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Numero 0 del Giornale del Liceo Scientifico Empedocle
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·izèmata
·izèmata
W W W . S C U O L A E M P
DOCLE.IT
Dr. Sergio Pedullà Avv. Giuseppe Pedullà
Messina, 25 luglio 2011 - Premiazione delle Eccellenze
"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza" (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116-120)
Liceo Scientifico EmpedocleLiceo Scientifico EmpedocleLiceo Scientifico EmpedocleLiceo Scientifico Empedocle
orreva il secolo
V a.c. e un uo-
mo di Agrigen-
to stava ormai da anni pen-
sando di creare una Scuola di
Eccellenza che riunisse al suo
interno uomini che amavano
la Medicina e che fossero
“numeri uno”: nasceva così la
SCUOLA SICILIANA di
MEDICINA. Empedocle ne
fu il Fondatore… ahhh, di-
menticavo di dire che Empe-
docle è proprio lui: il Filosofo
- Medico - Guaritore. Il Filo-
sofo delle quattro RADICI
(RIZÓMATA): Fuoco, Aria,
Terra, Acqua. Tutto ha origi-
ne dalla loro unione, anche la
sua Scuola Medica aveva in
sè questi elementi che l’ave-
vano resa famosa. Ne passerà
di tempo prima che qualcuno
riesca a realizzare un piccolo
mondo simile a quello del V
secolo!!!2007/2008:
un TRIO … GIUSEPPE,
MAURIZIO, SERGIO
(chiaramente in ordine alfabe-
tico!) si presentano dinnanzi
ad un uomo alto, barba bian- continua...
ca, lunga veste bianca, beve caffè
Lavazza e parla con Bonolis e
Laurentis… chi è? Non nominia-
moLo! I Tre, in soggezione, si pre-
sentano a Lui: “Piacere” dice il
primo “sono l’Avvocato Giuseppe
Pedullà”;
“Piacere” dice il secondo “sono il
Dottore Sergio Pedullà”; “Piacere”
dice il terzo” sono il Dottore Mau-
rizio Scarmozzino”; “Molto piace-
re” risponde Lui ” so che siete ve-
nuti fin qui perché avete in mente
di creare un piccolo Miracolo sul-
la terra e vorreste il Mio benestare!
Ma Io sono molto esigente e se
non riuscirete a convincerMi che
il vostro progetto è strabiliante,
non avrete il Mio permesso!”. Do-
po aver bevuto una tazzina di buon
caffè Lavazza, Giuseppe, l’avvo-
cato, comincia ad illustrare il pro-
getto: “Vede, Altissimo, noi cre-
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V È NATA UNA STELLA
Storia di una Scuola dove ognuno riesce ad essere se stesso anche essendo parte di un Progetto
diamo che tutto derivi dall’unione
di 4 elementi (come diceva il buon
Empedocle): Coraggio, Intrapren-
denza, Fantasia, Volontà. Ecco
questi sono gli ingredienti che
hanno ispirato il nostro progetto.
Mescolandoli tra di loro abbiamo
creato una Scuola, dove accedono
i ragazzi che hanno a cuore il loro
futuro e che vogliono essere vin-
centi!! La nostra Scuola si chiame-
rà:
“Liceo Scientifico Empedocle,
indirizzo Brocca – con percorso
internazionale verso le
Scienze Mediche e Biotecnologiche”
Il nostro motto sarà: “Chi entra
qui butterà lacrime e sangue!!!”
Quindi Maurizio dice: “Vede,
Gran Capo, io sono un po’ come
Caronte… traghetto i ragazzi al-
l’interno della scuola e ce li faccio
rimanere in perfetto ordine. Con
me si scherza poco!!!!” Poi prende
la parola Sergio, che da medico
illustra quali saranno i percorsi
mirati di questa scuola e quale il
metodo utilizzato: TEST, TEST,
TEST… SPIE AZIONI, SPIEGA-
ZIONI, SPIEGAZIONI… INTER-
ROGAZIONI, INTERROGAZIO-
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NI, INTERROGAZIONI… pensi,
Altissimo, i nostri ragazzi diven-
teranno forti, capaci, preparati…
micidiali!”. Dopo aver sentito i
Tre, Lui dice: “Bene, Mi avete
convinto! Pietro tu cosa ne pen-
si?” Dal nulla vie-
ne fuori un uomo
con i capelli grigi,
e con una PIE-
TRA in mano (poi
si scoprirà che è
Colui che ha po-
sto la prima pietra
per la costruzione
di una Chiesa
grande, tanto
grande!) “Cosa
Vuoi che Ti dica,
mi pare che ab-
biano le idee chiare. Mettiamoli
alla prova!!!” “Bene” dice Lui:”
potete iniziare, ma sappiate che
ogni 60 giorni vi voglio qui a ri-
ferirMi cosa accade. Non delude-
teMi!”.
I Tre, contenti, ringraziano e tor-
nano sulla terra a fondare la loro
Creatura!
La notizia si diffonde velocemen-
te, ne parlano i giornali, le televi-
sioni, tutti accorrono…Curiosi:
“Ma chi è sta cosa?”
Invidiosi: “Chiù di un annu non
durunu!”
Genitori che hanno sempre so-
gnato una scuola con queste ca-
ratteristiche: “Peccato che ci ab-
biano pensato solo ora, ci posso
mandare solo un figlio, l’altro è
troppo grande!”
Figli: “Chissà cosa ci accadrà!!!”
Nonostante i SI e i NO la scuola
ha inizio, si dice che il nastro tri-
colore sarà tagliato da una perso-
nalità importante del mondo della
Pubblica Istruzione, ma mentre
ciò avviene, da sotto la giacca si
vedono cadere delle piume…. chi
è? Ovvio, Lui ha mandato l’An-
gelo Custode!
Le giornate scorrono, gli alunni
aumentano e i Tre cominciano a
prepararsi per il primo test di va-
lutazione pianificato allo scadere
dei 60 giorni pattuiti! Ma, qual-
che giorno prima della scadenza
dei 60 giorni, sul tavolo dove i
Tre si riuniscono, compare un
biglietto: “Portate con voi anche
un alunno!” Chia-
ro, Lui vuole senti-
re anche gli altri!!
Stavolta partono in
quattro..
Appena arrivati,
Lui fa uscire i Tre
e chiede al ragaz-
zo: “Ti piace que-
sta scuola?” “Si”
risponde lui.
“Potresti indicarmi
i motivi?” “Quanti
ragazzi possono
dire di studiare con Einstein, Rita
Levi Montalcini, Giosuè Carduc-
ci e così via? Bene, noi possiamo
dirlo! Pensi, Altissimo, ho visto
il Professore di Fisica dare delle
dritte ad Albert Einstein sull’ef-
fetto fotoelettrico ad un alunno
(Albert ci aveva già preso un No-
bel su questo argomento nel 192-
1), e subito dopo dire a Igor,
“Prendi esempio da lui!”
E cosa vogliamo dire della pro-
fessoressa di Biologia e Anato-
mia che dà ripetizione di nasco-
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sto a Rita Levi Montalcini
(Premio Nobel per la Medicina
nel 1986), dicendole che il fattore
che promuove la crescita delle
cellule del Sistema Nervoso Peri-
ferico si potrebbe utilizzare nella
nostra scuola per mantenerci
sempre giovani?
E la Professoressa di Chimica che
bacchetta Irene Joliot-Curie e
Frederic Joliot-Curie (Nobel per
la Chimica nel 1935) perché fan-
no esperimenti e sintetizzano
nuovi elementi radioattivi senza
alcuna protezione?.
“To be or not to be”, William
Shakespeare e la Professoressa di
Inglese che duettano e lei dice
“Stai attento, perfeziona la pro-
nuncia William!!”
“Se non sbaglio ti chiami Giosuè
Carducci” dice la Professoressa di
Italiano “aggiungi qualche rima a
questo versetto e sarai un Premio
Nobel per la Letteratura!!” E lui
risponde: “Già fatto nel 1906!!
“Povero Pitagora… la Professo-
ressa di Matematica continua a
chiedergli: “di chi è il Teorema
secondo cui, in un triangolo ret-
tangolo, l’area del quadrato co-
struito sull’ipotenusa è pari alla
somma dell’area dei quadrati co-
struiti sui cateti?” E Pitagora ri-
sponde: “Mio”! La Professoressa,
arrabbiatissima, ribatte: “Ma mi
prendi in giro?” Pitagora si volta
verso me e dice: “Vuoi fare capi-
re alla Professoressa che io sono
Pitagora?” E cosa dire dei litigi
tra Socrate e la Professoressa di
Storia e Filosofia? Lei dice a lui:
“Sei un Dàimon, sei un Dàimon”
e lui risponde “Attenta a come
parli… sono il Padre della Filo-
sofia!” Poi in mezzo al corridoio
si scorge la Professoressa di Sto-
ria dell’Arte che discute con Mi-
rone e si complimenta per la pla-
sticità della sua figura, consi-
gliandogli di farsi fotografare per
poi creare una scultura simile a
lui che avrebbe potuto chiama-
re… Discobolo!!!
Tutto questo accade nella nostra
scuola!!!”
E Lui dice. “Ma non c’è proprio
nulla che non ti va di questa scuo-
la?”
“Veramente una cosa ci sarebbe,
ma solo Lei potrebbe aiutarci a
risolverla!!”
“Che cosa?”
“Dura poco: 5 anni, poi ci attende
l’Università, dove saremo solo
dei numeri: matricola 15858;
qui, invece siamo Luca, Igor, Ni-
colò, Benedetta, Simona, France-
sco, Giovanni, Davide, Michele,
Antonello, Piero… Potrebbe sof-
fiare all’orecchio dei Tre che una
bella Università non sarebbe ma-
le?” “Potrei farci un pensierino!!!
“Apre una grossa porta dietro alla
quale stavano seduti i Tre e, dopo
avere rivelato loro il desiderio del
ragazzo, li invita a pensare come
fare!!
Usciti da là, l’Avvocato Pedullà,
il Dottore Pedullà e il Dottore
Scarmozzino cominciano a dire:
“Ma sei impazzito? Cosa gli vai a
dire? Una Università? Ma come
facciamo? Ma non potevi chie-
derGli un’altra cosa?” Una luce
fortissima appare in cielo. È l’im-
magine del nostro Angelo Custo-
de, che apre le ali e accoglie tra
le sue braccia tutti noi: il Trio, i
Professori, gli Alunni, la Segrete-
ria e ci dice:
“Abbiate fiducia!!” …
E’ COSI’ CHE COMINCIANO
LE GRANDI SFIDE!!!!!
Nicolò Albanese
Nasce una nuova realtà: l’Empedocle
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1861-2011: Buon Compleanno Italia!
Un cammino di Unità lungo 150 anni
Fratelli d’Italia (Pierfrancesco Pata)
150 anni… ma non li dimostra (Nicolò Albanese)
Politica italiana (Pierluigi Russo)
L’Italia… è davvero unita? (Michela Penna)
Italia, non gettare la spugna! (Biagio Sancetta)
Piccoli grandi eroi locali: così è nata l’Italia
Il grande Giuseppe Piaggia da Milazzo (Gaia Foti)
Un eroe risorgimentale della mia città: Giuseppe La Farina (Fabio Malacarne)
Domenico Romeo: un patriota dimenticato (Alessandra Minutolo)
Rosa Donato: un’eroina dimenticata (Federica Spadaro)
Rivalutiamo e facciamo conoscere le gesta di Benedetto Musolino (Martina Minutolo)
Michele Morelli: un patriota vibonese (Annamaria Pata)
Interpretiamo il presente
Notizie dall’Estero
Guerra in Libia. In che modo deve intervenire l’Italia? (Sergio Sorrenti)
La mia Africa (Alberto Giuffrida)
La caccia è finita! (Helga Turiaco)
Luca Sanna: un alpino morto (Ramona Urso)
Terrorismo. Fenomeno difficile da estirpare (Antonio Furci)
Le donne e l’ISLAM (Ramona Urso)
La storia di “Copia” e “incolla” (Nicolò Albanese)
Il gioco delle parti
Con gli occhi di un adolescente africano
Ho visto tutti partire (Pierfrancesco Pata)
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S O M M A R I O
Uno sguardo alla realtà che ci circonda
La voce dei nostri inviati speciali dall’Italia
L’ingresso di cultura spaventa l’Italia (Simona Violi)
Perché dobbiamo diventare delle Barbie a tutti i costi? (Annamaria Pata)
La violenza e la giusta pena (Antonio Furci)
La mia Italia di domani (Benedetta Galletta)
Alcol: dipendenza fisica e psicologica (Michela Penna)
Una ricorrenza tutta nostra! (Giulia Pensabene)
YLa droga: un biglietto per un viaggio di sola andata (Gaia Foti)
ara e Sarah: due destini diversi accomunati da un unico tragico epilogo (Nicolò Albanese)
Dalla scuola
Catapultati nello spettacolo (Paolo Salerno)
Scienza e dintorni
La Bioetica. Sì alla ricerca e alla sperimentazione. Purché non si dimentichi l’uomo
(Antonio Furci)
L’influenza del caso della scienza (Pierluigi Russo)
Il tarlo dell’orecchio, Ohrwum! (Eris)
La scissione dell’atomo (Fabio Malacarne)
Moderne tecnologie e nuove generazioni a confronto
Passaggio di testimone (Gaia Foti)
Digital Generation (Pierluigi Russo)
Pirateria informatica (Alberto Giuffrida)
La televisione: positiva o negativa? (Fabio Malacarne)
Uomo o tecnologia? (Pierfrancesco Pata)
Sezione Ambiente-Ecologia
L’acqua: un bene pubblico o privato? (Alessandra Minutolo)
No alle centrali nucleari (Pierluigi Russo)
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Energie rinnovabili per rinnovare l’umanità (Pascuzzi Martina Chiara)
Contribuiamo alla cura del mondo (Michela Penna)
Storia su rifiuti e riciclaggio (Nicolò Albanese)
Riciclaggio: è o non è per noi? (Pierfrancesco Pata)
Il demone dello smog (Maria Federica Ferlazzo)
Verde speranza (Alessandra Minutolo)
Riverberi culturali
Incursioni estravaganti sull’Arte, la Letteratura e la Filosofia
Le rappresentazioni di Ulisse nella letteratura. Dall’eroe di Omero e di Dante al “Re di tem-
peste” di Guido Gozzano (Fabio Malacarne)
Il mito della caverna (Giorgio Cacciola)
Le rappresentazioni del Destino nella Letteratura (Federica Spadaro)
L’uomo e la responsabilità (Martina Chiara Pascuzzi)
L’amore. Vita o morte (Michela Penna)
Se non poniamo fine alla guerra, la guerra porrà fine a noi (Andrea Megna)
La grande arte della Musica (Sergio Sorrenti)
Le nostre Recensioni
Paulo Coelho. L’Alchimista (salvatore Bertino)
L’uomo tra bene e male, ovvero il Visconte dimezzato (Michela Penna)
Roc Marciano – Marcberg (Salvatore Bertino)
COME UN DELFINO. Gli eroi non sono mai abbastanza!!! (Nicolò Albanese)
Prospettive Giovani
Il mondo visto con Sguardo Adolescente
Adolescenza: età unica ed affascinante, ma anche molto complessa (Alessandra Minutolo)
Italia: il mio sogno, la mia ambizione (Claudio Salmeri)
Fate della vostra Unicità motivo di Orgoglio (Biagio Sancetta)
Pane, latte e valori (Gaia Foti)
Uno spettacolo descritto da un’altra prospettiva (Salvatore Bertino)
La famiglia al giorno d’oggi (Martina Minutolo)
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Il sorriso di un bambino: il guadagno più grande (Matteo De Blasio Di Palizzi)
È finita! E se ripenso al primo anno di Liceo? (Maria Federica Ferlazzo)
Penne Estroverse
La singolare e irripetibile creatività delle nostre parole
Metterci la faccia… ovvero l’uomo e la paura (Gaia Foti)
(testo selezionato dalla giuria del 7° premio di scrittura “Legami di parole” della Zanichelli, edizione 2010/11)
Viaggio nel tempo (Nicolò Albanese)
Il TG come lo vorrei (Nicolò Albanese)
Il mio giorno da presentatore del TG14 (Fabio Malacarne)
Una crociera da dimenticare? Forse no! (Francesco Valente)
Viaggio sul veliero dell’alba (Gaia Foti)
La fatica della mia SVEGLIA sempre più presto (Nicolò Albanese)
Se Paride può uccidere Achille, perché non lo può fare pure Ettore? (Fabio Malacarne)
Tutta un’altra Storia
I Corsi e i Ricorsi delle vicende umane
E se i Greci avessero vinto… (Fabio Malacarne)
C’era una volta, e c’è ancora, la MAFIA! (Annalisa Careri)
Le Foibe (Ramona Urso)
100 anni di Guerra. Francia e Inghilterra su fronti opposti. L’Eroina d’Orleans salva la si-
tuazione (Giulia Pensabene)
Uno sguardo nel passato: La Destra e la Sinistra storica (Martina Chiara Pascuzzi)
L’Italia nella Grande Guerra e l’avvento del Fascismo (Martina Chiara Pascuzzi)
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SPECIALI di
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Il mazzo di asfodeli rossi (Biagio Sancetta)
L’Angolo della Ricerca: Le conseguenze biologiche della radioattività (Biagio Sancetta)
Empedocle: Il volto dell’Eccellenza
Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco
_|vxÉ fv|xÇà|y|vÉ XÅÑxwÉvÄx_|vxÉ fv|xÇà|y|vÉ XÅÑxwÉvÄx_|vxÉ fv|xÇà|y|vÉ XÅÑxwÉvÄx_|vxÉ fv|xÇà|y|vÉ XÅÑxwÉvÄx `xáá|Çt VtàtÇ|t
Presentazione della Scuola
Il Liceo Scientifico “Empedocle” sorge all’interno della
prestigiosa struttura salesiana del “San Luigi” di Messina
e presso lo storico Collegio domenicano del “Sacro Cuore
di Gesù” di Catania. Il Liceo permette agli studenti fuori
sede di alloggiare all’interno della Scuola stessa presso il
“Residentato Empedocle” a Messina; a Catania invece è
possibile usufruire di apposite strutture convenzionate li-
mitrofe.
La Scuola offre ai suoi allievi l’opportunità di conse-
guire, al termine del percorso di studio, una preparazione
solida, completa e approfondita in tutti i settori disciplina-
ri. Nell’ambito del curricolo scientifico, essa, in particola-
re, appare orientata al potenziamento di competenze spe-
cifiche e propedeutiche all’accesso alle Facoltà universita-
rie dell’area medico-sanitaria. Per percorrere con profon-
da vocazione e opportuna serietà questo importante itine-
rario di sapere e di saperi, l’offerta formativa del Liceo è
stata infatti arricchita dalla presenza di specifiche discipli-
ne, quali l’Anatomia e la Fisiologia umana, l’Istologia, le
Biotecnologie alimentari e O. g. m. Da poco sono stati al-
lestiti laboratori didattici di informatica, lingue, fisica,
chimica e biologia, tutti all’avanguardia, che consentiran-
no agli allievi di poter applicare e sperimentare sul campo
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Sito internet:
www.scuolaempedocle.it
Presidente del C.d.A. e del Comitato Scientifico:
Dr. Sergio Pedullà
Direttore Generale
Avv. Giuseppe Pedullà
Direttore Responsabile
Prof. Maurizio Scarmozzino
Caporedattori:
Prof.ssa Grasso Agata Camilla
Prof.ssa Amata Donatella
Redazione e Amministrazione
Ufficio di corrispondenza di Messina
Responsabile:
Dott.ssa Maria Cinconze
Via R. Ansalone n. 2 98121 Messina
Tel. 0903710859 Fax 0908967872
Ufficio di corrispondenza di Catania
Responsabile:
Prof. Emanuele Failla
Via M. Cilestri 109 95128 Catania
Tel. 095449710 Fax 0908967872
email:
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quanto appreso nel corso delle lezioni.
La volontà che ha animato l’ambizio-
so progetto educativo dei suoi due fon-
datori, il Dottor Sergio
Pedullà e il cugino, l’-
Avvocato Giuseppe Pe-
dullà, ambedue dotati di
esperienza pluriennale
nel campo dell’istruzio-
ne, è stata, ed è quella,
di venire incontro alle
esigenze e ai bisogni
formativi di ogni singo-
lo alunno, al fine di ren-
dere ciascuno protago-
nista consapevole e corresponsabile del
percorso didattico predisposto.
Il Liceo Scientifico “Empedocle”,
sin dalla sua nascita, è animato inoltre da
un chiaro orientamento di carattere inter-
nazionale. Ciò è concretamente dimo-
strato dal potenziamento del numero di
ore dedicate alla lingua e alla cultura in-
glese, ma anche dagli scambi culturali e
dagli accordi stipulati con la prestigiosa
Università di Cambridge, in virtù dei
quali è possibile conseguire il Cambridge
International A / AS Level (Cie). Il “Cie”
è un titolo di studio superiore che, ricono-
scendo l’eccellenza nel-
la preparazione degli
studenti nelle discipline
scientifiche e nella pa-
dronanza della lingua
inglese, consente di po-
tersi direttamente iscri-
vere presso le Facoltà
universitarie a numero
programmato di più di
125 paesi del mondo. La
Scuola, inoltre, in colla-
borazione col Dipartimento di Anatomia
dell’Università di Malta, organizza ogni
anno corsi teorico-pratici di anatomia e
tecniche operatorie su cadaveri, destinati
agli studenti già iscritti in Medicina, Chi-
rurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria e
ai medici specializzandi e/o specializzati
in Chirurgia Generale.
Le risorse umane presenti all’interno
del Liceo, oltre alle fondamentali compe-
tenze di tipo disciplinare, didattico, psico-
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pedagogico e metodologico, coniugano an-
che specifiche competenze relazionali, che
permettono di instaurare uno stimolante e
aperto ambiente di apprendimento, rispet-
toso delle diversità e delle potenzialità di
ciascuno. Infatti, l’obiettivo fondamentale
che i docenti si prefiggono di raggiungere,
mediante la creazio-
ne di appositi itinera-
ri educativi in sinto-
nia con gli stili di ap-
prendimento e le esi-
genze di ciascun stu-
dente, è quello di garantire a tutti il conse-
guimento del successo formativo. Le scel-
te didattiche effettuate, pertanto, muovono
anzitutto dall’acquisizione di quei saperi e
di quelle competenze essenziali ed irrinun-
ciabili, che consentiranno all’allievo di po-
ter leggere ed interpretare autonomamente
e criticamente la realtà sociale in continua
evoluzione.
Oltre a questo bagaglio formativo di ba-
se, la Scuola si impegna, attraverso la rea-
lizzazione di apposite attività pomeridiane
di tipo extracurricolare, non solo a rimuo-
vere tempestivamente eventuali difficoltà
di apprendi-
mento rilevate,
ma soprattutto ad ampliare ed approfon-
dire la preparazione culturale degli allie-
vi. La flessibilità didattica ed organizza-
tiva che caratterizza l’impostazione ge-
nerale della Scuola permette di migliora-
re la qualità e l’ef-
ficacia del proces-
so di insegnamen-
to-apprendimento,
valorizzando gli
interessi e la curio-
sità e promuovendo il piacere della co-
noscenza.
Le attività curricolari ed extracurri-
colari attuate vengono supportate e valo-
rizzate dal costante utilizzo di sussidi
multimediali e delle nuove tecnologie
informatiche. Ogni aula è infatti dotata
di pc, videoproiettore, collegamento ad
Internet e lavagna elettronica e ciò favo-
risce l’attuazione di percorsi didattici
imperniati sulla ricerca, l’esplorazione e
il conseguente sviluppo di un apprendi-
mento collaborativo e dinamico.
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Tutte le
volte che
si entra
nell’argo-
mento
dell’Unità d’Italia vengono ricordati
solo i nomi più celebri, come Giu-
seppe Garibaldi, Camillo Benso
Conte di Cavour e Giuseppe Mazzi-
ni. Nomi assolutamente degni di
stima e di rispetto. Ma ciò che molta
gente non sa è che dietro queste per-
sone che spiccavano per carattere,
volontà e soprattutto per voglia di
riuscire a raggiungere il loro scopo,
ce n’erano altre migliaia, pronte an-
che a sacrificare con eroismo la pro-
pria vita per rendere il nostro paese
unito. Basti pensare ai “Mille” di
Garibaldi che sbarcarono in Sicilia;
a Vittorio Alfieri, poeta e dramma-
turgo, le cui ossa ancora - come af-
fermò Foscolo nei Sepolcri -
“fremono amor di patria”; a Goffre-
do Mameli, un giovane genovese
senza il quale noi non avremmo la
colonna portante del nostro Stato, il
nostro “Fratelli d’Italia”, invidiato
da tutte
le altre
nazioni,
per bel-
lezza e
per musicalità. Di solito viene cantata
solo la prima parte dell’inno di Mameli,
considerata la sua lunghezza, ma in quel-
la prima parte credo che siano scritte la
parole più belle e significative che si
potessero dedicare ad una terra, la nostra
terra, l’Italia. Davanti all’Italia la Vitto-
ria stessa deve porgere la chioma, in sen-
so di sconfitta e di sottomissione. Qui
viene utilizzato il nome della capitale,
Roma, come espressione di tutto lo Sta-
to, per dire che questa subordinazione
discende direttamente da Dio. La
“Canzone degli italiani” si chiude con
dei versi pieni di pathos e di amor patrio:
alla chiamata di aiuto dell’Italia bisogna
rispondere repentinamente, senza esitare
e sacrificando per Lei anche la nostra
stessa vita. Per me, queste rappresentano
in assoluto le parole più belle che si po-
tessero scrivere per un Paese, così piene
di valori e soprattutto di amore. Amore
per una donna che sarà per sempre no-
stra, che nessuno potrà mai portarci via,
la nostra Patria.
Pierfrancesco Pata
Fratelli d'Italia
Inno di Mameli Fratelli d'Italia L'Italia s'è desta,
Dell'elmo di Scipio S'è cinta la testa. Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma, Ché schiava di Roma
Iddio la creò. Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte L'Italia chiamò.
Noi siamo da secoli Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo, Perché siam divisi. Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme: Di fonderci insieme
Già l'ora suonò. Rit.
Uniamoci, amiamoci, l'Unione, e l'amore Rivelano ai Popoli Le vie del Signore; Giuriamo far libero
Il suolo natìo: Uniti per Dio
Chi vincer ci può? Rit
Dall'Alpi a Sicilia Dovunque è Legnano, Ogn'uom di Ferruccio Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla I Vespri suonò.
Rit. Son giunchi che piegano
Le spade vendute: Già l'Aquila d’Austria Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia, Il sangue Polacco, Bevé, col cosacco, Ma il cor le bruciò.
Rit.
1861 - 2011: Buon Compleanno Italia!
Tutta un’altra Storia
dopo un grande plebiscito il Regno delle
due Sicilie viene annesso all’Italia, se-
guito poi da Umbria e Marche. E Camil-
lo? Nell’Ottobre del 1860 una legge
elettorale del Conte, limita il diritto di
voto ai cittadini maschi con più di 25
Peppino Garibaldi… Regista
anni e che paghino almeno 40 lire d’im-
posta l’anno. Risultato: aventi diritto al
voto 418.000 (quelli del Nord che erano
più ricchi), votanti 240.000. Chi ci ave-
va guadagnato? Come sempre il Nord! E
Papa Pio IX? Camillo gli offrì su un
piatto d’argento: “Libera Chiesa in libe-
ro Stato” che equivale a dire: Basta con
il dominio dei Papi!!! Così ebbe inizio il
Regno d’Italia,17 Marzo 1861, con So-
Pagina 13
vrano Vittorio Emanuele. Questa storia è
molto lunga, cari spettatori, e per questo
gli attori e il regista di un tempo, ormai
scomparsi, sono stati sostituiti da altri
attori e registi RAI, a reti unificate, tra-
smette giornalmente quella che un tem-
po era una STORIA ed oggi è diventata
una SOAP opera. Premio Telegatto per
tutti. Berlusconi (regista), Fini, Rutelli,
Casini, Bersani, Di Pietro, Bossi e chi
più ne ha più ne metta. Quante comparse
si muovono sui nostri schermi e noi sia-
mo indecisi se andare al cinema a vedere
“Qualunquemente” o “Che bella giorna-
ta” o rimanere comodamente a casa a
vedere come andrà a finire la duemila-
cinquecento ventiquattresima puntata
della soap ”RUBY”. E la centocinquan-
tenne che fa? Aspetta di arrivare a 200
anni, tanto lo sa che Lei ci sarà sempre,
ma gli attori e i registi… cambieranno!!!
Albanese Nicolò
Questa è una storia ambientata nel
periodo che va dalla seconda guerra di
Indipendenza (1859), fino ai giorni
nostri. L’attrice principale (Premio
Oscar alla Carriera) è una donna molto
bella e audace di nome “ITALIA”, gli
altri attori sono volti più o meno noti
del cinema italiano di un tempo, come
Camillo Benso Conte di Cavour, Na-
poleone III, Vittorio Emanuele II di
Savoia. La regia è curata dal famoso
regista-attore Peppino Garibaldi. Sia-
mo a Plombières (Francia) nel 1858,
Camillo il Conte stringe un accordo
segreto con Napoleone III il Francese:
“Se verrai attaccato dagli Austriaci”
dice il Francese “sosterrò te e i Savoia,
ma se sarai tu ad attaccare loro, non mi
vedrai al tuo fianco!” Camillo, astuto,
provoca a tal punto gli Austriaci da
farsi attaccare… Ecco come ebbe ini-
zio la seconda guerra d’Indipendenza
italiana (29 Aprile 1859). Ma gli inte-
ressi erano diversi… Camillo pensava:
“ Se riuscirò a controllare la parte più
sviluppata d’Italia, controllerò tutta la
penisola”. Napoleone III, invece, dice-
va:”Se avrò sotto il mio dominio i due
terzi d’Italia, avrò anche il Piemonte”.
Alla fine della fiera, Camillo capì di
aver toppato… al Regno di Sardegna
mancavano Umbria, Lazio, Marche
(dello Stato Pontificio) e il Sud. Ma
come tutte le storie che si rispettino c’è
sempre l’Eroe che viene a salvarti!!!!!
Ed ecco che il Regista–attore Peppino
Garibaldi entra in scena: mette insieme
1000 uomini e, poiché gli avevano rega-
lato 100 metri di stoffa rossa, decide
che le camicie indossate dai suoi
“prodi” sarebbero state fatte con quella
stoffa. Parte da Quarto e sbarca a Mar-
sala l’11 Maggio del 1860; conquista
l’isola siciliana assieme ai “ picciotti” e
Auguri Italia
1861 - 2011: Buon Compleanno Italia!
150 anni…ma non li dimostra!
Quest’anno ricorre il sesquicentenario
dell’Unità d’Italia ed è stato scelto
giorno 17 marzo per festeggiare tale
ricorrenza. Purtroppo in Italia ogni
proposta che viene avanzata da qual-
siasi personaggio o partito o coalizio-
ne politica genera sempre malcontenti
e avversioni, in quanto non si conside-
ra l’oggetto della proposta ma il sog-
getto da cui questa parte. Festeggiare
il compleanno dell’Italia va oltre ogni
ideologia politica perché è il comple-
anno di tutti; è un modo per ricordare
il processo con cui quest’unità è avve-
nuta. E sentire ancora oggi lamentele
circa questo festeggiamento fa davve-
ro ridere. Venire a conoscenza che
alcuni “politici”, che occupano i pa-
lazzi del potere, e che quindi sono
stati eletti direttamente dal popolo
“italiano”, si rifiutino di partecipare a
questi festeggiamenti solo perché ap-
partenenti a determinati partiti, provo-
ca in me, cittadino di appena 18 anni,
un senso di delusione. Più di un seco-
lo fa un filosofo francese, Ernest Re-
nan, sostenne che una nazione è fatta
di due elementi: una ricca eredità di
ricordi e la volontà attuale di vivere
insieme. Mi sa che queste parole non
vengono prese in considerazione dai
nostri rappresentanti al governo, forse
perché interessati e impegnati a rag-
giungere i loro obiettivi e non quelli
comuni. O forse perché vi è molta
ignoranza. La classe politica italiana
sta mostrando proprio questo carattere.
Non si risolve un problema che subito se
ne genera un altro. E allora come si può
cambiare? Chi è che riesce a trovare il
“filo d’Arianna “ per condurci fuori da
questa grande matassa? Sicuramente non
ci potremo più affidare a personaggi
come Garibaldi, Mazzini e altri ITA-
LIANI che hanno lottato per la propria
patria, per portarla al sommo grado di
libertà, giustizia e uguaglianza, perché
di questi personaggi, ahimè, è scompar-
sa la traccia. Il 150° anniversario del-
l’Unità a mio parere deve essere festeg-
giato, non per il semplice giorno di fe-
sta, o per i discorsi che verranno fatti in
quel giorno, o per gli inni nazionali, ma
perchè l’Italia raggiunga un più forte
sentimento nazionale. Una cosa è certa:
continuare così non penso faccia del
bene. Del resto lo stesso Massimo D’A-
zeglio, all’indomani dell’Unità, quasi
prefigurando gli attuali scenari, disse:
AVETE FATTO L’ITALIA, ORA
FACCIAMO GLI ITALIANI.
Pierluigi Russo
Politica italiana
Pagina 14
Massimo Taparelli, marchese d'Azeglio
1861 - 2011: Buon Compleanno Italia!
ÂTuu|tÅÉ ytààÉ ÄË\àtÄ|t? ÉÜt ytvv|tÅÉ zÄ| \àtÄ|tÇ|Ê
Massimo D’Azeglio
Marchese e uomo politico di orienta-mento liberale moderato, cugino di Ce-sare Balbo, dopo aver intrapreso la car-riera militare - sul modello del padre - si dedicò alla pittura e alla politica. Since-ro patriota italiano, ma cosciente delle grandi differenze tra i vari regni d'Italia e deciso a rispettare i sovrani legittimi, era contrario ad una unificazione a sola guida piemontese e auspicava la crea-zione di una confederazione di stati sul modello dell'Unità tedesca. Fu dura-mente attaccato per questo dai Mazzi-niani (e successivamente anche da Gramsci) e definito da Cavour suo "empio rivale" (inseguito, quest'ultimo lo costrinse a dimettersi). Dopo i primi studi a Firenze, a soli 13 anni venne ammesso alla facoltà di filosofia dell'U-niversità di Torino, da dove uscì per entrare in Cavalleria ("Reale Piemon-te"). Fu primo ministro del Regno di Sardegna dal 1849 al 1852, in uno dei momenti più drammatici della storia di quel paese (in seguito alla sconfitta su-bita dall'Austria) al termine della Prima guerra d'Indipendenza. Sarà senatore del Piemonte dal 1853. L'11 luglio 1859 ebbe l'incarico di costituire un governo provvisorio a Bologna, dopo la cacciata delle truppe pontificie. Il 25 gennaio 1860 venne nominato Governatore della Provincia di Milano, carica che tenne fino al 17 marzo 1861 allorquando fu nominato il prefetto Giulio Pasolini. Durante la sua vita si dedicò anche alla pittura ed alla letteratura, sia in veste di scrittore politico che di romanziere. Ebbe la capacità di intravedere i limiti della riunificazione ("Abbiamo fatto l'Italia ora dobbiamo fare gli italiani"), della dirigenza sabauda (lasciò la scuola di cavalleria per contrasti con l'aristo-crazia) e che propose una sua soluzione sia dal punto di vista costituzionale (stato federale) che da quello economi-co (liberale).Sposò poi Giulia, figlia di Alessandro Manzoni. Durante gli ultimi anni della sua vita si dedicò alla scrittu-ra delle sue memorie, pubblicate postu-me col titolo I miei ricordi nel 1867. Massimo D'Azeglio morì a Torino nel 1866.
per ciò che succede da sempre, penso sia
inutile celebrare l’Unità d’Italia, perchè
ancora esistono persone italiane che
peccano di xenofobia nei confronti dei
loro stessi fratelli, pensando di esserne
superiori. Avrei tanto voluto festeggiare
questo giorno di grande emozione ma,
visto quanto accade, mi sembrerebbe
solo una gran finzione.
Michela Penna
L'Italia... è unita davvero?
Pagina 15
Si avvicina sempre più il giorno in cui
si festeggerà l’Unità d’Italia. Dovreb-
be essere un evento importante ed
emozionante per tutti noi, ma da quel-
lo che sta succedendo così non sem-
bra. Quale unità d’Italia? la politica di
oggi sta rovinando tutto. Immaginate
che l’Italia sia una statua, che il corpo
siamo tutti noi cittadini italiani e la
testa sia il governo. Come immagine-
reste questa statua? Io a mille pezzi.
E’ senza dubbio un corpo staccato
dalla testa. Quando studiai Shelly con
la poesia Ozymandias non ho potuto
non fare un parallelismo con la nostra
situazione nazionale ed ecco che lui
mi ispirò. Purtroppo non posso far
finta che sia tutto rose e fiori e festeg-
giare, perchè mi rendo conto che sarà
solo una messinscena per quel giorno
particolare. Parlo così perchè noi del
Sud siamo spesso discriminati da quei
fanatici politici della Lega, e non solo
da loro. Anche il sindaco di Vibo Va-
lentia ha dichiarato la non partecipa-
zione alla festa poichè, come noi tutti
calabresi, egli aspetta ancora quelle
tante scuse che non sono mai arrivate
dalla gente del Nord, perchè mortifi-
cati per l’immagine che si da di noi. Il
Comune di Spresiano, in provincia di
Treviso, usa, ad esempio, per pubbli-
cizzare la raccolta differenziata, l’im-
magine della Calabria posta all’inter-
no di una pattumiera, che viene così
paragonata ad un rifiuto. Il Sindaco di
Vibo ha espressamente affermato: “noi
calabresi ci sentiamo italiani, i nostri
avi hanno combattuto per l’Unità d’Ita-
lia e versato il loro sangue perchè ciò
avvenisse. Non possiamo permettere
che qualcuno, che forse non ha rispetto
per la nostra patria e per l’Italia intera,
pensi di offendere una terra di cultura,
storia, dolore ma soprattutto dignità,
come la Calabria”. Una dignità che non
può essere gettata tra i rifiuti. Proprio
TUTTA UN’ALTRA STORIA
1861 - 2011: BUON COMPLEANNO ITALIA!
Divisi nell’Unità
L’Italia delle Regioni
Pagina 16
ITALIA, NON GETTARE LA SPUGNA! Quest’anno l’Italia, la nostra Italia,
compie centocinquanta anni. Ed è stra-
no pensare che circa un secolo fa que-
sta era solo una neonata in fasce ed
ancora inesperta. Sarei stato felice di
scrivere che quelli della nostra nazione
sono stati anni gloriosi, che hanno
contribuito a migliorarla sempre di
più, fino a farla approdare ad un co-
mune sentimento di unità nazionale.
Ebbene, non è così: 17 marzo 1861, il
re Vittorio Emanuele II di Savoia vie-
ne incoronato re d’Italia e da allora il
nostro stato ha iniziato ha muovere i
suoi primi passi verso quello che molti
uomini, con grandi sacrifici e spesso a
prezzo della propria vita, avevano de-
siderato. Ma quale percorso ha fatto il
nostro paese fino ad ora? Il nostro è un
paese che a stento ha imparato a gatto-
nare ed ancora vacilla, cammina a pas-
si lenti verso la meta che un paese che
si rispetti deve raggiungere. Guardan-
do intorno a me mi chiedo: Dov’è que-
st’Italia? L’Italia di cui tutti noi abbia-
mo studiato la storia: per gli avvocati e
per la Costituzione è “unica ed indivi-
sibile”, per gli storici è uno Stato a
tutti gli effetti dal 1861, e per tutti gli
altri è solo e semplicemente “Italia”.
Ma dove vedete tutti voi l’Italia unita?
Da cosa riuscite a capire che tutti noi
siamo cittadini italiani? Nordisti, sudi-
sti, civili che indirizzate il vostro pen-
siero ai partiti, questa non è l’Italia,
l’Italia è ancora dormiente nella mente
di quegli uomini che hanno combattu-
to e lottato per svegliarla. Ma ancora
niente è successo: le urla degli uomini
uccisi, gli echi che in tutte le piazze
della penisola italica proclamavano
“Viva l’Italia unita”, il rumore dei
cannoni e lo stridio delle spade non
hanno svegliato nessuno. Oggi come
non mai la situazione è degenerata: noi
tutti siamo divisi e nessuno si rispec-
chia più in quegli ideali cui ancora
inneggiamo in alcune particolari occa-
sioni. Ed ora anche la festa di anniver-
sario per i 150 anni di unità. Secondo
me questa celebrazione non ha alcun
senso. Da quando nel 638 i Longobar-
di di Alboino scesero in Italia, le varie
regioni della penisola sono rimaste
divise per secoli ed hanno seguito stra-
de completamente diverse tra loro.
Quasi nessuno si rispecchia più negli
ideali del nostro inno, in quanto l’uni-
ca cosa che ci rende tutti affini è l’odio
ed il disprezzo. È triste pensare che
molti uomini siano morti per arrivare
alla condizione attuale. Forse, se i pa-
trioti avessero immaginato che sarem-
mo arrivati alle presente condizione, di
sicuro avrebbero rinunciato a lottare
per l’unità. L’Italia non è mai stata
così divisa come ora. Ma prima di ve-
dere le pecche del popolo, andiamo a
quelle delle cariche pubbliche: le stes-
se fazioni politiche (che in teoria do-
vrebbero rappresentare il popolo italia-
no) pensano solo ai propri interessi e
alimentano solo inutili diatribe. Per
raggiungere i propri scopi esse rallen-
tano lo stesso “iter” parlamentare e
dello Stato, creando disordine e caos.
Pensano a lottare solo per sé, non per
il popolo dal quale dipendono. La loro
nomina è solo un paradosso ed ancora
più assurda è l’istituzione di un giorno
che celebri l’unità italiana. Assegnare
uno scopo reale alla loro carica è co-
me far vedere la luna nel pozzo. Per-
ché non pensano a risolvere le que-
stioni istituzionali, anziché ricoprire
cariche fittizie ed istituire feste nelle
quali nessuno si rispecchia? Perché
non pensano a migliorare il proprio
popolo, anziché nascondere la vera
realtà dei fatti con inutili e futili que-
stioni? Quando mai, se ne lavano le
mani di noi e di quello che rappresen-
tano.
Connazionali, ancora niente è perso.
Devono capire che tutta la loro realtà
dipende da noi, il popolo di una de-
mocrazia. Allora reagiamo, sovvertia-
mo le cose. Il cammino verso una vera
e propria democrazia giusta ed equa
ha ancora molte frecce al proprio ar-
co. Non dormite sugli allori pensando
che qualcuno ci verrà a liberare. Italia,
stiamo arrivando, siamo noi i nostri
salvatori, resisti ancora! Fin quando ci
sarà qualcuno a perseverare, nulla è
perso e la liberazione è ancora realiz-
zabile.
Italia mia, resisti: non gettare la spu-
gna!
Biagio Sancetta
Pagina 17
Il grande Giuseppe Piaggia da Milazzo
PICCOLI GRANDI EROI LOCALI: COSÌ È NATA L’ITALIA
Milazzo, crocevia di
miti, leggende e tra-
dizioni sacre e profa-
ne millenarie, dalle
radici che affondano
nelle tradizioni gre-
che, nella religione e nelle più profane
credenze popolari, con i suoi abitanti
diede un contributo fondamentale al
Risorgimento siciliano, come forse nes-
sun altro centro delle sue dimensioni.
All’ombra del maestoso castello invio-
lato, quattro furono i protagonisti princi-
pali di questo fondamentale momento
storico : Domenico Piraino, Stefano
Zirilli, Francesco Carlo Bonaccorsi e
Giuseppe Piaggia. Tra questi, Piaggia ha
ricoperto un ruolo essenziale nel Risorgi-
mento siciliano. Giuseppe Piaggia, nel ’48
si arruolò nella Giovane Guardia, a Paler-
mo, scrisse sui giornali rivoluzionari e ven-
ne chiamato a prendere il posto di Bonac-
corsi nella carica di direttore del “Giornale
Officiale di Sicilia”. Dopo che la rivoluzio-
ne fu soffocata, per sfuggire alla repressio-
ne borbonica, fece ritorno a Milazzo, delu-
so dai contrasti fra i patrioti. Non si occu-
perà più di politica attiva ma solo di studi
storici; tuttavia le sue pagine saranno vi-
branti di sentimenti antiborbonici e liberali.
Nel ’60, subito dopo la battaglia di Milaz-
zo, accorse per raccogliere notizie di prima
Tra le tan-
te vie che
conosco
della mia
città, quel-
la che più
mi ha in-
curiosito
la prima volta che l’ho sentita nomi-
nare, è “Via La Farina”, una delle
più intasate. Quando sono venuto a
conoscenza di questa strada, chiesi a
mia madre chi fosse La Farina. Lei
mi rispose con un sorriso: “Giuseppe
La Farina?”. Io ovviamente risposi
che non sapevo quale fosse il suo
nome. Mia madre continuò spiegan-
domi che Giuseppe La Farina fu un
grande patriota del periodo risorgi-
mentale. Egli nacque in questa città
nel 1815 e non morì in patria, bensì
a Torino nel 1863, anche se poi le
sue spoglie furono, nel 1872, trasfe-
rite a Messina. Le imprese che lo
videro protagonista furono numero-
se. Tra di esse ricordiamo anzitutto
la battaglia del 1848 tra la Legione
Universitaria della Sicilia, che egli
condusse, e i Borboni; inoltre fu lui a
fronteggiare gli austriaci nel Veneto
come consigliere del re sabaudo e fu
uno dei fautori della Spedizione dei
Mille. La Farina non fu solo patriota
e militare ma anche un grande politi-
co: infatti dal 1848 al 1849 fu eletto
deputato al Parlamento Siciliano.
