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Piano Tecnico delle Opere Relazione archeologica
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Rev. 00
Del 15/09/2018 Pag. 1 di 40
Elaborato Verificato Approvato
Ecoplan F. Pedrinazzi
DTNO-UPRI-LIN
P. Zanni
DTNO-UPRI
a03IO301SR_re02
Questo documento contiene informazioni di proprietà di Terna Rete Italia SpA Gruppo Terna SpA e deve essere utilizzato esclusivamente dal destinatario in relazione alle finalità per le quali è stato ricevuto. E’ vietata qualsiasi forma di riproduzione o di divulgazione senza l’esplicito consenso di Terna Rete Italia SpA Gruppo Terna SpA
Linea AT
T. 919 Ospiate – Rise Sesto
Intervento di connessione in entra-esce in cavo interrato alla linea 132 kV "Ospiate - RISE Sesto" T.919 della CP Vulcano CDS (Città della Salute) nel comune di Sesto
San Giovanni nell'area della Città Metropolitana di Milano
Dott.ssa Paola Di Maio
N. iscr. Mibact 3894
Storia delle revisioni
Rev.00 del 15-09-2018 Prima Emissione
Progetto Definitivo
Piano Tecnico delle Opere
Relazione archeologica
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INDICE
1 PREMESSA ..................................................................................................................................................................... 3
2 DESCRIZIONE DELLE OPERE ............................................................................................................................................ 4
3 METODOLOGIA .............................................................................................................................................................. 6
4 INQUADRAMENTO STORICO – AMBIENTALE .................................................................................................................. 7
4.1 L’AMBIENTE GEOGRAFICO DI RIFERIMENTO ............................................................................................................................... 7 4.2 IL TARDIGLACIALE E L’OLOCENE: IL CLIMA, LE FACIES SEDIMENTOLOGICHE PLEISTOCENICHE ED OLOCENICHE E LE NICCHIE ECOLOGICHE ....... 7 4.3 LE LITOLOGIE SUPERFICIALI DELL’AREA DI SESTO S. GIOVANNI .................................................................................................. 9 4.4 CARATTERI IDROGEOLOGICI DI QUESTO TRATTO DI PIANURA PADANA ............................................................................................ 9 4.5 IL DATO PALEONTOLOGICO .................................................................................................................................................. 10 4.6 INQUADRAMENTO STORICO-ARCHEOLOGICO DEL TERRITORIO .................................................................................................... 10
4.6.1 La preistoria e la protostoria ................................................................................................................................ 10 4.6.2 Età della romanizzazione ed età romana ............................................................................................................. 13 4.6.3 La centuriazione ................................................................................................................................................... 14 4.6.4 La rete stradale in età romana............................................................................................................................. 17 4.6.5 Età medievale e postmedievale ........................................................................................................................... 19
5 SCHEDE SINTETICHE DELLE EMERGENZE ARCHEOLOGICHE E DEI SITI PROSSIMI AL TRACCIATO ................................... 21
5.1 PREMESSA ....................................................................................................................................................................... 21 5.2 SCHEDE ........................................................................................................................................................................... 23
6 ANALISI DELLA CARTOGRAFIA STORICA ....................................................................................................................... 27
7 ANALISI DELLA FOTO AEREA......................................................................................................................................... 32
8 LA RICOGNIZIONE ARCHEOLOGICA .............................................................................................................................. 33
9 VALUTAZIONE DEL RISCHIO ARCHEOLOGICO ............................................................................................................... 33
9.1 SINTESI DELL’ANALISI BIBLIOGRAFICA ..................................................................................................................................... 33 9.2 INDIVIDUAZIONE DELLE AREE A RISCHIO ARCHEOLOGICO ............................................................................................................ 34 9.3 CLASSIFICAZIONE DEL RISCHIO ARCHEOLOGICO RELATIVAMENTE ALLE OPERE PROGETTUALI .............................................................. 35
10 ARCHIVI, BIBLIOGRAFIA, SITOGRAFIA ...................................................................................................................... 36
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1 PREMESSA
TERNA, tramite la società Terna Rete Italia S.p.A., intende realizzare un nuovo raccordo in cavo
interrato per il collegamento della nuova Cabina Primaria (CP) “Vulcano – CDS” in entra-esce
all’elettrodotto 132 kV T.919 “Ospiate - Rise Sesto” all’interno del comune di Sesto San Giovanni (MI).
La presente relazione si prefigge l’obiettivo di effettuare un’analisi archeologica dell’area di progetto.
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2 DESCRIZIONE DELLE OPERE
L'intervento consiste nella realizzazione di:
o un breve collegamento in conduttore aereo tra il sostegno p.8 esistente e il nuovo sostegno
portaterminali p.7T di lunghezza pari a circa 85 m;
o un primo tratto in cavo interrato che si diparte dal suddetto p.7T fino alla nuova CP Vulcano CDS
per una lunghezza pari a 1700 m;
o un secondo tratto in cavo interrato che si sviluppa dalla citata CP fino alla SE Rise Sesto per una
lunghezza pari a circa 970 m;
e, nella contestuale, demolizione dei tralicci p.7, p.6, p.5 e p.4 (il p. 2 non verrà rimosso poiché vi si
attesta anche l’elettrodotto T.920) con conseguente dismissione di un tratto di linea aerea di lunghezza
pari a circa 1565 m.
A valle dei lavori, si avranno due elettrodotti distinti:
T.919 “Rise Sesto - CP Vulcano CDS”;
T.918 “Ospiate - CP Vulcano CDS”.
Brevemente si riporta una descrizione delle opere.
T.919 “Ospiate - CP Vulcano CDS”
Osservando il progetto dal p.7T verso la CP:
1. si prevede l’installazione del nuovo sostegno portaterminali in uno slargo di via Campanella
esterno al PPR Vulcano il detto p.7T, in sostituzione dell'esistente p.7;
2. dal sostegno p.7T, da un lato, si realizza una nuova campata di collegamento in conduttore aereo
con il p.8 esistente e, dall'altro lato, si diparte il cavo interrato seguendo via Campanella (circa 40
m su strada sterrata, dopo su via asfaltata) in direzione est collocandosi sul lato sud della
carreggiata ad una distanza di 70 cm dal marciapiede fino a giungere su viale Italia;
3. sul viale Italia, il cavidotto si sviluppa in direzione sud ponendosi sul lato est della strada sino al
raggiungimento della rotatoria che attraversa trasversalmente. Sul lato ovest della carreggiata,
dunque, prosegue in direzione sud per arrivare alla 1° buca giunti dopo circa 270 m.
4. dopo circa 25 m dall'area verde prossima al centro commerciale Vulcano sottopassa la rotatoria
tra viale Italia, via Friuli e via Vulcano tramite una TOC di lunghezza pari a circa 205 m che
termina sempre sul viale Italia;
5. il percorso prosegue in direzione sud; attraversa la rototoria di innesto in via Martiri delle Foibe;
dopo altri 70/75 m svolta a destra per imboccare via Trento (sulla via Trento la posizione
dell'elettrodotto AT e degli altri sottoservizi (fognatura, acquedotto, tubazione gas Snam,
teleriscaldamento, cavi elettrici MT, telecomunicazioni) è stata definita preliminarmente con il
Comune di Sesto San Giovanni nell'ottica di una riorganizzazione concordata del sottosuolo).
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6. in uno slargo spartitraffico, all’inizio di Via Trento, il cavidotto si attesta alla 2° buca giunti,
tipologia compatta; così, prosegue fino alla rotatoria di innesto sulla recente via Anna Frank; a tal
punto, svolta a sinistra per arrivare alla nuova CP “Vulcano CDS”.
T.918 “CP Vulcano CDS – SE Rise Sesto”
Osservando il progetto dalla CP verso la SE:
1. dalla CP “Vulcano CDS” si sviluppa il cavidotto T.918, parallelo al T.919 per l'intera via Trento,
per giungere alla 1° buca giunti, tipologia compatta, dopo circa 300 m;
2. il percorso prosegue su via Trento, dove prima dell'immissione su viale Italia, si prevede la 2°
buca giunti, tipologia compatta, in corrispondenza della buca giunti del T.919;
3. il cavo interrato prosegue sul lato est di viale Italia, in direzione sud, per circa 140/145 m sino
all'incrocio con via Lambro;
4. su via Lambro, costeggia il lato nord est della SE Rise Sesto per circa 118/120 m e, infine, entra
nella SE per raccordarsi al futuro terminale.
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3 METODOLOGIA
Per una corretta ed efficace valutazione di rischio archeologico, oltre a procedere allo studio
dell’evoluzione insediativa e storico-urbanistica in un vasto territorio che ha come centro focale l’area
interessata dal progetto tramite la ricerca delle notizie edite e di archivio relative a rinvenimenti
archeologici in zona, si è proceduto alla elaborazione di una planimetria che potesse inquadrare e
rendere evidente quali preesistenze archeologiche rientrino nell’area prevista dai lavori.
In considerazione del fatto che l’area interessata dal progetto è localizzata esternamente alla città
murata di XVI secolo e quindi nell’agro di età romana, si è scelto di riportare le ipotesi ricostruttive
delle cerchie murarie della città di Milano dall’epoca romana al XVI secolo e di considerare
esclusivamente i siti archeologici segnalati nell’area esterna alle mura massimianee, riportando
anche le ipotesi ricostruttive della viabilità coeva.
Per quanto riguarda la centuriazione di età romana, in cartografia storica sono state identificate
alcune divisioni agricole che conservano l’orientamento degli assi della divisione agrimensoria.
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4 INQUADRAMENTO STORICO – AMBIENTALE
4.1 L’ambiente geografico di riferimento
L’area oggetto dell’intervento si colloca nel tratto di quel vasto comprensorio denominato Pianura
Padana.
La Pianura Padana costituisce una delle maggiori unità morfologiche d’Italia e la più estesa pianura
italiana la cui superficie risulta di poco rilevata rispetto al mare: l’isoipsa 50 infatti passa per Parma,
Cremona e Verona. Dal punto di vista geologico la Pianura Padana rappresenta un vasto bacino
subsidente, compreso tra l’unità orogenetica alpina, più antica, e quella appenninica, più recente e di
minore sviluppo. Nel bacino, impostatosi probabilmente già nel Miocene, si accumularono enormi
quantità di sedimenti nel corso del Pliocene e del Quaternario, fino a raggiungere uno spessore di
alcune migliaia di metri.
Durante il Pliocene e il Pleistocene, la Pianura costituì un ampio golfo marino, in continuità con il
mare Adriatico. Il mare subì notevoli escursioni di profondità, ma le grandi quantità di materiali
trasportati dai corsi d’acqua di provenienza alpina ed appenninica ebbero la predominanza sui
processi subsidenti, tanto che il bacino si andò progressivamente colmando; nel Pleistocene
Superiore l’area padana, ormai prevalentemente emersa, presentava i tratti essenziali dell’attuale
reticolo idrografico.
