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1 Torna all’indice Teoria di una linea di trasmissione Un sistema elettrico costituito, nella sua versione più elementare, da due fili conduttori paralleli di lunghezza indefinita è detta linea di trasmissione. Vediamo ora di studiarne il comportamento nella ipotesi di perdite nulle. Consideriamo due conduttori metallici posti a distanza costante e di lunghezza indefinita. Tale linea sia caratterizzata da una induttanza L e da una capacità C per unita di lunghezza: consideriamo due punti lungo la linea di ascissa x e x+dx rispettivamente. Poichè la corrente I varia nel tempo, tra i due punti x e x+dx, in seguito alla presenza di una induttanza elementare, si stabilirà una differenza di potenziale (legge di Faraday) data da: t I L x V - = d’altronde se c’è una variazione di tensione nella cella considerata, anche la carica accumulata nella capacità elementare dovrà variare; quindi possiamo scrivere: t V C x I - = che corrisponde alla variazione di corrente nel tratto elementare dx ; derivando la prima delle due equazioni rispetto a x e la seconda rispetto a t, otteniamo: t x I L x V 2 2 2 - = e 2 2 2 t V C x t I - = . Sostituendo allora la seconda nella prima si ottiene alla fine: 2 2 2 2 t V LC x V = .Analogamente derivando la prima delle due equazioni rispetto a t e la seconda rispetto a x si ottiene: t x V C x I t I L t x V 2 2 2 2 2 2 - = - = e da queste, analogamente a prima, si ottiene: 2 2 2 2 t I LC x I = Abbiamo così ottenuto una coppia di equazioni differenziali nelle variabili Ve I, e cioè le seguenti due equazioni: = = 2 2 2 2 2 2 2 2 t I LC x I t V LC x V ciascuna di queste due è l’equazione unidimensionale delle onde elettromagnetiche e implica la propagazione per onde della tensione V e della corrente I con velocità costante v data da: LC v 1 = dall’analogia con l’equazione delle onde elettromagnetiche in cui si ricava: me 1 = v risulta alla fine che me = LC , cioè che il prodotto della induttanza e della capacità per unità di lunghezza è uguale al prodotto della permeabilità e della costante dielettrica del mezzo.

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Teoria di una linea di trasmissione Un sistema elettrico costituito, nella sua versione più elementare, da due fili conduttori paralleli di lunghezza indefinita è detta linea di trasmissione. Vediamo ora di studiarne il comportamento nella ipotesi di perdite nulle. Consideriamo due conduttori metallici posti a distanza costante e di lunghezza indefinita. Tale linea sia caratterizzata da una induttanza L e da una capacità C per unita di lunghezza:

consideriamo due punti lungo la linea di ascissa x e x+dx rispettivamente. Poichè la corrente I varia nel tempo, tra i due punti x e x+dx, in seguito alla presenza di una induttanza elementare, si

stabilirà una differenza di potenziale (legge di Faraday) data da: t

IL

x

V

∂∂

∂∂

−= d’altronde se c’è una

variazione di tensione nella cella considerata, anche la carica accumulata nella capacità elementare

dovrà variare; quindi possiamo scrivere: t

VC

x

I

∂∂

∂∂

−= che corrisponde alla variazione di corrente nel

tratto elementare dx ; derivando la prima delle due equazioni rispetto a x e la seconda rispetto a t,

otteniamo:tx

IL

x

V

∂∂∂

∂∂ 2

2

2

−= e 2

22

t

VC

xt

I

∂∂

∂∂∂

−= . Sostituendo allora la seconda nella prima si

ottiene alla fine: 2

2

2

2

t

VLC

x

V

∂∂

∂∂

= .Analogamente derivando la prima delle due equazioni rispetto

a t e la seconda rispetto a x si ottiene:

tx

VC

x

I

t

IL

tx

V

∂∂∂

∂∂

∂∂

∂∂∂

2

2

2

2

22

−=

−=

e da queste, analogamente a prima, si ottiene:2

2

2

2

t

ILC

x

I

∂∂

∂∂

= Abbiamo così ottenuto una coppia di

equazioni differenziali nelle variabili Ve I, e cioè le seguenti due equazioni:

=

=

2

2

2

2

2

2

2

2

t

ILC

x

I

t

VLC

x

V

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

ciascuna di queste due è l’equazione unidimensionale delle onde elettromagnetiche e implica la

propagazione per onde della tensione V e della corrente I con velocità costante v data da: LC

v1

=

dall’analogia con l’equazione delle onde elettromagnetiche in cui si ricava:µε

1=v

risulta alla fine che µε=LC , cioè che il prodotto della induttanza e della capacità per unità di

lunghezza è uguale al prodotto della permeabilità e della costante dielettrica del mezzo.

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E’ facile verificare questo risultato per un caso pratico come il cavo coassiale: cioè per un sistema a costanti distribuite costituito da due conduttori cilindrici coassiali di raggi a per quello interno e b per quello esterno.

l’induttanza si ricava essere uguale a:

⋅⋅=

a

bhL ln

2

1' µ

π

mentre la capacità:

=

a

b

hC

ln

2'

πε

da cui il prodotto LC per unità di lunghezza dà il seguente risultato: µε=LC

E’ da notare che la velocità di propagazione è indipendente dalla geometria del cavo e dipende solo dalle caratteristiche del mezzo utilizzato come isolante. Poiché, come abbiamo dimostrato, la tensione V e la corrente I si propagano nella linea come un’onda elettromagnetica, la soluzione generale dell’equazione sarà del tipo:

[ ])()(1

),(

)()(),(

0

vtxgvtxfR

txI

vtxgvtxftxV

+−−=

++−=

la ragione del segno meno nella soluzione della corrente I(x,t) ha motivazioni fisiche e verrà spiegata più avanti, ora ci interessa rilevare che nella linea possono coesistere onde di tensione o di corrente di tipo progressivo e di tipo regressivo. Occorre dare una espressione esplicita alla Ro, che viene detta “impedenza caratteristica” della linea. Per fare ciò poniamo per semplicità: V(x,t)=f(x-vt)

cioè consideriamo solo un’onda progressiva intendendo che la dimostrazione è valida anche per quella regressiva. Riscriviamo allora le equazioni della linea:

−=

−=

t

VC

x

It

IL

x

V

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

se, come abbiamo posto, si ha che V(x,t)=f(x-vt), allora otteniamo che :

t

f

LCt

fv

t

Vx

f

x

V

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

⋅−=−=

=

1

che sostituite nel sistema scritto prima danno il seguente risultato:

⋅=⋅⋅=

−=

t

f

L

C

t

f

LCC

x

I

t

IL

x

f

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

1

ora, queste equazioni sono verificate se, e solo se: )(),( vtxfL

CtxI −⋅= ; infatti se noi andiamo

a derivare questa ultima espressione rispetto a x e rispetto a t, otteniamo il seguente risultato:

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t

f

Lt

f

LCL

C

t

I

x

f

L

C

x

I

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

⋅−=⋅⋅−=

⋅=

11

che, sostituite nella precedente coppia, ci danno:

⋅=

=

t

f

L

C

x

f

L

C

t

f

x

f

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

quindi si è dimostrato che, se V(x,t)=f(x-vt), ovvero nella linea si propaga solo un'onda progressiva,

allora si ha che : )(),( vtxfL

CtxI −⋅= ovvero: ),(),( txV

L

CtxI ⋅= dalla quale otteniamo

),(),( txIC

LtxV ⋅=

e quindi risulta definita l’impedenza caratteristica della linea R0 : C

LR =0

E’ da notare che il rapporto tra la tensione V(x,t) e la corrente I(x,t) non dipende né da x né da t. Attenzione : questo risultato è stato ricavato nel caso di sola onda progressiva di tensione, che

significa linea di lunghezza infinita o, come è evidente, terminata su una impedenza pari a R0. In particolare questo è valido anche per x=0, cioè all’origine della linea (dove è in generale posta l’eccitazione). Tale riflessione ci permette di escogitare un semplice, quanto ovvio, metodo per la determinazione sperimentale di R0.Nel caso più generale il rapporto V(x,t)/I(x,t) è una funzione di x e di t in quanto all’onda progressiva di V(x,t), si somma quella regressiva, mentre all’onda progressiva di I(x,t) si sottrae la relativa regressiva. Se così non fosse, cioè se la V(x,t) e la I(x,t) fossero entrambe somma o differenza di funzioni di argomenti vtx ± , il rapporto sarebbe sempre,

cioè per qualsiasi carico, uguale a R0. La realtà è diversa, cerchiamo allora di darne una spiegazione fisica.Supponiamo che la linea sia terminata con una impedenza qualsiasi diversa da R0 ed eccitiamo ad una estremità la linea con un gradino di tensione positiva che produca nella linea un’onda di tensione progressiva, di conseguenza il potenziale di punti via via più lontani dalla sorgente si innalza all’arrivo dell’onda, le cariche necessarie a ciò sono portate da una corrente che è anch’essa progressiva. Se sulla linea è presente un’onda regressiva di tensione positiva (ciò che accade con carico 0 ), i punti della linea ad ascissa via via minore

all’arrivo dell’onda questo è fatto ad opera di una corrente che risulta avere verso opposto

precedente. Possiamo dunque concludere che onde di tensione progressive o regressive ma di polarità sono accompagnate da onde di corrente di polarità .La situazione si può schematizzare nel modo seguente:

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Coefficiente di riflessione

Consideriamo una linea terminata con una impedenza R qualsiasi e di lumghezza h, possiamo allora schematizzarla come segue:

all’estremo chiuso su R si dovrà verificare che per ogni t: 0)()(

)()(

),(

),(R

vthgvthf

vthgvthf

thI

thVR ⋅

+−−++−

==

da cui otteniamo che: )()()()( 00 vthgRvthfRvthgRvthfR +⋅+−⋅=+⋅−−⋅

e svolgendo ulteriormente questa espressione:

)()(

)()()()(

0

0

00

vthfRR

RRvthg

RRvthfRRvthg

−⋅+−

=+

−⋅−=+⋅+

quest’ultima si può anche scrivere come: )()(0

0

vhtf

RR

RRv

htg −⋅+−

=+

abbiamo così ottenuto che l’onda regressiva si può ricavare da quella progressiva moltiplicando per

un fattore che viene detto coefficiente di riflessione e che ha la seguente espressione: 0

0

RR

RR

+−

se ora facciamo una sostituzione di variabile ponendo: v

ht +=ϑ .La relazione scritta prima diventa

a questo punto: )2()( vhfg −⋅= ϑρϑ ; cioè l’onda riflessa si ottiene da quella incidente

calcolando questa per l’argomento diminuito del tempo vhtd /22 = e attenuata del fattore ρ . Come

dire che la linea introduce un ritardo pari td nella propagazione del segnale.

Campo di variazione del coefficiente di riflessione

Dalla formula già esaminata e che qui riscriviamo: 0

0

RR

RR

+−

=ρ possiamo analizzare le seguenti

casistiche:

1) linea in corto circuito (R=0) ⇒ 1−=ρ

2) linea aperta (R= ∞ ) ⇒ 1+=ρ

3) linea adattata ( 0RR = ) ⇒ 0=ρ

Caratteristiche del cavo RG58

mns

vt

Rm

pFC

d 51

50

90

0

==

Ω=

=

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Semiconduttori (Cenni) In generale si intende con questa denominazione un vasto gruppo di sostanze comprendenti elementi inorganici ed organici, cristallini e non, che presentano una resistività intermedia tra i conduttori e gli isolanti. Questa definizione fu data verso la metà dell‘ottocento, quando gli scienziati iniziarono ad occuparsi di questo tipo di materiali. Un‘altra caratteristica che caratterizza questi materiali, messa in luce per la prima volta da Faraday (1833), fu la dipendenza della resistività dalla temperatura : la resistività diminuisce all‘aumentare della temperatura T. Per molti anni, dopo Faraday, non successe quasi nulla, finché, nel 1879, F.Braum e W.Smith osservarono, rispettivamente, le proprietà rettificanti del solfuro di piombo, e il fenomeno della fotoconduzione del selenio ( Se ); quasi contemporaneamente (1879) fu evidenziato l‘effetto Hall. Le basi per la comprensione della natura dei processi osservati furono poste da A.H.Wilson nel 1931, che sviluppò la teoria delle bande dei livelli elettronici. La successiva applicazione della meccanica quantistica ( 1930 - 1940 ) alla fisica dei solidi fece fare il “ salto “ dall’era Faraday alla vera fisica dei semiconduttori. L’invenzione poi del transistor da parte di W.Shockley, J.Bardeen, W.H.Brattain nel 1948, diede un nuovo vigoroso impulso alla ricerca di nuovi dispositivi con queste proprietà. Essa si concentra sui composti organici ad anello benzenico, come l’antracene ( che è anche un ottimo scintillatore ), perilene, ... , e in sistemi molecolari che entrano nella costituzione degli organismi viventi ( clorofilla, emoglobina, DNA , ... ). I semiconduttori più noti ed anche più usati attualmente per le applicazioni pratiche sono : il silicio (Si) e il germanio (Ge) e altri composti ottenuti da elementi del 3° e del 4° gruppo del sistema periodico. Le proprietà più importanti di tali elementi si possono sintetizzare nei seguenti punti:

1) resistività tra m⋅Ω− 45 10 e 10 , cioè intermedia tra un conduttore e un isolante.

2) diminuzione della resistività con l’aumento della temperatura T. 3) fotoconduzione :grande efficienza quantica nell’effetto fotoelettrico. 4) grande potere termoelettrico. 5) grande sensibilità al drogaggio : poche p.p.m. variano fortemente la conduttività. 6) possibilità di pilotare con un campo elettrico il comportamento da conduttore a isolante.

Struttura a bande (Cenni)

Usando la schematizzazione a bande di livelli elettronici, si nota che la differenza tra un isolante e un semiconduttore non è poi così essenzi ale.Infatti, essi, a temperatura sufficientemente bassa sono caratterizzati da una banda di valenza completamente piena, con al di sopra una banda non occupata da elettroni detta di conduzione.

Le due bande sono separate da una banda di livelli proibiti ( banda proibita ).

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La differenza sostanziale risiede nell’ampiezza della banda proibita che è molto minore nei semiconduttori rispetto agli isolanti: ( ) ( )IsolantiEtoriSemicondutE GapGap <<

Inoltre il fatto che a temperatura ambiente ( KT 300≈ ) si ha eVkT 31026 −⋅≈ implica che già a

questa temperatura, in seguito all’energia termica, una frazione degli elettroni dalla banda di valenza, superando la gap, va a popolare i livelli nella banda di conduzione nei semiconduttori ( ( ) kTtoriSemicondutEGap ≈ ), mentre negli isolanti ciò non avviene perché : ( ) kTIsolantiEGap >> .

