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Un Imperatore Medievale con idee moderne Un’idea moderna di un Imperatore Medievale

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Un Imperatore Medievale con idee moderneUn’idea moderna di un Imperatore Medievale

ISTITUTO COMPRENSIVO DI PATERNOANNO SCOLASTICO 2006/2007

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INDICE

Premessa.................................................…..................................................…….3

Una nascita miracolosa ed insperata…………………………………………..…5

Un’adolescenza “scostumata”...............…………………...........................…….6

Federico allo specchio ........................................................…………...…....…..7

Un federalismo che viene da lontano……………………………………………9

Bianca Lancia…………………………………………………………………..11

Pier delle Vigne………………………………………………………………...12

“Papa e Imperatore, uniti solo nell’intento di voler guerreggiare tra loro”…….15

“Morirai sub flore”………………………………….…………………………..17

Bibliografia……………………………………………………………………..18

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Premessa

“Nel passato troverai il futuro”

L’identità culturale europea è condizionata in parte rilevante dal Medioevo, da quell’età di mezzo, che sta tra l’antichità classica, altra base della nostra identità europea, e l’età moderna.Ed è proprio nel Medioevo che incontriamo Federico II “il primo europeo di mio gusto”(F.Nietzsche), “il primo uomo moderno sul trono”(J.Burckhardt), “il più europeo degli Imperatori” o semplicemente un uomo del Medio Evo con idee moderne e con visioni che furono una sfida ai suoi contemporanei.Federico II è stato il primo monarca ad avere una visione Europea moderna: una Europa di nazioni con identità culturali diverse e peculiari, organizzata intorno ad un progetto politico superiore comune. Tutti gli Stati del Continente avrebbero dovuto unirsi in una Federazione guidata dall’Imperatore, ma nella quale ogni nazione conservasse la propria autonomia e i propri organi di governo, a cominciare dai sovrani. Qualcosa di simile agli Stati Uniti D’Europa in pieno XIII secolo. Kantorowicz definisce questo progetto “Impero e tuttavia Nazioni”. Una visione molto simile a quella che ebbe ad esprimere Charles De Gaulle nel 1950, settecento anni più tardi. Questa è la ragione per la quale l’Unione Europea considera Federico II un suo ideale “fondatore”.E ancora, il suo gene normanno( pragmatico, esploratore, curioso), il gene tedesco ( risoluto, determinato, preciso), la conoscenza di molte lingue e culture, l’amore per le scienze umane, per la poesia, per le scienze naturali, per l’antichità, fanno di lui un uomo di grande apertura mentale.La Corte di Palermo resta tutt’oggi un esempio di tolleranza, di integrazione e interazione culturale, infatti, vi accoglieva ebrei, musulmani d’ogni razza, matematici, astronomi, medici, filosofi e “ideologi” di tutte le ideologie. Vi erano persino gli “eretici” minnesanger (trovatori) tedeschi e albigesi perseguitati dal papa. Senza ombra di dubbio lo possiamo definire un “moderno” Imperatore Medievale anche per i seguenti aspetti:

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nelle Costituzioni di Melfi dettò pagine importanti e innovative per reprimere la violenza contro le donne e difenderle dalle accuse;

tentò più di ogni altro contemporaneo di risolvere molte controversie con la diplomazia senza spargimento di sangue;

lottò per condurre il Papato alle sole competenze morali, premessa per lo Stato di diritto e per sconfiggere ogni forma di integralismo;

seppe concepire l’universalità della cultura all’esclusivo servizio dell’uomo, superando i vincoli che nascevano dal fatto di voler distinguere la cultura cristiana, ebrea, musulmana. Da crociato scomunicato , a Gerusalemme, trasformò una lotta di religione in un confronto tra diverse culture, rendendo possibile un accordo da allora mai ripetuto;

ospitò i Saraceni a Lucera integrandoli nel proprio esercito e nell’amministrazione dell’Impero.