Quando poi emigrò in Francia, verso
la fine del 1856, fondò la Società
Nazionale Italiana, che ebbe l’obiet-
tivo di avvicinare l’opinione nazio-
nale al Piemonte di Cavour. Fu an-
che eletto deputato al primo Parla-
mento italiano, ricoprendo successi-
vamente la carica di Consigliere di
Stato. Fu inoltre Ministro dell’Istru-
zione, dei Lavori Pubblici, dell’Inter-
no e della Guerra. Quel che mi affa-
scina di più di questo personaggio è
che riuscì a essere a essere un grande
militare e allo stesso tempo anche un
grande politico. Anche se questo im-
portante personaggio del nostro Ri-
sorgimento non è molto noto in Ita-
lia, è una persona che merita tutta la
mia stima.
Fabio Malacarne
Un eroe risorgimentale della mia città: Giuseppe La Farina
mano sul suo svolgimento e scrisse
una sorta di instant book sulla giornata
del 20 Luglio, descritta quasi in diret-
ta: la prima ricostruzione documentata
della battaglia. Nel ’63 venne nomina-
to dal governo Ispettore (carica onori-
fica non retribuita) delle Scuole supe-
riori della Sicilia occidentale. Pur non
combattendo “in prima linea”, Giusep-
pe Piaggia ha scritto comunque una
delle pagine più importanti del risorgi-
mento milazzese e italiano, forte di
quei valori di unità e libertà che, attra-
verso lui,scorrono nel sangue di noi
Milazzesi doc.
Gaia Foti
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Domenico Romeo...un patriota ormai dimenticato
Domenico Ro-
meo (Santo Ste-
fano in Aspro-
monte, 1796 –
Reggio Calabria, 1847) è stato un
patriota italiano, martire del Ri-
sorgimento. Fratello minore di
Giovanni Andrea Romeo, crebbe
in mezzo alle dolorose agitazioni
che straziavano il suo paese, svi-
luppando amor patrio e avversio-
ne verso ogni forma di tirannide.
Svolse una imponente opera al
fine di risvegliare i liberali, sfidu-
ciati e intimoriti dalle persecuzio-
ni, in tutto il meridione d’Italia. A
seguito del fallimento della spedi-
zione dei fratelli Bandiera, decise
di preparare una rivolta che par-
tisse proprio dalla Calabria.
Organizzò quindi la rivolta del
settembre 1847, di cui è conside-
rato dagli storici l’ideatore, il pro-
motore e il capo indiscusso. Ordì
una trama tra Calabria, Sicilia e
Basilicata; la congiura coinvolse i
veterani della Carboneria. Il 29
agosto Domenico Romeo lancia-
va il proclama della rivolta, fa-
cendo sventolare il tricolore ita-
liano sulla piazza di Santo Stefa-
no in Aspromonte. Il 2 settembre,
assieme al fratello Giannandrea
Romeo, al nipote Pietro Aristeo
Romeo e al cugino Stefano Ro-
meo, alla testa di cinquecento se-
guaci, prese Reggio Calabria, isti-
tuendovi un governo provvisorio.
Tuttavia, era mancata l’unità di
intenti, e il segreto era stato tradi-
to. A muoversi furono solo i Ro-
meo: a Messina, addirittura, il
comitato d’azione locale si scisse
in due tronconi, e le teste più cal-
de e i patrioti più facinorosi tenta-
rono, di propria iniziativa, un’a-
zione già il 1º settembre: la rivol-
ta era prontamente schiacciata.
Mentre a Catanzaro non scoppia-
va neppure. Le forze regie potero-
no quindi agevolmente concen-
trarsi su Reggio. La repressione
fu durissima: il 15 settembre, a
seguito di un conflitto a fuoco, in
contrada Cicciarello di Marrappà,
nei pressi di Podàrgoni, Domeni-
co Romeo fu assassinato e barba-
ramente decapitato, e la sua testa
fu esposta nel cortile delle carceri
di San Francesco a Reggio Cala-
bria, per due giorni, quale monito
per i tanti rivoltosi ivi detenuti.
Alessandra Minutolo
PICCOLI GRANDI EROI LOCALI: COSÌ È NATA L’ITALIA
Grazie a tanti piccoli grandi uomi-
ni, oggi, l’Italia dopo ben 150 anni
è un’unica nazione. Tanti sono i
protagonisti ad esempio Garibaldi,
Mazzini… Tutti uomini: ma le
donne che ruolo svolgevano? Il
risorgimento femminile si ricorda
solo per alcuni casi eclatanti come
il caso della Contessa di Castiglio-
ne ed altri nobildonne che nei loro
circoli, nei loro salotti cercarono di
trasmettere l’idea risorgimentale.
Ma all’ombra delle nobildonne c’e-
rano donne che parteciparono atti-
vamente, prendendo le armi, scen-
dendo nelle strade, combattendo al
fianco degli uomini. Messina, con
Rosa Donato, non è un caso parti-
colare, è un CASO DIMENTICA-
TO.
Rosa Donato nacque
a Messina nel 1808,
al momento dei fatti
risorgimentali del
1848 era una donna
di quarant’anni.
Allo scoppio dei moti messinesi
scese in strada e, impadronitasi
fortunosamente insieme al Lanzetta
di un piccolo cannone sottratto ai
soldati borbonici, andava sparando
contro di loro. Essendosi dimostra-
ta del tutto degna del valore di un
Rosa Donato: un'eroina dimenticata
Pagina 19
Rivalutiamo e facciamo conoscere ai giovani le gesta di Benedetto Musolino
PICCOLI GRANDI EROI LOCALI: COSÌ È NATA L’ITALIA
Benedetto Mu-
solino nacque a
Pizzo Calabro
l’8 Febbraio del
1809 da una fa-
miglia di idee liberali e antibor-
boniche. Da giovane si recò a Na-
poli per studiare Giurisprudenza e
visitò anche Costantinopoli, dove
divenne consigliere del Visir.
Successivamente rientrò a Napoli
per organizzare una congiura con-
tro i borboni. Nel 1832 fondò, nel
Regno delle due Sicilie, la Setta
dei “Figlioli della Giovine Italia”,
della quale egli scrisse il Catechi-
smo. Essa si ispirava a quella di
Giuseppe Mazzini, ma pur richia-
mandosi agli stessi principi, era
differente nell’organizzazione e
nella condotta. Nel 1839 venne
arrestato e liberato dopo alcuni
anni. Fu successivamente riman-
dato a Pizzo e sottoposto ad una
stretta sorveglianza. Nonostante i
severi controlli Musolino riuscì a
partecipare alla rivoluzione del
1848. Dopo che i moti furono se-
dati, la reazione borbonica fu
spietata nei confronti della fami-
glia di Benedetto Musolino: il
padre e il fratello maggiore ven-
nero uccisi, mentre la madre, un
altro fratello e la cognata moriro-
no per il grande dolore; furono
inoltre derubate e distrutte tutte le
proprietà di famiglia. Benedetto
fu condannato alla pena di morte
ma riuscì a fuggire, partecipando
nel 1849 alla rivoluzione romana.
Successivamente prese parte al-
l’impresa garibaldina con il grado
di colonnello brigadiere. Combat-
té a Reggio Calabria, Piale di Vil-
la S.Giovanni, Soveria Mannelli,
Capua e per il suo eroismo fu elo-
giato e stimato dai suoi conterra-
nei. anche deputato e poi senatore
del neonato Regno d’Italia. Mu-
solino viene ricordato anche per i
suoi importanti scritti: “La rivolu-
zione del 1848 nelle Calabrie”,
che fu pubblicata postuma nel
1903,”La Gerusalemme e il Po-
polo Ebreo”, “Al popolo delle
Due Sicilie”, “Il prestito dei 700
milioni e la riforma delle impo-
ste”, “Il trattato di Berlino”,
“Memorandum sur la guerre ac-
tuelle Turco-Moscovite”, “La Ri-
forma Parlamentare”. Morì il 15
Novembre del 1885 nel suo paese
natale.
Martina Minutolo
uomo, nell’estate del ’48 fu insi-
gnita del grado di caporale con ber-
retto e fazzoletto tricolore a giro-
collo, e fu posta al comando della
batteria dei “Pizzillari”, situata vi-
cino al torrente Portalegni, con il
compito di difendere sino alla mor-
te le mura a nord-ovest della città.
Quando non poté più mantenere la
sua posizione, diede fuoco al cas-
sone delle munizioni, uccidendo
molti soldati borbonici, mentre lei
stessa veniva scaraventata giù dalle
mura a colpi di baionetta. Fintasi
morta, fuggì a Palermo, dove le
vennero affidati due pezzi di arti-
glieria. Arresasi anche Palermo,
Rosa rientrò a Messina, dove fu
imprigionata per quindici mesi.
Negli anni ’50, una volta uscita dal
carcere, Rosa visse di elemosina,
che chiedeva solo agli studenti uni-
versitari, nei quali vedeva la spe-
ranza del futuro.
Morì in umili condizioni nel 1867.
Per ricordarne le gesta lo scultore
Vincenzo Gugliandolo scolpì in
marmo un suo busto, oggi colloca-
to nell’atrio del Banco di Sicilia di
Messina. Finalmente oggi si risco-
pre la sua figura, assieme a quella
di altre donne che hanno contribui-
to a rendere glorioso il Risorgi-
mento messinese.
Federica Spadaro
Michele Morelli fu un patriota
italiano nativo della città di Vibo
Valentia. Partecipò anche alla
campagna militare in Russia do-
ve guadagnò la promozione di
sottotenente, sotto Gioacchino
Murat.
Con il ritorno dei Borboni al tro-
no, fu inviato nel 1817, col grado
di sottotenente, nel reggimento
cavalleria Real Borbone stanziato
a Nola. La notizia della conquista
in Spagna del regime costituzio-
nale si diffuse tra i carbonari. A
Napoli la cospirazione prese su-
bito vigore e coinvolse anche de-
gli ufficiali superiori, come il ge-
nerale Guglielmo Pepe. Morelli
decise di partecipare alla cospira-
zione. A lui si affiancarono Giu-
seppe Silvati e Luigi Minichini.
La notte tra l’1 e il 2 luglio 1820
Morelli e Silvati diedero il via
alla cospirazione. Il 2 luglio, a
Monteforte Irpino, Morelli fu ac-
colto trionfalmente e poi insieme
a Silvati e Minichini fece il suo
ingresso ad Avellino. Accolti dal-
le autorità cittadine, i tre procla-
marono la Costituzione sul mo-
dello spagnolo. Dopo Morelli
passò i poteri nelle mani del co-
Michele Morelli: un patriota vibonese
lonnello De Concilij. Questo ge-
sto di sottomissione provocò il
disappunto di Minichini che tornò
a Nola per incitare una rivolta
popolare. Il 5 luglio Morelli entrò
a Salerno, mentre la rivolta si e-
spandeva a Napoli. Il giorno se-
guente, il re Ferdinando si vide
costretto a concedere la Costitu-
zione. Per festeggiare la vittoria,
molti cospiratori giunsero a Na-
poli. C’era anche Morelli alla te-
sta del suo squadrone che nel frat-
tempo era stato ribattezzato
“Squadrone Sacro”. Successiva-
mente le potenze della Santa Al-
leanza decisero l’intervento arma-
to contro i rivoluzionari che nel
Regno delle Due Sicilie avevano
proclamato la Costituzione. Mo-
relli e Pepe tentarono di resistere,
Pagina 20
PICCOLI GRANDI EROI LOCALI: COSÌ È NATA L’ITALIA
ma il 7 marzo 1821 i costituzio-
nalisti di Napoli vennero scon-
fitti ad Antrodoco dalle truppe
austriache. Il 24 marzo gli Au-
striaci entrarono a Napoli senza
incontrare resistenza e chiusero
il nuovo Parlamento. Dopo un
paio di mesi, re Ferdinando re-
vocò la Costituzione e affidò al
ministro di polizia il compito di
catturare tutti coloro che erano
sospettati di cospirazione. Mo-
relli e Silvati furono costretti
alla fuga e il 10 aprile si imbar-
carono verso l’Albania ma una
tempesta dirottò la loro imbar-
cazione sino a Ragusa. Di lì rag-
giunsero la Bosnia. Poi i due si
divisero e Morelli tornò in Ita-
lia. Mentre si trovava tra le
montagne d’Abruzzo venne as-
salito da dei banditi che lo deru-
barono. Arrivato al primo paese,
in cerca di aiuto, incontrò i gen-
darmi ai quali si arrese e così fu
rinchiuso nel Forte dell’Ovo.
Durante la prigionia incontrò
Silvati, catturato giorni prima.
Morì a Napoli il 19 settembre
1822. Oggi a Michele Morelli è
dedicato il Liceo Classico di
Vibo Valentia.
Michele Morelli
La Mia Africa
Pagina 21
INTERPRETIAMO IL PRESENTE
UNHCR), esagerate. E’ tra l’altro da
dirsi che ai confini della Libia, con
l’Egitto e con la Tunisia, i popoli di
queste due nazioni non hanno mo-
strato atteggiamento ostile nei con-
fronti dei popoli libici (anzi un au-
tentico spirito di accoglienza): su
questi confini la comunità interna-
zionale dovrebbe concentrate sforzi
umanitari e risorse di ogni tipo. Si
tratta di aiutare il popolo libico (cui
siamo debitori, come italiani colo-
nialisti) a superare questo momento
di violenza e sofferenza e di appog-
giare i tentativi che la Comunità in-
ternazionale farà di “fermare” Ghed-
dafi e la sua volontà di far sprofon-
dare negli abissi il suo popolo, pur
di non cedere il potere. Ma ancor di
più, oltre ad aiutare concretamente i
profughi, l’Italia deve farsi portatri-
ce di quella politica europea sempre
enunciata e mai iniziata, cioè di cre-
azione di uno spazio euro-
La necessità di
intervenire in
quel che sta
accadendo in Libia (una carneficina
che rischia di protrarsi nei prossimi
giorni, e magari mesi) è la necessità
di dare risposte su due fronti: l’acco-
glienza dei profughi e, appunto, un
possibile intervento militare.
E’ comunque chiaro che ogni inter-
vento possibile, umanitario, militare,
di interposizione, dev’essere europe-
o, o della Nato autorizzata dall’O-
NU. In ogni caso l’Italia, da sola, ha
dei problemi ad intervenire. Per ra-
gioni storiche l’Italia è bene che non
intervenga militarmente. La perma-
nenza e il dominio coloniale in Libia
degli italiani (iniziato nel 1911) fa
del nostro paese il meno adatto a
interventi di tipo militare: verrebbe
visto dalla popolazione locale libica
(e non solo) come “un ritorno” peri-
coloso di colonialisti (gli italiani).
E’, allo stesso tempo, dovere storico
proprio nostro dare una mano vera e
convinta al popolo libico in questo
momento di grande difficoltà: le mi-
nacce e le paure che si arrivi a un’
“invasione di profughi in Italia” ci
appaiono, leggendo anche il parere
di esperti ed istituzioni internazionali
(come l’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati-
mediterraneo che integri i popoli me-
diterranei in un progetto di sviluppo,
di pace e benessere.
Sergio Sorrenti
Mi chiamo Mustafa, ho vent’anni e sono
nato e vivo a Bengasi. Si, sono anch’io
uno shabab, un combattente. La vedi
questa ferita che ho sul petto? Sono stato
tra i primi a scendere in piazza, il 17 feb-
braio scorso, a gridare il mio “no” e a
combattere con queste mie mani e con la
rabbia che mi sale dentro contro i merce-
nari assoldati da Gheddafi. Era ormai
giunto il momento di passare all’azione:
basta stare seduti a guardare le immagini
di Al Jazeera, basta leggere i messaggi di
incitamento alla lotta su facebook! Non
restava che scendere in campo e lottare
tutti insieme per liberarci di quel tiranno
maledetto che ci ha privati della libertà e
di qualunque elementare diritto civile;
che ha fatto arrestare, torturare ed uccide-
re chi non era d’accordo con lui; che ci ha
ridotti in totale schiavitù. Mio fratello
Ahmed, mio zio Ali, tanti amici, tanti
miei compagni di scuola sono stati truci-
dati dai suoi cecchini. Lui che per oltre
40 anni si è arricchito alle nostre spalle
con i contratti miliardari stipulati con i
paesi europei, lui che ha cercato di tener-
ci buoni con la politica dei sussidi, mi
auguro che muoia o che vada in esilio e
che finalmente la Libia diventi un paese
libero in cui è bello vivere.
Alberto Giuffrida
NOTIZIE DALL’ESTERO
Guerra in Libia. In che modo deve intervenire l'Italia?
Il simbolo della Organizzazione delle Nazioni Unite
Pagina 22
Luca Sanna: un alpino morto.
Cosa è realmente successo nei 38 mi-
nuti trascorsi nel fortino di Abbottā-
bad? Nessuno sembra saperlo e chi lo
sa preferisce che l’accaduto rimanga
riservato. In particolar modo gli USA
si rifiutano di pubblicare le foto della
morte di Osama Bin Laden; vogliono
forse nascondere qualcosa che non
sarebbe dovuta accadere? La figlia di
Osama sostiene che il padre sia stato
torturato e ucciso di fronte ai familiari,
ma nessuno riesce a determinare cosa
sia realmente accaduto. La grande cac-
cia è iniziata l’11 settembre 2001 sui
televisori di tutto il mondo e si è con-
clusa l’1 maggio 2011. Il criminale più
ricercato della storia, che ha causato la
bellezza di 2974 morti (più i 19 terro-
risti) e 24 dispersi in un attacco terro-
ristico che nessuno riuscirà a dimenti-
care, è stato giustiziato! Eppure ci so-
no ancora alcuni pezzi del puzzle che
non vanno ancora al proprio posto:
come hanno fatto gli elicotteri delle
forze speciali USA ad entrare non visti
in territorio pakistano? Scienza, peri-
zia militare, fortuna, sono queste le
motivazioni che ci sono state fornite,
ma la realtà rimane ancora un mistero.
Al solito i media sembrano sapere tut-
to senza sapere realmente niente, ma
presto riusciranno a convincerci del
contrario, pubblicando qualche dato
raccolto qua e là dagli inviati speciali.
Ma la verità continuerà a rimanere
nascosta! Helga Turiaco
Molti sono i soldati italiani che
decidono di andare in missione di
pace nel mondo. Tra questi ricor-
diamo gli alpini Italiani in Afgha-
nistan. Tra di loro Luca Sanna, il
cui ricordo è ancora vivo. Il 18
gennaio Sanna è stato ucciso
mentre si trovava in missione,
precisamente nella zona di Malah
Bunghab. Sanna lavorava nell’e-
sercito dal 2003, e, anche se non
aveva affrontato molte esperienze
lavorative, era comunque consi-
derato un soldato “esperto”. Il
caporal maggiore dell’ottavo reg-
gimento degli alpini italiani fu
aggredito mentre si allontanava
con un suo compagno dalla base
militare italiana. Un soldato af-
ghano si accostò pacificamente ai
due militari, fingendo di avere un
problema all’arma. Quando ne
ebbe la possibilità sparò ai due
alpini. Poco tempo dopo il mini-
stro La Russa
fece sapere a
tutti noi italiani
che per Luca Sanna il colpo era
stato fatale, mentre il suo collega
Luca Barisanzi, pur essendo stato
per molti giorni in gravi condizio-
ni, era riuscito a riprendersi. Luca
Sanna è stato riportato in Italia,
dove si sono celebrati i funerali di
Stato, durante i quali tutti noi ab-
biamo ricordato l’alpino che ha
sacrificato la sua vita. Luca Sanna
si era sposato da poco tempo e su-
bito dopo il matrimonio era partito
per l’Afghanistan: lo dedizione
alla causa della pace lo aveva
spinto ad abbandonare la sua fami-
glia. Tutti noi, secondo me, do-
vremmo considerare Luca Sanna e
tutti gli altri soldati che si sacrifi-
cano in guerra veri e propri model-
li, tramite i quali comprendere il
vero senso dell’altruismo e del
coraggio.
Ramona Urso
NOTIZIE DALL’ESTERO
La caccia è finita!
Pagina 23
gliacchi, non
combattenti,
perchè in effetti
i terroristi non
sono degni
nemmeno dell’appellativo di
combattenti. La loro è una guerra
non dichiarata, che uccide perso-
ne indifese. Il terrorismo è una
grave minaccia per il mondo in-
tero, perchè crea un senso di insi-
curezza, apprensione, paura, an-
goscia che non sempre tutti san-
no superare. Ed è proprio questo
il risultato perseguito dai terrori-
sti: seminare il panico, così da
condizionare negativamente tutte
le attività umane. Il mondo civile
deve saper combattere unito, di-
menticando rivalità di qualsiasi
genere in nome della civiltà. E’
indispensabile che le nazioni si
coordinino in un’unica lotta con-
tro il terrorismo, perchè è impos-
sibile chiudere gli occhi di fronte
alla morte straziante di bimbi
innocenti, fingendo che il fatto in
sè non tocchi la coscienza. La
vita umana non deve essere col-
pita, ma deve essere rispettata e
amata nel migliore dei modi.
Antonio Furci
Terrorismo. Fenomeno difficile da estirpare
Con tragica regolarità il nostro
pianeta è sconvolto da atti terrori-
stici che minano la stabilità di
fragilissimi equilibri politici, mi-
nacciando la sopravvivenza della
terra stessa. A voler scrivere una
storia del terrorismo nel nostro
secolo, troveremmo materiali suf-
ficienti per una inquietante enci-
clopedia, il cui ultimo volume è
sempre in preparazione, se di ulti-
mo volume si può sperare di ave-
re un giorno l’occasione di parla-
re. Sembra quasi che l’ umanità, o
meglio, certa umanità (ma poi è
giusto definirla così?) creda che
le proprie ragioni debbano essere
ribadite o fatte valere solo con
l’uso più vile della forza, della
paura, della violenza contro gli
innocenti. Motivi religiosi -o
piuttosto fanatismo- politici, raz-
ziali, economici non valgono ad
armare mani omicide di veri vi-
Le donne e l'ISLAM
E’ di poco tempo fa la notizia della
condanna a morte in Iran di Saki-
neh, una donna accusata di adulte-
rio. Si tratta di un caso emblemati-
co, che non è il primo nel mondo
islamico più integralista. Secondo
il corano, infatti, la donna deve es-
sere sottoposta all’autorità prima
del padre e poi del marito, in tutto
e per tutto. In virtù di questo le
donne sono private dei fondamen-
tali diritti umani e civili, non godo-
no di alcuna libertà, non possono
decidere del loro destino e sono
costrette ad un abbigliamento spe-
cifico, che comprende anche l’uti-
lizzo di veli atti a nascondere il
volto, ed a convivere con altre mo-
gli. Nel mondo occidentale tutto
ciò viene certamente condannato in
maniera assoluta, poichè nessun
essere umano, uomo o donna, può
o deve essere considerato inferiore
ad un altro. In molti paesi islamici,
del resto, le condizioni femmini-
li stanno cambiando: le don-
ne, talora, ricoprono ruoli pubblici
e professionali proibiti in passato.
Ci sono comunque settori rimasti
inaccessibili, come l’esercito o la
giustizia, e rimangono le oltraggio-
se restrizioni che le donne sono
costrette a subire. Ramona Urso
Osama Bin Laden
Pagina 24
La storia di "Copia" e "Incolla"
Questa storia ha inizio in una città chia-
mata “Furbetta”: i protagonisti sono due
buffi personaggi di nome “COPIA” uno,
“INCOLLA” l’altro. “Copia” e “Incolla”,
amano burlarsi di tutti e a tutti prometto-
no grandi cose! Girano su una vecchia
macchina tutta “scassata”, e sul tetto un
grosso megafono continua a ripetere:
”Copia e Incolla a prezzi stracciati!! Con
noi raggiungi il massimo risultato con il
minimo sforzo!!!”. Un giorno passa di lì
un malcapitato signore tedesco di nome
Karl-Theodor che, ben felice di poter
centrare l’obiettivo senza stancarsi troppo
e senza passare le notti insonni bevendo
caffè per stare sveglio a studiare, chiede
ai due “geni del male” di impacchettargli
una bella “tesi” per il Dottorato di Ricer-
ca!!! Ed ecco fatto! Tesi pronta… Dotto-
rato di Ricerca in tasca e… al diavolo
l’onestà!!! Pensate, questo Karl è talmen-
te bravo che è divenuto un uomo di fidu-
cia della Cancelliera Angela Merkel! Ne
ha fatta di strada il ragazzotto da quando
ha incontrato “Copia” e “Incolla”, e ne ha
fatta tanta… Ministro della Difesa. Ma
non è proprio vero che tutte le ciambelle
riescono col buco! Ai Tedeschi non la si
fa! Il poveretto, scoperto, è stato lasciato
in mutande e costretto a dimettersi!!! E
“Copia” e Incolla”? Sono chiusi dentro
un libro con “Tira” e “Molla”, “Pappa” e
“Ciccia”, “Bulli” e “Pupe”, “Peppone” e
“Don Camillo”. Ma torneranno, e come
se torneranno… di polli da spennare il
mondo è pieno!!! Nicolò Albanese
IL GIOCO DELLE PARTI
Con gli occhi di un adolescente africano
Sta succedendo qualcosa, qual-
cosa che non è mai accaduto
da quando sono nato. Sembra
qualcosa di terribile, di spaven-
toso, un’ondata di colpi di pi-
stole, fucili, bombe e qualun-
que altra cosa possa uccidere.
Vedo tanta gente scappare, vo-
gliono mettersi in salvo, da
cosa? Da una tremenda guerra
c h e
p o -
trebbe
porta-
re la
mor t e
di tutti
quanti
l o r o .
Ho visto tutti i miei amici par-
tire, salire su delle barche mar-
ce e logore, insieme a centinaia
di persone. Altri volevano fug-
gire in Germania, in Francia,
chi addirittura in America. Tut-
ti posti diversi ma con uno sco-
po comune, quello di avere una
vita migliore, di avere un lavo-
ro, una famiglia e qualsiasi co-
sa di bello la vita possa offrire.
Vedendo tutti quanti andare
Ho visto tutti partire
via, è sorto anche in me il desi-
derio di scappare lontano, di
farmi una nuova vita, ma questo
desiderio è stato subito indeboli-
to da una miriade di pensieri e
preoccupazioni. Avevo paura di
ciò che mi sarebbe potuto acca-
dere, avevo paura del Paese in
cui sarei andato, ma avevo an-
che paura a restare nel mio di
Paese. Così
presi la de-
cisione, for-
se fino ad
ora, più im-
portante di
tutta la mia
vita. Rac-
colsi i soldi
necessari alla traversata del ma-
re, soldi che mi avrebbero porta-
to in Europa, che mi avrebbero
portato ad una nuova vita. Oggi
è il giorno prima della partenza
e sento dentro di me quelle sot-
tili paure che piano piano diven-
tano sempre più grosse, ma che
allo stesso tempo vengono
smorzate dal desiderio irrefrena-
bile di cambiamento.
Pierfrancesco Pata
Pagina 25
La voce dei nostri inviati speciali dall’Italia
Uno sguardo alla realtà che ci circonda
Il flusso migratorio, in particolar modo dai paesi
extracomunitari, ma ultimamente anche da nazioni
europee, è una realtà presente da diversi decenni
nel nostro Paese, ma si è fatto più consistente a
partire dagli anni ‘80 del secolo scorso, fino a di-
ventare una vera e propria “emergenza”. Si parla di
emergenza prima di tutto per i problemi legati all’-
accoglienza, cioè per garantire igiene e cure ai sog-
getti in ingresso malati, eventualmente anche por-
tatori di malattie trasmissibili,
motivo per il quale nel corso
del tempo sono stati creati veri
e propri centri di accoglienza
per gli stranieri. Il fenomeno
migratorio ha portato nel tem-
po alla necessità di un inseri-
mento lavorativo degli adulti
immigrati e di un inserimento scolastico di bambi-
ni e adolescenti, dalla scuola materna fino a quella
superiore. Infatti, nella scuola italiana il numero
degli alunni stranieri è aumentato notevolmente.
Ciò ha comportato la necessità di cambiare l’orga-
nizzazione scolastica, perchè inevitabilmente la
presenza di bambini stranieri comporta l’esigenza
di risolvere alcuni problemi,
tra cui la diversa lingua, i di-
versi livelli culturali e religio-
si, le diverse priorità, i diversi
modelli comportamentali ed
educativi. Questi problemi
possono, dal punto di vista
didattico, creare dei rallen-
tamenti nello svolgimento
delle lezioni, anche se le
proposte di legge sono orientate a garantire comun-
que a tutti il giusto livello di istruzione. La differen-
za linguistica è il fattore più evidente, che crea mag-
giori difficoltà di inserimento e che spesso porta al-
l’emarginazione di alcuni stranieri. E’ chiaro che,
risolvendo questo problema,
molto probabilmente se ne po-
trebbero risolvere anche altri. E’
proprio nel tentativo di trovare
una soluzione che è stata fatta la
proposta di creare delle classi
solo per gli immigrati. A mio
parere questa iniziativa può solo
rendere più difficile e complicata l’integrazione di
immigrati, perchè sarebbe come creare classi di
“diversi”, con il rischio di aumentare i fenomeni di
intolleranza, violenza e razzismo. Sarebbe invece
necessario portare avanti un “progetto” di inseri-
mento, aumentando le ore di insegnamento della
nostra lingua, effettuando magari lezioni pomeridia-
ne per coloro che sono stranieri e utilizzando le dif-
ferenze culturali tra le varie razze come motivo di
arricchimento e non di ostacolo. Al momento attuale
la multiculturalità è un sogno, poichè c’è diffidenza,
ignoranza, superficialità e rifiuto di tutto ciò che è
“diverso”. Simona Violi
L'ingresso di cultura spaventa l'Italia
Pagina 26
Perchè dobbiamo diventare delle Barbie a tutti i costi?
Il mondo della moda e dello spettacolo
presenta icone di perfezione e bellezza ai
giovani, che molte volte sono false e irre-
alizzabili. Un mondo in cui se non si è
belli, magri e muscolosi non si farà mai
strada, illudendo i giovani che la bellezza
esteriore sia l’unica cosa da realizzare
nella nostra vita. Ogni giorno possiamo
osservare su riviste come Vogue e Vanity
Fair modelle, o meglio giovani ragazze,
che mettono in mostra il loro corpo e il
loro viso perfetto, indossando tacchi e
vestiti striminziti. Ma questo è pur sem-
pre il loro lavoro. Le ragazze le guardano
come se fossero la cosa più bella che ci
sia a questo mondo e si impongono che
anche loro dovranno raggiungere la loro
perfezione e bellezza. Questo accade nel-
le ragazzine dagli undici anni in su, per-
chè non sono contente del loro corpo e
del loro essere. Iniziano a guardarsi allo
specchio continuamente, fissando con
disprezzo quel poco di pancia che si ritro-
vano o che non hanno proprio, osservano
le loro gambe, che si potrebbero parago-
nare a dei manici di scopa, il loro seno
troppo piccolo e i loro glutei. Sembra che
tutti i difetti alloggino nel loro corpo.
Aprono il beauty-case della mamma e
iniziano a rovinare il loro viso con pro-
dotti estetici. Infine chiederanno ai loro
genitori le prime scarpe con il tacco, il
primo lucidalabbra, il primo ombretto e
così via. Il giorno mangiano sempre di
meno, o non mangiano proprio, per non
ingrassare. Dimagriscono, diventano
scheletriche, dei fantasmi pallidi. Loro
stesse diventano il loro dietologo. Il non
mangiare provoca gravissime malattie,
come l’anoressia o la perdita di calcio e
ferro, che avrà su di loro conseguenze
gravi. Io ho assistito in prima persona a
questo dramma, perchè una mia amica si
era innamorata perdutamente di un ragaz-
zo. Lei è una bella ragazza, solo che era
un po’ robusta, ma questo ragazzo l’ha
rifiutata solo per questo, perchè per lui
l’aspetto esteriore è tutto. La mia amica,
delusa ha iniziato a non mangiare, nono-
stante i richiami e le minacce della ma-
dre. Lei mangiava, ma poi si precipitava
in bagno a vomitare. Io sono molto con-
tenta che questa mia amica abbia messo
la testa a posto, soprattutto grazie agli
amici e avendo capito che l’aspetto este-
riore non è tutto. Ma sono ancora tante le
giovani che muoiono di anoressia, questa
malattia dell’anima che provoca una
mancanza persistente o la perdita comple-
ta dell’appetito con conseguente rifiuto
del cibo fino alla morte. Oppure ogni
giorno seguono una nuova dieta come le
modelle. Io non riesco a capire com fac-
ciano a vivere un intero giorno mangian-
do un solo frutto o un solo pezzetto di
formaggio; se cercano di imitare in tutto e
per tutto le modelle devono sapere che
loro farebbero di tutto per mangiare di-
versamente. Ultimamente la Spagna ha
emanato una legge che vieta alle industrie
di moda di far sfilare le modelle con abiti
taglia 38, proprio per non dare un cattivo
esempio alle adolescenti. Molte giovani
per il loro compleanno, principalmente
per il loro diciottesimo compleanno, o
anche prima, preferiscono un intervento
di chirurgia estetica al posto di una bella
festa o di un viaggio dell’estero. Non c’è
più nulla di concreto nei giovani ed essi
sono anche ingenui: non capiscono che
nessuno è perfetto ma i computer possono
far raggiungere la perfezione. PhotoShop
è un programma che può ritoccare le foto,
migliorarle nei minimi particolari. Since-
ramente io non mi sono mai posta questo
tipo di problemi: se non mi sono mai im-
posta di perdere peso è perchè non volevo
avere problemi di salute e poi perchè non
ho mai voluto imitare le modelle. E come
dicevano i latini bisogna avere “Mens
sana in corpore sano”. E sinceramente
preferirei non vivere proprio se vivere
vuol dire questo, perchè è immorale. Io
penso che conti più il cervello che la bel-
lezza. Ma non tutti lo comprendono, e
credo che la televisione o le riviste do-
vrebbero sensibilizzare queste ragazze,
facendo apparire persone con più cervello
e meno perfette, per far capire che se si è
bravi e intelligenti si può raggiungere
ogni nostro obiettivo e che non basta esse-
re “oche”. Ad esempio stilisti e negozi
hanno di recente organizzato sfilate dove
le modelle indossavano abiti dalla taglia
42 in su. Perchè tutti questi sacrifici per
dimagrire ci rendono infelici. Tra le mie
aspirazioni per il futuro c’è quella di di-
ventare un chirurgo, e se mai lo diventerò
credo che il chirurgo plastico mi farà gua-
dagnare molto, dato che tutte queste inge-
nue ragazze verranno da me per modifica-
re il loro corpo. Credo comunque che se
siamo circondati da una famiglia e da
amici che ci vogliono bene è praticamente
inutile cambiare noi stessi, perchè loro ci
accettano anche con i nostri difetti e so-
prattutto perchè la vera bellezza, quella
che rende davvero fantastica una persona,
non è la bellezza esteriore ma quella inte-
riore. Annamaria Pata
Pagina 27
La violenza e la giusta pena La mia Italia di domani
Ogni gior-
no la radio,
la televisio-
ne e i quoti-
diani riportano notizie di rapine,
furti, sequestri e azioni violente,
che non fanno altro che provocare
profonde angosce in molte perso-
ne. E’ facile condannare, quando
leggiamo del giovane che ha ru-
bato o che ha commesso un reato
piuttosto grave, e non ci preoccu-
piamo di comprendere, di andare
al di là del fatto di cronaca. Certo,
la criminalità è sem-
pre esistita, ma oggi
il fenomeno è più
esteso - o più cono-
sciuto - che in pas-
sato. Viviamo nella
società dei consumi,
della corsa sfrenata, del successo,
del consumismo senza scrupoli, e
chi non riesce ad assecondare tali
meccanismi ha la sensazione di
essere fallito. In questi ultimi
tempi notizie di efferati delitti
causati da “orchi cattivi”, come
l’uccisione della piccola Sara o
della piccola Yara, hanno portato
migliaia di persone a pensare e a
riflettere su quale debba essere la
giusta pena da dare a questi mo-
stri. Io sono contro la pena di
morte, da più parti invocata come
naturale rimedio alla criminalità,
perchè definisco assassino anche
chi uccide per punire. Credo che
non si debba punire per vendetta,
ma che la punizione debba avere
uno scopo rieducativo. Solo Dio
può decidere della vita di una per-
sona, solo Lui può fare Giustizia;
un giorno sarà Lui a scegliere la
giusta punizione per chi ha sba-
gliato. A noi compete solo invita-
re chi ha sbagliato a pentirsi.
Dobbiamo giungere
alla conclusione
che, se esistono le
violenze, forse è
colpa un pò di tutti,
poichè tutti abbia-
mo contribuito a
creare una società in cui vengono
messi da parte valori quali l’amo-
re, la fratellanza, la solidarietà, a
vantaggio di disvalori quali l’e-
goismo e il desiderio del succes-
so. Per evitare la degenerazio-
ne dovremmo fermarci un attimo
a riflettere e cercare di costruire
un mondo più solidale e meno
violento.
Antonio Furci
In questi giorni sono tante le manife-stazioni che si sono verificate in tutta Italia. Nella mia città, in particolare, gli studenti dei licei si sono riuniti presso le strade in cortei o nelle loro scuole dove hanno occupato i locali per molti giorni. Tutto ciò è dovuto ai tagli previsti dalla riforma Gelmini, soprattutto verso le università per i ricercatori, la scuola primaria (maestro unico) e gli istituti tecnici, dove sono state apportate delle ridu-zioni delle ore di studio: ciò si tradu-ce di fatto in una riduzione dei fondi per la cultura, il tutto a sfavore degli studenti. Anche i licei hanno subito molti tagli, specialmente per i labora-tori pomeridiani (musicali, teatrali, linguistici, ecc.), e ciò ha causato la ribellione da parte degli alunni. Inol-tre, è previsto un aumento delle scuo-le a pagamento: ciò ai danni di ragaz-zi che provengono da famiglie più modeste e che sono impossibilitati a pagare l’istruzione al figlio. Sarebbe più opportuno diminuire gli stipendi di molti politici e le spese che girano intorno a loro per investirli nell’istru-zione dei giovani, che rappresentano il futuro del Paese, e quindi dell’Ita-lia. Io ho molta fiducia nel futuro e spero che il governo dia molta più importanza alla scuola e mandi i fon-di necessari per migliorarla, non solo per quanto riguarda le ore mattutine ma anche per i laboratori pomeridia-ni. Io, per fortuna, frequento una scuola privata che mi sta dando l’op-portunità di conseguire una prepara-zione completa e approfondita, per-chè io e i miei compagni studiamo specifiche materie che ci serviranno in futuro per accedere facilmente a molte facoltà universitarie, ma soprat-tutto in quella che intendo scegliere, quella di medicina. Concludo espri-mendo il desiderio che tutti i miei coetanei abbiano le mie stesse possi-bilità.
Benedetta Galletta
Pagina 28
Alcol:dipendenza fisica e psicologica
L’alcolismo è un fenomeno che
sempre più prende piede tra i gio-
vani e ha ormai raggiunto dimen-
sioni preoccupanti, in quanto uno
su quattro si sbronza. Inoltre l’età
del primo approccio con l’alcol si
abbassa ogni anno maggiormente.
Ad influenzare la mentalità dei
giovani vi è anche una società
che, su questo piano, è in cam-
biamento e che somiglia sempre
più agli stati nordici dove si be-
ve principalmente nel weekend,
a differenza di quello che acca-
deva precedentemente in Italia,
dove venivano consumate be-
vande alcoliche come birra e
vino durante i pasti, secondo la
tradizione mediterranea. Ciò
accade anche oggi ma in minor
quantità. A questo si aggiungono
le sollecitazioni pubblicitarie che,
anziché sensibilizzare le persone
a fare un uso responsabile degli
alcolici, le invogliano ad acqui-
stare i prodotti. I giovani sono i
primi a risentire gli effetti della
società e della pubblicità, si riuni-
scono in happy hours, brunch,
pub e discoteche, tutti luoghi di
ritrovo finalizzati al consumo di
alcol dove, probabilmente per
mostrarsi più grandi, pensando di
averne dei benefici o per cercare
momentaneamente di dimenticare
problemi personali, ne fanno un
uso scorretto. Questa è una situa-
zione negativa per quanto riguar-
da il benessere del nostro organi-
smo, che risente in primo luogo
di una serie di danni a carico di
svariati apparati: dal sistema ner-
voso centrale e periferico al meta-
bolismo generale, dal sistema im-
munitario a quello respiratorio,
dall’apparato gastroenterico al
sistema endocrino. Molte volte
poi capita di bere e subito dopo
sedersi al volante. Si dice che gli
incidenti più comuni del sabato
sera sono dovuti all’esagerato uso
di alcol soprattutto tra i giovani.
Nonostante l’alcol sia una sostan-
za pericolosa, la nostra società
mantiene nei suoi confronti un
atteggiamento ambivalente che
ne incoraggia il consumo. La
pubblicità associa il forte consu-
mo di alcol al successo materiale,
mondano e sessuale e alla elevata
performance.La medicina propo-
ne per gli alcolisti, oltre ad inter-
venti di carattere psicologico e
psicoterapeutico, che coinvol-
gano non solo la famiglia, ma
anche l’ambiente di lavoro,
l’impiego di farmaci che aiu-
tino a liberarsi dalla dipen-
denza. In particolare, si sono
conseguiti eccellenti risultati
da parte di comunità terapeu-
tiche e in special modo i
gruppi come gli Alcolisti A-
nonimi, resi ormai celebri
dalla stampa e perfino dal cine-
ma. Insomma, gli effetti sul no-
stro organismo dell’alcol, che a
differenza di altre sostanze entra
immediatamente ad operare nelle
cellule senza passaggi intestinali,
sono certamente più devastanti di
quello che noi immaginiamo.
Quindi pensiamoci più volte, pri-
ma di “alzare il gomito”.
Michela Penna
Pagina 29
Bagnara Calabra, il paese in cui
vivo, è una ridente cittadina della
costa viola; è un luogo pieno di
vita e festaiolo, con tante tradizio-
ni religiose e pagane. Uno degli
eventi più belli e sentiti è la fa-
mosa e tradizionale “Affruntata”,
che dà inizio alle festività religio-
se che si svolgono durante l’anno.
Nonostante la tematica, la festa
ha carattere popolare. E’ una rap-
presentazione che si tramanda di
generazione in generazione, che
rievoca l’incontro tra la Madonna
e suo Figlio, il Cristo Risorto. La
festa si svolge ogni anno la dome-
nica di Pasqua e segue un copione
che è sempre lo stesso. Dalla
Chiesa del SS. Rosario esce la
statua di Cristo Risorto, mentre le
campane suonano a festa, accom-
pagnato da una ragazza vestita di
bianco che rappresenta l’Angelo
Gabriele. La statua è portata a
braccio dai confratelli del Rosario
che indossano la tradizionale to-
naca bianca con mantello nero,
percorre la discesa del Rosario e
raggiunge la Chiesa Madre. Dopo
un breve sosta riprende il cammi-
no per raggiungere piazza Morel-
lo, luogo dell’incontro. Successi-
vamente, dalla Chiesa del Rosario
esce la statua della Vergine Maria
con un velo nero per il lutto, ac-
compagnata dalle pie donne
(quattro ragazze) e da due giovani
che impersonano San Pietro e San
Giovanni. La Madonna viene por-
tata, sempre a braccio, dai confra-
telli, tra il silenzio della folla, nel
luogo di incontro. Le due statue
sono nella stessa piazza, in punti
opposti. Inizia la rappresentazio-
ne: le pie donne, il giorno dopo il
sabato vanno al sepolcro di Cri-
sto, per sistemare le bende e un-
gerlo come era solito in una nor-
male sepoltura, ma al loro arrivo
troveranno l’Angelo che comuni-
cherà prima alle quattro giovani e
poi all’apostolo Giovanni, seguito
dall’Apostolo Pietro più anziano
di lui, la resurrezione di Gesù.
L’Apostolo Giovanni subito cor-
re da Maria per comunicarle la
Risurrezione del Figlio. Dopo
qualche istante ai piedi della Ver-
gine arriverà anche l’Angelo che
le dirà la stessa cosa e in quel
momento alla Madonna verrà
tolto il velo nero, simbolo di lut-
to. Adesso l’emozione della folla
è tanta così che esplodono ap-
plausi e grande commozione. Le
due statue vengono fatte correre
ed incontrare al centro della piaz-
za; si ricongiungono Maria con
suo Figlio, e Cristo con l’umani-
tà. Un coro intona l’Alleluia, la
banda musicale del paese suona
musiche di festa e si iniziano a
sparare i fuochi d’artificio. A
questa rappresentazione partecipa
tutta la cittadinanza di Bagnara e
non solo; molta gente arriva in
paese in questo giorno, per am-
mirare questo spettacolo straordi-
nario. Allora ragazzi vi aspettia-
mo per questo nuovo appunta-
mento, a Pasqua!
Giulia Pensabene
Una ricorrenza tutta nostra!