Ad esempio ecco alcuni valori : ( )( ) eV 0.66

12.1

GeE

eVSiE

Gap

Gap

La struttura cristallina del germanio (e del silicio) è simile a quella del diamante : disposizione tetraedrica degli atomi che sono legati in legame covalenti con i quattro atomi primi vicini per costituire un doppietto elettronico.

Allo zero assoluto gli elettroni riempiono completamente la banda di valenza. In seguito all’agitazione termica alcuni di questi legami si spezzano e i corrispondenti elettroni rimangono liberi nel cristallo ( ovvero vanno a popolare la banda di conduzione ).Il legame rotto si presenta come una lacuna nel legame covalente ( ovvero una buca nella banda di valenza ). Quindi riassumendo : alla transizione di un

elettrone dalla banda di valenza a quella di conduzione

corrispondeuna buca in quella di valenza. Il legame rotto può essere però ristabilito da un elettrone che fa parte di un atomo adiacente che in seguito a ciò manifesta una lacuna. Ciò equivale allo spostamento della buca dal primo, al secondo atomo vicino. Ovvero : anche le buche ( con carica positiva ) possono muoversi nella banda di valenza. Volendo riassumere diremo che :in un semiconduttore puro ( intrinseco ) esiste un moto caotico di

elettroni liberi e buche, quindi i portatori della carica elettrica sono di due tipi : elettroni (carica

negativa ) e buche (carica positiva ). Applicando la statistica di Fermi - Dirac al sistema si ottiene la legge dell’azione di massa :

TK

E

i

GAP

eTAnpn ⋅−

⋅⋅==⋅ 32

dove le lettere usate hanno il seguente significato: n = densità degli elettroni nella banda di conduzione p = densità delle buche nella banda di valenza EGAP = energia del gap

A = costante

Sperimentalmente si vede che il valore di ( )KTmeTAn KTE

i

GAP

300@10 316223

≈⋅≈⋅⋅= −−

Questo valore della densità delle cariche in un semiconduttore intrinseco se confrontato con il numero di atomi per unità di volume ( circa 1029 m-3 ) ci fa capire come solo una frazione molto piccola degli atomi è ionizzata. Vale a dire che la concentrazione degli elettroni nella banda di conduzione e delle lacune in quella di valenza è molto bassa. Ricordiamo chiaramente che per un semiconduttore intrinseco deve essere n=p

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Semiconduttori estrinseci o drogati

Quando un semiconduttore contiene atomi di impurezze si hanno livelli di energia che cadono anche nella banda proibita. Queste impurezze possono essere : - donatrici di elettroni - accettrici di elettroni Se si introducono atomi del 5° gruppo come As (arsenico) o Sb (antimonio), nel cristallo del semiconduttore, essi vanno a sostituire nel legame covalente quelli del Ge (germanio) o Si (silicio). Dei 5 elettroni di valenza, 4 formano legami covalenti con i 4 atomi primi vicini, mentre il 5° rimane debolmente legato al suo atomo che può quindi essere facilmente ionizzato per agitazione termica. In questo modo l’elettrone viene ad aggiungersi alla banda di conduzione . I semiconduttori che contengono tali impurezze si chiamano di tipo N . Essi contengono più elettroni

nella banda di conduzione che buche in quella di valenza. Quindi gli elettroni sono considerati portatori maggioritari.Se invece le impurezze sono del 3° gruppo come Al (alluminio), Ga (gallio) o In (indio), che hanno solo 3 elettroni di valenza, si ha un legame covalente non saturato.Questo stato non saturato corrisponde nella banda di valenza all’aggiunta di buche a quelle presenti. I semiconduttori che contengono tali impurezze si chiamano di tipo P. Essi contengono più buche

nella banda di valenza che elettroni in quella di conduzione. Quindi le buche sono considerate portatori maggioritari. -La legge dell’azione di massa è ancora valida e la condizione di neutralità della carica si può esprimere nella forma : AD NNpn −=−

Essendo:

accettori atomi di numero= e donori atomi di numero AD NN = ; che variano da 32621 10 10 −ma nei

semiconduttori drogati appositamente. Allora nei semiconduttori di tipo N si avrà : 1621 10 e 10 che dato poichè e 0 ==>>= pNpNN DDA

Risulta : DNn ≈ vale a dire la concentrazione degli elettroni è circa uguale a quella dei donatori . Le

cariche minoritarie sono le p e si avrà: D

i

N

np

2

=

Nei semiconduttori di tipo P si ha invece:

)minoritari (portatori ri)maggiorita (portatori risulta 02

A

iAAD N

nnNpnNN ≈≈>>=

Giunzione p-n

Quando due materiali semiconduttori drogati in modo diverso (P-N) vengono messi a contatto in modo da formare una giunzione, la diversa concentrazione dei portatori di carica (P o N) nei due materiali promuove una diffusione delle cariche dalla zona dove sono maggioritarie verso quella in cui sono minoritarie. Il risultato di questo processo è quello di creare una zona di carica spaziale (ioni senza la carica vicino) positiva nel materiale N e negativa in quello P a ridosso della superficie di contatto. Questa zona viene perciò detta di svuotamento (depletion layer ) Il campo elettrico che si viene a formare di conseguenza ostacola una ulteriore diffusione dei portatori maggioritari ma favorisce una corrente di portatori minoritari, detta corrente di drift. Quando la carica totale che attraversa la giunzione è nulla si raggiunge l’equilibrio e il processo si arresta.

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Barriera di potenziale

Polarizzazione della giunzione

Polarizzazione diretta:

Il campo →

E dovuto alla sorgente esterna BV ha verso opposto a quello creato dallo svuotamento,

quindi l’effetto è quello di abbassare la barriera e favorire la corrente dei portatori maggioritari o di diffusione e diminuire quella dei portatori minoritari o di drift. Quindi la corrente di diffusione o diretta dipende dalla tensione VB applicata. Essa è ben rappresentata dall’equazione di Shockley:

)1( −= TVV

eII Rη con VT =

e

KT= Volt3

19

23

1026106.1

3001038.1 −−

⋅≈⋅

⋅⋅

cos ),(

truttivetichecaratterisdalleeSiGe

toresemicondutditipodaldipendentetecoefficien=η ( 21 ≤≤ η )

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Polarizzazione inversa

In questo caso il campo →

E dovuto all’alimentazione esterna Vb è tale da aumentare la barriera di potenziale, quindi la corrente di diffusione tende rapidamente ad annullarsi, mentre quella di drift tende ad aumentare. Essa però essendo data dai portatori minoritari, cioè dalle cariche intrinseche determinate fortemente dalla temperatura, tenderà rapidamente alla saturazione. Aumentando ulteriormente la Vb si arriva ad un potenziale che determinerà la rottura della giunzione.

Caratteristica corrente-tensione

Per piccoli valori di tensione di polarizzazione diretta ( Siper 6.0 e Geper 2.0 VVVV BB ≅≤ ) la

caratteristica ha un andamento esponenziale ( formula di Shockley ), oltre, il comportamento è all’incirca lineare perché la barriera di potenziale è già ridotta al minimo possibile e entra in gioco la resistenza diretta statica del semiconduttore.Allora una giunzione a semiconduttori P-N si comporta : n come un sistema non lineare per piccoli valori di tensione diretta applicata

( Siper 6.0 e Geper 2.0 VVVV BB ≅≤ )

n come un interruttore a stato solido in quanto ha una bassa resistività per tensioni dirette mentre ha un’altissima resistività per tensioni inverse. Cioè si comporta come un dispositivo rettificatore ( un diodo).

Resistenza dinamica

Dall’equazione di Shockley possiamo ricavare :

RT

R

RT

I

IVV

I

IIVV

ln

)ln(

η

η

+=

Definiamo resistenza dinamica rd =I

V

∂∂

per cui si ha :

Ω⋅

≈=⋅=−

II

V

II

IVr T

R

RTd

310261 ηη

Per Ω≈→= 26r 1 dmAI

Dipendenza dalla temperatura

La temperatura, come abbiamo visto, cambia la popolazione della banda di conduzione attraverso l’eccitazione termica KT . Quindi ne conseguirà una variazione della corrente IR . Essa può essere

espressa ricordando la legge di azione di massa : KT

E

R

GAP

eBTI 223 −

=

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Se ricaviamo la T

I R

∂∂

e mettiamo i valori delle EGAP (0.66 V per Ge, 1.12 V per Si) otteniamo

Si ilper T

T d 45

Ge ilper T

T d 27

R

R

R

R

I

Id

I

Id

Cioè per variazione dell’1 % della temperatura si ha un incremento della corrente del 30 % nel Ge e del 50 % nel Si. La variazione della corrente dei portatori minoritari con T porterà un conseguente variazione della caduta di potenziale V ai capi del diodo:

T d

I d

I dV d

T dV d R

R

= sviluppando i calcoli si arriva ad una semplice espressione : C−≈T d

V d

Dove C è circa costante e vale circa 2.5 mV/°C per il silicio per una corrente media di circa 1 mA. Valori inferiori si ottengono per il germanio. E’ importante notare la proporzionalità inversa tra temperatura e tensione ai capi del diodo

All’aumentare della temperatura diminuisce la tensione ai capi del diodo. Questo fenomeno si può spiegare dal punto di vista fisico considerando che l’aumento di T provoca un aumento della corrente dei portatori minoritari che contribuisce alla corrente diretta totale. Questo vuol dire che per ottenere la stessa corrente totale è ora sufficiente una tensione di polarizzazione minore. Da un punto di vista circuitale possiamo far riferimento al circuito tipico elementare di polarizzazione di un diodo :

VB è un alimentatore di tensione costante. All’aumentare di T la corrente totale I aumenta, quindi poiché VB = Cost., VD deve diminuire. Ricordiamo che DB VRIV +⋅= .

Quadro riassuntivo

Grandezza Fisica

Ge (germanio) Si (silicio)

dT

dI R T

dT27≈

T

dT45≈

dT

dV Minore

C

mV 6.2

o−

RI Aµ 1001− nA 10010 −

MjT 120 °C 200 °C

BRV Minore Maggiore

In generale le ultime 3 righe della tabella evidenziano i punti più rilevanti nella maggior parte delle applicazioni, e quindi solitamente si preferisce il silicio.

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Transistor

Se realizziamo una doppia giunzione con criteri opportuni otteniamo un dispositivo detto transistor (abbreviazione dell’inglese trans(fer-re)sistor). I criteri essenziali sono semplici : 1. il semiconduttore intermedio deve avere un spessore molto minore degli altri due. 2. il semiconduttore intermedio deve avere una concentrazione di portatori maggioritari molto

inferiore degli altri due. Le polarizzazioni possibili sono 3: n entrambe dirette n entrambe inverse n una diretta , l’altra inversa L’unica cosa che può stabilire una interazione ragionevole è la terza.

L’abbassamento della barriera di potenziale della giunzione E-B ( polarizzazione diretta ), promuove una corrente di portatori maggioritari di tipo P dall’emettitore verso la base. Poiché la concentrazione di elettroni ( N ) nella base è molto minore di quella delle lacune P nell’emettitore ( e nel collettore ) e poiché lo spessore della base è piccolo rispetto a quello dell’emettitore ( e del collettore ) il tempo di permanenza nella base dei portatori maggioritari di tipo P provenienti dall’emettitore è molto minore della loro vita media nella stessa. Allora la maggior parte ( ≈ 99 %) delle buche provenienti dall’emettitore raggiungono la giunzione base-collettore . Questa, essendo polarizzata inversamente sollecita le lacune a raggiungere il collettore. In altri termini le lacune provenienti dall’emettitore, una volta superata la base, trovano un campo rE concorde che le sospinge oltre, verso il terminale negativo della batteria . Solo una piccola frazione di lacune si ricombina in base e vengono reintegrate dall’alimentazione.

Risulta evidente l’azione di “controllo” della polarizzazione E-B sulla corrente che “fluisce” dall’emettitore verso il collettore.

Equazione fondamentale del transistor

Si assume , per convenzione , come verso della corrente quello delle cariche positive . Da quanto detto risulta che le cariche provenienti dall’emettitore debbono eguagliare la somma di quelle che si ricombinano nella base e vengono reintegrate dalla batteria , e di quelle che giungono sul collettore . Quindi si avrà: IE = IB + IC con ovvio significato dei pedici.

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12

D’altronde se indichiamo con α la frazione di cariche che giungono al collettore dall’emettitore e consideriamo che nel collettore esiste una corrente inversa di portatori minoritari ( elettroni ) , possiamo scrivere la corrente di collettore: IC = α IE +

OCBI OCBI = corrente inversa di elettroni nel

collettore. Quindi: IC = α IB + α IC + OCBI da cui si ha IC =

αα−1

IB + α−1

1

OCBI

Ponendo α

αβ

−=

1 risulta

αβ

−=+

1

11 e quindi si ottiene :IC = β ΙΒ + ( β + 1 )

OCBI

Dato che 100 99.0 ≈⇒≈ βα

Risulta allora evidente la caratteristica di amplificatore di corrente propria del transistor.

Polarizzazione del transistor

Potendo realizzare due diversi tipi di giunzioni , possiamo classificare i transistor come: P-N-P ; N-P-N. Il funzionamento è identico , ma in pratica sono più diffusi gli N-P-N.

Diversi tipi di polarizzazione

In generale essendo VBB e VCC due alimentatori in corrente continua, se ne può risparmiare uno:

Si tratta quindi di un quadripolo con un terminale comune tra ingresso ( base-emettitore ) e uscita ( collettore-emettitore ) .Ovviamente uno qualsiasi dei tre terminali può essere messo in comune .i parlerà allora di configurazione a: n base comune n collettore comune n emettitore comune Quest’ultima essendo la più diffusa e potendo da ognuna passare all’altra attraverso opportune trasformazioni, sarà quella studiata.

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13

Caratteristiche di uscita in configurazione EC (EMETTITORE COMUNE)

n saturazione: VCE ≤ VBE la giunzione base collettore risulta polarizzata direttamente e la base

perde il controllo sulla IC .Il transistor si comporta in modo resistivo e la caduta VCE aumenta all’aumentare della IC .

n interdizione : per 0CBCB I)1(I 0I +=⇒= β bisogna applicare una -VBE per annullare la IC .

n attiva : zona normale di funzionamento come amplificatore di corrente.

Punto di lavoro e retta di carico statica

Consideriamo il circuito più generale nella configurazione E.C. Scriviamo l’equazione di Kirchoff per la maglia di uscita : VCC = IC RC + VCE + ( IC + IB ) RE Poiché IC >> IB si ha VCC = IC ( RC +RE ) + VCE da cui si

ricava :EC

CC

EC

CEC RR

V +

RR

V-I

++= nota con il nome di

Retta di carico statica relativa al circuito.