La serie stratigrafica quaternaria del sottosuolo padano, caratterizzata da spessori molto variabili,
può raggiungere i 1500-2000 m; tali spessori sono riferibili in massima parte al Quaternario marino e
transizionale, mentre il Quaternario continentale costituisce soltanto una piccola porzione superficiale
della serie stratigrafica, con spessori nell’ordine del centinaio di metri. Per una analisi della
situazione geologica e idrogeologica funzionale alle esigenze archeologiche, dunque, è significativa
soltanto la porzione più superficiale del Quaternario continentale, ovvero le facies sedimentologiche
del Pleistocene Medio e Finale e dell’Olocene.
4.2 Il Tardiglaciale e l’Olocene: il clima, le facies sedimentologiche pleistoceniche ed oloceniche e le nicchie ecologiche
Dal punto di vista climatico, il Pleistocene medio e superiore è stato interessato da un alternarsi di
fasi climatiche fredde e calde. Nel settore sud-alpino, sono state riconosciute almeno quattro fasi
glaciali, o glaciazioni, denominate Günz, Mindel, Riss, Würm, durante le quali i ghiacciai alpini si
espandevano e le lingue glaciali, allo sbocco in pianura, determinavano accumuli di materiali (gli
anfiteatri morenici), tuttora persistenti. Nelle fasi calde interglaciali, invece, i torrenti scaricatori
glaciali portavano in pianura grandi quantità di sedimenti, definiti fluvioglaciali, depositandoli in forma
di conoide di deiezione. I fluvioglaciali più recenti hanno inciso ed eroso profondamente la coltre
fluvioglaciale precedente a tal punto che i fluvioglaciali più antichi, Mindel e Riss, si sono conservati
solo come piccoli lembi isolati in prossimità del margine pedealpino. Tali lembi terrazzati, poiché
sono superfici generalmente rilevate rispetto al livello fondamentale della pianura, rappresentano un
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caratteristico elemento del paesaggio attuale delle alte pianure; si distinguono, infatti, per la
presenza di un suolo argilloso, chiamato “ferretto” a motivo del colore rosso ruggine, potente anche
alcuni metri, derivato dall’alterazione chimico-fisica del sedimento ad opera degli agenti atmosferici.
La presenza del ferretto, argilloso ed impermeabile, ha influito sullo sfruttamento delle risorse naturali
e sul paesaggio agrario, ostacolando lo sviluppo agricolo e favorendo nel contempo una vocazione
boschiva.
Nel Tardiglaciale e nell’Olocene, a partire da circa 15.000 anni fa, incominciarono tre processi che la
cui comprensione è indispensabile per spiegare le ragioni del radicale mutamento delle condizioni
stabilitesi in età glaciale:
il rapidissimo ritiro dei ghiacciai alpini e l’estinzione di gran parte di quelli appenninici;
l’addensamento del manto vegetale e la sua risalita fino alle alte quote, con conseguente
stabilizzazione dei versanti e formazione di profondi manti pedologici
la risalita del livello del mare (trasgressione versiliana), che provoca la sommersione di ampi tratti
di pianure costiere, specialmente nel bacino adriatico.
La deglaciazione era già iniziata nel quindicesimo millennio, mentre nel tredicesimo millennio gran
parte degli anfiteatri pedealpini erano interamente abbandonati dai ghiacci. In seguito alla
deglaciazione, al margine delle Prealpi, i grandi corsi d’acqua, che fuoriuscivano dai ghiacciai ed
avevano generato la piana fluvioglaciale, assunsero dimensioni molto minori, a causa del brusco
calo di portata, e incisero valli sottodimensionate rispetto agli antichi corsi; le ampie superfici delle
piane fluvioglaciali, ormai stabili, si coprirono di vegetazione. Dal punto di vista ecologico, i fenomeni
morfogenetici che segnarono la transizione tra le fasi glaciali e l’Olocene determinarono il
considerevole aumento delle nicchie ecologiche sfruttabili dall’uomo.
Mentre nel Pleistocene superiore le comunità antropiche sembrarono adattarsi alle condizioni limite
della vita nella steppa, dal momento che alcuni siti del Paleolitico superiore sono collocati a pochi
chilometri dalla fronte dei ghiacciai, nell’Olocene l’uomo occupò rapidamente le aree della media e
alta montagna, sia alpina che appenninica. Dal momento in cui il bosco, nel TardiglacialeWürmiano,
risalì a raggiungere posizioni prossime a quelle attuali, le bande di cacciatori che sino ad ora
avevano vissuto in pianura e nelle Prealpi fino ad una quota massima di 600 m, incominciarono
gradualmente a spingersi ad altitudini sempre superiori, occupando stagionalmente ambienti diversi:
durante la cattiva stagione vivevano in boschi aperti, a latifoglie, mentre durante l’estate vivevano
nella prateria alpina. Dal punto di vista climatico l’Olocene fu un periodo relativamente stabile: le
variazioni della temperatura media annua si mantennero infatti entro i 2°, mentre ancora nel
Tardiglaciale si erano verificate variazioni repentine intorno ai 7°. Nella transizione dal Subboreale al
Subatlantico però, sono documentate numerose variazioni ambientali che fanno ipotizzare un
raffreddamento climatico: anche nelle Alpi Italiane vi fu una fase di avanzata dei ghiacciai accanto ad
un repentino abbassamento di circa 100-200 m del limite della foresta. Inoltre il livello lacustre dei
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laghi perialpini e del Giura indicano una regressione legata all’aumento di umidità/diminuzione di
temperatura con abbassamento del livello delle acque.
4.3 Le litologie superficiali dell’area di SESTO S. GIOVANNI
Dall’analisi delle carte geologiche (in particolare Fogli 45-46 e 59), il territorio in esame è costituito in
superficie quasi totalmente da terreni alluvionali quaternari noti come “Diluvium recente” che
rappresentano il livello principale della PianuraPadana. Questi terreni sono costituiti da ghiaie
sabbiose con rare intercalazioni di limi e argille, di origine fluvio-glaciale inquadrabili nei periodi
glaciali compresi tra Riss e Würm (circa 200.000 – 12.000 b.p.). Sono presenti inoltre terreni
alluvionali terrazzati, costituiti da ghiaie sabbiose appartenenti all’”Alluvium antico a1” di età
olocenica che vanno a formare fasce leggermente ribassate rispetto al piano principale della pianura,
e l’”Alluvium recente a2”, anch’esso riferibile alla medesima facies olocenica, corrispondenti
localmente ai terreni della vallata del Lambro.
Nella descrizione stratigrafica tipologica dell’area, possiamo identificare, partendo dall’alto:
Un’unità ghiaioso-sabbiosa che affiora con continuità in tutto il tratto comunale e provinciale ed è
costituita da sabbie e ghiaie prevalenti, a cui si aggiungono, nel livello inferiore, intercalazioni limose
e argillose di limitato spessore ma con buone estensioni areali. Questa unità è caratterizzata da
complesse strutture deposizionali, con corpi lentiformi, tipici di una sedimentazione avvenuta in
ambiti a rapido cambiamento di energia deposizionale che ha permesso, in momenti di bassa
energia, l’accumulo di livelli fini che costituiscono i tratti argillosi impermeabili, o semimpermeabili,
riscontrabili in sezione. Corrispondono ai depositi fluvioglaciali di epoca wurmiana a cui si
aggiungono le alluvioni recenti a colmare le valli di erosione prst-wurmiane, disposte lungo i corsi
d’acqua primari. Lo spessore di tali depositi è mediamente di 40-50 metri.
Una seconda unità sabbioso-ghiaiosa è costituita da depositi sabbiosi con intercalazioni argillose e
ghiaose, ascrivibile all’età pleistocenica avente spessori compresi tra i 50 e i 90 metri. Si tratta di
sedimenti di origine glaciale e fluvioglaciale. I primi, scarsamente selezionati, sono composti da
elementi grossolani, quali ghiaie e ciottoli, in abbondante matrice limo-sabbiosa. Questi depositi
corrispondono, in ambito prealpino, ai depositi periferici che cerchiano esternamente gli apparati
morenici.
I depositi fluvioglaciali sono caratterizzati da ghiaie e sabbie composti da elementi fortemente
arrotondati (fluitati) infarciti in modo estremamente variabile da matrice fine e costituiscono diversi
ordini di terrazzamenti esterni alle cerchie moreniche.
4.4 Caratteri idrogeologici dI questo tratto di Pianura Padana
Semplificando la situazione idrogeologica della Pianura Padana può essere schematizzata secondo
le seguenti fasce:
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fascia pedemontana alpina (e appenninica), definita Alta Pianura, con ampie conoidi ciottoloso-
ghiaiose, caratterizzata da permeabilità alte o medie. La superficie piezometrica è generalmente
profonda e tende a ridursi verso sud. I fiumi sono pensili e alimentano le falde acquifere;
fascia intermedia a litologie sabbiose, definita Media Pianura, a permeabilità medie o basse. La
superficie piezometrica è affiorante o subaffiorante. I fiumi vedono diminuire la loro azione
alimentante le falde, ma aumenta la loro azione drenante;
fascia centrale o assiale a litologie limoso-argillose, definita Bassa Pianura, nella quale le
permeabilità basse o nulle non consentono l’identificazione dell’acquifero. Infatti, i terreni sono
saturati fino alla superficie, con frequenti impaludamenti e ristagni. I fiumi hanno in questa zona
esclusivamente azione drenante.
Specificatamente per l’area compresa nel tratto in oggetto, inquadrabile ancora nella fascia
pedemontana, le falde idriche sono contenute nei depositi permeabili a partire dalla superficie
piezometrica, e possiedono caratteristiche di potenza e di portata differenti, direttamente rapportabili
con la struttura e la geometria dei diversi strati presenti nel sottosuolo. Il livello di scorrimento di falda
freatica si posiziona all’interno dei depositi permeabili ghiaioso-sabbiosi e sabbioso-ghiaiosi
generalmente caratterizzati da una buona porosità intergranulare e sono posizionate mediamente a
profondità superiori ai 20 metri. Il livello di tale superficie non è costante nel tempo ma presenta delle
oscillazioni più o meno marcate, che sono determinate da una molteplicità di fattori, quali le
fluttuazioni di apporto stagionale, le variazioni di regime delle pressioni dei depositi e “l’efficienza
barometrica”.
Di rilevante importanza risulta essere l’incidenza del reticolato irriguo, causa principale delle
fluttuazioni della falda freatica che tende ad innalzarsi durante le abbondanti irrigazioni estive.