Yara e Sarah: due destini diversi accomunati da un tragico epilogo
Quando ero
piccolo, la
mamma mi
raccontava
sempre le favole e quando arrivava
quella dell’orco cattivo, finiva sempre
con un eroe che lo sconfiggeva. Cre-
scendo ho capito che lei raccontava
quella favola per farmi comprendere
che nella vita, purtroppo, può capitare
di incontrarlo ma il suo cuore preferi-
va finire con: “e l’orco morì e vissero
tutti felici e contenti”. Sono sicuro che
anche le madri di Yara e Sarah avran-
no raccontato queste stesse storie alle
loro figlie e il finale sarà stato sicura-
mente come quello che la mia racconta-
va a me. Purtroppo “l’orco” che ha in-
crociato le loro strade è stato talmente
cattivo da non poter essere sconfitto da
nessun eroe. Si rincorrono due date, 26
Agosto e 26 Novembre: Sarah e Yara
unite da una triste sorte, da uno stesso
numero.
I media ci hanno raccontato minuto per
minuto tutto il calvario di queste due
ragazze. Ognuno di noi si è immaginato
padre, madre, fratello, nonno, zio, cugi-
no, amico, ma nessuno si è immedesi-
mato nei panni sventurati di queste due
povere innocenti. Cosa sarà passato per
le loro menti quando hanno capito che
La droga: un biglietto per un viaggio di sola andata
Uno dei pericoli più gravi per un
adolescente è rappresentato dall’as-
suefazione a qualche sostanza chimi-
ca che modifichi il suo stato di co-
scienza. La “droga”, come si defini-
sce in maniera inappropriata la tossi-
comania, costituisce, da alcuni de-
cenni e da alcune generazioni, un
problema per giovani, genitori, edu-
catori e famiglie. Si tratta di moleco-
le che provocano danni irreversibili
al cervello e che generano dipenden-
ze fisiche e psicologiche difficili da
trattare; sostanze che, comunque,
mettono a repentaglio gravemente la
salute di chi ne fa uso. Per questo ci
si interroga su quali siano le cause
che inducono i giovani a fare uso di
sostanze stupefacenti e quali i mec-
canismi psicologici che determinano
questo comportamento giovanile de-
viante. Intanto va notato che alcune
sostanze capaci di modificare il no-
stro stato mentale, tossiche per l’or-
ganismo, vengono accettate dalla so-
cietà: il tabacco, l’alcol e gli psicofar-
maci in primo luogo. Ma perché i
giovani si drogano? Al giorno d’oggi
esiste quel fenomeno molto diffuso
tra i giovani che si chiama “gruppo
dei pari”. Si tratta di quel gruppo di
coetanei, la cui importanza e la cui
autorità stanno superando quelle dei
genitori. Il gruppo ha delle sue rigide
regole, un codice morale che induce i
singoli a uniformarsi pedissequamen-
te a determinati comportamenti
(scelta dell’abbigliamento, linguag-
gio, stile di vita, ecc..).Tutto ciò vie-
ne vissuto con il timore di non esse-
re accettati e approvati dal gruppo, e
ciò finisce per indurre l’adolescente
ad adottare comportamenti disadat-
tati e inappropriati. In sintesi, ciò
che spinge i giovani di oggi ad assu-
mere comportamenti devianti in tutti
i sensi, è la mancanza assoluta di
personalità, che li rende tutti uguali,
come fossero tanti robot program-
mati per fare il male ed andare con-
tro le regole della società. Conclude-
rei dicendo, come affermò il grande
Jim Morrison, che : “Comprare dro-
ga è come comprare un biglietto per
un mondo fantastico, ma il prezzo di
questo biglietto è la vita…”
Gaia Foti
Pagina 30
tutto era ormai perduto? A chi avran-
no rivolto il loro ultimo pensiero?
Sarah e Yara, due realtà così diverse:
Sarah una ragazza con la voglia di
scappare dal proprio mondo, per an-
dare alla ricerca di uno migliore; Ya-
ra, invece, felice del proprio mondo e
della propria vita. Ambedue però
sono state accomunate da un unico
triste destino, la morte. Non sappia-
mo chi sia stato, non sappiamo per-
ché sia successo. Le lasciamo volare
in cielo con una promessa… trovere-
mo coloro che hanno infranto i loro
giovani sogni!
Nicolò Albanese
Pagina 31
CATAPULTATI NELLO SPETTACOLO DALLA SCUOLA
ne. Il primo serve a tradurre in
una lingua diversa un film, cer-
cando di mantenere l’espressività
e il pathos delle battute originali.
La recitazione è invece la capaci-
tà di interpretare con espressività
un copione imparato a memoria.
Abbiamo approfondito la cono-
scenza degli attori anche in ambi-
to extrascolastico, andando tutti
insieme a cena fuori in piazza
La Scuola Superiore Empedocle,
prendendo parte al progetto cine-
matografico “A tutto Campus”,
ha organizzato una manifestazio-
ne che ha permesso a noi alunni
di sviluppare le capacità espressi-
ve e comunicative ma anche di
conoscere alcune significative
personalità artistiche. Il progetto
ha previsto infatti la presenza di
un produttore cinematografico, un
regista e due attori professionisti:
Roberta Scardola, appartenente al
cast dei Cesaroni, e Alan Cappel-
li, attore del film “Notte prima
degli esami”. I veri protagonisti
dell’evento però siamo risultati
noi ragazzi, che per la prima volta
ci siamo lanciati in una esperien-
za cinematografica. Gli attori,
infatti, ci hanno fornito un copio-
ne, ci hanno invitato a leggerlo in
poco tempo e poi a metterlo in
scena . Si sono cimentati in que-
sta esperienza anche i nostri inse-
gnanti. Il giusto clima di fiducia,
di collaborazione e spontaneità
che il gruppo di formazione ha
saputo creare ha permesso di far
emergere le potenzialità espressi-
ve presenti in ognuno di noi. L’e-
vento si è svolto il 18 ottobre 20-
10 e la location dell’incontro è
stata l’auditorium della mia scuo-
la.
Gli attori, oltre a farci capire che
recitare per professione è diver-
tente ma anche molto impegnati-
vo, hanno parlato delle differen-
ze tra il doppiaggio e la recitazio-
Duomo, dove abbiamo dramma-
tizzato una piccola scena e ottenu-
to la promessa del regista di asse-
gnare una piccola parte a ciascuno
di noi in un film riguardante la
frana di Giampilieri, il prossimo
anno. L’esperienza è stata adrena-
linica. La cooperazione tra i com-
pagni, la concentrazione, il supe-
ramento della timidezza e tanto
altro, si sono rivelate significative
opportunità che anche fuori dal
set serviranno ad affrontare me-
glio la vita.
Paolo Salerno
Pagina 32
Scienza e dintorni
La ricerca scientifica deve porsi dei limiti oppure ogni tipo di speri-
mentazione è lecita, purché rag-giunga il risultato per il quale è stata intrapresa? Il rischio è che, rispondendo a questa domanda, emergano posizioni preconcette. Mi sforzerò pertanto di essere il più obiettivo possibile, partendo però sempre dal presupposto che non è possibile essere perfetta-mente neutrali su questo, come su altri argomenti. Anzitutto, sono molto contento che la ricerca pos-sa giungere a risultati importanti riguardo a tumori o altre malattie inguaribili, che possa aiutare a risolvere il problema della fame, che possa aiutare a sfamare tutte le popolazioni mondiali e a dona-re la gioia di avere un figlio an-che a chi non può provarla altri-menti. Tuttavia gli stessi scienzia-ti che si trovano a sperimentare e a modificare i meccanismi della vita hanno pensato di riflettere sul loro lavoro, sul comportamento da adottare in certi casi. E così è nata la bioetica. La filosofia illu-minista ci ha insegnato che esi-stono non solo diritti civili, ma anche diritti naturali dell’uomo. Pertanto, giustamente, gli scien-ziati si chiedono se, in una o nel-l’altra situazione, stanno violando i diritti di qualcuno. Un conto, infatti è che l’uomo operi su una materia inerte, un altro conto è che operi su un altro uomo. Ri-tengo corretto quindi che l’uomo adoperi le nuove scoperte tecni-co-scientifiche, salvaguardando
però i diritti che ciascun uomo ha sin da quando è nato. Infatti, se non credo giusto frenare il pro-gresso umano con principi e cre-denze tese solo a fermarlo, d’altra parte non ritengo legittimo subor-dinare al profitto personale (o di alcuni…) ogni tipo di ricerca. Non possiamo dire ad un medico “ho bisogno di un organo da tra-piantare”, comportandoci con lui come ci si comporta con un com-merciante qualsiasi. Infatti ci si dovrebbe chiedere: “Da chi è sta-to trapiantato quell’organo? Per caso, per curare il paziente a cui trapiantare un organo, si sono lesi i diritti del paziente da cui l’orga-no è stato espiantato?”. L’autono-mia della scienza, insomma, non può essere liberazione dall’etica, altrimenti passeremmo dall’uma-nesimo all’utilitarismo, subordi-nando tutto all’appagamento di bisogni personali, scavalcando i diritti degli altri, o creando i pre-supposti per un’involuzione, in-vece che per un miglioramento. Facciamo un altro esempio: po-niamo che un ricercatore indivi-dui il gene responsabile delle per-dite di raccolto di un prodotto e ne riesca a prevenire l’effetto con un intervento genetico sul prodot-to stesso, ma si dimostra che que-sta tecnica è dannosa per gli esse-ri umani. In quel caso, secondo me, il ricercatore dovrebbe essere indotto a proseguire con altre me-todologie e, se proprio non se ne trovano, a cessare immediatamen-te le sue ricerche. Questo non si-gnificherebbe privare quel ricer-catore della sua libertà scientifica, ma operare nell’interesse dell’in-
Sì alla ricerca e alla sperimentazione. Purchè non si dimentichi l’uomo
La Bioetica
tera umanità, in modo che la scienza aiuti la specie umana a progredire e non ad autodistrug-gersi. Tuttavia questo non vuol dire che la ricerca debba essere inibita. La bioetica non è un osta-colo alla scienza, ma un aiuto, affinché la scienza operi nel ri-spetto della morale. Occorre esa-minare ogni situazione in modo approfondito. Prima di esprimere una propria opinione, occorre documentarsi con scrupolo e solo dopo prendere una decisione, che sia poi condivisa dalla maggio-ranza, e non imposta dall’ alto. L’importante è che non prevalga il criterio che sono stati spesi dei soldi e che quindi bisogna andare fino in fondo sempre e comun-que, altrimenti prevarrebbe l’in-teresse imprenditoriale - econo-mico su quello della persona. La prospettiva da cui osservare il singolo problema, in ogni modo, è che non tutto quello che può dare un vantaggio immediato co-stituisce per forza la procedura corretta, perché, magari, a lungo andare, potrebbe causare risultati sfavorevoli di cui spesso ci si ac-corge quando ormai è troppo tar-di. La soluzione è quindi quella di usare la ragione, al di là dei suggerimenti interessati dei labo-ratori di ricerca o dei talk-show serali. Decidere con la ragione significa per l’uomo assumersi una matura e diretta responsabili-tà delle proprie azioni, anche quando chiamato solo ad espri-mere un’opinione o un voto, as-sumendo così una posizione au-tonoma e ben ponderata.
Antonio Furci
Pagina 33
L'influenza del caso nella scienza Dagli svi-
luppi della
genetica è
sorta la
biotecno-
logia, ter-
mine derivato dal greco e compo-
sto dal suffisso”bios”, che signifi-
ca vita, e dai sostantivi
“technè” (tecnica) e
“logos” (discorso). La biotecno-
logia è una disciplina nata dal-
l’incontro della biologia e delle
tecniche industriali. Alcune bio-
tecnologie consentono, ad esem-
pio, d’isolare un gene, nel quale
sono contenute le informazioni
del Dna degli esseri viventi, ed
inserirlo nel patrimonio ereditario
di un altro organismo, anche del
tutto differente dal precedente.
Attraverso le tecniche delle bio-
tecnologie si riescono a produrre
anche farmaci propedeutici alle
terapie di qualche malattia. Ne
sono un esempio i peptidi atria-
li ,tra cui rientra anche la penicil-
lina scoperta da Fleming, il quale
riuscì a vincere il Premio Nobel
grazie ad una capsula dimenticata
aperta. Viene citato come il caso
più famoso di serendipity. Nel
laboratorio di Alexander Fleming
al St. Mary’s Hospital di Londra,
nel 1928, i germi proliferavano
nelle capsule di Petri. Il microbio-
logo lavorava su molecole capaci
di uccidere germi ma innocue per
l’uomo. Una di queste capsule
venne dimenticata aperta. Tor-
nando dalle vacanze il ricercatore
vide che una delle scatolette era
stata contaminata da una muffa.
Stava per buttarla, ma si accorse
che dove c’era la muffa gli staffi-
lococchi non crescevano. Che
cosa li aveva uccisi? Una sostan-
za prodotta dalla muffa stessa.
Questa apparteneva alla specie
Penicillium notatum, così Fle-
ming dette alla sostanza il nome
di «penicillina». Fleming non riu-
scì tuttavia a dare seguiti pratici
all’osservazione. Non c’erano
soldi e ci si rivolse alla Fondazio-
ne Rockefeller di New York, che
finanziò la ricerca per un anno.
Dovettero però passare 11 anni
prima che altri due ricercatori,
Howard Florey e Ernst Chain,
riuscissero a dare il giusto valore
alla scoperta. Bastò invece po-
chissimo tempo perché il nuovo
farmaco, usato dai soldati alleati
durante la II
guerra mon-
diate, si dif-
fondesse in
tutto il mon-
do. Sul finire
della vita, ri-
percorrendo la vicenda, Fleming,
che insieme con Florey e Chain
ricevette il Nobel per la medicina
nel 1945, annoterà: «La storia del-
la penicillina ha qualcosa di ro-
manzesco e aiuta a illustrare il pe-
so della sorte, della fortuna, del
fato o del destino, come lo si vuole
chiamare, nella carriera di ogni
persona». Quello stesso fato che
invece non arrise
a Vincenzo Tibe-
rio e a Ernest Du-
chesne. Nel 1897,
due anni dopo la
scoperta di Tibe-
rio, questo stu-
dente francese
riportò nella sua
tesi di laurea l’interazione tra il
fungo Penicillium glaucum e il
batterio Escherichia coli. Anche
nel suo caso lo studio fu abbando-
nato e i suoi risultati dimenticati.
Pierluigi Russo
Alexander Fleming
Vincenzo Tiberio
Ernest Duche-
Nonostante il nome, questi “parassiti” hanno poco a
che vedere con l’organo dell’udito. Si tratta di
“agenti musicali cognitivamente infettivi” del cer-
vello, come li definì nel 1987 una rivista tedesca,
“Musical imagery repetition (Ripetizione di imma-
gini musicali) ” . Il fenomeno è molto comune: il
98,2 % della popolazione mondiale è affetta dagli
Ohrwurm o earworm e i più esposti sono i giovani
che ascoltano molta musica e in particolar modo i
mancini. Di norma gli earworm vengono rilevati
come un’occasionale colonna sonora che tiene
compagnia o un fastidioso ritornello di cui è diffici-
le liberarsi, ma nel 10% della popolazione può di-
ventare un’ossessione ed è proprio in questi casi
che gli earworm diventano sintomi di una patologia
ossessivo-compulsiva. Sulle cause scatenanti degli
earworm ci sono solo delle ipotesi delle quali la più
diffusa sostiene che i tarli sarebbero sistemi di con-
solidamento mnemonico in cui la musica aiuta a
ricordare le parole o gli avvenimenti cui è legato
quel brano. Come fare quando il ritornello diventa
troppo fastidioso? E’ stato dimostrato che cercare
semplicemente di ordinare al cervello di smettere di
pensare a quella determinata musica è completa-
mente inefficace! Se infatti leggessimo “non pensa-
re alla scimmia sull’albero”, diventa impossibile
non visualizzare nella nostra mente l’animale in
questione. Diana Deutsch, ordinario di psicologia
all’University of California a San Diego, sostiene
che i tarli più fastidiosi riflettono un retropensiero,
una sota di post-it che invita a ricordare e sparisce
solo quando si riesce a trovare il ricordo che è lega-
to a quella determinata sinfonia.
Helga Turiaco
Il tarlo dell'orecchio, Ohrwurm!
Pagina 34
La scissione dell'atomo
Nel dicembre del 1942, Enrico Fermi
e i suoi collaboratori riuscirono a dare
il via all’era atomica. Tutto avvenne,
qualche anno prima, in un laboratorio
romano che si trovava in via Panisperna. Ma quei giova-
ni scienziati non ci sarebbero arrivati senza l’aiuto invo-
lontario di “sora Cesarina”, la donna che puliva il labora-
torio, che, per non farsi le scale, ignorando le regole, si
procurava l’acqua dai rubinetti che si trovavano nella
stanza dove Bruno Pontecorvo faceva i suoi esperimenti.
A causa di queste incursioni il giovane scienizato un
giorno si accorse che il tubo di argento, che doveva esse-
re “bombardato”, era molto radioattivo e un altro appena
appena, e per questo fu licenziato. Quando Amaldi e D’-
Agostino si accorsero che la vecchia lasciava spesso il
secchio pieno d’acqua tra gli strumenti, notarono pure un
diverso comportamento da parte di questi. Appena Fermi
fu a conoscenza di questo fatto, capì che nell’attraversare
un liquido i proiettili di neutroni “rallentavano”, ma gra-
zie ad uno strano processo diventavano sempre più mici-
diali. Fecero un prova in un vasca piena di pesci e l’espe-
rimento riuscì. Fermi e i suoi compagni ritennero così di
aver scoperto un nuovo elemento a cui diedero il numero
93 della scala Mendeleev. Solo quatto anni dopo Fermi,
quando già era a Chicago, capì che nel suo laboratorio
era avvenuta la scissione nucleare dell’uranio. A farglie-
lo comprendere furono anche gli esperimenti compiuti a
Berlino da due scienziati. Nacque così la “Pila di Chica-
go” e non “di Roma”. Il 2 Dicembre 1942 il capo del ser-
vizio che realizzò il primo reattore nucleare della storia
comunicò l’avvenimento dicendo che l’inventore italia-
no, come un nuovo Colombo, era giunto nel nuovo
“continente” dell’energia atomica.
Fabio Malacarne
Pagina 35
MODERNE TECNOLOGIE E NUOVE GENERAZIONI A CONFRONTO Passaggio di testimone
Ed eccoci qua, come
tutte le domeniche a
casa del mio fantasti-
co nonno di 98 anni.
E’ diventato un ri-
tuale, ormai, incon-
trarci il pomeriggio
presto, raccontarci
tutto ciò che è suc-
cesso durante la set-
timana, per poi sprofondare nei comodissimi divani e
guardare la TV. Solitamente guardiamo documentari,
racconti storici, o i film che appassionavano i suoi
migliori anni. Ma, casualmente, quella domenica non
mandavano in onda né documentari né film. Solo
programmi pieni zeppi di gossip e news dal mondo
dello spettacolo. “Ma io non lo so! I bei programmi
di una volta sostituiti da queste porcherie, puàh!”
commenta subito mio nonno, alquanto disgustato.
“Hai ragione, nonno…tutta questa TV trash…”
“Trash? E che è? Si mangia?”
“Ma no, nonno…è la cosiddetta TV spazzatura, eh!”
“Ma parla decentemente! Tutto questo americano che
si è infiltrato nella nostra cultura…” “Nonno, vera-
mente è inglese…” “Ebbene? Che differenza fa? E’
pur sempre una lingua straniera! E per di più anglo-
sassone! Dove sono finite le nostre origini, le nostre
radici? Noi siamo gli eredi del maestoso latino! Il
latino si dovrebbe studiare, non l’inglese” “Ma non-
no, l’inglese è ormai ovunque! Se io volessi lavorare
all’estero, e non sapessi l’inglese, sarei persa!” “E
che bisogno c’è di andare all’estero? Eh? Aaah…
traditori della patria siete, traditori!” “Ma traditori di
che, nonno? Di una nazione che sta andando al massa-
cro?” “Si, esatto! Perché un marinaio non abbandona
mai la sua barca…” “Veramente si dice che un capita-
no non abbandona mai la sua nave…” “Osi contraddir-
mi? Ragazzina, ricordati che tu hai 14 anni, mentre io
ne ho esattamente 87…” sentenzia come sempre mio
nonno, offeso nell’animo. “Nonno, ne hai 98, per dire
la verità, e io 16” rispondo allora io, con un accenno di
insolenza. “Voi giovani d’oggi siete tutti così: presun-
tuosi ed impertinenti!” “Ma perché colpevolizzi tutti?
Non fare di tutta l’erba un fascio!” reclamo. “Dove
sono i valori di una volta, eh? I valori insegnati e tra-
mandati dal grande Duce? (possa egli avere gloria in
eterno!)” esclama accigliato mio nonno. Niente da fa-
re…mio nonno riesce sempre a mettere in mezzo Be-
nito Mussolini (pace all’anima sua), nonostante l’argo-
mento trattato sia di gran lunga lontano da quel nome.
“Ancora? Esalti colui che ha alleato l’Italia con un
mostro?” esclamo io, molto arrabbiata.
“L’errore non fu suo! Fu minacciato! Per questo en-
trammo in guerra al fianco della Germania hitleriana!
Piuttosto, ti ho mai raccontato di quella volta…” Ci
risiamo! Ma perché gli do sempre lo spunto per rac-
contare i suoi aneddoti bellici (che poi è sempre lo
stesso, ma raccontato in luoghi, posti e con parole dif-
ferenti). “Si, nonno! Me lo hai già raccontato!” rispon-
do prontamente io. «SMARTPHONE ANDROID a
soli 10 euro mensili! Passa a Vodafone» annuncia in
quel momento la TV.
“Nonno! Ma hai visto che telefono? E’… è … fanta-
stico! Magari lo avessi …” “Ma perché …è un telefo-
no quel coso?” chiede incredulo mio nonno. “Certo, è
di ultima generazione!” rispondo io. “E i tasti dove
Continua
Pagina 36
sono? Poi come lo componi il numero?” “Ma nonno, è
TOUCH!” rispondo io entusiasta. “Aaaah…touch…
come la canzone dei grandi The Doors e di Jim Morri-
son: «Touch me baby…and you see that IM not A-
FRIAID…»” inizia a canticchiare mio nonno (ne aves-
se azzeccata una, dico una di pronuncia). “AAAH AA-
HAHAH…” giuro, è impossibile contenere le risate.
“Si ma…non mi hai ancora spiegato dove sono i tasti!
Cioè, spendi 900 euro e manco i tasti ha il telefono…”
chiede ancora mio nonno. “I tasti sono sullo schermo,
nonno! Digiti il numero direttamente sullo schermo!”
spiego un po’ stufa. “Ma che razza di diavoleria è que-
sta? Quello è un signor telefono!” ed indica un vec-
chissimo modello di telefono fisso, con una cornetta in
avorio e “RUOTA GIRANTE SUI NUMERI” in le-
gno lucido. “Ma che c’entra! Nonno, stiamo parlando
di new generation…high technology system!” “…puoi
ripetere? Non ho capito da «parlando di» in poi…”
“Mio Dio, quanta arretratezza! Nonno: nuova genera-
zione è sinonimo di alta tecnologia di sistema! - ripeto
in italiano, sbuffando - In poche parole…il tuo telefo-
no è vecchio, nonno…it’s a shame!” “Non insultare
Doroty, idiota! Doroty non è scemo per niente! Quel
telefono vale molto per me…me lo regalò tua nonna…
costò molte lire…e non lo venderei neanche per milio-
ni di euro!” esclama il nonno…non accorgendosi di
abbracciare “Doroty” il telefono e piangendo in silen-
zio, rivolto verso di me. “Oh, nonno…beh…mi dispia-
ce, ma non volevo offenderti, né tanto meno offendere
ciò che è importante per te….scusami!” dico subito,
rammaricata. “Tranquilla…è l’unico ricordo che ho di
tua nonna…ora che non c’è più solo questo mi resta! -
dice mio nonno, ormai all’estremo della sua tristezza –
Erano altri tempi quelli…tempi in cui il telefono era
poco diffuso, la televisione era un bene per pochi, si
litigava di meno, la vita scorreva tranquilla e lenta, a
far da padrone era il verde dei campi e degli alberi in
fiore, ogni luogo era pieno di sole e di sorrisi; tempi
nei quali ci si accontentava di poco; tempi nei quali gli
occhi erano lo specchio dell’anima, del cuore…puri e
senza quel nero intorno che li sporca; tempi nei quali
le donne erano donne per la loro purezza e per la loro
semplicità, e non perché così risultava all’anagrafe;
tempi nei quali i giovani vedevano con rispetto gli an-
ziani, e ne traevano il meglio e ciò che di più saggio
avevano sotto quei capelli imbiancati dal tempo…”
“Nonno!” Che stupida. Ho saputo solo dire questo,
perché ho sentito subito il bisogno di gettarmi tra le
sue braccia, bagnandogli di lacrime la camicia profu-
mata di talco. “E sappi che ti ritengo una vera donna,
nipotina mia, perché nonostante la tua fierezza dimo-
stri ciò che hai nel cuore…”mi dice il buon nonno,
asciugandomi gli occhi. “Nonno…hai ragione su tutto,
davvero…ma lasciami dire che ciò che tu pensi è ricco
anche di luoghi comuni… - e subito gli occhi vispi del
nonno si fanno curiosi e languidi – E’ vero: sono tem-
pi diversi questi. Tempi in cui puoi avere tutto ciò che
vuoi con un solo click; in cui i giovani sono sempre
più vuoti e privi di coscienza e le droghe sono il mez-
zo più accessibile per uccidere; in cui gli incidenti so-
no all’ordine del giorno e la vita scorre, ma non ci sor-
ride; in cui ognuno di noi ha la sua ferita…ma non è
vero che in tutto questo non c’è chi ha ancora dei valo-
ri, chi crede ancora che la vita non sia tutta qui e che il
bene trionferà sul male, prima o poi…credimi, non-
no…c’è gente che sa vivere, ancora” spiego, riuscendo
a far valere la mia tesi. “Brava, nipotina mia, brava.
Sono orgoglioso di te!” dice allora mio nonno, sorri-
dendo.
Gaia Foti
Pagina 37
Digital generation re un pensiero articolato. Ecco perché bisogna presta-re attenzione ai più piccoli che vivono esclusivamente di video e digitalizzazione. Quando spengono il compu-ter sono presi da angoscia, ma quando lo riaccendono tutto passa e si addentrano nuovamente nel mondo del-la virtualità, il quale ha una fondamentale caratteristica che lo rende attraente: se qualcosa non piace si clicca e la si fa sparire. Se, per e-sempio, in una classe scola-stica non piace un professo-re, non lo si può eliminare cliccando, a meno di non usare lo stesso indice della mano atteggiandolo ad un movimento che, anche se di poco, è diverso e serve a sparare. E non permette a quell’insegnante di conti-nuare faticosamente il com-pito di educare e soprattutto d’insegnare a vivere.
Pierluigi Russo
Oggi più che mai si parla di “digital generation”, ossia di una generazione che crea il proprio sapere, che si informa, che acqui-sta, che passa il proprio tempo libero attraverso l’uso di un og-getto, a prima vista quasi privo di senso, ma che rappresenta una vera e propria rivoluzione dal punto di vista tecnologico e scientifico: il computer. La sua importanza è dimostrata anche dal fatto che quasi tutti lo possie-dono. Infatti, grazie alla sua enor-me semplicità d’uso, ormai il computer è un elemento dell’esi-stenza di ciascuno di noi. La ca-ratteristica principale del “digital world” è di essere un mondo ana-logico, a differenza del mondo razionale che è causale e progres-sivo. Inoltre il mondo digitale non lascia spazio al dubbio, che è in-vece la forza stessa del procedere
scientifico. Tutto nel mondo ana-logico è al presente: una cosa è oppure non è. Tutto è riportato ad un atto operativo, legato si po-trebbe dire al gesto del cliccare, del premere quel bottone che apre la pagina della proposta richiesta. Non c’è dubbio che gli adole-scenti di oggi ne siano i più coin-volti, poiché sono nati quando il mondo digitale si era ormai impo-sto. E vi è indubbiamente una dif-ferenza tra chi ha vissuto parte della propria vita in epoca predi-gitale e vi si è introdotto con ti-
more e tremore e chi ha trovato l’analo-gico fin dalla propria culla, vivendo una vita addirittura ritmata da un computer. Sono proprio loro, bambini di appena 5 anni o anche meno, a insegnare il più delle volte, magari ai propri genitori, ad usare una determinata applicazione. Questo non può che essere positivo al-l’interno di una società nella quale l’uso del computer è diventato un obbligo, ma è anche importante, soprattutto per gli adolescenti, non farne un uso eccessivo che possa far deviare dalle loro preroga-tive principali, quali la scuola o lo sport o altre attività non virtuali. Oltre a questo, l’uso del computer e anche delle nuove tipologie di telefoni touch porta ad un deterioramento fisico e, più nello specifico, delle funzione cognitive. A tal proposito evidenzio, tra le conseguenze allarmanti di un uso smodato dell’ hi-tech, la possibile scomparsa di alcune capacità mnemoniche che non vengono più stimolate, come dimostra anche una ricerca effettuata dallo psichiatra Vitto-rino Andreoli, direttore del dipartimento di Psichiatria di Verona. Si perde la me-moria verbale e quella numerica, mentre sono attivate le memorie visive e quelle dei suoni e, come conseguenza estre-ma, diventa anche impossibile formula-
Pagina 38
Pirateria Informatica
Al giorno d’oggi
Internet rappresen-
ta una componente
indispensabile del-
la nostra vita: non
vi è infatti ambito
di essa, sociale,
lavorativo, cultura-
le, in cui non sia prezioso l’aiuto dato da internet. Il
Web permette di entrare a contatto con miriadi di
informazioni a cui possiamo accedere istantanea-
mente. Ciò è stato anche possibile grazie alla diffu-
sione della Banda Larga (comunemente detta
ADSL) che oggi ormai si trova quasi in ogni fami-
glia. Il progresso tecnologico ha portato ad un conti-
nuo miglioramento e potenziamento delle connes-
sioni che oggi hanno raggiunto ottimi livelli. Per
fare un esempio, cinque anni fa sarebbe stato impen-
sabile organizzare una riunione lavorativa tramite
videoconferenza o, parlando di cose più vicine al
mondo di noi giovani, vedere un intero film online
senza difficoltà. Oggi, invece, tutto ciò è possibile e
se da un lato Internet ha dato spazio a nuove oppor-
tunità, dall’altro ha reso possibile la diffusione della
Pirateria Informatica. Il Decreto Urbani sul peer-to-
peer (detto anche P2P o File Sharing) varato nel 20-
04 punisce con una multa da 51 a 2065 euro
“chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e
in qualsiasi forma (…) mette a disposizione del pub-
blico, immettendola in un sistema di reti telemati-
che, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’o-
pera dell’ingegno protetta, o parte di esse”. Ciò non
è però bastato a scoraggiare i pirati informatici che
studiano giorno dopo giorno metodi migliori per
mettere in condivisione file protetti d’autore e che
sono supportati dagli stessi utenti che, contenti di
poter scaricare musica, film e software a costo ze-
ro, ritengono che il File Sharing sia un loro diritto.
Un esempio è il Piratpartiet, un partito politico na-
to in Svezia nel 2006 che lotta per la modifica le-
gale e concettuale delle leggi sul copyright e che,
nel 2009, alle Elezioni Europee ha ottenuto un seg-
gio nel Parlamento Europeo, fra i 18 disponibili
per la Svezia. I due fattori principali che secondo
me portano molti a trasgredire le leggi sui diritti
d’autore sono da un lato i costi eccessivi imposti
dalle case discografiche/cinematografiche e dai
produttori di software, dall’altro la facilità di ac-
cesso al materiale coperto da diritti d’autore in mo-
do fraudolento, senza che sia necessaria una parti-
colare perizia informatica. Tutto è lì a portata di
mano, con un semplice click. Probabilmente le leg-
gi da sole non bastano, forse l’abbassamento dei
prezzi dei prodotti originali potrebbe disincentivare
la pirateria in modo più incisivo. Ciò porterebbe
vantaggi ad entrambe le parti: gli acquirenti sareb-
bero consapevoli di acquistare un prodotto origina-
le e di ottima qualità ad un prezzo “più onesto” e
non andrebbero a cercare sottoprodotti di peggiore
livello, e le Major d’altro canto potrebbero, attra-
verso un’ organizzazione produttiva volta a ottene-
re l’abbattimento dei prezzi, favorire una maggiore
diffusione del loro prodotto e aumentare, così, i
propri fatturati.
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La televisione: positiva o negativa?
Al giorno d’-
oggi buona
parte della
popolazione
mondiale è
influenzata
dalla televi-
sione e dai suoi aspetti negativi. Le scene di vio-
lenza raffigurate in TV ormai sono sempre di più
e sempre più brusche; la pubblicità induce spesso
al consumismo. Molti pensano che guardare scene
di violenza non condizioni i nostri comportamenti
e i nostri atteggiamenti quotidiani. Ma gli episodi
di violenza televisiva diventati realtà sono infiniti.
Per esempio, le rapine compiute con le maschere
di alcuni politici imitano dei film. I ragazzi, inol-
tre, diventano sempre più crudeli e violenti con il
bombardamento di immagini cruente che subisco-
no attraverso la TV. Un altro lato negativo, non
tanto preso in considerazione, ma che secondo me
ha anche il suo peso, è il problema delle pubblici-
tà. Tutte queste pubblicità portano milioni e mi-
lioni di ragazzi e ragazze a comprare qualsiasi
cosa, anche se non la desiderano. Infatti diversi
studi hanno accertato che la maggior parte delle
pubblicità contengono messaggi subliminali che
riescono a condizionare la nostra mente. Questo
provoca il famoso fenomeno del consumismo. La
televisione inoltre illude tutti (o quasi) i ragazzi e
le ragazze facendo loro credere che diventando
calciatori o veline si possa avere un futuro radioso
e felice. Ciò è invece del tutto sbagliato, poichè
solo la cultura, lo studio e l’impegno ci offrono le
opportunità concrete per trovare, un giorno, un vero
lavoro. Perchè correre appresso ad un pallone non
può essere considerato, a mio parere, un vero lavoro.
Ma la cosa più sbagliata è che la felicità vera non si
basa sul capitale economico posseduto da una perso-
na, ma su una famiglia, o comunque sulle persone
che ti vogliono bene. E’ vero che i calciatori sono
sposati con le veline più belle, ma in realtà non si a-
mano, e quindi non raggiungeranno mai la felicità.
Ovviamente la televisione un lato positivo ce l’ha,
per esempio, è una fonte di cultura. Infatti attraverso i
telegiornali ci si può informare sulle vicende che av-
vengono in tutto il mondo, e tramite i documentari è
possibile apprendere molte più cose su vari argomen-
ti. Secondo me prevalgono, purtroppo, i lati negativi,
però penso anche che eliminarli e lasciare solo quelli
positivi non sia impossibile. Il problema è che non
conviene ai ” grandi capi”. Noi non sappiamo quali
siano gli obiettivi di queste associazioni a delinquere,
perchè sono loro a comandarci. Dobbiamo però im-
pegnarci a far prevalere un po’ di giustizia nel nostro
mondo, perchè sta scomparendo sempre di più!
Fabio Malacarne
Uomo o tecnologia? Non passa giorno in cui non si senta parlare di
innovazioni tecnologiche. Essendo circondati da
un mondo in continua evoluzione, i giovani si a-
deguano all’evoluzione della tecnologia. Come
tutti gli altri ragazzi della mia età, io sono sono
sempre in cerca delle ultime innovazioni in cam-
po tecnologico: cellulari, i-pod, computer e tutto
ciò che sia di
“ultima generazio-
ne”. Il mio interesse
per la tecnologia è
iniziato quando ave-
vo solo cinque anni,
quando mio padre
tornò a casa con una
playstation, la prima
che fosse mai stata
inventata. Da allora
ho iniziato a ricerca-
re sempre nuovi oggetti tecnologici. Dopo pochi
anni è stata inventata la playstation 2, che ovvia-
mente non poteva mancare alla mia collezione
“hi-tech”. Fortunatamente la playstation 3 è stata
inventata quando il mio interesse per i videogio-
chi era drasticamente calato. Così, un paio di anni
fa, ho comprato un i-pod. Per chi non lo sapesse,
cosa che credo molto improbabile, un i-pod è un
piccolo dispositivo nel quale possono essere me-
morizzati musica, foto, film, ecc… Da quando
l’ho scoperto, l’i-pod è diventato uno dei miei mi-
gliori amici, anche se non è una cosa molto bella
e giusta da dire, però è così; lui è quell’oggetto
che c’è sempre, che ti tiene sempre impegnato e
Pagina 40
non ti fa annoiare. Però, la fissazione per l’i-pod è
presto finita, perché qualche tempo fa ho acquistato
un i-phone. Le caratteristiche di questo oggetto sono
molto simili ad un semplice i-pod, solamente che,
con un i-phone, si ha la praticità del touch screen,
l’utilità di un telefono (come dice il nome stesso), la
possibilità di navigare in internet e, quindi, di usu-
fruire dei moderni
social network. Un
i-phone è pertanto
tutto ciò di cui un
giovane adolescente
potrebbe avere biso-
gno, perché con un
i-phone, come dice
lo spot che lo pub-
blicizza “hai il mon-
do nelle tue mani”.
Da quando Bill Ga-
tes, all’età di soli tredici anni, inventò il primo sof-
tware per giocare a tris la tecnologia si è evoluta così
come l’uomo si è evoluto nel corso di milioni di anni.
E con la sua continua evoluzione, la tecnologia è en-
trata sempre di più a far parte del nostro quotidiano.
Io, in prima persona, credo che non riuscirei a so-
pravvivere senza la tecnologia e il mondo intero si
fermerebbe se internet si spegnesse. A questo punto
mi sorgono due domanda: è l’uomo che ha bisogno
della tecnologia? O è la tecnologia che ha bisogno
dell’uomo?
Pierfrancesco Pata
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SEZIONE AMBIENTE -ECOLOGIA
L’acqua: un bene pubblico o un business privato?
Giugno si avvicina e con esso il refe-
rendum che, tra le altre proposte, chia-
ma i cittadini a esprimersi se abrogare
o meno l’obbligo di gara per affidare i
servizi idrici, favorendo nel primo
caso la gestione pubblica degli acque-
dotti. Il sistema di distribuzione delle
risorse idriche fa “acqua da tutte le
parti”. Si calcola in media che il 35%
di questo bene sempre più prezioso si
perda in mille rivoli causati da reti
idriche malmesse, e il 30% della po-
polazione non sia approvvigionata in
modo sufficiente. Il fallimento dell’-
amministrazione pubblica nel gestire
le risorse idriche ha indirizzato l’inte-
resse privato verso questa realtà così
delicata e in rapida evoluzione, anche
in conseguenza dei mutamenti clima-
tici. L’immobilismo in cui versa il
servizio di distribuzione dell’acqua
potrebbe dipendere non solo da un’in-
capacità ad innovare, ma anche dalla
volontà politica di mantenere inaltera-
ta la situazione, tariffe comprese, pur
di conservare il consenso o trovare un
nuovo bacino da cui trarre voti. Oggi
è difficile garantire in Italia un discre-
ta gestione del’acqua ed altrettanto
adeguate tariffe, ma la questione non
riguarda più la contrapposizione tra
gestione pubblica o privata, quanto
piuttosto una gestione più o meno
valida.
Alessandra Minutolo
governo ha anche detto che riguardo
a simili rischi si può stare tranquilli,
in quanto con le moderne tecnologie
il tasso di incidenti è notevolmente
basso. E’ certo che, per avanzare
queste ipotesi, si sono effettuati par-
ticolari studi da parte di persone
competenti, che hanno dimostrato la
scarsa percentuale di rischio. Ma il
problema è che a volte la scien-
za, ovvero la mente umana, non spe-
rimenta sempre prodotti certi e sicu-
ri. Proprio ultimamente il Giappone
è stato distrutto quasi interamente da
un terremoto che, fra tutte le sue
conseguenze, ha anche determinato
il danneggiamento di alcune centrali
nucleari con il rischio di emanazione
di sostanze tossiche. Ma la scienza
conosce la pericolosità di tali sostan-
ze che provocano patologie difficil-
mente curabili, quali l’insorgenza di
tumori, disturbi mentali, fisici ecc…
Allora - io mi chiedo - perché ri-
schiare? Perchè non concentrarsi
sulle energie rinnovabili? Diceva un
antico proverbio: “Prevenire è me-
glio che curare”. Se non sono i no-
stri politici a salvaguardare la nostra
vita, allora spetta a noi indurli a
cambiare idea. Al prossimo referen-
dum sulla realizzazione delle centra-
li nucleari scegliamo NO!!! Una X
potrà cambiarci la vita.
Pierluigi Russo
No alle centrali nucleari Nell’ultimo periodo la società italia-
na ha assistito a ridicoli quanto inu-
tili dibattiti sulle intercettazioni di
esponenti politici o sulle celebrazio-
ni dell’Unita d’Italia, dimenticando
aspetti forse più importanti e proble-
matici. Tra questi occupa sicuramen-
te un posto importante il problema
dell’uso di energia nucleare. Il go-
verno ha proposto di creare degli
impianti per la produzione di energia
nucleare, che affianchino altre cen-
trali come quella a carbone. Tra le
sedi deputate ad accogliere tali im-
pianti è stato scelto anche un paese
adiacente al mio, in provincia di
Reggio Calabria. Gli abitanti delle
aree interessate si stanno mobilitan-
do per far sentire la propria voce e
per opporsi a tale proposta. Sicura-
mente il governo avrà valide motiva-
zioni per installare questi impianti:
di certo, ad esempio, in zone con
elevati tassi di disoccupazione le
nuove centrali impiegherebbero ma-
nodopera ora inoccupata. Ma potreb-
bero far sorgere problemi di altra
natura, forse più gravi. In primo luo-
go si può danneggiare la natura, che,
specie nella zona in cui abito, è ricca
di flora e fauna, in particolare mari-
na, in via di estinzione. Oltre al pro-
blema delle minacce di estinzione
per le specie animali, se ne aggiunge
un altro: il rischio di incidenti. Il
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Contribuiamo alla cura del mondo Energie rinnovabili per rinnovare l'umanità
Tornano dal passato gli spettri di
Hiroshima e Nagasaki negli animi
dei Giapponesi. Torna lo spettro di
Cernobyl, insieme al ricordo ag-
ghiacciante di immagini scheletrite e
calve di bambini-fantasma. Negli
ultimi mesi il terrore di un disastro
nelle centrali giapponesi, dopo la
strage del terremoto, ha pervaso gli
animi della popolazione mondiale.
Nessuna comunità locale accetta di
sacrificare il proprio territorio per
ospitare i rifiuti nucleari, i quali sono
destinati ad essere sepolti per mi-
gliaia di anni prima che perdano le
loro radiazioni. A mio avviso, l’e-
nergia nucleare dovrebbe essere so-
stituita dalle fonti rinnovabili come
il sole, il vento, il mare, il calore del-
la Terra, ovvero quelle fonti inno-
cue, il cui utilizzo attuale non ne
pregiudicherebbe la disponibilità nel
futuro. Sarebbe opportuno costruire
nuovi impianti atti allo sfruttamento
di queste fonti che non compromet-
terebbero la vita dell’uomo; è pur
vero che i costi sono abbastanza ele-
vati, ma la vita di ogni singolo uomo
non ha prezzo.
Martina Chiara Pascuzzi
Dall’Inghilterra arriva
l a no t i z i a de l l e
“prodigiose gesta” di una normale
famiglia, gli Strauss, che attuando
con continuità, quotidianità ed effi-
cienza la raccolta differenziata è riu-
scita a far entrare in un piccolo sac-
chetto i rifiuti di un intero anno.
Sembra semplice pensare, dopo aver
appreso di questa grandiosa fami-
glia, che tutti possano fare qualcosa
di eroico per salvare il pianeta. Ma
non è così. Risulta poco facile spie-
gare quali siano gli atteggiamenti
degli umani verso queste problemati-
che, e forse la loro causa è indivi-
duabile nell’egoismo o nell’ignoran-
za di molti. L’uomo da tempo si im-
pegna a distruggere il mondo, piutto-
sto che amarlo e trarne i frutti. C’è
tanta gente nel mondo come questa
famiglia che ambisce a ottenere un
ambiente più pulito per il futuro del-
l’umanità; dall’altra parte però c’è
gente che non si preoccupa della sa-
lute del pianeta, e ciò implica che
questa stessa gente rimanga indiffe-
rente di fronte alle conseguenze che
potrebbero intaccare la salute di cia-
scun uomo. Come ben diceva Char-
les Baudelaire “l’unica cosa che
muove il mondo è l’ignoranza” , e
questa affermazione è da accettare
perché si ignora ciò che ogni giorno
si crea, ovvero la disgregazione nel
nostro pianeta. Il riciclaggio è solo
una delle possibili soluzioni alla
“contaminazione” della terra, tutta-
via la maggior parte della popolazio-
ne lo tralascia, pensando stupida-
mente che non possa migliorare le
condizioni attuali. Ecco la pura i-
gnoranza: non sapere ciò che causa-
no i rifiuti all’ambiente, alla natura,
perchè convinti che ciò non influisca
sulla salute del pianeta. Non ci si
rende conto che un chicco di riso fa
la differenza sulla bilancia.
