriale rappresentato dalla Rete unitaria della pubblica amministrazione. L’idea su cui si fonda la Rete unitaria è la creazione di un sistema informativo integrato, attraverso l’interconnessione telematica di tutte le reti esistenti: una sorta di “Rete di reti” che permetta il collegamento di sottosistemi autonomi di organizzazione e trattamento dell’informazione23. L’interconnessione, di cui nel paragrafo precedente abbiamo messo in evidenza il valore di principio fondamentale ex art. 117 Cost., riconosciutole dalla legge 421/92, art. 2 co. 2, rende tecnicamente possibile tale collegamento e il trasferimento di dati tra distinti sistemi informativi, attraverso apparati di telecomunicazione che permettono lo scambio di messaggi elettronici. Diversi apparati informativi possono interagire se vi è interoperabilità, ovverossia concreta possibilità di interscambio di dati, informazioni e servizi.

Si intuiscono facilmente le difficoltà operative di fronte ad una realtà di partenza frammentata, eterogenea, incoerente e rigida negli adattamenti. Si tratta, però, di un traguardo fondamentale che trova le sue radici ispiratrici nella legge 400/88, 24 in cui, per la prima volta, era formalizzato l’obiettivo di integrazione funzionale di apparati di produzione dell’informazione presenti nelle singole amministrazioni, sebbene in uno specifico settore come quello statistico. E’ da notare peraltro, come questo progetto sia inquadrabile in una logica di rafforzamento del ruolo governativo di indirizzo e coordinamento dell’azione politica, grazie ad una nuova concezione del sistema informativo pubblico25. Il presupposto poi, del principio di circolazione dell’informazione, che permea il progetto della Rete unitaria, è ben evidente nella l. 241/90. Sempre, nella stessa normativa sono ravvisabili il principio collaborativo nell’azione amministrativa, i criteri di economicità, efficacia e pubblicità, il “riconoscimento” del documento informatico e lo spostamento in capo alla p.a. dell’onere di documentazione, quali antecedenti logici del processo di riforma che vede nell’informatizzazione lo strumento privilegiato del cambiamento in atto. Ciò allo scopo di conseguire il risultato di far interagire i soggetti privati ed economici con un’amministrazione efficiente, automatizzando ed integrando le diverse fasi in cui si articola l’attività amministrativa procedimentalizzata (protocollazione, istruttoria, emanazione, conservazione e archiviazione degli atti) e garantendo efficaci strumenti di conoscenza di un’attività sempre più trasparente26. 2. Dalla nozione di documento alla funzione conoscitiva pubblica. 2.1. I criteri identificativi del documento

Fin dallo studio di fattibilità sul progetto di Rete unitaria, svolto dall’AIPA nel gennaio 1996, è stata segnalata al Governo l’opportunità di adottare un’apposita iniziativa legislativa per disciplinare la

22 Art. 2, co. 1.

23 Cfr. P. Naggar e M. Talamo, La rete unitaria e l’organizzazione delle amministrazioni pubbliche, in Economia Pubblica, 1999,

suppl. al n. 3, p. 91 ss.

24Cfr. art. 24 l. 400/88.

25 Cfr. M. P. Guerra, Funzione conoscitiva…., cit. p. 277 ss.

26 Cfr. M. Minerva, Rete Unitaria della pubblica amministrazione e sistema di teleamministrazione,

www.jei.it/approfondimenti_giuridici/teleamm.htm.

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fondamentale questione del valore legale dei dati contenuti e scambiati attraverso i sistemi informativi pubblici, nonché degli atti amministrativi emanati attraverso i medesimi sistemi. Infatti, la necessità, per l’effettiva operatività della R.U.P.A., di riconoscere pieno valore giuridico alle transazioni telematiche non poteva poggiare sul carattere meramente programmatico del disposto di cui all’art. 3 dlgs n. 39/93. Tale norma, riferendosi solo alla predisposizione degli atti amministrativi tramite sistemi informativi automatizzati e, alla relativa imputazione soggettiva dell’atto così prodotto – denominato atto amministrativo ed elaborazione elettronica27 –, non poteva certo disciplinare in modo compiuto i cosiddetti atti informatici, nemmeno a seguito dell’innovativa previsione di questi ultimi, operata dall’art. 22 l. 241/90, rispetto alla previgente l. 15/6828. La suddetta proposta AIPA fu dapprima formalizzata nella l. 59/97 che, all’art. 15, secondo comma, ha sancito la giuridica rilevanza del documento informatico e, successivamente, con il regolamento approvato con dpr 10 novembre 1997, n. 513, sono entrate a far parte del nostro ordinamento specifiche questioni, quali la validità dei contratti stipulati in via telematica, la trasmissione dei dati e dei documenti elettronici e la firma digitale. Per quanto riguarda il documento informatico, è possibile approfondire l’argomento attraverso una ricca bibliografia29. Ma, in questa sede preme far rilevare solo alcuni aspetti che contribuiscono ad affrontare la tematica dei flussi documentali. In particolare, considerato che la materia di cui trattiamo travalica spesso non solo i confini dell’informatica ma anche quelli dell’archivistica, è opportuno mettere a fuoco i criteri identificativi del documento, ontologicamente non dissimile sia nella forma cartacea sia in quella elettronica30. Posto, infatti, che tale concetto svolge un ruolo fondamentale nel sistema di certezze pubbliche, garantendo la sicurezza dei rapporti e la stabilità sociale31, è necessario far ricorso all’ausilio della dottrina per ricostruire quella definizione di documento che non è dato rinvenire in forma esplicita nel nostro ordinamento, se non nelle apparizioni dell’art. 22, comma 2 della l. 241/90, nell’art. 1 del T.U.

