11
─ 91 Una mostra sul teatro giapponese “kabukiShigetoshi Osano Dal 14 febbraio al 23 aprile 1984 il Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma ha presenta- to al pubblico italiano una mostra quanto mai interessante, intitolata il teatro “kabuki” nelle xilografie del periodo Edo (1) , composta di sei sezioni in cui vennero esposte centoventisette stampe del tipo ukiyo-e e un rotolo dipinto o e-makimono, inerenti al teatro kabuki fiorito al massimo grado nella capitale del Giappone, l’odierna Tokyo, allora Edo, nel periodo che pren- de da essa il nome di periodo Edo (dall’inizio del XVII secolo al 1867) . Lo scopo della mostra, come chiarisce subito il suo titolo stesso, non è di offrire al pubblico italiano una belle oppor- tunità di apprezzare le xilografie giapponesi, ormai ben conosciute in Europa come genere artistico, bensì di illustrare il mondo del kabuki con le ukiyo-e ad esso relative per una miglio- re comprensione della storia e delle caratteristiche del kabuki. Per tale scopo la mostra è sta- ta ben preparata e poi sistematicamente allestita; il nucleo dell’esposizione, che è costituito non a caso dagli esemplari conservati nei musei italiani ‐ il Museo Chiossone di Genova, il Museo Orientale di Venezia e il Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma ‐ è stato inte- grato da alcune rarissime stampe appartenenti a tre insigni collezioni giapponesi nel campo dell’ukiyo-e. Inoltre, la scelta e la catalogazione delle opere esposte sono state opportunamen- te affidate alla dott.ssa Eiko Kondo che, allo stato attuale, è forse l’unico studioso in Italia ad avere la competenza necessaria in un siffatto impegno, se non altro perché ha già dimostrato varie volte la sua capacità nel catalogare le xilografie giapponesi conservate in collezioni ita- liane. In un certo senso è giustissima l’idea di utilizzare le ukiyo-e di soggetto teatrale ‐ sarà meglio chiamarle in giapponese più shibai-e che kabuki-e ‐ per fare meglio conoscere il mon- do teatrale del kabuki nel suo complesso, in quanto, come sottolineata anche dagli autori dei saggi uniti al catalogo della mostra, il legame tra il kabuki e l’ukiyo-e era strettissimo e quindi queste due arti si influenzarono reciprocamente nel loro rispettivo evolversi. Infatti, il kabuki sembra essere un unicum fra tutti i teatri del mondo proprio nel senso che esso è stato tanto puntualmente documentato fin dall’inizio in numerose stampe con tale ricchezza e varietà che si possono ancor oggi cogliere i mutamenti nell’arte del kabuki attraverso le immagini of- ferte dalle stampe. Per altro verso, è ragionevole pensare che l’analisi e la comprensione di siffatte stampe non può prescindere dalla storia del teatro. In ogni particolare dell’intenzione da parte degli organizzatori, la realizzazione della mostra è risultata ottima. Ciò si rende sempre più chiaro anche via via che si sfogliano le pagine del catalogo a cura di Sandra Pin- to e Giovanni Poncini, rispettivamente soprintendente aggiunto e ispettore presso il Museo 〈展覧会評〉

Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

─ 91 ─

Una mostra sul teatro giapponese “kabuki”*

Shigetoshi Osano

Dal 14 febbraio al 23 aprile 1984 il Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma ha presenta-

to al pubblico italiano una mostra quanto mai interessante, intitolata il teatro “kabuki” nelle

xilografie del periodo Edo(1), composta di sei sezioni in cui vennero esposte centoventisette

stampe del tipo ukiyo-e e un rotolo dipinto o e-makimono, inerenti al teatro kabuki fiorito al

massimo grado nella capitale del Giappone, l’odierna Tokyo, allora Edo, nel periodo che pren-

de da essa il nome di periodo Edo (dall’inizio del XVII secolo al 1867). Lo scopo della mostra,

come chiarisce subito il suo titolo stesso, non è di offrire al pubblico italiano una belle oppor-

tunità di apprezzare le xilografie giapponesi, ormai ben conosciute in Europa come genere

artistico, bensì di illustrare il mondo del kabuki con le ukiyo-e ad esso relative per una miglio-

re comprensione della storia e delle caratteristiche del kabuki. Per tale scopo la mostra è sta-

ta ben preparata e poi sistematicamente allestita; il nucleo dell’esposizione, che è costituito

non a caso dagli esemplari conservati nei musei italiani ‐ il Museo Chiossone di Genova, il

Museo Orientale di Venezia e il Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma ‐ è stato inte-

grato da alcune rarissime stampe appartenenti a tre insigni collezioni giapponesi nel campo

dell’ukiyo-e. Inoltre, la scelta e la catalogazione delle opere esposte sono state opportunamen-

te affidate alla dott.ssa Eiko Kondo che, allo stato attuale, è forse l’unico studioso in Italia ad

avere la competenza necessaria in un siffatto impegno, se non altro perché ha già dimostrato

varie volte la sua capacità nel catalogare le xilografie giapponesi conservate in collezioni ita-

liane.