L’intersezione tra la retta di carico e una

delle caratteristiche determina il punto di lavoro statico individuato dalle coordinate (VCQ, ICQ) nel piano VCE, IC. La IB è deducibile dall’equazione della maglia di ingresso: VBB = IB RB + VBE + ( IC + IB ) RE

Stabilizzazione del punto di lavoro

Il punto di lavoro è dipendente dai parametri β, VBE, OCBI . Poiché essi sono funzione della

temperatura e della dispersione delle caratteristiche ( questa soprattutto agisce su β ), può accadere che, una volta trovato il punto di lavoro, questo possa spostarsi lungo la retta di carico fino ad uscire dalla zona attiva. Quindi è importante analizzare le condizioni per la migliore stabilità . Il circuito più generale è quello riportato di seguito . VBB = IB ( RB + RE ) + VBE + IC RE

da cui EB

ECBEBBB RR

RIVVI

++−

=)(

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14

Questa espressione per IB sostituita nell’equazione fondamentale IC = β IB + ( β + 1 ) OCBI dà :

( )

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( )

11

1

1

1

EB

EBCBBEBB

EB

EBC

EB

EBCBBEBB

EB

EC

CBEB

EC

EB

BEBBC

RR

RRIVV

RR

RRI

RR

RRIVV

RR

RI

IRR

RI

RR

VVI

O

O

O

+

+++−=

+

++

⇒+

+++−=

+

+

⇒+++

−+−

=

βββ

βββ

βββ

Dalla quale si ricava IC : ( ) ( ) ( )

( ) EB

EBCBBEBB

C RR

RRIVVI O

1

1

++

+++−=

β

ββ

Quindi possiamo determinare la stabilità rispetto ai tre parametri ICB0, VBE, β: ( )( )

( )( )( )

( )[ ]

( ) EBV

BE

C

EB

EBBCBBEBBC

EB

EBI

C

RRS

V

I

RR

RRRIVVS

I

RR

RRS

I

BE

O

OCB

1

1

1

1

I

2

CBO

++−==

++

++−==

++++

==

ββ

∂∂

ββ∂∂

ββ

∂∂

β

Analizziamo i risultati :

1) Se realizziamo il circuito in modo tale che ( ) ER1+β >> RB risulta :

a) E

BI R

RS

OCB+≈ 1

Ovvero la stabilità del punto di lavoro rispetto alle variazioni della OCBI dipendono solo dal valore

delle resistenze esterne e non dai parametri del transistor ( caso ottimale) .

b) E

V RS

BE

1−≈

Quindi anche la stabilità del punto di lavoro rispetto alle variazioni della VBE dipendono solo dal valore della resistenza posta in serie all’emettitore e non dai parametri del transistor. 2) Se invece realizziamo il circuito in modo tale che RE = 0 ( in questo caso l’emettitore risulta essere in comune sia al circuito di ingresso che a quello di uscita, cioè in comune), risulta :

−≈

+≈

BV

I

RS

S

BE

OCB

β

β 1

caso pessimo

Quindi le condizioni migliori di stabilità si ottengono con 0≠ER

Il circuito ora analizzato è l’equivalente secondo il teorema di Thevenin applicato ai punti A-B del circuito a sinistra nella figura ( a destra è disegnato quello equivalente)

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15

21

212

21

RR

RRRR

RR

VV B

CCBB +

=+

= generatore di tensione equivalente e sua resistenza interna

In questa configurazione è conveniente che I1+I2>> IB affinché le eventuali variazioni di IB non influiscano sulla VBB.

Infatti se IB = 0 cioè IB << 21 RR

VCC

+ la 2

21

RRR

VV CC

BB += ovvero proprio quella equivalente di

Thevenin.

Quadripoli a Piccoli Segnali

Il transistor può essere rappresentato tramite un quadripolo una volta che si consideri uno qualsiasi dei tre terminali in comune tra l'ingresso e l'uscita.

Cambiando la disposizione dei tre terminali E, B e C si ottengono le tre configurazioni possibili, e cioè:

- emettitore comune (nel disegno) - base comune - collettore comune

Poiché, come abbiamo visto, per sua natura il transistor manifesta delle interazioni tra le "parti" costituenti , dobbiamo considerare che le variabili di "ingresso" e di "uscita" del quadripolo siano interdipendenti, e quindi possiamo scrivere che in generale la V1 e la I2 saranno date da:

),(

),(

2122

2111

VIfI

VIfV

==

ora, dato che siamo interessati a determinare un "circuito equivalente" del transistor valido per piccole variazioni delle variabili, è lecito considerare il differenziale totale delle funzioni che descrivono il sistema e quindi scrivere:

22

21

1

22

22

11

1

11

dVV

fdI

I

fdI

dVV

fdI

I

fdV

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

+=

+=

la scelta più elementare che si possa fare delle funzioni è che esse rappresentino direttamente, rispettivamente la tensione V1 e la corrente I2, cioè poniamo 2211 ; IfVf ≡≡ ,allora si ottiene:

22

21

1

22

22

11

1

11

dVV

IdI

I

IdI

dVV

VdI

I

VdV

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

+=

+=

indicando ora i valori incrementali con le lettere minuscole :

2221212

2121111

vhihi

vhihv

⋅+⋅=⋅+⋅=

avendo indicato :

tItV

tItV

V

Ih

I

Ih

V

Vh

I

Vh

cos2

222cos

1

221

cos2

112cos

1

111

12

12

;

;

==

==

==

==

∂∂

∂∂

∂∂

∂∂

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16

le due equazioni sopra scritte rappresentano relazioni tra i valori incrementali delle variabili

tensione e corrente del quadripolo e quindi ci permettono di "costruire" il circuito equivalente dinamico (per piccole variazioni, intese rispetto ai valori statici) del quadripolo.

i parametri differenziali h vengono detti "parametri ibridi" in quanto rappresentano grandezze fisiche non omogenee, infatti:

- h11 ha le dimensioni di una resistenza - h12 non ha dimensioni - h21 non ha dimensioni - h22 ha le dimensioni di una conduttanza

inoltre i generatori dello schema sono generatori "dipendenti" in quanto, pur appartenendo ad una maglia, dipendono dalle variabili dell'altra, infatti: - h12 * V2 rappresenta la frazione (h12) della tensione d'uscita riportata in ingresso - h21 * I1 rappresenta la frazione (h21) della corrente di ingresso trasferita in uscita seguendo questa nomenclatura, è conveniente scrivere i parametri ibridi come :

oxrx

fxix

hhhh

hhhh

→→

→→

2212

2111

;

;

in cui - "i" sta per "input" - "r" sta per "reverse" - "f" sta per "forward" - "o" sta per "output" - "x" sta per E, B, C cioè per il tipo di configurazione, rispettivamente, emettitore, base e collettore comune.

Grandezze fisiche rilevanti nella configurazione ad emettitore comune

Il circuito equivalente dinamico a parametri ibridi è, in questo caso, il seguente:

cominciamo dunque a calcolare le grandezze rilevanti di questo circuito:

1)Amplificazione di corrente Ai

L'amplificazione di corrente Ai è definita come rapporto tra le due correnti i2 e i1; ora, dalla maglia di uscita noi sappiamo che la corrente i2 è data dalla seguente relazione: oefe hvihi ⋅+⋅= 212

e quindi otteniamo per l'amplificazione di corrente la seguente espressione:1

2 i

hvhA oe

fei ⋅+=

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17

per avere una corrente in uscita occorre che la resistenza di collettore Rc sia connessa e poiché la caduta ai suoi capi è "opposta" alla tensione Vce , risulta: cRiv ⋅−= 22 .Se andiamo dunque a

sostituire nella espressione di Ai, otteniamo: oecifeoecfei hRAhhRi

ihA ⋅⋅−=⋅⋅−=

1

2

coe

fei Rh

hA

⋅+=

1

in generale si ha che un valore tipico per hoe è dell'ordine di 1510 −− Ω quindi questo ci porta a dire che la disuguaglianza 1<<⋅ coe Rh è in buona approssimazione verificata , dunque possiamo scrivere:

fei hA ≈

2) Resistenza di ingresso

Essa va considerata dai terminali di ingresso avendo chiuso l'uscita sul carico (Rc). Il circuito da studiare è dunque il seguente:

Si ottiene dunque:

1

21

i

vhih

i

vR reie

i

ii

⋅+⋅==

ma d'altronde noi sappiamo che : cRiv ⋅−= 22 e quindi, andando a sostituire, arriviamo alla seguente espressione:

icreiecreiei ARhhi

iRhhR ⋅⋅−=⋅⋅−=

1

2

se, come è spesso verificato, ieicre hARh <<⋅⋅ , si ottiene: iei hR ≈ e questo in generale è sempre vero, infatti, tipicamente:

Ω≈⋅⋅

Ω≈≈≈ −

10

1;100;10 4

icre

cire

ARh

KRAh

mentre: Ω≈ Khie 1

3) Amplificazione di tensione Av

E' chiaramente definita come il rapporto tra V2 e V1, e dal circuito schematizzato nella fig. 3 otteniamo la seguente relazione:

21

2

21

2

1

2

iRhih

iR

vhih

iR

v

vA

creie

c

reie

cv ⋅⋅−⋅

⋅−=

⋅+⋅⋅

−==

con semplici passaggi, questa relazione può essere espressa in funzione della amplificazione di corrente, infatti si ha:

icreie

ic

creie

c

v ARhh

AR

i

iRhh

i

iR

A⋅⋅−

⋅−=

⋅⋅−

⋅−=

1

2

1

2

ora, come al solito, se ieicre hARh <<⋅⋅ , abbiamo la seguente approssimazione:

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18

iie

cv A

h

RA ⋅−≈

inoltre, come abbiamo visto nel paragrafo della amplificazione di corrente, una ulteriore approssimazione viene dal fatto che in generale si ha fei hA ≈ , e quindi alla fine otteniamo:

ie

cfev h

RhA ⋅−≈

4)Resistenza di uscita

In questo caso, nel grafico del circuito equivalente a parametri ibridi (fig. 3), dobbiamo unire i terminali di ingresso al generatore Vs e cortocircuitare quest'ultimo, a quel punto vediamo dai terminali in uscita la resistenza del circuito così costituito.

La resistenza di uscita è definita come il rapporto tra la v2 e la i2. Si ha allora che: oefe hvihi ⋅+⋅= 212 ora, dalla maglia di ingresso possiamo ottenere la seguente relazione:

0)( 21 =⋅++⋅ vhhRi reies

dalla quale ricaviamo la i1 che, sostituita nella i2 dà :

oeies

refe hvhR

vhhi ⋅+

+

⋅⋅−= 2

22

e quindi:

ies

refeoe

uscita hR

hhh

Rv

i

+

⋅−==

1

2

2

poiché il termine ies

refe

hR

hh

+

⋅è dello stesso ordine di grandezza, seppure minore, di oeh stesso, risulta

che la resistenza di uscita in questa configurazione è molto alta ed è dell'ordine di:

] 1010 [ 1 54 Ω−≈oe

uscita hR

Circuito equivalente semplificato

Dal calcolo delle grandezze fisiche tipiche della configurazione ad emettitore comune abbiamo imparato che è ragionevole, nella maggior parte dei casi pratici ricorrenti, apportare le seguenti approssimazioni:

ieicre

coe

hARh

Rh

<<⋅⋅

<<⋅ 1

il loro significato è abbastanza evidente, infatti vediamo bene che cosa esse rappresentano: - 1<<⋅ coe Rh significa che la resistenza interna del transistor è molto maggiore della resistenza che tipicamente si pone sul collettore e quindi nel circuito equivalente può essere sostituita con un circuito "aperto"; - ieicre hARh <<⋅⋅ il termine a sinistra della disuguaglianza rappresenta una sorta di "resistenza equivalente" del generatore dipendente nella maglia di ingresso. Allora se essa risulta essere molto minore della hie

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, che rappresenta all'incirca la Ri, può essere sostituita, nel circuito equivalente, da un "cortocircuito". Possiamo allora disegnare un nuovo circuito equivalente semplificato che dia tutti i risultati approssimati già ottenuti.

che può anche essere ridisegnato, per capire meglio il senso dell'approssimazione, nel seguente modo:

se adesso andiamo a rifare direttamente su questo circuito i conti per trovare le grandezze fisiche rilevanti del circuito stesso, otteniamo chiaramente i risultati già trovati prima avendo imposto le approssimazioni di cui si è già parlato; infatti si ottiene:

cuie

cfevfeiiei RR

h

RhAhAhR =⋅−=== , , ,

Inoltre è interessante notare che il generatore di corrente dipendente tende a disaccoppiare l'ingresso dall'uscita per quanto riguarda le resistenze relative. Con questo circuito equivalente è possibile esprimere le caratteristiche delle altre configurazioni in funzione di quelle ad emettitore comune cambiando solo la disposizione dei componenti a seconda della configurazione desiderata.

Configurazione a base comune

Il circuito relativo è il seguente:

ricordiamo che un circuito semplificato di questo tipo corrisponde ad avere il transistor collegato nel seguente modo:

possiamo dunque calcolare i parametri caratteristici di questa configurazione che saranno dati da:

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20

11

≈+

=+⋅

⋅=

+

⋅==

fe

fe

bbfe

bfe

bc

bfe

e

cI h

h

IIh

Ih

II

Ih

I

IA

1+=

+⋅

==fe

ie

bc

bie

e

ebI h

h

II

Ih

I

VR (molto bassa)

ie

cfe

ieb

cbfe

ieb

cc

eb

cbV h

Rh

hI

RIh

hI

RI

V

VA ⋅=

⋅⋅=

⋅⋅

== (come nell’E.C. a parte il segno)

cc

cc

c

cU R

I

RI

I

VR =

⋅== (come nell’E.C.)

Configurazione a collettore comune

In questo caso il circuito è il seguente:

per un circuito di questo tipo i parametri fondamentali sono dati dalle seguenti espressioni:

1+=+

== feb

bc

b

eI h

I

II

I

IA (come nell’E.C.)

