18

Rivoluzione Bici

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Rivoluzione Bici, la mappa del nuovo cliclismo urbano, prefazione di Fulco Pratesi. A cura di Silvia Zamboni

Citation preview

Page 1: Rivoluzione Bici
Page 2: Rivoluzione Bici
Page 3: Rivoluzione Bici

tascabili dell’ambiente

kyoto books

Page 4: Rivoluzione Bici

Silvia Zambonirivoluzione bici

la mappa del nuovo ciclismo urbano

realizzazione editoriale

Edizioni Ambiente srlwww.edizioniambiente.it

coordinamento redazionale

Anna Satolli

progetto grafico: GrafCo3 Milanoimmagine di copertina: Boguslaw Mazur/Shutterstock

© 2009, Edizioni Ambiente via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02 45487277, fax 02 45487333

ISBN 978-88-96238-18-9

Finito di stampare nel mese di ottobre 2009 presso Genesi Gruppo Editoriale – Città di Castello (Pg)

Stampato in Italia - Printed in ItalyQuesto libro è stampato su carta riciclata 100%

i siti di edizioni ambiente:

www.edizioniambiente.itwww.nextville.itwww.reteambiente.itwww.verdenero.it

I Kyoto Books sono frutto della collaborazione tra Kyoto Club ed Edizioni Ambiente.Scritti dagli esperti che fanno riferimento al comitato scientifico di Kyoto Club, intendono promuovere lo sviluppo di una consapevolezza diffusa in merito alle maggiori tematiche ambientali.

Page 5: Rivoluzione Bici

La mappa del nuovo ciclismo urbanoPrefazione di Fulco Pratesi

Silvia Zamboni

rivoluzione bici

Page 6: Rivoluzione Bici
Page 7: Rivoluzione Bici

sommario

prefazione: bici in città 7di Fulco Pratesi

introduzione 9

1. la bicicletta per la qualità della vita 17

2. la bicicletta migliora l’ambiente urbano

e cambia la città 41

3. sicurezza e moderazione del traffico,

ciclostazioni, sistemi antifurto 51

4. le nuove tendenze 73

5. le strategie per promuovere

l’uso della bici in città 87

6. il bike sharing 109

7. quelli che… la bicicletta è controcultura

urbana e partecipazione 135

8. città modello per le biciclette 151

fonti, bibliografia e siti utili 179

Page 8: Rivoluzione Bici
Page 9: Rivoluzione Bici

Per introdurre l’opera bicifiliaca di Silvia Zamboni penso sia utile offri-re una testimonianza personale di quasi quarant’anni di ciclismo urba-no (vero e non strumentalizzabile mediaticamente in tempo di elezio-ni) in una città di certo non amica (anche per ragioni geotettoniche)dei velocipedi.Quando, nel 1973, con la prima grande crisi petrolifera, decisi di muo-vermi per Roma solo in bicicletta, le cose non si rivelarono affatto facili.A quel tempo, l’agile ed elegante “cavallo di ferro” era considerato un vei-colo da poveracci trafelati e sudaticci. Molti androni e cortili esponevanoil cartello di divieto alle biciclette, dal finestrino delle auto provenivanolazzi e grida di scherno, i veicoli a motore ci ignoravano e la maggiorparte delle persone invitate da me a provare (anche per ragioni ecologi-che) la bici adduceva come scusa le troppe salite di Roma, il non volerarrivare sudati in ufficio, la pericolosità del traffico e via discorrendo.Ancora oggi vedere ciclisti per le strade romane è difficile.A me piace moltissimo pedalare in città: non si fa rumore, non si inqui-na, si possono vedere la luna e le nuvole, seguire il volo degli uccelli escoprire la parte alta dei palazzi e le chiome degli alberi senza doversidivincolare dal finestrino dell’automobile. E poi, sarà una faccenda diendorfine, quando pedalo mi viene il buonumore, fischietto e addirit-tura canticchio libero come un uccello.Certo, gli inconvenienti per un ciclista urbano non sono pochi, come inse-gna la mia ultratrentennale esperienza. Mi sono stati rubati ben sette velo-cipedi, nonostante antifurti, catene, cavetti d’acciaio, lucchetti (solo unimmane bloccasterzo mi ha salvato, per ora, dal furto della mia ultima stu-