27 Cfr. M. Minerva, Atto amministrativo ad elaborazione elettronica e atto in forma elettronica, www.Jei.it e A. Masucci, voce Atto

amministrativo informatico in Enciclopedia del diritto, I, 1997.

28 Cfr. M. Minerva, Verso l’integrazione dei sistemi informativi….. in Diritto… cit., e A. Masucci, ibidem.

29Graziosi, Premesse ad una teoria probatoria del documento informatico, in “Rivista di diritto e procedura civile”, 1998, p. 496 ss.; F.

Ferrari, La nuova disciplina del documento informatico, in Rivista di diritto processuale, 1999, p. 136 ss.

Formazione, archiviazione e trasmissione di documenti con strumenti informatici, in Le nuove leggi civili commentate, 2000, p. 633 ss.;

G.Finocchiaro, La firma digitale, formazione, archiviazione e trasmissione di documenti informatici e telematici, cit., R. Zagami, La firma

digitale tra soggetti privati nel regolamento concernente atti, documenti e contratti in forma elettronica, in “Diritto dell’informazione e

dell’informatica”, 1997, p. 903 ss.; S. Patti, L’efficacia probatoria del documento informatico, in “Rivista di diritto processuale”,

2000, p. 60 ss.; F. Rizzo, Valore giuridico ed efficacia probatoria del documento informatico, in “Diritto dell’informazione e

dell’informatica”, 2000, p. 213 ss.; S. Brescia, In tema di firma digitale e di documento informatico, in Le nuove leggi civili commentate,

2000, p. 3 ss.

30 Per un esame della nozione di documento cfr. F.Carnelutti, voce Documento (teoria moderna) in Novissimo digesto italiano,

Torino, 1968, VI; S. Patti, voce Documento, I, in Digesto italiano (discipline privatistiche), Torino, 1991, VII; l. Carraro, Il diritto

sul documento, Cedam, Padova, 1941; P. Guidi, Teoria giuridica del documento, Giuffré, Milano, 1950; A. Candian, voce

Documentazione e documento (teoria generale), in Enciclopedia del diritto, Milano, 1964, XIII; C. Angelici, voce Documentazione e

documento I (Diritto civile), in Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, XI; A.M. Sandulli, voce Documento (diritto amministrativo),

in Enciclopedia del diritto, Milano, 1964, XIII; N. Irti, Sul concetto giuridico di documento, in “Rivista trimestrale di diritto e

procedura civile”, 1969, p. 487 ss.

31 Cfr. M. S. Giannini, Voce Certezza Pubblica, in Enciclopedia del diritto, VI, Milano.

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445/00 (entrambe riferentisi alla tipologia amministrativa), e nella formula dell’art. 1 del citato regolamento di delegificazione, relativa alla specifica informatica32. Alcuni, nel porre l’accento sull’elemento materiale del documento, ne ha evidenziato la funzione probatoria, che, a ben guardare, non può non essere ricompresa in quella documentaria33. La dottrina prevalente, però, è sostanzialmente concorde nel mettere in luce l’aspetto materiale del supporto e nell’individuare, quale tratto definitorio comune, l’elemento rappresentativo di una realtà che alcuni34, qualificano come giuridicamente rilevante ed altri35, prendono in considerazione a prescindere dal suo aspetto giuridico. Correttamente, è stato messo in evidenza36 che la giuridicità è un attributo del documento considerato in sé, mentre la giuridica rilevanza di ciò che viene rappresentato, nel momento della formazione del documento, è solo eventuale, ben potendo divenire rilevante per il diritto la rappresentazione di una situazione che, quando si è prodotta, non aveva per l’ordinamento significato alcuno. Il documento, invece, per poter svolgere una funzione giuridica deve assumere subito una delle forme riconosciute dall’ordinamento, (verbale di polizia, atto pubblico, scrittura privata etc.), per cui può definirsi come una “res che rappresenta in forma giuridicamente rilevante un fatto, un atto o un evento che ha o può assumere giuridica rilevanza”37. La rappresentazione documentaria, per tale dottrina, deve intendersi quindi, come rappresentazione formale in quanto, rispettando forme certe e determinate, acquisisce una funzione giuridica e mostra “un’attitudine all’oggettività della rappresentazione”38. La concezione del documento appena illustrata permette di entrare a pieno titolo nell’alveo culturale della scienza diplomatistica, per la quale lo studio degli aspetti formali consente di individuare la natura giuridica degli atti39. E, da qui a prendere in considerazione la documentazione anche sotto il profilo archivistico e ad evidenziarne la peculiare disciplina, il passo è breve.

32 Significativa è la definizione proposta da Carnelutti secondo la quale il documento è “qualcosa che fa conoscere

qualcos’altro”, oppure “qualsiasi cosa che rappresenti un fatto”, cfr. Carnelutti, voce Documento (teoria moderna), cit.;

quella di Carraro, per il quale il “documento è una cosa rappresentativa di un fatto giuridicamente rilevante”, cfr. l.

Carraro, Il diritto sul documento, cit., p. 6; quella di Guidi, secondo cui è “un oggetto corporale prodotto dall’umana attività

di cui conservi le tracce, il quale, attraverso la percezione dei grafici sopra di esso impressi, o delle luci o suoni che può

fornire, è capace di rappresentare in modo permanente, a chi lo ricerchi, un fatto che è fuori di esso documento”, cfr. P.