( ) efeieb

ebfeebieb

b

eeieb

b

bcI Rhh

I

RIhRIhI

I

RIhI

I

VR ⋅++=

⋅⋅+⋅+⋅=

⋅+⋅== 1 (molto grande)

( )( )

( )( ) 1

1

1

1

1≈

⋅++

⋅+=

⋅⋅++⋅

⋅+⋅=

⋅+⋅⋅

==efeie

efe

befebie

bfee

eeieb

ee

bc

ecV Rhh

Rh

IRhIh

IhR

RIhI

RI

V

VA

(perché ( ) ieefe hRh >>⋅+1 )

( )( ) 11 +

+=

⋅++⋅

==fe

ies

bfe

iesb

e

eU h

hR

Ih

hRI

I

VR (molto bassa)

Relazione tra β, β, hFE ed hfe

La relazione che tra β ed hFE può essere ricavata dalla seguente espressione (che viene dalla

teoria sui transistor): ( ) CBOBC III ⋅++⋅= 1ββ quindi, esplicitando il valore di β , si ottiene:

CBOB

CBOC

II

II

+−

d’altronde noi sappiamo che B

CFE I

Ih = , e quindi possiamo affermare che se BCBO II << (condizione

questa che è in generale sempre verificata), allora FEh≈β .

Per quanto riguarda invece la relazione tra β ed hfe , partiamo dalla definizione di quest’ultima:

( )[ ]B

CBO

BCBO

B

CBO

BBCBOB

BB

Cfe I

I

II

I

I

IIII

II

Ih

∂∂

β∂∂β

∂∂

∂∂β

βββ∂∂

∂∂

⋅+⋅++⋅+=⋅++⋅== 1

quest’ultima espressione può essere riscritta nel modo seguente:

( ) ( ) β∂∂β

∂∂

β +⋅++⋅+=B

CBOBB

CBOfe I

III

Ih 1

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21

d’altronde la prima derivata è nulla in quanto ICB0 non dipende da IB, e quindi alla fine possiamo scrivere che:

( ) ( ) ( ) feC

CBOBB

C

CCBOB

BCBOBfe h

III

I

I

III

IIIh ⋅⋅++=⋅⋅++=⋅++=

∂∂β

β∂∂

∂∂β

β∂∂β

β

raccogliendo hfe, arriviamo al seguente risultato:

( )C

CBOB

fe

III

h

∂∂β

β

⋅+−=

1

ora, dato che βC

CBOB

III ≈+ possiamo scrivere che:

C

Cfe

I

Ih

∂∂β

β

β

⋅−=

1

e quindi possiamo concludere che hfe = β solo se 0=CI∂

∂β , cioè nella curva )( CIββ = si ha che

feh=β solo nel massimo, quindi abbiamo un grafico di questo tipo:

Circuito equivalente a parametri ππ

Con i parametri h non abbiamo tenuto in considerazione la reale configurazione fisica del transistor ma piuttosto un circuito equivalente dinamico del tutto generale applicabile a qualsiasi quadripolo. La sola interdipendenza tra le variabili V1 e I2 era stata scelta in modo tale da ottenere uno schema equivalente che rappresentasse il transistor. Ora vogliamo costruire un circuito equivalente che abbia un significato più fisico cioè che sia più aderente alla realtà fisica. Nella sua versione a emettitore comune esso si presenta così costituito:

Descriviamo bene i componenti di questo circuito: 1. B’ è la “vera” base del transistor : partendo dal terminale B che rappresenta l’accesso reale,

“pratico”, alla base, occorre considerare l’esistenza di una resistenza, Rbb’ , che tiene conto delle perdite superficiali e di collegamento fisico con il semiconduttore.

2. La Rb’e è la resistenza d’ingresso e Ce la capacità del diodo base-emettitore (polarizzato direttamente) detta capacità di diffusione ; essa è funzione della corrente di emettitore Ie .

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22

3. Rb’c e Cb’c sono la resistenza e la capacità del diodo collettore-base (polarizzato inversamente); il valore di Cb’c dipende dalla tensione di polarizzazione Vcb in modo inverso.

4. Rce è la resistenza collettore-emettitore. 5. Vb’e è la tensione tra B’ e l’emettitore.

6. gm , detto “transconduttanza” , è definita da: eb

cm V

Ig

'∂∂

= , quindi la quantità

7. ebm Vg '⋅ rappresenta un generatore di corrente dipendente.

Cerchiamo ora una equivalenza tra i parametri h e i parametri π .

- Prima equazione

dalla maglia d’ingresso del circuito a parametri π otteniamo la seguente relazione:

ebcb

ebebbeb RR

RVRIV

''

'2'' +

⋅+⋅=

e quindi da questa relazione possiamo ricavare il valore di Vbe che sarà dato da:

( )ebcb

ebebbbbbe RR

RVRRIV

''

'2'' +

⋅++⋅=

dalla stessa maglia del circuito a parametri h abbiamo invece che: 2VhhIV reiebbe ⋅+⋅=

e quindi dal confronto tra le due otteniamo:

cb

eb

ebcb

ebre

ebbbie

R

R

RR

Rh

RRh

'

'

''

'

''

≈+

=

+=

essendo ebcb RR '' >> , infatti valori tipici di queste due resistenze sono i seguenti:

Ω≈Ω⋅≈ KRMR ebcb 1 ; 5 ''

- Seconda equazione

partendo dall’espressione del generatore di corrente dipendente nel circuito a parametri π possiamo scrivere:

ebbeb

b

b

cebb

eb

cebbmebm RI

V

I

I

IRI

V

IRIgVg '

''

''' ⋅⋅

⋅=⋅⋅

=⋅⋅=⋅

∂∂

∂∂

∂∂

d’altronde noi sappiamo che b

cfe I

Ih

∂∂

= e quindi otteniamo:

bfeebbeb

feebm IhRIR

hVg ⋅=⋅⋅

⋅=⋅ '

''

1

- Terza equazione

la resistenza Rb’e è definita come b

ebeb I

VR

∂∂ '

' = , essa è la resistenza differenziale del diodo d’ingresso

e può essere approssimata dalla seguente espressione:

c

TFE

b

Teb I

Vh

I

VR ⋅=≈'

- Quarta equazione

T

c

TFE

cfe

ebfe

eb

b

b

c

eb

cm V

I

Vh

Ih

Rh

V

I

I

I

V

Ig ≈

⋅⋅=⋅=⋅==

'''

1∂∂

∂∂

∂∂

questa relazione è vera sotto l’ipotesi che FEfe hh ≈

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23

- Quinta equazione

cre

TFE

re

ebcb Ih

Vh

h

RR

⋅⋅

=≈ ''

- Sesta equazione

questa ultima equazione ci dà un’espressione per la resistenza Rce ; dalla definizione di Vb’e abbiamo la seguente relazione: ( )2'' VhRIgVg reebbmebm ⋅+⋅⋅=⋅

quest’ultima relazione è stata ricavata dalla maglia d’ingresso del circuito a parametri π insieme

alla prima equazione che è stata trovata per hre . Dalla maglia d’uscita del circuito a parametri π abbiamo che:

ceremebbm

ceebm R

VVhgRIg

R

VVgI 2

2'2

'2 +⋅⋅+⋅⋅=+⋅=

e operando qualche semplice calcolo, si ha:

+⋅⋅+⋅=

cerembfe R

hgVIhI1

22

d’altronde, nel circuito a parametri h, la corrente I2 era definita come: 22 VhIhI oebfe ⋅+⋅=

e quindi dal confronto tra le due relazioni si deduce che:

remoecece

remoe hghRR

hgh ⋅−=⇒+⋅=11

che può essere riscritta nel seguente modo: reT

coe

ce

hV

Ih

R⋅−≈

1

La capacità Ce in genere non viene fornita dal costruttore il quale invece dà la frequenza di taglio fαε del transistor . Questa viene data per l’uscita in corrente continua, quindi nel circuito a parametri π è possibile trascurare Rb’c e Cb’c , abbiamo cioè un circuito del seguente tipo:

allora la eeb

e CRf

⋅⋅=

'2

1

πα rappresenta la frequenza di taglio del filtro passa-basso d’ingresso, essa

è infatti ricavabile dalle seguenti espressioni: Im

I

eb

ebm

b

bfe

I Zg

RV

Vg

I

IhA ⋅=

⋅=

⋅=

'

')(ω

d’altronde l’impedenza d’ingresso è data da:

ebe

eb

eeb

eeb

I RCj

R

CjR

CjR

Z'

'

'

'

11

1

ωω

ω+

=+

⋅=

allora andando a sostituire nell’espressione di AI (ω ) otteniamo: ebe

ebmI RCj

RgA

'

'

1)(

⋅+⋅

ω

e quindi il suo modulo sarà dato da: 221

)0()(

τωω

⋅+= fe

I

hA

dove abbiamo posto eeb CR ⋅= 'τ .

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24

L’espressione che abbiamo appena ricavato può anche essere scritta nel seguente modo:

2

1

)0()()(

+

==

e

fefeI

hhA

αωω

ωω

allora si ha che quando 1)( =ωfeh la frequenza ω è uguale a una certa frequenza di taglio ω T e da

questo possiamo dunque ricavare una espressione per hfe (0), che sarà quindi data da: 2

1)0(

+=

e

Tfeh

αωω

questa relazione, dato che hfe (0) >> 1, può essere riscritta nel seguente modo: efeT h αωω ⋅= )0(

è poichè abbiamo già trovato che ebmfe Rgh ')0( ⋅= e che ( ) 1'

−⋅= ebee RCαω arriviamo alla

seguente espressione finale:

eT

c

e

m

ebeebmT CV

I

C

g

RCRg

⋅≈=

⋅⋅⋅=

''

quindi da una relazione di questo tipo è possibile ricavare il valore di Ce . L’andamento di hfe in funzione della frequenza è schematizzato nel seguente grafico:

Teorema di Miller

- Primo caso

consideriamo i seguenti due circuiti:

per avere l’equivalenza tra le due reti dobbiamo imporre che V sia identica nei due casi, cioè si deve avere che:

( )( ) 2221

1121

RIIIRV

RIIIRV

=+⋅==+⋅=

e quindi ricaviamo le seguenti relazioni:

+⋅=

+⋅=

2

12

1

21 1 , 1

I

IRR

I

IRR

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- Secondo caso

anche qui consideriamo i seguenti due circuiti:

in questo caso l’equivalenza si ha per l’identità delle correnti:

( ) RVRVVR

V

R

VVI ⋅=⋅−⇒=

−= 1121

1

121

e quindi otteniamo:

1

221

11

1V

VR

RVV

VR

−=⋅

−=

analogamente si può ottenere che:

2

12

1V

VR

R−

=

Se adesso ripetiamo questo discorso per una impedenza generica, come ad esempio l’impedenza legata ad un condensatore, otteniamo delle espressioni analoghe a quelle appena scritte, e cioè:

( )

−⋅=⇒⋅=⋅−

1

211121 1

V

VCCCjVCjVV ωω

e, analogamente:

−⋅=

2

12 1

V

VCC

Tagli alle alte frequenze

Applicando il teorema di Miller al circuito a parametri π si ottiene:

gli ordini di grandezza dei parametri sono:

Ω≈

Ω≈Ω⋅≈

≈Ω≈≈−≈

5

'

''

10

1 ; 5

10 ; 1

150 ; 100

ce

ccb

cbeb

e

R

KRMR

pFCKR

pFCA

dati questi valori, il circuito sopra disegnato può essere semplificato, e quindi alla fine otteniamo il seguente circuito :

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dove abbiamo definito:

( )

c

cbp

cbei

RR

CCC

ACCC

+=−⋅+=

0

'0

' 1

( Cp rappresenta le capacità parassite esterne : cavo, ecc...) dal grafico si vede dunque che esiste un taglio dovuto al circuito d’ingresso (passa-basso) con la

seguente frequenza di taglio: ieq

T CR ⋅=

11ω dove

( )ebbbs

ebbbseq RRR

RRRR

''

''

++⋅+

=

e c’è anche un taglio dovuto al circuito di uscita (passa-basso), la cui relativa frequenza di taglio è:

002

1

CRT =ω

tutto quello che abbiamo trovato può essere riassunto nel seguente grafico:

Amplificatore ad emettitore comune

Il circuito relativo è il seguente:

a frequenze molto basse la CE non influisce apprezzabilmente sulla RE , possiamo dunque considerare il seguente circuito semplificato:

dove la resistenza Ri ha la seguente espressione: Efeiei RhhR ⋅++= )1(

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abbiamo dunque a che fare con un circuito passa-alto che ha un taglio alla frequenza

( )iBBi RRC /

1

⋅=ω

l’amplificazione a queste frequenze, quando cioè la CE non può essere considerata un corto circuito,

è data dalla seguente espressione: E

CV R

RA −=

deducibile osservando le espressioni ricavate per le configurazioni ad emettitore comune ed a collettore comune. Quindi il filtro passa-alto tende a questa amplificazione AV. Aumentando la frequenza comincia però ad intervenire l’effetto della CE , si possono allora

presentare due tagli a seconda dei valori relativi di RE e di RE1 definita come:

fe

SieE h

RhR

++

=1

1

resistenza di uscita a collettore comune. le espressioni delle frequenze di taglio sono quindi le seguenti:

EEE RC ⋅

=1

1ω ( )12//

1

EEEE

RRC ⋅=ω

oltre questi due tagli, l’amplificazione tende a quella ad emettitore comune: ie

CfeEC h

RhA ⋅−≈

possiamo riassumere il tutto con il seguente grafico:

Amplificatori a retroazione

Lo schema di un amplificatore a retroazione è il seguente:

le ipotesi che si fanno in un circuito di questo tipo sono le seguenti due:

1) ciascun blocco è unidirezionale , cioè il segnale percorre la catena solo nel verso delle frecce; 2) i blocchi non interagiscono tra loro, cioè A non dipende da β né dalla sorgente e β non

dipende da A né dalla sorgente.

Ad anello aperto abbiamo che ( β disconnesso): )(

)(

tX

tYA =

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invece ad anello chiuso si ha: )(

)(

tX

tYAR =

allora, dato che dal nodo di ingresso noi abbiamo che: )()()( tYtXte β+=

si ottiene dunque: )()(1

)()(

)()()(

)()(

tetY

tetY

tYte

tY

tX

tYAR ββ −

=−

==

e quindi alla fine possiamo scrivere che:

A

AAR β−

=1

ora, noi sappiamo che sia β che A sono una funzione di ωi , e questo ci porta a concludere che

Aβ−1 è un numero complesso quindi RA differisce in modulo e fase da A.

Se esiste una frequenza ω per la quale quel fattore Aβ−1 è uguale a zero, il sistema entra in

oscillazione in quanto ∞→RA il che significa che si ha una risposta del sistema anche senza alcuna

sollecitazione. E’ da notare che l’espressione di RA si trova spesso indicata con il termine Aβ+1 perchè nel nodo si

opera una differenza anzichè una somma come abbiamo fatto noi. Questa convenzione è spesso usata nella teoria dei controlli automatici dove è considerata più importante la reazione negativa. Questa diversa scelta comporta solo una diversa definizione di βA relativamente ai casi di reazione positiva

o negativa.