Dalle stratigrafie disponibili si evince che i depositi maggiormente permeabili e produttivi in senso
quantitativo si rinvengono entro i primi 80 metri di profondità.
4.5 Il dato paleontologico
Allo stato delle attuali conoscenze, non sussistono dati paleontologici relativi al territorio in esame.
4.6 Inquadramento storico-archeologico del territorio
4.6.1 La preistoria e la protostoria
La precoce e massiccia urbanizzazione dell’areale attorno a Sesto San Giovanni ha determinato un
numero molto limitato di rinvenimenti casuali di evidenze archeologiche, così come di indagini
archeologiche programmate e sistematiche.
L’analisi del territorio, inquadrabile nell’unità amministrativa moderna dei comuni di Settimo Milanese,
Cologno Monzese e Cinisello Balsamo, si prefigge di fornire un quadro puntuale rispetto alle aree di
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intervento, tralasciando trattazioni di carattere generale, ove non strettamente necessario per la
comprensione dei modelli insediativi.
Nella fase pre-protostorica, l’attenzione deve essere rivolta all’individuazione, a Cologno Monzese, di
una porzione di insediamento messo in luce nel 1990 in occasione di uno scavo d’emergenza
avviato a seguito di lavori edili. Qui è stata indagata una sottostruttura di forma subovale, recante sul
fondo tracce di calpestio. La ceramica con decorazione plastica a pasticche e bugne, oltre che
l’industria litica, ha permesso di datare i depositi stratigrafici all’Eneolitico. L’attribuzione cronologica
e la tipologia stessa del rinvenimento risulta molto importante vista la generale scarsità nel milanese
di indicatori per la preistoria recente, per lo più riconducibili a materiale sporadico1. Dunque, questa
parte della pianura dimostra di condividere i grandi fenomeni eneolitici quali la diffusione della
metallurgia e le nuove tecniche agricole di sfruttamento delle risorse, testimoniando un modello di
popolamento che predilige l’insediamento lungo le valli fluviali, allo scopo di esercitare un controllo
sul territorio e sulle direttrici di transito.
Come ben documentato in tutta l’area padana, anche nel Milanese le tracce della frequentazione
umana diventano più consistenti nella successiva età del Bronzo, in virtù di un notevole incremento
demografico, conseguenza forse di un miglioramento climatico, marcatamente collocabile tra l’età del
Bronzo finale e l’inizio dell’età del Ferro. Il progressivo aumento della popolazione è caratterizzato da
una serie di variabili antropiche che fanno di questa età una fase molto importante del popolamento
non solo lombardo, ma dell’intera Europa centro meridionale. Infatti, le mutate pratiche economiche
generate dalla diffusione di nuovi strumenti ed attrezzi metallici, determinano una marcata
differenziazione sociale all’interno dei gruppi umani. Le comunità di villaggio cominciano dunque ad
intessere una rete di scambi commerciali e culturali di vasto raggio; dunque, si assiste ad un
progressivo aumento dell’identità culturale, grazie alla quale si giungerà, nel corso del Bronzo finale,
ad un processo di etnogenesi che permarrà nell’età del Ferro con la cultura di Golasecca. Nel corso
delle fasi più recenti dell’età del bronzo le facies culturali della Scamozzina e di Canegrate anticipano
il modello insediativo di controllo del territorio che sarà poi compiutamente realizzato nell’età del
Ferro. Il fenomeno è destinato a completarsi con l’età del Bronzo finale, quando si assiste al
consolidamento del modello demico protogolasecchiano: i nuclei insediativi si insedino in maniera
definitiva all’incrocio tra i percorsi fluviali e terrestri2. L’individuazione di un’area funeraria in via
Trasimeno alla Cattabrega di Crescenzago, oggi nel territorio comunale di Milano, attesta l’esistenza
di un insediamento di facies Scamozzina-Monza (XIV-XIII sec. a.C.), inquadrabile tra la fine dell’età
del Bronzo medio e l’inizio dell’età del Bronzo recente. I resti del defunto erano custoditi all’interno di
urne biconiche decorate con sottili motivi a zig-zag, denti di lupo, punti impressi o solcature, spesso
costituite da falsa cordicella. Accanto all’urna, talvolta sigillata da una ciotola, spesso trovava posto
un vasetto accessorio. Le sepolture erano in nuda terra, con riempimento in terra di rogo. Frequenti
1 Pearce 1994, p. 102
2 Gambari 2004, p. 47
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erano gli oggetti in bronzo dei corredi, talvolta defunzionalizzati (pendagli, spilloni, pugnaletti tipo
Peschiera, ma anche spade tipo Monza e Cattabrega)3. La successiva fase di Canegrate (MI), che
caratterizza la Tarda età del Bronzo (sec. XIII a.C.), rivela strette interconnessioni con la precedente,
ma precise distinzioni rispetto alla ceramica, ai bronzi e persino nell’areale di distribuzione delle
facies: più ampio quello di Canegrate, nell’alta pianura milanese e novarese, nel territorio dei laghi
lombardi, in Canton Ticino e, sporadicamente, in Lomellina. La cultura di Canegrate introduce
innovazioni nello stile decorativo della ceramica e nel rito funebre: le urne frequentemente erano
deposte capovolte, contenevano ceneri di più individui ed elementi del corredo deformati dall’effetto
termico, forse distinti per composizione tra uomini e donne. Documentata nell’età del Bronzo recente
e finale, evidenzia un legame senza soluzione di continuità con la cultura protogolasecchiana e con
la successiva cultura di Golasecca, che si sviluppa nel territorio lombardo-piemontese tra Adda e
Sesia nella prima età del Ferro (X-V secolo a.C.), fino al Canton Ticino e la val Mesolcina, toccando il
suo apice nel VI e V secolo a.C., per decadere rapidamente agli inizi del secolo successivo. In
questa fase culturale, vi sono tre poli di aggregazione demografica: i dintorni di Como, l’area di
Castelletto Ticino-Golasecca-Sesto Calende, a sud del Verbano e i dintorni di Bellinzona. L’analisi
del territorio in esame non può esimersi dalla conoscenza dello stato degli studi e sulle prospettive di
ricerca relative al territorio milanese nell’età del Ferro. Se fino agli anni ’80 i materiali archeologici di
cui si aveva notizia erano privi di contesto, e perciò scarsamente indicativi dell’esistenza di un abitato
preromano, a partire dagli anni 1986-87 si è concretizzata la possibilità di effettuare scavi
archeologici in estensione su ampie aree del centro storico. Ciò ha consentito di formulare ipotesi
documentate sull’estensione di un insediamento proto-urbano nella fase precedente all’impianto
della città romana, che si è giovato di una posizione rilevata rispetto alla pianura circostante. Gli
scavi di Palazzo Reale, via Moneta, della Biblioteca ambrosiana, di via Valpetrosa e di via Conca del
Naviglio identificano un’area di circa 12 ettari, all’interno della quale sembra trovarsi l’insediamento
celtico. Lo studio dei materiali archeologici in giacitura primaria ci consente di individuare gli estremi
cronologici della frequentazione del sito. Le evidenze più antiche indicano il periodo Golasecca III A
come la fase iniziale dell’abitato, tra la fine del VI e l’intero V sec. a.C. Reperti riferibili al La Tène B,
C, D evidenziano una continuità di uso dell’insediamento nei secoli IV, III e II a.C. In relazione
all’abitato del IV-II sec. a.C., i dati sono molto scarsi: la distribuzione dei reperti ceramici residuali
sembra far coincidere l’insediamento del IV-II con quello del V a.C., sia per collocazione, sia per
estensione. A questa fase, in particolare al II sec. a.C., è attribuibile un fossato con sezione a V e
tracce di palizzata lignea, pertinente ad un edificio o ad un gruppo di edifici. La carta di distribuzione
delle evidenze archeologiche illustra come la maggior parte di esse si concentrino in un areale
coincidente con il foro romano successivo, ma chiarisce anche come vi siano occasionalmente
rinvenimenti che si collocano ben lontano da esso (il n. 38 e, più recentemente, il n. 40 in via Conca
3 De Marinis 1981b, pp. 182-184; Pearce 1994, p. 48; sintesi sulla facies culturale e bibliografia in Di
Maio 1998, p. 85
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del Naviglio della tav. 1), facendo supporre la presenza di insediamenti minori collegati all’oppidum,
presumibilmente lungo le più significative direttrici viarie.
4.6.2 Età della romanizzazione ed età romana
Dopo un periodo di forte tensione nei primi decenni del II sec. a.C., gli anni successivi sono
caratterizzati da trattati di alleanza tra i Romani e gli Insubri ed i Cenomani. Mentre nei territori a Sud
del Po i Romani scelsero la linea dell’occupazione diretta, con deduzioni coloniali e confische di
terre, nei confronti della Transpadana adottarono un diverso atteggiamento nel corso del II sec. a.C.,
definito di “non intervento”4. Infatti, nell’Insubria procedettero con trattati federativi che non
compromettevano la stabilità delle gerarchie delle comunità locali. I foedera escludevano sia
deduzioni coloniali, sia presenze ufficiali di Roma sul territorio alleato. Dunque, nella seconda metà
del II sec. a.C., la documentazione archeologica della pianura insubrica testimonia il persistere di
una struttura sociale articolata per nuclei abitativi dispersi, aderente alla descrizione di quel vivere
per pagos vicosque che la storiografia attribuisce alle comunità preromane, lontana concettualmente
dall’organizzazione amministrativa romana. La romanizzazione della Transpadana, dunque, è più
tarda in termini cronologici e scarsamente interessata da fenomeni coloniali, almeno per la sua parte
orientale5. Dal punto di vista culturale, i rinvenimenti archeologici attestano una graduale
penetrazione delle nuove caratteristiche del vivere romano e della sua organizzazione politica.
Due furono le tappe più significative del percorso di romanizzazione, il primo tra la fine del II secolo
a.C e l’inizio del I a.C., nel quale i corredi tombali transpadani presentano oggetti tipicamente celtici
(armi e oggetti d’ornamento), ma a Milano ha luogo la regolarizzazione dell’impianto viario di
un’ampia superficie urbana al centro del quale verrà definita l’area forense6, ed il secondo nei
decenni centrali del I a.C., con il progressivo inserimento dei Transpadani nell’orizzonte politico
romano, nell’89 a.C. con la concessione dello Ius Latii (diritto latino) e nel 49 a.C., definitivamente,
con la concessione della piena cittadinanza romana. Nella città di Mediolanum, anche questo
secondo passaggio sembra trovare riscontro in impulsi di ristrutturazione urbanistica7.