Guidi, Teoria giuridica del documento, cit., p. 21; e infine quella di Candian, secondo cui il documento è “una cosa corporale,

semplice o composta, idonea a ricevere, conservare trasmettere la rappresentazione descrittiva, emblematica o fonetica di

un dato ente giuridicamente rilevante, cfr. A. Candian, voce Documentazione e documento (teoria generale), cit. p. 579.

33 Cfr. N. IRTI, Sul Concetto giuridico di documento, cit., p. 484 ss.

34 Cfr. Carraro, … cit. e Candian, …cit.; significativa a questo proposito è la corrispondente definizione di documento che in

ambito archivistico, indica M. Guercio “come la rappresentazione memorizzata su un supporto….di un atto/fatto

giuridicamente rilevante”, cfr. M. Guercio, Archivistica informatica, Roma, 2002, p. 21 ss.

35 Cfr. Carnelutti, cit. e Guidi, cit.

36 Cfr. V. Crescenzi, Per la storia del formalismo negoziale, pagine terze. II. Contributo ad una teoria generale del documento, in “Initium.

Revista Catalana d’Historia del Dret”, 6, 2001.

37 Cfr. V. Crescenzi, Per la storia….cit.

38 Ibidem.

39 Cfr. C. Paoli, Diplomatica, Firenze, 1942, p. 18 e P. Carucci, Il Documento contemporaneo, Diplomatica e criteri di edizione, Roma,

1987, p. 27.

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Infatti, in archivistica il documento è tale in quanto fa parte del fascicolo, inteso come unità elementare finalizzata all’ordinamento delle carte nel quadro organizzativo dell’archivio40. Tale operazione di identificazione del vincolo logico tra i vari atti, perfettamente valido sia in ambiente tradizionale sia in ambiente digitale, consiste nella classificazione, quale attività di organizzazione costitutiva dell’archivio41. Ad essa si deve, non solo la comparsa del vincolo archivistico, attributivo della funzione documentaria anche al singolo reperto ma, anche di quello giuridico in quanto, per mezzo di questo particolare atto conoscitivo, si perviene alla costituzione dell’archivio quale universitas rerum, specificando così, la giuridica rilevanza della classificazione quale “mezzo attraverso il quale si attua la demanialità dell’archivio”42. L’archivio, conformemente ai principi civilistici, è, un’universalità di mobili avente una destinazione unitaria, che si può riscontrare sia nella funzione svolta da ogni singolo documento, inserito nel fascicolo d’archivio, sia nella finalizzazione degli atti procedimentali43. Sicché, non sembra illogico concludere che, sia per il profilo archivistico sia per quello giuridico, è l’ordinamento a riconoscere la natura documentaria dei singoli reperti, assegnando loro una particolare funzione rappresentativa in forma giuridica. Alla luce di quanto detto, è possibile procedere all’analisi della nozione di documento amministrativo44, in cui è riscontrabile sia l’aspetto formale (“ogni rappresentazione comunque formata dalla p.a.”) sia la destinazione unitaria del documento ex art. 816 cod. civ.. La forma documentale, strutturata unitariamente nel fascicolo, è teleologicamente diretta a rappresentare l’azione amministrativa, nei modi riconosciuti dall’ordinamento come giuridicamente rilevanti, evidenziandone così, la convergenza sia degli aspetti giuridici sia di quelli archivistici45. Nella definizione di documento informatico46 manca invece, quella consapevolezza di ordine formale e sostanziale che ha ispirato il legislatore nel tracciare i confini del documento amministrativo. Non solo, infatti, sono esclusi dalla nozione in esame tutti quegli atti/fatti che, pur giuridicamente irrilevanti al momento della documentazione, sono comunque idonei a spiegare efficacia giuridica successivamente47, ma è preclusa anche la possibilità che gli eventi di cui si tratta possano comunque assumere ab initio rilevanza giuridica, poiché manca ogni riferimento all’aspetto formale della rappresentazione. L’ordinamento, infatti, attribuisce giuridica rilevanza solo a quegli atti tipicamente individuati anche sotto il profilo formale (verbale di polizia, atto pubblico etc.) e idonei, in quanto tali, a produrre effetti giuridici48. Si può solo pensare che, in questa fase di innovazione sia tecnologica sia normativa, abbia prevalso l’uso di un attributo di natura tecnica, - il documento informatico, di per sé neutrale, perché applicabile a qualsiasi forma documentale, – per delimitare la specifica categoria di atti, fatti e dati giuridicamente rilevanti.

40 Cfr. R. De Felice, L’archivio moderno della pubblica amministrazione, Roma, 1981, p. 59 ss.

41 Cfr. M. Guercio, L’archivistica….cit., p. 66 ss.

42Cfr. R. De Felice, L’archivio…cit., p. 106 e art. 18 DPR 30/9/1963 n. 1409.

43Cfr. art. 816 cod. civ., e art. 22, co. 2 l. 241/90.

44 Cfr. art. 1 T.U. 445/2000 per il quale è documento amministrativo “ogni rappresentazione, comunque formata, del

contenuto di atti, anche interni, delle p.a. o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa”.

45 Cfr. V. Crescenzi, Per la storia….cit., nota 34.

46 Cfr. l’art. 1 lett. b) del DPR 445/2000 e l’art. 1 lett. P) del Codice dell’amministrazione digitale che definiscono il

documento informatico come “la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”.