Diagrammi di Nyquist

Se si rappresenta la )( ωiK nel piano complesso, si ottiene un vettore K: al variare di ω tale

vettore descrive una curva che prende il nome di diagramma di Nyquist; ad esempio la K(p) di un sistema passa-basso che è data da :

τppK

+=

1

1s ) c on )0(; =≡ ; invece un

sistema “passa alto” ha una K(p) data da:

ττp

ppK

+=

1)( . I relativi diagrammi di

Nyquist sono i seguenti:

Stabilità della retroazione

Nel senso più restrittivo si suole definire la stabilità di un sistema nel modo seguente: un sistema si dice stabile, nel dominio del tempo, quando l’ampiezza della risposta al gradino tende a zero per ∞→t , oppure quando, nel dominio delle frequenze, la )( ωiK non abbia poli nel

semipiano “destro” (cioè si hanno solo poli con parte reale negativa).

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Uno dei metodi più usati nei sistemi retroazionati per stabilire se un sistema è stabile è quello di Nyquist:

Criterio di Nyquist

E’ essenzialmente un metodo grafico: esso richiede la conoscenza del diagramma di Nyquist per la funzione Aβ del sistema retroazionato per +∞<<−∞ ω .

La )( ωiK non deve avere poli nel semipiano destro (cioè il sistema deve essere stabile a catena

aperta); se ciò è verificato allora il criterio di Nyquist afferma che: un sistema a catena chiusa è stabile solo se il diagramma di Nyquist non contiene il punto 01 i+

detto punto critico. E’ da notare che un punto o una regione si dicono racchiusi entro una curva quando si trovano alla sinistra di un osservatore che percorre la curva chiusa in senso antiorario. In realtà questo è il criterio ristretto o particolare, infatti quello generale ammette anche sistemi che a catena aperta possono essere instabili.

Simmetria del diagramma di Nyquist

poichè la )( ωiK ha poli reali o complessi coniugati, e )(*)( ωω iKiK −= , risulta che il diagramma

di Nyquist di )( ωβ −A è l’immagine speculare di quello calcolato per )(ωβA , cioè il diagramma di

Nyquist gode della proprietà di simmetria rispetto all’asse reale.

Alcuni diagrammi di Nyquist

Configurazionifondamentali per la retroazione

Facciamo riferimento allo schema a blocchi di un sistema retroazionato:

e distinguiamo il sistema A e la rete di reazione β la quale campiona la variabile in uscita da A e

determina un segnale di errore in ingresso.

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La variabile di campionamento e quella di errore possono anche essere diverse; nei sistemi elettronici, ad esempio, esse possono essere corrente e tensione, e quindi le possibili configurazioni di retroazione sono quattro, e cioè:

1) campionamento di corrente con errore di tensione 2) campionamento di tensione con errore di corrente 3) campionamento di tensione con errore di tensione 4) campionamento di corrente con errore di corrente

queste configurazioni possono essere graficate nel seguente modo:

1) detto anche SERIE-SERIE 2) detto anche SHUNT-SHUNT (dove con questo nome si intendono le modalità di ingresso e di uscita)

3) detto anche SERIE-SHUNT 4) detto anche SHUNT-SERIE

Proprietà della retroazione negativa

1) Impedenza d’ingresso

a) Errore di corrente

Possiamo schematizzare questo caso tramite il seguente circuito: l’ingresso di A e l’uscita di β sono in parallelo quindi hanno la stessa V; invece parte della corrente I del generatore è assorbita da β, quindi si ha che I > Ie , il che significa che a parità di tensione

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in ingresso circola una corrente maggiore cioè l’impedenza d’ingresso risulta diminuita, infatti

l’impedenza d’ingresso dell’amplificatore è data da:e

I I

VZ =

d’altronde noi abbiamo che: Ir = eIA ⋅β

quindi alla fine possiamo scrivere che:

( ) A

Z

IA

V

II

V

I

VZ I

eer

RI ββ +

=⋅+

=+

==11

b) errore di tensione

in questo caso la corrente I è sempre la stessa con e senza retroazione mentre si ha che : Ve < V quindi l’impedenza d’ingresso sarà

maggiore, infatti si ha che: I

VZ e

I =

d’altronde Vr è definita come: V r eVA ⋅= β

e quindi alla fine si ottiene che: ( ) ( )AZ

I

AV

I

VV

I

VZ I

eerRI β

β+⋅=

+⋅=

+== 1

1

2) Impedenza di uscita

a) campionamento di tensione

A parità di V in uscita la corrente che circola in R0 è maggiore e quindi la Z0

è minore, infatti si ha che: I

VZ =0

dunque l’impedenza di uscita con la retroazione è data da:

( ) ( )A

Z

AI

V

IAI

VZ R

βββ +=

+⋅=

⋅+=

110

0

b) campionamento di corrente

In questo caso a parità di I la V è maggiore e quindi la Z0 è anch’essa maggiore, infatti, data la solita espressione di Z0 come rapporto tra V e I, si ha la seguente espressione:

( ) ( )AZAI

V

I

VAVZ R ββ

β+⋅=+⋅=

⋅+= 11 00

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32

Vediamo ora qualche esempio:

Sensibilità di un amplificatore a retroazione

Quello che vogliamo determinare in questo paragrafo sono le variazioni dell’amplificazione a retroazione RA in funzione delle variazioni di A. Tutto questo può essere fatto calcolando la derivata

di RA rispetto ad A. Si ottiene dunque: ( ) ( )22 1

1

1

11 AA

AA

A

A

dA

d

ββββ

β −=

−+−

=

e quindi possiamo scrivere che:

( ) ( ) dAAA

A

A

dAdA R

R ⋅−

⋅=−

=ββ 1

1

1 2

arriviamo dunque alla seguente relazione: A

dA

AA

dA

R

R ⋅−

=β1

1

abbiamo trovato dunque che la variazione percentuale di RA è ridotta di un fattore Aβ+1

1 se la

reazione è negativa ( 0<Aβ ), mentre è aumentata se la reazione è positiva ( 0>Aβ ).

Retroazione in un amplificatore a più stadi

Condideriamo n amplificatori con una amplificazione a e un fattore β, abbiamo quindi un sistema del tipo:

in un circuito di questo tipo noi abbiamo che l’amplificazione totale At è data da At = An e quindi

troviamo la seguente espressione: ( )n

nn

nrr

A

A

A

AAA

ββ −=

==11

1

se invece consideriamo un circuito del tipo seguente:

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33

abbiamo che in questo caso l’amplificazione è data da: n

t

n

tt

tr

A

A

A

AA

ββ −=

−=

112

la variazione percentuale di A1r nel primo caso è data da:

( )

−+−

⋅=

=−

2

11

1

1

11 A

AA

A

An

A

A

dA

d

dA

dAnn

r

βββ

ββ

con qualche passaggio otteniamo dunque:

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) AAA

An

A

A

AAn

AAA

nAA

nAAA

An

nn

n

nnn

n

n

1

1

1

11

1

1

1

1

1

1

1

1

1

1

1

1

1

11

211

2

1

⋅−

⋅=⋅−

⋅−

⋅=

=⋅−

⋅−

⋅=−

⋅−

⋅=−

⋅ −−

ββββ

ββββββ

d’altronde nell’ultima espressione il termine tra parentesi tonda non è altro che A1r e quindi alla fine

possiamo scrivere che: ( )AAnA

dA

dAr

r

β−⋅⋅=

1

1111

arriviamo dunque alla seguente espressione finale: ( )

−⋅=

A

dA

An

A

dA

r

r

β11

1

1

Passiamo ora all’espressione della variazione percentuale di Ar nel caso del secondo circuito, questa si può ricavare tramite i seguenti passaggi:

( ) ( )( )

( ) ( ) ( ) ( ) AA

A

n

AA

A

An

A

nA

A

AnAAnA

A

A

dA

d

dA

dA

rnt

nt

n

nt

nt

n

nt

nt

nnt

n

nt

nr

1

1

1

11

1

1

1

1

1

22

1

2

112

⋅⋅−

=⋅−

⋅−

⋅=−

=

=−

⋅+−⋅=

−=

−−

ββββ

β

βββ

e quindi alla fine troviamo la seguente espressione:

−=

A

dA

A

n

A

dAn

tr

r

β12

2

se ora imponiamo che le amplificazioni reazionate nei due casi siano uguali, cioè che A1r = A2

r si ha

che: ( ) nt

n AA ββ −=− 11

e facendo il rapporto tra il caso II e il caso I si ottiene: ( )

( ) ( ) 11

1

1

11

1 −−=

−=⋅

−⋅⋅

−=

nnnt AA

A

dA

A

n

A

A

dA

A

n

casoI

casoII

ββ

βββ

abbiamo trovato dunque che:

( ) 1

1

12

2

1

1

r

rn

r

r

A

dA

AA

dA⋅

−= −β

risulta quindi evidente che la variazione relativa dell’amplificatore reazionato totalmente 22rr AdA è,

nel caso di reazione negativa ( 0<Aβ ) minore, rispetto alla versione con reazione per ogni singolo

stadio 11rr AdA , di un fattore ( ) 111 −− nAβ .

E’ quindi conveniente retroazionare l’intero amplificatore piuttosto che i singoli stadi. E’ da notare che il risultato ottenuto è indipendente dalla variazione relativa dell’amplificazione interna di ogni singolo stadio AdA .

Influenza della retroazione sul noise

In un sistema come l’amplificatore elettronico le sorgenti di disturbo (noise) sono molteplici, e le elenchiamo qui di seguito: 1. Ripple o ondulazione residua degli alimentatori in corrente continua. 2. Variazioni della tensione di alimentazione.

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3 Variazioni del punto di lavoro (deriva termica) 4 Rumore termico. 5 Distorsione non lineare. Schematizziamo allora la presenza del noise in ingresso tramite il seguente circuito:

dove XN sta proprio ad indicare il noise introdotto all’ingresso; tipiche cause di questo noise sono la 2, la 3 e la 4. Vediamo dunque come varia il rapporto segnale-rumore a seconda della presenza o no della retroazione:

a) senza retroazione

in questo caso abbiamo che il segnale in uscita è dato da: XAY ⋅= mentre il rumore in uscita è

dato da: NN XAY ⋅= dunque il rapporto segnale rumore sarà dato da: NN X

X

Y

Y

N

S==

b) con retroazione

il segnale in uscita è dato da : RR XA

AY ⋅

+=

β1 mentre il rumore in uscita sarà NRN X

A

AY ⋅

+=

β1

e quindi anche in questo caso abbiamo che il rapporto segnale-rumore è dato dall’espressione:

N

R

RN

R

X

X

Y

Y

N

S==

Quindi con o senza retroazione il rapporto segnale-rumore rimane invariato. Il confronto va però fatto in due condizioni diverse: 1. a parità si segnale di ingresso, cioè con XR = X la retroazione non migliora il rapporto segnale-rumore, infatti la minore amplificazione agisce allo stesso modo sul segnale e sul disturbo; 2. a parità si segnale di uscita, cioè con YR = Y si ha che:

( )AXXAXXA

ARR β

β+⋅=⇒=⋅

+1

1

e quindi il rapporto segnale-rumore sarà dato da: ( ) )1(1 AN

SA

X

X

X

X

N

S

NN

R

R

ββ +⋅=+⋅==

cioè il rapporto segnale-rumore viene migliorato di un fattore ( )Aβ+1

Quindi la retroazione negativa è conveniente nella misura in cui è possibile aumentare il segnale in ingresso per ottenere lo stesso segnale in uscita senza che ciò produca una maggiore distorsione. Per quanto riguarda invece il noise introdotto in uscita, questo può essere schematizzato tramite il seguente circuito:

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i noise tipici introdotti in uscita sono, nell’elenco iniziale, il numero 1 e il numero 5; la differenza fondamentale con il rumore introdotto in ingresso è il fatto che mentre in quest’ultimo caso vengono amplificati sia segnale che rumore, nel caso di noise in uscita è solo il segnale ad essere amplificato; vediamo dunque l’espressione del rapporto segnale-rumore nei due casi di assenza o presenza di retroazione:

a) senza retroazione

dato che il rumore non è amplificato mentre il segnale viene amplificato in maniera analoga a quella trovata nel caso di noise in ingresso, si trova per il rapporto segnale-rumore la seguente espressione:

NN X

AX

Y

Y

N

S==

b) con retroazione

in questo caso si ottiene:

N

R

N

R

N

R

R X

AX

XA

XA

A

Y

Y

N

S=

⋅+

⋅+

==

β

β

1

11

dunque come nel caso precedente i due rapporti segnale-rumore risultano uguali. Però a parità di segnale di uscita si ha anche qui un miglioramento del fattore ( )Aβ+1 .

Conclusione

Se il segnale in ingresso rimane invariato la reazione negativa non migliora il rapporto segnale-rumore.

Se invece il segnale d’ingresso può essere aumentato di un fattore ( )Aβ+1 senza che ciò

comporti un aumento del disturbo (la distorsione sicuramente non varia perchè il segnale in uscita rimane costante), allora il rapporto segnale-rumore migliora di un fattore ( )Aβ+1 .

Op-amp ideale

Supponiamo di avere un sistema del tipo amplificatore con retroazione negativa, con una impedenza di ingresso ∞=IZ ed una impedenza

di uscita 0=UZ , e con un

guadagno ad anello aperto uguale a -A: possiamo schematizzare questo circuito come segue: dove con ε

abbiamo indicato la tensione (molto piccola in ampiezza) presente all’ingresso di A. Scriviamo la somma delle correnti nel nodo d’ingresso:

0321

=−−

+−

RR

V

R

V UI εεε

d’altronde noi sappiamo che ε⋅−= AVU , e quindi andando a sostituire nell’equazione scritta

otteniamo che: 0321

=++

++

AR

V

RA

VV

RA

VV

U

UU

UI

e con semplici passaggi quella espressione diventa: 032211

=++++AR

V

AR

V

R

V

AR

V

R

V UUUUI

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36

possiamo dunque ricavare da questa equazione il valore della amplificazione reazionata, che sarà dato da:

++⋅+

−==

3212

1

11111

1

RRRAR

R

V

VA

I

UR

da questa espressione si può notare che, se A cresce ( ∞→A ) il guadagno con retroazione negativa

tende al seguente valore: 1

2

R

RAR −≈

inoltre, se ∞→A questo vuol dire che, dato che A è definito come: εUV

A −=

il valore della tensione ε tende a zero, e questo giustifica il nome di “massa virtuale” dato

all’ingresso di un OP-AMP. Prescindendo dal segno di A, ma considerando che il segnale di uscita ha segno opposto a quello di ingresso, avremmo potuto scrivere:

in questo caso dunque, se riscriviamo la somma delle correnti al nodo d’ingresso, abbiamo:

0231

=−

−−−

R

V

RR

V UI εεε con

εAVU =

eliminando dunque ε , si ha:

022311

=+−−−R

V

AR

V

AR

V

AR

V

R

V UUUUI

anche in questo caso possiamo dunque trovare il valore dell’amplificazione reazionata raccogliendo la due quantità VI e VU , e quindi si ottiene:

−++⋅=

22311

1111

RARARARV

R

VU

I

dunque l’amplificazione reazionata è data da:

2321

1

11111

1

RRRRA

R

V

VA

I

UR

++⋅

==

in questa espressione si vede che se ∞→A allora si ha che 12 RRAR −≈ , come in precedenza.