bici in città

di Fulco Pratesi

Page 10: Rivoluzione Bici

penda bici in alluminio superaccessoriata). E poi una caduta a faccia avantimi ha causato la rottura di un incisivo e lo smog non perdona. Soprattuttochi, come me, lavorando per anni nel centro della città, ha dovuto ognigiorno salire alla propria abitazione situata in un luogo che già dal nomepromette affanni, fatica e sudore: i Monti Parioli. E non solo.Anni fa, dopo mesi di tossi continue, il medico mi aveva prescritto unesame radiografico del torace. Mia moglie, andata a ritirare la radiografiadel mio apparato respiratorio, si sentì ammonire dal radiologo: “Signora,ma suo marito fuma troppo! Gli dica di smettere!”. Non ho mai fumato.Non è detto che la responsabilità (come molti sostengono) sia solo dellosmog e delle polveri sottili. Pure è abbastanza plausibile addebitare allostato d’inquinamento di Roma – la città che ha il maggior numero diveicoli a motore rispetto alla cittadinanza – la riduzione del 30% dellamia capacità polmonare.Con tutto ciò, non demordo. E anche i dottori mi sostengono nellascelta. Oramai – dicono – il danno è fatto e sicuramente i vantaggi delpedalare superano gli svantaggi di un’aggiunta di particelle carboniosenei già intasati alveoli polmonari.Dati i grandi benefici che l’uso della bicicletta presenta sarebbe necessa-rio – come questo libro di Silvia Zamboni si prefigge – far opera di con-vinzione tra i cittadini, lanciando appelli, facilitandone il trasporto suimezzi pubblici e sui treni (oggi ancora molto problematico), rendendopiù diffusi i meccanici per le riparazioni, moltiplicando le rastrelliere. Ci sarà da lavorare, senza illudersi però di migliorare di molto la situa-zione della ciclofilia: se per Roma la scusa dei Sette Colli può essereplausibile, non si comprende come in città baciate dal sole come Bario Palermo, le bici siano rare come le mosche in una sala operatoria. Il fatto è che l’italica adorazione beota dell’automobile e i problemisocio-psicologici (come la renitenza a indossare il casco per i motocicli-sti), legati a un morboso senso di opposizione alle autorità e a un pri-mordiale individualismo autolesionistico, saranno ancora per moltotempo un ostacolo a una mobilità urbana più salutare ed ecologica,soprattutto nel nostro derelitto Meridione.

Fulco PratesiPresidente onorario Wwf Italia

8 rivoluzione bici

Page 11: Rivoluzione Bici

Mentre scrivo queste note introduttive, sta per concludersi l’ennesimaestate dei record degli ultimi venti anni, con temperature al disopradelle medie stagionali, ricorrenti ondate di calore, afa, notti a 28-30gradi. Ci sono posti in cui – è il 27 agosto – la vendemmia è già ini-ziata da un pezzo. Non siamo ai livelli di cottura del 2003, ma li abbia-mo sfiorati. Non per niente l’obiettivo, a questo punto realistico, postodalla comunità scientifica ai decisori politici è di contenere l’aumentodella temperatura terrestre, a metà del secolo, almeno entro i due gradi,attuando politiche che riducano l’uso dei combustibili fossili. Finite le ferie, le città stanno rientrando nell’abituale “assetto di guer-ra” contro orecchie, polmoni e buon vivere che tutti ben conosciamo:strade occupate da file di auto imbottigliate nel traffico, rumore, puzzadi gas di scarico. La prova generale dell’imbottigliamento la si è avutaquest’estate sul “mitico” passante di Mestre, la strada dei miracoli, cheavrebbe dovuto restituire la libertà di viaggiare in macchina (dicevanoa cantieri aperti), collassata invece al primo test in occasione del fatidi-co, puntuale come Natale e Capodanno, “grande esodo estivo”.Aiuto, voglio scendere!Nella corsa al riscaldamento del pianeta il contributo del traffico urba-no sotto forma di emissioni di anidride carbonica è certificato: è il 40%.Che si aggiunge al 70% delle altre emissioni inquinanti prodotte dagliautoveicoli. Cambiare abitudini nel modo di spostarsi è una necessità,non uno sfizio. Lo chiede il Libro Verde della Commissione europeadel 2007 “Verso una nuova cultura della mobilità urbana”, lo chiede il