47 Cfr. Candian, cit., p. 589, in cui la giuridicità del documento si manifesta in sede processuale.

48 Cfr. V. Crescenzi, La rappresentazione dell’evento giuridico, Roma, 2005, p. 33 ss. e Paoli, cit., p. 18.

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Ciò, probabilmente, al solo scopo di restringere il campo di applicazione della firma digitale a quegli atti che ab origine hanno bisogno di maggiori garanzie di integrità ed autenticità nelle fasi di produzione e trasmissione. Successivamente peraltro, sebbene grazie ad una norma tecnica come la Delibera AIPA 51/2000, si è provveduto a reintegrare il quadro definitorio del documento informatico sia degli aspetti formali sia di quelli teleologicamente vincolati all’azione amministrativa, nel senso sopra chiarito, nell’evidente consapevolezza che non possano essere i soli attributi tecnici a definire le diverse tipologie d’atti presenti in archivio49. Purtroppo, però, il legislatore, anche in questo caso, mostra di non possedere una piena consapevolezza circa l’efficacia formale del documento in quanto, dopo l’apparizione definitoria della citata delibera AIPA, conferma nel Codice dell’amministrazione digitale, la visione “tecnica” del documento informatico50.

Si tratta, ancora una volta, di una norma primaria, avente nella fattispecie una valenza particolarmente rilevante, in cui la mancanza di coordinamento degli istituti giuridici è palese fin nei tratti definitori di base.

2.2. La funzione conoscitiva pubblica

Il conseguimento degli obiettivi di interconnessione ed interoperabilità, propri della Rete unitaria, presuppone che la pubblica amministrazione sia dotata di un sistema informativo integrato51. Ciò, nel rispetto del principio pluralistico, permette di considerare in modo concettualmente unitario il problema della provvista delle informazioni per l’attività amministrativa e, di parlare di una funzione conoscitiva pubblica, fondata su valori quali la democraticità del sistema – il modello della RUPA è quello di una “rete di reti” – e l’efficienza, che presuppone il buon funzionamento dei circuiti in cui l’informazione è scambiata grazie all’interconnessione, quale vero e proprio principio organizzativo dell’apparato informativo pubblico52. Quest’ultimo s’informa ad un principio antitetico alla frammentazione che ha caratterizzato le prime esperienze d’informatizzazione nella p.a., e che necessita di sviluppare una logica di normalizzazione, secondo standard che la normazione tecnica del CNIPA e prima ancora dell’AIPA, si è sforzata di imporre al modello pubblico53. E’ necessario, in tale contesto, superare i vincoli della produzione di dati non omogenei per procedure amministrative identiche, come nel caso del progetto intersettoriale del protocollo, in un quadro di semplificazione e razionalizzazione propedeutica ad un’efficace circolazione dei dati. In questa prospettiva, non è secondario evidenziare come l’integrazione delle basi informative della p.a. rilevi anche sotto il profilo del rapporto tra informazione e competenza, che deve essere risolto alla luce del principio costituzionale del policentrismo54. L’impostazione centralistica del ruolo svolto fino ad ora dal CNIPA non si pone in contraddizione con il decentramento amministrativo, in quanto la natura tecnica del progetto della Rete unitaria giustifica il processo di standardizzazione e il coordinamento delle iniziative in atto, proprio

49 Cfr. l’art. 2, lett. b) della Deliberazione AIPA n. 51/2000 del 23/11/2000, concernente le Regole tecniche in materia di

formazione e conservazione di documenti informatici delle p.a. ai sensi dell’art. 18, comma3, del DPR 513/97, in base al quale per

“documento informatico” si intende “la rappresentazione informatica di atti, fatti e dati formati dalle amministrazioni

pubbliche o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività istituzionale ed amministrativa”.

50 Cfr. art. 1 lett. p) del Codice dell’amministrazione digitale.

51 Cfr. M. Minerva, Rete unitaria… cit. su www.jei.it.

52 V. supra, §. 1.2.

53 Cfr. M .P. Guerra, in Informazione e funzione amministrativa, Rimini, 1997, p. 237 ss.

54 Cfr. R, Marrama, in Diritto Amministrativo, a cura di Mazzarolli, Pericu, Romano, Roversi Monaco, Scoca, I, Bologna, 1998,

p. 403 ss.

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perchè funzionali all’attuazione dell’art. 97, primo comma, della Costituzione e determinanti per la realizzazione del modello costituzionale del buon andamento e dell’imparzialità dell’agire pubblico”. L’imparzialità, inoltre, evidenzia l’incidenza degli aspetti metodologici relativi all’acquisizione ed alla elaborazione dei dati sul risultato informatico finale, segnato dal carattere dall’affidabilità. Un risultato qualitativo di tal fatta, potrebbe indurre a riconoscere all’informazione, così prodotta, la rilevanza giuridica delle certezze notiziali55. Ciò in quanto si tratterebbe di “dati sufficientemente sicuri … con lo scopo di fornire un’utilità …. e non fondare una verità”. Si tratta di “un’efficacia giuridica mediata, rappresentando fatti i quali si pongono come presupposti per la scelta di regole di condotta” che ben si attaglia alla funzione conoscitiva56. Una funzione che, attraverso lo sviluppo tecnologico ed il contestuale recepimento normativo delle innovazioni, proietta la p.a., sempre ancorata ai principi costituzionali di riferimento, nell’attuale società dell’informazione, a partire dalla trasformazione del sistema documentario in sistema informativo57. 3. La conservazione degli archivi informatici quale presupposto per l’esercizio della funzione amministrativa. 3.1. La fase di conservazione degli archivi.