In un certo senso è giustissima l’idea di utilizzare le ukiyo-e di soggetto teatrale ‐ sarà

meglio chiamarle in giapponese più shibai-e che kabuki-e ‐ per fare meglio conoscere il mon-

do teatrale del kabuki nel suo complesso, in quanto, come sottolineata anche dagli autori dei

saggi uniti al catalogo della mostra, il legame tra il kabuki e l’ukiyo-e era strettissimo e quindi

queste due arti si influenzarono reciprocamente nel loro rispettivo evolversi. Infatti, il kabuki

sembra essere un unicum fra tutti i teatri del mondo proprio nel senso che esso è stato tanto

puntualmente documentato fin dall’inizio in numerose stampe con tale ricchezza e varietà

che si possono ancor oggi cogliere i mutamenti nell’arte del kabuki attraverso le immagini of-

ferte dalle stampe. Per altro verso, è ragionevole pensare che l’analisi e la comprensione di

siffatte stampe non può prescindere dalla storia del teatro. In ogni particolare dell’intenzione

da parte degli organizzatori, la realizzazione della mostra è risultata ottima. Ciò si rende

sempre più chiaro anche via via che si sfogliano le pagine del catalogo a cura di Sandra Pin-

to e Giovanni Poncini, rispettivamente soprintendente aggiunto e ispettore presso il Museo

〈展覧会評〉

Page 2: Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

─ 92 ─

Nazionale d’Arte Orientale.

Innanzitutto, molto significativa, e anzi emblematica, è la scelta dell’immagine per il fron-

tespizio del catalogo (fig. 1). Si tratta di una preziosa xilografia a colori di Ippitsusai Bunchō

(attivo dal 1760 ca. al 1792) (fig. 2), derivata dall’album di ritratti teatrali Ehon Butai ōgi(2).

Essa rappresenta in effetti una scena introduttiva ad uno spettacolo, in cui un annuciatore

sul palcoscenico, seduto davanti al sipario chiuso, legge agli spettatori, svolgendo un rotolo,

la lista dei drammi, i titoli degli atti, i nomi degli attori con i rispettivi ruoli e così via, mentre

un assitente di scena kyōgen-kata osserva la reazione del pubblico attraverso un spiraglio del

sipario. Questa immagine rappresenta puntualmente l’immagine dell’inizio dello spettacolo.

La stessa immagine posta al frontespizio del catalogo ne annuncia il contenuto e invita il let-

tore italiano a conoscere e a godere in dettaglio il mondo teatrale del kabuki, non solo attra-

verso le immagini offerte dalle stampe, ma anche attraverso i vari saggi introduttivi, fra cui

di particolare importanza sono quello di Gioia Ottaviani e quelli di Eiko Kondo posti in testa

a ognuna delle sei sezioni della mostra.

Un curioso particolare storico, non è questo catalogo la prima pubblicazione ad avere adot-

tato in Europa la stampa di Ippitsusai Bunchō come frontespizio: già nel 1890 a Parigi, la ri-

vista mensile Le Japon Artistique. Documents d’Art et d’Industrie, fondata da Samuel Bing (1838-

fig. 1  Frontespizio del catalogo il teatro “kabuki” nelle xilografie del periodo Edo

fig. 2  Xilografia a colori di Ippitsusai Bunchō dal- l’album di ritratti teatrale Ehon Butai ōgi

Page 3: Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

─ 93 ─

1905) nel 1888 e pubblicata in tre lingue (francese, inglese e tedesco), adottava la stessa

stampa per l’immagine del frontespizio del XXIV volume (fig. 3)(3), pur aggiungendo sul ro-

tolo bianco svolto dalle mani dell’annuciatore la scritta “Le Thèâtre Japonais”, titolo dell’arti-

colo di André Lequeux apparso nello stesso volume. L’articolo di quest’ultimo, la cui seconda

parte è successivamente apparsa nel XXIX volume della rivista, è scaturito proprio dalle

vive impressioni che egli ebbe quando assistè più volte agli spettacoli del kabuki durante la

sua breve permanenza in Giappone dell’inizio dell’epoca Meiji (verso il 1887) in quanto con-

sole francese. Tale articolo, per quanto mi risulta, era il primo a fare conoscere agli europei l’