Bisognerebbe prendere a modello la
sana famiglia Strauss, cimentandosi
giorno per giorno in piccole atten-
zioni che possono portare a risultati
impensabili. Molti vorrebbero con-
tribuire alla “cura del mondo”, per-
seguibile solo se considerata come
impegno quotidiano. Come asserì il
grande filosofo G. Bruno: ”che ci
piaccia o no siamo noi causa di noi
stessi”, vale a dire che, chi più chi
meno, ognuno ha contribuito ad arri-
vare al punto in cui ci troviamo og-
gi. Ma non è troppo tardi. Tutti ab-
biamo le capacità e tutti possiamo,
volendo, prendere come modello
questa famiglia inglese che ha dato
davvero una lezione al mondo inte-
ro. Bisogna solo riflettere su ciò a
cui si sta andando incontro e rim-
boccarsi le maniche per dare un per-
sonale contributo. Per noi stessi, per
la nostra città… per il mondo inte-
ro!! Michela Penna
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Storia su rifiuti e riciclaggio Il VINCITORE DEL PREMIO
STREGA E’: Nicolò Albanese,
con il libro “A MONNEZZA
(Viaggio tra Profumi e Speciali-
tà)”. Salgo sul palco tra gli ap-
plausi… “Ebbene sì, sono il vin-
citore del Premio Strega 2010, e questo è il mio li-
bro. Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato
con me.”Dalla platea si alza un uomo con i capelli
bianchi, media statura, con gli occhiali…..è Enzo
Biagi (ma non era morto? Sto forse sognando?),
che dopo essersi complimentato con me dice:
“Nicolò, quali ritieni siano i passi più belli del tuo
libro? Puoi citarcene alcuni?”. Prendo il microfo-
no… è il mio momento: “Il mio libro è la denuncia
di un ragazzo di 16 anni che crede ancora che non
tutto sia perduto, e che l’uomo non è nato per vio-
lentare la natura ma per farne parte!”. La mia opera
inizia così: “In una mattina piovosa di Marzo, non
potendo andare a giocare la partita di calcio della
domenica, faccio ciò che più mi piace…. sto al
computer e messaggio. Ho tanti amici sparsi per il
mondo e decido di chiamarne qualcuno per salutar-
lo. James a New York (italo-americano)… “Come
stai?” “Bene grazie” “Cosa stai facendo?” “Sto
svolgendo una ricerca sulla Rubbish” Mi si accende
una lampadina… il tema di oggi che unirà me ai
miei amici nel mondo è: RIFIUTI. La domanda che
mando in rete è: “Come si dice nella vostra lingua
RIFIUTI (Spazzatura)?” Risposte: Marc da Berli-
no,”Mull”; Charlotte da Parigi,”Ordures; Domini-
que da Madrid, basura”; Martina Da Pécs, in Un-
gheria…..”Szemet”; Ciro da Napoli….” A MON-
NEZZA”. La risposta che meglio rende l’idea di
quanto sporca sia questa parola è quella del mio ami-
co napoletano. Infatti a pag. 85 del mio libro si trova
l’incontro tra me e lui. Che sei venuto a fare?”, mi
dice Ciro (Ciro è un ragazzo napoletano sfortunato:
padre in galera, madre che si spacca la schiena dalla
mattina alla sera per sfamare lui e i suoi 8 fratelli).
“Sono venuto qui perché ogni giorno i media ci fan-
no na capa tanta, come diresti tu, con questa storia
dei rifiuti e del loro riciclaggio. “Ma dimmi un po’, è
vero che avete l’esercito per le strade a spalare i ri-
fiuti? E’ vero che quando non ne potete più date fuo-
co a tutto? E’ vero che ormai è tanta “a monnezza”
che è diventata una delle meraviglie di Napoli, insie-
me al Vesuvio e a Castel dell’Ovo?”. Ciro non gradi-
sce quanto gli dico e mi manda a quel paese. Chiedo
scusa per averlo offeso, ma non volevo. Napoli è una
città come tante altre in cui il rapporto tra rifiuti, rici-
claggio e uomo è piuttosto strano. Lascio in pace
Ciro e mi ritiro nella mia stanza d’albergo a pensare.
I rifiuti chi li ha creati? L’uomo! Non certo la Natu-
ra! Chi non riesce a smaltire i rifiuti? L’uomo! Non
certo la Natura! Chi dovrebbe saper riciclare i rifiuti?
L’uomo! Non certo la Natura! Chi è che sta pagando
e pagherà amaramente per gli errori fatti? L’uomo!
Non certo la natura. E allora, l’uomo crea i rifiuti,
non riesce a smaltirli, non riesce a riciclarli… e alla
fine ci rimette pure le penne! Vi sembra che questo
sia un uomo intelligente? Partendo dal fatto che l’uo-
mo si sente “ganzo” e dominatore della natura pos-
siamo dimostrare che invece è solo un cretino! E vo-
gliamo parlare del riciclaggio? Nelle ultime pagine
del mio libro tratto questo argomento con tanto ardo-
Riciclaggio: è o non è per noi?
Pagina 44
re, perché è proprio in questo passaggio che l’uo-
mo si dimostra “piccino”. Mentre giro per le strade
di Roma ( il mio viaggio continua ), incontro una
vecchietta seduta a terra, con i vestiti sporchi e
strappati. Mi dice: “Dove vai bel giovane?”. Ed io
rispondo:”Vago per la città in cerca di uno spazio
pulito!”. Lei risponde: “Fermati qui , io so cosa
vuoi sapere!”. Spaventato ma incuriosito mi siedo
per terra accanto a lei; guardo la gente che passa, si
ferma e getta i rifiuti. Getta? ma che dico!!! Alcu-
ni li scaraventano fuori dalla macchina in corsa,
altri gettano bottiglie di vetro con i rifiuti ordinari,
altri ancora, ritenendosi “splendidi”, le buttano per
terra senza preoccuparsi… Sono passate più di due
ore da quando sono seduto accanto alla vecchietta,
vedo scorrere di tutto e mi chiedo: ma che razza di
uomini siamo? Improvvisamente la vecchietta si
alza e si allontana velocemente, mi saluta e dove
prima era seduta trovo un biglietto dove c’è scritto:
“Ciao bel giovane, quello che hai visto è quello che
tutti i giorni voi uomini perbene mi fate! Ancora
non hai capito chi sono?… LA NATURA!” La cer-
co ovunque, non la trovo più, sparita! Mi ha la-
sciato in mezzo ai rifiuti proprio come meritavo!
Concludo il mio libro con una dedica… alla NA-
TURA: “Vorrei poter cambiare il mondo e fare in
modo che tu non venga più oltraggiata, ma io da
solo non posso farlo, accetta però la mia personale
promessa di rispettarti!”. Improvvisamente sento
qualcuno che mi scuote: è mia madre che arriva a
svegliarmi! Dunque era tutto un sogno….pazienza!
Però la STREGA c’è: mia madre! Il PREMIO. Mai
dire mai!!!
Nicolò Albanese
Da diversi anni continuano a
giungerci alle orecchie notizie
sull’esaurimento delle risorse
terrestri, sull’inquinamento e
dei tanti, troppi rifiuti. I rifiuti
ci stanno sommergendo; bottiglie, avanzi di cibo, lat-
tine, buste di plastica, elettrodomestici rotti ecc. oc-
cupano cassonetti e strade. Continuando così non si
sa quanto potremo resistere. Una possibile soluzione
a questo grave problema potrebbe essere quella di
creare nuove discariche, o strutture per lo stoccaggio
dei rifiuti, come i termo-valorizzatori che, oltre a bru-
ciare i rifiuti, producono anche energia. Un’altra pos-
sibile soluzione potrebbe potrebbe essere quella del
riciclaggio dei rifiuti che lo consentono, cioè la mag-
gior parte di essi. Bottiglie di plastica e di vetro, carta
e imballaggi, lattine oggetti che potrebbero essere
riutilizzati più e più volte; ad esempio da bottiglie di
plastica usate nascono nuove bottiglie; dai telefonini
rotti vengono estratte le parti in oro e riutilizzate; i
modi per riciclare qualcosa sono infiniti. Secondo
dati statistici solo una famiglia su tre ricicla i rifiuti
domestici: questo è ciò che avvilisce di più. Le strut-
ture per il riciclaggio ci sono, e sono anche tante.
Quindi il problema non nasce da quando i rifiuti e-
scono dalle nostre case, ma da prima che questi ven-
gano gettati, dipende da noi, gente italiana. Tra tutti
gli stati europei, l’Italia è quella che opera di meno
nel campo del riciclaggio dei rifiuti. Questa non è una
caratteristica degna di un paese tra i più sviluppati del
mondo, noi non dobbiamo seguire gli altri, dobbiamo
essere sempre un passo avanti a loro.
Pierfrancesco Pata
Il demone dello smog
Pagina 45
“Il 2011 è il terzo anno peggiore del decennio, do-
po i terribili 2002 e 2006″: con tanta crudezza i
noti quotidiani nazionali riprendono a parlare del
terribile avvento dello smog. Gli italiani malati di
smog? E’ proprio in quest’ultimo mese che ben 48
città italiane hanno superato il tasso limite regiona-
le. Domeniche ecologiche, biciclette, tasse d’auto,
parcheggi a pagamento… sembra non esistere so-
luzione al peggiore dei mali del xx secolo. Monos-
sido di carbonio, biossido di azoto, benzene, ozono
e zolfo, l’aria in città si è decisamente tinta di gri-
gio, causando danni irreparabili (bronchiti, asma) a
circa 30.000 bambini all’anno nella sola Milano.
Ci potremmo
affidare al
nostro senso
civico e cer-
care di risol-
vere il problema da singoli in modo ottimale come
siamo soliti auspicare, ma poi sapremmo realmente
prenderci cura di noi stessi e del nostro paese o sa-
rebbe la solita finta promessa? Perché per fare an-
che semplici spostamenti l’auto sembra l’unica so-
luzione alla nostra pigrizia? Forse bisognerà ancora
aspettare che la medicina non riesca più a curare
gli effetti di questo demone per spaventarsi davve-
ro e iniziare a cercare soluzioni alternative alle
semplici domeniche ecologiche; forse, però, incon-
sapevolmente quel momento è già arrivato! Sveglia
italiani pigroni! Il nostro paese - la nostra vita - è
in pericolo!!
Maria Federica Ferlazzo
Mai colore fu così
appropriato ad esse-
re legato a tale no-
me. In un anno hor-
ribilis per la terra e il
suo habitat, un po’ di
speranza è cio’ che
ci vuole. Dopo la marea nera del Golfo del Messi-
co e l’ombra grigia e minacciosa di morte della
catastrofe nucleare, uno squarcio di verde ci giunge
da non troppo lontano, Torino .
La sesta edizione di “Energethica” si è aperta con
la presentazione da parte di James Barber di un’in-
novazione destinata a cambiare il mondo. La foglia
artificiale, grande più o meno quanto una carta da
poker,riproduce la fotosintesi clorofilliana delle
piante, trasformando la luce del sole e l’acqua in
energia, ma in quantità ben dieci volte superiore
alla fotosintesi naturale. Proprio come una foglia
naturale, utilizza la luce solare scindendo l’acqua
nelle sue due componenti principali, ossigeno e
idrogeno (reazione di fotolisi dell’acqua). I due
gas, che si accumulano ciascuno su un lato della
“foglia”al silicio, vengono convogliati in una pic-
cola cella a combustibile e poi utilizzati per la pro-
duzione di energia. Le idee ci sono, le menti lavo-
rano… non resta che augurarci che i potenti si la-
scino inondare da questa verde speranza e investa-
no molto di più nella ricerca di fonti energetiche
alternative.
Alessandra Minutolo
Verde speranza
Riverberi culturali Incursioni estravaganti sull’arte, la letteratura e la filosofia
Pagina 46
L’Odissea è un libro dove il tema generale è il viag-
gio di Ulisse e dei suoi compagni che devono torna-
re dalla guerra di Troia ad Itaca. Ovviamente questo
ritorno sarà ostacolato o avvantaggiato dagli dei.
L’Odissea non è un libro policentrico sul piano dei
personaggi protagonisti come invece lo è l’Iliade,
bensì ha un solo grande protagonista, da cui infatti
deriva anche il nome dell’opera, Odisseo, più comu-
nemente detto Ulisse. Questa è una delle grandi dif-
ferenze fra lliade e Odissea. Un’altra è che l’Iliade è
il primo libro ad essere stato scritto e l’Odissea è il
primo ad avere alle spalle un libro e quindi deve ri-
farsi a questo. Infatti la guerra di Troia nell’Odissea
è nel passato. Ulisse nell’Odissea è rappresentato
come un uomo coraggioso, ma soprattutto astuto e
curioso. Astuto perchè riuscirà a tessere molti in-
ganni: quello più ricordato è l’inganno del cavallo di
Troia, dato che nessuno sarebbe mai riuscito ad e-
spugnare le mura del re Priamo. Curioso perchè
vuole conoscere sempre più cose: la sua curiosità si
evidenzia, ad esempio, nella vicenda delle sirene:
egli infatti vuole ascoltare il canto senza morire, e ci
riuscirà. Nel XXVI canto, nel girone dei consiglieri
fraudolenti dell’Inferno, nella Divina Commedia di
Dante, Ulisse dice:”Considerate la vostra semenza:/
fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguir
vertute e canoscenza”. Queste sono le parole con
cui, secondo Dante, Ulisse incitò i suoi compagni a
continuare il viaggio alla scoperta di mondi scono-
sciuti, perchè bisogna conoscere sempre più cose.
Ripartendo da Itaca infatti, Ulisse supererà le colon-
ne di Ercole, vedrà la montagna del Purgatorio, per
poi morire punito da Dio. Odisseo si trova tra i con-
siglieri fraudolenti nell’Inferno, poichè lui ha tessu-
to inganni tutta la vita. Un’altra rappresentazione di
Ulisse è quella offertaci da Guido Gozzano, l’espo-
nente principale del Crepuscolarismo. Egli ha la tu-
berolosi e sa di dover morire da giovane. Così nel
suo componimento intitolato “l’ipotesi” Gozzano
immagina di sposarsi, diventare felicemente anziano
e di dover raccontare alla consorte buona ma igno-
rante la “favola” di Odisseo. Così egli lo paragona
ad un play-boy e ad un piccolo borghese che con i
suoi compagni e il suo yacht frequenta le spiagge
più famose del tempo e incontra numerose cocottes.
Il poeta continua dicendo che Ulisse non è stato un
esempio di fedeltà coniugale ma che, una volta ritor-
nato ad Itaca la moglie lo perdonerà. il “Re di tem-
peste” però, né per il figlio, né per la moglie rimarrà
a casa e ripartirà in cerca di fortuna in America. In-
vece di trovare il porto del Perù arriverà sino al
monte del Purgatorio, che “trasse la nave all’in giù”.
Secondo me la figura di Ulisse dovrebbe essere un
punto di riferimento per tutti. Ormai quasi nessuno
ha la curiosità di conoscere sempre più cose. E que-
sto è sbagliato dato che secondo me, cultura è sino-
nimo di conoscenza, perchè è proprio questa che
arricchisce l’uomo e lo rende unico tra tutti gli esse-
ri viventi!
Fabio Malacarne
Le rappresentazioni di Ulisse nella letteratura. Dall'eroe di Omero e di Dante al "Re di Tempeste" di Gozzano
Pagina 47
Due mondi in contrapposizione: l’esperienza della
vita reale, tangibile, diretta, dura. Di contro: il sole e
la vita immaginata attraverso un velo, il velo del-
l’immobilità all’interno di una caverna, il buio.
All’interno della caverna l’immaginazione è il sim-
bolo della vita di questi poveri uomi-
ni costretti all’immobilità, all’impos-
sibilità di muovere il collo per poter
scorgere il volto dei compagni ed il
colore della luce che proviene loro
da dietro, immaginando un mondo
surreale. Ma come è veramente que-
sto mondo soltanto immaginato? E’
migliore o peggiore del contatto di-
retto, della luce abbagliante che feri-
sce gli occhi. L’incapacità a voltarsi
potrebbe essere decifrata come una paura a capire
veramente ciò che ci circonda, la brutalità del mon-
do esterno che ci ferisce, che non ci dà il tempo di
adattarci ai cambiamenti repentini che ci propone.
Lo studio delle forme, degli oggetti trasportati dagli
uomini che percorrono il muro alle spalle dei prigio-
nieri, svela lo sforzo da parte di chi è cieco di svi-
luppare il senso dell’immaginazione fino a farlo di-
ventare realtà. Quello che l’uomo, cosiddetto nor-
male non deve sforzarsi di fare. E chi dice che la
realtà sia preferibile all’immaginazione? Questi uo-
mini sono cresciuti nel crepuscolo da sempre; fin da
bambini non conoscono il mondo reale. La loro real-
tà è l’immobilita e l’immaginazione, e chi può dire
se non soffrirebbero di più se ne fossero privati? Ma
Il mito della caverna
alla pseudo-realtà dell’immaginazione, si contrap-
pone brutalmente l’impatto crudele con la vita rea-
le. L’adattamento alla luce è difficile, lento. Il sole
dapprima brucia gli occhi, poi permette al prigio-
niero, reso libero, di vedere delle immagini, dap-
prima confuse e simili a quelle im-
maginate nell’oscurità. Poi lentamen-
te gli occhi cominciano ad adattarsi
alla luce, e non orientandosi ancora
durante il giorno, trovano ristoro e
felicità durante la notte, nella visione
della luna e delle stelle. Ma anche
questo non basta, la percezione della
realtà è la luce, fino a che l’uomo
reso libero guarda finalmente il sole
e nel sole percepisce che la vita reale
non è distorsione dell’immagine. La vita reale è
contatto, urto, dolore, scoperta, sofferenza, curiosi-
tà. Aggettivi questi che fanno la differenza fra una
vita solo immaginata, ma forse più tutelata, da una
vita segnata dalla sofferenza. Ma la sofferenza pro-
babilmente è l’unico percorso che porta alla sag-
gezza e alla maturità.
Non esiste conquista senza dolore. Certo, potrebbe
essere più facile mascherarsi dietro una finta vita,
vivere di luce riflessa. Ma la sfida dell’essere uma-
no secondo me è proprio questa, combattere ogni
giorno per allontanare quella luce abbagliante dagli
occhi e conquistare un gradino di verità. Anche se
la verità spesso fa male.
Giorgio Cacciola
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Le rappresentazioni del Destino nella Letteratura
Nella nostra vita tutto acca-
de secondo un principio: il
destino. Celebre è la frase di
Appio Claudio il Cieco
“siamo noi gli artefici del
nostro destino”. Il fato,
infatti, altro non è che gli
eventi oggettivi, la possi-
bilità, i limiti, tutto ciò che
cade al di fuori del nostro
controllo. È determinato
dalle scelte che facciamo e
che gli altri fanno, condi-
zionando, così, il nostro
futuro. Già i primi filosofi
hanno parlato di questa
forza, che altro non è che
il futuro che non siamo
noi a scegliere. Platone
dice che tutto è nel fato, ma
che non tutto è predestinato.
L’anima è senza padrone e
siamo liberi, quindi, di fare
ciò che vogliamo senza esse-
re sottoposti a nessun vinco-
lo e sono le conseguenze
delle azioni, invece, che si
compiranno secondo il desti-
no. Nel corso dei secoli il
concetto di destino è stato
molto spesso divinizzato. Per
la mitologia greca le artefici
del nostro destino erano le
Moire (o Parche per i roma-
ni), che tessevano il filo della
vita dalla nascita fino alla
morte con la recisione dello
stesso. Anche nell’Iliade e
nell’Odissea di Omero gli av-
venimenti sono collegati al
fato attraverso il volere degli
dei, così come nell’Eneide di
Virgilio in cui si dice “Cessa
di sperare di cambiare i fati
degli dèi con la preghiera”. Varie
sono le rappresentazioni letterarie,
oltre a quelle già citate, del
Destino o Tyche, come nel
Macbeth di Shakespeare, opera
in cui il protagonista non rie-
sce, per quanto ardentemente
si sforzi, a sfuggire ad un de-
stino già fissato, o anche nell’-
opera manzoniana “I Promessi
Sposi” in cui le sventure dei
protagonisti sono dettate da
uno dei più grandi protagonisti
del romanzo, la Provvidenza
Divina, ovvero l’idea cristiana
che tutto segue un disegno di-
vino. Il destino, tuttavia, rima-
ne una forza di cui sappiamo
ben poco e, come dice il pre-
mio Nobel per la letteratura, Sa-
muel Beckett, “potrei dirvi di più a
proposito dei ravanelli”. Spesso lo
usiamo come giustificazione,
“forse non era destino”, per illuder-
ci che quello che accade non di-
pende da noi e che è colpa di que-
sta forza che i nostri sogni fallisco-
no.
Federica Spadaro
Pagina 49
“La responsabilità è prezzo
d e l l a g r a n d e z -
za.” (W.Churchill)
L’uomo, in quanto essere
coscienzioso, basa la propria
esistenza su scelte responsa-
bili che contribuiranno alla
realizzazione di una vita ap-
pagata e soddisfacente. Agi-
re opportunamente in manie-
ra efficace delinea il com-
portamento responsabile di
un uomo che sa scegliere il
modo di agire più opportuno
anteponendo la fermezza dei
propri pensieri e delle pro-
prie azioni alla casualità de-
gli eventi e che non lascia
che il suo stato d’animo sia
determinato da alibi e scuse
che gli impediranno di agire.
Spesso, soprattutto per noi
ragazzi, è preferibile rove-
sciare su fattori esterni le
colpe di ciò che non va e na-
scondere profondi stati di
inerzia e impassibilità. Al-
l’impegno, alla fatica e so-
prattutto alla costanza c’è chi
preferisce scegliere la via più
facile, la via della viltà, che
lo porterà a confondersi tra
la massa, a guardare nell’-
ombra chi ha scelto il peso
gravoso delle decisioni re-
sponsabili. Ognuno è artefice
del proprio destino ed è re-
sponsabile di ciò che accade
e perciò spetta a noi compie-
re cosapevolmente scelte op-
portune. Come afferma un
grandissimo filosofo, Emma-
nuel Kant, è insito in noi il
senso di “moralità”, intesa
come intenzionalità e volon-
tà di comportamento senza il
vincolo di alcuna imposizio-
ne. Da ciò scaturisce l’auto-
regolazione di ognuno di
noi, vista come misura della
nostra libertà. A noi ragazzi
talvolta questi concetti risul-
tano poco chiari o troppo dif-
ficili da attuare e questo per-
chè, a mio avviso, è più co-
modo giustificare scelte
semplici con considerazioni
che delineano il nostro essere
infantile. Ma ogni singolo in-
dividuo è responsabile di una
crescita individuale, che lo
porta alla maturazione di de-
terminati obiettivi che tra-
scendono ogni minima infan-
tile distrazione. L’uomo re-
sponsabile decide di non con-
formarsi alla massa, di non
seguire inconsapevolmente la
moda di turno. E’ facile nel
mondo vivere secondo le opi-
nioni dei più, ma il grande
uomo, a mio avviso, è quello
che in mezzo alla folla man-
tiene la solitudine del suo
pensiero.
Pascuzzi Martina Chiara
L'uomo e la responsabilità
Pagina 50
L'amore. Vita o morte Potrebbe sembrare un tema banale l’amore, poiché
ormai ognuno lo definisce per come meglio crede.
Forse è proprio questo l’amore, puro desiderio di
felicità! Come disse F. Alberti “noi desideriamo,
vogliamo assolutamente qualcosa per noi. Tutto ciò
che facciamo per la persona amata non è far qualco-
sa d’altro e per qualcun altro, è farlo per noi, per
essere felici”. L’amore è qualcosa che riempie ogni
parte del nostro essere, di illusioni e desideri , desi-
derio di vivere per l’eternità insieme alla persona
amata che viene percepita come parte di noi stessi,
quella parte che se andasse via darebbe inizio ad un
ciclo infinito di sofferenza e tormento. L’amore fa
vivere in un mondo incantato, nel quale torniamo
bambini, quei bambini che non smettono di sognare,
di illudersi, di amare, di desiderare, di cercare …
anche se invano. Se ad un bambino viene tolto il suo
pupazzo preferito con il quale dormiva, giocava,
passeggiava, andava a scuola , lui continuerà a pian-
gere e gridare, dicendo che quello era suo, che lo
vuole. Come il bambino, un uomo o una donna se
perdessero la più cara persona al mondo con la qua-
le condividevano ogni singolo istante, ma soprattut-
to credevano di vivere un amore insieme, scoppie-
rebbero in lacrime e si troverebbero in quell’infer-
no di vita in cui tutto sembra aver perso senso di
esistere. Alberoni disse “ la vita quotidiana è un
eterno purgatorio. Nell’innamoramento c’è solo il
paradiso o l’inferno; o siamo salvi o siamo danna-
ti”. A volte ci si chiede se vale la pena soffrire, ri-
schiare, struggersi e bruciarsi d’amore quando al-
l’improvviso vedi quella persona andar via da
te. Il distacco tra due amanti viene esemplificato
nei versi di V.Cardarelli, nei quali si comprende
perfettamente la sofferenza amorosa: “ e già quello
che ieri era presente divien passato e quel che pare-
va incredibile accade […] la vita mi rimane quel-
l’indegna, un’inutile soma, da non poterne avere
più alcun bene”. L’amore è tutto o è niente, è pace
o è tormento, è vita o è morte. “Tutti vogliono vo-
lare, ma quanti sono disposti a rischiare di farsi
male, cadere, ricominciare? tanti si accontentano
solo di camminare; ma tappando le ali al cuore che
cosa si vive a fare? perché senza amare siamo an-
geli a metà. A volte viene da pensare che l’amore
vero non esiste ma il cielo è pieno di stelle e di cer-
to c’è una di quelle più belle che splende solo per
me”. Michela Penna
Pagina 51
Se non poniamo fine alla guerra, la guerra porrà fine a noi. Nonostante la storia dell’uomo sia millenaria, l’u-
manità non sembra aver attraversato periodi prolun-
gati senza guerre. La guerra, con i suoi orrori e le
sue crudeltà, sembra appartenere al patrimonio ge-
netico della specie umana. È un poema sulla guerra,
quella fra Greci e Troiani, uno dei primi grandi libri
della civiltà occidentale, l’Iliade, e anche oggi, che
abbiamo ormai superato la boa del terzo millennio,
le guerre divampano in varie parti del globo: guerre
fra nazioni, ma anche guerre civili, interne ai singoli
Stati. Eppure l’aspirazione alla pace fa ugualmente
parte dei sogni dell’uomo, tanto che il massimo filo-
sofo della modernità, Immanuel Kant, dedicò un
volumetto importante allo studio delle condizioni
che avrebbero condotto alla pace perpetua. Penso
che nessuno ami la guerra, se non qualche fanatico
militarista. La guerra è distruzione, violenza, sopraf-
fazione. Nella guerra le norme basilari dell’umanità
vengono distrutte, quindi essa è di per sé sempre da
condannare. Ma l’uomo, nel corso della storia, ha
dimostrato di coltivare un’inquietante e irriducibile
attitudine alla guerra. Basta leggere le testimonian-
ze, letterarie e non, provenienti dai vari fronti di
guerra, per rendersene conto. La guerra genera orro-
ri, crudeltà, stermini agghiaccianti e inauditi, fuori
della morale condivisa, ma si rivela spesso anche
un’occasione in cui gli uomini mettono in mostra le
loro qualità migliori: la fratellanza, il cameratismo,
la solidarietà, la pietà, l’altruismo, il coraggio. Spes-
so nell’esistenza di un uomo la guerra costituisce
un’esperienza unica, fortissima, indimenticabile,
l’uscita da uno stato di innocenza infantile e dall’i-
pocrisia diffusa nella vita sociale. La speranza di
tutti si ripone nell’abilità della diplomazia, nella co-
struzione di una Società delle Nazioni, giudice super
partes, che abbia l’autorevolezza e la forza di diri-
mere le contese in nome di leggi e di regole chiare,
stipulate in precedenza. Qualcosa che assomigli all’-
Onu di oggi, ma riveduta e corretta, più giusta ed
efficiente. Soprattutto c’è la necessità di incanalare
l’insopprimibile aggressività che alberga nel cuore
umano verso scopi più nobili e costruttivi: la crea-
zione tecnica, scientifica e artistica. Un’educazione
dunque che valorizzi la bellezza e che diffonda il
pluralismo, il dialogo, il rispetto per il diverso e per
la complessità, senza quelle pericolose e diffuse
semplificazioni che ci rendono inutilmente e distrut-
tivamente bellicosi. Andrea Megna
Pagina 52
La grande arte della musica La musica: una delle tante forme d’arte che
aiutano l’artista a esprimere i propri pensie-
ri e a trasmetterli a chi ascolta la melodia.
Un tempo per sentire questo genere d’arte
bisognava andare al teatro e chi vi andava
era colui che amava e apprezzava veramen-
te la musica; i compositori erano persone
che sapevano andare oltre ogni apparenza,
possedevano una fanta-
sia in grado di superare
quella di chiunque altro,
esprimevano le varie e-
mozioni in modo pieno,
mettendo insieme le no-
te giuste. Il fatto stesso
che sapessero esternare
ciò che sentivano dentro, utilizzando solo
strumenti e senza parole, può far capire
quanto essi siano stati grandi, tanto che si
ha memoria di loro anche dopo secoli dal
giorno della loro scomparsa. La vera musi-
ca non perde mai la sua bellezza nemmeno
dopo decenni o secoli. Le vere composizio-
ni, quindi, non passano mai di moda, una
cosa che oggi succede fin troppo spesso; le
canzoni ascoltate appena due mesi fa sono
state sostituite da quelle di un “artista” e-
mergente, destinato a scomparire dai ricordi
dei fan del momento. La realtà è che oggi
conta più l’aspetto esteriore, l’immagine che
si manda, che si dà di se stessi; ma forse, tra
le “vittime” delle apparenze, si nasconde re-
almente un giovane Artista come lo si inten-
deva un tempo. Amo la musica che mi sap-
pia trasmettere ogni tipo di emozione, adoro
quel genere di musica che mi coinvolga pie-
namente facendomi senti-
re ciò che l’autore ha
messo dentro quelle sem-
plici note e parole. Il ge-
nere di musica che prefe-
risco è senza dubbio il
pop, poichè in questo tipo
di musica, a parere mio,
possono realmente emergere le grandi voci
che ci regalano capolavori. Ogni tanto mi
diletto ad ascoltare la musica classica seppur
raramente; essa mi aiuta a rilassarmi, oppure
può essere la compagna per una buona lettu-
ra. Talora le note di una melodia accompa-
gnano stati d’animo. Quando ho l’umore tut-
t’altro che sereno, la musica diventa compa-
gna dell’emozione provata in quel preciso
istante.
Sergio Sorrenti
Pagina 53
Tra la schiera degli
scrittori contempora-
nei, pochi riescono a
distinguersi dalla massa. Guardate
cosa arriva ai giorni nostri nelle li-
brerie: il 50% dei libri ha come pro-
tagonisti dei vampiri, o più generica-
mente qualcosa che riesca a comba-
ciare con le mode del momento. La
restante percentuale possiamo divi-
derla in due categorie: la solida mi-
riade di libri insignificanti e quei
pochi libri scritti da autori conosciu-
tissimi che difficilmente riescono a
deludere, ad esempio i libri di Gior-
gio Faletti, Jeffery Deaver, Dan
Brown, Wilbur Smith, Andrea Ca-
milleri, Paulo coelho. Quest’ultimo è
uno scrittore di origine sudamerica-
na, i cui canoni di scrittura si disco-
stano dalla normale routine. egli ha
anche pubblicato diverse raccolte di
poesie e di aneddoti; detto questo
possiamo definirlo come una delle
penne più originali e brillanti dei
nostri tempi. I suoi libri sono infatti
in grado di coinvolgere il lettore e,
cosa più importante, riescono quasi
sempre ad emozionare o a indurre
alla riflessione. Adesso mi trovo a
parlare di uno dei suoi must:
“L’alchimista”. in questo “breve”
libro (poco più di 180 pagine) Paulo
Coelho crea un atmosfera tipica da
mille e una notte, dando così vita a
una storia il cui significato si racchiu-
de proprio nella sua estrema semplici-
tà. Essa non presenta un’intricata rete
di avvenimenti né di un gran numero
di personaggi, anzi il personaggio
principale è uno solo: il pastore San-
tiago, del quale viene narrata la storia.
Ne “l’Alchimista” il pastore Santiago,
che era solito a pascolare le sue peco-
re, fa lo stesso sogno per due notti di
seguito. Santiago, incuriosito, si reca
da un’indovina che gli rivela il signifi-
cato del sogno: la presenza di un teso-
ro presso le piramidi. Questo è solo
l’inizio di ciò che lo porta verso un
lungo viaggio. Nel lungo viaggio che
lo separa dalle piramidi Santiago im-
parerà il significato dell’amore e della
sua importanza affinché l’anima del
mondo viva. Durante il suo cammino
apprenderà inoltre l’arte dell’alchimia
e il linguaggio universale con il quale
l’uomo riesce ad essere un tutt’uno
con l’anima del mondo. Il viaggio di
Santiago è accompagnato dalla pre-
senza di altri personaggi, come il Re
di Salem, ovvero colui che appare a
tutti coloro che seguono la propria
leggenda personale, un alchimista in
viaggio verso Al Fayun, un ladruncolo
da porto, un venditore di cristalli, un
potente alchimista del deserto e Fati-
ma, la sua amata. Il preciso intento
dello scrittore è quello di incitare
chiunque ad impegnarsi a fare di tutto
(a seguire i segnali) quello che oc-
corre per pervenire alla realizzazio-
ne dei propri sogni. Che sia un pa-
storello o che sia un re il protagoni-
sta di questa avventura non ha im-
portanza, l’importante è portare a
termine la propria leggenda persona-
le, quella per cui siamo nati. Questa
tematica viene trattata attraverso una
tecnica narrativa molto particolare,
scorrevole e fruibile per tutti. Grazie
a questo libro possiamo capire che
al giorno d’oggi l’uomo pone a se
stesso dei limiti che non ha realmen-
te, come la paura di realizzare i pro-
pri sogni. Realizzerete che tutti do-
vrebbero essere un po’ più bambini
e leggere questa favola, che nella
sua semplicità comunica molto di
più dei tremila libri thriller/splatter
che usciranno dall’oggi al domani.
Se cercate quindi in un libro con la
capacità di emozionare e lo spunto
riflessivo avete appena finito la vo-
stra ricerca. Chiudetevi in camera,
appendete i cuori alle porte di casa
vostra e immergetevi nella magia de
“l’Alchimista” e forse riacquisterete
un po’ dell’indispensabile fattore
“follow your dreams” che avete per-
so o anche qualcosa in più, come la
consapevolezza che da sempre, le
cose semplici sono le migliori.
“L’alchimista” ne è la dimostrazio-
ne. Salvatore Bertino
LE NOSTRE RECENSIONI
Paulo Coelho. L'alchimista
Pagina 54
L'uomo tra bene e male, ovvero il visconte dimezzato Nelle opere dei grandi scrittori osservo e realizzo
che l’immensa immaginazione assieme al loro pen-
siero rappresenta un immenso patrimonio culturale
nelle cui opere spesso possiamo immedesimarci.
Ho letto un romanzo di Calvino molto bello, la vi-
cenda è ambientata nel Seicento, il periodo in cui i
cristiani facevano guerra contro i Turchi. Il prota-
gonista è il visconte di Terralba, Medardo, che par-
tecipa alla guerra nella quale viene
ferito e dimezzato da una palla di can-
none. Durante lo scontro viene ritrova-
ta una sola metà del corpo. Questa me-
tà tornerà poi a Terralba dove si mac-
chierà di molti delitti senza pudore:
tutto ciò che incontra lo dimezza a
causa della sua malvagità. La metà
buona entrerà a far parte del racconto
facendo notare a tutta la popolazione
di Terralba la differenza tra le due me-
tà, la malvagità che terrorizzava tutti i
cittadini e l’immensa bontà che quasi li soffocava e
li esasperava. In questo romanzo viene presentato
il problema dell’uomo “dimezzato”, cioè incom-
pleto, per questo lo scrittore ha dimezzato il suo
personaggio. Il tema principale, in questo romanzo
è celato nelle vicende insolite delle due metà: il
sapere cosa si prova ad essere dimezzato e incom-
pleto nell’animo fa soffrire entrambe e di conse-
guenza cercano la propria metà che però non è
quella del proprio corpo bensì una donna. Quando
se ne innamoreranno entrambi, un unico uomo
completo rinasce. Esiste una continua contrapposi-
zione di personalità in uno stesso personaggio e nel-
lo stesso uomo, la contrapposizione tra male e bene
che è il fulcro dell’intera opera. Tutto ciò porta a
pensare che non esiste il male assoluto né il bene
assoluto poiché in ogni individuo coesistono en-
trambi. Magari c’è chi vorrebbe essere del tutto buo-
no o del tutto cattivo, ma questo non potrà mai acca-
dere poiché noi siamo essere umani,
esseri finiti ed imperfetti.
Un altro aspetto che mi ha colpito mol-
to è che i lebbrosi utilizzano la musica
come strumento per sfuggire dalla real-
tà, hanno usanze strane e sono di facili
costumi, praticamente tutto ciò che a-
desso nessun uomo farebbe sapendo di
avere un tumore o altre malattie che
portano alla morte certa. I personaggi,
come quelli di Calvino, ci hanno la-
sciato davvero un immenso patrimonio
culturale, insegnamenti che dobbiamo apprendere
per capire meglio la vita. Rispose così ad un ragazzo
che gli chiese del romanzo: “avevo questa immagine
di un uomo tagliato in due ed ho pensato che questo
tema dell’uomo tagliato in due, dell’uomo dimezza-
to, fosse un tema significativo, avesse un significato
contemporaneo: tutti ci sentiamo in qualche modo
incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e
non l’altra”.
Michela Penna
Pagina 55
Roc Marciano - Marcberg Avete presente
quando guar-
date un film
che immagina-
te sia un capo-
lavoro o co-
munque una pellicola molto sopra
alla media e vi ritrovate a vedere
un filmetto qualsiasi oppure lo ste-
reotipo di “normale”? L’assenza di
difetti e pregi esponenziali non ren-
de la pellicola bella, ma neanche
brutta, in sostanza, né carne né pe-
sce; “Marcberg” di Roc Marciano
per me è la stessa cosa. Premetto
dicendo che questo sarà il disco
dell’anno per molti nostalgici del
vecchio boom bap, ha un suono
cupo e delle atmosfere parecchio
“marce”, tanto che alcune tracce
sembrano appena uscite da un di-
sco dei novanta. Da quanto ho letto
in rete, Roc Marciano ha prodotto
da sè tutte le tracce di quest’album.
Abbiamo un disco molto compatto
dal punto di vista dei beat e con la
presenza di un solo featuring, cosa
che alla fine può renderlo parec-
chio prolisso specialmente per me
che non sono mai riuscito ad ap-
prezzare a pieno la voce di Roc. Il
punto forte di questo disco sono i
beat che Marciano ha prodotto
(snow più di tutti) che creano, co-
me già detto, delle atmosfere hard-
core, rare da trovare di questi tempi
(non menziono “Panic”, beat da
molti definito come marcissimo,
proveniente da uno sgabuzzino ne-
wyorkese, traccia che personalmente
skippo sempre). Ho apprezzato so-
prattutto la seconda parte del disco:
“thugs prayer” è una delle mie trac-
ce preferite di Marcberg. Ascoltando
e riascoltando questo lavoro sono
arrivato a farmi una domanda: Mar-
cberg è davvero un prodotto così
buono? Detto sinteticamente, per me
la risposta è no. Per quanto io sia un
estimatore del suono newyorkese dei
novanta, penso che questo disco sia
stato osannato un po’ troppo per la
qualità o, meglio, per il suono dei
beat, che però secondo me anch’essi
alla lunga stancano. Fattore a svan-
taggio di Marcberg è la mancanza
del cosiddetto pezzo “pestone”, me-
glio definibile come banger, un po’
come nell’album dei Roots, elemen-
to che rende un album sempre mag-
giormente fruibile all’ascolto. Il di-
sco, per me che non ho mai partico-
larmente apprezzato Roc Marciano
definendolo non abbastanza coinvol-
gente dal punto di vista della voce o
di quello che volete, è stato come
una di quelle tazze ricolme di caffè
che sembrano non svuotarsi mai.
Con questo non voglio assoluta-
mente dire che Roc Marciano sia
scarso o che il disco sia effettiva-
mente brutto, l’aggettivo giusto
come detto al principio è secondo
me “buono ma anonimo” e se ci
pensiamo bene, oltre il fatto di a-
vere dei beat che suonino Golden
age, qual è la sua particolarità?
Quali sono le qualità che lo con-
traddistinguono da qualsiasi altro
disco? Nessuna in particolare, se
non le atmosfere dei beat. La quasi
totale assenza di feat e la mancan-
za di una traccia “potente” lo han-
no reso anche piuttosto noioso alle
mie orecchie e a quelle di (quasi)
tutti alla lunga. Posso dire alla fi-
ne, che chiunque sia un ascoltatore
instancabile dei novanta e non rie-
sce a trovare nei dischi che escono
ai giorni nostri qualcosa che ri-
specchi i suoni di quel tempo, ha
appena trovato un tesoro, chi inve-
ce come me cerca qualcosa che
vada oltre il “si ok suona come gli
Smif n wessun e ciao” non ha tro-
vato nulla se non un album come
altri mille. Non vorrei dare inutili
valutazioni, anche se per me è de-
finitivamente un 7/ 7.5. Tracce
migliori: Snow, thugs prayer, hide
my tears, rindin around.
Salvatore Bertino
Pagina 56
COME UN DELFINO. Gli Eroi non sono mai abbastanza!!!
Il mondo visto con occhi adolescenti
Come un delfino è una fiction tv andata
in onda su Canale 5 l’1 e il 2 Marzo.
Racconta la storia di un nuotatore, or-
mai “ex ”, che dopo aver dovuto abban-
donare il sogno delle Olimpiadi 2012, mette a disposi-
zione la propria esperienza per dare aiuto ad un gruppo
di ragazzi difficili, emarginati dalla società, che sotto la
guida di un prete “ buono”, don Luca, cercano di tenersi
lontano dai guai….. E tutto questo dove accade?…..in
Sicilia!!! E’ una storia strappalacrime ambientata tra
Messina e le Isole Eolie, con il mare e il sole come co-
protagonisti. Ho visto questa fiction con tanto piacere e
se dovessi dargli un voto gli darei 10! Perché? Perché ci
sono eroi dei nostri tempi che combattono e si espongo-
no a favore di chi è stato meno fortunato nella vita. Per-
ché questi eroi, purtroppo, per quanto numerosi siano,
rimangono sempre” pochi” rispetto alla grande maggio-
ranza della società, che invece pensa che ciò che non la
tocca non le riguarda! Invece, questi Eroi, combattono,
si impegnano, e non chiedono mai niente in cambio!
L’adolescenza (termine che deri-
va dal latino “adolesco” = cresce-
re) senz’altro è uno dei periodi
più difficili della vita. In questa
fase della crescita il giovane deve
affrontare molti problemi e molte
responsabilità. Se fosse in grado
di superare le prove di questa età,
potrebbe diventare una persona
adulta, ma capita frequentemente
Adolescenza: età unica ed affascinante, ma anche molto complessa
gi impliciti dei figli.
Allora il giovane cerca aiuto nei
coetanei, ma non sempre trova chi
può capire il suo disagio interiore.
Talvolta accade che l’amico più
caro lo tradisca, magari andando a
raccontare un segreto che gli era
stato confidato proprio a chi non
doveva conoscerlo. Questo può
causare forti depressioni, da cui è
che l’adolescente non riesca ad
affrontare con successo le preoc-
cupazioni. Pertanto in lui nasco-
no situazioni di disagio che egli
non riesce sempre ad esprimere.
La famiglia, così, non può aiutar-
lo a superare quei momenti, an-
che se certe volte i genitori, di-
stratti dal lavoro o da altre preoc-
cupazioni, non colgono i messag-
Cercano di lavorare nell’ombra, senza nessun clamore,
senza nessuna pubblicità, e non pretendono (e neanche
cercano) un grazie!!! E noi, che eroi siamo, cosa faccia-
mo? Li liquidiamo con un bell’articolo sul giornale, o
una bella intervista in televisione, o ne parliamo nelle
piazze della nostra città, ma tutto ciò non basta: tutto poi
continua come prima nella nostra vita… Gli Eroi conti-
nueranno a fare gli Eroi e noi staremo lì a guardare cosa
faranno ancora di strabiliante!! Ma chi sono questi eroi?
Come si chiamano? Possono chiamarsi Giovanni Falco-
ne, Paolo Borsellino, Generale Dalla Chiesa, Aldo Moro
o più semplicemente Roberto, Giuseppe, Antonio, Luca
(tutti morti in Afghanistan per difendere la Libertà), o
ancora Vittorio, Vincenzo, Francesco (medaglia d’oro al
valore militare), perché facendo il proprio dovere hanno
difeso con la loro vita la vita degli altri!!! Ci sono Eroi
conosciuti ed Eroi che conosciuti non sono, ma il valore
di un Eroe non può dipendere dalla notorietà… L’eroe
non ha un valore, l’Eroe è un valore in una società come
quella nostra che di valori ormai ne ha ben pochi!!!
Nicolò Albanese
PROSPETTIVE GIOVANI
Pagina 57
difficile uscire senza l’aiuto di
qualcun altro, che spesso viene
respinto per paura di subire un’-
altra delusione.
Anche il rapporto con l’altro ses-
so non aiuta, e spesso il giovane
si coinvolge troppo in storie che
non si rivelano affatto serie come
lui pensava.