Dalla concezione unitaria dell’archivio, che abbiamo illustrato in precedenza58, discende che i documenti, organizzati in modo stabile tra loro in forza del vincolo archivistico emerso in sede di classificazione, presentano due caratteristiche comuni, sia nella fase della loro produzione sia in quella della conservazione: imparzialità ed autenticità. Mentre la prima si riferisce all’articolazione del processo di auto-documentazione, corrispondente all’attività svolta dalla p.a. nell’esercizio delle funzioni istituzionali, l’autenticità, invece, attiene alle garanzie di affidabilità dei documenti nel tempo e nello spazio59. Per questo, periodicamente, avviene il trasferimento nell’archivio di deposito dei fascicoli e delle serie di documenti relativi ad affari conclusi, previsto dall’art. 67 del T.U. 445/2000, sulla base del piano di conservazione.

Quest’ultimo consiste nella definizione dei termini di conservazione, delle motivazioni che sono all’origine delle scelte di selezione e delle strategie fisiche (la natura dei supporti, etc.). Il piano ai sensi dell’art. 68, co. 1 del T.U., deve essere integrato con il sistema di classificazione, al fine di assicurare l’ordinata acquisizione e conservazione dei documenti e la selezione per lo scarto o la conservazione. Gli archivi, una volta cessata la funzione attiva dei documenti, devono mantenere la struttura originaria per poter essere consultati a distanza di tempo da utenti diversi, e fornire strumenti di analisi e interpretazione capaci di garantire una corretta comprensione e valutazione dei fatti documentati. L’affidabilità delle fonti documentarie dipende non solo dall’integrità dei singoli atti, ma anche dall’integrità delle relazioni che si sono stabilite tra i documenti nella fase di trattazione dell’affare o del procedimento. Peraltro, un ulteriore riflesso della concezione unitaria dell’archivio si ha nell’art. 22 del T.U. 490/1999, in cui è affermato esplicitamente il principio per cui l’archivio costituisce un bene culturale indipendentemente dalla fase di gestione (archivio corrente, di deposito o storico). Caposaldo, quest’ultimo, ribadito anche dall’art. 10 del dlgs 42/2004, Codice dei beni culturali. Da rilevare, inoltre, che il legislatore, non distinguendo tra archivio tradizionale o digitale, qualifica

55 Cfr. M.S. Giannini, Certezza pubblica, cit… e M.P. Guerra, Funzione conoscitiva e pubblici poteri, cit…, p. 319.

56 Ibidem.

57 Cfr. art. 50 DPR 445/00.

58 Cfr. supra § 2.1.

59 Cfr. in tal senso, M. Guercio, Archivistica informatica…cit., p. 39 ss.

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come bene culturale ogni archivio, a prescindere dal supporto utilizzato, idoneo a rendere la fonte documentale funzionale per l’azione pubblica ed affidabile per la storia. Mentre in ambiente tradizionale, l’esigenza di garantire l’autenticità dei documenti è soddisfatta dalla presenza dello scritto originale, fonte probatoria privilegiata, in ambiente digitale emerge invece, una disciplina particolare, legata alle caratteristiche tecniche del documento informatico e non esente da criticità nella fase della conservazione degli atti. Infatti, se, con particolare riferimento alla produzione del documento elettronico, alla sua circolazione e alla relativa efficacia probatoria, la dottrina non si è sottratta dall’approfondire la tematica in parola, altrettanto non può dirsi circa la garanzia dell’autenticità degli atti nel tempo60. Infatti, la conservazione degli archivi informatici è il nodo cruciale dell’automazione in campo documentario, perché richiede un cambiamento significativo rispetto alle attività tradizionali: la conservazione in ambiente digitale è una funzione attiva e continua per la quale non c’è ancora sufficiente esperienza, né un’adeguata analisi concettuale. La fragilità dei supporti e la facilità nella manipolazione richiedono investimenti significativi in termini di controllo dei depositi e sicurezza. Per quanto riguarda la riproduzione e conservazione, l’art. 6, co. 1 del dpr 445/00, prevede la facoltà, per la p.a. ed i privati, di sostituire a tutti gli effetti, i documenti dei propri archivi, le scritture contabili, la corrispondenza e gli altri atti di cui per legge o regolamento è prescritta la conservazione, con la loro riproduzione su supporto fotografico, su supporto ottico o con altro mezzo idoneo a garantire la conformità dei documenti agli originali. L’art. 6, co. 2 prevede che gli obblighi di conservazione ed esibizione dei documenti si intendono soddisfatti, sia ai fini amministrativi che probatori, anche se realizzati su supporto ottico, secondo le regole tecniche dettate dalla Delibera CNIPA 11 del 19/02/200461. Il processo di conservazione è considerato un adempimento finalizzato a rendere non deteriorabile, quindi disponibile nel tempo, un documento in tutta la sua integrità ed autenticità. Gli artt. 3 e 4 della delibera CNIPA 11/2004 prevedono che la conservazione di documenti informatici (art. 3) avvenga mediante memorizzazione su supporti ottici e termini con l’apposizione, sull’insieme dei documenti, del riferimento temporale e della firma digitale da parte del responsabile della conservazione; mentre la conservazione relativa ai documenti analogici (art. 4), - mediante memorizzazione della relativa immagine direttamente su supporti ottici, - si concluda con l’apposizione sull’insieme dei documenti del riferimento temporale e della firma digitale da parte del responsabile della conservazione. Il comma 2, dell’art. 3 e il comma 4 dell’art. 4 della stessa delibera prevedono l’intervento di un pubblico ufficiale rispettivamente per attestare la conformità di un documento informatico sottoscritto

60 Le problematiche della conservazione, infatti, non sono state affrontate, se non marginalmente dalla principale dottrina in

materia: Cfr. Formazione, archiviazione e trasmissione di documenti con strumenti informatici, cit., G.Finocchiaro, La firma digitale,

formazione, archiviazione e trasmissione di documenti informatici e telematici, cit., R. Zagami, La firma digitale …cit., A. Graziosi,

Premessa ad una teoria probatoria del documento informatico, cit; S. Patti, L’efficacia probatoria del documento informatico, cit., F. Rizzo,

Valore giuridico ed efficacia probatoria del documento informatico, cit., S. Brescia, In tema di firma digitale e di documento informatico, cit..