essenziale dell’arte teatrale del kabuki. Dunque, l’adozione della stessa stampa come fronte-

spizio da parte del nostro catalogo sembra essere più causale che casuale: infatti è un catalo-

go che potrebbe servire anche come utilissimo manuale illustrato sulla storia e sulle caratte-

ristiche del kabuki, come l’articolo del Lequeux che certamente ebbe un simile ruolo nel-

l’Europa della fine del XIX secolo. Non limiterei questo ruolo, per quanto riguarda il catalogo

italiano, soltanto alle pagine dedicate ai saggi introduttivi. Certamente nel suo saggio intitola-

to “Motivi di incontro tra il kabuki e le xisografia” Gioia Ottaviani riesce a ripercorrere in

grandi liee le principali coordinate culturali che hanno portato all’incontro tra il kabuki e

l’ ukiyo-e, prendendo le mosse da una preistoria in cui si era già verificata qualcosa di simile

fig. 3  Frontespizio del XXIV volume (1890) de Le Japon Artistique

Page 4: Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

─ 94 ─

tra la danza fūryū e i dipinti di genere come ad esempio i rakuchū-rakugai zu (scene di vita

dentro e intorno la città di Kyoto), e in questo caso le illustrazioni del catalogo possono offri-

re un utile complemento visivo al testo. D’altra parte, le introduzioni di Eiko Kondo alla varie

sezioni della mostra potranno continuare per un lungo tempo a essere un autorevole manu-

ale in italiano sul kabuki, anche considerate indipendentemente dalle riproduzioni delle opere

esposte. Un pregio particolare del contributo di Eiko Kondo all’ottimo catalogo è data dal fat-

to che l’autrice si è valsa ampiamente di fonti letterarie giapponesi, in alcuni casi mal note o

del tutto sconosciute in Italia, e ha inoltre dato prova di competenza filologica e paleografica

anche nelle schede delle opere, a cominciare dalla precisa decifrazione e traduzione in italia-

no delle iscrizioni complementari delle immagini (si veda per es. la scheda n.10 “Il pubblico

dei teatri 1780” del catalogo) – lavoro quest’ultimo che richiede la conoscenza del tipo di

scrittura hentai-gana in uso nel periodo Edo. Da parte di chi recensisce, questo proposito re-

sta quindi poco da aggiungere – salvo un punto di cui si parlerà più avanti – se non ripetere

che la mostra romana è risultata ottima, almeno come verifica dell’ipotesi di lavoro inizial-

mente ben definita.

In un’altra prospettiva, questa genere di mostra in Italia è oltremodo interessante anche

per noi giapponesi storici dell’arte. Questo sia perché una simile mostra raramente si tiene in

Giappone, tranne alcuni casi eccezionali come l’esposizione permanente nel Museo Teatrale

«Tsubouchi» dell’Università Waseda, dove la raccolta delle stampe di soggetto teatrale non

serve ad altro che come materiale documentario sulla storia del kabuki; sia perchè lo scopo

della mostra romana, o meglio, la sua conseguente limitatezza suggerisce alcune considerazi-

oni generali sullo stato attuale degli studi giapponesi sull’ukiyo-e.

Come si è sopra detto, l’esattezza e l’accuratezza della Kondo nella sua indagine filologica

sono a fondo dimostrate tanto nei saggi introduttivi quanto nelle schede. Ciononostante, dal

punto di vista dell’analisi artistica e stilistica delle opere, non si riesce a trovare alcuna indi-

cazione, che fosse pur riportata dalla storiografia precedente, nemmeno nelle schede che di

solito dovrebbero riferirsi tanto filologicamente quanto criticamente alle illustrazioni relative.

Benché vada tenuta presente la mira circoscritta della mostra, questo aspetto del catalogo

ne costituisce inevitabilmente un difetto. Certo è che per l’analisi e la comprensione di

queste stampe – per dirla con Gioia Ottaviani – non possiamo prescendere dalla storia del

teatro che rappresentano. Ma noi non possiamo accontentarci di siffatta affermazione, perché

la scheda dedicata a un’opera d’arte può avere la sua raison d’être solo a condizione che si

riferisca anche ai valori artistici dell’opera. D’altra parte, non v’è dubbio che il lavoro di ana-

lisi condotto dal Kondo si è elaborato sulla scorta delle ricerche sull’ukiyo-e svolte in Giappo-

ne. Dunque, vorrei subito affermare che il già ricordata difetto nel catalogo della mostra ro-

mana va ascritto probabilmente alla parzialità e all’unilateralità del metodo di ricerca sull’