Facciamo ora un altro calcolo, consideriamo un cicuito come il seguente:

calcoliamo il valore di ε dovuto al contributo di VU :

( ) 31312

31

31

31

31

312

31

31

RRRRR

RR

RR

RRV

RR

RRR

RR

RRV

U

U

++⋅+

⋅+

⋅=

++

+⋅

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37

213

21

1

313221

31

RRR

RR

RV

RRRRRR

RRV UU

++⋅=

++⋅=ε

dalla quale possiamo fare l’interessante osservazione che se R3 =0, allora anche 0=ε che coincide

con il significato di “massa virtuale”. In realtà R3 è assolutamente ininfluente, come si deduce dalla espressione di AR , in quanto è l’unica resistenza che compare solo nella parentesi moltiplicata per 1/A. Se quindi possiamo prescindere dal valore di R3 , la si può porre uguale a ∞ (cioè toglierla). In

tali condizioni si ottiene: 21

1

RR

RVU +

⋅≈ε

da questa espressione possiamo ricavare: 121

1 βε

=+

≈RR

R

VU

il fattore 1β rappresenta la frazione di tensione che dall’uscita viene riportata in ingresso (lo

abbiamo chiamato 1β per distinguerlo dal coefficiente di retroazione β ).

Se invece consideriamo la relazione generale per sistemi controreazionati (retroazione negativa), noi

avevamo trovato che: ββ +

=+

=

AA

AAR 1

1

1

allora, se ∞→A , si ha che β1≈RA , relazione questa che, confrontata con quella specifica da noi

ricavata, e cioè: 1

2

R

RAR −≈ ci porta a dedurre il seguente valore per β :

2

1

R

R−≈β

Caratteristiche fondamentali di un OP-AMP ideale

1. ∞→A Amplificazione ad anello aperto 2. ∞→IZ Impedenza d’ingresso

3. 0→UZ Impedenza d’uscita

4. ∞→CMRR Rapporto di reiezione al modo comune

5. ∞→B Banda passante (seconda frequenza di taglio f2 )

Caratteristiche generali di un OP-AMP reale

1. 64 1010 ÷≈A 2. Ω≈ MZ I 1

3. Ω≈1UZ

4. dBCMRR 10080 ÷≈ 5. GHzMHzB ÷≈

Definiamo poi la seguente quantità:

slew-rate : C

I

dt

dVU =

sV

µ

la rapidità di risposta nel tempo è limitata dalla capacità di uscita (interna); nel dominio delle frequenze noi possiamo scrivere che tsinVV MU ω= e quindi derivando rispetto al tempo abbiamo

che: ( ) MMAX

MMAXU VtsinV

dt

d

dt

dVωω =

=

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38

Esempio:

se 6101 == sV

dt

dVU

µ

questo significa che il prodotto 610=MVω quindi possiamo avere al più un segnale in uscita dato da 61010 =ωV e quindi abbiamo che 1510 −= sω .

Taglio alle alte frequenze

Abbiamo che l’amplificatore in realtà ha una sua capacità intrinseca che può essere rappresentata tramite l’espressione: Che CACC ')1( ⋅++≈

se mettiamo C nella formula della A dell’amplificatore controreazionato, sostituendo

CjRR

ω+→33

11 , si ricava che:

2

0

1 ωτj

AA

+−= (circuito passa-basso)

dove 2ω è definita come:

( )

Cbe CAC

RR

A

R

'

321

22 )1(

111

1

⋅++

++

+==

τω

d’altronde, se ∞→3R , l’espressione appena scritta diventa:

( )

( ) CbCA

R

A

R

'

212 1

11

⋅+

++

dove abbiamo posto, come si verifica poi in realtà, che ( )1' +⋅<< ACC Che , e questo è dovuto

semplicemente al fatto che 1>>A ; trascurando dunque, per la medesima ragione, il termine 1/R1 ,

otteniamo la seguente espressione finale: CbCR '2

2

1

⋅≈ω

Circuiti Lineari con OP-AMP

Si suppone che la rete di reazione sia composta da elementi passivi lineari come ad esempio resistenze o condensatori, in tale ipotesi il circuito è sicuramente lineare purché il segnale di ingresso non sia tale da far saturare l’uscita. Consideriamo di seguito alcuni tipi di configurazioni:

1) Amplificatore invertente

definiamo allora l’amplificazione A come, ovviamente, il rapporto tra V2 e V1, inoltre abbiamo le

seguenti caratteristiche: 1) poiché 21 IIRingresso =⇒∞=

2) poiché 0==⇒∞= baopamp vvA

il punto va viene perciò detto punto di massa virtuale;

allora possiamo ricavare le seguenti espressioni per V1 e V2:

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39

222

111

IRV

RIV

−==

il segno meno nella espressione di V2 sta ad indicare che la corrente I2 scorre in un verso opposto rispetto a quello che la tensione ai capi di R2 vorrebbe. Troviamo dunque alla fine la seguente

espressione per l’amplificazione: 1

2

R

RA −=

2) Amplificatore non invertente

anche in questo caso l’amplificazione è definita come il rapporto tra 2V e 1V . Otteniamo dunque le

seguenti relazioni per questo tipo di circuito:

1

11111

1

R

VIRIV

Vva

−=⇒−=

=

inoltre dato che Va =V1, possiamo ottenere la seguente espressione per I2:

2

1222212 R

VVIRIVV

−−=⇒−=−

d’altronde deve essere I1=I2 dato che l’opamp si assume avere impedenza d’ingresso infinita, e

quindi, uguagliando l’espressione delle due correnti, si ricava: 2

12

1

1

R

VV

R

V −=

e quindi, svolgendo l’equazione sopra scritta, si arriva al risultato finale:

2

2

21

211

2

2

211

2

2

1

1

2

1

11

R

V

RR

RRV

R

V

RRV

R

V

R

V

R

V

=

+⋅

=

+⋅

=+

e quindi l’amplificazione è data da: 1

2

1

2 1R

R

V

VA +==

3) Inseguitore di tensione

si tratta di un circuito di tipo non invertente nel quale si ha che ∞=1R e/o 02 =R e quindi

otteniamo per l’amplificazione la seguente espressione: 111

2 =+=R

RA

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40

4) Circuito sommatore

Lo schema del circuito sommatore è rappresentato nella pagina seguente:

dal fatto che l’impedenza d’ingresso dell’opamp è infinita, si ha che deve essere:

4321 IIII =++

sostituendo dunque in questa equazione le espressioni delle varie correnti, si ottiene:

4

0

3

3

2

2

1

1

R

V

R

V

R

V

R

V−=++

e quindi in definitiva possiamo scrivere:

⋅+⋅+⋅−=

3

43

2

42

1

410 R

RV

R

RV

R

RVV

ora, se ci mettiamo nel caso in cui RRRRR ==== 4321 , allora possiamo scrivere che:

( )3210 VVVV ++−=

e quindi in questo caso il circuito assume le caratteristiche di un sommatore.

5) Circuito integratore (ideale)

analizziamo questo tipo di circuito sia nel regime dei tempi sia in quello delle frequenze:

a) regime dei tempi

sempre per il fatto che l’impedenza di ingresso dell’opamp è infinita, noi abbiamo che le due correnti I1 e I2 devono essere uguali, inoltre il potenziale Va è nullo, abbiamo cioè un punto di massa virtuale.

Possiamo allora scrivere che: 211 II

R

V==

e quindi si ha: '1

'1

1222 dtVCR

dtICC

qVVV

tt

a ∫∫∞−∞−

−=−⋅===−

abbiamo dunque trovato l’espressione della tensione di uscita e, come si vede, essa è proporzionale all’integrale della tensione d’ingresso. Un problema fondamentale di questo tipo di circuito è il fatto che per tempi lunghi, a causa dell’integrale, l’OPAMP arriva alla saturazione; questo problema si risolve nel circuito integratore reale, che viene trattato di seguito;

b) regime delle frequenze

l’impedenza dovuta al condensatore C è data dalla seguente espressione: Cj

Z c ω1

=

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41

possiamo allora scrivere la seguente espressione, che corrisponde a eguagliare tra di loro le due

correnti I1 e I2: 11221 1

VCRj

VR

ZV

Z

V

R

V c

c

⋅−=⋅−=⇒−=ω

si vede anche qui che abbiamo un problema uguale a quello che avevamo incontrato nel regime dei tempi, infatti se 0→ω e V1 rimane finito l’OPAMP satura.

6) Circuito derivatore (ideale)

anche per questo circuito, come per l’integratore ideale, facciamo una analisi nel regime dei tempi ed una nel regime delle frequenze:

a) regime dei tempi

come al solito dobbiamo imporre l’uguaglianza delle due correnti I1 e I2; per quanto riguarda allora

la corrente I1, questa è data da: dt

dVC

dt

dqI 11

1 ==

allora se andiamo ad uguagliare questa espressione alla corrente I2, ricaviamo: R

VI

dt

dVC 2

21 −==

si ottiene allora per V2 la seguente espressione: dt

dVRCV 1

2 −=

anche qui si presenta un problema simile a quello che si aveva nell’integratore ideale, e cioè il fatto che, in questo caso, se 0→dt , l’OPAMP satura;

b) regime delle frequenze

in questo caso, uguagliando le due correnti, si ottiene: R

V

Z

V

c

21 −=

e quindi V2 è data da: 112 CRVjVZ

RV

c

ω−=−=

e, come si vede dalla espressione di V2, se ∞→ω , l’opamp satura. Dagli ultimi due circuiti

presentati abbiamo visto che abbiamo problemi di saturazione dell’OPAMP che risolveremo nelle prossime due configurazioni, e cioè il circuito integratore reale e il derivatore reale.

7) Circuito integratore (reale)

Per evitare i fenomeni di saturazione che abbiamo visto nei due circuiti precedenti, occorre fare in modo che il condensatore C presente sia nel derivatore che nell’integratore, si scarichi, in questo modo la V2 non raggiunge la saturazione, come vedremo meglio in seguito.

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42

L’equazione del nodo che sta a massa virtuale, ci dice che deve essere:

2121 IIIIII CC −=⇒+=

ora, per la tensione V2, possiamo scrivere la seguente equazione: dtICC

qV C∫ −⋅==

12

ma allora, sostituendo ad IC il valore che abbiamo ottenuto nella equazione di prima, ed esprimendo le due correnti I1 ed I2 in funzione delle tensioni e delle resistenze, otteniamo il seguente risultato:

+⋅−=+−⋅= ∫ ∫∫ ∫ dtR

Vdt

R

V

CdtIdtI

CV

2

2

1

1212

11

ponendo allora 11 CR=τ e 22 CR=τ , possiamo scrivere: dtVdtVV ∫∫ ⋅−⋅−= 22

11

2

11

ττ

se adesso andiamo a derivare ambo i membri di quest’ultima equazione otteniamo:

02

2

1

12 =++ττVV

dt

dV

questa è una equazione differenziale del tipo: 0)()(' =+⋅+ xQYxPY

e la soluzione generale di una equazione di questo tipo è la seguente:

∫ ∫∫− ⋅−⋅= dxexQcexY dxxPdxxP )()( )()(

tornando dunque al nostro caso specifico, si ha che la soluzione generale per il nostro potenziale

V2(t) è la seguente:

⋅⋅−⋅= ∫− dtetVcetV tt 22 )(

1)( 1

12

ττ

τ

se adesso ci mettiamo nel caso particolare in cui V1 è costante come può essere un gradino di

potenziale, allora l’equazione generale diventa in questo caso:

⋅−⋅= ∫− dte

VcetV tt 22

1

12 )( ττ

τ

andando a risolvere quell’integrale otteniamo:

1

212

1

12

2222)(τ

ττ

τττττ ⋅

−⋅=⋅⋅−⋅= −−− Vecee

VcetV tttt

all’istante iniziale t=0 facciamo a questo punto l’ipotesi che V2=0, questo ci porta a determinare il

valore della costante c, infatti si ha: 1

21

1

212 0)0(

ττ

ττ V

cV

ctV =⇒−===

e quindi alla fine possiamo scrivere che : ( )22 1)(1

21

1

21

1

212

ττ

ττ

ττ tt e

R

RVVe

VtV −− −⋅−=−⋅=

verifichiamo ora la correttezza di questa espressione andando a vedere i limiti per 0→t e per

∞→t :

a) per 0=t risulta 0)0(2 ==tV in accordo con le ipotesi iniziali;

b) per ∞=t risulta 1

212 )(

R

RVtV ⋅−=∞→ che è corretto in quanto per un tempo infinito la

capacità è sicuramente carica e quindi l’amplificatore si comporta come un semplice OPAMP in configurazione invertente. Confrontiamo ora la risposta di questo circuito reale con la risposta del circuito analogo ideale; nel

caso di quest’ultimo avevamo visto che la tensione di uscita era data da: dtVCR

tV ∫⋅−= 11

2

1)(

se allora consideriamo per V1 un valore costante, otteniamo la seguente tensione di uscita:

112 )(

τt

VtV ⋅−= CIRCUITO IDEALE

mentre per il circuito reale abbiamo ottenuto la seguente espressione:

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43

)1()( 2

1

212

τteR

RVtV −−⋅⋅−= CIRCUITO REALE

nell’ipotesi allora che 12

<<τt

possiamo sviluppare in serie l’esponenziale ed otteniamo quindi:

−+−−⋅⋅−≅ ......

211)(

22

2

21

212 ττ

tt

R

RVtV

e con semplici calcoli si ha:

+−⋅⋅⋅−=

+−⋅⋅−≅ ......

21......

2)(

221

212

2

2

21

212 ττττ

tt

R

RV

tt

R

RVtV

arriviamo dunque alla seguente espressione:

+−⋅⋅−≅ ....

21)(

2112 ττ

ttVtV CIRCUITO REALE

dunque tramite lo sviluppo al primo ordine dell’esponenziale otteniamo che la differenza con il

circuito reale sta solamente nel fattore 22τ

t che rappresenta il cosiddetto errore di linearità’ da

tenere presente nella progettazione circuitale , cioè si deve avere che 2τ<<t , quindi in genere la

resistenza che si aggiunge R2 deve essere molto grande, dell’ordine dei ΩM , affinchè il circuito si comporti ancora da integratore.