61 Cfr. le seguenti definizioni contenute nell’art. 1 della deliberazione CNIPA n. 11/2004:

Supporto ottico di memorizzazione: mezzo fisico che consente la memorizzazione di documenti informatici mediante l’impiego

della tecnologia laser (quali, ad esempio dischi ottici Magneto-ottici, DVD);

Documento: rappresentazione informatica o in formato analogico di atti, fatti e dati intelligibili direttamente o attraverso un

processo di elaborazione elettronica.

Documento analogico: documento formato utilizzando una grandezza fisica che assume valori continui, come le tracce su

carta (esempio: documenti cartacei), come le immagini su film (esempio: pellicole mediche, microfiche, microfilm), come

le magnetizzazioni su nastro (esempio: cassette e nastri magnetici audio e video). Si distingue in originale e copia.

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o di un documento originale unico. Procedure, queste ultime, non esenti da rilevanti critiche cui si farà cenno più avanti. I documenti informatici, quindi, sono conservabili solo in quanto sia posto in essere il processo di migrazione e quindi, sottoposti a continui interventi di trattamento che ne modificano alcune caratteristiche ed elementi. L’autenticità è presunta nella fase corrente, ma, deve essere verificabile in ogni momento e tanto più a distanza di tempo. Da quanto esposto risulta di chiara evidenza come tutto il processo di conservazione documentale si regga sulle caratteristiche proprie della firma digitale. Infatti, il documento informatico, a differenza di quello cartaceo, è riproducibile in tanti “originali”, la cui autenticità è garantita dal legame con un “sigillo” elettronico che, rendendo immodificabile una determinata sequenza di bit, garantisce integrità e paternità dell’atto. La firma digitale, infatti, essendo il risultato di un calcolo matematico applicato al contenuto del documento, non solo certifica la paternità dell’atto, ma ne garantisce anche l’integrità62. Purtroppo, tale valore aggiunto rispetto alla firma tradizionale è limitato nel tempo, poiché la firma digitale, basandosi sulla complessità computazionale di alcuni problemi della teoria dei numeri, presenta una garanzia d’impenetrabilità di pochi anni e, del resto, anche la coppia di chiavi ed i registri dei certificati presentano una durata rispettivamente di tre e dieci anni63. In sostanza, il legislatore ha affrontato – nella deliberazione n. 11/04 ma anche in quelle n. 42/01, n. 51/00 e n. 24/98 – la conservazione di lungo periodo come un semplice problema di migrazione, riducendo la verifica dell’autenticità nel tempo all’inserimento di una serie di elementi di validazione, peraltro di impossibile mantenimento e verifica futura. Nessun formato e nessuna attività di conservazione consente l’immutabilità negli anni del contenuto del documento, dato che le attività di migrazione, necessarie in futuro, implicano modifiche nel flusso di bit che costituiscono il documento, assicurando così, esclusivamente la produzione di copie autentiche di documenti elettronici autentici e rinunciando alla garanzia di originalità degli archivi tradizionali. Trattando la questione con lo stesso metodo – la firma digitale – sviluppato nella fase di formazione, trasmissione o riproduzione dei documenti attivi, si rimane quindi esposti alle ricadute negative dell’obsolescenza tecnologica. 3.2. L’esercizio della funzione amministrativa.

Gli aspetti tecnologici evidenziati nel paragrafo che precede confermano il particolare rilievo che i documenti informatici assumono nell’assetto amministrativo istituzionale.

La peculiarità di tale categoria, infatti, è riscontrabile nell’attributo tecnico che la contraddistingue, senza discostarsi in alcun modo dai criteri identificativi del documento sopra analizzati.

La funzione tipica del documento, cartaceo o informatico che sia, consiste nella costituzione di certezza giuridica64.

La documentazione, rappresentazione formale di un evento, in atto o solo in potenza giuridicamente rilevante, tende ad un fine di oggettivazione, grazie al quale la funzione documentaria presuppone quella propriamente giuridica65.

In ambito statale, infatti, la funzione amministrativa, quale attuazione di interessi e fini pubblici costituisce, modifica o estingue situazioni giuridiche in relazione a singoli casi o soggetti.

Senza voler entrare nell’ampio dibattito che ha visto affermarsi progressivamente i concetti di amministrazioni come “autorità” e come “servizio”66, è sufficiente in questa sede ricordare come la

62 Cfr. art. 1 lett. n) dpr 445/00.

63 Cfr. art. 4, co. 7 dpcm 8/2/1999, in cui si stabilisce che il “soggetto certificatore determina…..il periodo di validità delle

chiavi in funzione degli algoritmi impiegati, della lunghezza delle chiavi e dei servizi cui esse sono destinate”.

64 Cfr. M.S. Giannini, Certezza pubblica….., cit.

65 Cfr. V. Crescenzi, La rappresentazione ……, cit., p. 15 ss.

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funzione pubblica amministrativa è connotata da poteri autoritativi o certificativi67 che si manifestano attraverso una rappresentazione documentale giuridicamente rilevante, in quanto inserita in un fascicolo unitariamente finalizzato all’attività procedimentale68.

Analoga rilevanza dell’aspetto documentale è ravvisabile nell’attività negoziale privata in cui il rispetto delle forme previste dall’ordinamento è giuridicamente efficace anche ai fini costitutivi del negozio69.