Page 5: Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

─ 95 ─

ukiyo-e fino allora adottato nel suo paese natìo. La maggioranza degli studiosi dell’arte nippo-

nica, credo, condivida la mia opinione, secondo la quale, in confronto col notevole svilupparsi

anche metodologico delle ricerche sugli altri campi della storia dell’arte giapponese, quella

sull’ukiyo-e rimane ancora un po’ indietro. Non sarà rischioso aggiungere qui che essa rimane

indietro perché ancora condotta non da storici dell’arte qualificati, ma da una schiera di con-

naisseurs o diletanti che sono collegati strettamente all’attuale collezionismo dell’ukiyo-e: que-

sti ultimi, perciò, che sono inclini a attribuire sproporzionata e esclusiva importanza ai valori

connessi immediatamente al prezzo commerciale dell’opera, cioè alla freschezza del suo sta-

to, come la chiarezza o meno dei colori stampati e la precisione o meno delle linee incise, pur

tuttavia trascurano altri importanti aspetti puramente artistici dell’opera, come ad esempio

la mise an page e gli elementi figurativi e decorativi. Di conseguenza, allo studio dell’ukiyo-e

mancano ancora la definizione e l’applicazione di tanti concetti esteciti e artistici, indispensa-

bili per acquisire un autonomo capitolo nella storia dell’arte giapponesi(4).

Con ragionevole certezza, si può ritenere che tale ritardo negli studi sull’ukiyo-e rispetto a

quelli negli altri campi dell’arte giapponese sia dovuto non a caso, in Giappone, al secolare

deprezzamento, nell’ambito della pittura giapponese, dell’ukiyo-e, alcune tracce del quale an-

cora oggi si intravvedono eventualmente presso gli studiosi giapponesi di formazione acca-

demica. È ovvio che il kabuki e l’ukiyo-e, come giustamente insiste il catalogo della mostra ro-

mana, erano le componenti più rappresentative, o meglio, uno specchio della cultura dei

chōnin in senso lato (cittadini) che vissero a Edo, Osaka e Kyoto nel periodo shogunale dei

Tokugawa. Nel caso dell’ukiyo-e, si deve notare che fuori di Edo era generalmente conosciuta

anche col nome di edo-e (pittura eseguita a Edo). Ma qui va preso in considerazione un fatto

non trascurabile: si tratta del ceto degli ukiyo-e-shi (pittori di ukiyo-e) durante il periodo Edo.

Nel periodo Azuchi-Momoyama (1576-1603), cioè prima dell’incontro tra il kabuki e l’uki-

yo-e, era già apparso un simile fenomeno, in cui la danza fūryū, che poi contribuì in misura

considerevole alla formazione del kabuki, venne rappresentata nei dipinti di genere appena

nati dalla viva atmosfera del tempo, carica di energie delle nuove classi. Nello stesso periodo,

le grandi scuole della pittura accademica, come quella di Kanō e quella di Tosa, non indugia-

rono a eseguire, oltre che dipinti sui temi tradizionali, anche tali dipinti di genere, quali ra-

kuchū-rakugai-zu raffiguranti spesso la danza fūryū o la festa Hōkoku, se non altro perché era-

no di grande moda presso la nuova classe dirigente non solo nella politica ma anche nel-

l’economia. Tuttavia, con l’affermarsi del governo shogunale dei Tokugawa, o più precisa-

mente allo scadere dell’èra Kan’ei (1624-1644), il governo Tokugawa cominciò a imporre in

modo sempre più pressante alla società vari codici di comportamento che derivavano dalle

indicazioni etiche del confucianesimo, ideologia ufficiale del governo. Nello stesso tempo, il

kabuki, che aveva appena cominciato a evolversi, dovette incontrare frequenti divieti o li-

Page 6: Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

─ 96 ─

mitazioni imposti anche’essi dal governo, proprio per il suo carattere seducente e concitato e

per la libertà di costumi della gente appartenenti al teatro. Così qualificato come aku-sho

(luogo pieno di mali) insieme al yūkaku (quartiere di piacere), si trovò infine confinato den-

tro quartieri particolari della città, chiamati shibai-machi (quartieri dei teatri). Viste siffatte

circostanze, le già ricordate grandi scuole della pittura, che avevano ormai ottenuto lo status

ufficiale di goyō-e-shi (pittori che rendono servigi al governo o alla corte imperiale), si limita-

rono di nuovo all’esecuzione dei dipinti di temi tradizionali, mentre quella dei dipinti di gene-

re venne di affidarsi esclusivamente ai cosiddetti machi-e-shi (artigiani di pittura nella cit-

tà). Non è ozioso aggiungere qui che l’ukiyo-e , fin dall’inizio, si era interessata a

rappresentare, tra gli altri, soggetti e scene tratti dei costumi o dagli avvenimenti proprio

del mondo dei due aku-sho; e di qui nacquero i due principali generi dell’ukiyo-e, ossia il ritrat-

to della bella donna (bijin-ga) e le stampe di soggetto teatrale. È quindi di conseguenza logi-

ca che quasi tutti gli ukiyo-e-shi, fra cui pochissimi provennero dal ceto dei samurai, come Hi-

roshige, appartenevano proprio al ceto di machi-e shi.

