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1 UNIVERSITA’ CATTOLICA del SACRO CUORE Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” di Roma Corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche - Sedi di Roma e Torino SEMINARIO INTERSEDE – VIII EDIZIONE – Torino 8 maggio 2014 “VALUTARE GLI ESITI PER MIGLIORARE L’AGIRE: la sfida degli outcome sensibili all’assistenza infermieristica/ostetrica” LA VALUTAZIONE DEGLI OUTCOME NELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA: REPORT DI UN’INDAGINE A cura di Yari BARNABINO, Elisabetta BUSSONE, Angela DURANTE, Maddalena STUARDI 1. INTRODUZIONE 2. OBIETTIVI 3. MATERIALI E METODI 3.1 Questionario 3.2 Popolazione di riferimento e somministrazione on line 3.3 Criteri di analisi di risultati 4. RISULTATI 4.1 Dati socio-anagrafici e lavorativi 4.2 Outcome: un linguaggio condiviso 4.3 Infermieri italiani e outcome nella pratica assistenziale 4.4 Outcome positivi e negativi 4.5 Gli outcome dell’assistenza: una “cosa” solo da infermieri? 4.6 Un set di esiti: rendere evidente per dimostrare il potenziale 5. DISCUSSIONE e CONCLUSIONI

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UNIVERSITA’ CATTOLICA del SACRO CUORE

Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” di Roma Corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche - Sedi di Roma e Torino

SEMINARIO INTERSEDE – VIII EDIZIONE – Torino 8 maggio 2014

“VALUTARE GLI ESITI PER MIGLIORARE L’AGIRE: la sfida degli outcome sensibili all’assistenza infermieristica/ostetrica”

LA VALUTAZIONE DEGLI OUTCOME NELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA: REPORT DI UN’INDAGINE

A cura di Yari BARNABINO, Elisabetta BUSSONE, Angela DURANTE, Maddalena STUARDI

1. INTRODUZIONE

2. OBIETTIVI

3. MATERIALI E METODI 3.1 Questionario 3.2 Popolazione di riferimento e somministrazione on line 3.3 Criteri di analisi di risultati

4. RISULTATI 4.1 Dati socio-anagrafici e lavorativi 4.2 Outcome: un linguaggio condiviso 4.3 Infermieri italiani e outcome nella pratica assistenziale 4.4 Outcome positivi e negativi 4.5 Gli outcome dell’assistenza: una “cosa” solo da infermieri? 4.6 Un set di esiti: rendere evidente per dimostrare il potenziale

5. DISCUSSIONE e CONCLUSIONI

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1. INTRODUZIONE

Nella pratica professionale gli infermieri spesso si sentono oberati di attività da fare, non si fermano un minuto, si affannano … ma per che cosa? Ovvero, qual è l’obiettivo ultimo di tutto questo fare? Frequentemente non è così chiaro. In altri termini mentre, da una parte, è molto chiaro il concetto di attività, dall’altra pare sfuggire, nella pratica quotidiana, il significato più profondo del concetto di risultati (outcome) dell’assistenza infermieristica e delle sue ripercussioni non solo sulla stessa assistenza ma anche sull’organizzazione, sulla formazione, sulla ricerca. Per esplorare la tematica/problematica degli outcome è stata condotta una revisione della letteratura dalla quale sono emerse alcune questioni aperte, prima fra tutte il significato di questo termine. Negli ultimi anni il dibattito in merito è divenuto molto acceso e al momento coesistono posizioni e definizioni diverse. Una definizione sufficientemente condivisa è quella che concepisce il Nursing Outcome o il Nurse Sensitive Outcome come “una condizione, un comportamento o una percezione misurabile del paziente e della sua famiglia, concettualizzata come variabile e largamente influenzata “da” o “sensibile” alle cure infermieristiche”1. La chiarezza dei termini pone il problema dell’utilizzo di un linguaggio condiviso all’interno della professione; condizione fondamentale - e non solo riguardo a questo tema - perché il linguaggio veicola e costruisce cultura che, a sua volta, rende possibile condividere significati. E quale sarebbe questo significato del concetto di outcome? Picogna2 afferma che l’obiettivo dell’assistenza infermieristica è rispondere al bisogno di assistenza infermieristica della persona assistita, cioè a quel suo deficit di autonomia nell’affrontare il proprio progetto vita in rapporto al problema di salute, al contesto sociale e alle aspettative e prospettive. Il raggiungimento di tale obiettivo è l’outcome, il cui raggiungimento, ovviamente, dovrà essere valutato. Vi sono però in letteratura diverse prospettive di valutazione dei risultati: da una parte la prospettiva che concepisce gli outcome come “positivi”3, ovvero che considera i risultati che l’infermiere può raggiungere apportando, in autonomia e quando possibile, un incremento del benessere della persona assistita, come il miglioramento della sua autodeterminazione, della sua autocura e della sua autonomia; dall’altra la prospettiva che concepisce gli outcome come “negativi”4, ovvero che considera gli eventi avversi che l’infermiere può contribuire a evitare, come, ad esempio, le lesioni da pressione, le cadute e le infezioni correlate all’assistenza. A prescindere dalla prospettiva considerata permane, però, un nodo comune da sciogliere.