Altri problemi dipendono dalla
difficile accettazione della pro-
pria persona. Infatti i cambia-
menti di un adolescente sono an-
zitutto fisici. Spesso il corpo cre-
sce non proprio come noi stessi
volevamo, oppure non rispecchia
i modelli che gli amici, la società
e talvolta anche i genitori ci im-
pongono. Questi sembrano solo
problemi soprattutto femminili,
ma risulta che oggi anche i ma-
schi ne soffrono molto più di un
tempo. Anche l’ambito scolastico
è spesso fonte di insoddisfazione.
L’adolescente ha la volontà di
affrontare lo studio per raggiun-
gere gli obiettivi prefissati, ma
poi la mancanza di interesse per
Forse risolverli del tutto non è
sempre facile, ma almeno si può
cercare di evitare che giungano
ad un punto critico. Anzitutto
bisogna far capire all’adolescente
che la diversità, rispetto a un mo-
dello mutuato dalla tv o dal
“gruppo”, non è un difetto, ma un
valore. Bisogna provare ad ac-
contentarsi di quello che si è,
senza dare troppa importanza al-
l’aspetto esteriore, ma potenzian-
do gli elementi positivi. Ogni
persona ha le sue carte da giocare
nella società, per quello che è,
non necessariamente per il ruolo
che ricopre o per la maschera che
indossa. Un’altra strada per af-
frontare bene quest’età è quella
di selezionare le amicizie e gli
adulti di riferimento, in modo da
privilegiare il rapporto con le
persone che davvero dimostrano
di voler bene alla persona nella
sua integrità. In questo modo il
ragazzo acquisterà maggiore fi-
ducia nelle proprie potenzialità e
scoprirà una passione cui dedi-
carsi con impegno e costanza.
Forse, senza neanche che se ne
accorga, a quel punto avrà già
imboccato e iniziato a percorrere
la strada per un’effettiva maturi-
tà. Alessandra Minutolo
materie scolastiche che egli vede
sempre più lontane dalla sua sensi-
bilità e dal mondo in cui vive lo
porta a risultati insoddisfacenti.
Inoltre molti accusano i giovani di
oggi di essere privi di ideali. Forse
questo è vero, nel senso che i gio-
vani di oggi non devono lottare per
ottenere quello che vogliono, ma
spesso se lo trovano a disposizione
senza grandi sforzi, e questo li ren-
de superficiali e scettici sui grandi
valori. Forse questa mancanza di
ideali è dovuta al fatto che gli a-
dulti cercano di inculcare valori di
cui poi non sono esempio concreto
per i ragazzi. In genere sono pro-
prio i figli di genitori magari ric-
chi, ma assenti, a covare un’insod-
disfazione che poi esplode in gesti
estremi. Sono, infatti, drammatica-
mente aumentati i tentativi di sui-
cidio fra adolescenti, soprattutto
nelle grandi città, mentre gli episo-
di di autolesionismo, anche se me-
no grave, di anoressia, bulimia,
vandalismo, bullismo, ecc… sono
all’ordine del giorno. Come abbia-
mo visto, le preoccupazioni degli
adolescenti sono parecchie, a di-
spetto di chi pensa a quest’età co-
me spensierata e serena. Ma è pro-
prio impossibile risolvere questi
problemi?
Pagina 58
ITALIA: il mio sogno, la mia ambizione
L’Italia, un paese che oggi giorno
sembra andare alla deriva, ma
non per questo privo di speranze
e di obiettivi. È questo quello che
penso della maggior parte degli
studenti che scendono in piazza a
protestare, perché essi vogliono e
pretendono un posto nel futuro
dell’Italia. Gli studenti che
reclamano i loro diritti in
piazza lo fanno solo perché
amano il loro paese e non vo-
gliono andare all’estero. Io
amo l’Italia, e vedere il mio
paese cadere a pezzi dopo una
storia basata sulla gloria, sulla
vittoria e l’amor di patria mi di-
strugge e mi rammarica nel pro-
fondo: io voglio dedicare il mio
futuro all’Italia. Proprio per que-
sto all’età di appena nove anni ho
deciso, parlando con ragazzi mol-
to più grandi di me e con signori
con una certa esperienza, di en-
trare nell’esercito italiano, so-
prattutto nel reparto alpinista,
paracadutista o esercito di terra.
Tutto ciò è anche influenzato da
una passione personale, da una
scelta che è sorta spontaneamen-
te, in quanto nella mia famiglia
nessuno, se non obbligatoriamen-
te, è mai entrato in questo campo.
E così ho cominciato ad organiz-
zare il mio futuro per riuscire nel
mio intento; servendomi della
rete ho cercato e ricercato tutte le
possibili scuole militari presenti
in Italia per la scuola superiore e
per l’università e ho scelto di en-
trare, a partire dal terzo anno di
liceo scientifico, nell’ accademia
militare la “Nuziatella” di Napoli,
che prepara per l’ingresso nell’ac-
cademia militare per sottoufficiali
di Modena. È ovvio che per entra-
re in queste scuole di alto rilievo
e importanza bisogna superare
degli esami molto impegnativi.
Infatti sono presenti prove di cul-
tura generale, fisico-psicologiche
e sanitarie, da superare tutte con il
massimo di voti perché, ad esem-
pio, alla Nunziatella sono dispo-
nibili circa ottanta posti per i due-
mila giovani italiani decisi a su-
perare l’esame. La conoscenza di
queste informazioni mi ha prepa-
rato dall’inizio ad affrontare anni
di duro impegno, soprattutto i pri-
mi due di scuola superiore che ho
appena cominciato, dai quali deve
scaturire un curriculum impecca-
bile per prepararmi al meglio al
fine di superare queste prove.
Queste mie scelte stanno molto
condizionando il mio presente,
poiché nel primo anno di liceo
scientifico ho già cambiato
scuola una volta perché la pre-
cedente era molto scadente sul
piano dell’offerta formativa.
Infatti dopo due mesi di scuola,
per motivi di sciopero, eccessi-
ve assemblee studentesche, ecc.,
mi sono reso conto che, non facen-
do niente, non potevo avere spe-
ranze nel superare gli esami, quin-
di io e la mia famiglia abbiamo
deciso il mio trasferimento in una
scuola privata molto importante
che, da quanto ho constatato, con-
ferma la sua reputazione. Premet-
tendo che studiare tanto non è il
mio hobby preferito, devo dire che
si prospettano anni molto difficili
davanti a me, fatti di sacrificio, ma
tutto questo per raggiungere la mia
meta nel modo migliore e per dare
il mio contributo affinché l’Italia
diventi un paese migliore.
Claudio Salmeri
Pagina 59
Fate della vostra unicità motivo di orgoglio
Unicità, rispetto, libertà sono valori che dovrebbero
caratterizzare la nostra società e sono proprio questi
“monumenti” ad essere chiamati a diventare la radice
del rapporto tra esseri civili,
ambiente e sviluppo. Non a
caso ho voluto scegliere e uti-
lizzare il sostantivo che vede-
te scritto tra virgolette, in
quanto tali ideali sono im-
pressi nella nostra stessa sto-
ria, ne tessono gli eventi e
saldano presente e passato.
Essi si pongono così non co-
me sfondo ma come veri e
propri motori degli eventi u-
mani. Ovviamente, se questi
motori attivi si assopiscono o vengono meno, si ha un
impoverimento della società, che diventa scevra di
sviluppo, di storia e di significato. Mi duole ammette-
re che proprio i giovani (in particolare la fascia ado-
lescenziale) partecipano a volte, indirettamente, a
questo fenomeno di depauperamento. Sottolineo
“indirettamente”, poiché la causa di un tale fenomeno
interessa l’intera struttura economica, culturale e so-
ciale di un paese. Richiamandoci al primo valore
messo in evidenza (unicità) cerchiamo di analizzare
le sue diverse sfaccettature, rifuggendo da una sua
considerazione superficiale. Unicità è possibilità e
capacità di distinzione, quel quid che non solo ci
rende diversi dagli altri ma che, di contro, ci rende
anche speciali e conferisce significato alla nostra
vita. Cosa inoltre porta a
far diventare la nostra
vita singolare e insostitui-
bile? Ebbene, miei cari
coetanei, lancio un appel-
lo diretto a tutti voi, indu-
cendovi alla riflessione e
all’ascolto del mio mes-
saggio: ognuno è impor-
tante e unico per il contri-
buto che può dare alla
società. Quando però vi
rendete identici e vi omo-
logate alla massa, la vostra vita diventa un doppio-
ne delle altre e perde lo stesso motivo per conti-
nuare ad essere. Dunque il vostro “ragionare in
branco” non fa altro che produrre copie e cloni, tra
i quali nessuno si distingue. Non riducete la vostra
vita ad un inutile copione che nel multiforme mo-
saico dell’esistenza vi rende delle tessere facilmen-
te sostituibili, perché uguali a molte altre. Il cam-
mino verso la perfezione è infinito e la nostra so-
cietà ha bisogno del contributo unico e personale di
ciascuno.
Biagio Sancetta
Pagina 60
Pane, latte e valori
Adolescenza. Parola spesso usata
e “abusata” per descrivere, nel
bene e nel male, un periodo della
nostra esistenza. Quella fase di
transizione particolare e delicata di cambiamenti sia
fisici che psicologici nella quale si fa l’ingresso nella
vita; quella stessa fase in cui l’identità, il ruolo, la fami-
glia, il comportamento, i pensieri, le azioni vanno in
confusione. L’universo virtuale di Internet e dei Social
Network predispone soltanto a rapporti immaginari,
senza contatto umano, che a volte disorientano e disar-
mano i giovani ancora di più. In una società che, per
diverse ragioni, coltiva il dubbio e il cinismo, la paura e
l’impotenza, l’immaturità e l’infantilismo, alcuni giova-
ni tendono di aggrapparsi a modalità di gratificazione
primarie e hanno difficoltà a diventare maturi. Molti
giovani hanno difficoltà nel separare la loro vita interio-
re dai condizionamenti esterni e questo fenomeno viene
amplificato e alimentato dalla psicologia mediatica, la
quale permea gli animi e l’universo virtuale dei video-
giochi e di Internet. I giovani d’oggi sono come le ge-
nerazioni precedenti: capaci di generosità, solidarietà e
dedizione solo se sono motivati da una causa. Prendono
i loro punti di riferimento un po’ dappertutto, per poi
sperimentarli nel loro modo di vivere. Rischiano di ca-
dere nel conformismo delle mode, lasciandosi impre-
gnare come spugne, piuttosto che costruire la loro liber-
tà partendo dalle ragioni di vivere e amare. Il che spiega
la fragilità effettiva e i dubbi su se stessi che li logora-
no. Spesso, rammentando il comportamento di molti
giovani, le persone, forse anche in maniera un po’ trop-
po semplicistica, affermano che i ragazzi di oggi non
hanno più valori, non hanno nulla in cui credere, non
hanno nessun interesse vero all’infuori del divertimen-
to. Ma è davvero così? E soprattutto, quali sono i valori
che i giovani di ieri avevano e che i ragazzi di oggi do-
vrebbero avere? Possiamo considerare “valori” tutte quel-
le regole, quei principi e quelle linee di condotta che per-
mettono alle persone di costruire la loro esistenza, di sta-
bilire le proprie priorità e di compiere delle scelte. Per noi
ragazzi, quindi, è importante avere dei valori che ci guidi-
no nel compiere le scelte giuste. A mio parere, è ingiusto,
come si suol dire, fare “di tutta l’erba un fascio”: è ingiu-
sto sostenere che al giorno d’oggi la società è composta da
tanti giovani inetti, senza valori morali, né tantomeno civi-
li, perché, per mia particolare esperienza, esistono parec-
chi giovani che hanno fatto dei valori una vera e propria
regola di vita. Il problema è che a volte non sono solo i
giovani a non avere valori morali, ma anche i “grandi”
hanno le loro responsabilità: quanti sono gli adulti che non
seguono una condotta morale, mentre dovrebbero essere il
nostro esempio? Per quanto riguarda me… posso essere
fiera di affermare che sono cresciuta con pane, latte e va-
lori…. Valori trasmessi dai punti cardinali (papà, mamma,
fratello), valori veri, autentici, che affondano le radici nel
passato e proiettano i loro frutti nel futuro. Frutti che san-
no di rispetto per sé e gli altri, di condivisione, di tolleran-
za e di amore per tutto l’universo creato. Ma soprattutto,
valori che hanno un sapore che solo pochi hanno avuto
l’occasione di scoprire…. I valori dello Scoutismo, un
movimento che da ben otto anni mi ha saputo dare e inse-
gnare tanto, come tanto è stato ciò che ha fatto il suo crea-
tore, Baden Powell. Lo Scoutismo mi ha insegnato ad a-
mare il prossimo, anche il mio nemico, ad essere sempre
pronti (“estote parati” è il nostro motto), a dare se stessi
per gli altri. Ma soprattutto, che può bastare così poco per
donare un sorriso! Io sono del parere che non esistono
ragazzi o adulti con o senza valori. Tutti hanno dei valori
in cui credere. Basta solo cercare dentro di sé e conoscersi
meglio. Gaia Foti
Pagina 61
Uno spettacolo descritto da un'altra prospettiva Avrete sicuramente letto tantissi-
mi articoli riguardanti una mani-
festazione culturale o uno spetta-
colo. Che siano commenti, criti-
che, recensioni o semplici descri-
zioni ne avrete sicuramente viste
(o meglio “lette”) di cotte e di
crude. Io in questo articolo
farò l’esatto contrario, de-
scrivendo la mia esperienza
di partecipante ad uno spet-
tacolo di danza effettuatosi il
12 febbraio 2011. Il mio in-
tento non è quello di fare
una descrizione di cosa sia
successo “dietro le quinte”, in
quanto potrebbe risultare alquan-
to noioso nonché poco originale,
bensì quello di farvi capire che
dietro un’esibizione c’è molto più
dell’esibizione stessa.
La spettacolo di danza è stato pre-
sentato presso il Palacultura An-
tonello e inserito all’interno della
ricca serie di eventi che hanno
animato la “Notte della Cultura”,
manifestazione che il Comune di
Messina sta cercando di promuo-
vere da due anni a questa parte,
riscuotendo sempre più successo.
Lo scopo principale è stato quello
di rappresentare le Isole Eolie
come sette sorelle. Da questa idea
nasce il titolo stesso dello spetta-
colo: “le sette sorelle”. Quello di
cui volevo parlare e incentrare il
discorso è il fatto che di uno
show non si deve solo prendere in
considerazione il momento della
semplice messinscena ufficiale
davanti al pubblico. C’è molto di
più dietro. L’importante, il punto
del discorso, è comprendere inve-
ce come bisogna produrre e strut-
turare uno spettacolo a partire dal
nulla. Viene spesso sottovalutata
la capacità di riuscire ad avere
un’idea e di trasformarla in qual-
cosa di concreto, in modo che
sia comprensibile e piacevole
anche per chi non capisce nulla di
danza e vuole semplicemente di-
vertirsi per un’oretta. Un’idea
originale, e dunque vincente, de-
ve essere creativa e comprensibile
allo stesso tempo. La meta da
raggiungere è quella di realizzare
uno spettacolo che non somigli a
qualcosa di già fatto. Traguardo
ancora più difficile è riuscire a
prendere una situazione, una sto-
ria e modellarla per creare un
punto di incontro tra coreografie
di diversi stili di danza, in
modo che esse combacino
senza entrare in contrasto.
Personalmente penso che la
cosiddetta “abilità coreografi-
ca” consista proprio in que-
sto: riuscire ad accostare stili
diversi in modo da restare
comprensibili e non creare confu-
sione. La progettazione di una
rappresentazione deve essere cu-
rata in ogni suo singolo aspetto, a
partire dalla scelta della giusta
soundtrack o da quella dei costu-
mi, che hanno un impatto visivo
molto forte sugli spettatori. Per-
sonalmente ho partecipato all’u-
nica coreografia Hip hop che fi-
gurava l’isola di Panarea. Chiun-
que ne abbia l’occasione non
pensi due volte a partecipare ad
un esperienza del genere, perchè
essa arricchisce molto non solo
l’artista ma anche lo stesso spet-
tatore. Salvatore Bertino
Pagina 62
La famiglia al giorno d'oggi Sinceramente la situazione di ciò
che si intende per famiglia tradi-
zionale è molto cambiata negli
anni passati ad oggi. La famiglia
moderna è in una situazione di
crisi nella quale si mettono in di-
scussione i lati positivi di ciò che
essa dovrebbe rappresentare. Co-
me afferma A.Golini in “La fami-
glia italiana dall’Otto-
cento ad oggi”, in una
famiglia rispettabile vi
erano due regole fonta-
mentali:i rapporti con-
sentiti solo tra coniugi e
il matrimonio, conside-
rato un’unione per la
vita. Ai tempi d’oggi sia
l’una che l’altra
“regola” sono andate
via via perdendo valore,
come la famiglia di per sè. Si nota
infatti come le persone abbiano
già figli prima del matrimonio o
addirittura come una coppia spo-
sata si separi così facilmente do-
po pochi anni. Questo perchè suc-
cede? Perchè la famiglia non as-
sume più, per gran parte delle
persone, un significato tra quelli
che dovrebbero essere di primaria
importanza. Il lavoro, il denaro, i
divertimenti, fanno sì che ci si
dedichi di meno al nucleo fami-
liare. Questo è anche alla base del
problema del numero dei figli.
Molte coppie, come riportato in
vari grafici, decidono di non voler
avere figli, e questo secondo la
mia opinione perchè c’è un crollo
di responsabilità da parte dei ge-
nitori. Avere figli comporta una
grande responsabilità e oggi si
preferisce “rinviare” la cosa. Si
nota infatti come alcune famiglie
tirino su i propri figli: viziati per
la maggior parte. Nasce la coppia
pendolare, persone che vivono
per lunghi periodi lontani dalle
proprie abitazioni. In contrapposi-
zione a queste tesi però, c’è chi
dichiara che la famiglia abbia a-
vuto un miglioramento. Punto
principale è l’emancipazione del-
la donna nella società. Il pensiero
che si aveva della donna è cam-
biato nei secoli ed oggi la donna
è capace di mantenere una fami-
glia da sola e, anche se esistono
ancora casi tragici di violenza
sulla donna, di riuscire a “non
farsi mettere i piedi
in testa” dal mari-
to. Succede che in
questo modo i
bambini restino a
casa da soli e per
alcuni questa cosa
è vista come un
acquisizione di re-
sponsabilità del
bimbo stesso. Io
penso che non bi-
sognerebbe lasciare troppo spes-
so solo il proprio figlio. Penso
che bisogna controllarlo, evitargli
pericoli e tirarlo su dandogli un
buon appoggio per indirizzarlo
sulla via giusta. In conclusione,
come la maggior parte delle cose,
le tesi sulla famiglia si dividono.
Sta a noi decidere ciò che si pen-
sa esser meglio per la nostra vita.
Martina Minutolo
Pagina 63
Il sorriso di un bambino: il guadagno più grande Sin da piccolo sape-
vo già di voler di-
ventare da grande un
medico, diversamen-
te da tutti gli altri bambini che, in
genere, sognano di diventare astro-
nauta, presidente, pilota, calciatore.
Coltivo questo sogno anche perché
molti miei parenti sono dei medici e
ogni volta che mi capita di sentirli
parlare e discutere del loro lavoro,
l’attrazione nei confronti di questa
professione aumenta sempre di più.
Ho scoperto che esistono diverse
specializzazioni mediche ma tra tutte
io vorrei intraprendere la strada della
ricerca bio-tecnologica. Mi è sempre
piaciuto molto montare e smontare
gli oggetti, collegare i vari fili, trova-
re il meccanismo che ne permette il
funzionamento, e la ricerca scientifi-
ca è anche questo. Grazie allo studio e
all’applicazione costante dei ricerca-
tori sono stati infatti progettate e col-
laudate protesi sempre più sofisticate,
e sono state anche portate avanti ricer-
che importanti sulle cellule staminali,
che sembra siano in grado di poter
ricostruire organi danneggiati da ma-
lattie o incidenti. Per me diventare
medico implica anche la necessità di
dover aiutare tutti coloro che soffro-
no. Ho potuto conoscere da vicino
questo aspetto grazie all’attività in-
stancabile di un mio cugino, responsa-
bile scientifico di un’importante orga-
nizzazione medica che opera nei paesi
poveri del mondo. Quando torna dalle
sue missioni, mi fa vedere molti fil-
mati e fotografie che presentano le
precarie condizioni di vita in cui ver-
sano le popolazioni del terzo mondo,
prostrate dalla povertà, dalla malnu-
trizione, dalla carenza di acqua puli-
ta, ma soprattutto dall’ignoranza e
dall’emarginazione. Questi medici
eroi operano bambini con malforma-
zioni al palato, al naso e alla bocca,
per donare loro un futuro normale.
Mio cugino mi ha fatto così com-
prendere l’importanza delle missioni
a cui partecipa, non solo dal punto
di vista medico, ma soprattutto a
livello umano: regalare infatti il sor-
riso ai bambini che lo avevano per-
duto, e alle loro famiglie, risarcisce
più di qualsiasi guadagno stretta-
mente economico.
Anch’io vorrei, un giorno, compiere
esperienze simili all’estero, perché
so che mi voterei a questa causa con
entusiasmo e passione.
Matteo De Blasio Di Palizzi
E' finita!E se ripenso al primo giorno del primo anno di liceo? Finalmente è arrivato: il primo giorno
del primo anno di liceo! Sembra quasi
di vivere un sogno, sembra quasi di
essere realmente diventati grandi. La
sveglia qualche ora prima, le lunghe
ore allo specchio nella speranza di
dimostrare qualche anno in più, l’e-
mozione della novità, la voglia di co-
minciare una nuova avventura… Ec-
coli là gli anni più belli della tua vita,
ti stanno aspettando!! Tra le tante fac-
ce sconosciute che camminano al tuo
fianco lungo i corridoi della tua nuova
seconda casa riconosci nei volti quel-
l’euforia che ti sta invadendo da qual-
che giorno, alti ragazzoni e piccole bar-
bie in miniatura sembrano costantemen-
te guardarti e ritornare con la mente a
quei “lontani” anni in cui erano proprio
loro ad essere al tuo posto, e sembrano
proprio guardarti con tanta invidia. Pas-
sano i mesi, gli anni…1°, 2°, 3°, 4°… e
le risate, le goliardate, le ore di supplen-
za passate a giocare in classe, le gite, le
battute, le paure prima delle temibili
interrogazioni di latino e matematica, i
bidelli speciali, le ricreazioni speciali…
sono ormai ricordi che affievoliscono,
mentre alle 8:00 del primo ultimo gior-
no di scuola della mia vita guardo il
cancello e capi-
sco che è finita!
Eccomi qui, sono
arrivata alla fine
della corsa come in una lunga marato-
na, realizzo che gli esami mi aspetta-
no, che il tempo delle risate spensiera-
te è ormai finito, che devo abbandona-
rere quei corridoi che già aspettano
qualche nuovo cadetto pronto a co-
minciare gli anni più divertenti della
vita, e per la prima volta dopo 5 anni
capisco che…ho paura!E ora? Cosa
accadrà? Perchè è già finita???
Maria Federica Frelazzo
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PENNE ESTROVERSE
La singolare e irripetibile creatività delle nostre parole
La paura è un sentimento ata-
vico, da sempre presente nel-
l’animo dell’uomo. Essa va
dallo scoramento allo spavento, attraversando tutti
gli stadi della “fobia”. Varie sono le cause da cui è
determinata: dal buio indistinto che atterrisce il
bambino, ai mezzi di comunicazione di massa, che
costringono a vivere la compresenza storica di tutta
l’umanità da luoghi lontani, ma temporaneamente
vicini, determinando conseguenze alle volte ango-
scianti e irreversibili. L’uomo convive, suo malgra-
do, con varie forme di angoscia esistenziale: la pau-
ra della malattia e, ancor prima, del contagio (chi
non ricorda, infatti, la fobia generata ad opera della
“Mucca Pazza, alla sola vista di una succulenta bi-
stecca alla fiorentina?); la paura dell’olocausto nu-
cleare proferito da insigni (menagrami) scienziati; la
paura dell’alterazione irreversibile degli ecosistemi,
con rischio di immediata fine del mondo; non ulti-
mo, il terrore del 2012, che incombe come una spa-
da di Damocle sulle nostre teste. Ed ancora: paura
delle responsabilità della vita, di metterci la faccia,
di non essere sempre all’altezza delle situazioni,
paura dei rapporti sociali, di perdere il proprio lavo-
ro o l’immagine che faticosamente ci si è costruiti,
col terrore di finire in braghe di tela. Il timore fa ri-
piegare l’uomo su se stesso, lo rende egoista, insen-
sibile agli altri. L’uomo pauroso diviene solitario,
apatico, depresso, sempre più assoggettato agli an-
siolitici e, nei casi più gravi, all’alcolismo o all’uso
di sostanze eccitanti, sempre nel vano tentativo di
METTERCI LA FACCIA … ovvero L’UOMO E LA PAURA
sfuggire o esorcizzare il demone della paura, che
nella fattispecie si chiama solitudine. L’uomo del
terzo millennio si trova, infatti, nel pieno di un com-
plesso di trasformazioni che hanno diffuso un senso
di profonda incertezza sugli aspetti essenziali della
vita. Sono in crisi i ruoli tradizionali della società e
della famiglia, i ruoli che competono alle diverse
generazioni. Tra fiumi di parole, oggi non sappiamo
più comunicare. Tutti vivono la strana percezione di
essere alla canna del gas. Inquietudine e incertezza
investono la nostra società, nella quale sono mutati i
rapporti tra passato e futuro, nel senso che la dimen-
sione della vita quotidiana è prevalentemente quella
del presente, dato che il passato non conta più e del
futuro “quien sabe”. Stiamo perdendo, o meglio,
credo che abbiamo già perso la tramontana, ovvero
il senso più profondo del nostro passato, le radici
lontane del nostro agire odierno, il legame con la
nostra storia individuale, di gruppo, di popolo.
Stracciarsi le vesti? Non ci resta che questo? Asso-
lutamente no! Il coraggio, la dignità, la fiducia nei
valori universali dell’amore, del rispetto reciproco,
della solidarietà non sono cose da poco. Non sono
slogan per imbonitori politici e per televendite. Non
sono frutti secchi, ma germogli vividi, pronti ad e-
splodere nel terreno fertile di una coscienza giovani-
le, forse più tormentata e travagliata, ma certamente
più autentica e schietta, che non cede ai compromes-
si e si rifiuta di “baciare le mani a voscienza”. Do-
vremmo imparare, allora, ad avere paura solo…
della Paura. Gaia Foti
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Gennaio 2011… Il Direttore entra in classe e dice:
“Abbiamo comprato la Macchina del Tempo, possia-
mo tornare indietro di tantissimi anni, chi vuole pro-
vare?” “Quale occasione migliore” - penso io - “se
torno indietro nel tempo, potrò anche cambiare qual-
cosa che in questi 16 anni non mi è piaciuta!!!!” “Io,
io” dico a voce alta, e mi accorgo di essere l’unico
coraggioso. Poco dopo cominciano ad alzarsi altre
mani e diveniamo un bel gruppetto, ma sulla macchi-
na del tempo si sale uno alla volta… quindi parto io
per primo! Entro in una stanza dove c’è una grossa
macchina, monto su e mi accorgo di un monitor sul
quale scorrono anni, epoche,
personaggi, fatti, luoghi. Im-
mediatamente leggo: “Vuoi
scegliere in quale epoca anda-
re, quale personaggio incontra-
re, o vuoi che la scelta sia ca-
suale?” “Casuale, casuale, al-
meno non avrò colpa di nul-
la!”… E allora si parte!!! Pre-
mo il pulsante con su scritto”
“lascia al caso il tuo destino” e dopo 10 secondi mi
ritrovo nel XII secolo faccia a faccia con Alberto da
Giussano, condottiero lombardo, eroe della battaglia
di Legnano del 1176. “E questo da me che vuole?”
penso e subito lui mi dice: “Ciao Terrun!!” Ora capi-
sco… e dico: “Ma tu non sei il fondatore della Com-
pagnia della Morte, un’armata di 900 cavalieri scelti
per difendere il Carroccio, simbolo della Lega Lom-
barda, contro Federico I Barbarossa?” “Sono proprio
Viaggio nel tempo
io, e tu ,Terrun, mi ri-
troverai dal 1991 come
simbolo elettorale della
Lega Nord, e Umberto
Bossi sarà la mia Crea-
tura… pensa: sposerà
persino una di voi!!
“Caro Alberto da Gius-
sano” penso in silenzio “tu sarai anche un condot-
tiero, un eroe, un coraggioso, ma vuoi mettere l’a-
stuzia di un Terrun?!” Bene allora guarda cosa ti
combino… ti cambio qualche elemento! Faremo in
modo che il 19 Settembre
del 1941, alla Sig.ra Bossi
madre, in vacanza sulle rive
dello Stretto di Messina, le
si rompano le acque e… na-
sca il piccolo Umberto! Che
bello che sarebbe riuscire a
cambiare la Storia… oggi
Umberto sarebbe in giro per
le strade di Messina e direb-
be: “Ciao cumpari comu stai?” … BOOOOOOOO-
OM!!! Che è successo? L’ho detta troppo grossa?!
… No, il boato è soltanto la macchina del tempo
che è ritornata nel 2011, ed io? Per fortuna sono
rientrato nel mio tempo e nel mio mondo; Bossi è
nato a Cassano Magnago, non parla da Terrun ma
da Polentone, e la macchina del Tempo? Il Diretto-
re l’ha già rivenduta come prodotto di seconda ma-
no!!!
Nicolò Albanese
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Il TG come lo vorrei
NOTIZIA SHOCK: all’alba di oggi tutte le se-
di dei TG nazionali (RAI, Canale 5, Retequat-
tro, Italia 1, la 7, SKY, Premium) sono state
occupate da ragazzi tra i 15 e i 20 anni, che di-
cono di chiamarsi “VOLEMOSE BENE”.
Ci sembra che abbiano delle armi… no, no, un
momento.
Non sono armi, sono FIORI che sparano PE-
TALI! “Da oggi le Redazioni dei TG sono in
mano nostra. L’informazione la facciamo noi!”
continuano a gridare. Ore 08.30: TG 1… nuo-
vo conduttore, un ragazzetto alto, capelli casta-
ni, sguardo intenso che dice: “Buon giorno dal
TG1… e che Buongiorno! Yara Gambirasio
non è mai scomparsa! Sarah Scazzi passeggia
per Avetrana! Gheddafi è un nuovo personag-
gio dei Pokemon! Berlusconi è a pranzo con
Fini e Bersani! Ruby è una maestra d’asilo!”
Ore 12.00: TG4…. Una ragazzetta alta, bionda,
occhi da gatta, sta seduta al posto di Emilio Fe-
de e dice: “a Emy, o sai che in Iraq stanno a
sloggià pecchè a guerra è finita? E o sai che e
Tori Gemelle so ancora li e nessuno è riuscito a
buttalle giù?”
Ore 14.30: Studio Aperto, Italia 1. Anche qui un
ragazzino si è impossessato del microfono e di-
ce: “ Notizie dall’Italia… remonti ha promesso
meno tasse per tutti e più lavoro! Notizie dall’E-
stero… Ahmadinejad scende in piazza contro il
Nucleare e contro il Burqa!”
Ore 18.00: TG5… “Clamoroso- dice una ragaz-
za – a Cerignola scongiurato un disastro fami-
liare. Un uomo in vacanza con le sue due bam-
bine scivola alla stazione e cade tra i binari. Il
macchinista del treno in arrivo riesce a frenare e
Mathias, Livia e Alessia sono salvi e potranno
riabbracciare la loro Irina”.
Ore 20.00: SKY… “Trovata la causa che provo-
ca il cancro. Un gruppo di medici appartenenti
alle Università di tutto il mondo ha messo a
punto il VACCINO!!!”
Ore 20.30: Premium…. “NOTIZIA SHOCK: al
tramonto di oggi tutte le sedi dei TG nazionali
non sono più occupati dai giovani giornalisti!”.
Peccato!!! Anche se è durato un solo giorno,
questo TG mi è proprio piaciuto!!
Nicolò Albanese
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Il mio giorno da presentatore del TG14 Mi sveglio,
sembra una
giornata come
tutte le altre,
ma qualcosa mi dice che non sarà
così. Sto per uscire di casa per
andare a scuola e mi accorgo che
mi è arrivata una lettera, rimango
stupito. Subito penso: “Non ho
tempo da perdere con lettere inu-
tili, sono in ritardo”. Così esco di
casa e la ignoro. Alle 13:45 esco
in cortile per giocare a
calcio con i miei compa-
gni, e ad un certo punto
sul nostro cortile atterra
un grande elicottero con
su scritto: TG14. Subito
scende un uomo che mi
prende e mi fa salire a
bordo. Durante il viaggio mi spie-
ga che sono stato scelto come
presentatore del TG per un gior-
no. Io mi illumino di gioia, ma
per orgoglio, con indifferenza
chiedo: “Perchè non mi avete av-
visato prima?”. Loro mi dicono di
avermi spedito una lettera, così
capisco di chi era quella lettera
che avevo ricevuto. Arrivati a Ro-
ma vedo la sede e scopro che sa-
rei andato in onda fra cinque mi-
nuti! Ma non sono pronto, non so
cosa dire e soprattutto… come
avrei fatto io, il ragazzo più timi-
do di tutti i tempi? “Ora diamo la
parola allo studente scelto dalla
nostra selezione!”. Eccomi in on-
da, “oh cielo” non so che dire!
Inizio con un banale “buongiorno
a tutti”, mi fermo, penso … Ma
certo! E’ facile la soluzione, io
non sono direttamente di fronte
ad un pubblico, sono solo ripreso
da una telecamera, sono solo co-
me quando ripeto storia, e allora
inizio: Notizia dell’ultimo secon-
do… Non ci posso credere, ce
l’ho fatta, il TG è finito e sento
che è andato tutto bene, però ora
voglio tornare alla mia vita di
sempre. L’indomani la mia routi-
ne mattutina viene però di nuovo
stravolta, perchè prima di uscire
vedo una lettera e subito penso:
“questa volta non sbaglierò!”. La
leggo, è il TG14! Le visualizza-
zioni sono state altissime, mi
hanno chiamato per una settima-
na di prova e mi hanno offerto
pure soldi. Devo rispondere alla
proposta entro la sera, ma per ora
vado a scuola. Arrivo e tutta la
scuola mi accoglie con applausi e
fischi, chiedendomi come era an-
data e dico loro della lettera. Ma
vedo che tutti sono tristi, poichè
se avessi accettato mi sarei dovu-
to trasferire a Roma. Allo-
ra penso che forse avrei
fatto bene a non accettare,
ma loro, da buoni amici,
mi dicono di non perdere
questa grande opportunità.
Ecco è arrivata sera: devo
mandare la lettera con
scritto sì o no. La scelta è così
difficile e straziante… Mi affac-
cio e vedo dei ragazzi giocare a
calcio. Non resisto. No. Oh no!
Sono di nuovo in ritardo, ma so-
no contento di poterlo essere. Ar-
rivo a scuola e mi chiedono: hai
detto sì, vero? No. E lì un urlo di
gioia scoppia dal cuore dei miei
compagni e… dal mio.
Fabio Malacarne
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Una crociera da dimenticare? Forse no Io quel giorno ero molto impauri-
to ed eccitato all’idea di partire e
di fare la mia prima grande cro-
ciera. Avendo paura del mare,
non sono mai salito su di una na-
ve ma per questa crociera mi feci
coraggio e partii. Feci male
però. Partii il 17 Febbraio,
di venerdì, alle 17:17. Le
prime due settimane mi di-
vertii molto ma, dopo di
queste, arrivarono onde gi-
gantesche che fecero ribal-
tare la nave. Morirono tutti,
tranne me. Mi ritrovai in
un’isola immensa, mai visitata
dall’uomo e non segnata sulle
cartine geografiche. Questa era
un’isola meravigliosa, ricca di
verde e piena di specie inusitate
di animali. Dopo che mi alzai dal-
la spiaggia, mi andai a fare un
giro per trovare dell’acqua fresca,
cibo e un riparo per la notte.
Camminando, trovai dei pezzi di
corteccia molto diversi dai nostri.
Provai a prenderne due, li spezzai
e, con un accendino che avevo in
tasca, accesi un fuoco. Con gli
altri pezzi mi costruii un rifugio
e, usando varie pietre dure trovate
al confine tra la spiaggia e la fo-
resta, varie lance per cacciare. Mi
misi poi vicino al fuoco e mi ad-
dormentai, perchè quella era stata
una giornata molto faticosa e dif-
ficile. Il giorno dopo iniziai ad
esplorare la foresta: essa era mol-
to buia, perchè i raggi del sole
erano coperti dal fitto fogliame
degli alberi. Trovai anche un ru-
scello dove scorreva acqua limpi-
da e pura. Riempii la borraccia
d’acqua e raccolsi strani frutti,
molto diversi da quelli che cono-
scevo. Improvvisamente apparve
un grosso animale, simile ad una
tartaruga, ma gigantesco e carni-
voro. Uccisi la fiera con la lancia,
conficcandogliela in testa e, sic-
come il suo guscio era molto
grande e resistente, lo presi per
costruirmi una barca. Tornando
verso la spiaggia trovai delle lia-
ne molto resistenti che mi servi-
rono per unire i vari pezzi della
barca. Il giorno successivo il sole
fu ricoperto da nere nuvole e ini-
ziò una violenta tempesta tropi-
cale. Le onde cominciarono ad
alzarsi ed ebbi paura che la mia
fine fosse giunta. Per
fortuna mi salvai e
qualche giorno dopo
continuai la costruzione
della barca. Mi serviva-
no una vela e una pietra
simile all’amigdala per
modellare l’imbarcazio-
ne. Con una lancia più
lunga costruita in precedenza e
un sasso molto tagliente riuscii
ad uccidere animali dalla pelle
spessa e resistente, pelle che usai
successivamente come vela. Feci
provviste di acqua e cibo e mi
preparai per il viaggio di ritorno.
Il giorno dopo partii e attraversai
un mare calmo ma pericoloso,
perchè infestato da piranha e bar-
racuda. Mi seppi difendere bene.
Giunsi così fino alle coste della
Sicilia, felice di essere sopravvis-
suto a questa pericolosa ma affa-
scinante avventura.
Francesco Valente
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Viaggio sul veliero dell’alba Il sole sta sorgendo ormai, la
sua luce rischiara a poco a poco
il cielo, salutando l’oscura not-
te, la luna e le stelle che mi
hanno tenuto compagnia fino ad ora. Credo che co-
mincerebbe così il mio viaggio ideale, un viaggio
alla scoperta del mondo, di culture e popoli diversi.
Un viaggio alla scoperta di se stessi, del proprio es-
sere e della propria anima. E soprattutto, un viaggio
su un veliero fantastico, che naviga sulle acque più
blu e per mari inesplorati dall’uomo : il veliero del-
l’Alba. La voglia di ve-
dere, capire e scoprire
arde in me più viva che
mai, come le fiamme di
un fuoco indomabile.
Sento sulla pelle la leg-
gera brezza che spira da
est, una brezza fresca,
che sembra cantarmi ciò
che ha avuto la fortuna di ammirare nelle bellissime
terre d’Oriente; terre vergini , perennemente baciate
dal sole e lambite dal più bel mare che si possa mai
sognare. Terre dagli alberi possenti e sempre in fio-
re, dove il silenzio regna, dove vivono le più diverse
specie di animali; dove la tenera erba degli immensi
prati sembra invitarti a distenderti e ad abbandonarti
a quella meravigliosa tranquillità che invade la tua
mente, rilassandoti. Un velo di salsedine mi pizzica
le labbra, riportandomi alla realtà, facendomi riapri-
re gli occhi ed ammirare ciò che mi si pone davanti :
l’immensità dell’oceano e delle sue gigantesche cre-
ature..creature che fino ad allora avevo solo potuto
vedere nei libri o in tv. Pesci dai colori sgargianti
saltano fuori dalle acque con agilità impressionante,
accompagnati da bellissimi delfini. Ma ecco che,
tutt’un tratto, una voce angelica…ed un cavallo
bianco dalle ali grandissime richiama la mia atten-
zione. Il magnifico animale volteggia in alto, e dopo
pochi secondi scende in picchiata e si posa delicata-
mente sul ponte del veliero. Ed ecco: un’isola illu-
minata dal sole appare d’improvviso in tutta la sua
bellezza. Salgo in groppa al mio destriero alato e
prendo il volo. Salgo sem-
pre più in alto, sfioro con
le dita le nuvole bianchis-
sime, e ammiro l’immensa
natura pullulante di vita. Il
cavallo scende in picchia-
ta, ed ecco che mille sen-
sazioni si affollano nella
mia mente. Gli infiniti
paesaggi, le distese azzurre e le verdi colline. Gli
imponenti alberi ed i profumatissimi fiori. Final-
mente tocco il terreno morbido e fresco. E mi sento
pervasa da una sensazione nuova, quasi magica : mi
sento di nuovo bambina! Torno a correre, saltare ed
urlare il mio nome per sentirne l’eco. Finalmente
sono arrivata nel mio mondo… nel mondo che ho da
sempre sognato e desiderato. Tornerò mai a casa?
Questo non lo so. Ma la risposta mi è suggerita da
una bellissima canzone : ” Un viaggio a senso solo,
senza ritorno, se non in volo…”
Gaia Foti
Pagina 70
La fatica della MIA sveglia sempre più presto
Centro disturbi del Sonno-
Ospedale Molinette di Torino:
“Chi punta prima la sveglia in
Europa per andare a lavoro?”. I
Belgi alle 6.30, i Britannici alle
6.45, gli Italiani, in media alle
6.49, i Tedeschi alle 6.50, i Fran-
cesi alle 6.55. Gli Spagnoli alle
7.00 (da TV SORRISI E
CANZONI). E tu, quando ti
svegli? E’ cambiato l’orario
da quando eri piccolo ad og-
gi? Alfonso Signorini
(Direttore di TV SORRISI E
CANZONI) mi intervista…
“1995: Messina, ho 1 anno.
7.30 sveglia, biberon, cap-
pottino, mamma mi infila in mac-
china e via dalla nonna dove mi
aspettano bagnetto, ninna nanna e
pappa! 1996-1999:Taormina, dai
2 ai 5 anni, vado all’asilo! 7.15
sveglia, bagnetto, cappottino, di
corsa in macchina, vengo lanciato
dal finestrino e preso al volo dalla
maestra! Gioco, dormo, mangio e
aspetto che qualche anima pia mi
riporti a casa… mai prima delle
17.00!!! 2000-2005: le elementari
( a Mazzeo, frazione di Taormi-
na): ore 7.00 sveglia; ore 7.45
pulmino che, lungo curve e tor-
nanti, mi conduce a scuola e mi
riprende alle 13.30 (viaggiare per
raggiungere la scuola fin da pic-
colo mi è valso la comprensione
della mia nonna paterna
”figghittu, soffriu sempri p’annari
a scola!!! U Signuri mi cci renni
sti sacrifici!!!). 2005-2008: 6.45
sveglia (la lancetta piccola passa
dal 7 al 6) “Svegliati - dice mia
sorella Martina - vestiti, fai cola-
zione,”…lo ripete per tre anni!!!
2008 ad oggi: Liceo Scientifico
Empedocle a Messina… continuo
ad abitare a Taormina…Ore 6.15:
caffè, fetta biscottata e mia madre
che mi urla:”Presto che è tar-
di!!”… riesce a farmi imbestialire
e ne è felice perché, dice lei,” rie-
sco a non farti riaddormentare!”
Penso: “Quanti in questo momen-
to staranno facendo la stessa co-
sa? Quanti l’hanno fatta ore pri-
ma?” E poi, con invidia: “Quanti
la faranno tra un paio di ore?”.
Vede, Direttore, anche per la sve-
glia c’è una formula di matemati-
ca: La sveglia suona tanto più
presto quanto più cresci di età!
Prenda ad esempio me… da pic-
colino mi svegliavo e facevo il
pacco… depositato. Cre-
scendo, mi sono svegliato
“sempre più presto”, perché
il mio impegno da studente
è aumentato di intensità e
durata. Anche l’orario di
ingresso a scuola è “sempre
più presto”… 8.30... 8.15...
8.00… il traguardo richiede
una fatica sempre maggiore. E la
sveglia? Con i suoi occhioni furbi
(nei miei disegni è sempre stata
una faccia con occhi grandi e
bocca larga, rompiscatole, brutta
e vecchia!) sembra dirti: “Su di
me trovi 12 numeri che scandi-
scono la tua giornata di 24 ore.
Sei in trappola!!! E io che faccio?
… Sposto sempre la lancetta 1 o
2 minuti indietro!!! Non sarà la
soluzione ai miei problemi, ma
mi aiuta!!!
Nicolò Albanese
Pagina 71
Se Paride può uccidere Achille, perché non lo può fare anche Ettore?