introduzione

Page 12: Rivoluzione Bici

rivoluzione bici10

Quarto Rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change(Ipcc), la task force di scienziati insediata dall’Onu per studiare i cam-biamenti climatici. Tra i rimedi già disponibili proposti, e che si chiedealle istituzioni pubbliche di promuovere tra i cittadini, risalta la mitebicicletta, priva com’è di tubi di scappamento.E l’Italia che fa? Cambia abitudini? Sono aumentati o no gli utenti dellabicicletta? Risposta affermativa dal Rapporto Isfort 2008 (Istituto supe-riore di formazione e ricerca per i trasporti): sì, anche se di pochissimo,il numero di chi va in bicicletta e a piedi, insieme a quello degli utentidei mezzi pubblici, nel 2008 è cresciuto, mentre è calato il gradimentoper l’auto. L’aumento corrisponde a una percentuale minima, appenarilevabile – lo 0,6% rispetto al 2007 – ma significativa se si considerache nel 2008 è cresciuta la popolazione mobile del nostro paese senzache aumentasse l’uso della macchina. Sarà stata la recessione, o l’impen-nata del costo dei carburanti, o una maggiore sensibilità per l’ambiente,o le restrizioni alla circolazione imposte da alcune amministrazioni, fattosta che questo dato è in controtendenza rispetto al passato: all’aumentodella domanda di mobilità non ha corrisposto un pari aumento dell’usodell’auto. E in un paese come l’Italia, che è in vetta alla classifica euro-pea del tasso di auto circolanti, questa è sicuramente una notizia. Va subi-to aggiunto che, nella contesa per aggiudicarsi i “pentiti dell’auto”, perla bicicletta resta più che mai viva la competizione con moto e scooter,la “risposta italiana alla congestione”, che, al pari della bicicletta (e deltassì), garantiscono quel percorso porta-porta tra origine e destinazioneche l’auto, al contrario, da anni non può più assicurare nei centri urbaniper scarsità di parcheggi. Ed è proprio la moto, nel Rapporto Isfort 2008,a battere la bicicletta sul filo di lana rispetto al gradimento registrato. Se invece consideriamo i dati Istat, la risposta alla nostra domanda suonadiversa: per andare al lavoro, anche per percorsi sotto i due chilometri,che rappresentano la metà degli spostamenti da casa al luogo di lavoro,gli italiani continuano a preferire largamente la macchina. I dati perònon sono in contrasto, perché mentre l’indagine Istat considera la fra-zione degli spostamenti casa-luogo di lavoro, il Rapporto Isfort analiz-za l’intera gamma delle motivazioni all’origine degli spostamenti.Ma non è nei numeri, o solo nei numeri, che va cercato il segnale del