In tal modo, appare in tutta la sua evidenza, come, sia in ambito pubblico sia nei rapporti tra privati, il documento rappresenta la condizione necessaria affinché la situazione ivi formalmente descritta sia riconosciuta dall’ordinamento e possa, pertanto, spiegare piena efficacia giuridica.

L’oggettività di tale rappresentazione fa sì che la funzione documentaria proietti nell’ambito amministrativo, per quanto di interesse, ma anche in quello negoziale, il risultato di un’attività prescrittiva, costitutiva di certezze giuridiche e, in ultima analisi, dello stesso ordinamento vigente.

Per questo la conservazione dei documenti o, per meglio dire, degli archivi digitali, è di fondamentale importanza per garantire la salvaguardia della società di cui quella realtà giuridica è espressione70.

Lo strumento che l’attuale civiltà ha trovato per proteggersi sia da falsi storici sia per assicurare la certezza dei rapporti tra soggetti pubblici e privati è il documento. Quest’ultimo, però, cartaceo o digitale, deve tutelare l’autenticità di quanto rappresentato e conservare quindi, identità ed integrità.

4. Conclusioni

Lo studio delle criticità concernenti in particolare la conservazione dei documenti digitali, sono meglio descritte infra nello Le amministrazioni centrali dello Stato. Uno studio di casi sulla conservazione dei documenti digitali; ciononostante, appare opportuno evidenziare alcuni aspetti relativi alla c.d. dematerializzazione dei documenti della p.a.. In primo luogo, si deve rilevare come l’art. 42 del Codice dell’amministrazione digitale subordini la sostituzione della documentazione cartacea in un supporto informatico ad una valutazione in termini di rapporto tra costi e benefici di tale operazione. Quella che sembra un’analisi solo economica è stata arricchita, in seno al “Gruppo di lavoro per la dematerializzazione della documentazione tramite supporto digitale”, costituito con decreto del 10/11/2004 del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, da istanze più propriamente giuridiche. Alcune associazioni di categoria partecipanti al suddetto Gruppo di lavoro, ad esempio, hanno auspicato la riduzione dei tempi di conservazione dei documenti bancari (Associazione bancaria italiana) o di quelli la cui custodia è obbligatoria presso le aziende (Assocertificatori). Ciò, al fine evidente di rendere compatibili i tempi degli attuali strumenti di validazione (dieci anni al massimo per la durata degli elementi di verifica della firma digitale) con i termini fissati dalle distinte normative di settore. Considerazioni queste, ripetibili anche per la documentazione finanziaria ed approfondite recentemente dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 36/E del 6/12/2006. Tali rilievi peraltro, gravitano attorno alla limitata efficacia probatoria del documento informatico71, ma, grazie alla categoria più sensibile nei confronti della conservazione documentale, il

66 Cfr. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Vol. I, principi generali, VII ed., Milano, 1958, p. 14.

67 Cfr. art. 357, co. 2 c.p.

68 Cfr. V. Crescenzi, La rappresentazione ……, cit., p. 37 ss.

69 Ibidem.

70 In tal senso, senza distinzione alcuna tra archivio cartaceo o informatico, l’art. 22 del T.U. in materia di beni culturali e

ambientali, ripreso anche dall’art. 10 del Codice dei beni culturali, precisa che gli archivi pubblici sono beni culturali fin dal

momento della loro formazione.

71 Cfr. art. 21 del Codice dell’amministrazione digitale.

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Consiglio nazionale del notariato, sono emerse approfondite riflessioni attorno al valore giuridico dei documenti trattati informaticamente. In primo luogo, viene chiaramente identificato il pericolo della perdita di autenticità nel passaggio dall’analogico al digitale. In questo caso, infatti, è possibile attestare solo la conformità del documento all’originale, ma non l’autenticità dell’originale72. E’ chiaro come tale realtà sia in grado di minare alle fondamenta la stessa funzione documentaria, che ricomprende in sé sia la funzione probatoria sia quella costitutiva o ad substantiam del documento73. Analogo problema evidenziato dai notai è l’autenticazione di copie informatiche dei c.d. “documenti unici”, riservata ai pubblici ufficiali dalla deliberazione CNIPA 11/2004. L’associazione di categoria, con molto senso pratico, ha proposto in questo caso una soluzione basata sul concetto di “processo qualificato”, un’alternativa di metodo consistente nella verifica della corrispondenza dell’intero processo documentale alle corrette procedure archivistico-informatiche. Anche l’ANAI – Associazione nazionale archivistica italiana - peraltro, ha manifestato l’opportunità di definire i concetti di documento originale “unico” e “non unico”74, nonché una richiesta di chiarimento del ruolo del “Responsabile della conservazione” 75 in relazione al “Responsabile della gestione documentaria”76. Sul tema si deve da una parte convenire con il Consiglio del notariato sulla necessità di un sistema organico ed unitario di norme primarie che disciplini compiutamente la materia di cui si tratta, dall’altra rilevare come il legislatore abbia dedicato una diversa attenzione alla fase della conservazione sotto il profilo della gerarchia delle fonti normative.

La limitata consapevolezza dell’unitarietà del processo documentale ha fatto sì che la disciplina del “Responsabile della conservazione “ sia affidata ad una norma tecnica – deliberazione CNIPA 11/2004 – senza un coordinamento effettivo con il “Responsabile della gestione documentaria”, previsto dal T.U. sulla documentazione amministrativa.