1 Palese A, Beltrame E, Bin A et al. Esiti sensibili alle cure infermieristiche: analisi critica della letteratura. Ass Inferm e Ricerca. 2008; 27: 33-41. 2 Picogna M. I risultati dell’assistenza infermieristica: problema di sostanza e di forma. Nursing Oggi 2007; 4:21-27. 3 Given BA, Sherwood PR. Nursing- Sensitive Patient Outcomes- A white paper. Oncol Nurs Forum 2005; 32: 773-84. 4 Griffith P. Clinical outcomes for nurse-led-in patient care. Nurs Times 1996; 92: 40-3.

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Per raggiungere risultati l’infermiere è chiamato a collaborare con altri professionisti sanitari; per cui sorge una domanda5 rispetto alla possibilità o meno di valutare gli esiti sulla persona assistita separando il contributo dell’infermiere da quello di altri professionisti sanitari. D’altra parte, in letteratura, sono documentati i potenziali benefici (da verificare) che il focus sugli outcome potrebbe apportare alla professione infermieristica in termini di miglioramento della pratica clinica, della formazione e dell’organizzazione del lavoro. Queste tematiche sono state sintetizzate nei seguenti quesiti: 1. Quando parliamo di outcome stiamo utilizzando un linguaggio condiviso all’interno della professione? 2. Attualmente in Italia gli infermieri utilizzano gli outcome nella pratica professionale? Se sì, per che cosa? 3. Su quali tipologie di esiti può impattare maggiormente l’assistenza infermieristica? Positivi (migliorativi e autonomi) o negativi

(conservativi e collaborativi)? 4. Gli outcome dell’assistenza infermieristica possono essere valutati separatamente da quelli delle altre professioni sanitarie? 5. Lavorare sugli esiti può essere di aiuto alla professione infermieristica? Se sì, su che cosa può incidere maggiormente?

A partire da queste domande è stato quindi messo a punto un sondaggio attraverso un questionario on line (vedi allegato), cogliendo l’invito di A. Palese6 ad aprire un dibattito in seno alla professione infermieristica, in modo da confrontarsi con il mondo della pratica clinica e tentare di condividere un linguaggio comune.

5 Palese A, Beltrame E, Bin A et al. Esiti sensibili alle cure infermieristiche: analisi critica della letteratura. Ass Inferm e Ricerca. 2008; 27: 33-41. 6 Ibidem.

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2. OBIETTIVI

Indagare: - la conoscenza relativa agli outcome nei professionisti della salute, in particolare negli infermieri - il loro interesse ad approfondire l’argomento - l’effettivo utilizzo degli esiti nella pratica per la valutazione dell’assistenza infermieristica - le concezioni dei professionisti sanitari riguardo a:

1. importanza di lavorare sugli outcome 2. impatto sugli esiti di salute dell’assistenza infermieristica 3. impatto sulla professione infermieristica della focalizzazione sugli outcome

3. MATERIALI E METODI 3.1 Questionario

A tutti i compilatori (infermieri e altri professionisti sanitari) sono stati chiesti genere, età, professione, titolo di studio, Regione di provenienza, se avevano già affrontato il tema degli outcome e se erano interessati ad approfondire la tematica. Solo a coloro che si sono detti interessati sono state poste 20 ulteriori domande così articolate:

· 10 volte a indagare il grado di accordo/disaccordo (scala Likert a 5 posizioni) rispetto all’importanza e alla possibilità per la professione infermieristica di lavorare sugli esiti e all’effettivo utilizzo di questi nella pratica clinica;

· 8 domande a differenziale semantico (da -3 a +3) che esplorano quanto i professionisti pensano che l’assistenza infermieristica impatti rispetto ad alcuni outcome (positivi e negativi) già formulati;

· 1 domanda a risposta dicotomica (sì/no) volta a identificare coloro per i quali è necessario disporre di un set di esiti;

· 1 domanda, rivolta solo a questi ultimi, in cui si chiede di ordinare per importanza (scala a rango) 6 aspetti della professione infermieristica su cui potrebbe influire la disposizione di un set di outcome.