Innovativo anche in campo giudiziario, il sovrano di casa Hohenstaufen pose il criterio di equità al centro del suo impegno ad amministrare la giustizia senza eccezioni di sorta nei confronti di nessuno. Si elevò sempre a difensore dei deboli contro gli usurpatori : difese il pellegrino e il viaggiatore, alla mercè dei banditi e ispettori delle tasse; aiutò il mercante , cui furono confermate le indennità di recupero in caso di naufragio; sostenne il contadino eternamente in difficoltà nel far valere il suo diritto di proprietà o di successione. Nel suo regno Federico offriva pace e sicurezza a tutti. Ma nonostante fosse un principe illuminato si lasciava influenzare da riti magici e profezie, forse in questo è uomo del suo tempo come dice Abulafia “un imperatore medievale”. La profezia più nota, che più d’altre ha impressionato i contemporanei e fatto dibattere gli storici qualificati, è indubbiamente quella secondo cui egli sarebbe morto "sub flore". Heinrich Grundmann dell'Università di Münster, che ha studiato l’argomento, ha concluso che l’imperatore era cosciente del presagio, tant’è che "…non è mai venuto a Firenze pensando che questa sarebbe stata la città della sua morte…". Dal canto suo Patrice Beck, che ha svolto ricerche in Capitanata, ha potuto affermare che "Federico II non sostò mai [nel palazzo di Fiorentino] prima che la morte lo colpisse lì per caso".E’ noto che molti racconti medievali hanno una elevata componente simbolica: ed è proprio da qui che dovrebbe

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iniziare la ricerca. Fra le tante ipotesi, si potrebbe pensare ad una leggenda creata per attribuire all’Imperatore una dimensione umana diversa da quella del condottiero invincibile e onnipotente che nemici e sostenitori, con opposti interessi, gli cucivano addosso. Anche lui, come tutti gli uomini, doveva essere costretto a temere la morte; anzi, la morte doveva essere una parte integrante della sua stessa impareggiabile vita, ricca di tante glorie e soddisfazioni! Accogliendo l’ipotesi, a noi piace cullare questo nuovo mito, riferito a Federico II; e vedere in lui, fra gli aspetti più affidabili ed importanti della sua poliedrica personalità, un uomo che visse mezzo secolo ritenendo di conoscere il proprio infausto destino, senza poter fare assolutamente nulla per poterlo evitare: una bella maledizione!

Una nascita miracolosa ed insperata”

Era il 26 dicembre dell’anno 1194, la giornata era bigia e fredda. Il vento soffiava implacabile e gelido sulle povere case di Iesi, cittadina di origine romana, poco distante da Ancona.A tratti un pallido sole, tenace e caparbio, tentava di far filtrare i suoi deboli raggi, dirigendoli tra le fitte nuvole, per rischiarare quel grigiore e mitigare quel gelo che

attanagliava tutto. Proprio quel giorno giunse nella piazza della cittadina, l’Imperatrice Costanza D’Altavilla. Era diretta in Sicilia, suo Regno, per raggiungere il marito Enrico VI. Non era certamente un evento di ordinaria amministrazione ospitare un’imperatrice! E tutti gli abitanti di Iesi e dintorni accorsero a salutarla, accogliendola come si conviene ad una regnante. Tanto più che Costanza era in procinto di dare alla luce un bambino. E proprio nella piazza di Iesi, sotto una tenda da campo alzata in tutta fretta dai propri soldati, alla presenza delle

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nobildonne della città, l’ imperatrice partorì un bambino bellissimo a cui venne dato il nome di Costantino. Data l’età avanzata dell’imperatrice Costanza, quarant’anni erano tanti per l’epoca, molti non credevano alla sua tardiva maternità. Per questo motivo venne allestito un baldacchino al centro della piazza, dove Costanza partorì pubblicamente, al fine di fugare ogni dubbio sulla nascita del futuro Imperatore.Ma il mago Merlino l’aveva predetto:”sarà una nascita miracolosa ed insperata e nascerà un bambino forte e coraggioso, quasi come un leone”.Anche il cantore Pietro da Eboli e il maestro Goffredo da Viterbo avevano predetto al Re Enrico VI che il proprio figlio avrebbe posseduto lo scettro di un grande Impero ed avrebbe dominato il mondo. Ma, come si conviene ad una nascita così importante, ad un evento quasi da favola, altri maghi “cattivi” avevano predetto avvenimenti funesti e avevano parlato di questo bambino come del futuro castigatore del mondo, come colui che avrebbe portato confusione e distruzione. Il giorno del battesimo, il nome di Costantino fu mutato in quello di Federico Ruggero, cioè quello di entrambi i nonni.

