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Matteo Bugamelli Banca d’Italia Competitività e futuro dell’industria italiana tra recessione e globalizzazione XXXVII Convegno Economia e Politica Industriale, 27 settembre 2013 Stato e prospettive del sistema industriale italiano dopo 6 anni di crisi

Stato e prospettive del sistema industriale italiano dopo ... · Presentazione tratta dal lavoro “Il sistema industriale italiano tra globalizzazione crisi” di A. Accetturo, A

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Matteo Bugamelli

Banca d’Italia

Competitività e futuro dell’industria italiana tra recessione e globalizzazione

XXXVII Convegno Economia e Politica Industriale, 27 settembre 2013

Stato e prospettive del sistema

industriale italiano dopo 6 anni

di crisi

Presentazione tratta dal lavoro

“Il sistema industriale italiano tra

globalizzazione crisi”

di A. Accetturo, A. Bassanetti, M. Bugamelli, I. Faiella,

P. Finaldi Russo, D. Franco, S. Giacomelli, M. Omiccioli

e pubblicato su Banca d’Italia, Questioni di economia e

finanza (Occasional Papers), n. 193 (luglio 2013)

La crisi economica più intensa

dalla fine della Seconda Guerra Mondiale

Indice generale della produzione industriale

Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

• Rispetto al picco raggiunto nel 2007

il PIL è sceso di quasi 9 punti

percentuali;

• a metà 2013 la produzione

industriale risultava inferiore di

circa un quarto al livello pre-crisi

• caduta della produzione molto

intensa anche in settori di

specializzazione

• performance dell’economia italiana

peggiore di quella di altri

principali

paesi europei (Francia e Germania)

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Germania

Francia

Italia

Restanti paesi dell'area dell'euro

Le difficoltà dell’economia italiana

vengono da lontano PIL pro capite

(valore USA=100)

Fonte: Conference Board (2013)

• Modesta crescita media annua PIL

pro capite nel periodo 2001-07: 0,7%

• La flessione produttiva in alcuni

comparti dell’industria è di lungo

periodo

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Italia

Francia

Germania

Spagna

Regno Unito

Produzione di calzature(migliaia di paia)

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Fonte: Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani.

Produzione di elettrodomestici bianchi 1

(migliaia di unità)

10.000

15.000

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Fonte: CECED Italia (Rilevazioni statistiche annuali).

Note: (1) Include elettrodomestici per la cottura, il lavaggio, la refrigerazione.

Perché è importante occuparsi

del settore industriale

Incidenza dell’industria su VA (valori correnti; in percentuale)

Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

• contributo dell’industria fondamentale

per sviluppo economico dal dopoguerra

• in termini di VA e OCC oggi pesa 20%:

in diminuzione come in tutti i paesi

avanzati, ma settore ancora importante…

- 2012: ha prodotto 257 miliardi di VA;

ha occupato 4,7 milioni di addetti

- effettua oltre il 70% delle spese in R&S

del settore privato

- contribuisce per quasi 80% all’export:

ruolo decisivo per i conti con l’estero

- traina settore terziario: 40% del valore

dell’export industriale è VA che viene

dai servizi

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Germania

Spagna

Francia

Italia

Regno Unito

• 2006-07: segnali di ristrutturazione

Difficoltà presenti e passate: esiste

un’unica chiave interpretativa?

Il contesto economico mondiale

è divenuto più competitivo

Dazi all’importazione di prodotti manifatturieri (valori percentuali)

Fonte: Banca mondiale

• Globalizzazione:

- riduzione dazi e restrizioni quantitative al

commercio; smantellamento Accordo

Multifibre

- crescita export cinese: da 1,6% nel 1990 a

11,4% nel 2012 su export mondiale

- effetti quantitativi importanti su

prezzi, profitti e occupazione in Italia

• Integrazione europea/adozione euro:

- maggiore concorrenza nella UE

- impossibilità di recuperare competitività

via svalutazioni

• Aumento costi energetici

- forte aumento della domanda di risorse

energetiche dai paesi emergenti

- 2000-2011: prezzo all’import di gas e

petrolio in EU triplicato

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• Diffusione TIC:

- ha favorito globalizzazione via riduzione costi

di trasporto e comunicazione

- ha sostenuto crescita straordinaria US da fine

anni ‘90

- forte relazione positiva tra investimenti in

TIC e produttività a livello di impresa

Un problema di produttività…

Scomposizione della crescita del PIL pro capite • Produttività del lavoro principale

determinante del PIL pro capite

• Da metà anni ’90 la produttività ha

segnato il passo

• Il peggioramento è evidente in chiave

storica e rispetto ai principali concorrenti…

• …riflette quello della produttività totale

dei fattori (PTF)