Tra i vari libri dell’Iliade,
troviamo lo scontro tra
Achille e Ettore. Normal-
mente il primo vince sul
secondo uccidendolo e
trascinandolo con un car-
ro. Però io tra le due figure preferisco quella del
troiano, perciò ho provato ad immaginare un esito
dell’incontro diverso, che ha come finale la vittoria
di Ettore. Troia, giornata afosa. Il re Priamo, padre
di Ettore, Ecuba, la madre, Andromaca, la moglie,
Paride, il fratello e tutti gli altri
parenti e compatrioti piangono
perchè sanno che Ettore ha po-
chissime possibilità di vincere
contro Achille. Ma intanto il
figlio di Teti urla il nome del
guerriero più forte di Troia e lo vuole uccidere per
vendicare Patroclo. Ed ecco che il principe troiano
scende. Il duello inizia. Ettore prova a scagliare la
lancia che aveva in mano. La lancia è lunga e poco
robusta ma con la punta di ferro molto appuntita e
tagliente. Intanto Achille, per sfregio, si toglie l’el-
mo e poggia lo scudo a terra. Subito dopo estrae la
sua spada e la punta contro il suo sfidante. A sua
volta Ettore svolge le stesse azioni e corre verso il
suo nemico. Il greco vuole punire e far soffrire l’uc-
cisore di Patroclo e così inizia schivando i colpi e
spingendo l’avversario facendolo cadere. Il figlio di
Priamo si ritrova a terra sanguinante ed a quel punto
Achille decide di ucciderlo ma, non appena scaglia
il colpo finale, Ettore lo evita saltando e lo trafigge
con la spada tra il collo e la spalla; infine con lancia
infilza il suo tallone. Così il quasi immortale Achil-
le, piede rapido, muore. Ettore alla visione della sua
vittoria scoppia a piangere per la felicità di poter
tornare dalla moglie e dal figlio Astianatte e decide
di ritornare il corpo di Achille ai Mirmidoni. Ecco
arrivato il giorno successivo. La morte del grande
eroe ha scombussolato i Greci, compreso Agamen-
none, il quale sa che senza Achille, il risultato della
guerra sarebbe stato negativo. Così decide di scap-
pare nella notte successiva. Però arriva prima il re
Priamo e così i soldati greci subi-
scono subito l’attacco dei troiani.
L’unica flotta che riesce a scap-
pare è quella del re di Itaca, Ulis-
se. Troia è salva dalle insidie dei
Greci, almeno per ora. In futuro
la Grecia invierà un altro esercito e riuscirà ad entra-
re con il piano di Odisseo. Infatti sarà al ritorno di
questa battaglia che lui si perderà e compirà l’infini-
to viaggio per tornare in patria. Ma allora chi uccide
Ettore? Teti. Ella, venuta a conoscenza della morte
del figlio, convince Poseidone ad inviare il suo ser-
pente marino per uccidere i principi di Troia e il dio,
dovendolo mandare per uccidere anche l’indovino
Laocoonte, accetterà. In effetti con questo finale Et-
tore morirebbe lo stesso, ma al-
meno non contro un combattente
che poi verrà ucciso da Paride,
più debole rispetto al fratello, ma
per la volontà di un dio.
Fabio Malacarne
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TUTTA UN’ALTRA STORIA
Non dimen-
ticherò mai
questa data:
Termopili,
20 Agosto 480 A.C. 4.700.000
soldati dell’esercito persiano
mandati da Serse I, contro i 300
soldati spartani di Leonida. La
battaglia inizia … 299 … 298…
297… il numero di spartani viene
diminuito in un batter d’occhio!
Sono ancora vivo, ancor per po-
co, ma alla fine siamo partiti sa-
pendo che saremmo morti tutti.
Finalmente sono arrivati 700 Te-
spiesi e altri 6000 alleati greci.
Ma i persiani sono troppi e sem-
brano sbucare da tutti i lati. Lo
spettacolo è terrorizzante, i miei
fratelli sono sgozzati dalla lama
lucente delle spade dell’esercito
di Serse. Purtroppo anche io devo
uccidere i nemici e so l’amarezza
che nel frattempo stanno provan-
do gli altri. E’ proprio questa la
stupidità della guerra: ognuno fa
male all’altro, ma nessuno con-
clude nulla. E’ vero, io sono qui a
combattere, ma perchè questo mi
è stato insegnato e, tra i valori che
ho, quello della patria è il più im-
portante ed è quello che mi ri-
specchia di più. Io darei anche la
vita per difendere Sparta, la mia
patria. Anzi, la sto già dando. Oh
cielo… siamo rimasti in 10, e l’e-
sercito della Persia ha subito un
danno minimo. In proporzione le
perdite dei persiani sono nulle.
Nel frattempo sono rimasto solo
tra i miei uomini ma cosa devo
fare io contro i milioni di nemici
che ho davanti? Allora io, il co-
mandante Leonida, scavalcherò i
soldati e conficcherò questa stes-
sa lancia nel cuore del re persia-
no, sempre se ne ha uno! Ovvia-
mente nella mia lunga e trafelata
corsa dovrò anche eliminare qual-
che soldato. Inizio a muovermi
rapidamente ed ecco il primo sol-
dato: con un possente salto schivo
il suo colpo e lo trafiggo tra il
collo e la spalla. Il secondo: paro
la spadata con lo scudo e gli ta-
glio la gola. Il terzo: blocco con
la spada il suo attacco e infilzo il
suo stomaco con la lancia. Ed ec-
comi finalmente vicino al re, e
alle orecchie mi giungono queste
precise parole:”Cosa vorrebbe
fare quel pazzo?” Eccoci naso
contro naso. Ormai è finita, que-
sto momento stabilirà il vincitore,
anche se io già lo sono in un cer-
to senso. L’immagine che può
rappresentare questa scena è dif-
ficile da immaginare: due grandi
uomini, un sovrano e un coman-
dante sovrano che si accoltellano
all’altezza del cuore a vicenda, e
tutti i soldati intorno che combat-
tono… Ma ora torniamo alla real-
tà. I miei uomini sono morti, e
tentare di arrivare fino a Serse
sarebbe un suicidio, migliaia di
arcieri mi freccerebbero e non
riuscirei a salvarmi. Addio! Sono
morto vincente, perchè ho dato la
vita per difendere la mia terra.
Ma sono morto. I risultati dell’a-
spra e feroce battaglia saranno
alla fine questi: 299 spartani mor-
ti, tutti i Tespiesi e 1400 alleati
greci. E i persiani? 35000 dei lo-
ro soldati scenderanno nell’Ade,
risultato notevole, sia perchè sia-
mo riusciti a rallentarli, ma anche
perchè abbiamo ucciso molti più
uomini. L’ultima immagine che
ricordo, è quella di Serse che ride
di fronte alla mia morte!
Fabio Malacarne
E se i Greci avessero vinto...
I Corsi e i Ricorsi delle vicende umane
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“La mafia è il cancro del Mezzogiorno”. Così
è definita la situazione che caratterizza politi-
camente ed economicamente l’Italia meridio-
nale. Alla vigilia del 150° anniversario del-
l’Unità Nazionale, la realtà del nostro paese
risulta ancora travagliata e frammentaria. Per comprendere le
dinamiche dell’accentuato divario tra Nord e Sud bisogna
compiere un breve excursus a partire dalle origini del fenome-
no mafioso. Il termine mafia compare per la prima volta in un
testo teatrale del 1863, “I mafiusi de la Vicaria” di Giuseppe
Rizzotto, opera ambientata all’interno dell’omonimo carcere
palermitano. A usare successivamente il termine mafioso, con-
ferendo alla parola anche un giudizio di carattere etico, fu Gae-
tano Salvemini, il quale definì l’allora Primo Ministro italiano
Giovanni Giolitti “ministro della malavita”. Il 10 giugno 1924
venne assassinato a Roma un coraggioso segretario del partito
socialista che denunciò in Parlamento le violenze i brogli com-
piute dai fascisti durante le elezioni: GIACOMO MATTEOT-
TI. Tuttavia, ancora oggi il caso Matteotti è definito “omicidio
politico”. Ma allora, cosa è la mafia? Oso ampliare il significa-
to della parola: nella vita quotidiana la “mafia” si concretiz-
za quando qualcosa, considerata scomoda da qualcuno, viene
eliminata con estrema facilità; “mafia” è la repressione di un
dissenso. “Mafia” è omertà. Dunque, oggi non riesco a vedere
la tanto esaltata Italia come un paese veramente unito e coeso.
Vedo invece un tumore ormai in metastasi, non presente più
solo nel Meridione, che logora tutti gli organismi di uno Stato
a capo del quale sta un gruppo di politici che dichiara di voler
risanare le ancora aperte ferite , ma che nel contempo utilizza
l’immagine della Calabria per sollecitare gli italiani alla pratica
della raccolta differenziata. Questa chiamasi Unità? No. Non a
mio avviso. Annalisa Careri
Le Foibe C'era una volta, e c'è ancora, la MAFIA!
Almeno 10.000
persone, negli an-
ni a cavallo del
1945, sono state
torturate ed uccise
a Trieste e nell’Istria controllata dai parti-
giani comunisti jugoslavi di Tito. La gior-
nata dedicata alla memoria del massacro
delle Foibe intende ricordare proprio que-
sto eccidio, che coinvolse prevalentemen-
te cittadini di etnia italiana e in misura
minore cittadini italiani di etnia slovena e
croata. Il nome deriva dagli inghiottitoi di
natura carsica, chiamati appunto
“foibe”, in cui furono gettate, vive e
morte, migliaia di persone prima torturate
e massacrate. Per molti decenni questo
tragico pezzo di storia italiana è passato
sotto silenzio ma, ormai da diversi anni, il
10 febbraio è stato riconosciuto come
giorno del ricordo, al fine di conservare e
rinnovare la memoria di quelle vittime.
Numerosi sono ogni anno, in occasione di
questa giornata, i convegni e i lavori volti
appunto a raccontare, ricordare e capire.
Coltivare la memoria di un popolo è un
preciso dovere e, pur senza poter cancel-
lare le sofferenze e le ingiustizie subite,
bisogna guardare avanti e costruire una
comune appartenenza europea che arric-
chisca le diverse identità nazionali.
Ramona Urso
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100 Anni di Guerra, Francia e Inghilterra su fronti opposti. L'Eroina d'Orleans salva la situazione!
L’eroina
francese
Giovanna
d’Arco è
una delle
protagoni-
ste del
periodo
storico
della guerra dei cent’anni (1337-
1453), una guerra destinata a du-
rare per molto tempo, per via
degli intensi scontri tra Francia
ed Inghilterra. Le cause di que-
sto conflitto inizialmente si in-
centrarono sulla controllo delle
Fiandre, un territorio economi-
camente e commercialmente
molto importante; da non sotto-
valutare fu anche il conflitto
dinastico tra i due regni, poiché
alcuni territori francesi erano
posseduti dalla corona inglese.
Siffatta situazione fu aggravata
dall’arrivo dell’epidemia della
peste nera, dalle varie rivolte po-
polari, dalla Cattività Avignonese
e dallo Scisma d’Occidente. Lo
scontro tra i due fu sempre più
aspro finché non si arrivò alla
battaglia di Poitiers nel 1356, do-
ve gli inglesi ottennero una gran-
territori per infliggere numerose
sconfitte, finché non salì al tro-
no Carlo VII che riuscì a ripor-
tare pace all’interno del territo-
rio ma soprattutto a migliorare
la Francia stessa, delineando
definitivamente i suoi confini ed
avviandola alla trasformazione
in una monarchia nazionale.
Giovanna d’Arco, la figura prin-
cipale della Guerra dei Cent’-
Anni, già all’età di dieci anni
aveva acquisito una certa pre-
parazione religiosa per via
della madre Isabella la quale
aveva cercato di infondere
nell’animo della figlia tutti i
valori sociali e morali della
società di quel tempo. La gio-
vane però fu sempre interes-
sata agli avvenimenti politici
e decise di studiarli in chiave
religiosa, considerandoli co-
me la perpetua lotta tra il bene
e il male. Nel 1425 la Pulzella
iniziò ad avere delle visioni e a
sentire delle voci che la incita-
rono a lottare contro le ingiusti-
zie e spingere al di fuori dei
confini francesi gli inglesi. In-
fatti Giovanna stessa decise di
andare a Vaucouleurs per incon-
de vittoria sui Francesi, i quali
dovettero accettare la pace di Bre-
tigny, con la quale molti dei terri-
tori francesi passarono nelle mani
degli inglesi. La situazione si in-
vertì solo quando fu incoronato
sovrano Carlo V, il quale ricon-
quistò una buona parte dei territo-
ri riportando stabilità in Francia;
Dopo sua la morte salirono al tro-
no due successori i quali furono
sempre in lotta fra di loro, crean-
do così ulteriori conflitti; iniziaro-
no molte rivolte popolari, come a
Parigi e nelle campagne
(Jacquerie) portando una divisio-
ne della popolazione in due parti:
gli Armagnacchi e i Borgognesi.
Gli inglesi rientrarono in questi
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trare il comandante d’Orleans e
farsi affidare una parte dell’e-
sercito. in tale contesto l’eroina
viene raffigurata nelle vesti di
un soldato con una spada in una
mano e nell’altra una bandiera
raffigurante Dio, benedicente il
fiordaliso francese, con accanto
i due Arcangeli Gabriele e Mi-
chele. Con la ragazza
si allearono molte
truppe di soldati che
volevano sconfiggere
gli inglesi. Nel frat-
tempo questi stavano
arrivando a conquista-
re i territori d’Orleans,
ma la caduta della città
avrebbe determinato il
passaggio di tutto il
territorio della Loira Meridiona-
le nelle mani degli inglesi. For-
tunatamente gli assediati riusci-
rono a tenere libera la Porta del-
la Borgogna per facilitare l’in-
gresso di Giovanna con le mili-
zie e i viveri per i rifornimenti.
Giovanna giunse così ad Orle-
ans e il primo incontro che ebbe
fu con il capitano. Tra i due ci
fu un breve e burrascoso collo-
quio, per via del fatto che la ra-
gazza avrebbe preferito essere
direttamente condotta con le sue
truppe in battaglia; purtroppo però le
condizioni climatiche non erano del
tutto favorevoli. Il vento poi diminuì
e cambiò direzione, così da permette-
re a Giovanna e alle truppe di portare
i rifornimenti, scendere e schierarsi
in battaglia. Qualche giorno dopo
Giovanna sconfisse la bastiglia più
forte e ruppe gli accerchiamenti, de-
terminando così la messa a cielo a-
perto degli inglesi, che si ritirarono
definitivamente, lasciando la Francia.
Giovanna impedì ai francesi di segui-
re i nemici, sia perché era domenica,
per i cristiani considerato giorno di
riposo, sia perché gli inglesi si erano
spostati volontariamente. Qui, alla
fine della guerra, precisamente nel
1430, la Pulzella fu catturata, depor-
tata per sei mesi in varie prigioni e
alla fine venduta agli inglesi, i quali
cercarono con tutti i mezzi di far ri-
sultare eretica Giovanna, così da po-
terla processare e condannarla
al rogo. La leggenda vuole
che a Giovanna fu concesso
come suo ultimo desiderio di
poter tenere con sè fino alla
sua morte un piccolo crocifis-
so. Invocando più volte il no-
me di Gesù si l’eroina france-
se si spense tra le fiamme.
Spento il fuoco, della
povera Giovanna rima-
sero solo le ceneri, ma,
cosa più strana, il suo
cuore rimase intatto e
fu gettato nella Senna,
così da evitare di poter
essere rubato e consi-
derato una reliquia. La
giovane diede la vita
per i suoi ideali nazio-
nalistici; definire però Gio-
vanna una pulzella nazionali-
sta non è un’affermazione
completamente giusta, perché
al suo tempo ancora non esi-
steva un’idea ben definita di
nazione unita. Giovanna d’-
Arco però può e deve comun-
que essere considerata una
giovane dotata di forte perso-
nalità, grande carisma e stra-
ordinario coraggio.
Giulia Pensabene
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Uno sguardo nel passato: la Destra e la Sinistra storica
Il periodo precedente l’età giolit-
tiana abbraccia esattamente qua-
ranta anni: dal 1861 (costituzione
del Regno d’Italia) al 1901. Du-
rante i primi quin-
dici anni fu al go-
verno la Destra.
Dal 1876 al 1896,
salvo brevi inter-
ruzioni, fu al go-
verno la Sinistra, rappresentata in
particolare da due statisti: Depre-
tis, fino al 1887, e Crispi. Proprio
della Sinistra faceva anche parte
Giolitti, deputato nel 1882 e pre-
sidente del Consiglio negli anni
1892-1893. Ma quando si parla di
Destra e Sinistra non bisogna
pensare a due partiti ben distinti e
contrapposti: in realtà le maggio-
ranze su cui si appoggiarono i
governi furono composte da ele-
menti eterogenei provenienti sia
da destra, sia da sinistra. Le diffe-
renze, oltre che ideologiche, era-
no presenti anche da un punto di
vista sociale: i deputati di Destra
appartenevano prevalentemente
alle regioni del Settentrione e del
Centro ed erano perlopiù apparte-
nenti all’aristocrazia e all’alta
borghesia, invece molti deputati
della Sinistra erano stati legati a
Garibaldi e al Partito mazziniano.
I deputati della Destra erano in
prevalenza cattolici, quelli di Si-
nistra erano massoni e anticlerica-
li. Dal punto di vista economico
nella Destra prevalevano i legami
con la grande proprietà; la Sini-
stra rappresentava soprattutto la
piccola borghesia urbana e la na-
scente industria. Nel periodo 186-
1-76 la Destra al governo aveva
affrontato, e in parte brillante-
mente risolto, quattro problemi: il
compimento dell’unità nazionale,
con l’annessione di Venezia nel
1866 e di Roma nel 1870; la si-
stemazione dei rapporti tra Stato
e Chiesa cattolica sulla base della
reciproca separa-
zione; il rafforza-
mento delle finan-
ze dello Stato; la
formazione delle
cosiddette infrastrutture economi-
che. Ma proprio a causa di que-
st’ultimo punto, in particolare
riguardo alla statalizzazione delle
ferrovie, nacquero discordie in
Parlamento che portarono la De-
stra a sciogliersi; nel 1876 la Sini-
stra prese il potere con lo scopo
di promuovere
una maggiore li-
bertà e una mag-
giore ricchezza
privata. Il primo
aspetto di questo programma si
concluse con la riforma elettorale
del 1882. Ma, fatta questa rifor-
ma, Depretis ritenne opportuno
orientare in senso conservatore
l’azione del governo, unendosi ad
una parte della Destra e dando
inizio al cosiddetto trasformismo.
Dal punto di vista economico De-
pretis abbracciò la politica del
protezionismo e nel 1885 iniziò
la conquista, in Africa, di quella
che sarebbe stata poi la colonia
eritrea. Gli interessi degli italiani
erano però orientati verso Tunisi,
che era stata conquistata dalla
Francia nel 1881. Ciò deteriorò i
rapporti italo-francesi e costi-
tuì una delle cause dell’alleanza
dell’Italia con Germania e Au-
stria, la Triplice Alleanza, stipu-
lata nel 1882. Crispi successiva-
mente proseguì la politica colo-
niale in Africa, ma dovette far
fronte alla clamorosa e umiliante
sconfitta di Adua nel 1896.
Pascuzzi Martina Chiara
Francesco Crispi
Agostino Depretis
Giovanni Giolitti
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L'Italia nella Grande Guerra e l'avvento del Fascismo Agli inizi del ‘900 l’Italia fu ca-
ratterizzata da molte modifiche
introdotte a tutti i livelli organiz-
zativi e innovativi. In primo luo-
go va sottolineato il fatto che
molti rami scientifici e culturali,
in passato trascurati, e non poche
produzioni ebbero inizio in quel
particolare momento storico. Il
ramo chimico fu, a livello inter-
nazionale, probabilmente tra i più
dinamici, ma si conseguirono im-
portanti progressi soprattutto nel
campo metallurgico e meccanico;
furono, ad esempio, inventati e
collaudati i primi mezzi di avia-
zione, che ebbero un ruolo impor-
tante nella Grande Guerra. Allo
scoppio del conflitto, nel 1914,
l’Italia si dichiarò neutrale. Suc-
cessivamente però le forze politi-
che e l’opinione pubblica si scis-
sero sul problema dell’entrata
dell’Italia in guerra. Gli interven-
tisti, appoggiati da Sidney Sonni-
no, che segretamente stipulò degli
accordi con l’Intesa, firmando il
26 Aprile 1915 il Patto di Londra,
ebbero la meglio. L’italia entrò in
guerra nel 1915. Quest’anno rap-
presentò per l’Italia una grande
disfatta, in quanto dovette subire
una grande spedizione punitiva da
parte dell’Austria e combattere le
battaglie dell’Isonzo. Tuttavia, fu
proprio il 1917 un anno cruciale,
in quanto il 24 Ottobre l’armata
nemica attaccò le linee italiane
sull’alto Isonzo e le sconfisse nei
pressi di Caporetto, invadendo
l’Italia fino al Piave. Tuttavia nel
1918 fu proprio l’Italia ad avere
la meglio sugli austriaci, sconfig-
gendoli nella battaglia di Vittorio
Veneto e costringendoli a firmare
l’armistizio di Villa Giusti. Tutta-
via, a seguito della Grande Guer-
ra e della crisi economico-sociale
intervenuta, sulla scia della Rivo-
luzione Russa, l’Italia fu caratte-
rizzata dal “Biennio Rosso” dal
1920 al 1921 che sfociò con la
fondazione a Livorno nel 1921
del Partito Comunista. Contro
questa ondata socialista si schie-
rarono i Fasci di combattimento
fondati nel 1919 da Benito Mus-
solini che, approfittando della
debolezza dei governi liberali,
organizzò un colpo di stato e il
28 Ottobre 1922 si impossessò
del potere con la marcia su Ro-
ma. Una volta al potere Mussoli-
ni instaurò uno governo autorita-
rio, che godeva di un grande con-
senso e soprattutto di un grande
appoggio soprattutto da parte del-
la Chiesa. Tuttavia però il Fasci-
smo ottenne il pieno potere con
le elezioni del giugno del ‘24 di
cui però furono denunciati brogli
e intimidazioni da parte di un de-
putato socialista, Giacomo Mat-
teotti. Quest’ultimo fu successi-
vamente assassinato dagli stes-
si fascisti e questo delineò e rese
chiaro a tutti il carattere autorita-
rio, violento e liberticida di que-
sta politica che porterà l’Italia
agli esiti disastrosi della Seconda
Guerra Mondiale .
Pascuzzi Martina Chiara
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IL MAZZO DI IL MAZZO DI IL MAZZO DI IL MAZZO DI
ASFODELI ROSSIASFODELI ROSSIASFODELI ROSSIASFODELI ROSSI
“De rubrorum asphodelorum fasce”“De rubrorum asphodelorum fasce”“De rubrorum asphodelorum fasce”“De rubrorum asphodelorum fasce” di
Biagio Maria Sancetta
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Ho voluto farmi eccezionale portavoce
delle imprese del re carolingio
Carlo Magno,
scrivendo un racconto che fosse attinente
dal punto di vista storico, ma anche ricco di
finzioni per allietare il lettore.
Forse l’unico elemento incompatibile con la
storia è la data riportata
(infatti al tempo della narrazione Carlo
Magno risulterebbe avere solo un anno). Buona lettura.
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n giorno, nella piena consuetudine e
monotonia di un dì come gli altri,
mi ritrovai in una strana selva, fitta
e tenebrosa, ove la via del ritorno era ormai persa.
Sono davvero strane le cose e le persone che in-
contri quando ti perdi ma, nel mio caso, ancora più
curioso è forse il modo col quale ero arrivato in
quello stravagante e misterioso luogo. Ma, invece
di dilungarmi in un discorso che, oltre ad apparire
inutilmente ampolloso, potrebbe sembrare al letto-
re anche poco chiaro continuerò tale storia inizian-
do la narrazione dal principio (come del resto ne-
cessita un vero racconto). Tuttavia l’incipit di que-
sta mia avventura non è molto lontano dall’evento
citato all’inizio: in particolare, il fattore scatenante
avvenne poche ore prima. Però, a differenza delle
normali storie di avventura, l’evento che ha portato
me (il protagonista) ad esser parte dello scenario
poc’anzi descritto non è ricco di elementi inaspet-
tati o misteriosi, ma più che altro riguarda la sfera
del viver quotidiano. Infatti, tutto cominciò quando
la nostra professoressa ci diede una traccia a parti-
re dalla quale scrivere un articolo giornalistico. In
particolare l’argomento era “un viaggio che hai
sempre desiderato fare”. Ovviamente, appena la
professoressa ebbe dettato tale traccia, nella classe
si venne a creare un clima che stentava la goliardia.
Tutti i miei compagni avevano un’idea e l’unica
cosa che mancava loro era quella di metter per i-
scritto quanto avevano già in mente di narrare.
Nessuno era incerto ed aveva dubbi: nessuno, tran-
ne me. Ovviamente non dovete fraintendermi: di
sicuro ne avrei avute di storie da narrare e nella
mia mente l’immaginazione di certo non scarseg-
gia o vacilla. E cosa ancora più certa è che avrei po-
tuto scriver una decente storia con le stesse idee dei
miei compagni. Ma chiunque mastica tali argomenti e
l’intender bei temi è il suo viver di tutti i giorni, capi-
sce che quella era una bella traccia e sprecarla con i
soliti temi visti e rivisti, trattati ed ancora una volta
ritrattati, sarebbe stato di sicuro un peccato. Dunque
non volevo sprecare tale traccia perché, come avete
ben compreso, la mia intenzione era quella di narrare
qualcosa di fuori dal comune, di mai visto prima in
un tema del genere. Così iniziai a pensare, pensare ed
ancora a pensare alla storia che avrei potuto inserire
nel mio racconto. Persino la notte di quello stesso
giorno non riuscii a riposare, perché tale pensiero
continuava ad assillarmi, sì per la fretta di scrivere a
causa della breve scadenza entro la quale il lavoro
doveva essere consegnato alla professoressa, pronto e
corretto, sia per lo spasmodico desiderio di trovare
una bella storia e comporla subito. Così, dopo una
notte insonne, mi svegliai ed andai in cucina dove i
miei genitori mi stavano aspettando, preoccupati per
la tarda ora con la quale mi alzai. Tuttavia, nonostan-
te non voglia soffermarmi su tale scenario, urge dire
che quel giorno io ed i miei genitori avevamo dormi-
to dai miei nonni, ma appena mi svegliai erano pre-
U
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senti solo i miei genitori e mia nonna. Così le chie-
si dove era andato il nonno e la risposta mi fu subi-
to data. In particolare, mio nonno è un restauratore
e quel giorno gli era arrivato uno strano mobile,
con la commissione di dover restaurare quel mobi-
le di antiquariato dai danni arrecati dal tempo. Mi è
sempre interessato il lavoro di mio nonno: proprio
per questo non esitai a recarmi da lui per vederlo
intento a rimettere in sesto quella cassapanca, ma
una volta arrivato al suo studio non riuscii a trovar-
lo. Lo cercai per molto tem-
po ma i miei tentativi furo-
no vani, o meglio non mi
aiutarono a trovare mio
nonno, ma mi aiutarono a
trovare quella cassapanca
della quale mia nonna mi
aveva parlato. Era questa un
mobile molto sobrio e poco
ricco di particolari, ma spesso la sobrietà e la sem-
plicità racchiudono qualcosa di inimmaginabile ed
inaspettato, il cui valore supera di gran lunga quel-
lo del contenitore che lo racchiude. Infatti, quando
aprii lo sportello della cassapanca al suo interno
era presente, avvolto in un tessuto logoro e consu-
mato, un libro. Con molta cura cercai di toglier il
manoscritto dalla stoffa e, una volta riposto questa
nella cassapanca, fui in grado di dedicare la mia
attenzione a quello scritto che, date le condizioni di
conservazione e cura, sembrava non essere stato
più toccato da secoli. Finalmente ero capace di leg-
gerne il titolo e, con la stressa attenzione e solenni-
tà con la quale un filologo tratta i propri testi, io
tolsi la polvere che impediva al mio sguardo di car-
pire ogni singolo particolare di quel libro, il cui titolo
si mostrò ed era “De rubrorum asphodelorum fasce”,
ovvero “Il mazzo di asfodeli rossi”.Ovviamente sape-
vo che non ero stato autorizzato a prendere tale ma-
noscritto, ma la curiosità e l’interesse fu talmente for-
te che presi il libro e, con la stessa velocità di qualcu-
no che sfugge da un pericolo, lo portai a casa con me.
Ora mi vergogno della mia avidità, avidità simile a
quella di un goloso che vuole tenere tutte le preliba-
tezze solo e solamente per sé; ma io ero sì avido, a-
vido però di conoscenza e non
volevo rivelare il mio segreto
a nessuno, proprio per potere
essere l’unico a carpire i se-
greti di quel fantastico stru-
mento di diletto. Così appena
arrivai a letto subito iniziai la
lettura. Visto che voi siete i
miei lettori penso che meritate
di sapere le bellezze citate nel libro: Sì bella che mi-
rabilissima di historia di qual ed alcuna possessione
historia meo populo, qui meco…. ma aspettate, ora
che sono in procinto di raccontare fedelmente quanto
scritto nel libro, mi rendo conto che forse nessuno dei
miei moderni lettori vorrebbe leggere un racconto
che cita fedelmente quanto riportato da un libro anti-
co, scritto con un linguaggio, ampolloso e in disuso.
Però, per compensare il supporto narratologico ed
introduttivo di tale libro, sarò io a fare il riassunto di
quanto scritto in tali pagine. In particolare, il narrato-
re scrive della storia del suo popolo, il popolo dei
Franchi, tra il VII ed VIII secolo D.C. Inoltre ci for-
nisce un dettagliato resoconto del periodo storico in
cui vive, dicendo che verso l’VIII secolo a poco a
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poco nella corte carolingia i nobili ed i legittimi
eredi al trono avevano perso potere ed era emerso
il così detto maggiordomo, che nel regno carolin-
gio corrispondeva all’attuale primo ministro. Tale
termine (ciò non è precisato nel libro), penso derivi
dal latino maior domus, che significa “uomo più
importante nella corte”. Inoltre ci spiega che Pipi-
no II di Heristal ( 635 - Jupille 714), maggiordomo
e maestro di
palazzo del-
l'Austrasia,
riunì i regni
franchi
(ovvero Neu-
stria e Bor-
gogna) nel
tardo periodo
merovingio
(dinastia ini-
ziata col re Meroveo, re dei Franchi del Nord, an-
che detti Salii, ed alla quale apparteneva non lui
ma il legittimo sovrano Dagoberto II). Era il nipote
di Pipino il Vecchio e gli succedette come Maestro
di Palazzo intorno al 680. Alla morte del re Dago-
berto II, egli assunse l'effettivo dominio del regno;
nel 687 estese il suo controllo anche ai regni fran-
chi di Neustria e Borgogna, di cui divenne maestro
di palazzo, mantenendo sui due troni i membri del-
la dinastia merovingia. Due anni dopo conquistò i
Frisi, una popolazione pagana stanziata sulle coste
del Mare del Nord. Alla morte di Pipino seguì una
guerra civile; gli succedette il figlio illegittimo
Carlo Martello. Tuttavia sembra che lo scrittore
non fosse appartenuto a tale periodo ma a quello
del re successivo a Carlo Martello, ovvero Pipino III
il Breve, Maestro di Palazzo dell'Austrasia. Figlio di
Carlo Martello e nipote di Pipino II di Heristal, Pipi-
no il Breve divenne maestro di palazzo sotto il regno
di Childerico III (743-752 ca.), ultimo rappresentante
della dinastia dei Merovingi. Nel 751 depose Childe-
rico e si fece nominare re. Fu incoronato dal Papa
Stefano II (III) nel 754 e strinse con lui un'alleanza: il
Papa riconob-
be il diritto di
successione
dei figli di Pi-
pino e in cam-
bio questi si
impegnò a di-
fenderlo dalle
aggressioni dei
sovrani stra-
nieri. Quando
il papa si sentì minacciato dall'espansione dei Longo-
bardi, Pipino scese in Italia alla testa di un esercito,
sconfisse Astolfo, loro re (754-55) e consegnò al pa-
pa un territorio che includeva Ravenna e altre città.
Pipino si scontrò con gli Arabi e i Sassoni e ampliò il
proprio regno conquistando l'Aquitania, nel sud-ovest
della Francia. Gli succedettero i figli…. È a questo
punto della storia che le forze iniziarono a scemare e
la stanchezza accumulata dalla scorsa notte si fece
sentire. Così mi addormentai e non ebbi il tempo di
leggere il seguito. Silenzio. Non so per quanto tempo
dormii e neanche saprei dirvi con assoluta certezza
quello che pensavo e sognavo in quel momento. Ad
esser sincero non il pensiero di quel fatidico tema
scolastico minimamente sfiorava la mia testa (e sono
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quasi certo che in quel momento di dormiveglia i
miei pensieri fossero tutti tranne l’articolo giornali-
stico), ma ad un certo punto qualcosa di strano ac-
cadde che turbò il silenzio del mio sonno:
“Giovine…. orsù levati e ritorna dalla madre e pa-
dre tuo. Lor son appena entrati”. Erano queste pa-
role che mi incitarono ad alzarmi. Per poco tempo
resistetti alla tentazione ed alle continue esortazio-
ni, ma dopo che a queste vennero accostate spinte
sempre più frequenti, allora feci cenno di esser
sveglio e, ed aprii gli occhi; dopo un’iniziale visio-
ne sfocata del luogo dove mi ero ritrovato, iniziai a
capire di non essere più a casa, ma in uno strano ed
antiquato mezzo molto simile ad una carrozza, ove
all’entrata c’era ritta ed attenta una guardia che,
vistomi confuso e quasi smarrito, mi prese per la
spalla e continuò a ripetere “Giovine, il vostro
viaggio è terminato… sei in terra di Aquisgrana,
loco principale del franco regno e dimora dello
splendente sovrano Pipino, il III per nome e Breve
per epiteto, ormai re nostro da quattro anni. Orsù
muoviti, i tuoi son già dentro per chieder agli alti
funzionari del feudo la protezione…. su vai”. Que-
ste parole nella mia testa non avevano molto signi-
ficato, ma mi apparivano solo come tante lettere
accostate in un discorso in modo casuale. La mia
indolenza fu tanto palese agli occhi di quella guar-
dia, che ad un tratto mi prese il braccio, mi trascinò
fuori dalla carrozza e mi accompagnò dentro un
grandioso palazzo. Miei cari lettori, se non vi ho
raccontato l’emozione di quei primi momenti di
confusione, lasciatemi almeno esprimere in poche
e semplici parole (forse non degne di decantare
l’accaduto) ciò che vidi quando la luce del sole ir-
ruppe prepotentemente al di fuori della carrozza e
quel nuovo mondo, che ora cercherò di descrivere, si
mostrò in tutta la sua bellezza: davanti a me apparve
una realtà nuova ed inesplorata. Accanto a quell’im-
menso palazzo vi era un andirivieni di contadini che
portavano otri e ceste piene di cacciagione o quant’-
altro. C’erano contadini che lavoravano costantemen-
te la terra con buoi ed aratri costruiti in legno. Spesso
alcune scene erano anche tristi: gli uomini erano affa-
ticati ed ansanti sotto quei carichi di bestiame e di
arnesi che erano costretti ad utilizzare e a sistemare
da sé. A quanto pare alcuni abitanti del villaggio che
lavorano nei campi possedevano la terra che coltiva-
vano, dividendo gli utili con il signore, altri, invece,
coltivavano le terre del castellano, ottenendo solo un
compenso fisso. Tuttavia, tutti i contadini, oltre a de-
dicarsi alle proprie coltivazioni, svolgevano alcune
attività per il signore ed è proprio per questo che tutta
questa gente aveva quasi timore di fermarsi per ripo-
sare e bivaccare un pò. Pare, inoltre, che ogni conta-
dino fosse tenuto a pagare un tributo al prete del vil-
laggio, un decimo del raccolto; inoltre un'altra parte
andava al signore, in cambio della macina. Però, più
variato e più pratico era l’apprendistato dei giovani
nelle professioni artigianali. Da una rapida visione di
alcune case (più curate di quelle dei contadini), si ca-
piva infatti che tali attività si svolgevano nelle stesse
botteghe artigiane, dove l’apprendistato avveniva
sempre per sperimentazione diretta delle attività da
compiere. Ammiravo poi tutte le bellezze del luogo,
non tanto per scorgerne ogni particolare, ma più che
altro per riuscire a capire in quale posto fossi stato
portato. Proprio per questo, la guardia tra una parola
ed un’altra, vedendomi molto confuso, troncò subito
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il discorso e mi fece
vedere l’esterno del pa-
lazzo; ad ogni passo
iniziava discorsi simili
a quello citato:“Mai
avesti occasione alcuna
di vedere una città…
vero, ragazzo? Per ora
sembra tutto così tran-
quillo. Nei periodi di
pace e di tranquillità
bastano pochi soldati a pattugliare il castello, men-
tre le bertesche vengono tolte dalle merlature.
Beh… molto diversa è la situazione in tempo di
guerra: il castello viene preparato a resistere agli
assedi e pullula di soldati…. Mentre i piccoli si-
gnori hanno un solo castello, i signori più potenti
ne possiedono più di uno. Spesso, ad esempio, ne
hanno uno come residenza estiva, magari uno per
l’inverno, uno conveniente agli affari, uno favore-
vole a controllare le operazioni militari, a seconda
della posizione più o meno strategica. Più o meno
centrale. Ogni tanto i signori passano a visitare i
vari possedimenti. Un signore con più castelli, co-
munque, passa pochi mesi all’anno in ciascuno, il
resto del tempo lo passa alla corte del re o a com-
battere all’estero. Così può capitare molto frequen-
temente che un castello, specie in regione periferi-
ca, resti tranquillo per gran parte dell’anno, affida-
to al castellano. Ma quando arriva il signore per un
soggiorno o, nei castelli più belli, il re per una vi-
sita, il castello si riempie di trambusto e di gente
indaffarata. Per sale, cucine, magazzini fervono i
preparativi. Occorre infatti rifornire le dispense,
ripulire le stanze e le latrine, effettuare riparazioni,
riordinare le sale. Durante la sua permanenza il si-
gnore ispeziona le terme, incontra i funzionari del
castello per assicurarsi che tutto si svolga senza pro-
blemi, giudica i prigionieri, ed intrattiene i suoi ospiti
con battute di caccia, banchetti, festini, e, magari, con
una giostra tra cavalieri. Ma il signore non è al castel-
lo solo per una visita di piacere: deve infatti ispezio-
nare i suoi possedimenti ed amministrare questioni e
affari del suo feudo." Al suono di quell’ultima parola
(feudo) la mia mente subito ricollegò quel contesto a
quello altomedievale e allora anche le parole che
quell’uomo aveva pronunciato prima acquistarono
finalmente un senso: mi trovavo ora nel regno di Pi-
pino III il Breve, ovvero durante il periodo storico nel
quale viveva lo scrittore del libro che stavo leggendo
nella mia stanza. Dopo tale fulminante rivelazione
iniziai ad appuntare in un foglio di pergamena tutto
ciò che vedevo: ora la mia curiosità era molto forte e
non mi interessava più come fossi arrivato in quel
posto e per mezzo di quale assurdo incanto. Ero solo
felicissimo ed invaso da quello strano piacere di an-
notare ogni cosa di quel mondo tanto lontano, ma per
me vicinissimo. Cero, non passò molto che i miei ge-
nitori iniziarono a cercarmi, e proprio per questo la
guardia fu costretta ad accompagnarmi nel castello:
appena entrai, la mia espressione divenne strana co-
me quella delle persone che rimangono allibite alla
vista di un trucco di magia di un saltimbanco e non
riescono a capire come questi sia riuscito a compiere
tale prodigio. Non pensate che la mia reazione sia
stata esagerata. Infatti, l’austera bellezza di quei pa-
lazzi di pietra dell’Alto Medioevo, farebbe restare
qualsiasi persona attonita ed impietrita. Inoltre, ciò
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che arricchiva il castello erano le figure dei corti-
giani, uomini molto diversi da quelli che avevo
visto al di fuori del castello. All’interno della corte
gli uomini indossavano larghi cappelli, tuniche
bordate di pelliccia, ampie, lunghe fino al polpac-
cio, calzamaglie e scarponcini aderenti; invece le
donne avevano i capelli acconciati e legati, ricoper-
ti da un ampio fazzoletto bianco che scendeva sulle
spalle. I loro vestiti erano ampi, lunghi, con lo
strascico di seta, bordati di pelliccia o di merletti.
Tuttavia, evito altre inutili descri-
zioni di un palazzo medioevale
(che penso sia ben noto a tutti) e
proseguo subito la narrazione. In
particolare, la guardia del palazzo
mi aveva portato in un’aula mol-
to vasta con un’enorme tavolo
ubicato al centro, con alcune per-
sone sedute da un lato ed altre,
invece, dall’altro. Inoltre, capii
subito dove erano i miei genitori,
poiché la guardia mi fece cenno di sedermi accanto
alla gente che si trovava nell’estremità del tavolo
più vicina alla porta. Inizialmente non avevo capito
cosa stessero facendo i miei genitori e la mia fami-
glia al cospetto di quei nobili, ma successivamente
compresi che noi tutti eravamo lì, al cospetto di
quei funzionari per la cosiddetta Commendatio.
Questa, da quello che posso ricordare dalle lezioni
che trattavano tale argomento, era una pratica in
uso nel periodo altomedioevale, grazie alla quale i
contadini potevano ricevere protezione da un si-
gnore.
Infatti, tra il IV e il V secolo diverse popolazioni
germaniche si insediarono nei territori dell’Impero
Romano d’Occidente, facendosi concedere in benefi-
cio dall’imperatore grandi aree territoriali, trasforma-
te in regni locali, in cambio dell’impegno a difenderli
da ulteriori minacce. In tale epoca, caduto ormai ogni
potere imperiale nell’Europa occidentale, la pratica
divenne stabile tra i Franchi cristianizzati così come,
in Italia, tra i Longobardi convertiti al cattolicesimo,
che in tal modo crearono il Regno d’Italia e numerosi
ducati. Molti proprietari terrieri, d’altronde, si trova-
vano costretti a stabilire rapporti di
vassallaggio nei confronti del re e a
cedere le loro terre alla signoria dei
più potenti, al fine di riottenerle co-
me benefici in cambio di un recipro-
co impegno di difesa. Però,
i contadini appartenevano ereditaria-
mente al feudo, al quale dovevano
non solo conferire quote esose di
raccolto e prestare servizio militare,
ma anche un numero, fissato per
consuetudine, di giornate di lavoro per opere di edifi-
cazione, manutenzione, miglioria ecc. Ritornando
però al nostro racconto, una volta che i miei genitori
ebbero fatto richiesta di protezione, subito i funziona-
ri ordinarono l’entrata di un trovatore che allietasse la
corte durante la scelta sull’accettazione o no di tale
richiesta. Effettivamente, le parole di quel menestrel-
lo calmarono in qualche modo l’atmosfera di attesa
che si era venuta a creare in quella stanza. Nello spe-
cifico, il soggetto della storia decantata dal mene-
strello era Carlo Martello. Il trovatore affermò che
Carlo Martello era un principe carolingio del regno
franco d'Austrasia. Figlio illegittimo di Pipino di Hé-
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ristal, Maestro di Palazzo durante il regno degli
ultimi sovrani della dinastia merovingia, alla morte
del padre (714) Carlo venne imprigionato dalla
matrigna, ma nel 715 riuscì a fuggire e venne a sua
volta proclamato maestro di palazzo. Dopo aver
vinto una guerra contro il regno di Neustria, Carlo
divenne il personaggio più potente del regno fran-
co. Intraprese una serie di guerre contro gli Ala-
manni, i Bavari e i Sassoni, ma
il suo più importante successo
militare fu la vittoria nella bat-
taglia di Poitiers contro gli ara-
bi di Spagna nel 732. L'esito
del conflitto determinò l'arre-
sto dell'avanzata dell'Islam,
che aveva messo in allarme
tutta la cristianità; nel 739 Car-
lo respinse una seconda inva-
sione dei musulmani e tolse
loro il possesso dei territori a
Nord dei Pirenei. Che erano belle quelle parole. Le
adoravo: era forse il primo uomo dell’epoca con-
temporanea ad ascoltare di persona parole così idil-
liache. Come non potevo non riscrivere le parole
che pronunciava quel cantore? A me sembrava così
naturale annotare qualcosa di così meraviglioso ed
irripetibile, ma evidentemente nel Medioevo ciò
poteva sembrare strano alla vista di un cortigiano,
poiché ad un tratto tutti i funzionari iniziarono a
guardarmi con insistenza. All’inizio non feci caso
all’improvviso silenzio che si era creato in quell’-
aula, ma ad un tratto la mia operazione di riscrittu-
ra venne interrotta da una domanda che un funzio-
nario pose a mio padre: -“Plebeo, potresti illustrar
al comitato nostro cosa di grazia sua progenie sia in
procinto di compier?” -“Ma… signor mio, o autorità
illustrissima….. mio figlio scrive sur un foglio…”,
rispose mio padre dopo un iniziale istante di indeci-
sione e tentennamento. Fu a questo punto che la fac-
cia del rappresentante divenne come quando si è din-
nanzi ad un incanto; -“Lor signore vorrà di certo
prendersi beffa dell’autorità della quale ho le veci?”
continuava molto nervoso; -“No,
no, mi ha frainteso… Mi creda
non la sto prendendo in giro.”; -
“Ma come mi può dire tali assur-
dità se neanche noi della cavalle-
ria più alta sappiam di scrittura!
No, impossibil è che pezzenti co-
me voi sappian… no, no non ne
voglio più sentir di tali frivolezze,
andate via all’istante.” Dopo
quelle parole la mia confusione
aveva raggiunto l’apice: ormai
non sapevo più quali fossero stati i casuali giochi del
destino che, non solo mi avevano portato lì, ma ora
mi avevano messo in un ceto sociale indefinito e po-
co aleatorio. Di sicuro non ero appartenente alla no-
biltà, poiché se fosse stato così, io e la mia famiglia
non avremmo chiesto la protezione di un potente so-
vrano; l’ultima opzione rimanente era il ceto dei con-
tadini, ma ora non ero neanche più sicuro di questo,
perché secondo i nobili, nessun plebeo sapeva legge-
re o scrivere. Tuttavia, fu mio padre colui che dissipò
i dubbi miei e di tutti i cortigiani lì presenti: egli disse
che la nostra era una famiglia discendente dall’antica
classe dirigente del periodo romano e di Teodorico
l’Ostrogoto. Ma non appena arrivarono i Longobardi
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del re Alboino nel 568 e sequestrarono tutti i pos-
sedimenti senatorii (incluso l’allodo di nostra pos-
sessione) mio padre ed i miei nonni furono costretti
a rinunciare alla terra ed a spostarsi nella Gallia,
ove mio padre sposò mia madre e lì creo una nuo-
va famiglia. Però, con le poche ricchezze che riuscì
a salvare dall’assedio, i miei genitori riuscirono
desiderarono farmi avere un’adeguata istruzione.