Marco Quagliano

Un’adolescenza “scostumata”

Figlio di un’anziana donna e di un uomo che morì a soli 33 anni, rimasi orfano di tutti e due i genitori a soli 4 anni. Mia madre, però, ebbe il tempo di incoronarmi re di Sicilia, e mi affidò a papa Innocenzo III. Curatore della mia educazione fu Gualtiero di Pagliara, vescovo di Troia. Ben presto però tutti i suoi progetti andarono delusi. L’occupazione germanica di Marcovaldo di Anwailer impose alla Sicilia un periodo di enormi difficoltà economiche e sociali. Così, nessuno ebbe la possibilità di prendersi cura di me, e per molti anni rimasi libero di fare quello che volevo. Mentre trascorrevo i miei anni a vagabondare per le strade con gli amici della Vucciria, facendo grande uso di parolacce e di abitudini scostumate, si avvicinava il momento in cui avrei preso in mano le redini del mondo. I miei luoghi preferiti erano i bassifondi e la zona del porto, in una Palermo povera e conflittuale. Solamente poche

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famiglie dell’alta borghesia mi accoglievano a mangiare con loro. Vivendo in quelle condizioni osservavo e registravo quello che mi succedeva intorno, imparavo usi, costumi e lingue delle popolazioni che coabitavano nella città, ero circondato da Siciliani, Ebrei, Tedeschi, Normanni. Crescevo forte, robusto, abile con le armi e a cavallo, osservavo la natura, verso la quale maturavo un profondo senso di rispetto. Avevo un amore innato per la cultura. Il contatto continuo con la gente musulmana, che formava un importante parte della popolazione, mi aiutava a conoscere la loro cultura e quella di altri popoli e mi proiettava ben oltre ciò che avevo appreso dai miei precettori, il latino, le scienze naturali, i classici arabi e l’Islam. Maturai un eccezionale spirito e una volontà insofferente verso ogni subordinazione facendo in modo che nelle mie deliberazioni prevalesse la ragione. Queste esperienze, lungi dall’abbattere il mio spirito tenace, mi portarono ad amare il Meridione d’Italia che consideravo la mia unica patria. Ed è proprio lì che scelsi il luogo della mia sepoltura, in quella Palermo che mi aveva visto diventare prima ragazzo, poi uomo e che mi avrebbe custodito da morto come la mia vera culla.

Luisa Vita

Federico allo specchio

Io Federico II, mi sono adoperato più di tutti per l’incontro e la convivenza pacifica, per le culture e per il raggiungimento della pace. Ho avuto una visione laica del mondo e ho lottato per condurre il papato alle sole competenze morali, tentando di risolvere molte controversie con la diplomazia, senza spargimento di sangue. In qualità di