• Quindi: focus va sui fattori (interni alle

imprese o di contesto) che influenzano

progresso tecnico ed organizzativo

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Variazione del tasso di dipendenza

Crescita del tasso di occupazione

Crescita del PIL per occupato

Crescita del PIL pro capite

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France

Germany

Italy

Netherlands

United Kingdom

United States

Produttività totale dei fattori

…e di competitività

Conto corrente della bilancia dei pagamenti dell’Italia • Da metà anni ’90 saldo del conto corrente

deteriorato (in pareggio nel 2000; -3,5% nel

2010)…a causa di (prima) riaggiustamento del

cambio dopo le svalutazioni 1992-95 e (poi)

aumento dei prezzi dell’energia

• 2000-08: “insoddisfacente” sviluppo del saldo

dei beni non energ. considerando: domanda

mondiale (interna) dinamica (debole); cambio

favorevole (inizio decennio)

• Perdita quote di mercato mondiale (soprattutto

vs GER): minore capacità di penetrare mercati

asiatici più dinamici

• Perdita quote di mercato interno

• Squilibrio ridotto nel 2011-12 per forte

contrazione importazioni

Fonte: Banca d’Italia e Istat

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Italia

Germania

Francia

Quote di mercato mondiale sulle esportazioni di beni

Fonte: elaborazioni su statistiche nazionali e FMI

Un caveat

• Ai problemi strutturali di competitività appena descritti occorre

aggiungere gli effetti negativi sul prodotto e sulla produzione

industriale di una perdurante debolezza della domanda

interna

• Nello scorso biennio, l’effetto depressivo derivante dalla

contrazione della domanda interna è stato particolarmente forte a

seguito delle tensioni nel mercato del credito e delle manovre

di finanza pubblica

I fattori di competitività

Il costo del lavoro

Costo unitario del lavoro

(indice 1998=100)

Fonte: OECD

• Costo del lavoro: 17% del fatturato dell’industria;

2/3 del VA

• Aumento CLUP dal 1998: ITA +36%; FRA 31%;

media EA 24%, GER 10% → ridurre i salari per

recuperare competitività?

• Tuttavia in Italia:

- indicatori di competitività basati sui prezzi:

quadro migliore (riduzione margini di profitto?)

- redditi da lavoro: si aggiustano al ciclo come in

altri paesi

- dal 1998 dinamica dei redditi reali: in linea con

la produttività

- quota dei redditi da lavoro su VA: in linea con

altri paesi (GER: forte riduzione)

- CLUP non tiene conto di altre fonti di costo

(capitale, input intermedi) e del mark-up.

Comunque andamento riflette soprattutto

produttività

- 1/3 del costo del lavoro è per oneri sociali:

retribuzione netta di un lavoratore dip. medio celibe

senza carichi familiari: 52% del costo complessivo

(58% nella EA).

- retribuzione netta in Italia è inferiore del 15% a BE e

FRA, 30% a GER → ridurre costo del lavoro agendo

su tassazione

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Vi è un ritardo nell’innovazione

e nell’adozione e utilizzo di TIC…

Spesa in R&S nel 2010 • Letteratura internazionale: legame positivo tra

innovazione/R&S/TIC e produttività

• Ritardo innovativo italiano:

- spesa in R&S: 1,3% in ITA contro 2% UE, 2,8

GER

- molte imprese realizzano innovazioni marginali

senza R&S: meno brevetti e fatturato da prodotti

innovativi per il mercato

• Ritardo anche nell’adozione di TIC:

- Fine anni ‘90: ritardo cospicuo rispetto a USA

nell’adozione TIC di base;

- Oggi: ok per TIC di base…

- … ma ITA sempre lontano da nuova frontiera

tecnologica: % più bassa di individui che usano

Internet, minore diffusione del commercio

elettronico, ritardi nella banda larga

Fonte: Banca d’Italia e Istat

Fonte: OCSE

• Ristrutturazione del sistema produttivo

da indagini sul campo (2006-07):

competizione globale richiede di acquisire

potere di mercato (agendo su: R&S, design,

commercializzazione, assistenza post-vendita)