Nella fase della tarda età del Ferro, tra la fine del II secolo a.C. e l’inizio del I sec. a.C., la città si
espande fino ad un’estensione di circa 80 ettari; in epoca cesariana, sarà definita dalla cortina
difensiva, così come indicato nella tav. 4. Tale ristrutturazione urbanistica, molto intensa sebbene
all’interno di un arco cronologico piuttosto breve, rappresenta l’inizio di un periodo di pace e la ratifica
di foedera tra Insubri e Romani, con il conseguente consolidamento dei legami tra Roma e le élites
locali. Da parte degli Insubri, si va accelerando il processo di assorbimento di nuovi modelli culturali:
testimonianza di ciò è l’inizio della produzione locale di ceramica a vernice nera, su modello di quella
4 Grassi 1998, pp. 8-7
5 Sena Chiesa 1998, pp.326-338.
6 Rossignani 1998 315-324.
7 Bandelli 1998, pp. 156160 e bibliografia; Ceresa Mori 1995, pp. 350-351, 355-6
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importata (ad esempio di quella d’importazione volterrana, rinvenuta in giacitura secondaria a Milano,
nello scavo di via Moneta, databile al III sec. a.C. o di quella prodotta da officine attive tra il Lazio
meridionale e la Campania8.).
La continuità abitativa nel periodo di transizione da centro urbano a municipium è documentata
prevalentemente nello scavo di via Moneta, dove è percepibile il graduale mutamento delle tecniche
edilizie, ma dove le strutture edificate con tecniche a telaio, in opus craticium, mantengono
l’orientamento dell’impianto urbanistico precedente. Nella fase tra la fine del II sec. a.C e l’inizio del I
sec. a.C., dunque, si assiste alla sostituzione di materiali deperibili come il legno e la terra, tipici
dell’edilizia “povera”, con materiali durevoli, come la pietra ed i laterizi, ma questa fase di
“monumentalizzazione” dell’assetto urbanistico mantiene una coerenza di organizzazione spaziale e
di orientamento con l’oppidum insubre. Ciò ci induce a ritenere che l’insediamento precedente al 49
a.C avesse un assetto urbanistico già ben pianificato, che teneva conto dei limiti geologici del
territorio (la falda sospesa a quota molto superficiale, la presenza di risorgive, la necessità di
incanalare le acque e la conseguente scelta del sito destinato all’insediamento, collocato in un luogo
rilevato) e della sua posizione centrale nella pianura, nodo di scambi, di traffici commerciali e di vie di
comunicazione.
A questo proposito, la carta di distribuzione (tav. 1) sembra documentare un addensamento di
evidenze archeologiche della tarda età del Ferro concentrata nell’areale orientale della città (nn. 19,
37, 14, 21, 22, 23, 20). Pertanto, si è ipotizzato che nell’area destinata poi alla Mediolanum romana
esistessero insediamenti sparsi di minori dimensioni, lontani dal centro ma collegati all’oppidum e
localizzati lungo le direttrici viarie più importanti9.
4.6.3 La centuriazione
Con l’espandersi della dominazione romana si verificò un fenomeno che definì la configurazione del
paesaggio agrario: la divisione agraria delle campagne, o centuriazione. Il territorio circostante alla
città venne disboscato10, reso razionalmente coltivabile, venne percorso da strade sicure, la cui
manutenzione diventò necessità costante, non mancarono anche gli interventi di bonifica e
canalizzazione delle acque. Venne frazionato il terreno in porzioni regolari, con vie ed allineamenti
paralleli ed ortogonali secondo l’orientamento est-ovest, o secondo la morfologia del territorio e la
pendenza del terreno, ovvero la presenza di una grande via di comunicazione.
Le fonti storiche fanno riferimento a due centuriazioni romane, dalle quali dipenderebbe in larga
misura l’assetto delle aree in piano, dalla “bassa” fin quasi al la radice delle colline ed è chiaro che
una simile riorganizzazione territoriale è da ricondursi a una fase in cui è ormai attuata la piena
8 Locatelli, Rizzi 2000, pp. 111-114
9 Ruffa 2002.
10 Castelletti Rottoli 1998, p. 56
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romanizzazione11. I parametri per la centuriazione variavano entro una base standard di 20 x 20
actus (708 m), 20 x 21 actus (708 m x 743 m) o di 21 x 21 actus12. Dal momento che il reticolo
centuriato è tra le imprese territorializzanti più significative per le impronte lasciate sul territorio
padano, anche per l’ambito milanese si è cercato di rintracciarne i segni. Per Mediolanum non si è
ancora potuto stabilire con certezza la misura della centuria13, ma la parte est del territorio milanese
sembra interessata dalla presenza di tracce centuriali aventi un’inclinazione oscillante intorno ai
12/13 ad W del nord geografico. Ampie tracce della divisione centuriale sono leggibili nella tavoletta
IGM F.45 II NE Melzo, adiacente all’area di studio, dove il modulo è di centurie di 710 m di lato.
Nell’area di studio compresa nella tavoletta IGM F. 45 II NO Milano est, sono visibili due allineamenti
sull’asse dei cardines - il primo ad ovest di Mezzate con prosecuzione verso sud e il secondo tra
Fiorano e Mirazzano e prosecuzione verso sud - che, pur avendo un orientamento di circa 12° W,
non rispettano il modulo dei 710 m di distanza14; pertanto, alcuni autori hanno ipotizzato che essi
siano relitti di divisioni interne alle singole centurie oppure allineamenti nuovi che hanno conservato
memoria della maglia centuriale romana solo nell’orientamento, ma non nel modulo. Si consideri,
inoltre, che le fonti riferiscono la presenza di centurie rettangolari (per stringas, nel senso della
lunghezza, o per scamna, nel senso della larghezza)15.
Per il territorio circostante Milano, la presenza di aree acquitrinose rende difficile l’analisi dei riassetti
agrari e delle centuriazioni, ma recenti revisioni dei dati hanno permesso di ipotizzare l’esistenza di
tre bacini di utenza per l’ager mediolanensis settentrionale, evidenziati dalle differenti griglie
centuriali: l’allineamento NS ad est e ad ovest del Lambro (A); l’orientamento NNO-SSE ad ovest e
ad est del torrente Molgora (B); allineamento NNE-SSO nella pianura dell’Adda (C). Nello specifico, il
territorio in esame rientra nella prima griglia (A), che rarefatta verso l’alta collina fino ad oltre Adda, è
più evidente all’altezza di Monza, su entrambe le sponde orografiche del Lambro16. Si rammenta,
inoltre, che il toponimo di Cologno Monzese, da ricondurre al latino colonus, richiama l’esistenza di
una parcellizzazione agraria romana. Anche le diciture “a Limidi” e “ad Limita”, presenti in due
documenti medievali relativi al territorio di Sertole di Cologno Monzese, sono riferibili alla voce latina
limes; in qualità di toponimi, hanno conservato il significato di elementi rettilinei del paesaggio
medievale17. Presso la stessa Sertole, oggi cascina Santa Maria, nell’XI secolo è ripetutamente
documentata una località indicata come Quadrubium, forse testimonianza di un incrocio di strade
11
SPAGNOLO GARZOLI 2001, pp. 57-71. 12
Un actus = 120 piedi romani = da 35,174 m a 34,5 m. Un piede romano varia da 0,2931 m a 0,2875 m.
La centuria di 23 x 23 actus equivale a 654.517 mq. La pianta augustea di Torino era di 19 x 21 actus 13
MIRABELLA ROBERTI, Milano romana, Milano 1984, nota 17, p. 21 14
ANTICO GALLINA 1986, pp. 17-18 (inquadramento generale), p. 29 (analisi della tavoletta F 45 II NE Melzo), p. 32 (analisi della
tavoletta F 45 II NE Milano est); ANTICO GALLINA 1993, pp. 65-66. 15
Bonora Mazzoli 1998, p. 173 16
ANTICO GALLINA 2012, p. 10. 18. 19. 17
ANTICO GALLINA 2012, p. 20
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romane, conservatasi in epoca medievale18. Dal punto di vista demico, dunque, la conquista romana
mantiene inalterata la partizione del territorio, tipica del mondo celtico, basata su piccoli centri abitati
sparsi.
Nell’immagine (tratta da ANTICO GALLINA 2011), sono riportati i tre orientamenti delle ripartizioni
centuriali nel territorio tra il Lambro e l’Adda, a nord-est di Mediolanum ( griglia A in blu; griglia B in fuxia;
griglia C in verde) secondo. La freccia rossa indica l’area di intervento
Nel III sec. d.C. la riorganizzazione amministrativa prevede che il governo collegiale sia suddiviso tra
due imperatori (gli Augusti) e due successori designati (i Cesari), stanziati nelle città strategicamente
più importanti dell’impero e ciò porta Massimiano a stabilirsi a Mediolanum, nel 286 d.C., scegliendo
la città come residenza imperiale. Il nuovo ruolo modifica profondamente il volto di Milano, che
diventa sede della complessa macchina burocratica civile e militare dello stato, e conseguentemente
del suo territorio. Ciò nonostante, nella seconda metà del III sec d.C. si evidenzia un periodo di
recessione e di crisi economica e demografica che investe tutta l’area centro padana, con un
temporaneo abbandono delle abitazioni isolate e con tracce di distruzioni nei villaggi. Tale situazione
sembra attribuibile alla crisi dell’organizzazione imperiale acuita dalle prime incursioni barbariche, in
particolare da Quadi, Alemanni e Marcomanni, che nel 270 d.C. giunsero fino alle porte di
Mediolanum; significativa, a questo proposito, risulta la presenza di numerosi tesoretti monetali
nascosti dai proprietari e non più recuperati e la scarsità di circolazione monetaria. Nel IV sec. si
assiste ad una sostanziale ripresa. La crisi precedente non sembra aver modificato la struttura
territoriale che si era imposta durante il periodo della romanizzazione e che perdurerà almeno fino
18
ROSSETTI 1968
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agli inizi del V sec. La manutenzione e la frequentazione degli assi viarii maggiori si rivelanoancora
relativamente buone, per tutto il IV sec., malgrado le difficoltà politiche e amministrative: villaggi e
fattorie appaiono quasi tutti ancora abitati. Nel territorio sono ancora presenti e attivi i vici, centri
maggiori a vocazione commerciale e di transito, posti lungo gli assi di comunicazione. Essi
rappresentano, come per il passato, il luogo di aggregazione per la rete di piccoli abitati e di fattorie,
a funzione agricolo manifatturiera, che gravitano loro intorno. Si può notare addirittura un certo
numero di nuovi insediamenti, specialmente fattorie a carattere misto rurale-manifatturiero. Le cause
della relativa ripresa del territorio per tutto il IV sec. sono da identificarsi nel nuovo ruolo esercitato da
Milano come sede imperiale e nel conseguente stanziamento sul territorio di numerosi reparti militari,
con gli impianti logistici e produttivi connessi. Infatti, dopo che Massimiano, uno due nuovi Augusti, si
era stabilito a Milano, Valentiniano I l’aveva scelta come propria residenza ufficiale, investendola del
ruolo di capitale dell’Impero d’Occidente.