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legislatore nella Costituzione di Melfi ho dettato pagine importanti per reprimere la violenza contro le donne e difenderle dalle accuse. Ho ospitato dotti di tutta la Terra, senza distinzione di razze e di religioni. Ho creduto nell’universalità della cultura ad esclusivo servizio dell’uomo che fosse esso di religione cristiana, ebrea, musulmana. La tolleranza che mi ha contraddistinto nei confronti delle diverse culture può essere spiegata guardando indietro, alla mia adolescenza. Crescendo per la strada, come un qualunque popolano, ho imparato usi, costumi e lingue di varie popolazioni: siciliani, saraceni, normanni, greci, tedeschi ed ebrei. Ma soprattutto ho imparato a rispettarle senza alcuna distinzione. Un’appassionata curiosità mi ha portato nei campi della filosofia, dell’astrologia, della geometria, dell’algebra, della medicina e della storia naturale, amavo intrattenermi in compagnia di astronomi e matematici provenienti da ogni dove. La mia corte era considerata, insieme a Oxford e a Parigi, uno dei centri di studio della matematica dell’Europa latina. Libri rari e strumenti scientifici erano i doni che preferivo ricevere, e un planetario d’argento donatomi dal sultano di Damasco era per me il più prezioso tra tutti i miei beni. Amavo trascorrere molto tempo dedicandomi alla caccia col falco, oltre a praticarla l’ho anche studiata, attraverso una serie di esperimenti, come quando ho voluto scoprire se i falchi si fanno guidare dalla vista o dall’olfatto. La mia corte è sempre stata un crocevia culturale, dove confluivano esperienze diversissime tra loro e un luogo dove letterati e intellettuali trovarono le condizioni favorevoli alla costituzione della “Scuola Siciliana”. Nelle controversie ho preferito risolvere i problemi senza spargimento di sangue, infatti per conquistare Gerusalemme ho avviato una corrispondenza con il sultano d’Egitto e con parole di stima e d’amicizia sono riuscito a trovare l’intesa che cercavo.Guardando alla mia vita passata molte battaglie ho combattuto, alcune vinte, alcune perse, alcune rimandate, ma sempre credendo nell’uomo, nel suo essere unico, particolare, superando i vincoli che nascevano dal fatto di voler distinguere le varie culture, razze e religioni.

Manuela Pierri

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Un federalismo che viene da lontano

Federico II tentò di costruire uno Stato nel senso moderno del termine, a quei tempi era l’unica via per garantire pace e sviluppo. Signorotti e feudatari locali si facevano guerra di continuo, la sola autorità più meno unanimemente

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riconosciuto era quella della chiesa di Roma, un’autorità spirituale che prendeva forza anche dall’esercito astuto e attento del potere temporale.Quando Federico nacque era papa Innocenzo III che per 27 anni lavorò assiduamente ad un solo progetto: assicurare alla chiesa le due chiavi, quella del potere spirituale e quella del potere temporale.Federico, rimasto orfano, ebbe come tutore proprio questo Papa.Fra il papato e l’Imperatore fu un continuo braccio di ferro: Federico fu scomunicato e perdonato più volte, ma non rinunciò mai al progetto di creare uno Stato forte all’insegna del Sacro Romano Impero.Promise di rinunciare alla corona di Sicilia e di fare crociate contro gli infedeli, nella realtà, invece, non soltanto si tenne stretto il regno meridionale, quanto stipulò patti con il sultano e con gli emiri egiziani e siriaci, rimettendo in piedi il regno di Gerusalemme e assumendone la corona grazie al matrimonio con Iolanda di Brienne.

Come si concilia la geopolitica federiciana con il federalismo d’oggi?

Lo Stato accentratore in quel secolo era una necessità. L’esistenza di una miriade di regni, principati, baronati e comuni s’accompagnavano a lotte sanguinose e senza fine. Le vittorie non erano mai definitive cosi’ come le sconfitte. La costruzione di uno Stato imposto a tutti avrebbe sì limitato l’autonomia politica di popoli e genti, ma avrebbe consentito alcune vere libertà e avrebbe sancito la necessaria divisione fra il potere politico e quello delle Chiesa. Federico fu addirittura sospettato di eresia perché esercitava tolleranza nei confronti delle altre religione. La corte di Palermo resta a tutt’oggi un esempio di tolleranza, ma soprattutto di integrazione e interazione culturale. Se ancora oggi sopravvivono resistenze nei confronti dei “diversi”, è facile immaginare lo scandalo di una corte che accoglieva ebrei, musulmani di ogni razza e matematici, astronomi, medici , filosofi e “ideologi” di tutte le ideologie. C’erano perfino gli “eretici” minnesanger (trovatori) tedeschi e albigesi perseguitati dal papa.Le costituzioni legislative e gli ordinamenti amministrativi, frattanto, gettavano le basi di una moderna monarchia.