Page 13: Rivoluzione Bici

11introduzione

cambiamento di abitudini degli italiani a favore dell’uso della biciclet-ta, quanto nella trasversalità di questa scelta. E nell’atteggiamento. Chi sceglie la bicicletta per la salute e la linea, chi per ridurre il costo dimantenimento di auto e pieni di benzina, chi semplicemente perché faprima e si diverte, chi la usa insieme ai mezzi pubblici per fare ancoraprima, chi l’ha sempre usata e non si è fatto “contaminare” dalla civiltàmotorizzata, chi lo fa per l’ambiente, per ridurre l’inquinamento e ilconsumo di combustibili di origine fossile. Il popolo della bicicletta, perfortuna, ha mille facce. E rivendica i suoi diritti a esistere sulla strada.Il ciclista urbano non è più lo sconfitto per definizione. È in difficoltà,certo, e deve lottare per conquistare il proprio spazio vitale sulle stradedi città e per ottenere il rispetto delle regole di coesistenza con il traffi-co motorizzato; deve combattere per strappare alle amministrazionipubbliche poste di bilancio decenti destinate alla realizzazione di pisteciclabili e parcheggi per le biciclette. L’ultima legge in materia di mobi-lità ciclabile degna di questo nome risale al 1998. E non è stata più rifi-nanziata. Se poi guardiamo ai dati sulla sicurezza stradale, salta all’oc-chio che, insieme ai pedoni, il ciclista è ancora un soggetto debole. Debole ma non rassegnato, per cui è passato al contrattacco. Così usaFacebook per organizzare gruppi di pressione. Elabora e propone misu-re a favore della ciclabilità urbana, va a studiare esperienze di eccellen-za all’estero grazie all’iniziativa di gruppi e associazioni storiche di rife-rimento del settore, come la Fiab – Federazione italiana amici della bici-cletta – e l’Associazione italiana città ciclabili (Aicc), che nel 2007hanno ottenuto la convocazione della prima Conferenza nazionale sullabicicletta, organizzata dalla Provincia di Milano anche con il loro sup-porto. Sul modello del movimento nato a San Francisco critical mass ilciclista urbano “resistente” organizza l’occupazione a due ruote dellecarreggiate per affermare il diritto all’esistenza stradale della bicicletta.Crea spazi autogestiti sul web in cui si vendono biciclette, accessori e sidiffondono informazioni. Apre e frequenta le ciclofficine popolari. Indecine di città, compresa la capitale “morale” Milano, sia pur con i soli-ti limiti rispetto all’“altra Europa”, quella del Nord, il ciclista urbanoin crescita di consensi oggi ha conquistato il bike sharing, il servizio dinoleggio pubblico delle biciclette che sta spopolando a Lione, Parigi,

Page 14: Rivoluzione Bici

Barcellona, mentre a Copenaghen e Vienna e nelle grandi e medie cittàtedesche, in forme organizzative diverse, è tradizione consolidata daanni. Certo gli ordini di grandezza sono incommensurabili: oltre 20mila biciclette per il bike sharing a Parigi, 6.000 a Barcellona, poco piùdi mille a Milano. Ma è un inizio. E proprio in sella alle biciclette delbike sharing, o a quelle pieghevoli e a quelle elettriche, oggi vedi girareanche normali professionisti che abbandonano l’auto non per convin-zioni ecologiche, ma per arrivare prima, per muoversi più agevolmentenel traffico paralizzato di città. Una mano al sostegno della diffusione dell’uso della bicicletta, come sidiceva all’inizio, sta venendo anche dai cambiamenti climatici scatenatidalle emissioni legate all’uso dei combustibili fossili, quindi all’uso deicarburanti. In particolare, da uno sponsor di grande rilievo istituziona-le: la Commissione europea che, con il già citato Libro Verde, ci infor-ma che il traffico urbano genera il 40% delle emissioni di CO2, il piùdiffuso gas serra, e il 70% delle altre emissioni inquinanti prodotte dagliautoveicoli. E qual è il mezzo più pulito per eccellenza, a zero emissioni, alta effi-cienza energetica, che non ingombra le strade e non fa rumore?Risposta facile: la bicicletta, che non solo alleggerisce il traffico, mamigliora anche l’ambiente, la salute e l’umore. Lo insegnal’Organizzazione mondiale della sanità, l’Oms, che da anni effettuacampagne a sostegno dell’attività motoria quotidiana: almeno trentaminuti ogni giorno per scansare obesità o prevenire e ridurre le conse-guenze di malattie dell’apparato cardiocircolatorio, e del ricambio,come certe forme di diabete.Da ultimo, il 20 aprile scorso, per promuovere la diffusione della bici-cletta sono arrivati i primi ecoincentivi ministeriali per l’acquisto di unabicicletta, senza obbligo di rottamazione. Anche questa un’assolutanovità per il nostro paese: per la prima volta, oltre alle bici a pedalataassistita elettricamente, nell’elenco dei mezzi a due ruote beneficiaridegli ecoincentivi statali sono state inserite le bici classiche, quelle a“propulsione muscolare”, su cui si pedala senza l’“aiutino” di una batte-ria elettrica. Incentivi bruciati in appena tre settimane, al punto da man-dare in tilt i computer ministeriali e da imporre, a furor di due ruote,