Così, dette tali parole, dopo un’iniziale momento
di incertezza i funzionari decisero di farci avere un
piccolo manso. Così, firmate tutte le scartoffie ne-
cessarie a rendere la commendattio ufficiale, un
funzionario ordinò di farci accompagnare nella
nuova terra nella quale avremmo avuto dimora.
Durante l’itinerario passammo sia per la parte del
possedimento dominata direttamente da lui e dai
suoi cortigiani, sia da piccoli insediamenti e villag-
gi che si erano creati col tempo e col trascorrere
degli anni. Ovviamente, per girare tutto il possedi-
mento di un sovrano occorreva attraversarlo con
una carrozza: d’altro canto il nostro era uno dei
mansi più periferici dell’intero feudo e proprio per
questo il viaggio fu alquanto lungo. Infatti, prima
di arrivare passammo anche in un borgo ove si sta-
va svolgendo una grande manifestazione. Di sicuro
si trattava di una fiera: la guardia che mi aveva
portato dai miei genitori qualche ora prima mi ave-
va infatti detto che nella maggior parte delle città si
teneva un mercato una o due volte la settimana e
nei giorni come questi la piazza principale del cen-
tro urbano brulicava di gente, di mercanti indaffa-
rati e di venditori che vantano a gran voce i propri
prodotti. Invece un paio di volte l'anno si teneva
una fiera, più grande del mercato e con più merci,
mercanti e attrazioni. Ovviamente non c’era tempo
per fermarci in quanto, arrivati alla casa assegnataci
avremmo avuto soltanto il tempo per desinare. Infatti,
una delle prerogative della commendatio era quello di
iniziare i lavori appena arrivati nel nuovo alloggio.
Del resto l’alloggio non era di sicuro previsto per il
riposo. Infatti, le dimore avevano a stento lo stretto
necessario per poter dormire: un letto di assi, poca
biancheria, stoviglie, un tavolo, delle sedie e un ta-
bernacolo. Nella camera, invece c’erano tre panche
da letto di cinque braccia, un saccone pieno di paglia,
un materasso, un copriletto, tre lenzuola e due cusci-
ni. Insomma, lo stile era molto spartano e di sicuro
non era minimamente paragonabile a quello odierno.
Proprio per questo non so se definire fortuna il fatto
che ognuno di noi non fu costretto a restare in quel
luogo, poiché l’ordine che ci fu impartito fu quello di
recarci subito nei campi per la vendemmia invernale.
Infatti, alcune zone del feudo erano state disboscate
per far spazio all'agricoltura ed alla pastorizia, ma era
anche vero che in ogni possedimento c’erano immen-
se foreste popolate da daini, cinghiali, volpi, orsi, e
tanti altri animali. I signori d’altra parte, proprio per
avere la certezza di non tornare mai a casa a mani
vuote da una battuta di caccia, preservavano tali ri-
serve di caccia "private", dove avevano il diritto e-
sclusivo per la pratica di questa attività. Di sicuro a-
vete già capito a cosa voglio alludere quando pronun-
cio tali parole: insomma secondo voi, un viaggiatore
del tempo, il cui destino si è incrociato casualmente
con quello del passato, preferisce assistere alla solita
vendemmia dei contadini o vuole visitare le immense
foreste presenti nel periodo medievale, oggi scompar-
se e quasi del tutto adibite alla coltivazione? Di certo
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sapete la
risposta:
avevo or-
mai com-
preso l’uni-
cità di
quell’occa-
sione che
dovevo sfruttare fino alla fine. Infatti, una volta
arrivato ad i campi per la vendemmia, colsi al volo
la prima occasione offertami per fuggire e recarmi
in una foresta presente lì vicino: mi incamminai,
incamminai e continuai a passeggiare a lungo fin-
ché non arrivai in un immensa distesa verde che a
prima vista sembrava immensa e quasi insuperabi-
le. Però, più della pianura, ciò che mi confondeva
la mente era l’immensa cerchia di mura che circon-
dava tutta la campagna. Inoltre gli accessi erano
protetti da posti di guardia che precludevano la
possibilità di fuga. Miei cari lettori vi comunico
che stiamo per tornare al punto di partenza, ovvero
al punto in cui la nostra narrazione era stata inter-
rotta bruscamente per raccontare gli eventi in un
ordine più chiaro e meno confuso. Feci solo pochi
passi e subito sentii un rumore che lacerò e squar-
ciò l’armonia di quella realtà: era il nitrito di alcuni
cavalli e il rumore dei loro zoccoli che a poco a
poco si intensificava avvicinandosi. Appena udii
tale rumore, la tranquillità dei miei pensieri, già
precedentemente turbata da quelli precedenti, svanì
subito ed improvvisamente lo stato d’animo di stu-
pore e di ammirazione che avevo provato fino ad
allora a poco a poco si dissolse e lasciò spazio ad
un nuovo sentimento che metteva il mio corpo e la
mia ragione in stato di allerta. Subito cercai tutte le
possibilità possibili di fuga. Pensai di fuggire dai po-
sti di guardia delle mura, ma subito mi venne in men-
te ciò che le guardie avrebbero potuto farmi. Pensai
di fuggire nella foresta, ma non volevo dimenticare il
sentiero percorso e perdermi. Ne immaginai molte
vie di fuga, ma immediatamente ed all’improvviso
vidi un cespuglio di asfodeli rossi posto alle mie spal-
le: così, pensando che questa fosse una delle migliori
opportunità, mi nascosi dietro a quell’arbusto. Del
resto nel frattempo i nitriti dei cavalli si facevano
sempre più forti e di fronte a me apparivano due op-
zioni: o farsi scoprire, o cercare almeno di trovare un
nascondiglio sicuro. Ora i cavalli erano talmente vici-
ni da poter percepire le voci di coloro che li cavalca-
vano. Ovviamente, queste all’inizio erano molto con-
fuse, ma dopo si fecero molto più chiare: io nel frat-
tempo non ebbi neanche il coraggio di guardare ciò
che accadeva all’esterno. Infatti non posso dirvi cosa
accadde di preciso quando io ero nascosto dietro il
cespuglio, so solo che le parole pronunciate da quegli
uomini erano ora così vicine che riuscivo a capirne
ogni singolo e minuto particolare. –“Uffa… oggi ma-
dre natura e fortuna nostra non ci ha preservato una
caccia assai gloriosa.”; -“non preoccuparti fratello
mio, non esser sempre dei seccatori ed assillanti il
principe supremo…, vedrai che la prossima volta po-
tremo portare a palazzo un copioso bottino; stai a ve-
dere e abbi fiducia nelle semplici parole di tuo fratel-
lo…”. Potevo soffrire quanto volevo dal mio nascon-
diglio, tanto loro continuavano a parlare ininterrotta-
mente sopra i loro destrieri ed io non potevo fare al-
tro che attendere e sperare che se ne andassero il più
velocemente possibile. Speravo, speravo e continua-
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vo a farlo, ma le loro voci non finivano: -“Cosa
porteremo dinnanzi la nostra corte?” chiedeva uno
quasi seccato ed impaurito, -“niente” rispondeva
l’altro con tono di irriverenza e profonda sicurezza
–“Cosa vuoi che facciano a noi due… del resto se
dovessero far questioni a noi, allora sì che sarebbe-
ro fessi e felloni. Non aver alcun timore…. invece,
pensa a rilassarti. Anzi, servitori, allestite subito un
bivacco per me e il mio fratello. Desideriamo rilas-
sarci in questa così bella radura prima di continua-
re il nostro percorso e tornare dinnanzi alla corte
del padre nostro.” Appena udii
queste parole la mia speranza va-
cillò e subito fui preso dalla tri-
stezza e dalla malinconia. Le uni-
che cose che potevo fare in quel-
la circostanza erano quelle di pre-
gare, sperare ancora ed ancora e
continuare ad ascoltare quello
che dicevano i due fratelli. “Dai compagni miei,
sedetevi anche voi e gioite di queste giornate, che
poche se ne vedono qui ad Aquisgrana nostra capi-
tale solenne ed austera. Mirate anche voi questa
perfezione e godete del dono che fortunatamente la
natura ci ha donato: il riposo!!!”. A quelle parole
ironiche i servi iniziarono a sghignazzare ed alcuni
di loro risero di cuore. Si vede che quel giovine era
ben voluto e rispettato per la sua goliardia tra la
servitù. –“fratello tu scherzi troppo… certo tu
scherzi e ti prendi beffa di tutti e tutto, ma poi an-
che io son costretto ad ascoltare le prediche dei
nostri precettori e superiori” ribatteva nuovamente
l’altro, -“Ma ora smettila e rilassati… anzi portate
qui anche i nostri adorati segugi… anche loro do-
vranno pur riposare dopo una giornata di caccia così
faticosa e stressante”, -“Beh… rilassiamoci come tu
dici, ma sostiamo ancora per poco e promettimi che
dopo ritorneremo in cammino e continueremo l’itine-
rario stabilito… sei d’accordo fratello mio?...”. Tutta-
via, detto questo si capì che il fratello era ormai in
stato di riposo poiché a quel punto tutto tacque, e l’u-
nico rumore che potevo percepire erano i suoni dei
passi dei servi che portavano al ragazzo i cani tenuti
al guinzaglio. Ma ciò che sembra un piccolo ed insi-
gnificante particolare, in realtà a volte può celare ri-
svolti decisivi. Infatti, mentre sem-
brava che anche io avessi trovato un
po’ di tranquillità, i cani di quei due
fratelli iniziarono a fiutare insisten-
temente. Fiutavano e fiutavano ed a
poco a poco iniziarono a dirigersi
verso di me ed al cespuglio di asfo-
deli dietro al quale mi ero nascosto.
Inizialmente i padroni non fecero molto caso a quegli
animali, ma quando questi iniziarono a tirare, allora il
mio cuore diventò talmente ansioso che sembrava
volesse balzare fuori dal petto. I cani continuarono ad
abbaiare ed abbaiare finché non svegliarono i due
fratelli. “Ehi…. Cosa succede? Perché abbaiate e
guardate insistentemente quel cespuglio?...” così di-
ceva e proprio per questo svegliò il fratello –
“Carlomanno, Carlomanno, svegliati” diceva, - “Sì…
cosa accade? I cani hanno per caso trovato qualche
preda?” diceva l’altro ingenuamente, -“No… i cani
non avrebbero abbaiato in questo modo, di sicuro c’è
qualcuno dietro quel cespuglio di asfodeli rossi….
Chi è? Su mostrati o saranno guai per te…”. Non sa-
pevo più cosa fare, ero nervoso, molto nervoso, pale-
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semente nervoso, se non di più; Alla fine preferii
rivelarmi ai due fratelli. Essi si mossero di qualche
altro passo ed appena furono abbastanza vicini a
cespuglio mi alzai lentamente -“Chi sei tu?” diceva
uno dei due con tono di curiosità ed interesse, -
“Chi sei… Orsù rivelaci il tuo nome… Non sai che
se qualche contadino è scovato a cacciare di frodo
in una di queste zone, rischia l'accecamento o an-
che l'uccisione?” iniziò a dire. A quel punto non
riuscii a mantenere il silenzio e per la paura che
quelle parole mi avevano intimato e soprattutto il
tono con le quali esse erano state pronunciate, ini-
ziai a giustificarmi: -“Credetemi, non sapevo che
questa fosse la vostra riserva privata… non volevo
violare alcun regolamento, credetemi, non volevo
mancarvi di rispetto… sono nuovo, ancora non so
bene come funzionano qui le cose… mi dispiace,
perdono”. Sapevo di stare parlando con qualcuno
di autorevole e proprio per questo dissi tali parole
con un tono di profonda umiltà. –“Dicon tutti così
quelli che commettono reato… ma dimmi ragazzo
non sei di questi luoghi… hai un accento strano ed
effettivamente non ho mai visto prima d’ora un
volto simile al tuo”, -“siete nel vero mio signore….
son di un posto molto lontano, del quale forse voi
non siete a conoscenza”,- “Dubitate forse delle mie
conoscenze geografiche?”, -“No…. no, non era
intenzione mia volermi prendere beffa di voi” con-
tinuavo a dire in modo impacciato ed altalenante, -
“Non ne dubito” ribadì “ma ascoltatemi cosa avete
in mano? Potrei avere qualche delucidazione su
tale oggetto?” . Questi continuava a fissare il mio
libro degli appunti con forte insistenza. In verità
aveva notato fin da subito il mio quaderno. Egli
mostrava dunque
interesse per il
mio manoscritto.
Proprio per questo
iniziai a spiegare
che quelli erano
fogli di un quader-
no e che lì io riu-
scivo ad annotare,
grazie alla scrittu-
ra, concetti ed e-
venti. Appena
ebbe sentito le mie
parole, la sua fac-
cia mutò e con
stupore ed ammirazione disse: -“Tu sai scrivere… è
sorprendente. Deve essere fantastico poter annotare
ciò che si pensa, imprimere nella pergamena ciò che
si vede e si percepisce…”. Sinceramente io non ave-
vo mai fatto caso a cosa potesse significare saper
scrivere, ma quel ragazzo mi aprì gli occhi: il modo
col quale pronunciava quelle parole e il significato
aulico ed idilliaco che attribuiva alle parole
“scrittura” e “conoscenza” denotava grande interes-
se… Così entusiasmato e sorpreso gli dissi: -“Saresti
felice se ti donassi questo libro in modo da poter im-
parare l’arte da te tanto amata della scrittura?”. Dopo
tali parole egli divenne incredulo, ma subito senza
esitare un momento ordinò a due servitori di portare
la cassapanca riservata per il trasporto della caccia-
gione. Così due servi la aprirono e la adagiarono sul
verde manto d’erba. All’interno di quella cassapanca
vi era un lenzuolo bianco; all’improvviso quel princi-
pe la aprì e disse: -“Quest’umil cassa sarebbe servita
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per trasportare a palazzo la cacciagione e tale velo
sarebbe servito per non sporcare il recipiente du-
rante il trasporto… ma sicuramente nessun reci-
piente potrà vantare di contenere la cultura rac-
chiusa nel tuo libro e nessun velo bianco potrebbe
aver funzione cotanta importante di preservare e
proteggere nell’eternità la somma sapienza. Fidati
di me… Avrò io cura del documento nel tempo e
scriverò la storia infinita del mio vasto impero”.
Detto ciò e riposto il mio manuale dentro il reci-
piente, i due fratelli montarono sul cavallo e, fatto
un semplice cenno alla servitù con la mano, parti-
rono. Tuttavia prima di andare rivelarono i loro
nomi: -“Perdonami giovane amico…. In tutto ciò
non ci siamo ancora presentati. Il mio nome è prin-
cipe Carlo, invece quello di mio fratello è Carlo-
manno, siamo i futuri eredi…..” ma prima che po-
tessero finire li interruppi e per la loro cordialità il
mio istinto mi disse di cogliere dal cespuglio dietro
di me degli asfodeli rossi e di regalarne un mazzo a
Carlo… Appena ciò accadde, in quel preciso i-
stante e perentorio momento, questi non ebbe ne-
anche il tempo di ringraziarmi che si udì uno squil-
lo di trombe e dei cavalieri che dissero in tono au-
stero: -“Principi Carlo e Carlomanno, la vostra pre-
senza urge a palazzo. Vostro padre e nostro sovra-
no Pipino III il
Breve ha appena
dichiarato guerra
ai Longobardi del
re Astolfo e si sta
preparando ad
oltrepassare le
Alpi….”. Non
poterono finire di parlare, poiché come tutto era inco-
minciato, tutto, per incanto, era già finito… “Biagio,
Biagio…. Biagio”. Qualcuno mi chiamava insistente-
mente e così mi risvegliai da quella stupenda avven-
tura. Tutto era stato solo uno splendido sogno. -“Ti
sei improvvisamente addormentato… Dai vai a letto
se sei così stanco”. Obbedii e seguii il consiglio di
mia madre, ma prima di riaddormentarmi presi il li-
bo e notai che la sua ultima pagina si concludeva con
questo verso: “e fu così che un mazzo di asfodeli ros-
si decretò la fortuna dell’impero carolingio del re
Carlo detto il Magno”.
Commenti finali:
Ancora ho in mente le parole del re Carlo Magno,
che nel bosco mi disse di voler continuare la storia
infinita del suo impero. È certo che l’impero franco è
ormai concluso da tempo, ma la letteratura e la storia
hanno fatto continuare a vivere il personaggio del
mitico re carolingio e ad ogni nuova interpretazione
letteraria il vecchio re dei franchi torna a rivivere nei
nostri cuori, ora come in quelli dell’Alto Medioevo.
Inoltre, se quell’antica cassapanca di re Carlo è arri-
vata veramente fino ai giorni nostri, allora la storia è
davvero eterna ma, paradossalmente, anche sempre
attuale. Infatti, grazie ad ogni nuovo saggio letterario
o storico scritto scopriamo un aspetto diverso e nuo-
vo dell’ imperatore Carlo. Ma se qualcuno pensa che
questo mio racconto sia andato fuori dalla traccia as-
segnata si sbaglia: la volontà di perdersi nel tempo e
nello spazio per scoprire nuove cose ed il desiderio di
viaggiare tra i meandri della storia è la cosa più bella
che un uomo possa compiere.
Biagio Maria Sancetta
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Considerazioni di Bioetica:
“… andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”
(Meriggiare pallido ed assorto, Ossi di seppia, 1916)
Aveva proprio ragione Montale quando affermava
che il cammino della nostra vita è come un viaggio
intorno ad un alto muro, sulla cui cima ci sono coc-
ci di bottiglie, a causa dei quali non si riesce a tro-
vare ne l’uscita e neanche cosa vi sia dietro. Secon-
do questi, infatti, l’esistenza è qualcosa di miste-
rioso e sconosciuto. Egli è convinto che qualcosa
nasconde la realtà, ne fa schermo, ne impedisce la
conoscenza. Di qui sfocia la ricerca di un “varco”
che permetta di superare l’ostacolo, il muro che ci
metta in contatto con la vita autentica. Quel muro,
quell’ostacolo, quell’impedimento rappresenta il
sottilissimo velo che separa la realtà dall’immagi-
nazione, la vita autentica, dalla finzione. Proprio
per questo, ciò che appare circoscritto al muro ap-
pare a Montale privo di senso e l’uomo è in peren-
ne disarmonia con un mondo chiuso ed ostile, si
sente oppresso da questo “male di vivere”. Eppu-
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re, nemmeno Montale è riusci-
to ha comprendere la chiave
per poter dissipare il dolore
della vita, a dare un senso a ciò
che faceva ed a trovare la spe-
ranza mai posseduta. Infatti, a
suo parere, proprio a causa di quei frammenti di ve-
rità, “schegge” e “sillabe” delle quali dispone l’uo-
mo, neanche la poesia può insegnare nulla. Ma forse
l’errore più grande di Montale è stato quello di non
aver avuto fiducia nella ragione. Infatti, quella
“meraviglia… che ha in cima cocci aguzzi di botti-
glia” non rappresenta altro il confine tra la ragione e
la stessa immaginazione. Lo scibile scientifico e la
scienza pura non esisterebbero senza l’immagina-
zione. La mente umana è talmente grande da riusci-
re a comprendere nell’essenza e nella concretezza la
reale natura di un oggetto che ha noi ci appare solo
nelle esteriorità e macroscopicità. In questo austero
e perfetto, la mente è quel sublime ingranaggio che
ci permette di scoprire tutto in relazione solo a quei
frammenti di verità di cui ci parla Montale. La
scienza riesce a scorgere da quei cocci di bottiglia in
cima di quel muro insormontabile solo parti di veri-
tà: la maggior parte di essi, come dice Montale stes-
so, sono ancora racchiusi in quell’universo al di là
di quella muraglia tanto insormontabile e tanto peri-
colosa. Ma risiede proprio in ciò la sublime bellezza
del sapere scientifico: attraverso quei pochi fram-
menti e grazie alla razionalità l’uomo riesce infatti a
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scoprire ciò che si cela al di la di quella muraglia
inesplorata, e passo dopo passo, riesce a scorgere
frammenti nuovi di verità che li permettono di mi-
gliorare le vecchie certezze e di ipotizzare nuove
teorie. Del resto, l’irrazionale e la ragione sono so-
relle: ambedue figlie dello stesso elemento, il sape-
re, ed allo stesso tempo, paradossalmente, figure
poste ai due estremi ideologici e poetici. Ma l’irra-
zionalità e la libertà creativa sono figlie del libero
pensiero, che a sua volta è legittima progenie della
ragione. Dunque la ragione e la scienza non cerca-
no di dare una spiegazione a ciò che si vede, ma al
pari dei poeti, lo scienziato esplora il mondo del-
l’immaginazione. Infatti le teorie e le tesi da dimo-
strare non sono per niente frutto del mondo nel
quale viviamo. Quei frammenti di verità ci forni-
scono solo le tesi e gli strumenti per dimostrare la
nostra tesi. Tuttavia spetta allo scienziato l’arduo
compito di formulare quelle leggi che diventano
frammenti autentici della realtà che ci circonda,
frammenti non direttamente estrapolati da quell’u-
niverso presente all’aldilà del varco montaliano,
ma a noi pervenuti grazie al ragionamento raziona-
le. Proprio in ciò risiede la dignità delle cose, di-
gnità alla quale Montale non è mai riuscito ad at-
tingere, a differenza di Sabba, per esempio, che
con la sua semplicità ha in parte compreso la digni-
tà e la bellezza del creato e di ogni oggetto. Ogni
cosa vista esteriormente sembra banale ed inutile,
ma è quello che si cela al di sotto di quell’oggetto
che suscita nell’uomo grande curiosità ed interesse.
Pensare che le proprietà che regolano la vita e la
stessa esistenza di quell’oggetto possono essere
utilizzate proprio per distorcere le leggi che da
sempre hanno tenuto l’uomo saldo sulla terra, impe-
dendogli di volare, o gli hanno impedito di comuni-
care in tempo reale col resto del mondo, è emozio-
nante ed unico. Questa è l’eterna bellezza della
scienza, la possibilità di demolire le consuetudini e
permettere all’uomo di superare la nature e le restri-
zioni che ci ha imposto fin dalla nostra comparsa
nell’universo, e tutto ciò solo grazie a quei fram-
menti di verità ed ad un unico sublime mezzo: la
ragione. E mentre scrivo queste parole, rammento
quest’altro frammento di liriche di Eugenio Monta-
le:
“… Non domandarci la formula che mondi possa
aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti:
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”
(Non chiederci la parola, Ossi di seppia, 1925)
Questa è senza alcun dubbio una delle poesie più
celebri scritte da Eugenio Montale. Non chiederci
quella formula magica che possa risolvere ogni tuo
quesito o possa rivelarti una nuova visione del mon-
do, dice Montale, facendo ancora comparire quella
negazione che riprende quella iniziale della poesia.
La negazione, tutta in negativo, contiene però che
sembra attenuare la durezza dell’affermazione: oggi;
dunque la conclusione non può definirsi definitiva,
rimane un piccolo spazio nella speranza, speranza
che permette alla scienza di andare avanti e scoprire
nuovi frammenti di verità, fino ad arrivare al codice
completo della nostra esistenza. Nonostante il pen-
siero di Eugenio Montale muove da una visione
pessimistica e sconsolata del mondo e della vita u-
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mana, secondo la quale l’esistenza ed “il male di
vivere” non è interpretabile razionalmente, le sue
liriche stranamente infondono grande coraggio e
forza. La verità cercata da Montale è lo sprono di
ogni scienziato, di ogni ricercatore che freme al
pensiero di trovare quella pura e autentica verità.
Quella “formula”, che riesca a far comprendere
all’uomo ciò che lo circonda, deve essere scoperta
e la mia stessa mente freme dalla voglia di inter-
pretare gli enigmi della natura. Ogni cosa è frutto
di una chiave nascosta e celata, ed è proprio in
quella microscopica chiave
che è celato il mistero della
vita, da secoli celato con
cautela dalla natura e del
quale conosciamo solo alcu-
ni frammenti, poiché se fos-
se già stato interpretato il
miracolo della vita, la natura sarebbe stata sotto-
messa all’uomo. Ma io credo fermamente in questa
speranza che la formula tanto ricercata da Montale
e da altri uomini, possa essere portata alla luce.
Proprio per questo il mio desiderio è quello di fare
le veci di ultore della scienza, da troppo tempo or-
mai criticata causa dei suoi limiti a causa dell’igno-
ranza dell’uomo dimostrata nelle numerose pagine
di storia scritte: la scienza è pura e non ha alcun
limite; la cupidigia e l’imperfezione dell’uomo
contaminano la scienza e sfruttano il suo enorme
potere in modo abnorme. L’uomo ancora non è
pronto per l’energia nucleare, ed è forse ancora lui
a dover fare molta strada prima di comprendere le
verità della correttezza e della giustizia ed a dover-
si evolvere, e non la scienza.
Relazione:
Giorno 19 Maggio 2011 si è tenuta presso l’aula
magna del Rettorato dell’Università di Messina la
giornata di Bioetica per la scuola, il cui argomento
principale riguardava la scelta responsabile di fonti
energetiche bio-sostenibili. Dunque, in vista del-
l’imminente referendum amministrativo, era d’ob-
bligo parlare dell’impatto biologico ed ambientare
che la costruzione di una centrale nucleare a fissio-
ne avrebbe nel nostro paese. In particolare, oltre ai
numerosi relatori Ordinari e
Straordinari e ai discorsi dei
docenti universitari, numerose
sono state le scuola della sud-
detta Città, che , non solo hanno
avuto la possibilità di poter assi-
stere a tale evento, ma sono stati
anche attivi partecipanti in quanto hanno potuto in-
tervenire manifestando le proprie opinioni e mo-
strando ai presenti lavori inerenti la materia compiu-
ti durante il proprio iter scolastico. Il sottoscritto
Biagio Maria SANCETTA, ha relazionato durante
tale manifestazione in nome del Liceo Scientifico
Paritario “Empedocle” circa le conseguenze biologi-
che delle radiazioni atomiche. Dopo aver compiuto
studi approfonditi in ambito citologico e citogeneti-
co si comprende che i reali danni delle radiazioni
atomiche risiedono nella modificazione delle strut-
ture polimeriche e macromolecolari dell’unità biolo-
gico-cellulare. In particolare le macro- molecole
più compromesse l’acido desossiribonucleico, più
comunemente conosciuto come DNA e l’acido ri-
bonucleico, più noto come RNA. Il primo è un poli-
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mero organico destrorso costituito da due catene
polinucleotidiche avvolte per formare una struttura
alfa elicoizzata. I monomeri e le basi strutturali di
questa complessa molecola biologica sono i nucle-
otidi , costituiti da un gruppo fosfato dotato di
gruppi negativi polari in corrispondenza dei siti di
legame dell’ossigeno con l’atomo fosfato; uno zuc-
chero mono saccaride pentoso a cinque atomi di
carbonio (rappresentato nel DNA dal desossiribo-
sio e nel RNA dal ribosio), legato al primo com-
ponente mediante un legame N-glicosidico tra ossi-
geno e gruppo idrossimetile del C5 del pentoso
(con eliminazione di un gruppo funzionale idrossi-
le); e da una base contenente azoto legata al C1
del pentoso mediante un legame estereo. Le basi
azotate nel DNA sono l’adelina, la gualina ( dette
purine), la citosina e la timina (sostituita nel RNA
dal uracile), dette invece pirimidine. Il nostro ma-
teriale genetico è tradotto proprio in relazione alle
triplette di base (chiamate codoni) ripetute nel no-
stro corredo cromosomico. Infatti, è proprio in re-
lazione a tale corrispondenza di tre basi per un am-
minoacido, che avviene la sintesi delle strutture
polipeptidi ed enzimatiche, indispensabili nell’atti-
vità catalitica di ogni reazione metabolica biologi-
ca. Dunque modificare direttamente il DNA (dal
quale proviene il testo di decodifica per la tradu-
zione proteica) o indirettamente l’RNA, ovvero
quel trascritto primario immaturo, sintetizzato du-
rante la trascrizione e utilizzato come copia dell’a-
cido deossiribonucleotidico nella sintesi mediata
dai componenti nucleo proteici ribosomiali, non
viene sconvolto solo il nostro corredo enzimatico,
ma anche le reazioni cataboliche ed anaboliche del
metabolismo cellulare. Tale discorso è valido se tale
mutazione non riguardi una sequenza esonica che
viene eliminata dopo il processo di spilicing. Tali
modificazioni del nostro materiale cromosomico
eucariotico, non riparabile mediante meccanismi di
escissione o poof reading, sono definite come muta-
zioni. Però, se le radiazioni causano una mutazione
a livello di una cellula somatica, essa non è eredita-
bile alla progenie. Invece, se tali mutazioni riguar-
dano cellule sessuali aploidi, allora la mutazione è
detta germinale ed è ereditabile alla progenie. In tal
caso, la mutazione può riguardare un allele di un
carattere autosomico (controllato ovvero da un gene
localizzato in un cromosoma non sessuale) o un ca-
rattere non autosomico (ovvero un carattere control-
lato da un gene localizzato su di un cromosoma ses-
suale X, detto X-linked, o Y, detto Y-linked). Se la
mutazione riguarda un carattere autosomico recessi-
vo per essere affetto un individuo deve essere omo-
zigote recessivo (a/a con “a” considerato l’allele
mutato). Se immaginiamo che la mutazione riguarda
la generazione parentale P, quasi tutti gli individui
affetti hanno genitori normali eterozigoti (A/a con
“A” l’allele dominante non mutato) ed la malattia
causata dalla mutazione si manifesta alla F1 visto
che ¼ dei figli sarà Omozigote recessivo. Tuttavia,
le mutazioni riguardanti un allele autosomico reces-
sivo saltano le generazioni. Se invece la mutazione
riguarda un carattere atutosomico dominante (A/a o
A/A con “A” l’allele dominante mutato e “a” l’alle-
le recessivo non alterato), possiamo affermare che
ogni individuo affetto ha almeno un genitore affetto,
in quanto anche un individuo eterozigote manifesta
la patologia (infatti le mutazioni presenti in un allele
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dominante non saltano le generazioni). Riguardo la
generazione parentale P, un soggetto eterozigote
trasmette la patologia ad ½ dei propri figli. Se in-
vece la mutazione riguarda un carattere X-linked,
allora in questo tipo di ereditarietà si ha una tra-
smissione dal nonno (Maschio P) ad una figlia
femmina (F1) portatrice, ad un figlio maschio del-
l’F2 malato. Tale trasmissione è definita
“crisscross”. In particolare, se la mutazione X-
linked è avvenuta a livel-
lo di un allele dominante,
avremo le seguenti con-
dizioni: se è un padre ad
essere affetto da tale mu-
tazione tutte le figlie sa-
ranno affette perché rice-
vono una delle due X dal
padre (tale fenomeno
ovviamente dipende anche dalla lionizzazione);
invece una madre eterozigote (P) trasmette il carat-
tere a ½ dei figli maschi ( in quanto emizigoti) ed
ad ½ delle figlie femmine. Però, nel caso in cui il
carattere mutato X-linked è recessivo, di norma più
maschi che femmine sono affetti poiché possiedo-
no una sola X. Inoltre, tutte le madri omozigoti per
l’allele, quindi malate a causa della mutazione
(XNXN con XN il cromosoma con l’allele mutato)
generano figli maschi tutti malati poiché essi otten-
gono la loro unica X dalla Madre. Invece, le madri
eterozigoti (XNX) generano figli maschi ½ malati e
½ sani. In tal caso, dall’ unione di una Padre nor-
male (XY) e di una madre portatrice della mutazio-
ne (XNX) ci si attendono figlie sana ma ½ portatri-
ci (XNX). Mentre i maschi saranno ½ sani e ½ ma-
lati e dall’ unione di una Padre malato (XNY) e di
una Madre normale (XX) ci si attendono figlie fem-
mine tutte sane ma portatrici (XNX). Mentre i ma-
schi saranno sani. Tralasciando ora l’ereditabilità
delle mutazioni germinali, ritorniamo a vedere le
diverse tipologie di mutazioni causate dalle radia-
zioni nucleari. In particolare, tralasciando le muta-
zioni spontanee e riferendoci solo a quelle indotte, il
DNA può essere danneggiato dall’azione di nume-
rosi agenti, definiti muta-
geni. In particolare tra i
numerosi agenti mutageni
correlati alle radiazioni
nucleari compaiono gli
agenti ossidanti e le radia-
zioni elettromagnetiche
che si manifestano sotto
forma di raggi gamma,
alfa beta ed ultravioletti. Tutti questi effetti rientra-
no nell’azione degli agenti fisico-chimici. In relazio-
ni alle radiazioni atomiche, agenti mutageni come i
radicali liberi ed il perossido di idrogeno, per esem-
pio, producono danni eterogenei, come modificazio-
ni di basi, sostituzioni di basi o addirittura rottura
del doppio filamento di DNA stesso. Come predetto,
le radiazioni nucleari causano la formazione di radi-
cali liberi che, non solo agiscono direttamente sui
cicli metabolici cellulari, ,ma agiscono come agenti
modificanti le basi, ovvero particolari agenti chimici
mutageni che modificano la capacità di appaiamento
tra le basi azotate. Inoltre, agenti mutageni indotti
dalle radiazioni nucleari possono portare a mutazio-
ni puntiformi. In tal caso le radiazioni possono cau-
sare o una sostituzione di basi, o una delezione di
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basi o una inserzione. Il primo evento è meno peri-
coloso rispetto agli altri. Nello specifico, quando
siamo davanti ad una sostituzione di basi dovuta ad
agenti radioattivi, si parla sempre di sostituzione di
una base azotata con un’altra. Inoltre, parleremo di
transizione quando avviene la sostituzione di una
purina con una purina o di una pirimidina con una
pirimidina (A con G o C con T); invece parliamo
di transversione quando avviene uno scambio tra
purina con pirimidina o viceversa. Tuttavia, in am-
bedue i casi, gli effetti di una sostituzione di basi
possono essere diversi in relazione dei casi: infatti,
quando la mutazione determina un codone diverso
ma che codifica per lo stesso amminoacido (ciò
grazie alla degenerazione del codice genetico) si
parla di mutazione sinomia o silente e non vi sarà
alcun cambiamento sul prodotto genetico; si parla
invece di mutazione di senso errato quando il co-
done mutato produce un amminoacido diverso ri-
spetto a quello originario. In tal caso il prodotto
genetico può conservare le stesse proprietà del po-
lipeptide sintetizzato a partire dal genoma non mu-
tato (mutazione conservativa), oppure no
(mutazione non conservativa); infine si può spesso
verificare che la formazione di un codone di stop
all’interno della sequenza codonica del trascritto
immaturo di RNA (UAA, UAG e UGA). In tal ca-
so si parla di mutazione di non senso. Tuttavia, no-
nostante le sostituzioni di basi producano effetti
assai diversi, comunque vanno a compromettere
solo un unico amminoacido. Invece, sia la delezio-
ne (eliminazione di una base), sia un inserzione di
base (inserimento di una base azotata) causano u-
n’alterazione dell’intera lettura codonica del gene
in questione. Andiamo invece ora a vedere gli effetti
causati non indirettamente dagli agenti mutageni
chimici, ma da quelli fisici. In particolare, in tal ca-
so ci riferiamo alle radiazioni ed al calore (che pro-
voca nella maggior parte dei casi ustioni di secondo
o di terzo grado). Le radiazioni prodotte durante la
conversione dell’energia nucleare in elettrica, come
ormai è noto, si dividono in radiazioni ultraviolette
(UV) e in radiazioni ionizzanti (suddivise a loro vol-
ta in raggi ics e gamma). Le prime eccitano la mole-
cola di DNA, fornendole energia. Solitamente que-
st’energia decade senza conseguenze, ma in un e-
sposizione eccessiva può innescare una reazione
chimica che altera la struttura del DNA. In questo
caso, si ha la formazione di legami tra due nucleoti-
di (timina) che si trovano ravvicinati al momento
della reazione stessa, con formazione dei cosiddetti
ponti di timina o ponti aberranti. Tale processo,
spesso riparato dai meccanismi di escissione e ripa-
razione del DNA (con sostituzione di una delle timi-
ne suddette con una base purinica adenilata), modi-
fica la conformazione della doppia elica e causa tu-
mori gravi all’epidermide. Però, nonostante siano le
radiazioni UV quelle più dannose a livello macro-
molecolare, quando si parla delle radiazioni nucleari
gli effetti più numerosi sono causati dai raggi gam-
ma, molto più penetranti e carichi di energia rispetto
agli alfa e beta. Tali raggi rientrano nella categoria
delle radiazioni ionizzanti, che penetrano nei tessuti
in notevole profondità. Nel loro percorso, infatti,
collidono con gli atomi che incontrano determinan-
do il rilascio di elettroni e la formazione di ioni cari-
chi positivamente, questi collidono con altre mole-
cole, liberando ulteriori elettroni e così via. Grazie a
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tale effetto domino, si forma quindi un cono di ioni
lungo il percorso di ogni raggio ad alta energia at-
traverso i tessuti viventi. Le radiazioni ionizzanti
sono alla base della formazione dei radicali liberi e
possono provocare rotture cromosomiche e quindi
sia riarrangiamenti cromosomici ( riguardanti dun-
que la struttura, e non il numero) che mutazioni
puntiformi o geniche. Il momento in cui le cellule
sono più vulnerabili in assoluto alle radiazioni è
durante la mitosi o la meiosi. Infatti, quando ha
inizio la fase S del ciclo cellulare il DNA è in fase
di duplicazione e quindi si presenta sotto forma
despiralizzata, dissociato dalle proteina basiche
istoniche (eucromatina), le strutture del nucleo so-
no dissolte e gli enzimi che assicurano l'integrità
del materiale genetico non possono operare. Inol-
tre, le radiazioni elettromagnetiche nucleari inibi-
scono l’attività nel nucleo attivo della DNA poli-
merasi III: le radiazioni reprimono l’attività della
subunità alfa, addetta all’attività endonucleasica 3I
-5I , sia la sub unità epsilon, addetta all’attività eso-
nucleasica 5I -3I, che quella teta addetta invece al-
l’azione cooperativa con gli altri enzimi come la
DNA polimerasi II. In particolare, quest’ultimo
oloenzima processivo, grazie alla sua prevalente
attività esonucleasica 5I -3I, ha un ruolo cruciale
nella correzione delle bozze o poof reading, indi-
spensabile per la correzione di quei rari errori com-
piuti dalla DNA polimerasi III durante la duplica-
zione del DNA. Dunque, anche l’inibizione di que-
st’ultimo enzima comporta la persistenza di quelle
rare mutazioni, che persistono nei neofilamenti sin-
tetizzati, a causa degli errori spesso compiuti dalla
polimerasi. L'effetto macroscopico più vistoso del-
la radioattività sulle cellule, quindi, è il rallentamen-
to della velocità di riproduzione. Infatti, le popola-
zioni di cellule che si riproducono molto rapidamen-
te sono più vulnerabili di quelle che lo fanno lenta-
mente. Inoltre, le cellule esposte ad alte concentra-
zioni di raggi elettromagnetiche vanno incontro ad
un precoce evento di senescenza. Ciò è spiegato dal-
l’inibizione delle telomerasi, enzimi con attività en-
donucleasica 3I -5I che servono a sintetizzare le parti
terminali dei cromosomi, detti appunto telomeri, in
quanto spesso in quei tratti la DNA polimerasi III
non riesce a svolgere la propria azione. Infatti senza
la presenza o comunque senza l’azione di tali enzi-
mi a poco a poco le parti telomeriche terminali dei
cromosomi verrebbero eliminate, causando un gra-
duale rimpicciolimento del cromosoma stesso. An-
diamo ora, invece, a vedere macroscopicamente le
conseguenze istologiche delle radiazioni nucleari.
In modo specifico, il tessuto osseo è il tessuto più
compromesso dalle radiazioni. Andiamo a vedere
allora le caratteristiche fondamentali di tale tipolo-
gia di connettivo strutturale specializzato al fine di
comprendere le azioni delle radiazioni. Le cellule
fondamentali del tessuto osseo, responsabili della
sintesi dei componenti della matrice, sono gli osteo-
blasti: si tratta di cellule di forma tondeggiante che
derivano dalla differenziazione delle cellule osteo-
progenitrici, ossia cellule staminali determinate che
rappresentano una prima differenziazione delle cel-
lule mesenchimali. Gli osteoblasti sono caratterizza-
ti dalla presenza di un reticolo endoplasmatico rugo-
so e di un apparato di Golgi molto estesi e responsa-
bili da un punto di vista istologico della loro basofi-
lia citoplasmatica. Similmente ai fibroblasti (le cel-
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lule fondamentali del tessuto connettivo propria-
mente detto), gli osteoblasti sono infatti costante-
mente impegnati, nelle fasi di formazione dell'os-
so, nella sintesi dei componenti molecolari che an-
dranno a costituire sia le fibre che le glicoproteine
(osteonectine) della matrice. Tali composti vengo-
no successivamente espulsi dalle cellule per esoci-
tosi, e vengono quindi assemblati nella loro forma
definitiva all'esterno della cellula. Una volta com-
pletata la sintesi della matrice, ed
una volta avvenuta la sua calcifica-
zione, gli osteoblasti si sistemano in
cavità ellissoidali o lacune ossee
non mineralizzate scavate nella ma-
trice stessa. In questa fase prendono
il nome di osteocidi ovvero cellule
che, pur rimanendo cellule vitali,
entrano in uno stato di quiescenza.
Tipici di queste cellule sono i lun-
ghi prolungamenti citoplasmatici con cui la cellula
attinge alle sostanze nutritizie e che decorrono al-
l'interno di microgallerie definite canalicoli ossei.
Tuttavia, alcuni isotopi dello stronzio o del pluto-
nio si concentrano proprio nel midollo osseo, an-
dando ad otturare i canalicoli ossei ed impedendo
agli pseudopodi di ricavare i nutrimenti necessari.