Gli scarni dati di continuità abitativa nel IV sec. di edifici extraurbani a carattere rurale-manifatturiero,
sorti tra la fine del I sec. a.C. e il I sec. d.C., non consentono di formulare ipotesi circa la
ristrutturazione del territorio in età tardoantica.19 Con il trasferimento della sede imperiale a
Ravenna, nel 402 d.C., tutto il territorio che faceva capo a Mediolanum conosce un lento degrado: gli
insediamenti si contraggono e si accentua la vocazione militare delle vallate fluviali prealpine con la
fondazione tra Verbano e Olona di numerose fortificazioni di controllo stradale e di difesa dalle
sempre più numerose incursioni da Oltralpe, come il primo insediamento riconosciuto a
Castelseprio.20
Il Cristianesimo si afferma prima nelle grandi città, per svilupparsi poi nelle altre: Milano è la prima a
costituirsi in diocesi alla metà del III sec. d.C. Con l’episcopato di Ambrogio la chiesa milanese, che
già godeva di un certo prestigio tra le comunità occidentali, manifesta più chiaramente un ruolo di
preminenza sulle altre comunità dell’Italia settentrionale e, dopo la morte del grande presule, si
delinea una provincia ecclesiastica sottoposta al metropolita di Milano, il cui ambito territoriale è per
la prima volta attestato dalla partecipazione di molti vescovi dell’Italia nord-occidentale al concilio
milanese del 451.21
4.6.4 La rete stradale in età romana
La rete stradale romana si estese dal primigenio nucleo viario di Roma a tutta la penisola. Nel settore
occidentale della pianura Padana, Mediolanum in epoca tardo-antica svolse un’importante funzione
strategica come nodo stradale, perché dalla città partivano le vie transalpine verso lo Spluga, il Gran
S. Bernardo, il Piccolo S. Bernardo22. In particolare, il territorio in esame risulta compreso tra due
19
SPAGNOLO GARZOLI 1990, p. 289 20
SENA CHIESA 1990, pp.233-236. 21
SANNAZZARO 1990, p. 88. 22
Bonora Mazzoli 1990, pp. 26-28. Ibidem si veda la Tabula Peutingeriana (vignetta di Mediolanum) e l’Itinerarium Antonini Augusti
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arterie di età romana: la strada che da Mediolanum si dirigeva verso Laus Pompeia (Lodi Vecchia) e
quella che si dirigeva verso il remasco. La prima - di primaria importanza perché allacciava Milano
con Piacenza e con la via Emilia - è menzionata dall’Itinerarium Antonini e dall’Itinerarium
Burdigalense e riportata nella Tabula Peutingeriana. Essa usciva da Milano da Porta Romana e
piegava verso Melegnano passando per Rogoredo, S. Martino in strata, C.na Sestogallo (Ad
Sextum), C.na Occhiò (Ad Octavum) con un tracciato che si manteneva più ad ovest del’attuale SS
923. La seconda, non menzionata dagli Itinerari né riportata nella Tabula Peutingeriana, è
ipotizzabile sul fondamento dei soli argomenti topografici ed è indiziata da larghi tratti di rettilineo
coincidenti ora con strade, ora con fossi e rogge che da Milano puntano direttamente a Tribiano e
oltre. Essa iniziava uscendo da Milano attraverso la porta Orientale e piegava verso l’attuale porta
Vittoria: è possibile seguire questo allineamento lungo diverse vie cittadine fino alle vie Fontana,
Vicenza e Anfossi. Qui l’odierna espansione edilizia ha cancellato il borgo di Calvairate e le vie
campestri che segnavano l’antico tracciato rilevabili solo nell’edizione del 1907 della tavoletta al
25:000 dell’IGM. Tuttavia, il toponimo Pilastrello, localizzabile all’angolo tra le attuali vie Anfossi e
Anzani di Calvairate e presente fino all’inizio del Novecento, indica la presenza della prima pietra
miliare. Il tracciato è riconoscibile lungo le attuali vie Anfossi / Arconati / Sanfelice oltre le quali
bisogna ricorrere alla tavoletta IGM Milano est dove la strada è rintracciabile nell’odierno tracciato
della strada Paullese a partire dal piccolo agglomerato di Linate verso Canzo fino a Bettola,
toponimo che può ricordare la presenza di un luogo di sosta. Qui la strada moderna piega
bruscamente verso NE ma il rettifilo ha però un prolungamento verso sud est formato da vari
elementi – un filare di alberi, un tratto di fosso campestre, la Roggia Serbellona, un breve tronco di
carrareccia e nuovamente filari e fossi fino a Molino d’Arese e Tribiano24.
Se gli assi portanti dei traffici commerciali settentrionali possono essere ricondotti alle vie
Mediolanum-Comum e Mediolanum-Bergomum-Brixia, un ruolo non secondario deve essere stato
svolto dal tracciato Mediolanum-Modicia-Leucum. L’esistenza di questa strada, funzionale a
congiungere Milano con il ramo orientale del Lario, è suggerita dalla documentazione archeologica
(si pensi ad esempio alle ville rustiche di Biassono e Robbiano) che descrive un popolamento diffuso
nella porzione settentrionale del territorio milanese/brianzolo e lecchese, sia lungo il Lambro sia nel
bacino del Molgora, necessitante di strade di servizio in terra battuta o inghiaiate (le cosiddette vie
glareate)25. La localizzazione delle necropoli, come quella suggerita dal sarcofago di Villa Toretta e i
dati toponomastici, come Sesto San Giovanni (ad sestum lapidem), Occhiate di Monza (ad octavum
lapidem)26, Silva ad Quartum presso Romanò27, sembrano evidenziare un percorso che risaliva la
23
PALESTRA 1978, pp. 32-33 ; PASSERINI 1953, pp. 135-136. 24
PALESTRA 1978, pp. 30-31; PASSERINI 1953, pp. 147-148. 25
DOLCI 2009, p. 100. 26
La strada usciva da Milano in direzione N/E, alla volta del ponte sull’Adda di Olginate, passava da
Monza toccando Sesto San Giovanni in corrispondenza del quale doveva piegare verso est per
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valle del Lambro, fino al territorio di Erba ed una seconda direttrice che seguiva i terrazzi del Molgora
e del Curone, almeno fino all’altezza di Brivio28. A nord di Lecco la strada privilegiata verso il
Centrolago e la Valtellina doveva percorrere la Valsassina29, come suggerito dal fatto che rimase la
più sfruttata fino almeno al XVII secolo, quando divenne poi funzionale anche la via di mezzacosta
lungo il lago (via del Viandante)30.
4.6.5 Età medievale e postmedievale
La crisi e la progressiva dissoluzione dell’Impero romano coincise con le invasioni da Nord dei
“barbari”, dei Goti prima e dei Longobardi poi (V – VI secolo d.C.). Nel 569 i Goti entrarono a Milano,
e nel 589 il loro re Autari sposò Teodolinda; è a lei che si deve la conversione al cattolicesimo dei
Longobardi e l’accresciuta importanza di Monza, città nella quale si stabilì, arricchendola di palazzi,
chiese e tesori. In questo periodo la chiesa prosegue la sua opera di evangelizzazione nelle
campagne e si organizza nella struttura delle pievi, tra le quali ricordiamo quelle di Agliate, Asso,
Incino, Vimercate e Monza. Nel 774 i Longobardi vengono sconfitti dai Franchi ad opera di Carlo
Magno: nell’ambito della organizzazione territoriale della campagna milanese, la Brianza fu inserita
nel contado di Milano con il nome di Martesana. Durante l’epoca carolingia la Chiesa acquisì
ulteriore potere (acquisendo anche attribuzioni di tipo civile) e ancor più vaste proprietà.
In epoca carolingia, la campagna milanese e quella compresa tra l’Adda e il Ticino vide una quantità
di piccoli villaggi, più tardi scomparsi o ridotti a cascinali. Questo ci fornisce per quell’età l’indizio non
solo di una densità di popolazione, ma di un’organizzazione in tanti nuclei abitativi distinti, non
dipendenti da un unico proprietario. Accanto alla piccola proprietà allodiale, era testimoniata anche la
grande azienda agraria, la curtis, che nel milanese ebbe comunque una diffusione limitata sia nello
spazio che nel tempo. La presenza di curtes era per lo più limitata ad alcune località nelle quali un
unico proprietario riusciva ad avere il controllo di buona parte del territorio. Laddove, invece, la
proprietà della terra era frazionata, queste strutture ebbero assai minore vitalità e finirono per
sfaldarsi rapidamente31.
Alla disgregazione del Sacro Romano Impero seguì un periodo di frequenti lotte di potere. All’inizio
del X secolo, Berengario viene eletto primo re d’Italia e sceglie Monza come sua residenza,
arricchendola anch’egli di importanti tesori. E’ questa l’epoca in cui sorgono numerosi castelli,
fortificazioni, luoghi di difesa e di controllo del territorio: è il fenomeno dell’incastellamento,
accompagnato da un’organizzazione del potere di tipo feudale. Alla crisi dell’autorità imperiale e alla
raggiungere nella periferia meridionale di Monza l’area dei cascinali nei pressi del Lambro tra cui è
presente la cascina Occhiate (PIROTTA 2014, p. 10). 27
ricordata in un documento del XII secolo. 28
DOLCI 2009, p. 100. 29
DOLCI 2003, pp. 46-52. 30
DOLCI 2009, pp. 100-101. 31
RAPETTI 2000, pp. 16-19.
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conseguente situazione di anarchia, di scorrerie di bande armate, fece riscontro un gran numero di
potentati locali, che si munivano di castelli dai quali imponevano norme e tributi.
Durante l’Alto Medioevo la popolazione rurale si era addensata soprattutto nell’alta pianura, già
durante l’XI secolo la situazione era andata gradualmente cambiando: la crescita demografica aveva
riempito anche i villaggi della Bassa, ampliando le colture. Se con l'VIII secolo si assiste a una
ripresa dei sistemi organizzativi e insediativi dell'area, il rinnovamento è destinato a consolidarsi tra
l’XI e il XII secolo grazie alla ripresa dell'economia cittadina e all'assestamento dei poteri territoriali di
matrice locale, indiziata dalla dispersione di castra, pievi e monasteri nelle campagne, come nel caso
del monastero di San Nicolao di Sesto San Giovanni (scheda n. 2). Si tratterà di una rivoluzione del
sistema non più dipendente da un'unica macchina statale ma da una costellazione di poteri locali
facenti capo ad autorità in grado in genere di esercitare una giurisdizione territoriale molto limitata.