Il catalogo della mostra ha ben rilevato anche i motivi sociali che sono alla base della

notevole fioritura del kabuki nel periodo Edo (vedasi p. 17 sgg. nel catalogo). Si può ritenere,

in una parola, che il kabuki rappresentasse la rivincità sul piano culturale del chōnin che cer-

cava di manifestare la propria presenza sociale, in opposizione al sistema gerarchico, imposto

e severamente controllato dal governo che escludeva dalle posizioni ufficiali il crescente po-

tere economico della borghesia cittadina, commerciante e artigiana, che affermava allora. È

ovvio che l’aspetto di discriminazione sociale nei riguardi del kabuki si trovava riflesso imme-

diatamente nell’ukiyo-e e nel suo esecutore, legati entrambi strettamente al mondo del teatro.

Sapiamo che Hishikawa Moronobu, un fondatore dell’ukiyo-e, soleva aggiungere al di sopra

della propria firma la scritta yamato-e-shi o nihon-e-shi, quando firmava le proprie opere. Ciò

suggerisce senza dubbio che egli si identificava con un autentico continuatore della pittura

yamato-e tradizionale. Tale orgoglioso atteggiamento, seguito poi dagli ukiyo-e-shi di poteriori

generazioni, implica la sua rivalità contro i goyō-e-shi appartenenti alla parte dirigente. Tutta-

via, a proposito della classe sociale degli attori del kabuki, benché appartenessero anch’essi

alla parte sociale discriminata, o meglio dei fuori-casta, non è essatto dire che fossero tutti di

origine buraku-min, come ha invece insistito troppo la Kondo.

Comunque, il carattere fuori dall’ordine sociale dell’ukiyo-e ha causato il suo secolare de-

prezzamento in Giappone. Infatti, la rivendicazione delle stampe giapponesi, come autentica

forma artistica giapponese, pari a quella delle scuole di pittura di Kōrin e di Sōtatsu fiorite

anch’esse nel periodo Edo, venne dapprima effettuata non nel suo paese nativo, bensì in Eu-

ropa alla fine del XIX secolo. In questo contesto, gioverà quindi rammentare qui che, ancora

nel capitolo XXVI del libro Japan by the Japanese. A Survey by its highest Authorities, a cura di

Page 7: Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

─ 97 ─

Alfred Stead (London 1904, p. 532), Kenchō Suematsu, famoso letterato accademico nell’epo-

ca Meiji, attribuiva la scoperta dei valori dell’ukiyo-e al giudizio di noti critici occidentali,

come ad esempio i fratelli Goncourt, pur ribadendo le tradizionali riserve da parte della cul-

tura ufficiale giapponese.

Non posso soffermarmi in questa sede a ripercorrere tutta la storia e la fortuna critica

dell’ukiyo-e. D’ora in poi, quindi, mi limiterò a far menzione di alcuni punti relativi alle carat-

teristiche artistiche delle stampe, cui il catalogo non si riferisce affatto, o poco. Uno degli ele-

menti peculiari del kabuki sta nel fatto che gli spettatori partecipavano in modo immediato e

appassionato allo spettacolo, attraverso grida di incoraggiamento, di plauso o di biasimo. È

ovvio che tale emozionata presenza e partecipazione del pubblico contribuì notevolmente al

formarsi dello Hanamichi, passerella su cui agivano gli attori in mezzo agli spettatori. L’ele-

mento architettonico peculiare del teatro venne insomma a costituire l’espressione scenica

tangibile di questo rapporto tra pubblico e attori, come giustamente dice Donatella Mazzeo

nell’introduzione al catalogo. In effetti, la notevole fioritura del kabuki nel periodo Edo dipen-

deva non solo dalla bravura espressiva degli attori – permanente chiave primaria per il suc-

cesso dello spettacolo – e della presenza di ottimi drammaturghi, ma anche dal continuo

sostegno entusiastico del pubblico che si estendeva dall’alta borghesia sino a quella media e

piccola. Il pubblico, subito dopo aver assistito allo spettacolo, andava a comprare spesso le

stampe ad esso relative, come un souvenir, prima che si placassero le emozioni avute all’in-

terno del teatro. È per questa ragione che le stampe venivano infatti pubblicate quasi con-

temporaneamente agli tsuji-banzuke (volantini e manifesti eseguiti con la stessa tecnica).