12 rivoluzione bici

Page 15: Rivoluzione Bici

lo stanziamento extra di un’altra tranche di finanziamenti per esaurire lemigliaia di richieste arrivate al Ministero dai rivenditori di tutt’Italia.Ovviamente è ancora tanto il lavoro che resta da fare perché nelle nostrecittà sia riconosciuto il diritto a spostarsi in bicicletta senza rischiare lapelle e il furto del mezzo, senza essere penalizzati dagli altri veicoli edessere percepiti come un intralcio al traffico motorizzato “normale”. Lepiste ciclabili ci vogliono, e ci vogliono quelle misure di regolazione emoderazione del traffico – il cosiddetto traffic calming – che agevolanola circolazione alle biciclette, a cominciare dalle aree del centro storicodove non c’è spazio per realizzare corsie riservate alle bici. Così come ènecessario promuovere in maniera sistematica nelle scuole l’uso dellabicicletta tra i prossimi aspiranti alla patente automobilistica, quei gio-vani che vengono in maggioranza (dis)educati alla dipendenza dall’au-to dai genitori che a scuola li accompagnano in macchina, parcheggia-ta poi in seconda, terza fila davanti alle scuole.Nonostante questi problemi, che permangono, e che sarebbe fuorvian-te occultare o mascherare; nonostante le nostre risicate percentualinazionali di utenti della bicicletta che ci fanno arrossire rispetto al 37%di ciclisti quotidiani di Copenaghen (in alcune località, come Ferrara,siamo però a livelli europei), anche da noi non si è più all’anno zero. Ilsegnale, per quanto debole, del cambiamento in atto, sia pure nonuniformemente distribuito nel paese, va non solo colto, ma anche sot-tolineato e incoraggiato. Anche per questo sarebbe limitante continua-re a percepire la bicicletta solo come mezzo di trasporto “di classe”,“antagonista”, o solo tradizionalista per anziani irriducibili, invece divederla nelle sue potenzialità, in parte già realtà, di mezzo di trasportoscelto per la sua funzionalità agli spostamenti in città, e non limitata-mente al turismo o al tempo libero.Questo segnale rimbalza ancora una volta, e con tutt’altra forza e intutt’altra dimensione, dall’America, dove la rivoluzione a pedali sta con-tagiando le città, dalla ecologica Portland alla Grande Mela (New York),a San Francisco. Un cambiamento di costume sociale, di abitudini, chesta mutando il paesaggio urbano, e che avviene nella patria dell’indu-stria dell’auto per antonomasia, innescato probabilmente da una misce-la fatta di reazione alla crisi economica, di ricerca di stili di vita più