Un altro tipo di cellule del tessuto osseo sono gli
osteoclasti, una tipologia di cellule deputata a pro-
durre e secernere enzimi che agiscono degradando
la matrice calcificata, permettendo il riassorbimen-
to dell'osso. Dunque le radiazioni influiscono no-
tevolmente anche la calcemia ematica e la produ-
zione eritrocitaria poiché sono le cellule staminali
emopoietiche poste tra le trabecole del tessuto os-
seo spugnoso che producono tali elementi figurati
nel sangue. Altro importante organo nel quale le ra-
diazioni delle centrali nucleari a fissione vanno ad
influire sono le gonadi, in particolare quelle maschi-
le. Infatti, in tal caso la prima conseguenza delle ra-
diazioni è la sterilità. In particolare, per poter com-
prendere a fondo gli effetti delle radiazioni sulle cel-
lule aploidi sessuali maschili occorre comprendere
gli eventi principali della gametogenesi maschile,
ovvero la spermatogenesi. L’evento
spermatogenetico inizia quando le
cellule staminali presenti nel testico-
lo, ovvero lo spermatogonio, inizia a
dividersi per mitosi. In particolare,
una di queste due cellule ottenuta
dalla divisione dopo la citodieresi,
continua il compito della cellula ma-
dre, continuando dunque a dividersi
continuamente per mitosi; la seconda
va invece in un primo processo di differenziamento
cellulare, nel quale lo spermatogonio ottenuto dopo
la mitosi, diventa spermatocita primario. Tale cellu-
la differisce da quella di prima in quanto entra nella
prima divisione meiotica, nella quale tale processo
geneticamente riduzionale, porta alla formazione di
due cellule aploidi, dette spermatociti secondari, che
però presentano ancora il materiale genetico dupli-
cato nei due cromatidi di uno solo dei due futuri
cromosomi omologhi. Tali cellule entrano così in
meiosi due ambedue delle cellule si dividono in due
cellule dette spermatidi. Dunque, alla fine di tale
processo abbiamo la formazione di quattro sperma-
tidi. Tuttavia, tali cellule non sono ancora pronte per
l’evento fecondativo, in quanto mancano ancora di
Pagina 100
strutture fondamentali per il movimento degli stes-
si spermatidi e per il corredo enzimatico indispen-
sabile per la rottura della membrana fosfolipidica
ovulare e per la sopravvivenza dello zigote nelle
prime settimane del processo organogenetico. In-
fatti proprio per questo lo spermatide deve munirsi,
per mezzo di un successivo differenziamento cellu-
lare, di una vescicola fosfolipidica, detta cromoso-
ma, contenete enzimi litici e di una coda flagellare
indispensabile per il movimento cellulare. In parti-
colare, tale struttura è costituita da diversi dimeri
di tubulina, costituiti da un mo-
nomero di tubulina alfa ed uno
di beta, questi si associano for-
mando filamenti proteici di va-
ria lunghezza, detti protofila-
menti; tredici protofilamti si
chiudono su se stessi formando
un microtubulo completo; tutta-
via all’interno della stessa coda flagellare possiamo
riconoscere due porzioni: una parte detta corpo ba-
sale, formato da nove triplette di microtubuli, tenu-
te insieme da proteine nexine, dineine ed enzimi
con attività ATP-asica, capaci di trasmettere il mo-
vimento di un solo microtubulo su tutti gli altri; la
porzione distale è invece costituita dall’assonema
costituito, invece, da nove doppiette di microtubuli
e da una coppia di microtubuli centrale. Anche in
tal caso sono presenti bracci laterali e centrali di
natura proteica con funzione ATP-asica. Inoltre,
occorre notare che delle triplette o doppiette di mi-
crotubuli solo uno di essi in realtà è completo (che
è costituito ovvero da tredici protofilamnti), gli al-
tri sono incompleti (formati cioè da undici proto
filamenti) poiché si agganciano a due protofilamenti
del microtubulo ad esso adiacente. Inoltre, i micro-
tubuli posseggono una capacità di movimento nelle
strutture biologiche cellulari conferitola dalla loro
capacità di polimerizzazione e depolarizzazione pre-
sente rispettivamente sull’estremità polimerizzante
o positiva e sull’estremità depolimerizzante o nega-
tiva. Proprio affinché sia resa stabile questa struttura
flagellare, alle due estremità della coda flagellare
sono presenti proteine, le proteine map’s, che rendo-
no stabile la struttura impedendo l’attività combina-
ta esoergonica ed endoergonica
dell’ATP per la polimerizzazione
e depolimerizzazione dei dimeri
di timina dei proto filamenti fla-
gellari. Il differenziamento sper-
matidico, che porta proprio alla
formazione di tali strutture, oltre
che alla testa, al corpo ed agli
acidi nucleici del nucleo stesso, genera gli sperma-
tozoi ormai pronti per l’eiaculazione ed il successi-
vo evento fecondativo. Le radiazioni nucleari causa-
no la sterilità proprio perché impediscono il diffe-
renziamento degli spermatidi in spermatozoi e la
sintesi, dunque, di proteine indispensabile al movi-
mento a marea degli spermatozoi (i flagelli) che
consente la mobilità stessa di gameti e di proteine
adese alla base delle ciglia vibratili (quali l’actina e
la specrina alla base e la miosina e la calmodulina
lateralmente). In altri ambiti, come nel sistema linfa-
tico, la conseguenza principale della radiazione è
l'infezione dei linfonodi (cellule mesenchimali ap-
partenenti al tessuto connettivo) e della milza conse-
guente alla morte dei linfociti presenti. Invece, la
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pelle ha una vulnerabilità particolare: poiché, se
non protetta, riceve tutti e tre i tipi di radiazione
(alfa, beta e gamma). Il danno che riceve è tanto
più elevato quanto più le radiazioni sono penetran-
ti: viene danneggiata poco dai raggi gamma e mol-
to di più dalle radiazioni alfa e beta. Per bassi livel-
li di radiazioni si sviluppa un eritema, se l'irraggia-
mento aumenta può formarsi una neoplasia epite-
liale. La capacità di riparazione del danno subito è
comunque molto elevata. Inoltre, la crescita dei
capelli si arresta completamente, e quelli presenti
cadono in maggiore o minore quantità in base alla
dose assorbita. Caso particolare va infine riservato
alle ghiandole endocrine che non presentano un
elevato grado di sensibilità alle radiazioni, ma in
elevate esposizioni le loro disfunzioni, come ora
capiremo, sono causa di patologie molto gravi. A-
vevamo già visto in relazione al tessuto osseo spu-
gnoso, le conseguenze dell’alterazione degli osteo-
clasti, la cui azione è indispensabile per il manteni-
mento della calcemia. Tuttavia, tale valore non
sconvolge solo i valori di calcio nel flusso ematico,
ma anche l’azione di alcuni ormoni. In particolare,
l’azione degli osteoclasti per quanto riguarda la
loro attività demolente i cristalli di idrossiapatite,
di carbonato e fosfato di calcio e di fluoruro di cal-
cio, è regolata principalmente da due organi ghian-
dolari: le cellule parafollicolario e quelle paratiroi-
dee. Le prime producono Calcitonina (CT) che a-
ziona proprio sul livello di calcio nel sangue, ope-
rando feedback negativo sull’azione degli osteocla-
sti, dunque demolendo il prodotto ossificato. Le
seconde sono invece delle piccole masse tondeg-
gianti di tessuto ghiandolare endocrino presenti
nella superficie posteriore della ghiandola endocrina
tiroidea (sono in tutto quattro: una superiore destra
ed una sinistra ed una inferiore sinistra ed una de-
stra). Queste ghiandole producono due ormoni, l’u-
no l’antagonista della calcitonina (il paratormone) e
l’altro detto paratiroideo i cui compiti sono quelli di
regolare i livelli di Ca2+, Mg2+ e di Po3-4 nel sangue,
determina cambiamenti nei reni e romuove la for-
mazione di calcitriolo che fa feedback positivo sulla
calcitonina. Dunque, da ciò si può comprendere l’al-
terazione che anche tali ghiandole hanno a causa
delle radiazioni. Altri importanti organi ghiandolari
addetti a funzione secretoria sono la ghiandola pitui-
taria e la tiroide. La prima, anche detta ipofisi, è di-
visa in due sezioni, una anteriore, detta adenoipofisi,
e l’altra, detta neuroipofisi, che riceve neurosecreti
proveniente dall’ipotalamo. In particolare, risente
dell’influenza delle radiazioni gamma l’adenoipofisi
e di conseguenza gli ormoni da lei prodotti, le corri-
spettive azioni ed organi bersaglio, ovvero: l'ormone
somatotropo (GH) che agisce direttamente sui tessu-
ti ed è indipendente dall'attività delle altre ghiandole
endocrine, stimola la deposizione del calcio nel tes-
suto osseo e la proliferazione delle cellule cartilagi-
nee, aumenta la massa dei muscoli scheletrici e sti-
mola la sintesi proteica. È detto anche ormone della
crescita e la sua mancanza causa l'arresto dello svi-
luppo e della crescita di un individuo; la prolattina
(PRL) che agisce sulla ghiandola mammaria stimo-
lando la secrezione di latte dopo il parto; Il melano-
cita stimolante (MSH) che ha effetto trofico sui me-
lanociti, responsabili della pigmentazione della pel-
le; l'ormone tireotropo (TSH) che agisce sulla tiroi-
de, favorendo la liberazione degli ormoni che questa
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produce
(tiroxina e triio-
dotironina); l'or-
mone adreno-
corticotropo
(ACTH) che
determina a sua
volta la sintesi e la secrezione molto rapida degli
ormoni della corteccia surrenale e stimola il meta-
bolismo lipidico; l'ormone follicolo-stimolante
(FSH) e l'ormone luteinizzante (LH) sono invece
gonadotropi (agiscono cioè sulle gonadi). Nelle
ovaie il primo stimola la formazione dei follicoli e
la secrezione dei loro ormoni (estrogeni), il secon-
do la formazione del corpo luteo e la secrezione
dell'ormone corrispondente, il progesterone. Nel
testicolo, l'LH agisce invece promuovendo la sper-
matogenesi e la secrezione dell'ormone testicolare
(testosterone). La tiroide, altro indispensabile orga-
no endocrino sensibile alle radiazioni, produce in-
vece due ormoni: la tiroxina e la triiodotironina che
aumentano il consumo di ossigeno ed il tasso meta-
bolico basale, influiscono il metabolismo cellulare
e la crescita e lo sviluppo. Per motivi metabolici,
però, la tiroide concentra in sé quasi tutto lo iodio
presente nell'organismo. Le ghiandole surrenali,
anch’esse altamente compromesse dalle radiazioni,
sono suddivise in due parti: la corticale surrenale
più esterna e la midollare surrenale più interna. La
prima è a sua volta suddivisa in zona esterna, che
produce i mineralcorticoidi (il più importante dei
quali è l’aldosterone che regola l’omeostasi e le
concentrazioni di Na+ e K+), una zona intermedia
che produce glicocorticoidi (come il cortisolo che
regola la degradazione lipidica e triglicerica, libera
il glucosio e deprime la risposta immunitaria) e una
zona interna che produce androgeni. La zona midol-
lare surrenale produce invece neurotrasmettitori co-
me l’adrenalina e la noradrenalina. Come si può ve-
dere le radiazioni non compromettono solo le singo-
le ghiandole ma tutte le azioni metaboliche soprae-
lencate. Anche i polmoni, venendo a contatto con
l'aria esterna, sono colpiti direttamente da particelle
radioattive inalate con la respirazione. In particola-
re, tali inquinanti compromettono le cellule unicel-
lulari esocrine secernenti, ovvero le celleule muci-
pare caliciformi, intercalate alle cellule di rivesti-
mento di epiteli cilindrici semplici di bronchioli re-
spiratori. Sono dette mucipare, perché producono
muco derivato dall’idratazione del mucinogeno. Es-
so a contatto con acqua si trasforma nelle mucine,
ovvero mucopolisaccaridi neutri e acidi e da glico-
proteine, che compongono il muco. Nella zona infe-
riore della cellula mucipare sono localizzate il nu-
cleo, i mitocondri, il reticolo endoplasmatico muco-
so ed il complesso del Golgi, nella parte apicale si
accumula invece il secreto costituito da grosse ve-
scicole. Dunque, l’inquinamento dell’aria provoca
anche l’infiammazione di queste ghiandole unicellu-
lari, i cui secreti sono indispensabili per la cattura
dei batteri nelle vie respiratorie. Concludo allora
dicendo che, nonostante dal punto di vista energeti-
co siano molti i vantaggi dell’energia nucleare, di
sicuro le ripercussioni che ha sulla materia vivente
(anche durante lo stadio embrionale), sono tutt’altro
che positive, anzi nocive, patogene e sovente deva-
stanti.
Biagio Maria SANCETTA
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EMPEDOCLE:
IL VOLTO DELL’ECCELLENZA
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EMPEDOCLE: IL VOLTO DELL’ECCELLENZA
Circa un anno fa sentii parlare
di una Scuola Superiore, il Li-
ceo Scientifico “Empedocle”,
fondato dal Dottore Sergio Pe-
dullà e dall’Avvocato Giuseppe
Pedullà, che aveva la fama di
preparare al sommo grado gli
studenti per l’accesso alle Fa-
coltà dell'area medico-sanitaria
a numero programmato. Decisi
così di presentarmi al test d'am-
missione per la frequenza del
suddetto Liceo. L'esito del test
fu positivo e dal 13 settembre
2010 la mia vita subì una svolta
radicale. Il Liceo Scientifico
“Empedocle” non è solo una
scuola, è molto di più: il rappor-
to instauratosi con tutto il corpo
docente ed amministrativo ha
assunto, nel corso dell'anno, ca-
ratteri prettamente "familiari". È
questo che contraddistingue la
MIA (e sono fiera di poterla de-
finire tale) Scuola. A testimo-
nianza di quanto detto ci sono
gli splendidi ed indelebili ricordi
dell'anno scolastico ormai finito,
che certamente mi accompagne-
ranno sempre con infinita dol-
cezza. Dal punto di vista forma-
tivo tutti i docenti hanno dato
costantemente il massimo, per
consentirci di avere una prepara-
zione "diversa" rispetto a tutte le
altre. Gli strumenti multimediali
messi a nostra disposizione, le
molteplici attività extracurrico-
lari compiute, dal progetto Re-
pubblica@scuola, alla visita ai
musei o ai RIS di Messina, mi
hanno enormemente arricchito,
lasciando un segno per sempre
nel mio cuore. E gli esiti finali
lo hanno dimostrato.
Il mio sogno nel cassetto, sin da
bambina, è quello di diventare
una pediatra, ed è per questo che
frequento tutt’oggi i corsi prepa-
ratori al test d'ammissione alla
Facoltà di Medicina, organizzati
dalla stessa Scuola; Scuola che
pensa in grande, che aspira al
grande, che si connota di un re-
spiro internazionale che permea
di sé ogni attività promossa e
compiuta. Basta ricordare i cor-
si teorico-pratici di anatomia,
organizzati in collaborazione
col Dipartimento di Anatomia
dell’Università di Malta e rivol-
ti agli studenti di Medicina, o
ancora agli accordi stretti con
l’Università di Cambridge, fina-
lizzati al conseguimento del
CIE (Cambridge International
A / AS Level), che permette di
iscriversi direttamente, senza
ulteriori esami, in diverse e pre-
stigiose Università di tutto il
mondo. Tra gli infiniti attimi
meravigliosi vissuti, ci tengo a
condividere quello del mio esa-
me orale di Maturità, in cui in-
sieme a tutto il corpo scolastico,
ho condiviso forse la prima vera
soddisfazione della mia vita.
Annalisa Careri
Annalisa Careri Diplomatasi con 100/100 e Lode
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Ricordo come fosse oggi il giorno
in cui presi una delle decisioni
più importanti della mia giovane
vita: trasferirmi a Messina dalla
Calabria per poter frequentare il
Liceo Scientifico “Empedocle”,
che ha sede anche a Catania.
Staccarmi dalla famiglia e allog-
giare presso il residentato annesso
alla scuola, per me ancora adole-
scente, e’ stata una scelta soste-
nuta dalla prospettiva di realizza-
re il mio sogno più grande: entra-
re in Medicina. Questa scommes-
sa che ho fatto con me stessa si è
rivelata poi meno difficile del
previsto, e di questo devo ringra-
ziare le singole persone che han-
no ricoperto, e lo fanno tuttora, i
rispettivi ruoli con seria profes-
sionalità e, soprattutto, profonda
umanità. L’entusiasmo e la vo-
glia di fare che aleggiano tra le
aule hanno contagiato noi studen-
ti, reso meno pesante l'incontro
con nuove materie, dissolto, in
definitiva, i consueti rapporti ste-
reotipati che si instaurano tra
insegnanti e ragazzi. Ognuno di
noi era unico per il nostro prof.,
ognuno è stato messo nelle condi-
zioni di essere capace di fare e
migliorarsi.... ognuno si sentiva "
a casa" tra i banchi di scuola, a
mensa, nelle attività didattiche
pomeridiane e negli alloggi: inco-
raggiato sempre ad esprimere e a
dare il meglio di sé. È trascorso a
malapena un mese dalla fine del-
l'anno scolastico ed ho già nostal-
gia delle uscite extracurriculari,
delle visite al museo, della parte-
cipazione ad attività teatrali, o a
qualche convegno di ambito me-
dico. Non credo che scorderò mai
nessun momento di questi intensi
anni di studio e di vita che mi
hanno arricchito delle più varie
emozioni, né tantomeno le perso-
ne straordinarie che ho conosciu-
to. Ringrazio soprattutto i Fonda-
tori della scuola, il Dottore Sergio
Pedullà e l’Avvocato Giuseppe
Pedullà, che con la loro presenza
costante mi hanno accompagnato
giorno dopo giorno in questo
viaggio nel mondo della cultura e
del sapere. A loro
ed a me dedico il momento più
intenso della mia carriera scola-
stica, l'esame orale di maturità, in
cui è venuta fuori l'Alessandra
che ero diventata. Il cammino è
solo iniziato, un più gravoso im-
pegno mi attende: il test di am-
missione in Medicina. Tutt’oggi
però sono ancora qui al-
l'“Empedocle", per frequentare i
Percorsi di Eccellenza per il su-
peramento del test, per imple-
mentare la preparazione che la
Scuola, con grande professionali-
tà e seria attenzione, ha già mes-
so a disposizione di noi tutti du-
rante l’anno scolastico. Grazie
all’Empedocle ho infine avuto
l’opportunità di sostenere il test
di ammissione in inglese alle Fa-
coltà di Medicina, Odontoiatria e
P.D. e Veterinaria delle tre Uni-
versità ungheresi di Semmelweis,
Pécs e Szeged, test che ho supe-
rato con successo e che mi con-
sentirà, qualora lo volessi, di po-
termi iscrivere il prossimo anno
accademico in uno di questi pre-
stigiosi e internazionali centri di
studio.
Alessandra Minutolo
Alessandra Minutolo Diplomatasi con 100/100 e Lode
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Fin da piccolo il mio sogno
principale è stato quello svolgere la
professione di medico: mi
entusiasmava particolarmente il fatto
di stare a contatto con altre persone e
aiutare coloro che sfortunatamente
stavano meno bene di me. Allora, a
partire dallo scorso anno, ho scelto
di frequentare il Percorso di
Eccellenza per l’ammissione alle
Facoltà a numero chiuso dell’area
medico-sanitaria organizzato dal
Liceo Scientifico “Empedocle”.
D u r a n t e q u e s t a b e l l i s s i ma
esperienza, ho maturato l’idea di
frequentare l’ultimo anno di Scuola
Superiore presso la stessa Struttura,
nella sicura consapevolezza che ciò
mi avrebbe offerto, a livello
formativo, vantaggi maggiori
rispetto alla mia scuola precedente.
Così dopo aver superato il test
d’ammissione, ho iniziato a
frequentare la Scuola, che ha le
proprie sedi a Messina e a Catania.
Proseguendo il mio percorso di studi
mi sono convinto del fatto che,
dietro la volontà di studiare per
passare i fatidici test, si è innestato
un desiderio ancora più grande:
voler studiare prima di tutto per me
stesso e per poter leggere ed
interpretare autonomamente la realtà
che mi circonda. Il merito di questa
grande conquista che mi ha visto
protagonista va sicuramente
riconosciuto soprattutto al Dottore
Sergio Pedullà e all’Avvocato
Giuseppe Pedullà, fondatori del
Liceo, che dall’inizio dell’anno fino
all’ultimo minuto della prova orale
mi hanno sostenuto e incoraggiato.
Sono stati loro i primi che hanno
fermamente creduto che l’ambizioso
progetto educativo di formazione
globale del la persona, che
coinvolgesse non solo il lato
strettamente culturale ma soprattutto
l ’ i n t e r a c r e s c i t a u m a n a
dell’individuo, dovesse e potesse
concretizzarsi. Infatti, stranamente,
studiare non mi seccava, anzi non
vedevo l’ora di rientrare a casa per
comprendere le spiegazioni
quotidiane, non solo delle materie
scientifiche ma anche di quelle
umanistiche. Questo è ciò che più
mi ha colpito del Liceo Scientifico
“Empedocle”: l’avermi messo nelle
c o n d i z i o n i d i
appassionarmi allo studio di tutte le
discipline. Le attività didattiche
compiute la mattina venivano
a f f i a n c a t e d a p e r c o r s i
extracurricolari pomeridiani in cui
ciascun studente, col supporto dei
docenti, poteva approfondire
specifiche tematiche o compiere
apposite attività di consolidamento
delle competenze maturate .
L’utilizzo dei sussidi multimediali e
delle nuove tecnologie informatiche
nella prassi didattica quotidiana (in
ogni aula sono presenti computer,
c o l l e ga me n t o a d In t e r n e t ,
videoproiettore), hanno permesso di
instaurare uno stimolante e ricco
ambiente di apprendimento. Il Liceo
Scientifico “Empedocle” inoltre
offre l’opportunità di conseguire il
prestigioso titolo di studio
internazionale CIE (Cambridge
International A / AS Level), con il
quale è possibile iscriversi
direttamente nelle Facoltà a numero
chiuso di più di 125 paesi in tutto il
mondo. Per conseguire questa
importante meta la scuola è stata da
poco attrezzata di laboratori di
ricerca di chimica, biologia, fisica e
informatica, tutti all’avanguardia,
con lo scopo di sperimentare e
applicare concretamente quanto
appreso ogni giorno.
Pierluigi Russo
Pierluigi Russo Diplomatosi con 100/100 e Lode
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Ho scelto di frequentare il Liceo
Scientifico “Empedocle”, che ha
le sue sedi a Messina e a Cata-
nia, al fine di raffinare le mie
conoscenze nelle materie scien-
tifiche, per poter affrontare con
maggiore preparazione e serietà
il quiz ministeriale per l’accesso
alla Facoltà a numero program-
mato di Odontoiatria. Il mio so-
gno, infatti, sarebbe quello di
continuare la professione dei
miei genitori, poiché fin da pic-
cola ho dimostrato di possedere
una particolare attitudine per i
lavori di precisione, e di certo la
determinazione non mi man-
ca! In parte il mio obiettivo è
stato già raggiunto, come dimo-
stra il fatto che io abbia già su-
perato le selezioni per la Facoltà
di Odontoiatria in lingua inglese
di Cracovia, ma nonostante tutto
vorrei avere la possibilità di stu-
diare nel mio Paese. La decisio-
ne di frequentare il Liceo Scien-
tifico “Empedocle”, nato per
volontà del Dottor Sergio Pedul-
là e dell’Avvocato Giuseppe Pe-
dullà, con sedi a Messina e Ca-
tania, è scaturita anche dal carat-
tere internazionale di cui la
scuola si fregia, basti pensare al
legame che essa possiede con
l’Università di Cambridge (che
consente di conseguire il Cam-
bridge International A / AS Le-
vel) o col Dipartimento di Ana-
tomia dell’Università di Malta,
insieme al quale organizza ogni
anno corsi teorico-pratici di A-
natomia. Durante il mio percor-
so scolastico gli insegnanti, tutti
profondamente motivati ed e-
stremamente preparati, mi han-
no molto aiutato, seguendomi
passo passo e mettendomi nelle
condizioni di poter conseguire
una completa maturazione e
concretizzazione di tutte le mie
attitudini. Oltre a svolgere le
normali attività didattiche, infat-
ti, questa scuola
affronta in modo approfondito
discipline quali la Biologia, la
Chimica, l’Istologia, le Biotec-
nologie mediche, alimentari e
ogm. Tali conoscenze, a partire
dal prossimo anno potranno tro-
vare una concreta applicazione
pratica grazie ai nuovi laborato-
ri didattici di cui la scuola si è
da poco dotata. Inoltre, durante
le attività extracurricolari di
rientro pomeridiano i docenti
hanno offerto a ciascuno di noi
l’opportunità di poter chiarire
eventuali dubbi sulle lezioni
svolte la mattina e approfondire
determinati argomenti che più
ci hanno interessato. Il ricordo
più bello del periodo trascorso
al liceo è senza dubbio legato al
fatidico "ultimo giorno di scuo-
la". In quei momenti conclusivi
tutte le fatiche e i sacrifici com-
piuti sono spariti nel nulla, per
lasciare spazio solo alla profon-
da unione che è sorta tra me, i
miei compagni di classe e tutto
il personale della Scuola.
Turiaco Helga
Helga Turiaco Diplomatasi con 100/100 e Lode
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Dopo quattro anni di liceo classico
ne avevo abbastanza di latino e
greco e così decisi di scegliere di
frequentare una scuola dove, ac-
canto allo studio delle materie let-
terario-filosofiche, venissero ap-
profondite e curate anche le cono-
scenze scientifico-biologiche, che
mi sarebbero servite per i futuri
studi universitari. Ed in effetti la
scelta di iscrivermi al Liceo Scien-
tifico “Empedocle”, è stata per me
vincente e non solo dal punto di
vista strettamente culturale, ma
anche sul piano formativo e uma-
no. Una scelta che rifarei subito e
che mi pento di non avere fatto pri-
ma. Sul piano metodologico e di-
dattico ho trovato professori ecce-
zionali, che ci hanno seguito, gior-
no dopo giorno, con interesse e
zelo, pronti a soddisfare ogni no-
stra esigenza di studio, di apprendi-
mento e di approfondimento, di-
sponibili ed aperti ad ogni richie-
sta. Ciò che mi ha quasi subito sba-
lordito è stato l’entusiasmo nel la-
voro da parte dei professori, ma
soprattutto l’“alleanza“ creatasi tra
insegnanti e studenti finalizzata ad
un apprendimento davvero ecce-
zionale, e che onestamente non
avevo mai trovato nella scuola
pubblica. Una scuola dove non esi-
ste “l’aiutino” o “ la raccomanda-
zione”, dove tutti sono ugualmente
posti nelle condizioni di apprende-
re e andare avanti senza favoritismi
o privilegi. Certo, ho dovuto sgob-
bare il triplo di quanto non fossi
abituato poiché, com’è noto, i ritmi
della scuola sono serrati, con lezio-
ni giornaliere dalle 8.00 alle 14.30,
e pomeridiane, dalle 15.30 alle 1-
8.30, dedicate all’approfondimento
e al consolidamento. La sera la de-
dicavo invece a fare i compiti,
spesso fino alla mezzanotte. Solo e
unicamente studio, senza passeg-
giate, televisione o computer e sen-
za scioperi e vacanze gratuite. E
questo senza sosta per tutto l’anno
scolastico. Ma ne è valsa la pena. E
non lo dico solo per il sudato 100,
ma perché grazie a questo studio
“matto e disperatissimo” ho arric-
chito molto le mie conoscenze, im-
parando anche che niente ci viene
regalato e che qualunque obiettivo
può essere rag-
giunto, purché ci si metta di buona
volontà. Ecco cosa mi ha donato
questa Scuola: una bella lezione di
vita, che sono certo mi servirà so-
prattutto in futuro. Frequentare
l‘Empedocle ha significato anche
conoscere ragazzi seri e motivati
quanto me, fare amicizia con com-
pagni di scuola che ricorderò per
sempre con affetto, ma ha signifi-
cato anche fare simpatiche espe-
rienze extracurriculari, come cono-
scere importanti attori di una fa-
mosa fiction televisiva (I Cesaro-
ni), assistere a rappresentazioni
teatrali e conferenze, imparare a
scrivere articoli su argomenti vari
in un giornale online (partecipando
al progetto Repubblica@scuola),
fare delle belle gare di nuoto. Il
ricordo che porterò per sempre nel
mio cuore è legato alla visita effet-
tuata presso i RIS di Messina, che
mi ha consentito di conoscere dal
vivo le tecniche investigative più
sofisticate oggi utilizzate. Ora spe-
ro che il bagaglio di conoscenze
acquisite durante l’anno possa ser-
virmi a superare i test di accesso
alla Facoltà di Medicina. Questo è
il prossimo e impegnativo obietti-
vo da raggiungere.
Giuffrida Alberto
Alberto Giuffrida Diplomatosi con 100/100
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I l Li ceo Sc ien t i f i co
"Empedocle", fondato dal
Dottore Sergio Pedullà e
dall’Avvocato Giuseppe
Pedullà, con sedi a Messina
e a Catania, si differenzia
dalle altre scuole superiori
perché è indirizzata in
maniera chiara e evidente
all’approfondimento e al
conso l idamen to de l l e
conoscenze dell’ambito
medico e biotecnologico.
Proprio perché il mio sogno
è stato fin da sempre
diventare un medico ho
scelto di frequentare questo
Liceo, in cui le attività
didattiche predisposte ed
attuate prevedono una
particolare attenzione nei
confronti della Biologia,
l’Anatomia, la Fisiologia
Umana, la Chimica e le
Biotecnologie. Discipline
queste che dal prossimo
anno gli alunni avranno
modo di approfondire
maggiormente, grazie ai
nuovissimi laboratori (di
biologia, chimica, fisica e
informatica) da poco
allestiti. La scuola inoltre
organizza percorsi didattici
po me r id i an i d i t i p o
extracurricolare, dedicati
all’approfondimento e al
conso l idamen to de l l e
conoscenze, delle abilità e
delle competenze maturate la
mattina. Proprio grazie a
tutto ciò sono riuscito ad
acquisire un buon bagaglio
culturale, che spero possa
darmi maggiori opportunità
per superare il test di
ammissione alla Facoltà di
Medicina. La scuola rivolge
un’attenzione
particolare anche allo studio
della lingua inglese, ed è
proprio l’area internazionale
il suo punto di forza: basti
ricordare la possibilità per
gli studenti di conseguire il
C I E ( C a m b r i d g e
International A / AS Level),
titolo di studio riconosciuto
a livello internazionale in
d i f f e r e n t i F a c o l t à
universitarie a numero
chiuso del mondo. E
navigando tra i ricordi, forse
il più bello che mi sovviene
è quello della cena di classe
che abbiamo compiuto
insieme ai professori a fine
anno scolastico.Una serata
molto particolare, dove
ancora una volta ho sentito il
calore che questa Scuola mi
ha saputo dare, ma
soprattutto sono riuscito a
sentire lo spirito di famiglia
che ho respirato sin dal
primo momento dell’anno
scolastico. Andrea Megna
Andrea Megna Diplomatosi con 100/100
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Ho scelto di iscrivermi al Liceo
Scientifico “Empedocle” perché è
una scuola completa, una scuola che
mette al primo posto il benessere
degli alunni, inteso non soltanto co-
me raggiungimento degli obiettivi
culturali, per il fatto che fornisce
complete conoscenze in tutte le ma-
terie, ma anche come benessere psi-
chico, perché fa capire ai ragazzi che
si è parte importante di un gruppo.
Ho frequentato questo Liceo nella
sede di Messina (a Catania ha sede
nei locali del Sacro Cuore di Gesù).
La scuola, per volere dei suoi due
fondatori, il Dottor Sergio Pedullà e
l’avvocato Giuseppe Pedullà nasce
con una seria e chiara vocazione nei
confronti dell’ambito medico-
scientifico. Durante l’anno, infatti,
noi alunni abbiamo affrontato non
solo discipline come la Biologia o la
Chimica (presenti in tutte le altre
scuole) ma anche argomenti in più,
che hanno spaziato dalla Patologia
alle Biotecnologie Alimentari, dalla
Genetica all’Istologia, approfondi-
menti propedeutici e fondamentali
per il successivo percorso di studi
che vorrei intraprendere all’Univer-
sità. Infatti il mio sogno è quello di
entrare nella Facoltà di Odontoiatria,
il cui accesso è a numero program-
mato. Un sogno che è pertanto molto
difficile da realizzare se non si è ani-
mati da molta motivazione e se non
si è maturata, nel corso degli studi
superiori, una adeguata e specifica
preparazione. Alla fine della mia
esperienza educativa e formativa
compiuta presso il Liceo Scientifico
“Empedocle” sono pervenuta alla
consapevolezza che questa Scuola,
giorno dopo giorno, ha fornito a me
e ai miei compagni gli strumenti di-
dattici e metodologici adeguati per
acquisire una solida e accurata pre-
parazione in ogni campo del sapere.
Questa importante meta è stata rag-
giunta non solo grazie alle lezioni
mattutine, condotte da docenti pro-
fessionalmente preparati e entusiasti-
camente motivati, ma anche nel cor-
so delle preziose ore dedicate alle
attività extracurricolari. Ogni pome-
riggio infatti ciascuno di noi, in base
alle proprie specifiche esigenze e
supportato dagli insegnanti, poteva
approfondire le tematiche che mag-
giormente lo avevano interessato o
consolidare quelle
conoscenze e quelle competenze che
ancora non erano state bene assimi-
late ed interiorizzate. Le ore dedica-
te al potenziamento dell’inglese tro-
vano una precisa giustificazione nel-
lo spirito di carattere internazionale
che anima questo Liceo, che offre
anche l’opportunità di poter conse-
guire il prestigioso CIE (Cambridge
International A / AS Level), prezio-
sa chiave di accesso a molte Univer-
sità a numero programmato del
mondo. La Scuola organizza anche,
in collaborazione col Dipartimento
di Anatomia dell’Università di Mal-
ta, corsi teorico-pratici di Anatomia,
rivolti agli studenti già iscritti in
Medicina e agli stessi medici, spe-
cializzandi o specializzati in Chirur-
gia Generale.
Tanti sono stati i momenti belli e
intensi trascorsi in questa scuola, ed
essi rimarranno per sempre impressi
nella mia mente, come ad esempio
le due gite di istruzione compiute a
Budapest e a Barcellona di Spagna.
Un posto particolare però riserverò
sempre nel mio cuore al dolce ricor-
do del profondo legame che ho in-
staurato con i miei compagni e tutto
il personale della Scuola.
Stefania Marino
Stefania Marino Diplomatasi con 100/100
Pagina 111
Eccomi qui giunta alla fine della
mia carriera scolastica! Stento
ancora a crederci, mi sembra ieri
quando, per la prima volta, varcai
la porta del liceo. Aver finito mi
ha lasciato dentro una sensazione
strana, forse anche un po’ malin-
conica: non so infatti cosa mi a-
spetta in futuro, cosa mi attende
fuori da queste mura che in que-
st’anno ho imparato a conoscere
al meglio ed ad amare. Il mio
quinquennio di studi ha avuto una
svolgimento diverso dal normale.
I miei primi quattro anni di Liceo,
infatti, li ho vissuti a Reggio Ca-
labria, al “da Vinci”. Giunta in
quinto, lo scorso anno, ho deciso
di maturare una decisione di rot-
tura e intraprendere l’ultimo anno
lontana da casa e dai miei affetti,
in una città fino ad allora semi-
sconosciuta, Messina, ma spinta
da un gran desiderio: quello di
migliorare la mia preparazione di
base nell’ambito scientifico, in
vista di quello che considero il
mio più grande obiettivo, accede-
re alla Facoltà di Medicina. Ho
scelto Messina, tra le due sedi che
il Liceo Scientifico “Empedocle”
possiede (l’altra è in Catania
presso all’interno della storica
sede del Sacro Cuore di Gesù),
perché più vicina a casa mia, ma
sapevo bene cosa sceglievo: una
scuola, l’Empedocle, diversa dal-
le altre, che mi garantiva un rap-
porto stretto e proficuo con i pro-
fessori e quindi la possibilità di
approfondire al meglio ogni ma-
teria.
Ho incontrato un ambiente scola-
stico speciale e delle persone che
mi hanno aiutato fortemente lun-
go questo cammino difficile, dai
docenti ai Fondatori della Scuola,
il Dottor Sergio Pedullà e l’Avvo-
cato Giuseppe Pedullà. Posso si-
curamente dire che il Liceo Em-
pedocle, quindi, mi ha arricchito,
e non solo culturalmente. Non mi
sono pentita affatto di questa de-
cisione, e adesso ricordo con im-
menso piacere tutte le attività
“extra” compiute
qui durante l’anno: le lezioni
multimediali, le attività pomeri-
diane di approfondimento e con-
so l idamento , i l proget to
“Repubblica@ scuola”, con cui
ho avuto un primo approccio se-
rio e sistematico con il mondo
della scrittura e dell’analisi gior-
nalistica. Gli orizzonti del Liceo
fanno inoltre riferimento all’area
internazionale, grazie ad accordi
particolari stretti con l’Università
di Cambridge, che danno l’op-
portunità di conseguire la certifi-
cazione CIE, riconosciuta in mol-
te Università a numero chiuso nel
mondo. Adesso che la scuola è
finita, come già detto, ho un solo
obiettivo e voglio riuscirci impe-
gnandomi al 100%, dando tutta
me stessa! La mia volontà di di-
ventare un medico, magari pedia-
tra, è molto forte: queste due sta-
gioni trascorse qui a Messina non
hanno fatto altro che cementifica-
re questo mio desiderio, renden-
dolo vivo più che mai. Ho sudato
tanto sui libri e sacrificato molte
attività in nome di questa ambi-
zione e adesso non voglio fallire.
Martina Chiara Pascuzzi
Martina Chiara Pascuzzi Diplomatasi con 100/100 e Lode
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Ma t u r a i l a d e c i s io n e d i
intraprendere l’ultimo anno della
mia carriera scolastica presso il
Liceo Scientifico “Empedocle”,
quando tocca i con mano
l’efficienza organizzativa e la
qual i tà de l le r i sorse che
contraddistingue questa Scuola.
Infatti, nonostante questo sia stato
il mio primo anno da studentessa
in questo Liceo, già l’estate scorsa
ebbi modo di frequentare il corso
di preparazione per l’accesso alle
Facoltà universitarie a numero
programmato. Capii subito che era
questa la scuola adatta a me e così,
dopo aver superato una prima
selezione, ad agosto mi presentai
per affrontare un esame articolato
in una parte scritta e una orale.
Ricordo ancora la tensione e
l’emozione provata quella mattina,
l’agitazione, il timore di non
potercela fare. Dopo qualche
giorno seppi, invece, di essere stata
ammessa. Fu così che la paura si
trasformò in gioia e dal 13
settembre tale sensazione mi ha
accompagnato, giorno dopo giorno,
nel corso di tutto l’anno scolastico.
Non potrò mai dimenticare l’affetto,
la comprensione e la straordinaria
umanità che hanno contraddistinto
tutti i membri della scuola: dal
corpo docente e amministrativo a
coloro i quali hanno reso possibile
tutto questo: il Dottore Sergio
Pedullà e l’Avvocato Pedullà.
Lo studio intenso e impegnativo
che mi ha visto protagonista negli
ultimi mesi è stato fondamentale
perché ha favorito la mia crescita e
la mia maturazione a livello globale.
Infatti il percorso di studi che
caratterizza il Liceo Scientifico
“Empedocle” è stato appositamente
programmato per incrementare e
potenziare le conoscenze tanto in
campo scientifico quanto in ambito
umanistico, allo scopo di fornire
una preparazione completa e
approfondita specie a tutti coloro i
quali, come me, desiderano superare
il test di ammissione alle
professioni medico-sanitarie.
Questa Scuola inoltre valorizza le
attività di tipo curricolare svolte al
mattino con appositi percorsi
d i d a t t i c i e x t r a c u r r i c o l a r i
pomeridiani, che
hanno lo scopo di consolidare e
approfondire le conoscenze e le
competenze maturate. Fin da
quando ero bambina, sognavo di
diventare un medico e adesso, a
circa un mese dal giorno più
importante della mia vita, mi sento
in dovere di dare un consiglio a
tutti coloro i quali desiderano
compiere una scelta simile alla
mia: nessuno di noi è in grado di
prevedere quanto accadrà in
futuro: esso infatti è un grande
mistero. L’unica arma che
possiamo utilizzare a nostro
vantaggio è sfruttare nel migliore
dei modi gli strumenti che
possediamo, spendere tutte le forze
e le energie e lottare per la
realizzazione dei nostri sogni. Ora
che sono giunta alla fine del mio
percorso scolastico, ho maturato la
sicura consapevolezza che è
proprio grazie a scuole come il
Liceo Empedocle, in cui
l’istruzione non è semplice
nozionismo, ma amore e passione ,
che per molti ragazzi il giorno
della selezione per l’ammissione
alla Facoltà di Medicina non sarà
solo un traguardo, ma anche un
trampolino di lancio verso nuove
e d a vv i n c e n t i e spe r i e n ze
educative. Francesca Vizzari
Francesca Vizzari Diplomatasi con 100/100
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“Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco”
Oggi più che mai sento intima e forte
l’esigenza di intervenire per fare gli
auguri di profonda stima ed apprez-
zamento a tutti coloro che hanno col-
laborato per dare
vita ad una testa-
ta che vuole essere
autorevole punto
di riferimento per
chi vive questa
scuola ogni giorno
e lavora con dedi-
zione per raggiun-
gere traguardi
sempre più ambi-
ziosi. Il primo rico-
noscimento è avve-
nuto proprio in
questo primo anno
di vita. L’Associazione Nazionale per
il giornalismo scolastico, nell’ambito
del monitoraggio sul giornalismo sco-
lastico ha individuato proprio nella
nostra attività redazionale il raggiun-
gimento di livelli di eccellenza tali da
meritare il riconoscimento del Diplo-Diplo-Diplo-Diplo-
ma di Gran Meritoma di Gran Meritoma di Gran Meritoma di Gran Merito e la candidatura
all’assegnazione del Premio Nazionale Premio Nazionale Premio Nazionale Premio Nazionale
“Giornalista per 1 giorno” 2010/2011.“Giornalista per 1 giorno” 2010/2011.“Giornalista per 1 giorno” 2010/2011.“Giornalista per 1 giorno” 2010/2011.
Ciò dimostra che la forza delle idee e
dell’impegno unitamente all’entusiasmo
che ha animato tut-
ti coloro che hanno
contribuito a que-
sto primo impor-
tante riconoscimen-
to, prevalgano e so-
no determinanti.
Il nostro è un gior-
nalismo serio, di ti-
po investigativo, a
volte coraggioso,
che fa bene alla
Scuola e a chi è at-
tento alle proble-
matiche che atta-
nagliano la società civile; È la VOCE di
una Scuola che si propone di abbattere
tutti quegli steccati per superare i limi-
ti dettati dall’ignoranza e dall’assenza
di un confronto di quelle idee vive e
fervide, ricche di quell’entusiasmo che
anima i Nostri ragazzi!
È un esempio di come si può e si deve
Pagina 114
fare il giornalismo: promuovere spunti
di riflessione che permettono al lettore
di farsi una propria idea delle vicende
rappresentate (su temi come la legali-
tà, la sicurezza, il lavoro e la tutela
ambientale), senza oscurare la fanta-
sia e l’autenticità dei redattori che
lavorano in modo autonomo e libero.
Sarò sempre a fianco di tutti coloro
che hanno collaborato per la realizza-
zione dell’iniziativa!
Certo, l’entusiasmo ha avuto un ruolo
fondamentale; ma c’è dell’altro.
A due giovani Empedoclini DOC come
me, prima di me (l’Avv. Giuseppe Pe-
dullà e il Dottore Sergio Pedullà), vo-
gliosi di spendersi per far crescere nel-
la coscienza dei ragazzi che desidera-
no frequentare questa nuova e unica
realtà (espressione di sentimenti di so-
lidarietà, altruismo, generosità, legali-
tà, giustizia) e attenti a dare un vali-
do contributo nel campo dell’istruzio-
ne, della formazione e dell’informazio-
ne, non potevo dire no nel momento in
cui mi hanno proposto di impegnarmi
nella costruzione della Scuola Empedo-
cle, nell’inseguire questo sogno poi re-
alizzato. L’uomo poi, si sa, resiste a
tutto, tranne che alle tentazioni, quin-
di.
Un ulteriore stimolo inoltre è giunto
nel corso del tempo dalla determinazio-
ne contagiosa dei miei Ragazzi, da quel
desiderio di sana competizione che ani-
ma tutte le iniziative presentate in
questi pochi ma intensi anni, non ulti-
mo, dalla necessità di partire alla pari
con le altre realtà scolastiche locali pre-
senti nel mondo dell’istruzione di Mes-
sina e Catania.
Questo giornale vuol essere punto di ri-
ferimento irrinunciabile sia per chi vi-
ve il nostro Liceo, sia per chi è distante
con il corpo, ma non di certo con la
mente e per quanti, ancora, non cono-
scono la vitalità e il cuore pulsante del
Liceo Scientifico Empedocle.
Non si può che assistere con piacere al-
la nascita di una nuova realtà nel pa-
norama dell’informazione scolastica
italiana. A maggior ragione se questa
nuova voce – ed è il caso di “Rizómata”
– si pone un obiettivo ambizioso, ma
quanto mai nobile e necessario. Far co-
noscere la Nostra Scuola e parlare di
Cultura. E ancora a maggior ragione,
questa nuova VOCE “prenderà forma”
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e si confronterà anche attraverso uno
strumento, il web giornale, che sarà
presente sul nostro sito
www.scuolaempedocle.it e su Albo-
scuole, Associazione che in segno di ri-
conoscenza per l’impegno profuso ha
ospitato la Scuola a Chianciano nei
giorni 6, 7 e 8 aprile per la premiazio-
ne della nostra realtà come espressio-
ne di eccellenza nel panorama scola-
stico nazionale.
La nostra è una Scuola costruita sulla
condivisione, sul pluralismo, sulla par-
tecipazione, sull’osmosi tra storie e i-
dentità diverse che hanno necessità di
quel dialogo costruttivo, continuo e co-
stante con il mondo circostante. È que-
sta la chiave del futuro, quella che la
Scuola deve assumersi nell’onere di di-
segnare e costruire l’Italia di domani.
Voglio ringraziare innanzitutto il
Dottore Sergio Pedullà (Presidente del
Consiglio di Amministrazione), l’Av-
vocato Giuseppe Pedullà (Direttore Ge-
nerale) per l’opportunità, la fiducia e
l’amicizia che non ho sentito mai ve-
nir meno; Esprimo sentimenti di affet-
to per le Persone a me più vicine, Ma-
ria, Rosalba, Emanuele. Con loro ho
condiviso questi anni ricchi di impegno
seguito dal conseguimento di grandi
successi. Un pensiero di gratitudine va
alla Prof.ssa Grasso e alla Prof.ssa A-
mata, Caporedattori di Rizómata, e a
tutti i Docenti e collaboratori che con-
tribuiscono alla crescita della Scuola.
Ma il grande merito va riconosciuto a
Voi, miei Cari Allievi che avete saputo
costruire e valorizzare questa realtà,
avete dato lustro alla Scuola Empedo-
cle, mi avete arricchito quotidiana-
mente e rappresentate la linfa vitale di
questa Istituzione. A Voi che mi avete
insegnato che “Educare non è riempire “Educare non è riempire “Educare non è riempire “Educare non è riempire
un secchio, ma accendere un fuoco!”un secchio, ma accendere un fuoco!”un secchio, ma accendere un fuoco!”un secchio, ma accendere un fuoco!”, a
Voi che ci permettete di guardare il fu-
turo con fiducia. Devo tutto a Voi!
"Siate sempre un mezzo per la diffusio-
ne di lealtà, onestà, verità e coraggio" e
portate sempre con voi un messaggio di
solidarietà e altruismo senza dimenti-
care che solo l’impegno vi consegnerà
la chiave del successo.
Non resta che augurarVi buon viaggio.
Maurizio Scarmozzino Maurizio Scarmozzino Maurizio Scarmozzino Maurizio Scarmozzino
IBIS
`xáá|Çt`xáá|Çt`xáá|Çt`xáá|Çt VtàtÇ|tVtàtÇ|tVtàtÇ|tVtàtÇ|t Redazione Rizômata
Tel. n. 0903710859
Fax: 0908967872
E-mail: [email protected]
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