Insomma, si può dire che le stampe di soggetto teatrale – comprese quelle per la pubbli-

cità – e in particolare i ritratti degli attori (yakusha-e o yakusha-nigao-e) nel periodo Edo cor-

rispondono a varie tipologie di immagini pubblicitarie ancora in uso nei nostri giorni (per

esempio i ritratti fotografici degli attori). Ma, molto più che la fotografia, le stampe del perio-

do Edo dovevano rispondere con strette aderenza alla richiesta, o meglio, al gusto estetico

del pubblico, basato sulla immediatezza e semplicità della comunicazione viva. Non solo, ma

la produzione delle stampe a soggetto teatrale era determinata anche, soprattutto a livello

formale e stilistico, dalle formule o modelli di interpretazione teatrale – come il kata, la mie e

il roppō – che il kabuki rigidamente osservava e osserva ancora.

In un certo senso, si ritiene dunque che tutto ciò imponesse alla stampa di soggetto tea-

trale una convenzionalità artistico-espressiva. Tra l’altro, per il pubblico, i volantini e le lo-

candine dovevano essere comprensibili a prima vista, per cui la loro mise en page – dall’or-

dine dei nomi degli attori a seconda dei rispettivi ruoli fino all’ubicazione del titolo dello

spettacolo e delle immagini figurative – seguiva regole prestabilite, come ad esempio nel

caso del tipo di manifesto kaomise-banzuke esclusivo della scuola Torii. Per giunta, e ne cito

Page 8: Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

─ 98 ─

un significativo esempio, lo stile di interpretazione del kabuki influenzava spesso quello gra-

fico: lo stile aragoto, peculiare dell’Edo kabuki, introdotto nella scena dall’attore Ichikawa

Danjūrū I, che si distingue tutt’ora per l’enfasi aggressiva e acrobatica dell’interpretazione, si

trasferì in una particolare sigla grafica con la rappresentazione esagerata delle gambe a for-

ma di zucca ornamentale “a trombetta” (hyōtan-ashi), e al tempo stesso, in un particolare an-

damento convulso della linea di contorno (mimizu-gaki): un modo espressivo che costituì

una marca esclusiva della scuola Torii.

Era proprio siffatta convenzionalità espressiva nelle stampe di soggetto teatrale ad essere

notevolmente apprezzata non solo dal pubblico, ma anche da famosi scrittori come Shikitei

Sanba. Nel Kejō suigen makuno-soto (戯場粋言幕の外 estratto dei commenti sul teatro fatti al

di fuori del sipario) pubblicato nel 1806, infatti, questi apprezzò apertamente l’insegna ese-

guita da Torii Kiyonaga per il teatro Ichimura, dicendo che la mise en page delle figure ivi

rese dall’artista era ottima, e che le gambe hyōtan della scuola Torii erano tanto ammirabili

da fare rammentare l’epoca d’oro dei “Edo Ō-shibai” (grandi spettacoli tenuti a Edo) all’inizio

del periodo Edo.

Da punto di vista artistico-stilistico, tuttavia, questa convenzionalità delle stampe non fu

sempre costantemente applicata, ma lasciò spazio a geniali tentativi innovatori purtroppo

senza seguito. Mi riferisco in particolare all’improvvisa scomparsa dalla scena dell’ukiyo-e del

genio di Sharaku, dopo un paio di anni di attività clamorosa. Certo è che nei nuovi ōkubi-e

(ritratti a mezza figura o del volto) inventati da Katsukawa Shunshō negli ultimi decenni

del XVIII secolo, l’immagine dell’attore aveva cominciato a farsi fedele ai suoi tratti individu-

ali che trasparivano sotto il trucco e il costume, proprio per ricordare la vera fisionomia del-

l’attore oltre i canoni visivi della scena. La via verso un vero realismo ritrattistico di stampo

occidentale, iniziata così da Shunshō, finì però per vedere una sua continuazione solo nell’effi-

mera e misteriosa attività del ritrattistica Sharaku alla metà dell’ultimo decennio del XVIII

secolo. Questi cercava non solo di ritrarre puntualmente i dati fisionomici della vera faccia

dell’attore, ma anche di esprimere drammaticamente il carattere e la psicologia da esso as-

sunti nel ruolo di interpretazione. Non v’è dubbio che l’atteggiamento di Sharaku si trovava

troppo lontano dal cuore del pubblico che voleva vedere nella realtà teatrale e negli attori

stessi un universo ideale come compenso alla frustrazione della propria esistenza quotidiana.