8) Circuito derivatore (reale)

Per ottenerlo occorre aggiungere in serie alla capacità in ingresso una resistenza in genere, come vedremo, molto piccola. Il grafico del circuito è così il seguente: dobbiamo come al solito uguagliare le due correnti I1 e I2; la corrente I2 è data da:

dt

dVCI C⋅=2

ora, la tensione ai capi del condensatore è data dalla tensione V1 alla quale dobbiamo togliere la tensione ai capi della resistenza, questo sempre perchè il nodo successivo a R1 è a tensione zero; possiamo dunque scrivere

che:dt

dICR

dt

dVC

dt

dVC

dt

dVCI R 2

111

21 ⋅−⋅=⋅−⋅=

otteniamo quindi la seguente equazione differenziale: 011 1

12

1

2 =⋅−⋅+dt

dV

RI

CRdt

dI

questa è una equazione differenziale analoga a quella che avevamo incontrato nel caso del circuito integratore reale, passiamo dunque a scrivere direttamente la soluzione generale per la corrente I2,

che sarà data da:

⋅+⋅= ∫

− dtedt

dV

RceI tt 12 1

12

1 ττ

se allora applichiamo in ingresso un segnale a rampa, cioè della forma seguente: τt

VtV ⋅= 11 )(

otteniamo:

⋅⋅+⋅= ∫− dte

V

RceI tt 11 1

12

1 ττ

τ

Page 44: Teoria di una linea di trasmissione · Teoria di una linea di trasmissione Un sistema elettrico costituito, nella sua versione più elementare, ... carico 0), i punti della linea

44

e quindi, risolvendo l’integrale: 1

111

1

12

1111

R

Vcee

R

VeceI tttt

ττ

ττ

ττττ +⋅=⋅⋅⋅+⋅= −−−

se adesso poniamo che per t=0 la corrente I2 deve essere nulla questo ci porta a determinare il valore

della costante c, infatti deve essere: 1

11

1

112 0)0(

R

Vc

R

VctI

ττ

ττ

−=⇒+===

possiamo dunque scrivere l’espressione finale per la corrente I2:

( )11 11

11

1

11

1

112

ττ

ττ

ττ

ττ tt e

R

V

R

Ve

R

VI −− −⋅=+⋅−=

e quindi, dato che 222 RIV −= , da questa soluzione possiamo risalire alla espressione della tensione

di uscita, che è dunque data da:

( )11)( 212

τ

τte

CRVtV −−⋅⋅−= CIRCUITO REALE

verifichiamo ora che cosa succede se mandiamo il tempo a zero oppure all’infinito:

a) per 0=t si ha che 0)0(2 ==tV in accordo con le ipotesi iniziali;

b) per ∞→t si ha che τ

212 )(

CRVtV ⋅−= ;

quindi il circuito tende esponenzialmente a questo valore costante; esso ci tende tanto più rapidamente quanto più piccola è la costante di tempo dell’esponenziale CR11 =τ ; dal che si deduce,

come avevamo osservato dall’inizio, che per ottenere un buon derivatore dovevamo aggiungere in serie una resistenza molto piccola. Se confrontiamo la risposta del derivatore reale con quella del derivatore ideale abbiamo:

ττ 2

12 )( ⋅−= VtV CIRCUITO IDEALE

( )11)( 212

τ

ττ teVtV −−⋅⋅−= CIRCUITO REALE

quindi il circuito si comporta come un buon derivatore per 11

>>τt , che vuol dire per tempi lunghi

e/o per 1τ piccola.

9) Amplificatore differenziale

L’amplificatore differenziale è costituito dal seguente circuito: consideriamo un amplificatore differenziale che per ipotesi ha due amplificazioni diverse per i due canali d’ingresso. Sia 1A

l’amplificazione del canale 1 e 2A quella

del canale 2, allora la tensione d’uscita sarà data da: 2211 VAVAVu −=

riscriviamo allora questa formula dimezzando tutti i prodotti:

222222221111 VAVAVAVA

Vu −−+= ora

aggiungiamo e togliamo le stesse quantità:

+−−−⋅+

−++⋅=

−+−+−−+=

22222222

22222222

11222

22111

1212212122221111

AAAAV

AAAAVV

VAVAVAVAVAVAVAVAV

u

u

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45

e quindi, raccogliendo:

( ) ( )212121

21

212

212

211

211

22

2222

AAVVAA

VVV

AAV

AAV

AAV

AAVV

u

u

−⋅

+

+

+

⋅−=

⋅+

+−⋅+

⋅+

+

⋅=

se adesso chiamiamo:

221 AA

AS

+= e 21 AAAD −=

otteniamo quindi: ( )

+⋅+−⋅=

221

21

VVAVVAV DSu

se allora 21 AA = allora noi abbiamo che 0=DA e quindi l’amplificatore differenziale è perfetto,

cioè si ha che: ( )21 VVAVu −⋅=

Dopo questa breve introduzione sugli amplificatori differenziali, andiamo ad esaminare il nostro circuito: per il principio di sovrapposizione degli effetti la tensione al terminale invertente è data

da: 21

13

21

21 RR

RV

RR

RV

+⋅+

+⋅

invece quella al terminale non invertente è data da: 43

42 RR

RV

+⋅

e, poiché le due devono essere uguali, arriviamo alla seguente equazione:

43

42

21

13

21

21 RR

RV

RR

RV

RR

RV

+⋅=

+⋅+

+⋅

da questa espressione possiamo esplicitare il valore di V3 che risulta essere uguale a:

1

21

21

21

43

423 R

RR

RR

RV

RR

RVV

+⋅

+

⋅−+

⋅=

e ancora, svolgendo il prodotto: 1

21

43

21

1

423 R

RV

RR

RR

R

RVV ⋅−

++

⋅⋅=

ora, se le resistenze nei due rami hanno lo stesso rapporto, cioè se 3

4

1

2

R

R

R

R= si ottiene per V3 la

seguente espressione: ( )121

23 VV

R

RV −⋅=

e quindi finalmente possiamo scrivere l’espressione per l’amplificazione definita come:

1

2

12

3

R

R

VV

VAS =

−=

definiamo ora un nuovo parametro che è il D

S

A

ACMRR = ( Common Mode Reiection Ratio) in un

amplificatore differenziale in cui: 2

21 VVVS

+=

il CMRR serve per quantificare quando vengono amplificati diversamente i due segnali in ingresso, infatti se si hanno due segnali uguali ci aspettiamo in uscita un segnale nullo che in realtà non si trova, e questa deviazione da zero che si ha in realtà è proprio quantificabile tramite questo fattore; calcoliamo ora l’espressione del CMRR per il nostro amplificatore differenziale; partiamo dalla

espressione di V3 che avevamo già scritto, e cioè: 11

22

1

4

43

213 V

R

RV

R

R

RR

RRV ⋅−⋅⋅

++

=

se adesso aggiungiamo e togliamo al secondo membro la quantità 1

22 R

RV ⋅ otteniamo:

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46

( )

( ) ( )431

3241212

1

23

1

4

43

21

1

2212

1

23

11

22

1

4

43

212

1

22

1

23

RRR

RRRRVVV

R

RV

R

R

RR

RR

R

RVVV

R

RV

VR

RV

R

R

RR

RRV

R

RV

R

RV

+⋅−

⋅+−⋅=

++

+−⋅+−⋅=

⋅−⋅⋅++

+⋅−⋅=

ricordando ora che in un amplificatore differenziale si ha: ( )

+⋅+−⋅=

221

213

VVAVVAV DS

essendo poi 2

21 AAAS

+= e 21 AAAD −= , se facciamo l’ulteriore ipotesi che 21 VV ≅ e quindi che

221

2V

VV≅

+ , otteniamo che, dal confronto delle due ultime equazioni, si deve avere:

1

2

R

RAS = e ( )431

3241

RRR

RRRRAD +⋅

−=

otteniamo dunque per il CMRR la seguente espressione:

1

2

3

4

3

4

1

2 1

R

R

R

R

R

R

R

R

A

ACMRR

D

S

+⋅

==

dalla quale si deduce che con la posizione 1

2

3

4

R

R

R

R= il ∞→CMRR , cioè si ha la massima reiezione

del segnale spurio.

10) Circuito generatore di tensione di riferimento

Dall’uguaglianza delle due correnti otteniamo che deve

essere:

+⋅=

1

22 1

R

RVV R

dove VR è la tensione inviata nel circuito dal generatore disegnato. Cambiando i valori di R1 e R2 si può ottenere un grande intervallo di tensioni di

riferimento. Ovviamente la stabilità di V2 dipende da quella di VR, R1 ed R2. In genere nelle pratica si usano dei diodi zener per avere la VR. Si possono avere allora dei circuiti come quelli schematizzati qui di seguito:

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47

In ambedue i circuiti la R va scelta in modo tale da far circolare nello zener una corrente che

minimizza il coefficiente di temperatura (T

Vz

∂∂

). Altri tipi di circuiti con zener sono i seguenti:

la tensione al morsetto + è data da 32

32 RR

RVV

+⋅= e quindi ai capi dello zener c’è la seguente

tensione: 32

22

32

322 RR

RV

RR

RVVVz +

⋅=+

⋅−=

questo circuito va bene per tensioni di riferimento positive; per quanto riguarda invece le tensioni di riferimento negative abbiamo un circuito analogo al precedente in cui però il diodo zener è invertito, l’alimentazione relativa al morsetto - è V=0 mentre quella relativa al morsetto + è -V, in questo caso

si ottiene allora: 32

22 RR

RVVz +

⋅= come per il circuito precedente ma con segno opposto.

In entrambi i circuiti cambiando il rapporto 3

2R

R con il potenziometro si può cambiare il valore

della tensione di riferimento in uscita che è infatti data da:

+⋅=

2

32 1

R

RVV z

la corrente di polarizzazione dello zener I z è la stessa che scorre in R1 ed è data da:

( )321

22

RRR

RVI z +⋅

=

11) Circuito stabilizzatore di tensione

Un circuito di questo tipo converte tensioni lentamente variabili nel tempo in tensioni costanti. Lo schema del circuito è quello a sinistra . Il transistor T, in genere di potenza, connesso ad emettitore comune serve solo come amplificatore di corrente qualora l’OPAMP non avesse la potenza sufficiente per pilotare

il carico. Come al solito la tensione tra i due morsetti dell’OPAMP deve essere nulla, quindi:

21

1

RR

RVV uz +

⋅= da cui si ricava che:

+⋅=

1

21R

RVV zu

Le resistenze 4R e 5R servono come protezione contro il cortocircuito rispettivamente per l’OPAMP

e per il transistor.

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48

Sistemi del 2° ordine

Def: i sistemi del 2° ordine sono quelli la cui k(p) presenta 2 poli. Nel caso più generale allora la funzione di trasferimento k(p) si potrà scrivere:

cpbpa

KpK O

++=

)(

2

Con Ko = Cost. e i coefficienti a, b, c, numeri reali positivi. L’equazione del II ordine al denominatore ha come soluzioni p1 e p2 e com’è noto, tra di loro esistono le seguenti relazioni : abpp /21 −=+ acpp /21 =⋅

e poichè i poli, affinchè la k(p) non sia divergente, devono essere contenuti nel semipiano di “sinistra” (v. tab. pag. 243b) , ovvero:

>

<0

0

2

1

p

p se sono reali oppure con parte reale negativa

questo implica che a, b, c devono avere lo stesso segno.

f(t) F(p)

( )tδ à 1

à ( )tσ à p

1

à t à 2

1p

à teα à 0> ;1

αα−p

à te α− à 0> ;1

αα+p

à ( )tSin ω à 22 ω

ω+p

à ( )tCos ω à 22 ω+p

p

à ( )tSine t ωα à ( )[ ]22 ωα

ω

++p

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Dall’analisi della tabella si possono dedurre le seguenti osservazioni: 1) I poli sono reali o complessi coniugati 2) Ad un polo singolo non nell’origine corrisponde una funzione esponenziale 3) A due poli c.c. sono associate funzioni armoniche (sin, cos,) 4) Se i poli si trovano nel semipiano “destro” (I e IV quadr.) la funzione f(t) diverge!! 5) Se i poli si trovano nel semipiano di “sinistra” (II e III quadr.) la funzione f(t) converge. - Inoltre: maggiore è la distanza dall’asse reale dei poli c.c., più elevata è la frequenza della armonica. Ovviamente i poli potranno essere : 1) reali e distinti p1 < 0 ; p2 > 0 2) reali coincidenti p1 = p2 < 0 3) complessi coniugati Costruiamo il diagramma di Bode: Poli reali e distinti Poli coincidenti

Pulsazione di taglio:

Poli reali e distinti : la pulsazione di taglio coincide con p1 se p2 >> p1, viceversa se 21 pp ≈ allora la

pendenza raddoppia in prossimità di p1 e quindi la pulsazione di taglio diventa inferiore a p1. Fase : per valori di p molto piccoli 0≈ϕ , subisce poi una variazione , verso il basso , al primo polo

( −π/2 ) e ancora di altri ( −π/2 ) al secondo polo per arrivare a ( −π ) . Quando i poli sono coincidenti la variazione totale (−π) si ha nel punto della coincidenza dei due poli .

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Poli complessi coniugati

Scriviamo i poli nella forma generica : p1 = −α + i β p2 = −α − i β

possiamo scrivere la K(p) come : K(p) = ( )( )21 ppppa

Ko

−−

Supponendo per semplicità che 1=a

K o e sostituendo i valori assunti per p1 e p2 :

K(p) = ( )( )βαβα ipip ++−+1

Ponendo ora p = i ω , facendo cioè riferimento ad un punto sull’asse immaginario ; scriviamo il modulo quadro di K(p)

( )[ ] ( )[ ]

( )[ ] ( )[ ]2222

2

1)(

1

)(

βωαβωαω

βωαβωαω

++−+=

++−+=

iK

iiiK

Se facciamo la derivata della 2

)( ωiK rispetto a ω: 0)(

ω

d

iKd

troviamo il valore di ω per il quale si ha il massimo della funzione di trasferimento cioè ωΜΑX Si ottiene allora : ω2

ΜΑX = β2 − α2 ωΜΑX esiste ed è reale solo se β > α .