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Affianco ad un “assolutismo” politico, Federico diede vita ad una “repubblica” delle scienze e del pensiero. E cos’è l’autonomia di un popolo se non il rispetto per le tradizioni e per la cultura? Anzi, un’autonomia di tipo politico- amministrativo non significa granchè se vengono cancellate tradizioni culturali omologando i comportamenti a quelli di altre genti altrettanto “autonome” e altrettanto “schiave” di modelli socio-culturali estranei.Quando Federico II mori’ a Castelfiorentino, si spense il sogno politico ma restarono in vita le sue leggi. Un esempio? Le disposizioni che regolamentava la professione medica. Il medico doveva garantire all’ ammalato due consulti al giorno e, se necessario, uno di notte.Il medico doveva prestare gratis la propria opera ai poveri. Tutti potevano diventare medici : anche le donne.La legislazione emanata da Federico per la sanità fu senza precedenti e d’esempio per il futuro.Come senza precedenti fu il rispetto e alla curiosità intellettuale che nutriva per le diverse culture, per le diverse tradizioni e per i popoli coi i quali venne a contatto.

Valeria Logiuarato

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Bianca Lancia

Un pomeriggio di profonda tristezza, Federico si trovava nella torre dell’Imperatrice e ripensava alla sua Bianca, morta inseguito al suo insano gesto. Nella sua testa sentiva rimbombare un grido straziante: “sono innocente, sono innocente…

Cara Bianca,ti scrivo questa lettera per chiederti perdono. Sei stata la donna che ho amato più di tutte, e che è riuscita a conquistare veramente il mio difficile cuore. Ti ho rinchiusa in una torre del castello per colpa della mia gelosia e ho dubitato che Manfredi fosse mio figlio, ma ora so di aver sbagliato. Nostro figlio ha il tuo splendido sorriso, ma ha gli stessi miei occhi, lo stesso mio sguardo, e non so come abbia fatto a dubitare che non fosse mio. Ma ora tu non ci sei più, e io non posso più rimediare, posso solo continuare ad amare te nei nostri figli. Quando ho compiuto il malsano gesto di rinchiuderti nella torre, la tua sensibilità ti ha portato a un atto terribile, spaventoso,inconsulto. Non ho capito in vita quanto fossi degna del mio incondizionato amore, ho dovuto assistere al tuo suicidio perché fossero annientate tutte le mie diffidenze. Ma quanto ci è costato…..

Manuela Pierri

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Pier delle Vigne

[…] Io son colui che tenni ambo le chiavi del cor di Federigo, e che le volsi,serrando e diserrando, sì soavi,

che dal secreto suo quasi ogn’uom tolsi:fede portai al glorioso offizio,tanto ch’i’ ne perde’ li sonno e’ polsi.

La meretrice che mai da l’ospiziodi Cesare non torse gli occhi putti,morte comune e de le corti vizio,

infiammò contra me li animi tutti;e li ‘nfiammati infiammar sì Augusto,

che’ lieti onor tornaro in tristi lutti. L’animo mio, per disdegnoso gusto,credendo col morir fuggir disdegno,ingiusto fece me contra me giusto.

Per le nove radici d’esto legnovi giuro che già mai non ruppi fedeal mio segnor, che fu d’onor sì degno.

E se di voi alcun nel mondo riede,conforti la memoria mia, che giaceancor del colpo che ‘invidia le diede.[…]( Inferno, canto XIII 58-78)

L’amico traditoreIo, Federico, sono stato tradito da molte persone, specialmente da chi meno me l’aspettavo. Non posso vantare molti amici di cui fidarmi, l’unico che consideravo un vero fratello era Pietro, ma anche lui si dimostrò uguale al resto degli uomini. Mi piaceva il suo dotto eloquio, la capacità di