introduzione 13

Page 16: Rivoluzione Bici

sani, e, da ultimo, dalla svolta verde impressa al paese dal PresidenteBarack Obama nella lotta ai cambiamenti climatici e nella rivoluzioneenergetica. Fatto sta che, per la prima volta, nel 2008 negli Usa sonostati percorsi meno chilometri in auto dell’anno precedente. La “rivo-luzione a pedali”, la cosiddetta velorution, ha il suoi modelli di riferi-mento esemplari nel Nord Europa. In Italia, a parte città a misura di bicicletta come Ferrara, Bolzano, ReggioEmilia, Parma e Modena, la neo “promossa in serie A” Padova, e l’emer-gente Venezia-Mestre, sta cominciando a manifestarsi il popolo dei cicli-sti non rassegnati a essere marginalizzati nelle politiche della mobilitàurbana. Questo per scelta e per il piacere di un modo diverso di muo-versi, più rapido e autonomo, pratico, flessibile, socializzante, silenzio-so, non inquinante, salutista. Del resto, al di là del senso del dovere,della spinta etica o dell’imposizione, una delle molle più efficaci del cam-biamento non può che essere la desiderabilità nelle scelte che si fanno.E la bicicletta, usata in contesti di sicurezza, è anche divertente.In tutto questo, una nota davvero stonata, una sorta di “raglio giuridi-co”, viene dal governo, che con il pacchetto sicurezza ha fatto approva-re, a luglio, una norma che consente, oltre che di multare, anche ditogliere punti alla patente automobilistica dei ciclisti che commettanoinfrazioni… in bicicletta. E i ciclisti non patentati? E i pedoni patentatiche passano con il rosso? Perché a loro non tolgono i punti della paten-te? È evidente che si tratta di un provvedimento discriminatorio che, sispera, l’organo per eccellenza a presidio della Costituzione, la CorteCostituzionale, non mancherà di rilevare. È chiaro che non si pretende l’impunità per i ciclisti che commettanoinfrazioni, ma parità di trattamento, questo sì. E proporzionalità dellapena. Quel che colpisce in questo provvedimento va poi oltre il meritostretto. A sbalordire è la mancanza di lungimiranza che lo ispira e per-vade. La bicicletta – indicano Commissione europea e Ipcc – non è uncapriccio movimentista, è diventata necessità economica, sociale eambientale. E cosa fa il nostro governo (che pure a marzo qualche soldoper gli incentivi lo ha messo sul tavolo)? Mentre città europee con pedi-gree civico in ordine – come Münster, Berlino, Parigi, Londra, Monacodi Baviera, Strasburgo, Groningen, per citarne solo alcune – e la italia-

14 rivoluzione bici

Page 17: Rivoluzione Bici

nissima Reggio Emilia, abbassano i limiti di velocità a 30 km/h e per-mettono ai ciclisti di percorrere in entrambe le direzioni le strade asenso unico di marcia, per favorire i percorsi più brevi visto che il cicli-sta si sposta con la sua forza muscolare e non con il motore di un’auto,da noi, invece, il governo pensa a multare i ciclisti, a togliere punti dallapatente automobilistica. Non pensa a creare condizioni di guida sicure,a rendere possibili itinerari ciclabili abbreviati. Ecco chi sono i “piratidella strada” da punire sui loro “bolidi a due ruote”! E tutto questomentre aumenta il bisogno – certificato – che più persone lascino lamacchina parcheggiata a casa per ridurre il consumo di combustibilifossili e la congestione del traffico, che, stress personale a parte, ha riper-cussioni anche di natura economica: nella sola Europa, ci informa nuo-vamente il Libro Verde, costa l’equivalente dell’1% del Pil europeo.Pensare che a Giakarta per recarsi al lavoro i dipendenti pubblici sonotenuti a usare la bicicletta per ridurre il traffico.La bicicletta va promossa, non messa solo sul banco degli imputati escoraggiata.Nelle pagine che seguono, senza gonfiare ad arte la rappresentazione diquesta crescente tendenza a favore dell’uso della bicicletta, fatta dimuscoli e di opinione, espressione di svariate componenti culturali esociali presenti più che mai a macchia di leopardo nel nostro paese, cer-cheremo di documentare i protagonisti, le situazioni di eccellenza, imezzi e i metodi di comunicazione, le forme di organizzazione delnuovo ciclismo urbano. Descrivendo le esperienze dei ciclisti “fai-da-te” all’attacco, i progetti di successo, i modelli da imitare di città a misu-ra di bicicletta, i vantaggi per la salute, l’umore, l’ambiente, il clima, ilportafoglio, e il miglioramento del traffico e della vivibilità delle cittàche derivano dall’uso della bicicletta. Buona pedalata!

introduzione 15

Page 18: Rivoluzione Bici