In altri termini, la ritrattistica di Sharaku ha ignorato i tabù dei yakusha-e. D’altra parte, negli

stessi anni i ritratti degli attori eseguiti da Utagawa Toyokuni I trovavano un inatteso e

grande successo presso il pubblico, se non altro perché essi davano una precisa immagine

adatta al gusto del pubblico. Nel 1817 lo stesso artista pubblicò Yakusha-nigao haya-geiko (役

者 似 顔 早 稽 古 efficace manuale di ritrattistica dell’attore per il dilettante), in cui insegna

schematicamente i modi di rappresentare gli elementi facciali. Ciò suggerisce significativa-

Page 9: Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

─ 99 ─

mente che egli modellò la sua opera aderendo pienamente alla rischiesta del pubblico. In

questo senso gioverà qui ricordare che nella novelletta “con copertina gialla” (kibyōshi)

Dai-tsūjin anasagashi (大通人穴サガシ) di Ichiba Tsūshō, illustrata da Torii Kiyonaga, pubbli-

cata nel 1779, c’è una illustrazione in cui un ragazzo di nove o dieci anni sta facendo uno

scarabocchio imitante il ritratto di un attore – identificabile probabilmente con Ichikawa

Danjūrō – sul muro bianco(5). Questa scena illustrata, a mio avviso almeno, rivela emblema-

ticamente il limite artistico-espressivo che i yakusha-e, o più ampiamente le stampe di sogget-

to teatrale non di rado potevano celare dietro alla loro notevole prosperità, sostenute dal gu-

sto popolare del chōnin.

Per completare questa recensione, occorre fare breve menzione dei rapporti tra le stampe

di soggetto teatrale e altri generi di rappresentazione pittorica, compresi altri tipi di ukiyo-e.

Innanzitutto, si deve tenere presente l’influenza delle rappresentazioni tradizionali della pit-

tura yamato-e. Per fare un esempio, il modo di raffigurare l’interno del teatro visto a volo di

uccello, simulando anche l’assenza del tetto (vedasi per es. la scheda n. 6 “Camerini del teatro

Nakamura 1824” nel catalogo: fig. 4) è senza dubbio derivato dalla rappresentazione del co-

siddetto fukinuke-yatai (edificio senza tetto) frequente negli e-makimono (rotoli illustrati). In-

oltre, la tecnica uki-e (primo piano) che si basava su una variante della prospettiva occiden-

tale introdotta poco prima in Giappone per il tramite della Cina, venne adottata per

rappresentare panoramicamente la veduta del quartiere dei teatri e l’interno di un teatro.

Infine, è più che probabile che anche la mie, cioè le pose esagerate degli attori sul palco-

scenico, esercitassero una influenza innegabile su un tipo di bijin-ga (ritratto di bella donna),

iniziato da Utagawa Toyokuni I all’inizio del XIX secolo e sviluppato notevolmente da

Utagawa Kunisada; tipo questo che si distingue per particolari atteggiamenti della figura:

ikubi (collo immerso profondamente nelle spalle come quello del cinghiale) e nekoze (schiena

fig. 4 Camerini del teatro Nakamura 1824, Tokyo, Teatro Nazionale

Page 10: Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

─ 100 ─

notevolmente incurvata come quella del gatto in cammino). A questo punto, basterà pensare

alla serie dei ritratti di belle donne di Kunisada, intitolata Shinban nishiki-e. Tōsē-bijin

awase:Baikō-kidori (新版錦絵 当世美人合 梅好きどり).

Prima di concludere, resta da aggiungere una parola a proposito dell’utile saggio introdut-

tivo scritto da Sandra Pinto e Giovanni Poncini, anche perché fra gli studiosi giapponesi

pochissimi conoscono finora l’esistenza della preziosa raccolta di opere giapponesi conservate

nella Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, che in origine costituivano una donazione al

primo ambasciatore italiano Alessandro Fé d’Ostiani da parte dell’Imperatore Meiji. Ho sapu-

to personalmente dall’allora direttore Bruno Passamani dei musei civici bresciani che tra un

paio d’anni si terrà una mostra dedicata a questa collezione finora quasi inedita, con la col-

laborazione di Eiko Kondo(6). Dunque, a nome degli studiosi giapponesi, mi auguro che essa

sarà un successo e contribuirà all’andamento degli studi sul piano non solo dell’analisi filolo-

gica ma anche di quella formale e stilistica.