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scrivere coniugando le situazioni con le conoscenze giuridiche, di interpretare con facilità le problematiche più complicate, siano state esse religiose, politiche, economiche o sociali. In breve tempo divenne il mio più stretto collaboratore, colui che mi rappresentava nelle missioni diplomatiche più delicate, addirittura lo nominai Logoteta del Regno di Sicilia, nientedimeno che, colui che era deputato a sostituirmi durante le mie ripetute assenze Lo stimavo come un brav’uomo, il suo sogno era quello di ottenere un incarico universitario, di diventare un insegnante dotto e rispettato, di condurre, tutto sommato un esistenza tranquilla.. Ma il destino gli aveva riservato un diverso avvenire. Persi la fiducia in lui quando scoprii che fu proprio lui a capeggiare i guelfi nell’attentato del 1249. ebbe un ruolo fondamentale, perché su ordine del Papa, Innocenzo IV, avrebbe convinto il medico di corte a somministrarmi una pozione avvelenata.Ma commise l’errore di avere avuto “familiare colloquio” con il Pontefice senza mettere al corrente di ciò i suoi complici che, temendo in un suo voltafaccia, lo tradirono.Non solo. Alcuni a corte mi avevano riferito di sue presunte ruberie sia a danno della corte che di alcuni miei nemici, che aveva perseguitato e privato dei loro beni. Tutto ciò era inammissibile nel mio Regno, dove la giustizia era venerata religiosamente come il fondamento dello Stato.La colpa di Pietro, che dimostrava di comportarsi alla stregua di qualunque funzionario poco scrupoloso, era tanto più grave in quanto era stato lui a dettare le leggi, a sollecitare il loro rispetto, a stabilire le pene per i trasgressori. Considerando io il tradimento come l’onta più ignominiosa di cui un uomo che si voglia chiamare tale, si può macchiare, l’ho punito come un delinquente, incarcerandolo a vita.

Valeria Lagreca

La storia di PietroNacqui a Capua nel 1190. Mi trasferii quando ero giovanissimo a Bologna per frequentare le scuole di diritto. Il mio sogno era quello di diventare un insegnante esperto e rispettato, però il destino mi riservava un altro futuro. Finiti gli studi ebbi la fortuna di conoscere Federico II, e fui chiamato a corte e mi fu proposto un incarico nella

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cancelleria. All’ Imperatore piaceva il mio modo di essere istruito. Dopo divenni ministro di corte e vice durante le ripetute assenze di Federico. Dopo anni di vita pubblica, io, noto per aver condotto una vita dispendiosa, potei godere di enormi ricchezze, le quali mi avevano procurato l’ invidia dei colleghi che sollecitavano i dubbi dell’ Imperatore.Nel 1247, ormai circa cinquantasettenne, il mio desiderio era quello di concludere la mia carriera, quando, una notte di febbraio, mentre mi trovavo a Cremona, fui arrestato dalle guardie imperiali e fui rinchiuso nel castello di Borgo San Donnino come colpevole di un gravissimo delitto. Dopo una breve dimora in detto castello, fui trasferito nella più protetta Rocca di San Miniato. Qui fui tenuto per alcuni giorni finché si presentarono a me tre sinistri aguzzini i quali mi accecarono. Il supplizio non era terminato, era probabile che le guardie imperiali si preparavano ad esporre al pubblico il vecchio Logoteta, quando fui io a porre fine ai tormenti. Mentre mi trasferivano a cavallo dalla Toscana verso un’ oscura destinazione, riuscii a raccogliere le poche energie rimastemi e, superata con uno slancio la testa dell’ animale, mi buttai all’ ingiù. Un salto che in condizioni normali non avrebbe creato alcun danno, però battei il capo su una roccia, morendo all’ istante. Io sono stato vittima dell’ invidia dei contemporanei, sommerso dagli inevitabili odi che si erano cumulati a carico di un uomo potente, braccio destro dell’Imperatore, causa o comunque esecutore di provvedimenti poco graditi da personaggi forti, capaci di coagulare il dissenso e di promuovere sordide vendette. Fui accusato ingiustamente di aver preso parte al fallito attentato a Federico del 1249 voluto dai Guelfi, ove non addirittura da Innocenzo IV. Il mio ruolo sarebbe stato fondamentale perché, su ordine del Papa, avrei dovuto convincere il medico di Corte ad avvelenare l’ Imperatore, somministrandogli una pozione mortale. A mettermi nei pasticci sarebbero stati i miei compagni che mi accusarono di avere avuto un familiare colloquio con il Papa senza che loro fossero presenti. Giammai mancai nella fedeltà al mio signore, pagai lo scotto di chi per tale “glorioso offizio” perdette “li sonno e’ polsi”.