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Il questionario è stato realizzato con il contributo del Centro Studi Professioni Sanitarie (CESPI) che ne ha curato anche la versione on-line e che ha messo a disposizione la propria piattaforma per la somministrazione telematica.

3.2 Popolazione di riferimento e somministrazione on line La popolazione di riferimento è stata quella di tutti gli iscritti al Cespi e di tutti gli studenti del corso di Laurea Magistrale delle due sedi di Torino e Roma, che sono stati raggiunti, tramite mailing list, da una newsletter di spiegazione delle finalità del sondaggio, di invito alla compilazione (anche attraverso apposito link presente sulla stessa mail) e di invito alla diffusione dell’iniziativa a tutti coloro che potevano essere interessati. Una seconda newsletter, inviata a distanza di quindici giorni, ha sollecitato la compilazione. I questionari sono risultati accessibili agli utenti della piattaforma per quattro settimane tra marzo e aprile.

3.3.Criteri di analisi di risultati I dati sono stati raccolti ed elaborati con il programma Microsoft Office Excel. L’analisi, dopo la parte relativa ai dati socio-anagrafici e lavorativi, è stata condotta sotto forma di risposta ai seguenti quesiti : 1. Quando parliamo di outcome stiamo utilizzando un linguaggio condiviso all’interno della professione? 2. Attualmente in Italia gli infermieri utilizzano gli outcome nella pratica professionale? Se sì, per cosa? 3. Su quali tipologie di esiti può impattare maggiormente l’assistenza infermieristica? Positivi o negativi ? 4. Gli outcome dell’assistenza infermieristica possono essere valutati separatamente da quelli delle altre professioni? 5. Lavorare sugli esiti può essere di aiuto alla professione infermieristica? Su cosa può incidere maggiormente?

Sia per le sezioni impostate con scala Likert (accordo/disaccordo), sia per quelle a risposta sì/no/non so, sono state calcolate le frequenze assolute, relative e la media. Si è proceduto come di seguito spiegato: · realizzazione, con programma Office Excel, di tabelle Pivot per mettere in luce i dati da analizzare; · calcolo del Chi Quadrato e test di significatività statistica, prendendo come valido un p value inferiore a 0,05 (probabilità al 5%); · calcolo dell’Odds Ratio (OR), per comprendere il tipo di relazione che intercorre tra le risposte fornite alla domanda Y e la variabile

(anagrafica o lavorativa) X per alcune tematiche che potessero risultare sensibili a determinate variabili; · calcolo della differenza percentuale (1 – OR) che la variabile X comporta sulle risposte fornite alla domanda Y.

Non tutte le relazioni possibili tra le variabili hanno portato a risultati statisticamente significativi.

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4. RISULTATI E COMMENTI 4.1 Dati socio-anagrafici e lavorativi

Hanno partecipato al questionario 502 professionisti, la maggioranza dei quali infermieri; il contributo di altri professionisti si attesta intorno al 7% (grafico 1). Ciò si spiega con il fatto che la tematica outcome è sì trasversale a tutte le professioni ma che il taglio del sondaggio era prettamente infermieristico. Un’ulteriore spiegazione sta nel fatto che la maggior parte degli studenti del corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche è costituito da infermieri e lo stesso vale per gli iscritti al CESPI.

grafico 1. Profilo professionale. grafico 2. Età e genere.

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grafico 3. Anni lavorativi. grafico 4. Provenienza

La maggioranza di coloro che hanno partecipato al sondaggio è di genere femminile, intorno ai 45-55 anni (grafico 2) e con 20-30 anni (grafico 3) di anzianità lavorativa. La maggior parte di coloro che hanno risposto al questionario proviene dalle regioni del nord Italia (grafico 4) ed è comprensibile poichè gli iscritti al CESPI appartengono soprattutto a queste regioni.