Questa mancanza di collegamento e chiarezza normativa, in uno con la poco realistica conoscenza dell’attuale situazione documentale del Paese da parte del legislatore, ha indotto ancora una volta il Consiglio del notariato a criticare soprattutto i sistemi ibridi, proponendo chiaramente di fissare un termine al di là del quale conservare informaticamente solo documenti digitali nativi.

In attesa di soluzioni tecnologicamente risolutive che vadano oltre i limiti temporali della firma digitale, probabilmente non è peregrina l’ipotesi di conservare gli archivi cartacei più importanti secondo regole e sistemi tradizionali e riservare la conservazione informatica, secondo l’attuale normativa tecnica, a documenti prodotti ab origine elettronicamente ed a documenti analogici, entrambi di non particolare rilevanza.

Un’alternativa di tal fatta, al di là di interpretazioni di retroguardia, potrebbe evitare la trasposizione informatica tout court dei sistemi documentari analogici che, pur dando luogo a sufficienti livelli di informazione, non garantirebbero al tempo stesso quella certezza dei rapporti che contraddistingue la sfera della realtà giuridica, fondata sull’autenticità degli atti, anche nella fase conservativa.

L’autenticità è quindi, una funzione del sistema documentario sia nel processo di formazione sia in quello della conservazione permanente dell’archivio.

In questo continuum documentale, (piano di classificazione – piano di conservazione, rispettando il manuale di gestione e mantenendo il profilo del documento), si realizza la storia archivistica e la validità legale della fonte documentale.

72 Cfr. Quaderni del CNIPA n. 24 (aprile 2006).

73 Cfr. V. Crescenzi, La rappresentazione ……, cit., p. 277 .

74 Cfr. art. 1 lett. v) del Codice dell’amministrazione digitale.

75 Cfr. art. 5 della deliberazione CNIPA 11/2004.

76 Cfr. art. 61 del T.U. 445/2000.

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Allo stato l’impossibilità tecnica di conservare atti di un certo rilievo amministrativo senza che venga meno la “traditio” della fonte, rende più che mai percorribile l’ipotesi di cui all’art. 40, co. 3 del Codice dell’amministrazione digitale, concernente l’individuazione di tipologie documentali che continuano ad essere redatte su supporto cartaceo, per garantire nel tempo la propria affidabilità storica. La prospettiva fino ad ora illustrata prefigura una serie di problematiche derivanti dalla considerazione che il documento elettronico, l’utilizzo della firma digitale, la gestione dell’archivio informatico e l’uso dei supporti ottici, al fine di dematerializzare i documenti cartacei, costituiscono una nuova realtà sostanzialmente inesplorata. In realtà, solo la sperimentazione e quindi, il monitoraggio di soluzioni organizzative efficaci, potrà costituire un valido punto di riferimento per la gestione elettronica dei flussi documentali e degli archivi digitali. Del resto, lo stesso istituto della firma elettronica è al centro di un avvicendamento normativo che, se da una parte conferma la centralità degli argomenti in parola, dall’altra evidenzia la necessità di definire applicazioni e procedure meno impegnative, che garantiscano comunque la provenienza certa e l’integrità dei documenti prodotti in ambiente informatico o digitalizzati. Se l’esigenza di sicurezza nei rapporti sociali ha determinato il riconoscimento giuridico che, dopo millenni di storia, il documento cartaceo ancora mostra, è necessario che la medesima funzione sia preservata anche in ambiente digitale77. E’ importante, quindi, che la p.a. inizi ad attuare il modello di “teleamministrazione”, in cui gli uffici pubblici, dialogando in rete, possano strutturare flussi di lavoro in forma elettronica e impostare una pratica amministrativa a perfezionamento progressivo78. Il presupposto di questa rivoluzione copernicana è la realizzazione della funzione conoscitiva pubblica grazie alla Rete unitaria che, in quanto infrastruttura telematica, rappresenta la condizione di esistenza del patrimonio informativo pubblico integrato, in una logica di libera circolazione dell’informazione. Peraltro, il contemperamento tra l’interesse alla certezza dei rapporti giuridici con quello alla diffusione dei dati, non può trascurare gli obiettivi di integrità e autenticità degli atti, in un contesto di accessibilità generalizzata e di lungo periodo dei sistemi documentari pubblici. E, se pensiamo al mutato concetto dell’elemento “pubblico” e all’ampliamento di esso alla nozione di “organismo di diritto pubblico” di matrice comunitaria, c’è da chiedersi se le norme sopra descritte, al di là delle attuali esplicite previsioni, possano incontrare in futuro nuove soggettività di riferimento79. Le soluzioni di lungo termine, saranno offerte dalla tecnologia, ma, risulteranno in ogni caso di limitato respiro se, per quanto riguarda la materia documentale, non vi sarà l’azione congiunta degli operatori del diritto, degli studiosi di archivistica e degli esperti di informatica, dalle cui competenze devono essere individuati nuovi profili professionali, adeguatamente formati ed idonei a lavorare entro modelli procedurali innovativi. Solo un approccio interdisciplinare, infatti, può garantire una consapevole definizione delle problematiche specifiche e delle effettive potenzialità degli strumenti disponibili.

77 Cfr. M. Talamanca, voce Documento e documentazione, Enciclopedia del diritto, XIII, 1964, p. 548 ss.

78 Cfr. G. Duni, voce Teleamministrazione, in Enciclopedia giuridica Treccani, XXX, Roma, 1993.

79 Cfr. art. 1 lett.a) DPR 428/98, art. 3 dpcm n. 272/00 e delibera AIPA n. 51/00 in cui per “Amministrazioni” si

intendono le PP.AA. indicate nell’art. 1, co. 2 del d.lgs. 29/93.