• Imprese ristrutturate: migliore performance

prima, durante e dopo la crisi

…imputabile alla frammentazione

del sistema produttivo…

Imprese con attività di R&S,

per classe dimensionale, 2007-09 • Dimensione media aziendale (2007): 4

in ITA, 13,3 in GER, 6,4 in UE15

• Distribuzione sbilanciata: quota di

occupazione delle imprese con <20 addetti

Italia 2 volte e 1/2 GER; il triplo quella delle

microimprese. Imprese con >250 addetti:

25% occupazione in ITA, 40% in UE, 52%

in GER

• PMI importanti nel passato per sviluppo

economico ITA grazie a flessibilità

organizzativa e produttiva…

• …oggi però hanno difficoltà a innovare,

adottare TIC, accrescere efficienza,

espandersi su mercati dinamici emergenti

Fonte: Eurostat

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Francia Germania Italia Spagna

Totale

10-49 addetti

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oltre 250 addetti

…e a una struttura proprietaria e manageriale

incentrata sulla famiglia…

Quota di imprese a proprietà

e gestione familiare • Nelle economie con più elevata

diffusione di imprese familiari, si

registra minore crescita della

produttività e degli investimenti,

soprattutto nei settori più rischiosi

• Le imprese a gestione

completamente familiare adottano

pratiche gestionali “peggiori”

(gestione accentrata e minor utilizzo di

sistemi di remunerazione individuale

incentivanti)

• Ne risentono negativamente l’attività

innovativa e la capacità di

internazionalizzazione

solo imprese familiari:

imprese di proprietà familiare

CEO di famiglia

management di

famiglia

Francia 80,0 62,2 25,8

Germania 89,8 84,5 28,0

Italia 85,6 83,9 66,3

Spagna 83,0 79,6 35,5

Regno Unito 80,5 70,8 10,4

Fonte: Bugamelli, Cannari, Lotti e Magri (2012). Note: “management di famiglia” è una variabile dummy eguale a 1 se il management dell’impresa familiare è costituito per intero da membri della famiglia proprietaria.

Relazioni tra imprese e distretti industriali

Differenziali di produttività tra SLL

e aree urbane (valori percentuali)

Fonte: Di Giacinto, Gomellini, Micucci e Pagnini (2012)

• ITA: vantaggi dei DI a compensare

svantaggi della piccola dimensione: il peso

delle agglomerazioni nell’industria è 3

volte GER e 10 volte FRA

• Globalizzazione e TIC cambiano le regole:

dall’unbundling locale (tipico dei DI)

all’unbundling globale (tipico delle catene

globali del valore)

• Tre effetti: 1) riduzione dei vantaggi di

produttività delle imprese distrettuali;

2) calo del peso del principale comparto

di specializzazione e crescita del peso delle

aziende più grandi; 3) apertura oltre

l’ambito locale

• Vantaggi dell’agglomerazione non sono

scomparsi: aree urbane

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Sottoperiodo: 2001-2006

Sottoperiodo: 1995-2000

Intero periodo: 1995-2006

Aree urbane

Distretti industriali

Filiere produttive e catene globali del valore

• La produzione di beni finali è sempre più il risultato di lunghe “catene globali del valore”

(Global Value Chains, GVC): accentuata divisione mondiale del lavoro

• La partecipazione a GVC rappresenta una sfida e un’opportunità per PMI intermedie

italiane:

- accesso a mercato più ampio, diversificazione di committenti e mercati

- forte pressione concorrenziale da paesi a più basso costo del lavoro

• Ampia partecipazione delle imprese italiane alle GVC:

- ampio ricorso a beni intermedi importati dall’estero (simile a GER)

- quota fatturato su committenza elevata (= FRA, superiore a SPA e GER)

• Posizionamento rispetto a GER:

- non eccellente: elevato numero di imprese intermedie (più piccole e meno produttive)

più vulnerabili alle fluttuazioni domanda mondiale

- meno diffuse strategie di internazionaz. e accumulazione capitale umano

- tuttavia elevata eterogeneità: alcune imprese intermedie risultano innovative e

internazionalizzate quanto quelle finali

Problemi del finanziamento d’impresa in Italia

Debiti bancari / debiti finanziari

Fonte: Conti finanziari.

• Un sistema finanziario “bancocentrico”

- poco mercato (imprese quotate,

obbligazioni)

- molto credito bancario (soprattutto a

breve termine)

- rapporti con le banche molto frammentati

• Struttura finanziaria delle imprese

- poco capitale di rischio

- scarsa diversificazione delle fonti di

finanziamento

• Due problemi rilevanti per la crescita dell’economia:

1. Scarsa capacità di finanziare l’attività di innovazione

2. Elevata vulnerabilità delle imprese nelle fasi congiunturali negative

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2006 2012

Finanziamento dell’innovazione e vulnerabilità

Prestiti bancari alle imprese (variazioni percentuali sui 12 mesi)

Fonte: Segnalazioni di vigilanza.