*Post Scriptum:本稿は、1984年2月14日から4月23日まで日本の国際交流基金の協力のもと、 ローマの国立

東洋美術館で開催された展覧会 il teatro “kabuki” nelle xilografie del periodo Edo(江戸時代の版

画のなかの歌舞伎)の展覧会評として書かれ、同年6月に当時のイタリア文化環境省の機関誌

Bollettino d’Arte 特別号掲載のため同館のサンドラ・ピント文化財局監督長補佐に入稿した原

稿の改訂版である。

退職前の研究室整理をするなかでタイプ原稿が出てきたが、それに付されていた上記ピント

女史からの書簡から、ほか執筆予定者の原稿が集まらず、特集号の出版が頓挫して、原稿が返

却された経緯を思い出した。展覧会カタログは、ここ30年の浮世絵の学術研究のめざましい発

展を考慮に入れても、日本伝統芸能の歌舞伎の世界、すなわち、劇場(座)、演目、役者、配役、

小道具、観衆といった歌舞伎の特徴と歴史をイタリア人に理解していただく入門書としての価

値は今なお薄れていない。そこで原稿を読み返して、最小限の情報上の改訂をくわえて刊行す

る意義はあると判断した。

思い起こしてみると、同展覧会評のイタリア語執筆を強く勧めてくれたのは、東京のイタリ

ア文化館館長職を辞して、ローマのヴィッラ・ジュリアのローマ現代美術館の館長兼文化財局

監督長になっていたジョルジョ・デ・マルキス氏であった。本稿を亡き氏に捧げる。

折よく、『美術フォーラム21』vol. 34(2016年)に、浮世絵の学術研究を牽引する浅野秀剛

大和文華館館長をはじめとする優れた研究者たちによる特集「浮世絵研究の現在と未来」が掲

載された。本稿の元原稿を書いたころは、上記の浅野氏が記すように、在野の研究者が浮世絵

研究を担っていたという認識が一般的であったが、近年になって美術館や大学などの研究機関

で研究されるようになった。同特集では、江戸時代の浮世絵認識についても、本研究科の佐藤

康宏教授による詳細な検討が加えられているし、また元原稿執筆時にいろいろとご教示いただ

Page 11: Una mostra sul teatro giapponese “kabuki

─ 101 ─

いた国立歴史民俗博物館大久保純一教授による浮世絵の「常識」再考論もある。同特集の一読

を勧める。いずれにしても、浮世絵が美術史的な評価を受けるようになったのは、1904年にロ

ンドンで刊行された Japan by The Japanese(532頁)で、日本の美術と文学の歴史を概略した

末松兼澄が述べる通り、19世紀ヨーロッパ(特にフランス)の批評家によるところが大きかっ

た。

note(1) Il catalogo della mostra: il teatro “kabuki” nelle xilografie del periodo Edo, Roma, Museo Nazionale

d’Arte Orientale, 14 febbraio – 23 aprile 1984, con la collaborazione della Japan Foundation per i prestiti di opere di collezioni giapponesi esposte dal 14 febbraio al 15 marzo 1984, Museo Nazionale d’Arte Orientale, Roma, 1984. Tali prestiti delle collezioni giapponesi furono: nos. 5, 25, 31, 32, 35, 69, 72, 73, 77, 94, 97, 98 Tokyo, Museo Riccar; nos. 6, 104, 108 Tokyo, Teatro Na-zionale; nos. 79, 81-83, 85-87, 89, 90, 92 Tokyo, Museo Teatrale «Tsubouchi» dell’Università Waseda.

(2) La presente figura viene riprodotta dal volume 3 della versione mederna del libro(絵本舞台扇)riprodotta a cura di Kubota Beisai(久保田米斉)nel 1917.

(3) La figura purtroppo viene riprodotta dal volume trodotta in giappnese: サミュエル・ビング編『藝術の日本 Le Japon artistique 1888-1891』(大島清次ほか 翻訳 監修),美術公論社,1981,p.319.

(4) A questo punto, si legga per esempio la voce yōshiki (stile) nel Genshoku ukiyo-e dai-hyakka ji-

ten (grande dizionario illustrato dell’ukiyo-e), vol. 3, Taishūkan-shoten, Tokyo 1982, in cui si vede l’ambiguità di vari concetti artistici adottati.

(5) Indicazione a me offerta gentilmente dal dott. Junichi Ōkubo (ora il professore presso il Na-tional Museum of Japanese History), mio collega d’allora dell’Università di Tokyo, cui esprimo qui i sinceri ringraziamenti.

(6) Dipinti giapponesi a Brescia : la collezione orientale dei Musei civici d’arte e storia, a cura di Rena-ta Stradiotti e Luisa Cervati ; testi di Eiko Kondo ... [et al.]; Brescia、Civici musei d’arte e sto-ria, Brescia 1995.