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In riferimento al titolo di studio prevale il Diploma vecchio ordinamento (56%) rispetto al Diploma Universitario e alla Laurea (44%) (grafico 5). Fra coloro che invece sono in possesso di un titolo di studio post base prevale chi ha conseguito un master di primo livello, seguito al secondo posto dalla Laurea Magistrale (Grafico 6).

grafico 5. Titolo di studio. grafico 6. Formazione post base. Al fine di ottenere informazioni di qualità e pertinenti al tema, è stato chiesto ai professionisti se fossero interessati o meno ad approfondire la tematica outcome. Ha risposto affermativamente l’88%, segno che l’argomento risulta essere rilevante.

grafico 7. Interesse ad approfondire il tema outcome. In riferimento all’interesse o meno alla tematica ci si è chiesti se questo potesse dipendere dal modo in cui i professionisti erano venuti in contatto con il tema in questione. Per rispondere alla domanda sono stati incrociati i dati ed è stato applicato il test del Chi Quadrato, ritenendo le relazioni statisticamente significative per un p value inferiore a 0,05. La relazione maggiormente significativa si è riscontrata tra interesse alla tematica outcome e studio individuale della letteratura (p < 0,0004),

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seguito dalla formazione post base (p < 0,005) e dall’utilizzo degli outcome nella pratica quotidiana (p < 0,025). Questi dati hanno confermato quanto presente in letteratura riguardo all’apprendimento dell’adulto, ovvero che l’adulto apprende se spinto da un interesse7, e quanto affermato da Schon8 sull’interesse di un professionista che aumenta se egli è già in possesso di una propria conoscenza avanzata e strutturata, indipendentemente condotta, associata all’applicabilità pratica della tematica in questione. 4.2 Outcome: un linguaggio condiviso Ci si è chiesti se tra gli interessati ci fosse un pensiero comune circa il significato del termine outcome ed è stato rilevato che il parere dei professionisti ricalca la letteratura scientifica, confermando quanto sostenuto da Doran9. Circa la visone dell’agire, dal grafico 9 traspare come fra gli intervistati la maggioranza si dichiari concorde con l’affermare che l’assistenza infermieristica influenzi positivamente la qualità di vita e la salute della persona assistita. grafico 8. Conoscenza del tema outcome. grafico 9. Rapporto tra assistenza infermieristica e stato di salute e qualità di vita.

7 Knowles M. Quando l’adulto impara. Franco Angeli Editore 1993, Milano. 8 Shӧn DA. Il professionista riflessivo. Per una nuova epistemologia della pratica professionale. Dedalo 1993, Milano. 9 Doran D. Nursing sensitive outcome gli esiti sensibili alle cure infermieristiche. Milano: McGraw Hill, 2013

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4.3 Infermieri italiani e outcome nella pratica assistenziale Il ragionamento diagnostico e gli outcome si incontrano nel connubio di un potenziale non agito che è saldo concettualmente nella mente dei professionisti ma che ancora non trova riscontro stabile nella realtà.

grafico 10. Grado di accordo con l’affermazione: “Valuto l'assistenza infermieristica che erogo in ragione dei risultati che raggiungo con la persona assistita.”

grafico 11. Grado di accordo con l’ affermazione: “Non posso valutare gli esiti se non definisco i BAI”

Infatti vi è un forte accordo nel valutare la qualità dell’assistenza in ragione dei risultati ma allo stesso tempo, non è possibile valutare gli esiti se non definendo i bisogni di assistenza.

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4.4 Outcome positivi e negativi Il grafico 12 riporta i dati riferiti all’impatto che gli infermieri ritengono abbia l’assistenza sugli output o outcome di sicurezza, su quegli effetti negativi, cioè, per i quali l’infermiere si attiva per impedirli. grafico 12. Assistenza infermieristica ed esiti di sicurezza

Si può vedere come la quasi totalità dei rispondenti sostenga che l’assistenza infermieristica è in grado di incidere positivamente sul raggiungimento di alcuni output negativi, palesando con questo l’importanza percepita dell’infermiere circa la qualità dell’assistenza nella prevenzione degli eventi avversi della degenza. grafico 13. Assistenza infermieristica ed esiti di efficacia

Dai risultati di questo grafico si evince come anche gli esiti positivi siano ritenuti sensibili all’azione infermieristica, in particolare la soddisfazione dell’utenza e la gestione e il controllo del dolore.

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4.5 Gli outcome dell’assistenza: una “cosa” solo da infermieri? Per quanto attiene la collaborazione con altri professionisti della salute e se la valutazione degli esiti è da considerarsi, secondo gli infermieri, integrata o a sè stante, i grafici, di seguito proposti, rappresentano, attraverso una scala di Likert cromatica, il grado di vicinanza all’affermazione proposta. grafico 14. Assistenza infermieristica e multiprofessionalità

Da queste risposte si evince che gli infermieri sono consapevoli di influire sullo stato di salute e sulla qualità di vita delle persone assistite, senza per questo dimenticare l’importanza del lavoro interprofessionale sui risultati dell’assistenza, confermando che l’assistenza infermieristica è solo UNO dei fattori che incide sulla qualità della vita. grafico 15. Assistenza infermieristica nei processi di cura