Miriana Notarfrancesco

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“Papa e Imperatore, uniti solo nell’intento di voler guerreggiare tra loro”

Federico II era un vero cattolico ? Federico II e il papa erano veramente amici ? Come si comportò verso la Chiesa?Perché fu scomunicato più volte?

Sulla reale fede di Federico II, molto si è discusso e si continuerà a discutere. Da un uomo razionale, che ha sempre dimostrato di voler attribuire uguale dignità a tutte le religioni, non è lecito attendersi particolari manifestazioni di solidarietà per il cattolicesimo. Non fu un “laico” nel significato attuale del termine, ma lottò per condurre il Papato alle sole competenze morali. Secondo alcuni storici Federico II aveva tradito la Chiesa, fu un ingrato, dopo essere stato allevato e protetto nel suo “seno”, quindi i rapporti con il Papa non erano proprio rose e fiori: infatti fu scomunicato più volte…….

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Per comprendere meglio i rapporti di Federico con il Papato è necessario tracciare il profilo di questo grande personaggio…. Federico, non aveva nulla del carattere mistico e intollerante di molti uomini della sua epoca. Aveva una cultura vastissima, conosceva sei lingue, amava proteggere gli artisti, era poeta egli stesso e alla sua corte ministri e consiglieri si intrattenevano con lui facendo gare di poesia e discutendo di arte, di filosofia e di matematica. Sebbene fosse imperatore germanico, amava la Sicilia, molto più dei territori del nord, che conosceva a malapena. Proprio in Sicilia le tracce della presenza Araba erano ancora fortissime ed egli aveva imparato a rispettare e ammirare quella grande civiltà, culla di scienziati, poeti e studiosi. L’ idea di crociata era del tutto estranea alla sua personalità e alle sue convinzioni. Ciò nonostante fu costretto a partire per la Terra Santa, ma impresse alla sua crociata, un carattere davvero insolito: alla violenza delle armi sostituì il linguaggio sottile della diplomazia e riuscì a firmare con il sultano d’Egitto un trattato che garantiva per dieci anni il libero accesso dei pellegrini cristiani al santo sepolcro. Gregorio IXGiunto in Terra Santa, potè addirittura farsi incoronare re di Gerusalemme. Il patto con gli infedeli, però, fu giudicato scandaloso, dal Papa Gregorio IX, sicchè appena tornato in Italia, Federico II dovette affrontare un esercito pontificio che stava per invadere il regno di Sicilia.Da questi eventi ebbe origine la lunga e dura lotta fra Federico e il Papa (ed il suo successore Innocenzo IV). Federico, fu anche bersaglio di congiure papali, che avevano lo scopo di eliminarlo fisicamente e politicamente.La religiosità dell’Imperatore è una religiosità “sui generis” la religiosità di un personaggio il quale, in quanto “unto dal Signore” si ritenne superiore alle leggi della Chiesa, e che

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perseguiva la realizzazione di un impero libero dalle ingerenze della Chiesa, in tempi in cui i Papi volevano il primato assoluto politico e religioso della Chiesa. Il Concilio di Lione(1245) è l’atto che segna la sconfitta di Federico contro i Papi. A onore di Federico va detto che nessuno, prima o dopo di lui, ha avuto la coscienza politica della insanabile divergenza fra Stato e Chiesa e la coerenza programmatica di portare lo scontro fino in fondo.