Significativamente, anche gli enti ecclesiastici fondati nel XII e XIII sec. d.C. estesero i loro beni
prevalentemente nella Bassa. Nel XII sec. si diffuse l’ordine degli Umiliati, dediti in particolare alla
lavorazione della lana e all’assistenza ospedaliera: essi fondarono numerose “case” e operarono
attivamente in tutto il territorio, riportando in vita la tradizione tessile manifatturiera. Con i Cistercensi,
essi diedero una decisa impronta all’attività agricola ed economica della zona, attuando una
grandiosa opera di riorganizzazione del suolo agricolo attraverso la bonifica, la canalizzazione e la
realizzazione delle infrastrutture di base, che resero il terreno più produttivo (perfezionamento del
sistema delle marcite per fornire foraggio fresco durante la stagione invernale, creazione di nuovi
fontanili). Sorsero in questo periodo l’Abbazia cistercense di Chiaravalle e quelle umiliate di
Viboldone e di Monluè che contribuirono non poco alla bonifica e alla messa a coltura delle
campagne afflitte da vaste aree impaludate e malsane.
La valle del Lambro, così come anche la valle dell’Olona, conosce in questo stesso periodo (dopo
l’anno mille) un ulteriore fenomeno che ne modificherà il paesaggio e che determinerà un nuovo
slancio economico: la diffusione dei mulini idraulici, utilizzati per macinare cereali, trattare fibre
vegetali, follare i panni di lana, segare il legname e, più tardi, lavorare i metalli.
I secoli XII, XIII, XIV furono caratterizzati dalle continue lotte dell’epoca dei Comuni, dalla guerra tra
Como e Milano, tra le famiglie Visconti e Della Torre, tra Milano e Venezia; tra la fine del XIII e l’inizio
del XIV sec. una metamorfosi profonda interessò le terre destinate a colture alternative all’arativo:
cominciarono a diffondersi su aree sempre più vaste i prati irrigui. L’espansione dell’irriguo, per il
quale era necessaria una capillare rete di canalizzazioni, l’acquisizione di diritti sull’utilizzo delle
acque e sicure conoscenze di tecniche idrauliche, oltre che ingenti investimenti, era però allettante
per le alte rendite che forniva. Ciò favorì la riorganizzazione in senso produttivo di numerose
proprietà ecclesiastiche, grazie all’intermediazione di un fittabile. Con il diffondersi dell’irriguo e con
gli alti profitti che determinava, l’insediamento di tipo diffuso andò strutturandosi in modo più stabile,
con la comparsa delle cassine. Questo termine, che dapprima indicava un rustico o un fienile, passò
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poi a definire realtà insediative ben più complesse. All’interno dei fondi sempre più vasti, una parte
del terreno era riservata al prato irriguo, che produceva fieno per il mantenimento del bestiame da
lavoro, che a sua volta consentiva di disporre di letame sufficiente a conci, mare i campi; l’estensione
dei fondi richiedeva il lavoro di molte braccia. Di conseguenza, si resero necessarie strutture edilizie
più ampie, adeguate alle nuove esigenze. Queste, per praticità, sorsero nei campi, sui terreni da
coltivare. In questo modo, nacque, sullo scorcio del XV sec., la cascina, nuova cellula insediativa,
economica e sociale che tanta parte ebbe nelle campagne della Bassa. Le acque, dunque,
costituirono uno degli elementi caratterizzanti il paesaggio urbano di Milano e del suo territorio.
Regolate e distribuite da una fitta rete di canali, erano indispensabili per molte lavorazioni artigianali
e fornivano l’energia idraulica per il funzionamento dei numerosissimi mulini, che muovevano macine
da grano, macchine per la follatura dei tessuti, per il taglio del legname, per la preparazione della
carta e per la lavorazione dei metalli. Si consideri che, sebbene la localizzazione delle attività
artigiane non avesse carattere esclusivo, alcuni quartieri della Milano sforzesca32 avevano una
spiccata vocazione artigianale specialistica: numerosi lanaioli avevano le loro sedi nel quartiere della
Porta Orientale33.
5 SCHEDE SINTETICHE DELLE EMERGENZE ARCHEOLOGICHE E DEI SITI PROSSIMI AL TRACCIATO
5.1 Premessa
La schedatura, comprendente tutti i ritrovamenti a partire dalla Preistoria fino al Catasto Teresiano
del 1721 nell'area limitrofa a quella di intervento, ha comportato lo spoglio della documentazione
bibliografica
e archivistica della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte. Da questa varietà di fonti
discende un’ovvia disomogeneità delle informazioni dal punto di vista della precisione nelle
localizzazioni e nelle descrizioni.
Le schede sono elencate secondo un ordine cronologico e in sequenza alfabetica, al fine di fornire le
informazioni essenziali sul sito e il tipo di ritrovamento, la descrizione del rinvenimento, le specifiche
relative alla bibliografia e alla conservazione.
I ritrovamenti sono stati posizionati su una base cartografica ricavata dalla Carta Tecnica Regionale.
Ad ogni sito di ritrovamento corrisponde sulla carta il numero della scheda descrittiva ad esso
relativa; nel caso di rinvenimenti genericamente riferibili al territorio comunale il punto relativo è stato
convenzionalmente posizionato in cartografia, ove possibile, sotto il toponimo del Comune.
32
Nel 1450 prese il potere la famiglia degli Sforza, che lo detenne fino al 1500; seguirono senza soluzione di continuità la
dominazione spagnola (1525-1713), austriaca e francese.
33
Bellosta, La vita economica a Milano www.academia.edu/1966817/La_vita_economica_a_Milano_e_in_Lombardia_secoli_XI-XV_
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Ogni numero è caratterizzato da uno o più simboli, secondo quanto riportato in legenda, che
rappresentano graficamente le diverse tipologie di rinvenimento. I colori diversi richiamano i grandi
ambiti cronologici definiti: Preistoria e Protostoria (colore verde), Romanizzazione ed età Romana
(rosso), Medioevo (blu); in giallo verranno segnalate le cascine storiche, edificate in età precedente
alla redazione del Catasto Teresiano.
Ogni scheda presenta un’articolazione interna comprendente le seguenti voci:
• Numero progressivo:
numero progressivo riportato sulle tavole di posizionamento
• Località/via specifica: non sempre identificabili a distanza di tempo.
• Tipo di localizzazione:
indicazione della caratteristica della localizzazione di tipo puntuale o non puntuale.
• Anno:
indicazione di massima dell’ambito cronologico di rinvenimento.
• Modalità del rinvenimento:
indicazioni delle attività che hanno determinato la scoperta (scavo, quando riferito ad interventi
mirati di scavo archeologico; raccolta programmata superficiale, quando riferita ad interventi di
survey; casuale, con specifiche: rinvenimento di superficie, da scasso, da aratura, quando
determinata da interventi non mirati e conseguente ad attività di tipo edile o agricolo in genere, non
determinata, in assenza di elementi di valutazione).
• Tipologia del rinvenimento:
definizione sintetica del tipo di rinvenimento (area funeraria, tomba, necropoli, arte rupestre, area
urbana, insediamento, iscrizione, materiale sporadico).
• Descrizione:
presenta il riassunto degli elementi noti ed utili alla comprensione del rinvenimento stesso.
Comprende la data della scoperta, ove conosciuta, la descrizione delle strutture e dei reperti
mobili, un esame sommario dei materiali nel caso di rinvenimenti da scavo.
• Cronologia:
segnala il grande ambito cronologico cui è riferibile l'evidenza archeologica, cercando inoltre di
fornire una datazione il più puntuale possibile.
• Note:
ove presente, la voce segnala eventuali ulteriori precisazioni esplicative.
• Bibliografia:
principali riferimenti bibliografici e/o archivistici.
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5.2 Schede
N. 1 Località / via /
specifica
Area Madonna del Bosco, loc. Borgo di Cascina Gatti
Tipo di localizzazione Non puntuale
Anno -
Modalità del rinvenimento Rinvenimento casuale
Tipologia del rinvenimento Sarcofago romano
Descrizione Si segnala il rinvenimento nell’areale della Villa Torretta di un
sarcofago romano
Cronologia Età romana
Bibliografia Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia,
Archivio della Soprintendenza, Carta Archeologica
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N. 2 Località / via /
specifica
SESTO SAN GIOVANNI-Via Verdi, Monastero di San Nicolao
Tipo di localizzazione Puntuale
Anno
Modalità del rinvenimento Evidenza strutturale
Tipologia del rinvenimento Edificio di culto medievale
Descrizione Le prime attestazioni documentarie del monastero di San
Nicolao risalgono al 1102. La fondazione del monastero si può
far risalire all’XI secolo (1088-1099) come traspare da parte
delle murature ancora visibili con inserti di tegole ad alette e
mattoni romani di reimpiego e ciottoli a spina di pesce. L’edificio
è stato il centro della religiosità sestese a cui facevano capo le
chiese di Sant’Alessandro (attuale Monza), di Sant’Eusebio
(attuale Cinisello Balsamo), di Santa Maria Tenebiaco (Torretta)
e di Santa Maria de’ Sundro (Cascina Gatti). Il monastero
ospitava le suore benedettine cistercensi di Sant’Ambrogio,
monache che avevano ingaggiato una dura battaglia contro la
chiesa di San Giovanni Battista in Monza, l’attuale Duomo, per
sottrarsi alle pesanti decime. Le architetture sono trecentesche
con 7 arcate ogivali in buono stato di conservazione; il chiostro,
a forma rettangolare, originariamente era porticato su almeno
tre lati. L’annessa chiesetta romanica, larga 14 metri e lunga 20
metri, è stata demolita nel 1962. In una teca, a lato dell’altare,
erano conservate, fino alla fine del 1800, le reliquie di
Sant’Ambrogio. I lacerti di tessitura muraria originale, inglobati
negli interventi edilizi successivi, sono ascrivibili all’età romanica
(non oltre l’XI sec.); sporadicamente riutilizzano laterizi romani.
Attualmente, del monastero sopravvive in alzato il corpo di
fabbrica corrispondente all’ala orientale del chiostro
rinascimentale, molto rimaneggiato (sito in un’area di proprietà
comunale ubicata in via Verdi).