Dalla distribuzione delle risposte ottenute su questo aspetto si rileva come il professionista infermiere si percepisca come attore principale, pur inserito in un processo di cura; processo che, per sua natura e definizione, è multidisciplinare,

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grafico 16. Il lavoro d’equìpe

Si conferma da questi dati l’importanza attribuita dagli infermieri all’agire multi professionali. L’infermiere si sente parte di un sistema di cura, non si sente auto referenziato, anzi ammette di aver bisogno della sinergia con altri per ottenere un prodotto qualitativamente alto. 4.6 Un set di esiti: rendere evidente per dimostrare il potenziale In ultima battuta abbiamo chiesto se lavorare sugli esiti potesse migliorare la professione e, se sì, in quali ambiti. Vediamo nel grafico seguente i risultati: grafico 17. Risposta alla domanda “E’ necessario disporre di un set di esiti? ”

Come è palesemente dimostrato dal grafico, oltre il 90% dei rispondenti ritiene necessario di disporre di un set di esiti; solo una piccola parte non lo ritiene utile e una piccola percentuale non ha risposto alla domanda.

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I numerosi infermieri interessati alla tematica che vorrebbero disporre di un set di esiti, lo ritengono indispensabile per che cosa? Grafico 18. Esiti per migliorare la professione

La riflessione che si può fare è che sicuramente c’è un’eterogeneità delle risposte in tutti i grandi campi del settore infermieristico: in primis la qualità assistenziale, la soddisfazione dell’ utenza, il miglioramento delle conoscenze, la formazione e la collaborazione con gli altri professionisti. A conferma della non autoreferenzialità della professione, a favore della centralità della persona assistita, si può notare che il dato più basso, seppur significativo, è quello relativo alla visibilità della professione.

Circa le risposte negative e quelle non fornite non vi sono correlazioni con gli anni di lavoro o la provenienza geografica rilevanti. Infine, concludendo il questionario, per affrontare l’ultima tematica, è stato chiesto ai professionisti se ritenessero utile poter disporre di un set di esiti e, in caso di risposta affermativa, per che cosa.

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grafico 19. Campi di utilizzo degli esiti

Questo grafico è stato generato calcolando la moda per poter valutare la distribuzione di frequenza degli items stilando quindi una classifica in ordine di importanza. In merito alle risposte ricevute si può vedere che sicuramente la massima importanza è stata data alla possibilità di documentare i cambiamenti mediati dall’intervento infermieristico e alla possibilità di poter attivare strategie per migliorare il raggiungimento degli esiti. Segue poi la formazione sia degli studenti ma è estendibile anche al neo-assunto questa considerazione, in modo che imparino a lavorare per esiti e non per procedure. Infine l’ organizzazione che sostenga la clinica amministrando le risorse in virtù degli esiti. L’ intangibilità del caring è in ultima posizione non perché abbia poca importanza, ma perché, probabilmente, l’aver indicato con molta precisione gli esiti, come quelli segnalati nelle posizioni precedenti, consente di rendere tangibile tale costrutto astratto.

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5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Come sopra evidenziato, questo sondaggio ha confermato quanto presente in letteratura per ciò che concerne:

- interesse alla tematica correlato a studio individuale della letteratura, seguito dalla formazione post base e dall’utilizzo degli outcome nella pratica quotidiana. Ciò si presenta in linea rispetto a quanto riguarda l’apprendimento dell’adulto9 e a quanto affermato da Schon10;

- la presenza di un pensiero comune circa il significato del termine outcome confermando quanto sostenuto da Doran11 rispetto al rapporto tra conoscenza comune e cultura professionale

Emerge inoltre che il ragionamento diagnostico e gli outcome sono concetti saldi nella mante dei professionisti e che si incontrano nel connubio di un potenziale non agito che ancora non trova riscontro nella realtà.

Dai risultati si evidenzia inoltre l’immagine di un’infermieristica che non si autocelebra, ma che si sta interrogando sulla necessità di una propria autodeterminazione in una logica di autonomia e di autogoverno ma non di indipendenza rispetto alle altre professioni con cui collabora.

Ciò nonostante restano due questioni in discussione

• la maggioranza degli infermieri ha risposto di utilizzare gli outcome nella pratica quotidiana per valutare l’assistenza… è davvero così? Perché l’esperienza comune mostra il contrario?;

• la natura degli outcome dipende fortemente dalla concezione di assistenza infermieristica che al comunità professionale possiede. Siamo sicuri di essere tutti d’accordo su quale sia il nostro specifico professionale?