Margherita Mazzei

“Morirai sub flore”

Oggi, 13 dicembre del 1250, il nostro imperatore Federico II è morto. Poche ore fa, egli si trovava a Foggia, dalla quale si era allontanato per andare a caccia. È stato costretto a fermarsi a Fiorentino perché colto da un forte attacco di febbre, forse causata da una infezione intestinale mal curata. E’ stato portato in una delle torri del castello, accasciato sul suo meraviglioso letto a baldacchino. Mentre giaceva febbricitante, si è ricordato della predizione che gli

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era stata fatta, cioè che sarebbe morto presso le porte di ferro, in una città il cui nome si componeva con la parola fiore.Federico II ha dato ordine di esaminare i muri della torre in cui giaceva ammalato scoprendo che proprio davanti ai suoi piedi, nello spessore della parete, si trovava una porta in ferro, murata tanti anni prima. Era giunto il momento della sua fine. Le parole dell’Imperatore sono state:”Questo è il luogo della mia fine, come mi era stato predetto; sia fatta la volontà di Dio. Qui terminerò la mia vita.” Per prepararsi al momento ha indossato, in segno di penitenza, il saio grigio dei monaci Cistercensi, e ha lasciato ordine di non far celebrare funerali solenni.Ed è così, che si è addormentato in un sonno lungo, lunghissimo, dal quale non si sarebbe svegliato mai più.

Rossella Logiurato

Bibliografia

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David Abulafia, Federico II Un Imperatore Medievale, Einaudi Tascabile

Federica Fastelli, Federico II L’Imperatore e il mito, Giunti

Montanelli-Gerbasio, Storia D’Italia, Fabbri Editori

Anna Maria Calabrese, Magia di una storia, Erreci Edizioni

Sitografia

www.stupormundi.itwww.Wikipedia.org

SCHEDA TECNICA

Il lavoro di approfondimento su Federico II ha voluto promuovere negli alunni le seguenti abilità:

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cogliere le caratteristiche e gli aspetti principali della vita di Federico II e della sua opera di uomo politico innovatore e precursore dei sovrani moderni;

interpretare e rielaborare informazioni ricavate da manuali, Internet, testi letterari;

elaborare dei testi nei quali la figura di Federico II e le tappe della sua esistenza vengono riscritte, con particolare attenzione a quegli aspetti che lo resero un uomo ed un sovrano innovatore.

Fasi di lavoro:1. l’insegnante chiarisce i motivi della scelta del personaggio,

definisce i limiti cronologici del fenomeno da studiare, pone alcuni problemi, spiega i concetti chiave e il significato di eventuali termini non conosciuti dagli alunni.

2. A ciascun alunno viene assegnato il compito di approfondire un aspetto principale della vita di Federico II e della sua opera di uomo politico innovatore e precursore dei sovrani moderni.

3. Ogni alunno individua nel manuale e su materiali provenienti da Internet e da testi letterari gli argomenti assegnati, sviluppa una prima lettura di tipo orientativo e due o più successivi passaggi di tipo selettivo, ricava informazioni che riutilizzerà nella fase successiva.

4. Sulla base delle informazioni raccolte, il lavoro si concluderà con la scrittura di un testo narrativo dove gli aspetti presi in esame verranno “riscritti” utilizzando un gioco di ruolo, grazie al quale gli alunni si fingeranno o Federico stesso, o una delle sue mogli, o uno dei suoi figli, o qualche scienziato della sua corte.

Obiettivi raggiuntiOltre a consentire il raggiungimento di obiettivi specifici disciplinari (l’alunno è in grado di produrre testi brevi, ragionevolmente ben costruiti e adatti alle varie situazioni interattive; sa orientarsi nello spazio e nel tempo operando confronti costruttivi fra realtà geografiche e storiche diverse; riconosce le principali caratteristiche linguistiche e comunicative di testi diversi, sa orientare entro i principali generi letterari), l’attività ha permesso che gli alunni si avvicinassero ad un personaggio così lontano nel tempo, ne cogliessero gli elementi biografici, storici, ed imparassero a riconoscerlo e a confrontarlo per quello che di importante ha rappresentato.

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