Cronologia Età medievale
Note Area a rispetto archeologico nel Piano Territoriale Provinciale
Bibliografia Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia,
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N. 3 Località / via /
specifica
SESTO SAN GIOVANNI- Cascina Baraggiola, Via San Maurizio
al Lambro, 174 (nucleo esterno)
Tipo di localizzazione Puntuale
Anno
Modalità del rinvenimento Evidenza strutturale
Tipologia del rinvenimento Architettura rurale; cascina
Descrizione
Cronologia Sec. XI
Bibliografia scheda completa SIRBeC
N. 4 Località / via /
specifica
SESTO SAN GIOVANNI- Cascina Colombo, Via Pisa 439
Tipo di localizzazione Puntuale
Anno
Modalità del rinvenimento Evidenza strutturale
Tipologia del rinvenimento Architettura rurale; cascina
Descrizione
Cronologia Ante 1721
Bibliografia scheda completa SIRBeC
N. 5 Località / via /
specifica
SESTO SAN GIOVANNI- Cascina Gatti
Tipo di localizzazione Puntuale
Anno
Modalità del rinvenimento Evidenza strutturale
Tipologia del rinvenimento Architettura rurale; cascina
Descrizione Egnatio Danti (1536-1586) inserisce all’interno della sala delle
Carte Geografiche in Vaticano il sito di Cà de Gatui: i
possedimenti della cascina sono molto estesi; intorno
all’agglomerato principale sorgevano numerosi cascinali, tra i
quali le cascine Bergamina, Colombo e Parpagliona. Con
queste e con il Mulino del Tucano essa costituiva un tessuto
connettivo per le attività agricole.
Il borgo di Cascina Gatti ha una struttura complessa, essendosi
ampliato senza un disegno prestabilito. E’ possibile che abbia
ospitato un convento. Le attestazioni di età moderna (1903,
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nascita della Cooperativa per la produzione del latte)
documentano la continuità di vita del borgo.
Cronologia ante XVI sec.
Note Secondo la relazione del Comitato Cascina Gatti (Archivio
Soprintendenza), Cà de Gatui sarebbe identificabile con
Sundro, citato in un atto di donazione del 13 maggio 842.
Sundro, nel corso del 1200, avrebbe preso il nome Gattui dalla
famiglia Gatta, o Gatti, che lì risiedeva.
Bibliografia Archivio della Soprintendenza
N. 6 Località / via /
specifica
CINISELLO BALSAMO - Cascina Cornaggia, Via Cornaggia 16,
18, 20 (nel centro abitato)
Tipo di localizzazione
Anno
Modalità del rinvenimento
Tipologia del rinvenimento
Descrizione Configurazione strutturale: l'agglomerato rurale della Cornaggia
versa oggi in uno stato di semiabbandono. A causa
dell'espansione edilizia, probabilmente tra gli anni '60 e '70, ha
perso tutto l'edificio a L esistente sul lato ovest di Via Engels. La
cappella interna alla corte è oggi semicrollata e totalmente
inaccessibile. Sul prospetto interno alla corte dell'edificio
settentrionale a piano terra si apre un portico ad archi ribassati
con soffitto cassettonato, mentre sul prospetto sulla strada è
ancora esistente un balconcino di fattura settecentesca in ferro
battuto di gusto barocchetto teresiano. Un'immagine votiva sotto
il sottopasso settentrionale rappresenta la Madonna con
Bambino (o del Rosario), di fattura novecentesca.
Cronologia Sec. XVII-ante 1722
Bibliografia ASMi, Catasto Teresiano, 1721 - 22, tav. 10; scheda completa
SIRBeC
N. 7 Località / via /
specifica
COLOGNO MONZESE- Cascina Campagnazza, Via Piacenza
(nel centro abitato
Tipo di localizzazione
Anno
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Modalità del rinvenimento
Tipologia del rinvenimento
Descrizione
Cronologia Ante 1721
Bibliografia scheda completa SIRBeC
6 ANALISI DELLA CARTOGRAFIA STORICA
Si riporta di seguito alcune carte analizzate durante questo studio di valutazione del rischio per l’area
in oggetto. A tal fine si riportano anche alcune piante propriamente riferite all’abitato di Milano per
tentare di connotare meglio la potenzialità del territorio nel suo insieme, non disponendo di alcun
riferimento per l’area di Sesto San Giovanni. Nella pianta riportata di seguito relativa alla fase
protostorica dell’età del Ferro si evidenzia una diffusione di rinvenimenti nell’area milanese, segno di
uno sviluppo significativo di quest’area già durante il primo millenio a.C.
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Carta di distribuzione dei siti Golasecca III (triangoli) e della tarda età del Ferro (pallini). Tratta da Ceresa
Mori 2001
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Le porte di accesso alla città si riferivano ad altrettante vie di comunicazione principali di seguito
riportate. Si evince tuttavia che alcuni accessi servivano ad aree periferiche e a percorsi viari
secondari, uno dei quali doveva servire alla Porta Herculea nella direzione di Sesto San Giovanni.
Pianta ricostruttiva delle porte relative all’impianto urbano di Milano con relativi percorsi viari.
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Carta redatta dall’Ingegnere Giovanni Battista Claricio nel 1600 con indicati gli insediamenti a est di
Milano. In rosso l’area oggetto dell’intervento. è segnalata, in territorio di Sesto San Giovanni, la
presenza dei toponimi Monluè, Cavriano, S, Ambrogio.
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Carta storica (carta “carolina”) con rappresentazione dell’area di Sesto San Giovanni preparata per la
visita di Carlo Borromeo iniziata nel 1566.
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7 ANALISI DELLA FOTO AEREA
E’ stata esaminata la foto aerea presente su Google Earth relativa al territorio in esame e non sono
state individuate dampmark; il territorio, fortemente urbanizzato, non fornisce alcuna indicazione
geomorfologica o storico-archeologica, né evidenzia alcuna “anomalia” apparente.
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8 LA RICOGNIZIONE ARCHEOLOGICA
Il giorno 22 marzo 2018 è stata eseguita la ricognizione superficiale delle aree interessate dalla
posa delle linee in progetto. Dal portaterminali posto in uno slargo di via Campanella esterno al PPR
Vulcano definito p.7T, si dipartono gli scavi per l’alloggiamento del cavo interrato interessando
inizialmente la porzione sterrata di via Campanella e poi l’intero suo tracciato fino all’innesto con
viale Italia. La survey di superficie, estesa anche alle aree perimetrali della via e in parte ai coltivi
presenti a monte non ha riscontrato evidenze superficiali di alcun tipo se non una modesta raccolta
di frammenti ceramici e laterizi di epoca moderna .Su viale Italia, la linea si posiziona inizialmente
sul lato est della carreggiata per poi localizzarsi sul lato opposto dopo aver attraversato la rotonda
che precede il centro commerciale Vulcano. Il superamento della rotonda su Via Vulcano è prevista
mediante TOC per poi proseguire linearmente verso sud sempre sul sedime di viale Italia, fino al
raggiungimento di via Trento. La linea qui svolta a destra seguendo poi l’andamento parabolico della
via e prosegue fino alla rotatoria di innesto sulla recente via Anna Frank; svoltando a sinistra per
arrivare alla nuova CP “Vulcano CDS”.
In uscita dalla CP “Vulcano CDS” si sviluppa il cavidotto T.918, parallelo al T.919 che ripercorre a
ritroso l'intera via Trento per poi proseguire sul lato est di viale Italia sempre in direzione sud. Il
percorso prosegue fino al raggiungimento dell’incrocio con via Lambro che segue, mantenendosi sul
lato della stazione elettrica, fino al raggiungimento, dopo circa 120 metri, la SE Rise Sesto.
Per le situazioni riscontrate in sito si fa riferimento alla relazione fotografica.
9 VALUTAZIONE DEL RISCHIO ARCHEOLOGICO
9.1 Sintesi dell’analisi bibliografica
L’analisi condotta evidenzia che, nonostante l’area in esame sia stata pesantemente condizionata
dagli interventi antropici di età moderna, la frequentazione del territorio milanese è documentata
senza soluzione di continuità dall’età protostorica alla fase postmedievale. Le più antiche evidenze
archeologiche in giacitura primaria, datate al V sec. a.C, indicano la presenza di uno o più
insediamenti umani nell’area rilevata centrale di Milano. I reperti della tarda età del Ferro rinvenuti
nella parte orientale della città (allegato tav. n. 1) individuano una concentrazione che dal Palazzo
reale si estende fino a c.so Europa e via S. Paolo: ciò sembra indiziare un nucleo abitativo o tracce
di frequentazione lungo una direttrice est-ovest, che potrebbero interessare il territorio oggetto di
indagine. Un secondo momento testimoniato dalle evidenze archeologiche è la romanizzazione, la
piena età romana, la tarda età romana, quando Milano divenne capitale dell’Impero. Anche per
questa fase, la tavola allegata (allegato tav. n. 2), dimostra la presenza di edifici romani (le terme
Erculee, ad esempio) a breve distanza dalla Porta Orientalis. La carta di Milano di Francesco
Valegio, edita a Venezia verso la fine del ‘500 (allegato tav. n. 3), testimonia l’esistenza di una serie
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di strade, disposte a raggiera, che si dipartono dal centro della città. Questi dati, seppur in forma
ipotetica, suggeriscono la possibilità di percorsi viari secondari, che uniscono Milano al suo territorio
rurale. Inoltre, la parte est del territorio milanese sembra interessata dalla presenza di tracce
centuriali aventi un’inclinazione oscillante intorno ai 12/13 ad W del nord geografico. Il paesaggio
doveva presentarsi come costellato da insediamenti di piccole e medie dimensioni, raggiungibili
tramite un reticolo di strade collegato alla viabilità principale; il territorio oggetto di studio risulta
compreso tra due arterie di età romana: la strada proseguimento del decumanus maximus,
corrispondente all’odierno corso di Porta Romana, che si dirigeva verso Laus Pompeia e quella che
si dirigeva verso il cremasco.
Dopo l’anno Mille, lo sfruttamento agricolo della campagna milanese ebbe grande impulso, anche
grazie ad opere di bonifica, canalizzazione e realizzazione delle infrastrutture di base, che resero il
terreno più produttivo. Gradualmente, tra il XII ed il XIV sec., la città ed il contado si svilupparono
parallelamente, come parti di un fenomeno osmotico: Milano fu trainata da una ripresa economica
che, traendo alimento dalle trasformazioni dell’economia rurale realizzatesi dell’XI sec., fece fiorire le
imprese artigianali e professionali e le attività produttive ad esse connesse, quali, ad esempio, i
mulini idraulici. Infine, la campagna milanese vide l’affermarsi della “cascina” come innovativa forma
di insediamento produttivo, sociale ed economico. Milano, divenuta precocemente sede episcopale,
continuò ad avere un ruolo di grande rilevanza in ambito religioso. Il territorio di Sesto San Giovanni
(all. tav. n. 4) ed in particolare la chiesa di S. Maria Assunta furono visitati da Carlo Borromeo nel
1582 (scheda MI100-06959 dei Beni culturali della Lombardia).