Pertanto la )( ωiK ha un massimo cioè un picco , solo se

l’ordinata del polo è maggiore della sua ascissa . Se vogliamo rappresentare graficamente β è l’ ipotenusa di un triangolo rettangolo di lati α e ωMAX . ωMAX è interpretabile come il punto di intersezione tra un cerchio con centro in −α e raggio β nel piano complesso ( α , iω ) . Se non esiste intersezione, la funzione di risposta )( ωiK

non ha alcun picco. Indicando con ωο la distanza dei poli dall’ origine :

Allora : ωο2 = α2 + β2

Confrontando ωο con ωMAX si vede che : ωMAX < ωο ωMAX = ωο solo se α = 0 . Cioè ωο è il limite di ωMAX .Quando i poli sono molto vicini all’ asse delle ordinate ( iω ) e lontani dall’ origine : β >> α Tanto più i poli si avvicinano all’ asse ( iω ) tanto più il picco è accentuato.

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Curva di risposta normalizzata

Il diagramma di Bode della funzione di risposta K(p) con due poli complessi coniugati viene in generale data utilizzando dei parametri :

ωο = pulsazione dell’ oscillazione non smorzata Qo = α

ω2

o fattore di merito.

Riscrivendo la K(p) : K(p) = 12 ++ p

c

bp

c

ac

KO

e ricordando che : p1 = −α + i β ; p2 = −α − i β si ha:

( )

oo

o

o

o

Qc

b

ottiene:Quindi si a

cpp

Qa

bpp

ω

ωβα

ωα

1

2

22221

21

=

=+==⋅

===+−

La funzione di risposta normalizzata risulta allora :

11

)(2

++

=

ooo

o

Qp

p

ApK

ωω

avendo posto Ao = Ko /c .

Poiché il picco nella K( iω ) si ha per β > α allora effettuando qualche passaggio si ha : ωο

2 = α2 + β2 ⇒ β2 = ωο2 − α2

β2 > α2 ⇒ ωο2 − α2 > α2 ⇒ ωο > 2 α

α = o

o

Q2

ω ⇒

o

oo Q2

ω > ⇒ 707.02

1≅>oQ

Quindi il picco si ha per valori di Qo elevati . Il limite inferiore per Qo si ha quando β = 0 , cioè i poli

sono coincidenti. Allora ωο2 = α2 e si ha : Qo =

2

1

2=

αωo Il limite superiore è teoricamente

infinito. Se valgono :

β = α ⇒ ωο2 = 2α2 ⇒ ωο = 2 α ⇒

o

oo Q2

ω = ⇒ 2

1=Q

Allora )( ωiK diventa per ω = ωο )( ωiK = 2oA

Quindi ωο , distanza dei poli dall’ origine, coincide con la pulsazione di taglio se i poli sono a 45°.

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Sistemi del 2° ordine . alcune configurazioni .

Un sistema del 2° ordine ha due poli quindi deve anche essere costituito da due elementi reattivi distinti ( cioè elementi di tipo C capacità e di tipo L induttanza ).Ovviamente in un tale sistema si può avere : elementi di tipo identico(2C , 2L ) elementi di tipo diverso (1C , 1L ) Inoltre i due elementi reattivi che costituiscono il sistema possono essere : interagenti non interagenti Cominciamo a vedere il caso più semplice :

Elementi reattivi non interagenti

Ciò si verifica se ogni elemento reattivo appartiene ad un sotto sistema distinto. Allora i poli sono sicuramente reali e si trovano , separatamente per ogni sotto sistema nel modo già visto : Esempio.

Essendo A un sistema con impedenza 0 e →∞→ OUTIN ZZ , i due sotto sistemi risultano

completamente disaccoppiati , ossia non interagenti , e i poli saranno:

222

2111

1

11 ;

11

CRp

CRp

⋅−=−=

⋅−=−=

ττ

Possiamo dare una regola generale :

gli elementi di un sistema sono non interagenti se , una volta annullate le sorgenti indipendenti ciascun elemento “vede” una resistenza pura e non una impedenza.

Elementi reattivi interagenti

Se i due elementi appartengono allo stesso sottosistema essi interagiscono tra loro e quindi ciascun polo ( due ) dipende da ambedue gli elementi. I poli naturalmente si determinano risolvendo l’equazione di 2° grado ottenuta ponendo uguale a zero il denominatore della K(p). In generale vale la seguente regola: Se, una volta annullate le sorgenti indipendenti, l’ elemento “vede” una impedenza e non una

resistenza pura...

Due elementi dello stesso tipo

In questo caso si può dimostrare che i poli sono sicuramente reali e distinti. Non può quindi verificarsi un polo doppio.

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Esempio

Elementi reattivi di tipo diverso

Si possono avere poli reali o complessi coniugati a seconda del valore degli elementi stessi. Esempio.

Infatti cortocircuitando il generatore di tensione e annullando l’ ammettenza totale si ottiene:

01 01 2 =++⇒=

++ pCRLCp

pLRpC

Si hanno quindi tre casi:

1) poli reali e distinti se : ( )4

1 se ossia 4

2

2 <>CR

LLCCR

2) poli reali e coincidenti se : 4

1

2=

CR

L

3) poli complessi coniugati se : 4

1

2>

CR

L

Non ci sono zeri in quanto la K(p) va a zero (per p che tende a infinito) come un polinomio di ordine due,

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Comparatori

Il comparatore è un sistema che permette di stabilire l’istante t in cui un segnale arbitrario raggiunge un predeterminato livello di riferimento. Esso deve quindi confrontare il livello del segnale in esame con uno di riferimento, ed assumere in uscita un valore diverso a seconda che l’ampiezza del segnale in esame sia inferiore o superiore al livello di riferimento. Normalmente l’uscita assume solo due livelli realizzando quindi una funzione binaria (low-high). Possiamo quindi schematizzare la funzione di trasferimento nel grafico seguente :

Per V1>VR l’uscita è saturata a -V2L . Al diminuire di V1, quando si raggiunge il valore di riferimento VR, avviene la commutazione al livello +V2H.

Per V1>VR l’uscita è saturata a +V2H. Al diminuire di V1 ,quando raggiunge il valore di soglia (V1=VR) avviene la commutazione al livello -V2L.

Se si desidera una diversa dinamica di uscita piuttosto che quella tra -Vcc e +Vcc di alimentazione, occorre inserire nella rete di reazione un dispositivo limitatore come , ad esempio ,un diodo zener.

V1VR

V2

V2H

-V2L

INVERTENTE

V1VR

V2

V2H

-V2L

NON INVERTENTE

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E’ necessario inserire in serie all’ingresso una resistenza ( R ) affinchè la tensione V1 possa assumere un valore diverso da VR (indipendente), anche quando agisce il circuito limitatore.

ESEMPIO

Poichè la rete limitatrice è formata da un diodo zener (D) ,l’escursione della tensione di uscita sarà compresa tra -Vγ (tensione di conduzione diretta) e VZ (tensione di breakdown del diodo). Il circuito di ingresso è quello di un sommatore :

IV

R

V

R= +

2

1

1 La commutazione avviene quando il diodo passa dalla conduzione alla interdizione , quindi quando si annulla la corrente nel nodo : I=0 : condizione di commutazione V

R

V

R1

1 2

= −

Il corrispondente valore di V1 costituisce la tensione di riferimento VR

V V VR

RR11

2

= = − ⋅

V1

V2

VZ

-Vγ γ

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Comparatori con isteresi

In generale qualsiasi segnale ha sovrimposto delrumore (noise) di tipo stocastico. Questo significa che un comparatore con soglia unica (singola) di commutazione , può dar luogo a commutazioni indesiderate provocate da rumore e non dal segnale.

ßßComparatore con soglia singola.

ßßComparatore con isteresi.

VR

t

A

V1

VRHVRL

t

t

t

A

A

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Occorre quindi che il comparatore

abbia due livelli separati di

commutazione

VRH e VRL

In generale si ottiene l’isteresi facendo in modo che: A)Quando il livello di uscita è al suo valore inferiore, -V2L ,il comparatore deve commutare se il segnale di ingresso è V1= VRL. B)Quando il livello di uscita è al suo valore superiore,V2H il comparatore deve commutare se il segnale di ingresso è V1=VRH. Per ottenere questo modello di funzionamento occorre che il valore della tensione di

riferimento,VR, sia dipendente dal valore della tensione in uscita, come schematizzato di seguito: Con riferimento allo schema e dal principio di sovrapposizione si ha:

VV

R RR

V

R RR

VV

R RR

V

R RR

RLL

RHH

=+

++

=+

++

1 22

2

1 21

1 22

2

1 21

Quando V1=0 la V2=V2H perché la V>0 applicata all’ ingresso non invertente “forza” l’ uscita a tale livello.In corrispondenza la tensione di riferimento

dovrà essere al suo livello superiore VRH. Quando V1>VRH l’ uscita commuta al suo valore inferiore V2=V2L e la tensione di riferimento assume il suo valore inferiore VRL. Affinchè si possa avere una nuova commutazione il segnale di ingresso dovrà scendere sotto VRL cioè V1<VRL. L’ ampiezza dell’ isteresi VH si ricava :

V V VV V

RR

H RH RLH RL= − =

+

2

21 1 Il valore centrale o “baricentro” dell’ isteresi si ottiene: V V

VR

R R

V V R

R RRH RL H L+

=+

++

⋅+2 2

2

1 2

2 2 1

2 1 Si può notare che l’ isteresi, VH, non dipende dalla tensione V ma dai livelli di uscita e dal rapporto delle resistenze di uscita R2/R1. Notare ancora che la retroazione è positiva e questo comporta una “accelerazione” nella rapidità di commutazione.

V1

VRL

V2

V2H

-V2L

VRH

VH

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ESEMPIO:

Supponiamo di voler progettare un “rivelatore di zero” con dinamica di uscita 5.5V/0.5V e ampiezza dell’isteresi 3V . Il rivelatore di zero (zero-crossing) si avrà quando il baricentro dell’isteresi è nullo : V VRH RL+

=2

0

L’ ampiezza dell’isteresi è voluta : VH=3V I livelli di uscita : V2H=5.5V V2L=0.5V

PROGETTO :

Dall’equazione di

V V VV V

RR

H RH RLH RL= − =

+

2

21 1 si ricava R

R

V V

VH L

H

2

1

2 2 155 0 5

31 1=

−− =

+− =

. .

Dalla equazione del baricentro : V V

VR

R R

V V R

R RRH RL H L+

=+

++

⋅+2 2

2

1 2

2 2 1

2 1 si ricava V :

VR

R

V VVH L= − ⋅

+= − ⋅

−= −1

2

2 2

21

55 05

22 5

. ..

Il fatto che risulta V≠0 pur volendo l’isteresi simmetrica , dipende dal fatto che i livellin di uscita desiderati non sono simmetrici.

-0.5v

5.5v 3v

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Teoria di una linea di trasmissione ........................................................................................1

Coefficiente di riflessione ..............................................................................................4 Semiconduttori (Cenni) .................................................................................................5 Struttura a bande (Cenni) ..............................................................................................5 Semiconduttori estrinseci o drogati ................................................................................7 Giunzione p-n ...............................................................................................................7 Caratteristica corrente-tensione .....................................................................................9 Resistenza dinamica......................................................................................................9 Caratteristiche di uscita in configurazione EC (EMETTITORE COMUNE) ................13

Quadripoli ..........................................................................................................................15 Grandezze fisiche rilevanti nella configurazione ad emettitore comune..........................16 1)Amplificazione di corrente Ai ...................................................................................16 2) Resistenza di ingresso .............................................................................................17 3) Amplificazione di tensione Av.................................................................................17 4)Resistenza di uscita..................................................................................................18

Circuito equivalente semplificato.....................................................................................18 Configurazione a base comune ........................................................................................19 Configurazione a collettore comune.................................................................................20 Relazione tra β, hFE ed hfe...............................................................................................20 Circuito equivalente a parametri π...................................................................................21

- Prima equazione .......................................................................................................22 - Seconda equazione....................................................................................................22 - Terza equazione........................................................................................................22 - Quarta equazione......................................................................................................22 - Quinta equazione ......................................................................................................23 - Sesta equazione ........................................................................................................23

Teorema di Miller ...........................................................................................................24 - Primo caso................................................................................................................24 - Secondo caso............................................................................................................25 Tagli alle alte frequenze ..............................................................................................25

Amplificatore ad emettitore comune ................................................................................26 Amplificatori a retroazione .................................................................................................27

Diagrammi di Nyquist.....................................................................................................28 Stabilità della retroazione ................................................................................................28

Criterio di Nyquist ......................................................................................................29 Simmetria del diagramma di Nyquist ...........................................................................29 Alcuni diagrammi di Nyquist.......................................................................................29

Proprietà della retroazione negativa .................................................................................30 1) Impedenza d’ingresso..............................................................................................30 2) Impedenza di uscita.................................................................................................31

Sensibilità di un amplificatore a retroazione.....................................................................32 Retroazione in un amplificatore a più stadi ..................................................................32

Influenza della retroazione sul noise ................................................................................33 a) senza retroazione.....................................................................................................34 b) con retroazione .......................................................................................................34 a) senza retroazione.....................................................................................................35 b) con retroazione .......................................................................................................35

Conclusione....................................................................................................................35

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Op-amp ideale ....................................................................................................................35 Caratteristiche fondamentali di un OP-AMP ideale..........................................................37 Caratteristiche generali di un OP-AMP reale ...................................................................37

Esempio:.....................................................................................................................38 Taglio alle alte frequenze ............................................................................................38

Circuiti Lineari...................................................................................................................38 1) Amplificatore invertente..............................................................................................38 2) Amplificatore non invertente .......................................................................................39 3) Inseguitore di tensione ................................................................................................39 4) Circuito sommatore ....................................................................................................40 5) Circuito integratore (ideale) ........................................................................................40

a) regime dei tempi......................................................................................................40 b) regime delle frequenze.............................................................................................40

6) Circuito derivatore (ideale) .........................................................................................41 a) regime dei tempi......................................................................................................41 b) regime delle frequenze.............................................................................................41

7) Circuito integratore (reale)..........................................................................................41 8) Circuito derivatore (reale)...........................................................................................43 9) Amplificatore differenziale..........................................................................................44 10) Circuito generatore di tensione di riferimento.............................................................46 11) Circuito stabilizzatore di tensione..............................................................................47

Sistemi del 2° ordine...........................................................................................................48 Pulsazione di taglio:........................................................................................................49 Poli complessi coniugati..................................................................................................50 Curva di risposta normalizzata........................................................................................51 Sistemi del 2° ordine . alcune configurazioni . .................................................................53

Elementi reattivi non interagenti ..................................................................................53 Elementi reattivi interagenti.........................................................................................53 Due elementi dello stesso tipo......................................................................................53 Esempio......................................................................................................................54 Elementi reattivi di tipo diverso ...................................................................................54

Comparatori ...................................................................................................................55 Comparatori con isteresi .................................................................................................57