1. Le imprese più innovative sono difficili da

finanziare (asimmetrie informative, moral

hazard)

- la scarsa disponibilità di capitale di

rischio è il problema principale

- contribuisce il limitato sviluppo del

venture capital (che potrebbe anche

supportare le capacità manageriali delle

imprese)

2. L’impatto della crisi ha evidenziato forti rischi di rifinanziamento connessi con la struttura

finanziaria delle imprese (molto debito bancario, scarsa possibilità di diversificazione delle

fonti):

- le difficoltà delle banche si sono riflesse in contrazione del credito a più riprese,

soprattutto per aziende finanziariamente più fragili;

- segnali di razionamento anche tra imprese con prospettive di crescita;

- scarsa capacità di sostituire credito con altre fonti (es. obbligazioni)

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Industria manifatturiera

Totale

L’approvvigionamento di energia

• Costi energetici: difficilmente comprimibili (soprattutto per alcuni settori

manifatturieri: metallurgia e minerali non metalliferi); quelli per energia

elettrica superiori del 30% a media UE (prezzi del gas naturale allineati)

• Tra 2003 e 2008 le spese energetiche delle imprese industriali sono

cresciute: +30% (a 22,1 miliardi di euro; 2% del valore della produzione); +32%

per addetto (5mila euro). Con la crisi si sono contratte del 18% all’anno

• Aumenti nel tempo imputabili a:

- andamento prezzo del petrolio: composizione dell’offerta sbilanciata verso

petrolio e gas; forte dipendenza dall’estero

- imposizione fiscale su energia (180 euro per tep in ITA, superiore del 44% a

media UE)

- oneri di sistema legati al supporto delle fonti rinnovabili (10 miliardi nel

2011)

- imperfetto completamento del processo di liberalizzazione dei mercati di

elettricità e gas…(comunque tra i più avanzati in EU)

Indicazioni per la politica economica

Due quesiti preliminari

• La ripresa dell’economia italiana può prescindere da quella del

settore industriale?

La risposta è NO: da un lato per il contributo del settore industriale a

export, innovazione; dall’altro perché una ampia riallocazione (e

riconversione) di risorse (capitale umano e fisico) da industria a servizi

richiederebbe tempi troppo lunghi, con rischio di perdita definitiva di

capacità produttiva

• Il declino del settore industriale è irreversibile?

La risposta è NO: prima della crisi, il sistema industriale italiano ha dato

prova di sapersi ristrutturare; ancora oggi, vi sono forti segnali di

dinamismo (anche in termini di capacità innovativa), soprattutto da parte

delle imprese (spesso di medie dimensioni) esportatrici

Politiche generali:

migliorare la riallocazione delle risorse

• Sistema di ammortizzatori sociali e politiche attive per

il lavoro: rendere più agevole ed efficace la ricollocazione

della forza lavoro tra unità produttive

• Sistema finanziario: maggiore capacità di spostare

capitale verso i progetti imprenditoriali più promettenti

• Aumentare concorrenza nei comparti dei servizi dove

esistono elevate rendite di posizione

• Intensificare lotta a corruzione e illegalità per evitare

che risorse economiche siano sottratte alle imprese migliori

Politiche generali:

ridurre i costi delle imprese

• Per ridurre il costo del lavoro, occorre agire su cuneo

fiscale e contributivo

• Occorre ridurre il costo dell’energia agendo su oneri di

sistema e tassazione

• L’attività di impresa risente inoltre degli oneri (monetari e

non) derivanti da: i) quadro regolamentare complesso e

oneroso; ii) inefficienze della PA e della giustizia civile; iii)

assetto normativo mutevole o incerto; iv) carenze di taluni

servizi pubblici e di alcune infrastrutture

Una politica industriale?

• Ridurre discrezionalità del policy-maker pubblico su

scelta settori e progetti da finanziare (limitata informazione

e rischio di essere preda di interessi corporativi)

• Lasciare che sia il mercato ad allocare le risorse pubbliche

(es: Fondo Italiano di Investimento)

• Definire insieme ristretto di misure di sostegno alle

imprese industriali: mirate, ben definite, attentamente

monitorate e valutate, e, possibilmente, automatiche…

• …rivolte al sostegno dell’attività di ricerca e sviluppo e

dell’internazionalizzazione

BANCA D’ITALIA

E U R O S I S T E M A