9.2 Individuazione delle aree a rischio archeologico
Il territorio in esame ha subito i danni di una forte antropizzazione nel corso dei secoli: ciò fa
escludere il rischio elevato- D’altra parte, l’intervento previsto, potenzialmente, potrebbe intaccare
una stratigrafia compatibile con l’epoca protostorica e romana; gli interventi di scavo archeologico
urbano protostorico e romano e le necropoli di età romana si collocano stratigraficamente tra m 1 e
m 2 di quota dal piano-strada. Inoltre, la porzione di territorio in esame risulta essere in posizione
intermedia tra i percorsi viari per Laus Pompeia e per il cremasco. Tracce relative alla centuriazione
sono state individuate nella parte est del territorio milanese, con un’inclinazione oscillante intorno ai
12/13 ad W del nord geografico, così come nella tavoletta IGM F.45 II NE Melzo, adiacente all’area
di studio; nell’area compresa nella tavoletta IGM F. 45 II NO Milano est sono visibili due allineamenti
sull’asse dei cardines - il primo ad ovest di Mezzate con prosecuzione verso sud e il secondo tra
Fiorano e Mirazzano e prosecuzione verso sud; inoltre, evidenze relative alla divisione agraria delle
campagne è stata ritrovata in provincia di Bergamo (Carta archeologica della Lombardia, Bergamo, a
cura di R. Poggiani Keller, 1992). Pertanto, si ritiene possibile che il territorio in esami conservi tracce
della divisione agrimensoria. In epoca medievale epost-medievale, numerosi sono i siti significativi
per la presenza di mulini, insediamenti produttivi ed edifici di culto (cfr schede di sito).
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L’analisi della cartografia storica (allegati nn. 3, 4) ha dimostrato l’assenza di edifici nell’areale
oggetto di intervento. La ricognizione superficiale non ha restituito informazioni utili alla definizione
del rischio archeologico, sia per la copertura vegetazionale, sia per il tipo di coltivazioni in atto.
Il territorio, scarsamente conosciuto dal punto di vista archeologico, presenta elementi tali da essere
considerato potenzialmente a rischio archeologico assoluto medio.
9.3 Classificazione del rischio archeologico relativamente alle opere progettuali
In considerazione delle tipologie di intervento previste, che contemplano la posa dell’elettrodotto alla
profondità di m 1,50 dal piano di campagna, si ritiene pertanto che il potenziale rischio archeologico
relativo alle opere di scavo in progetto sia da considerarsi medio per i tratti di intervento a cielo aperto,
compresi gli scavi estesi che dovessero essere realizzati per la preparazione dei tratti in TOC. Questi
ultimi, invece, per la tecnica di scavo prevista, sono a potenziale rischio archeologico assente.
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10 ARCHIVI, BIBLIOGRAFIA, SITOGRAFIA
Archivi Osservazioni
Archivio della Soprintendenza Archeologia della
Lombardia, fascicolo di Sesto S.Giovanni Utile all’esame dei dati
Archivio di Stato di Milano Di interesse generale
Bibliografia Osservazioni
Alemani P., Lineamenti geologici e idrogeologici
della Pianura Padana in M.V. Antico Gallina (a
cura di), Acque interne: uso e gestione di un
territorio, Milano 1996
Di interesse generale
Antico Gallina M., Problematica
dell’insediamento nel territorio milanese dall’età
romana all’alto medioevo, Milano 1986
Di interesse generale; utile all’esame dei
dati
Antico Gallina M., L’assetto territoriale di
Mediolanum: proposta di lettura, pp. 51-88 in
Civiltà padana. Archeologia e storia del territorio,
IV, 1993
Utile all’esame dei dati
Antico Gallina M., Da Treitio a Trecio. La
gestione del territorio tra romanità e Medioevo,
in Archeologia medievale a Trezzo sull’Adda, pp.
8-25, 2012
Utile all’esame dei dati
Bandelli G., Il nuovo quadro storico, pp. 156-
162, in Tesori della Postumia, Milano 1998 Di interesse generale
Bolla M., Le necropoli romane di Milano, in
RASMI, supplemento V, 1988 Utile all’esame dei dati
Bonora Mazzoli G., La rete stradale in Milano
capitale dell’Impero romano 286-402 d.C.,
Milano 1990
Utile all’esame dei dati
Bonora Mazzoli G., La centuriazione, pp. 172-
173, in Tesori della Postumia, Milano 1998 Utile all’esame dei dati
Bolla M., Le necropoli romane di Milano, in
RASMI, supplemento V, 1988 Utile all’esame dei dati
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Castelletti L, Rottoli M., Il paesaggio
antropizzato romano, pp. 175-183 in in Tesori
della Postumia, Milano 1998
Utile all’esame dei dati
Ceresa Mori A., Le origini di Milano. Stato degli
studi e prospettive di ricerca, pp. 362-380 in La
Protostoria in Lombardia, Milano 2001
Utile all’esame dei dati
De Marinis R. C., Il periodo Golasecca III A in
Lombardia, in Studi Archeologici, Bergamo 1981
(a)
Di interesse generale
De Marinis R. C., Appunti sul Bronzo Medio,
Tardo e Finale in Lombardia, pp. 173-204 in La
prima età del Ferro in Lombardia in AA.VV., Atti
del primo convegno archeologico regionale,
Brescia 1981 (b)
Di interesse generale
Di Maio P., Lungo il fiume – Terre e genti
nell’antica valle dell’Olona, Legnano 1998 Utile all’esame dei dati
Dolci M., Perviae paucis Alpes: viabilità romana
attraverso i valichi delle Alpi Centrali, BAR
International series, Oxford 2003
Di interesse generale
Dolci M., La viabilità. 2009 Di interesse generale
Forcella V., Seletti E., Iscrizioni cristiane in
Milano anteriori al IX secolo, Codogno 1897 Utile all’esame dei dati
Fumagalli A., Le vicende di Milano durante la
guerra con Federigo I‘imperatore illustrate colle
pergamene di que' tempi e con note aggiuntavi
la topografia antica della stessa città, Milano
1778
Utile all’esame dei dati
Fumagalli A., Delle antichità longobardico-
milanesi illustrate con dissertazioni dai monaci
della congregazione cisterciese di Lombardia,
vol. IV, Milano 1793
Utile all’esame dei dati
Gambari F. M., Le dinamiche territoriali nella
Preistoria e Protostoria del Novarese, pp. 43-57
in Tra terra e acque, Carta archeologica della
provincia di Novara, Novara 2004
Di interesse generale
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Grassi M.T., La romanizzazione degli Insubri.
Celti e Romani in Transpadana attraverso la
documentazione storica e archeologica, Milano
1995
Di interesse generale
Grassi, M. T. Gli Insubri, pp. 84-87 in Tesori
della Postumia, Milano 1998 Di interesse generale
Mirabella Roberti M., Milano romana,
Sant’Arcangelo di Romagna,1984 Utile all’esame dei dati
Olivieri D., Dizionario di toponomastica
lombarda, Milano 1961 Utile all’esame dei dati
Palestra A., Le strade romane nel territorio della
diocesi di Milano, in Archivio Storico Lombardo,
serie X, vol. IV, anno CIV, 1978, pp. 7-42
Di interesse generale
Passerini A., Il territorio insubre in età romana, in
Storia di Milano, vol. I, 1953, pp. 112-214 Utile all’esame dei dati
Pearce M., Il territorio di Milano e Pavia tra
Mesolitico e Prima età del Ferro, Firenze 1994 Di interesse generale
Previato L., San Giuliano Milanese: cenni storici,
San Giuliano Milanese 1975 Utile all’esame dei dati
Rapetti A.M., Dalla curtis al dominatus loci: la
proprietà fondiaria nel Milanese tra IX e XII
secolo, in R. Comba, F. Panero (a cura di),
Aziende agrarie nel medioevo. Forme della
conduzione fondiaria nell’Italia nord-occidentale
(secoli IX-XV), in Bollettino della Società per gli
Studi Storici, Archeologici ed Artistici della
Provincia di Cuneo, 123, 2, 2000, pp. 13-57
Di interesse generale; utile all’esame dei
dati
Rossetti G., Società e istituzioni nel contado
lombardo durante il Medioevo, Cologno
Monzese (sec. VIII-X), vol. I, Milano 1968
Di interesse generale
Rossignani M. P., Romanizzazione de romanità
negli insediamenti urbani dell’Italia
Transpadana, pp. 315-338 in Tesori della
Postumia, Milano 1998
Di interesse generale
Piano Tecnico delle Opere Relazione archeologica
Codifica
RV23919A1BBX00107
Rev. 00
15/09/2018 Pag. 39 di 40
Ruffa M., La ceramica protostorica, in AA.VV.,
Milano. Via Conca del Naviglio 25, in Notiziario
della Soprintendenza per i Beni Archeologici
della Lombardia 199-2000, Milano 2002,
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Di interesse generale
Sannazzaro M., Attestazioni vescovili in
Lombardia, in Milano capitale dell’Impero
romano 286-402 d.C., Milano 1990, p. 88
Di interesse generale
Sena Chiesa G., Il territorio in Milano capitale
dell’Impero romano 286-402 d.C., Milano 1990,
pp. 233-236
Di interesse generale
Sena Chiesa G., Popolamento del territorio,
rapporti culturali e commerciali lungo la via, pp.
326—338 in Tesori della Postumia, Milano 1998
Di interesse generale
Spagnolo Garzoli G., Il Novarese in Milano
capitale dell’impero romano. 286-402 d.C.,
Milano 1990
Di interesse generale
Spagnolo Garzoli G., Novara e le sue campagne
tra celti e romani in G. Cantino Wataghin, E.
Destefanis, Tra pianura e valichi alpini.
Archeologia e storia in un territorio di transito.
Atti del Convegno, Galliate, 20 Marzo 1999.
Vercelli 2001, pp. 57-72
Di interesse generale
Torre C., Il ritratto di Milano, diviso in tre libri,
colorito da Carlo Torre, canonico dell'insigne
basilica degli Appostoli, ... Nel quale vengono
descritte tutte le antichità, e modernità, che
vedeuansi, e che si vedono nella città di Milano,
Milano 1674
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Codifica
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15/09/2018 Pag. 40 di 40
Sitografia: Osservazioni
www.academia.edu/1966817/La_vita_economica_a_Milano_e
_in_Lombardia_secoli_XI-XV_, pp. 1-29, Bellosta R.
www.lombardiabeniculturali.it Utile all’esame dei dati
www.storiadimilano.it/Repertori/cascine/cascineweb